Magna Grecia -...

4
6 La Rassegna d'Ischia 2/97 Il logo di questa mostra sulla Ma- gna Grecia, al Museo Archeologico di Napoli, proviene da una tomba del IV secolo a. C.: è una lastra dipinta con scena di danza, rinvenuta a Ruvo il 15 novembre 1833 e acquisita insieme ad altri frammenti della stessa tom- ba dal Museo Borbonico nel giugno 1838. Otto figure femminili danzano tenendosi per mano: ogni figura porta il braccio sinistro sotto il destro di quella che precede e il destro sopra il sinistro di quella che segue. Le mani hanno dita affusolate e rese con cura, tanto che sembrano sfiorarsi piut- tosto che intrecciarsi tra loro nella sequenza della catena. Queste donne indossano lunghi chitoni e himatia colorati, ocra, rossi, celesti, ed hanno calzari di colore rosso che coprono completamente i piedi. Il recente re- stauro ha evidenziato che le gote sono leggermente colorate, le labbra sono Mostre La Magna Grecia al Museo Archeologico di Napoli di Carmine Negro Fotografie della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta Foto - Lastra tombale dipinta con scena di lamentatrici funebri. Da Ruvo, seconda metà IV sec. a. C. - Napoli, M.A.N. Inv. n. 9357 rosse e una linea di pigmento colorato segue il profilo. Le vesti e i mantelli hanno larghi bordi di colore diverso, talvolta arricchiti da decorazioni a motivi geometrici e a linee spezzate (bordo della veste della quinta e sesta danzatrice). Il mantello portato sulla testa lascia scoperta la fronte, dove una benda o cuffia che trattiene i capelli è resa con due toni di colore rosso. L’interpretazione del choròs di donne può essere ricondotto sia alla sfera funeraria che a quella mitica al- lusiva, cioè della danza liberatoria che Teseo e i giovanetti ateniesi eseguiro- no a Creta in occasione dell’uccisione del Minotauro. Solenne e distaccata, la bellezza di questa pittura tombale rappresenta una mostra che, sulla scia della più fortunata mostra veneziana, vuole ricordare i luoghi della cultura greca in Italia, sperimentare un nuovo alle-

Transcript of Magna Grecia -...

Page 1: Magna Grecia - ischialarassegna.comischialarassegna.com/rassegna/Rassegna1997/rass02-997/m-grecia.pdf · La Rassegna d'Ischia 2/97 7 stimento per la sezione della Magna Grecia in

6 La Rassegna d'Ischia 2/97

Il logo di questa mostra sulla Ma-gna Grecia, al Museo Archeologico di Napoli, proviene da una tomba del IV secolo a. C.: è una lastra dipinta con scena di danza, rinvenuta a Ruvo il 15 novembre 1833 e acquisita insieme ad altri frammenti della stessa tom-ba dal Museo Borbonico nel giugno 1838. Otto figure femminili danzano tenendosi per mano: ogni figura porta il braccio sinistro sotto il destro di quella che precede e il destro sopra il sinistro di quella che segue. Le mani hanno dita affusolate e rese con cura, tanto che sembrano sfiorarsi piut-tosto che intrecciarsi tra loro nella sequenza della catena. Queste donne indossano lunghi chitoni e himatia colorati, ocra, rossi, celesti, ed hanno calzari di colore rosso che coprono completamente i piedi. Il recente re-stauro ha evidenziato che le gote sono leggermente colorate, le labbra sono

Mostre

La Magna Grecia al Museo Archeologico di Napoli

di Carmine Negro

Fotografie della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta

Foto - Lastra tombale dipinta con scena di lamentatrici funebri. Da Ruvo, seconda metà IV sec. a. C. - Napoli, M.A.N. Inv. n. 9357

rosse e una linea di pigmento colorato segue il profilo. Le vesti e i mantelli hanno larghi bordi di colore diverso, talvolta arricchiti da decorazioni a motivi geometrici e a linee spezzate (bordo della veste della quinta e sesta danzatrice). Il mantello portato sulla testa lascia scoperta la fronte, dove una benda o cuffia che trattiene i capelli è resa con due toni di colore rosso. L’interpretazione del choròs di donne può essere ricondotto sia alla sfera funeraria che a quella mitica al-lusiva, cioè della danza liberatoria che Teseo e i giovanetti ateniesi eseguiro-no a Creta in occasione dell’uccisione del Minotauro. Solenne e distaccata, la bellezza di questa pittura tombale rappresenta una mostra che, sulla scia della più fortunata mostra veneziana, vuole ricordare i luoghi della cultura greca in Italia, sperimentare un nuovo alle-

Page 2: Magna Grecia - ischialarassegna.comischialarassegna.com/rassegna/Rassegna1997/rass02-997/m-grecia.pdf · La Rassegna d'Ischia 2/97 7 stimento per la sezione della Magna Grecia in

La Rassegna d'Ischia 2/97 7

stimento per la sezione della Magna Grecia in Italia. Stefano De Caro, sovrintendente archeologico, definisce le collezioni degli oggetti della Magna Grecia al museo di Napoli “come le reliquie del gran naufragio nel quale perì la massima parte dell’archeologia non vesuviana nell’Italia meridionale del Settecento e di buona parte dell’Ottocento". Ed è appunto il Soprinten-dente a tracciare la storia della ricerca archeologica e delle collezioni negli an-tichi luoghi della Magna Grecia e di cui diamo una breve sintesi Nel 1754‑1755 Alessio Simmaco Mazzocchi, con la pubblicazione dei suoi “Commentarii” sulle “Tabulae Heracleenses” che erano state donate alle collezioni reali, ave-va fatto sperare che il nuovo regno borbonico desse dignità anche ai ritrovamenti effettuati in quei siti, conosciuti dalla cultura del Rinasci-mento e dell’Età Barocca come antiche città della Magna Grecia. Non fu così. Malgrado le leggi di Carlo di Borbone che, fin dal 1755, tutelavano oltre agli scavi vesuviani anche quelli delle restanti province del regno, la costante penuria di fondi a disposizione dell’ammi-nistrazione degli scavi, la difficoltà a controllare efficacemente il territorio, la corruzione di molti funzionari governativi e soprattutto la moda che si andava diffondendo in Europa, portarono alla dissipazione della maggior parte dell’archeologia non vesuviana dell’Italia meridiona-le.

Cosi collezionisti, antiquari, amba-sciatori, aristocratici e principi euro-pei commissionarono legalmente e il più delle volte illegalmente scavi in luoghi in cui abbondavano tali ritro-vamenti portando via vasi, dipinti,, statuette, armi e gioielli. Per arginare l’emorragia di antichità dal Regno, Michele Ardito, direttore

del Museo Reale, nel 1808 ipotizzò con una proposta lungimirante l’isti-tuzione di musei in ogni provincia per far sì che queste prendano ‘’un certo gusto verso de’ monumenti antichi, e, preso che avranno un tal gusto, saran-no più accorte a conservarli con gelo-sia”. Tale proposta non ebbe successo e la capitale restava un centro floridis-simo di commercio antiquario capace di drenare verso l’Europa abbondanti quantità di materiali archeologici. Il Museo, dopo l’unità d’Italia, in-

crementò notevolmente le proprie collezioni con l’acquisizione di una vastissima raccolta di monete e vasi di terracotta da una potentissima famiglia di ministri ed alti funzionari del Regno Borbonico: i Santangelo. Con la creazione di musei provin-ciali e nazionali in varie città del Mezzogiorno e con l’istituzione di

soprintendenze autono-me dal Museo di Napoli, l’afflusso di oggetti dalla Magna Grecia al Mu-seo cessò, riducendosi a quelli provenienti dalla sola giurisdizione della Soprintendenza napole-tana.

La mostra

È la Veduta dei templi di Paestum in una origi-nale ripresa dal mare ad introdurre alla esposi-zione sia come quadro, un olio su tela, firmato e datato 1793 attualmente nel castello di Vizilles, nel Museo della Rivoluzione francese, che come rico-struzione operata dalla Soprintendenza tenen-do come modello la tela stessa. Ad essa è asso-ciato un brano di Johan Wolfgang von Goethe da “Italienische Rhei-se”: “ora che tutte queste spiagge e i promontori e i seni e i golfi, isole e penisole, rocce e coste sabbiose, colline verdeg-

gianti, dolci pascoli, campagne fecon-de, giardini di delizie, alberi rari, viti rampicanti, montagne perdute per le nubi e pianure ridenti e scogli e secche e questo mare che tutto circonda con tanta varietà e in tanti modi diversi; ora, dico che tutto questo è presente nel mio spirito, ora soltanto l’odissea è per me una parola viva”.

Nella visita alla mostra per La Ras-segna d’Ischia, sono accompagnato dalla dott. ssa Marinella Lista che,

Foto - Nestorìs a figure rosse con Melampo e le Pretidi al Tempio di Artemide - (Pittore di Brooklin - Budapest (400-380 a. C. - Napoli, M.A.N. inv. n. 82125)

Page 3: Magna Grecia - ischialarassegna.comischialarassegna.com/rassegna/Rassegna1997/rass02-997/m-grecia.pdf · La Rassegna d'Ischia 2/97 7 stimento per la sezione della Magna Grecia in

8 La Rassegna d'Ischia 2/97

prodiga di informazioni e curiosità, mi consente di apprezzare il nuovo allestimento e lo spirito che lo ha animato: raggruppare il materiale magno‑greco non più secondo la lo-gica della materia (vetri, bronzi, ori) o antiquaria della classe (vasi dipinti monete pitture, armi), ma per ambiti di provenienza senza trascurare l’an-golo visuale del collezioniasmo. Una presentazione, anche somma-ria, delle numerose opere esposte non è possibile in questa breve trat-tazione; ci soffermeremo, perciò, su poche opere indicative della ricchezza intellettuale e artistica raggiunta dalle antiche popolazioni dell’Italia meri-dionale.

Nella prima sala possiamo ammirare dei modelli di templi in scala e delle lastre incise che furono riprodotte dal Delagardet nel volume del 1799 dal titolo “Les Ruines de Paestum ou Poseidonia, ancienne ville de la Gran-de Grèce”. Il conte Felice Gazzolla, impressionato dalla riscoperta della città di Paestum e dei suoi magnifici templi, volle tra il 1745 e il 1750, che i “più bravi professori che di quel tempo erano in Napoli” e cioè Gian Battista Natali di Vicenza, l’architetto Sabbatini, i fratelli Gaetano e Antonio Magri, realizzassero i rilievi dei tem-pli e degli altri edifici di questa città. Il trasferimento a Madrid del conte, già comandante di artiglieria nel regno di Carlo, re di Napoli, bloccò il progetto, ma i rilievi eseguiti furono utilizzati per molte pubblicazioni in Europa Nel 1784 le piante di questi monumenti vennero riprodotte nel volume “Rovine della città di Pesto detta ancora Poseidonia”. In quegli anni l’attenzione fu tutta concentrata sull’architettura della città; furono re-alizzati, di sughero o di gesso, diversi modelli, in scala, degli antichi templi. Risale al 1805 il primo intervento di scavo regolare di cui si è traman-data traccia e da cui provengono, molto probabilmente, le numerose statuette presenti in questo Museo e ampiamente diffuse a Paestum, sia nei santuari urbani che in quelli del territorio circostante. Rappresentano

Hera seduta in trono con melagrana e patera di frutta fra le mani, nonché statuette di donne con bambino o con cesta e porcellino. Nell’esposizione sono presenti anche altre statuette, come quella che mostra una figura maschile con il braccio destro disteso lungo il fianco e la mano che stringe per le zampe posteriori un porcellino a testa in giù e la mano sinistra ripiegata sotto il petto a reggere una patera con offerte, e ancora matrici di statuette. E inoltre bellissime lekythos a figure rosse, oinochoe, diversi crateri a cam-pana a figure rosse. Sempre nel settore riservato a Paestum ritroviamo un elmo “a pilo” in bronzo fuso e lavorato a martello, un elmo “sud‑italico calci-dese”, corazze anatomiche e sempre in bronzo diversi pezzi di schiniere (parte dell’armatura che proteggeva lo stinco e la gamba). Da Pertosa "con-trada Arnice‑ Soprano" proviene un altro elmo detto suditalico‑calcidese, molto elaborato nelle varie parti con,

lungo la costolatura che definisce su-periormente l’insellatura dell’orecchio sinistro, un’iscrizione incisa in lingua osca ed alfabeto greco. Dal sito che i romani chiamavano con il nome di Anxia collocato nel cuore di quel ter-ritorio occupato nell’antichità dagli Enotri e, dopo il IV secolo a.C. sino all’ avvento dei Romani, dai Lucani e che mette in comunicazione la valle del Basento e il vallo di Diano, derivano diversi materiali ceramici presenti in questo allestimento, tra i quali ricordiamo il Nestoris a figure rosse. Diversi anche i materiali provenienti da Canosa (Apulia) tra cui il bellis-simo Askos globulare a decorazione plastica e policroma. Per il numero di oggetti rinvenuti e la loro qualità Ruvo divenne mèta di studiosi e mercanti italiani e stranieri. Da Ruvo arrivaro-no a Napoli molti vasi, ori e terrecotte ma solo poche di quelle opere sono custodite nel Museo archeologico, molte si sono disperse nel mercato più

Askos canosino dall'ipogeo cosiddetto "del vaso di Dario" (Canosa, fine IV sec. a. C.) - Napoli, M. A. N. - inv. n. 16170

Page 4: Magna Grecia - ischialarassegna.comischialarassegna.com/rassegna/Rassegna1997/rass02-997/m-grecia.pdf · La Rassegna d'Ischia 2/97 7 stimento per la sezione della Magna Grecia in

La Rassegna d'Ischia 2/97 9

o meno lecito del l’antiquariato. Una nota particolare meritano gli oggetti d’oro: collane, pendenti, coppia di fibule, orecchini dalla lavorazione complessa e dalla forma raffinata.

Tutto un settore dell’allestimento è dedicato al rapporto tra ricerca archeologica e collezionismo. Le collezioni private come quella dell’arcivescovo di Polignano o quella dei fratelli Vivenzio arricchirono nel corso degli anni le collezioni napo-letane con materiali abbondanti e di grandissima levatura. L'incremento maggiore, comunque, si ottenne nel 1868, dopo l’Unità d’Italia con l’acquisizione, da parte del direttore del Museo Nazionale di Napoli Giuseppe Fiorelli, della collezio-ne Santangelo, una ricchissima raccolta di vasi. terrecotte e monete provenienti dall’Italia meridionale. I Santangelo, una potentissima famiglia di ministri e alti funzionari del Regno borbonico, erano riusciti nel corso di più generazioni a realiz-zare la più grande raccolta privata napoletana della prima metà dell’Ottocento, grazie ad acquisti e a vere e proprie campagne di scavo. Il Museo privato Santangelo nacque essenzialmente con l’intenzione di aumentare il prestigio delle famiglia ed il suo patrimonio, ma fu animato dalla consapevolezza e dalla passione del collezionista. La collezione vascolare presenta una moltitudine di vasi, come il vaso configurato a negro e coccodrillo, di kantharos, di caratteristici rhyton, ma anche anfore, crateri, lekythos. Cospicua la collezione di monete: 42.733 esemplari, di cui 832 in oro, 15964 in argento e 25.937 in bronzo.

Vaso configurato: negro e coccodrillo - Fabbrica attica - Fine V sec. a. C. - Collezione Santangelo - Napoli, M.A.N. inv. Stg n. 42

Di Pithecussae e delle nuove scoperte di Punta Chiarito abbiamo già trattato su questa rivista (La Rassegna d’Ischia n. 7/Dicembre 1996); c’è solo da ag-giungere che la dottoressa Lista ci ha anticipato che presso il Museo sarà al più presto realizzato una ricostruzione dello scavo effettuato sull’isola d’Ischia per mettere in evidenza le nuove scoperte e le tecniche utilizzate.

Carmine Negro

Ruvo: Collana d'oro con testa di satiro alter-nata a fiori di loto e ghiande

- Fine VI, inizi V sec. a.

C. (Napoli, M. S. N., inv. n.

24883)