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12 La Rassegna d’Ischia 7/2000 “Madonnelle sul mare” la riscoperta delle icone Nell’isola d’Ischia, un po’dovunque, ma soprattutto nel co- mune di Forio, in edicole appositamente costruite, lungo i litorali, agli angoli delle strade, sugli ingressi delle case, sono rappresentate, spesso su maioliche,immagini di Cri- sto, della Vergine e dei Santi protettori. Esse costituiscono segni della vera devozione della popolazione, ma sono an- che un indiscusso elemento estetico cittadino. Un itinerario di arte e di fede popolare. A cura di Raffaele Castagna e Nocola Luongo Testimonianze da salvaguardare contro i danni del tempo e l’incuria dell’uomo

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12 La Rassegna d’Ischia 7/2000

“Madonnellesulmare”lariscopertadelleicone

Nell’isola d’Ischia, un po’dovunque, ma soprattutto nel co-mune di Forio, in edicole appositamente costruite, lungo i litorali, agli angoli delle strade, sugli ingressi delle case, sono rappresentate, spesso su maioliche,immagini di Cri-sto, della Vergine e dei Santi protettori. Esse costituiscono segni della vera devozione della popolazione, ma sono an-

che un indiscusso elemento estetico cittadino.

Unitinerariodiarteedifedepopolare.

A cura di

RaffaeleCastagnaeNocolaLuongo

Testimonianzedasalvaguardarecontroidannideltempoel’incuriadell’uomo

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Nell’isola d’Ischia, un po’ dovun-que, ma soprattutto nel comune di Forio, in edicole appositamen-te costruite, lungo i litorali, agli angoli delle strade, sugli ingressi delle case, sono rappresentate, spesso su artistiche maioliche, immagini di Cristo, della Vergine e dei Santi protettori. Esse sono lì, ora semidistrutte, ora ancora in tutta la loro bellezza, quali te-stimonianze di vera e profonda devozione della popolazione, ma anche come segni di un indiscus-so elemento estetico cittadino. Un itinerario di arte e di fede po-polare. A queste maioliche votive don Michele Romano ha dedicato una interessante pubblicazione di 230 pagine, con testi e illustrazio-ni a colori, edita nel giugnol988: un imponente lavoro rapresenta-tivo di un contesto di vita dei no-stri padri e di noi stessi. L’autore ha peraltro limitato la sua ricer-ca alle immagioni maiolicate. Si pensi quindi a quale ulteriore ric-chezza debba estendersi uno stu-dio più completo. Eppure chi, per caso o di proposito, si mette alla rivisitazione di queste edicole e di

pagina a fronteContrada San Francesco (Forio) - Edicola contrassegnata con nu-mero XII; porta l’indicazione “A devozione di Eliane Stead e figli Persis Cleves Michael”

in questa paginain allo: Contrada San Francesco (Forio) - Gesù flagellato alla Co-lonnnain basso: Contrada San Francesco (Forio) -Maiolica dedicata alla SS. Vergine Maria, S. Anna e S. Gio-acchino - Sia pur a difesa dalle in-temperie, malamente circondata da un’inferriata

queste immagini, deve purtrop-po accorgersi che alcune sono in completo abbandono, destinate a presto scomparire vittime dell’u-sura del tempo e dell’incuria

dell’uomo; non di rado si è portati a credere che a volte qualcuno ab-bia asportato qualche mattonella. Spesso si legge “a divozione di....” e non mancano anche le

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date di dedica, che sono evidentemente da riporta-re a circostanze personali o ad avvenimenti locali. Ci troviamo pertanto di fronte a momenti caratte-ristici e significativi della nostra storia, per cui non sarebbe inopportuno considerare ormai queste testimonianze di fede e di arte locale un ricordo non più singolo, ma collettivo, ed un patrimonio di tutte le comunità isolane da salvaguardare e da va-lorizzare (al pari di quell’altro oltremodo prezioso delle lapidi, presenti qua e là a ricordo di avveni-menti e di personaggi). Sull’argomento abbiamo trovato su un numero di Lettera da Ischia del 1979 un significativo artico-lo di Giovan Giuseppe Cervera, noto cultore delle cose isolane, che riportiamo in alcuni passi:

«Edicole di Santi, dette nel gergo paesano “ma-donnelle”, sono sparse un po’ per tutta Ischia, ma dove acquistano vera espressione storica ed artistica è a Forio. Questo Comune (...) è ricco di chiese, di torri, di viuzze, di spiagge apriche e di colli assolati, di acque minerali e di vive fuma-role. L’architettura delle chiese e delle case, me-diterranee con influsso orientale, la compostezza espressiva dei cortiletti, la poeticità delle vie con le molte “madonnelle”, le torri, quali rotonde e quali quadrate, tutto concorre a scuotere la sen-sibilità dell’artista e a dirigerla inopinatamente verso una mistica interpretazione della realtà. L’animo dell’artista, che si nutre di pascoli vergi-ni, s’immerge con intima soddisfazione in questo misticismo di forme e di colori, di toni e di signi-ficati, per trarne pensieri e valori. In esso si de-pura delle debolezze della corrotta civiltà e nasce fortemente spiritualizzato. L’opera artistica che ne deriva, mediante le forme più peregrine, di-venta scoprimento di quella bellezza infinita che impronta tutte le cose, rivelazione di Dio. Alla esuberante natura del luogo si accoppia una tradizione prettamente religiosa, conservata in cerimonie esterne che si riallacciano alle Sa-cre rappresentazioni medievali. E sul sentimen-to religioso s’innesta soprattutto la vita intima del foriano che ama disporre sull’ingresso della casa o dei campi le sue “madonnelle”. Queste in prevalenza sono su maioliche e rappresentano inconfondibili segni della viva devozione degli abitanti, costituiscono un indiscusso elemento estetico cittadino, offrono un tono di poesia che affascina l’artista. In generale le “madonnelle” sono sormontate sull’architrave dei portoni -tutti incorniciati di pietra lavica grigia - in nicchiette, le quali vengono a formare un motivo architetto-nico dell’ingresso; tuttavia non mancano quelle sempre in nicchiette, sui muri, specialmente dove la via svolta, onde ottenere l’illuminazione della

stessa coi lumicini che un tempo si ponevano da-vanti all’immagine. Molte non portano date e, a giudicarle a vista, ap partengono a due secoli scorsi. Tra quelle poi che recano qualche scritta e la data, la più antica è une Madonna di Loreto. Essa trovasi nel comu-ne di Lacco Ameno, in via San Montano. A parte la data di nascita della “madonnella”, 1787, essa ricorda un particolare episodio. Quando l’eco di quell’avvenimento che chiuse il secolo XIII commovendo tutto il mondo cattolico giunse ad Ischia portato da pescatori anconetani, Forio accolse con giubilo la venerazione della Ma-donna di Loreto, che s’era compiaciuta di far tra-sportare da un trionfo di angeli - conferma della visione di papa Celestino V - da Nazaret in Italia la casa dove era avvenuta la divina incarnazione e dove Gesù aveva trascorso la sua infanzia. Agli inizi del secolo XIV i Foriani decisero di innalzare un tempio alla Vergine ed eleggerla loro patrona. Nel 1510 affidarono il compito di dipingere la Ma-dre di Dio che protegge il suo Bambino al pittore Cesare Calise, foriano di adozione. La Beata Vergine si mostrò piena di grazie per i Foriani, i quali, nel 1787, venuti a sapere che in Vaticano esisteva un pio legato Sforza, in virtù del quale, ogni anno, veniva scelta una tra le im-magini più prestigiose, onde offrirle il privilegio

Contrada San Francesco (Forio) - Maiolica distrutta a metà, rappresentava una scena

della Via Crucis

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dell’incoronazione, presentarono appena in tem-po la petizione. La Provvidenza disponeva che dall’urna venisse estratta proprio la Madonna Lauretana di Forio d’Ischia. La incoronazione fu celebrata solennemente il 29 luglio 1787. A ricordo dell’avvenimento furono costruite que-ste maioliche che riportavano l’effige della Ma-donna di Loreto. Oggi, quella che resta a Lacco Ameno è unica e conserva ancora la sua originale espressione e bellezza. La scritta sotto l’immagine ricorda l’evento con le seguenti parole: - Ad Bea-tissimam Virginem Mariani Lauretanam Fiorigii - a Rev.mis Canonicis Basilicae Vaticanae - co-ron. - anno Domini 1787 -. Una Madonna del Carmine trovasi su un porto-ne di via Vecchia e col nome, probabilmente del devoto, certo F Gioacchino Ma-rioni, reca la data 1796. Tuttavia in vico Piazza, uno dei più sugge-stivi di Forio, in bell’architettura su un portone d’ingresso vive nelle maioliche una Crocefissione del 1784. Lungo via Cavallaro stanno due “madon-nelle”, una raffigurante San Calcedonio e fu posta, come si legge, a devozione di Giuseppe Migliaccio nel 1844; l’altra, rappresentante un Crocefisso, fu

collocata dalla devozione di Matteo di Majo fu Gioacchino nel 1853.(...) Su una “madonnella” di via Baiola troviamo anche la provenienza della ceramica. Essa infat-ti veniva, giusta la dicitura minuscola in basso, dalla fabbrica napoletana di Gaetano Battaglia e usciva dai forni nel giugno 1884. In epoca di romanticismo, queste “madonnelle”, di sera, col loro tremante lumicino innanzi, ri-schiaravano debolmente le strade. I cuori dei not-turni viandanti salutavano con ansia l’apparire di una “madonnella” e da lontano componevano la mente a pensieri di lode a Dio. Passando dinan-zi ad esse, elevavano una preghiera e scoprivano o inchinavano il capo. I figli apprendevano dai genitori il devoto saluto. Spesso le “madonnelle” gettavano attraverso i finestrini colorati delle lanterne, nelle quali ardeva la lampada ad olio, la loro luce; tra esse e i viandanti si stabiliva così una poesia di luci, di colori e di cuori. Passando da una “madonnella” all’altra, si pre-se a contare il cammino di quelle, come da tante pietre miliari. Si soleva pertanto dire - e oggi si usa ancora - “di fronte all’Ecce Homo, sopra San Lorenzo, a Sant’Antonio Abate, sulla Madonnel-la....”.La devozione alzava questi monumenti di fede e di civiltà. Ogni angolo aveva la sua “madonnella” e ognu-na, nell’ordine che il bisogno le aveva assegnato,

Lacco Ameno - Contrada Fundera

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di notte, emulava il tremolio delle stelle. La terra sembrava, così, un riverbero del cielo, come se l’etere ne rispecchiasse e riflettesse l’infinito luc-cichio. Sul crepuscolo le fiammelle s’accendevano senza un ordine fisso. La loro silente armonia du-rava tutta la notte. Coll’alba, a una a una si spegne-vano come desideri irrealizzabili. Forio appariva come una grande nebulosa e, ada-giata sulla piana e protesa nel mare, durante le notti serene sembrava tracciar la via verso il pa-radiso. Oggi le “madonnelle”, oltre un segno di devozio-ne, perduta la loro funzione luminosa, rappresen-tano un inconfondibile valore estetico. Una fioca lampadina le illumina nei vicoletti foriani, però ac-cendono sempre l’animo di poesia e di fede» (Gio-van Giuseppe Cervera).

Nellibrogiàcitato,donMicheleRomanoscrive:

«.... Proiettano fasci di luce della fede che, coin-volgendo ancora l’isolano, pur tanto distratto dal fenomeno turistico sempre crescente, lo spinge non solo a rispettare questi segni di chiara religio-sità, nelle costruzionbi moderne, ma a continuar-ne la tradizione.Ed è bello ammirarle anche sulle nuove case. Dinanzi a quelle antiche hanno sostato spiriti in-quieti, venuti da lontano all’isola d’Ischia per tro-vare pace, serenità, ispirazione al loro lavoro. In queste soste sono stati conquistati dalla semplice, ma profonda, sentita, ordinata espressione dell’a-nimo religioso ischitano. E così Ernesto Renan, il quale ha scritto in gran parte nell’isola d’Ischia i

suoi Ricordi di infanzia e di giovinezza, quando accompagnava il figlio Arj che si dilettava a dipin-gere gli angoli più caratteristici di Ischia medieva-le, restava attonito all’ascolto della gente semplice isolana che nelle serate d’agosto, raccolta dinanzi alle povere, ma dignitose case, con lo sguardo fisso ad un’immagine della Madonna, pregava, lodava, cantando. L’Ultramontain descrive l’anima profondamente religiosa della brava gente - ces bonnes gens - che a Lacco Ameno dopo aver cantato le lodi alla Ver-gine, all’aperto, si ritira contenta, gioiosa e soddi-sfatta. Era una scena che si ripeteva puntualmente ad ogni suo soggiorno nell’isola d’Ischia e che gli riempiva l’animo di forti emozioni.

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Ibsen, questo inquieto spirito norvegese, felice di essere nell’isola d’Ischia a comporre il capolavoro Peer Gynt, amava sostare a Forio, dove giungeva, nella sua passeggiata preferita da Piazza Maio di Casamicciola, presso una piccola cappella votiva ad ammirare il tramonto e le isole Pontine. I canti melodiosi delle fanciulle, la religiosità della buona gente ricca di fede semplice, sentita, ordinata, gli rivelavano, insieme ad una grande pace, quel Dio di cui scorgeva sempre più nitidamente le impron-te nel creato. (...) Dinanzi alle edicole votive isolane, mani semplici, persone umili hanno acceso e accendono tuttora il lumino. Non sono segni di una religiosità ormai superata, né di una volontà ostinata di sopravvi-venza, nonostante la modernità. Le edicole votive sono altrettante disperse braci, su cui si può ancora soffiare, per lasciarsi prendere da nuovo calore, e non cedere al rischio di un gelo spirituale così diffuso oggi. Con il loro silenzio rivelano ancora il valore del segno, guidano, aiutano a ritrovare le strade del sacro. Perciò le amiamo vedere ancora sulle strade dell’i-sola d’Ischia, ora un’isola dai mille voti.Perciò ci interessiamo ancora ad esse» (Scic. Michele Romano - Maioliche votive - Per le strade dell’isola d’Ischia un itinerario di arte e di fede popolare - giugno 1988).

L’artedelleicone «Fu in epoca bizantina che l’arte dell’icona (dal gre-co EIKCOV = immagine) raggiunse il suo momento di massimo splendore: oggetto di devozione e di cul-to fra i più sentiti, queste tavole dipinte con imma-gini sacre, muti interlocutori cui si rivolgono le più intime preghiere, affollarono le chiese e le case. (...) Ed è alla Macedonia che, nella storia dell’arte bizan-tina, spetta un ruolo di primo piano. Né le turbolen-te vicende che la videro per secoli protagonista, né la mancanza di un’organizzazione politica propria, a seguito del rovinoso crollo del regno di Samuele, hanno minato le sue risorse creatrici, e questo grazie alla presenza ininterrotta (fino al 1767) di una Chiesa autocefala, l’arcivescovado di Ochridia, promotore di un’abbondante produzione artistica. (...)Purtroppo la strage di Struma ad opera dell’impera-tore bizantino Basilio ha sortito conseguenze tragi-che circa la sorte delle icone macedoni: rimane, però, sui muri di alcune chiese qualche affresco -superbe le composizioni murali nella cattedrale di S. Sofia a Ochridia (1040-1045) e del monastero di S. Pantelei-mone a Nèrezi (1164-1166) - che con l’icona ha molto in comune. Ma è nel XIII secolo, in parallelo con la presa di Costantinopoli da parte dei Crociati (1204) e la successiva riconquista bizantina (1261), che le cre-

azioni artistiche sul territorio dell’arcivescovado di Ochridia si rinnovano, si diversificano, in una sorta di mimetismo con gli sconvolgimenti politici di que-gli anni. E ancor più gli stili si evolvono nella seconda metà del XIII secolo, epoca che ci ha lasciato una gran quantità di icone, di cui alcune addirittura firmate o quantomeno datate: il Cristo di Ochridia (1262-63), tanto per fare un esempio, oppure, di stile completa-mente diverso, l’icona à double face con da un lato la Vergine Hodogitria e dall’altro la Crocifissione (1263-1270) che, per la grandiosità della composizione e l’assoluto equilibrio delle parti, può considerarsi una delle opere più perfette dell’arte bizantina. E ancora, tra il XIII e il XIV secolo, due maestri di Tessalonica, Michele Astrapas e Eutychios, conferi-scono un tocco di nuovo alla pittura dell’arcivesco-vado di Ochridia, che si manterrà ai più elevati livelli di espressione artistica fino all’arrivo degli Ottomani (fine sec. XV). Da quel momento, per l’arte dell’ico-na è l’inizio della fine. Nonostante l’abbondante pro-duzione, che continuerà fino al XIX secolo, l’antico splendore non sarà mai ritrovato».

(da Medioevo, un passato da riscoprire - n. 12/di-cembre 1999).

Forio - Il Soccorso