Lupo solitario 221215-1

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Lo strano Natale di Lupo Solitario Come un’azienda fece i primi passi nel mondo della Responsabilità Sociale d’Impresa Un racconto di Marcello de Martino Rosaroll Illustrazioni di Valeria Cafagna

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Lo strano Nataledi Lupo Solitario

Come un’azienda fece i primi passi nel mondo

della Responsabilità Sociale d’Impresa

Un racconto di

Marcello de Martino Rosaroll

Illustrazioni di

Valeria Cafagna

Lo strano Nataledi Lupo Solitario

Come un’azienda fece i primi passi nel mondo

della Responsabilità Sociale d’Impresa

Un racconto di

Marcello de Martino Rosaroll

Illustrazioni di

Valeria Cafagna

Nonostante fosse il 24 dicembre, Lupo Solitario uscì, come tutte le mattine, alle 6 e

quindici da casa, per recarsi presso la sua azienda farmaceutica “Pharmasolit S.p.A.”.

Quella mattina gli venne di pensare ai suoi genitori, anzi a quegli accidenti dei

suoi genitori, che, con un cognome così, lo avevano, per di più, chiamato Lupo!

Bello scherzo gli avevano fatto! E lui era davvero diventato un Lupo Solitario,

dedito soltanto al lavoro ed alla sua azienda, ormai unico scopo della sua vita, a

quarantacinque anni suonati: pochi amici, se tali potevano dirsi, qualche nemico,

ma che lui sapeva tenere a bada tranquillamente e tanti conoscenti, più o meno

tutti interessati ai suoi soldi ed alle fortune, a dire il vero, non eccezionali, della

sua azienda.

Lupo, come sempre, doveva percorrere un tratto di città, attraversare il centro,

per poi arrivare sulla statale che, percorrendo anche un tratto di costa, lo avrebbe

portato alla Pharmasolit. In giro, a quell’ora, si vedeva ancora poca gente, ma nelle

strade erano rimaste accese le luminarie serali del Natale; una festa di stelline

lampeggianti, di slitte rosse, luminose, cariche di pacchetti regalo disegnati

con lampadine colorate e poi alberi di natale alle finestre o sui balconi, festoni

scintillanti. “Insomma”, pensò Lupo, “tutta quella paccottiglia inutile, che serve

soltanto a consumare energia, spingere ad una falsa allegria, capace di ingannare

solo i bambini; ma quelli sempre più piccoli eh! Perchè quelli più grandetti ormai

lo capiscono subito che Babbo Natale è solo una fiaba! Uffa! Speriamo che il Natale

passi presto anche quest’anno!”

Mentre pensava, annoiato, queste cose, Lupo raggiunse la periferia della cittadina

in cui viveva e diresse l’auto sulla solita strada, verso il mare, che lo avrebbe portato,

come tutti giorni, verso la Pharmasolit.

La Pharmasolit, l’azienda che Lupo aveva fondato e che coltivava con affetto quasi

paterno, produceva, principalmente, farmaci da banco e prodotti per il benessere,

capitolo 1Lupo Solitario

multivitaminici, come il “Solstitium plus”. Non aveva prodotti di punta, fatturato e

profitto venivano realizzati tutti gli anni, ma con fatica e stentavano a mantenersi

in linea con le aspettative, se non grazie agli sforzi sovrumani di Lupo e di un paio

di fidati dirigenti che Lupo aveva saputo scegliersi, con cura, durante tutti quegli

anni di fatica.

Però Pharmasolit stava per svoltare; i suoi ricercatori avevano messo a punto

un prodotto unico ed avevano già ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per

commercializzarlo: il “Solitalifen”, l’unico farmaco in grado di salvare la vita degli

ammalati di LNM (life–no-more) *, una malattia scoperta da pochi anni, capace di

uccidere centinaia di migliaia di persone, con esito spesso letale nel giro di pochi

mesi, ad alto contagio, che si stava diffondendo nel Mondo, ma, in particolare, in

Africa.

Lupo non aveva mai visto gli effetti della LNM dal vero, ma soltanto foto o filmati

di ammalati ed aveva letto i report dei suoi ricercatori; certo, le descrizioni della

sofferenza a cui i malati di LNM erano sottoposti, facevano e fanno rabbrividire, ma

Lupo contava di moltiplicare i profitti della Pharmasolit, avendo messo il Solitalifen

in commercio ad un prezzo molto elevato: 150€ a siringa (in genere ne occorrevano

due per far retrocedere la malattia); i numeri in gioco erano davvero importanti!

Lupo stava affrontando la strada, nel punto in cui costeggia il mare; dopo una curva

disegnata da uno sperone roccioso, apparve, come sempre, una delle più belle

spiagge dell’intera costa: una lingua dorata, a forma di mezza luna, lunga circa

duecento metri ed interrotta, di tanto in tanto, da qualche scoglio affiorante, chiusa,

sui due lati, da rocce bianche degradanti, quasi a picco, dal fianco della collina fino

al mare. Sulla collina, fin quasi a livello del mare, crescevano, nel tiepido inverno

di quell’anno, erbe, cespugli e rosmarino e, di tanto in tanto, piccoli pini marini che

arricchivano la vegetazione profumando l’aria.

Ma lì, appena svoltato, a Lupo apparve qualcosa che avrebbe cambiato la sua

giornata e tutta la sua vita.

* la malattia LNM non esiste come non esiste la Pharmasolit ed i suoi prodotti; ma sarebbero

potuti benissimo esistere.

Anna Ipadi quella mattina era uscita di casa di buon umore. Il giorno prima aveva

avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto, al momento giusto: aveva ripreso un Babbo

Natale grosso e grasso, proprio nel momento in cui scivolava su una buccia d’arancio,

lasciata in strada dal destino (un destino un po’ maleducato, ma tant’è!); il Babbo natale

era ruzzolato, per fortuna senza conseguenze serie, finendo su una bancarella di frutta

secca che era volata in aria, formando una spettacolare onda beige e marrone, fatta di

nocciole tostate e castagne del prete, noccioline americane ed altri semi cotti di vario

tipo, tra la disperazione dell’ambulante e gli sguardi stupiti degli acquirenti.

capitolo 2Anna Ipadi

Anna stava giusto riprendendo, con il suo telefonino, le bancarelle e Babbo Natale, per

testimoniare sul web le attività natalizie in quella parte del Sud Italia ed aveva visto,

senza poter far nulla per evitare il peggio a causa della distanza e della rapidità della

scena, Babbo Natale dirigersi con il piede verso la buccia d’arancia, non vista, da lui,

forse a causa della lunghezza della barba bianca, ma anche della circonferenza, non

del tutto fittizia, dello stomaco del nostro personaggio. Così l’intera scena era stata

filmata come fosse stata organizzata appositamente; invece era stato un vero colpo

di fortuna!

Anna era corsa a casa ed aveva subito rivisto l’intera scena, aveva montato il tutto

nel migliore dei modi, aggiungendo un commento musicale stile anni trenta, aveva

ripetuto due volte la scena della caduta, rallentandola, la seconda volta, al fine di far

gustare l’ineluttabilità dell’evento a chi avesse guardato il suo lavoro, poi, finalmente,

aveva postato il tutto su un paio di siti social di cui si fidava e di cui conosceva l’effetto.

Tombola! Il video aveva avuto un’enorme diffusione e nel giro di tre ore aveva raggiunto

70.000 visualizzazioni, migliaia di commenti e continuava a girare, promettendo di

superare presto i 100.000 accessi!

Anna era molto soddisfatta del lavoro eseguito. Un altro paio di colpi così e sarebbe

diventata una web author conosciuta ovunque dagli appassionati del genere; certo

non era facile, ma lei era una cacciatrice d’immagini esperta e piena d’intuito e non

aveva fretta di raggiungere il suo scopo; si dava sei mesi di tempo e, accidenti, ce

l’avrebbe fatta!

Così il 24 mattina aveva deciso che meritava una pausa; aveva chiamato Salvatore,

Sasà per gli amici, il suo migliore amico, quasi il suo ragazzo, se soltanto se lo fossero

detto; ma a cosa serviva dirselo e, magari, rovinare tutto? Meglio continuare così, da

ottimi amici, che ogni tanto si concedevano qualche intimità (anche, naturalmente in

fatto di sesso), evitando pericolosi impegni che avrebbero potuto agire da gabbie al loro

stupendo rapporto, portandoli verso una rottura che nessuno dei due voleva.

Sasà si era detto entusiasta di fare una passeggiata al mare, visto che la giornata

appariva bella e luminosa come soltanto da Roma in giù riesce ad essere, in pieno

inverno; così Sasà era andato a prenderla con lo scooter e avevano preso la strada che

porta verso il mare, ben coperti, perché nonostante vivessero al Sud, l’aria fresca si

faceva sentire a dicembre ormai quasi terminato. Anna aveva avuto giusto il tempo di

preparare un paio di frittate di pasta ed aveva rubacchiato dal frigo quattro polpette di

carne che la mamma aveva preparato per la cena della sera.

La giornata era un po’ ventosa, ma molto limpida ed, appena usciti dalla città, il traffico

scomparve quasi del tutto, dando ai due giovani un senso di libertà e di pace, come

soltanto i momenti di relax a contatto con la natura sanno dare.

La moto filava sicura e Sasà ed Anna, anche se collegati dalle radio inserite nei caschi,

tacevano, godendo l’uno della vicinanza dell’altra e dell’aria pulita che potevano

respirare.

Così, sereni e quasi felici, fecero rotta verso la spiaggia, quella nascosta dallo sperone

di roccia, intorno alla quale la strada girava, prima di affacciarsi su un superbo

spettacolo.

Ma quella mattina, li aspettava qualcosa di diverso ...

capitolo 3Naufraghi

Lupo, in un primo momento, non riuscì a capire quello che i suoi occhi vedevano, poi

credette di vedere un gruppo di pescatori sulla spiaggia, ma poi … no, c’era qualcosa di

strano in quei pescatori. Rallentò per guardare meglio e cercare di capire; di colpo, si

accese una lampadina nella sua testa: no, non erano pescatori e non erano neanche

persone del luogo; quello che stava vedendo era una piccola folla (ad occhio saranno

state circa trecento persone), ammassata sulla spiaggia, con abiti decisamente

insufficienti per la stagione, infreddoliti, storditi, dall’aspetto impaurito, smarrito,

dolente ma,strano, anche felice; tutti questi sentimenti Lupo riuscì a vederli, come

in un film, in una sola volta, riflessi negli occhi spalancati, pieni di paura e sui visi

sofferenti, visibili anche da quella distanza, di quei disgraziati.

Erano persone di colore e Lupo capì immediatamente: per la prima volta, un paio di

barconi di migranti erano arrivati dall’Africa settentrionale, direttamente lì, così a

nord, rispetto alle rotte abituali!

Alcuni stavano ancora tentando di sbarcare dai barconi che, fortunatamente, pur se

ridotti quasi a brandelli, li avevano trasportati vivi (almeno quelli che poteva vedere!)

fino alla spiaggia.

Da una delle barche, Lupo vide scendere una donna di colore; doveva avere circa

trentacinque anni, almeno così sembrò a Lupo che era abituato a valutare le persone

con un solo colpo d’occhio; indossava una tunica di colore verde scuro, bagnata fino

all’inguine ed in braccio aveva un fagotto avvolto in uno straccio di lana.

Lupo accostò l’auto al ciglio della strada e guardò meglio: vide una testolina ricciuta

tra quegli stracci e comprese che la donna teneva un bambino stretto a se, con

disperazione, con forza, il viso rigato di lacrime e, negli occhi una profonda tristezza,

priva di quel barlume di felicità che, a dispetto delle sofferenze subite, brillava, invece,

negli occhi degli altri supersiti, per la gioia della meta raggiunta ed il rischio scampato.

Pensò di avvisare subito qualcuno, i Carabinieri o la Polizia o qualcuno dei suoi amici

potenti, che avrebbero potuto aiutare quei disperati ma, come impietrito, non potè

distogliere lo sguardo dal viso della donna e dal suo piccolo fardello.

Scese dall’auto e si avvicinò ai naufraghi; non sapeva esattamente cosa fare, cosa dire,

in quale lingua esprimersi; si diresse verso la donna: temeva il peggio, temeva che il

bambino non fosse sopravvissuto al viaggio.

Gli altri naufraghi gli corsero intorno, urlavano, ridevano, piangevano, chiedevano

acqua, pronunciavano ripetutamente, in Italiano, le parole, fame, freddo, bere … Ma

Lupo quasi non li sentiva, quasi non li vedeva; vedeva soltanto la donna con il suo

bambino, che, raggiunta una zona asciutta sulla sabbia, era crollata in terra e rimaneva

lì, silenziosa, piangente, disperata.

Lupo sentiva mille mani che lo toccavano, lo tiravano, quasi lo strattonavano, ma lui,

ormai, vedeva solo quella Madonnina nera, con il suo bimbo inerte, fra le braccia. Si

divincolò, si liberò da quelle mani quasi con cattiveria e si avvicinò alla donna.

Quello che vide in quel momento, non lo avrebbe più dimenticato.

capitolo 4La spiaggia occupata

Sasà e Anna erano quasi giunti alla loro destinazione: la spiaggia che frequentavano

spesso nella bella stagione, ma che offriva un buon riparo anche in una giornata

invernale, un po’ fredda ma bella, come in quella Vigilia di Natale. La spiaggia era

riparata da rocce alte ed a picco sul mare, che la nascondevano parzialmente alla vista

dalla strada, almeno fino alla curva che girava intorno ad uno splendido spuntone di

roccia granitica, tipica della costa in quella zona.

I ragazzi già pregustavano la giornata che li attendeva: la spiaggia deserta o quasi,

in quella stagione, un cielo limpido ed azzurro che si specchiava nel colore intenso

del mare profondo ed il silenzio rotto soltanto dall’urlo stridulo dei gabbiani che

disegnavano traiettorie tondeggianti, inseguendosi nell’aria, e dallo sciabordio dolce

del mare. E loro due a guardarsi negli occhi, respirando uno nell’altra.

Ma, affrontata la curva che avrebbe aperto loro le porte di quel piccolo paradiso,

si resero subito conto che qualcosa di diverso da quanto da loro immaginato si

presentava ai loro occhi: la spiaggia era tutt’altro che deserta, anzi, appariva affollata!

Ci saranno state circa trecento persone ed in mare galleggiavano un paio di barconi,

alquanto malconci ed ormai vuoti.

Sasà fermò lo scooter nello spiazzo ai bordi della strada, proprio dietro un auto di

grossa cilindrata, grigio chiaro e molto elegante, che era già ferma nel parcheggio. I due

ragazzi scesero dalla moto fissando la scena davanti ai loro occhi. Poi si guardarono,

avevano capito entrambi la situazione: erano incappati nel primo sbarco di migranti

dall’Africa, che avvenisse così a nord e lontano dalle mete abituali. Però quello che

vedevano non lasciava spazio ai dubbi; avevano visto decine di volte quelle scene in

televisione o nei video sul web: una moltitudine di persone, quasi tutti uomini, poche

donne ed una decina di bambini, tutti di colore, con capelli ricci ed occhi molto grandi,

con abiti leggeri, inadatti al periodo; solo qualche fortunato e alcune tra le donne ed i

bambini erano avvolti in coperte molto colorate, ma decisamente malconce.

Anna afferrò immediatamente il suo cellulare e compose il numero dei Carabinieri;

ci volle un po’ per riuscire a spiegare la situazione che avevano davanti ed a farsi

capire, sia per l’emozione che aveva preso Anna alla gola, rendendole difficile riuscire

a parlare ed a spiegarsi, sia perché il Carabiniere che le rispose stentava a credere al

suo racconto e tornava a ripetere le stesse domande, sul luogo in cui si trovavano,

su quello che stavano segnalando, sul numero di persone che vedevano, sulla loro

descrizione e così via. Alla fine il Militare dovette arrendersi alle insistenze di Anna e

promise di mandare una pattuglia a verificare.

Poi, tenendosi per mano ed un po’ intimiditi dalla situazione, Anna e Sasà si diressero

verso la spiaggia e verso quella moltitudine di anime in sofferenza. La giornata si

preannunciava decisamente diversa da quella che avevano immaginato, soltanto

dieci minuti prima!

Anna guardava stupita i volti degli uomini che la circondavano ed i loro volti scavati;

avevano smesso di gridare e li guardavano silenziosi, carichi di disperazione, di

speranza, di paura, di attesa.

Poi lo sguardo di Anna si posò su qualcosa che non aveva notato fino ad allora: più

vicino al bagnasciuga un uomo in giacca e cravatta ed un elegante soprabito in pelle,

era chino, con un ginocchio posato sulla sabbia e guardava con intensità una donna

che teneva il suo bambino, di circa due anni, tra le braccia; il bambino era avvolto

in pochi stracci ed appariva pallido ed esanime, non piangeva, non si muoveva ed

aveva gli occhi semiaperti; sembrava del tutto privo di forze e, forse, privo di sensi o,

addirittura, di vita.

Anna distolse lo sguardo dal bambino e si soffermò su quell’uomo che appariva del

tutto fuori posto in quello scenario; il cuore di Anna ebbe un sussulto! Lei conosceva

quell’uomo, lo aveva visto tante volte nei telegiornali o sui filmati caricati sul web!

Era, senza dubbio, Lupo Solitario, l’insopportabile uomo più influente della città,

proprietario di quella c… di azienda farmaceutica, poco distante da lì.

Lupo guardò la donna: il viso ovale ed i grandi occhi neri erano incorniciati da capelli

lunghi e ricci ed il naso, solo appena infossato, accompagnava la forma del viso,

dandole il tipico aspetto delle eleganti donne di razza etiope; poi Lupo si soffermò a

guardare il bambino in braccio alla donna ma rimase sbalordito nel vederne l’ aspetto;

aveva già visto quello sguardo, quelle lacrime rosse di sangue, quelle piaghe centinaia

di volte nei filmati che i suoi ricercatori gli avevano più volte mostrato, per spiegargli

gli effetti della LNM; solo che i filmati mostravano sempre adulti, uomini o donne; Lupo

non aveva mai visto quelle cose su bambini.

capitolo 5Lnm

Il bimbo era pallido, di un pallore giallognolo, probabilmente anche a causa del colore

naturalmente ambrato della pelle; in altra situazione, sarebbe stato un bellissimo

bambino di colore, con grandi occhi neri e la testolina riccia; ma gli occhi erano

sofferenti ed i ricci radi sul capo; Lupo capì che tutto questo non era dovuto unicamente

agli stenti patiti durante il viaggio; riconobbe i caratteristici segni negli occhi, tipici

della LNM.

Si avvicinò alla madre con i modi più dolci e gentili che riuscisse a dimostrare,

cercando di farle capire che la sua intenzione era di aiutarli. Con delicatezza allungò

una mano verso il bambino, ma la madre, spaventata, si ritrasse. Lupo la guardò e lesse

negli occhi profondi il dolore, la speranza, la dolcezza di chi ama disperatamente e

per quell’amore, per suo figlio, è pronta a tutto; cercò di comunicare con lei con i gesti,

con lo sguardo e, sorridendole quasi con timidezza, di nuovo allungò la mano verso

il bambino. Questa volta Karima, questo era il suo nome, non si sottrasse e lasciò che

egli, con delicatezza, scoprisse il corpo del bambino. Lupo non ebbe più dubbi: il piccolo

naufrago era malato di LNM. Non c’era da perdere neanche un minuto; occorreva agire

subito per salvare lui dalla malattia ma anche molti dei naufraghi che erano sbarcati,

e che avrebbero potuto essere contagiati.

Si tolse il giaccone di pelle che indossava e lo porse alla donna, la quale vi avvolse il

bambino sofferente: poi Lupo afferrò il telefono e chiamò immediatamente Carla, la

sua segretaria, un’ottima collaboratrice di cui aveva massima fiducia e le spiegò la

situazione: le disse del bambino e della madre e che occorrevano immediatamente

almeno quattrocento dosi di Solitalifen, poi, che era necessario allestire velocemente

un campo attrezzato per tenere in quarantena tutti i naufraghi.

Carla un po’ titubante, gli propose di utilizzare il nuovo capannone che era stato

terminato da poco e che avrebbe potuto essere attrezzato facilmente con brande, una

cucina da campo, una sala per le visite mediche, tavoli e sedie, bagni aggiuntivi e tutto

quanto fosse stato necessario, anche se la cosa non sarebbe stata proprio semplice ed

avrebbe richiesto un notevole impegno.

Lupo la ringraziò per avere, come sempre, compreso, al volo, la situazione; le chiese

di informare il personale dell’Azienda e di chiedere loro chi se la fosse sentita,

liberamente, di dare una mano.

Poi chiuse la comunicazione e chiamò il sindaco della sua città, con il quale aveva

rapporti grazie alla sua attività; lo informò dell’accaduto, gli chiese di mobilitare

le strutture più indicate: Protezione Civile, Polizia e Carabinieri, Guardie Mediche,

Vigili del Fuoco e Polizia Locale. Occorreva bloccare immediatamente l’accesso alla

spiaggia, per evitare rischi di ulteriori contagi, ma, contemporaneamente, occorreva

organizzare il campo, fornire acqua, viveri, coperte ed abiti asciutti e caldi ai naufraghi.

La Pharmasolit avrebbe fatto la sua parte, ma occorreva fare presto e mettere la

situazione sotto controllo.

Insomma, Lupo, che quasi non riconosceva se stesso, aveva preso nelle sue mani

l’organizzazione dei soccorsi a Karima ed ai suoi sventurati compagni. Mentre si

rivolgeva ai naufraghi, per cominciare a rassicurarli, udì l’urlo della sirena di un auto

della polizia che si avvicinava verso la spiaggia …

… Il resto furono 48 ore senza tregua; Lupo non trovò il tempo per riposare se non

un paio di ore e così, con lui, molti fra quelle persone che si erano offerte di aiutare

i disperati, compreso quasi la metà dei suoi dipendenti: medici, operai, impiegati.

Fu un Natale molto diverso, indimenticabile, faticoso, felice per quasi mille persone,

tra naufraghi e soccorritori: alla fine Karima e suo figlio furono salvi, insieme ai loro

trecento compagni.

Epilogo

Dopo questo strano, meraviglioso Natale in compagnia di trecento naufraghi dall’Africa

e di settecento loro soccorritori, Lupo ha deciso di abbassare drasticamente, a livello

di puro costo, il prezzo del Solitalifen, per renderlo disponibile a centinaia di migliaia

o forse milioni di individui in Africa e nel Mondo, rinunciando al profitto su questo

prodotto.

Quello che Lupo non sapeva e che ha scoperto soltanto una settimana dopo il Natale

di quell’anno, è che, un web author (anzi una web autrice) di nome Anna, arrivata

anche lei sulla spiaggia quella mattina per trascorrere una giornata di svago, aveva

assistito al suo intervento, lo aveva riconosciuto, lo aveva filmato e, insieme al suo

amico Sasà, dopo essersi unita ai soccorritori per prestare aiuto, aveva messo on-

line il filmato che, rapidissimamente, era diventato virale (“L’AD della Pharmasolit, il

magnate L. Solitario, come San Martino, dona il suo soprabito a chi ne ha più bisogno”),

regalando all’azienda una fama ed un apprezzamento che avevano avuto un effetto

straordinariamente positivo sulle vendite e sui profitti ed aveva fatto di Anna il Web

Manager della Pharmasolit.

Inutile dirvi che Solitario ha deciso, inoltre, di investire parte degli accresciuti proventi

della sua azienda per creare una Fondazione che ha, come obbiettivo, l’inserimento

dei Migranti che fuggono da fame e guerre; a questa Fondazione hanno aderito più

della metà dei suoi dipendenti e molte personalità famose.

Per quanto lo riguarda personalmente, Lupo … be’ ... non sarà più solitario, perché, dopo

sei mesi, ha sposato Karima ed adottato Yassuf il suo bambino.

Ancora una cosa: i ricercatori dell’azienda farmaceutica di Solitario hanno vinto, nel

2019 il premio Nobel per la medicina, in quanto, continuando a studiare il principio attivo

del Solitalifen, hanno scoperto che esso può sconfiggere molte forme di cancro e che

potrebbe essere la base per debellarlo completamente. Le ricerche, con l’aiuto di molti

cittadini di buona volontà, ma anche di molte aziende responsabili, continuano.

Buon Natale e Felice 2016a tutti Voi!!!!!