Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato...

41
Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli Dipartimento di Scienze storiche e socio-politiche Sezione di ricerca sulla comunicazione L’INFORMAZIONE IN TELEVISIONE Sara Peticca Working Papers n. 5, 2006 © 2006, Pubblicazioni a cura della Sezione di ricerca sulla comunicazione del Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche, Luiss Guido Carli, Roma - Via Oreste Tommasini, 1 - 00162 Roma - Tel. 06/86506.701 - Fax 06/86506.503 - E-mail: [email protected]

Transcript of Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato...

Page 1: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli Dipartimento di Scienze storiche e socio-politiche Sezione di ricerca sulla comunicazione

L’INFORMAZIONE IN TELEVISIONE

Sara Peticca

Working Papers n. 5, 2006

© 2006, Pubblicazioni a cura della Sezione di ricerca sulla comunicazione del Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche, Luiss Guido Carli, Roma - Via Oreste Tommasini, 1 - 00162 Roma - Tel. 06/86506.701 - Fax 06/86506.503 - E-mail: [email protected]

Page 2: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

1

INDICE

Introduzione p. 2 Capitolo primo p. 4 La storia del telegiornale

1. La storia dell’informazione televisiva p. 4 1.1 La prima fase: 1954-1961 p. 5 1.2 La seconda fase: 1961-1974 p. 6 1.3 La terza fase: 1974-1979 p. 7 1.4 La quarta fase: 1979 ad oggi p. 7

Capitolo secondo p. 9 I criteri di notiziabilità

1. Il concetto di notizia p. 9 2. I principali criteri di notiziabilità p. 10 3. La classificazione di Violette Morin p. 12

Capitolo terzo p. 14 Il linguaggio del giornalismo televisivo

1. Il linguaggio e la televisione p. 14 2. L’intervista p. 16 3. Il lead p. 18 4. I titoli p. 19 5. L’inquadratura p. 21 6. Il montaggio p. 22

Capitolo quarto p. 26 Gli elementi formali dell’informazione televisiva

1. La sigla p. 26 2. Lo studio p. 28 3. Il conduttore p. 30

Capitolo quinto p. 35 Le ragioni del successo dell’informazione televisiva

1. Alcune riflessioni conclusive p. 35 Bibliografia p. 39

Page 3: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

2

Introduzione

La televisione è oggi la più diffusa fonte di informazione, influenza i modelli di comportamento, le idee dominanti, la conoscenza del mondo, le proposte politiche e la mobilitazione di interessi. Gli italiani guardano i programmi televisivi, in media, più di tre ore al giorno e una frazione importante di questo tempo viene riempita proprio da in-formazioni. Il telegiornale è diventato, quindi, un programma che assolve tre importanti funzioni: scandisce la giornata del telespettatore, lega le varie parti del flusso di rete e fornisce informazioni sull’identità della testata giornalistica. A questo proposito, Paolo Murialdi sostiene che: “Chi guarda il telegiornale cerca delle identificazioni nel prodot-to televisivo, cerca degli elementi, delle parti di notizia in cui poter riconoscere una par-te di se stesso, delle proprie conoscenze e credenze, della vita propria o di quella della sua famiglia.”1Il grande successo dell’informazione televisiva è dato dal fatto che il giornalismo televisivo è il mezzo attraverso il quale si “mette in scena il mondo”, si dif-fondono le notizie riguardanti gli avvenimenti più importanti dovunque essi siano acca-duti e, spesso, nel momento stesso in cui questi accadono.

Il presente lavoro è dedicato all’analisi di questo fenomeno, dalla ricostruzione sto-rica dei primi notiziari alla descrizione del linguaggio utilizzato e degli elementi che fanno da cornice alla narrazione delle notizie. E’ stato sottolineato come i telegiornali abbiano imparato a sfruttare al massimo le caratteristiche della comunicazione televisi-va, un sistema di rappresentazione complesso in cui interagiscono immagini in movi-mento, parole e, con le sigle di oggi, anche la musica. La trasmissione in diretta di un dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso delle immagini accostate ai testi, rafforzano l’effetto di immediatezza e portano il telespettatore a sentirsi partecipe allo svolgimento di quell’ avvenimento.

Attenzione particolare è stata rivolta alle modalità della scrittura giornalistica televi-siva; da questa analisi è emerso come, a livello linguistico, l’aspetto emotivo venga pri-vilegiato rispetto a quello informativo; le potenzialità della televisione tendono, infatti, a provocare un’emozione non mediata e viva. “Invece di simboleggiare una emozione e di rappresentarla, la provocano; invece di suggerirla, la consegnano già confezionata. Tipi-co in questo senso il ruolo dell’immagine rispetto al concetto”.2 La trasparenza e mo-dernità del lavoro giornalistico segna, così, la sempre più marcata simultaneità tra spet-tatore e telegiornale e tra telegiornale e resto del mondo.

E’ stato affrontato, inoltre, il tema della definizione del concetto di notizia, perché non tutto ciò che accade nel mondo diventa notizia, in questo senso, si è ritenuto utile evidenziare i più importanti criteri di “notiziabilità” cioè i criteri che guidano la reda-zione nella scelta di quegli avvenimenti da trasformare in una notizia.

L’ultima parte è stata dedicata, infine, all’analisi delle ragioni del successo dell’informazione televisiva e alle insidie che la televisione presenta per chi ne fruisce, non solo per quanto riguarda i bambini ma anche per gli adulti.

Sono state riportate le posizioni di Popper e di Gadamer sull’opportunità, in una democrazia che voglia definirsi tale, di controllare la televisione e le persone che vi la-vorano affinché adottino sempre un comportamento responsabile. Per Popper la demo-crazia: “Ha sempre inteso far crescere il livello dell’educazione; è, questa, una sua vec-chia, tradizionale aspirazione” 3 L’importanza dell’educazione è, quindi, centrale, e lo è

1 P. MURIALDI, Guardando il telegiornale, Eri, Torino, 1991, p. 103. 2 U. ECO, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano, 1964, p. 38. 3 K. POPPER, J. CONDRY, Cattiva maestra televisione,Reset, Milano, 1994, pp. 16-17.

Page 4: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

3

ancora di più quando la televisione si rivolge ai bambini. Non si dovrebbe mai dimenti-care la necessità di garantire il pluralismo, l’oggettività dell’informazione, momenti di dibattito da cui far scaturire uno scambio dialogico così come inteso da Gadamer e cioè come: “lo scambio che avviene nel dialogo, nella disputa e nella lotta fra le opinioni”4.

In futuro il successo dell’informazione televisiva dovrà misurarsi con tali insidie, educando al pensiero critico che distingue la realtà dalla finzione e prendendo le distan-ze dal giornalismo sensazionalistico la cui abitudine è quella di far leva sulle dimensioni emozionali della paura e della pietà per enfatizzare le situazioni più strazianti. Il sensa-zionalismo non deve diventare una facile tecnica da utilizzare a discapito, come troppo spesso accade, della corretta narrazione delle notizie.

4 H.G. GADAMER., Monologo e dialogo nei mass media, Napoli, 13 gennaio 1990 www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/g/gadamer.htm.

Page 5: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

4

Capitolo primo

La storia del telegiornale

1. La storia dell’informazione televisiva La televisione si è sviluppata utilizzando le tecniche del linguaggio cinematografico

come si era strutturato negli anni Trenta, e la tipologia della comunicazione di massa a distanza realizzata via etere e fatta propria dalle trasmissioni radiofoniche: “Una sorta di sposalizio fra il linguaggio del cinema e le formule di racconto elaborate dalla radio”1. Le prime trasmissioni televisive iniziarono a livello sperimentale in Inghilterra, la BBC nel 19362 inaugurò a Londra il primo servizio, si trattava di modelli fortemente influen-zati dalla radio, che si sviluppavano fondamentalmente sulle strutture radiofoniche. L’informazione giornalistica iniziò a diffondersi, e con essa la televisione, solo a partire dagli anni Cinquanta.

Negli anni Quaranta, negli Stati Uniti, la Nbs (National Brodcasting Company) e la Cbs (Columbia Brodcasting Company) iniziarono a trasmettere programmi televisivi in cui era presente anche uno spazio dedicato all’informazione. Inizialmente l’informazione aveva un’importanza minore rispetto alle trasmissioni di intrattenimento e alla commedia, anche perché i primi notiziari erano dei cinegiornali in cui il problema principale era quello di ridurre il tempo che intercorreva tra la ripresa cinematografica delle notizie e la loro messa in onda. Il primo notiziario il Sonoco News fu trasmesso dalla Nbs nel 1940; si trattava di un notiziario che durava quindici minuti in cui l’aspetto visivo era fortemente penalizzato in quanto il conduttore si limitava alla lettura di un breve riassunto a cui venivano associate delle foto o un breve filmato. Si trattava, inoltre, di edizioni sponsorizzate da grandi aziende come la Camel e, solo successiva-mente, caratterizzate dall’introduzione di spot pubblicitari. Negli Stati Uniti, il sistema televisivo operò, fin dalla nascita, in un regime di concorrenza poiché era teso comple-tamente ad aumentare gli ascolti ed incrementare, così, gli introiti; questo si tradusse, sul piano qualitativo, in un continuo tentativo di miglioramento.

Il 18 Novembre 1951 venne sperimentato il primo collegamento in diretta, da costa a costa, all’interno di un telegiornale; apparvero contemporaneamente sugli schermi te-levisivi dei telespettatori le immagini del Golden Gate a San Francisco e del ponte di Brooklyn a New York. Da semplice elenco di notizie, i programmi di informazione ini-

1 L. CASTELLANI, La Tv dall’anno zero, Studium, Roma, 1995, p.30 2 Negli Stati Uniti le trasmissioni iniziano nel 1946, nel 1953 si hanno le prime esperienze a colori

mentre la Rai inizia le trasmissioni solo nel 1954

Page 6: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

5

ziarono ad adottare un approccio critico agli eventi. I giornalisti esprimevano, sempre più spesso le loro opinioni e, data la loro popolarità, riuscivano ad ottenere grandi con-sensi.

In America l’informazione iniziò ad essere subito anche “spettacolo” per l’immediatezza con cui le immagini e il commento raggiungevano direttamente il tele-spettatore. L’informazione giornalistica perfezionò la qualità delle immagini associate ai testi letti dal conduttore, la cui figura, all’inizio marginale alla narrazione delle notizie, diventò, gradualmente, di assoluta centralità. La sua popolarità ne fece un indiscusso opinion leader, colui intorno al quale la nazione si riconosceva nei momenti cruciali.

Per gli americani, ascoltare le “news” diventò un’abitudine irrinunciabile. In una so-cietà come quella americana dalle mille contraddizioni, dove vivono da sempre gruppi etnici e razziali diversi, il telegiornale diventò uno dei pochi appuntamenti che tutti ave-vano in comune. Il telegiornale permetteva di superare le distanze spaziali e temporali che separano i diversi stati, offrendo un quadro unitario di ciò che accadeva nella nazio-ne e nel resto del mondo.

In Italia, invece, la televisione nacque come monopolio di stato e fu controllata, fin dall’inizio, dalla Democrazia Cristiana allora partito di maggioranza.

La storia dell’informazione televisiva italiana può essere suddivisa in quattro fasi: • 1954-1961: inaugurazione della televisione in Italia il 3 gennaio 1954 e comple-

tamento della diffusione del segnale televisivo sul 90 per cento del territorio na-zionale;

• 1961- 1974: il 4 Novembre 1961 iniziano le trasmissioni del secondo canale e viene nominato direttore generale Ettore Bernabei;

• 1974-1979: riforma della Rai del 1975 che rende illegittimo il monopolio della Rai in ambito locale;

• 1979-ad oggi: legge Mammì ed inizio delle trasmissioni per i telegiornali delle reti Fininvest con la conseguente concorrenza tra i vari telegiornali.

1.1 La prima fase: 1954-1961

All’inizio degli anni Cinquanta l’Italia era un paese povero, la diffusione della tele-visione era lenta e la politica ne dominava tutte le scelte. In termini tecnici tutto era molto semplice perché una sola telecamera riprendeva gli avvenimenti, mentre una cen-trale e un ponte radio li trasmetteva. Le telecamere presentavano problemi per quanto riguardava l’illuminazione e i movimenti per cui i servizi erano molto semplici con una strutturazione elementare, il montaggio era un “pre-montaggio” realizzato “al volo” con le immagini fornite dalle telecamere. Il giornalismo televisivo imitava nello stile dei te-sti, nel linguaggio utilizzato e nella forma il giornalismo della carta stampata.

Il telegiornale, al suo inizio: “Punta cioè sul connubio tra giornale radio con il suo notiziario letto da una o più voci e il cinegiornale con i suoi minidocumentari di pochi minuti su questo o quell’avvenimento della politica o della cronaca (…) in questa pri-missima fase è più semplice e agevole raccontare verbalmente le notizie che mostrarle attraverso una serie di immagini filmate”.3 I primi telegiornali erano “letti” dallo speaker che annunciava le notizie guardando il foglio sulla scrivania mentre la teleca-mera lo riprendeva. “In questa prima fase i redattori del TG restano dietro le quinte, re-

3 L. CASTELLANI, La Tv dall’anno zero, Studium, Roma, 1995, p. 71.

Page 7: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

6

sponsabili (…..) della stesura dei testi, della scelta degli argomenti e della loro disposi-zione gerarchica”4.

Il primo telegiornale italiano andò in onda, ma in modo sperimentale, il 9 Settembre del 1952 e fu diretto da Vittorio Veltroni; si basava su tre modelli già sperimentati: il quotidiano, il cinegiornale dell’Istituto Luce e il radiogiornale. Dal 1954, anno di inizio ufficiale delle trasmissioni Rai, il telegiornale presentò, in primo luogo, i tratti distintivi del radiogiornale che aveva informato gli italiani fin dagli anni trenta. Il conduttore do-veva rimanere indifferente e distaccato dalla notizia ed il suo tono di voce doveva e-sprimere sicurezza ed oggettività. Questo accadeva mentre in America si stava affer-mando l’happy talk per cui i presentatori scherzavano per intrattenere i telespettatori e, per spezzare il ritmo della narrazione delle notizie, dialogavano con il metereologo o con il pubblico a casa, iniziando ad adottare la formula, così diffusa negli anni successi-vi, dell’infoteinement una formula che unisce l’ informazione con l’intrattenimento.

Il telegiornale presentava, in secondo luogo, molti dei caratteri del cinegiornale in cui le notizie venivano raccontate come fossero brevi filmati; in questo caso era forte il riferimento ai cinegiornali fascisti della Repubblica di Salò. Nel 1959 venne introdotto nello studio l’Ampex, che dava la possibilità di registrare qualsiasi avvenimento imme-diatamente su nastro magnetico, riducendo, così, la distanza temporale tra l’evento e la sua trasmissione. Uno schermo trasparente su cui scorrevano le immagini filmate e le fotografie relative alle notizie lette dal conduttore in studio aumentava, poi, la spettaco-larità della narrazione delle notizie.

1.2 La seconda fase: 1961- 1974 All’inizio degli anni Sessanta, l’economia italiana era in forte espansione ed in que-

sta situazione generale anche la televisione pubblica subì dei cambiamenti, pur rima-nendo sempre espressione della Democrazia Cristiana, iniziò ad aprirsi all’opposizione. Nel 1961 nacque Tribuna Politica, il telegiornale iniziò a diventare, come era accaduto in America, un punto di riferimento e un appuntamento irrinunciabile. In quegli anni migliorò la tecnologia con le prime telecamere portatili e si moltiplicarono le sequenze in esterni, la telecamera divenne molto più maneggevole e capace di offrire immagini migliori.

Per venire incontro ad una famiglia italiana che si interessava sempre più all’informazione, il 4 Novembre 1961 iniziarono le trasmissioni del secondo canale. La televisione sperimentò formule sempre nuove. Nel 1962 Sergio Zavoli inaugurò “Il pro-cesso alla tappa”, trasmissione sportiva sul Giro d’Italia che divenne un modello per il giornalismo televisivo in ambito sportivo. Nel 1963 nacque Tv7, un rotocalco televisivo che era il prolungamento del telegiornale, ciò consentì agli autori di iniziare a discostar-si dal modello di giornalismo offerto dalla carta stampata per approfondire, sul modello americano, formule proprie di una informazione realizzata per la televisione. Tv7 riuscì, con le sue inchieste, a trattare le notizie che il telegiornale non riusciva ad approfondire, ottenendo subito un grande successo perché il telespettatore era sempre più desideroso di informazione.

Il telegiornale venne sottoposto ad un processo di modernizzazione, lo studio si ar-ricchì della presenza di quattro scrivanie e venne condotto da diversi giornalisti che in-

4 Ibidem, p. 72.

Page 8: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

7

trodussero uno stile molto più colloquiale. Il 6 Settembre 1965 entrò in funzione la re-dazione giornalistica della sede di Londra; i giornalisti poterono fornire informazioni sempre più dettagliate anche dall’estero ed iniziarono le corrispondenze dalle principali capitali europee e dal resto del mondo.

Ciò era inevitabile anche in seguito ai grandi avvenimenti di quel periodo. Tra il 1968 e il 1969 il telegiornale realizzò il collegamento via satellite in seguito all’uccisione di Bob Kennedy e allo sbarco sulla Luna seguito in diretta, in una lunga trasmissione, con Tito Stagno da Roma e Ruggero Orlando in collegamento dagli Stati Uniti.

Nel 1969 nacque AZ un fatto come perché, che, già nel titolo, indicava il tentativo di approfondire, con delle inchieste, problemi solo annunciati dal telegiornale. Nei primi anni Settanta iniziarono ad essere trasmessi i primi notiziari delle tv locali e si assistette a continui miglioramenti. Venne introdotto l’Ampex VR 3000 con cui era possibile rea-lizzare reportages giornalistici attraverso un sistema di videoregistrazione elettronica portatile. Il 24 Settembre 1974 iniziò a trasmettere Telemilanocavo, una televisione di proprietà dell’imprenditore Silvio Berlusconi che serviva, via cavo, il nuovo centro re-sidenziale di Milano 2.

1.3 La terza fase: 1974-1979 In questa fase la televisione italiana subì importanti trasformazioni per quanto ri-

guarda il numero delle emittenti televisive in Italia, l’espansione dei palinsesti, la natura delle trasmissioni e i modelli di produzione. Nel 1975, la riforma della Rai , separò le tre reti Rai e rese illegittimo il monopolio in ambito locale. Il telegiornale del secondo canale (Tg2) che aveva cercato di intrattenere un rapporto più colloquiale con i telespet-tatori, introdusse una novità: i telespettatori potevano telefonare in diretta e porre delle domande che venivano, poi, approfondite in “Studio Aperto”, nella seconda parte del telegiornale. Nel 1979 iniziarono anche le sperimentazioni relative al telegiornale del terzo canale che doveva trattare notizie relative all’informazione regionale oltre che a quella nazionale.

1.4 La quarta fase: 1979 ad oggi Nel corso degli anni Ottanta cambiò il modello televisivo di impaginazione ed espo-

sizione del testo scritto. Il giornalista che leggeva ed ancora ricordava lo “speaker”, venne sostituito gradualmente dal conduttore che caratterizzava, con la sua presenza, la conduzione dell’intera edizione. Nel 1982 “Italia 1” di proprietà di Silvio Berlusconi mandò in onda, in ambito regionale, in Lombardia, un telegiornale privato. Tra il 1984 e il 1985, le tre reti Rai vennero divise tra i tre maggiori partiti politici e fu introdotto il meter uno strumento di rilevazione dell’audience che permetteva di verificare, su un campione di 630 famiglie, il numero degli ascoltatori di un singolo programma. Nel 1987 Canale 5 iniziò la sperimentazione di una vera e propria edizione di telegiornale con Studio 5 e, nel 1988, con il rotocalco Dentro la notizia. Il Tg3 nel 1988 inaugurò due nuove edizioni così come era accaduto per i telegiornali degli altri canali che, alla tradizionale edizione delle 20 per il Tg1 e delle 20 e trenta per il Tg2 avevano affiancato altre edizioni. Il Tg3 riuscì ad imporsi con un genere nuovo che privilegiava il dialogo

Page 9: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

8

con la gente comune ed era attento ai temi della vita sociale del paese. L’approvazione della legge Mammì nel 1990 concesse alle Tv private la diretta su

tutto il territorio nazionale e la possibilità di realizzare dei telegiornali. La concorrenza, anche sul terreno dell’informazione, si rivelò un impulso positivo perché i telegiornali diventarono più moderni, completi e curati.

Nel Febbraio 1991 iniziarono le trasmissioni di Studio Aperto su Italia 1 che, però, diventò un vero telegiornale solo nel 1992; partì con sei edizioni quotidiane ed era diret-to da Emilio Fede; al suo interno presentava delle finestre su Canale 5 chiamate Canale 5 News. Il 13 Gennaio 1992 nacque, invece, il TG5. La caratteristica dei telegiornali della Fininvest era il ruolo nuovo del conduttore per cui il direttore diventava, sul mo-dello dell’anchorman americano, egli stesso il conduttore del proprio telegiornale. Si in-trodussero, inoltre, immagini, servizi filmati molto rapidi e molta cronaca. A differenza del servizio pubblico offerto dalla Rai, la Fininvest riprese il modello di funzionamento dei networks americani che concorrevano sul mercato perseguendo il profitto aziendale attraverso la vendita di spazi pubblicitari ed inserendo “commercials” anche all’interno delle trasmissioni di informazione.

Il telegiornale venne costruito come uno spettacolo interessante, vivace, ricco di immagini, molto più vicino al modello narrativo che diverte e coinvolge anche dramma-ticamente il telespettatore. Per tutto il 1992 il Tg5 adottò una strategia editoriale che lo portò a riempire il sommario per il 63% con notizie di cronaca sia italiana che estera, poi, nel 1993, la redazione pose l’accento sulle notizie di politica ed adottò un linguag-gio ricco di metafore ed iperboli. In questi anni, i telegiornali di tutte le reti presentava-no uno schema di impaginazione molto veloce, in genere quindici notizie in tutto, la maggior parte lette dal conduttore con un approfondimento di sette, otto di queste. I te-legiornali diventarono, oltre ad un efficace mezzo di informazione, anche l’occasione per ritrovare valori comuni, esprimere lo stesso sdegno, la stessa ammirazione, la stessa solidarietà. I telegiornali impararono a sfruttare al massimo le caratteristiche della co-municazione televisiva: un sistema di rappresentazione complesso in cui interagivano immagini in movimento, parole e musica.

L’agenda quotidiana era ricchissima di avvenimenti e le redazioni dovevano com-piere, in base al loro pubblico di riferimento, una selezione delle notizie. La scelta veni-va operata in base ai criteri di notiziabilità: un fatto, per essere trasmesso doveva ri-guardare gli interessi della nazione, il maggior numero possibile di persone e presentare caratteri di novità e di visibilità. Il dato più interessante di questi ultimi anni è la ricerca da parte dei telegiornali dell’aspetto emotivo nella conduzione e nella narrazione degli avvenimenti. I telegiornali cercano di sfruttare al massimo le potenzialità della comuni-cazione televisiva e con la diretta, rafforzano l’effetto di immediatezza facendo sentire il telespettatore partecipe, in prima persona, allo svolgimento dell’ evento.

Per rafforzare quest’ultimo aspetto si utilizzano, a livello linguistico, tecniche speci-fiche che mirano ad includere il telespettatore nella struttura narrativa. Si fa, spesso, ri-corso all’interpellazione per cui il conduttore si rivolge direttamente al pubblico a casa e all’identificazione per cui il telespettatore si riconosce in alcune figure coinvolte nella narrazione della notizia come i passanti spesso sollecitati dall’intervistatore a commen-tare fatti del giorno. Inoltre, gli studi sono diventati spazi sempre più aperti alla presenza in studio di più giornalisti e ricchi di elementi che fanno da cornice alla narrazione degli avvenimenti proprio per sottolineare la trasparenza del lavoro giornalistico.

Page 10: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

9

Capitolo secondo

I criteri di notiziabilità

1. Il concetto di notizia Nel linguaggio del giornalismo televisivo il concetto di notizia è centrale perché non

tutto ciò che accade è una notizia; un avvenimento diventa notizia se è capace di produr-re informazione. Violette Morin ha rintracciato una dicotomia tra notizie definite dimo-strative e notizie definite fabulative: “Le prime sono quelle di cui il pubblico conosce già diversi aspetti, è cioè già parzialmente informato; le seconde, invece, sono quelle di difficile decifrazione per cui si richiede una maggiore durata nell’esposizione e l’utilizzo di un linguaggio appropriato e più dettagliato”1. Inoltre, le notizie non rappre-sentano tutta la realtà ma solo una parte di essa, la parte che si è deciso di mettere in ri-salto attraverso una selezione rispondente a vari criteri e al pubblico che si è scelto co-me riferimento. Negli Stati Uniti si parla, a tale proposito, di gatekeeper (guardiano del-la porta) colui che ha il potere di decidere cosa rende un avvenimento tale da diventare una “notizia”. Secondo Tuchman, tre sono i requisiti a cui i giornalisti devono attenersi per trasformare gli avvenimenti in notizia: “ 1. devono rendere possibile il riconoscere un accadimento (compresi quelli eccezionali) come evento notiziabile; 2. devono elabo-rare modi di riportare gli eventi, che non tengano conto della pretesa di ogni accadimen-to a una trattazione idiosincratica; 3. devono organizzare il lavoro temporalmente e spa-zialmente in maniera tale che gli eventi notiziabili possano affluire ed essere lavorati in modo pianificato.”2 Non tutti gli avvenimenti hanno la capacità di diventare delle noti-zie, l’agenda quotidiana è oggi ricchissima di eventi e ogni redazione, costruisce il rac-conto di un avvenimento in modo diverso, perché influenzata dagli interessi politici ed economici di cui è l’ espressione e che condizionano l’interpretazione stessa dei fatti. Importante, per il telegiornale, data la rapidità nell’esposizione delle notizie, è proprio il modo in cui un fatto viene presentato e narrato. Attualmente le redazioni delle varie reti approfondiscono solo gli aspetti che ritengono più interessanti per il proprio pubblico di riferimento in quanto l’elevato numero di testate rende necessario rivolgersi ad un pub-blico specifico che possa riconoscersi in valori comuni.

1 G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, Carocci, Roma, 1998, p. 57. 2 G. TUCHMAN, The Exception Proves the Rule: The study of Routine News Practice, in P. Hirch,

P. Miller, F. Kline (eds) Strategies for Communication Research, Sage Annual Reviews of Communica-tion Research, vol.6, Sage, Beverly Hills, 1977 (riportato in M.WOLF, Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano, 1985, p.45

Page 11: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

10

2. I principali criteri di notiziabilità

Per Gianni Faustini i criteri di notiziabilità possono suddividersi in cinque categorie:

i criteri strutturali, quelli relativi al prodotto giornalistico, quelli relativi al mezzo, quelli relativi al pubblico ed, infine, quelli relativi alla concorrenza.

• I criteri strutturali

Per quanto riguarda i criteri strutturali, un evento deve essere considerato alla luce di:

a) il grado e livello dei soggetti coinvolti, il prestigio sociale: un avvenimento può diventare più facilmente una notizia televisiva se riguarda personaggi noti, un banale incidente al Papa è più notiziabile, facendo riferimento ad una vera e pro-pria scala gerarchica di un incidente, anche più grave, ma che ha coinvolto un cittadino non noto al grande pubblico.

b) L’impatto sulla nazione e sull’interesse nazionale: un evento è notiziabile se ri-sulta significativo per il telespettatore, se si trova all’interno del suo contesto di riferimento. Molti avvenimenti non diventano notizia proprio perché non hanno presa sull’interesse nazionale.

c) L’ impatto internazionale e lo sviluppo di un’idea condivisa di progresso: la ri-levanza di notizie che riguardano la cura di malattie gravi ed incurabili è molto forte, esiste una scala di valori per le notizie scientifiche che sottintendono un’idea di progresso mondiale: la scoperta di un farmaco per la cura dell’AIDS è più notiziabile della scoperta di una nuova luna di Giove.

d) La vicinanza: la prossimità fisica, culturale, politica ed ideologica al contesto di riferimento dei telespettatori rende un avvenimento più notiziabile di un altro importante ma lontano nei suoi effetti e nell’interesse suscitato.

e) La quantità di persone coinvolte: una nube radioattiva che uccide poche persone ma può danneggiarne migliaia ha già, in sé, tutte le caratteristiche per diventare una “notizia”.

f) La conflittualità: un evento che si presenta nella sua dimensione conflittuale ha molte possibilità di interessare il telespettatore, soprattutto se anche lui vive la stessa situazione di conflitto. Spesso i giornalisti presentano le notizie assegnan-do loro un valore di conflittualità che è, in realtà, solo latente. Un esempio, in questo senso, è costituito dalle notizie sportive in cui predominano i richiami a conflitti tra i giocatori, gli allenatori e le tifoserie, l’uso dei termini “guerra”, “scontro”, “resa dei conti”, secondo un vero e proprio codice militare, sono fun-zionali al valore conflittuale che si vuole attribuire ad una notizia.

g) La rilevanza e significatività dell’evento rispetto a sviluppi futuri: una notizia che sembra all’apparenza poco interessante deve essere valutata facendo atten-zione ai suoi possibili sviluppi nel tempo.

• I criteri relativi al prodotto giornalistico

Per quanto riguarda i criteri relativi al prodotto giornalistico si distinguono:

Page 12: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

11

a) La brevità: la brevità è un valore notizia molto importante per il giornalismo te-levisivo. Le notizie devono essere stringate, essenziali anche se non bisogna pre-scindere dagli elementi essenziali alla loro comprensione. Dal momento che la soglia di attenzione durante l’ascolto è più bassa di quella che si attua durante la lettura, è indispensabile che il giornalista scelga notizie “brevi” che si prestano, cioè, ad una narrazione esauriente ma veloce della vicenda.

b) La novità: questo criterio è fondamentale perché la capacità di interessare il tele-spettatore risiede anche nella capacità di presentare notizie impreviste ed inatte-se, capaci di incuriosire e sorprendere.

c) L’attualità: l’attualità è un valore-notizia molto importante perché una notizia “fresca” è più facilmente narrabile di una “datata”.

d) Il ritmo: è un criterio strettamente connesso al mezzo utilizzato. La televisione ha un suo ritmo e diventano notizie quegli avvenimenti il cui ritmo di narrazione si adatta meglio a questo mezzo.

e) La completezza: il criterio della completezza non significa solo selezionare gli avvenimenti che forniscono il massimo dell’informazione ma anche quelli che permettono di presentare le possibili diverse posizioni sull’argomento trattato.

f) La chiarezza del linguaggio: Il telespettatore, a differenza del lettore, non può tornare su ciò che ha ascoltato; se la chiarezza è poco presente, la comprensione della notizia risulta più difficile.

g) Gli standard tecnici: un avvenimento ha più possibilità di diventare notizia se si adatta agli standard tecnici del mezzo. La morte di Giovanni Falcone produsse un “vuoto informativo” dovuto all’impossibilità di far risaltare la notizia a causa dell’assenza di immagini.

h) La comunicabilità: la trasformazione di un evento in notizia è facilitata dalla semplicità nella sua interpretazione.

• I criteri relativi al mezzo

Per quanto riguarda i criteri relativi al mezzo si deve fare attenzione a:

a) la qualità: la trasmissione di una notizia al telegiornale è favorita dalla disponi-bilità di un buon materiale filmato. E’ un criterio importante per il giornalismo televisivo in cui il codice visivo è importante quanto quello verbale ed in cui, a volte, è possibile mandare in onda anche immagini senza commento. In questo modo il giornalista fa risaltare il senso della drammaticità di immagini riprese in situazioni di emergenza in cui l’ “effetto realtà” è massimo.

b) La frequenza: una notizia diventa tale se la sua frequenza coincide con quella del mezzo di informazione come è accaduto in Italia per le notizie a cadenza giornaliera dell’inchiesta su “Mani pulite”.

c) Il formato: se gli avvenimenti non hanno un formato tale da poter essere narrate in televisione, non diventano notizia.

• I criteri relativi al pubblico

Nell’analizzare i criteri relativi al pubblico risaltano:

Page 13: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

12

a) L’ identificazione: i giornalisti dovrebbero selezionare le notizie nelle quali il pubblico dei telespettatori può identificarsi più facilmente.

b) Il servizio: questo criterio permette di selezionare le notizie che svolgono una funzione di servizio ed incrementano le competenze dei telespettatori fornendo informazioni di pubblica utilità.

c) Le conseguenze pratiche: strettamente legato al criterio del servizio, questo cri-terio permette di selezionare le notizie che hanno conseguenze pratiche nella vita quotidiana dei telespettatori come, per esempio, lo sciopero dei mezzi di traspor-to.

d) La non eccessiva informatività: una notizia, per essere tale, deve rispettare il li-vello di informatività che i telespettatori si aspettano, l’equilibrio tra gli elementi informativi imprescindibili e gli elementi ridondanti, necessari al corretto inqua-dramento contestuale della notizia, è decisivo per la corretta interpretazione da parte dei telespettatori.

• I criteri relativi alla concorrenza

Per quanto riguarda, infine, i criteri relativi alla concorrenza bisogna considerare:

a) Le aspettative incrociate: i media di oggi agiscono all’interno di quello che può essere definito “sistema di comunicazione”, le relazioni reciproche permettono di parlare di “intertestualità” tra le diverse testate e i diversi mezzi di informa-zione. Molte notizie vengono selezionate solo nella previsione che anche le altre testate faranno lo stesso. Inoltre le stesse notizie vengono selezionate mettendo in risalto particolari a volte meno significativi ma di cui si ritiene non parlerà la testata concorrente, per produrre, in questo modo, una differenziazione dell’informazione offerta”3.

3. La classificazione di Violette Morin

Per Violette Morin le notizie presentate dal telegiornale hanno un’ambiguità che la studiosa definisce “ retorica dell’ambivalenza” nel senso che ogni notizia è nello stesso tempo spettacolare poiché deve catturare l’attenzione del pubblico e presentata come certa per legittimare la testata e rassicurare i telespettatori.

Le notizie vengono classificate dalla Morin in quattro categorie, si ha, così:

a) il fattuale dipendente dal discorsivo: le notizie sono ricostruite a partire dal loro disvelamento, sono smontate e rimontate per essere dimostrate e si presentano come passate, irreversibili e di conseguenza rassicuranti, razionali. Notizie di questo tipo sono, per esempio, quelle riguardanti gli esiti dei referendum;

b) il fattuale distinto dal discorsivo: l’evento è rappresentato nel suo farsi, la noti-zia è viva e reversibile, quindi coinvolgente. Notizie di questo tipo sono quelle sulle strategie che i vari partiti vanno delineando;

3 Cfr. G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op.cit., pp. 68-72

Page 14: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

13

c) il fattuale staccato dal discorsivo: la notizia inizia in un sistema e si conclude in modo imprevedibile in un altro. Si tratta di notizie prettamente scandalistiche, eccezionali o irrazionali;

d) il fattuale complementare al discorsivo: gli eventi sono presentati come ancora in atto ma hanno un inizio ed una fine molto chiari. Le notizie di questo tipo so-no rassicuranti perché il loro sviluppo si può in qualche modo prevedere, al tem-po stesso coinvolgenti perché il telespettatore può partecipare alla loro evoluzio-ne.

Le classificazioni e i criteri per analizzare e selezionare le notizie sono molti, non

sono dati una volta per tutte e spesso scaturiscono dalla sensibilità dei giornalisti, che intrecciano i vari elementi tra loro in base anche al diverso momento e alle diverse cir-costanze.

Una suddivisione delle notizie più schematica è, per esempio, quella anglosassone tra hard news e soft news: “Le prime riguardano, almeno nella tradizione giornalistica anglosassone, le notizie urgenti, drammatiche, importanti per la vita politica, mentre le seconde si concentrano su fatti di costume e informazioni di servizio (…..) In sostanza le hard news trattano i fatti, mentre le soft news sono notizie di secondo piano o prive di una precisa collocazione temporale”.4

Quali che siano i criteri adottati il linguaggio del giornalismo televisivo presuppone, comunque, la narrazione di una storia, l’interpretazione di un avvenimento e l’individuazione dei suoi aspetti principali. Il giornalista è soprattutto un narratore per-ché le sue parole, sostenute da determinate immagini, producono sempre un racconto e richiedono un senso.

4 Ibidem, p.73

Page 15: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

14

Capitolo terzo

Il linguaggio del giornalismo televisivo 1. Il linguaggio e la televisione

Il linguaggio del giornalismo televisivo ha elaborato, nel corso degli anni, delle ca-ratteristiche proprie tali da differenziarlo notevolmente dal linguaggio utilizzato nel giornale su carta. La prima caratteristica è rappresentata dal limite del tempo, mentre si può sfogliare un giornale su carta, dare “una scorsa” ai titoli e leggere poi, con calma, gli articoli più interessanti, nel telegiornale la possibilità di andare avanti e indietro per tornare ai particolari che sono sfuggiti o che non sono stati compresi dal telespettatore è del tutto impraticabile. Sostiene Isabella Pezzini: “Se Piccone Stella avesse avuto il tempo di aggiornare il proprio codice ad uso di quelli che sarebbero divenuti telecroni-sti, probabilmente nella sua trilogia del parlare poco, pochissimo o per niente riservata ai radiocronisti, avrebbe addirittura cancellato la prima ipotesi esortando invece a lavo-rare esclusivamente sul pochissimo o, in alcuni casi, addirittura, meglio, sul per nien-te”1.

Il linguaggio del giornalismo televisivo è diventato, proprio per la mancanza di tem-po a disposizione, estremamente chiaro e semplice, in grado di catturare e mantenere viva l’attenzione del telespettatore in ogni momento in cui egli si collega all’edizione della rete.

Il carattere peculiare della televisione è dato: “Dal rapporto necessitante, univoco, irripetibile, fra l’emittente e il fruitore, un rapporto che vive nell’hinc et nunc”2 per cui: “La caratteristica che distingue le notizie date dalla televisione è la loro brevità, un ser-vizio per il telegiornale dura, in media, un minuto e trenta secondi, solo ai servizi più approfonditi vengono concessi tempi più lunghi. Due minuti e quarantacinque secondi o, addirittura tre minuti, sono sufficienti per spiegare al pubblico argomenti estrema-mente complessi come, per esempio, il “Maxiprocesso” in cui furono processati 400 mafiosi. Si ritiene che l’approfondimento vero e proprio spetti ai giornali o ad altri ge-neri di programmi televisivi come gli special e i documentari” 3 e non alla televisione. Quest’esigenza ha portato le redazioni a fare molta attenzione al modo in cui vengono narrate le notizie, l’informazione viene presentata attraverso la costruzione di “story” cioè di piccole storie con un inizio, un filo conduttore rappresentato dalla trama attorno

1 I. PEZZINI, La TV delle parole, Eri VQPT, Roma, 1999, p. 190. 2 L. CASTELLANI, La Tv dall’anno zero, op. cit., p. 49. 3 W. ACHTNER , Il reporter televisivo, McGraw-Hill, Milano 1997, p. 43.

Page 16: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

15

alla quale ruotano i particolari, le cause e le conseguenze e, in ultimo, un finale di im-mediata comprensione.

La forte schematizzazione, realizzata anche attraverso l’uso delle figure tipiche dei racconti, in modo particolare la contrapposizione tra eroi ed antieroi, vittime e carnefici, vincitori e vinti, facilita enormemente i processi di memorizzazione tipici del contesto orale in cui l’informazione è parlata ed in cui si instaura un dialogo con l’altro.

“Si parla molto in televisione: la televisione ci parla. Si parla a tal punto, in televi-sione, ed evidentemente d’altra parte guardandola si guarda parlare a tal punto, da ren-dere giustificata la ricorrente ripresa dell’ipotesi secondo cui essa sarebbe portatrice di una forma di neo-oralità.”4 Il linguaggio si presenta, infatti, con una forte presenza di figurazioni paratattiche basate sulla coordinazione delle frasi anziché ipotattiche basate cioè su frasi tra loro subordinate (causali, ipotetiche, temporali, concessive), si tratta di uno stile parlato che utilizza espressioni comuni, periodi brevi e costrutti molto sempli-ci. Il linguaggio del giornalismo televisivo non usa, infatti, superlativi, evita le coppie di aggettivi, i termini tecnici e scientifici, le forme arcaiche e metaforiche, i vocaboli stra-nieri. Questi ultimi, in modo particolare, vengono utilizzati solo se esprimono un con-cetto difficile da rendere in italiano con la stessa accuratezza e precisione. Questo acca-de, per esempio, quando si lasciano invariati termini stranieri come self-made man o co-cktail party considerati più comprensibili dal pubblico dell’equivalente traduzione in i-taliano. Questi accorgimenti permettono all’informazione televisiva di entrare subito nel “vivo” della narrazione, di non distrarre il telespettatore con particolari irrilevanti e con cui egli non ha nessun tipo di familiarità.

Per questo stesso motivo non si fa uso di litòti: le negazioni delle negazioni disorien-tano l’ascoltatore e ne compromettono la comprensione della notizia. Si evitano i voca-boli di uso regionale e i dati statistici le cui cifre vengono, di solito, arrotondate per ren-derne la comprensione più semplice e veloce. Anche se in televisione le immagini han-no un peso determinante, il linguaggio verbale resta uno strumento importantissimo per la corretta ricezione dell’informazione televisiva. A questo proposito molti ritengono, a ragione, che il linguaggio del giornalismo televisivo abbia costituito un modello di rife-rimento per la lingua italiana media tanto che è stato proposto come una delle cause più rilevanti dell’integrazione linguistica nazionale.

“Si tratta di un linguaggio a metà strada tra l’italiano scritto e quello parlato, i testi delle notizie sono scritti secondo le regole dell’italiano giornalistico con frasi nominali cioè con un uso minimale del verbo e parole di moda, ma le notizie sono raccontate in modo libero inserendo molte espressioni proprie della lingua parlata come “buonasera” “scusate” “ecco” “dunque” “adesso vedrete” “cerchiamo di parlare con”. Si tratta di un italiano medio, molto articolato e differenziato in base ai settori di riferimento e agli argomenti trattati, la politica e lo sport sono caratterizzati da parole specialistiche, altri settori come, per esempio, la cronaca, privilegiano un linguaggio più popolare, il settore della cultura richiede, invece, sempre, un linguaggio aulico e ricercato.”5

Anche i ruoli influenzano il lessico utilizzato; un intervistato può permettersi di es-sere più dialettale dell’intervistatore, l’inviato “in diretta” per un evento emozionante si esprime con espressioni più vive e meno standardizzate di quelle impiegate in studio dal conduttore. Anche nell’intervista, considerata la base del giornalismo televisivo, il regi-stro verbale viene adattato per una più rapida comprensione della notizia narrata.

4 I. PEZZINI, La Tv delle parole, op.cit, p. 13. 5 Cfr. G.FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op. cit., pp. 60-63.

Page 17: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

16

2. L’intervista

L’intervista è il momento più caratteristico del giornalismo televisivo: “In televisio-ne, questo particolare tipo di colloquio tra due persone- l’intervistatore e l’intervistato-pone innanzitutto il problema dell’inquadratura. Il giornalista, oltre della scelta delle domande, deve, infatti, preventivamente preoccuparsi della posizione propria e di quella dell’intervistato”.6 Per Papuzzi l’intervista è la forma di comunicazione giornalistica più tecnica: “Non ci sono avvenimenti da vedere o da raccontare: l’avvenimento è l’intervista. Anche se l’intervistato viene interrogato su qualcosa di specifico, l’avvenimento che genera la notizia è il fatto che egli ne parli. Sul telespettatore l’intervista esercita un fascino particolare perché lo mette a tu per tu con persone che, nella maggior parte dei casi, molto difficilmente egli avrebbe la possibilità di conoscere. Si pongono domande a chi possiede una competenza, un sapere scientifico e tecnico ma non possiede il linguaggio della comunicazione: attraverso le risposte e la mediazione del giornalista che le traduce in linguaggio comune, le conoscenze dell’intervistato di-ventano accessibili al pubblico.”7

L’intervista può essere, poi, condotta con una o più telecamere. Nel caso dell’intervista condotta con una sola telecamera: “La soluzione più immediata è quella di inquadrare insieme intervistato ed intervistatore, posti uno di fronte all’altro, e quindi di profilo rispetto alla telecamera. Questa inquadratura è però piuttosto noiosa, perché, esclude completamente il telespettatore dalla conversazione. Meglio allora piazzare la telecamera in modo da avere l’intervistato di faccia piena, e quindi in contatto diretto attraverso gli occhi con il pubblico a casa, e l’intervistatore di quinta. Per ottenere que-sto è necessario sistemare i due soggetti delle riprese in modo che l’intervistatore sia di fronte all’intervistato, leggermente spostato verso un lato della telecamera. L’inquadratura di partenza è il Piano Americano che consente di mostrare l’intervistato e una parte sufficiente di sfondo (…..). Allargando (zoom out), appare la spalla dell’intervistatore, e questo risulta quindi un modo per presentare l’altro soggetto dell’intervista fin dalla prima domanda. Stringendo (zoom in ), si ottengono i Primi Pia-ni, a scelta”8.

Per Roberto Quintini, un ruolo essenziale è svolto dai controcampi9indispensabili nel caso in cui l’intervista non è in diretta. La fase di montaggio che ne deriva, permet-te, intercalando le domande e le risposte, di dare al telespettatore l’impressione che i due soggetti stiano parlando tra loro pur essendo ripresi da due angoli visuali opposti. Nel caso dell’intervista condotta con due telecamere, la conduzione diventa più semplice, entrambe, però, devono avere lo stesso tipo di inquadratura: “Anche in questo caso, co-munque, è bene provvedere a pianificare prima dell’inizio delle riprese qualche stacco (…) che possa servire a spezzare il ritmo da ping- pong di un’intervista in cui si susse-guono domande e risposte”.10

Di particolare importanza è, poi, il luogo in cui essa si svolge. Il luogo le conferisce determinate convenzioni, nello studio televisivo prevale la forza della figura

6 R. QUINTINI, Giornalista TV, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 2003, p. 108. 7 A. PAPUZZI, Manuale del giornalista, Donzelli, Roma, 1993, p. 67. 8 R. QUINTINI, Giornalista TV, op.cit., p. 110. 9 I controcampi si ottengono mettendo la telecamera vicino all’intervistato ed inquadrando il giornali-

sta che deve guardare in direzione opposta a quella in cui guarda l’intervistato. 10 R. QUINTINI, Giornalista TV, op.cit., p. 112.

Page 18: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

17

dell’intervistatore se, viceversa, essa si svolge nel luogo di lavoro dell’intervistato o nel-la sua casa: “Questa volta è l’intervistatore a dover accettare l’impostazione e le regole di chi gioca in casa” 11.

A volte il tono confidenziale che il conduttore utilizza è funzionale al fatto di dare al telespettatore la possibilità di osservare l’ospite da una prospettiva da cui non lo si era mai visto prima, di creare un contatto nuovo e più amichevole. Spesso gli ospiti sono degli esperti, dei giornalisti, dei politici la cui presenza in studio fornisce una testimo-nianza ed un giudizio competente su un determinato avvenimento amplificando l’effetto di realtà prodotto dalla presenza in studio di una persona estranea all’“entourage” del telegiornale, introducendo il piacere dello scambio di opinioni e rendendo la trasmissio-ne dell’informazione più vivace ed interessante.

L’apparato televisivo influenza notevolmente il linguaggio utilizzato dall’intervistatore: “Nelle interviste del TG in cui l’apparato televisivo è presente in maniera massiccia ed istituzionale, abbondano i deittici, gli elementi fàtici e le osserva-zioni metalinguistiche, si ha l’impressione che l’intervistatore si identifichi con l’apparato che sta comunicando e che l’intervistato figurativizzi il pubblico.”12 In questo caso la funzione dialogica che ne scaturisce fa ricorrere alla formula del “noi-esclusivo”, il cui obiettivo è l’identificazione del conduttore con la propria testata attra-verso l’utilizzo di espressioni tipiche come: “dal nostro inviato”, “la nostra inchiesta”, “il nostro servizio”. Queste espressioni verbali conferiscono prestigio alla redazione il cui prodotto giornalistico viene presentato come esclusivo mentre fanno sentire il tele-spettatore parte di un organismo che interpreta nel modo migliore la sua richiesta di in-formazione.

A volte il linguaggio svolge una funzione dialogica diversa: il conduttore diventa e-gli stesso telespettatore, la formula dialogica utilizzata diventa allora quella del “noi-inclusivo” in cui prevalgono espressioni come: “noi ora ci colleghiamo”, “noi vediamo di comprendere”, “noi la ringraziamo per il suo intervento”. Il conduttore adotta un linguaggio confidenziale che fa uso di frasi come “ancora”, “torna in primo piano”, “ve lo ricordiamo”, “come vi avevamo detto ieri”, “non perdete l’edizione di questa sera”, “ulteriori approfondimenti li avrete nell’edizione speciale curata da” In questo caso l’obiettivo è quello di creare nel telespettatore fiducia e fedeltà nei confronti dell’informazione offerta dalla propria rete.

Per Papuzzi la forma dialogata si differenzia di volta in volta: “Ci sono stili diversi da adattare alle esigenze del caso e del giornale. Non esiste un modello unico di intervi-sta, secondo gli intervistati e secondo le circostanze, il tono del dialogo può essere col-loquiale e amabile, asciutto e incisivo, incalzante e aggressivo.” 13

Queste differenze si applicano anche ai generi giornalistici, perché il linguaggio del giornalismo televisivo presenta una base di nozioni e di pratiche sostanzialmente unita-ria ma, al suo interno, si possono distinguere dei generi che: “Corrispondono alla tradi-zionale ripartizione delle notizie in aree convenzionali che rispecchiano peculiarità lin-guistiche, vale a dire teoriche e tecniche”14. Il problema della notizia economica, per e-sempio, è la doppia identità del pubblico di riferimento, quello dei semplici cittadini e quello del mondo degli affari. Il linguaggio adottato è, anche nelle sue semplificazioni,

11 G.BETTETINI, L’intervista nel telegiornale:cos’è e come si fa, Eri, Torino, 1984, p.199 12 Ibidem, p. 177. 13 A.PAPUZZI, Manuale del giornalista, op.cit., p. 68. 14 Ibidem, 159

Page 19: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

18

molto tecnico e specifico, le parole reddito nazionale, debito pubblico, differenziali di inflazione, bilancio consolidato difficilmente vengono spiegate dal conduttore.

Il linguaggio utilizzato nelle notizie di sport è, invece, più creativo e metaforico, vi prevale l’uso di regionalismi, dialettismi, gergalismi, semplificazioni sintattiche. “La lingua dello sport è stata costruita in una progressione di immagini che sono entrate nel linguaggio comune come le locuzioni verbali gioco pesante (dal calcio) tirare la volata (dal ciclismo) e le espressioni come fare melina, stoppare, marcare”15.

Tutte queste considerazioni riguardano anche la sintassi. Le espressioni vengono sempre articolate secondo lo schema soggetto-predicato-complemento, isolate o coordi-nate dalle congiunzioni tra cui prevale l’uso della “e” per legare ogni servizio preceden-te al servizio successivo; all’interno di questo schema si trovano, poi, ulteriori differen-ze, un testo scritto per lo sport è più orale di un testo scritto per informare il telespettato-re su un avvenimento che riguarda la cultura e un servizio filmato presenta una sintassi più complessa di quella utilizzata durante un’intervista in cui prevale, invece, l’improvvisazione e la spontaneità tipiche della lingua parlata. 3. Il lead

L’esigenza fondamentale del linguaggio del giornalismo televisivo è, comunque, la semplicità; la sintassi deve essere chiara e dovrebbe sempre aprirsi con una trovata che catturi immediatamente l’attenzione del telespettatore. Nella comunicazione televisiva l’attacco con cui si introduce una notizia è fondamentale per la ricezione delle informa-zioni in essa contenute. Per gli americani l’attacco prende il nome di “lead” e svolge la funzione di guida alla lettura, il lead indica al telespettatore quale strada percorrere: “Scrivo da un paese che non esiste più condensava il significato della tragedia del Va-jont”16. Negli anni Cinquanta il lead coincise con l’uso delle cinque “w”: chi (who) do-ve (where), quando (when), che cosa (what) e perché (why); le prime righe del pezzo dovevano contenere le risposte alle domande chi, dove, quando, cosa e perché. Nel giornalismo televisivo di oggi, il lead svolge la funzione di permettere al telespettatore di afferrare “al volo” il significato e il contenuto della notizia. Per Alberto Papuzzi: “Un problema particolare per quanto riguarda il lead è posto dalla formula standard degli at-tuali telegiornali in cui i servizi vengono introdotti dal conduttore. La sua breve presen-tazione della notizia, in genere non più di venti secondi, è una forma di lead, per la qua-le gli americani hanno creato il termine di lead-in. Si tratta di un attacco così stringato da essere impostato su elementi che non sono rilevanti per i contenuti della notizia ma che rispecchiano l’atmosfera che circonda l’avvenimento favorendo il coinvolgimento emozionale del telespettatore.” 17

Il pezzo, poi, si costruisce effettuando: “Un vero e proprio montaggio dei vari ele-menti che ne costituiranno la struttura narrativa; al chi e al che cosa si aggiunge il “co-me” e la chiusura. Non esiste una regola univoca per effettuare il montaggio del pezzo, anche perché essa si relaziona al tipo di notizia”18 e alla sua collocazione nel telegiorna-le. A questo proposito, un giornalista può assumere un punto di vista particolare attra-

15 Ibidem, p. 190. 16 G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op. cit. p. 180. 17 A.PAPUZZI., Manuale del giornalista, op.cit., p. 137. 18 G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op.cit., p. 89

Page 20: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

19

verso il quale focalizzare il testo, si può avere, così, una focalizzazione interna e una fo-calizzazione esterna:

• la focalizzazione interna si ha quando il narratore assume il punto di vista di uno dei soggetti dell’avvenimento;

• la focalizzazione esterna si ha quando il narratore sa meno dei soggetti coinvolti nell’avvenimento e racconta in modo “oggettivo” gli eventi.

La focalizzazione interna è molto efficace per rendere vivace ed interessante la nar-

razione di una notizia, la focalizzazione esterna è prevalente nel reportage. Il lead conferisce un carattere preciso al testo, permette al giornalista di esprimere un

suo punto di vista e di catturare immediatamente l’attenzione dello spettatore; nella car-ta stampata, si è notato che, spesso, la lettura di un articolo dipende proprio, da un lead accattivante. 4. I titoli

Il concetto di lead è strettamente legato al concetto di titolo, un altro elemento capa-ce di attirare l’attenzione del telespettatore: “Un titolo fortemente evocativo, metaforico, o ricco di termini gergali o settoriali avvicina certi pubblici allontanandone altri. Dire: “Il boss è fra noi” è anche strategicamente diverso che scrivere “Stasera al Flaminio concerto del cantante rock Bruce Springsteen”. Nel primo caso, accanto ad una strate-gia enunciativa prevalentemente soggettivante, si fa riferimento all’epiteto con cui Springsteen è conosciuto fra i suoi fan (…). E’, per dirla con Papuzzi, un titolo para-digmatico. Nel secondo caso il probabile uso di una strategia oggettivante favorisce un’informazione “generalista”, senza enfasi, fruibile immediatamente (……). Si tratta, per dirla ancora con Papuzzi, di un titolo enunciativo, atto a fornire un’informazione non necessariamente già posseduta ”19.

Il primo, più tradizionale, fornisce informazioni complete e di facile accesso, il se-condo: “Lo si usa soprattutto in presenza di avvenimenti di enorme rilievo, la cui cono-scenza (…) può essere data per scontata”.20

Anche nel linguaggio del giornalismo televisivo per costruire un titolo si parte: “Da un’analisi degli elementi informativi contenuti nel pezzo, tenendo conto della loro im-portanza e della loro carica di novità. Tra i molti fatti che compongono una notizia si sceglie quello più significativo o si elabora un concetto che possa riassumerli, il titolo, oltre a condensare la notizia, svolge anche una seconda funzione, la interpreta o la commenta.”21. E’ possibile studiare il titolo come se si trattasse di uno slogan pubblici-tario: “Il titolo è in un certo senso quello che la marca è per un prodotto di qualità”22. Per Faustini: “I titoli possono essere: “referenziali” (….) Sono praticamente scomparsi per la loro “monotonia” in quanto si limitano ad enunciare denotativamente un avveni-mento senza quasi alcun tipo di intervento redazionale. In relazione di contrarietà rispet-to a questi troviamo i titoli “mitico valutativi”, tipici di un giornalismo schierato, di par-

19 Ibidem, p. 92. 20 A. PAPUZZI, Manuale del giornalista, op.cit., p. 132. 21 Ibidem, p. 77. 22 G. MOTTANA, Professione giornalista. Teoria e pratica del mestiere, Giudo Miano Editore, Mi-

lano, 1989, p. 203.

Page 21: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

20

te, che non esita a fare ricorso a stereotipi presi a prestito dall’immaginario collettivo per produrre valutazioni ideologicamente orientate. Complementari ai titoli che espri-mono valutazioni, troviamo invece quelli ironici. Anch’essi tipici di un giornalismo schierato, sono più ricchi di figure retoriche come la metafora, la metonimia, la sined-doche e, naturalmente, l’ironia. Sono presenti su giornali che si rivolgono deliberata-mente ad un pubblico colto, capace di apprezzare una titolazione a volte poco informa-tiva in cambio della brillantezza e dell’immediatezza (….). Più tradizionali, infine, i ti-toli descrittivi. Sicuramente diversi e più incisivi di quelli banalmente referenziali, non sono tuttavia comparabili con l’immediatezza dei titoli ironici. ”23 I titoli descrittivi so-no presenti in telegiornali che fanno dell’ufficialità e del rispetto del telespettatore il cri-terio a cui ispirarsi nella realizzazione delle proprie edizioni. I titoli sono, poi, sempre accompagnati da una grafica accattivante.

Nell’analizzare i caratteri dell’informazione televisiva la grafica è, infatti, essenzia-le, essa riguarda il rapporto tra il testo e le immagini, i testi e le illustrazioni. Questo rapporto deve essere capace di alternare testo e immagini realizzando un equilibrio tra spazi pieni e spazi vuoti. Maragliano paragona il lettore del giornale, ma lo stesso di-scorso può riguardare il telespettatore di un telegiornale, ad un cliente del supermercato: “Che è attratto anche dalla disposizione delle merci e, finisce per comprare anche ciò di cui non ha bisogno ma che lo attrae catturando la sua attenzione”.24

Inoltre, il primo contatto che il telespettatore ha con il telegiornale è sintetico-visivo più che linguistico per cui: “Una grafica ordinata e pulita si connota anche come “neu-tra”, rispettosa del lettore, mentre, al contrario, una grafica “disordinata”, senza equili-brio fra pieni e vuoti, fra segni grafici e immagini, si mostra come “avvolgente”, capace di imporre al lettore le scelte della redazione. Una grafica “caotica”, per esempio, arric-chita da una titolazione prevalentemente “mitico-valutativa” è tipica di una stampa pro-pagandistica, più impegnata a fare proselitismo che ad aumentare le competenze infor-mative del lettore”.25

Il registro verbale, così strutturato, crea il flusso narrativo e il ritmo necessario per dare al telespettatore la sensazione di essere partecipe e coinvolto, in prima persona, nella narrazione dell’evento. Il linguaggio del giornalismo televisivo si basa sulle carat-teristiche del mezzo televisivo ed enfatizza, quindi, il carattere di presenza, di contem-poraneità e di accesso diretto del telespettatore ad una realtà lontana, spesso di non faci-le ed immediata comprensione.

Il linguaggio elaborato dalle redazioni si è modellato su questa esigenza ed ha tenuto conto del fatto che: “Mentre il lettore della carta stampata è in grado di comprendere le notizie riportate nel modo più completo possibile, i telespettatori sintonizzati su un’emittente sono numerosi ed appartengono a tutte le fasce sociali, essi non possono tralasciare un articolo perché non interessante o scritto in modo difficile, sono costretti a sentire e vedere tutto, sia che si tratti di cronaca o di politica, sia che si tratti di sport. Non possono fermarsi davanti ad una parola che non capiscono e rileggerla come può invece fare il lettore di un giornale su carta in cui il linguaggio utilizzato è statico e permette la riflessione e il commento.” 26 Per questo motivo il linguaggio è diventato e-stremamente semplice e chiaro, tale cioè da permettere al telespettatore di comprendere

23 G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op. cit. p. 95. 24 Cfr. M. MARAGLIANO, Manuale di didattica multimediale, Laterza, Roma-Bari, 1994, p. 47. 25 G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op. cit. p. 102. 26 Ibidem, p. 66.

Page 22: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

21

“al volo” la notizia e di coglierne, al tempo stesso, gli aspetti essenziali per la sua corret-ta interpretazione. 5. L’inquadratura

La televisione può fare apparire sullo schermo parole, grafici e fotografie proprio come un giornale e trasmettere suoni come una radio, quello che la distingue dagli altri mezzi di comunicazione è la possibilità di trasmettere informazioni mediante immagini in movimento. Essa utilizza, infatti, sia il segnale digitale rappresentato dalle parole che il segnale analogico costituito dalle immagini dell’avvenimento; un servizio televisivo risulta, così, formato da quattro componenti principali: le immagini in movimento, l’inquadratura , il montaggio ed, infine, il suono.

La prima di queste componenti, le immagini in movimento, è senza dubbio la più importante, senza di esse la televisione sarebbe, infatti, uguale alla radio. Conoscendo il linguaggio cinematografico, con una sequenza di inquadrature è possibile raccontare un fatto e trasmettere, di conseguenza, un’emozione.

Il linguaggio delle immagini, a differenza della parola, basata su segni convenziona-li e, quindi, astratti, trae spunto ed ispirazione dall’osservazione naturale ed immediata del mondo perché tutta la realtà è potenzialmente una parola “filmica”.

Le immagini hanno, però, un loro modo di essere ed un loro linguaggio il cui senso viene reso dalla seconda componente del giornalismo televisivo: l’inquadratura: “Il lin-guaggio delle immagini è costruito mediante unità linguistiche che si chiamano inqua-drature (..) L’inquadratura è la porzione di reale che inquadriamo con la macchina da presa o con la telecamera. (…). Inquadrare vuol dire racchiudere in una cornice, circo-scrivere, scegliere una porzione di realtà e ritrarla con particolari annotazioni”.27

Inquadrare, che in sostanza vuol dire limitare quanto si vuole riprendere, è un’azione obbligatoria, in quanto la macchina impone i propri limiti tecnici, e autonoma, nel senso che, proprio nell’atto di filmare, dovendo scegliere cosa e come inquadrare, si finisce per operare una scelta soggettiva; inquadrare significa, quindi, scegliere di rendere visi-bile una realtà piuttosto che un’altra. Il giornalista che manda in onda un servizio, una volta deciso cosa riprendere, ha ulteriormente operato una selezione decidendo di “rita-gliare” qualcosa dal tutto che si presenta davanti all’obiettivo. Si può, così, arbitraria-mente privilegiare un aspetto piuttosto che un altro, focalizzare un dettaglio enfatizzan-do un punto di vista particolare. Sia a livello spaziale riguardo “cosa inquadrare”, sia a livello temporale riguardo “quanto tempo” dedicare a questa operazione, il giornalista compie un’azione altamente creativa.

“L’inquadratura può venire movimentata da carrelli e panoramiche, essere resa (…) nella propria plasticità prospettica attraverso la creazione della profondità di campo, di-ventare irrealistica grazie all’applicazione fantasiosa degli effetti speciali, avvalersi in modo personale di colori, musiche, rumori e dialoghi”.28

Essa può descrivere una realtà in tanti modi diversi, e lo può fare in primo luogo at-traverso:

27 L. CASTELLANI, La Tv dall’anno zero, op.cit., p. 20. 28 L. ALLORI, Guida all’uso della videocamera, Mondadori, Milano, 1989, p. 56.

Page 23: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

22

• la scelta dell’obiettivo: ogni obiettivo indica, infatti, e riproduce solo una parte di realtà29 ;

• la scelta dell’angolazione: ogni angolazione indica il punto di vista dal quale si osserva una realtà;

• la scelta dell’illuminazione: ogni illuminazione rende l’avvenimento che si ri-produce naturale, innaturale, grottesco o inquietante;

• la scelta del movimento: attraverso il movimento che si dà all’obiettivo che si è scelto di riprendere, si comunica una certa realtà. Si ha un movimento interno quando i soggetti ripresi si muovono all’interno dell’inquadratura, si ha un mo-vimento esterno quando a muoversi è la telecamera.

Le immagini in televisione, come nel cinema sono: “Un linguaggio e non una realtà;

questo linguaggio si costruisce ed esprime per parole sempre accompagnate da specifi-cazioni, da aggettivi, cioè per inquadrature”30, l’inquadratura è, quindi, già per se stessa, una forma di comunicazione. 6. Il montaggio

Altra componente essenziale è il montaggio che può essere descritto come la possi-bilità di passare da un’immagine all’altra senza soluzione di continuità per cui due o più immagini, che non hanno nulla in comune fra loro, unite insieme, raccontano più di quanto le stesse immagini dicono indipendentemente l’una dall’altra. Il montaggio è, al pari dell’inquadratura, un momento molto libero e creativo, si possono manipolare le inquadrature accorciandole, cambiandone l’ordine di sequenza, suddividendole in sotto-parti da intercalare in altre parti della pellicola. Importante è che il montaggio rispetti le modalità di inquadratura, assicurando che ven-gano rispettati i vari piani di ripresa. Si può operare, così, una classificazione dei più importanti tipi di montaggio:

1) quando l’inquadratura mostra, per esempio, solo la mano di un uomo o la ruota di un’auto si chiama “dettaglio”;

2) se un volto riempie lo schermo è un primissimo piano; 3) se ci sono anche le spalle e il collo si tratta di un “primo piano” 4) “mezza figura” è invece l’immagine che corrisponde al cosiddetto mezzobusto

tv; 5) il “piano americano” si ha quando il personaggio si presenta inquadrato dalle gi-

nocchia in su; 6) se il personaggio è inquadrato in modo da avere i piedi sul “pavimento” dello

schermo e la testa a toccarne il “soffitto”, è una “figura intera”;

29 Se si inquadra uno scontro tra più persone, si potrà mettere in risalto solo alcune di esse, facendole

passare per i vincitori, soffermarsi su di esse per porre l’accento sulla gravità dell’episodio, oppure sulla folla per sdrammatizzare l’accaduto. Il giornalista che vuole accompagnare una notizia con un filmato, si troverà sempre ad operare una scelta che riguarderà, dall’inizio, proprio la scelta dell’obiettivo da inqua-drare.

30 L. CASTELLANI, La Tv dall’anno zero, op.cit., p.22

Page 24: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

23

7) “campo medio”, “campo lungo” e “campo lunghissimo”, si ottengono se tutto l’attore è inquadrato, rispettivamente, abbastanza da vicino, da lontano, o all’orizzonte31.

La funzione comunicativa cambia a seconda dell’inquadratura, ma molto di più a

seconda del montaggio che ne deriva, la cui sequenza conferisce alla narrazione presen-te nel servizio da mandare in onda, un significato piuttosto che un altro. Passare dal pri-missimo piano di un personaggio ad un dettaglio, per esempio, significa indirizzare il telespettatore a concentrarsi su un particolare che la redazione decide di far diventare importante e che è importante proprio perché segue un primissimo piano.

Altra componente del giornalismo televisivo è, poi, il suono: “Sono le grida delle persone che accompagnano le riprese effettuate in via Caracciolo o in un vicolo che ci fanno capire che ci troviamo a Napoli mentre il crepitio di una mitragliatrice, il tonfo dei mortai, le grida dei feriti, i pianti dei bambini e dei parenti dei morti formano un tutt’uno con le immagini che arrivano dalla Bosnia”32

Il suono svolge diverse funzioni, descrive ciò che viene inquadrato, dà senso ed ag-giunge elementi all’interpretazione di un avvenimento, suggerisce il tipo di interpreta-zione e partecipazione emotiva che il giornalista vuole suscitare nel telespettatore. L’assemblaggio della colonna sonora (musiche, parole, rumori) con quella visiva è, quindi, un’operazione molto delicata. La presenza del suono: “Definisce il realismo del-la rappresentazione, accresce la chiarezza espositiva, moltiplica il fascino e la sugge-stione delle immagini e può concorrere a definirne il senso e il significato ”.33

Tre sono le fonti sonore principali:

- voci e rumori: o naturali o inseriti in modo artificiale, creano realismo e permet-tono una narrazione più vicina alla realtà;

- la voce fuori campo: descrive, spiega e ribadisce il senso di ciò che il telespetta-tore vede rendendo anche più chiara l’esposizione;

- la musica appropriata: è la forma più adatta a rendere coinvolgenti e suggestive le immagini a cui si riferisce, in questo caso la loro valorizzazione è massima.

In generale il suono è indispensabile per stabilire il ritmo generale delle diverse se-

quenze (il brano jazz sincopato per dare dinamismo alla sigla del telegiornale è un vali-do esempio di ritmo). In alcuni casi, attraverso il suono si manipolano le immagini nel senso che si dà un significato diverso alla loro naturale interpretazione da parte del tele-spettatore. Altra funzione del suono è quella di risolvere i problemi tecnico–narrativi: “Una stessa musica che copra più inquadrature successive, in cui agiscano personaggi diversi e non siano apparentemente collegate, può essere utile a far capire che le relative azioni si svolgono o nello stesso tempo o nello stesso luogo”.34

La presenza, poi, di una voce di commento è fondamentale quando le immagini, da sole, non sono in grado di fornire al telespettatore tutte le informazioni necessarie all’interpretazione di una notizia. Difficilmente le immagini specificano l’età o il grado di parentela dei personaggi coinvolti o esprimono situazioni di dubbio, difficilmente fanno comprendere la dimensione dello spazio o del tempo: “ Un modo comodo per far

31 Cfr. L. ALLORI, Guida all’uso della videocamera, op.cit., p. 56. 32 W. ACHTNER, Il reporter televisivo, McGraw-Hill, Milano, 1997, p. 41. 33 L. ALLORI, Guida all’uso della videocamera, op.cit., p. 121. 34 Ibidem, p. 124.

Page 25: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

24

capire che ci siamo spostati di luogo da un quadro ad un altro (Finalmente a Parigi….) ed è passato del tempo (tre anni….) è dirlo anche perché le alternative figurative (l’inserto della torre Eiffel e di un calendario che si sfoglia) non sempre stanno bene o sono praticabili”.35

Una voce “informativa” è, poi, necessaria per spiegare i rapporti di causa/effetto che il telespettatore non rileva immediatamente osservando le immagini: “La corsa podistica è appena finita con tutti gli atleti alla pari, in un aggrovigliarsi di gambe, braccia, petto-rali, e solo una “voce off” può svelarci il nome di chi ha vinto”.36 Luigi Allori evidenzia vari modi in cui una voce fuori campo può essere utile alla comprensione di un servizio televisivo.

• La voce fuori campo può essere utile quando l’immagine si presta a più letture, la voce off, in questo caso, serve ad illustrare un particolare punto di vista, la giusta interpretazione o, comunque, ad indirizzare l’attenzione su un aspetto specifico: “il fiume appare bello e pulito ma la petroliera ha ucciso tutti i pesci”.

• Solo poche parole, dette fuori campo, al momento opportuno, possono salvare operazioni di montaggio arditamente ellittiche, in cui appare problematico, per il telespettatore, comprendere immediatamente perché due immagini sono collega-te, apparentemente senza rigore logico. Per esempio è difficile capire che cosa significhi l’inquadratura di una pecora al pascolo quando sia seguita da un’altra in cui si vede un uomo ben vestito, ma se il giornalista dice che: “i nostri abiti sono di lana”, la comprensione del servizio che sta andando in onda, risulta, per il telespettatore, molto più chiara.

A livello testuale il commento all’immagine deve essere conciso, semplice ma non

banale, privo di espressioni pleonastiche, chiaro nel significato ma mai ridondante ri-spetto alle immagini che si prefigge di commentare. L’attenzione al contenuto visivo deve essere massima e le parole hanno senso solo se: “Vengono dette in corrispondenza delle immagini cui si riferiscono e quindi devono risultare comprimibili nel tempo di scorrimento del visivo relativo”37. Anche il silenzio, se collocato nella sequenza giusta, aiuta la comprensione immediata delle immagini e dà senso alla narrazione dell’evento, in questo senso, il silenzio è un fattore sonoro che, al pari della musica, dei rumori natu-rali e della voce dello speaker, non va assolutamente sottovalutato.

Altro fattore importante per la comprensione delle immagini è l’illuminazione: «La luce non è solo necessaria: oltre a rendere chiaramente “visibile” il materiale plastico contenuto nell’inquadratura, essa può anche contribuire sensibilmente a instaurare at-mosfere e suggerire stati d’animo».38 Una prima distinzione può essere fatta tra illumi-nazione diretta ed illuminazione indiretta. L’illuminazione diretta è ottenuta con la ri-flessione della luce su pareti o soffitti, non è molto espressiva e tende ad essere neutra, priva di emozione, il compito principale è quello di rendere l’inquadratura leggibile. E’ un tipo di illuminazione molto utile e meno “abbagliante” sui primi piani perché non crea problemi di ombra sui volti. Garantisce la continuità dell’esposizione nelle scene in cui i personaggi cambiano spesso posizione o sono previsti dei movimenti di macchina. L’illuminazione indiretta, invece, è più adatta a sottolineare le situazioni emotive, può

35 Ibidem, p. 129. 36 Ibidem, p. 130. 37 Ibidem, p. 131. 38 Ibidem, p. 117.

Page 26: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

25

produrre contrasti luce-ombra sulle persone e sugli ambienti, modellare i contorni delle figure e i lineamenti dei volti. A volte è molto forte per suggerire un’idea di felicità e serenità, quando è più debole, conferisce un senso cupo e drammatico alla ripresa di un evento.

Il messaggio televisivo, quindi, va sempre decodificato e la sua lettura avviene se-condo vari livelli. Il primo livello è letterale: da intendere come ciò che la trasmissione di una notizia descrive e racconta; il secondo livello è metaforico: nel senso di ciò che è da sottintendere alla narrazione di una notizia, il senso più nascosto del racconto; il ter-zo livello è emozionale: nel senso di ciò che la narrazione di una notizia vuole trasmet-tere al telespettatore per coinvolgerlo e renderlo partecipe. Nel valutare il messaggio contenuto nella narrazione di un avvenimento in televisione è necessario fare riferimen-to a questi tre livelli di decodificazione: “Il senso letterale, la morale palese e inoltre l’idea o l’emozione che ci viene suggerita dal particolare modo di narrare una certa vi-cenda”.39

Dall’esame dei vari elementi essenziali alla rappresentazione di un avvenimento ap-pare chiaro come la televisione non sia semplicemente una “finestra sul mondo” ma un canale di mediazione tra un avvenimento così come accade nella realtà e la sua interpre-tazione e trasmissione attraverso la telecamera. Ciò è valido per tutti i programmi ed an-che per quelli che riguardano più strettamente l’informazione.

39 L. CASTELLANI, La Tv dall’anno zero, op.cit., p.42

Page 27: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

26

Capitolo quarto

Gli elementi formali dell’informazione televisiva 1. La sigla

Uno degli elementi formali più interessanti dell’informazione televisiva è, senza dubbio, la sigla. La sigla identifica non soltanto la singola edizione di un telegiornale ma la testata stessa.

Nella tradizione televisiva la sigla è collocata all’inizio del programma a cui si rife-risce e di cui fornisce i dati essenziali, si tratta, in un certo senso, del corrispettivo del manifesto teatrale che viene letto prima di entrare a teatro o il marchio della casa di pro-duzione che precede l’inizio della proiezione di un film.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, agli inizi della televisione, le sigle dei programmi di informazione si caratterizzavano per la loro brevità e per la loro semplicità. L’immagine che si presentava ai telespettatori era sostanzialmente quella del mondo a cui seguivano delle fotografie relative alle notizie illustrate. In seguito, le sigle si sono evolute ed arricchite di particolari. Questi progressi sono stati realizzati in seguito all’evoluzione delle sigle di animazione che hanno introdotto i primi quiz e delle sigle musicali collocate all’apertura e alla chiusura dei programmi di varietà. Questo tipo di sigle permetteva di delineare con ritmi molto rapidi le figure e le situazioni tipiche del programma che introducevano.

Oggi la sigla non ha più questa funzione solo iniziale e marginale, spesso l’edizione del telegiornale si apre come una finestra sul programma che lo precede in funzione di traino e presenta le notizie in “sommario” per poi far partire la sigla che, a questo punto, si trova collocata all’interno dell’edizione in una posizione che la rende ancor più una componente importante della comunicazione televisiva. In questo modo essa permette di sottolineare l’immagine dell’emittente riproponendo, nuovamente, il logo della testa-ta. Elemento fondamentale della sigla è il ritmo, cioè la disposizione temporale delle immagini e delle inquadrature: “Non è un caso che in origine, nella prima televisione, la sigla fosse essenzialmente una sigla musicale, un motivo eseguito, cantato, ballato che apriva o chiudeva un programma in continuità con quella che era stata la tradizione ra-diofonica. E ancora oggi alla base di molte sigle c’è una scelta musicale che le immagini si limitano a seguire. Ci sono molti generi della produzione musicale utilizzati per le si-gle, i videoclip per esempio; c’è, comunque, anche in assenza di legame esplicito con la musica, una prevalenza dei valori ritmici, un legame con quella tradizione audiovisiva,

Page 28: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

27

soprattutto cinematografica, di tipo astratto che attribuisce alle immagini in movimento un senso in rapporto alla loro successione temporale”.1

Alla sigla è possibile attribuire una duplice funzione. La prima è quella di rappresen-tare il testo che siglano, la seconda è legata alla loro appartenenza alla dimensione para-testuale di presentazione-introduzione del testo. “Molte volte, specie da quando la com-puter graphics consente fantasiose elaborazioni delle forme grafiche, sono proprio le let-tere che costituiscono il sintagma del titolo a diventare protagoniste della sigla. Non tan-to nel loro valore semantico, per quel che significano associate nelle parole o nell’eventuale frase, ma nella loro forma che viene utilizzata come oggetto caricato di un senso, simbolo di qualcosa che concerne il programma”.2

La sigla del telegiornale è metaforico-allusiva nel senso che anticipa i temi che sa-ranno affrontati dal testo che introducono, ne sottolinea l’importanza e la novità utiliz-zando allusioni, metafore, simboli che rappresentano ciò di cui il testo tratterà promuo-vendolo ed enfatizzandolo. La funzione metalinguistica di questo tipo di sigla si esprime in formule molto deboli, la potenzialità creativa appunto allusiva e metaforica, è, invece, molto presente. Nella sigla suono, immagini e testo scritto si presentano al pubblico dei telespettatori contemporaneamente ed è, questo, uno dei pochi casi, in televisione, in cui è possibile la lettura sullo schermo di un testo scritto, come accade nelle sigle a scorri-mento orizzontale che molti telegiornali hanno deciso di adottare. Nella sovrimpressio-ne, il telegiornale descrive le notizie cogliendone gli aspetti più rilevanti e le posiziona a seconda della loro rilevanza come se fossero dei manifesti teatrali in cui la visibilità del testo scritto nei cartelloni esterni o nelle locandine ribadisce la loro funzione parate-stuale rispetto alla forza dell’evento che avverrà o che è appena avvenuto sul palcosce-nico. Per quanto riguarda i notiziari televisivi, la sigla ha principalmente: “La funzione di fornire informazioni su ciò di cui si parla, su chi parla o su quando si parla. La mag-gior parte dei notiziari delle emittenti televisive nazionali mostra, nella sigla, il mondo declinato visivamente con varie modalità a seconda del maggiore o minore intervento dell’elaborazione elettronica. Questa indicazione è presente nel maggior numero di sigle di telegiornali; per quanto riguarda i notiziari locali le immagini caratterizzanti del terri-torio di emissione sostituiscono, spesso, l’immagine del mondo. La testata giornalistica sottolinea, inoltre, con la sigla, l’identità del parlante, ovvero la propria identità; in al-cuni casi questa sottolineatura è realizzata mostrando unicamente il luogo di trasmissio-ne della testata o la torre da cui viene inviato il messaggio, in altri casi la sigla è sostitui-ta dall’apparizione immediata del conduttore, al fine di accentuare la personalizzazione di questo formato di telegiornale; in pochi altri casi dominante è l’indicazione dell’orario di messa in onda dell' edizione.”3

La sigla è accompagnata, sempre, da un intervento sonoro e da un’animazione visiva di qualche secondo, la componente musicale apre e chiude la trasmissione e svolge la funzione di identificarla e di attirare l’attenzione dello spettatore distratto. Le sigle delle trasmissioni giornalistiche: “Sono realizzate con la computer graphic proprio per le ca-ratteristiche di duttilità grafica che questo mezzo espressivo permette: estrema rapidità e riconoscibilità del messaggio visivo, metamorfosi spettacolari di oggetti e forme, molti-plicazione infinita dei punti di vista, come se il telespettatore potesse sorvolare o inabis-sarsi in spazi immaginari. Se le notizie giornalistiche, per essere realmente valide (….) devono circolare con estrema velocità da un punto all’altro del pianeta e diffondersi ca-

1 Ibidem, p. 74. 2 Ibidem, p. 87. 3 Ibidem, p. 154.

Page 29: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

28

pillarmente nella direzione degli utenti che le possono ricevere, le sigle dei notiziari rea-lizzate con la computer graphic sottolineano la tensione alla rapidità, il dinamico movi-mento spazio-temporale, la possibilità di collocare l’ipotetico spettatore contemporane-amente in mille luoghi e in mille situazioni d’attualità.”4

Nella sigla è presente un simbolismo marcato realizzato attraverso l’uso di frecce, barre colorate, raggi laser, di solito nei colori rassicuranti del blu e dell’azzurro il cui si-gnificato è quello di rappresentare il dinamismo del mondo catturato e reso visibile dalla televisione. Alla sigla seguono i titoli strutturati come la prima pagina di un quotidiano, si tratta di quattro o cinque frasi brevissime corredate da un’immagine o da un breve filmato, i titoli presentano quelle che, secondo il giornale, sono le notizie più importanti del giorno, la loro posizione all’interno del giornale segue ed esprime la linea editoriale della testata. La brevità è giustificata dal fatto che il telegiornale non è un prodotto arti-stico in senso stretto, ma è il frutto del lavoro di una redazione. Anche nella sigla di co-da, è il marchio della testata ad essere sempre in primo piano, il telegiornale è, infatti, un prodotto della testata stessa la cui importanza è così rilevante da rendere superflua un’introduzione dettagliata.

La sigla di coda inserisce, poi, la trasmissione in uno spazio ben definito e conclude in modo netto e senza sfumature quello che la sigla iniziale antecedente e meno rigida aveva introdotto. La sigla di coda: “E’ sempre la semplice replica finale di quella inizia-le; tutti i telegiornali, infatti, non mancano mai di mandare in onda, dopo il riepilogo delle notizie e i saluti, la sigla di chiusura: la volontà di contrassegnare il momento dell’informazione tra due parentesi rigide e ben chiuse all’interno del fluire del palinse-sto segna questo rapporto speculare tra le due sigle (…..) in questo identico bordo du-plice del telegiornale: i crediti dei conduttori, dei realizzatori dei servizi esterni, degli operatori alle riprese, dei montatori sono disseminati lungo la trasmissione, come sotto-sigle posizionate all’inizio di ogni servizio giornalistico.”5

La maggior parte delle sigle presentano un’identità che si costituisce partendo dalla componente sonora in stretto rapporto con il materiale visivo in questo modo essa di-venta facilmente memorizzabile e riconoscibile dal telespettatore. Tutti i programmi di informazione sono caratterizzati dalla massima corrispondenza tra messaggio sonoro e messaggio visivo. Nelle sigle dei telegiornali, la parte sonora ha le stesse caratteristiche di quella visiva: massima brevità, riconoscibilità immediata e compulsività ritmica. Quest’ultimo è un concetto strettamente legato all’estrema velocità con cui le notizie raggiungono ogni parte del pianeta. 2. Lo studio

Oltre alla sigla altro elemento importante è lo studio, esso conferisce autorità all’informazione, molto spesso mostra la redazione al lavoro e offre al telespettatore un’immagine di efficienza che fornisce il giusto “contenitore” al giornalista rendendone più prestigiosa la figura e più suggestiva la lettura delle notizie. «Le articolazioni spa-ziali di cui ogni testata si dota non si pongono affatto come scelte decorative, e nemme-no come semplici segni di riconoscimento soggettivo, ma come costruzioni significative che hanno precise ricadute sul piano della realtà socio-culturale. Se i telegiornali, come si ripete spesso, sono la carta d’identità delle reti televisive, il modo in cui ognuno di es-

4 Ibidem, p. 25. 5 Ibidem, p. 39.

Page 30: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

29

si seleziona e articola gli spazi è una delle strategie principali con cui tale identità viene giocata, ossia costruita, ma anche gestita, conservata e trasformata, in termini non ne-cessariamente consapevoli. Tutti i telegiornali si presentano come un finestra sul mondo in cui si attua una distinzione tra spazio esterno dell’enunciato relativo al mondo della notizia e spazio interno dell’enunciazione relativo al mondo della redazione giornalisti-ca, ossia dello studio televisivo (….). Così, sul piano dell’apparire televisivo accade che l’evento mondano riportato all’interno del discorso telegiornalistico, la “notizia”, si tro-vi a dover varcare una soglia sensibile, quella che oppone il “qui” dello studio televisivo e l’“altrove” del mondo. L’evento mondano si trasforma in notizia se e solo se riesce in qualche modo ad oltrepassare questa soglia (…..). Nella messa in scena televisiva dell’informazione i giornalisti, producendo e offrendo al pubblico i loro servizi, mettono in contatto il pubblico stesso, non tanto con il mondo dove gli eventi sono accaduti, quanto con la televisione dove tali eventi vengono rappresentati».6

Lo spazio interno/esterno può essere gestito in vario modo e con diverse procedure, la prima di queste va dall’interno verso l’esterno. In questa procedura le notizie non vengono “dette” ma “prodotte”, il mondo accade nello studio, si ha un’ “assimilazione” del mondo esterno nella televisione per cui ha senso solo ciò che può essere costruito artificialmente in televisione, è come se il mondo confluisse nel telegiornale. Specifico di questa procedura è il grande utilizzo dell’intervista e la presenza di ospiti che testi-moniano, con la loro presenza in studio, ciò che sta accadendo nel mondo.

Un telegiornale può anche adottare un diverso modo di gestire questo spazio ed atti-vare, con l’esterno, una procedura di “estensione” diretta, al contrario di ciò che accade quando si ha un’assimilazione, dall’interno verso l’esterno e tendente ad investire il mondo di tutta una serie di figure tipiche dell’universo televisivo. Un esempio, in questo senso, è dato dalla forte presenza di telecamere, microfoni, giornalisti e di tutti quegli elementi che amplificano l’ “effetto di presenza” dello spazio televisivo sulla notizia, con espressioni del tipo:“dal luogo dell’evento, guardando lo scenario che ci si presen-ta”, in questo caso il telegiornale confluisce nel mondo e rende il mondo stesso uno spazio televisivo.

Una terza procedura riguarda, infine, la dissoluzione dello spazio interno/esterno verso una dimensione di continuità. Il conduttore che dialoga dallo studio con un invia-to o un intervistato è un esempio di questa strategia comunicativa di annullamento delle distanze. Ciò accade quando la redazione decide di proiettare, su uno o più schermi, mentre il conduttore parla, le immagini provenienti dal mondo. L’effetto continuità è dato da una serie di accorgimenti: la scrivania che arriva ai bordi del teleschermo e si protende per collegarsi idealmente con il telespettatore a casa, il conduttore che parla con il giornalista testimone di un evento in diretta, il giornalista che risponde al condut-tore. La moltiplicazione dei piani dell’immagine produce, infatti, un effetto di continui-tà e il telespettatore a casa si sente sul luogo dell’evento e al centro della narrazione. In seguito all’uso delle categorie plastiche centro/bordi, destra/sinistra, figura/sfondo, il telegiornale riesce a trasformare la ristrettezza dello spazio figurativo del suo studio in un luogo che ingloba più dimensioni e che risulta estremamente aperto.

“Ciò non significa, comunque, che si instaura uno spazio unico indifferenziato e dunque insignificante. Vuol dire semmai che l’intensità forte del limite tra tv e mondo viene sostituita da una serie di deboli soglie (….). Non c’è più uno spazio televisivo e uno non televisivo, messi fra loro in gerarchia a causa dell’orientamento della procedura

6 www.digilander.libero.it/marrone.pdf_testi

Page 31: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

30

di neutralizzazione, ma una serie di spazi intermedi tutti in qualche modo televisivi e non, mondani e non (…) la nozione stessa di informazione inizia ad apparire sotto una nuova luce: non tanto come un testo che riporta gli eventi del mondo, valorizzandoli come notiziabili, ma un discorso in campo, forza sociale fra le altre, parola e cosa al tempo stesso. Il telegiornale è come una finestra da cui il mondo guarda il mondo. Eli-minando ogni barriera mimetica tra reale e rappresentazione, esso si pone come un uni-verso complesso che si affaccia su un altro universo altrettanto complesso, ora assimi-landolo al suo interno, ora estendendosi (ed estendendolo) al di fuori, ora moltiplicando i piani discorsivi intermedi”.7

Anche l’arredamento riveste in questo caso un’importanza fondamentale, le scriva-nie sono scelte tra quelle ultramoderne dalla forma arrotolata e allungata per creare un gioco prospettico che diverte lo spettatore e rende più vivace la narrazione delle notizie. “Nell’arredamento dello studio occupano un posto importante anche altri elementi: il te-lefono, per esempio, assicura al giornalista il contatto diretto con la regia in caso di dif-ficoltà e di problemi tecnici e svolge una funzione simbolica di contatto con il mondo perché avverte il giornalista se si presentano notizie nuove da comunicare immediata-mente, in diretta, ai telespettatori. La televisione, poi, con la presenza di schermi giganti posti dietro il conduttore su cui scorrono le immagini dei telegiornali concorrenti o dei notiziari stranieri come quelli della Cnn, crea l’effetto di “televisione nella televisione” con un risultato particolarmente suggestivo che amplifica l’effetto di realtà propria della trasmissione in diretta delle notizie.”8

La presenza di monitor, cioè di schermi giganti che, a volte, riempiono un’intera pa-rete dello studio, accentua la funzione di contatto che si vuole stabilire tra l’informazione televisiva e il telespettatore, il quale passa dallo studio alle immagini in diretta delle notizie inquadrate sul teleschermo posto alle spalle del conduttore. Grazie alla presenza dei monitor il conduttore può rompere l’asse “occhi negli occhi” con la te-lecamera e volgersi a guardare lo schermo, accentuando il contatto e il rapporto fiducia-rio con il proprio pubblico di riferimento. 3. Il conduttore

L'insieme degli elementi formali fa da cornice alla presenza in studio del conduttore, la persona che non solo legge le notizie e lancia i collegamenti ma che garantisce, con la sua presenza, la continuità della narrazione. Il telegiornale parla attraverso il conduttore, egli introduce il discorso di altri, dà e toglie la parola, fornisce indicazioni sulle notizie, fa da tramite tra la redazione e il telespettatore, porta l’informazione televisiva a casa dell’ascoltatore. Spetta al conduttore organizzare le diverse parti della narrazione e man-tenere il contatto con il pubblico. Il conduttore assolve due funzioni : quella di enuncia-zione integrativa , cioè spiegare o "giustificare" l' evento reale e quella di affabulazione, cioè raccontare la storia costruita intorno ai fatti. I tratti sovrasegmentali cioè la gestua-lità, le espressioni del viso e il tono di voce contribuiscono a creare un rapporto più di-retto con i telespettatori, rispetto a quello che il giornale “quotidiano” intrattiene con i suoi lettori. Il tono di voce dello speaker e la sua gestualità sono molto importanti per-chè il modo diverso di leggere una notizia, il rilievo dato con un semplice accento o uno sguardo nella telecamera possono capovolgere il significato delle parole. Più i segnali

7 www.digilander.libero.it/marrone pdf_testi 8 Cfr. G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op. cit., p. 52.

Page 32: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

31

gestuali e paralinguistici sono evidenti, più il conduttore si assume la responsabilità di ciò che dice e soggettivizza il discorso.

Secondo il semiotico Veron, abbiamo due modelli di conduttore: «Il modello del “presentatore-ventriloquo” e quello del “presentatore-moderno”. L’elemento di varia-zione tra il primo modello che prevaleva nel passato e il secondo modello che domina attualmente in tutte le testate giornalistiche è la ricerca del “contatto” con il telespettato-re. Questo rapporto di vicinanza redazione-utente non si basa più, esclusivamente, sullo sguardo e su una gestualità inesistente con una posizione del corpo del conduttore pe-rennemente rigida. Il conduttore ventriloquo non mostrava le mani, agiva in uno studio in cui lo spazio era ridotto al minimo con un’immagine assolutamente piana, fino al 1987 era questo il modello che prevaleva nelle principali edizioni della Rai.»9

Il conduttore moderno, invece, usa lo sguardo cercando di rivolgersi direttamente al telespettatore cercando di instaurare un rapporto fiduciario con quest’ultimo. La gestua-lità è molto presente, la comunicazione non verbale segue quella verbale dell’esposizione delle notizie, l’immagine acquista profondità, lo studio ha una sua ar-chitettura, lo spazio è più esteso. Uno stesso studio può ospitare più giornalisti, in con-tatto diretto, presenti sullo schermo insieme o può mostrare la redazione con i suoi componenti al lavoro, mentre preparano i vari servizi.

Sostiene Meyrowitz: “Negli incontri faccia a faccia, il significato del messaggio è inversamente proporzionale al numero di informazioni gestuali e sonore disponibili. Ci sono vari motivi per i quali l’attenzione ai messaggi espressivi può essere persino mag-giore in televisione che nell’interazione faccia a faccia. Benché negli incontri dal vivo la vicinanza fisica molto stretta sia più un’eccezione che la regola, in televisione è vero il contrario. Quasi tutti gli individui vengono ripresi con lunghi primi piani. Inoltre il flus-so informativo a senso unico permette al telespettatore di fare una cosa che in genere, nell’interazione faccia a faccia viene considerata maleducata: fissare”.10

A differenza del giornalista della carta stampata che, anche quando mette la firma, rimane sempre anonimo, il giornalista televisivo comunica con i telespettatori, influenza l’interpretazione delle notizie con l’espressione del volto e il tono della voce. Nell’analizzare il linguaggio del giornalismo televisivo la comunicazione non-verbale occupa un posto di primaria importanza in quanto non solo accompagna ma completa la comprensione delle notizie. I comportamenti non verbali sono considerati importanti in quanto segnalano il verificarsi delle condizioni di possibilità dell’interazione (ad esem-pio, per iniziare una conversazione dovrò avvicinarmi all’altro, girarmi verso di lui, sta-bilire un contatto visivo) e anche funzionali alla sua strutturazione interna. Essi contri-buiscono, inoltre, a determinare i contenuti e, ancora, forniscono una grande quantità di indicazioni sulle caratteristiche biologiche, psicologiche e sociali degli interattanti. Gof-fman parlava a questo proposito della possibilità di riconoscere veri e propri “segni di legame”, Argyle definiva il “calore” di una interazione come la combinazione dell’espressione facciale, della direzione dello sguardo, della postura, della prossemica, dell’orientamento, del tono della voce e del contenuto delle frasi.

Il corpo, per esempio, può essere usato in modi differenti, in maniera più o meno se-duttiva ed energetica; se il conduttore sta in piedi, la lettura delle notizie è più giovanile e più dinamica, se sta seduto essa vuole essere più posata e seria, il corpo può avere, quindi, un atteggiamento chiuso, ritratto su se stesso, con braccia e mani che si toccano o aperto con mani e braccia esposte all’osservazione del pubblico. Se lo sguardo è diret-

9 Ibidem, p. 158. 10 I. PEZZINI, La TV delle parole, op. cit. p. 52.

Page 33: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

32

to alla telecamera il risultato che si ottiene è quello di far sentire il telespettatore coin-volto e quindi più interessato alla narrazione degli avvenimenti; l’espressione del volto può, infatti, sottolineare il carattere di una notizia, essere serio di fronte a stragi e notizie di politica, caloroso e soddisfatto per comunicare la vittoria della nazionale di calcio. Una stessa notizia può, così, essere annunciata con le stesse parole ed impressionare il telespettatore in modo totalmente differente. Con l’uso delle pause, per esempio, il con-duttore può alleggerire la narrazione del testo. In questo modo egli fa risaltare una noti-zia, non annoia il telespettatore e dà enfasi ed entusiasmo all’esposizione.

Gestire il sonoro è, poi, un aspetto importante nel linguaggio del giornalismo televi-sivo perché gli effetti sonori accompagnano le sequenze di un intero servizio. Il suono scandisce il ritmo della narrazione e contribuisce a renderla più esplicita. Il rumore delle macchine, per esempio, evidenzia il fatto che si sta parlando di automobili. Il sonoro, in questo caso, fornisce informazioni mentre dà alle sequenze e al testo una loro concre-tezza.

Nella categoria del sonoro rientra anche la velocità della dizione, essa dà ritmo alla narrazione e articolazione alle notizie, è il segno dell’oralità, può essere, a volte, molto dinamica come nel caso del Tg5 che ha fatto della velocità e del ritmo dell’esposizione la nota caratterizzante del proprio notiziario. “L’intonazione della voce influenza la re-cezione delle notizie e rende la conduzione meno fredda e stereotipata, il conduttore di-spone di vari toni per qualificare la notizia che sta comunicando. Si va dal tono buro-cratico distaccato per esprimere la distanza dalla notizia a quello paterno-convincente- didascalico per mettere in evidenza l’obiettività della televisione, si ricorre, poi, al tono partecipante-entusiasta per accrescere la gioia suscitata da una bella notizia o da un av-venimento comico, si usa il tono preoccupato ansioso per dare allo spettatore la sensa-zione di condividere le sue paure, il tono sdegnato e severo serve, invece, per esprimere un atteggiamento di condanna circa la notizia che si sta comunicando al telespettato-re.”11 L’intonazione riesce, così, a scandire le frasi del testo, in televisione non si posso-no vedere le maiuscole o le virgolette per il riconoscimento delle citazioni, non esiste tutta quella punteggiatura che aiuta il lettore di un giornale su carta nella comprensione del testo scritto.

Alcune considerazioni riguardano, infine, la pronuncia: “Al tempo del presentatore ventriloquo l’apparato televisivo ha curato con grande attenzione il problema dell’accento. Il presentatore-ventriloquo era solitamente uno speaker che rappresentava unicamente il simulacro dell’apparato e la voce dell’istituzione doveva essere priva di inflessioni di qualunque genere. Con l’avanzare del modello di presentatore moderno il giornalista sostituisce lo speaker e la sua soggettività si fa strada anche a livello di ac-centi. L’aumentare di numero degli interventi di altri parlanti ha determinato la presenza di molti accenti e intonazioni regionali, a volte utilizzabili anche per legittimare il radi-camento del notiziario nelle varie realtà locali”.12

La comunicazione televisiva è, inoltre, influenzata, dall’abbigliamento del parlante che può essere informale con pullover o camicia, formale con completo scuro, elegante ma non impegnativo con vestito spezzato e colori chiari. L'abbigliamento permette di definire il tipo di relazione comunicativa che si vuole instaurare con il telespettatore ma va completata anche con altri elementi di contatto come la direzione dello sguardo del parlante e il movimento dei suoi occhi. L’uso del “gobbo”, per esempio, determina una certa fissità dello sguardo del giornalista, leggere sui fogli aumenta, invece, la sponta-

11 Cfr. G. FAUSTINI, Le tecniche del linguaggio giornalistico, op. cit., p 159. 12 Ibidem, p. 158.

Page 34: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

33

neità della “diretta”. Tra gli elementi gestuali più significativi è possibile evidenziare “I gesti simbolici che hanno un significato specifico che può essere tradotto in parole (ad esempio la richiesta); i gesti illustratori che accompagnano il messaggio verbale e che illustrano la comunicazione; i gesti che evidenziano gli stati emotivi della persona che li emette; i gesti regolatori che vengono utilizzati per mantenere, alternare, interrompere il flusso della narrazione; i gesti di adattamento e di manipolazione che permettono di scaricare e controllare l’emotività e l’ansia che si determinano in una interazione (come toccare il microfono, la penna, gli occhiali).”13

Le notizie sono, così, comprensibili anche da sole senza l’uso delle immagini; l’intonazione, la dizione standardizzata senza influenze regionali troppo marcate, gli e-lementi cinesici come la mimica facciale, lo sguardo e i movimenti del corpo nello spa-zio, realizzano quella immediatezza ed intimità che si traduce nella sintonia tra chi tra-smette e chi riceve il messaggio. Il dialogo tra il giornalista e il telespettatore rende, in questo modo, l’informazione televisiva più autorevole e credibile ma soprattutto, molto più piacevole da seguire.

Il conduttore è, poi, fortemente influenzato dalla presenza del destinatario delle no-tizie. Il destinatario rientra nella struttura narrativa utilizzata dal conduttore o attraverso l’interpellazione o attraverso l’identificazione. Nel primo caso il conduttore si rivolge direttamente al pubblico, mentre nel secondo caso sono i telespettatori a riconoscersi in alcuni personaggi che intervengono nel processo comunicativo. Il telespettatore può es-sere coinvolto anche con il linguaggio, utilizzando, per esempio, la prima persona plura-le che rende possibile la coincidenza tra conduttore e destinatario. In questo caso il coinvolgimento dei telespettatori è più forte. A volte il conduttore, di fronte al destinata-rio della narrazione della notizia utilizza l’illusione referenziale” nel senso che: “Fa e-nunciare da qualcuno che non è il conduttore, le proprie opinioni (….). Gli interventi dei leader d’opinione costituiscono un modo per dare prestigio alla testata, e per scaricare su una persona esterna alla produzione posizioni che diminuirebbero le pretese di obiet-tività del telegiornale. L’esperto può intervenire sul luogo di produzione oppure essere protagonista di un’intervista registrata o in diretta”14.

Per quanto riguarda, inoltre, l’atteggiamento del conduttore nei confronti del tele-spettatore, si possono distinguere vari modi attraverso i quali presentare le notizie. Si può avere:

- il fare esplicativo: il conduttore si pone come soggetto del far sapere, è questo l’atteggiamento tipico del telegiornale Rai delle 20.00. La gestualità è pianificata, fa presumere un tempo intermedio di elaborazione e il tono di voce evidenzia cur-ve ed accenti.

- Il fare interpretativo: il conduttore si pone come soggetto del voler sapere, diventa ricevente degli eventi, si rivolge spesso all’esterno dello spazio rappresentato dallo studio attraverso la presenza di un maxischermo alle sue spalle. La gestualità è im-provvisata, il tono di voce è spezzato con frequenti pause per riorganizzare il di-scorso.

- Il fare obiettivo: il conduttore assume l’atteggiamento di chi comunica al telespetta-tore di essere solo un canale tra lui e la notizia, si pone, quindi, come soggetto del sapere con un fare obiettivo sottolineato dall’attenzione tutta focalizzata sull’evento. Il conduttore assume un tono di voce più naturale possibile.

13 Ibidem, p. 161. 14 G.P. CAPRETTINI, La scatola parlante, op. cit., p. 183.

Page 35: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

34

Per rafforzare quest’ultimo aspetto, il conduttore utilizza, a livello linguistico, tecni-

che specifiche che mirano ad includere il telespettatore nella struttura narrativa. Si fa spesso ricorso all’interpellazione per cui il conduttore si rivolge direttamente al pubbli-co a casa, e all’identificazione per cui il telespettatore si riconosce in alcune figure coin-volte nella narrazione delle notizie come passanti, operai, giovani, sollecitati dall’intervistatore a commentare i fatti del giorno.

Page 36: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

35

Capitolo quinto

Le ragioni del successo del giornalismo televisivo

1. Alcune riflessioni conclusive

I motivi del successo del giornalismo televisivo derivano principalmente dal fatto che l’informazione televisiva è tempestiva, mostra, cioè, la sera stessa quei fatti del giorno di cui la stampa potrà parlare solo al mattino successivo, ha un carattere visivo che consente una forte spettacolarizzazione dell’informazione e crea l’effetto di realtà o di finestra sul mondo che valorizza la lettura del testo del servizio. Questo effetto di spettacolarizzazione è evidente nella narrazione di eventi politici. Secondo Giovanni Statera: “Nelle società che hanno preceduto quella italiana nel processo di ridefinizione della politica in termini di spettacolo, la televisione ha creato grandi leader e ha distrutto personaggi cui si assicurava spessore politico-culturale prima di catastrofiche perfor-mances televisive. Così Nixon perse contro John Kennedy alle presidenziali del 1960 in larga misura per la inaffidabilità della sua immagine televisiva contrapposta a quella tra-sudante sicurezza e giovanile competenza dell’avversario.” 1

Inoltre, l’informazione televisiva ha un aspetto rassicurante, le notizie appaiono, in-fatti, ufficiali ma non noiose per il gioco delle immagini accostate ai testi e permette di effettuare un ascolto “pigro”. Il telespettatore non deve, infatti, selezionare l’oggetto su cui concentrare la sua attenzione ma aspettare semplicemente che esso venga visualizza-to sul teleschermo. La maggiore facilità dei registri orale e visivo caratteristici della te-levisione, tali da non richiedere grandi sforzi per la comprensione, la continuità con tra-smissioni passatempo e di fiction che operano da traino nei confronti delle edizioni di informazione giornalistica e la gratuità dell’informazione rendono, infine, questo suc-cesso inevitabile.

Mentre il giornalismo scritto trova il suo contatto con i lettori attraverso la media-zione della carta stampata, cioè attraverso una continuità spazio-temporale che nasconde il giornalista autore del testo dietro le sue parole scritte, la situazione comunicativa della televisione garantisce un rapporto diretto con lo spettatore. “La funzione dominante dell’informazione giornalistica televisiva non è quella referenziale che si concentra sul

1 Cit. in I. PEZZINI, La TV delle parole, op. cit. p. 193.

Page 37: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

36

dovere di raccontare il mondo, ma piuttosto quella fàtica che cerca di trasmettere un messaggio in grado di stabilire un contatto diretto tra chi lo trasmette e chi lo riceve.” 2

Inoltre, chi fruisce dell’informazione presentata dal giornalista si trova nella condi-zione di poter vedere quello che accade anche in paesi e in contesti molto lontani dal proprio punto di riferimento per la disponibilità e la qualità delle immagini connesse ad un evento. Al posto di un ignoto articolista il telegiornale mette di fronte al telespettato-re un uomo in carne e ossa che spiega gli eventi e li fa anche vedere, li guarda insieme al suo pubblico, fa diventare il mondo presente, dettagliato e ricco di tutti quei particola-ri che nessun articolo potrebbe mai raccontare. I colori e le espressioni trasportano sul posto il telespettatore e lo rendono, al tempo stesso, testimone degli avvenimenti rac-contati.

In seguito a questo successo, molti studiosi hanno denunciato l’appiattimento dei giornali su carta rispetto ai telegiornali, non solo nella scelta dei temi trattati, ma soprat-tutto nel linguaggio utilizzato. “La vera teledipendenza si è sviluppata con la moltiplica-zione dei telegiornali e con il successo di programmi di dibattito politico guidati diret-tamente da giornalisti .” 3 Molti quotidiani aprono la prima pagina con grandi immagini a colori, utilizzano uno stile “gridato” nei titoli, ricercano la spettacolarizzazione, l’immediatezza e la visibilità tipiche del giornalismo televisivo. Queste formule vengo-no ripetute anche nel lessico utilizzato che privilegia il discorso diretto e la colloquialità ad ogni costo.

C’è una sinergia tra carta stampata e rubriche televisive, un vero e proprio processo di osmosi dal video alla carta. Per Papuzzi: «La teledipendenza riguarda in realtà il si-stema dell’informazione in generale, dal momento che la stragrande maggioranza dei cittadini, almeno nelle società industriali avanzate, si tiene informata prima di tutto at-traverso la televisione e riserva alla televisione larga parte del proprio tempo libero: con la sua presenza capillare nelle case, la possibilità di collegamenti su tutto il globo, il bo-om pubblicitario, la capacità di trasformare in talk-show e in spettacolo ogni frammento di vita reale, la televisione è diventata una “neolingua orwelliana” che rende impratica-bili tutti gli altri linguaggi».4

Il “telegiornalese” rispetto al “giornalese” amplifica, infatti, la diffusione dei neolo-gismi da linguaggi specialistici come emorragia di voti, riciclaggio, fluttuazione, i pre-stiti da lingue straniere come hamburger, taxi, hobby, stress, laser, i prestiti da dialetti come inghippo, intrallazzo, ‘ndrangheta. Questi termini arrivano immediatamente al te-lespettatore perché la televisione non permette nessuna forma di difesa dalla narrazione della notizia.

A volte questo porta il linguaggio del giornalismo televisivo ad assumere connotati negativi come quando una redazione cerca la spettacolarizzazione ad ogni costo, cioè l’abbandono dei toni neutri e distaccati per privilegiare sempre di più il tono drammati-co, i titoli allarmanti e incalzanti. Si fa allora un uso frequente dell’iperbole per cui ogni salotto diventa esclusivo, ogni vincita è una mega vincita, ogni viaggio è favoloso per-ché più la notizia è drammatica, più si cattura audience e si sconfigge la concorrenza. Nei telegiornali la reazione degli spettatori precede la chiara presa di coscienza, e non c'è tempo per l' interpretazione di ciò che viene imposto: ciò avviene in molti servizi, in cui l' oggetto di valore proposto ai telespettatori è duplice: da una parte si deve seguire il racconto del giornalista, dall' altra decifrare le immagini: quindi si è tentati dal lasciarsi

2 O. CALABRESE - U. VOLLI, I Telegiornali.Istruzioni per l’uso, Laterza, Bari, 1980, p. 104. 3 P. MURIALDI, Il giornale, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 89. 4 A. PAPUZZI., Manuale del giornalista, op.cit., p. 90.

Page 38: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

37

trasportare dal racconto senza esaminare criticamente il suo contenuto. Rispetto alla di-cotomia convincimento/persuasione dove il primo elemento dipende dalla qualità dell' argomentazione e delle prove e il secondo si basa sull' importanza del comunicatore e sul potere attrattivo della fonte, i telegiornali si stanno spostando sempre più verso il se-condo termine.

La trasmissione in diretta, con l' effetto di realtà che suggerisce, è capace di rendere così verosimile la comunicazione della notizia da essere considerata, da molti, come una forma che garantisce, di per sé, l’oggettività dell’informazione, ma si tratta di un errore: la stessa selezione della notizia costituisce già una forma di interpretazione del reale. Ogni notizia, presentata dalla televisione, è nello stesso tempo spettacolare, per catturare l' attenzione del pubblico e presentata come certa e dimostrabile, per legittimare la testa-ta e rassicurare i telespettatori. Molto spesso le testate optano per una razionalizzazione politica degli eventi, piuttosto che per la loro razionalizzazione logica: vale a dire che spesso giustificano gli eventi piuttosto che spiegarli.

Per Antiseri: «Si comprende, allora, perché Popper abbia proposto l’istituzione di una patente per chi lavora in televisione, proposta che adotta il modello fornito dai me-dici e dalla forma di controllo generalmente istituita per la loro disciplina: “I medici so-no controllati dalle proprie organizzazioni (…). In tutti i paesi civili c’è un’organizzazione attraverso la quale i medici controllano se stessi e c’è anche, natu-ralmente, una legge dello Stato che definisce le funzioni di questa organizzazione”. Eb-bene, prosegue Popper, “io propongo che un’organizzazione simile sia creata dallo Stato per tutti coloro che sono coinvolti nella produzione di televisione. Chiunque sia collega-to alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita qualora agisca in contrasto con certi principi”».5 La patente di cui parla Popper: «Dovrebbe essere rilasciata solo dopo un corso di addestramento che si dovrebbe concludere con un esame ed essa dovrebbe essere presa non solo dai “pro-duttori di televisione, che hanno la più elevata responsabilità nelle decisioni sui pro-grammi, ma da tutti i lavoratori, anche i tecnici e i cameraman, perché tutti coloro che sono coinvolti nella produzione televisiva ne portano una responsabilità”».6

Popper sostiene, infatti, che: “Non c’è nulla nella democrazia che giustifichi le tesi di quel capo della tv, secondo il quale il fatto di offrire trasmissioni a livelli sempre peggiori dal punto di vista educativo corrispondeva ai principi della democrazia “perché la gente lo vuole”. (…) Al contrario la democrazia ha sempre inteso far crescere il livel-lo dell’educazione; è, questa, una sua vecchia, tradizionale aspirazione” 7

L’importanza dell’educazione è centrale, e lo è ancora di più quando la televisione si rivolge ai bambini: “Nel rapporto tra bambini e televisione noi ci troviamo di fronte a un problema evolutivo: i bambini vengono a questo mondo strutturati per un compito, quello di adattarsi al loro ambiente. (…) Noi mandiamo i bambini a scuola perché pos-sano imparare qualcosa. Ma che cosa significa realmente “imparare”? E che cosa signi-fica “insegnare”? Significa influenzare il loro ambiente in modo che possano prepararsi per i loro futuri compiti: il compito di diventare cittadini, il compito di guadagnare de-naro, il compito di diventare padri e madri per una nuova generazione e così via. Perciò tutto dipende dall’ambiente, vale a dire che, come generazione precedente, noi abbiamo

5 D. ANTISERI, Quali funzioni ha-se le ha-una televisione di servizio pubblico? Per un “servizio

pubblico” radiotelevisivo indipendente dai partiti e dall’audience, in Nuova Civiltà delle Macchime, An-no XXII-n.2-2004, pp.78-79.

6 M. BALDINI, Storia della comunicazione, Newton & Compton, Roma, 1995, p. 87. 7 K. POPPER, J. CONDRY, Cattiva maestra televisione,Reset, Milano, 1994, pp. 16-17.

Page 39: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

38

la responsabilità di creare le migliori condizioni ambientali possibili. Ora, il punto è che la televisione è parte dell’ambiente dei bambini ed una parte per la quale noi siamo ov-viamente responsabili.”8

Per Gadamer: “Rispetto alle altre culture noi tutti abbiamo dimenticato che non è il monologo e l’impiego delle autorevoli competenze degli esperti scientifici a promuove-re la vita, ma lo scambio dialogico, lo scambio che avviene nel dialogo, nella disputa e nella lotta fra le opinioni”7. La televisione e la radio risentono di questa tendenza, es-sendo sistemi basati sul monologo: “I privilegi delle stazioni radio e degli enti televisivi dipendono dal potere di coloro che di volta in volta lo detengono”8. In tal modo l’oggettività e il pluralismo, principi fondamentali di una società democratica, diventano obiettivi quasi irraggiungibili. Gadamer, preoccupato come Popper per il destino della democrazia nella società odierna, considera la televisione come: “La catena a cui l’uomo moderno è legato dalla testa ai piedi. E chi ha le chiavi di questa catena è la mo-derna élite delle informazioni. Una élite che esiste solo per schiavizzare l’umanità con le immagini”9 perchè impedisce la formazione di menti critiche soprattutto nei giovani.

In futuro il successo dell’informazione televisiva dovrà misurarsi con tali insidie, educando al pensiero critico che distingue la realtà dalla finzione; nel fare ciò bisognerà evitare il giornalismo sensazionalistico e l’abitudine di far leva sulle dimensioni emo-zionali della paura e della pietà per enfatizzare le situazioni più strazianti. Il sensaziona-lismo non deve diventare una facile tecnica da utilizzare a discapito, come troppo spesso accade, della corretta narrazione delle notizie.

8 Ibidem, pp.19.20 7 H.G. GADAMER., Monologo e dialogo nei mass media, Napoli, 13 gennaio 1990

www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/g/gadamer.htm. 8 Ivi. 9 H.G. GADAMER, cit in M. BALDINI, Storia della comunicazione, Newton & Compton, Roma,

1995, p. 85.

Page 40: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

39

BIBLIOGRAFIA

ACHTNER, W., Il reporter televisivo, McGraw-Hill, Milano, 1997.

ALLORI, L.,Guida all’uso della videocamera, Mondadori, Milano, 1989.

ANTISERI, D., Quali funzioni ha-se le ha-una televisione di servizio pubblico ? Per un “servizio pubblico” radiotelevisivo indipendente dai partiti e dall’audience, in Nuo-va Civiltà delle Macchime, Anno XXII-n. 2-2004.

BALDINI, M., Storia della comunicazione, Newton & Compton, Roma, 1995.

BETTETINI, G., L’intervista nel telegiornale: cos’è e come si fa, Eri, Torino, 1984.

CALABRESE, O., VOLLI, U., Come si vede il telegiornale, Laterza, Bari, 1987.

CAPRETTINI, G.P., La scatola parlante, Editori Riuniti, Roma.

CAPUZZO, L., Notizie in viaggio, Franco Angeli, Milano, 1990.

CASTELLANI, L.,La Tv dall’anno zero, Studium, Roma, 1995.

COLOMBO, F., Manuale di giornalismo internazionale, Laterza, Bari, 1998.

DARDANO, M., Il linguaggio dei giornali italiani, Laterza, Roma-Bari, 1973.

ECO, U., Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano, 1964.

FAUSTINI, G., Le tecniche del linguaggio giornalistico, Carocci, Roma, 1998.

GADAMER, H.G., Monologo e dialogo nei mass media, Napoli, 13 gennaio,1990 www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/g/gadamer.htm.

LEPRI, S., Dentro le notizie: cinquant’anni di cronaca, storia e personaggi, Le Monnier, Firenze, 1997.

MANCINI, P., Guardando il telegiornale, ERI, Torino, 1991.

MARAGLIANO, M., Manuale di didattica multimediale, Laterza, Roma-Bari, 1994.

MASCILLI MIGLIORINI, E., Comunicazione e spettacolo, Quattroventi, Urbino, 1994.

MOTTANA, G., Professione giornalista.Teoria e pratica del mestiere, Giudo Miano Editore, Milano, 1989.

MURIALDI, P., Come si legge un giornale, Laterza, Bari, 1982.

MURIALDI, P., Il giornale, Il Mulino, Bologna, 1998.

PAPUZZI, A., Manuale del giornalista, Donzelli, Roma, 1993.

PEZZINI, I., La TV delle parole, Eri Vqpt, Roma, 1999.

POPPER K., CONDRY J., Cattiva maestra televisione, Reset, Milano, 1994.

QUINTINI, R., Giornalista TV, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 2003.

SARTORI, C., La comunicazione e il sistema dei media, QuattroVenti, Urbino, 1998.

STATERA, G., Società e comunicazione di massa, Palumbo, Palermo, 1993.

Page 41: Luiss · Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli ... dato avvenimento e la testimonianza emotiva offerta dai protagonisti, resa possibile dall’uso

Sezione di ricerca sulla comunicazione Dipartimento di Scienze Storiche e socio-politiche

Luiss Guido Carli

40

TUCHMAN, G., The Exception Proves the Rule: The study of Routine News Prac-tice, in P.Hirch, P.Miller, F. Kline (eds) Strategies for Communication Research, Sage Annual Reviews of Communication Research, vol.6, Sage, Beverly Hills, 1977.

www.digilander.libero.it/marrone pdf_testi.