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Le guide di Altobrembo Malghe e ambiente alpestre Volume III

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Le guide di Altobrembo

Malghe e ambiente alpestre

Volume III

Altobrembo vol 3 20/05/15 09.43 Pagina 1

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Introduzione

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AltobremboDelimitato a nord dallacatena delle Prealpi Oro-biche, Altobrembo è unterritorio che custodisceun prezioso valore na-turalistico e culturaleda scoprire ed esplorare.Natura, cultura e tradi-zione sono l’anima diquesta terra in Alta ValleBrembana, uno spaziogeografico in cui tempie luoghi sembrano con-cedere un arresto, quel-lo della libera contem-

plazione di paesaggi incantevoli in cui la natura regna ancora sovrana, quellodella scoperta unica ed indimenticabile delle realtà storiche che dal passatorivivono nel presente attraverso tracce indelebili e ricche di fascino. Le viestoriche, gli antichi borghi, le realtà rurali, i luoghi di culto, le cime delleOrobie, i boschi, i pascoli e la natura del Parco delle Orobie Bergamaschefanno da cornice alla scoperta diretta di un territorio di montagna autentico egenuino, della sua gente e delle sue tradizioni.

L’Associazione AltobremboAltobrembo è l’Associazione che si occupa di promozione e coordinamentoturistico del territorio e dei comuni di Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo,Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigidae Valtorta, in Alta Valle Brembana (Bergamo). Ha come associati gli 11 comunisopra elencati, associazioni operative in ambito turistico a livello locale, ope-ratori turistici, commerciali, artigianali e agricoli del territorio. Per conoscerela nostra realtà visitate il sito www.altobrembo.it dove troverete anche tuttele informazioni su eventi, attività e visite nei comuni di Altobrembo.

Associazione Altobrembo

Presentazione

Il bàrech dello stallone alla stazione Mincuccodell’Alpe delle Valli, in comune di S. Brigida.

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Introduzione

La “stretta” morfologica della“Gogia”, tra Camerata Cornelloe Scalvino di Lenna1, costituiscelo storico punto di separazionetra l’alta e la bassa Valle Brem-bana. La valle “Oltre la Gogia”, o“Goggia”, presenta caratteri piùprettamente alpini, palesati sia dallavegetazione che dalla geologia attra-verso la massiccia comparsa di conifere, dirocce silicatiche e di morfologie glaciali2. Pocosopra la Gogia la valle si apre a ventaglio e il suo fiume, il Brembo, si dividein due grandi rami: quello occidentale, detto dell’Olmo, e quello orientale,detto di Carona. L’Alto Brembo Occidentale è tutto ricompreso nel ramo del-l’Olmo, così chiamato perché le tre valli minori che lo formano, Val Torta, ValleAverara e Valle di Mezzoldo, si congiungono all’altezza di Olmo al Brembo. Nelsuo insieme questa plaga alpina occupa un’area di 155 chilometri quadrati,pari a circa 1/4 dell’intera valle. Un territorio vasto, che culmina ai 2.553 metridel Pizzo dei Tre Signori3, e nel contempo ricco di valenza naturalistiche, pae-saggistiche e antropiche. Basti pensare che il bosco, il grande polmone verdedella valle, occupa da solo circa i 2/3 della superficie e che una gran parte diquella restante è data da pascoli e praterie naturali. Al contrario i paesi e i bor-ghi sono piccoli, talvolta piccolissimi, e nel complesso abitati da meno di 4.000persone, distribuite in 11 comuni amministrativi4. Ciononostante sono colmidi beni storici e artistici, che emergono e nel contempo si fondono nella pe-culiare bellezza dei luoghi e dei paesaggi che li circondano.

1 Il termine dialettale “gogia” significa “ago”; vedi: Tiraboschi Antonio, 1867 - Vocabolario dei dialettibergamaschi antichi e moderni. Tipografia dei Fratelli Bolis, Bergamo. Il toponimo si riferisce a unaroccia turrita e bucata, a mò di ago, un tempo presente in questo tratto di valle.

2 L’ultima grande avanzata glaciale, nel Pleistocene superiore, ha visto il ghiacciaio brembano fermarsia monte della Gogia, presso Scalvino. Per una più completa descrizione dei caratteri geologici del ter-ritorio vedi la Scheda 2 “Rocce altobrembane” nel Volume IV.

3 Al Pizzo dei Tre Signori è dedicata la Scheda 2 nel Volume V.4 Al 1 gennaio 2013 i residenti negli 11 comuni erano 3.995. Dato ISTAT tratto da http://dati.istat.it.

Terra e gentedell’Alto Brembo Occidentale

Piazza Brembana

Olmo al Brembo

Piazzatorre

Piazzolo

Mezzoldo

Averara

S. Brigida

Cassiglio

OrnicaCusio

Valtorta

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Introduzione

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Malghe e ambiente alpestrenell’Alto Brembo Occidentale

L’area pascoliva delle malghe situate nella Valle del-l’Olmo assomma a circa 1.600 ettari e costituiscecirca 1/3 della superficie alpestre complessiva ecirca 1/10 di quella valliva5. Essa forma la parte piùprettamente produttiva di comparti a volte moltovasti che solitamente nelle parti inferiori ricom-prendono anche boschi e in quelle sommitali rocce,macereti, laghi e praterie naturali. Il perimetrodelle malghe sottende infatti le aree a più elevatanaturalità della montagna altobrembana, quelleove l’attività antropica s’è nei secoli estrinsecatanella genesi di ampie superfici erbose e nella co-

struzione di piccoli e sparsi manufatti finalizzati ad ottimizzarne lo sfruttamento.Qui l’uomo e gli erbivori vivono come un tempo, il primo talvolta in dimoresenza tempo6, seguendo gli ancestrali ritmi della natura e la crescita di peculiari,e mai eguali, miscugli di erbe pregiate e profumate da cui si traggono un lattee un formaggio di qualità superiore. Va inoltre ricordato che da queste alte pla-ghe prese avvio quella peculiare forma di allevamento transumante che per se-coli caratterizzò l’assetto demografico e sociale di molti paesi della montagnabergamasca e, nel contempo, l’organizzazione colturale e strutturale di unalarga fetta della campagna lombarda. La ristrettezza dei prati, contrapposta al-l’ampiezza dei pascoli, favorì sin da tempi remoti la migrazione stagionale dialcune aziende montane verso le distese prative e pascolive del piano7, tra pa-vese e bresciano, ove s’originò una forma di reciproca dipendenza tra proprietario conduttori dei fondi e bergamini, in seno alla quale prese corpo, con il con-corso di altri fattori, l’odierna e tipica azienda zootecnica della Val Padana.

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Iscrizioni di mandrianie pastori sulla porta dellaBaita Corna dei vitelli,in alta Valle Inferno (Ornica).

5 Il dato è tratto per estensione da quello, riferito al 1990, delle sole malghe di proprietà pubblica[scheda 2].

6 Si pensi ad esempio ai calecc, rustiche baite a secco coperte da teli o assi trasportabili, e ai ripari sot-toroccia.

7 La Chiappa Mauri cita un documento del 1207 in cui per lo sfruttamento della «curtis di Galgagnano», nellodigiano, si fa riferimento a «malgis extraneis» e altri del 1235 e 1236 in cui sono menzionati «malgarii diGorno»; vedi: Chiappa Mauri Luisa, 1990 - Paesaggi rurali di Lombardia. Secoli XII e XV. Laterza, pp. 7-8.

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Itinerario 1 - Le valli e le alpi di Ornica

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ITINERARIO 1

Le valli e le alpidi Ornica

La partenzaDalla contrada Fusinetta (m 895;parcheggio e fontana), toponimoche rammenta l’antica tradizionefusoria di Ornica8, si sale lungo labella mulattiera e in breve si rag-giunge Via Roma, all’altezza del“ponte nuovo”, donde si proseguediritti lungo Via Rasega sino all’at-testamento della carrabile.

Lungo la mulattieradella Grande GuerraLasciato sulla destra il piccolo ecaratteristico Ponte della Rasega,tutto in pietra, si continua lungo ilnotevole tracciato della mulattieracostruita durante il primo conflittomondiale (segnavia CAI 107)9. Que-

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Il compatto borgo di Ornica, alla confluenzadelle valli dell’Inferno, a sinistra, e Salmurano.

LE COORDINATE DEL PERCORSO

Località di partenza: Ornica, località Fusinetta (m 895)Tempo di percorrenza: h 9 circaDislivello in salita: m 1.950 circaQuota massima: m 2.554 (Pizzo dei Tre Signori)Difficoltà: EE (per Escursionisti Esperti)Periodo consigliato: da giugno a ottobre

Ornica

8 Vedi Scheda 2 “Le fucine” nel Volume II.9 Vedi Scheda 1 “I segni della Grande Guerra”

nel Volume V.

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», nelarii di7-8.

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sta sale verso il Passo di Salmuranocon pendenza lieve e regolare ri-montando con una serie di tornantiil versante idrografico destro dellavalle, tra le località Singàl, Albe eCesür, sino a incrociare la stradaagrosilvopastorale che unisce ilColle Dudello alla “Còla de Cus”(Colle della Maddalena). Un occhioattento potrà notare in questotratto del percorso i numerosi segnidelle devozione popolare e le resi-due testimonianze dell’antica culturarurale: caselli per la conservazionedel latte (presso venute d’acqua),fontane per l’abbeverata degli ani-mali, letamaie, grossi alberi di ci-liegio e noce, siepi e muri confinari.Alcune baite conservano i canali digronda in legno (saline), altre il“büs del föm” (buco del fumo),quasi una riproposizione in terminiminori dello sfiato del “föch”. Lamulattiera supera le baite di Cesür(m 1.135) e giunge presso il tor-rente, ove l’antico ponticello, andatodistrutto durante l’alluvione del1987, è sostituito da un facileguado (in alternativa utilizzare ilponte carrabile). Una breve salitaconduce a una nuova pista, che sisegue a sinistra superando i pratidi Bregagnöl ed entrando nel bosco.Ripreso verso destra il sedime dellamulattiera militare, si raggiungein breve il guado della Valle del-l’Asino, a cui poco più avanti fa se-guito un bel ponte in pietra chescavalca le cristalline acque delTorrente Salmurano.

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Itinerario 1 - Le valli e le alpi di Ornica

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Verso le malghe e il Rifugio BenigniCon salita ora più decisa si rimontala costa boscata e poi il fianco occi-dentale della Val Salmurano, sino araggiunge il piede dell’Alpe Val Pia-nella, in località Casera vecchia, oveil panorama si apre sul dirimpettaiopascolo dell’Alpe Valletto. Il confineinferiore delle due malghe corre inrealtà più in basso, nel bosco, perchédi norma assai più ampio della solaporzione pascoliva. Il bosco fornisceinfatti la legna necessaria per la la-vorazione del latte, laddove ancorase ne fa uso, mentre le praterie piùelevate sono in parte sfruttate per ilpascolo degli ovini [scheda 1]. Tra-scurati i sentieri per la Casera Vallettoe la Val Pianella, si continua a saliretra pascoli magri e cespugliati sino

Lungo la mulattiera della Grande Guerra, nel magro pascolo cespugliato dell’Alpe Val Pianella.

Località Cesür, dove la mulattiera incrociala strada agrosilvopastorale.

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all’ennesimo guado, oltre cui lamulattiera viene raggiunta dal sen-tiero proveniente dalla localitàSciocc (m 1.740). Su sedime orapiù largo ed evidente si tocca laFontana di S. Carlo per poi guada-gnare l’orlo della bella conca gla-ciale di Salmurano, ove verso sini-stra prende avvio il “Sentiero deivitelli” (segnavia CAI 108/A). L’iti-nerario prosegue invece verso de-stra (segnavia CAI 107-108) ta-gliando le praterie dell’Alpe Sal-murano e portandosi ai piedi del-l’omonimo passo. Con una diago-nale verso Ovest lo si lascia sulladestra sottopassando l’imponentebastionata rocciosa della Cima

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Alla conca di Salmurano.

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Itinerario 1 - Le valli e le alpi di Ornica

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Orientale dei Piazzotti10 e poi rimontando un canale di rocce e detriti impostatolungo una piccola faglia11. Al suo termine si trascura a sinistra il Sentiero delleOrobie Centro Occidentali (segnavia CAI 101) per salire lungo il pendio pascolivosino all’ampio terrazzo roccioso che ospita il Rifugio Benigni (m 2.222), da dovelo sguardo spazia ampio sulle Orobie e sui più lontani profili retici dominati dalBadile, dal Cengalo e dal possente Disgrazia (piastra indicatrice).

Lungo il 101Dal rifugio si segue verso Sud-Ovest il Sentiero 101 delle Orobie superando laBocchetta dei Piazzotti e raggiungendo quella di Val Pianella (in loco indicatacome Bocchetta di Trona), ove il panorama s’allunga sulla Valle di Trona. Conrapide svolte si rimonta una bastionata rocciosa e si guadagna la cima delMonte Giarolo (m 2.314; omino di pietra), donde si prosegue lungo un aereoe panoramico tracciato. In corrispondenza di un ampio vallone detritico il

Il Rifugio Benigni e la spianata dei Piazzotti, sullo sfondo del Monte Valletto.

10 Il toponimo “Piazzotti” si lega alla peculiare morfologia dell’area, ricca di “piazzole” pascolive; vedi:Gandola Sandro, 1981 - Denti della Vecchia e dintorni. Edizioni Agielle, Lecco, p. 85. La conca som-mitale dei Piazzotti, ove si raccoglie l’omonimo laghetto, appartiene al bacino idrografico abduano.Le sue acque si versano infatti nel Torrente Bitto di Gerola e poi nell’Adda sopralacuale.

11 La faglia divide i Conglomerati del Ponteranica, a Nord, dalle arenarie e siltiti della Formazione delCollio, a Sud. Vedi: AA.VV., 2000 - Percorsi, luoghi, paesaggi. Itinerari tematici. GAL Valle Brembana,Zogno (BG), pp. 64-67. Per approfondire i temi geologici vedi anche Scheda 2 “Rocce altobrembane”nel Volume IV.

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sentiero cala rapidamente versosinistra per poi portarsi su unacosta erbosa e da lì nuovamentedentro un canale. Tagliando ver-so destra lo si lascia alle spallee con un ultimo traverso sipassa ai piedi del Poiat, un sin-golare monticolo sormontatoda una croce in legno12, e ci sicongiunge al sentiero della Vald’Inferno (m 2.050).

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L’alta Valle Inferno e la Sfinge.

12 Questo dosso, ben visibile anche dallabassa valle, deve il nome alla sua pe-culiare forma, che richiama le catastedi legna ricoperte di terriccio da cui,attraverso un lenta combustione, ve-niva ricavato il carbone. Per il Tirabo-schi il «pojàt» è infatti la «carbonaja»;vedi: Tiraboschi A., 1867 - Vocabolariodei dialetti bergamaschi antichi e mo-derni. Opera citata. Il deposito, di na-tura morenica, è legato alle ultime fasidella più recente avanzata glaciale, da-tabile al Pleistocene Superiore.

13 Ve

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Itinerario 1 - Le valli e le alpi di Ornica

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Il Pizzo dei Tre Signori e la Val d’InfernoIn direzione Nord-Ovest si rimonta ora la parte sommitale del vallone (segnaviaCAI 106), tutto sfasciumi e detriti, passando ai piedi delle strapiombanti paretidella “Sfinge”, contrafforte di massicce rocce conglomeratiche dall’incredibilesomiglianza con i celebri monumenti egiziani. Raggiunta la Bocchetta d’Inferno(m 2.306), a cavallo tra le due valli omonime, in circa mezz’ora si sale allacroce di vetta del Pizzo dei Tre Signori (m 2.554), storico cardine confinarioove oggi s’incontrano le province di Bergamo, Lecco e Sondrio13. Bella e riccadi storia, questa montagna offre anche un superbo panorama che dai vicinipizzi Varrone e Trona si allunga sulle Grigne e poi verso il Bernina, il MonteRosa e le innumerevoli altre vette che una piastra indicatrice consentefacilmente di riconoscere. Ritornati all’incrocio con il 101, si prosegue nelladiscesa lungo la valle (segnavia CAI 106) toccando le diverse stazioni dell’AlpeValle Inferno, “monte” ricco di storia e di gestioni d’avanguardia, tra cui la“Società d’alpeggio” e l’attuale Agriturismo Ferdy. Congiuntamente alle tre at-

A sinistra: croci sulla vetta del Tre Signori. A destra: nel tratto sommitale del percorso.

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13 Vedi Scheda 2 “Il Pizzo dei Tre Signori” nel Volume V.

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traversate in precedenza essa forma il vastissimo comparto pascolivo diOrnica, che nel complesso sottende quasi la metà del territorio comunale.Con bella vista sui rilievi dolomitici del Pizzo di Cusio e del Monte Disner, sitoccano così le baite Corna dei Vitelli (m 1.910) e Predù (Pietrone), ambeduericavate sotto un enorme masso14, quella dei Ciarelli (Ciarèi) e infine la Ca se ra(m 1.415), che oggi come un tempo è il fulcro organizzativo dell’alpe [scheda3]. Si cala dunque al piede del pascolo, dapprima su pista e poi nuovamentesu sentiero, lasciando a sinistra la Baita nuova (o Baitello) ed entrando nelbosco. Ben presto ci si trova su una strada agrosilvopastorale (Stradù)15:

14 Le voci dialettali “corna” e “predù” significano rispettivamente “roccia” e “grande pietra”; vedi: Ti-raboschi A., 1867 - Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni. Opera citata. Nessun“predone” ha dunque abitato queste primitive strutture, né in esse si colgono particolari riferimentialle “corna” dei vitelli. Si tratta semplicemente di ripari che sfruttano cavità, vani e interstizi natu-ralmente presenti al piede di massi aggettanti o tra i blocchi di antiche frane. Vedi: D’Adda Stefano,Dusatti Marco, 2009 - Al cospetto del Tre Signori. Comune di Ornica, pp. 50-55.

15 Il nome è mutuato da quello della preesistente strada mulattiera, che era chiamata “stradone” perla sua non comune larghezza.

Per la parte finale dell’itinerario vedi stralcio a pag. 6

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seguitala brevemente a sinistra, sinoltre la costa, la si lascia per la bellamulattiera lastricata (segnavia CAI106) che dai prati di Giai cala a destraverso Ornica. In un bell’alternarsi dibaite, prati e boschi si giunge sulfondo del Canal di Giai, tra le localitàCantèl e Corlasc, donde l’antico sedimeprosegue incrociando ripetutamentequello della larga strada agrosilvopa-storale. Toccati il “Gergiöl de la Moia”(Santella di Moia) e il Prato del Fornosi raggiunge infine al Santuario dellaMadonna del Frassino (m 970), cheun breve tratto d’asfalto unisce alsottostante centro del paese. Baita Predù, ovvero della grande pietra.

Itinerario 1 - Le valli e le alpi di Ornica

13

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La Casera, oggi centro dell’agriturismo d’alpe.

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Le guide di Altobrembo - Volume III

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MALGHE E ALPEGGIuna peculiare “azienda” d’alta quota

La malga, detta anche “alpe” o “monte” (“mut” in dialetto bergamasco), èuna porzione di montagna dove la secolare e talvolta immane opera dibonifica e coltivazione dell’uomo ha trasformato in pascoli aree che un tempoerano occupate da boschi, cespuglieti e praterie selvatiche16. A seconda deiluoghi, ai pascoli si accompagnano rocce, acque, cespuglieti, boschi, talvoltaanche prati, quasi sempre in contesti di grande valore ambientale epaesaggistico. Della malga fanno parte anche fabbricati e strutture: per l’abi-

tazione dei malghesi, per la lavorazione ela conservazione del latte e dei formaggi,per il ricovero e l’alimentazione del be-stiame, per l’uso e il governo del pascolo.La malga è un’esemplare forma di utiliz-zazione del territorio attraverso cui unapreziosa risorsa foraggera, che per il suoridotto sviluppo e l’asperità dei luoghi nonpuò essere convenientemente falciata etantomeno affienata, viene sfruttata di-rettamente in posto attraverso il pascolo.Insomma, parafrasando un famoso pro-verbio: se l’erba non può andare aglianimali, gli animali vanno all’erba! Ognimalga è delimitata da precisi confini, co-stituiti da elementi fisici naturali o da ma-nufatti. Crinali, dossi, corsi d’acqua, muri,cippi, mulattiere e sentieri si susseguononel definire l’areale della malga. Si trattadi confini spesso invisibili ai non addetti ailavori; vertici e linee immaginarie che iconduttori delle malghe conoscono bene,

SCHEDA

1

Una piccola croce incisa su un massosegna il confine tra le alpi Cavizzolae Siltri, in comune di Mezzoldo.

16 Pur venendo spesso utilizzati come sinonimi le parole “malga” e “alpeggio” indicano due cose di-verse: la malga è l’insieme dei pascoli, delle strutture e delle infrastrutture destinati all’allevamentostagionale del bestiame, alla produzione e alla lavorazione del latte e alla conservazione dei prodotticaseari; l’alpeggio è invece il sistema di gestione della malga, ovvero è l’attività agricola e zootecnicache si svolge nella malga. Spesso l’alpeggio si svolge nei confini di una sola malga ma può anche ca-pitare, e la cosa non è rara, che più malghe siano ricomprese in un unico grande alpeggio. Nel dialettobergamasco i termini “malga” e “mut” sono rispettivamente usati per indicare la mandria al pascoloe, con accezione utilitaristica, la montagna dotata di pascoli; vedi: Tiraboschi A., 1867 - Vocabolariodei dialetti bergamaschi antichi e moderni. Opera citata.

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Scheda 1 - Malghe e alpeggi

15

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Alpe Valli, in comune di S. Brigida: la stazione della Casera Serada e l’omonimo edificioripresi dal sentiero che sale alla stazione Mincucco.

sui quali si fonda il reciproco rispetto tra confinari. Ogni malga ha le sue areedi “godimento”, fatte di pascoli, boschi e acque: ogni luogo, ogni uso, risultacosì definito e regolamentato. In maniera più o meno precisa i limiti dellemalghe sono descritti anche nei contratti o nei capitolati di affittanza, con ri-ferimenti a luoghi e proprietà confinanti. I pascoli della malga sono di solitocollocati a diverse quote: dalle più basse, dove giace il “piede” dell’alpe, allepiù elevate, dove si trova la “cima”. La distribuzione altitudinale delle prateriefa sì che lo sviluppo dell’erba avvenga contestualmente al procedere dellastagione estiva, dal basso verso l’alto della montagna. Con la suddivisione delpascolo in “stazioni”, ovvero in aree di pascolo appositamente strutturate, lamalga è “costruita” per garantire una costante disponibilità di foraggio frescoal bestiame. Spostando continuamente il suo centro d’azione, il malgaroutilizza dapprima il piede dell’alpe, dove la neve scompare presto e l’erba èpronta all’inizio dell’estate. Al culmine della stagione raggiunge la cima,sfuggendo i caldi più intensi, per poi ritornare in basso alla fine dell’estatesulle praterie che nel frattempo hanno prodotto un nuovo ricaccio d’erba. Daun minimo di una, le stazioni possono arrivare a dieci, anche dodici, seun’alpe è molto estesa o produttiva.

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Le guide di Altobrembo - Volume III

16

ITINERARIO 2

Monte Secco e Torcole:le malghe di Piazzatorre

La partenzaDalla località Piazzo (m 1.110, par-cheggi) si segue il breve tracciato diVia Piazzo (segnavia CAI 118) e poiquello di un sentiero che piegandoverso Nord-Est si porta ai piedi delGerù, una grande colata detritica ali-mentata dai rottami rocciosi delle pen-dici occidentali del Monte Secco17.Percorrendo il filo superiore di un ar-gine artificiale lo si borda a levante e cisi porta all’imbocco del selvaggio val-lone che lo ospita, ove il verde intensodei boschi contrasta con il bianco delleguglie e delle pareti calcaree.

Ai piedi del Gerù,all’avvio dell’itinerario.

LE COORDINATE DEL PERCORSO

Località di partenza: Piazzatorre, loc. Piazzo (m 1.110)Tempo di percorrenza: h 6 circaDislivello in salita: m 1.115 circaQuota massima: m 1.941 (Passo di Monte Colle)Difficoltà: E (per Escursionisti)Periodo consigliato: da maggio-giugno a ottobre

Piazzatorre

17 Il termine dialettale “gerù” significa “ghiaione”.Durante l’alluvione del luglio 1987 la colatascese sino al quartiere Rossanella, invadendocase e strade. Un evento analogo successe pro-babilmente nel Cinquecento; vedi: Bottani Tarci-sio, Arrigoni Ermanno, Riceputi Felice, 2006 -Gente di Piazzatorre. Figli dei prati e dei boschi.Comune di Piazzatorre, pp. 70-71, 304.

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Verso l’Alpe Monte SeccoTra pecci e faggi si sale a rapidesvolte toccando i resti di un’aia car-bonile e di una calchera, simboli dilavori ed economie ormai lontani,godendo qua e là dei suggestivi scorciofferti dalle rare chiarìe. L’erta salitasi conclude allorquando, a circa 1.670m di quota, il sentiero si dirama la-sciando sulla sinistra il tracciato cheraggiunge i piccoli e magri pascolidel Costone, visibili in lontananzasull’altro lato della valle e lungo ladispluviale. Da tempo non più sfruttatisoprattutto per la carenza d’acqua,costituiscono la parte settentrionaledell’Alpe Monte Secco, una delle duemalghe di proprietà del comune diPiazzatorre. La parte più ampia, an-ch’essa da tempo inutilizzata per imedesimi motivi, è quella che rag-giungiamo dopo un ultimo traverso

Itinerario 2 - Monte Secco e Torcole: le malghe di Piazzatorre

17

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Cisterna per la raccolta dell’acquaalla Baita Monte Secco.

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per nuo

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Le guide di Altobrembo - Volume III

18

nel bosco e dopo aver rimontato una pronunciata costola erbosa che aprespettacolari vedute sulle rocce del Pizzo Badile e sulle dolci groppe pascolivedel Monte Torcola. Percorrendo il sentiero si nota come la porzione inferioredel pascolo, più fertile, sia largamente invasa dal peccio, che presentanumerosi grandi esemplari ad habitus subalpino, con chiome tipicamentestrette ed appuntite. Superati i resti di un bàrech [scheda 3] si esce dal radobosco e si raggiunge la Baita di Monte Secco (m 1.840), adibita a bivacco edotata di una grande e caratteristica cisterna per la raccolta dell’acquapiovana. Cisterne e pozze per l’abbeverata degli animali sono presenze tipichedelle malghe impostate su rocce carbonatiche, ove i fenomeni carsici e laconseguente assenza di acque superficiali impongono un’attenta raccolta econservazione di quelle meteoriche.

Il passo e l’Alpe Monte ColleCon un’ultima salita e un paio disvolte si guadagna il Passo di MonteColle (m 1.941), ove la vista si apresul ramo brembano di Carona e sullenumerose cime orobiche, dominatein lontananza dalla piramide del Pizzodel Diavolo di Tenda. L’itinerario oraaggira il Pizzo Badile traversando ipascoli e i boschi dell’Alpe MonteColle, di proprietà del comune diBranzi. Con bella discesa ci si portadunque alla stazione della Caseradella Croce (segnavia CAI 118), per-correndo in ultimo un’aprica costaombreggiata da vetusti larici18. Pocoprima di giungere alla casera (selletta)si prende a destra un evidente sen-tiero (segnavia CAI 117) che con unbel traverso e panoramiche vedutetocca le stazioni Baitelli e Quedro

19 Il dacoAt

18 Il larice ha una chioma rada e leggera che per-mette la crescita dell’erba. Nei pascoli alpestrila sua presenza è pertanto tollerata e anzispesso favorita per creare aree lievementeombreggiate che per la loro peculiare genesie struttura sono dette “parchi a larice”.

Lo stdell’Adelle

Verso la Casera della Croce,tra vetusti larici.

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per poi raggiungere con dolce salita il Forcolino di Torcola (m 1.856),nuovamente sullo spartiacque tra i rami brembani dell’Olmo e di Carona.

I dolci pascoli di TorcolaOcchieggiando sulla destra alle aspre e chiare rocce delle appendici meridionalidel Pizzo Badile e sulla sinistra alle verdi distese dei pascoli di Torcola siprosegue in falsopiano verso Sud-Ovest (segnavia CAI 119) passando amonte della Baita Cima (Sema) per poi calare al colletto che ospita l’omonimostallone. Siamo in corrispondenza della stazione sommitale dell’Alpe TorcolaVaga, la malga che unitamente alle omologhe Torcola Soliva, Torragella e Tor-racchio si spartisce il vasto e comodo comparto alpestre del Monte Torcola19,

Itinerario 2 - Monte Secco e Torcole: le malghe di Piazzatorre

19

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19 Il Serpieri definì l’insieme delle prime tre «grande distesa di pascoli ottimamente configurati, costituitida vari successivi dossi pianeggianti o a mite pendenza» e la terza un’alpe a «configurazione ottima»con «ter re no profondo, fertile»; vedi: Serpieri Arrigo, 1907 - I pascoli alpini della provincia di Bergamo.Atti della Comm. d’inchiesta sui pascoli alpini, volume II, Soc. Agraria di Lombardia, Milano, pp. 21-22.

e per-pestri

anzimenteenesi

Lo stallone della “cima”dell’Alpe Torcola Vaga, sullo sfondodelle rupi del Badile.

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Le guide di Altobrembo - Volume III

20

probabil-mente tra i più an-

tichi della Valle Brembana20.Non è infatti casuale il fatto che

per secoli e fino alle soglie del Nove-cento una larga parte della popolazionedi Piazzatorre si sia dedicata all’alleva-

mento transumante dei bovini, con con-seguente spostamento di intere famiglie in varie località della pianuralombarda tra l’autunno e la primavera, e che ancora all’inizio dell’Ottocentocirca la metà dei proventi comunali giungesse dall’affittanza degli alpeggi21.La vastità dei pascoli, così come dei boschi, ha fortemente orientato l’economiapiazzatorrese, che sino all’avvento del turismo, a partire dall’inizio delNovecento, è stata pressoché esclusivamente agricola. Seguendo l’aerea

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22 Ve

20 Gli oronimi “Torcola”, “Torracchio” e “Torragella” derivano dalla comune radice preindoeuropea “Tor”,che significa “altezza”. Sono dunque di antichissima origine, preistorica, segno di una particolare ri-levanza e riconoscibilità geografica della montagna ma anche, probabilmente, di una sua remota fre-quentazione antropica. Il toponimo “Piazzatorre”, con significato di area pianeggiante (da “plaza”)situata in alto (da “tor”), ne sarebbe dunque una derivazione; vedi: Rousset Paul-Louis, 1991 - Ipotesisulle radici preindoeuropee dei toponimi alpini. Quaderni di cultura alpina n. 34-35. Priuli & Verluccaeditori, Ivrea (TO), pp. 154-158. Torcola compare in un documento già nel 1093; vedi: AA.VV. (a curadi Guglielmi Eugenio), 2006 - Mezzoldo in Valle Lulmi. Comune di Mezzoldo, p. 83, 211.

21 Bottani T., Arrigoni E., Riceputi F., 2006 - Gente di Piazzatorre. Opera citata, pp. 79-82, 95-97, 203-206.Gli autori riferiscono che «nel 1811 su 296 abitanti» ben «123 erano bergamini» che passavano granparte dell’anno nelle pianure del Milanese e del Lodigiano. La lunga permanenza lontano dai luoghid’origine portò nel tempo alla radicazione di molte famiglie di bergamini in pianura. Un interessanteexcursus sul tema si trova in: Arioli Natale, 2002 - I bergamini dell’Alta Valle Brembana negli archiviparrocchiali dello Stato di Milano nel XVII e XVIII secolo. Quaderni Brembani 1, anno 2002, pp. 7-12.

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Itinerario 2 - Monte Secco e Torcole: le malghe di Piazzatorre

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linea dello spartiacque, che offre notevoli vedute sui versanti Nord dei montiArera e Menna, si borda il limite sommitale dell’Alpe Torcola Vaga e siguadagna il dosso su cui culmina la seggiovia dei Gremei, donde si cala alsottostante colletto seguendo l’ampio tracciato della pista da sci. Glisbancamenti che l’accompagnano rivelano il netto cambiamento della matricerocciosa: le grigie rocce carbonatiche del gruppo Secco-Badile hanno infattilasciato il posto alle massicce banconate dal caratteristico colore rosso-violaceo del Verrucano lombardo, una formazione silicatica di età permianacostituita da conglomerati e arenarie22. Dal colletto si prende verso sinistra lastrada agrosilvopastorale che con largo giro verso Sud-Ovest, divenendo inultimo semplice pista, conduce sulla panoramicissima cima del Monte Torcola(m 1.786), ove la vista spazia dalla cresta orobica alle ultime propagginibrembane. Una volta tornati al colletto si scende lungo il sedime della pistada sci e in breve si è ai Gremei (Gremelli), stazione oggi nota più per leomonime strutture della sciovia e del rifugio che per quelle alpestri.

22 Vedi Scheda 2 “Rocce altobrembane” nel Volume IV.

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uoghisanterchivi7-12. Mandria al pascolo, a sinistra, e lungo la strada di Torcola Soliva, a destra.

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Sin utiliQuaforaanimgrandellcominteareevisoattutotomorristrtari sonmeninfaL’ar

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Le guide di Altobrembo - Volume III

22

Ritorno al PiazzoSeguendo la strada agrosil-vopastorale si cala ora conrapide svolte toccando la Ca-sera di Torcola Vaga, cuoredell’alpe [scheda 3], e poigli ultimi lembi di pascolo. Ilbosco, dominato dal peccio edall’abete bianco e caratte-rizzato da assetti forestali,ambientali e paesaggistici dinotevolissimo livello23, do-mina la scena dell’ultimotratto dell’itinerario, chedopo avere scavalcato il Tor-rente Torcola raggiunge nuo-vamente la località Piazzo.

Sulla via del ritorno al Rifugio Gremei, a sinistra, e alla Casera di Torcola Vaga, a destra.

23 Gli “abieteti” di Torcola Vaga costituiscono una delle migliori espressioni della categoria in ambitolombardo, per sviluppo, composizione e assetto complessivo della formazione forestale; vedi: EnfissiStefano, 2005 - Piano di assestamento della proprietà silvo-pastorale del Comune di Piazzatorre. Vrevisione valevole per il decennio 2004-2013. Comune di Piazzatorre, pp. 3, 22.

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MALGHE D’ALTOBREMBOuna corona di pascoli in “testa” alla Valle dell’Olmo

Sin verso la metà del secolo scorso tutte le aree d’alta quota in qualche modoutilizzabili per il pascolo dei bovini erano ricomprese nel perimetro delle malghe.Quasi ovunque il sovraccarico animale obbligava a utilizzare ogni minima risorsaforaggera, anche la più infima e scomoda, e laddove non giungeva la bocca deglianimali toccava al falcetto recuperare le residue manciate di fieno magro24. Lagrande fame d’erba spingeva la pratica del pascolo anche fuori dal perimetrodelle malghe, nei boschi cedui e negli incolti, spesso molto vasti, di proprietàcomunale, in forme individualistiche e per lo più di mera sussistenza25. A quegliintensi prelievi si devono le pendici in parte denudate ancor oggi visibili in alcunearee, sopratutto in Val Torta. Nella Valle dell’Olmo il pascolo alpestre era suddi-viso in 38 malghe, che ne coronavano quasi continuativamente la testata. Quelleattualmente caricate, e più o meno intensamente utilizzate, sono 34, quasi intoto raccolte in area alpina, su substrati silicatici, ove l’acqua è abbondante e lemorfologie favorevoli. Le 4 malghe dismesse disponevano al contrario di pascoliristretti, disagevoli e di scarsa qualità26. La loro superficie assomma a 4.720 et-tari e costituisce quasi 1/3 di quella della valle27. Le aree pascolate e pascolabilisono però assai meno estese di un tempo a causa del minore, e talvolta vera-mente modesto, carico animale. I pascoli più magri, accidentati e scomodi sonoinfatti da tempo abbandonati e in parte riconquistati dall’arbusteto e dal bosco.L’area a pascolo si è così ridotta a circa 1/3 di quella totale28.

SCHEDA

2

24 Il “fieno magro” (fé màgher), altrimenti detto “fieno selvatico” o “di monte”, era ricavato nelle pra-terie più alte o lungo le pendici montuose più impervie, dentro e fuori il perimetro delle malghe. Inuno scenario di estrema dipendenza dalle produzioni agricole costituiva anch’esso una risorsa pre-ziosa, ottenibile con un lavoro durissimo in aree spesso pericolose.

25 A inizio Novecento il Serpieri annotava come nelle vaste proprietà comunali di media e bassa quotadi Cassiglio, Ornica, S. Brigida e Valtorta il bestiame bovino e caprino pascolasse «o, meglio» digiu-nasse «durante l’estate» e «con l’aiuto di molto fieno selvatico» venisse «tenuto alla peggio in vita»;vedi: Serpieri Arrigo, 1907 - I pascoli alpini della provincia di Bergamo. Opera citata, pp. 9, 17. In me-rito allo sfruttamento dei boschi si cita per tutte la delibera n. 17 dell’8 agosto 1909 con cui il consigliocomunale di S. Brigida autorizzava il pascolo nelle località Piacco, Chiappa, Desinaro, Roncato, Spon-dola soliva, Vicarie e Costi; vedi: Registro deliberazioni del Consiglio Comunale 1908-1914.

26 Lo scarso valore dei foraggi delle 3 malghe abbandonate della Val Torta (Pugna, Fogliaro e Vendulpiano)era così noto da originare il proverbio locale «Da Pugna, Foier e Vendulpià - Madona, Signur, tegnimlontà»; vedi: Serpieri A., 1907 - I pascoli alpini della provincia di Bergamo. Opera citata, p. 6.

27 I dati di superficie delle malghe di proprietà pubblica sono tratti da: Crotti Contardo e D’Adda Stefano,1990 - Piano Alpeggi. Comunità Montana Valle Brembana, dati singole malghe; quelli delle malghedi proprietà privata da: D’Adda Stefano, 2000 - Piano Regionale degli alpeggi. Alpeggi della C.M.Valle Brembana. Comunità Montana Valle Brembana, dati singole malghe (da planimetrie). L’ettaroè un’unità di misura della superficie e corrisponde a 10.000 mq.

28 Si tratta di un dato stimato, pari a circa 1.600 ettari, tratto per estensione da quello, riferito al 1990,delle sole malghe di proprietà pubblica.

Scheda 2 - Malghe d’Altobrembo

23

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Le guide di Altobrembo - Volume III

24

Le 38 malghedell’Alto Brembo

Occidentale: con ilnumero di colore

nero sono indicatequelle abbandonate,

con il numerodi colore verde

quelle attivedi proprietà

pubblica, conil numero

rosso quelleattive di

proprietà privata.Delle 34 ancora

attive è riportatoanche il relativo

perimetro.

1

2

3

4

5

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9 10

11 1213 14

15

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16

1817

1920

212223

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2627

29

29

3132

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35

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28

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Lo(MTemDisQupreDifPe

N. Nome della malga N. Nome della malga1 Monte Campo 20 Ponteranica2 Maffenoli-Valfosca 21 Cul3 Pugna 22 Ancogno Solivo4 Fogliaro 23 Ancogno Vago5 Vendulpiano 24 Gambetta6 Ceresola 25 Cantedoldo7 Foppabona 26 Monte Nuovo8 Camisolo-Lavezzo 27 Bressano9 Stavello 28 Pigolotta10 Radice 29 Arale11 Valle Inferno 30 Fioraro12 Val Pianella 31 Azzaredo13 Salmurano 32 Cavizzola14 Valletto 33 Siltri15 Casera 34 Terzera16 Foppa Buona-Partita di Mezzo 35 Monte Cavallo17 Foppa 36 Monte Secco18 Delle Valli 37 Torcola Vaga19 Parissolo 38 Torcola Soliva

Mezzoldo

Valtorta Olmoal Brembo

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Itinerario 3 - Le casere di Mezzoldo

25

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ITINERARIO 3

Le caseredi Mezzoldo

La partenzaDalla località Riva, oggi più nota comeMadonna delle Nevi (m 1.325; par-cheggi), si scende verso il FiumeBrembo e su largo sentiero (ponte li-gneo) si guadagna la sponda oppostaseguendo le indicazioni del “Sentierodelle Casere”. Quest’ultimo tocca il“cuore” [scheda 3] delle quattro mal-ghe poste alla testata della valle e saràil nostro riferimento per gran parte del-l’itinerario. Con breve salita ci si portaal ponticello che verso destra scavalcail torrente della Val Terzera e poi, inpiano verso Ovest, nella pecceta delBosco Pasino. All’altezza di una blandacosta si lascia la pista per un sentieroche sale deciso sulla sinistra (indica-zioni) portandosi gradualmente versoil Torrente Terzera.

La località Riva e il Rifugio Madonnadelle Nevi ripresi dall’Alpe Cavizzola.

LE COORDINATE DEL PERCORSO

Località di partenza: Mezzoldo, località Riva(Madonna delle Nevi; m 1.325)Tempo di percorrenza: h 4-4,30Dislivello in salita: m 780 circaQuota massima: m 2.093 (bocchettapresso Monte Azzaredo)Difficoltà: EE (per Escursionisti Esperti)Periodo consigliato: da giugno a ottobre

Mezzoldo

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Le guide di Altobrembo - Volume III

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Il piede e la casera dell’Alpe TerzeraDopo circa 20 minuti si raggiunge lastrada agrosilvopastorale prove-niente dalla località Ponte dell’Ac-qua, il cui tracciato ricalca per lunghitratti quello della vecchia mulattieraper l’Alpe Terzera e il Passo di S. Si-mone (segnavia CAI 115)29. La sisegue, sfruttando quando possibilegli scampoli della mulattiera, e conuna serie di tornanti si rimonta il gra-dino di sbocco della valle per poiguadagnare il piede del “mut”, ovecompaiono le prime radure. Supe-rato il torrente (ponticello) si lascia

La penzana della stazione Casera.

La Casera, nella parte bassa dell’Alpe Terzera.

29 Poco sotto il valico, nella conca di Arale, sor-geva una chiesetta, già citata nel 1227, di cuioggi rimangono solo tracce; vedi: Cucini Tiz-zoni Costanza, 1994 - Miniere e metallurgiain alta Val Brembana. Bergamo (secoli XII-XVI). Bergomum, n. 2, pp. 50, 55-56, 79-80.

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la carrabile per un sentiero che a destra sale tra pascoli e boschi portandosialla stazione Casera, la prima e più importante delle cinque su cui è attualmenteimpostata la malga [scheda 1]. La seconda, quella di Costa Piana, è posta pocopiù a Nord e racchiude nel nome il suo peculiare e favorevole assetto morfolo-gico. La si raggiunge imboccando verso sinistra il sentiero che s’avvia poco piùavanti, all’altezza di un trivio posto ai piedi di un dosso boscato (indicazioni).Questo sale dapprima dolcemente, passando sul fronte di una penzana, e poipiù decisamente, sino a sbucare sul panoramico dosso pascolivo presidiatodall’omonima baita (m 1.720; crocifisso ligneo).

Tra le malghe Siltri e CavizzolaAmmirato il vasto panorama, dominato verso Nord dalle cime del Pizzo delleSegade, dei monti Fioraro e Tartano e del Pizzo Rotondo, si prosegue breve-mente alle spalle della baita per poi piegare a sinistra ed entrare in un bel la-riceto e nel perimetro dell’Alpe Siltri. Quest’ultima costituisce da secoli unodei due «monti alti» di Sorisole30, che li acquistò per far fronte alle necessità

30 Paganoni Marino, 1986 - Sorisole. Dal sec. VIII d.c. al XIX. Cassa Rurale ed Artigiana di Sorisole, pp.50-51, 60-61. L’autore menziona atti di fine Cinquecento ove l’alpe è detta «monte de Cilter». Laseconda malga “alta” di Sorisole è l’Alpe Campo, posta in comune di Serina.

Itinerario 3 - Le casere di Mezzoldo

27

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9-80.

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spuoltrsullCavragglitamle ppaspicatierosinoBait

32 IlesesmarSc

Le guide di Altobrembo - Volume III

28

dei suoi numerosi allevatori alla stregua diquanto fece il limitrofo comune di Pontera-nica con l’omonima alpe31. Un fitto sotto-bosco dominato da mirtillo e rododendro,tipico del lariceto, accompagna la traver-sata sino alla Casera Siltri, che si presentaal ricomparire del pascolo bellamente ri-compresa nel suo bàrech [scheda 3]. Unalussureggiante flora nitrofila caratterizzal’interno del recinto litico e le zone adia-centi, evidenziando le aree in cui il be-stiame staziona più lungamente. Una bellatraversata tra pascoli abbondantemente ce-

31 Sorisole e Ponteranica sono vasti comuni situati alleporte di Bergamo che sino alla metà del secolo scorsoavevano un’economia prevalentemente agricola. Perquanto riguarda l’Alpe Ponteranica vedi l’Itinerario 2nel Volume V.

La Casera dell’Alpe Cavizzola.

Pietra coppellata all’Alpe Cavizzola.

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spugliati conduce ora al confine settentrionale dell’alpe (segnavia CAI 111),oltre un panoramico dosso che si rimonta con facilità. Nei suoi pressi si lasciasulla sinistra il Sentiero delle Casere, che pianeggia verso la vicina Casera diCavizzola, per quello che con alcune svolte si inerpica lungo il pendio e in breveraggiunge il minuscolo Lago di Cavizzola (m 1.911), ingombro di massi e so-litamente povero d’acqua. In questo tratto un occhio attento può cogliere trale più alte frange del bosco e le rade arborature che punteggiano i soprastantipascoli alcuni sparuti esemplari di pino cembro, una conifera sempreverde ti-pica delle alte quote a clima continentale32. Al laghetto transita anche il Sen-tiero delle Orobie Centro Occidentali (segnavia CAI 101), che ci accompagneràsino al Bivacco Zamboni. Con un bel traverso e un’ultima salita ci si porta allaBaita Piedevalle, sede della terza stazione dell’alpe, collocata al margine di un

32 Il pino cembro trova il suo ambiente ideale nelle alpi più interne, a clima continentale (con fortiescursioni termiche giornaliere e stagionali e precipitazioni limitate). Nelle Alpi Orobie, una catenaesterna dal clima oceanico, è discretamente presente nel settore centrale del versante settentrionalementre a Sud, sul lato bergamasco, sono segnalati popolamenti solo nell’Alto Brembo di Carona. Learee che lo ospitano denotano pertanto caratteri climatici tendenzialmente continentali. Vedi ancheScheda 1 “Alberi e boschi” nel Volume IV.

Itinerario 3 - Le casere di Mezzoldo

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La stazione Piedevalle con l’ex conca lacustre, oggi pascolo.

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pianoro derivante dall’interramento di un antico lago. Bordando quest’ultimosul lato di ponente ci si porta al piede dell’opposto versante, che il sentiero ri-monta con una diagonale tra detriti e magre erbe. La salita culmina su unabocchetta presso la cima del Monte Azzaredo (m 2.093), da cui si godono spet-tacolari vedute sulle alte valli di Cavizzola e Siltri e, verso Ovest, sull’apricaconca di Azzaredo.

L’Alpe e la Casera di AzzaredoAi nostri piedi, addossata alla costiera tra i monti Tartano e Azzaredo, sidistende una singolare colata detritica dalle forme simili a quelle di unalingua glaciale. Si tratta di un rock glacier, ovvero di una “mesoforma”periglaciale, oggi del tutto inattiva e per questo detta relitta, connessa alremoto verificarsi di una fase climatica fredda. Scendendo dalla bocchettasono ben visibili nelle rughe superficiali i segni dell’antico e lento flusso versovalle di questo “ghiacciaio roccioso”, che gli arbusti striscianti sulla fronte esu alcune rughe dicono essere da tempo cessato33. Il sentiero transita

33 Sotto l’aspetto tipologico si trattava probabilmente di un rock glacier a ghiaccio interstiziale. Secondoalcuni studi condotti in alta Valtellina e nel Livignasco i rock glaciers relitti (antichi) sono riferibili alTardiglaciale e pertanto sono vecchi di oltre 11.000 anni; vedi: Guglielmin Mauro, 1997 - Il permafrostalpino. Concetti, morfologia e metodi di individuazione. Quaderni di Geodinamica Alpina e Quater-naria, n. 5, pp. 31-33, 79-98.

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dinnanzi alla possente fronte perpoi traversare la soliva conca mo-dellata dall’esarazione glaciale e rag-giungere il Bivacco Zamboni, ricavatoin quella che era la Baita Cima del-l’Alpe Azzaredo. Il vasto compartopascolivo fa parte della Foresta De-maniale Regionale Azzaredo-Casù ecostituisce una delle poche malghepubbliche dell’alta Valle di Mezzoldo[scheda 2]. Lasciato il Sentiero delleOrobie si scende a sinistra in un pa-scolo delimitato da numerosi bàrech(segnavia CAI 124) e in breve siraggiunge la stazione Laghetti, ovesorgono l’omonima baita e il nuovoRifugio Balicco (m 1.965). Qualcheanno fa nelle vicine torbiere sonostati rinvenuti alcuni manufatti prei-storici, che unitamente alle numeroseincisioni rupestri rivelano l’interessearcheologico di questa vasta areaalpestre e la sua antichissima fre-quentazione34. Si continua a scenderegodendo di spettacolari vedute suipascoli precedentemente attraversatie sulla retrostante piramide calcareadel Monte Cavallo. Si toccano cosìle stazioni Arletto (Aralèt) e Casera,ormai nella parte bassa del pascolo,ove al nostro si ricongiunge il Sen-tiero delle Casere, proveniente daCavizzola.

Il rock glacier di Azzaredo.

Il Bivacco Zamboni.

34 Poggiani Keller Raffaella, 2013 - Mezzoldo(BG) Alpe Azzaredo. Bivacchi d’alta quota erocce con incisioni. Notiziario 2010-2011 So-printendenza per i Beni Archeologici dellaLombardia, pp. 77-78. Le incisioni rupestri,il cui significato è probabilmente religioso-propiziatorio, sono per lo più costituite dacoppelle, canaletti e croci.

Itinerario 3 - Le casere di Mezzoldo

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Ritorno alla RivaDalla Casera si va in piano verso Sude in breve si è a un bivio, oltre l’en-nesimo bàrech: tenendo a destra (se-gnavia CAI 124A) si cala velocementenel pascolo dell’Alpe Arale e con unaserie di svolte ci si porta alla suaprima e più bassa stazione, quella diPescìn. A una nuova biforcazione silascia il sentiero che cala alla localitàFraccia per quello che con lunga dia-gonale borda in alto l’area pascolivae poi, con graduale piega verso Ovest,si porta sul dolce spartiacque a montedella località Riva (indicazioni). Fa-cendo attenzione ai tratti in cui iltracciato è meno evidente, si scendenel bosco, si tocca una penzana di-roccata e con ultima piega a sinistra,ormai di nuovo in ambiente pascolivo,si torna al punto di partenza.

Le casere delle alpi Cavizzola, a sinistra, e Siltri, a destra, sullo sfondo del Monte Cavallo.

Muro di un bàrech alla stazione Casera.

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Scheda 3 - La casera

33

LA CASERAe gli altri edifici del “mut”

In ogni stazione alpestre è presente almeno un edificio e pertanto le malghe or-ganizzate su molte stazioni sono anche quelle più ricche di fabbricati35. La collo-cazione di questi ultimi non è mai casuale: si trovano infatti al riparo dellevalanghe, presso sorgenti o corsi d’acqua, in aree dolci e in siti diversamenteesposti a seconda delle esigenze. La casera è l’edificio adibito al deposito e allaconservazione dei formaggi. Il suo nome deriva infatti dal latino “caseus”, chesignifica “cacio”, ovvero formaggio. Sotto il suo tetto trovano solitamente postoanche il locale per la lavorazione del latte e l’abitazione dei malgari, talvoltaanche stalle e depositi. Per questa ragione è uno dei fabbricati più grandi earticolati del monte, sovente collocato in posizione strategica e centrale rispettoalle diverse stazioni36. È in-somma il centro nevralgico, il“cuore” della malga, l’edificiocui tradizionalmente sono de-dicate le maggiori cure co-struttive. La baita è invece unedificio formato per lo più daun solo vano, usato per l’abi-tazione e la lavorazione dellatte. Talvolta i locali sono dueo più: si ha dunque una nettaseparazione tra la cucina, ovesi mangia e si lavora il latte, ildormitorio ed eventuali de-positi di prodotti e scorte. Il “calecc” è un edificio simile alla baita perdimensioni e funzioni ma dalla struttura assai più spartana. È infatti formato daisoli muri perimetrali, a secco, ed è privo di tetto. Per questo può essere confusocon un rudere. La copertura è costituita da teli e lamiere (un tempo da tavole dilegno) che vengono trasportati da un calecc all’altro. È usato laddove la stazionedi pascolo è di breve durata e non giustifica la formazione di una vera baita37. Ilbaitone o stallone è un grande edificio adibito al ricovero del bestiame. Di

SCHEDA

3

35 Fanno eccezione le malghe sottoutilizzate o in parte abbandonate, ove il numero delle stazioni è for-temente condizionato e limitato dalla presenza di edifici inagibili e diruti.

36 L’importanza di quest’edificio è tale che in quasi tutte le alpi è presente una stazione denominatacasera. Talvolta il nome è addirittura esteso all’intera malga, come nel caso dell’Alpe Casera di Cusio.

37 Oggi quasi tutti i calecc dell’Alto Brembo Occidentale sono in disuso sia per la contrazione del caricoanimale che per l’introduzione di norme igienico-sanitarie più restrittive per i locali adibiti alla lavo-razione del latte.

La stazione Monte Cucco dell’Alpe Parissolocon i caratteristici bàrech adagiati sui fianchi

della tondeggiante cima che dona il nome al sito.

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norma presenta un tetto a due falde ed è chiuso sui quattro lati. Alcuni di spo ne -va no di soppalcature sottotetto in cui veniva riposto del fieno da utilizzare neigiorni burrascosi, quando gli animali rimanevano al chiuso. Anche la “penzana”è un ricovero per il bestiame. Rispetto allo stallone è generalmente più stretta,con una sola fila di poste e tetto a una falda. Ha inoltre la caratteristica di essereaperta sul fronte38. Il “bàrech” (o bàrek) è un recinto utilizzato per raccogliere eproteggere il bestiame durante la notte o in occasione di peculiari eventimeteorici, temporali in particolare. La genesi di quelli in pietra, oggi i più diffusi,si lega alle operazioni di bonifica del pascolo39. Tra i fabbricati minori dellemalghe ci sono inoltre la porcilaia, nei siti più strutturati, il casello del latte,utilizzato per raffreddare il latte e favorire l’affioramento della panna laddove v’èacqua corrente e l’uso di produrre burro, e, a seconda dei siti, la pozzad’abbeverata o la fontana alimentata da sorgenti e corsi d’acqua.

Schema esemplificativo di una malga, con le stazioni in cui è organizzata e le relative strutture.La casera è posta in posizione baricentrica e comoda, a servizio dell’intero comparto pascolivo.

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38 La comparsa delle penzane precede talvolta di secoli quella degli stalloni, avvenuta a partire da fine Ot-tocento; vedi: Corti Michele, 2008 - I fabbricati dell’alpeggio e la lavorazione del latte. ERSAF, pp. 8-10.

39 Secondo il Da Sovere l’antichissima voce mediterranea “bàrek” significa «luogo della barriera, del recinto»;vedi: Da Sovere Mario, 1993 - Etimologia di Bergamo. Rivista Il Provinciale, p. 19. Sui bàrech vedi anche:D’Adda Stefano e Dusatti Marco, 2006 - Cinquecento anni di bàrek. Rivista Orobie n. 192, pp. 104-105.

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Itinerario 4 - I Piani dell’Avaro e le malghe di Cusio

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ITINERARIO 4

I Piani dell’Avaroe le malghe di Cusio

La partenzaDai Piani dell’Avaro, in prossimitàdell’omonimo rifugio e dellaBaita Ciàr (m 1.702; parcheggi),si imbocca verso levante la stra-da agrosilvopastorale che servela parte centrale del vasto com-parto alpestre (segnavia CAI109), le cui propaggini setten-trionali giungono sino all’apicedel Vallone di Ponteranica.

Tra gli aprichi pascolidell’AvaroLa pista si sviluppa lungo ilconfine tra le alpi Casera eFoppa Buona-Partita di mezzo,un tempo ricomprese sottol’unitaria denominazione di AlpeAvaro, che si spartiscono quelloche il Serpieri definì «splendido Presso la Baita del lago (o del làc).

LE COORDINATE DEL PERCORSO

Località di partenza: Cusio, località Pianidell’Avaro (m 1.702)Tempo di percorrenza: h 2,30-3Dislivello in salita: m 500 circaQuota massima: m 2.200 (bocchettaa Ovest del Monte Triomen)Difficoltà: EE (per Escursionisti Esperti)Periodo consigliato: da giugno a ottobre

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e vasto altipiano ondulato»40. Sisale gradatamente lasciando sullasinistra la Baita del lago, dal nomeeloquente, e poi la Baita Pizzarella,fiancheggiata da un bàrech dibella forma ellittica. Secondo al-cuni studi archeoastronomici ilrecinto litico e l’area circostanteospiterebbero una serie di massiche in epoca remota vennero ac-curatamente posizionati al finedi ottenere peculiari allineamenti

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Vacche al pascolo ai Piani dell’Avaro.

40 Secondo l’autore la comoda e fertile di-stesa avrebbe meritato di essere conver-tita «per buona parte in prato»; vedi:Serpieri A., 1907 - I pascoli alpini dellaprovincia di Bergamo. Opera citata, pp.12, 14.

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Itinerario 4 - I Piani dell’Avaro e le malghe di Cusio

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di osservazione lunare e solare41. Giunti a una larga sella (ab be ve ra to io) silascia sulla destra la strada che serve l’Alpe Foppa, la terza del comprensoriodell’Avaro [scheda 2], e si sale lungo la dolce e panoramica costa sino al suc-cessivo bivio: tendendo a destra si rimontano le pendici pascolive del MonteTriomen e in breve si è al Baitèl, (m 1.918) piccolo edificio oggi adibito abivacco cui un tempo faceva riferimento la stazione Cima dell’Alpe Foppa Buo-na-Partita di mezzo. Siamo appena entrati nel Sito di Importanza Comunitaria“Valtorta e Valmoresca”, una vasta area sottoposta a un particolare regime ditutela per la ricchezza degli habitat e delle specie animali e vegetali che inessa si conservano, gran parte dei quali raccolti nei perimetri delle malghe42.

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41 Gaspani Adriano, 2009 - Astronomia e antica architettura sull’arco alpino. Quaderni di cultura alpina89. Priuli & Verlucca editori, pp. 132-140. Secondo l’autore il bàrech ingloba tre monoliti, due dei qualicoppellati, che stabiliscono «due linee di orientazione lunistiziale lunare» in corrispondenza della le-vata e del tramonto della luna «al lunistizio estremo inferiore» nonchè «la direzione del meridianoastronomico locale». La loro peculiare collocazione risalirebbe a tempi remoti, assai precedenti aquelli di costruzione del recinto. Nei pressi del bàrech egli individua nella disposizione di 5 monolitiun altro significativo allineamento astronomico, indicante da un lato «il punto di levata del sole alsolstizio d’estate» e dall’altro quello «di tramonto della luna» al lunistizio intermedio inferiore.

42 Il SIC è ampio 1.682 ettari ed è totalmente ricompreso nel territorio dell’Alto Brembo Occidentale,di cui occupa il 10,8% della superficie.

Nel tratto in cui il sentiero supera una bastionata rocciosa, a sinistra, e lungo il 101, a destra.

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Verso i Laghi di PonteranicaLe attività alpestri non furono le solepraticate in quest’area: i resti di unaminiera visibili verso levante, soprale Baite della croce, fanno infatti me-moria di una lunga tradizione minerariaconnessa all’estrazione di mineraliferrosi, che lungo le pendici del Trio-men, un tempo detto Parisolo, è at-testata sin dal XIV secolo43. Il tracciatosale ora in maniera decisa e con unbel tratto pavimentato e in parte gra-dinato rimonta una balza rocciosa,

Lungo lo spallone orientale del Monte Triomen, sullo sfondo del Monte Valletto.

Eriofori al lago meridionale di Ponteranica.

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43 Tizzoni Marco, 1997 - Il comprensorio minera-rio e metallurgico delle valli Brembana, Torta edAverara dal XV al XVII secolo. Fonti per lo stu-dio del territorio bergamasco XIV. Provincia diBergamo, p. 51. Le mineralizzazioni a ferro sonodate da filoni di siderite impostati, come in que-sto caso, lungo fratture del corpo roccioso. Inmerito alle attività minerarie vedi anche Scheda3 “Miniere e forni” nel Volume II.

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Itinerario 4 - I Piani dell’Avaro e le malghe di Cusio

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oltre cui si raccorda con un bel tra-verso al Sentiero delle Orobie CentroOccidentali (segnavia CAI 101). Go-dendo di panorami sempre più ampisui Piani dell’Avaro e sui sottostantipascoli dell’Alpe Foppa ci si portaora sullo spallone orientale del MonteTriomen (m 2.074), ove la vista siapre sul Vallone di Ponteranica, sul-l’alta Val Mora e sul valico di S.Marco, oltre cui spicca la possentemole del Disgrazia. Qui si lascia sulladestra il 101, che prosegue alla voltadella già visibile Cà S. Marco, e sitagliano in lieve saliscendi le pendiciorientali del Triomen (segnavia CAI109) sino a raggiungere, tra erbepiù rade e abbondanti detriti, l’amenaconca dei Laghi di Ponteranica. Nellelimpide acque dei due piccoli bacini,sostanzialmente privi di affluenti, sispecchiano le severe rupi delle mon-tagne circostanti, tra cui quelle d’ele-gante forma del Monte Valletto.

Dal Triomen all’AvaroL’itinerario prosegue lungo un sen-tiero non segnalato che s’avvia neipressi del lago meridionale e inbreve rimonta le pendici detritichedel versante settentrionale del Trio-men, culminando su una selletta aOvest della cima (m 2.200). Manmano si sale si fanno evidenti lemorfologie tipicamente glaciali dellaconca che ospita i laghetti, tra cuile pareti a semicerchio, il fondo so-vraescavato (sede appunto dei duebacini), la soglia rocciosa e il sotto-stante gradino. Il panorama che si Verso la Bocchetta ai piedi del Triomen.

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apre verso Sud dalla selletta è invecenuovamente dominato dalle praterie, cheun rapido ed evidente sentiero discendeportandosi con graduale piega a destraalle pendici del Monte Avaro. Godendodi amenissime vedute sul sottostantealtopiano si supera dunque una largasella (pozza per l’abbeverata), pressocui si incrocia nuovamente il Sentierodelle Orobie Centro Occidentali, e conlieve piega a sinistra si tagliano le pendiciorientali della montagna, giungendo cosìnei pressi di una vallecola (segnavia CAI109A). La si fiancheggia sulla destra sinpresso la Baita Cima dell’Alpe Casera,dotata di bàrech [scheda 3], per poitraversarla e calare con rapide svoltealla sottostante pista. Con un bel traversodiscendente questa si collega in breveal tracciato percorso all’andata, lungocui si torna ai Piani dell’Avaro.

L’aprico e dolce altopiano pascolivo dell’Avaro dalla Baita Cima dell’Alpe Casera.

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Pecore alle pendici settentrionalidel Monte Triomen.

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