Malattie provocate dagli alimenti · 2019-11-21 · Cibi per i picnic e per i processi famigliari e...

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Malattie provocate dagli alimenti Carlo Cantoni Libero docente in Ispezione alimenti origine animale – via Corridoni, 41 – 20122 Milano Le malattie alimentari rappresentano un problema persistente causato dal possibile consumo di alimenti e bevande con- taminati da agenti biologici e da composti chimici. Limitando questa trattazione ai soli agenti biologici si segnala che più di 200 patogeni sono responsabili di malattie ali- mentari. L’inizio di una malattia alimentare è generalmente di tipo acuto con risoluzione entro 72 ore dell’evento patologico sen- za conseguenze. La manipolazione corretta degli alimenti, la cura dell’igiene personale, i validi metodi di decontamina- zione possono ridurre la esistente morbidità e mortalità di questo problema. Epidemologia Le malattie alimentari possono essere provocate da batteri, parassiti e virus (Tabella n. 1). Nonostante gli sforzi per isolare gli agenti responsabili, meno del 50% di tutte le cause degli episodi vengono identifica- te di solito per le limitate capacità diagnostiche. I virus sono la causa più comune e frequente delle malattie alimentari ma sono raramente ricercati e confermati per la breve durata e la natura autolimitante della malattia. In aggiunta, le inerenti difficoltà delle indagini di laboratorio e il costo conseguente delle ricerche virali causano il mancato riconoscimento del patogeno virale. Viceversa le malattie alimentari causate da batteri sono quelle più documentate. Tabella n. 1. Cause comuni di malattie alimentari. Salmonella spp. Campylobacter jejuni (Arcobacter) Shigella spp. STEC (O157:H7) e altri Listeria moocytogeenes Vibrio spp. Yersinia spp. Parassiti Cruptosporidium spp. Cyclospora Trichinella bataviae Giardia lamblia Toxoplasma gondii Entamoeba hystolytica Tossine Enterotossine Staphylococcus aureus Clostridium perfringens Bacillus cereus Tossine butuliniche Clostridium botulinum Tossine ittiche - sgombrotossine - tossina paralitica da molluschi bivalvi (P.S.P.) - palitossina - sindrome diarroica da molluschi bivalvi (D.S.P.) - sindrome amnesica da molluschi bibalvi (A.S.P.) - avvelenamento neurotossico da molluschi bibalvi (N.S.P.) - azasiracide - tetradotossina Tossine da funghi - amatossina - fallotossina Miscellanee - niacina - solfati Malattie da virus Epatite A Epatite E Norovirus e Saporovirus Rotavirus Adenovirus

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Malattie provocate dagli alimenti

Carlo Cantoni

Libero docente in Ispezione alimenti origine animale – via Corridoni, 41 – 20122 Milano Le malattie alimentari rappresentano un problema persistente causato dal possibile consumo di alimenti e bevande con-taminati da agenti biologici e da composti chimici. Limitando questa trattazione ai soli agenti biologici si segnala che più di 200 patogeni sono responsabili di malattie ali-mentari. L’inizio di una malattia alimentare è generalmente di tipo acuto con risoluzione entro 72 ore dell’evento patologico sen-za conseguenze. La manipolazione corretta degli alimenti, la cura dell’igiene personale, i validi metodi di decontamina-zione possono ridurre la esistente morbidità e mortalità di questo problema. Epidemologia Le malattie alimentari possono essere provocate da batteri, parassiti e virus (Tabella n. 1). Nonostante gli sforzi per isolare gli agenti responsabili, meno del 50% di tutte le cause degli episodi vengono identifica-te di solito per le limitate capacità diagnostiche. I virus sono la causa più comune e frequente delle malattie alimentari ma sono raramente ricercati e confermati per la breve durata e la natura autolimitante della malattia. In aggiunta, le inerenti difficoltà delle indagini di laboratorio e il costo conseguente delle ricerche virali causano il mancato riconoscimento del patogeno virale. Viceversa le malattie alimentari causate da batteri sono quelle più documentate. Tabella n. 1. Cause comuni di malattie alimentari. Salmonella spp.

Campylobacter jejuni (Arcobacter) Shigella spp. STEC (O157:H7) e altri Listeria moocytogeenes Vibrio spp. Yersinia spp.

Parassiti Cruptosporidium spp. Cyclospora Trichinella bataviae Giardia lamblia Toxoplasma gondii Entamoeba hystolytica

Tossine Enterotossine Staphylococcus aureus Clostridium perfringens Bacillus cereus

Tossine butuliniche Clostridium botulinum Tossine ittiche - sgombrotossine

- tossina paralitica da molluschi bivalvi (P.S.P.) - palitossina - sindrome diarroica da molluschi bivalvi (D.S.P.) - sindrome amnesica da molluschi bibalvi (A.S.P.) - avvelenamento neurotossico da molluschi bibalvi (N.S.P.) - azasiracide - tetradotossina

Tossine da funghi - amatossina - fallotossina

Miscellanee - niacina - solfati

Malattie da virus Epatite A Epatite E Norovirus e Saporovirus Rotavirus Adenovirus

domina
Nuovo timbro

Astrovirus Arenavirus Flavivirus Hantavirus Aichivirus

Fattori culturali e demografici, così come l’aumento della mobilità, hanno determinato l’aumento delle malattie da ali-menti negli ultimi decenni. Precedentemente gli episodi di malattie alimentari erano più limitata in dimensione, per la maggior parte avvenivano in famiglia o in collettività, ed erano associati a Staphylococcus e Clostridium spp. Cibi per i picnic e per i processi famigliari e conserve preparate in casa erano le fonti tipiche degli episodi. Oggi, poiché gran parte della popolazione consuma cibi fuori casa, l’80% delle malattie alimentari è dovuta a questo modo attuale di consumare i pasti fuori casa. La tecnologia ha fornito i mezzi per la produzione in massa di alimenti e per la loro distribuzione, conseguentemente le malattie alimentari spesso coinvolgono molti soggetti, e centinaia di altri sono a rischio. La mobilità e i viaggi hanno permesso il consumo di alimenti preparati in diverse nazione le cui regole per garantire la solubilità degli alimenti per la loro commercializzazione può essere diversa. Quando si viaggia gli assiomi “bollire”, “pelare”, “cuocere” o la loro inosservanza si verificano in molte aree del mondo cosicché la salubrità dei prodotti è variabile. I viaggiatori possono così essere la fonte di contaminazione di parenti e di amici provocando loro patologie inattese e inesplicabili. Gli scarichi dei liquami delle navi dei porti, possono anche essere diverse sorgenti di contaminazione microbica. L’importazione di alimenti è molto aumentata per la domanda di cibi stagionali o non stagionali. Le condizioni di pro-duzione e di raccolta possono essere insufficienti o incontrollate con conseguente importazione di alimenti contaminati. Letame fresco è usato frequentemente come fertilizzante e ciò causa la contaminazione di materie prime fresche. Se sa-nificato impropriamente, il prodotto fertilizzante può provocare malattia nel consumatore finale. Le preferenze per certi alimenti etnici e per le loro preparazioni possono essere responsabili di malattie correlate. Un esempio è dato dalla tradizione afroamericana di consumare budelli cotti di suino durante il periodo natalizio. Que-sto mal cotto è stato ritenuto responsabile di infezioni di Yersinia enterocolitica negli infanti (Jones, 2003). Formaggi freschi a base di latte non pastorizzato sono stati associati con episodi di listeriosi in neonati e in bambini i-spanici. Le malattie alimentari colpiscono più frequentemente gli anziani, gli immunodepressi e le donne incinte. Questi gruppi presentano maggiore incidenza, morbidità e morbilità (Jones, 2003; Charles e coll., 2002; Burby, 2002). L’effetto delle malattie alimentari può prolungarsi oltre la durata della immediata malattia. La maggior parte delle malattie alimentari ha un breve periodo di durata e un decorso autolimitantesi. Certi patogeni, tuttavia, come Cryptosporidium e Cyclospora sono la causa di patologie croniche. Tuttavia, alcune malattie alimentari sono associate con sequaelae (effetti cronici a lungo termine). In proposito si veda il contenuto della tabella n. 2. Tabella n. 2. Conseguenze di malattie alimentari. Artrite reattiva - Campylobacter

- Salmonella - Shigella

Sindrome uremico-emolitica, deficienza renale - STEC O157:H7 - Shigella

Effetti neurologici - Listeria - Tossine botuliniche - Campylobacter - STEC O157:H7

In sintesi,i Campylobacter sono correlati con l’artrite reattiva e con la sindrome di Guillain-Barre, e lo STEC O157:H7 con la deficienza renale (Tam e coll., 2003). I patogeni più comunemente identificati sono Campylobacter spp., Salmonella spp., Shigella spp, STEC O157:H7 e Li-steria monocytogenes. Questi microrganismi sono evoluti ed attualmente posseggono maggiore capacità di crescere a basse temperature, di re-sistere all’acidità e al calore, resistono a molti antibiotici e l’aumentata resistenza ai farmaci à stata associata con malat-tie prolungate e a elevati tassi di ospedalizzazione. Quasi tutti gli alimenti possono essere fonte di malattia alimentare. Alcuni alimenti sono più sovente associati con particolari microrganismi (Tabella n. 3). Le salmonelle sono tradizio-nalmente associate alle uova e derivati, i Campylobacter con carni di pollo insufficientemente cotte e con latte non pa-storizzato e lo STEC O157:H7 e simili con carne bovina e con vegetali.

Tabella n. 3. Patogeni e loro associazione con gli alimenti. Campylobacter: pollame, latte non pastorizzato, latticini, acqua Salmonella: uova, salsicce, frutta, vegetali, molluschi Shigella: frutta, vegetali E. coli O157:H7: hamburger non cotti, latte non pastorizzato, germi di soya, succhi vegetali Clostridium botulinum: cibi casalinghi Cruptosporidium. Acqua Cyclospora: lamponi Listeria monocytogenes: prodotti di gastronomia, formaggi soffici, latte non pastorizzato, formaggi semistagiona-

ti, vegetali Vibrio vulnificus: molluschi bivalvi Yersinia enterocolitica: verdure, acqua, latte non pastorizzato e latticini L’acqua può essere la vettrice di malattie quando è contaminata da virus, batteri, parassiti o da sostanze chimiche. Cattiva sanificazione, rottura di conduttore e disastri naturali sono strettamente correlati con le malattie idriche. I virus sono la causa più comune di malattie di origine idrica e comprendono reovirus, adenovirus enterici, astrovirus, calicivirus ed epatite A. Episodi di gastroenterite dovuta a Norovirus si sono verificati a danno di numerosi soggetti. Le Salmonellae spp., le Shigellae spp., le E. coli e le Vibrio spp. sono i principali batteri coinvolti. Cryptosporidium spp. e Giardia lamblia sono i patogeni parassitari più sovente responsabili delle malattie idriche. I soggetti immunocompromessi, come i trapiantati d’organo e i pazienti di HIV, dovrebbero assumere particolari pre-cauzioni in situazioni di possibili contaminazioni idriche. I periodi di incubazione delle malattie alimentari spesso offrono la chiave per individuare il germe responsabile della malattia. Quando la comparsa dei sintomi si manifesta in meno di 8 ore, l’evento patologico è causato da tossine preformate che possono trovarsi in alimenti contaminati da stafilococchi o da Bacillus cereus spp. Brevi periodi di incubazione (24-48 ore) sono tipici di malattie virali. Periodi di incubazioni intermedi (1-5 gg) sono correlati con molti batteri patogeni. Periodi di incubazione superiore ai 5 giorni sono conseguenti a malattie parassitarie. La diarrea ematica è segno di una malattia febbrile spesso dovuta a microrganismi invasivi. I batteri presenti in casi di diarree ematiche con febbre sono elencati nella tabella n. 4. Tabella n. 4. Manifestazioni cliniche. Diarrea sanguinolenta - Campylobacter

- Salmonella - Shigella - Escherichia coli O157:H7 - Yersinia

Febbre - Salmonella - Campylobacter - Shigella - Listeria - Vibrio - Yersinia

Trattamenti La maggior parte delle malattie sono autolimitantesi e richiedono solo cure sintomatiche. Solo i soggetti molto giovani, gli anziani, i pazienti immunocompromessi, e le donne incinte potrebbero beneficiare dei trattamenti antibiotici per certi batteri o nel caso di infezioni parassitarie. Il loro trattamento può favorire lo sviluppo di antibioticoresistenza. Epidemiologia di batteri specifici Salmonellae Le salmonelle non tifoidi si collocano al primo posto quali agenti di malattie alimentari. Febbre, crampi addominali e diarrea (occasionalmente acquosa nella minoranza dei casi) sono i sintomi usuali che com-piono dopo 8-48 ore di incubazione. Sebbene la malattia è autolimitantesi, l’infezione da Salmonella non tifoide può causare sepsi e infezioni localizzate, come artrite settica e infezioni di protesi endovascolari. Le salmonelle più comuni sono S. typhimurium e S. enteritidis.

Le uova rimangono la fonte comune in seguito alla trasmissione verticale transovarica entro il gruppo dei polli infetti. Questi sono una fonte significativa di infezione. Frutta, vegetali, carni e prodotti dolciari (tiramisù) sono spesso le cause della tossinfezione. I soggetti a maggior rischio sono gli infanti, gli anziani e i pazienti immunocompromessi ma anche i sofferenti di malat-tie intestinali, emoglobinopatie e protesi intestinali. I pazienti anziani con più di 60 anni hanno la maggiore percentuale di ospedalizzazione e la maggiore percentuale di mortalità (Kennedy e coll., 2004). Il trattamento con antibiotici dovrebbe venir praticato per questi soggetti ad alto rischio perché la batteriemia può avve-nire nel 2%-14% dei casi. Campylobacter Il Campylobacter è il secondo batterio responsabile di malattie alimentari. Dopo 2-5 giorni di incubazione, si produce un’acuta dissenteria. Circa i due terzi hanno febbre e metà anche diarrea sanguigna. La malattia può durare fino a una settimana per poi risolversi spontaneamente. I pazienti immunocompromessi possono andare incontro a sepsi per cui è opportuno intervenire farmacologicamente. I picchi dell’infezione da Campylobacter legati all’età dei pazienti si verifica a danno di giovani e di anziani. I giovani si infettano più facilmente degli adulti per-ché non posseggono adeguate nozioni igieniche. Quasi tutti i casi umani di malattia sono causati da due sole specie il C. jejuni e il C. coli. Il pollo è ritenuto la fonte principale del contagio. Altri cibi responsabili possono essere il latte crudo, l’acqua, i gelati e simili a base di latte. Quando si rende necessario un intervento terapeutico è opportuno usare un antibiotico macrolide piuttosto che un chino-lone. La sindrome di Guillian-Barre può essere una conseguenza dell’infezione da Campylobacter. Arcobacter nell’essere umano Durante questi ultimi anni gli studi sulle Campylobacter spp hanno permesso di evidenziare l’esistenza di diverse spe-cie correlate responsabili di enteriti acute batteriche quali C. upsaliensis, C. jejuni subsp. doley, C. foetus subsp. foetus, C. concisus, Arcobacter butzleri, Helicobacter fennelliae e Helicobacter cinaedi. Poiché la maggior parte dei laboratori non usa appropriate condizioni di coltura per determinate tutte le Campylobacter spp. e gli organismi correlati o non identificano i ceppi isolati a livello di specie, i dati sull’incidenza, l’importanza cli-nica e l’epidemiologia di questi C. jejuni/coli non sono scarse. Durante l’ultimo decennio, tuttavia, il miglioramento delle tecniche d’isolamento dei batteri in medicina veterinaria ha portato alla scoperta delle Arcobacter spp. come patogeni degli animali e dell’essere umano. I germi del genere Arcobacter sono aerotolleranti. Sono stati isolati da feti bovini abortiti. Le Arcobacter spp. differi-scono dalle Campylobacter spp. per la loro capacità di crescere a basse temperature (i Campylobacter sono termofili) e all’aria. Più tardi, sono state descritte le infezioni di Arcobacter nell’essere umano. Due specie, A. butzleri e, più raramente A. cryoaerophilus sono stati associati con enteriti ed occasionalmente con batte-riemie. I pazienti con infezione da Arcobacter butzleri sviluppano diarrea con dolori addominali, vomito e, anche, feb-bre. Una terza specie l’A. skinow è stata recentemente isolata da soggetti con diarrea cronica. Le Arcobacter spp. sono presenti negli ambienti agricoli, contaminando attrezzature, suolo, liquami, feci, acque sta-gnanti, acque non potabili. Gli Arcobacter crescono a 2530°C. In contrasto l’elevata temperatura corporea (41°C) dell’ospite (pollo) può impedire a sopprimere la crescita di Arcobacter spp. impedendo la colonizzazione nel tratto intestinale dell’ospite. Crescono bene in substrati con pH 5,5-9,5. Alcuni Arcobacter sono capaci di vivere per lunghi periodi in acqua aderen-do bene alle superfici metalliche, plastiche, di legno. Gli alimenti che trasmettono le specie di Arcobacter sono carni rosse crude, (bovine, suine, ovine), latte crudo non pa-storizzato, acqua non potabile, molluschi bivalvi. Shigella Sebbene meno comune di Salmonella e di Campylobacter, la Shigella è una causa significativa di malattie alimentari. Dopo 2-4 giorni di incubazione, il microrganismo dà luogo a una sindrome invasiva dissenterica che spesso include febbre e diarrea sanguigna. Spesso sono elaborate tossine Shiga. La durata della malattia è tipicamente di 5-7 giorni. Le frutta, i vegetali e i molluschi bivalvi sono le fonti di contagio. Alla shigellosi possono conseguire artrite reattiva e HUS (sindrome uremica emorragica). STEC O157:H7 La infezione da STEC O157:H7 è stata inizialmente associata alla carne bovina macinata. Altri alimenti si sono, poi, rivelati causa di malattia: cedro di mela, latte e prodotti lattiero caseari, succhi e lattughe. In aggiunta, lo STEC O157:H7 è stato associato a malattie non alimentari dovuti al contatto con bestiame e in seguito all’ingestione di acqua contaminata. Il periodo medio di incubazione della malattia è di 4-8 giorni. I sintomi comprendono crampi addominali con diarrea sanguigna con poca o assenza di febbre. La malattia è dovuta alla produzione di tossina Shiga prodotta dal microrgani-smo 5 o 10 giorni dopo la diarrea si sviluppa l’UHS. Questa è più frequente nei giovani (<5 anni) e negli adulti. Le ma-nifestazioni dell’HUS possono includere anemia emolitica, trombocitopenia e un’acuta deficienza renale.

Conseguenze neurologiche (ictus e attacchi cardiaci) possono essere altre complicazioni finali. Listeria La listeriosi è causata da L. monocytogenes. È una causa minore di malattie alimentari. Tuttavia richiede ospedalizza-zione e può riuscire mortale. Colpisce soprattutto soggetti giovani ed anziani, i soggetti immunocompromesso e le don-ne incinte. Le manifestazioni cliniche sono varie e dipendenti dalle condizioni dell’ospite. Gli adulti più anziani e i pazienti immu-nocompromessi spesso sviluppano sepsi e meningite, mentre gli immunocompromessi sviluppano una gastroenterite febbrile. Le donne incinte possono soffrire di una sindrome tipo influenzale, e una granulomatosi infanti settica può colpire il feto, dando luogo a batteriemia, meningite, o ad entrambi, nel neonato. La listeriosi è stata associata con insalate di carne, di vegetali o miste, con wurstel, formaggi a pasta soffice, a latte non pastorizzato La malattia ha un periodo di incubazione di 1-2 giorni. I sintomi clinici consistono in febbre, gastroenterite, vomito, diarrea. Vibrio Le malattie dovute a vibrioni tendono ad essere stagionali, con picchi in estate e nel primo periodo autunnale. Di solito derivano dal consumo di prodotti ittici crudi contaminati. Le specie responsabili, di solito, sono il V. parahaemoliticuys e il V. vulnificus. Questi sono germi alofili e psicrotrofi (tolleranti il freddo). Causano una sindrome clinica caratterizzata da diarrea acquosa, dolori addominali, nausea, vomito e febbre di 1-4 gior-ni di durata dopo l’ingestione dell’alimento. La malattia, di solito, è autolimitantesi che si risolve in circa 3 giorni. Soggetti con malattie epatiche possono sviluppare una sindrome settica grave, cellulite bollosa, o entrambi con il 50% di mortalità. La cellulite bollosa e l’infezione di ferite rappresentano un rischio per i pescatori e i raccoglitori di ostriche. Yersinia La yersiniosi è una non comune causa di malattia ed è associata con il consumo di carne suina cruda, di latte non pasto-rizzato, di prodotti lattiero caseari, di vegetali, di acque contaminate. Il periodo di incubazione è di 4-7 giorni ed è seguito da febbre, dolore addominale e diarrea sanguigna. Il dolore addominale è quello dell’appendicite. Manifestazioni addizionali sono dolori alle giunture, sepsi. Parassiti I parassiti sono causa non frequente di malattie alimentari. Le cause più frequenti sono Cryptosporidium spp. e Giardia lamblia, quando presenti nell’acqua da bere. Toxoplasma gondii Toxoplasma gondii è un protozoo appartenente al gruppo degli Apicomplexa. Carne suina L’ingestione di salsicce fresche, frattaglie di suino – soprattutto cuore, cervello ed altri visceri – e carne di maiale cruda è considerato un fattore di rischio importante. Il suino ha rappresentato in passato la fonte di contagio maggiore per l’uomo. Oggi, in seguito alle moderne tecniche di allevamento ed alimentazione, sembra che la prevalenza di Toxoplasma nei maiali all’ingrasso sia fortemente diminuita (inferiore all’1%), rimane tuttavia un’ampia variabilità legata al territorio e alla tecnica di allevamento e alimentazione (pascolo, ecc.). Carne caprina e ovina Le carni di capra risultano frequentemente infette: il consumo di carne caprina cruda quindi può rappresentare un ri-schio per l’uomo, soprattutto per alcune tipologie di consumatori come alcuni gruppi etnici che prediligono tale tipolo-gia di carne. La specie ovina, è molto sensibile all’infezione di Toxoplasma e sembra rimanere infetta per tutta la vita, per questo motivo le sue carni rappresentano un rischio da non sottovalutare. Si è accertato inoltre che la carne cruda o non suffi-cientemente cotta rappresenta un rischio tanto più elevato quanto più gli animali sono vecchi. Le abitudini alimentari dei paesi occidentali, tuttavia, prevedono il consumo di carni ovine e caprine provenienti da animali giovani, considera-te quindi meno rischiose. Carne bovina La carne bovina, considerata la maggiore capacità di questi animali di resistere all’infezione e di eliminare rapidamente le cisti dai tessuti, dovrebbe rappresentare un alimento a basso rischio di trasmissione. Tuttavia la bibliografia relativa ai casi umani di toxoplasmosi provocata d carne bovina sembrerebbe smentire tali considerazione. Questa condizione po-trebbe probabilmente essere legata all’abitudine comune di consumare la carne bovina cruda o poco cotta (carpaccio, roastbeef, tartara, ecc.).

Carne di bollo e coniglio In relazione alle attuali tecniche di allevamento la carne di volatili e conigli, è infetta molto raramente da Toxoplasma:; l’abitudine di cuocerla bene, inoltre, ne rende sicuro il consumo. Carne di cavallo L’equino risulta particolarmente resistente all’infezione da Toxoplasma. Non si conoscono casi clinici riconducibili al consumo di tale tipologia di carne e pertanto essa viene considerata un alimento sicuro. Latte I casi clinici ritrovati in bibliografia mettono in luce come il consumo di latte caprino crudo sia un fattore ad alto rischio per la trasmissione della patologia. Il mancato ritrovamento di casi clinici legati al consumo di latte vaccino e la rapidità con cui il toxoplasma viene eliminato dai tessuti di questi animali, permette di considerare questo alimento sicuro. Il lat-te pastorizzato e UHT di tutte le specie è un alimento sicuro. Uova Le uova sono considerate alimenti sicuri. Si sconsiglia comunque l’assunzione in gravidanza di preparati contenenti uo-va crude (creme, zabaione, ecc.). Acqua L’assunzione di acqua NON potabile contaminata con feci di gatto o altri felini è uno dei maggiori veicoli di trasmis-sione della patologia dopo la carne cruda o poco cotta. L’acqua potabile è da ritenersi un alimento sicuro, purché non venga contaminata in modo accidentale o doloso. Frutta e verdura Frutta e verdura non possono contenere il parassita al loro interno ma sono frequentemente contaminate con le forme infettanti di toxoplasma. Consumare questi alimenti crudi o non accuratamente lavati rappresenta un importante fattore di rischio. Particolare attenzione va posta nei riguardi di frutta e verdura “da terra” (fragole, insalate, ecc.). Il lavaggio con acqua rende questi prodotti meno rischiosi proporzionalmente all’accuratezza della pulizia. Amuchina e bicarbonato facilitano le operazioni di lavaggio ma non sono in grado di devitalizzare il parassita. Efficacia delle tecniche di cottura e conservazione Cottura Nonostante i rischi descritti per le diverse tipologie di alimenti, è stato dimostrato che le forme infettanti di Toxoplasma vengono devitalizzate in seguito ad un trattamento idoneo con il calore (67°C per almeno 3,6 min.). Le carni adeguatamente cotte, il latte pastorizzato, le uova cotte e gli ovo prodotti, non rappresentano quindi un ri-schio per il consumatore. Congelamento Le cisti del parassita possono resistere a temperature comprese tra -1 e -8°C. Il congelamento casalingo (-12/-15°C per almeno 1 giorno) e quello commerciale (-30/-50°c) sono sufficienti a garanti-re la sicurezza del prodotto. Salagione ed affumicatura Il pericolo derivante dal consumo di carne cotta o prosciutti e salami fermentati risulta pressoché nullo. La salatura, infatti, se eseguita con concentrazioni di sale da cucina (NaCl) di almeno il 3,3% è in grado di inattivare le cisti di Toxoplasma nei tessuti animali dopo una stagionatura di 21 giorni. Il condimento di carni crude prima del consumo, non ha effetto sul parassita e non le rende sicure. In merito al processo di affumicatura occorre distinguere fra il processo a freddo e quello a caldo. Il processo di affumi-catura a freddo non sarebbe in grado di inattivare il parassita con sicurezza. Tossine Le malattie alimentari causate dalle tossine possono avere una varietà di aspetti che includono sintomi gastrointestinali, manifestazioni neurologiche, o entrambi. Le tossine preformate termostabili di S. aureus e di B. cereus provocano nau-sea improvvisa, vomito e diarrea entro 1-6 ore dall’ingestione. La febbre è rara e l’intossicazione è autoisolantesi. I sin-tomi si risolvono rapidamente entro 12 ore. Il C. perfringens provoca la comparsa di sintomi a partire da 12 ore dall’ingestione perché la enterotossina termolabile è prodotta in vivo dopo l’ingestione del pasto contaminato. Crampi e diarrea sono le manifestazioni principali e la risolu-zione dei sintomi si attua entro 24 ore.

La tossina botulinica è considerata la più potente sostanza letale conosciuta. È elaborata da C. botulinum. La malattia si manifesta entro 18-36 ore dopo l’ingestione del cibo contaminato. Le conserve fatte in casa hanno un ruolo tradizionale. La comparsa dell’intossicazione è caratterizzata da nausea, vomito e diarrea, seguita a costipazione. Quindi si verifica una paralisi discendente. Per evitare l’azione tossica si deve ricorrere alle inoculazioni delle antitossi-ne specifiche. La mortalità si ha nel 5%-10% dei casi. Casistica di malattie batteriche (Fonte: Annual epidemiologic report on communicable diseases, 2010) (per 100.0000 persone) Brucellosi Europa 0,15 Grecia, Portogallo, Spagna 2,7

Botulismo 0,02

Campylobacteriosi 44,1

Colera 0,02

Criptosporidiosi Europa 2,44

E. coli STEC/UTEC 0,66

Giardiasi (17-691) (°) (°) Romania

Epatite A 3,34

Listeriosi Europa 0,31

Salmonellosi 14,8

Shigellosi 1,8

vCJD 3 casi

Toxoplasmosi Europa 0-3,2-3,5

(Lituania, Slovacchia)

Yersineosi Europa 2,66

(Lituania 15,9, Finlandia 4,5)

Toxoplasmosi Europa 0%

(Lituania 3,5, ???)

Malattie virali In genere tutti i virus trasmessi con gli alimenti sono diffusi per via oro fecale dove l’essere umano è la sola fonte cono-sciuta originaria di Calicivirus e del virus dell’Epatite A, i quali sono i virus più importanti associati agli episodi causati dai cibi. Il periodo di incubazione per Calicivirus è breve, così è possibile associare l’infezione al cibo consumato. Viceversa, per l’Epatite A il tempo di incubazione è di settimane ed è quindi difficile l’attribuzione certa dell’infezione all’alimento consumato. I virus responsabili di gastroenterite presentano due aspetti: 1) la diarrea endemica è dovuta a Rotavirus, Astrovirus, Adenovirus enterici, Calicivirus. 2) Gli episodi epidemici virali si manifestano nelle scuole, nei ristoranti, nelle navi da crociera, nelle comunità ecc. Spesso sono provocati da Calicivirus. Altre caratteristiche delle infezioni virali apportate da alimenti sono: 3) anche poche particelle virali sono sufficienti a sviluppare la malattia. 4) Un elevato numero di particelle virali sono presenti e trasmesse dalle feci di soggetti infettati (fino a 1011/g di feci nel caso dei Rotavirus). 5) Nell’organismo ospite è necessaria la presenza di specifiche cellule vitali per la replicazione dei virus perché essi non possono moltiplicarsi nei cibi e nell’acqua. 6) I virus trasmessi da alimenti sono relativamente stabili e sono acido resistenti al di fuori della cellula ospite (Koo-pmanes e coll, 2004). 7) La contaminazione può avvenire attraverso: a) contatto con feci umani o animali o acque contaminate da feci; b) il contatto con mani, oggetti sporchi di feci; c) contatto con vomito o acqua da questo contaminata. Rapporti virus/alimenti Nella tabella n. 5 sono riportati i virus apportati da alimenti. Tabella n. 5. Virus responsabili di malattie alimentari. 1) Virus di importanza principale - Calicivirus

- Epatite A - Epatite E

2) Virus stramessi occasionalmente con gli alimenti - Astrovirus - Rotavirus - Adenovirus

3) Virus che potrebbero essere veicolati dagli alimenti - Arenavirus - Flavivirus - Hantavirus - Aichivirus

I Calicivirus I Calicivirus (small, rowned structurated virus) sono virus privi di envelope di 30 mm di diametro con un genoma RNA a catena singola. La famiglia dei Caliciviridae comprende alcuni generi riportati nella tabella n. 6. Tabella n. 6. Sistematica dei Calicivirus.

Genere Specie affetta Vesivivirus Felino Lugovirus Virus della malattia emorragica del coniglio Norwalkvirus NLV o Novorirus

Umani: - Norwolk virus (genotipo I, II, III, IV patogeni, GV) (sette siero gruppi) Animali: - Bovine Newbury agent

Sapporovirus (SLV) Umani: - Sapporovirus - Manchester virus

I Norovirus sono geneticamente classificati in 5 genogruppi che a loro volta sono suddivisi in differenti clusters (gruppi genetici), almeno 31 CDC 2009). I genogruppi I, II e IV infettano l’essere umano, mentre il genogruppo III infetta il bovino e il GU infetta il topo (Rami-res e coll., 2008). La maggior parte dei Norovirus che infettano l’uomo appartengono ai genogruppi GI e GII). I Norovirus producono gastroenterite acuta che si sviluppa in 24-48 ore dopo il contagio e si continua per 24-60 ore. L’incubazione è di 24-48 ore. Gli alimenti contaminati possono essere frutta, verdura, acque, bevande, soprattutto frutti di mare, mitili, cozze, ostriche, consumati crudi. Virus dell’Epatite A Il virus dell’Epatite A è un virus a RNA contenente un singolo filamento di RNA. Appartiene alla famiglia dei Picorna-viridae e al genere Hepatovirus. L’HAV è un solo tipo genetico, esistono quattro genotipi umani e 3 genotipi natural-mente presenti nei primati. Dopo un periodo di incubazione di 15-40 giorni (mediamente 30 giorni) compaiono bruscamente, febbre, malessere, nausea, inappetenza, vomito, dolore addominale, seguiti dopo alcuni giorni, da ittero. La malattia di solito ha andamento benigno e conferisce immunità permanente. I sintomi clinici durano circa oltre 2 me-si, solo nel 10-15% dei cassi si ha un decorso prolungato fino a 6 mesi. La trasmissione del virus può avvenire per contatto interumano, attraverso l’ingestione di acqua e alimenti crudi conta-minati. Epatite E L’epatite virale E è una malattia virale a trasmissione oro fecale con i caratteri dell’Epatite acuta. Già conosciuta come Epatite non A, B e C. L’agente virale HEV è trasmesso principalmente attraverso acqua e alimenti contaminati. In campo veterinario, a partire dal 1990, sono stati evidenziati anticorpi nel siero di numerose specie animali, primati inclusi. Si pensa che possa essere trasmessa all’essere umano. Il virus dell’Epatite E (HEV) è un virus RNA a monofilamento, senza envelope, unico componente del genere Hepevi-ridae. Ha quattro genotipo suddivisi in 5 sottotipi (41), 2 sottotipi (42), 10 sottotipi (43), 7 sottotipi (44). Il G3 è quello a più larga diffusione mondiale. Nell’essere umano la malattia è acuta, non tende a cronicizzare, e, generalmente, autolimitante ma alcune volte possono sopravvenire gravi complicazioni ed un alto tasso di mortalità specialmente nelle donne in gravidanza e soprattutto nel primo trimestre oppure presentarsi in forma fulminante. In Italia si può quantificare la prevalenza delle infezioni HEV nel 10% di casi di Epatite non A, non B e non C. L’infezione negli animali Suini: l’infezione è presente in tutto il mondo. Nei paesi nei quali è stato identificato il virus e sono state effettuate in-dagini, è stata evidenziata la presenza di anticorpi anti HEV nella maggior parte dei suini superiori a 3-4 mesi di età, con prevalenza anche superiori all’80% nei due mesi successivi. I suini con età inferiore a due mesi di età sono sierone-

gativi o debolmente positivi. Sopra 5-6 mesi si ha poi la sieronegativizzazione. Pollame: dal 2001 è stato scoperto un nuovo ceppo animale di HEV, il quale causa nel pollame allevato la Sindrome-epatite splenomegalica (HSsyndrome). Il virus è antigenicamente correlato ai ceppi umani e suini conosciuti e a un vi-rus aviario presente in Australia (Australian duce big litle and spleen disease virus, o BLSV). Il virus è associabile ad una sindrome che aumenta i tassi di mortalità negli allevamenti di polli e delle galline in deposizione, diminuendo anche il tasso di deposizione delle uova. Il virus può infettare anche il tacchino ed è presente anche nei suini al di sotto di 5-6 mesi. Può contagiare tramite la contaminazione delle acque di irrigazione e di balneazione con trasmissione alle verdure e ai molluschi bibalvi. Altra via di infezione è per contagio diretto animale-essere umano. Virus che possono occasionalmente essere trasmessi tramite gli alimenti Genere Astrovirus Gli Astrovirus sono piccoli virus a singola catena di RNA di 28 mm di diametro che costituiscono un solo membro della famiglia degli Astroviridae. L’Astrovirus umano è una causa significativa di diarrea nei bambini, che talvolta necessitano di ospedalizzazione dei pazienti. La diarrea da Astrovirus è più ridotta rispetto a quella provocata dai Rotavirus. Talvolta la frequente confezio-ne con rotavirus e calicivirus nelle diarree infantili complica il quadro epidemiologico. Le infezioni sono più frequenti in inverno e sono presenti, spesso, anche sintomi non enterici come febbriciattole, mal di testa ecc. La via di trasmissione dei virus è sempre quella fecale-orale via alimento o acqua. Nonostante ciò un diretto legame tra consumo di cibo crudo e infezione da Astrovirus non è completamente dimostrata. Genere Rotavirus I Rotavirus appartengono alla famiglia Reoviridae e sono dei virus a doppia catena segmentata di RNA, ciò che spiega la loro variabilità genetica e la presenza di infezioni miste. A seconda dell’antigene specifico del gruppo e del sotto-gruppo, questo genere è antigeneticamente diviso in gruppi sierologici da A (con due o tre sottogruppi e 1 sierotipo) fi-no E. I gruppi Rotavirus F e Rotavirus G sono in attesa di collocazione sistemica (Acha e coll., 2003). I gruppi A, B e C dei retrovirus umani sono stati identificati. I virus non posseggono envelope e resistono nell’ambiente esterno, infatti possono sopravvivere per settimane in acqua potabile e di piscine e per almeno quattro ore sulla superfi-cie delle mani e resistono ai disinfettanti non clorati. Dopo un giorno di diarrea avviene una massiccia espulsione di particelle virali con le feci (da 108 a 1011 particelle virali per grammo) (Bajolet e coll., 1998; Koopmans e coll., 2004). Essi sono presenti nelle acque reflue e possono concentrarsi nei molluschi, tuttavia, non v’è alcun legame con la gastro-enterite virale da consumo di molluschi (Cook e coll., 2004). Il Rotavirus è trasmesso per contatto diretto fecale-orale e possibilmente per contatto con superfici contaminate o mani e diffusione respiratoria. La trasmissione oro-fecale è facilitata da deficienze condizioni igieniche. Numerose specie animali sono infettate da Rotavirus diversi da quello dell’essere umano. I Rotavirus umani, particolarmente quelli del gruppo A, sono considerate la causa principale delle gastroenteriti virali dei bambini e dei ragazzi (da 6 mesi a 3 anni di età). La mortalità per disidratazione si verifica solo nei paesi in via di sviluppo. I Rotavirus del gruppo B causano le gastroenteriti negli adulti (Lees, 2000) in seguito al consumo di cibo contaminato così come i Rotavirus del gruppo C (Vasickova e coll., 2005). Infezioni da Rotavirus si possono verificare in seguito al consumo di carni crude o di vegetali e frutta (Richards, 2001). La cottura distrugge il virus ma la ricontaminazione dei cibi cotti si è attuata (Svensson, 2000; Cook, 2001, 2004). Famiglia Adenovirus La famiglia Adenoviridae è formata da quattro generi. Gli Adenovirus umani e alcuni Adenovirus animali sono membri del genere Mastadenovirus, Adenovirus hanno dimensioni medie (80 nm) e sono virus a DNA senza envelop; i loro virioni hanno l’aspetto di un re-golare icosaedro quale appare al microscopio elettronico (Votava e coll., 2003). Gli Adenovirus sono diffusi non solo tramite gli aerosol, ma anche per via fecale-orale. Insieme con gli Adenovirus re-sponsabili di malattie respiratorie gli adenovirus enterici possono essere isolati dalle feci di bambini ammalati. Essi pos-sono trovarsi nei liquami, nell’acqua di mare e nei molluschi (Formiga-Cruz e coll., 2002). Altri virus che potrebbero essere veicolati dagli alimenti Questi virus possono essere trasmessi per vie differenti agli alimenti e essi non sono classificati come virus alimentari. I casi provocati da questi virus sono pochi, però poiché sono agenti di malattie molto gravi devono essere tenuti in consi-derazione.

Genere Arenavirus Gli Arenavirus sono virus di medie dimensioni (110-130 nm) a RNA con envelope. Fanno parte della famiglia Arenavi-ridae. Parecchi Arenavirus causano la sindrome della febbre virali emorragica in Africa e Sud America. Malattia non presente nel mondo occidentale. Il virus della febbre virale emorragica del Sud America appartiene al complesso Tacaribe o New World Arenavirus (p.e. Guanarito in Venezuela, Sunin in Argentina, Machupa in Bolivia). Il gruppo Old World Arenavirus include i virus della febbre di Lassa e il virus della corio meningite linfocitica (Bednar e coll., 1999; Anonymus, 2000). Con l’eccezione dei virus del complesso di Tacaribe i roditori sono la fonte naturale degli Arenavirus. L’infezione può essere trasmessa all’essere umano per contatto diretto con gli animali infetti o con le loro deiezioni. Il virus può penetra-re nel corpo attraverso lesioni cutanee, o mediante il consumo di alimenti contaminati o per aerosols che contatta la congiuntiva o la mucosa orale o nasale. La trasmissione tra persona e persona è documentata solo raramente per alcuni virus New World. I roditori rappresentano un fattore di infezione dell’essere umano per il virus di Lissa, malattia presente in Guinea. Anche in questo caso la via di contaminazione sono rappresentati da 1) roditori, 2) cibi non protetti. La prevenzione consiste nella lotta contro i roditori e nella disinfezione con ipoclorito delle superfici e degli ambienti. Genere Flavivirus I virus del genere Flavivirus sono virus con envelope di 40-60 nm con molte piccole protuberanze. Il loro genoma è formato da RNA non segmentato a catena singola. In base alla loro composizione antigenica si distinguono: - il virus dalla tickborne encefalite; - il gruppo di virus della Febbre gialla; - il gruppo Dengue ecc. Questi circolano in tutto il mondo. I loro vettori sono le zanzare in particolare, con l’eccezione della tickborne encefalite che è dovuta a virus trasmessi da zecche. La TBE è di solito trasmessa agli umani di solito dal morso di una zecca (sia l’Ixodex persulcatus che l’Ixodes ricinus); occasionalmente si sono verificati casi con l’ingestione di latte non pastorizzato infetto (Dunpis e coll., 1999; Acha e coll., 2003; Votava e coll., 2003). La TBE è una malattia severa ed acuta del sistema nervoso centrale, che può determinare decesso o sequalae. Il numero di casi diagnosticato di TBE varia da 54 a 89 casi. Una loro parte è dovuta al consumo di latte di capra e di pecora crudo. Genere Hantavirus Hantavirus è un virus a RNA della famiglia Bunyaviridae trovato nelle urine di topo, di altri roditori e di cerco. Gli Hantavirus sono conosciuti quali responsabili di due malattie umane. Essi possono causare una malattia polmonare se-ria chiamata “sindrome polmonare da Hantavirus (HPS) e una seconda, dovuta ad Hantavirus Europei, conosciuta con il nome di “febbre emorragica con sindrome renale” di varia sverità (Vapalathi e coll., 2003; Dekomenko e coll., 2004). Le persone possono contrarre l’infezione da Hantavirus attraverso l’inalazione di goccie di saliva o di urina, o attraver-so la polvere di feci di roditori selvaggi, specialmente del topo cerco. La trasmissione può avvenire anche tramite mate-riale contaminato a contatto con lesioni cutanee, o possibilmente con l’ingestione di cibi o di acqua contaminati (Acha e coll., 2003; Votava e coll., 2003; Dekonenko e coll., 2004). In Europa sono stati descritti numerosi casi (Vasichova e coll., 2005). Genere Aichivirus L’Aichivirus, la specie tipo di un nuovo genere Kovubirus, della famiglia Picornaviridae (Yamashita e coll., 1998; Sa-saki e coll., 2001) è stato causa di gastroenterite da consumo di ostrica nell’essere umano (Yamashita e coll., 1981). I virus Aichi hanno un diametro di circa 30 nm ed hanno una struttura simile a quella degli Astrovirus. Gli Aichivirus sono endemici nel Sud-est Asiatico. Tabella n. 7. Sintomi clinici di malattie virali (riassunto). Periodo di

incubazione Segni e sintomi Durata

malattia Cibi vettore Prove di laboratorio

Epatite A 29 gg media (15-50 gg)

Diarrea, urine scure, ittero, sintomi simil influenzali, p.e. febbre, mal di testa, nausea e dolore addominale

3 sett.- 3 mesi

Molluschi, alimenti crudi, acqua contamina-ta, cibi non cotti, cibi cotti riconta minanti da soggetti infetti

Aumento di ALT, bili-rubina, IGM positività anticorpi anti epatite A

Norovirus e altri calicivirus

12-48 h Nausea, vomito, campi ad-dominali, diarrea, febbre, mialgia, mal di capo. La diar-rea è prevalente negli adulti e il vomito nei bambini

12-60 h Molluschi bivalvi, cibi contaminati da feci, cibi RTE toccati a operatori infetti (insalate, sandwi-ches, ghiaccio, frutta,

RT-PCR ed EM su campioni di feci fre-sche. Diagnosi clinica negatività della copri-coltura. Feci negative

dolci per WBCs Rotavirus 1-3 gr Vomito, diarrea acquosa, feb-

bre lieve. Temporanea intol-leranza al lattosio. Gli infan-ti, i bambini, gli anziani e gli immunodepressi sono sensi-bili

4-8 gr Cibi contaminati da fe-ci. RTE contaminati da lavoratori infetti (insala-te, frutta)

Identificazione dei virus con saggi immu-noenzimatici

Altri agenti virali: Astrovirus Adenovirus Parvovirus

10-70 h Nausea, vomito, diarrea, ma-lessere, dolore addominale, mal di testa ???

2-9 gr Cibi contaminati da fe-ci. RTE toccati da lavo-ratori infetti. Molluschi bivalvi

Identificazione degli agenti in feci fresche. Serologie. Elisa kit commerciali

Antibioticoresistenza Uno stipite batterico è resistente ad un farmaco quando è in grado di moltiplicarsi in presenza di concentrazioni del far-maco che risultano inibitorie per la massima parte degli stipiti della stessa specie o, operativamente, quando è in grado di moltiplicarsi in presenza di concentrazioni del farmaco pari a quelle massime raggiungibili nel corso dell’impiego terapeutico. Un antibiotico è efficace quando raggiunge il sito bersaglio, si lega ad esso e interferisce con le sue funzioni. Le tre cau-se principali della resistenza agli antibiotici sono il mancato raggiungimento del sito bersaglio, l’inattivazione del far-maco e l’alterazione del bersaglio. L’antibioticoresistenza può essere: naturale o acquisita. L’antibioticoresistenza naturale: è una condizione di generale insensibilità ad un farmaco che si estende a tutti gli stipiti di una data specie: - al microrganismo può mancare la struttura su cui agisce l’antibiotico; - la struttura della parete cellulare o la membrana citoplasmatica di un microrganismo sono impermeabili a un antibioti-co. L’antibioticoresistenza può essere acquisita per mutazione e selezione con trasmissione verticale del tratto alle cellule figlie. Perché la mutazione possano generare resistenza, la mutazione non deve essere letale e non deve alterare in ma-niera apprezzabile la virulenza. Il mutante d’origine o la sua progenie devono essere trasmessi in modo diretto; altri-menti la mutazione si deve ripresentare in un altro mutante all’interno di un ceppo sensibile. Nella trasmissione orizzon-tale dei fattori di resistenza da una cellula donatrice, spesso è coinvolto un batterio di specie diversa. I fattori responsabili della antibiotico resistenza sono dovuti a: - selezione di geni di resistenza agli antibiotici (virtualmente) presenti in tutti i batteri patogeni; - aumento della popolazione ad alto rischio di infezione (immunocompromessi); - aumentata sopravvivenza dei soggetti con malattie coronariche che richiedono terapie e ospedalizzazioni prolungate; - luoghi di congregazione che fungono da serbatoi di batteri antibioticoresistenti; - eccessivo uso di antibiotici; - mancanza di una rapida diagnosi batteriologica (Sorana Segal Manner e coll., 1998). L’aumento della antibiotico resistenza è dovuto soprattutto ai trattamenti terapeutici in campo umano. Meccanismi dell’antibioticoresistenza Un antibiotico è efficace quando raggiunge il sito bersaglio, si lega ad esso e interferisce con le sue funzioni. Le tre cause principali della resistenza agli antibiotici sono il mancato raggiungimento del sito bersaglio, l’inattivazione del farmaco e l’alterazione del bersaglio. Mancato raggiungimento del sito bersaglio La membrana esterna dei batteri Gram negativi impedisce l’ingresso delle grandi molecole molari nella cellula. Le pic-cole molecole polari, come quelle di molti antibiotici, penetrano nella cellula attraverso canali composti da proteine del-le porine. L’assenza, le mutazioni o la perdita dei canali porinici possono rallentare o bloccare l’ingresso del farmaco nella cellula, riducendo la concentrazione del farmaco a livello del sito d’azione. Se il bersaglio è intracellulare e il farmaco necessita di un trasporto attivo attraverso la membrana, le mutazioni o le condizioni ambientali che bloccano questo meccanismo di trasporto possono causare resistenza. Gli antibiotici beta lattamici che penetrano nelle cellule e non sono attaccati dalle beta lattamasi possono essere catturati da un sistema di efflusso e portati al di fuori riducendo la concentrazione intracellulare del farmaco attivo. L’inibizione delle pompe di efflusso può essere ottenuta con diverse modalità: inibizione dei processi che regolano l’espressione delle pompe di efflusso; inibizione dell’assemblaggio delle componenti che costituiscono la pompa; bloc-co dei canali della membrana esterna con riduzione dell’energia di efflusso; blocco specifico/diretto del sito dell’antiporto; blocco indiretto/generale tramite il collasso dei meccanismi di produzione dell’energia; tramite la crea-zione di un’inibizione (competitiva e non) con una molecola non antibiotica che presenta affinità per i siti delle pompe di efflusso.

L’inattivazione del farmaco è il secondo meccanismo principale di resistenza farmacologica. La resistenza dei batteri agli amino glicosidi e ai betatallamici è spesso il risultato della produzione di enzimi che modificano gli aminoglicosidi e di betalattamasi. Una variante di questo meccanismo è la mancata conversione dell’isoniazide nel suo metabolito atti-vo. Le alterazioni del bersaglio possono essere dovute a mutazioni del bersaglio naturale (fluorochinoloni), modificazioni del bersaglio (macrolidi e tetracicline per protezione ribosomale), sostituzione del bersaglio naturale e sensibile con un’alternativa resistente (resistenza alla meticillina negli stafilococchi). Questo meccanismo di resistenza è dovuto a un ridotto legame del farmaco al bersaglio o dalla sostituzione del bersaglio naturale con un nuovo bersaglio che non lega il farmaco. Antibioticoresistenza alle penicilline La maggior parte dei batteri contiene la PBP (penicillin binding proteins: proteine che partecipano all’assemblaggio del-la parete cellulare), ma non tutti gli antibiotici beta-lattamici sono in grado di uccidere o bloccare tutti i batteri. Infatti, sono stati individuati numerosi meccanismi di resistenza batterici attivi contro questi farmaci. La resistenza può essere intrinseca, dovuta a differenze strutturali delle PBP, oppure il ceppo batterico sensibile può acquisire la resistenza me-diante lo sviluppo di PBP con diminuita affinità per l’antibiotico. Affinché il microrganismo diventi resistente è neces-sario che diminuisca l’affinità di numerose PBP, questo si può determinare in seguito alla ricombinazione tra diverse specie di batteri. Incapacità del farmaco di penetrare a livello del sito di azione Nei Gram+ il peptidoglicano è localizzato in prossimità della superficie cellulare le piccole molecole degli antibiotici possono raggiungere facilmente gli strati più esterni della membrana plasmatica e venire a contatto con le PBP. Nel ca-so dei batteri Gram– gli antibiotici possono entrare solo tramite le porine. Il numero e le dimensioni delle porine variano in base nei diversi Gram–. La Pseudomonas aeruginosa è costitutivamente resitente a diversi antibiotici perché priva delle porine elevata permeabilità. Inattivazione da beta-lattamasi I differenti microrganismi possono elaborare diverse β-lattamasi. In generale i Gram+ elaborano un’elevata quantità di β-lattamasi che secernono nello spazio extracellulare, mentre i Gram– possiedono le meta-lattamasi nello spazio peri-plasmico una posizione strategica per la protezione nei microrganismi. Antibioticoresistenza alle cefalosporine Meccanismo d’azione: inibizione multi proteica. 1. Mancato raggiungimento del bersaglio. 2. Modificazione delle PBP. 3. Intervento delle β-lattamasi. Anbibioticoresistena agli aminoglucosidi 1. Mancata penetrazione dell’antibiotico attraverso la membrana esterna. 2. Bassa affinità del farmaco per il ribosoma batterico. 3. Inattivazione del farmaco da parte di enzimi microbici. 4. Mancata penetrazione dell’antibiotico attraverso la membrana interna. L’inattivazione del farmaco tramite fosforilazione e acetilazione costituisce il meccanismo più importante. Un meccani-smo di resistenza naturale è legato al fatto che il farmaco entra nella cellula tramite un meccanismo attivo ossigeno-dipendente, pertanto i batteri anaerobi sono resistenti perché privi di ossigeno. Antibioticoresistenza ai macrolidi Meccanismo d’azione dei macrolidi: inibizione della sintesi proteica. 1. Efflusso del farmaco per mezzo di un meccanismo attivo di pompa. 2. Sintesi inducibile o costitutiva di una metilasi che modifica il bersaglio. 3. Idrolisi dei macrolisi mediata da esterasi. Antibioticoresistenza ai chinoloni Meccanismo d’azione dei chinoloni: inibizione della sintesi e della trascrizione del DNA. 1 Cambiamenti conformazionali della DNA girasi che riducono la capacità di legame con i chinoloni. 2. Modificazione della permeabilità delle membrane esterne (riduzione delle porine). 3. Trasporto attivo al di fuori del batterio mediante sistemi di efflusso. Da Dipartimento Scienze Farmacologiche, Università di Cagliari.

Zoonosi e resistenza dei batteri agli antibiotici Le zoonosi sono infezioni e patologie trasmissibili dagli animali all’uomo. L’uomo può contrarre l’infezione diretta-mente dagli animali oppure ingerendo alimenti contaminati. La gravità delle zoonosi nell’uomo varia da una lieve sin-tomatologia fino a condizioni pericolose per la vita. I batteri zoonotici resistenti agli antimicrobici sono fonte di partico-lare preoccupazione perché possono compromettere l’efficacia del trattamento delle infezioni nell’uomo. Per monitorare la presenza di resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici presenti in animali e alimenti, tutti gli Stati membri dell’Unione europea raccolgono e analizzano una serie di informazioni. Nel 2008, 25 Stati membri hanno presentato alla Commissione europea e all’Autorità europea per la sicurezza alimenta-re informazioni sulla presenza di resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici. Inoltre, hanno fornito informazioni ai fini della relazione due paesi non appartenenti all’Unione europea, L’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha analizzato tutti i dati con il supporto del contraente, la Technical University of Denmark, e ha pubblicato i risultati nella presente relazione sintetica comunitaria. Sono stati forniti dati sulla resistenza agli antimicrobici di isolati di Salmonel-la, Campylobacter, indicatori Escherichia coli ed enterococco da animali e alimenti. I dati quantitativi sulla resistenza agli antimicrobici sono stati interpretati utilizzando i valori soglia epidemiologici armonizzati che definiscono gli isolati resistenti. Questo metodo ha agevolato la comparazione fra i dati presentati dai diversi paesi. La resistenza agli antimicrobici è stata comunemente riscontrata negli isolati di Salmonella, Campylobacter e degli in-dicatori E. coli ed enterococco da animali e alimenti nell’Unione europea. Per molti antimicrobici esaminati, fra gli Stati membri sono state riscontrate ampie differenze in termini di presenza di resistenza. Tra gli isolati di Salmonella è stata frequentemente segnalata resistenza ad antimicrobici comuni (tetraciclina, ampicilli-na e sulfonamide), con una percentuale di isolati resistenti negli animali del 13-47% tra gli Stati membri che hanno for-nito i dati. I livelli di resistenza erano maggiori negli isolati da suini e bovini rispetto al pollame. Tuttavia la resistenza a ciprofloxacina e acido nalidissico è risultata più alta negli isolati di Salmonella da Gallus gallus, con percentuali del 18-19% tra gli Stati membri che hanno inviato dati. La resistenza agli antimicrobici negli isolati di Campylobacter è risultata più frequente rispetto agli isolati di Salmonella da alimenti e animali. La resistenza alla ciprofloxacina e all’acido nalidissico variava tra il 34% e il 62% tra gli Stati membri che avevano inviato i dati, raggiungendo i valori massimi negli isolati di Campylobacter di Gallus gallus e car-ne di pollo. Tra gli isolati dell’indicatore E. coli la resistenza a tetraciclina, ampicillina e sulfonamide era frequente e i livelli di resi-stenza segnalati andavano dal 18% al 55% tra gli Stati membri che avevano inviato dati. I livelli di resistenza più bassi sono stati registrati negli isolati bovini di E. coli. La resistenza a ciprofloxacina e acido nalidissico negli isolati di E. coli andava dal 3% al 46%, raggiungendo il livello più alto negli isolati di pollame. Tra gli isolati dell’indicatore enterococ-co la resistenza a tetraciclina ed eritromicina è risultata frequente (dal 27% al 71%). Negli isolati di enterococco è stata registrata anche resistenza a vancomicina. Gli elevati livelli di resistenza alla ciprofloxacina osservati negli isolati di Salmonella, Campylobacter e indicatore E. coli costituiscono motivo di preoccupazione, in quanto i fluorochinoloni sono antimicrobici di fondamentale importanza in medicina umana. Altre classi di antimicrobici fondamentali in medicina umana sono i macrolidi e le cefalosporine di terza generazione; negli isolati esaminati di Salmonella, Campylobacter, indicatori E. coli ed enterococco sono stati re-gistrati livelli di resistenza anche a queste classi di antimicrobici. (Fonte: Efsa: Relazione sintetica comunitaria sulla resistenza agli antibiotici, 2010) Tossine algali associate ai molluschi Nelle tabelle seguenti sono riportati le caratteristiche fondamentali espresse in sintesi delle tossine algali conosciute. Tabella n. 10. Classificazione delle principali biointossicazioni. Patologia Molecola Alga produttrice Patologia Vettore

DSP Acido okadaico e analoghi (dinofisitossine DTSx 1,2,3) Pectentossine (PTXs) Yessotossine /GTX) Azasiradici (AZAs)

Dinophysis spp. Procentrum spp. Gonyulax spp. Lingulodium spp.

Gastroenterica: nausea, vomito, diarrea e crampi addominali

Molluschi bivalvi

PSP Saxitossine (STX) e analo-ghi

Alexandrium spp. Gymnodinium catenatum Pyrodinium bahamense var. compressum Aphanizomenon spp. Anabaena spp. Cilindrospermopsis raci-borskii (alghe blu verdi)

Neurologica: parestesia di labbra, lingua ed estremità delle dita, astenia muscola-re profonda e perdita dell’equilibrio

Molluschi bivalvi Granchi predatori

NSP Brevetossine (BTX) e ana-loghi

Karenia brevis Fibrocapsa japonica Heterosigma hakashiw

Neurologica: atassia, sen-sazione di paralisi alla boc-ca e alle dita, midriasi, sen-

Molluschi bivalvi

Chattonella marina sazione di caldo e freddo ASP Acido domoico Pseudonitzschia pseudode-

licatissima P. australia P. pungens

Gastroenterica: nausea, vomito e diarrea Neurologica: perdita tem-poranea della memoria, confusione, disorientamen-to, coma del soggetto

Molluschi bivalvi Cefalopodi

CFP Ciguatossine e precursori (le gambiertossine) Maltotossina (MTX) Palyotossina

Gambierdiscus toxicus Ostreopsis spp. Coolia spp. Pymnodinium spp. Prorocentrum spp.

Gastroenterica: nausea, vomito e diarrea Neurologica: perdita tem-poranea della memoria, confusione, disorientamen-to, anche per mesi

400 specie di pesci (serra-nidi, scombridi, murenidi, sfrenidi, carangidi ed altri)

Tabella n. 11. Requisiti normativi per i limiti ammissibili di biotossine marine in molluschi (Reg. CEE 853/2004).

Cap. V Norme sanitarie per molluschi bivalvi vivi Tenore masssimo 2 Biotossine marine µg/kg

2 a) PSP 800 2 b) ASP 20.000 di acido domoico 2 c) Acido okadaico, Dinophysitossine, Pectentossine complessivamente 160 di equivalente acido okadaico 3 d) Yessotossine 1.000 di equivalente yessotossine 2 e) Azaspiracidi 160 equivalente azaspiracido

Fonte: Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 25.06.2004, L 226/61. Sindrome da palitossina Presenza di Ostreopsis ovata in Italia In anni recenti in diversi tratti della costa italiana sono state segnalate fioriture di alcune specie di microalghe bentoni-che. Particolarmente importanti risultano le fioriture di Ostreopsis. O. ovata è una microalga appartenente al genere Ostreopsis, ordine Gonyaulacales, classe Dinoficeae distribuita essen-zialmente nella zona tropicale e sub tropicale che predilige gli ambienti dove sono presenti macroalghe brune e/o rosse. O. ovata ma anche O. siamensis, O. lenticularis, O. heptagona, O, mascarenensis, O. labens risultano potenzialmente tossiche, sulla base dei risultati di test biologici (test di tossicità acuta su topo, di citotossicità e di emolisi). Le fioriture si sono verificate tra luglio ed agosto ed hanno interessato tratti in prossimità della costa o zone protette. È stato osservato che fioriture algali di O. ovata, verificatesi nelle stagioni estive degli anni 1998, 2000 e 2001 sul litorale apuano (Toscana nord-occidentale), hanno avuto la loro intensità massima in un tratto di costa nel quale opere di difesa dall’erosione circoscrivevano uno specchio marino a debole ricambio idrico, dove le acque raggiungevano temperature molto elevate. Il caso più eclatante si è verificato nell’estate del 2005 a Genova, quando 240 persone che avevano soggiornato in riva al mare o in zone adiacenti senza immergersi in acqua sono ricorse alle cure ospedaliere perché accusavano sintomi quali: febbre, faringodinia, tosse, dispnea, cefalea, nausea, rinorrea, congiuntivite, vomito e dermatite (Tabella n. 12). Le fioriture di O. ovata, osservate in quei giorni nel tratto di costa interessato, furono ritenute il possibile agente causa-le. Tabella n. 12. Caso di Genova 2005 aspetti epidemiologici su 225 pazienti (Icardi e Morensi, 2005). Pazienti % sintomi Febbre

Faringodinia Tosse Dispnea Cefalea Nausea Rinorrea Congiuntive Vomito Dermatite

64% 50% 40% 39% 32% 24% 21% 16% 10% 5%

Frequenza dei quadri clinici: 109 casi con 3 sintomi

Febbre con tosse e faringodinia Febbre con tosse e dispnea Tosse con faringodinia e dispnea

36% 34% 28%

69 casi con 4 sintomi Febbre con tosse, faringodinia e dispnea Febbre con tosse, faringodinia e rinorrea

36% 25%

Febbre con tosse dispnea e rinorrea

23%

Effetti su organismi acquatici Dal punto di vista ambientale, fioriture di O. ovata sono state talvolta associate a morie di organismi marini. In Puglia ad esempio, in concomitanza con fioriture di O. ovata, nel corso degli anni sono stati ritrovati numerosi animali agoniz-zanti o morti: si è trattato prevalentemente di saraghi sparaglioni (Diplodus annularis), seppie (Sepia officinalis) e ricci eduli (Paracentrotus lividus). Il tessuto muscolare dei saraghi osservato al microscopio, mostrava sia segni di arrossa-mento dovuti a fenomeni di congestione, sia la tendenza a staccarsi facilmente dalle strutture ossee. Nelle seppie, l’edema e l’imbibizione dei tessuti erano segni evidenti di fenomeni infiammatori. I ricci si presentavano con aculei ab-bassati e mancanti in alcune parti della teca. Caratteristiche chimiche e tossicologiche della palitossina La palitossina è stata isolata per la prima volta nel 1971 alle Hawaii, dal celenterato marino Palythoa toxica, dal quale deriva il suo nome. Successivamente la palitossina e suoi analoghi strutturali furono isolati da altre specie di zoantidi del genere Palythoa e Zoanthus. I diversi analoghi hanno mostrato un peso molecolare compreso tra 2659 e 2680. La molecola base della palitossina è costituita da una lunga catena alifatica parzialmente insatura contenente eteri ciclici, 64 centri chirali, 40-42 gruppi idrossilici e 2 gruppi ammidici. La palitossina è una delle più potenti e letali tossine marine non proteiche conosciute. La produzione della tossina e dei suoi analoghi è stata attribuita a Ostreopsis spp. Tuttavia non può essere esclusa la sua sintesi anche da parte di altri or-ganismi, compresi i batteri simbionti. Il meccanismo molecolare attraverso cui agisce sulle cellule di mammifero è un legame diretto con l’enzima di mem-brana Na+-K+-ATPasi, che determina un aumento della permeabilità ionica; a concentrazioni maggiori agisce anche sul-le pompe ioniche della membrana cellulare, con influsso di Na+ e Ca++ ed efflusso di K+ e conseguente depolarizzazio-ne. Gli effetti tossici prodotti sono una potente vasocostrizione, depressione della funzione cardiaca, ischemia e danno al miocardio, fibrillazione ventricolare e blocco cardiaco. Gli effetti di depolarizzazione di membrana sono evidenti an-che negli eritrociti e nelle cellule degli altri tessuti eccitabili (muscoli scheletrici e lisci e tessuto nervoso). Per iniezione intraperitoneale al topo, la palitossina è molto tossica, con una LD50 = 510 µg/Kg p.c. In uno studio di tos-sicità sul ratto con diverse vie di somministrazione, è risultato che in seguito a iniezione endovenosa il valore di LD50 = 0,089 µg/Kg p.c. è il più basso, seguito da via intramuscolare (LD50 = 0,24 µg/Kg p.c.), sottocutanea (LD50 = 0,4 µg/Kg p.c.) e intragastrica (LD50 > 40 µg/Kg p.c.). Le palitossine sono state implicate in alcune gravi intossicazioni per consumo di crostacei e pesci nei tessuti dei quali sono state frequentemente determinate. La palitossina e composti analoghi sono stati ritrovati in policheti (Hermodice carunculata), in una stella marina (Acanthaster planci) che si nutre d’invertebrati del genere Palythoa, in mitili d’Almeria, in Spagna nel 2003 e in Grecia nel 2005; in crostacei decapodi quali Lophozozymus pictor e in Demania al-calai. Per quanto riguarda la fauna ittica, palitossine sono state trovate in Herklotsichthys quadrimaculatus, una specie di sardina distribuita soprattutto in Madagascar, in Decapterus macrosoma, una specie di sgombro diffuso soprattutto nelle Filippine, in un pesce pappagallo (Scarus ovifrons) nel Giappone ed in pesci tetrodonti. La sintomatologia delle persone intossicate si manifesta con vomito, diarrea, dolori agli arti, spasmi muscolari e diffi-coltà respiratorie. Si è verificato un caso legale in Madagascar (1994) dovuto ad ingestione di pesce contaminato: la vit-tima dopo aver descritto un sapore metallico del cibo, accusava un malessere generale, vomito, diarrea, paralisi degli arti inferiori e delirio. Tossine da pesci Tetradotossine. Presente nei pesci palla delle zone dell’oceano Indopacifico ma anche dell’oceano Atlantico. Cignatossina. Presente in varie specie ittiche. Riassunto Nel testo è riportata una rassegna di virus, batteri, protozoi patogeni per l’essere umano. Sono pure descritte le tossine batteriche e marine e discusso il problema delle antibioticoresistenza. Summary Foodborne disease Virus, bacteria, and protozoa which are pathogen for human have been reported in the test. Also, bacterial and marine toxins and antibiotic resistance have been illustrated in this text.

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