MALATTIA PROFESSIONALE NON TABELLARE ED ONERE DELLA PROVA - CASSAZIONE CIVILE SEZ. LAVORO, SENTENZA...

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IN TEMA DI MALATTIA PROFESSIONALE DERIVANTE DA LAVORAZIONE NON TABELLATA LA PROVA DELLA DERIVAZIONE DELLA MALATTIA DA CAUSA DI LAVORO GRAVA SUL LAVORATORE E DEVE ESSERE VALUTATA IN TERMINI DI RAGIONEVOLE CERTEZZA, NEL SENSO CHE, ESCLUSA LA RILEVANZA DELLA MERA POSSIBILITÀ DELL'ORIGINE PROFESSIONALE, QUESTA PUÒ ESSERE INVECE RAVVISATA IN PRESENZA DI UN ELEVATO GRADO DI PROBABILITÀ

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MALATTIA PROFESSIONALE NON TABELLARE ED ONERE DELLA PROVA

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO - SENTENZA N. 13342 DEL 12 GIUGNO 2014

MALATTIA TABELLARE E NON TABELLARE: D.P.R. 1165/1965

Secondo il sistema vigente, ai sensi del D.P.R. 1124/1965, sono coperte dall'assicurazione INAIL solo

le malattie c.d. tabellate. Il sistema è stato efficacemente sintetizzato dalla sentenza della Corte

Costituzionale n. 178/1988 in un passo del seguente tenore: "In particolare, qualora le tabelle contengano

l'indicazione di malattie tipiche, e delle lavorazioni morbigene, sono presunti sia il carattere professionale

della data malattia astrattamente considerata (l'eziologia fra un dato tipo di malattia e un certo agente

patogeno tramite date lavorazioni), sia il carattere professionale della malattia concreta, il cui portatore sia

stato addetto a quelle lavorazioni; mentre qualora le tabelle contengano l'elencazione di malattie indicate

come malattie causate da un dato agente patogeno e delle lavorazioni morbigene, è comunque presunto il

carattere professionale della malattia concreta, il cui portatore sia stato addetto a quelle lavorazioni. La

tassatività del sistema tabellare implica peraltro che le sole malattie tipiche, e solo quelle connesse a date

lavorazioni e, tramite le medesime, a un dato agente patogeno, sono coperte dall’apposita tutela

previdenziale. Dimodoché da un lato gli assicurati fruiscono del beneficio che tale indennizzabilità è resa

estremamente agevole attraverso le cennate presunzioni. Ma dall'altro essi scontano le conseguenze della

tassatività nel senso che non è loro consentito provare secondo le regole ordinarie il carattere professionale

di malattie non tipiche, o non riconducibili a un certo agente patogeno tramite lavorazioni specificamente

indicate, malattie che sono pertanto non tutelate anche se in ipotesi derivanti da causa professionale".

In definitiva, l'iscrizione nell'apposita tabella era presupposto necessario per la indennizzabilità, da

parte dell'INAIL, della malattia quale infermità di origine professionale; era in altri termini un elemento

costitutivo del diritto alla rendita erogata dall'ente previdenziale.

A seguito della citata sentenza 179/1988 il sistema è radicalmente mutato nel senso, che la

iscrizione nella apposita tabella, fondata sull'elevata probabilità della origine professionale di una

malattia, non è più elemento costitutivo del diritto alla rendita, ma si trasferisce nell'ambito probatorio

perché comporta una presunzione, sia pure iuris et de iure, circa la origine professionale della

malattia stessa; mentre il difetto di iscrizione semplicemente comporta, a carico dell'assicurato,

l'onere di provare la eziologia professionale dell'infermità denunciata.

In questo quadro probatorio assume valore predominante la elevata probabilità circa il nesso eziologico

di una malattia professionale. Tale valore predominante porta ad una conclusione. In ordine alle

malattie non tabellate la elevata probabilità non ha efficacia di presunzione iuris et de iure, ma conserva

la efficacia di prova di per sé adeguata, sia pure suscettibile di prova contraria.

IN TEMA DI MALATTIA PROFESSIONALE DERIVANTE DA LAVORAZIONE NON TABELLATA LA

PROVA DELLA DERIVAZIONE DELLA MALATTIA DA CAUSA DI LAVORO GRAVA SUL

LAVORATORE E DEVE ESSERE VALUTATA IN TERMINI DI RAGIONEVOLE CERTEZZA, NEL

SENSO CHE, ESCLUSA LA RILEVANZA DELLA MERA POSSIBILITÀ DELL'ORIGINE

PROFESSIONALE, QUESTA PUÒ ESSERE INVECE RAVVISATA IN PRESENZA DI UN ELEVATO

GRADO DI PROBABILITÀ.

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La disciplina ora esposta trova chiara conferma nell'esigenza che la ispira, che è quella di agevolare

l'assicurato in sede probatoria. L'accennata esigenza, ponendosi quale attuazione dei valori proclamati

dalla Costituzione, in particolare dall'articolo 38, deve ritenersi non limitata al campo delle malattie

professionali, ma estesa a tutto il settore della previdenza ed assistenza contemplato dal citato articolo

38. Le considerazioni svolte consentono quindi di enucleare un principio di settore (settore previdenza

ed assistenza) secondo cui l'onere di provare un evento è assolto con la dimostrazione dell'alta

probabilità dell'evento stesso. Tale principio di settore è stato affermato in diverse decisioni della

Suprema Corte; così in tema d'indennizzo previsto "...a favore di coloro che presentano danni

irreversibili derivanti da epatiti post trasfusionali, dall'art. 1, comma 3, della L. 210/1992, ovvero, in caso

di morte del danneggiato, in favore dei soggetti indicati nell'articolo 2 comma terzo della stessa legge,

la prova a carico dell'interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l'effettuazione della terapia

trasfusionale, il verificarsi dei danni anzidetti o della morte, ed il nesso causale tra i primi e la seconda,

da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità" (Cass. civ., sez. lav., 17 gennaio 2005 n. 753).

In senso analogo Cass. civ., sez. lav., 21 giugno 2006 n. 14308". Da ciò si desume che in tema di

malattia professionale derivante da lavorazione non tabellata la prova della derivazione della

malattia da causa di lavoro grava sul lavoratore e deve essere valutata in termini di ragionevole

certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può

essere invece ravvisata in presenza di un elevato grado di probabilità".

PROVA DEL NESSO CAUSALE DELLA MALATTIA PROFESSIONALE

Nella valutazione del regime della prova occorre distinguere tra malattia tabellata e malattia non

tabellata, perchè nella prima il nesso causale tra lavorazione e malattia professionale è presunto per

legge, nella seconda la prova è a carico del lavoratore.

Tale radicale differenza è però attenuata da un duplice rilievo:

a) anche nelle malattie professionali tabellate il lavoratore deve provare l'esposizione al rischio, e cioè i

fatti materiali che fanno scattare la presunzione legale;

b) che il sistema tabellare si è evoluto, passando dalla impostazione originaria basata sulla

individuazione degli agenti patogeni e delle lavorazioni morbigene, singolarmente indicati, ad uno più

elastico, basato sulla indicazione generica di "malattie causate da ..." e delle "lavorazioni che espongono

all'azione di ...". Tale modifica evolutiva, se da un parte ha avuto lo scopo di consentire alla scienza

medica ed al sistema di seguire lo sviluppo tecnologico e di tutelare i lavoratori per la nocività insita nei

nuovi materiali e nuove sostanze usate nel processo produttivo, sì da individuare nuovi nessi e nuove

patologie professionali, dall'altra ha creato la necessità di accertare che la malattia lamentata rientri tra

quelle che risultino provocate dall'agente tabellato, secondo le acquisizioni della scienza medica. Anche

nelle malattie professionali tabellate quindi, una volta assolto l'onere probatorio di esporre i fatti

materiali relativi all'esposizione al rischio, la scienza medica ed il consulente medico legale assumono

un ruolo centrale nell'accertamento del nesso causale, che prescinde dagli oneri probatori di parte. In

altri termini, l'inclusione di una sostanza cancerogena nella tabella non implica la presunzione legale

che qualsiasi malattia cancerosa sia professionale, ma solo quella specifica forma tumorale che la

scienza medica ha accertato come provocata da quella sostanza patogena (Cass. civ., 6 aprile 2006 n.

8002 parla di "astratta derivazione dalla lavorazione tabellata").

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Nel caso viceversa di agente non tabellato, la prova del nesso causale, come è ben noto, è ad esclusivo

carico del lavoratore, nel senso che egli dovrà allegare e provare i fatti materiali (nel caso di specie i

prodotti chimici usati nella sua vita lavorativa), sui quali si svolgerà d'ufficio il giudizio medico legale che

solo può stabilire il nesso causale dal punto di vista della scienza medica.

Circa il grado di certezza del nesso causale, stante la centralità della valutazione scientifica e quindi del

giudizio dell'ausiliare sotto il controllo del giudice, valgono in ogni caso le acquisizioni della

giurisprudenza di legittimità in punto di rilevanza del giudizio probabilistico. Essa è passata dal

richiedere un grado di certezza, ad uno di probabilità, ed infine alla semplice compatibilità.

Va sicuramente esclusa la mera possibilità. Si è detto che vi deve essere un grado di ragionevole

certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'eziopatogenesi professionale,

questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante o ragionevole grado di probabilità, per

accertare il quale il giudice deve non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova

ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente

tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso anche ad ogni utile iniziativa ex officio diretta ad

acquisire ulteriori elementi (assunzione di deposizioni testimoniali, richiesta di chiarimenti al

consulente tecnico e quanto altro si appalesi opportuno) in relazione all'entità ed alla esposizione del

lavoratore ai fattori di rischio (Cass. civ., 8 gennaio 2003 n. 87; Cass. civ., 20 maggio 2000 n. 6592; Cass.

civ., 8 luglio 1994 n. 6434; Cass. civ., 23 aprile 1997 n. 3523; Cass. civ., 7 aprile 1998 n. 3602).

E' stato detto ancora che il ctu può giungere al giudizio di ragionevole probabilità anche in base alla

compatibilità della malattia non tabellata con la noxa professionale, desunta dalla tipologia delle

lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti sul luogo di lavoro, della durata della

prestazione lavorativa, e per l'assenza di altri fattori extra - professionali (Cass. civ.,13 aprile 2002 n.

5352; Cass. 21 febbraio 2003 n. 2716; Cass. civ., 24 marzo 2003 n. 4292).

Si possono a tale scopo utilizzare congiuntamente anche dati epidemiologici (Cass. civ., 25 maggio

2004 n. 10042, Cass. civ., 24 luglio 1991, n. 8310; Cass. sez. un. 4 giugno 1992 n. 6846; Cass. civ., 27

giugno 1998 n. 6388; Cass. civ., 29 settembre 2000 n. 12909), per suffragare una qualificata probabilità

(Cass. civ., 3 aprile 1990, n. 2684; vedi, nello stesso senso, D.M. 27 aprile 2004, che ha recepito il parere

della Commissione medica nominata ai sensi dell’art. 10, comma 4, del D. Lgs. 38/2000, secondo cui

non si può più parlare di certezza dell'origine lavorativa, ma solo di grado di probabilità, a causa del

continuo cambiamento delle esposizioni lavorative e per le interazioni tra causa morbigena e

suscettibilità individuale).

Se la scienza medica ha acquisito, anche con un giudizio di probabilità sopra indicato, che l'agente

patogeno tabellato può essere in generale causa della malattia professionale lamentata, scatta la

presunzione legale, anche ove si tratti di malattia ad eziologia multifattoriale (Cass. civ., 26 luglio 2004

n. 14023).

AVV. ROCCHINA STAIANO

tratto da: fiscoetasse.com