Made in China Luglio-Agosto 2015

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Made in China, LuglioAgosto 2015. Leggi la newsletter nel tuo browser Lavoratori Foxconn nello stabilimento di Zhengzhou. Il costo del lavoro in Cina continua a salire e ha fatto notizia il recente annuncio da parte della società Taiwanese di un piano di rafforzamento della presenza dell'azienda in India con un investimento che dovrebbe creare un milione di posti di lavoro. Un altro passo verso la fine della "fabbrica del mondo"? Un’altra ONG del lavoro chiusa nel Guangdong

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La newsletter di ISCOS sulla Cina al LavoroNel numero di luglio-agosto 2015: Un'altra ONG del lavoro chiusa nel Guangdong La Foxconn annuncia massiccio investimento in India Nuove misure per stimolare i consumi interni In sciopero - Scioperi nel settore manifatturiero: da offensivi a difensivi? Numeri Cinesi - Nuove malattie croniche per i lavoratori cinesi Libri - Chinese Workers in Comparative Perspective

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Made in China, Luglio­Agosto 2015. Leggi la newsletter nel tuo browser

Lavoratori Foxconn nello stabilimento di Zhengzhou. Il costo del lavoro in Cinacontinua a salire e ha fatto notizia il recente annuncio da parte della societàTaiwanese di un piano di rafforzamento della presenza dell'azienda in India con uninvestimento che dovrebbe creare un milione di posti di lavoro. Un altro passo versola fine della "fabbrica del mondo"?

Un’altra ONG del lavorochiusa nel Guangdong

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Anche d’estate la campagna di repressione delle autoritàcinesi contro gli attivisti del lavoro non si è fermata. Alla finedi giugno le autorità locali del distretto di Panyu, Canton,hanno comunicato alle responsabili dell’ONG Xiangyanghuache la registrazione della loro organizzazione era stataannullata. 

Continua la campagna di repressione delle autorità cinesi ai danni degli attivisti dellavoro. Il 23 giugno le responsabili dell’organizzazione non governativaXiangyanghua (“Centro di Servizi Sociali Girasoli”), basata nel distretto di Panyu aGuangzhou, hanno ricevuto dal locale dipartimento degli affari civili un’ingiunzioneche cancellava la registrazione del loro ente. Il Centro è stato fondato alla fine del2011 ed è stato registrato come ente no profit nell’agosto del 2012, approfittando diun periodo di relativo rilassamento delle procedure per la registrazione delle ONGnella provincia meridionale del Guangdong. Xiangyanghua si rivolge in particolarealle lavoratrici migranti, organizzando soprattutto attività ricreative, quali corsi diinformatica, proiezioni di film, forum e incontri di discussione, il tutto nell’ottica diinnalzare la consapevolezza delle migranti in materia di salute femminile e diritti sullavoro. Dalla fine del 2012, l’organizzazione ha deciso di allargare la propria aread’azione alle dispute collettive sul lavoro, intervenendo in più occasioni per assisterei lavoratori nei negoziati con i propri datori di lavoro. Proprio questa svoltamilitante potrebbe aver causato l’ira delle autorità locali, che dal 2013 hannocostretto il Centro a cambiare ufficio tre volte. La notifica del cancellamento dellaregistrazione è arrivata in un momento critico per l’organizzazione, proprio quando leattiviste rimaste erano costrette a lavorare da casa dopo l’ennesimo sfratto.Ironicamente, una delle ragioni citate dalle autorità per la revoca della licenza era“l’assenza di una sede di lavoro fissa”. Le attiviste hanno fatto ricorso.

(Fonti: Shegong Shibao, Global Times)

 

La Foxconn annunciamassiccio investimento inIndiaLa Foxconn è tornata a far parlare di sé per due mortisospette nell’impianto di Zhengzhou. Allo stesso tempo ladirigenza aziendale ha annunciato piani per il rafforzamentodella presenza dell’azienda in India, scatenando speculazionisul futuro del Made in China.

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Durante l’estate si è tornato a parlare di Foxconn. Il 4 agosto, un dipendentedell’azienda si è suicidato saltando da un edificio nell’impianto di Zhengzhou. Tregiorni dopo, una lavoratrice è stata trovata senza vita ai piedi di un altro dormitorioaziendale a Zhengzhou, alimentando le voci su un altro gesto disperato. Nelfrattempo, l’8 agosto il colosso taiwanese dell’elettronica ha firmato un accordo conlo Stato indiano del Maharashtra per un investimento di cinque miliardi di dollarispalmato sui prossimi cinque anni. Terry Gou, il presidente dell’azienda, haannunciato che il nuovo impianto si concentrerà su ricerca esviluppo eproduzione e darà lavoro ad almeno 50,000 lavoratori. Questo saràsolamente un primo passo nel consolidamento della presenza dell’azienda nelPaese. La dirigenza aziendale infatti ha reso nota l’intenzione di aprire dai dieci aidodici nuovi impianti produttivi in India entro il 2020, una mossa che creerà unmilione di nuovi posti di lavoro. La notizia ha alimentato le preoccupazioni per ilfuturo dell’industria manifatturiera cinese. Stando a un rapporto del BostonConsulting Group citato dalla rivista cinese Di Yi Caijing Ribao, i costi diproduzione in Cina ormai sono quasi alla pari con quelli negli Stati Uniti – per unostesso prodotto che negli Stati Uniti costa un dollaro, il costo di produzione in Cinasarebbe di 0.96 dollari. Secondo gli estensori dello studio, questo sarebbe dovuto atre fattori: l’aumento dei salari dei lavoratori, l’apprezzamento dello yuan nei confrontidel dollaro, e l’aumento dei costi energetici.

(Fonti: Hindustan Times, Di Yi Caijing Ribao, China Labor Watch) 

Nuove misure perstimolare i consumi interniMentre l’economia cinese rallenta, il governo di Pechino cercain tutti i modi di stimolare i consumi interni. Non solo i minimisalariali continuano a crescere, ma negli ultimi due mesi leautorità hanno adottato nuove politiche di supportoall’imprenditorialità dei migranti e hanno chiesto ai datori dilavoro di concedere ai propri dipendenti un weekend lungo.

Di fronte al persistente rallentamento dell’economia, le autorità cinesi continuano adadottare nuove misure nel tentativo di stimolare i consumi interni. All’inizio diluglio, quattordici province e città cinesi (Hunan, Hainan, Tibet, Tianjin, Shenzhen,Shandong, Shaanxi, Beijing, Guangdong, Shanghai, Gansu, Shanxi, Sichuan eMongolia Interna) avevano dichiarato l’intenzione di innalzare il salario minimo localeper il 2015. Tra queste, Shenzhen aveva già aumentato il salario minimo mensilea2,030 yuan, superando per la prima volta in Cina l’importante soglia psicologica dei

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duemila yuan. A questo si sono accompagnate nuove politiche del governo centralemirate a stimolare l’imprenditorialità dei migranti. In particolare, il 21 giugno ilConsiglio degli Affari di Stato ha pubblicato un nuovo documento programmatico cheprevede una serie di misure di sostegno ai migranti che intendano tornare nelleproprie località d’origine per aprire un’attività. A fare notizia però è stato soprattuttoun altro documento, intitolato “Alcune opinioni del Consiglio degli Affari di Stato suun ulteriore stimolo agli investimenti e ai consumi turistici”. In questo testo,pubblicato l’11 agosto, le autorità cinesi hanno invitato i datori di lavoro a concedereai propri dipendenti due giorni e mezzo di riposo ogni settimana, in mododapermettere loro di viaggiare e, naturalmente, spendere. In un Paese in cui glistraordinari sono all’ordine del giorno e in cui, fin troppo spesso, i lavoratori sonocostretti a lavorare anche nel fine settimana, la proposta è stata accolta con notevolescetticismo.

(Fonti: Laodongfa Pindao, Gov.cn, Gov.cn)

INSCIOPERO

Scioperi nel settoremanifatturiero: da offensivia difensivi? Kevin Lin ­ University of Technology, Sydney

Negli ultimi mesi il rallentamento dell'economia cinese el'indebolimento del settore delle esportazioni hanno portato aun aumento esponenziale delle proteste operaie legate allarilocazione degli impianti produttivi. Ora che i lavoratori cinesisono impegnati a lottare per ottenere la liquidazione e ilpagamento di contributi mai versati, esistono ancora i marginiper lotte più incisive?

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Il rallentamento dell’economia cinese, con l’indebolimento del settore delleesportazioni, ha fatto da cornice alla più recente ondata di proteste operaie nelsettore manifatturiero. Anche se stando ai dati ufficiali il tasso di crescita cinese simantiene su uno stabile sette per cento, ci sono segni tangibili di sofferenza e attivitàindustriale in declino. La svalutazione dello yuan in agosto indica uno sforzo da partedelle autorità cinesi di stimolare delle esportazioni in difficoltà.

Questo rallentamento sta contribuendo a rafforzare una tendenza di lungo terminealla rilocazione dei capitali tanto all’interno di regioni industriali, quanto dalle piùsviluppate province della costa meridionale a quelle più arretrate della Cina centralee occidentale. Il risultato è un aumento degli scioperi legati ai piani di trasferimento echiusura delle fabbriche, in cui i lavoratori si mobilitano per reclamare la liquidazionee un risarcimento per anni e anni di mancati contributi previdenziali e al fondo per glialloggi. 

La mia ultima rubrica perquesta newsletter si concentrava proprio su uno di questicasi. Alla fine del 2014, i dipendenti dell’azienda calzaturiera Lide a Canton sonoscesi in sciopero dopo aver sentito delle voci su un’imminente rilocazionedell’impresa. Molti di essi non erano disposti a trasferirsi presso la nuova sedeproduttiva e richiedevano una liquidazione e altri risarcimenti per gli anni trascorsi inservizio. Il rifiuto del management di negoziare equamente con i lavoratori hascatenato diversi mesi di proteste e negoziati, un’eccezione rispetto alla generalitàdegli scioperi, che solitamente durano solo qualche giorno o, al massimo, qualchesettimana. Solo alla metà del 2015 i lavoratori della Lide finalmente hanno ottenutobuona parte di quanto richiesto.    Nello stesso periodo, un altro caso simile ha attirato l’attenzione dei media, poichécoinvolgeva Artigas, un fornitore di Uniqlo, un famoso rivenditore giapponese diabbigliamento con oltre quattrocento negozi in Cina. Artigas è un’azienda diabbigliamento e pelletteria orientata all’esportazione che è stata stabilita a Shenzhennel 1992 con capitale di Hong Kong. Nel 2014 il management ha pianificato iltrasferimento della produzione in un altro parco industriale senza alcunaconsultazione o trattativa con i dipendenti e in dicembre ciò ha scatenando unaprotesta di nove giorni, conclusasi con l’intervento della polizia.

Il nove giugno di quest’anno, di fronte al tentativo da parte dell’azienda di chiudere lafabbrica e rimuovere i macchinari, oltre novecento lavoratori hanno occupatol’impianto. Richiedevano che si avviasse un negoziato sulla liquidazione e i varirisarcimenti, in particolare per quanto riguardava la previdenza sociale, uno dei temicaldi delle proteste di questo periodo. Nei giorni successivi, alcuni lavoratori dellaArtigas hanno lanciato uno sciopero della fame. A quel punto, la direzione aziendaleha deciso di utilizzare la mano pesante, adottando strategie quali l’intimidazione e ladetenzione degli scioperanti da parte della polizia locale.

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Dopo tre settimane di occupazione, il management ha finalmente accettato diavviare delle trattative, ma solo su piano individuale. Ogni richiesta di avviare unprocedimento di contrattazione collettiva è stata rifiutata e l’occupazione èproseguita.

Mentre lo sciopero entrava in una fase di stallo, circa duecento lavoratori si sonorecati a Guangzhou per inscenare una protesta di fronte agli uffici del GovernoProvinciale. Dopo aver dormito per diversi giorni in un parco nei pressi, sono statirimossi con la forza e detenuti per un breve periodo dalla polizia. Il managementallora ha stretto la presa sugli ultimi occupanti rimasti e ha tagliato completamente iservizi all’interno della fabbrica. Alla fine, con l’assistenza della polizia, i lavoratorisono stati chiusi fuori dalla fabbrica.

I casi della Lide e dell’Artigas, così come molti altri scioperi simili accaduti negli ultimimesi, riflettono le conseguenze deleterie del rallentamento del settore delleesportazioni sui lavoratori manifatturieri. Dovendo operare con margini di profittoesigui, le aziende manifatturiere si trovano a dover rilocare, ridurre la produzione etagliare i costi legati al lavoro. In risposta, gli scioperi dei lavoratori hanno spessopreso la forma di ripetuti blocchi del lavoro, occupazione degli impianti e lunghetrattative collettive con il management.

Una caratteristica chiave di questi casi è lo sviluppo di una mobilitazione sostenuta edi un’organizzazione disciplinata in un arco di tempo relativamente lungo.L’assistenza delle ONG del lavoro indubbiamente garantisce esperienza econoscenze giuridiche agli organizzatori, ma il coinvolgimento di queste realtà non èessenziale. I lavoratori hanno organizzato molti degli scioperi più recenti interamenteda soli e costituiscono invariabilmente la forza propulsiva di queste proteste. Mentreil management e la polizia locale uniscono le forze per bloccare le proteste e farriprendere la produzione, la mobilitazione e solidarietà degli operai si è dimostrata dicruciale importanza. Un senso di titolarità dovuto all’aver lavorato per molti anni in una stessa azienda dàai lavoratori forti motivazioni morali e giuridiche e rafforza la loro determinazione adagire. Essi adottano slogan sull’azienda che si appropria dei frutti del loro lavoro,presentando le proprie richieste come una questione di titolarità e diritti. Il fatto chemolti di essi si trovano a confrontarsi con un licenziamento certo, oppure sonoaddirittura disposti ad abbandonare la propria posizione, potrebbe contribuire alladecisione di correre certi rischi.

Questo tipo di scioperi probabilmente dominerà il settore manifatturiero cinese neiprossimi tempi e impone una riflessione più ampia sulle caratteristiche delmovimento dei lavoratori cinesi. Diversi studi sulle azioni collettive dei lavoratoricinesi hanno sostenuto che intorno all’ultimo decennio il movimento operaio in Cinaha sperimentato un processo di transizione da movimento soprattutto difensivocontro il mancato pagamento dei salari a movimento offensivo per richiedere salari

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più alti. Se questa formulazione è necessariamente una generalizzazione – di fatto, ilmancato pagamento dei salari rimane ancora oggi la ragione alla base dellamaggioranza delle proteste operaie – cionondimeno è utile per rilevare un’importantetendenza.

La recente crescita degli scioperi dovuti a rilocazioni segnala un passo indietro dalotte offensive a lotte difensive? O si tratta semplicemente di una breve interruzionenella tendenza sul lungo periodo descritta? Il fatto che molti lavoratori sono costrettia scegliere la strada della liquidazione eroderà la fiducia della classe operaia nellalotta per salari più alti? La militanza dei lavoratori scomparirà di fronte alla chiusuradegli spazi per lotte offensive dovuta all’indebolimento dell’economia? Questedomande sono fondamentali per comprendere il movimento operaio cinese.

Questo articolo offre un’interpretazione. Il fatto che i lavoratori rivendichino ilpagamento dei contributi previdenziali e per l’alloggio cui hanno diritto in realtà èimportante quanto le lotte per salari più elevati.Poiché la previdenza sociale e i contributi al fondo per l’alloggio sono diritti da temporiconosciuti nella legislazione sul lavoro esistente, la loro rivendicazione rappresentacomunque un importante passo avanti. È vero che i lavoratori migranti sono statiriluttanti a pretendere le assicurazioni sociali perché devono contribuire di tascapropria con i propri miseri salari e non sanno con certezza se ne beneficerannoveramente, ma ora che molti di loro si stanno avvicinando all’età della pensione,questa sta diventando una questione sempre più rilevante.

Inoltre, andrebbe sottolineato che i lavoratori in sciopero tra le proprie richiestehanno sollevato anche la maternità e i risarcimenti per le temperature elevate sulluogo di lavoro. Sebbene durante i negoziati in genere queste pretese siano ignoratedal management, nondimeno ciò riflette una maggiore consapevolezza dei diritti.Queste garanzie legali permettono ai lavoratori di servirsi con abilità e in manieratattica della legge nei propri negoziati con il management.

Definire questi scioperi “difensivi” non rende loro giustizia. Lottare per questerichieste non è in alcun modo più semplice che mobilitarsi per richiedere salari piùelevati ed è comunque una strategia offensiva in quanto amplia il pacchetto delledomande. Nella maggioranza dei casi potrebbe essere addirittura più complicato, sesi considera che un pagamento forfettario delle liquidazioni e dei contributi allaprevidenza sociale e agli alloggi facilmente raggiunge somme multimilionarie ancheper una fabbrica di dimensioni modeste. In aggiunta, questi scioperi iniziano ilavoratori alla mobilitazione e alla rappresentanza e deliberazione democratiche, alnegoziato e alla trattativa, lo stesso tipo di esperienze che si avrebbero con gliscioperi offensivi propriamente detti.

Sarebbe ingenuo pensare che un qualsiasi movimento operaio possa seguire unaprogressione lineare. Il fatto che il movimento della classe operaia cinese abbia visto

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un’intensificazione delle azioni collettive negli ultimi tre decenni, in particolare dallosciopero della Honda del 2010, potrebbe aver contribuito ad alimentare questaprospettiva lineare. Nella pratica, la capacità organizzativa e la consapevolezza deilavoratori cinesi è sempre stata geograficamente e settorialmente sbilanciata. Allostesso modo, la situazione attuale dei lavoratori manifatturieri non andrebbegeneralizzata al movimento operaio cinese nella sua interezza.

Nonostante ciò, il rallentamento del settore per le esportazioni probabilmentecontinuerà nel tempo e il governo considera la riduzione della dipendenza dalleesportazioni essenziale per il ribilanciamento dell’economia cinese. La conseguenterilocazione di capitali e la relativa ristrutturazione dell’industria manifatturiera conogni probabilità eroderanno le conquiste dei lavoratori, almeno per un certo periodo.Questi cambiamenti sradicheranno i lavoratori e potrebbero anche portare a unacerta disorganizzazione e frammentazione del nascente movimento operaio. Ci vorràdel tempo perché si formino nuove lotte e nuove reti, ma si tratta di un’esperienzaformativa inevitabile e necessaria per un movimento dei lavoratori ancora giovane.Le presenti esperienze di organizzazione e mobilitazione dei lavoratori cinesipotrebbero rivelarsi fondamentali per le lotte future.

 

NUMERICINESI

Nuove malattie cronicheper i lavoratori cinesiLaura Battistin, Istituto Sindacale per la Cooperazione allo Sviluppo (ISCOS)

Il problema della salute sul luogo di lavoro continua a piagarela fabbrica del mondo. Se le malattie occupazionali dovuteall’inalazione di polveri sono tuttora diffuse in diverseindustrie, in particolare quella mineraria, oggi si discuteanche di altre emergenze sanitarie che colpiscono i lavoratoridi settori tradizionalmente più protetti.

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Il problema della salute sul luogo di lavoro, della prevenzione alle malattieoccupazionali e dell’assistenza medica per i lavoratori cinesi, in particolare migranti,rimane una grave piaga nella fabbrica del mondo. Solo negli ultimi anni il governocinese ha iniziato a prestare attenzione al problema e ad adottare alcune riforme inmateria. Ne è un esempio l’emendamento del gennaio del 2012 alla legge sullemalattie occupazionali, che ha notevolmente semplificato il processo dicertificazione, da sempre uno dei principali ostacoli per i lavoratori cinesi. Tuttavia,l’implementazione della legge rimane carente, come risulta evidente se siconsiderano i dati contenuti in diverse indagini pubblicate negli ultimi anni.

Nell’agosto del 2013, un’ispezione fatta nelle piccole e medie imprese nella provinciadel Guangdong ha messo in luce una situazione allarmante. Nelle aziendeesaminate, più di cinque milioni di lavoratori erano esposti a sostanze pericolose oerano a rischio di intossicazione. Sempre al 2013 si riferisce lo studio nazionale piùrecente sui casi accertati di malattie professionali. In quell’anno, nelle trenta provincee città metropolitane prese in considerazione in questo report del Ministero dellaSalute e della Pianificazione Famigliare, i casi certificati erano ben 26,393. Di questi,l’88 per cento (23,152 casi) erano casi di silicosi, mentre il restante 12 per cento erasuddiviso tra casi di avvelenamento, tumori e altre malattie dell’apparatootorinolaringoiatrico.

Questi dati mostrano come in Cina la presenza di polveri rimanga un problemagravissimo in molti ambienti lavorativi, in particolare nel settore minerario. Si stimache oggi nel paese ci siano quasi sei milioni di persone affette da silicosi, moltissimedelle quali non riescono ad ottenere una certificazione ufficiale che riconosca lanatura occupazionale della loro malattia. I media cinesi e internazionali ne hanno

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parlato spesso e nei mesi scorsi ha avuto risonanza il toccante documentario Dyingto Breathe della fotografa Sim Chi Yin, in cui si racconta la storia di He Quangui, unodei tanti minatori dello Shaanxi che hanno contratto la silicosi (He è morto all’inizio diagosto dopo dieci anni di sofferenze). Oggi però in Cina si assiste anche all’emergere di nuovi rischi occupazionali checolpiscono lavoratori di altri settori. Ne parla ad esempio il rapporto 2015 sullecondizioni di salute e di assistenza sanitaria dei lavoratori cinesi, commissionatodall’assicurazione Ping’an e prodotto dall’Horizon Research Consultancy Group.Questo studio ha messo in evidenza come circa il 60 per cento dei lavoratori cinesisoffra oggi di malattie croniche e sottolinea come lo stress relativo al lavororappresenti il rischio principale. Lo studio include i risultati di interviste fatte in quindici città cinesi con 499responsabili delle risorse umane e 2,099 dipendenti in otto settori industriali diversi.Da test realizzati durante le interviste, i ricercatori hanno scoperto che, in termini dienergia e dinamicità, i lavoratori cinesi hanno un’età di 5.7 anni superiore alla loroetà anagrafica e che problemi ai cervicali e insonnia sono i due disturbi rilevati piùfrequentemente. Ciò che suscita maggior preoccupazione è però la disparità tra lereali necessità mediche dei dipendenti e quello che viene offerto dall’azienda odall’assicurazione sanitaria. Ad esempio, circa il 25 per cento dei lavoratoriintervistati vede un dottore in media tre volte all’anno, nonostante alla maggior partedegli intervistati siano concessi solo da uno a quattro giorni di malattia. Questosignifica che molti dipendenti vanno al lavoro anche se ammalati. Dai report e le varie analisi si evincono diversi fattori che continuano a mettere arischio la salute dei lavoratori, dall’inadeguata supervisione da parte del governo alleviolazioni della legislazione esistente da parte datori di lavoro, dalla mancanza ditrasparenza nelle diagnosi e certificazioni mediche alla scarsa consapevolezza deilavoratori riguardo a salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Lo studio di Horizon conclude suggerendo ai datori di lavoro una maggioreattenzione alla salute dei propri dipendenti. Questo però potrebbe non essereabbastanza in assenza di più incisive azioni del governo in materia di ispezioni eformazione dei lavoratori. 

LIBRI

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Chinese Workers inComparative PerspectiveAnita Chan (a cura di), Ithaca, New York: Cornell UniversityPress, 2015, 296 pp.

In quanto “fabbrica del mondo”, la Cina esercita una pressione enorme sui lavoratoridi tutto il mondo. Molti Paesi hanno dovuto adattarsi a una nuova realtà politica edeconomica globale e lo stesso è successo alla Cina. Negli ultimi anni, i lavoratoricinesi, così come la federazione sindacale ufficiale di Pechino, hanno dovutoconfrontarsi con rapidi cambiamenti nelle relazioni industriali. In Chinese Workers inComparative Perspective, Anita Chan sostiene che il lavoro cinese viene fin troppospesso analizzato in un’ottica di eccezionalità e solamente di rado in prospettivacomparata, nonostante un’analisi della forza lavoro e dei rapporti lavorativi cinesi inparallelo con i sistemi di altri Paesi spesso permetta di ottenere risultati notevoli. Icontributori di questo volume confrontano le questioni del lavoro in Cina con quellenegli Stati Uniti, in Australia, Giappone, India, Pakistan, Germania, Russia, Vietname Taiwan. Inoltre, essi delineano dei contrasti tra i diversi tipi di luogo di lavoroall’interno della Cina stessa. I vari capitoli affrontano regimi e standard lavorativi,descrivono lo sforzo di rimodellare le relazioni industriali per migliorare le condizionidei lavoratori, e comparano sviluppi storici e strutturali in Cina e in altri sistemi direlazioni industriali. (Compra su Amazon.com)

 

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