Magazine Finis Terrae | N. 7/2013

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FINIS TERRAE Rivista Mensile del Progetto “Finis Terrae” Aprile 2013 - VII Una rondine non fa primavera In questo numero: Editoriale sulla Primavera Intervista a Monica Ricco di Legambiente Puglia Inaugurazione dell’Art Café a Bari

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Il Magazine Finis Terrae è la rivista mensile del Progetto FT Bari sostenuto dalla Fondazione con il Sud

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Finis TerraeRivista Mensile del Progetto “Finis Terrae” Aprile 2013 - VII

Una rondine non fa

primaveraIn questo numero:

Editoriale sulla Primavera

Intervista a Monica Ricco di Legambiente Puglia

Inaugurazione dell’Art Café a Bari

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ediToriale di Vitandrea Marzano

FINIS TERRAERivista mensile

del Progetto “Finis Terrae”

Autorizzazione del Tribunaledi Bari n. 2131/2012

del 24.09.2012

Direttore Responsabile:Vitandrea Marzano

Vicedirettore Responsabiledon Giuseppe Ruppi

Coordinatrice di RedazioneAlessandra Rizzi

Gruppo di Redazione:Aron Pacucci

Mariapia Locaputo

Simona Gelao

Hanno collaborato in questo numero

Michele Lucarelli

Rossana Mazzeo

Giuseppe Cifarelli

Editing e ufficio graficodon Andrea Tripaldi

vile, segnava il passaggio dai regimi autoritari alle libertà civili, indicando un processo di pro-fondo rinnovamento culturale e politico nelle regioni del Medio Oriente, del vicino Oriente e del Nord Africa. I paesi maggiormente coinvolti erano l’Algeria, il Bahrein, l’Egitto, la Tunisia, lo Yemen, la Giordania, il Gibuti, la Libia e la Siria, mentre il nuovo solco democratico sembrava espandersi sino in Mauritania, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Somalia, Iraq, Marocco e Kuwait. Ma che ne è stato di questo grande evento gior-nalistico che avrebbe coinvolto noialtri sulla sponda più fortunata, quella settentrionale del Mare Nostrum e che eravamo pronti a sostene-re? E che cosa ne è stato dei tanti giovani che hanno combattuto o sono emigrati sfuggendo ai durissimi conflitti civili in Italia e in Europa? Non è dato saperlo, almeno dalla Stampa. Molti di loro verosimilmente sono stati arrestati o al-loggiano in qualche prigione europea o ancor peggio presso i nostri numerosi Centri di iden-tificazione ed espulsione (CIE), in attesa di un respingimento fuori dalle frontiere.L’argomento, poi, probabilmente ha perso di in-teresse perché si è preferito concentrarci sulle nostre piccole Primavere. Le Primavere Puglie-si, dei Governi di larghe intese o le Primavere dei sondaggio o delle Quirinarie. Distogliendo lo sguardo e l’impegno da quanto accadeva nel Mondo e in qualche modo turbato.Ma si può continuare a considerare la Prima-vera semplicemente come un momento effi-mero di passaggio e non di vera proposizione o di cambiamento strutturale? Ed è il destino della Primavera rappresentare simbolicamente un incanto destinato a smarrirsi con il giunge-re dell’ardore estivo o di un nuovo inverno? In quel passaggio mediterraneo era ed è inscritto il segno del nostro presente e sicuramente del nostro futuro, come cittadini del mezzogiorno, italiani ed europei, caratterizzati da un’antica vicinanza geografica e culturale. Eppure non ce ne rendiamo conto, continuando a pensare che l’integrazione o la solidarietà alle differen-ze, siano temi semplicemente da omettere o da rimandare.

Il termine Primavera evoca nella Storia e in quasi tutte le culture, da sempre, un momento di rina-scita, di splendore, di riavvicinamento alla vita dopo un lungo periodo di riflessione, caratteriz-zato dal (cupo) inverno. Quasi sempre, infatti, la categoria di Primavera acquisisce il suo senso più profondo per contrapposizione, rispetto a qualcosa di temibile che la precede e di cui ne rappresenta una liberazione (morte/rinascita, buio/luce, freddo/caldo). La Primavera è “la prima volta”(da primis e ver che ha origini etimologiche slave e ancor prima sanscrite, in cui si ritrova la radice vas intesa come ardere, splendere), l’epifania di qualcosa che si svela e promuove finalmente un passag-gio, una transizione, una rinascimento, un cam-biamento. E non solo stagionale, transitorio, ma epocale.Dalla radice sanscrita genera la dea Vesta, dea del focolare domestico, sorella di Giove e splendida-mente rappresentata dalle Vestali, le quali, ogni primo di marzo, riaccendevano il Fuoco Sacro di cui erano perenni custodi. Nelle feste pagane l’arrivo della primavera viene visto quale periodo di rinnovamento e di fertilità e viene rappresen-tato tramite l’allegoria del ritorno di Persefone alla madre Demetra dopo il suo soggiorno con Ade negli inferi. Secondo altre tradizioni viene ancora raffigurata come l’avvento della vita e la rinascita della natura dopo il lungo inverno, così come nelle culture cristiane coincide con la Re-surrezione e l’annuncio di Gesù ai terreni, come metafora di messaggio eterno e riformatore. In questa stagione la natura e la vita riprendono tutta la loro magnificenza dopo il letargo inver-nale. Ed è probabilmente la tradizione contadi-na ad ispirare molti dei significati che si celano dietro la categoria di Primavera: la campagna verdeggia e fiorisce, mentre iniziano i parti degli animali e gli uccelli depongono le uova, la cura dei campi si accinge alle semine e nell’orto si rac-colgono le primizie. E così, la Primavera, acqui-sisce la forma di un simbolo di “prima rinascita” che avviene ogni anno e in ogni epoca, favoren-do il disgelo, liberando il sole e promuovendo i colori della differenza e i nuovi amori.Trasponendo questo senso di cambiamento al temi dei diritti, sovente si incontra la categoria di Primavera in passaggi storici, sociali, culturali e politici cruciali. Tra le ultime esperienze a noi vicine, ricordiamo tutti la Primavera Araba, ca-rica di aspettative mediatiche di Democrazia e Libertà per i popoli di frontiera. In arabo, la Primavera del Mediterraneo, pro-mossa dalle giovani generazioni della società ci-

Il carattere effimero della Primavera

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Tra pochi giorni avventurandosi nel centro storico di Bari sarà possibile imbattersi in un locale nuovo dove degustare prodotti enogastronomici provenienti anche da terre confiscate alla mafia, oltre che tipici della tradizione pugliese, acquistare gadget e prodotti solidali di Libera, Emergency, Made in carcere e Unicef, partecipare a conferenze, presentazioni di libri, concerti, mostre d’arte. Il tutto all’insegna del motto “festina lente”- affrettati lentamente-: affrettiamoci a cambiare la realtà secondo i valori di giustizia, legalità e uguaglianza, anche se questo richiederà un

lungo e lento lavoro.

E’ artes café, la prima Bottega-café di legalità e diritti che si inaugura a Bari, in piazza Mercantile 35, agli inizi di maggio, luogo di incontro e fucina di idee, arte e cultura, ma soprattutto faro della legalità nella lotta alle mafie.Siamo convinti che la violenza e l’iniquità nascono e si alimentano laddove serpeggiano e predominano la paura, la sofferenza, la mancanza di consapevolezza. Ecco perché mettere la cultura al servizio della denuncia può contribuire a rompere il buio della paura e dell’omertà. E a illuminarlo. E parlare di legalità, di diritti, di uguaglianza e rispetto, fare

cultura, diffondere conoscenza sono lo strumento più efficace per abbattere il muro del silenzio, per combattere e contrastare le mafie. Perché dove c’è conoscenza, dove c’è consapevolezza, la mafia non può attecchire. Artes café sarà quindi un luogo dove fare cultura e dove gridare a gran voce che la violenza non fa paura e che la città di Bari vuole proiettarsi oltre, superare il buio delle mafie e affermare la forza dirompente della legalità e della consapevolezza. Cucina e legalità dunque, ma non solo. La cooperativa CAPS, infatti, portando nella bottega una parte del progetto “Io non Dipendo”, si occuperà di formare il personale impiegato a sensibilizzare gli utenti (soprattutto giovani tra i 20 e 40 anni) al bere consapevole,

al saper bere con moderazione, a comprendere la differenza tra uso e abuso, a conoscere l’importanza delle gradazioni alcoliche e dei rischi connessi derivanti da un mix scorretto. Il tutto attraverso la distribuzione di etilotest monouso e/o giochi con speciali occhiali che simulano una determinata gradazione alcolica.La realizzazione della Bottega, a cura della cooperativa Artes e che prevede al suo interno l’inserimento lavorativo di persone

svantaggiate, è possibile grazie anche al sostegno della Regione Puglia, del Dipartimento di Dipendenze Patologiche e del Comune di Bari, in collaborazione con Libera, Emergency, Unicef, Made in carcere

Finis Terrae inaugura a Bari Artes café: la prima Bottega di legalità e diritti

linee, aTTori e risorsedi Alessandra Rizzi

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durrebbe in autoproduzione di cibo sano e di qualità, tutela del territorio dai rischi derivanti dal consumo di suolo, stop alla ce-mentificazione e lotta al degrado e all’abbandono. La bella stagione sarà ricca di eventi molto coin-volgenti, come la giornata inter-nazionale di pulizia delle spiagge “Clean up the Med” a fine mag-gio. La partenza del tour di Go-letta Verde accenderà i riflettori sull’inquinamento delle nostre acque e sulla reale balneabilità delle coste e accessibilità delle spiagge.

3. “Pensare globalmente, agi-re localmente”, sono parole chiave che caratterizzano le vostre attivi-tà. Nel territorio barese quali sono le problematiche?

La Città di Bari presenta, a no-stro avviso, delle criticità che ri-chiedono la massima attenzione da parte dell’amministrazione pubblica e dei cittadini. La rac-colta differenziata, ad esempio, raggiunge percentuali ancora troppo basse in assoluto e non è organizzata porta a porta. L’area ex Fibronit non è stata ancora bonificata dall’amianto. La cir-colazione su due ruote presenta ancora rischi per l’incolumità dei ciclisti, come dimostrano i recen-ti fatti di cronaca. Manca ancora un censimento del verde urbano (fatta eccezione per il Parco 2 Giugno) quale primo strumento di gestione del Verde e manca poi

Monica Ricco, Legambiente

1. Legambiente da più di 30 anni è in Italia e fonda ogni suo progetto in difesa dell’ambiente su solida base di dati scientifici. Come riuscite ad avere successo nelle vostre iniziative?

L’approccio scientifico è il prere-quisito su cui si fonda ogni nostra proposta o iniziativa, dandole va-lore ma rendendola soprattutto sostenibile e praticabile. 30 anni di esperienza, la presenza capil-lare dei circoli locali e l’impegno costante dei volontari sono il bi-glietto da visita che permette a Legambiente di interagire effica-cemente con le amministrazioni, la società civile e i singoli cittadi-ni.

2. Attualmente quali attività\azioni state sostenendo?

Oltre alle ben note campagne di sensibilizzazione, alle attività di monitoraggio ambientale e di redazione di rapporti sullo stato di salute del nostro territorio e sulla vivibilità delle città, stiamo cercando di diffondere la cultu-ra dell’orticoltura urbana. Si tra-

il Regolamento del Verde. Inol-tre i dati ufficiali affermano che il verde pubblico fruibile è molto al di sotto della media nazionale.

4. Quali sono le vostre aspet-tative per il quartiere Libertà e come collaborerete con il progetto Finis Terrae?

Stiamo stimolando la sensibilità degli abitanti del Quartiere Li-bertà coinvolgendoli in attività di ripristino ambientale ed ecopas-seggiate sul litorale. Nelle scuole della circoscrizione abbiamo at-tivato laboratori sul riciclo e sul contrasto all’ecomafia. Ci aspet-tiamo, da parte dei residenti, un aumento dell’attenzione e del ri-spetto nei confronti del proprio territorio, nel quale la cultura della legalità risulterà rafforzata proprio dal crescente impegno ambientalista.

Pensare globalmente, agire localmente Intervista a Monica Ricco di Legambiente Puglia

l’inTervisTadi Michele Lucarelli e Rossana Mazzeo

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L’intento di questo spazio di ri-flessione è quello di rilanciare il nostro progetto FINIS TERRAE, il suo quadro di riferimento valo-riale, le sue finalità.Mi sarà consentita in questa oc-casione, più che ribadire i conte-nuti e gli obiettivi del progetto, rimarcare l’orizzonte di senso che muove il gruppo di progetto all’a-zione, alla riflessione, e al dialogo col territorio.Finis Terrae è un’importante scommessa sul futuro e non è semplicemente un programma di iniziative e di attività destinato a concludersi il 16 giugno 2014. Un grande sogno di cambiamento che si costruisce giorno per gior-no, un grande contenitore di idee e di progetti per pensare un futu-ro diverso e migliore per il nostro territorio. Dentro questo progetto abbiamo investito i nostri sogni più belli per la nostra Città facendo un po’ nostra la logica dei “Grandi so-gni, piccoli passi” che ha ispirato l’azione appassionata di cambia-mento, educativa e sociale, di don Bosco 150 anni fa. Sembra diffici-le conciliare la parola “sogno” con quella di “progetto”.E perché il sogno rimanda a qual-cosa di irreale, a un prodotto in-consapevole della nostra mente: si sogna mentre si dorme, quan-do, allentati i freni inibitori della nostra coscienza, ci si lancia nella visione di mondi qualche volta impossibili. Il progetto, invece, nel comune modo di sentire, riporta a qualco-sa di concreto, realizzabile, fatto di regole abbastanza rigorose e di tempi definiti. Conciliando queste due posizio-

nel contesto della nostra Città, come costruzione euristica, come scoperta, slancio creativo verso il futuro, tensione dinamica verso la realizzazione di “mondi possi-bili”, come dialogo, negoziazione, incontro che genera cambiamen-to. Progettare, quindi, per noi si-gnifica, provare a fare grandi so-gni.Il progettista conosca pure le tec-niche e la metodologia per esse-re progettista nel modo migliore, ma si faccia travolgere dalla pas-sione del sogno.Nell’esperienza dei grandi so-gnatori che hanno generato il cambiamento non si tratta sem-plicemente di un anelito verso la realizzazione di un “mondo” diverso e alternativo, ridotto a mero moto emozionale, ma pre-figurazione di quello che può es-sere, che può cambiare o che può nascere. Tutte le grandi conquiste sono state ispirate da grandi so-gni! E il grande sogno nasce dalla comprensione della realtà, si nu-tre della intuizione che questa può e deve essere migliore, di-venta visione profetica nella pro-spettiva del servizio agli altri, per esigere indefettibilmente la predi-sposizione di un’azione concreta ed efficace idonea a cambiare la realtà medesima. Il sogno di cui parlo non è un sogno qualsiasi, ma un sogno che si qualifica in quanto grande. E alla capacità di sognare si deve accompagnare il buon senso, la responsabilità, la determinazio-ne e la perseveranza. Questo si-gnifica che i grandi sogni devono essere realizzati nella logica dei piccoli passi.

I passi sono la strategia, il mez-zo per la realizzazione della visione profetica; sono i seg-menti d’azione dell’opera proget-tuale, le strade da percorrere per il raggiungimento dell’obiettivo di cambiamento e di crescita. In questa logica, al progettista si chiede, oltre che l’umiltà di ri-conoscersi strumento “piccolo”, anche la capacità trasformartrice della visione profetica in “missio-ne”, partendo dal contingente, dal qui e ora. E significa fare propria la logica dell’utopia generativa e progettuale: avere ben chiara la realtà così com’è, ma saper imma-ginare un mondo migliore, possi-bile, progettabile, intravedendo la strada per giungerne alla realiz-zazione.La logica dei piccoli passi deve essere fatta di tenacia, di fiducia, di dialogo instancabile con gli al-tri stakeholders, con i giovani, ma anche con le istituzioni, i conte-sti, per creare novità e costruire un futuro migliore, accettando la sconfitte e pronti a rialzarsi ad ogni caduta. Significa, dunque, abilitarsi all’umiltà, al silenzio e alla pazienza.Grandi sogni, piccoli passi, si-gnifica pensare Finis Terrae in grande per il futuro della nostra Città e camminare insieme e uniti rispettando i tempi, le situazioni, le condizioni, fiduciosi che se la goccia man mano che scorre sol-ca la roccia, anche noi, lavorando instancabilmente per la realizza-zione di un progetto di bene, ve-dremo realizzati i nostri grandi sogni.

Finis Terrae: un grande sogno nella logica dei piccoli passi

ConTribuTidi Mariapia Locaputo, Direttore Responsabile Progetto Finis Terrae

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eTiCa soCialedi don Giuseppe Ruppi

Una figura etica per la nostra attività sociale: il Buon Pastore

Tra i vari titoli e simboli, ai qua-li ricorrono gli autori del Nuovo Testamento, per esprimere il ruo-lo mediatore e salvifico unico di Gesù, inviato definitivo di Dio e costituito con la risurrezione Signore, si distingue, per la sua forza evocativa, quello di “pasto-re”. Nella lingua figurata di tutto l’Oriente antico il pastore indica-va in maniera popolare il re e gli altri capi del popolo, specialmen-te come salvatori e liberatori nel senso religioso. Infatti, il Buon Pastore ha offerto la sua vita per gli smarriti, anche per quelli che non sono del gregge d’Israele, per riunirli in un solo ovile con un solo Pastore, fino a quando verrà il giorno, in cui il Figlio dell’Uo-mo si rivelerà a tutti come il Re, che separerà definitivamente le pecore dai capri. La dinamica interna della fede cristiana, sia a livello personale che a livello ecclesiale, può es-sere riassunta in questi termini: “Gesù, buon Pastore: la parola (Cristo, Verbo fatto carne, sintesi e compimento di ogni parola che viene da Dio) da credere, da ce-lebrare e da vivere”. Tutta l’attività pastorale e sociale della comunità dei credenti, pur nelle sue molte, concrete espressioni possibili, per non risultare dispersiva, al limi-te, inefficace, deve articolarsi in modo ”circolare” attorno a que-ste tre dimensioni, con il conti-nuo rimando dall’una all’altra: sia come programmazione globale, sia nell’impostazione concreta di ogni singola iniziativa.Voglio dire: non può essere cor-

retta e adeguata una pastorale che non tenga sempre conto di tutte e tre le suddette dimensioni del-la fede, anche quando si tratta di pensare e mettere in atto singole precise iniziative che di volta in volta si collocano o nell’ambito specifico della catechesi (la parola da conoscere e da credere), o in quello della liturgia (la parola da celebrare), o in quello della cari-tà e della solidarietà (la parola da vivere: onestà e giustizia, frater-nità e comunione, condivisione, volontariato, impegno sociale e politico . . .)

Poiché non possono esistere né catechesi, né liturgia, né impegno cristiano autentici, se non nella misura in cui ognuna di queste cose implica in qualche modo an-che le altre due. La parola che an-nuncia Cristo deve condurre alla celebrazione del mistero di Cristo e alla conversione secondo l’e-sempio e l’insegnamento di Gesù. La celebrazione dei sacramenti della fede presuppone la cono-scenza e l’accoglienza della parola

della fede, ed esige una rispon-denza vissuta al senso dei sacra-menti ricevuti. Ogni forma di “impegno” cristiano deve fondar-si, in ultima analisi, sui valori che sono preposti dalla parola di Dio; e proprio attraverso la preghiera e la liturgia si mantiene coerente-mente orientato – al di là di ogni realizzazione terrena – verso l’o-rizzonte escatologico del regno di Dio. Questo vale per tutti, per ogni esperienza cristiana. Anche se sono possibili modelli diversi di equilibrio e di rapporto fra le tre dimensioni, con accentuazio-ni diverse, di volta in volta, sull’e-lemento “parola”, sull’elemento “preghiera-liturgia”, o sull’elemen-to “impegno attivo” nella Chiesa e nella società. In ogni caso, solo sulla stretta connessione e inter-dipendenza tra catechesi, liturgia e carità si può edificare un’auten-tica comunità cristiana: e questo è precisamente lo scopo globale della pastorale nel suo insieme.A volte forse facciamo troppe cose nelle nostre parrocchie. Ma non tutte sono ugualmente perti-nenti alla missione della Chiesa e alla logica della fede. Credo che ai nostri giorni sia necessario tenta-re un certo discernimento, al di là delle mode del momento o delle consuetudini più o meno conso-lidate, per riscoprire l’essenziale a cui tendere, pur nella consape-volezza di tutti i condizionamenti che pone alla programmazione e all’azione pastorale concreta la complessa configurazione del rapporto Chiesa-società nel tem-po presente.

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speCialePremio fotografico Luigia De Marinis e

“Liberi di Sognare 2013”

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“e se nei vosTri quarTieri

TuTTo è rimasTo Come ieri, anChe se allora vi sieTe

assolTi, sieTe lo sTesso CoinvolTi.”

F. de andrè