Magazine N.1

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MAGAZINE PERIODICO ONLINE DEL FORUM www.qtp.it Test software Convertitori RAW Reportage La Giordania di Lorenzo Vittali La fotografia culinaria di Simone Sammartino Fai da te Set fotografico di Simone Sammartino Recensioni Il senso dell’ombra (W.E.Smith) di Igori Dal forum GMD Gruppo Minimalista Digitale 4/3 PHOTOGRAPHERS Autumn/Autunno ‘08

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Primo numero del Magazine del forum qTp. N.1 autunno 2008

Transcript of Magazine N.1

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MAGAZINEPERIODICO ONLINE DEL FORUM www.qtp.it

Test softwareConvertitori RAWReportageLa Giordania di Lorenzo VittaliLa fotografia culinaria di Simone SammartinoFai da teSet fotografico di Simone SammartinoRecensioniIl senso dell’ombra (W.E.Smith) di IgoriDal forumGMD Gruppo Minimalista Digitale

4/3 PHOTOGRAPHERS

Autum

n/Autunno ‘08

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- Sommario -

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4Sommario

Il cerchio di airydi Matteo Bonan

5 Contrasti (degli utenti)di Ricardo B. (baires)

La FotografiaCulinaria

Sapori tra Italia e Spagnadi Simone Sammartino (Seamone)

15GIORDANIA 2008

Civiltà diverse a confronto e maestosi scenarinaturalidi Lorenzo Vitali

qTp® MagazineAutunno 2008

Pubblicazione online del forum qTpwww.qtp.it

Admin: BlackPixelContatto [email protected]

Impaginato:Ricardo B. (baires)Hanno collaborato

Lorenzo VitaliSimone Sammartino

Matteo BonanIgor Ferraresi

Stefano BevacquaCarlo Casavecchia

In copertina:Foto di seamone ©

Olympus E510 + Jupiter 85mm f/2 _________________________________

E’ vietata la riproduzione totale o parzialedel contenuto della pubblicazione senzal’autorizzazione preventiva degli autori.

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- Sommario -

Sommario

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Gruppo MinimalistiDigitali

dal forum

39Convertitori RawProve software

Ministudio fotograficofatto in casa

di Simone Sammartino (Seamone)

William Eugene Smith"Il senso dell'ombra"

a cura di Gilles Mora.di Igor Ferraresi

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- Tecnica -

Gli studenti di fisica alle prese con gli esami di isitituzio-ni di fisica teorica del terzo anno della facoltà di fisicaconoscono bene questa semplice equazione: Sinθ= mλ/d. dove λ è la lunghezza d'onda del raggio diluce. Non mi dilungo sull'aspetto matematico della cosaanche perché interessa poco, la maggior parte di noi.Dico solo che da questa formula si calcola il disco di airyche è una figura di diffrazione che si genera quando laluce attraversa un foro. (vedi fig.1) Un diaframma diun'ottica o il classico foro stenopeico.

Figura 1.

La natura ondulatoria della luce fa si che si generi que-sta figura, che non dipende dall'ottica, ma solamentedalla lunghezza d'onda che compone il raggio di luce edal diametro del buco. Queste sono le premesse, midirete e che c'entra tutto ciò con i sensori digitali e lebugie tecnologiche? C'entra eccome se centra.

Diaframma Disco di airy1 1,131,2 1,351,4 1,581,8 2,032 2,252,8 3,154 4,55,6 6,38 911 12,3816 1822 24,7532 3645 50,63

Questa formula ci dice nella sua forma semplificatache un punto in una immagine che attraversa un'otticasi trasforma in un disco. Le dimensioni del disco sonofissate dalla fisica e dipendono dalla lunghezza d'ondadella luce visibile e dal diametro dell'apertura. Taledisco aumenta le sue dimensioni in modo direttamen-te proporzionale al valore del diaframma. Secondo latabella riportata.Bene i numeri che leggete sulla destra della colonnasono riportati in micron (milionesimi di metro, o millesi-mi di millimetro ). Il disco di airy quindi copre un diame-tro sempre crescente al crescere del diaframma (ovve-ro al diminuire del buco attraverso cui passa la luce) Isensori hanno delle dimensioni ben definite e tendonoad essere costruiti sempre più piccoli, e con essi i sin-

Il cerchio di airyLa diffrazione i sensori digitali e le bugie

tecnologiche.

di Matteo Bonan

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Tecnica (continua) - Contrasti

goli fotodiodi diminuiscono di diametro, al punto chediventano molto prossimi come dimensioni al famosocerchio di airy, ma quanto sono piccoli questi fotodio-di? Se prendiamo il sensore 4/3 avremo che sulla E-1il fotodiodo è di 6.8µ quello della E-300 di 5.4µ e il sen-sore della E3 ha fotodiodi da 4,9µ, bene, consideran-do che per formare una singola immagine occorrono 4fotodiodi che corrispondono ad un quadrato di circa 10µ vediamo che se diaframmiamo con il 4/3 a più di F9copriamo il famoso cerchio di airy. Oltre infatti l'effettodella diffrazione si fa sentire. Va da se che la situazio-ne migliora se il sensore è più grande ma peggiora seè più piccolo. di quanto migliora? Per l'aps-c a 12MP abbiamo le stessa condizioni del4/3 ovvero poco oltre F9 la diffrazione prevale, per isensori full frame questa soglia si sposta di un altrodiaframma per il nikon da 12MP avremo F16. Va detto che Olympus per compensare questa minoresfruttabilità delle ottiche ai diaframmi più chiusi tende acostruire ottiche professionali più luminose di almenoun diaframma rispetto alle concorrenti. Quindi mantie-ne alla fine il range di sfruttabilità dell'ottica alla massi-ma efficienza. Ma la bugia dove sta? Per i sensori di dimensioni più piccoli quelli delle com-patte le cose riguardo alla diffrazione si fanno drasti-che, al punto che il disco di airy da noia sopra F2.8. Unsensore da 10MP ha fotodiodi da 1,78 µ che per laregola di cui sopra diventano delle unità policromaticheda 3.4 µ. Chiudendo il diaframma a F3 l'immagineperde di definizione, arrivando all'assurdo che se inuna compatta da 10MP si diaframma a F5.6, la risolu-zione si riduce a quella di un sensore da 3.8MP. Maallora a che serve avere tutti questi MP nelle compattequando poi si possono sfruttare solamente a tuttaapertura ? Matteo Bonan

P.S. C'è un'altra osservazione da fare I sensori da 24MP Full frame (24x36) hanno lo stesso rangedi sfruttabilità del diaframma dei sensori più piccoli da soli10/12MP, ovvero chiudendo il diaframma oltre F11 tendonoa peggiorare la loro resa. Questi sensori Full Frame però hanno però il problema cheinformaticamente parlando pesano tanto. Alla fine la virtù stanel mezzo, pardon a 4/3 .

L'evoluzione (o involuzione) dialcune delle arti figurative in digitalart e l'applicazione delle tecnologieelettroniche è senza dubbio unodegli aspetti più perniciosi del-l'espressione e della creatività con-temporanea. Digital art, computerart, 3d, fotopitture, frattali, elabora-zioni grafiche sono nell'immagina-rio contemporaneo sinonimo dicreatività senza confini, di libertàespressiva, che trascende il con-

cetto figurativo per compiere un passo oltre. Il fotografo, nonpiù manipolatore della luce con le emulsioni, gli acidi, lemani, le maschere, al buio come in un rito, ma come mani-polatore digitale davanti a uno schermo 2d, alla continuaricerca di questa o quella maschera di contrasto, a sovrap-porre layers e modificare livelli. La composizione si costrui-sce, tagliando, croppando, sfumando il fondo, cambiando icolori, clonando, togliendo una parte non importante, desa-turando, modificando prospettive, indicando anche nuoveregole dissonanti e di rottura, che trovano conforto in unasocietà dove essere fuori degli schemi fa trend, fa moda.Ora la grana si aggiunge (mi viene da piangere), anche per-ché con le nuove reflex neanche a volerlo viene fuori: unavolta si pensava con la grana, la foto. Così come la si pen-sava bruciata o sottoesposta. Che valore ha una foto pensa-ta e ottenuta e una creata (al pc)? Sono la stessa cosa? Sidice comunemente che il fine giustifica i mezzi, e pertanto sele due immagini suscitano le stesse emozioni, entrambehanno il diritto di essere. Ciò che conta è il visual, l'emotio-nal, sia che sia un'immagine che documenta, che una sim-bolica; quando questa solletica una risposta soggettivasignifica che comunica, che entra in risonanza con delleemozioni. Allora, dobbiamo tornare tutti in camera oscura?No, non credo almeno.Siamo tutti, in fondo, dei Jackson Pollock senza pennelli epossiamo schizzare, sgocciolare a piacimento i colori,abbiamo tutti un message in the bottle da spedire, da lancia-re...In ogni modo che belli i tempi quando si usciva con duerulli in tasca.

Ricardo B. (baires)

Contrasti (degli utenti)

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La differenza tra una fotografia amato-riale e una professionale, si sa, sta nelmateriale utilizzato, nella cura dell’in-quadratura, nella mano del fotografo,ma soprattutto nella giusta luce. Unailluminazione corretta può fare la diffe-renza tra una bella foto e una immagi-ne da cestinare. Tale concetto valesempre, ma uno dei campi di applica-zione della fotografia in cui assume lamassima importanza è la fotografia instudio. Tra le tecniche da studio, quel-la realizzata a soggetti culinari è una diquelle che subisce di più l’influenza diuna perfetta illuminazione. Oggi giornola buona cucina va di moda e siamosempre di più circondati da enciclope-die, riviste e libri che parlano di comesi prepara quello, di come si sbollentaquell’altro etc…il tutto ben illustrato daimmagini spettacolari che fanno appa-rire un panino come un capolavoro dicombinazione policromatica di ingre-dienti magici. Tali immagini sono inrealtà il frutto di un notevole lavoro dipreparazione, che consiste nella per-

fetta mescolanza di capacità artisticaper l’allestimento della scena e l’instal-lazione e la messa a punto degli equi-paggiamenti tecnici. Ovviamente è difondamentale importanza la scelta delgiusto obiettivo, che spesso deveessere di tipo macro e non deve man-care un buon occhio del fotografo; maquesto è scontato.In questo articolo verrà illustrata unaserie di informazioni e consigli utili perottenere una buonaimmagine di un piatto, partendo da ele-menti base e sviluppando la propriacapacità e fantasia.MaterialeIl materiale indispensabile per unabuona immagine culinaria è:- obiettivo macro, con focale da 30mma 60mm;- un cavalletto;- una buona illuminazione;- uno spazio adeguato con fondo uni-forme;- un soggetto ben preparato (il piatto

può essere sciapo ma non brutto).Non guasteranno una buona dose difantasia e di senso estetico, che aiute-ranno a comporre una scena convin-cente, e alcuni accorgimenti “tecnici”che verranno illustrati durante il corsodell’articolo.

LaFotografiaCulinariaSapori tra Italia eSpagnadi Simone Sammartino (Seamone)“ a nonno Franco...”

Tecnica di ripresa - La Fotografia Culinaria

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Lo studioA meno che non si pos-segga un vero e propriostudio fotografico, la foto-grafia culinaria è uno deicampi di applicazione incui il piccolo studio foto-grafico fatto in casa, illu-strato in questo articolo,trova la sua migliore collo-cazione. L’ampiezza dellascena, la morbidezza el’omogeneità dell’illumina-zione, e l’ampia versatilitàgarantiscono ampie sod-disfazioni soprattutto nelcampo dell’arte still lifedella cucina.In tutti i manuali di fotogra-fia still life applicata allacucina, viene indicata come illumina-zione migliore quella proveniente dadietro. Tale sorgente di luce vienegarantita, negli studi professionali, daun pannello luminoso posto, esatta-mente dietro al soggetto, in accoppiatacon altre sorgenti poste ai lati e altripannelli riflettenti che isolano comple-tamente la scena.Nel nostro caso, un’illuminazione otti-male verrà resa da un uso combinatodelle luci e dello sfondo che farà dapannello riflettente. Nella stragrande

maggioranza dei casi, le luci (due) ver-ranno posizionate ai lati del soggettoleggermente inclinate verso l’esterno everso il basso. In figura uno schemagrafico della scena e un’immagine di

come si presenta in realtà.Tale posizionamento garantirà una illu-minazione uniforme del soggetto cherimarrà praticamente senza ombre, ocon ombre molto morbide. L’utilità diilluminare il soggetto da un punto nonin linea con il punto di osservazione siriflette in una diffusione della lucemolto uniforme. Il soggetto è al centrodell’attenzione, non esistono ombreche falsino la prospettiva o le dimen-sioni dell’immagine. Lo sfondo è inesi-stente, nella maggior parte dei casi ècompletamente bruciato da una legge-ra sovraesposizione del soggetto (+0.3eV) o reso sfuocato dal fuoco selettivo.

La TecnicaPer ottenere una immagine efficacedel piatto che stiamo riprendendo,dovremo seguire alcune regole moltosemplici e più che altro immaginare ilrisultato prima di eseguire lo scatto(ma questo accade per ogni tipo di tec-nica). Dovremo curare alcuni particola-ri importanti:- la Scena - A seconda del soggettoripreso e dell’ampiezza del campo,decideremo se adornare l’intera scenao lasciarla il più scarna possibile. Se ilsoggetto è un pasto elaborato cheriempie bene il piatto saremo costrettiad allargare il campo di ripresa e potre-mo così riempire il resto dello spazio

con oggetti che si accor-dano con il piatto stesso.Tali oggetti (un tovagliolo,una posata, un bicchiere)rimarranno sullo sfondo ein nessun caso saranno afuoco. In casi come que-sto la focale non troppospinta dello ZUIKO 35mmf/3.5 macro ci aiuterà amantenere ampio ilcampo di ripresa senzadover indietreggiare trop-po e mantenendo unabuona prospettiva.Se, invece, il soggetto hadimensioni ridotte (es.: uningrediente) e deve esse-re fatta risaltare la suaimportanza, lo si deve iso-

lare il più possibile dal fondo, posizio-nandolo in un piatto, o una lastramonocromatica (normalmente bianca)

e ridurre al massimo il campo di ripre-sa. In questo caso una leggera sovrae-sposizione (+0.3 eV.) aiuta a “bruciare”ancora di più lo sfondo. In casi comequesti l’ideale sarebbe utilizzare unafocale più spinta, intorno ai 50mm, perpoter non essere costretti ad avvicina-re troppo il soggetto e mantenere benschiacciati i piani di fuoco. Lo ZUIKO35mm f/3.5 macro, tuttavia, consen-tendo un elevato fattore di riproduzio-ne, permette di avvicinare molto il sog-getto, ottenendo un buon punto di vistaequilibrato.

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Tecnica di ripresa - La Fotografia Culinaria

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Tecnica di ripresa - La Fotografia Culinaria

- Il diaframma - Così come altri fattori, anche la scelta del dia-framma dipende dall’angolo di ripresa stabilito (e quindi dalledimensioni del soggetto). Come è noto, la scelta del diafram-ma influenza la profondità di campo della scena. Nella fotogra-fia culinaria, la maggior parte delle volte, le immagini più effi-caci sono quelle in cui la profondità di campo è molto ridotta esolo una piccola parte del soggetto (es.: l’elemento fondamen-tale del piatto) è a fuoco. Ciò ci spingerebbe ad utilizzare il dia-framma più aperto possibile, in funzione dell’obiettivo scelto.NON è sempre così.Nella fotografia culinaria, spesso, il campo di ripresa è abba-stanza ridotto e la scelta di diaframmi molto aperti produce unaprofondità di campo eccessivamente ridotta, disturbando lascena. Inoltre, più è ridotto il numero F e maggiore sarà l’at-tenzione necessaria al punto di messa a fuoco, per evitare lapresenza di oggetti sfuocati in primo piano che disturbino lascena.Nell’immagine sopra a destra, il punto di messa a fuoco è cen-trato sul primo cavolfiore; la caduta del fuoco, dovuta alla vici-

nanza del soggetto e alla ridotta pdc riduce eccessivamente lacentralità del soggetto, rispetto al resto della scena.Nell’immagine sopra a sinistra il punto di messa a fuoco è cen-trato sulla foglia di prezzemolo, riequilibrando la scena, malasciando sfuocato il cavolfiore in primo piano che la disturba

(entrambe le immagini sonostate riprese con il ZD 35mmf/3.5 macro @ f/3.5.)Un altro esempio di messafuoco errata (@ f/3.5). Il pezzodi limone in primissimo piano,sfuocato, disturba la scena.In quest’altra immagine (@f/3.5) l’uvetta in primo piano èa fuoco, ma la pdc tropporidotta disordina in modoeccessivo il resto (la granparte) della scena.Tuttavia, se usata con criterio,anche una pdc molto ridotta,

in combinazione con una scel-ta equilibrata dell’angolo diripresa (un po’ più ampio delsolito), permette di ottenererisultati soddisfacenti.Nell’immagine seguente lascelta di un taglio efficace e diuna certa geometria e direzio-nalità dell’oggetto sfuocato inprimissimo piano, possonoaiutare a condurre l’occhiodell’osservatore verso la parteimportante della scena, afuoco.

In questa immagine (@ f/3.5) il bordo del piatto sfuocato nondisturba la scena, ma è coerente con la concavità del recipien-te che lascia a fuoco (completamente) solo il suo contenuto.Nella immagine successiva (@ f/3.5) la scelta del fuoco molto

selettivo lascia in secondo piano la parte posteriore e una pic-cola parte dell’anteriore, evidenziando in modo efficace leforme articolate del cioccolato. La combinazione tra un ango-lo di ripresa molto stretto e una efficace scelta del punto di messaa fuoco, risulta vincente.Normalmente il diaframma ottimale per un campo di ripresamedio è f/7.1 o f/8. In questo modo si ottiene il giusto fuoco selet-

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tivo sulla parte del soggetto più interes-sante, unitamente ad una pdc commisura-ta perché la zona a fuoco sia sufficiente-mente ampia. Per campi di ripresa più

spinti, si può arrivare anche a f/11. Inseguito una immagine @ f/8.- Il taglio della scena - Quando osservia-mo le figure di un libro di cucina, dovrem-mo notare che spesso le immagini checonvincono di più sono quelle in cui il piat-to non è rappresentato completamente.Quasi sempre, infatti, un buon taglio dellascena massimizza il risultato. La regola,se ce n’è una, è quella di tagliare il sogget-to quel tanto che basta per contenere il

cibo che occupa il piatto, senza preoccu-parsi di trascurarne i bordi (a sinistra), otagliarlo nettamente per evidenziarnealcuni particolari (a destra).

Nella stragrande maggioranza dei casi lafotocamera sarà posizionata in verticale,per avere più sviluppo longitudinale delsoggetto e per aumentare l’effetto delfuoco selettivo.- Il posizionamento della luce -L’importanza della posizione della luce,come già detto, è cruciale.Di seguito alcune immagini dello stessosoggetto (un cetriolo) con illuminazionidiverse.Nell’ultima immagine, i riflessi sono duri,

“Quasi sempre, infatti,un buon taglio dellascena massimizza ilrisultato.”

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le ombre sono nette e falsano le proporzioni del soggetto. Inoltre sorgono dei riflessiindesiderati anche sul piatto.In casi particolari, spesso con oggetti trasparenti, si può optare per posizionare unadelle luci esattamente dietro al soggetto e puntare sulla retroilluminazione dello stesso.

“ Nella stragrande maggioranzadei casi la fotocamera sarà posi-zionata in verticale, per avere piùsviluppo longitudinale del soggettoe per aumentare l’effetto delfuoco selettivo.Una posizione obliqua di ripresa,tuttavia, a volte dà un piacevoletocco prospettico alla scena.”

Illuminato da due luci laterali a destra e a sini-stra.

Illuminato da una sola sorgente a destra.

Illuminato da una sola sorgente a sinistra. Infine una prova di illuminazione con una sor-gente di luce tradizionale, senza pannello dif-fusore.

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- Lo sfondo - Lo sfondo utilizzato nellafotografia culinaria è quasi sempre biancoo al massimo un colore tenue molto chia-ro. Tuttavia, a volte, può essere utile utiliz-zare uno sfondo molto scuro (nero) perevidenziare i toni forti di alcuni oggetti. In

questo caso una sottoesposizione medio-leggera (-0.3/-0.7 eV.) aiuta a scurire com-pletamente lo sfondo.Quando l’oggetto è grande e bisognafotografarlo per intero, è assoluta-mente importante che lo sfondo siaben curato, senza, pieghe e uniforme-

mente illuminato (la piega morbidache si ottiene appoggiando il telo sultavolo e tirandolo leggermente dallacornice a cui è fissato serve a propo-sito).Una illuminazione efficace è impor-

tante anche nelle immagini dinami-che. Nel caso illustrato di seguito, lascarsa quantità di luce ha permessodi ottenere al massimo un tempo di1/15 con ISO400 @ f/8 (per averesicurezza nella messa a fuoco).L’effetto di dinamismo è piacevole ma

inefficace nei casi in cui si voglia con-gelare la scena, laddove necessitere-mo di maggior quantità di luce.

Gli oggetti accessoriNella composizione della scena una parti-colare importanza ce l’hanno gli accessoriche la compongono. Per quanto riguardai piatti, quelli che contribuiscono di più adun’immagine efficace sono quelli quadra-

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Tecnica di ripresa - La Fotografia Culinaria

ti. Saranno piani per primi e secondi, indi-stintamente, e abbastanza grandi perchéil cibo possa essere comodamente accol-to al centro, lasciando libero gran partedel bordo esterno.Solo per i cibi liquidi (zuppe, brodo) andràutilizzato un piatto fondo, possibilmenteanch’esso quadrato. Per dolci e cibi construtture particolari rendono molto i piatticon forme alternative, rettangolari lunghi,a goccia etc… In alcuni casi anche i piatti

di vetro o di legno possono contribuire alsuccesso dell’immagine. Attenzione però,nel caso del vetro, a riempire sufficiente-mente il piatto, per evitare che si veda ilfondo sottostante e nascano riflessi indesi-derati.Nelle immagini sottostanti un ramo dirosmarino su un piatto bianco (a sinistra) esu uno trasparente (a destra). Il riflesso ela trama della tessuto sottostante, visibileattraverso il vetro, disturbano la scena.Importanti, se pur in misura minore, sonole posate, i bicchieri o i tovaglioli che com-plementano la scena.

Accorgimenti tecniciTre accorgimenti fondamentali saranno daricordare al momento di cimentarsi conquesta tecnica:- uso del Liveview- uso del telecomando a infrarossi- uso della slitta per fotografia macro

Senz’altro non rappresentano delle carat-teristiche essenziali, ma indubbiamentefacilitano di molto il lavoro del fotografoalle prese con la fotografia culinaria.LiveviewCome è noto il Liveview è il sistema bre-vettato dalla Olympus e solo in seguitoadottato altre case costruttrici di apparec-chi fotografici, che permette di visualizza-re il soggetto inquadrato nel display poste-riore della fotocamera, prima di effettuare

lo scatto. In questo modo si possono otte-nere importanti informazioni ausiliarie(anteprima delle pdc, bilanciamento delbianco, conferma della messa a fuocoetc…). In particolare, una delle caratteristi-che più importanti del Liveview, che nellafotografia culinaria può essere considera-to indispensabile, è la possibilità di ingran-dire fino a 10 volte l’immagine inquadrataper avere una conferma molto precisadella messa a fuoco. Prima di questaesperienza credevo che tale funzione pre-sente sulla mia E510 fosse praticamenteinutile, ma ora non ne posso fare a meno.Quando l’immagine è ingrandita anchesolo 7 volte (con un campo diripresa spesso abbastanza ridotto) si pos-sono apprezzare i cambi di circolo di con-fusione dei diaframmi più aperti dell’ordi-ne del millimetro. Tale caratteristica risul-terà indispensabile all’atto di scegliereesattamente la briciola, o il margine dellafogliolina di basilico che verranno messe

a fuoco per prime.Il telecomando a infrarossiIl telecomando ad infrarossi dell’OlympusRM-1 (che nel mio caso è stato regalatoda un cugino che lo aveva avuto in kitcon una compatta Olympus e che funzio-na perfettamente con le nostre reflex) è lostrumento ideale per poter fotografare intutta comodità i piatti evitando di toccarela fotocamera. Di fatto, una volta regolata

l’inquadratura ed effettuata la messa afuoco, si può lavorare anche solo spo-stando millimetricamente il piatto sullascena e azionando il telecomando senzatoccare la fotocamera.La slitta per fotografia macroUn accessorio dall’inaspettata e incredibi-le utilità, che ho ereditato da mio nonno, èla slitta per fotografia macro. La slitta pre-senta un attacco femmina per il cavallettoe uno maschio per la fotocamera. Unavolta montata permette di avvicinare oallontanare la fotocamera dal soggetto conestrema precisione, per una corsa totale dicirca 10 cm. In figura la slitta montata sulcavalletto.In questo modo, una volta posizionato ilcavalletto, la regolazione dell’ampiezzadel campo viene effettuata azionando larotellina di regolazione, in modo molto pre-ciso.

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EsempiDi seguito alcune immagini ottenute met-tendo in pratica tutte le indicazioni descrit-te finora.

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Reportage - La Giordania

E' stato chiaro fin dal primocontatto che la Giordaniacostituisce una realtà com-plessa e diversificata, indis-solubilmente legata alla parti-colare storia di questo

Paese, che presenta rispettoad altre nazioni arabe unacaratteristica anche geografi-ca di interposizione tra imondi islamico, cristiano edebraico.

Un tipico esempiodi coesistenza direaltà religioseassai diverse è laChiesa greco-orto-dossa di SanGiorgio sita aMadaba e costrui-ta nel XIX secolo,dopo la venuta allaluce di un antico

Diciamo subito che questo viaggio in Giordania , che si è svolto nella prima decade di gennaio, èstato anche l'occasione per una prova sul campo della nuova Olympus E 3 e del nuovo Zuiko 12-60f2.8-4. Tuttavia la fedele E 300 ha continuato ad occupare il suo posto nel mio zaino Lowepro come2° corpo macchina insieme all'ottimo 11-22 f2.8-3.5. Naturalmente nello zaino erano presenti ancheun'ottica tele come lo Zuiko 50-200 f2.8-3.5 ed un'ottica molto luminosa come il Sigma 30 f1.4. Nonmancavano inoltre l'Fl-36, il battery-grip, batterie originali di scorta (ben 6), CompactFlash extremeIV e II per un totale di 15 G, un harddisk di stoccaggio da 30 G e batterie stilo. Questa attrezzatura,che, a prima vista, potrebbe apparire "ridondante" si è in realtà rivelata indispensabile. Ma veniamo al nostro viaggio.

GIORDANIA 2008 Civiltà diverse a confronto e maestosi scenari naturalidi Lorenzo Vitali

Foto 1 Foto 2 *

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Reportage - La Giordania

mosaico bizantino risalente al 560dc che ne costituisce il pavimentoe che rappresenta una carta geo-grafica dei principali siti biblici delMedio Oriente. Ma anche nelcampo della tradizione si manife-stano insoliti accostamenti, comedimostra questo albero di Nataledecorato anche con una mezzalu-na, che convive a breve distanzanientemeno che con il ritratto delSovrano. La sensibiltà dellagente, poi, anche nella vita di tuttii giorni rielabora e reinterpretaogni cosa secondo un gusto per-

sonale: vicino al bazaar ed amezzi pittorescamente decorati,non manca, quindi, un simpaticovenditore di falafel (polpette dipurea di ceci impanate e fritte).Accanto a questi aspetti forsemeno conosciuti, la Giordania pre-senta ambienti naturali particola-rissimi e per lo più incontaminatiche da soli giustificano un viaggio.Il luogo più suggestivo, da questoFoto 6 - Per questa ripresa sono ricorso alSigma 30 f1,4 che mi ha permesso, grazieanche allo stabilizzatore della E3 ed alla possi-bilità di salire fino a 1600 ISO, di ottenereun'immagine accettabile nonostante le proibiti-ve condizioni di luce.

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Reportage - La Giordania

punto di vista, può senz'altro essere con-siderato il Wadi Rum, con la sua sconvol-gente ed immutabile bellezza. All'alba del 1° gennaio, dopo avere attesoil nuovo anno riscaldandomi con un belfuoco beduino, uscendo dalla tendadove avevo trascorso la notte, mi sonotrovato di fronte ad uno spettacolo che dif-ficilmente potrò dimenticare: (foto 7-8-9-10)Le luci del deserto non regalano la lorosuggestiva bellezza soltanto nelle primeore della giornata, ma anche quando ilsole sale alto nel cielo i colori acquistanovita ed intensità particolari, (foto 11) chetrovano nelle forme levigate e bizzarredelle rocce scavate, o meglio istoriate, dalvento una loro particolare identità ricono-scibile (assai diversa da altre rocce in altrideserti scavate da un altro vento), che lerende uniche. (foto13-14)Nei giorni trascorsi nel deserto l'assenzadi alimentazione elettrica e le basse tem-perature notturne mi hanno costretto a darfondo a tutte e sei le mie batterie e propriol'ultimo giorno a ricorrere alle "stilo" di cuimi ero prudentemente approvvigionato (econ cui ho potuto equipaggiare il batterygrip). La presenza della fine sabbia deldeserto non ha invece mai costituito unproblema per la professionale E 3 e per gliZuiko Pro nonostante la presenza divento. Anche i cambi di obiettivo nonhanno determinato comparsa di fastidiosispot. A suo onore devo però dire cheanche la E 300, pur non tropicalizzata, in

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(foto 7-8-9-10) Il 12-60 alla massima come alla minimaapertura non ha deluso.

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condizioni analoghe (nel Sahara) un anno faaveva superato brillantemente la prova.Ma il Wadi Rum non è certo l'unico aspettonaturale peculiare della Giordania. In prossi-mità dell'attuale confine con Israele, infatti tro-viamo la massima depressione terrestre, notacome Mar Morto, in realtà un lago salato privodi forme di vita (da cui morto). Ciò si verificaper l'altissima concentrazione di cloruro disodio (pari a 6 volte quella dell'Oceano),determinata dall'alto tasso di evaporazione,che nel corso degli anni ha determinato unaccumulo di sale. Lo raggiungo di mattina,provenendo dalle colline desertiche che lo cir-condano e mi appare così, in un tripudio diluce di abbacinante bellezza (15-16) Un'altrasua particolarità è di avere un immissario (ilfiume Giordano) (17), ma di non avere emis-sari.Risalendo di poco verso nord attraverso aspripaesaggi montuosi e desertici (18), s'incontraun luogo fortemente pervaso di misticismo, ilMonte Nebo. Dalla sua vetta, da cui secondola tradizione Mosè contemplò per la primavolta la terra promessa, è possibile gettare losguardo sul Negev, su Gaza, su Betlemme edinfine sulla stessa Gerusalemme. Vi giungo al tramonto, quando le ombre deicipressi cominciano ad allungarsi sulla spia-nata di fronte al santuario (19).Accanto agli aspetti naturali e religiosi laGiordania vanta testimonianze storichedi enorme importanza archeologica.Iniziamo dal ricchissimo sito di Jerash(20-21), una delle testimonianze meglioconservate della struttura delle città pro-

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vinciali romane del Medio Oriente.Faceva parte della Decapoli del Isecolo d.C. col nome di Gerasa,insieme a Filadelfia, l 'odiernaAmman, Gadara (Umm Qais) e Pella(Taqabat Fil) ed altre 6 città ancoranote.

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PetraMa ciò che ha reso forse maggiormente famosa nelmondo la Giordania è la presenza nel suo territorio di unadelle più rilevanti e ben conservate testimonianze dell'an-tichità. Mi riferisco ovviamente al sito archeologico diPetra ed al suo misterioso popolo, i Nabatei, che hansaputo mantenerne celata così a lungo l'esistenza. Non acaso giungere a Petra ancora oggi non significa avvici-narsi progressivamente ad una città che pian piano pren-de forma ai nostri occhi. Petra non si vede da lontano. InPetra si può solo entrare e poi vederla. Il sito, posto acirca 70 Km a nord-ovest del Wadi Rum, diventa accessi-bile solo dopo aver percorso uno stretto canyon serpeg-giante scavato nella roccia per 1,2 Km, noto come Siq.(24-25). Nelle prime ore del mattino solo i nostri passirisuonano sull'acciottolato e, giunti alla fine del canyon,non possiamo sottrarci al fascino, immortalato migliaia divolte, dell'apparizione di Petra (26) e del suo Tesoro. Lacittà, estesa su una superficie vastissima e soprattuttodistribuita su vari piani (27-28), racconta di una vita e diuna religione antiche dominate dalla paura della morte inun sussegursi interminabile di imponenti monumentifunerari (29-30) decorati con grande perizia (31).Risalendo lungo l'antica via processionale, costituita dacirca 800 gradini scavati nella pietra, tra rocce di formeinsolite, si giunge ad Al-Deir (comunemente noto come"Monastero" (per la presenza di croci legate all'utilizzosuccessivo che se ne fece in epoca bizantina), un edificiosimile nelle proporzioni e nella struttura al celebre Tesoroda cui si differenzia per il diverso materiale di costruzioneche nella luce pomeridiana conferisce alla pietra unacalda colorazione gialla (molto diversa dal rosa del

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Tesoro) (32-33). E' questo un luogo remoto immerso nelsilenzio circondato da stupende montagne e accarezzatodal vento (34-35).Visitare queste realtà mi ha posto naturalmente in contat-to con la gente di Giordania che si è sempre presentata conuna ben precisa e dignitosissima identità storica e cultura-le (36-37) pur nel coesistere, in un mondo in frenetica evo-luzione, di uomini di ieri (38) di oggi e di ieri (39) e di donnee uomini di oggi e di domani (40-41).Testo ed immagini di Lorenzo Vitali.

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Note:*Attrezzatura utilizzata per la realizzazione delle immagini: OlympusE-3 con Zuiko 12-60 f2.8-4, Zuiko 50-200 f2.8-3.5, Sigma 30 f1.4.**Le immagini sono state scattate nel Wadi Rum, a Petra, Kerak,Jerash, Madaba e sul Mar Morto

Didascalie delle foto (quando presenti)

(Fig 2) Utile in questo frangente la possibilità offerta dallo stabilizzato-re della E 3 di poter scattare con tempi lunghi a mano libera.(fig 16) Dalla collina sovrastante ci voleva un vero tele ed il 50-200alla massima focale mi ha permesso di realizzare queste immaginidai colori assolutamente fedeli e realistici.(fig 19) Apprezzabile il 12-60 in versione grandangolo medio (minimafocale)

(fig 22) ll liveview orientabile della E3 permette di utilizzare punti diripresa bassissimi sena doversi sdraiare per terra(fig 31) La fedeltà cromatica Olympus ancora una volta con la E 3dimostra la sua eccellenza(fig 36) In alcuni casi spesso la rapidità di azione è fondamentale: unAF veloce come quello della E 3 rivela di grande aiuto.

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La tecnica fotografica conosciutacome still life affascina sempre dipiu il fotografo dilettante e semipro-fessionista, che si lascia sedurre dalgrande effetto di istantanee realiz-zate a oggetti simbolici, insetti, ciboe altro in un ambiente ad illumina-zione controllata. Tali ambienti, defi-niti in inglese lighting box possonoavere dimensioni ridotte (cubelite),fino ad arrivare all’estensione di unvero e proprio studio fotografico.Indipendentemente dalle dimensio-ni, lo scopo di un tal sistema e quel-lo di fornire una illuminazione omo-genea in tutto il campo di posa, inmodo che il soggetto sia uniforme-mente illuminato e appaia staccatodallo sfondo. Di fatto, la fotografiastill life e quella in cui l’oggetto, piuo meno animato, deve essere rap-presentato in un contesto isolato incui lo sfondo non partecipi alla com-posizione (sfondo bruciato) o sia

solo un fondale confuso (fuocoselettivo).Il set “casereccio” che viene propo-sto in questo articolo presenta unadimensione ottimale per oggettimedio piccoli e, con qualche accor-tezza, puo essere adattato al ritrattoda studio. Il problema con cui moltiappassionati della fotografia nonprofessionisti si scontrano e quellodel costo, in alcuni casi davvero ele-vato, dei singoli componenti di unostudio fotografico (indipendente-mente dalle sue dimensioni).Quella che viene presentata in que-sto articolo è una soluzione moltoeconomica che permette di ottenererisultati piu che soddisfacenti, o perlo meno di fare con la tecnica inattesa di passare ad un equipaggia-mento professionale. Per il reperi-mento del materiale, e solo in fun-zione di una informazione indicativasul costo dei singoli componenti

Ministudiofotograficofatto in casa

di Simone Sammartino(Seamone)

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(senza alcun fine pubblicitario), sono stati scelte dueimportanti catene di distribuzione: IKEA, per quantoriguarda il mobilio e le luci, e LEROY MERLIN per quan-to concerne la ferramenta.Nella costruzione di un set per lo still life i problemi daaffrontare sono fondamentalmente due:- la struttura;- l’illuminazione.La strutturaIl concetto base da cui si e partiti e quello di costruireuna struttura versatile, che possa essere facilmenteconvertita da un vero e proprio mini set da still life ad unpiccolo ma efficace studio fotografico per ritratti; inoltretutta la fase di assemblaggio del materiale e studiata infunzione di una facile scomposizione e ricomposizionedel set; il tutto all’insegna del minor ingombro possibile.Lista del materiale:- 4 bacchette di legno 2000x50x20 mm (ca. €2,00 cad.)- Bulloni 35-40x3 mm e dadi da 3 mm (ca. €1,50 perbustina)- Rondelle di acciaio larghe diam.3 mm (ca. €1,50 perbustina)- Struttura IKEA GORM (viti incluse):- 4 barre da 110 cm (ca. €1,95 cad.)- 2 Ripiani da 77x51 cm ( €5,00 cad.)- Plaid pile IKEA POLARVIDE - bianco e/o altri colori (€3,99 cad.)- 4 metri di velcro (ca. €1,00 al metro)Si inizia da una semplice cornice rettangolare in bac-chette di legno leggero di dimensioni ca. 130x180 cmSi consiglia di effettuare i buchi a qualche cm dall’estre-mita delle bacchette per avere un certo gioco al momen-to di applicare il telo. I bulloni andranno montati secon-do l’ordine bullone-rondella di acciaio-legno-legnoron-della di acciaio-dado. A tal proposito l’utilizzo di dadiautobloccanti (non visibili in figura) ottimizza la funzionedi bloccaggio della struttura senza impedirne il correttoripiegamento.A questo punto bisogna tagliare le frange alle estremitadel telo (per lo meno ad una delle due) e cucire il velcro(il lato morbido) su uno dei lati corti orizzontali e alcunipezzi su quelli lunghi verticali. Tali pezzi verticali avran-

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no lunghezza di ca. 10 cm e sarannocuciti sul lato lungo in tre posizioni:all’estremita superiore, a meta e a ca.20 cm dal bordo inferiore, distanzian-doli di ca. 3cm dal bordo esterno (vedifigura).L’altro strato del velcro (quello adesi-vo) verra applicato su tutto il lato cortosuperiore della cornice (effettuate unpiccolo foro nel velcro e avvitatecisopra il bullone) e su tutto il lato lungoper almeno 150 cm. Si consiglia dilasciare qualche cm scoperto in corri-spondenza dell’angolo (vedi figura) perpermettere il corretto ripiegamentodella cornice, senza compromettere latenuta del velcro.Ora si puo montare la struttura IKEAGORM lasciando le viti leggermentelente (in modo che possa essere facil-

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mente ripiegata); le larghe zampegarantiranno una buna stabilita dellabase una volta aperta.Alla fine di queste operazioni il setdovrebbe apparire piu o meno cosi(vedi figura).L’illuminazioneL’illuminazione e uno degli aspettipiu delicati nella fase di costruzionedi un set per fotografia still life. Lelampade utilizzate dai professionistihanno normalmente caratteristichemolto performanti e prezzi abba-stanza alti. Una caratteristica fonda-mentale, a parte la potenza propriadella sorgente di luce, e la morbi-dezza e omogeneita della stessa.Nell’esempio mostrato in questoarticolo si otterra una morbidezzaideale della fonte luminosa utilizzan-do dei piccoli ed economicipannelli di perspex matte.Altra peculiarita riguarda la strutturaportante del portalampade. All�fin-segna del risparmio e del fai-da-teancora una volta e stata scelta unasoluzione molto economica, maabbastanza funzionale.Il materiale necessario sara ilseguente:- 2 lampade IKEA LERSTA ( €9,99cad.)- Rondelle di plastica piccole diam.3mm (ca. €1,50 per bustina)- 1 bacchetta di legno 2000x50x20mm (ca. €2,00 cad.)- Bulloni 35-40x3 mm e dadi da 3mm (ca. €1 1,50 per bustina)- Una lamina di Perspex (plexiglass)matte 100x50 cm (ca. €10,00)- 4 piastrine di ferro zincato a L40x30 mm (ca. 0,80€ cad.)

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Le lampade IKEA LERSTA sono leggere, robuste epermettono un discreto orientamento del fascio lumi-noso (con il pannello montato la parabola pesa piu deldovuto e quasi sempre sarà necessario appoggiare lalampada sulla base del tavolo, ma cio non generaalcun problema pratico).Per montare i pannelli di perspex dovremmo costruireuna struttura portante, utilizzando le stesse bacchettedi legno con cui abbiamo costruito la cornice.Prima di tutto dobbiamo smontare la parabola dellalampada e praticare due fori in corrispondenza dialcuni di quelli gia presenti.Ora dovremo tagliare due pezzi dalle bacchette peruna lunghezza di ca. 40-45 cm e praticare duefori in corrispondenza di quelli effettuati sulla parabo-la. Infine assemblare i pezzi di legno con laparabola utilizzando gli stessi bulloni gia impiegati.Il risultato deve essere una cosa simile a quella infigura.Dovremo prestare attenzione all’ordine con cuiandranno posizionate le rondelle, cosi da permettereun perfetto serraggio della struttura senza danneggia-re le parabole. Lo schema esatto con cuiassembleremo le due parti sara il seguente.Ripeteremo l’operazione per l’altra stecca e otterremouna forma del genere.Ora tagliamo la lamina di perspex in due quadrati di50 cm di lato e pratichiamo due fori centrati ad unadistanza di ca. 28 cm.Pratichiamo ugualmente due fori sulle bacchette dilegno gia assemblate con le parabole, ad un paio dicm dal bordo.Prendiamo le due piastrine di ferro a L e, piegandoleleggermente all’interno, montiamole, utilizzando glistessi bulloni, dadi e rondelle di prima, sulle bacchet-te di legno, come da figura. Il risultato dovrebbe comequello in figura.Infine assembliamo il pannello di perspex con la para-bola utilizzando le piastrine come supporto, standomolto attenti a utilizzare le rondelle di plastica a con-tatto con il perspex e prestando molta cura a nonsenare il pannello con il serraggio delle viti.Rimontiamo la parabola sulla lampada, montiamo ilfaretto che riteniamo piu adatto e il gioco e fatto. Ilmontaggio e l’utilizzo del set rimane una scelta sog-

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gettiva dell’utente. I pregi di una struttura delgenere, oltre alla sua economicita, risiedononella possibilita di smontare facilmente tutti icomponenti per un facile immagazzinamentoe trasporto.In ultima figura un’immagine del set smonta-to nelle sue componenti piu accessori.di Simone Sammartino

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Di seguito alcune fasi del montaggio.

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- GMD Gruppo Minimalisti Digitali -

Il dubbio che, una volta lanciato ilsassolino, le increspature nellasuperficie dell’acqua sarebberoben presto svanite era assai forte:proporre ad una comunità di foto-grafi non professionisti un’area diadesione e di discussione, quelladel Gruppo Minimalisti Digitali(GMD), che non soltanto si propo-ne di esulare dalla tecnica, almenoda quella intesa in maniera tradi-zionale, ma addirittura di mettereda parte tutto quel che riguardarincorse dei megapixel, gare all’ul-tima linea per millimetro, esercizispirituali sulla prontezza dell’auto-focus, ecco, una proposta similepoteva facilmente diluirsi fino anon trovare più ragione di esistere.E, invece, la reazione del popolodi qTp è stata non soltanto positi-va, ma anche impegnata e produt-tiva. In due mesi circa di esisten-za, il settore del forum dedicato aqueste discussioni (compresal’area della Filosofia della fotogra-fia) ha visto quasi 500 messaggi e13 mila consultazioni, numeri nondissimili da quelli che si possonoriscontrare nelle sezioni del forumpiù seguite. Da parte sua, la sezio-ne dedicata alla fotografia minima-lista ha visto postate 63 immaginiin 60 giorni, con 230 commenti eoltre 6 mila consultazioni, supe-rando le medie relative alle sezio-ni fotografiche più tradizionali.Questi dati crediamo significhinoche l’idea di aprire uno spazio spe-cifico per affrontare certe temati-che ha trovato consenso ed èstata apprezzata non soltanto dainoi promotori e dagli altri 32 amiciche hanno dato in maniera mani-festa la loro adesione ai principii

Il Gruppo dei Minimalisti Digitali ha deciso didire basta al tecnicismo esasperato cheormai regna incontrastato nell’ambito dellafotografia digitale.Siamo stanchi di vedere le nostre fotocame-re trattate alla stregua di comuni PC chedopo sei mesi sono già sorpassati.Il nostro movimento si prefigge lo scopo ditenere alto l’onore di gloriose fotocameredigitali che hanno segnato il periodo “pionie-ristico” delle reflex digitali.Ergo, lunga vita alle nostre “vecchiette” checi regalano e ci regaleranno ancora permolto tempo splendide immagini, che nontemono il confronto delle più sofisticateammiraglie che le case fotografiche tentanodi costringerci a comprare.Il minimalista non è contro il progresso dellatecnologia, ma contro il meramente com-merciale che c’è in quello che viene presen-tano come nuovo ed indispensabile.La nostra scelta non è di carattere nostalgi-co. Il nostro interesse è anzi orientatoall’evoluzione, ma del linguaggio fotograficoche la tecnologia sembra promettere mararamente garantisce.Il nostro credo fotografico ci porta verso unapresenza equilibrata dell’autore all’internodel suo lavoro fotografico. Vorremmo che i“timidi” fossero più presenti nelle loro imma-gini, mentre non apprezziamo l’eccessivainvadenza di altri: la tecnologia non deveessere fattore di merito per chi ne dispone,né frustrare chi non se la può permettere,ma dovrebbe essere solo funzione dell’im-magine, per aiutare l’autore a trovare unproprio originale equilibrio espressivo.Ecco il perché di una filosofia della fotogra-fia: solo attraverso un suo ripensamentol’uomo potrà scongiurare la minaccia diasservimento alle macchine e ridare spazioa quella libertà e a quel senso che nell’erapostindustriale sembra avere smarrito (V.Flusser).Il gruppo, è nato a marzo del 2008 ma èsempre più numeroso, dispone di un’areadi discussione all’interno dihttp://www.qtp.it/forum dove si discute delfenomeno e… di “Fotografia”.Puoi scaricare il manifesto del gruppo:http://www.qtp.it/Material/gmd.pdf

GRUPPOMINIMALISTA

DIGITALE“Il minimalista non è

contro il progressodella tecnologia, macontro il meramente

commerciale...”

Proclama

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- GMD Gruppo Minimalisti Digitali -

del “manifesto”, ma anche da un pubblico più vasto edeterogeneo.L’idea di proporre un’area specificamente dedicata alladiscussione sulle idee ed i criteri estetici che stanno amonte dell’azione fotografica strettamente intesa, chenei primi momenti dopo la nascita del GMD potevaapparire forse un poco avventata, si è rivelata positiva.Perché non soltanto la partecipazione di idee, proposte,critiche e opinioni non si è fatta attendere, ma perché èstata forse stimolata proprio dalla presenza di un’areadel forum specificamente dedicata a queste discussioni,come se tante ipotesi e questioni fossero già ben diffu-se tra gli utenti del forum ma non trovassero l’occasionedi emergere.Siamo dunque soddisfatti di questo inizio, promettente efruttuoso. E confidiamo di vedere in futuro una positivaed ulteriore crescita del Gruppo e delle discussioni chesi animano intorno alle sue proposte. Ed è in questaprospettiva che ci permettiamo di lanciare e sottoscrive-re due impegni. Il primo, peraltro implicito nelle osserva-zioni fin qui sviluppate, è di mantenere l’area di Filosofiadella fotografia, le due sezioni GMD e Filosofia che lacostituiscono e la sezione Fotografia minimalista cosìcome si sono ormai consolidate in queste due mesi. Ilsecondo è di impegnarci a sviluppare, insieme a tutticoloro che desidereranno seguirci in questa piccolaavventura intellettuale, tematiche specifiche sulle qualiaprire segmenti di confronto, discussione e dibattitosempre nuovi.E’ stato il caso di alcune discussioni nate fuori dall’areadella Filosofia della fotografia e che qui sono state ripor-tate e che hanno visto e vedono ancora in questi giorniun crescente interesse da parte degli utenti (la questio-ne del ritratto ed alcune altre), ovvero quello di alcunepositive provocazioni lanciate da alcuni utenti, i qualihanno così voluto gettare sul tavolo un’idea, una possi-bilità, un seme sul quale sviluppare un dibattito capacedi generare nuove idee e nuove immagini. E’ ancheattraverso questo confronto che ciascuno di noi puòarricchire il suo bagaglio di modi di vedere e quindi lasua capacità di immaginare e costruire nuove immagini.

Promotori del GMDStefano Bevacqua

Igor FerraresiCarlo Casavecchia

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- Le recensioni -

Prima di presentare il libro spiego perché l’ho scelto.S.Tisseron in un saggio su Eugene Smith scrive: «L’immagine non è il riflesso delmondo, è il mezzo che l’uomo ha inventato per misurare la distanza che separa il mondoreale da quello delle sue rappresentazioni». Ripercorrendo la sua carriera è opportunoricordare come Smith abbia utilizzato, per realizzare foto documentarie, elaborazioni incamera oscura, fotomontaggi, vignettature, luci artificiali, messe in posa, comparse.Non solo Egli combina e ritocca immagini di reportage, pagine e pagine sono state scrit-te intorno all’autenticità del miliziano di Bob Capa, Sebastiao Salgado, spiega che perfare ritratti dei bambini ha cambiato loro l’espressione del viso, promettendo caramelle. Sul versante opposto, ci sono coloro che rifiutano qualsiasi forma di intervento, comeHenri Cartier Bresson che afferma: «Il reportage è un’operazione progressiva dellatesta, dell’occhio e del cuore…Siamo chiamati a sorprendere la realtà con quel quader-no di schizzi che è il nostro apparecchio fotografico, a tirarla fuori e fissarla, ma non amanipolarla... Ancora Erwitt afferma: «Quel che succede in una data scena, in unasituazione ed il suo risultato ottenuto nella fotografia, possono essere cose del tuttodiverse».Quindi, dopo la recensione sul numero 0 del Magazine di qTp del lavoro di C. Marra“L’immagine infedele”, riprendo uno dei temi di frequente discussione nel forum: elabo-rare le immagini…? è “lecito”, è un “quid” della era digitale? Questa volta presento unFotografo che ha detto la sua. Chi era, dunque, W. Eugene Smith? Il profeta di un fotogiornalismo epico, l'illusionistadel reale, colui che con le sue messe in scena fotografiche comprometteva l'obiettivitàdella professione? O un martire della fotografia, pronto a combattere la battaglia dellacreatività del fotografo, che la stampa di allora rifiutava. Formatosi prima come autodidatta, si iscrive poi ad una scuola professionale di NewYork. Sostenitore del piccolo formato, cerca subito di far pubblicare i suoi lavori, il suc-cesso è quasi immediato, e il suo grande talento non è ignorato da una nuova rivista:Life. Scrive Smith: "Come si sbagliano e come non capiscono le condizioni di lavoro dellanostra professione coloro che pensano che il fotografo debba essere selettivo e obiet-tivo, ma non deve in alcun caso interpretare il soggetto. Al giornalista fotografo è talmen-te impossibile essere obiettivo che non conosce altro approccio se non quello soggetti-vo... Il fotografo lavora sempre in modo soggettivo, prima e durante la ripresa...”Smith non ha risparmiato né fatica, né idee. Idealizzando spesso situazioni comuni,lavora per dare alle sue fotografie il valore universale dei maestri della pittura. In Smith l’ombra, oscuramento volontario della stampa, cancella, semplifica, è un punto

"Il senso dell'ombra"a cura di Gilles Mora

Formato: 24,1x30,5 cm350 fotografie in bicromia 368 pagine, Euro 72,30

LE RECENSIONIWilliam Eugene Smith"Il senso dell'ombra" a cura di Gilles Mora.di Igor Ferraresi

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- Le recensioni -

Note tratte, tra altro, daGilles Mora - Testi di accompagnamento al volume

W.E.Smith I Grandi Fotografi - Fabbri Editori http://www.fotolibri.it/fotografia/il-senso-dell-ombra.html

http://www.nadir.it/recensioni/WILLIAM-EUGENE-SMITH/index.htmhttp://www.cultframe.com

http://www.bol.it

in piu' della realta', essa diventa un supplemento di informazio-ne, riducendo lo spettacolo reale per arrivare alla realta' spetta-colare.Smith ha uno straordinario senso della fotografia di strada:immagini sporche, senza pertinenza specifica, primi piani pertur-bati, luci d’atmosfera, riflessi ambigui.Ha saputo giocare con l'ombra, con cui ricopre le sue fotografie,visione volutamente drammatica, oscurità "senza la quale nonvedreste il mondo" (Argon). Ma anche fotografo al limite tra il mestiere di fotogiornalista e lavocazione di artista fotografo ed a volte il suo cammino di foto-grafo si perde in progetti grandi, senza metodo e coerenza.La sua esistenza. Padre suicida quando aveva 18 anni, unamadre fotografa dal carattere dominante, rapporto difficile con glieditori che lo cercavano per le sue superbe fotografie, ma eranoirritati dai ritardi nelle consegne e dalla sua assoluta autonomia.Dure esperienze durante la Seconda Guerra Mondiale, duematrimoni e due divorzi, depressione, alcolismo, bancarotta, unavita spesa a fianco degli oppressi, e infine una morte lontanadalla ribalta, a 60 anni nel 1978, mentre comprava cibo per gatti. Si lega a "Life", nel bene e nel male, con i lavori su "Il medico dicampagna", "Il villaggio spagnolo" e "La levatrice nera", fotogior-nalismo di razza; ripresentate alla fine del volume. Dopo "Life",si dedicò a vari progetti su Haiti, su Minamata, dalla sua finestrasulla Sesta Strada; ma affiora il rammarico per le foto che resta-no dei progetti incompiuti: il lavoro su Pittsburgh e "The walk toParadise Garden". Talento e straordinaria tecnica accompagna-te dalla incapacità di accontentare gli editori. ”Il senso dell'ombra" è la prima e la più completa monografia mairealizzata sull’opera di Smith con 350 fotografie, saggi relativialla sua opera, apparsi sulla rivista "Life" ed è completato dallabibliografia e da un’inedita biografia. 350 immagini di biancone-ro, sporco ma intenso, neri profondi e bianchi assoluti, superbaqualità delle stampe. L’ultimo saggio, tratta degli aspetti tecnicidel lavoro di Smith, che sviluppava e poi stampava da sé le pro-prie immagini, per sua espressa richiesta ed eccezionale autoriz-zazione di Life. Il curatore Gilles Mora presenta l'opera del fotografo con ampiez-za, esplorando per la prima volta gli archivi di Eugene Smith.Sono quindi ripercorse le tappe della sua lunga carriera dagliesordi avvenuti negli anni Trenta, fino alla metà degli anniSettanta. Il saggio, non pubblicato, sulla città di Pittsburgh, lesperimentazioni visive degli anni Cinquanta e Sessanta, ridise-gnano il ritratto di un'opera e di un artista ambiguo e sensibile.

Igor Ferraresi

Solo una foto che mi è molto cara “A Walk To Paradise Garden”© W.E.Smith

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Test software - Convertitori RAW

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Convertori RAW“Con l’aiuto di appositi software digestione di file raw è infatti possi-

bile applicare ai dati grezzi regi-strati nel file, un’infinità di regola-

zioni di fino...”di baires

La ricerca era nata per avere alcune confer-me, alla fine queste conferme non ci sonostate, anzi i dati hanno aumentato dubbi e per-plessità.L'idea di partenza era: "Le fotocamere digitaliolympus sono famose per la resa naturale deicolori che si ottengono dai loro file, siano essiraw che jpg...".L’essenza del formato raw sta nella possibilitàdi impedire alla fotocamera di applicare alcunalgoritmo e di “occuparci personalmente” dellagestione di questo file. Con l’aiuto di appositi

Immagine scelta per questo piccolo test.Conversione jpg con Studio ver.1.5

Tutti i file sono stati ricavato dallo stesso file ORF aperto dal programma indicato e salvato direttamente in jpgsenza alcun altro intervento.Naturalmente tutti i file sono stati salvati con lo stesso profilo colore.Sono anche indicati i valori RGB relativi al blu all’interno della P.

Conversione jpg con Lightroom trial (sopra)R=0 G=76 B=160

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Test software - Convertitori raw

Conversione jpg con PhotoLine 32 R=0 G=64 B=114

Conversione jpg con Bibble Lite TrialR=0 G=82 B=185

software di gestione di file raw è infatti possi-bile applicare ai dati grezzi registrati nel file,un’infinità di regolazioni di fino, che vanno dalbilanciamento del colore, alla luminosità, ilcontrasto, l’ampiezza delle ombre e delleluci, la saturazione globale e di ogni singolocolore e molto altro, una mole di regolazioniche non troveremo mai in nessun menù dinessuna fotocamera. Insomma, saremo noi adecidere in tutto e per tutto come i dati grez-zi devono essere “sviluppati”: Come se il rawrappresentasse la versione digitale del vec-chio sviluppo della pellicola e delle stampe.Molti utenti utilizzano vari programmi di svi-luppo Raw, alcuni a pagamento, altri sharwa-re o freeware. Qual'è lo scopo di non utilizza-re il programma proprietario (Master o Studionel nostro caso)?Sicuramente quella di ricercare attraversouno sviluppo differente, quel mezzo diafram-ma in più di gamma dinamica, una maggioreapertura delle ombre o delle luci, uno sharp

più accentuato o più morbido, una gamma dicurve e livelli più soddisfacente, e non ultimala possibilità di utilizzare un programma freecon qualche caratteristica in più rispetto alMaster fornito con la fotocamera.E i colori? Beh restano sempre quelli Oly...Sbagliato.O meglio i colori restano sempre, ma pro-grammi di conversione diversi uguale algorit-mi di conversione diversi uguale colori diver-si.Questo non significa che con le opportunecalibrazioni non si riesca a ritrovare i colorioriginali, anzi, spesso ci si riesce, non sem-pre ma spesso sì.Il problema è l'apertura del file. Tutti questiprogrammi hanno all'apertura del file una let-tura diversa dello stesso raw. La cosa è fasti-diosa, soprattutto se si tiene conto che non siha mai il termine di paragone. Le differenzedegli esempi che seguono è evidente, tuttegli esempi sono aperti con differenti regola-

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Test software - Convertitori raw

Conversione jpg con Picasa GoogleR=0 G=46 B=124

Conversione jpg con Camera RawR=0 G=76 B=152

zioni del contrasto, con curve differenti, addiritura con WB legger-mente differenti (5400 rispetto alla 5300 fissa che avevo in mac-china), istogrammi leggermente differenti, come se ci fossero statidei pre-interventi durante la lettura del raw. Ora non ci trovo nien-te di male che ogni programma abbia una caratteristica di svilup-po, ma risulta chiaro che se si parte dalle 2 conversioni qui sopra(tanto per fare un esempio), con molta probabilità si otterrano dueimmagini finali diverse.In realtà, la stessa cosa succede col negativo; il colore è lì, fissonel negativo, immutabile. Poi andiamo in stampa: carte diverse,acidi diversi, macchine minilab diversi, obiettivi ingranditori diver-si, stanchezza degli acidi, giornata no dell'operatore se facciamostampare a mano, temperatura, ecc., e ci ritroviamo stampe diver-se a ogni minilab che andiamo a provare.Questo articolo voleva essere un piccolo tutorial sulle differenzeoperative di vari convertitori raw sharware e free. E' diventatoinvece il punto di partenza per un'analisi più complessa, che dicerto avrà un seguito, sul colore e sui processi e le trasformazio-ni che il segnale proveniente dal sensore subisce prima e dopola memorizzazione.Per questa prova è stato preso un raw qualsiasi, senza velleitàartistiche. Ma che aveva come soggetto un punto di colore bendefinito e omogeneamente illuminato.

baires

“ ...come se il raw rappre-sentasse la versione digi-tale del vecchio sviluppo

della pellicola e dellestampe...”

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