Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

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Opere complete di Luigi Sturzo

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CARTEGGIO (1920-1953)

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OPERA OMNIA DI

L U I G I S T U R Z O

TERZ4 SERIE

CARTEGGIO

VOLUME IV-3

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LUIGI STURZO - ALCIDE DE GASPERI

CARTEGGIO

A cura di Giovanni Antonazzi Premessa di Gabriele De Rosa

ISTITUTO LUIGI STURZO ROMA 1999

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0 Editrice Morcelliana Via Gabriele Rosa 71 - 25121 Brescia

Prima edizione: gennaio 1999

ISBN 88-372-1705-6

Tipografia La Grafica s.n.c. - Vago di Lavagno (Vr) 1999

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PIANO DELL'OPERA OMNIA DI LUIGI STURZO PUBBLICATA A CURA DELL'ISTITUTO LUIGI STURZO

PRIMA SERIE: OPERE

I - L'Italia e il fascismo (1926). I1 - La comunità internazionale e il diritto di guerra (1928). In - La società: sua natura e leggi (1935). IV - Politica e morale (1938). - Coscienza e politica. Note e suggerimenti di

politica pratica (1953). V-VI - Chiesa e Stato (1939). VI1 - La Vera vita - Sociologia del soprannaturale (1943). ViII - L'Italia e l'ordine internazionale (1944). IX - Problemi spirituali del nostro tempo (1945). X - Nazionalismo e internazionalismo (1946). XI - La Regione della Nazione (1949). XII - Del metodo sociologico (1950). - Studi e polemiche di sociologia

(1933-1958).

SECONDA SERIE: SAGGI - DISCORSI - ARTICOLI

I - L'inizio della Democrazia in Italia. - Unioni professionali. - Sintesi sociali (1900-1906).

I1 - Autonomie municipali e problemi amministrativi (1 902- 19 15). - Scritti e discorsi durante la prima guerra (1915-1918).

I11 - Il partito popolare italiano: Dall'idea al fatto (1919). - Riforma statale e indirizzi politici (1 920- 1922).

IV - Il partito popolare italiano: Popolarismo e fascismo (1924). V - Il partito popolare italiano: Pensiero antifascista (1924-1925).

- La libertà in Italia (1925). - Scritti critici e bibliografici (1923-1926). VI - Miscellanea londinese (1926- 1940). VIi - Miscellanea americana (1940-1945). VI11 - La mia battaglia da New York (1943-1946). IX-XIV - Politica di questi anni. - Consensi e critiche (1946-1959).

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TERZA SERIE: SCRITTI VARI

I - I1 ciclo della creazione (poema drammatico in quanro azioni): - Versi. - Scritti di letteratura e di arte.

11 - Scritti religiosi e morali. 111 - Scritti giuridici. IV - Epistolario scelto.

1. Lettere a Giuseppe Spataro (1922-1959). 2. Carteggio L. Sturzo - M. Scelba (1923-1956). 3. Carteggio L. Stuno - A. De Gasperi (1920-1953).

V - Scritti storico-politici (1926-1949). VI -La mafia. VI1 - Bibliografia. - Indici.

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GABRIELE DE ROSA

Premessa

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PREMESSA

1. Una raccolta completa delle lettere scambiate fra Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, dal 1920 al 1953, con il vuoto perb degli anni fra il 1926, quando Sturzo era già a Londra in esilio, e il 1946, anno del suo ritorno in patria, non era mai stata fatta. Come ci ri- corda Antonazzi, parte delle lettere sono già comparse in diversi volumi, a cura di Maria Romana De Gasperi, di F. Rizzi, di F. Mal- geri, di G. Fanello Marcucci, 38 in tutto. Un sostanzioso gruppo di lettere inedite si è aggiunto alle lettere già edite. I1 manipolo delle lettere fra il 1946 e il 1953 è certamente il più interessante, perché tocca gli aspetti più gravi e critici della situazione politica e istitu- zionale italiana dell'imrnediato dopoguerra. Complessivamente, di- sponiamo sino ad oggi di 125 lettere, di cui 67 di Sturzo, 58 di De Gasperi. Certo, non quanto ci si aspetterebbe considerando le re- sponsabilità dei due corrispondenti, il molo da loro rivestito nella vita pubblica, la dimensione storica, interna ed internazionale, dei loro atti, dal 1919 al secondo dopoguerra. Le lacune del carteggio si spiegano con gli anni del ventenni0 fascista, con la censura, con le difficoltà e i timori del carteggiare. Può darsi che altre lettere si siano smarrite o siano state 'distrutte, lasciamo che il tempo o la fortuna ci consentano di reperirle.

I1 volume non avrebbe bisogno di presentazione, tanto è ampia ed esauriente l'introduzione di Giovanni Antonazzi. La biografia di Sturzo è ripercorsa con uno scrupolo bibliografico di piena soddi- sfazione per il lettore più esigente: dalle prime battaglie municipali a Caltagirone alla fondazione del Partito Popolare Italiano, alla lot- ta contro il fascismo, all'esilio a Londra, poi negli Stati Uniti, al suo rientro in Italia e alla ripresa dei rapporti con Alcide De Gaspe- ri. Insomma, un lavoro prezioso, questo di Antonazzi, che ci con- sente di misurare, anche nei momenti più accesi e polemici del car- teggio, la straordinaria caratura politica dei due personaggi.

Fanno da sfondo i problemi di un'Italia tutta da ricostruire, inco- minciando dall'organizzazione del nuovo Stato democratico, uscito

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dalla Resistenza. Nelle lettere passano nomi di politici grandi e meno grandi, vicende convulse, coritraddizioni, esigenze sociali, che si accavallano e di cui talvolta sembra impossibile uno sbocco civile. Certo, queste 125 lettere non rientrano nel contagioso scia- me revisionistico alla caccia del doppio, del triplo Stato; rientrano invece, a pieno titolo, nella storia degli uomini e degli eventi politi- ci che hanno gettato le fondamenta della nostra democrazia nel se- condo dopoguerra, che hanno consentito all'Italia di rovesciare quella sorte, che sembrava programmata con la catastrofe della sconfitta, per una condizione minoritaria, di pura sussistenza nella nuova Europa.

2. Per cercare di comprendere meglio il delicato problema dei rapporti fra De Gasperi e Sturzo, di quel che spesso li divideva, ma che poi finiva per riunirli, ho ritenuto opportuno soffermarmi su una lettera di De Gasperi del 12 novembre 1944, che considero im- portante anche sotto il profilo psicologico. Conviene, anzitutto, compiere un salto indietro e porsi il quesito se Sturzo avesse potuto riprendere la guida del partito. Luigi Sturzo, in realtà, non pensava, non immaginava mai, sin dall'esilio negli Stati Uniti, che potesse rinascere il P.P.1. Aveva già scritto nel 1942, prima ancora che si in- travedesse la possibilità di un prossimo ritorno in Italia, in un arti- colo dei «Quaderni italiani»: «La storia non si ripete: l'esperienza del Partito popolare italiano fu unica; esso fu creato dopo la prima guerra mondiale con il contributo dei cattolici al nuovo ordine de- mocratico e pacifico che doveva seguirne. Ma esso fu anche il compimento integrale della vita nazionale, dopo che i cattolici [...l ne erano stati assenti dal 1870 in poi». «Leader di un partito già di- sciolto~, si definì lo stesso Sturzo, con stupore dell'amico Carlo Sforza, anche lui in esilio negli USA, il quale si augurava, invece, che Sturzo ritornasse un giorno in Italia e che annunciasse il suo heri dicebamus.

D'altra parte, sin dal 1929, Sturzo ebbe ben chiaro, come si espresse nella lettera da Londra all'arnico Giuseppe Donati, del 27

. febbraio 1929, pochi giorni dopo la firma del Concordato fra la Santa Sede e lo Stato italiano, che egli non avrebbe potuto «più pensare di ritornare a capo di un partito qualsiasi in posizioni poli- tiche di responsabilità». Gli articoli del Concordato, a lui sacerdote, lo impedivano.

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3. Che Sturzo potesse rivestire ancora un ruolo come leader, sia pure onorario, del partito della DC, era forse un'idea possibile per Alcide De Gasperi nel momento più intenso e difficile, quello dell'inverno del 1944, che lo vedeva impegnato a mettere in piedi il nuovo partito: «Spero che Scelba ti abbia informato sui nostri progressi organizzativi - scriveva a Sturzo il 12 novembre 1944 -. Siamo molto più avanti che nel '22-'26, ma la situazione è ancora più complicata e difficile. Tenderemo i muscoli fino all'imgidi- mento. Lo spirito combattivo non manca. Le tue lettere ci portano lume e incoraggiamento. Finora ho superato tutte le difficoltà delle tendenze interne, mantenendo l'unità e la forza combattiva del par- tito. Non avrei che un'arnbizione, quella di riconsegnartelo degno di te». Ne era veramente convinto?

Fin dalle prime lettere a Sturzo, dopo il crollo del fascismo e lo sbarco alleato in Sicilia, De Gasperi si era premurato di spiegare al suo amico la complessità dei problemi che a lui e ai suoi collabora- tori si presentavano, con la guerra in casa e nel pieno della Resi- stenza. Situazione «più complicata e difficile» - rilevava - di quel- la deI PPI negIi anni fra il 1922-1926, che sono gli anni della crisi dello Stato liberale, della marcia su Roma e del primo governo Mussolini, che videro il progressivo frantumarsi del Partito Popola- re sotto i colpi del fascismo.

De Gasperi fornisce al suo amico in esilio alcuni elementi im- portanti di valutazione, che a Sturzo sfuggivano ovvero che Sturzo non avrebbe potuto considerare nella loro concretezza, nella pro- fonda e ben diversificata condizione del Paese rispetto agli anni della crisi dello Stato liberale: l'Italia divisa in due, con una guerra spietata nel Centro Nord, l'attività clandestina e la guerra partigia- na, il rapporto tutto da chiarire fra i partiti, specialmente nelle re- gioni dove più si combatteva: «Mi si scrive da lassù - riferiva De Gasperi a Sturzo - che i rapporti con gli altri partiti sono buoni, specie coi comunisti, i quali premono e premono per una collabora- zione avvenire: tale tattica è la caratteristica più incisiva della poli- t

tica italiana», il che stabiliva già una evidente differenza dalla si- tuazione del '22-'26.

Rapporti difficili, perché continuamente in bilico, sia per la de- bolezza del governo, insidiato da una sorta di diciannovismo in ri- tardo dell'estrema sinistra (Nenni), sia per la complessità della situa- zione sindacale: «tutti i tentativi di definire contestazioni o inciden- ti in seno allo stesso governo - scriveva - non sono finora riusciti».

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Quale la causa profonda di questa crisi latente, che assomiglia a un malessere originario, costitutivo dell'esercizio politico postfa- scista, nel quale si accumulavano diffidenze antiche e nuove? Ed ecco il quadro che De Gasperi dipinge a Sturzo, un quadro nuovo, che non ripete nulla del passato, tranne «l'abito dell'antica politica negativa socialista»: «Due spettri grandeggiano sul nostro onzzon- te politico: per gli uni il pericolo dello Stato totalitario social-co- munista, gli altri sono invasati dalla paura di un colpo alla Franco». De Gasperi non vede nessun sintomo di pronunciamento di tipo franchista, nessuno «spettro» in circolazione della «dittatura rea- zionaria», vede però l'altro spettro, quello della dittatura social-co- munista, («i comunisti hanno il mito e la forza della Russia», sono i più preparati e i più organizzati nella Resistenza): «Ho I'impressio- ne che sperano di conquistare una dittatura attraverso le forme de- mocratiche. Stando così le cose non è facile bandire il secondo spettro». Tuttavia, De Gasperi delinea a Sturzo la norma di com- portamento di quel che sarà la sua linea politica: «Gran parte del paese è anticomunista, ma non è sulla base dell'anticomunismo che noi possiamo radunare le forze, altrimenti correremo il rischio di confonderci con correnti reazionarie».

4. Dunque, la situazione politica è del tutto nuova, è più compli- cata e difficile di quella del 1922-26, in cui operò il partito di Stur- zo; non vero, allora, che la storia si ripete e che un unico tempo an- nodi la prima guerra mondiale con quel che avvenne con la secon- da. Fondare una politica democratica, che nel contenimento del co- munismo non si confondesse con le correnti reazionarie, sarebbe stato il rovello di Alcide De Gasperi. Di qui, anche sotto il profilo politico-organizzativo il discorso non poteva che essere nuovo: De Gasperi ha bisogno dell'unità politica dei cattolici, per fare il gran- de partito italiano di cui parla Agostino Giovagnoli; un partito di massa popolare, quale poteva darsi dopo il crollo del fascismo con l'improvvisa disponibilità di un consenso informale, smemorizzato, molteplice nella diversità delle culture, delle abitudini, dei livelli di vita e delle economie del paese. Un partito, è vero, che riprendeva finalmente il titolo aulico, prestigioso della democrazia cristiana dell'età di Leone x111, depurato da ogni vena intransigente. Il P.P.I. era stato un partito di centro, per vocazione, la cui preparazione era durata un trentennio, in buona parte vissuto nella trincea del non expedit; le sue scelte politiche pertanto conservarono sino alla fine

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qualche aspetto caratteriale di partito anti-sistema, anche quando era al governo, con Nitti o con Giolitti; partito di selezione, per for- ma mentis più radicale che collaborazionista, partito di programma, ma di un programma vissuto nella lotta politica, impegnato a «ren- dere possibile - come scriveva Sturzo nel 1924 - l'avvicendamento e l'allargamento della classe dominante e la maggiore partecipazio- ne delle altre classi», quindi un partito che operava, con tutte le ri- serve e le messe a punto immaginabili, nella cultura dell'epoca, della formazione delle élites, da Vilfredo Pareto a Gaetano Mosca.

Inventare un altro partito, alla fine della seconda guerra mondia- le, dopo venti anni di regime fascista, dissipatore delle scarse risor- se del paese per una politica avventurosa e megalomane, accanto alla Germania di Hitler, con una borghesia industriale e finanziaria viziata dalla lunga e consenziente cura protezionistica; con una bu- rocrazia impigrita dalla pratica di un diffuso e penetrante assisten- zialismo pubblico; con una società civile sotto tono dispersa, sfor- nita di validi ed efficienti centri di aggregazione, che non fossero quelli delle parrocchie, nella ingrata condizione peraltro di paese vinto, occupato, vigilato, debitore di tutto, dagli alimenti alle risor- se energetiche, ai servizi, riuscire, dunque, ad amalgamare una for- za di partito di massa che potesse uscire dal dilemma «rivoluzione» o «reazione», fu veramente opera straordinaria. I1 rassemblement del partito non avrebbe potuto realizzarsi senza l'appello a una mo- bilitazione strategica di emergenza, come scelta di campo. L'unità politica dei cattolici, estranea all'idea di partito di Luigi Sturzo, di- veniva necessaria, invece, per De Gasperi, ma essa era limitata, cir- coscritta alle motivazioni politiche della mobilitazione. De Gasperi ebbe attorno a sé gli uomini della vecchia guardia popolare cultu- ralmente legati alla tradizione sturziana del partito laico e aconfes- sionale, che diressero la grande operazione di conquista del con- senso di massa, senza i rischi di un'attrazione integralista. Del re- sto, non avrebbero potuto fare di più, anche volendo. I1 modello era nuovo, inventato e costruito direttamente, su un campo sconvolto dalla guerra, per di più già inserito in una situazione senza riscontri nel passato, interamente esposta al condizionamento dei rapporti internazionali dell'una e dell'altra parte. Nemmeno un ritorno a un partito, tipo Opera dei Congressi, sarebbe stato possibile: la mobili- tazione non poteva farsi per aiutare il Papa o la Chiesa, come av- venne con l'Unità d'Italia, ma per governare con la più ampia sicu- rezza elettorale possibile.

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5. Del peso dell'eredità lasciata dal fascismo era dunque ben consapevole De Gasperi; impresa fra le imprese era, infine, riuscire a convincere Sturzo che la situa~ione era profondamente cambiata rispetto al 1922-1926: gli uomini nuovi non erano molti e poi non avevano le stesse convinzioni della vecchia guardia in tema di rap- porti fra politica e religione, fra pubblico e privato, in tema di rifor- me e di economia, fra centralità dello Stato e autonomie. Quella vecchia guardia era stata esclusa, nel ventennio, da ogni carica e re- sponsabilità dell' Azione cattolica. Non faceva parte della memoria del movimento cattolico: era stata archiviata e ben suggellata. In altre parole, la si riteneva sepolta insieme con lo Stato liberale, con Giolitti, Salandra, Sonnino e gli ultimi manipolatori della rete tra- sforrnista nell'illusione di riuscire a ingabbiare Mussolini. De Ga- speri restituì fiducia e potere alla pattuglia degli ex popolari che gli furono vicino, ma non poteva ricreare in alcun modo il retroterra ideologico e materiale che era stato del p.p.1. Alle spalle del popola- rismo sturziano c'era stata, fra l'altro, l'organizzazione ramificata ed efficiente della cooperazione bianca, dalle casse rurali alle pic- cole banche di credito alle industrie agroalimentari, alle alleanze contadine, un complesso di energie sociali, fra loro omogenee, espressive di una evoluzione autonomistica, senza Stato; in breve una realtiì, che insieme con la tradizione del socialismo rifonni- sta, aveva contrassegnato tanta parte dell'evoluzione della società civile.

De Gasperi, assumendosi il fardello non certo leggero del disa- stro nazionale, in cui il fascismo aveva precipitato il Paese, sapeva bene che cosa bolliva nella pentola delle nostre disgrazie: conosce- va pensieri ed idee del suo geniale interlocutore, il suo rigore etico- civile, le sue convinzioni sul problema istituzionale, sulle riforme, a cominciare da quella agraria, per arrivare all'organizzazione del- lo Stato, al regionalismo di cui parlò al congresso di Venezia nel 1921, che aveva allarmato un moderato come Filippo Meda, perché attribuiva alle regioni un'ampia facoltà legislativa. De Gasperi sa- peva dell'arnore di patria di Sturzo, che lo sollgcitava a respingere il trattato di pace perché avrebbe voluto che l'Italia non fosse con- siderata dagli alleati come un paese vinto, avrebbe voluto che fosse accettata la sua idea della non-responsabilità del popolo italiano nella guerra, voluta dal fascismo. De Gasperi aveva trascorso trop- pi anni in Vaticano per non ricordare le mobilitazioni di piazza e l'ampiezza dei consensi di popolo al fascismo e alle sue guerre,

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come anche i molti consensi del clero. De Gasperi non esitò a scri- vere che la sua scuola politica (pensava al vescovo Celestino En- drici?) era stata diversa da quella di Sturzo, più cauta, più realisti- ca, sino a chiedergli se, ripensando al passato, non sarebbe stato meglio una maggiore duttilità nel confronto con lo Stato liberale. Quando la «guerra fredda» incominciò a ritirarsi dallo scenario in- ternazionale e si vide la ruggine tutta accumulata dentro le membra di uno Stato, fattosi vecchio e cadente, pieno di ingombri e vari af- fastellamenti di privilegi, anche questi di massa, l'utopia di Sturzo sembrò avere una sua attualità.

La lettera di De Gasperi del 12 novembre 1944, in conclusione, ci aiuta meglio a capire il suo rammarico per le critiche che Sturzo gli rivolgeva negli anni che vanno dal suo rientro in Italia al 1953, critiche che non stiamo qui a riprendere; sono tutte in queste lette- re, non possono tagliarsi con l'accetta, tanto che nessuno dei due, né Sturzo né De Gasperi ne fecero motivo di rottura.

Non ci fu alcuna verbosa diplomazia fra Sturzo e De Gasperi; nessun gioco delle parti: sarebbe stato impossibile. I due erano uo- mini di eccezionale statura politica, con il peso di responsabilità immense, rese più acute da un insistente travaglio interiore, da una vera sofferenza religiosa, poiché ogni atto, ogni scelta li metteva in rapporto con la coscienza del cristiano, con un sentimento della po- litica, che, prima di divenire forza, decisione, era meditazione, pru- denza, desiderio di entrare, come De Gasperi poteva leggere nel fi- losofo, che fu delle sue terre, Antonio Rosmini, <<nella segreta e so- litaria stanza dell'umano cuore».

Gabriele De Rosa

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Luigi Sturzo - Alcide De Gasperi , Carteggio (1 920-1 953)

a cura di Giovanni Antonazzi

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AVVERTENZA

I1 carteggio fra don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi non è molto copio- so. Esso si svolge - almeno in base alle lettere che possediamo - negli anni 1920-1 953. Oltre le lettere inedite, si pubblicano nuovamente alcune lettere, trentotto in tutto, già apparse nel secondo volume di De Gasperi scrive, a cura di M.R. De Gasperi, Brescia 1974; in Luigi Sturzo, Scritti inediti, volume se- condo (1924-1940). a cura di F. Rizzi, Roma 1975, volume terzo (1940- 1946), a cura di F. Malgeri, Roma 1976; L. Sturzo-M. Scelba, Carteggio (1923-1956), a cura di G. Fanello Marcucci, Roma 1994. Si avrà cosi, per quanto è dato supporre allo stato attuale delle ricerche, il carteggio completo: centoventicinque lettere, sessantasette di Sturzo, cin- quantotto di De Gasperi. In appendice si pubblicano altre lettere che non fanno parte del carteggio ma con esso sono collegate, e una scheda biografica di Alcide De Gasperi. Per facilitarne la comprensione, si può dividere il carteggio in quattro pe- riodi. Primo periodo. È il periodo del Partito Popolare Italiano, fino al suo scioglimento (9 novembre 1926). Sono quasi esclusivamente lettere di De Gasperi (32 su 35). Certamente don Sturzo scrisse varie altre lettere, come si rileva dal carteggio. Su testi- monianza di Maria Romana De Gasperi, queste lettere sono andate smar- rite o distrutte insieme alla piccola biblioteca di suo padre, oppure elimi- nate da De Gasperi stesso, perché, in quel momento, ritenute politicamen- te compromettenti. Come si dirà nell'introduzione (cfr. infra, p. 28), questo gruppo di lettere costituisce una documentazione dell'azione del Partito Popolare Italiano e del vivo interesse di don Sturzo, esule a Londra, per la delicata e difficile situazione politica italiana, sulla quale interviene con suggerimenti e di- rettive a De Gasperi e agli amici rimasti in Italia. Secondo periodo. È il periodo dell'«esilio» in patria di De Gasperi, fino alla liberazione di Roma (4 giugno 1944). In questa fase il carteggio è quasi inesistente (quattro lettere di De Gaspe- ri e una di Sturzo). Dopo lo scioglimento del Partito Popolare Italiano, don Sturzo lamenta il «silenzio» che si è fatto intorno a lui (cfr. introduzione, infra, p. 28). Inol- tre, Mussolini sembra avere ormai stabilmente consolidato il regime. In

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tale situazione, l'attenzione di Luigi Sturzo si allarga dall'Italia agli altri paesi, e si apre per lui un periodo di feconda attività sul piano europeo e internazionale. De Gasperi, da parte sua, e alle prese con la propria situazione assoluta- mente precaria politicamente, socialmente ed economicamente. Le poche sue lettere (dopo il 1926, la prima 8 del 1932) hanno carattere personale e tradiscono l'acuta nostalgia dell'amico e maestro (cfr. introduzione, infra, p. 31). Terzo periodo. Dall'enuata delle truppe alleate in Roma (4 giugno 1944) al rientro di Luigi Sturzo in Italia (6 settembre 1946). Prevalgono le lettere di don Sturzo (22 contro 9 di De Gasperi). Egli si la- menta «della mancanza di letteren (lett. del 23 settembre 1944), anche se dichiara di comprendere «la quasi impossibilità» dell'amico a scrivergli (lett. del 22 dicembre 1944). De Gasperi conferma: «Non indignarti né sorprenderti dei miei ritardi e delle mie mancanze nella corrispondenza: conduco una vita così intensa e faticosa perché piena di agguati, che spes- so mi manca il respiro. nonché il tempo» (lett. del 2 febbraio 1946). È forse la fase più importante di tutto il carteggio. L'Italia sta faticosa- mente ricostruendo la liberta politica e la democrazia, con gravi problemi da risolvere (referendum istituzionale, trattato di pace, rapporti fra i partiti e il governo. e così via). La partecipazione di Sturzo è sempre incisiva, anche se talvolta i suoi interventi creano momenti di forte tensione (cfr. introduzione, infra, p. 33). Quarto periodo. Gli ultimi anni (1946-1953). La comspondenza epistolare si arresta al 1953, con la caduta dell'ottavo governo De Gasperi. Lo statista morì il 19 agosto 1954. La prevalenza delle lettere di Sturzo è ancora più marcata (13 lettere di De Gasperi, compresi i telegrammi, su 54). A parte gli impegni di gover- no, De Gasperi preferiva visitare personalmente don Sturzo, come si rile- va dai molti accenni nel carteggio, ove emergono anche i motivi che co- stringevano De Gasperi a diradare a malincuore le visite. Sono presenti i vari aspetti della politica italiana, non senza dissensi e in- comprensioni su questioni importanti, come la riforma agraria e la legge elettorale maggioritaria (cfr. introduzione, infra, pp. 44 ss.). Nel 1947, la lettera successiva al 5 febbraio è del 21 ottobre. Non saprem- mo spiegare il motivo del lungo intervallo.

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INTRODUZIONE

1. Prime esperienze

Luigi Stuno nacque a Caltagirone, provincia di Catania, il 26 novembre 187 1, ultimogenito, con la gemella Nelina, di sei figli.

L'intensa spiritualità del padre Felice, erede dei baroni di Atri- palda, e pia ancora la profonda vita interiore della madre Caterina Bascarelli influirono notevolmente sulla vocazione religiosa di Luigi, del fratello Mario, vescovo di Piazza Armerina, della sorella Remigia, suora tra le Figlie della Carità.

Entrò nel seminario di Acireale nel 1883, in quello di Noto nel 1886 e in quello di Caltagirone nel 1888. Fu ordinato sacerdote il 19 maggio 1894. Verso la fine di quell'anno si recò a Roma, per seguire i corsi di teologia all'università Gregoriana, ove si laureò nel 1898, e di filosofia all'Accademia di S. Tornmaso, ove conse- guì il diploma nel 1896.

Fino ad allora don Sturzo era orientato verso la filosofia e la let- teratura (amava molto anche la musica). Una «prima finestra sul mondo»' si aprì nel suo animo alla pubblicazione dell'enciclica leonina Remm novamm nel 189 12.

A Roma, a contatto con le miserie del quartiere operaio e attra- verso i testi del cosiddetto «neotomismo sociale» di Matteo Libera- tore e Luigi Taparelli D'Azeglio3, si sentì attratto verso «le attività sociali cattolichem4, alle quali si dedicò con giovanile ardore. Nac- quero così per sua iniziativa a Caltagirone negli anni 1895 e 1896 un comitato diocesano delle associazioni di operai, di agricoltori, di studenti, una cassa rurale e una società di mutuo soccorso per ar- tigiani.

Per la diffusione delle idee e per la conoscenza della realtà poli- tica, economica e amministrativa di Caltagirone, don Sturzo fondò il periodico «La Croce di Costantino*. Negli articoli si nota il pro- gressivo passaggio da un linguaggio di marca temporalista e intran- sigente a un tono di equilibrio che conferisce maggiore efficacia.

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I1 soggiorno romano favorì l'evoluzione del pensiero di Sturzo sulla formazione del clero e segnb l'orientamento decisivo della sua vita. La stessa vicenda municipale di Caltagirone non rimase chiusa nell'ambito provinciale, ma divenne esperienza significativa a dimensione nazionale.

Tornato definitivamente a Caltagirone nel 1898, don Sturzo in- tensificò l'impegno sociale, civile, politico e organizzativo (banche popolari, casse rurali, cooperative, leghe di resistenza, lotte e scio- peri), con particolare attenzione ai problemi dell'agricoltura meri- dionale e alla difesa delle autonomie locali contro il centralismo am- ministrativo dello Stato. Non ultimo intento, aprire i seminari alla vita reale e liberare il clero da visuali troppo ristrette e dalla suddi- tanza verso i potenti del luogo.

Entrato nel consiglio comunale della sua città nel 1899, Sturzo si affermò sempre maggiormente, sicché nelle elezioni del 3 dicem- bre 1905 il Centro Cattolico conquistò una schiacciante maggioran- za (trentadue consiglieri su quaranta). Nominato pro-sindaco (come sacerdote non poteva formalmente essere sindaco), Sturzo guidò quella amministrazione per quindici anni fecondi di iniziative in ogni campo, e divenne consigliere provinciale di Catania5.

Nel pensiero di Sturzo i termini politico e sociale non si trovano mai disgiunti. Egli era convinto che le realizzazioni sociali non possono divenire importanti e durare senza un substrato politico. Così, mentre partecipava attivamente a varie organizzazioni sociali su scala nazionale6, il 29 dicembre 1905 pronunciò a Caltagirone un memorabile discorso sul tema «I problemi della vita nazionale dei cattolici italiani», definito la magna charta del popolarismo7.

Quel discorso, infatti, conteneva la prima idea di un partito poli- tico8. Don Sturzo stesso ebbe a dichiarare: «Giudico quel discorso come la cosa migliore di tutti i miei scritti. Per 14 anni, fino alla fondazione del Partito Popolare, non ho fatto altro che seguire la li- nea politica lì tracciata, non ho fatto altro che lavorare per applicar- la. È stato un momento importante, decisivo della mia vita, ed ho voluto fare quel discorso a Caltagironen9.

Un aspetto del discorso sottovalutato dagli studiosi 8 la tematica religiosa che lo pervade, con precise e originali puntualizzazioni, quali la configurazione di un cattolicesimo storicamente progressi- vo e riformato e un'accurata insistita distinzione tra <<religioso» ed <<ecclesiastico». Per questo, è stato osservato che il discorso «fu il discorso di un uomo di fede, più che di un politico»lO.

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Decisivo per l'orientamento della vita e del pensiero di Luigi Sturzo fu il rapporto con Romolo Murri. È ormai storicamente ac- quisito l'influsso del teorico della democrazia cristiana sul giovane prete siciliano, come dimostra il carteggio intercorso fra i due". Sturzo stesso lasciò scritto: «Fu Mum a spingermi definitivamente verso la democrazia cristiana. Da allora vi sono rimasto fedele»l2. I1 primo casuale incontro avvenne nel 1896, nel 1898 nacquero quei contatti che diedero vita a una intesa culturale e politica rea- lizzata nell'amicizia e nella collaborazione, divenuta più stretta dopo il viaggio di Mwri in Sicilia nel 1900. È certo che Sturzo subì il fascino di Murri, ma il loro rapporto, data la diversa personalità, fu complesso e sotto alcuni aspetti, come l'influsso culturale di Murri su Sturzo, ancora suscettibile di chiarimenti.

Inizialmente, il dissenso che non tardò a manifestarsi sembrava toccare non tanto le idee quanto il metodo da seguire. In Sturzo «non è una preoccupazione teologica, come per il Murri, ma è un sentimento che lo sollecita all'azione, un sentimento di carità cri- stiana per gli umili, offesi dalle leggi dell'economia moderna»13. A poco a poco Sturzo con lucida intelligenza intuì i rischi degli orien- tamenti mumani e capì di dover trovare una soluzione diversa ai gravi problemi. La divergenza si fece più profonda e, a partire dal 1906, giunse progressivamente al distacco14. Soprattutto nel mo- mento più acuto della crisi modernista, mentre Mum rompeva cla- morosamente con la Chiesa, Sturzo rimase ancorato alle certezze dell'ortodossia nell'assoluta fedeltà alla Chiesa stessa.

2.11 Partito Popolare Italiano

L'idea di un partito politico, delineata nel discorso di Caltagiro- ne del 1905, maturò negli anni successivi. L'8 maggio 1915 segnò una tappa importante. La Giunta direttiva del19Azione Cattolica, della quale don Sturzo era segretario, lanciò un appello in favore dell'intervento italiano nella guerra. Vi si affermava la leale ade- sione allo Stato e la conseguente fine della storica «protesta». L'appello non incontrò il favore del Vaticano e suscitò dissensi fra gli stessi cattolici. Ciò nonostante, Sturzo difese le ragioni dell'in- tervento in pubblici discorsi, il più importante dei quali, per la comprensione del suo pensiero, è quello tenuto a Pesaro il 30 giu- gno 1918.

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Nel clima dell'immediato dopoguena emerse l'esigenza di pro- fonde trasformazioni sociali e politiche, permeate di fermenti a ca- rattere popolare e democratico. I cattolici partecipavano in varie forme a quella realtà temporale, dalla quale erano stati esclusi dalla Santa Sede per alcuni anni.

Era il momento giusto per dar vita a un partito democratico e co- stituzionale. Nel discorso tenuto al Circolo di cultura di Milano il 17 novembre 1918, don Stuno indicò le linee programmatiche per il rinnovamento morale e le riforme sociali e istituzionali che avrebbero dovuto caratterizzare l'azione politica dei cattolici, non pitì marginale o di supporto al liberalismo moderato.

Si recò quindi in Vaticano, per esporre al cardinale Pietro Ga- sparri, segretario di Stato, il progetto e il programma del nuovo partito. I1 cardinale, dopo essersi consultato con il conte Giuseppe Dalla Torre, ricevette nuovamente don Sturzo nel mese di dicem- bre e gli comunicò il proprio consensol.

La «piccola costituente*, composta da qualificati rappresentanti dei vari movimenti cattolici, svolse un intenso lavoro. A conclusio- ne, fu decisa la creazione del Partito Popolare Italiano, con segrete- ria politica affidata a Luigi Sturzoz. Lo scudo crociato e il motto Li- bertas traevano ispirazione da motivi già presenti nel periodo gio- vanile del fondatore.

I1 18 gennaio 1919, da una modesta stanza dell'albergo S. Chia- ra, in Roma, venne lanciato il famoso appello «a tutti gli uomini li- beri e forti», col programma del nuovo partito3.

I1 Partito Popolare si ispirava ai valori cristiani ma non intende- va essere espressione di una fede religiosa. Don Sturzo, partendo dalla rigorosa distinzione fra religione e politica, difese vigorosa- mente la «aconfessionalità» del partito, «nel senso che esso non era un duplicato dell'Azione Cattolica né dipendeva organicamente dalle autorità ecclesiastiche»4. Di parere contrario erano p. Agosti- no Gemelli e mons. Francesco Olgiati. I contrasti assunsero toni piuttosto accesi nella discussione al primo congresso del partito a Bologna, 14-16 giugno 1919, tanto da preoccupare la Santa Sede (c'b una lettera del cardinale Gasparri a Carlo Santucci del 12 giugno), la quale però non ritenne di entrare nel merito della questione5.

Esistevano tutte le premesse perché il Partito Popolare potesse muoversi politicamente in modo autonomo, compresa l'abolizione del non expedir, la quale venne decretata ufficialmente il 10 no-

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vembre 1919, nell'imminenza delle elezione politiche6. Tra gli obiettivi del nuovo partito, indicati nei dodici articoli di un pro- gramma che da qualche parte venne criticato per la sua sorprenden- te ampiezza, sono da segnalare il sistema elettorale proporzionale, il superamento di una rigida e anchilosata «macchina statale» con adeguate riforme del sistema amministrativo, sociale ed economi- co, la riforma agraria, la riforma scolastica7. Elementi fondamentali erano il rifiuto della lotta di classe a favore della collaborazione so- ciale e l'incoraggiamento dell'iniziativa privata. Anche quando nelle lotte contadine don Sturzo non aveva potuto evitare il con- fronto diretto, non si era mai abbandonato ad accentuazioni classi- s tes.

Le elezioni del 16 novembre segnarono un largo successo del Partito Popolare Italiano, superiore alle previsioni e ai desideri del- lo stesso fondatore, il quale temeva che il partito si sarebbe trovato a doversi addossare gravi responsabilità di governo ed essere arbi- tro dell'equilibrio parlamentare.

La crisi dello Stato liberale e l'affermarsi del fascismo provoca- rono il lento ma inesorabile declino del disegno politico dell'ardi- mentoso prete siciliano. La borghesia rurale dava credito all'accusa di «bolscevismo bianco» mossa contro il Partito Popolare. Le stes- se autorità ecclesiastiche manifestavano chiari segni di sfiducia, e la Santa Sede, pur senza sconfessare il partito, non nascose le sue perplessitàg.

L'ingresso nel governo Mussolini, deciso dal gruppo parlamen- tare non senza contrasti interni, contribuì a creare in seno al partito un clima di tensione e di equivoci. In questo clima si aprì il con- gresso di Torino il 12 aprile 1923. La relazione di Sturzo, lucida e penetrante, tracciò con fermezza la vera identità del partito contro chi riteneva che, con l'avvento del fascismo, esso non avesse più ragione di esistere.

La reazione di Mussolini fu dura e segnò la fine della collabora- zione dei popolari al governo. Per una serie di subdole manovre, la vita di Sturzo diventava difficile. Un invito perentorio a lasciare la segreteria politica, «in considerazione degli interessi superiori del- la Chiesa in Italia», fu rivolto dal cardinale Gasparri a Sturzo tra- mite il fratello Mario, con lettera del 5 luglio. Vana la reazione e le argomentazioni di don Sturzo, il quale, il 10 luglio, dovette rasse- gnare le dimissioni, motivandole secondo le indicazioni del cardi- nalelO.

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Don Sturzo si recò, in meditazione e per riposo, a Montecassino, confortato dalle manifestazioni di stima e di affetto dei tanti amici. Tornò poi di nuovo nella quiete del monastero benedettino il 3 lu- glio 1924, dopo il delitto Matteotti. Scrisse allora all'amico mons. Vincenzo Fondacaro: «In questi giorni di ritiro spirituale a Monte- cassino, ho sentito ancora di piiì il dovere di essere cogli umili, con i sofferenti, con i perseguitati, per una causa di moralità e di giusti- zia, che influirà nei decenni della nostra vita italiana. La nostra as- senza darebbe causa vinta agli avversari della religione e mettereb- be questa a lato dei potenti e a difesa degli oppositori e dei violenti. Occorre pregare assai che il Signore guardi benignamente la patria nostra e quindi i cattolici nelle gravi difficoltà presenti»ll.

3. L'esilio londinese

Nella seconda metà del 1924, dopo il delitto Matteotti e la seces- sione aventiniana, la sicurezza personale di don Sturzo apparve se- riamente minacciata dalla violenza fascista. Mussolini dichiarò apertamente al cardinale Gaspani che, se il sacerdote siciliano non lasciava l'Italia, non poteva rispondere della sua incolumità. I1 car- dinale intervenne con una lettera del 16 settembre a mons. Mario Sturzo, fratello di don Luigi, lettera che era un vero ordine1. For- malmente, si doveva parlare di un viaggio all'estero per ragioni di stu- dio. Don Sturzo si mese alla «pontificia volontb2 e ne scrisse (il te- sto della lettera probabilmente fu concordato) al sostituto della Segre- teria di Stato mons. Giuseppe Pizzardo: «per una pih diretta conoscen- za di istituti e di opere, che formano oggetto di uno studio che ho in corso, 6 mio desiderio passare qualche tempo all'esteros3.

I1 viaggio sarebbe dovuto essere di breve durata. Tale almeno era la convinzione degli amici. Gli scrisse De Gasperi: «Fu solo perché crediamo e più ancora abbiamo fatto credere che la tua as- senza sarh breve, che ci adattiamo a questa lontananzan4.

Don Sturzo stesso, alla vigilia della partenza, avvenuta il 25 ot- tobre 1924, dichiarava al fratello che si sarebbe fermato a Londra il tempo necessario, comunque non oltre il mese di gennaios. Solo dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, che toglieva ogni illusione agli oppositori del regime, Sturzo comprese la dura realtà, l'esilio, non ritenendo prossima la fine del fascismo6. Si limitò a non perdere «la speranza di un ritorno al regime di libertà»'. Ma

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dovevano passare alcuni anni prima di quel ritomo e della fine del- l'esilio.

Nei primi mesi del 1925, l'avv. Filippo Del Giudice; amico di Sturzo, avvicinò «la nota persona*, ossia il cardinale Gasparris, per sottoporre al suo parere il pensiero di Sturzo su alcune questioni politiche, in particolare sull'accordo dei popolari coi socialisti a fini elettorali9. Vi fu qualche riconoscimento e la possibilità di aiuti finanziari. Si discusse anche del ritorno di Sturzo, ma la cosa non ebbe seguitolo.

Nel 1926 Gasparri intervenne presso il card. Boume in favore di don Sturzo, con proposte che gli avrebbero consentito di vivere de- corosamente. Egli però avrebbe dovuto dichiarare pubblicamente il proprio disinteresse per la politica italiana". Alle stesse condizioni offriva a Sturzo la possibilità di rientro in Italia con il conferimento di un ufficio ecclesia~tico~~, Don Sturzo definì amaramente l'invito a non occuparsi di politica «un nuovo ricatto»I3. Confortato anche dal parere di De Gasperi e di Gronchi, preferì rimanere a Londra, dove continuò l'attività giornalistica e, sia pure non in stretto senso partitico, politicaI4.

L'esule sentì moltissimo la nostalgia dell'Italia, acuita dalla soli- tudine e dalla cagionevole salute. Un valido sostegno gli venne dal fratello Mario, col quale tenne un esemplare epistolario, ove, oltre gli interessi culturali, si possono cogliere i più intimi e profondi sentimenti di amore fraterno e di intensa pietà's.

In un primo tempo, don Sturzo ricevette molte lettere di estima- tori e di amici (anche se si lamentava che gli si scriveva da pochi e poco)'6, unanimi nell'esprimergli affetto, stima, gratitudine per la sua opera e la sua saggezza, e rammarico per la lontananzaI7. La sua assenza era avvertita non solo sul piano personale ma per ri- flesso alla vita e ai problemi del partitoI8.

A sua volta, egli mantenne viva la corrispondenza epistolare con De Gasperi e gli altri amici, i quali tenevano «nella massima consi- derazione» le sue lettere19. Seguiva attentamente le vicende politi- che in una fase particolarmente delicata e difficile per l'Italia e per il partito. Fu largo di suggerimenti e di concrete direttive e, ove il caso lo richiedeva, tracciava «magistralmente rigide lineen20. Non lesinò nemmeno «il plauso per la costante ed efficace difesa dei nostri ideali e dell'opera del nostro Partito»21. Con De Gasperi fu ripetutamente progettato un incontro mai potuto realizzare per dif- ficoltà di vario genere, non escluse quelle finanziarie22.

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I1 gruppo di lettere 1924-1926 è una documentazione importante per la conoscenza dell'azione del Partito Popolare Italiano e della sua reazione agli attacchi del regime fascista, la questione dell'ac- cordo coi socialisti, le vicende della secessione aventiniana, le po- lemiche che investivano la persona stessa di Sturzo, la graduale ca- duta della illusoria convinzione sulla possibilità di un ritorno al re- gime parlamentare.

In seguito al deteriorarsi della situazione che portb allo sciogli- mento del P.P.I. il 9 novembre 1926, e a causa del restringersi delle maglie della censura, non pochi cessarono un regolare contatto epi- stolare con l'esule23. Don Sturzo ne prese atto non senza rammari- co: «il silenzio che si è fatto intorno a me, è ormai gran tempo, dai pia intimi e affettuosi, è certo una pena indicibile. Sono rassegnato ai voleri divini e sempre fiducioso che l'aiuto del Signore non mancherà+.

I1 suo animo rimase costantemente sereno, senza perdere mai di vista la visione soprannaturale della vita e della propria vicenda: «Io studio e lavoro; non so quale sia il mio futuro ruolo nella vita politica italiana: non sarò mai con i vili e con i tiranninZ5.

«Non mi resta che fare quel che sto facendo: star lontano dalla mia patria, dai miei parenti, da ogni attività esteriore. Studiare, pre- gare, scrivere e rimettere tutto nelle mani di Dio. Non mi sono la- gnato con nessuno di questa mia sorte, non me ne lagno neppure con te. Sono pronto a maggiori sacrifici. So di rendere un servizio alla Chiesa e alla patria più con il mio atteggiamento, che con il mio lavoro»26.

La mancanza di un effettivo collegamento con l'Italia aprì a don Sturzo un lungo periodo di feconda attività non più limitato alle vi- cende del nostro paese. A parte l'attività giornalistica, fonte princi- pale del proprio sostentamento economico, le lunghe giornate soli- tarie furono colmate dai prediletti studi di storia e soprattutto di so- ciologia. Ne nacquero opere magistrali e originali, che diedero al nome di Luigi Sturzo, nel campo della cultura sociale e politica, una dimensione europea e internazionale.

Segnalo, fra le opere, Italy and Fascism, del 1926, scritto per spiegare agli inglesi gli avvenimenti italiani e il successo del fasci- smo, la sintesi storica Chiesa e Stato, del 1937, e, fra le più origina- li, La vera vita. Sociologia del soprannaturale. L'estendere la so- ciologia alla vita soprannaturale significa considerare la società tesa verso un fine trascendente assoluto. In altre parole, la realtà

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umana deve tener conto della «storicizzazione del divino nella vita» e del «fattore religioso nel suo valore storico»27.

L'esilio, se aveva impedito a Sturzo di continuare ad essere un grande operatore sociale e politico, creò in compenso un non meno grande pensatore. Anzi, secondo un enfatico giudizio, Luigi Sturzo sarebbe «il solo 'pensatore' democratico-cristiano che sia apparso in Occidente dopo l'inizio di questo secolo»28.

Don Stuno compi diversi viaggi a Parigi, centro dell'antifasci- smo italiano. Vi tenne varie conferenze, fra le quali ebbe vasta ri- sonanza quella del 30 marzo 192529. Si recò in Belgio e in Germa- nia, allo scopo di favorire la formazione dell'intemazionale demo- cratico-cristiana. Ebbe rapporti con gli altri fuoriusciti, divenendo punto di riferimento non solo per quelli del suo partito, e agendo in modo da non creare disagi ai popolari rimasti in Italia. Strinse ami- cizie con esponenti della politica e della cultura inglese, promoven- do varie iniziative per la conoscenza della verità sulla situazione italiana30.

Dal 1927 il gruppo di lettere riguarda quasi esclusivamente il rapporto di Sturzo coi fuoriusciti antifascisti, in particolare i popo- lari Giuseppe Donati e Francesco Luigi Ferrari, che furono i mi- gliori suoi collaboratori e i pia fattivamente impegnati, e i laici Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini. La comspondenza consente di penetrare gli umori dell'antifascismo all'esterno, e rileva un aspet- to della personalità di don Sturzo, non più condizionato dal partito di fronte a grosse questioni, come la Conciliazione, la guerra di Etiopia e quella di Spagna, e così via.

Quando, 1'1 1 febbraio 1929, furono firmati i Patti Lateranensi, don Sturzo non mancb di valutarne gli aspetti positivi e, al tempo stesso, di denunciarne i limiti. Scrivendo quattro giorni dopo a Fer- rari, duramente critico sull'evento e sulle responsabilità della Santa Sede, Sturzo osservava fra l'altro: «I1 centro della questione è per- tanto politico: è questa un'intesa della Chiesa con il fascismo? Io credo di no, nello spirito della Chiesa, e di sì nelle apparenze e in molti effetti pratici>P.

PiCi tardi scriverà ancora: «Si può discutere sull'opportunità di trattare con il fascismo una così importante e delicata questione: ma dopo i fatti una tale questione riesce del tutto inutile [...l. 11 fat- to reale è che il trattato del Laterano ebbe ed ha un valore storico che trascende la volontà degli autori stessi e le loro particolari fina- li tb3*.

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È un giudizio di raro equilibrio, tanto più valido in quanto in messaggi e lettere Sturzo aveva assunto un atteggiamento critico su alcune situazioni in rapporto alla politica della Santa Sede e nei confronti del fascismo33.

La posizione di don Sturzo si fece ancora pia delicata per la guerra di Etiopia. Da una parte aspra e aggressiva la campagna an- ticlericale e anticattolica dell'antifascismo laico in esilio, che accu- sava la Santa Sede di collusione col fascismo, dall'altra la convin- zione personale che la Chiesa avrebbe dovuto prendere posizione più chiaramente e non limitarsi, come fece Pio x1 con la citazione del biblico Dissipa gentes quae bella volunt, a un generico appello alla pa~e3~. In sostanza, don Sturzo sentiva di dover difendere pub- blicamente l'atteggiamento della Chiesa, negando che fosse com- promessa con l'ideologia totalitaria, ma non si nascondeva il timo- re che anche in un futuro postfascista la Chiesa potesse essere ac- cusata di connivenza con la politica imperialista del regime.

Lo stesso timore, più chiaramente e intensamente, don Sturzo nutrì per la Chiesa in Spagna nella guerra civile, dalla quale egli voleva che la Chiesa si dissociasse. Condusse a questo scopo una vivace campagna sulla stampa europea, per dimostrare che quella guerra non poteva essere considerata una guerra di religione3'. Don Sturzo nega alla lotta di Franco il ruolo di crociata contro il bolsce- vismo, ma non trascura l'aspetto economico e sociale dei fatti36.

Di questo e di altri avvenimenti non c'è traccia nel carteggio Sturzo-De Gasperi, un carteggio, in questo periodo, quasi inesi- stente e limitato a poche notizie personali. Da una parte, infatti, don Sturzo era ormai fuori dalle vicende della politica italiana in mano a un regime saldamente consolidato, dall'altra De Gasperi era alle prese colla propria situazione politica, sociale ed economi- ca che lo assillava angosciosamente, senza altra prospettiva che una fiducia mai venuta meno nella Provvidenza3'.

Oggetto di minacce e di campagne denigratorie, a cominciare da quella orchestrata su «I1 Popolo d'Italia» per il suo presunto atteg- giamento filoausiriacante, non giovò a De Gasperi, sotto sorve- glianza speciale dai 192538, aver lasciato la segreteria del P.P.I. il 14 dicembre di quell'ann03~ e la direzione del giornale «I1 Nuovo Trentina» il 28 gennaio 1926. Commuove il suo grido di dolore all'antico maestro: «Dirigimi qualche parola di conforto, perch'io soffro immensamente»40.

Processato e carcerato nel 1927, fu graziato l'anno dopo per l'in-

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tervento di mons. Celestino Endrici, arcivescovo di Trento, presso Vittorio Emanuele III, ma costretto a rimanere a Roma sotto vigi- lanza, isolato e senza risorse economiche. Finalmente, per l'inte- ressamento di autorevoli persone, il 3 aprile 1929 fu assunto presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, in una posizione che egli stesso definì «precaria e umiliante~~l. Solo dieci anni dopo, con la nomina ai grado di segretario, ebbe una sistemazione decorosa42.

Sono gli anni dell'«esilio» in patria, vissuti senza particolari av- venimenti esterni «tra la famiglia e la biblioteca, all'ombra del Cu- polone>>43. E tuttavia, quanto sia stato fecondo quel lungo periodo di gestazione lo dimostrano i fatti dopo la caduta del fascismo, che ebbero De Gasperi protagonista della ricostruzione dell'Itaiia e del suo inserimento fra i liberi popoli d'Europa.

Dopo il 1926, la prima lettera di De Gasperi a Sturzo è del 1932. Costretto dalle difficoltà «nel cerchio angusto della famigliola*, sente acuta la nostalgia dell'amico, e lo rassicura che le bambine pregano «per il grande amico di paph~4~. Ancora piu intrisa di no- stalgia è la lettera del 28 dicembre 1933: «entrambi avremmo biso- gno di riprendere un contatto intellettuale e sentimentale che dieci anni fa ci era divenuto così caro e che non si pub ristabilire se non di presenza e guardandosi negli occhi; ma io voglio dirti almeno con quanto affetto pensi a te, specie in questi giorni, nei quali si ri- cordano gli anni che se ne sono andati e si riflette a quelli che se ne vanno».

La risposta di don Sturzo termina così: «Andando a San Pietro di' per me un Pater alla Confe~sione»~*.

4 . La battaglia da New York

Lo scoppio della guerra nel settembre 1939, per scongiurare la quale don Sturzo si era adoprato fattivamente, ebbe conseguenze sul suo soggiorno londinese, specialmente da quando, nel 1940, si intensificarono le incursioni aeree in vista della progettata invasio- ne dell'Inghilterra. I disagi provocati dai bombardamenti e l'atteg- giamento ostile del governo inglese verso i cittadini italiani resi- denti nel Regno Unito1 convinsero don Sturzo dell'opportunità di lasciare il paese, sia pure con sincero rimpianto e quasi controco- scienza come se volesse sottrarsi ai rischi che seguitavano a correre altri suoi compatrioti.

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Superate alcune difficoltà burocratiche, il 22 settembre 1940 don Sturzo si imbarcò sul Samaria. Amvò a New York il 3 ottobre, in non buone condizioni di salute e senza un'idea precisa di quel che poteva e doveva fare, oltre l'assillo di una situazione economica assolutamente precaria. Per ragioni di salute, dietro le assicurazioni di mons. Francesco Lardone accettò non senza riluttanza di stabilir- si nell'ospedale cattolico di Jacksonville, in Florida, dove rimase fino all'aprile 19U2.

Ebbe inizio cosi «la battaglia da New Yorkn, secondo la defini- zione dello stesso don Sturzo, il quale la condusse con l'abituale energia e lucidita di idee. Vi prodigò la ricca esperienza vissuta e la vastità di interessi con una sensibilità umana e cristiana mai tradita neppure nel più vivo della polemica.

Oltre lo svolgimento di una intensa attivita pubblicistica, don Sturzo seppe attrarre su di sé l'attenzione degli italiani di ogni cate- goria, soprattutto delle personalità antifasciste senza distinzione di orientamento ideologico, culturale e religioso. Si trovò ad assumere quasi il ruolo di mediatore3, offrì la sua collaborazione a varie ini- ziative, pur conservando la propria autonomia di giudizio e la pro- pria libertà di azione. Rapporti particolarmente stretti don Sturzo strinse con Gaetano Salvemini e Carlo Sforza. Senza mai venir meno allo spirito amichevole sul piano personale4, polemizzò viva- cemente con Salvemini per il suo anticlericalismo e la diffidenza verso la Chiesas. Fra l'altro, Salvemini convalidava le sue tesi con scritti di don Sturzo. Questi ne rimase infastidito, anche perché il fatto rendeva la propria posizione nei riguardi della Santa Sede più difficile e complessa6. Più piena e cordiale intesa fu alla base del rapporto di don Sturzo con Carlo Sforza, come si rileva dalla com- spondenza epistolare. Su molte cose i due erano d'accordo7, com- preso il programma della Mazzini Society, alla quale però Sturzo ritenne di non poter aderireg.

Non gli fu facile, invece, stabilire amichevoli relazioni con gli ambienti cattolici americani, affetti da aperto atteggiamento filo- mussoliniano, salvo una esigua minoranza democratica. I1 compito era tanto più arduo, in quanto, in America come in Europa, prima della guerra non pochi vedevano nel fascismo e nel nazismo una difesa contro l'incombere del pericolo comunista in Occidenteg. Non più comprensiva si mostrava la gerarchia, ad eccezione dei ve- scovi di St. Augustine e di Kansas City. Appoggio e protezione don Sturzo incontrò presso il delegato apostolico mons. Cicognani, il

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quale gli dimostrb sempre stima e affetto e fu di conforto nella sua solitudinelo.

Altro ambiente ostile era quello della stampa, «cattiva verso l'Italia»ll, più che per malvolere, per incomprensione e pregiudi- zio'*. «Quel che è esasperante per noi italiani è il tono di critica amara, di sfiducia generale e di svalutazione continua che usano i comspondenti americani»13.

In cima ai pensieri di don Sturzo era sempre stata ed ora stava più che mai l'Italia. Rimasto per tre anni all'oscuro di quanto avve- niva nel nostro paese, nell'estate del 1943, dopo lo sbarco degli al- leati in Sicilia, pot6 finalmente avere notizie sulla situazione italia- na, è facile immaginare con quale viva e profonda emozione14. Dopo qualche mese iniziò la corrispondenza epistolare con gli ami- ci, limitata alla zona controllata dagli alleati15. Egli richiamava la loro attenzione sui problemi più importanti e urgentil6.

Con De Gasperi il carteggio poté riprendere dopo la liberazione di Roma il 4 giugno 1944, e non senza difficoltàl7. È una fase im- portante per una pia approfondita conoscenza della personalità dei due protagonisti e della loro esperienza umana, con momenti di forte tensione, di dubbi e incertezze, nella dinamica articolata della rinascente democrazia. Scrive De Gasperi: «Solo la fede nei nostri ideali, il tuo spirito, che sento vicino, l'amore disperato a questa terra sventurata, mi sorreggono. Siamo deboli per uno sforzo così immane. Che Iddio ci aiuti!»lg.

Nel carteggio sono presenti tutti i principali problemi della poli- tica italiana, dalla questione istituzionale al trattato di pace, dai rap- porti fra partiti e governo alle organizzazioni sindacali. Non poche questioni segnarono il sorgere e lo svilupparsi del partito democra- tico cristiano. «Non avrei che un'ambizione, - scrisse De Gasperi a don Sturzo - quella di riconsegnartelo degno di te»19.

La costituzione del nuovo partito di ispirazione cristiana fu una delle notizie più gradite per il vecchio fondatore del Partito Popola- re Italiano. I1 nome «Democrazia Cristiana» era stato «provvisoria- mente scelto per venire incontro ai giovani che non vivevano le battaglie popolari» da De Gasperi, il quale ne scrisse a don Sturzo, più che mai riconosciuto «maestro e donnon. Don Sturzo approvò il titolo20, che conteneva «la più bella sintesi di politica economica e morale (e questa basata sulla morale cristiana)»21. Inoltre, fu lar- go non solo di «lume e incoraggiament0»~2, ma di precisi suggeri- menti sulla linea politica e programmatica del partito.

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Su una indicazione Sturzo si trovò in disaccordo con De Gaspe- ri. I1 P.P.I. era nato «da una certa tradizione del cattolicesimo rnili- tante, ma ciò non implicava che esso dovesse essere finalizzato a realizzare l'unità dei cattoliciv23. De Gasperi, invece, in vista della nuova situazione e dei compiti da affidare alla Democrazia Cristia- na, puntava proprio su q~el l 'uni tà~~, forte dell'appoggio del Vatica- no25. Rientrato in Italia, alla luce degli avvenimenti politici e delle elezioni del 1948, Stuno si convinse delle buone ragioni che ave- vano spinto De Gasperi verso una linea diversa dalla propria.

Sulla dichiarazione di aconfessionalità del nuovo partito, la qua- le appariva suscettibile di equivoche interpreta~ioni~~, don Sturzo espresse parere negativo, non riscontrando ora le condizioni che gli avevano suggerito la aconfessionalità del P.P.I.~'.

La questione istituzionale fu causa di vive preoccupazioni sia per Sturzo che per De Gasperi. La linea agnostica del partito trac- ciata da De Gasperi era contestata dagli elementi più accesi, con- vinti che la maggioranza degli iscritti era favorevole alla repubbli- ca, nonostante gli atteggiamenti filomonarchici delle .alte sfere ec- clesia~tiche~~. Don Sturzo, dal canto suo, era notoriamente repub- blicano, ma riteneva più importante della forma istituzionale «il tipo di democrazia che sarà stabilitos29. Comunque, a suo giudizio, la questione avrebbe dovuto essere risolta non attraverso un refe- rendum ma in sede di Assemblea Costituente30. Quanto alla linea agnostica del partito, Sturzo la giudicava pericolosa, perché priva di chiara collocazione politica3'. La sua intransigenza, però, non gli impedì di comprendere i motivi che portavano De Gasperi su quel- la posizione, la quale garantiva la compattezza e l'unità politica del mondo cattolico32.

La decisione era maturata non senza dubbi e perple~sità3~: «Uni- re tutti i d.c., sollevarci al di sopra della questione contingente della forma statale è opera difficile ed improba, perché la passione poli- tica e di fazione è nel sangued4. La parola definitiva venne riserva- ta al congresso che la Democrazia Cristiana avrebbe tenuto nell'aprile 1946 e nel quale si prevedeva una maggioranza repub- blicana35.

Dopo il risultato del referendum, si vociferò di una candidatura di Luigi Sturzo alla presidenza della Repubblica. Egli smentì in modo reciso, affermando di «essere assolutamente alieno dal so- gnare simile carica~~6. E quasi a chiudere la polemica con De Ga- speri, fra il 1944 e il 1946, espresse un sincero apprezzamento

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sull'azione dello statista trentino: «A mio modo di vedere il conte- gno di De Gasperi, dopo l'esito del Referendum, è stato degno di un uomo di stato e di un uomo di coscienza. Sapevo bene dei suoi dubbi insistenti, trepidavo per i suoi atteggiamenti di prima del Referendum. Debbo ritenere tutto sorpassato e da non ritornarci piu. Circa il metodo suo - del quale mi fai cenno - nulla ho da dir- ti, tranne che ciascuno di noi ha i suoi difetti e i suoi doni. Credo che i doni di De Gasperi ne compensino i difetti in abbondanza. Ma non per questo debba mancargli la cooperazione cordiale e la critica amichevole, Anzi ... »3'.

L'azione svolta da Luigi Sturzo presso le autorità americane fu intensissima e di tale impegno da meritarsi il riconoscimento del governo italiano per la sua opera «indispensabile». A causa delle condizioni di salute, non gli fu offerto un incarico formale38, ma fu considerato «l'ambasciatore del popolo italiano, prima che il go- verno ne possa nominare unodg.

Non minore attenzione don Sturzo rivolse all'opinione pubblica americana interessata alle cose italiane: «Forse voi non vi immagi- nate quanto interesse si prenda in America delle cose italiane, spe- cialmente a riguardo della Democrazia Cristiana>>40. I1 più delle volte, però, la situazione italiana era vista in maniera distorta41. In un articolo del «New York Times» «si affermava claris iverbis che come il partito comunista italiano dipende da Mosca, il partito De- mocratico Cristiano dipende dal va tic ano^^^. L'incomprensione sul ' ruolo del Vaticano era alimentata anche dalle polemiche di Gaeta- no Salvemini, il quale «vede il Vaticano da per tutto e continua una campagna implacabile~~~. Per ribattere efficacemente avventate af- fermazioni, Sturzo chiedeva agli amici d'Italia esatte informazioni: «A me interessano tali informazioni per poter scrivere sui giornali (cattolici e non cattolici) ed eliminare polemiche numerose contro il Vaticano e la Chiesa ca t to l ica~~~.

Non senza inquietudine don Sturzo seguì passo per passo il tra- vagliato cammino per il trattato di pace. Allo scopo di poter svol- gere meglio la «politica attiva», nell'aprile 1944 si era trasferito da Jacksonville a Brooklyn. Da lì si recava a Washington per prospet- tare al Dipartimento di Stato le giuste esigenze italiane45. Sperava di convincere gli alleati a non ripetere gli errori di Versailles con l'umiliare i popoli vinti, e a saper dissociare il popolo italiano dalla politica del regime fascista. Non vi riuscì. E non nascose la delu- sione e l'amarezza specialmente verso l'America, la quale abban-

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donava l'Italia e la politica della Carta Atlantica, ai principi della quale egli aveva fermamente creduto, esaltandola con parole vi- branti e perfino con accenti di lirismoa.

Tornato in Italia, don Sturzo cercò invano di convincere De Ga- speri e Sforza a rifiutare la fuma del trattato di pace, che, per le dure condizioni, appariva una «pace punitiva» dettata da «spirito vendi~ativon~~. Non si rese sufficientemente conto della nuova realtà italiana e internazionale, determinante per la decisione del governo, che a Sturzo sembrava quasi rassegnato se non indifferen- te. Pih che dispetto, provò anche qui la profonda amarezza di chi sentiva di aver tanto lavorato inutilmente.

Anche la questione dei prigionieri italiani, vivamente dibattuta in America, occupò le premure di don Sturzo. In un memoriale, de- stinato probabilmente al Dipartimento di Stato, egli sosteneva che la posizione dei prigionieri italiani doveva essere modificata in se- guito alla cobelligeranza, per cui non potevano piu essere conside- rati prigionieri di una nazione Interessò il delegato apo- stolico per inviare aiuti ai prigionieri e deportati in Germania49 e denunciò il trattamento dei prigionieri italiani nell' Africa Francese e in Russiaso.

Un'altra battaglia fu condotta per l'estensione degli aiuti UNRRA all'Italia, alla quale venivano negati come «paese nemico». Fattivo fu anche l'interessamento presso la National Catholic Welfare Conference. Concepì infine un ardito progetto: noleggiare navi con bandiera vaticana, per trasportare in Italia merci urgenti e necessa- rie, che il governo italiano avrebbe immesso sul mercato a prezzo di calmieresl. Con l'aiuto di esperti studiò dettagliatamente gli aspetti tecnici e operativi del progetto. I1 delegato apostolico, tenu- to costantemente al corrente, non nascose le sue perplessità per im- plicazioni di carattere politico che ne sarebbero derivate alla Santa Sede. E così il progetto venne accantonatd2.

L'infaticabile «ambasciatore» si trovò ad affrontare l'opinione corrente in America, avallata dalla corrispondenza di stampa, di un governo italiano «debole, scisso e senza guida93. De Gasperi stes- so fu costretto a riconoscere la debolezza del governo, analizzando- ne le cause oggettiveM. A sua volta, don S t u ~ o , secondo il suo stile amante del concreto, non si limitava alle denunce, ma suggeriva ciò che avrebbe dovuto dare «il tono di una ripresa morale e politi- ca in Italia che orienti tutti gli italiani all'estero e che dia loro spe- ranza»Ss. Suggerimenti, con indicazioni di persone e motivazioni

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precise, non tralasciò di offrire per la nomina degli ambasciatori, specialmente quelli destinati a Parigi e a Washington. Per quest'ul- tima sede insiste ripetutamente: «qui in America ci vorrebbe un uomo di affari, ben conosciuto negli ambienti finanziari e indu- striali, per poterli interessare ai nostri problemi. La politica si fa a Londra e l'economia a Washington»56.

La classe operaia, secondo don Sturzo, era la più comprensiva dei problemi della rinascita italiana, non avendo «gelosie di fatto verso la classe operaia europea in genere e italiana in specie»S7. Perciò, raccomandò a De Gasperi e a Gronchi di non deluderla nel- le aspettative che l'organizzazione sindacale in Italia fosse «libera e forte»58. La raccomandazione cadeva a proposito, date le difficol- tà di costruire un'ossatura sindacale facente capo ai movimenti cat- tolici59, difficoltà che, a distanza di circa due anni, non risultavano ancora superate60.

Per la ripresa economica don Sturzo elaborò un progetto da lui stesso definito di «eccezionale importanza», che prevedeva una ri- forma agraria in senso produttivistico. Per la realizzazione del pro- getto si diceva disposto anche a ritardare il ritorno in patria6'.

Un ultimo tocco, che dà alla personalità di Luigi Sturzo la nota più qualificante, la sua umanità. Consapevole delle ristrettezze eco- nomiche degli amici in Italia, intervenne generosamente, pur nei modesti limiti delle sue disponibilità. Mise a disposizione della De- mocrazia Cristiana, specificandone la destinazione, alcune somme di denaro, in gran parte doni ricevuti per il proprio giubileo sacer- dotale62. Inviò dei pacchi (non era consentito piil di un pacco al mese alla stessa persona)63 con indumenti e vari generi (caffè, zuc- chero, sigari), specialmente a Scelba e a De Gasperi, che gliene fu- rono gratissimiu.

Nel 1947 don Sturzo raccolse gran parte dei suoi scritti america- ni in un volume dal titolo La mia battaglia da New YorP5. Nella prefazione scrive: «Riandando il peiiodo dal 1940 al 1946, e la mia attività di esiliato, di italiano, di uomo politico e di prete cattolico insieme, debbo riconoscere che dal punto di vista degli avvenimen- ti, tutte le mie 'battaglie' (le chiamo così perché vi portavo lo spiri- to di un combattente) furono 'battaglie' perdute. Non una sola che abbia avuto esito favorevole~~~.

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5 . I1 rientro in Italia

Nel 1943, ripresi i contatti fra l'America e l'Italia, pervennero da ogni parte calorose sollecitazioni a don Sturzo per un suo immedia- to rientro in Italia. Egli si disse pronto a tornare solo se la sua pre- senza fosse ritenuta necessaria o utile1, e a condizione, a parte la salute, che in Italia fosse stata ripristinata la libertà politica2.

La malferma salute era una realtà, non un pretesto per dissimula- re altri motivi'. Ma i motivi c'erano: «La mia venuta in Italia non sembra per ora probabile, perché le mie condizioni di salute non sono tali da avventurarmi in un lungo e difficoltoso viaggio. Ag- giungo che non vale la pena espormi gravemente per un risultato problematico. dati l'atteggiamento degli alleati e la decisione del Re»4.

De Gasperi dovette intuire che un altro motivo avrebbe condi- zionato il ritorno di don Sturzo, la questione istituzionale. Infatti, in una lettera giudicata «un capolavoro di diplomazims, da una parte sollecita, come gli altri amici, il suo ritorno, dall'altra, preoccupato per l'influenza che avrebbe esercitato (Sturzo era in dissenso dalla linea di De Gasperi e del partito), gli prospettava l'utilità dell'opera che avrebbe potuto svolgere in America o in Inghilterra6.

Nel 1945 l'idea del ritorno sembra finalmente prendere corpo: eOra son quasi deciso di ritornare in Italia, dico quasi perché ogni giorno sorgono nuove questioni e nuovi lavori>>7. Per la residenza Sturzo escluse categoricamente la proposta di stabilirsi fuori di Roma (Anzio, Sorrento, Amalfi, ...) : «sono pazzie: io devo essere in grado di lavorare per il mio paesen8. In Roma, Scelba, al quale don Sturzo aveva esposto le esigenze per la propria salute, scelse la casa generalizia delle Suore Canossiane, che rispondeva, a suo giu- dizio, a quelle esigenze, e incontrò il gradimento del maestrog. A settembre, quando ormai il rinvio cominciava a pesare sull'animo di Sturzo, tutte le pratiche burocratiche erano espletatelO.

Ma si frappose un nuovo e insormontabile ostacolo. Mons. Cico- gnani, delegato apostolico, confidenzialmente e a nome di «amici» non meglio precisati, che nutrivano per Sturzo «alta stima ed affet- to», tentò di dissuaderlo dallo stabilire la residenza a Roma, tirando in ballo le disposizioni del Concordato suIl'attività politica dei pre- ti1'. Don Sturzo, decisamente contrariato, reagì confutando le argo- mentazioni del delegato apostolico, e aggiunse: «Se devo essere lh un ingombro per me e per gli altri preferisco restare a Brooklyn»l2.

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Comunque, si dispose a partire il 16 ottobre, con arrivo a Napoli previsto per il 27-28l3. Costretto ancora una volta ancora al rinvio, puntualizzava il suo programma: «io ritorno a Roma per contribui- re - con la mia esperienza di 21 anni di esilio alla rinascita del pae- se, mettendola a disposizione vostra e del Governo (se crede utiliz- zarla) puramente volontaria, senza obblighi e senza remunerazioni di sorta». Precisava, inoltre, che non si sarebbe iscritto alla Demo- crazia Cristiana e non avrebbe partecipato alle attività del partito, del quale si considerava solo un amico. E concludeva: «Se tale azione - personale e discreta - dar& ombre a coloro che, per oppo- sizione a voi, invocheranno la lettera (e non lo spirito) del Concor- dato, allora sarò costretto di tenermi in disparte»I4.

Nel frattempo, l'intervento del delegato apostolico si fece peren- torio, un «veto» di fatto, su istruzione della Segreteria di Stato's. I1 26 ottobre giunse a don Sturzo una lettera personale di mons. Mon- tini16. Prete esemplare, non aveva mai tradito l'impegno di obbe- dienza derivante dal sacerdozio, e aveva sempre deliberatamente evitato di assumere l'atteggiamento di ribelle o di vittima. Ne era alieno per natura e per riflessione, soprattutto era convinto che la scelta politica non doveva porre limiti ai doveri del sacerdozioI7. Accettò quindi, sia pure con profonda amarezza, l'imposizione, a dispetto delle insistenze di Scelba perché non cedesselg. Giustificò il rinvio con i soliti motivi di salute, e continuò ancora per circa un anno la sua battaglia da New York.

Quali le ragioni della presa di posizione della Segreteria di Sta- to? La vicenda è stata ampiamente illustrata dagli studiosi. In sinte- si, si può riassumere nella preoccupazione della Santa Sede e di Pio xi1 personalmente per la presenza di don Sturzo in piena lotta per il referendum istituzionale e i suoi riflessi sul mondo cattolico italia- no, preoccupazione condivisa dallo stesso De Gasperi anche in re- lazione ad altri aspetti della politica italianalg. Presenza scomoda, insomma, tenuto conto specialmente del carattere energico e indi- pendente del vecchio leader e del seguito che avrebbe potuto trova- re negli ambienti cattolici meno chiusi.

De Gasperi, scrivendo a Sturzo, si difese dal sospetto di «doppio giuoco e intrigo», e spiegò perché si chiedeva se Sturzo non fosse piiì utile all'Italia dall'America, in quanto, soprattutto per il trattato di pace, «la maggior speranza è ancora, nonostante le molte delu- sioni, l'America coi suoi italo-arnericani»20. Don Sturzo stesso ave- va qualche perplessità21.

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Dopo aver accarezzato l'idea di imbarcarsi il 9 maggio, don Sturzo preferì un ulteriore rinvio, per non trovarsi nel vivo delle elezioni dell' Assemblea Costituente e del referendum istituzionale. Così finalmente, dopo ventidue anni di lontananza dall'Italia, don Sturzo si imbarcava sul Vulcania il 27 agosto 1946 e sbarcava a Napoli la mattina del 6 settembre. È facile immaginare le calorose accoglienze di amici vecchi e nuovi. Lui non nascose la propria emozione: «È il mio corpo che torna all'anima rimasta sempre qui, nella mia terra [...l. Ieri sera mentre ci si avvicinava e vedevo le luci di Napoli, mi sentii rapito come in un'estasi e sono sceso in ca- bina a piangere, come un bimbo che deve rivedere la madre dopo una lunga l o n t a n a n z ~ ~ ~ .

6. Gli ultimi anni

Come da accordi presi prima della partenza dall'Americal, don Sturzo si stabilì in Roma presso la casa generalizia delle Suore Ca- nossiane in via Mondovì, 11, una traversa di via Appia, e lì, in due stanze semplici e disadorne, rimase fino al termine della vita nel 1959.

Quegli ultimi 13 anni segnarono una nuova fase nella vita e nel pensiero di don Sturzo. La situazione era molto cambiata dal 1924 ed era cambiato lui stesso. Ora, egli era «leader di un partito già di- scioltow2 e non pii3 proponibile3. Non sembra però che abbia avver- tito i profondi mutamenti nell'atteggiamento dei cattolici italiani sotto il pontificato di Pio XI e di Pio XII, che caratterizzarono il nuovo partito di ispirazione cristiana, investito di responsabilità go- vernative e, in un primo periodo, alleato di comunisti e socialisti.

Si aggiunga la complessità del rapporto di Luigi Sturzo con la Santa Sede. Al tempo del popolarismo la sia azione era stata fcnte di perplessità e di ansietà per il Vaticano. Durante l'esilio, non gli pervenne alcun attestato per l'opera da lui compiuta. E ora quel rapporto non si presentava pih facile, anche se il reduce non era più il capo di un partito politico.

La situazione politica, l'attività del parlamento e dei partiti, la politica estera, le scelte sociali ed economiche coincidevano solo in parte con la linea di pensiero e di azione di Luigi Sturzo. Lui stesso confessava di provare «notevole difficoltà a comprendere il nuovo

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ambiente italiano e gli stessi [...l vecchi amici, sui quali pesava gran parte delle responsabilità politiche del paesed. Era rimasto ancorato all'idea dello Stato del periodo prefascista, e non subì l'influsso del dibattito così vivo in Inghilterra e negli Stati Uniti sulle nuove linee di politica economica nella concezione e nell'at- tuazione pratica.

La difficoltà di comprendere la realtà italiana anche sul piano in- ternazionale t all'origine dei dissensi, dei malintesi, delle amarezze che segnarono gli ultimi anni della vita di Sturzo, come si rileva anche da questo carteggio.

Può darsi che in un primo momento, per l'età e le condizioni di salute, egli sia stato tentato di tenersi in disparte. Ma «non potevo - scrisse - rimanere inerte, muto, chiuso nel mio hoioren5. E si gettò nella mischia con quell'ardore che in verità mai era venuto meno, scrivendo su giornali e riviste di vario genere quanto a idee e diffu- sione con ritmo costante e senza interruzione.

Nel 1952 fu nominato senatore a vita. Prese posto nel gruppo misto anziché in quello della D.C., per riguardo alle norme concor- datarie sull'appartenenza dei sacerdoti ai partiti politici. Ma sul ruolo della Democrazia Cristiana nella vita politica italiana fu esplicito. Riteneva il partito (che aveva la stessa matrice del vec- chio P.P.I.) «insostituibile», «originale nella sua fisionomia inter- classista», e come tale capace di interpretare «la tendenza più larga e comune del nostro paese», garante della libertà «contro i mono- poli di destra e contro le dittature~6.

Don Sturzo si servì della prestigiosa tribuna senatoriale non per pura rappresentatività ma per proporre concrete iniziative di ordine legislativo.

Data l'indole della persona, la coerenza e il rigore morale dimo- strato in tanti anni di straordinaria attività, si può facilmente intuire quanto fosse scomodo il ruolo che don Sturzo si assumeva, ruolo di severo censore della vita pubblica italiana, incurante di inevitabili risentimenti e di penose incomprensioni7. In quest'ultima fase della sua vita, in Sturzo non prevale l'uomo dalla fervida azione sociale e politica del periodo anteriore all'esilio o l'insigne studioso degli anni londinesi e americani, ma si rivela vigorosamente il polemista (alla polemica lo portava il suo carattere), quasi vigile coscienza critica della rinata democrazia italiana*. Non può sorprendere che ne seguisse una sorta di emarginazione (durata qualche anno dopo la morte) dell'uomo altamente benemerito ma ritenuto ormai sor-

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passato, un uomo che con le sue «prediche» infastidiva un po' tutti, amici vecchi e nuovi e non amici.

Un tema sul quale, sin dagli inizi del suo ritorno, don Sturzo in- siste a ogni occasione e spesso con accenti di viva preoccupazione e quasi di angoscia è la moralizzazione della vita pubblica. La sua lungimiranza, alla luce della odierna tangentopoli, appare quasi profetica: «C'& tanta corruzione in giro, ci sono tanti appetiti a dan- no dello Stato si ché non si ha più il senso della misura, né pudore nel richiedere quel che è sostanzialmente ingiusto. Se non si mette una barriera in nome di principi saldi, sarà impossibile farvi argi- ne»9.

Tra le cause di corruzione viene indicata l'invadenza dei partiti nell'apparato dello Stato, la cosiddetta partitocrazia. Per questo, don Sturzo si rivolge in modo particolare ai democratici cristiani, i quali, per i principi a cui si ispirano, sono tenuti più degli altri a una severa linea moralelo. Definisce la partitocrazia «partecipazio- ne e sovrapposizione dei partiti negli affari dello Stato, nell'ammi- nistrazione della cosa pubblica, nella legislazione parIamentare»l1. Non si nega la validità del sistema partitico, ma si vuol lottare con- tro la degenerazione del sistema, ossia contro lo strapotere dei par- titi e la loro ingerenza sul potere legislativo ed esecutivo. Si riven- dica la funzione del parlamento quale rappresentante della nazione, da non ridurre al ruolo di «una registrazione di posizioni prestabili- te dai partiti»l2. Si vuole, insomma, una chiara definizione dei limi- ti di ciascuna delle componenti della vita politica per un corretto rapporto13.

Una polemica più ampia e più aspra don Sturzo condusse contro lo statalismo, causa principale del malessere politico, sociale ed economico. I1 suo linguaggio si fa singolarmente duro nell'indicare lo statalismo quale adistruttore di ogni ordine istituzionale e di ogni morale amministrativa~l4. Spesso il tono delle «prediche» è allarmato, perché egli vedeva il «virus dello statalismo» penetrare talmente nella classe dirigente da far temere «l'avvento di un socia- lismo di Stato»15. Per questo, fu tra i più tenaci avversari dell'aper- tura a sinistra. Sturzo non credeva al distacco di Nenni dai comuni- sti dopo i fatti di Ungheria del 1956, e diffidava dell'unificazione socialista: «socialismo unificato uguale comunismo». L'apertura a sinistra, pertanto, gli si presentava carica di rischi non solo per la Democrazia Cristiana ma per l'intero paese16.

Bersaglio preferito degli strali antistatalisti furono i due enti più

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rappresentativi dell'ingerenza statale, I'ENI e I'IRI, dei quali, però, a Sturzo sfuggirono i lati economicamente positivi nel contesto della nuova era industriale europea. Il severo censore rimproverava all'E~1 l'«amministrazione spendereccia, con largo clientelismo e parassitismo»17. Né più tenero si mostrò con I'IRI, concepito come rimedio straordinario e temporaneo poi consolidato e rimasto così «quale peso insopportabile sulla nostra economia»18.

Don Sturzo era decisamente avverso alla creazione di enti para- statalilg. Le gestioni parastatali, a suo giudizio, sono rovinose per natura, specialmente se affidate ad alti funzionari associati ad uo- mini politici, generando il deprecato costume (già in vigore sotto il fascismo) dei «controllati-controllori»20. Non gradiva nemmeno istituzioni di tipo corporativo, come l'albo dei giornalisti: «i veri gior- nalisti si proteggono da sé; gli altri che vadano a fare i ciabattini91.

Sulla politica governativa di De Gasperi don Sturzo non mancò di esprimere apprezzamenti e riconoscimenti per il superamento di gravi crisi e lo sviluppo nella ricostruzione del paese22. In partico- lare gli dava atto «di essersi liberato dal tripartito e di aver messo in minoranza i comunisti nelle elezioni del 1 9 4 8 ~ ~ ~ . Riconosceva, inoltre, che, in politica estera, De Gasperi, con grande senso di re- sponsabilità, aveva saputo riguadagnare all'ltalia il suo ruolo nella vita internazior~ale~~, battendosi con saggezza e previdenza per il Patto Atlantico e l'unione europea.

La confidenza consentiva a don Sturzo di dare consigli (che suo- navano affettuoso rimprovero). Un motivo ricorrente è l'atteggia- mento del presidente del Consiglio nei confronti dei suoi collabora- tori: «Tu sei troppo generoso per avallare quel che si fa o non si fa, in certe sfere~~5. «Tu conosci la mia opinione su certi tuoi collabo- ratori. So bene che sei solidale con essi anche nelle iniziative più discutibili. Ciò è una tua forza, ma anche, secondo i casi, una debo- lezzam26. Don Sturzo sembra considerare forza e debolezza l'arte del compromesso, di cui De Gasperi sarebbe stato «maestro» e di cui avrebbe conosciuto bene «il Non manca talvolta il tono patetico: «Caro Alcide, senti il vecchio amico che ti vuol bene, e guardati da coloro che, sotto aspetto sociale creano le premesse le- gislative e pratiche della bolscevizzazione del nostro paesen2*.

Fra Sturzo e De Gasperi non mancarono motivi di dissenso. Don Stuno parlava di dissenso «amministrativo» più che politico, e con la sua azione riteneva in coscienza di fare del bene, anche allo stes- so De G a s ~ e r i ~ ~ .

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Qualche contrasto non era mancato fin dal periodo del popolari- smo, contrasto provocato soprattutto dal temperamento e dalla di- versa formazione politica dei due uomini, come si rileva da una let- tera di De Gasperi a Sturzo di molti anni dopo: «io t'ho servito in lealtà e devozione, e deferivo a te, anche quando la mia diversa scuola politica e il mio diverso temperainento mi portavano ad es- sere perplesso a certe direttive; e negli ultimi più contrastati perio- di, pur sforzandomi di riconciliare a te Cavazzoni, non venni mai meno, pur prevedendo l'ora del sacrifici^»^.

Al rientro dall'esilio, don Sturzo trovò una situazione completa- mente diversa, e completamente diverso fu il suo ruolo da quello di De Gasperi, ciò che incideva sulla valutazione degli avvenimenti. I1 vegliardo era tanto fragile fisicamente quanto vigoroso di mente. «Lavoro, come tu sai, tutto il giorno, spesso la sera, ma senza l'as- sidua assistenza, anche per muovere una sedia o apire una finestra o evitare una corrente d'aria, non potrei fare nulla di nulla»31. Du- rante tutti gli anni del governo di De Gasperi, don Sturzo interven- ne con lettere, articoli, discussioni, colloqui che mostravano il suo interesse su tutti i grandi problemi aperti, dalla riforma agraria alle autonomie regionali e alla questione sindacale. Si occupò della sua Sicilia, dell'istmzione, della stampa e dei più importanti disegni di legge.

Parlava e scriveva liberamente dalla sua libera e pubblica tribu- na, e sembrava non rendersi conto delle difficoltà concrete fra le quali, nel governo e dentro e fuori il partito, si dibatteva De Gaspe- ri32. Inoltre, i suoi scritti, per l'indiscussa autorità morale venivano facilmente strumentalizzati dagli avversari (per lui era una preoc- cupazione «esagerata»)33, mettendo in imbarazzo e «aggravando le responsabilità di chi alla fine deve pur decidere ed eseguireP.

In più di un'occasione De Gasperi espresse all'amico e maestro la propria amarezza e, in un eccesso di lealtà e di sincerità, giunse a diradare le visite per non farlo soffrire e sentirsi meno a disagio". La vigilia di Natale dell'Anno Santo, De Gasperi inviò a don Stur- zo questo telegramma: «Essendo passato testé per la Porta Santa ti mando sinceri auguri e nello spirito dell'anno della penitenza com- primo il dispiacere per il tuo ultimo articolo».

I contrasti più vivaci si accesero sulla riforma agraria, sulla co- siddetta operazione Sturzo, sulla legge elettorale maggioritaria.

La riforma agraria, specie con riferimento all'agricoltura meri- dionale, era stata uno dei cardini dell'azione del Partito Popolare

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Italiano. A parte le incomprensioni, per cui si definiva quel partito come «bolscevico bianco*, mancarono le condizioni politiche per- ché un progetto che tendeva a mutare radicalmente l'assetto della proprietà fondiaria. con l'abolizione del latifondo, la creazione di infrastrutture e la formazione di una piccola e media proprieta con- tadina in grado di conseguire l'autosufficienza, potesse essere rea- lizzato.

La riforma agraria degli anni Cinquanta soddisfaceva in parte a quelle esigenze. Ma, per le mutate condizioni sociali ed economi- che, don Sturzo assunse un atteggiamento critico. Non rispondeva al suo pensiero la generalizzazione della piccola proprietà a scapito della grande azienda, quando questa dimostrava chiari indirizzi di conduzione. Decisamente contrario a espropriazioni e lottizzazioni, temeva che drastici provvedimenti legislativi allontanassero l'inve- stimento di capitali nell'agricoltura.

I suoi interventi furono numerosi e importanti. Dissentiva dal ministro Segni sull'impostazione della riforma per motivi tecnici, economici e sociali36. Fra l'altro, la riforma non teneva conto delle diversità regionali fondamentali in agricoltura, delle esigenze cul- turali e delle tradizioni locali, creando da Bolzano a Pantelleria «una camicia di forza per tutte le attività contrattuali agrarie~~7. Sul testo della legge don Sturzo non si limitò a criticare vari aspetti ma propose una serie di emendamenti che tendevano a migliorarlo38.

Erano suggerimenti sostanziali e, a suo parere, indispensabili a scongiurare un grave pericolo di natura politica: che la riforma an- dasse «a vantaggio reale ed effettivo delle pseudo-cooperative esi- stenti, che per il 90 per cento sono in mano ai rossi»39. E ancora: «Tu e i tuoi con le vostre mani spalancherete le porte ai rossi più di quel che non siano state aperte nel passato, sì da farli divenire pa- droni delle campagne italiane»@.

La reazione di De Gasperi fu ferma e motivata. Contrariamente al parere di Stuno, De Gasperi aveva compreso che «il meglio era cominciare anche se poi nella pratica si fossero rivelati errori»4'. A questo punto don Stuno si mese, anche per non amareggiare ulte- riormente l'amico: «Dacché per volontà ferma dei dirigenti del go- verno, e della D.C., sarà fatto questo regalo al paese, bisogna accet- tarlo per le buone intenzioni, lasciando alla provvidenza e agli uo-. mini del futuro il compito di correggere gli errori del presente»42.

La cosiddetta «operazione S t u r z ~ » ~ ~ fu progettata nella primave- ra del 1952 in vista delle elezioni amministrative di Roma nel-

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l'anno seguente. Negli ambienti dell' Azione Cattolica e del Vatica- no si era come terrorizzati all'idea che il Campidoglio cadesse in mano alla coalizione di sinistra. Per contrastare tale eventualità si pensò a una lista civica. Luigi Gedda, presidente 'dell'Azione Cat- tolica, fu l'anima dell'iniziativa, che godeva l'appoggio personale di Pio XII. Occorreva come «mediatore» un nome di prestigio. La scelta cadde su Luigi Sturzo. I1 suo passato era garanzia per i de- mocratici e gli antifascisti, i suoi recenti attacchi allo statalismo e l'allarme contro il pericolo del socialismo di Stato lo rendevano ac- cetto ai moderati e ai conservatori. Don Sturzo, ormai ottuagenario e fuori dalla politica attiva, si trovò coinvolto; piil che per convin- zione, per un atto di obbedienza, come era suo costume, all'invito del papa. Mise, però, la condizione che alla coalizione partecipas- sero i partiti di centro. Per la mancata adesione di questi partiti e la difficoltà di soluzioni alternative, don Sturzo, con un comunicato del 23 aprile, dichiarò chiusa l'operazione con un nulla di fatto44.

De Gasperi era stato nettamente contrario all'operazione, aparti- tica solo in apparenza, per le ripercussioni che ne sarebbero seguite sulla stabilità del governo. Espose i suoi timori in una lettera al papa, nella quale denunciava i progetti di una frazione nella D.C., «la quale presume di rappresentare la vera dottrina cristiano-sociale e che ritiene di essere depositaria deli'intimo senso della riforma cristianm4s. De Gasperi era preoccupato non meno di altri per una eventuale vittoria dei socialcomunisti. Per questo, di mala voglia, ma «come ossequio ad un desiderio del papa» aveva aderito alle controproposte avanzate da Sturzo in e~tremis4~. I1 fallimento del- l'operazione dovette dargli un bel sollievo.

Rigido fu il dissenso sulla legge elettorale maggioritaria per le elezioni politiche del 1953. I1 premio di maggioranza proposto ave- va lo scopo di rendere stabili i governi centristi e difenderli dalla pressione delle opposizioni estreme. Don Sturzo, vecchio e convin- to proporzionalista, era passato a sostenere il collegio uninominale per la mutata situazione politica47. Fu molto duro nei confronti del- la legge, denunciandone una serie di inconvenienti sul piano istitu- zionale e politico48.

De Gasperi, amareggiato per l'atteggiamento del maestro, difese appassionatamente la legge, nella quale vedeva la salvaguardia del- la democrazia seriamente minacciata: «Io credo alla minaccia e, tremando per la responsabilità sulle mie spalle, cerco di provvedere fino che c'è tempo»49.

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7 . Lezione esemplare

S'è parlato dei motivi di dissenso fra Sturzo e De Gasperi. Diffi- cilmente una amicizia meno solida avrebbe resistito alla prova sen- za giungere prima o poi alla rottura. L'esemplarità del rapporto fra i due uomini e del messaggio che esso propone sta proprio nella li- bertà delle idee lealmente espressa e tenacemente difesa senza che il dissenso scendesse mai a incrinare la sfera degli affetti.

La spiegazione credo vada ricercata nel fatto che sulle diversità prevalevano le consonanze, rivelatrici della ricca umanità dei due protagonisti della vicenda. Anzitutto, il reciproco rispetto, che, se non sempre evita il sorgere di malintesi, dà ad essi la giusta dirnen- sione e apre un franco dialogo per dissiparli. In secondo luogo, sia Sturzo che De Gasperi potevano appellarsi alla testimonianza della propria coscienza nel condurre ciascuno la sua battaglia con rettitu- dine di intenti, non inquinata da ambizione o da interessi personali. Infine, elemento forse determinante, la fede comune, una fede sem- plice e sicura capace perfino di suggerire, in uomini schivi e auste- ri, delicati accenti di tenerezza.

Scrivendo di don Giuseppe De Luca, figura di primo piano nella cultura italiana della prima metà del Novecento, ebbi modo di di- mostrare che «tutte le iniziative culturali, l'alto valore delle quali è universalmente riconosciuto, furono esclusivamente il suo modo di essere prete, mosso 'dall'amore fortissimo a Cristo dissimulato nel- la letteratura'»'.

Un discorso analogo vale per don Luigi Sturzo. La sua azione politica e sociale non fu che l'impegno del proprio sacerdozio per servire meglio Dio, il quale gli aveva manifestato con chiari segni la via da seguire. «Io ho seguito (grazie al cielo) la mia vocazione, sia pure per una strada inusitata; ti scrivo ciò perché io credo che anche oggi, con altri mezzi e in altro ambiente, io debbo continuare a seguire questa mia vocazione, e continuare per la via eccezionale che ho calcatom2. Con tale concezione della politica, non può stupi- re che don Sturzo portasse nel pensiero, nell'azione, negli scritti, nelle critiche al costume politico e ai vari settori della vita pubblica un rigore morale mai smentito nel corso della lunga esistenza.

Né stupisce che lo stesso rigore, senza compromessi e senza in- teressi personali, egli richiedesse al cristiano, il quale, obbedendo a un'alta vocazione, si dedica al bene pubblico: «Oggi lo slancio di fede e di operosità di oltre mezzo secolo chiama i cattolici in modo

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speciale alle battaglie sociali e politiche, in nome di una fede da di- fendere, di un ordine morale da ricostituire, di una razionale elevazio- ne operaia da favorire, di un'attività pubblica da cristianiuare»3.

Non 2 mio compito sviluppare il tema della spiritualità di don Sturzo in rapporto con la politica, che richiederebbe un approfondi- to esame degli scritti4. Può sembrare paradossale che un uomo to- talmente immerso nelle lotte politiche e sociali, coinvolto nella ge- stione di vari organi amministrativi, attento a tutte le problematiche della vita civile in Italia e all'estero, alla soluzione delle quali offrì un notevole contributo personale, fosse portato per natura a vivere il rapporto con Dio nel silenzio interiore dell'anima, in una espe- rienza quasi mistica, sotto l'influsso di san Giovanni della Croce e di santa Teresa d'Avila5. Di qui lo sforzo di comporre in equilibrio e in armonia le agitazioni della vita pubblica e l'interiorità della vita sacerdotaleb.

Una vita spirituale autentica, nel cristiano e più ancora nel sacer- dote, si alimenta con la preghiera. Don Sturzo fu uomo di preghie- ra. Fedele alle «pratiche» tradizionali di pietà (S. Messa, brevia- rio, meditazione, lettura spirituale, visita al SS.mo Sacramento, ro- sario, ...)', le viveva inserite nella vita quotidiana e ne traeva luce e forza specialmente nei momenti più difficili8.

Altro tema che meriterebbe un discorso a parte e che qui si ac- cenna appena, la Chiesa. Quando il suo amico Giuseppe Strigliati, in preda a una crisi religiosa, gli comunicb la decisione di uscire dalla Chiesa, don Sturzo gli inviò una lettera commossa, ove tra- spare la sua fede incrollabile: «Certe frasi della tua lettera de11'8 febbraio mi han fatto tanta pena da farmi spuntare le lacrime. Se noi crediamo alla Chiesa non è per i meriti di Pio xi o di qualsiasi altro Papa, né per i loro dementi noi ne usciamo; noi crediamo alla Chiesa per Gesù Cristo che l'ha fondata^^. Dalla visione di fede scaturiva la sua fedeltà e la sua obbedienza, non turbata dalla crisi modemista del primo Novecento: una fedeltà messa alla prova nel- le note vicende che lo coinvolsero, per la quale pagb sempre di per- sona, anche quando il prezzo era piuttosto altolo.

In Alcide De Gasperi la fede fu altrettanto limpida e solida che in Luigi Sturzou. È Sturzo stesso a rendergli testimonianza: «Alla amarezza dell'anima per tanta perdita è conforto la fede cristiana che guidò il nostro amico, anche nei più difficili momenti della vita politica e lo confortò nella morte serena?>12.

Uguale testimonianza, mentre era ancora in vita, gli resero tutti

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coloro che in qualche modo e per svariati motivi ebbero occasione di avvicinarlol3.

Particolarmente significativa la testimonianza di persone che non condividevano la sua fede, ma ammiravano la dirittura morale che da quella fede traeva origine. Ne cito qualcuna.

Nicolò Carandini: «Ti seguo, con ogni voto migliore, nella tua quasi inumana fatica, ammirando, e facendomi modello della tua resistenza, del tuo buon volere e dell'altezza morale che guida la tua opera provvidenziale in questi duri tempi da cui usciremo unen- do le nostre buone e frateme volontà»14.

Benedetto Croce: «Io penso spesso a te, non politicamente ma umanamente, e mi fo presente la vita che sei costretto a condurre e ti ammiro e ti compiango, e ti difendo contro la gente di poca fan- tasia, che non pensa alle difficoltà ed alle amarezze che è necessa- rio sostenere ad un uomo responsabile di un alto ufficio per fare un po' di bene e per evitare un po' di male. Che Dio ti aiuti (perché anch'io credo, a modo mio, a Dio, a quel che a tutti è Giove, come diceva Torquato Tasso), che Dio ti aiuti nella buona volontà di ser- vire l'Italia e di proteggere la sorte pericolante della civiltà, laica e non laica che sia»Is.

Giuseppe Saragat: «Ti esprimo la mia più profonda gratitudine per la superiore lealtà con la quale hai presieduto a una collabora- zione ispirata unicamente al bene del Paese»16.

Randolfo Pacciardi: «Chi ha collaborato con te per tanti anni po- trà dissentire, forse, su particolari atti politici, ma è ottuso o in mala fede se non riconosce la tua alta superiorità morale, la tua sconfinata serenità e purità di spirito, il tuo devoto patriottismo non disgiunto da un calore di fratemità umana che distingue e innalza la tua coscienza di cattolico e di democratico»17.

Mario Missiroli: «Tu non riesci nemmeno lontanamente a imma- ginare (tanto sei puro, candido e buono) di cosa sono capaci costo- ro ... >>l8.

Quale il segreto di questo autentico fascino? De Gasperi profes- sava e viveva la propria fede con naturalezza e franchezza ma sen- za ombra di ostentazioneI9, quindi senza creare fastidi o disagio in- tomo a sé. Ebbe fiducia negli uomini, rispettoso sempre delle loro opinioni e della loro libertà di coscienza20. Per questo, era sostan- zialmente ottimista21, senza rinunciare a un «sano pessimismo* nell'organizzare la vita dello Stato, pessimismo che, nel caso, era indispensabile cautela. «Sei puro, candido e buono», gli scrisse

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Missiroli. Vero. De Gasperi fu profondamente umano, anche quan- do era costretto a prendere provvedimenti spiacevoli22. Visse inten- samente i valori semplici e primordiali della vita, la tenerezza, l'amore, la bellezza della natura nell'ascolto attento e partecipe delle voci anche minime e delle sue più nascoste suggestioni.

L'alta quiete dei monti lo rapiva: «Smarrirmi - scriveva dal car- cere alla moglie Francesca - solo e libero nel silenzio del bosco, re immaginario di un immaginario regno ... ». Non era un grande alpi- nista, precisa la figlia Maria Romana, ma un amatore di ogni asce- sa difficile, di ogni conquista dura, un poeta della bellezza naturale: in salita, abbandonava, ogni volta che se ne offriva il modo, i sen- tieri. Più che fisicamente, ne usciva rigenerato nello spirito: «Sento bene che dovrei profittare di questo ritiro, per parlare a Dio; ma le voci degli uomini mi chiamano al loro servizio; e non li servo in nome di Dio?+.

Alcide De Gasperi fu anche lui uomo di preghiera. Prediligeva i salmi, «unico conforto» nella solitudine della prigione, pur ricor- rendo spesso all'lmitazione di Cristo e a sant'AgostinoN. Una vi- cenda del tutto singolare costituiscono i «foglietti per papà», ap- punti tratti dalle proprie meditazioni, che suor Lucia inviava perio- dicamente al padre in piena sintonia spirituale, e per il padre fonte di coraggio e di consolazione. Le scriveva: «Io non ho né il tempo né il modo di raccogliermi per risponderti colla stessa profondità di sentimento. Ma noi ci intendiamo nel silenzio»"; «ho bisogno di aiuto e ti prego di assistermi con i tuoi soccorsi spirituali»26; «per l'Assunta saremo riuniti tutti e invieremo a te, mia consolatrice, i nostri pensieri più affettuosi»27; «e tu stammi sempre vicina, come mi sorreggi col pensiero e colla speranza in Dio»28. Nulla di più straordi- nario di questa particolare intimità sul filo invisibile teso tra il silenzio delle mura claustrali e la sede mmorosa del governo: attraverso quel filo gli awenimenti si rivestono di toni e di luci insolite29.

Quando Lucia, non senza trepidazione, comunicb al padre la propria vocazione religiosa, De Gasperi le ripeté le parole di Mon- talembert, il quale si chiedeva chi mai fosse quel ladro divino che rapisce le figlie ai padri. «So bene - le scrisse poi - che il Signore ha maggiori diritti su te per una paternità più alta e priore»30. Nella paternità divina ha la radice il mistero della Provvidenza, mistero, perché, il più delle volte, la Prowidenza è articolo di fede più che esperienza di vita.

La fede nella Provvidenza 8 forse l'elemento più qualificante

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della spiritualità di Alcide De Gasperi, che trabocca a ogni pagina delle lettere scritte dalla prigione alla moglie Francesca. Egli si af- fida alla Provvidenza quando, perseguitato dal regime fascista, vede il proprio futuro nella totale incertezza31, le si affida alla vigi- lia del processo: «se vorrà prolungare la prova, io mi inchinerò con riverente spirito ai misteri della sua Pro~videnza»3~. Le si affida anche per i destini d'Italia: «Ho bisogno che mi si ricordi che la Provvidenza si serve di chi vuole e quando vuole e che non abban- donerà il paese, ove è radicata la Sua Chiesa93. Naturalmente, non mancavano momenti di crisi e di depressione. La lunghissima lette- ra all'arnico Giovanni Ciccolini è tutta un gemito, che però non tur- ba la serenità dello spirit03~. Egli non sa per qual duro mistero la Provvidenza gli «nega ancora la libertà e la famiglia o meglio per- mette che così altri facciano contro ogni equità e giustizia», ma non dispera35.

De Gasperi era «per struttura psichica~ uomo d'azione36, la qua- le si tradusse concretamente nell'impegno politico. A questo, oltre la natura, lo spingeva una visione alta e nobile: «Ci sono molti che nella politica fanno solo una piccola escursione, come dilettanti, ed altri che la considerano, e tale è per loro, come un accessorio di se- condarissima importanza. Ma per me, fin da ragazzo, era la mia caniera o meglio la mia missione~3'.

«Missione» è parola ardita, per di più di troppo largo uso e d'abuso. Ma è la parola giusta, se si pensa che De Gasperi con semplicità disarmante poteva rivolgersi al Signore così: «Perdona- mi, Signore, ma porto con me, nelle mie occupazioni, la tua pre- ghiera, penetra tutta la mia attività, prega tu nel mio lavoro e in tut- ta la donazione di me stesso»38. Missione, dunque, o, per riprendere un'espressione di don Sturzo, alta vocazione39. Per De Gasperi, «il cristianesimo applicato alla vita pubblica vuol dire lealtà, franchez- za, coraggio, sacrificio~~0. Ne era consapevole al punto da accusar- si di «temerarietà» per aver accettato il «grande peso» della guida politica del paese41.

La comspondenza Sturzo-De Gasperi è tutta permeata da auten- tico spirito di fede, che suggerisce la visione soprannaturale di tutta la vicenda umana. «Mio caro Alcide, - scrive Sturzo il 17 agosto 1948 - seguo la tua via cmcis di Parigi. Le speranze sono minime per quel possono fare gli uomini, e l'avvenire è buio. Ma Dio fece sanabili le nazioni*. Dallo stesso spirito di fede è ispirata la costan- te convergenza di ideali al di là ed al di sopra delle divergenze nel

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campo politico e sociale. Commuovono certe piccole sfumature di affettuosa delicatezza, che la vince sul17«inghiottire amaro» per il dissenso e non ha nulla del fatuo sentimentalismo dal quale i due personaggi erano costituzionalmente immuni.

I1 lettore lo avvertirà facilmente. A parte la lettera di Sturzo del 22 giugno 1949, che va letta integralmente, ecco appena uno stral- cio da altre lettere.

Stuno a De Gasperi: «Conservo la tua fotografia tra le più care. Ti rispondo con tanto ritardo per trovare un momento di perfetta tranquillità e sentire la tua intimità presente come se ti parlassi [...l. Io vorrei un giorno la fortuna di poterti rivedere, ma certi desideri bisogna offrirli al Signore. La sua volontà è per noi legge di amore e di sacrificio~~2.

Sturzo a De Gasperi: «Limita, pertanto, il tuo lavoro allo stretto necessario; non occorrono molti discorsi né chilometriche orazioni. In questo imita Giolitti. E non tenere riunioni fuori orario e regola rigorosamente i pasti e il sonno»43.

De Gasperi a Sturzo: «Mi rimane nell'animo solo un immutato senso di ammirazione e devozione, un proposito fermo di collabo- razione, una affettuosa e provata amicizia, un desiderio vivo di chi- nare il capo sulla tua spalla per sfogare la mia pena e condividere la tua, perché entrambi soffriamo la tragedia di questo nostro pove- ro paese~~4.

De Gasperi a Stuno: «Il pensiero di non essere d'accordo con te mi 8 grave e non vorrei mai in un colloquio dissimulare cib che penso; d'altro canto ormai invecchio, l'ora del rendiconto innanzi a Dio si avvicina e non vorrei che fra i meritati rimproveri ci fosse quello di aver recato dolore ad un uomo, al quale sono attaccato per antico affetto e rinnovata

8. Attualità di Luigi Stuno

Lo storico Federico Chabod ha scritto che la fondazione del Par- tito Popolare Italiano è il più importante evento politico della storia italiana del xx secolo.

L'affermazione pub sembrare iperbolica. È certo, comunque, che il popolarismo incise profondamente nella vita politica italiana e si impose in modo nuovo e originale tra le altre forze in campo. L'organizzazione in partito del cattolicesimo militante, anche se

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per vari motivi poté realizzare ben poco del suo programma, fu de- terminante per la crisi dello Stato liberale e, senza la violenza fasci- sta, avrebbe potuto continuare a esercitare il suo valido influsso. Superando i limiti del puro movimento cattolico, il discorso politi- co di don Sturzo si estese al processo di unificazione sociale ed economica del paese.

È quindi legittimo riconoscere a Luigi Sturzo il molo di protago- nista nella società italiana e nella cultura politica europea, ove pro- fuse le risorse del suo straordinario ingegno e della sua autentica vocazione sacerdotale. Può apparire semplice e scontato collocare la sua figura nella storia democratica e popolare italiana. Meno fa- cile è analizzare (non è compito di questo lavoro) il significato del- la sua esperienza politica e sociale assai complessa e ricca di varie attività, al punto che qualcuno sostiene non essere facilmente indi- viduabile in Sturzo una linea unificante e coerente.

Ci si può chiedere, per esempio, se la vitalità del popolarismo stur- ziano si è esaurita totalmente o conserva, almeno in parte, il suo vigo- re. Certamente caduche sono alcune esperienze politiche e sociali del P.P.I. legate al suo tempo e superate dal successivo evolversi de- gli avvenimenti. Ma il popolarismo non fu soltanto né, forse, prin- cipalmente una vicenda di partito o il prodotto di una ideologia. Esso, con scelte precise di ordine etico e spirituale, rappresentò una esperienza culturale, della quale non si può misconoscere la vitali- t&. Fra l'altro, l'esperienza del quarantennio democristiano non è immaginabile se non con la radice nel popolarismo di Luigi Sturzo.

Più articolato si fa il discorso se allargato dalla prassi politica alla concezione del rapporto politica-morale e alla teoria sociale. Don Sturzo considerava la sociologia l'«opera segreta» di tutta la sua vita1, e alla scienza sociologica diede notevoli contributi, in particolare con la originale visione di una sociologia integrale, fon- data su una antropologia naturale-soprannaturale2.

Quanto al rapporto politica-morale, il pensiero di Sturzo è espresso in una delle sue opere fondamentali intitolata appunto Po- litica e morale, sulla quale può dirsi basata la sua vasta azione di moralizzazione della vita pubblica. Scrive, infatti: «A poco a poco durante i miei studi l'esperienza mi convinse che ogni educazione morale della vita pubblica deve appoggiarsi su una solida conce- zione della politica; agire diversamente è costruire sulla sabbiad. La concezione politica è solida, secondo Sturzo, se poggia sulla priorità dei diritti della persona umana di fronte allo Stato e a qual-

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siasi altra società: «I1 finalismo della società (di qualsiasi società, lo Stato compreso) che noi diciamo bene comune e poniamo come limite al potere, è meglio precisato sotto l'aspetto di diritto della persona umanad.

Motivo attualissimo. Basta richiamare gli innumerevoli inter- venti di Giovanni Paolo i ~ , a ogni livello e in ogni occasione, in di- fesa del primato assoluto dei diritti della persona umana.

In sintesi, si può convenire con chi afferma che Luigi.Sturzo ri- mane «a rappresentare non solo un pensiero ancora vitale ma anche un percorso storico che ha portato per vie positive e negative ad un tempo come il nostro in cui il rapporto con il mondo è nuovamente ricercato dai cristiani, con la generosità dell'immaginazione profe- tica ed audace se non con la prudente struttura intenzionale del n- schio calcolato»5.

Durante la sua vita, negli anni dell'esperienza «popolare», don Sturzo fu oggetto di una sistematica e subdola campagna denigra- toria da parte della stampa del regime, che tendeva a presentarlo agli occhi degli italiani e dei cattolici in una prospettiva distorta e negativa. Nell'esilio londinese visse praticamente isolato nei con- fronti degli amici rimasti in Italia e della stessa Santa Sede.

Dopo il rientro in patria, avvenuto non senza contrasti nel 1946, le sue vivaci polemiche contro la partitocrazia e lo statalismo (spe- cialmente, come s'è detto, contro I'ENI e I'IRI, considerati vistosa emanazione dello statalismo stesso) e in favore della moralizzazio- ne della vita pubblica non erano tali da procurargli simpatie ed evi- targli risentimenti e incomprensioni. Certi suoi atteggiamenti, gli articoli su «I1 Giornale d'Italia», la discussa cosiddetta operazione Sturzo e altre circostanze contribuirono a creare l'immagine di un uomo non riconducibile all'esperienza del Partito Popolare e dei postulati della Remm novarum. Sturzo appariva ora troppo libera- leggiante e troppo di destra, sorpassato e superato dalla nuova real- tà politica, sociale ed economica.

Gli anni Sessanta, primo decennio dalla sua morte, segnarono i2 prevalere della cultura e della politica democristiana orientata ver- so la formazione di governi di centro-sinistra, orientamento sempre tenacemente avversato da don Sturzo. Si accentuò così nei suoi ri- guardi una sorta di emarginazione e si creò una larga fascia di si- lenzio, che si estese alle sue opere, poco conosciute, meno lette e per nulla studiate. I1 fenomeno è stato descritto come un esilio cul- turale del suo pensiero teoretico elaborato durante l'esilio. Qualche

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eccezione si b avuta con dei saggi di carattere politico e col ruolo assegnato a Sturzo negli studi sui movimenti cattolici in Italia.

I1 congresso internazionale di studi promosso dall'Assemblea Regionale Siciliana nel 1971, in occasione del centenario della na- scita di Luigi Sturzo, segnò una svolta nella «fortuna» di lui e della sua opera, favorita poi da alcuni fatti più recenti, come la caduta del muro di Berlino, la fine tumultuosa della partitocrazia, la dege- nerazione della funzione sociale dello Stato in assistenzialismo, e così via. È solo da rammaricarsi che non sempre la riscoperta abbia colto e messo in evidenza l'essenza del genuino pensiero sturziano su una retta partecipazione alla vita democratica, sulle regole dell'attività parlamentare, sulla politica realmente intesa come ser- vizio. Ci si i! limitati a privilegiare in Sturzo la difesa della libertà economica, che non fu in realtà, per lui, un assoluto, come ricordb più volte nei suoi discorsi parlamentari al Senato: «È ben noto a tutti - affermò al Senato in un discorso de11'8 giugno 1955 - il mio costante orientamento, da sessanta anni ad oggi, circa la libertà economica e la mia costante preferenza per l'iniziativa privata [...l. Premetto che in questa materia non sono a priori favorevole o con- trario all'intervento statale: posso solo ammettere da parte dello Stato sia l'intervento propulsivo quando manca qualsiasi possibilità immediata di serie iniziative private, sia l'intervento integrativo quando l'iniziativa privata non è sufficiente; nego senz'altro l'in- tervento statale a tipo monopolistico, che precluda, in parte o in tutto, l'iniziativa privata». Di questo favore per un «intervento pro- pulsivo dello Stato» Sturzo dette prova con il sostegno al piano Se- nigallia, che colmò la deficienza dell'industria nazionale nel cam- po della siderurgia. Sturzo fu, infatti, tra i primi a teorizzare l'inter- vento sussidiario dello Stato, oggi universalmente accettato o san- cito negli accordi internazionali.

Mi soffermo brevemente su due temi significativi relativamente all'attività di Luigi Sturzo, la Regione e le organizzazioni interna- zionali.

Don Sturzo fu uno dei principali ispiratori, se non il maggiore, dell'ordinamento regionale, motivo dominante ed essenziale nella sua attività politica. I1 suo discorso regionalistico parte dalla situa- zione della Sicilia e dalle proprie esperienze giovanili agli inizi del secolo, ma in quella prima fase forse sarebbe più proprio parlare di municipalismo che di regionalismo. Solo nel dopoguerra, l'autono- mismo sturziano diventa un fatto politico a livello nazionale.

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Nel programma del P.P.I. l'accenno al regionalismo è piuttosto generico. A Venezia, invece, in occasione del terzo congresso del partito, don Sturzo, il 23 ottobre 1921, tenne una relazione sulla Regione, «considerata giustamente la pib compiuta espressione raggiunta in Italia dopo l'Unità dall'istanza autonomista e regiona- listan6. La sua concezione della Regione è nuova e moderna: la Re- gione «non ha carattere di semplice base di circoscrizione temto- riale per un migliore assetto degli organi statali decentrati alla peri- feria, [ma] ha una caratteristica amministrativa organica autonoma: è una unità specifica, ragione della vita rappresentativa delle forze locali»7.

Quanto alla questione meridionale, dobbiamo distinguere tre fasi nel pensiero e nell'azione di Sturzo. Una prima fase, che va dalle lotte contadine di fine secolo sino all'età giolittiana e lo vide alla testa del movimento contadino per le affittanze agricole e in anta- gonismo con i gabellotti. Rendere fondo abitabile il latifondo, eli- minare o ridimensionare la figura del gabellotto, imporre contratti buoni per i contadini garantendo il diritto successorio, incrementa- re la piccola proprietà, ma circondarla di infrastrutture e di disponi- bilità creditizie: questo il suo programmas.

Questa fase coincide anche con l'organizzazione di un vasto mo- vimento municipalista in Sicilia, l'altro fulcro dell'azione politico- sociale del giovane Sturzo. Furono gli anni in cui la passione meri- dionalista spinse Sturzo a una forte polemica contro la politica tra- sformista dello Stato liberale e a rivendicare una piena autonomia amministrativa per il Mezzogiorno. «Lasciate che noi meridionali possiamo amministrare da noi, - leggiamo in un articolo del 1901 - da noi designare il nostro indirizzo finanziario, distribuendo i nostri tributi, assumere le responsabilità delle nostre opere, trovare la ini- ziativa dei rimedi dei nostri mali». Erano gli anni delle sue prime prove come meridionalista sul quotidiano «I1 Sole del Mezzogior- no», gli anni delle letture degli scritti di Nitti.

La seconda fase è quella del popolarismo, con il progetto di ri- forma agraria, approvato al congresso di Napoli del 1920. La posi- zione di Sturzo si distinse da quella della maggioranza, in quanto egli prevedeva la spartizione della grande proprietà solo nel caso che essa fosse improduttiva, antieconomica, assenteista. Due di- scorsi spiegano la posizione di Sturzo sul Mezzogiorno, prima del- la sua partenza per l'esilio. I1 primo pronunziato a Napoli il 18 gen- naio 19239, nel quale respinse il luogo comune di un Mezzogiorno

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«esclusivamente agricolo, di una agricoltura arretrata di poco ren- dimento*. Criticò i pregiudizi che si nutrivano sulla mentalità dei meridionali, inserendo la questione meridionale nella diagnosi più ampia dei difetti e dei limiti del processo formativo unitario. Con- testò che il Mezzogiorno potesse essere guardato «come una colo- nia economica o come campo di sfruttamento politico o come re- gione povera e frusta, alla quale lo Stato fa la concessione di parti- colare benevolenza». Sturzo prevedeva per il Mezzogiorno una modernizzazione dell'agricoltura e uno sviluppo di commerci con sbocchi mediterranei. I1 meridionalismo di Sturzo, in questo discorso del 1923, a Napoli, <pende forza da una specie di coscienza autenti- ca, immediata, della condizione umana del Sud, da una ricognizione storico-sociale di un Mezzogiorno inserito in un'area economica e culturale di respiro mediterraneo, dalla constatazione che il problema fondamentale era, in definitiva, di trasformare la terra e di realizzare una maggiore giustizia e democrazia nelle campagne»'O.

I1 lo febbraio 1923 Sturzo pronunciava un secondo discorso sul Mezzogiorno, nel quale rivedeva la concezione cristiano-sociale in economia, sottolineandone i limiti: «I1 fondo economico della con- cezione cristiano-sociale e democratico-cristiana - disse - potrebbe sembrare contrario alla grande industria, in quanto questa allenta i vincoli domestici, attenua, anzi annulla i rapporti interni e morali fra lavoratore e datore di lavoro, si sovrappone alla organizzazione statale e la domina, disintegra il sindacato e dà elementi di contra- sto perenne alla lotta di classe. Se fosse cosi, la nostra sarebbe una concezione economica arretrata di due secolin. Altra critica rivolta alla vecchia concezione economica cristiano-sociale riguardava il problema statale, considerato a sé stante, come se non fosse un pro- blema politico e di funzioni anche economiche.

Infine, quando era già a Londra in esilio, nel 1925 pubblicava un articolo, nel quale raffreddava gli entusiasmi di Amgo Serpieri, il quale si diceva fiducioso che il fascismo avrebbe risolto i problemi del rapporto capitale-lavoro e dell'agricoltura. Sturzo ribadiva che nessun progresso avrebbe potuto aversi nelle campagne e nell'in- dustria con la soppressione della lotta di classe e della democrazia: «Per la mancanza di questa lotta, di questa coscienza e di questa solidarietà di classe l'agricoltura prevalentemente a tipo domestico non si industrializza, non si evolve che lentissimamente e non può prendere posto adeguato nella vita moderna».

La terza fase si apre con il ritorno dall'esilio. La battaglia di

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Sturzo si svolge su due fronti: la necessità di un'industrializzazione per il Sud e il decentramento dello Stato attraverso un forte regio- nalismo. «Rappresentare il Mezzogiorno - scriveva in un articolo su «I1 Domani d'Italia» del 9 novembre 1947 - come regione sola- mente agricola è stato un grave errore». Parlando d'industrializza- zione egli pensava a complessi industriali contigui interdipendenti collegati per cicli produttivi e serviti da mezzi di trasporto adegua- ti, niente industrie pesanti.

L'altro tema è la visione anticipatrice di una organizzazione in- ternazionale. Nell'opera La comunità internazionale e la guerra, una delle più importanti, pubblicata in inglese nel 1929 durante l'esilio londinese, don Sturzo affronta il problema della guerra, re- spingendo anzitutto la teoria della «guerra giusta», sostenuta anche in tempi recenti da non pochi teologi, e la teoria della «ragion di Stato», per la quale la giustificazione della guerra non va ricercata nel campo etico, ma nell'interesse nazionale.

Don Sturzo formula così la propria teoria: «La guerra avviene in quanto fa parte di determinate strutture sociali; e in quanto parte di queste non può essere reputata legittima, se siano adempiute quelle formalità e condizioni che rispondono alla prevalente coscienza ge- nerale del tempo e del luogo e alle consuetudini e convenzioni pre- stabilite»ll. La nota caratterizzante di questa formulazione è il rap- porto fra la guerra e le strutture sociali e fra la guerra e il sentimen- to comune della nazione in un determinato momento storico. «Se le strutture cambiano e si evolvono, anche la guerra può non solo cambiare ed evolvere, ma decadere, in quanto vengono a cambiare i fattori di rapporto fra la struttura sociale e la guerra»l2.

Occorre quindi modificare le strutture sociali e la coscienza ge- nerale, se ci si vuole salvare dal flagello della guerra. Scrive don Sturzo: «Per arrivare alla completa eliminazione della guerra oc- correrebbe [...l che un gruppo di Stati, i più coraggiosi e i più civili, fossero disposti a rinunziare a tutte le guerre, a qualunque guerra, senza eccezioni e riserve e, contemporaneamente, dichiarassero di voler essere riconosciuti come Stati disarmati e neutralizzati, quali ne fossero gli eventi internazionali [...l. Per questa o per altra via occorrerà passare, prima di anivare alla completa eliminazione del- la guerra; la simultaneità libera o volontaria di tutti gli Stati in una rinunzia totale è pressoché impossibile; nessuna autorità al mondo può obbligare a tale rinuncia, senza che sia prefonnata un'opinione pubblica favorevole che la imponga ai poteri di ogni Stato. Ma la '

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via per arrivare alla formazione di una siffatta opinione pubblica è la realizzazione della totale rinunzia alla guerra e del disarmo attra- verso l'iniziativa di un gruppo di Stati coraggiosi e arditid3.

Don Sturzo pubblicò nuovamente la sua opera in italiano nel 1954, senza mutamenti sostanziali. La creazione della N.A.T.O. e d e l l ' o . ~ . ~ . ha dimostrato la validità e l'intuizione anticipatrice di Luigi Sturzo.

Sull'attualità di Luigi Sturzo concludo con due testimonianze. Vista globalmente, la vita di Sturzo appare comunque straordina- riamente coerente con alcuni postulati in apparenza semplici, ma di enorme rilievo: la fedeltà alla propria missione sacerdotale e alla Chiesa, la passione per le masse popolari e per il loro riscatto so- ciale, l'ostilità a ogni forma di ideologia onnicomprensiva e tanto più a ogni forma di governo autoritario, la convinzione che la de- mocrazia debba essere un autentico valore anche per la coscienza cristiana e che comunque essa non sia affatto un dono privo di costi e di fatica. Ma - ci pare - emerge in Sturzo soprattutto la sua in- crollabile fiducia nella positività della storia e quindi della politica, contemporaneamente alla inalterabile convinzione che la politica e la morale non possono essere mai scisse tra loro e che comunque la politica (e con essa lo Stato) ha dei limiti insuperabili e, pur di al- tissimo valore, non può essere mai elevata ad assoluto. Basterebbe questo per mostrare la grande attualità del pensiero sturziano nella società in cui viviarno14.

L'Italia di oggi torna all'ispirazione che animò Sturzo, torna ai suoi scritti, non già per un «banale liberalismo e per un altrettanto banale antistatalismo~, come è stato già autorevolmente sottolinea- to. Né vi torna, noi almeno non vogliamo ritornarci, per usare di Luigi Sturzo nella polemica politica quotidiana, magari per fame, come qualcuno ha paventato, «un pentito del popolarismo» di ieri da usare contro i popolari di oggi; solo l'intenzione sarebbe grotte- sca. No. Noi torniamo a Sturzo per la forza delle sue idee e dei suoi valori, per l'altezza purissima ed i modi della sua fede cristiana, per la sua visione penetrante: per sentirci meno soli e invece più liberi e più forti sulla via non facile che oggi si apre davanti all'Italia15.

Giovanni Antonazzi

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NOTE PARAGRAFO 1

1. L. Stuno, La mia vocazionepolitica, «I1 Mondo*, ottobx 1941. 2. In Sicilia l'enciclica passò quasi inosservata. «La Sicilia, a parlar di noi, non

si mosse, non se ne accorse. per cui anche oggi, per somma vergogna, molti catto- lici non conoscono quel prezioso documento» (L. Sturzo. La Croce di Costantino, a cura di G. De Rosa, Roma 1958. p. 68).

3. In altra occasione, don Sturzo dichiarb di essere debitore alla grande figura del teatino siciliano Gioacchino Ventura, lamentando che fosse così dimenticato. Cfr. dibattito, in Luigi Stuqo nella storia d'Italia, Atti del convegno internaziona- le di studi (1971). Roma 1973, vol. r, p. 176.

4. «Ciò che mi impressionò di pih fu la scoperta di miserie ignote nel quartiere operaio (dove si trovava l'antico ghetto), che io percorsi tutto. il sabato santo del 1895 per benedire le case. Per pih giorni mi sentii ammalato e incapace di prende- re cibo» (L. Sturzo, La mia vocazione, cit.).

5. In un discorso del 21 aprile 1907, don Sturzo fece una dettagliata relazione sui primi mesi di amministrazione. Cfr. L. Stuno, Scritti inediti, volume 1, 1890- 1924, a cura di F. Piva, Roma 1974, pp. 306-314. Dopo l'esilio, tornò sull'argo- mento per tutto il periodo dell'attività amministrativa. Cfr. G. De Rosa, Sturzo mi disse. Brescia 1982. pp. 1 12-127.

6. Cfr. G. De Rosa. ivi. p. 124. 7. G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, vol. I , Dalla Restaura-

zione all'eth giolittiana, Bari 1966, p. 468. 8. «I1 discorso di Caltagirone di tun no è veramente il primo grande discorso di

un cattolicesimo modernamente impegnato nella lotta politica, è il cominciamento di una storia di partito di ispirazione e struttura laica e democratica, è la piena ac- quisizione da parte della tradizione democratica del cattolicesimo di un concetto di partito come strumento per l'esercizio di un potere entro e non pia fuori datl'or- ganizzazione liberale dello Stato moderno* (G. De Rosa, relazione in Atti cit., vol. I , p. 57).

9. G. De Rosa, Stuno mi disse, cit.. p. 56. 10. F. Traniello-S. Fontana, comunicazione in Atti, cit., vol. n, p. 694. 11. I1 carteggio t pubblicato in L. Bedeschi, Murri Sturzo De Gasperi. Rico-

struzione storica ed epistolario (1898-1906), Cinisello Balsamo 1994, pp. 151- 245.

12. L. Sturzo, Per la commemorazione di Romolo Murri, «Il Popolo», 26 set- tembre 1946.

13. G. De Rosa, relazione in Atti. cit., vol. I , p. 47. 14. Al distacco contribu'i l'episodio rilevato dallo stesso don Sturzo: ~Novem-

bre 1904 - Mum, ancora prete, t a Roma, ma giA in sospetto della Curia, tiene una riunione di amici in una stanza vicino Margana. lo, trovandomi a Roma per altri affari. ci partecipo. L'indomani mio fratello vescovo ha una udien- za da Pio x, e poi introduce me, per avere la benedizione. Egli mi dice subito: - da quanto tempo non vedete Mum? - Ieri sera, io rispondo. - Lo so: ma guardatevi da lui; è un superbo e non farà mai del bene* (lettera di Luigi Stuno a Carlo Sfor- za. 28 settembre 1929. in L. Stum, Scritti inediti, volume n: 1924- 1940, a cura di F. Rizzi. Roma 1975. p. 243).

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NOTE PARAGRAFO 2

1. In una lettera indirizzata a Carlo Santucci il lo agosto 1928 (per il testo. cfr. G. De Rosa, Luigi Sturzo. Torino 1977, p. 197). il cardinale Gaspani. oltre alcune precisazioni, confermava che all'origine del Partito Popolare Italiano non vi fu né intervento né avallo della Santa Sede. Don Sturzo conobbe la lettera solo dopo il suo rientro dall'America. Per le sue reazioni. cfr. G. De Rosa, Sturzo mi disse. cit., pp. 131-138.

2. La riunione del 17 dicembre 19 18 si concluse con l'adorazione notturna nel- la basilica dei SS. Apostoli. «Durante quest'ora di adorazione - scrisse don Stur- zo - rievocai tutta la tragedia della mia vita. Non avevo mai chiesto nulla, non cer- cavo nulla, ero rimasto semplice prete: per consacrarmi all'azione cattolica sociale municipale avevo Niunziato alla cattedra di filosofia; dopo venticinque anni ecco che abbandonavo anche l'azione cattolica per dedicarmi esclusivamente alla poli- tica. Ne vidi i pericoli e piansi. Accettavo la nuova carica di capo del Partito Po- polare con l'amarezza nel cuore, ma come apostolato, come un sacrificio» (citato da F. Malgeri. Luigi Stuno, Cinisello Balsamo 1993, pp. 115-1 16). Circa un pre- sunto veto del Vaticano alla candidatura politica di Sturzo, l'interessato smentì nettamente. Cfr. lettera a Carlo Sforza, 2 aprile 1943, L. Sturzo, Scritti inediti, vo- lume m: 1940-1946, a cura di F. Malgeri, Roma 1976, p. 123.

3. «L'appello 'a tutti gli uomini liberi e forti' i? uno dei documenti piiì elevati e di maggio;; impegno civile della nostra letteratura politica. una carta di identità perfettamente laica. senza riserve e pregiudiziali clericali di nessun genere, espres- sione singolare di una consapevolezza altamente liberale dei problemi di un mo- derno stato democratico, uscito dal dramma del primo conflitto mondiale. Le ansie riformatrici. le aspettative pacifiste, le esigenze di un contenuto piiì sostanziale e popolare da assegnare alle funzioni della democrazia parlamentare erano tradotte in un linguaggio misurato e moderno, accettabile da quanti confidavano nelle pos- sibilità di una evoluzione graduale del nostro sistema sociale, senza passare attra- verso la strada breve della rivoluzione» (G. De Rosa, Luigi Sturzo, cit., pp. 194- 195).

4. Lettera ad Angelo Raffaele Jervolino, 27 luglio 1914. Scritti inediti, volume m, cit., pp. 288-289. Don Sturzo ebbe poi a precisare che allora non si usava il ter- mine ulaico». Cfr. G. De Rosa, Sturzo mi disse, cit., p. 37. Per il testo integrale della relazione di Sturzo al congresso di Bologna, cfr. L. Stuno, 1 discorsi politici, Roma 1951, pp. 3-25.

5. Cfr. F. Malgeri, op. cit., pp. 120 ss. I1 24 agosto 1926 p. Gemelli scrisse a De Gasperi per protestare contro il ugrossolano errore» degli amici del P.P.I., che gli attribuivano l'opinione di volere un partito «confessionale» (lettera inedita). Dopo il 1945, p. ~emel l i espresse in piiì di un'occasione a De Gasperi la profonda am- mirazione «per l'alta missione che Dio gli aveva affidata e per la quale i buoni gli erano molto gratis (lettera del 31 luglio 1947, inedita).

6. Nel primo periodo della sua attività politico-sociale, don Sturzo aveva difeso il non expedit, anche quando Pio x nel 1904 consentì ai cattolici di partecipare alle elezioni sia pure solo come elettori. Non era ancora maturata fra i cattolici la co- scienza etica e civile della vita pubblica. Col discorso di Caltagirone del 1905 don Sturzo affrontb la nuova situazione dell'era giolittiana, la quale di riflesso toccava

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il non expedit. Nel 1919 i tempi erano maturi per una soluzione definitiva. Cfr. la relazione di G. De Rosa, in Atti. cit., vol. I , pp. 56 ss.

7. Quanto la scuola stesse a cuore a don Sturzo lo dimostra un episodio inedito, del quale sono stato testimonio. Dopo il rientro dall'America, ricevendo alcuni esponenti della D.C.. don Sturzo disse che si rendeva conto dell'immane compito di ricostruire case e industrie, ma li esortò vivamente a occuparsi prima di tutto della scuola. Una delle tante prediche inutili ...

8. Cfr. relazione di G. De Rosa, Atti, cit., vol. I, p. 52. 9. Sulle perplessità delia Santa Sede nei riguardi del P.P.I., cfr. G. Grasso, I cat-

tolici e I'Aventino, Roma 1994, pp. 57-72. 10. Il cardinale Gasparri trattò la questione delle dimissioni di don Sturzo da

segretano del P.P.I. col gesuita p. Pietro Tacchi Venturi, abilissimo nel mantenere i rapporti fra Mussolini e la Santa Sede e nell'intervenire discretamente nelle occa- sioni pib difficili. Don Sturzo, coerentemente con la linea del proprio sacerdozio, obbedì lealmente al volere di Pio XI. non senza. però, far presenti, con l'abituale franchezza, le conseguenze della grave decisione. Un ampio resoconto, con la pubblicazione delle relative lettere. in L. Sturzo. Lettere non spedite, a cura di G. De Rosa, Bologna 1996, pp. 263-285.

11. Citato da F. Malgeri. op. cit., pp. 168-169.

NOTE PARAGRAFO 3

1. a11 22 settembre ebbi una lettera del cardinale Gasparri. Mi si ordinava di comunicarti di lasciare tutto, anche Roma» (lettera di Mario Sturzo al fratello Lui- gi, 29 ottobre 1924). Citata da G. De Rosa, Luigi Sturzo, cit., p. 254.

2. Cfr. G. Caronia, Con Shcm e con De Gasperi, Roma 1979, pp. ?23 ss. 3. Per il testo della lettera, cfr. Scritti inediti, volume 11. cit.. p. 1. E stata avan-

zata l'ipotesi che l'allontanamento di Sturzo fosse sollecitato dalla Santa Sede per spianare la via alle trattative sulla Conciliazione, ipotesi difficilmente sostenibile, anche perch6 i primi incontri sulla questione romana si ebbero nell'agosto 1926. Semmai, potrebbe aver influito in qualche modo l'atteggiamento generale del Va- ticano verso il popolarismo e, di riflesso, verso il fascismo. Cfr. comunicazione di F. Molgeri, in Atti. ci!.. vol. 2", p. 354.

4. Lettera di De Gasperi. ndvembre 1924. Cfr. lettera del 30 dicembre 1924. 5. Testo della lettera, 18 ottobre 1924, Scritti inediti, volume n, cit., p. 2. Qual-

che anno dopo don Sturzo tornava suli'argomento: uSia nelle mie intenzioni sia negli accordi presi con gli amici, si trattava di un viaggio di due o tre mesi; con l'intenzione ferma di ritornare. appena i miei amici d'accordo con Amendola e i socia- listi ritornavano aila Camera e ponevano la questione politica. Questi erano stati gli ac- cordi presi tra me, Amendola, Degasperi e Gronchi, pochi giorni prima della partenza» (ienera di Sauzo a Gaetano Salvemini, 3 febbraio 1937, ivi, p. 445).

6. uIo vedo che il mio esilio si prolunga chissà per quanto tempo. Non oso pen- sarlo; ma subisco in silenzio la mia situazione e offro al Signore la mia intima sof-

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ferenza; di questa non parlo e non scrivo a nessuno» (lettera a Filippo Del Giudi- ce, 27 febbraio 1925. ivi, p. 48). Contrariamente a Sturzo, Francesco Saverio Nitti prevedeva imminente la fine del regime. Cfr. lettere di Nitti a Sturzo, vigilia di Natale 1924 e 21 marzo 1925, di Sturzo a Nitti, 4 febbraio 1925, ivi. pp. 18,39,56.

7. Lettera di Nitti. 22 febbraio 1925, ivi. p. 46. 8. Cfr. lettera di Sturzo al fratello Mario, cit. 9. «Mostrai la tua lettera alle note persone. La piiì autorevole fece le mosse di

essere persuasa della bontà del metodo da noi seguito. Non è primamente d'accor- do l'altro P[izzardo], il quale teme al solito esageratamente le intese con i soc[iali- sti]» (lettera di Del Giudice a Stuao, 6 febbraio 1925, Scritti inediti, volume n, cit., p. 41). Cfr. lettera di De Gasperi a Sturzo, 18 maggio 1925.

10. Cfr. lettera di Del Giudice a Sturzo, 15 maggio 1925, ivi, p. 63. 1 1. Lettera di Del Giudice a Sturzo, 18 giugno 1926, ivi. p. 14 1. 12. Lettera di Sturzo a mons. Cicognani, aprile 1944, in G. La Bella, Luigi

Sturzo e l'esilio negli Stati Uniti, Brescia 1990, p. 85. 13. Per i «ricatti» precedenti. ai quali si allude, si veda la lettera di Sturzo al

cardinale Bourne, arcivescovo di Westminster, 15 giugno 1926, Scritti inediti. vo- lume u, cit., p. 140. Altra possibilità di ritorno fu prospettata a Sturzo da Tommaso Nediani, suggeren- dogli di rivolgersi a Mussolini. Don Sturzo scrisse a Nediani il 19 marzo 1932: «Personalmente nulla desidero e nulla aspetto dagli uomini; se dovessi di nuovo scegliere, preferirei l'esilio alla servitù. Per i miei ideali religiosi e politici, spero in Dio che il mio piccolo sacrificio possa giovare non a me solo, anche quando le mie ossa giaceranno in un cimitero di Londra». Cfr. G. De Rosa, Sturzo mi disse, cit., p. 5 1.

14. Della lettera di Sturzo a mons. Cicognani si possono rilevare due aspetti: «indirettamente, riconferma l'idea del cardinale Gaspani che il suo amico dovesse rientrare a Roma dopo una breve permanenza a Londra, così come gli fece inten- dere al momento della partenza per l'esilio nell'ottobre 1924: occorreva attendere che le acque si calmassero, in altre parole che il fascismo si 'normalizzasse' e si spegnessero le minacce squadristiche. L'altro aspetto importante della lettera è il no netto di Sturzo a un ritorno in Italia, sia pure sotto la protezione della Santa Sede, alla condizione di non far più politica. E si sa quanto questo no gli costasse per l'immenso affetto che lo legava alla sua terra, alla sua famiglia e ai suoi ami- ci» (G. De Rosa, prefazione a G. La Bella, op. cit., pp. 4-5). Cfr. L. Sturzo, Lettere non spedite, cit., p. 20.

15. Cfr. L. Sturzo-M. Stuno, Carteggio, a cura di G. De Rosa, 4 voll., Roma 1985. Sulla figura di Mario Sturzo. vescovo di Piazza Armerina dai 1903 al 1941, la sua filosofia, l'azione sociale, l'attenzione ai nuovi fermenti del mondo moder- no, l'impegno pastorale soprattutto per l'educazione catechistica del popolo. la formazione spirituale e il rinnovamento intellettuale del clero. si è tenuto un con- vegno nel 1993, con la pubblicazione dei relativi atti. Cfr. Mario Sturzo. Un ve- scovo a confronto con la modernità, a cura di Cataldo Naro, S. Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 1994.

16. Cfr. lettera di Annibale Gilardoni a Sturzo, 25 agosto 1925, Scritti inediti, volume n, cit., p. 87.

17. Cfr., fra le altre, le lettere di Gronchi, 21 gennaio 1925, di Del Giudice. 6 febbraio, di Migliori, 13 marzo. di Piccioni, 12 aprile, ivi, pp. 21,40,53,61.

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18. «La Sua assenza è perb molto spiacevole mentre il partito sta per prendere i necessari assestamenti sia di fronte alla riforma elettorale. sia di fronte alla ripresa imminente dell'organizzazione, sia di fronte alle questioni sindacali. La Sua as- senza è spiacevole mentre la direzione del partito attuale era composta piuttosto per la Sua presenza che per l'assenza, sebbene De Gasperi abbia veramente le doti e l'autorità che occorrono» (lettera di Dino Secco Suardo a Stuno, 26 dicembre 1924, ivi, p. 20).

19. Lettera di De Gasperi a Sturzo, 13 gennaio 1925. 20. Lettera di Migliori a Sturzo. 13 marzo 1925, Scritti inediti, volume n. cit..

p. 52. In occasione del congresso del P.P.I., che si tenne il 28 giugno 1925 (e fu l'ultimo), ci si illudeva ancora sulla possibilità di una partecipazione di don Stur- zo. Cfr. lettera di De Gasperi a Sturzo, 6 maggio 1925.

21. Cfr. lettera di Sturzo a De Gasperi, 25 ottobre 1925. 22. La richiesta di passaporto da parte di De Gasperi ebbe risposta negativa

(lettera di De Gasperi a Sturzo, 25 luglio 1926). 23.11 ricorso al cifrario (cfr. lettere del 22 dicembre 1924, 13 gennaio e 13 feb-

braio 1925) e all'indirizzo di persone non compromesse col regime non diede ri- sultati soddisfacenti.

24. Lettera a Mario Scelba, 3 febbraio 1927, citata da Malgeri, op. cit., p. 184. 25. Lettera a Nitti, 4 febbraio 1925, Scritti inediti, volume n, cit., p. 38. 26. Lettera a Carlo Santucci. 26 ottobre 1925, ivi. p. 94. 27. Sulla originalità della teoria sociologica di don Sturzo, cfr. M. Vaussard, Il

pensiero politico e sociale di Luigi Sturfo, Brescia 1966, pp. 77 ss. 28. L'affermazione è di Maurice Vaussard, citata da Roger Aubert alla voce

*Democrazia Cristiana», in Enciclopedia del Novecento, Istituto della Enciclope- dia Italiana. Roma 1977, vol. n, p. 80.

29. Per il testo, cfr. L. Sturzo, Idiscorsipolitici, cit.. pp. 409-444. 30. Scrive De Rosa: «Dalla lettura dei documenti dell'archivio Sturzo. si rica-

vano due impressioni per quanto riguarda gli anni dell'esilio londinese: 1) che a Sturzo sia venuta a mancare sempre piil una informazione approfondita di cib che stava avvenendo nella struttura della società italiana durante il ventennio, in ma- niera particolare dal 1928 in poi; 2) che, a causa di questo mancato approfondi- mento sociale, la sua battaglia politica e la sua stessa attività pubblicistica siano ri- maste condizionate dalle prospettive della lotta antifascista di stile aventiniano» (relazione, in Atti, cit.. vol. I , pp. 89-90).

31. Lettera a Ferrari, 15 febbraio 1929, Scritti inediti, volume 11, cit., p. 223. Per quanto lo riguardava personalmente, don Sturzo avvertì che i Patti Lateranensi segnavano una svolta cirammarica neila sua vita di esuIe, specialmente per l'm. 43 del Concordato, che gli precludeva l'impegno politico. Scrisse a Donati, il 27 feb- braio 1929: «Come prete italiano, io non posso piiì pensare di ritornare a capo di un partito qualsiasi in posizioni politiche di responsabilità, dopo che il Concordato fra la Santa Sede e l'Italia obbliga i Vescovi ad un giuramento. che nelle condizio- ni presenti significa lealtà all'ordine fascista. Per fortuna io non sono obbligato a un simile giuramento. che in tal caso rinunzierei alla cittadinanza italiana piuttosto che professarlo: ma nessun Vescovo e nessun Vaticano mi permetterà di agire po- liticamente contro il fascismo, quando essi sono legati a rispettare lealmente il Concordato». E concludeva: «Certo che a 57 anni sarà difficile cambiare lavoro e scopo pratico di vita; ma l'ora della prova è per me venuta; e io sento che il mio

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dovere nel campo politico è oggi il silenzio* (L. Sturzo, Lettere non spedite, cit. pp. 76-77).

32. L. Sturzo, L'Italia e l'ordine internazionale, Torino 1946, p. 131. 33. Un caso clamoroso fu la lettera di Sturzo agli studenti universitari, dicem-

bre 1925. nella quale si affermava che la religione in Italia era ridotta a «serva di un regime politico~. La lettera non era destinata alla pubblicazione, che invece av- venne il 27 gennaio 1926 su «L'Unità Cattolica» diretta da Ernesto Calligari (Mi- kròs). Ne seguì una accesa polemica allargatasi alle sfere politiche, con pressioni sulla Santa Sede per indurre Sturzo a non occuparsi di politica. Con lettera del 30 gennaio 1926. De Gasperi cercò di convincere Sturzo a rettificare o spiegare la frase incriminata. senza risultato. Sulla vicenda, cfr. Scritti inediti. volume II, cit. , doc. nn. 50,54,65,67, e Atti, cit., vol. n, pp. 355 e 519.

34. Cfr. lettera di Sturzo a Edward J. Watkin, 25 luglio 1935, ivi, p. 401. Scris- se inoltre significativamente al p. Giuseppe Bozzetti, superiore dei rosrniniani in Irlanda: «Avrei voluto parlarle della impressione penosissima che si ha presso non poche persone dell'atteggiamento dei cattolici e del clero italiano di adesione ad una probabile guerra del191talia fascista al19Abissinia. È un'aggressione premedita- ta e voluta; una guerra ingiusta, secondo il buon senso e secondo la nostra teologia morale* (24 luglio 1935, ivi, p. 398).

35. a11 mio punto di vista è stato ed è quello di disimpegno della Chiesa cattoli- ca, come tale, dalla solidarietà con gl'insorti. Tale accusa ripetuta dai giornali di sinistra, è diffusa per colpa dei giornali di destra, nazionali, clericali, fascisti che vogliono confondere la causa degli insorti con quella della Chiesa* (lettera di Sturzo ad Angelo Ossorio, 20 ottobre 1936, ivi, p. 437).

36. «La chiesa di Spagna, che avrebbe potuto fare opera di pace, si è schierata in maggioranza con una parte quasi dichiarando una Crociata o Guerra Santa. Dalla stessa parte stanno latifondi industriali, classe ricca. che hanno le maggiori responsabilità dell'abbandono della classe operaia in mano ai sovversivi, per avere avversato ogni riforma sociale, portata in nome del Cristianesimo, degl'insegna- menti di Leone xm e del movimento della democrazia cristiana (lettera di Sturzo a Sugranyes de Franch. 18 febbraio 1937, ivi, p. 449).

37. Lettera di De Gasperi a Sturzo, 15 novembre 1926. 38. Lettera a Sturzo, 10 maggio 1925. 39. Lettera a Sturzo, 29 dicembre 1925. Era stato nominato segretario il 20

maggio 1924. «Assunsi il segretariato del P.P.I., dopo la partenza di Sturzo, come un sacrificio impostomi dal dovere, giacché tutto vacillava già e tenni la barca fino al naufragio, perché così era la mia convinzione, benché non ne cavassi che danni e malanni» (lettera a Leone Castelli, 12 ottobre 1936, inedita).

40. Lettera a Sturzo, 29 dicembre 1925. 41. Lettera a Stuno. Pasaua 1938. , .

uMai comunque cessò la vigilanza della polizia politica, come testimonia il fasci- colo a lui intestato e qualche tentativo del regime di colpirlo ancora, in ragione del suo passato. In particolare, nel corso della violenta polemica scoppiata nel '31 tra Azione Cattolica e fascismo, Mussolini convocò il nunzio apostolico Borgoncini [sic] Duca con la richiesta che Degasperi fosse allontanato dalla Biblioteca Vati- cana con gli altri 'caporioni popolari' come atto di cortesia, convinto che lungi dal lavorare in biblioteca egli fosse un consigliere politico di Pio M, il quale, al contrario, per prudenza mai lo incontrò in udienza privata. Pio M, fortunatamente

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per Degasperi, dettò al nunzio questa risposta da dare in forma verbale a Mussoli- ni: Ci fate pensare che avete ragione di temere della vostra soliditd quando parla- re in quel modo. Ci offende chiamare atti di cortesia quelli che sarebbero da parte nostra atti di vigliaccheria e di assoluta incomprensione della condona patema del Santo Padre. In quanto al Degasperi il Santo Padre non sipente e non si pen- tira di aver dato ad un onesto uomo ed onesto padre di famiglia un poco di quel pane che voi gli avete levato- (Alcide Degasperi un trentino nella storia d'Italia 1919-1954. Atti del convegno di studio. Borgo Valsugana [Trento] 2-3 ottobre 1992. pp. 162-163). Per arrotondare il magro stipendio, De Gasperi si adattò a vari lavori. Nell'orga- nizzazione della Esposizione Mondiale della Stampa Cattolica (1934-1937). ebbe la responsabilità dell'ufficio-stampa, quale collaboratore di mons. Giuseppe Mon- ti, col quale ebbe una vivace polemica epistolare. In un appunto datato inverno- primavera 1935, si legge: «Grandi umiliazioni sofferte al Comitato [per l'esposi- zione mondiale della stampa cattolica]. Se un giorno le mie figliole leggeranno queste righe sappiano che ho sopportato soltanto per la famiglia e per loro. In que- sto inverno ho sentito in particolare le catene della mia servitù. L'uomo non vive di solo pane; ma ogni volta che la persona De Gasperi vuol farsi valere, e pur nel solo cerchio degli amici, viene rigettata nel suo nulla. Che il Signore mi perdoni e mi aiuti!-. I1 30 luglio 1937 gli fu assegnata una medaglia per il buon lavoro com- piuto.

42. Cfr. lettera di De Gasperi a Stefano Jacini, 21 novembre 1936, in De Ga- speri scrive, a cura di M.R. De Gasperi, Brescia 1974, vol. I, p. 176.

43. Lettera a Sturzo, 28 dicembre 1933. 44. «La bambina maggiore sa ormai che l'unico ritratto che pende dalla parete

è quello di don Stuzzo (l'r non va) che crede che sia tutt'uno con il papà: invece purtroppo non è vero. Dice però che è l'amico di papà, ciò che è vero ed è uno dei pochi conforti di questa vita amara* (lettera a Sturzo, 18 maggio 1925).

45. Lettera a De Gasperi, l o febbraio 1934.

NOTE PARAGRAFO 4

1. *Dal 10 giugnu 1940 in poi il Governo kglese perdette la testa; tutti coloro che avevano la cittadinanza italiana. pur risiedendo nel Regno Unito da trenta o quarant'anni, furono ritenuti nemici e sospettati come spie. Se non si fosse interes- sato per me l'amico Wickham Steed, anch'io esule, antifascista. ammalato, a 69 anni di età, sarei dovuto andare in un campo di concentramento come straniero- nemico* (L. Sturzo, La mia battaglia da New York, Garzanti 1949, pp. m-XII).

2. Lettera di Lardone a Sturzo. 4 dicembre 1940. di Sturzo a Lardone, 12 di- cembre 1940, Scritti inediti, volume m, cit., pp. 7-10.

3. *In queste condizioni non c'era altra scelta che mostrare il volto di un antifa- scismo unito. serio. deciso e virile. Sventuratamente, gli antifascisti in America erano disuniti, critici gli uni degli alm. divisi secondo i vecchi partiti italiani in so-

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cialisti, comunisti, liberali, azionisti e democristiani; questi ultimi erano pochi e senza voce perché i cattolici erano stati per lo pib fio-fascisti per sentimento na- zionale e per via dei patti lateranensi~ (L. Sturzo, La mia battaglia. cit.. p. m).

4. «Come può ella pensare che io non 'attacchi importante' [sic] alle Sue pre- ghiere?~ - *Ho bisogrio del suo consiglio e del suo conforto morale in questo mo- mento di angosciosa responsabilità per ciascuno di noi» (lettere di Gaetano Salve- mini a don Sturzo, 6 ottobre 1941 e 2 novembre 1943, Scrini inediti, volume m, cit.. pp. 38 e 172).

5. Cfr. lettera di Sturzo a De Gasperi, 29 agosto 1945. Per l'episodio dell'arti- colo di Salvemini sulla rivista u n e Protestant» e l'intervento del delegato aposto- lico mons. Cicognani circa la replica di don Sturzo, cfr. La Bella, op. cit., pp. 79 ss.

6. Cfr. lettera di Sturzo a Giorgio La Piana, 13 luglio 1943. Scritti inediti, volu- me m, cit., p. 139.

7. «Si intende che ciascuno parte dalle sue premesse e arriva alle sue fmalità. Ma ci sono quei punti fermi nell'interesse dell'Italia e del mondo: libertà. indipen- denza, democrazia, rispetto religioso, movimenti sociali, ricostruzione internazio- nale per i quali molto si può fare insieme» (lettera di Sturzo a De Gasperi, 21 set- tembre 1943).

8. «A parte, quindi, il giudizio delle autorità ecclesiastiche (che ha il suo valo- re), io non posso ripiegare la mia bandiera di democrazia cristiana dopo 46 anni di lavoro e di battaglie e divenire a 69 anni fatti un seguace di Mazzini. Ci sono tutto il mio passato e il mio pensiero politico e la mia fede impegnati» (lettera a Sforza, 4 marzo 1941, Scritti inediti. volume m, cit., p. 20).

9. «Il malumore verso Sturzo e l'insofferenza verso le cose che scriveva e dove le scriveva erano abbastanza diffusi all'interno del cattolicesimo americano. In fondo un prete statista, politico e giornalista, con il suo passato di integro antifa- scista. non era cosa che i cattolici americani, poco o nulla al corrente delle vicende del nostro cattolicesimo democratico. potessero accettare tranquillamente» (G. La Bella, op. cit., p. 21).

10. Lettera di Sturzo a Cicognani. 6 dicembre 1941, G. La Bella, op. cit., p. 62. La comspondenza Sturzo-Cicognani vi è pubblicata alle pp. 5 1 - 13 1.

11. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 29 aprile 1945. I1 motivo ritoma in varie lettere, tra le quali quella di De Gasperi a Tarchiani, 31 marzo 1951, De Gasperi scrive. cit., vol. n, p. 139.

12. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 16 luglio 1945. Anche a Roma i giornalisti americani si mostravano uastuti e diffidenti* (lettera di De Gasperi a Sturzo, 2 febbraio 1946).

13. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 11 ottobre 1944. 14. *Finalmente il 10 luglio le buppe alleate sbarcarono in Sicilia (vorrei dire:

nella mia Sicilia, tanto mi batteva il cuore di speranze e di angosce)» (L. Sturzo, La mia battaglia, cit., p. 123).

15 *Io non so quel che faranno i miei amici in Italia: non sono in contatto con loro; e non lo sarò finché non ci sarà il servizio postale. Passare per lo State De- partment per cose politiche non i? di'mio gusto» (lettera a ~alveGni. 7 novembre 1943, Scritti inediti, volume m, cit., p. 176).

16. «Mia opinione che dopo liberata l'Italia dai nazi si debba avere l'assemblea costituente. A tale assemblea rimandare i problemi di Monarchia o Repubblica, Concordato, riforme sociali e politiche fondamentali. Oggi tendere all'unione dei

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partiti di democrazia e affini per cacciare i tedeschi e ricostruire la vita normale delle città, i comuni e i servizi pubblici; e riadattarsi all'aria della libertà e respon- sabilità* (lettera a Salvatore Aldisio. 30 novembre 1943, ivi, p. 189).

17. Lettera di Sturzo a De Gasperi. 23 settembre 1944. La lettera del 21 settem- bre 1943 fu consegnata a mano al conte Carlo Sforza, che doveva recarsi in Italia. De Gasperi la ricevette dopo il 4 giugno 1944. Nel dicembre 1943 Sturzo annota- va: wspero che De Gasperi sia salvo*. Ebbe notizie rassicuranti il 5 febbraio suc- cessivo (Scritti inediti, volume m, cit., pp. 208-225).

18. Lettera a Snuzo, 10 ottobre 1944. 19. Lettera del 12 novembre 1944. 20. Lettera di De Gasperi a Sturzo, 15 giugno 1944. 21. Lettera a Jervolino. 27 aprile 1944, Scritti inediti. volume m, cit.. p. 259. 22. Lettera a De Gasperi, 12 novembre 1944. 23. G. De Rosa, Sturzo mi disse, cit., p. 59. 24. Cfr. lettera di De Gasperi a Igino Giordani, lo dicembre 1952, De Gasperi

scrive, cit.. vol. I, p. 147. 25. Per l'esattezza, sosteneva apertamente l'idea del partito unico mons. Mon-

tini, sostituto della Segreteria di Stato, mentre erano piuttosto perplesse altre per- sonalità della Curia. specialmente Ottaviani e Tardini, ai quali appariva rischioso, sul piano religioso. legare la Chiesa alle vicende di un solo partito. Cfr. F. Malge- ri. La sinistra cristiana (1937-1945). Morcelliana 1982, p. 119.' 26. Lettera di Jervolino a Sturzo, 15 o 16 giugno 1944. Scritti inediti. volume

m. cit., p. 278. 27. Lettera di Sturzo a Jervolino, 27 luglio 1944, ivi, p. 288. 28. Lettera di Mario Scelba a Sturzo, 18 agosto 1944, ivi, p. 302. Cfr. lettera

delI'11 novembre 1944. p. 330. 29. Lettera di Shuzo a Scelba. 11 novembre 1944. ivi, p. 326. Nel 1946, in

prossimità del referendum, Sturzo riconobbe che il problema istituzionale era uil pih grave e urgente da risolvere» (lettera a De Gasperi. 17 aprile 1946).

30. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 16 agosto 1945. È da ritenere che successi- vamente Sturzo abbia ammorbidito la propria posizione. Gli scrisse De Gasperi il 3 marzo 1946: *Sono convinto che anche tu che sentivi piil di me le preoccupazio- ni del referendum converrai che altro non c'era da fare». Ai pericoli temuti da De Gasperi accenna Scelba nella lettera a Sturzo, 1 1 aprile 1946. Scritti inediti. volu- me m, cit., p. 599.

31. Lettera a De Gasperi, 17 aprile 1946. 32. Per le ragioni e le preoccupazioni che motivarono la scelta politica di De

Gasperi sulla questione istituzionale, cfr. P. Scoppola, La proposta politica di De Gasperi, Bologna 1977, pp. 21 1 ss. 33. Cfr. lettera di De Gasperi a Sturzo, 15 giugno 1944. 34. Lettera di De Gasperi a Sturzo. 18 agosto 1944. De Gasperi subì anche le

pressioni di Pietro Nenni, il quale. per la tesi repubblicana, utilizzb anche uno scritto di don Sturzo. Cfr. lettera di De Gasperi a Sturzo. 12 novembre 1944. 35. Lettera di De Gasperi a Sturzo, 3 marzo 1946.11 congresso (primo congres-

so nazionale della Democrazia Cristiana), svoltosi a Roma dal 24 al 27 aprile 1946, si pronunciò a favore della soluzione repubblicana con 740.000 voti a favo- re contro 254.000 contrari (Scritti inediti. volume m. cit., p. 399). Secondo Scelba, De Gasperi aveva fatto di tutto per salvare la monarchia e, quanto alla deliberazio-

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ne del congresso, egli l'avrebbe subita (lettera di Scelba a Sturzo, 1" luglio 1946, ivi, p. 412). Maria Romana De Gasperi. nel corso di una intervista, ha dichiarato: «Mio padre mi disse alcuni anni dopo che aveva votato per la repubblica ma non ne fece mai pubblicità. Non voleva essere strumentalizzato. Aveva lasciato libertà di voto ai suoi. in fondo guardava pib alla Costituente» («Famiglia Cristiana», 3 gennaio 1996. p. 14).

36. Cfr. F. Malgeri, op. cit.. p. 294. «In quanto alla sua nomina a presidente della repubblica, le dico che I'idea l'avevo esposta io a De Gasperi un anno addie- tro. allorché si comincib a parlare della cosa; è venuta spontanea a molti amici e le soggiungo che se noi avessimo impostato sul serio la candidatura sarebbe passata. Amici di altri partiti ci spingevano a farlo. Ed io non vedo perché a lei I'idea sia apparsa così strana. La stampa ha pubblicato il suo nome insieme ad altri, trovan- do la cosa pib che naturale» (lettera di Scelba a Sturzo, 1" luglio 1946, Scritti ine- diti, volume m, cit.. p. 414).

37. Lettera di Sturzo a Scelba, 11 luglio 1946, Archivio Istituto Stuno, Fondo Scelba.

38. Lettera di De Gasperi a Sturzo, 10 ottobre 1944. 39. Lettera di De Gasperi a Sturzo, 18 agosto 1944. 40. Lettera di Sturzo a Giulio Rodinb. 6 luglio 1944, Scritti inediti. volume m,

cit., p. 287. 41. «I problemi italiani erano del tutto sconosciuti dal gran pubblico america-

no, tranne per quello che ne scrivevano gli ex comspondenti da Roma, pib o meno ex-filofascisti o senz'altro superficiali e che vedevano i problemi italiani con la mentalità formatasi attraverso venti anni di propaganda e le chiacchiere dei salotti romani* (L. Sturzo, La mia banaglia, cit., p. 104).

42. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 29 agosto 1945. 43. Ibidem. 44. Lettera a Bemardo Mattarella, 21 dicembre 1943, Scritti inediti, volume m,

cit.. p. 202. 45. Un primo memorandum di Sturzo t del marzo 1942, un altro del 24 feb-

braio 1946 (ivi, pp. 74 e 391). In La mia battaglia da h'ew York h i g i Sturzo tratta ampiamente della sua attività in relazione al trattato di pace, pp. 301-428. Sono pagine dense di calda passione patriottica in difesa dei diritti dell'Italia. Egli insi- ste per la conservazione dei confini orientali e delle colonie prefasciste.

46. Cfr. L. Sturzo, ivi, pp. 171-175. Nel maggio 1945 Sturzo sostenne in modo irrefutabile I'italianità di Trieste contro le ambiguità della democrazia britannica. Cfr. L. Sturzo, ivi, pp. 370-373.

47. Lettera a De Gasperi, 9 ottobre 1946 e 5 febbraio 1947. Cfr. L. Sturzo, ivi, p. m.

48. Per il testo del memoriale. cfr. Scritti Niediti, volume m, cit., pp. 267-268. Cfr. inoltre L. Sturzo, ivi, p. 336.

49. Lettera a mons. Cicognani, 6 ottobre 1944, G. La Bella, op. cit.. p. 98. 50. Lettere a De Gasperi, 22 dicembre 1944 e 14 gennaio 1945. 51. Lettera a mons. Cicognani, 27 dicembre 1944. G. La Bella, op. cit., p. 102. 52. Cfr. G. La Bella, op. cir., pp. 29-31. e. in appendice, la relativa comspon-

denza Stuno-Cicognani. 53. Lettera a De Gasperi, 11 ottobre 1944. Cfr. lettera del 16 luglio 1945. 54. Lettera a Sturzo. 12 novembre 1944. Cfr. lettera di Scelba a Sturzo 19 di-

cembre 1944. Scritti inediti, volume m, cit., p. 343.

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55. Lettera a De Gasperi. 16 luglio 1945. 56. Lettere a De Gasperi, 22 dicembre 1944. 10 gennaio 1945, 14 gennaio

1945. Per l'Argentina cfr. lettera del 21 ottobre 1946. 57. Lettera di Sturzo a Gronchi, 4 agosto 1944. Scritti inediti, volume m, cit., p.

292. 58. Lettera a De Gasperi, 8 agosto 1944. 59. Lettera di De Gasperi a Sturzo. 12 novembre 1944. 60. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 17 aprile 1946. 61. Lettere a De Gasperi, 2 giugno 1945,29 giugno 1945.28 maggio 1946. 62. «È bene si sappia che la sorgente delle poche somme che riesco a mandare

è assolutamente indipendente e pura. si tratta di amicizie e simpatie personali- (lettera a De Gasperi, 11 ottobre 1944).

63. Lettera a Scelba, 11 novembre 1944, Scritti inediti, volume m, p. 324. 64. ringrazio vivissimamente specie per le due maglie. giacché ero male in

arnese- (lettera di De Gasperi a Sturzo, 26 ottobre 1945. «Italia di quella stagione, dimessa e povera, ma intensa e viva politicamente, dove un ministro degli esteri non nascondeva all'amico il bisogno di qualche maglia di lana!» (G. De Rosa, Luigi Sturzo, cit., p. 432).

65. «I1 leit-motiv di quest'opera è, naturalmente, l'assurdità della politica delle grandi potenze occidentali verso l'Italia, sia in tempo di pace con la scarsa atten- zione prestata allo sforzo dei partiti democratici che avevano combattuto i1 fasci- smo dal 1922 al 1926. sia durante la guerra con il massacro delle popolazioni civi- li e la distruzione di parte del patrimonio artistico di un popolo che attendeva dagli Alleati la liberazione e non domandava che di contribuirvi» (M. Vaussard, op. cit., p. 110).

66. L. Sturzo, La mia battaglia, cit., p. X. Commenta Francesco Malgeri: «In questa dichiarazione di fallimento. che anticipa, per molti versi, l'amaro anche se lucido pessimismo sturziano degli anni successivi, troviamo una realistica e vera analisi dei concreti risultati conseguiti in sei anni di attività assidua e tenace in ter- ra americana. Tuttavia, non va dimenticato il significato piu profondo delle sue battaglie, che supera il problema degli esiti e dei risultati pratici raggiunti. C'è una profonda carica etica. ad un tempo laica e cristiana, che anima quelle battaglie; c'è - una lezione di democrazia e di libertà che supera le contingenze storiche e resta una pagina significativa nella cultura politica italiana- (F. Malgeri, op. cit., pp. 290-291).

NOTE PARAGRAFO 5

1. Lettera a De Gasperi, 21 settembre 1943. 2. Lettera a Randolfo Pacciardi, 25 ottobre 1943, Scritti inediti. volume m, cit..

p. 171. Cfr. lettera a Carlo Sfom, 21 settembre 1943, ivi, p. 149. 3. Cfr. lettera a Mattarella, 28 novembre 1943, a Rodinò, 31 marzo 1944, ivi,

pp. 183 e 240. «Ma quella 'salute cagionevole' era anche una difesa psicologica

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per lui: era talmente evidente il suo stato fisico precario che nessuno avrebbe po- tuto forzare la sua volontà. Se ci fossero state altre ragioni per spiegare il rinvio, la 'salute cagionevole' consentiva di tacerle e di accantonarle per il momento. Fatto sta, all'invito degli amici siciliani Sturzo rispondeva prendendo tempo. rinviando la decisione alla primavera del '44» (G. De Rosa, Luigi Sturzo, cit., p. 438).

4. Lettera a Sforza, 30 marzo 1944, Scritti inediti, volume m. cit.. p. 237. «Ecco. in sostanza, il mio pensiero e la ragione perché io non mi affretto a venire. Potrei essere allo stesso tempo un segno di contraddizione e un elemento di debo- lezza. Tu m'intendi pib di quel che non scrivo» (lettera a Rodinb. 31 marzo 1944. ivi, p. 241).

5. G. De Rosa. Luigi Sturzo, cit.. p. 442. 6. Lettera del 15 giugno 1944. Cfr. lettera del 10 ottobre 1944. Don Sturzo

stesso ebbe a scrivere: «Del resto & bene tenere presente quali servizi posso rende- re al paese sia in America che in Inghilterra- (lettera a Rodinò, 20 giugno 1944, Scritti inediti. volume m, cit., p. 286).

7. Lettera a Rufo Ruffo della Scaletta, citata da G. De Rosa. Luigi Sturzo, cit., p. 453.

8. Colloquio telefonico con De Gasperi, 15 ottobre 1945. 9. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 19 ottobre 1945. In altemativa, si era pensato

ai bamabiti (lettera di De Gasperi a Sturzo, 22 agosto 1945). 10. Lettera di Sturzo a mons. Cicognani, 17 settembre 1945, G. La Bella, op.

cir.. p. 116. 11. Lettera a Sturzo, 8 ottobre 1945, ivi, p. 125. L'l 1 aprile 1946 Scelba scri-

veva a Sturzo: «Qui ormai generale la convinzione dell'ostilità vaticana, anche come motivo del ritardo della venuta. Nella stampa e in discorsi pubblici di alm partiti si discute della cosa. Non mandi per carità delle smentite, nessuno ci crede- rebbe. Per altro i secchi richiami dell'Osservafore Romano al Concordato e al di- vieto per i sacerdoti di militare in partiti politici e altre scemenze del genere non lasciano adito a dubbi» (Scritti inediti, volume m, cit., p. 401).

12. Lettera a mons. Cicognani, 9 ottobre 1945, G. La Bella, op. cit., p. 126. 13. «La nave partirà il 16 c.m., arriverebbe a Napoli verso il 27 o 28. Desidero

procedere subito per Roma, evitando sosta a Napoli che sarebbe affaticante sotto tutti gli aspetti. Escludo permanenze in provincia, anche da te suggeritemi per motivi diversi già fatti conoscere a te ed altri. Se le mie condizioni di salute richiederanno durante l'autunno zona pib mite cambieremo di certo. Tu sai che io tomo non per interessi personali ma per servire il paese e contribuire alla sua rinascita. Curerei anche l'edizione italiana dei miei scritti. Non ho intenzione di partecipare attivamente all'organizzazione del partito. sia oer la mia salute e i miei lavori sia oer osservanza del Concordato. Ti prego di prendere nota di questa mia dichiarazione e di usarne come meglio credi data la delicatezza della cosa e quel che si potrebbe supporre da amici e da estranei* (telefonata a De Gasperi, 11 ottobre 1945. G. La Bella. op. cit., p. 128).

14. Lettera a De Gasperi, 19 ottobre 1945. 15. Lettere di mons. Cicognani a Sturzo, 12 e 16 ottobre 1945, G. La Bella, OP.

cit., p. 129. 16. Per il testo, cfr. F. Malgeri, op. cit., p. 284. 17. pensando ai miei 46 anni di attività sociale e politica, si renderà conto che

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la risposta all'intimo appello della mia coscienza fu data appena ordinato prete. Se ho fatto bene o male lo sa Dio solo; ma quel che ho sempre evitato è stato di pren- dere la posa di ribelle o di vittima. E anche oggi sono lieto di aver seguito quella voce. invece di prendere la via che mi si apriva dinanzi. ch'era la pih naturale per un prete. della attività pastorale. accettando le cariche ecclesiastiche che mi sareb- bero state offerte* (lettera a Sforza, 10 mano 1941, Scritti inediti, volume m. cit., p. 21). Sforza rispose con parole di sincera ammirazione (lettera del 13 mano 1941, ivi. p. 23).

18. Cfr. F. Malgeri, op. cit., p. 286. 19. Cfr. lettera di De Gasperi a Sturzo, 26 ottobre 1945. Su testimonianza di

Scelba, De Gasperi non avrebbe mai «guardato con molta simpatia* al ritorno di don Sturzo. la presenza del quale poteva essere ingombrante. Basterh nelle riunio- ni - avrebbe dichiarato De Gasperi - che uno venga a dire 'questo è il pensiero di don Stuno', percht ogni discussione cesserà. Cfr. F. Malgeri, ivi, p. 285.

20. Lettera a Sturzo, 2 febbraio 1946. 21. Lettera a Stuno, 3 marzo 1946. 22. M. Bottari, Settembre 1946: ritorno di Sturzo, «Nazione sera%. 27 agosto

1959.

NOTE PARAGRAFO 6

1. Cfr. supra, p. 38. 2. Lettera a Sforza, 21 settembre 1943, Scritti inediti. volume m, cit.. p. 149. 3. Don Sturzo affermb esplicitamente: «La storia non si ripete: l'esperienza del

Partito popolare italiano fu unica: esso fu creato dopo la prima guerra mondiale come il contributo dei cattolici al nuovo ordine democratico epacifico che doveva seguirne. Ma esso fu anche il completamento integrale della vita nazionale, dopo che i cattolici [...l ne erano stati assenti dal 1870 in poi» (articolo su «Quaderni italiani» del 1942. citato da G. De Rosa, Luigi Sturzo, cit., p. 435). Cib non toglie che in alcuni scritti Sturzo abbia colto i legami tra il vecchio e nuovo partito di ispirazione cristiana. Cfr. comunicazione di F. Malgeri, in Atti, cit., vol. n, p. 580.

4. L. Sturzo. Politica di questi anni, vol. 1 (1946-1948), Bologna 1954, p. 3. 5. L. Sturzo, ivi. p. 4. 6 . Cfr. L. Sturzo. Democrazia Cristiana eredità giacente?. «L'Italia», 27 no-

vembre 1946; I1 punito di Centro, «L'Italia», 12 dicembre 1946; Travaglio dei partiti, «L'Italia», 22 dicembre 1948.

7. A proposito del disegno di legge sulla Corte Costituzionale: «Ne ho scritto due volte sui giornali, varie volte al relatore. a Cappi, a Dossetti e non ricordo a quanti altri: ma tutti ciechi e sordi. Lo scrivo anche a te. per quanto abbia perduto la speranza di essere compreso* (lettera a De Gasperi, 18 novembre 1950).

8. Per Sturzo, «anche-la polemica giornalistica, con i suoi inconvenienti, con- corre a creare gradualmente un miglior metodo democratico e una piiì larga valu- tazione dell'opinione pubblica* (lettera a De Gasperi, 16 luglio 1953). Un esem-

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pio della vivacità dei toni è la polemica di don Sturzo con Giorgio La Pia, allora sindaco di Firenze, definito «statalista della povera gente* (art. su «Il Giornale d'Italia*, 13 maggio 1954). La Pira, a sua volta, fu pacato solo nel tono delle sue lettere, non sul contenuto. Trascrivo l'inizio della mquisitoria* registrata da De Rosa. Sturzo mi disse, cit., p. 87: «Mi ha detto [La Pira] che Sturzo è con i ricchi contro i poveri. che farebbe meglio a pregare di pih e a scrivere di meno sul 'Gior- nale d'Italia', che è un liberale niente affatto cristiano, 'sarebbe come Malagodi'. Ha detto anche che la politica per Sturzo è un divertimento, perché non fa che cri- ticare stando a tavolino. non interessandosi dei veri problemi, che sono quelli del- la povera gente». Cfr. Cattolici e mercato. La grande polemica Luigi Sturzo Gior- gio La Pira, a cura di D. Antiseri, Ideazione Ed., 1996.

9. L. Sturzo, Moralizzare la vita pubblica, «L'Italia», 3 novembre 1946. 10. Gli ammonimenti si fecero più frequenti dopo che, nelle elezioni del 18

aprile 1948, la Democrazia Cristiana aveva conseguito la maggioranza assoluta e assunto la responsabilità della guida del governo. Ibidem.

11. L. Sturzo, Partiti e partitocrazia (ricordando il 18 gennaio 1919). «I1 Gior- nale d'Italia». 14 gennaio 1959.

12. L. Stuao, Da Nitti a De Gasperi, «Il Giornale d'Italia,, 31 luglio 1953. 13. «È questa intransigenza etica che nobilita la sua predicazione e il suo impe-

gno di 'profeta disarmato', al di la dei dissensi e delle incomprensioni di un uomo che vedeva un mondo proiettato verso nuove ed imprevedibili conquiste scientifi- che e tecnologiche, e una società in continua evoluzione, al cui ritmo convulso il vecchio prete siciliano, formatosi nell'età leonina, non riusciva più a star dietro» (comunicazione di F. Malgeri, in Atti, cit., vol. n. p. 408).

14. Su «I1 Giornale d'Italia», fra il 1952 e il 1959, apparve una serie di articoli (l'ultimo il 9 aprile 1959, poco prima della morte), nei quali Sturzo analizza i vari volti dello statalismo e ne denuncia le nefaste conseguenze. Gli articoli sono stati raccolti in due volumi dal titolo Battaglie per la libertà (1952-1959). pubblicati nel 1992. È appena il caso di precisare che la tenace campagna antistatalista ingaggiata da don Sturzo non autorizza a collocare il suo promotore tra i fautori del liberismo individualistico, della logica degli automatismi economici e del laissez faire. La collocazione piace ad alcuni, ma può essere sostenuta solo da chi ignora il pensie- ro e gli scritti di don Stuao, solidamente ancorati alle radici della Rerum novarum e quindi volti a difendere a oltranza l'autonomia del popolarismo nei confronti sia del socialismo che del liberalismo.

15. L. Sturzo. Politica di questi anni, vol. m, (1950-1951), Bologna 1957. p. 4. 16. L. Sturzo. Di nuovo apertura a sinistra, «Il Giornale d'Italia», 26 settembre

1953. 17. L. Sturzo, ENI, «La Voce Repubblicanaw e «Il Globow, «I1 Giornale d'Ita-

lia*, 6 novembre 1957. «I1 complesso ENI merita speciale attenzione per la sua importanza, per la conti-

nua espansione nel campo industriale nonché per la spensieratezza nello spendere. per l'abuso dei mezzi di propaganda e di stampa, per gli stretti rapporti con partiti e uomini politici* (L. Stuao, ENI & c.: i perché delle mie critiche, «Il Giornale d'Italia*, 16 ottobre 1957). Nel 1957, in un discorso al Senato, don Sturzo estese il suo attacco accusando il Quirinale (era presidente della Repubblica Giovanni Gronchi) di seguire con particolare attenzione, sin nei dettagli, anche gli affari at-

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tinenti all'm e all'ENi. Cfr. G. De Rosa, Sturzo mi disse, cit.. pp. 73-74; F. Malge- n, op. cit., p. 337.

18. L. Sturzo, Democratici e statalisti, «I1 Giornale d'Italia», l o febbraio 1958. 19. Lettera a De Gasperi. 17 marzo 1948. 20. Cfr. M. Vaussard. op. cit.. p. 121. 21. Lettera a De Gaspen, 27 aprile 1949. 22. Cfr. L. Sturzo, Lettera per la nomina a senatore. «I1 Popolo». 28 settembre

1952. 23. L. Sturzo, Cambiamenti di clima, «La Stampa,, 24 novembre 1950. Credo

interessante un episodio inedito. avvenuto il 6 ottobre 1946 nella villa del Collegio Urbano de Propaganda Fide, a Caste1 Gandolfo. «Finito il pranzo, non ricordo per quale circostanza. rimasi per qualche minuto solo con De Gasperi a passeggiare nel giardino. A un certo punto, autorizzato a parlargli con franchezza, mi permisi riferirgli come molti gli rimproveravano di essere troppo remissivo con i comuni- sti e, soprattutto, di tenerli al governo. Si fece scuro in volto e rispose testualmen- te: - Capisco. Ma sanno gli italiani che, in questo momento, io non posso fidarmi nemmeno della Polizia? [...l Aspettino ancora alcuni mesi, poi vedranno se De Gasperi è debole. - Questo episodio mi pare avvalorare l'ipotesi che le sinistre, nel 1947, uscirono dal governo per iniziativa personale di De Gasperi, e non, come voleva far credere l'opposizione, per suggerimento degli Stati Uniti» (G. Antonazzi, Roma città aperta. Lo citradella sul Gianicolo, Roma 1983, p. 380).

24. «Io noto a suo favore [...l la difesa degli interessi e dei diritti dell'Italia fat- ta alla conferenza di Parigi, dove solo il Presidente De Gasperi diede una nota no- bile. elevata e politicamente ben fondata, nota che resterà storica e servirà come punto di partenza per l'avvenire» (L. Sturzo. Tripartitismo. «L'Italia», 20 ottobre 1946).

25. Lettera a De Gasperi. 23 febbraio 1950. 26. Lettera a De Gasperi, 18 febbraio 195 1. 27. L. Sturzo, Le intese tra i partiti. «I1 Giornale dlItaliau, 18 settembre 1952;

lettera a De Gasperi. 1 1 settembre 1950. A Mario Vinciguerra De Gasperi confi- db: «Mi dicono manovriero. Non è sempre un complimento. Preferirei vedessero in me un uomo di fede. L'abilità è al servizio dell'idea che mi conduce- (lettera del 22 novembre 1950, De Gasperi scrive, cit., vol. 1, p. 29).

28. Lettera del 31 luglio 1950. 29. Lettera del 22 giugno 1949. 30. Lettera del 10 agosto 1950. Cfr. A. De Gasperi, Le battaglie del Partito Po-

polare, Roma 1992, p. XN. 31. Lettera a De Gasperi, 29 agosto 1915. A propsito di correnti d'aria, ricor-

do io stesso nel periodo che collaborai con Sturzo per il suo volume Lo vera vita (cfr. G. De Rosa, Sturzo mi disse, cit., p. 156, nota 6) come, invitato a sedermi ac- canto a lui presso la scrivania, la sedia dovesse avere una ben definita e precisa di- stanza dalla sua persona.

32. Lettera di De Gasperi a Sturzo. 10 agosto 1950. 33. Lettera di Sturzo a De Gasperi, 16 luglio 1953. 34. Lettera di De Gasperi a Sturzo, 24 agosto 1952. 35. Lettere di De Gasperi a Sturzo, marzo 1949 e 10 agosto 1950. 36. Lettera a De Gasperi, 23 agosto 1950. Con Antonio Segni don Sturzo, in

tema di riforma agraria, ebbe un rapporto piuttosto movimentato. Rimase deluso

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per aver ripetutamente chiesto invano di essere ascoltato (lettera a Segni, 14 ago- sto e 7 settembre 1948). Successivamente. in un colloquio con il giornalista Silvio Negro, espresse sul ministro un giudizio severo che provocò la reazione di De Ga- speri (lettera a Sturzo, marzo 1949, cfr. lettera del 10 agosto 1950) e la replica di Sturzo (lettera a De Gasperi, 9 marzo 1949).

37. Lettera a De Gasperi, 21 dicembre 1947. Cfr. lettere de11'8 novembre 1948 e 9 marzo 1949.

38. Ricorse anche al parere di autorevoli esperti, come Antonio Medri, sui con- tratti di mezzadria. Cfr. lettera a De Gasperi, 17 novembre 1948. con allegati gli appunti del Medn.

39. Lettera a De Gasperi, 16 marzo 1950. Cfr. lettera del 3 1 luglio 1950. 40. Lettera del 23 agosto 1950. Cfr. lettera dell'l l settembre 1950. *

41. Lettera a Sturzo, 10 agosto 1950. 42. Lettera a De Gasperi, 23 agosto 1950. 43. Don Sturzo reagì contro questa espressione, trattandosi di una iniziativa

non sua. La considerava un luogo comune, come il suo «veto a Giolittin nel 1922. Cfr. L. Sturzo. Il pericolo dell'operazione Stuno, «I1 Giornale d'Italia», 21 feb- braio 1959.

44. Cfr. il racconto di don Sturzo in G. De Rosa, Sturzo mi disse. cit., p. 150. 45. Lettera a Pio xn, marzo (?) 1952, De Gasperi scrive, cit., vol. i, p. 114. 46. Cfr. F. Malgen, op. cit., p. 314. 47. Don Sturzo trattò il tema in vari articoli su «Il Giornale d'Italia»: Ipuritani

della proporzionale, 16 gennaio 1954; La proporzionale ieri e oggi, 24 gennaio 1954; Proporzionale pura. Corretta e mista, 18 febbraio 1954; Leggi elettorali e partitocrazia. 18 luglio 1957.

48. Lettera a De Gasperi, 28 agosto 1952. 49. Lettera di De Gasperi a Sturzo. 24 agosto 1952.

NOTE PARAGRAFO 7

1. G. Antonazzi, Don Giuseppe De Luca uomo cristiano eprete (1898-1962), Brescia 1992, pp. 29-30.

2. Lettera a «Giovanni», in L. Sturzo, Lettere non spedite, cit., pp. 123-124. «Qualcuno mi ha osservato, parlando in intimità, che io cerco sempre .empi tratti dal campo delle lotte religiose, mentre io milito nel campo politico. E superfluo dire a te che quasi trent'anni di mia attività per la democrazia cristiana, nel lavoro di carattere municipale, scolastico, sociale e politico, per me è stata e è ancora esplicazione di apostolato religioso e morale. Non avessi avuto questa convinzio- ne e questa finalità. non avrei potuto conciliare le mie attività con il mio carattere sacerdotale e con la mia aspirazione unica di servire Dio. Ecco percht cerco gli esempi religiosi e desidero seguirli u (lettera a Mikros, 10 aprile 1926. Scritti ine- diti, volume n, cit., pp. 137- 138).

3. L. Sturzo. Il Partito Popolare Italiano, vol. In (1925-1926), (Opera omnia n,5), Bologna 1957, p. 32.

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4. Per un saggio, cfr. le comunicazioni di V. Filippone Thaulero e A. Gamba- sin in Atti. cit.. vol. n. pp. 219-270. e soprattutto i quattro volumi del Carteggio fra Luigi e Mario Sturzo. curati da G. De Rosa, per le Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1985.

5. I1 conte Giuseppe Dalla Torre raccontò che, in un convegno a Montecassino. entrato nella stanza di don Sturzo, lo trovò in lacrime. Sto meditando - spiegò Sturzo - sull'episodio di Betania (Lc 10,38-42) e temo di meritare il rimprovero di Gesh a Marta. Ce ne volle, concluse Dalla Torre. per rassicurarlo sulla volontà di Dio a suo riguardo.

6. Dal suo testamento spirituale: «A coloro che mi hanno criticato per la mia attività politica. per il mio amore alla libertà, il mio attaccamento alla democrazia, debbo aggiungere che a questa vita di battaglie e di tribolazioni non venni di mia volontà, n6 per desiderio di scopi terreni né di soddisfazioni umane; vi sono ani- vato portato dagli eventi, penetrando quasi insensibilmente senza prevedere un termine prestabilito o voluto. come portatovi da forza estranea. Riconosco le diffi- coltà di mantenere intatta da umane passioni la vita sacerdotale e Dio sa quanto mi sono state amare le esperienze pratiche di 60 anni di tale vita; ma l'ho offerta a Dio e tutto ho indirizzato alla sua gloria e in tutto ho cercato di adempiere al servi- zio della verità. Difetti, colpe, miserie mi siano perdonati dagli uomini come sono sicuro che mi sono stati e mi saranno perdonati da Dio, per i meriti di Gesh Cristo ed intercessione della Vergine Maria che sempre invoco ora e nell'ora della mia morte e così sia» (Testamento del sen. pro$ don Luigi Sturzo, usociologia~, lu- glio-settembre 1959, p. 303).

7. Faceva parte dell'unione Apostolica, la quale richiede agli iscritti la relazio- ne mensile delle pratiche compiute, da registrare in appositi moduli giornalmente. L'omissione non costituisce alcuna colpa, trattandosi solo di un vincolo morale di lealtà e di chiarezza. Cfr. G. De Rosa, Luigi Sturzo, cit., pp. 392-393.

8. A proposito del breviario: tornato dall'America, il grande vegliardo in un colloquio con don Giuseppe De Luca (ero presente anch'io) gli chiese: - Tu che stai in mezzo ai libri procurami qualche cosa che mi aiuti a recitare meglio il bre- viario.

9. Lettera del 4 marzo 1938, Scritri inediti. volume n, cit., p. 486. 10. Bellissime, sotto questo profilo, le lettere a «Giovanni», ove a ogni pagina

si esprime l'alta visione che Sturzo aveva della Chiesa nel suo cammino secolare fra insidie di ogni genere, e il modo di vivere, in seno alla Chiesa, una spiritualità interiormente libera ma fedele e coerente nelle scelte del vivere civile. Cfr. L. Sturzo, Lettere non spedite. cit., pp. 123 ss.

1:. «Pia della soff~renza. vale agii occhi suoi [dei Signore] ia fede. E la tua fede attiva, semplice, positiva, gli & molto simpatica, ne sono sicura perché un po' conosco i suoi gusti* (lettera di suor Lucia al padre, 29 luglio 1953, in L. De Ga- speri, Appunti spirituali e lettere alpadre, Morcelliana, Brescia 1968. p. 220).

12. Lettera a Scelba, 21 agosto 1954, due giorni dopo la morte di De Gasperi. 13. Cfr. De Gasperi scrive. cit., vol. i. passim. Una testimonianza insolita e ine-

dita fu colta in un ambiente singolare. il collegio Urbano de Ropaganda Fide, che raccoglie (o raccoglieva allora) alunni di ogni nazione da tutti i continenti, definito da parti la ve; *Società delle Nazioni* (Cfr. G. Antonazzi, Roma cittò aperta, cit.. p. 13). Durante l'estate, De Gasperi alloggiava a Caste1 Gandolfo, in una vil- letta della «Galleria di sopra*. a pochi passi dalla villa del Collegio Urbano. 11 6

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ottobre 1946. ospite a mensa del Collegio, al saluto di omaggio rispose confiden- zialmente: «Carissimi amici, sono lieto di trovarmi qui in questo Collegio che par- la così bene della cattolicità della Chiesa e della fraternità degli uomini. Mi trovo meglio qui che non a Parigi, al Lussemburgo, o a Londra. Là si fanno molte di- chiarazioni di solidarietà, di pace, di uguaglianza, ma poi, quando ci si siede al ta- volo a discutere, cib che prevale è solo la forza e i singoli egoismi. Io dispero de- gli uomini diplomatici e politici. Se tutti coloro che vogliono costruire la pace fossero convinti che l'unica realtà, che è la base di ogni vita civile e umana, è il Cristo, allora si potrebbe costruire. Ma a Parigi il Cristo è ignorato. Io ho fiducia invece in voi, cari amici, che, fondando la vostra vita, il vostro ideale sul Cristo, avete la base per costruire un domani migliore e piu bello per i vostri Paesi» (Cfr. G. Antonazzi. op. cit., p. 380). Altre volte nell'improvvisare la risposta al saluto di omaggio. De Gaspen dimostrava grande familiarità con le lettere di san Paolo, l'Imitazione di Cristo e altri testi di pietà. E difficile dire lo stupore degli alunni, che provenivano da paesi non cristiani o retti da governi non cristiani, nell'udire quelle citazioni sulle labbra di un capo di governo.

14. Lettera a De Gasperi, 10 settembre 1946, De Gasperi scrive. cit., vol. n, p. 165.

15. Lettera a De Gasperi, 26 dicembre 1949, ivi, pp. 202-203. 16. Lettera a De Gasperi, 26 febbraio 1949. ivi, p. 232. 17. Lettera a De Gasperi, 16 aprile 1954, ivi, p. 291. 18. Lettera a De Gasperi, 7 luglio 1951, ivi. p. 298. 19. «Io che per costume rifuggo personalmente dall'attribuirmi il titolo di cat-

tolico ...W (lettera di De Gaspen al conte Dalla Torre, 16 aprile 1954. De Gasperi scrive, vol. I , cit., p. 138).

20. «Il rispetto della libertà di coscienza degli altri spesso ti valse duri rimpro- veri da parte delle gerarchie ecclesiastiche, che non seppero sempre capire come la concezione morale e cristiana della vita non poteva essere in .contraddizione con la fede in un regime democratico e libero e che il senso di fraternità era comple- mentare a l'uno e all'altro~ (M.R. De Gasperi, Mio caro padre, Brescia 1979, p. 128).

21. «Sempre piiì mi persuado quale fonte di sincero ottimismo sia il cristianesi- mo. Al di fuori di esso c'è o la disperazione o l'illusione. E mentre per queste due ultime faccio constatazioni libresche, su Leopardi o su Ariosto, per l'ottimismo non ho che da guardarti negli occhi, quando dalle considerazioni piu amare trai delle conclusioni che non vogliono essere definitive, ma che lasciano il mistero nelle mani di un Padre, senza pretendere di scrutarlo fino in fondo e pur senza guardarlo come una porta chiusa» (lettera di suor Lucia, 22 agosto 1950, L. De Gasperi, Appunti. cit.. p. 214).

22. Per l'«umanità* di De Gasperi in delicate situazioni politiche, come il rap- porto con il re Umberto dopo il referendum. cfr. M.R. De Gasperi, Mio caro pa- dre, cit., p. 114.

23. Lettera a suor Lucia, 10 agosto 1950, L. De Gasperi, Appunti, cit., p. 212. 24. Lettere alla moglie, 10 e 13 maggio 1927, A. De Gasperi, Lettere dalla pri-

gione 1927-1928. Ed. Cinque Lune, Roma 1974, pp. 42 e 45. 25. Lettera del 21 settembre 1947. L. De Gasperi, Appunti, cit.. p. 172. 26. Lettera s.d., ivi. p. 176. 27. Lettera del 13 agosto 1952, ivi, p. 216.

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28. Lettera del 26 agosto 1953, ivi, p. 221. 29. «Le crisi politiche, il difficile equilibrio del governare. le decisioni interna-

zionali, gli scontri fra i partiti, tutto passava fra te e nostro padre in una tonalità pih alta, in una visione prospettica dove l'umano conservava il suo posto, ma illu- minato e chiarito dalle ragioni dello spirito. Mi viene spontaneo un somso quarido penso alla turbinosa attività degli uomini della politica e di governo e vedo aleg- giare sopra di loro i tuoi bianchi foglietti che il Presidente del Consiglio leggeva con maggiore impegno di una notizia dagli Stati Uniti o dal mondo di Stalin* (prefazione di M.R. Catti De Gasperi, L. De Gasperi. Appunti, cit., p. 16).

30. Lettera del 21 settembre 1947, ivi. p. 172. 3 1 . Lettera di De Gasperi a Sturzo, 15 novembre 1926. 32. Lettera alla moglie, 20 luglio 1927, A. De Gasperi, Lettere, cit., p. 94. 33. Lettera a suor Lucia, 26 agosto 1953, Appunti, cit., p. 221. 34. Lettera del 7 gennaio 1928, De Gasperi scrive, cit., vol. I , p. 122. Un altro

patetico «sfogo» i? nella lettera del 20 novembre 1928 a don Simone Weber, ivi, p. 75.

35. Lettera a don Simone Weber, 3 1 maggio 1927, ivi, p. 74. 36. Cfr. lettera di De Gasperi a Ciccolini, 7 gennaio 1928, ivi, p. 125. 37. Lettera alla moglie, 6 agosto 1927, Lettere, cit., p. 101. 38. M.R. De Gasperi. Mio caro padre, cit., p. 22. I1 cardinale Maunlio Fossati,

arcivescovo di Torino, così si esprimeva: upih che un lavoro, il suo è un apostola- to e una missione»; «il Signore la illumini nella sua gravosa missione, che Iia tutto il merito dell'apostolato per il bene comune* (lettere a De Gasperi, 18 marzo 1948 e 14 giugno 195 1, inedite).

39. Cfr. supra, p. 47. 40. Lettera a Ciccolini cit., De Gasperi scrive, vol. I , cit., p. 126. 41. Lettera a suor Lucia, 3 agosto 1951, L. De Gasperi, Appunti, cit., p. 216. 42. Lettera del lo febbraio 1934. 43. Lettera del 18 febbraio 1951. 44. Lettera del 26 ottobre 1945. 45. Lettera del 10 agosto 1950.

NOTE PARAGRAFO 8

1. L. Sturzo, Ma vocation politigite dans les guerres rnodernes et la pensée catholique, Montreal 1942, p. 27.

2. uLa profonda originalità della teoria sociologica di don Sturzo consiste nell'aver unito in una sintesi lungamente meditata principi di osservazione e di ra- gionamento che si trovano generalmente dissociati nel pensiero della maggior par- te dei sociologi contemporanei e nell'essere riuscito a conservare gli elementi po- sitivi, rifiutando la parte discutibile e aprioristica che vi si trova connessa e ne costituisce il punto debole» (M. Vaussard, op. cit., p. 77).

3. L. Sturzo, Politica e morale, in Opera omnia, Bologna 1972, vol. rv, serie I, p. 98.

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4. L. Sturzo, «Politica e moralità», ivi, p. 376. 5 . Relazione di F. Barbaro, in Atti, cit., vol. I , p. 307. 6. Comunicazione di E. Rotelli. in Ani, cit., vol. n, p. 593. 7. L. Sturzo, La Regione, relazione al Congresso popolare di Venezia, 1921, in

La Regione nella Nazione. Roma 1949, p. 148. 8. «La Croce di Costantino». 22 dicembre 1901. 9. il discorso su «I1 Mezzogiomo e la politica italiana». tenuto nel quarto anni-

versario della fondazione del P.P.I., ai? il momento pih alto del rneridionalismo sturziano, vera concezione sintetica delle sue esperienze politiche e delle sue ri- flessioni sulla collocazione del Mezzogiomo nell'arnbito dell'economia mediter- ranea* (L. Sturzo, Mezzogiorno e classe dirigente. Scritti sulla questione meridio- nale, a cura di G. De Rosa, Roma 1986, introduzione di G. De Rosa, p. XLI).

10. Relazione di G. De Rosa, in Atti, cit., vol. I , pp. 80-81. 11. L. Sturzo, La comunità intemzionale e il diritto di guerra, Bologna 1954,

p. 180. 12. L. Sturzo, ivi, p. 181. 13. L. Sturzo, ivi, p. 209. 14. G. Vecchio, Luigi Sturzo, Centro Ambrosiano, Milano 1997, p. 6. 15. E. Galli Della Loggia, La rimozione storica di Luigi Sturzo, Convegno

Amici di Liberal, Roma, Istituto Sturzo, 9 febbraio 1996.

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Specchietto riassuntivo

Lettere di Sturzo Lettere di De Gasperi Totale*

I Periodo 3(2) 32(9) 35(11) 1920- 1926

11 Periodo l(1) 4(-1 W ) 1932-1938

111 Periodo 22(11) 9(9) 3 1 (20) 1943- 1946

IV Periodo 41(3) 13(3) 54(6) 1946- 1953

Totale 67(17) 58(21) 125(38)

* In parentesi le lettere già pubblicate.

Lettere già pubblicate*

I Periodo - Lett. di Sturzo: 21.27 = Tot. 2 Lett. di De Gasperi: 4.9.20.22.23.26.30.31.35 = Tot. 9

n Periodo - Lett. di Sturzo: 38 = Tot. 1 Lett. di De Gasperi: - = Tot. -

In Periodo - Lett. di Sturzo: 41.43.45.46.48.56.57.59.60.62.69 = Tot. 11 Lett. di De Gasperi: 42.44.47.49.58.65.66.67.68 = Tot. 9

IV Periodo - Lett. di Sturzo: 72.78.104 = Tot. 3 Lett. di De Gasperi: 89.105.122 = Tot. 3

* Viene indicato il numero che contrassegna le lettere nel presente volume.

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24 febbraio [l9201

Caro Sturzo, ti presento il conte Lanza, professore universitario di diritto pe-

nale, insegnante prima della guerra alla facoltà giuridica italiana d'Innsbruck, ove era assai amato dai nostri studenti ed apprezzato nei circoli scientifici. Egli aspira alla cattedra di diritto penale dell'università e desidera d'essere raccomandato da te al prof. Tan- gorra. È uomo di valore e di principi nostri. Ottimo conferenziere e facile scrittore potrebbe poi mettere la sua opera a disposizione del nostro movimento culturale e sociale. Conci, Gentili ed io lo cono- sciamo da lungo [tempo] e da vicino; te lo raccomandiamo quindi caldamente. Distrinti] saluti Degasperi.

Camera dei Deputati [2 maggio 19231

2.5

Caro Sturzo, ricevo in questo momento il tuo richiamo del 30 aprile. Rispon-

derò domani alla lettera del 21, passandola per la firma anche a Cingolani.

Ti prego e ti scongiuro di usare la massima discrezione col Cons[iglio] nazionale. Convocalo dopo il 13. Le feste sono utili in provincia. Non ci verrei. Bastano 2 giorni, il 14 pomeriggio e il 15. Oggi bisogna parlare meno ch'è possibile e agire. L'importante è che si ricostituisca la direzione, senza troppi rumori, senza spaval- derie. Non c'è bisogno di far troppo, basta solidificare il successo di Torino'. Tieni presente che il momento è delicatissimo, che non bisogna fare il gioco di qualcuno del gruppo. (Ho preoccupazioni per Cavazzoni)2. Convoca senza preavvisi della stampa e racco-

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manda la massima discrezione. Non C'& da temere improvvisate, perché non convocheremo il Gruppo che dopo. Ti raccomando di prendere in buona parte questi miei consigli che vengono da chi teme sempre che, per strada, capitino nuovi consigli di quel genere e che ci mettono in imbarazzo. Non accenno a nessuno in particola- re, perché non mi faccia scrivere altre lettere di scusa.

aff. Degasperi

1. Cfr. inucduzione. supm. p. 25. 2. Stefano Cavauoni (Guasfalla 1881-1951). Eletto al Parlamento per ii patito p o p o l a neUa

XXV. X m . XXVU legislatura, segretario del p p p o parlamentare e membro della direzione del parti- IO, ne fu uno dei maggiori espoocnti. P h p ò al Congresso internazionale dei sindacati aistiani dell'Aii (1920) e pmmosse. insieme con Luigi Saino, iratutive per la wsmizione di una 'inwnazi<ì- nale bianca' (1921). Rimasto deputato anche dopo lo scioglimento del suo partito. fu ministro del la- voro dall'oaobrc 1922 all'apriic 1923. Dopo il luglio 1923 fu espulso dal P.P.I. per a v a votato a fa- vorc di Mussoluii nella discussione sugli articoli muitiivi per la stampa. Divenne senatore nel 1929.

[2 ottobre 19231

C[aro] Sturzo, Ti prego di far pubblicare non facendo perb il mio nome e datan-

do da Roma. I1 Popolo da alcuni giorni non mi reca amarezze, ma solo conso-

lazioni. Ma hai visto - giorni or sono - che topica col parroco di Tolmezzo - sloveno! - e che esagerato e pericoloso quell'elogio di Amendola? - Un pochino avevo ragione anch'io, ti pare?

affez. Degasperi

Page 85: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

[novembre 19241

Carissimo D[on] Luigi, ho grave rimorso di non averti scritto finora; ma da una parte at-

tendevo il tuo indirizzo, dall'altra una serie di piccoli avvenimenti mi hanno occupato e preoccupato in modo straordinario. I1 gruppo, il consiglio naz[ionale], i1 P[op]olo, un'astiosissima e giornaliera polemica colla stampa del governo, il comitato delle opposizioni, e altri fastidi di casa mi hanno assorbito totalmente e mi facevano ri- mandare di giorno in giorno una lettera che intendevo fosse una re- lazione completa. Ebbene questa sera stessa la lettera - relazione non te la mando, perché vorrei cifrarla. Spero di farlo domani. Ma è ora che almeno ti mandi un saluto e ti dica quanto in questi mo- menti difficili ho sentito mancare l'opera tua! Quante volte ho sen- tito bisogno del tuo consiglio, del tuo incoraggiamento; e con me quanto lo sentono tutti gli amici! Fu solo perché crediamo e più an- cora, abbiamo fatto credere che la tua assenza sarà breve, che ci adattiamo a questa lontananza, ed è anche il conforto di saperti al riparo da tristi avversari, che ci rende meno amara la lontananza.

Posso tuttavia, ora, darti notizie tranquille sul partito. Mantenia- mo la direttiva. Il gruppo è fermo, il con[siglio] naz[ionale] più fer- mo ancora. Nel Popolo si sta facendo - a fatica - un po' d'ordine, ma si riesce. Spatarol lotta con successo contro le difficoltà finan- ziarie. Avrai visto che la Civ[iltà] Catt[olica] usa un altro tono per il mio ultimo discorso e sembra in fondo, soddisfatta.

Molte nubi sono diradate. Rimane il nodo più complicato della situazione politica. Ti dirò in poche frasi le mie impressioni, di questa sera.

Credo che 11947 sia già persuaso che bisogna 93162 la 86248, 83485, e che i possessori in ogni caso dei 31740 intendano 70319 a 84206. D'altro canto l'ex 33740 del 19075 85205 per il 14052 che vuole 70287. È forse una 15963. Intanto manteniamo il nostro in- flusso equilibratore nel 367302.

Più a lungo nei giorni che verranno. Accogli intanto i miei affettuosissimi saluti, a cui aggiunge i

suoi rispettosi omaggi mia moglie che poveretta vuol farmi compa- gnia in questi non lieti tempi. Abbraccioti.

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[P.S.] Grazie del tuo cortese atto di solidarietà.

1. Direaore &l giomak. Giuseppe Spafuo (1 897-1 979). viccvgmiario del Panito Popolare Italia- no fmo allo scioglimento m1 1926. Deplu<o d Parlamento per L D.C.. ricopd vari incarichi minise- ridi ccm De Gasperi e gli altri govani primi e dopo di lui.

2. Non si conosce il cifnrio. Per h comp-cnsiooc di questo periodo e d e k katn io dua 12 di- cembre 1924, 13 gennaio e 13 febbraio 1925. ci sono soltanto k d o n i di SW inwmplete e spesso iileggibii. n 25 g e d o 1925. De G@ scrive a Snirro: *Ti mandaò L d t i c a del 6- nos. rC& che 11947 (Amadola) sia gi8 persuiso che bisogna 93162 (sollevare) la 86248 83485 (questione morale) e che i posa& in ogni c m dei 31740 (documenti) intendevano 70319 @rcsen- m) a 84206 (S.M. il Re). D'altro canto i'cx 33740 (direnore) del 19075 Sieggibik] 85205 (-o- glie) per il 14052 (vecchio) che vuole 80287 ( r i m ) . È fme una 15%3 (anticipazione). intanto manieniamo il nostro flusso equilibraiore nel 36730 (comitato delle opposizioni) [?]v.

Partito Popolare Italiano Direzione del Partito N. 7278 Pos. 21

Roma, 15 novembre 1 924

Carissimo Sturzo, Ti risulta già dal Popolo che il Consiglio Nazionale e il Gruppo

nelle ultime riunioni ti hanno inviato un fervido e memore saluto. Esso vuol essere una conferma dei sentimenti che ispirano il Partito in confronto della tua persona, della tua opera e della tua direttiva politica. Associandosi a questo saluto la Direzione fa voti che Dio sappia trarre dalla tua lontananza, che è per te e per noi, un grande sacrificio, un nuovo bene per te e per la causa che tu impersoni e aggiunge l'augurio di un sollecito ritorno.

Accogli l'espressione più viva del nostro immutabile attacca- mento.

Con fraterno abbraccio.

Degasperi e Spataro

Page 87: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

Camera dei Deputati [l 2 dicembre 19241

26877 (Caro), 06968, 15987 (pub colp. apopl.), 34709 (Deside- roso), 2234 (?), 96140, 3292, 67427, 16073 (maggiormente del tuo), 2234 (?), 69421 (Leggere), 2612 (?).

15961, 2523, 56573 (onesti), 38782 (corrispondenza), 2612, 2401, 44637 (fino a), 79398 (ora), 80275 (ritenuto), - 35789 (De- putati), 37752 (Cremona), 96140, 08928 (Sp), 3090. 68429 (Lon- dra), 2845 (chi ?), 20870 (congiura), 61458 (che non), 12086 (vor- rei), 36751 (data), 61413 (nessuno), 70383 (pretesto), 16079 (tur- bare), 16069 (tuo), 48694 (esilio).

76370 (Partito), 2845 (?), 78350 (organizzare), 77327 (ovun- que), 65418,65499,96242,44625,2201 (?), 15921,44002 (Spata- ro). 3292 (erano), 12041 (vittime), 89221, 2490 (o), 06970, 30724 (due), 65459, 19901 (abbandono), 991 37 (Roma), 93 167.

85275 (Rapporto), 08952, 72319 (popolo), 47636 (essere), 53562 (insufficiente), 33740 (Direttore), 17930, 95150, 70398, 19978,76370,3 19 1 (egli), 79385 (opposizione), 72328, 15072 (no- stro), Amendola e 36004 (Granchi), 79398 (ora), 16091 (tutti).

14909, 91 117 (spero che), 33740, 57537, 11919, 79398 (ora), 29874 (bisogna), 17950, 2567, 79385, 39771, 27870 (campagna), 40615. 27870, 40615, 38703, 2601, 39771, 2223, 23804, 40617, 43640, 03929, 17013, 72319 (popolo), 16090, 12079, 16091, 93154,90181,56573,76332 (si è portati) del 14052.

6148 1 (Nostra), 3477 1 (difficoltà), 70306 (preparazione), 19978 (accordo) con laburisti 58578,21067,79385.67470, 16069,76316, ma 47636,87207.

Spero ti trovi bene e che presto potrai tornare e troverai che fra enormi difficoltà abbiamo fatto il nostro dovere. Auguri vivissimi per il Natale, anche da parte di mia moglie e di Pietro. Pensiamo giornalmente a te. Ti abbraccio con l'antico affetto.

Page 88: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

Camera dei Deputati Legislatura XXVII 24 maggio 1924

[22 dicembre 19241

Prima di partire, per forse solo 48 ore, per Trento, invio a te, al quale va giornalmente il mio pensiero affettuoso, i più cordiali, i più devoti auguri.

Un abbraccio fraterno del tuo

Alcidegasperi [sic]

Roma, 22

Saluti aff. Lorenzo

1. È una cartoiina postale.

Partito Popolare Italiano Direzione del Partito I1 Segretario Politico

[30 dicembre 19241

Caro Sturzo, con vivissimo affetto, aumentato dalla lontananza, ti presento, a

nome della direzione del partito, e sicuro interprete dei popolari italiani, auguri di ogni bene. Che il 1925 ti si conduca in patria alla considerazione dei tuoi concittadini che riconosceranno la tua sag- gezza e i tuoi meriti e all'affetto dei tuoi amici.

Alcide

Page 89: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

Roma, 13 gennaio 1925

Caro Sturzo, ho letto le lettere dirette a me e agli amici. Verranno tenute nella

massima considerazione 15961 ti 71358 47636 molto 87207 e di 96140 a 73370 74344. 96141 a me 06970 24896 17041, è 21031 34700 le 40616 76385. Molte 70305, 61413 59549 59544. Ma 06990 94917 è 34771. 61458 ti 34700 5907 46692 21027 15961 01 1971 faccio 17963 31758 per 11917:

1) se sarà 13039, (non è 15905 941 62) 08928 62447 farà 15907 49635, 87273 19030 39719? I 65454 di 16091 i 76370, 21870 43006, propugnano 1399 18975 che 62447 57535 e potrà 57534 la 99104 08989 79385. I 94125 72316 01916 74332. Nel 22871 08989 79385 i 93118, 83219 e io 74350 ci dichiarammo 03929 06990 68441 65432 11947 e 36 727 sono 03929 13999. A me 13999 95 1 17 discutibile 01914 se si 13999 1609 1 da 00933 06990 a44013.87273è069680199876316?

2) se si 36788 06990 76349 credi 72363 00910 52547 fra i 76370 79385? Io 74350 ho 92136: 52547 di primo 59519,01934 di 0091 0 88207 09909 08928 72349, fra 35765 87252 e 93 1 18 1505 1 ; 52547 di 96172 59519 con 16091 gli 16927 su 88207 39793 42670. 87273 è 06968 01998 76316? Può 47636 che 15906 49630 61458 siano 57505 15961 08932 dobbiamo 70306.

3) in 86246 63444 61458 si 76325 più 64441 di 17064.15961 se il 63444 tornasse 61458 37738 che sarebbe 72363 79385 a qualsia- si 15066 24838 portasse 06990 61475. 09910 42670 pur di 99104 accetterebbe anche 95 150 di 04966 87293 22854;

4) I1 87252 è 98108 15961 le 63404 83216 13910 per ora 06990 sua 02923 02908 02954.

Grazie delle tue 47627 di 45699 farò 06968 72363 03929 65455. Stiamo 17092 42013 in 13078 81286.06990 27870 42670 39793 a me 39771 e ora 56595 per 30751. Hai visto 24838 ti 15932 19997 di 47636 51589 08989 15968 che 01932 07944 59589?

Da76341089891404744638793986141360430. Per il resto tiriamo avanti a fatica, ma finora abbiamo superato le

difficoltà finanziarie e Dio ci aiuta. Convocherò il C[onsiglio] N[azionale] per fine mese. Tenterò il bollettino settimanale che

Page 90: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

avevo dovuto differire. Purtroppo la tattica repressiva della stampa diminuisce la responsabilità e le possibilità.

A nome degli amici deputati, qui oggi convenuti ti mando i più affettuosi saluti e l'assicurazione della più viva solidarietà, mia moglie è a Trento ma mi ha pregato di ricordarla a te. Abbraccioti in sicura amicizia'.

1. Le parok annotate da Sauzo suile cifre sono illeggibili.

Società Italiana Tipografica Editrice (s.I.T.E.)

18 gennaio 1925

Inaugurandosi la tipografia - la vigilia del VI Anniversario della costituzione del P.P.I. - a Luigi Sturzo - inviamo un memore affet- tuoso saluto pieno di speranza -

Degasperi

[Seguono alcune decine di firme degli esponenti del P.P.I. Tra gli altri, Giuseppe Spataro, estensore della breve lettera, Giuseppe Donati, Pietro Campilli, Mario Cingolani, Igino Giordani].

[dopo il 25 gennaio 19251

Carissimo, Avrai ricevuto in questo frattempo il manifesto e spero ne sarai

contento. I massimalisti fanno il broncio e gli stessi unitari non sentono il coraggio delle demarcazioni nette.

Ma io mi persuado sempre più che se si vuole mantenere lYAventino, conviene dall'Aventino stesso dare al Paese assicura- zioni tranquillanti sulle finalità e sui termini di una futura politica

Page 91: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

democratica. Senza che precisi troppo, potrai immaginare le diffi: coltà sul terreno religioso, sociale (scioperi) e finanziario.

In seno al Comitato si sta ora discutendo. I massimalisti sono di- scordi tra loro: Oro Nobili è per l'intesa con noi, Vemocchi per il distacco, Vella sta fra i due. Le conversazioni saranno lunghe, né bisogna forzarle. Se Mussolini non precipiterà le ele~ioni,~ spero che si arriverà ad un chiarimento definitivo, cioè al distacco dei massimalisti, o ad un'intesa con loro, nel senso che si dichiareran- no fiancheggiatori di un blocco democratico ovvero almeno ad un'intesa che escluda per la prossima legislatura qualunque attacco degli eventuali alleati sul terreno religioso e dell'ordine sociale. I1 groviglio è però complicato. La nostra opera di leale dirittura s'im- piglia in sempre nuovi viluppi.

Noi vigiliamo per cogliere ogni buona occasione d'iniziative chiarificatrici. L'accordo fra i dirigenti è perfetto. Mi rincresce solo di non aver accomodata la vertenza fra Gronchil e colui «che è più tuo che nostro amicom2, come tu lo definisti. Non mi manca la buo- na volontà e sono disposto a concedere tutte le attenuanti del tem- peramento: egli si è rifiutato però fin adesso di accettare l'ovvio principio che ad iniziative del giornale che traggono con sé la cor- responsabilità del partito debba precedere un accordo colla Dire- zione. Questa ostinazione mi fa male e non ne traggo presagi favo- revoli per l'avvenire. Se tu hai ancora dell'influsso sopra di lui, fa- resti bene a consigliarlo ad una maggiore remissività. Riconosco i suoi meriti, ma, politicamente, è un discontinuo. Per questo il gior- nale non è ancora un organo politico. Ti potrei narrare degli episodi illustrativi circa i suoi contatti con uomini di vario colore; ma non voglio che mi ritenga un pettegolo.

Confido che approverai il provvedimento contro Miglioli3. Mi sono assunto anche questa responsabilità. Lo faccio con amarez- za, ma colla serena speranza che al tuo ritorno ritroverai la via spianata.

La pressione oggidì è veramente straordinaria. Non si può più scrivere, percht? qui si fa d'ogni erba fascio. Forse non ti riesce di farti in'idea dell'incertezza che qui regna.

T'assicuro che non abbiamo nessuna voglia di metterci alla coda di altri, ma il terreno dell'iniziativa è angusto e pieno di anfratti.

Io temo che si vogliano precipitare le elezioni. Se si faranno su- bito, converrà affrontarle, a costo di andare al macello; ma le diffi- coltà sono molteplici come non mai.

Page 92: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

'

Ho curato anche i rapporti con i corrispondenti esteri dei giornali amici, ma hanno paura anche loro.

Puoi immaginare quanto mi sarebbe di conforto la tua presenza; d'altro canto penso che la Provvidenza vuole tenerti in riserva per rimediare ai nostri, forse inevitabili, errori! Con questa fiducia t'abbraccio cordialissimamente.

Sempre tuo

P.S. Al di l#, sembrano abbastanza contenti del manifesto. Rice- vuta l'ultima in cifra. Ti manderò la rettifica del cifrario.

1. Giovanni Gronchi (1887-1978) fu ira i primi collaboratori di don Sturu> nel Partito Popolari Italiano. e si occupb del movimento cristiano dei lavoratori. Nel 1948 e poi nel 1953 fu eletto presi- dente della Camera. nel 1955 presidente della Repubblica.

2. Giuseppe Donati (1889-1932). dopo lo scioglimento del movimento muniano, aderì alla Lega Democratica Nazionaie. docisamente interventista. Tornato dai fronte. ientb senza successo la fonda- zione del rpartito dei caitolicim. Iscritto al Partito Popolare lialiano dal 1920, fu direttore dell'organo del partito u n Popolo*. Costretto all'esilio nel 1925 per la sua iniransigenza antifascista, morl a Pari- gi a soli quarantairé anni.

3. il Consiglio Nazionale del P.PJ.. riunitosi il 25 gennaio 1925. decise I'espulsione dal partito di Guido Miglioli a causa di una intervista concessa all'organo comunista *L'Uni& nel dicembre 1924 sul problema dell'unità sindacale e &l molo &l Partito Popolare.

4. Cid. in Vaticano.

[3 febbraio 19251

Francesca mi prega di annunciarti l'arrivo di un'altra bambina. Doveva essere un maschio, ma lei dice d'aver tenuto conto della si- tuazione politica. Una seconda edizione dunque, fuori sequestro. Finora salute buona. Saluti affettuosi

Alcide

Trento 3.2.25

1. k una cartolina postak. La bambii t Lucia. nata il lo febbraio.

Page 93: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

Roma 13 febbraio 1925

Caro Sturzo, Ti scrivo brevemente 75369 11930 08928 79398 2896 05997

210720794046698 17099coi530027536955588oa81206fuori 3696 08944 05982 61406 05961 45688 06928 01990 oppure a 71393 57539 tali di 3090 08910 01988 3090 65431 del 2498 88207 da 84298 72363 00910 52547 59628 anche 68436 2494 34771 2797 59533 perché 3390 53002 2797 2194 2996 2795 ma 07914 2099 2397 46675 il 29883 18021 perché 16926 gli 15051 3696 2795 sentono di 46675 il 29883 72349 01928 07944 2397 di 13917 a 19075 perché 2490 08960 07935 08928 il 59511 07959 3090 2494 49636 in 67422.

Avrei 59533 34709 2194 20839 08954 01966 05961 il 61481 29857 3696 2191 74318 di 46675 03929 79398 un 13080. Forse 06970 00910 88269 19075 45001 00935 2195 44637 a 76321. Ti avvertirò.

Grazie del tuo cortese augurio per la famiglia.

Degasperi

[8 aprile 19251

Pellegrini della Renania ammiratori ed amici Popolari con entu- siasmo inviano omaggi, saluti, auguri.

[seguono alcune f m e , tra le quali quelle di Degasperi, Spataro, Pietro Romani (cognato di De Gasperi)]

1. È una cartolina postale.

Page 94: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

Partito Popolare Italiano Direzione del Partito I1 Segretario Politico

6 maggio [l9251

Carissimo Sturzo, ho rimandato di giorno in giorno un lungo rapporto .che ti volevo

mandare per mezzo di Mauri che doveva partire ieri e credo ha dif- ferito di alcuni giorni. Intanto ti comunico che abbiamo deciso di fare entro giugno, verso la fine, un congresso a proporzioni ridotte. Penso che tu potresti apparire come relatore o correlatore di politi- ca estera, nel senso che riferiresti sui criteri dell'intemazionale po- polare. Esamineremo se tu potrai venire o meno. In caso che prefe- rirai attendere, ci potrai inviare la relazione scritta. Scrivimi subito il tuo pensiero. Verso la fine di maggio verrà costì Campili [sicI1. Penso a questo modo di far sentire qui la tua presenza, senza ingag- giarti nella politica nazionale deil'attuale momento. Probabilmente avremo in estate la «liquidazione» dell'affare Matteoti[sic]; in au- tunno 1'Aventino rientrerh nell'aula a fare la battaglia per la costi- tuzione. In secondo luogo decideremo oggi l'emissione di un pre- steto [sic] al Partito per soccorrere il Popolo. Spataro ed io abbia- mo passato per il giornale giornate dolorose. Sul testo delle cartelle ci vorrei mettere un tuo motto in facsimile: una riga o due, per esempio: Date generosamente, è l'ora del sacrificio, d. Sturzo. O q[ual]cosa di simile o meglio che ti viene alla mente. Mandamelo subito, a volta di posta. Pensiamo spesso a te. La campagna della stampa «cattolica» incalza, come avrai visto. Viviamo in un mare di guai e in un'ora di depressione. Lottiamo come possiamo. Mi consola che tu sei in riserva, per la fortuna del partito. Più a lungo prossimamente. Non trovi persona che batta la zecca? Con Donati abbiamo un periodo di bonaccia. Ti saluto affettuosissimamente. Accogli anche i rispettosi saluti di mia moglie.

Alcide

[di altra mano] pare che Bonomi con Giuffrida e Beneduce vogliono o meglio si

Page 95: Luigi Sturzo - Alcide de Gasperi. Carteggio 1920-1953

sono uniti per muovere le acque e cercare di scendere dall'Aventi- no, cosa che piacerebbe al governo, per una specie di ponte al futu- ro governo che sarebbe dei demagoghi. Questo l'ho saputo per mezzo di M. [nome illeggibile].

I. Pieim Campilli (1891-1974). collibaatar di don Shuzo nel P.P.I.. Deputato democristiano nel 1946, piP volte ministro. Nel 1957 fimnzib, la monumcniale edizione critica della R e m mm.

Roma, 10 maggio [l9251

Carissimo, non ho risposto subito, perché in causa dello sciopero pensavo

che tu non saresti tornato in Inghilterra, e tuttavia Giordanil non aveva altro indirizzo. Io rimango qui fino agli ultimissimi di mag- gio, probabilmente proprio fino alla fine, ma l'ultimo devo abban- donare l'appartamento che ho subaffittato. Non posso andare via prima, perché in causa delle precarie condizioni di Francesca, devo risparmiarle fino all'ultimo le scosse del viaggio. - N4 ormai credo mi sia possibile lasciare i miei prima dell'estate; onde ho dovuto modificare il piano nel senso che farei il mio viaggio in settembre, prima di assumere ... servizio a Milano. Sono davvero in trattative con una società inglese di assicurazione, ma non ho ancora combi- nato, e la decisione si protrae, creandomi un'incertezza fastidiosa. Ecco perché dovrei rinunziare al Boerenbond2, con mio grande di- spiacere. Ma a che cosa non si deve rinunziare oggidì? - Non ho ancora scritto a quel giornale, perché vedo che il suo corrisponden- te romano non è delle nostre idee, e anche perché fino che dura la tensione di politica estera non vorrei mettermi in condizione imba- razzante. Conto quindi di profittare più tardi della tua cortese me- diazione, per la quale ti sono più che mai riconoscente. - Sono as- sai ansioso di avere tue notizie direttamente a mezzo della persona che tu dici; e sta tranquillo che è mio vivissimo desiderio di riab- bracciarti e di dirti e sentire quanto rimane non detto nel lungo for- zato silenzio. Appena potrò, verrb certamente. - La situazione è qui momentaneamente migliorata nel senso d'un lieve alleggerimento. I1 settimanale è ricercato, i guai finanziari non sono più così gravi,

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per quanto rappresentino ancora la palla di piombo. Io però riman- go sempre sotto sorveglianza specialissima. Ai primi di giugno (verso 6-8) ci sarà qui un convegno di deputati e penso che ci sarò anch'io. - Vi è grande attesa per un discorso del papa, in occasione dell'anniversario della R[erum] N[ovarum]. A me pare che sul mo- numento al Laterano è cresciuta l'erba. So del tuo interessamento per la Seli3. Forse l'accordo col librario De Nicola è ancora un espediente possibile. Hai visto la rivista Cronaca sociale di Gron- chi? Con molti ossequi da mia moglie, tuo sempre devoto e affe- zionato

Alcide

1. Igino Giordani (1894-1980). scrittore. giornalista, esponente del P.P.I. Nel 1944 fondb e d i s s e Quotidianov. giornale dell'Azione Cattolica Italiana. Deputato democristiano nel 1948. 2. U Boerenbond (slega di contadini* in fiammingo) t una confederazione nazionale belga degli

agricoltori cattolici. organizzati cmpomtivamentc. 3. La SELI (Socieià Ediirice Libraria Itaiiana) fu costituita su iniziativa di don Stum nel 1923

per la diffusione del pensiero sociale cristiano.

[l 8 maggio 19251

Carissimo Sturzo, scrivo sotto dettatura dell'amico silenzioso che si ostina a non scrivere'. I1 travaglio aventiniano che si ripren- de ad ogni principio di tornata è finalmente superato. Dopo parec- chi vacillamenti va affermandosi il criterio dei popolari che cioè una discesa non è possibile prima della liquidazione dell'affaire Mat[teotti]; ma che, se in autunno non si ai-riva alle elezioni e se per quel termine l'affaire ha avuta una ~ualsiasi soluzione, si debba considerare come probabile la discesa e quindi prepararla. Am[en- dola] è sempre il più restio. Egli amverebbe all'astensionismo as- soluto fino a fascismo superato; ciò che può fare l'individuo, non il partito di masse. Comsponde a questo nostro piano di preparazione la convocazione del congresso che dovrebbe far risaltare la nostra speciale fisionomia e oggettivare l'opposizione. Nello sfondo può presentarsi in autunno la campagna elettorale. Da una rapida in- chiesta nell'It[alia] sett[entrionale] risulta che un accordo per la di- stribuzione delle candidature fra pop[olari] liblerali] di sin[istra] e

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unitari riuscirebbe fattibile ed efficace. Ma al di là2 si accentua l'opposizione anche contro questo accordo, senza dire che non si vuol sentir parlare di combinazioni per i voti. L'O[sservatore] R[omano] di ieri torna alla carica, anche dopo la nostra ultima di- chiarazione. Sembra che gli ex, memori del 22 abbiano fatto rileva- re che tu saresti l'unico uomo che potrebbe arrestare il partito sulla china ... socialista. M'auguro che questa credenza ti possa riaprire subito la via del ritorno. Riposo con somma fiducia nel tuo consi- glio. Dio volesse che mi fosti [sic] vicino a tranquillare la mia co- scienza di cristiano che soffre a vedere tanti atti di simonia politica. Fui così occupato per le difficolth del giornale, il travaglio aventi- niano - ecc. che ho potuto dedicare solo ieri qualche tempo alla questione estera. Ho cercato insieme a Rufo nei dossiers relativi, ma un abbozzo di regolamento non s'è trovato. Vedi quindi di compilarlo tu, come ricordi e come credi meglio. È stato scritto per gli statuti, ma non sono ancora arrivati. In genere io credo opportu- no risollevare ora l'idea dell'intem[azionale] pop[olare], perché più liberi non essendo al governo, perché bisogna combattere a tempo la ripresa dei nazionalismi e militarismi. Vorrei però trovare un nome assai diverso dell'intemaz[ionale] forse intesa. Appena avrò gli statuti te li manderò. Mi pare che tu potresti accettare la re- lazione sul nostro «internazionalismo». Potresti sintetizzare ed ag- giornare una relazione che al congresso - qualora non fossi ritoma- to - puoi mandare e leggeremo devotamente. Ci terrei molto che almeno in tal modo tu fossi presente senza dire che tu solo potrai farla interessante. Ci conto quindi. Riguardo al prestito abbiamo deciso di fare il gran rischio, quantunque l'instabilith di Donati sia scoraggiante. Avrai visto la lettera al gen. Cittadini ove si parla «a nome del partito». Io e tutti gli altri la leggeremo bell'e stampata! È proprio una pena! Ed ora se volessi continuare sarebbe uno sfo- go, ma non voglio recarti dispiacere, quindi punto. Purtroppo sem- bra che la malattia del Duce sia maligna, onde ci si arrabatta entro il partito per assicurare la rotta, anche con eventuali nuovi timonie- ri. Le Opp[osizioni] sono depresse. Sembra che al Gr[an] Cons[iglio] fasc[ista] Muss[olini] abbia dichiarato di voler real- mente sopprimere il giornalismo d'opposizione. Mia moglie s'uni- sce a me nel farti i migliori auguri. La bambina maggiore sa ora- mai che l'unico ritratto che pende dalla parete b quello di Don Stuzzo (I'r non va) che crede sia tutt'uno col papà: invece purtrop- po non è vero. Dice però che è «l'amico di papà», ciò che è vero ed

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B uno dei pochi conforti di questa vita amara. Ti abbraccio affettuo- samente

per «silenziarius».

18 maggio

[d'altra mano] Cordiali saluti da Pietro

1. *L'amico siknziosor b lo stesso De Gas*. cfr. kaaa 28 &l 28 maru> 1926, infra. p. 108. 2. Cfr. lencm 11. supra. p. W .

Camera dei Deputati [ l 8 maggio 19251

18 sera Caro Sturzo, Ricevo in questo momento la tua del 15 e rispondo rapidamente,

con riserva di ritornare sull'argomento. 1) Mi duole della tua asten- sione dal congresso, ma debbo lasciarti giudice delle ragioni di op- portunitài. Vedi di ripensarci. 2) Sento tanto la necessità d'un nostro programma costituzionale, che una delle ragioni del congresso è proprio quella di contraddistinguerci; ma mancano i collaboratori. Non ho ancora trovato il relatore su questa che dovrebbe essere la quest[ione] fondam[entale]: «i popolari e le riforme costituz[iona- li]». Pensaci tu e mandami tutto quello che credi utile; sarò gratissi- mo. 3) Per l'internaz[ionale] ti do «pieni poteri». 4) In quanto ai colpi di scena Vella, Donati ed altri ingegni sono del tuo parere. Un po' alla volta mi abituo anch'io al pagliaccesco della razza. 5) Sono lieto che in genere approvi la rotta. Aiutami a preparare il congresso e a scuotere i dormienti; ma quelli dell'al di Ià' non la- sciano tregua. Sono contento che approvi il comunicato sulla pole- mica catt[olica]. Mi costa fatica di frenarla. Ogni contributo che ci darai in difesa sarà opera buona.

1. Cfr. leaerci I I . supra. p. W .

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Partito Popolare Italiano Direzione del Partito Il Segretario Politico

[2 luglio 19251

Caro Sturzo, al congresso1 mi sono guadagnata una costipazioncel- la che mi tormenta ancora. Aggiungi questo alle occupazioni - stia- mo discutendo sul da farsi dopo la sentenza, sostanzialmente favo- revole, di De Bono - per indulgere alla scarsezza del mio rapporto.

I1 congresso è andato molto bene. Fino alla vigilia temevo un in- successo; e nel C[onsiglio] N[azionale] mi si mosse perfino il rim- provero d'averlo osato; ma la frequenza e lo svolgimento superaro- no le aspettative: salvo naturalmente le proporzioni. Si dovettero superare alcuni scogli. Martini, pur muovendosi su di una linea che accetto diede certe coloriture che non si volevano ingoiare; ma 1'o.d.g. mi pare che sia accettabile. D'altro canto conveniva rompe- re coi filo ... repubblicani per agnosticismo -, fino nell'attacco passò ai di là, tanto che nel resoconto dovetti attenuare, e altre mende tro- verai tu e vi sono di fatto; ma nel complesso vedrai dagli atti che spero di pubblicare la settimana ventura che tenuto conto della semi improvvisazione, il congresso è magnificamente riuscito. Lo spirito era eccellente, la devozione per te venne espressa e ripetuta clamorosamente e ad ogni istante. Un po' alla volta si riaffacciaro- no tutti: Micheli, Meda. Solo Bertini, dei vecchi, fa il broncio. Chi sa perché? Gli amici furono anche molto buoni con me, e la dimo-

, strazione di Brenci mi ha commosso e ripagato di molti insulti. Sono stato lieto di vedere e constatare che attorno al tuo modesto luogotenente si rinsaldano i quadri. Ora sono pih tranquillo per l'immediato avvenire.

Il guaio pih prossimo è quello del giornale. Evidentemente (?) si vuole che capitoliamo, prima di concederci d'uscire. Ora capitolare non bisogna. Ma chi sa ove si finisce, oramai? La stampa di oppo- sizione vogliono soffocata completamente. Non c'è pih via di mez- zo. Donati è ora in congedo e pensa di rimanere a Chambery tutto il luglio. Anche questo problema è difficile. Solo il tempo può ri- solverlo.

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Appena ristabilito completamente, ti riscriverò a lungo. Accetta per tanto l'abbraccio fraterno del tuo affez. Degasperi

2 luglio 25

1. ii congresso &l Pinito Popolare Italiano si aprl il 28 giugno 1925 a Roma. via Monte &h Farina E i% l'ultimo.

4 agosto 1925

Caro Sturzo sono lieto di saperti alquanto a riposo nella lieta compagnia dei

tuoi affetti familiari più intimi. Anch'io sono finalmente ricoverato nella cascina di montagna colla famiglia mia e di Pietro. Ho passa- to delle brutte ore a Montecatini, che, fiutando il vento infido, la- sciai alla vigilia dell'aggressione e a Trento, ove mi sentivo insi- diato da un'ostilità che in questo periodo si fa più acre e spavalda. Forse fuori non si ha idea di questa vita grama che bisogna condur- re, senza poter respirare liberamente. Anche per altre ragioni ho avuto delle inquietudini che non so ancora superare e delle quali ti accennerò a suo tempo.

Frattanto scriverò a Donati che ti venga a incontrare. In tale oc- casione tu dovresti persuaderlo che per un certo periodo egli non tomi a Roma. Io terrò parola e, per mio conto, nessun mutamento avverrà senza previo accordo con lui; ma visto che Il Popolo a qualche modo tira avanti, è meglio che Donati non esponga sé e noi a nuove persecuzioni. L'autunno si presenta oscuro assai. A[men- dola] stesso che a Montecatini ha corso veramente pericolo di mor- te, pensa di venire a Vichy e poi rimanere un po' fuori. Non è tem- po quindi per Donati di tornare. Glielo scriverò io stesso, ma è bene che gli dica anche il tuo autorevole parere.

Bisognerebbe che s'industriasse di trovar da fare a Parigi; ma noi lo aiuteremo come potremo oltre a provvedere, s'intende, allo stipendio per la famiglia.

Facciamo ogni sforzo per tenere il giornale sopra acqua; ma è dawero un logoramento senza fine.

Guardando all'avvenire converrebbe ammettere in questo mo-

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mento che le nostre prospettive sono assai cattive. Non ho fede che nella Provvidenza, alla quale non so se servano gli attacchi dell' O[sservatore] R[omano] contro il partito.

Mia moglie manda tanti saluti cordiali anche alla Signorina. Io mi raccomando al tuo affetto e alle tue preghiere.

Ti abbraccio coll'antica fedele amicizia

tuo aff.mo

[P.S.] Per indirizzo scrivere a Signorina Maria Romani, Borgo Valsugana per Sella (Trento).

I1 ricopiatore della lettera, Augusto, Le bacia riverente la mano.

Londra, 25 ottobre 1925

Carissimo amico, in questo giorno che segna un anno dalla data della mia partenza

da Roma, mando a te e agli amici popolari tutti, un pensiero di af- fetto vivissimo e di plauso per la costante ed efficace difesa dei no- stri ideali e dell'opera del nostro Partito, e l'augurio di rinnovato ardore in mezzo alle più gravi difficoltà dell'ora presente.

Cordialmente

Sturzo

Un saluto particolare a Giovanni e Peppinol. Omaggi alla tua Si- gnora.

1. Giovanni Gronchi e Giuseppe Spataro.

Roma, 29 dicembre 1925

Caro Stuno, se hai ricevuto la mia lettera diretta a Parigi al Direttore dell'ho-

te1 Quai d'Orsay e i due ultimi bollettini, avrai una conoscenza suf-

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ficiente della situazione. Mi sono dimesso' perché nel gruppo an- dava formandosi una maggioranza che riteneva un cambiamento d'uomini come un alleggerimento della pressione divenuta insop- portabile. Mi parlavano gentilmente di Cadorna dopo Caporetto.

Non mi accuserai di diserzione: la campagna personale feroce, giunta al colmo delle minacce, il terrore sparso anche per gli amici di Trento, i quali si attendevano un attacco frontale contro le istitu- zioni cattoliche economiche, le condizioni finanziarie disastrose non mi avrebbero fatto piegare, se avessi visto in tutti la convinzio- ne che il mio sacrificio fosse utile. Mi ritirai invece per un ultimo servigio al partito, e l'ho fatto, con le lagrime nella gola. In quella tembile settimana anche le voci lontane degli amici compresa la tua, tacquero; e cosl soffersi il soffribile. I miei nervi sono scossi; ho bisogno di un po' di riposo, altrimenti non reggo. Tuttavia la campagna contro il partito continueri e il mio ritiro non valse a trattenere coloro che egoisticamente vogliono salvarsi. Ce ne sono altri ancora che non pensano se non a sopravvivere politicamente; e i sicuri sono forse solo coloro che hanno già rinunciato alla speran- za di salvare il mandato. I1 mio cruccio è il gruppo parlamentare che in caso di riconvocazione della Camera, sari pervaso nuova- mente dalla febbre. Suggerii il concetto della pentarchia di non de- putati per creare al di fuori delle sorti del gruppo un ricettacolo al partito. 11 riuscire dipende da molte incognite. Non abbiamo più stampa né denari. In questi tre mesi bisognerebbe a) liquidare Il Popolo senza fallimento b) liquidare la direzione del partito cioè gli impiegati senza guai C) ricostruire un centro più modesto ed una rete di fiduciari sicuri e pronti al sacrificio d) impedire un grosso sfaldamento di deputati. I1 Signore deve aiutarci molto, se ciò ha da riuscire. Gli altri partiti di opposizione non si trovano meglio, ma è consolazione magra. Vorremmo anche fare il settimanale, ma l'esperienza finanziaria disastrosa ammonisce a non ripetere inizia- tive senza le finanze assicurate. Spataro mi dice che desideri invia- re una lettera. Fai bene; ma preferiremmo che tu la inviassi a noi, che la potremmo riprodurre nel bollettino. Gli amici sono ancora vivi, ma rattrappiti sotto i colpi della sfortuna politica. I1 declino di questi ultimi tre mesi è stato veramente rapido; ed b difficile che voi, stando fuori, abbiate un'idea di questa situazione senza starn- pa, senza resistenza alcuna, giacché la rivoluzione incide sugl'inte- ressi. La stessa azione cattolica è ai ferri corti. Sarebbe forse op- portuno che tu dirigessi una lettera d'incoraggiamento alla pentar-

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chia (Ruffo)*. Per questi tre mesi io rimango ancora a Roma, a Trento sono d'impaccio agli amici che vedono in pericolo sindaca- to, banca e giornale, poi cercherei se potessi, un'occupazione qual- siasi. Spataro aiuta bravamente per la liquidazione del Popolo, Gronchi t tornato oggi. Pensa di stabilirsi definitivamente a Mila- no. In V[aticano] sono disorientati, ma comprendono ora che cadu- to il baluardo popolare, le difficoltà sono maggiori. Noi siamo piil che mai convinti della nostra idea e anche d'aver fatto quello che bisognava fare, ma la sfortuna fu troppo grande e immeritata. Sic- come vorrei mettermi a scrivere, sappimi dire di che cosa tratti nel tuo libro gia annunziato; e dirigimi qualche parola di conforto, perch'io soffro immensamente.

Mia moglie ti ricorda e si raccomanda alle tue preghiere. Ho qui il conforto delle mie bambine.

Ti faccio gli auguri piil sentiti e ti abbraccio con imrnutato affetto.

1. De Gasperi lascib la segreteria &l P.P.I. il 14 dicembre 1925. 2. ii Consiglio Nazionale &l P.P.i.. su mandato del congresso del giugno 1925. nominà una pcn-

uuchia composta da Antonio Albati. Stefano Jacini. Giovanni Binista Migliori, Rufo Ruffo della Scaletta, Dino Secco Suardo. alla quale fu affidata la guida del partito.

30 gennaio [l9261

Caro Sturzo, credo che la tua lettera avrà efficacia e sia giunta in buon punto a

rincorare i deboli. Io la trovo assai bella, forte e intonata. È capitata tuttavia male, nei tuoi riguardi, giacché alla vigilia del voto in Se- nato, sulla iegge contro i fuoriusciti1, la stampa ne abusò per rinno- vare la campagna contro di te. Ti esprimo il mio rincrescimento e spero che oramai ci avrai fatto il callo. I1 regime non soffre né criti- che né opposizioni né discussioni ed è sovrattutto intollerante. In cib è venuto assumendo davvero la mentalità rivoluzionaria dei giacobini. Purtroppo noi che siamo rimasti non veniamo trattati meglio. Anche oggi l'Impero pur dopo il mio ritiro dal giornale, mi minaccia il domicilio coatto. A proposito ti dirò che dovetti passare una settimana a Trento, perché cola si minacciava ed era già avvia- ta una pericolosa offensiva contro la B[anca] C[attolica] e le nostre

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associazioni economiche. Per evitarla o almeno differirla, decisi di ritirarmi dal giornale, onde, tolto il pretesto della mia persona, il vescovo potesse ingaggiarsi a fondo nella difesa delle società catto- liche; ed B quello che ha fatto e sta facendo, finora con successo. Dio voglia che il mio sacrificio giovi a salvare il frutto di tanti anni di lavoro! Tu puoi immaginare che il calice fu assai amaro. Andar- sene così, dopo vent'anni non t? piacevole né sono senza preoccu- pazioni per il mio avvenire. I miei amici di Trento non possono darmi un posto nelle nostre banche o società affiliate, cosicché do- vrò cercarmi un pane in qualche ufficio privato. Sto imparando l'inglese. Se non ci saranno altre soluzioni, passeremo i mari. In- tanto la liquidazione giornalistica mi da un po' di tregua. Questo mio caso, che non è l'unico, parecchi altri subiscono se non eguali, certo simili conseguenze, ti darà un'idea chiara della situazione, com'è precipitata nell'ultimo periodo. Ciò non wol dire ch'io ab- bia perduto la fede nell'idea o indebolita la volontà nel sostenerla. Ma l'uomo politico si trova innanzi a dei limiti che in tempi nor- mali nessuno avrebbe sognato. Fu durante la settimana di «liquida- zione» di Trento che a Roma il gruppo commise la corbelleria del nuovo tentativo di andare alla Camera. Merlin fece un'incompren- sibile parte di ingenuo e alcuni pochi altri, per ragioni più egoisti- che e meno ingenue trascinarono i riluttanti a quella che poteva di- ventare una vera disfatta morale. Per fortuna la cosa finì meno male, senza perdita dell'onore e forse gioverà per guarire gl'impe- gnati di certo morboso dinamismo che oggi si tramuta in scodinzo- lamento. Confido che al ritorno di Gronchi la linea diventerà più ri- gida. Longinotti s'B comportato assai bene. Ruffo figurati che s'è messo anche lui a fare il furbo. Per alcuni io ero troppo cerebrale, loro gli psicologi. I fatti dimostrano che il fiuto psicologico lo han- no proprio i cerebrali.

Mi dispiace sovratutto l'iniquo sfruttamento e la maligna inter- polazione nella tua lettera agli studenti. Avrai visto la nota nell' Unità Cattolica2. Non sarà certo sfuggito a te per il primo che la frase «la religione b ridotta a serva di un regime politico*, messa dopo l'altra: «il Risorgimento è annullato» può prestarsi ad equivo- co, si potrebbe intendere che come di fatti il Risorgimento è annul- lato così si voglia dire che la religione b assemita; ciò che non può essere il tuo pensiero. Temo assai che in Vaticano ove si b molto gelosi e sensibili di fronte a cotali affermazioni, ed è naturale, non si colga qualche occasione per censurare la frase. Non ti parrebbe

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opportuno spiegarla come tendenza attribuita al regime - e questo è certo il tuo pensiero - escludendo una complicità della Chiesa? Comsponderebbe anche a verità perché è innegabile che la Santa Sede in questi ultimi tempi ha fatto una notevole resistenza. Forse potresti scrivere all'unità o ai destinatari dell'altra lettera. A me sembrerebbe opportuno, anche per evitare di doverlo fare dopo una qualsiasi forma di censura.

Spataro sta sempre appiccicato ai chiodo di quella tipografia. Com'io ti scrivevo già un anno fa i guai finanziari ammazzano più che qualunque regime. Ieri Long[inotti] ed io fummo a Napoli a vi- sitare Rodinò che fu malato proprio sul serio. Per poco non ci ri- metteva la pelle. Così il Signore ci batte. Scusami, anche questa lettera è diventata una lamentazione. Quando si mostrerà un raggio di sole? Tua sorella fu qui a trovarci e le renderemo la visita forse lunedì. Attendo con desiderio il tuo nuovo libro. Spero che ti sia mantenuto lungi da certi argomenti che richiamano l'attenzione dei superortodossi. Che cosa devo dirti ancora? Che t'auguro pace la- voro e salute e ti ringrazio per il buon conforto dell'ultima tua e per le tue preghiere. Ti abbraccio con immutata fede ed antico affetto.

Mia moglie e Pietro ti ricordano sovente.

tuo

[P.S.] Ricevo ora notizia che a Trento si è messo il controllo al nostro sindacato.

1. Il 31 gennaio 1926 fu approvata una legge sui fuoriusciti che prevedeva la perdita della nazio- nalità per gli italiani che all'estem avessero commesso atti contro l'Italia e nei casi piiì gravi prevede- va anche la confisca dei beni. a10 non C& che si pensi di applicare a te la legge sui fuoriusciti e so che Gaspani si espresse indignato di tale eventualità* (lettera non fumata a Sturzo. febbraio 1926. Scrirri inediti, volume n, cir, p. 119).

2. Cfr. introduzione, supra, p. 65, nota 33.

London 22/2-26 [22 febbraio 19261

Caro Alcide, avevo scritto l'acclusa lettera per Peppino Spatarol, quando mi

arriva la lettera del tuo amico, che mi parla di te. Ho pensato di

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spedirla insieme a questa. La leggerai e gliela darai. Non credere che sia un alibi che mi prestabilisco. È l'espressione dolorante del mio animo: che vede a poco a poco ... ancora

[manca il resto anche nell'autografo]

1. C& utile irasuive= il della kaai di Stuno a Sparare, 22 febbraio 1926: *Dopo la 2a leatra di Merlin. Li mia posizione t assai incondx il mio silenzio pub essm incuprrtato come un conunso o un'soquierenzd; il che non t: e se snivo in pubblico su tale argomento l'effetto non pub essm che damoso sotto diveni aspetti. Prego gli amici di dimenticarmi. se il lom r i d o di me. anche cai k pia b u e intenzioni mi deve riuscire cosl amaro. Nessuno di voi sa tutto quel cbc io penso. quel cbe io fo e quel che io soffro: e forx molti segreti scenderanno con me nel scpolao. Questa mia lenera t per me e pa Alcide, e diri pochi intimi ed t segreta. Per ora. Ma sc sarà necei mio. se l'awenirc ce lo dirà, sarò ca~ectto a fare un altro passo. per me amarissimo. Sento che questa leaera vi farà soffrire e sono molto commosso a questo pensiero. Preghiamo. Un abbraccior (L. S m . Scrifti inrdiii, volume n, cir. p. 117).

[dopo il 22 febbraio 192611

Leggo presso la tua ~[ignorina?] sorella la lettera interrogativa a Spataro. La lettera a Merlin in quanto fu protesta contro l'esclusio- ne anticostituzionale di deputati dalla Camera andava bene, in quanto invece rappresentò un timido tentativo di rispondere pih o meno implicitamente alle tre condizioni di Mussolini, si può dire un aborto. Questa la mia opinione. Tuttavia è assolutamente esclu- so che l'accenno all'estero possa da chichesia venir riferito a te2; né credo che nessun giornale vi faccia qualsiasi riferimento. Evidente- mente tanto chi fece l'intimazione, come chi rispose pensavano al Corriere d[egli] italiani di Donati, intorno al quale si fece un enor- me nrnore. Bada che la lettera nel testo dice: colpiscano (congiun- tivo). Comunque la prova migliore è che la tua ultima circolare venne larghissimamente diffusa a cura della pentarchia. Sta tran- quillo, nessun popolare che si rispetta e molto meno gli attuali diri- genti pensano mai a rinnegare il Maestro.

[incompleta]

1. La data si deuim dill'accaino di S m , v. Lat. 24. a una knaa a Spaiaro. 2. &gli atuochi dci f& eoam> il panito popolare pcrcbé maniareva oontiui con i fuoriusciti

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Stuno e Donati, rispose Malin con una kiiaa indirizzata all'on. Antonio Cawtam, presidente &Un C m . Merlin sottolineava che i deputati popolari erano rientrati in Parlamento solo per sdcmpim al loro dovere c aocon negava i contatti con quegli elementi che all'estno, con prcwsto di colpire il partito dominante. colpirono invece l'Italia. Cfr. G. De Rosa, n. p. 531- (L. SNIZO. Serini inediti. volume n. cit, p. 117, nota 1).

[marzo 19261

Caro Sturzo, siamo tutti costernati del tuo stato d'animo, che è disposto a ve-

dere troppo pessimisticamente ciò che facciamo. Io ti prego e ti scongiuro di pensarci due volte prima di fare qualsiasi manifesta- zione di disapprovazione. Cib ti deve riuscire tanto più facile in ,

quanto hai già detto e riconfermato il tuo pensiero e nessuno può pensare che possa essere ritenuto complice di debolezze deplorevo- li. D'altro canto, credilo, non sarebbe nemmeno equo. La pressione è troppo grande, perché si possa applicare una formula troppo rigi- da. Spero che almeno a me non farai rimproveri di non aver resisti- ' to. Ho pagato di persona fino a perdere - forse per sempre - ogni posizione politico-economica. Ma appunto per questo ho diritto di chiederti un giudizio molto longanime. È curioso come abbia tutte le indulgenze per quel tal amico di cui ti scrivevo1 e nessuna per chi sta qui. Vedi ad esempio nella polemica con Merlin, egli ha usato del nostro bollettino proprio nel mentre per lo stesso bolletti- no si dibatteva contro di noi una causa che poteva finire con parec- chi mesi di prigione. È ben giusto che si pretenda che chi pubblica all'estero un giornale non crei imbarazzi a chi sta in patria e fino a prova in contrario non è dalla parte di chi detiene il potere. Ieri in gruppo grande dibattito provocato dalla lettera Merlin, che la mag- gioranza non volle far sua e dall'intimazione-inchiesta di Roma Fascista che sotto gravi minacce per lettera raccomandava, esigeva la sconfessione dei fuoriusciti. L'0.d.g. è un compromesso che dopo essermi battuto, m'è parso accettabile, giacché è un fin de non recevoir e pur distinguendo le responsabilità non implica scon- fessioni di nessuna specie. Ho dovuto combattere però contro una paura pazza che si nutre dei colpi di testa di D[onati] e contro le di- cerie incontrollabili ma che sono in giro circa i consoci e i finanzia- tori del giornale. In sostanza la lettera di M[erlin] non è stata ap-

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provata e il nuovo direttori0 ha il proposito di non muoversi; quin- di non si hanno da temere nuove deviazioni. Circa il giornale del nord al quale scrivevi che potrei collaborare, direi: sì a due condi- zioni a) che mi paghino; b) che il mio nome deve essere sottaciuto assolutamente. Non so ancora se andrò a Milano. Desidererei com- binare colà, ma abbandonare la politica totalmente diventa una tra- gedia spirituale che mi pare assai dolorosa.

In quanto a L[ondra] ho paura che non mi ci lascino venire ed ora non è certo prudente.

In V[aticano] come avrai visto dall'ultimo documento (frutto di un concistoro) C'& una ripresa; benché forse non ancora una linea. Solo quando cadesse definitivamente la speranza della questione romana o si aprisse la possibilità della soluzione, la linea diverreb- be più chiara.

Sono persuaso che una conversazione fra noi o con altri della di- rezione sarebbe più che mai utile per entrambe le parti; ma come fare se anche 1ac[inil2 non ebbe il passaporto.

Gronchi (Emilia Giacomelli, Corso Lodi 3 bis, Milano) si lagna che tu non risponda a due sue lettere. Ti assicuro che in gruppo fu unanime l'espressione di attaccamento alla tua persona, ciò che sa- rebbe comparso anche nel comunicato, se si fosse creduto utile alla tua causa.

Per rispondere scrivi così: Rev. Arthur Claydon, Collegio Beda, S. Nicola da Tolentino 67, Roma.

Con grande affetto e cordiali rispettosi saluti da mia moglie.

[P. S.] E il tuo aspettato libro a quando?

1. Giuseppe Donati. cfr. lettera I l, supra, p. 89. 2. Stcfano Jacini (1886-1952). storico e uomo politico. Dcpuiato per il PS.1.. Nel 1943 membro

del Comitato di Liberazione Nazionale per la D.C. Senatore nel 1948 e membro della Commissione iiaiiana per I'UNESCO.

[Londra], 2 1 marzo 1926 Carissimo, la mia situazione è resa difficile da una pressione che va aumen-

tando da oltre due mesi: oggi si tratta di un altro ricatto', simile ai

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tre precedenti che tu conosci, e che incominciarono con il luglio 1923. Comprenderai in quale angustia mi trovi, perché sento che cedendo farei danno a me e a voi. È possibile informarti? È possi- bile incontrarci a Parigi? mi scuserai, ma ti rifarei delle spese. Fra giorni dovrò dare una risposta. I1 solito sistema; desideri, interessi notevolissimi (non so quali), necessità di una dichiarazione per la stampa. Mi risponderai all'indirizzo di quella Signora inglese che da una città diversa scrisse all'amico di Montalembert2 una lettera il 5 febbraio.

Ho ricevuto la tua. Temo che non sia stata interamente compresa la ragione della mia lettera a Peppino3. Oramai il pericolo è superato.

Questa per te e non per altri. Fidati poco di certi che salgono e scendono scale. Scrivo al giornale del nord. Ossequi alla tua signo- ra con un abbraccio

1. Cfr. intmmizione. supra. p. 27. 2. Se. come sembra, si riferisce a Igino Giordani. .amico* deve intendmi come espressione di

comuni ideali (Montalemben è mono nel 1870). 3. Giuseppe Spataro.

[28 marzo 19261

Carissimo Sturzo, la tua lettera, datata il 21, è arrivata nelle mie mani il 27 e nel

frattempo già da parecchi giorni dovrebbe essere recapitata a Lon- dra una mia relazione esauriente che risponde implicitamente ai tuoi lagni sul mio silenzio. Ho letto nei giornali la notizia riservata che mi dai del tuo soggiorno a Parigi e prima l'avevo sentita da pa- recchi, onde avevo incuorato anch'io qualche amico (Tupini, Coc- cia, Campilli ecc.) perché venissero ad incontrarti e a dare e riceve- re informazioni utili o necessarie. Spero ancora che lo facciano, quantunque il termine del 3 aprile sia troppo vicino. Io verrei con cento cuori, se io o il partito potessimo disporre del viatico neces- sario. Ma tu sai come stiamo a quattrini. La tua intervista sul M. G. è comparsa nel bollettino, e con ciò la mia opinione è detta. Credo che nelle tue interviste fai cosa utile e assai lodevole. L'articolo

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della Rassegna 5 sostanzialmente non solo giusto, ma nella sua tesi, opportuno. In qualche sua parte secondaria, dati i tempi, se fossi stato autorizzato a vederlo previamente, avrei consigliato qualche mutamento: ma so che avevi dati ordini precisi.

I1 mio parere, giacché me lo chiedi, è .in genere questo: Fai otti- mamente a lavorare l'opinione estera, specie in difesa del partito e, all'interno, per tutto quello che è programma, principio ecc. il tuo intervento è non solo desiderato, ma efficacissimo. Per quanto ri- guarda invece la tattica e l'atteggiamento immediato del partito, è opportuno che pubblicamente tu non assuma responsabilità, giac- ché i clerico-fascisti sono pronti ad attaccare (vedi Epoca) e dopo ogni attacco avviene che il Vaticano si senta premere per nuovi in- terventi contro il P.P. Tu sai viceversa che gli attuali dirigenti del partito invocano e tengono prezioso ogni tuo confidenziale consi- glio anche su questo argomento.

Siamo ora in un periodo di depressione psicologica. La psicolo- gia italiana è soggetta a degli alti e bassi curiosissimi. Tenteremo domenica alcune riunioni.

M'auguro che le tue conferenze abbiano successo. Ti seguo con invidia, confidando che torni presto in buona salute e ricco d'inter- nazionali esperienze che col tuo mirabile ingegno farai fruttare in patria. Salutami Russo e accogli il ricambio da mia moglie; e se in- contri costì qualche miliardario americano in fregola di far benefi- cenza all'umanità perseguitata, sai ove mandarlo.

Ti abbraccia il tuo affezionatissimo

28 marzo

Amico silenzioso

Camera dei Deputati [ l7 giugno 19261

Caro Stuno, spero che questa mia arrivi in tempo per recarti l'augurio mio e

di mia moglie; che S. Luigi nel suo centenario1 ti protegga in modo

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specialissimo! Le prove che il Signore ti ha mandato sono gravi as- sai, ma le porti bene e ne avrai compenso. Voglia Iddio che sia un compenso fecondo anche per le idee cui ti sei consacrato.

Scrivo oggi per la prima volta a Berlino, ma spero che gli avrai raccomandato abbastanza la discrezione. Sono vissuto qui due set- timane quasi sepolto vivo: alla fine del mese, dopo una capatina a Roma, andrò in montagna. Se scrivi, dirigi a Maria Romani, Borgo Valsugana.

Sono preoccupato del mio awenire, giacché la combinazione di Milano va all'aria ed io me ne sto colle mani in mano. Se fosse possibile scrivere per la stampa inglese, forse, facendomi aiutare da principio, con un certo tirocinio ci riuscirei! Ho chiesto il passapor- to, ma attendo ancora risposta. In caso sarebbe per il settembre.

Con tanti rispettosi saluti per Lei2 ?che da Francesca, credimi tuo affezionatissimo

Alcide

Trento 17 giugno Dovresti mandare per l'Idea, nspettiv[amente] per il Boll[ettino]

consid[erazioni] sulla politica straniera (sciop[ero] inglese - Belgio ecc.) È l'unico modo di influire oggi.

1. Centenario della canonizzazione proclamata da Benedetto Xm nel 1726. 2. Li s o d a di don Sturu>, cfr. lettera 30, 25 luglio 1926. infro, p. 110.

Borgo Valsugana (Sella), 25 luglio 1926

Ho letto la tua del 17 e sentito con piacere che stai facendo un po' di cura al mare. Tanti auguri alla signorina e a te. Mia moglie ora sta meglio; sono in montagna coi miei bambini, dimentico di tutte le basse cose di questo mondo. Sarei felice, se non ci fosse la preoccupazione del domani. Ma l'abbiamo tutti. Anch'io speravo di rivederti, ma ahimè! ho fatto chiedere se mi si concederebbe il passaporto per una cura a Vichy e si rispose negativamente. Non so ormai se sarà utile e giovevole il ritentare più tardi. Mi pare d'aver- ti detto che la combinazione di Milano è sfumata. Sto pensando se

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in ottobre non mi convenga ritornare ancora a Roma e forse se tro- verò un qualche appiglio d'attaccarmi, tireremo innanzi e potrò an- cora aiutare laggiù quel povero Spataro e co[mpagni]. C'& qui nella famiglia il bravo Coccia che ha fatto quel che poteva per la liquida- zione del giornale! e ti vuole essere ricordato. Penso anch'io con dolore alla tua prossima solitudine. Che il Signore non fecondi per noi le tue e nostre sofferenze? Ho scritto per quel giornale due arti- coli che furono anche pubblicati al posto d'onore ed ho ricevuto 50 M. Buon soccorso per me, di cui ti ringrazio; ma solo per l'esattez- za mi pare che tu m'abbia scritto d'aver combinato 50 M. (allora 300 1.) l'articolo, ti sei sbagliato? In caso negativo, vorresti chiarire la circostanza col tuo corrispondente? Te ne sarei grato, riuscendo difficile di comspondere qui. A Londra verrà forse a vederti il dr. Claydon stud[ente] al Beda e mio maestro di convers[azione] in- glese: bravo giovane. Nel campo politico, come vedi, pace secondo il detto tacitiano: ubi Germanifuere, solitudinem fecere. Ma la de- pressione economica si fa sentire. Sembra che M[ussolini] sia per la lira-oro, Volpi no; e certo saranno decisioni gravi ma inevitabili. Avrà visto che l'Az[ione] Catt[olica] s'è a mano a mano rimangia- to il suo adesionismo incondizionato, salvo a ricadervi alla prossi- ma occasione, per sostegno manco.

Ignoro come sia andata a finire la missione di Pippo; ma ho la sensazione che la smettano. Non ti pare ch'io abbia indovinato? Non so più nulla del tuo libro. Non esce almeno all'estero? Si aspetta tanto! Stando qui, non ho più nemmeno la notizia della combinaz[ione] che Gronchi intendeva fare per salvare la Seli. Per l'Idea Margotti fa ogni sforzo, ma già finanziariamente, è in panne, come prevedevo.

Avrò care tue ulteriori notizie che puoi sempre dirigere a Maria Romani Borgo Valsugana.

Se questa La raggiunge tanti rispettosi saluti alla signorina1 e a te un cordiale abbraccio.

[P.S.] Francesca vuole essere ricordata.

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[dopo il 25 luglio 19261

Caro don Luigi, mi pare di averti scritto che mi hanno negato il passaporto e

quindi, con mio gran dolore, bisogna attendere ancora, per riveder- ci. È sempre incerto che cosa faccia in autunno, non essendomi nu- scito di assicurarmi l'indispensabile per l'andata a Roma. I1 mio ideale sarebbe di riprendere la Seli e curare secondo le tue direttive anche il Bollettino, ma non si può fare che da Roma a Milano. An- che dalla mia andata o meno a Roma dipende come ricostituire la direz[ione] del ~[artito]. Vedremo in settembre, perché certo colla onnip[resenza] dei 5, è un guaio. Vedrai una mia lettera aperta a P. Gem[elliI2, ove parlo chiaro sul conto dei «cattolici» nuova manie- ra. Il tuo disgusto è il mio disgusto. Ma, sotto, l'idea popolare rivi- ve vigorosa e pura. Se a tanto, le considerazioni migliorassero sa- remmo subito in piedi. Non disperiamo, perché le vie della Prow[idenza] non sono visibili. Non c'è dubbio che coi 50 m. in- tendevano pagare il lo e il 2 O , perché ciò era espressamente detto. Ora ne hanno stampato un altro, e vedrò che cosa mandano. Nono- stante i miei censori, non mi mandano alcuna indicazione; però stampano quando mando. Coccia crede di arrivare prossim[amente] fino a Parigi e ti cercherh. Lui Peppino e Ruffo stanno ancora lot- tando colle cambiali.

È curioso che non riceva la Cronaca Soc[iale] di Gronchi, il quale mi assicurò di spedirtela. È assai ben fatta. I1 tuo libro dun- que? Non me ne parli più? Spero che ci manderai q[ual]cosa, con- siderazioni di politica democratica ecc. Mia moglie ti manda tanti ossequi; io affettuosi, cordiali saluti, con ogni augurio per te, per noi, per la causa.

Sempre tuo

1. La knen b senza daia. Va collocau dopo il 25 luglio 1926, pmhé si fa riferimento alla lene- n daiaia quel giorno.

2. A questa letura il padre Gemelli rispose il 24 agosto 1926. il testo della lettera del padre Ge- meiii in appendice. infro. p. 231.

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[dopo il 25 luglio 19261

I1 mio ind.: Emma Manari, Via Torre Verde 4, Trento

Caro S t [urzo], ricevo la tua, al momento di partire e ti rispondo in fretta. Accet-

to per il giornale ma è con Sonnenschein che hai parlato? Lo devo sapere per scrivergli. In quanto al giudice io gli ho dato parere ne- gativo. Credo si possa e forse si debba impegnarsi a non fare in via di fatto alcuna manifest[azione] pubblica, ma scadere [sic] pubbli- co questo impegno - non potrebbe interpretarsi che come abbando- no, oneroso per la riputaz[ione] di chi lo fa e deprimente per gli amici. È chiaro tuttavia che anche questo si potrebbe fare senza danno - se si potesse dire che ciò avviene per disciplina o stato di necessità. Penso del resto che siano pressioni superate e che risali- vano all'era farinacciana. Non ho visto Monsignore.

I1 Boll[ettino] bibl[iografico] si farà. Vedi di inviare sempre a Giord[ani] ritagli di giom[ali] esteri interess[anti] per le nostre cir- colari. Frattanto, cord[iali] saluti e grazie anche a Lei* per la mia signora

tuo aff. Alcide

1. Colloco quesu kttcm dopo la pmxdcnte per I'sccuino ai Bokttino. Nm conosco gli altri n- faimenti.

2. Cfr. lcnera 29. supra, p. 109.

Camera dei Deputati [23 settembre 19261

Borgo Valsugana, Sella 23 sett.

Scendo domani a Borgo e di lì a Trento per trasferire in un ma- gazzino il mio mobilio e, quel che più mi duole, anche i libri; fino-

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ra non ho trovato ancora l'ubi consistam. L'unico che mi ha recato qualche buona novella, e ti ringrazio di cuore anche per l'ultima da Bonn, della quale intendo far tesoro, sei stato tu. Per l'altro giorna- le invierò domani il terzo articolo. Stando appartati è però difficile trovare argomenti, i quali non sprizzano che dalla discussione. Ho letto con grande interesse il tuo articolo sulla guerra e lo segnalai a Meda, perché intervenisse. Forse interverrò anch'io -, per quanto mi manchi la competenza. Tomo a raccomandarti di scrivere per noi qualche articolo di pih modeste pretese che indirettamente ser- va a sorreggerci. L'articolo di Lino Moro è un buon riassunto. Nel- la traduz[ione] qualche passo è riuscito oscuro. Non mi sembra poi del tutto storico questo periodo: «si dimostrò che il ritiro di D. Sturzo significava il principio della caduta del partito, la cui dire- zione posteriore non seguì né chiare mete né una linea ben demar- cata». Aspettiamo sempre questo tuo benedetto libro. - Qui è da ri- tenere che la pressione riprenderà per alcun tempo; l'atmosfera 2 però migliorata in confronto all'anno scorso. I1 lo ottobre avremo un piccolo convegno a Milano; ma non si trarranno grandi conclu- sioni per la solita deficienza del ... personale. Io purtroppo, stando così le cose, non mi posso trasferire a Roma, eppure l'unica cosa da farsi oggi sarebbe quella di organizzare un movimento di cultu- ra. Vedi, se avessi il passaporto, proprio verrei all'estero, almeno per imparare. - A proposito Gem[elli] mi ha scritto privatamente molto risentito. Ed io ho riscritto. Figurati, ch'egli anche in privato sostiene che la colpa è stata della mancanza della tonalità religiosa! Ti ringrazio cordialmente di nuovo per le tue fraterne premure. I1 mio indirizzo per la riv[ista]? - quello che usi di solito. Cercherò d'incontrare quel signore. - Mia moglie ti ricorda devotamente ed io ti mando uno stretto abbraccio, coll'antica ed irremovibile fede.

Alcide

4 [ottobre 19261 Borgo Valsugana 4

ti mando questa lettera di Coccia. Ho visto Gronchi a Milano' che ti manda tanti saluti. E a Merano ho incontrato quel tuo cono-

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scente che fu molto gentile. Non ho ancora combinato niente e per ora rimango qui.

Mia moglie e i miei bimbi vogliono esserti ricordati. Ti abbraccio con l'antico affetto e l'antica fede

Alcide

1. ii lo ottobre si tenne a Milano un piccolo convegno. v. knera prrcedcate.

15 novembre 1926

Carissimo, nella notte del giorno dei morti vennero occupate ed in parte de-

vastate le sedi delle organizzazioni trentine, compreso il Sindacato Agr[icolo] Ind[ipendente] di cui era direttore Augustol. Rifugiati a Borgo Valsugana; di lì venimmo prelevati la notte del 5 e portati fino a Vicenza. I1 ricordo degli insulti mi brucia ancora.

L'interrogatorio di fronte al direttori0 di Vicenza, per la mia franchezza e la cortesia del presidente si trasformò in dibattito. Avendo sostenuto la prova con dignità e fermezza - così mi dissero gli stessi fascisti - fui cavallerescamente, assieme ad Aug[usto], consegnato all'on. Marzotto che ci ricoverò signorilmente in una sua villa, donde ci fece partire per Milano. Sulle mie dichiarazioni comparvero comunicati ufficiosi tendenziosi ed inesatti. Un mio tentativo di parziale rettifica, mandata a giornali di Milano, si urtò contro le rigide istruzioni della censura. Ora cerco di guadagnare Roma, ove organizzare un modo di guadagnare qualsiasi. Aug[usto] attende se aimeno gli riconosceranno una liquidazione, le nostre famiglie passarono notti agitate. Ora sono tranquille, per- ché ci hanno ricoverato fra amici generosi e gentili di cui tu anche ripetutamente espenmentasti la sicura cortesia. Anche Braschi, Secco-Suardo, Bresciani, D. Mojana ebbero dei guai più o meno gravi. Che sarà dell'avvenire? Preghiamo Dio per un ordinato svol- gimento e per il bene del nostro Paese. Quello ch'io posso fare non lo so ancora. Mi affido alla Provvidenza, che mi ha protetto anche questa volta e non vorrà abbandonarmi. In parecchi giornali si ebbe

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un nuovo scoppio di ire contro di me. Ora s'acquietano. Ricordami nelle tue preghiere. Non t'ho rinnegato; come era il mio dovere, a Vicenza, ad una relativa domanda, ho risposto che ti scrivevo qual- che volta. Sempre il tuo

Carissimo, colgo quest'occasione per inviarti tutte le piiì vive espressioni

d'inalterabile devozione ed amicizia. Quante volte parliamo di te e cerchiamo nello spazio muto ed oscuro il lampo, o almeno una scintilla del tuo pensiero! I cuori battono sempre come una volta, benché l'ossigeno diminuisca, e la fede antica si rinnova nel sacri- ficio di ogni giorno.

Lotto, come molti di noi, con difficoltà economiche, che spero di superare, grado a grado. Questa situazione mi costringe nel cerchio angusto della famigliola, cresciuta ora a tre bambine, e in quell'at- tività tecnica limitata che è permessa. Di fuori sappiamo pochissi- mo. Ho letto con grande interesse il libro sulla guerra: libro che do- vrebbe destare una profonda e utilissima discussione, se tale di- scussione fosse possibile nei nostri circoli, apatici, o volti forzata- mente ad altri problemi.

Spero ti arriverà un mio volumetto pseudonimo di cose sociali', nel quale feci due alla storia pochissime cose delle molte che l'esperienza suggerirebbe.

C'interessiamo sempre in ogni maniera possibile di avere notizie sulla tua salute e sulla tua vita, e ci rallegriamo quando sono buone. Gran fortuna ci sembrerebbe, se potessimo una volta scambiare pensieri e ricordi.

Ma intanto colgo l'occasione per riconfermarti il mio vivo affet- to e per assicurarti che guardo all'avvenire pieno di fede nelle vitali energie del nostro popolo e nell'inesauribile fecondità del pensiero cristiano.

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Le mie bambine ricordano spesso nelle loro prèghiere il grande amico di papà e mia moglie ti prega di accettare i più devoti saluti. Sempre tuo affezionatissimo

1. Si maa di I tempi e gli uomini che prepararono In aRenun m n u n * . pubblicato con lo pseudonimo di Muio Zanatu WEdinice Vita c Puisicro nel 1931. Pcn% ho datato l i kaen nel 1932. n voiumetto fu ristampato cal vero oow dell'iutm nel 1945.

Roma, 28 dicembre 1933

Carissimo Don Luigi, so bene che dopo tanto silenzio questa lettera non potrh recarti

soddisfazione, perché entrambi avremmo bisogno di riprendere un contatto intellettuale e sentimentale che dieci anni fa ci era'divenu- to così caro e che non si può ristabilire se non di presenza e guar- dandosi negli occhi; ma io voglio dirti almeno con quanto affetto pensi a te, specie in questi giorni, nei quali si ricordano gli anni che se ne sono andati e si riflette a quelli che se ne vanno.

Vivo - come saprai - tra la famiglia e la biblioteca, all'ombra del Cupolone, ringraziando la Provvidenza di avermi riservata al- meno un po' di pace esteriore. La pace interna difficilmente si rag- giunge, quando lo spirito, abituato alla dilatazione sociale, deve ve- nir compresso entro la sfera limitata della persona. Penoso b parti- colarmente il dover assistere inerti all'oscuramento d'idee che ave- vano illuminato tanto cammino della nostra vita. Nessun rimpianto del passato può eguagliare l'amarezza che si prova al presente nell'assistere passivi a disorientamenti ed equivoci, a dissimulazio- ne di principi, una volta proclamati sacri ed inderogabili. Gli è che come politici si può ben considerarsi morti, ma come cattolici no, a meno di non perdere la fede.

Prima di tacere per sempre, vorrei poter scrivere almeno un pic- colo libro, analogo a quello pubblicato dal Sortais nel 1914 (Les cath[oliques] en face de la démocratie), riferito invece ai problemi d'oggi, e con una buona introduzione storica, perché la storia ormai i vecchi dimenticano e i giovani non studiano più. Ma la mia situa-

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zione m'impone di astenermi non solo dalla politica, ma anche da qualunque attività che possa interpretarsi, sia pure in senso lato, come affine alla politica. Perciò il mio destino è di schedare ogget- tivamente e musulmanamente i libri altrui. Anche il mio più acca- nito avversario, se mi vedesse alle prese con questo sistema di pe- dantesca acribia, si sentirebbe forse riconciliato.

Non credere tuttavia ch'io viva nel passato, come molti fanno per loro comodità spirituale: mi sforzo invece di «aggiornami», di comprendere l'evoluzione dei tempi e di rendere giustizia alle nuo- ve generazioni. M'interessa sovrattutto il corporativismo. Avrai ri- cevuto il libro del Razza che ti feci spedire. Dell'estero in bibliote- ca si legge specialmente la «Vie intellectuelle», la quale ha eredita- to il ruolo di Munchen-Gladbach [corr. Monchenglaibach].

Francesca ti vuole essere rispettosamente ricordata. Donna valo- rosa ed adattabile alle.vicende, non si duole nemmeno di avermi dato quattro bambine - l'ultima ha sette mesi - perché i maschi, ella dice, ci avrebbero recato delusione. Con me vive, dopo la mor- te di papà, la sorella. Mio fratello Augusto lavora nel piccolo com- mercio a Borgo Vals[ugana] con mio cognato Pietro. L'estate rive- diamo i nostri monti ed allora riprendiamo forza e colore. Vedimi abbronzato e fiero al passo di Sella (Dolomiti) il 3 sett. 1933, dopo una faticosa cordata con mio fratello, sua moglie e due altri giovani amici. La montagna, la patria della natura è rimasta la nostra gioia. Ben comprendo la gravità del tuo sacrificio di esule, quando penso alla terra. Per fortuna tu sai vivere in sfere altissime una seconda vita: quanti hanno letto ed ammirato come me la tua trilogia, hanno sentito passar alto nel cielo il volo del tuo ingegno!

Don L. mi disse di averti incontrato in buona salute. Che ti deb- bo augurare per l'anno nuovo se non che il tuo forte spirito trovi sempre comspondenza in un fisico resistente?

Costretti a vivere lontani, senza quasi saper mai l'uno dell'altro - ho un'idea assai vaga della tua attività, della tua vita - affidiamo al Padre comune l'amicizia coi suoi voti e coi suoi desideri di bene. Buon anno dunque, carissimo don Luigi, e accetta il mio abbraccio fraterno.

Tuo Alcide

Se mai volessi scrivermi qualche volta in biblioteca, indirizza: Augusto Frati, Bibl. Vaticana - perché i superiori non desiderano

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che noi, avventizi, ci facciamo dirigere colà la nostra corrisponden- za. 11 Frati è un custode che mi passerà certo la lettera: l'ho ben rassicurato che il nostro raro carteggio non potrà preoccupare nes- suno.

[d'altra mano] I più affettuosi auguri e saluti da Igino G[iordani].

38

Londra, l o febbraio 1934

Carissimo, la tua del 28 dicembre fu per me una sorpresa commovente; con-

servo la tua fotografia fra le più care. Ti rispondo con tanto ritardo per trovare un momento di perfetta tranquillità e sentire la tua inti- mità presente come se parlassi. Nel mese scorso sono stato in viag- gio e impegnato per molti articoli.

Gli amici che ho visto, mi han sempre parlato di te: così sapevo della tua quarta bambina, come sapevo quale e quanto buona com- pagnia ti ha dato il cielo a conforto e incoraggiamento. Per quel poco che può valere la mia preghiera al Signore per te e i tuoi, que- sto non manca mai nella S. Messa e più volte al giorno nominal- mente e insieme a tutti gli amici. Per te e per essi, io voglio invoca- re come speciale protettore Santa Caterina da Sienal.

Il problema dell'organizzazione corporativa mi interessa molto, e seguo i vari tentativi pratici e gli studi (più o meno interessanti) per rendermi conto delle idee e delle loro possibilità pratiche. Non so se hai avuto occasione di leggere due articoli da me scritti per La Terre Wallonne. Ho promesso di scrivere sul soggetto quattro o cinque articoletti per la Libertà di Fribourg (Svizzera). Lo farò per il prossimo mese, essendo gih impegnato per altri articoli. Non so se tu vedi Politique di Parigi (Editions Spes) che ha rilevato, quel che era possibile rilevare dopo la scomparsa di R.G. La Vie Intel- lectuelle pubblichera prossimamente uno studio di Sociologia e Storicismo che credo t'interessi. Io vorrei avere un giorno la fortu- na di poterti rivedere, ma certi desideri bisogna offrirli al Signore.

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La Sua volontà è per noi legge di amore e di sacrificio. Del resto cosa sappiamo noi del nostro awenire?

Tu dici che vorresti scrivere un libro analogo a quello di Sartori2. Sarebbe bene prepararlo per tempi e condizioni più adatte. E non potresti pregare Zanatta3 a farlo lui? Forse, la difficoltà maggiore è trovare un editore, data la crisi attuale. Ma verranno tempi migliori; e la stessa crisi economica va a riprendersi lentamente.

I1 problema del corporativismo è per me strettamente connesso a quello che oggi si chiama il problema dell'economia regolata o di- rigée come dicono i francesi. Ho letto l'articolo del P. Muller (S.J.) nella Rivista Internazionale di Scienze Soc[iali] del gennaio sull'Economia programmatica. Veramente dice troppo poco, per quel ch'è oggi il problema. L'insistenza sul rispetto della libertà economica risponde alle presenti preoccupazioni del Belgio di fronte alle proposte socialiste. È impossibile, secondo me, concepi- re un'economia perfettamente organizzata con la coesistenza delle varie forme di libertà. Gli esperimenti che si basano sopra un mas- simo di volontarietà e un minimo di libertà, come negli Stati Uniti, dipendono da uno stato transitorio di crisi acuta e di rimedi esigen- ti. Io non sono convinto dell'esperimento americano. In ogni caso, pub essere sostenuto solo da un paese che ha accumulato enormi ricchezze e che in sostanza è quel che qui si dice selfsuficient; oggi si usa la parola autarchia.

Ma potresti tu scrivermi un articolo su tale argomento che io fa- rei tradurre e pubblicare con quel che tu vorresti? Attendo di vede- re le lezioni di Arvas all'università Cattolica. Non so se egli ha af- frontato il tema nel suo complesso cioè quale la portata economica e politica del sistema e i necessari vincoli.

Altri problemi: i sistemi vincolatori e quelli liberi dell'economia rispondono alle esigenze dei cicli economici; e questi cicli sono più rapidi quanto più vivace è l'attività produttiva. La tendenza è verso l'unità produttiva di gruppo da sostituire a quella individuale? Pos- sono le unità e sotto-unità politiche divenire unità produttive? I1 so- cialismo ha ancora qualche parola da dire circa l'argomento econo- mico? Ecco i punti interrogativi ai quali vorrei che i nostri potesse- ro dire la loro parola. C'è ancora posto per una teoria cristiano-so- ciale?

Se sarà possibile continuare la conversazione ne sarò assai lieto. Ti sono grato di avermi dato l'occasione di scriverti. Prega per

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me. Ricordami agli amici, specialmente Igino4. I miei omaggi de- voti alla Signora. Salutami tuo cognato. Auguri per le tue figliole. Andando a San Pietro di' per me un Pater alla Confessione.

Aff.mo

Luigi Sturzo

1. È un tratto significativo. ii I8 giugno 1939 Pio Xn proclamb mia Camina da Siena patrona d'Italia

2. Comno è Sods , cfr. Icaera 37. supm. p. 116. 3. Zanatia, cioè lo sicm De Gaspai cfr. supra, p. 116. nota 1. 4. Igino Giordani.

Roma, 27 dicembre 1934

Carissimo, Anche a nome di Francesca e delle bambine mie, che ti conosco-

no in fotografia, ti mando i migliori auguri per il nuovo anno. Ab- biamo sentito con piacere che ti trovi in buona salute e che lavori fervidamente. Preghiamo il Signore che ti conceda di compiere l'opera tua.

Anch'io lavoro faticosamente, ma sono opere servili. Purché Dio mi conservi la salute, ch'è necessaria almeno per campare la fami- gliola!

Ti mando un articolo su Gaspari [sic]. Non ti parrebbe di scrive- re un necrologio che lo ricordi di fronte al nascente P.P.?

Sii certo frattanto delle nostre preghiere e del nostro buon ricor- do. Con l'antico affetto

Tuo aff.mo Alcide

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Pasqua 38 [l7 aprile 19381

Carissimo, colgo l'occasione per inviarti anche a nome dei miei e dei pia fe-

deli amici auguri schietti e devoti per la Pasqua. Leggo sempre quello che scrivi e sento spesso quello che senti.

Ora sto leggendo il tuo ultimo volume1 che mi pare dawero opera profondamente pensata e genialmente scritta.

Sono libri che, nonostante lo sfavore dei tempi, contribuiscono in modo decisivo al chiarimento delle idee e alla rinascita. Tu ne avrai grande mento innanzi a Dio e agli uomini che verranno. Non lasciarti sconcertare dalle apparenze: tali idee trovano consensi profondi anche qui nel centro della cristianità, ove però si vive come in uno stato d'assedio spirituale.

La mia situazione personale è sempre precaria ed umiliante, ma sono contento di poter dare almeno questa testimonianza silenziosa di probitàl intellettuale e morale.

Mandami una cartolina come ricevuta di questa mia. Ti abbraccio con l'antico affetto

I . Si irana di Chiesa e Sraro. pubblicato nel 1937.

[Jacksonville], 21 settembre 1943

Mio caro De Gasperi, in questi tembili giorni il mio pensiero e affetto è con voi tutti

che soffrite, vittime di tanti mali, errori e debolezze. Quando il conte Sforza ti porterà la presente1, sarete di già liberi

dalla prova nazi-fascista di dopo l'armistizio. Egli ti dirà di me e delle mie speranze e dei miei propositi. Egli ti porterà, se gli sarà

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stato possibile, vari miei scritti si da comprendere il mio attuale orientamento. Se non sarà né necessaria né utile la mia presenza in Italia io resterb qua: le mie condizioni di salute non sono buone. Ma se anche il mio ultimo respiro in Italia potrà giovare alla causa io lo darò con tutto il cuore.

Tu e gli amici comprenderete più di quel che non dico. Col conte Sforza mi sono trovato assai spesso d'accordo durante

questi diciannove anni d'esilio. S'intende che ciascuno parte dalle sue premesse e arriva alle sue finalità. Ma ci sono quei punti fermi nell'interesse dell'Italia e del mondo: libertà, indipendenza, demo- crazia, rispetto religioso, movimenti sociali, ricostruzione interna- zionale pei quali molto si pub fare insieme.

Credimi cordialmente.

1. La letura giunse a Dc Gas*, tramice Sforza. a cui S N ~ l'aveva affidata. solo nel giugno 1944, dopo la liberazione di Roma. Cfr. lettera di Dc Gasperi a Snino. 15 giugno 1944. Carlo Sfom (1872-1952). diplomatico e uomo politico. Con l'avvento del fascismo lascià la diplo- mazia e si stabii all'estem. Tornato in Ifaiia nel 1943. ricoprì vari incarichi ministeriali. Come mini- suo degli Esteri f m b il trattato di pace.

[Napoli], 15 giugno 1944

Carissimo, ho ricevuto tutto in un colpo i tuoi messaggi inviati a mezzo

Sforza, l'avvocato italo-americano2 di cui mi sfugge il nome e altri. Ti ho letto e ascoltato alla radio con intensa commozione e gratitu- dine per gli incoraggiamenti che ci dai e per il contributo prezioso che offri al paese, ed è da tutti riconosciuto. Tu sei più che mai no- stro maestro e donno, più che mai desiderato e acclamato. Qui nell'Italia libera mi fu detto che ti fu già trasmesso il desiderio ar- dente del tuo ritorno. Anch'io lo invoco, ben che non mi nasconda che tu possa essere utilissimo anche costi e forse lo saresti più a Londra. Io avrei bisogno del tuo consiglio in moltissime e gravi questioni. Tutto oggi è ancora in flusso, perfino il titolo del partito, e sono ben lieto che tu approvi l'epiteto D.C. ch'io ho provvisoria- mente scelto, per venire incontro ai giovani che non vivevano le battaglie popolari; e per ottenere così la fusione delle due genera-

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zioni: dovetti passar sopra alle preferenze dei miei più prossimi collaboratori, come Spataro e Scelba3. Ed in verità nel periodo co- spiratori~ ho dovuto esercitare una dittatura morale che la bontà degli amici mi ha riconosciuto. Ora si tratta di riorganizzare demo- craticamente e confido che il «senza portafoglio» mi permetta di vigilare sulle sorti del partito, ove la perdita momentanea di Peppi- no4 passato ai ministero è grave assai; ma a chi si è sacrificato sem- pre e ha lavorato come lui non [si] poteva negare questa soddisfa- zione. Sul suo nome impegnammo battaglia sul sottosegretariato ail'interno che Bon[omi] ci aveva formalmente promesso, ma i so- cialisti furono durissimi e dovemmo ripiegare sulla stampa. Tu co- nosci uomini e cose e puoi immaginare le difficoltà della nostra po- sizione. Nonostante che noi fossimo in prima fila nella battaglia antifascista, quando è il momento della decisione dobbiamo batter- ci soli. Ci è doluto anche per Aldisio e la Sicilia; ma ci fecero fare il ministero a tamburro [sic] battente in un albergo della capitale senza alcun previo contatto con gli amici di quaggiù. Ed ora che ti scrivo ci fanno tardare il placet. Per il partito non ho che una preoc- cupazione: la questione istituzionale ci può dividere e già ora qui si coagulano centri cattolici monarchici, con l'appoggio dei Vescovi, benché io abbia, contro lo zelo repubblicano di qualche amico an- che autorevole resistito e conservato la tregua tra gli uni e gli altri. Nel Nord la questione non è ancora chiara, perché la «repubblica» è Mussolini. La mia preoccupazione riguarda anche il paese. Sare- mo capaci di dare vita ad una repubblica veramente libera e demo- cratica? Questo è il dubbio che mi tormenta e Lo spettacolo dei dis- sensi dei nostri partiti mi angoscia. Di fronte a ciò c'è il meravi- glioso afflusso dei giovani verso di noi e la mia fede nel soccorso del Signore mi conforta. Se la tua salute lo permette vieni e consi- gliami; intanto scrivimi magari a mezzo Rodinò; ma non rischiare il viaggio se non è opportuno a parere del medico. Attendi piuttosto tempi più calmi e metodi di trasporto sicuri. Non ti posso far la cro- naca agitata di questi giorni. Siamo qui sospesi, tagliati fuori da Roma e dai sottosegr[etari] rimasti lassù, a a v ~ a P&?. Ora devo in- terrompere; quante cose vorrei scriverti! Per ora ti basti l'espressio- ne più fraterna della mia devozione, l'accorato desiderio dei tuoi consigli, il senso di conforto di esserci trovati d'accordo nonostante le distanze di tempo e di luogo, la gratitudine per l'opera tua. Gron- chi e Tupini si associano a me. Ti abbraccio come un fratello e ti raccomando ogni giorno al Signore. Così sia di te. Tuo aff.mo

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[P.S.] Un tumulto di ricordi e di pensieri dal sempre tuo aff.mo Umberto Tupini5.

1. L'indicazione del luogo di partcaza di quesu kacro si dcsume dalla successiva kacn di De Gasperi a S m del 18 agorto1944.

2. Si uana di Joscph Calduon. collabwwxc di don S ~ n o nel gruppo democrati-tiano uPeople iad Frsedom* di New Yok

3. Muio Scelba (1901-1991). collaboratorr di don SNno nel PPL. poi di Dc Gaspai nella D.C., &h quak nel 1944 fu tkno v ~ ~ o . Pia volte ministro. fu presidente &l Consiglio dal IO febbraio 1954 al 6 luglio 1955.

4. Giuseppe Spatan, en s w nominato sonougrcwio pa la stampa e I'infomazione nel primo ministero B m m i .

5. Umbeno Tupini era rum ira i fondatori del P.PI nel gennaio 1919 e poi depuiato popolare dal 1919 ai 1926. Nel giugno 1944 era siaio miminato ministro della giustizia nel primo gabinetto Bono- mi.

[Brooklyn], 8 agosto 1944

Mando ad Antonini: 1) una lettera per De Gasperi, dove dico che «egli ti dirà quali

sono state qui le diverse reazioni dell'op[inio]ne pubblica arn[eri- calna circa le varie fasi dell'organizzazione dei nostri sindacati e conf[ederazio]ni. In sostanza si desidera sindacato libero e forte. Bisogna tener presente che la classe operaia americana è la più comprensiva dei problemi della rinascita di un'Italia veramente li- bera, veramente dem[ocrati]ca, che non sia protettorato di nessun altro Stato ma che tomi ad essere. come disse Roosevelt, al suo po- sto nella famiglia delle nazioni»:

2) a Gronchi. Idem. Migliori amici dell'italia sono gli operai am[enca]ni. Essi desiderano conoscere come vanno le cose, perché l'Italia non abbia più né ruderi fascisti né imposizioni da altri paesi e possa rifare Is sua nuova vita con l'aiuto degli alleati sì, ma senza divenire strumento di nessuno. L'ideale di libertà è ideale [arneri- calno. I1 mov[imento] democratico cristiano dovrh cooperare al maggior sviluppo della libertà e dem[ocrazia] negli stessi organi- smi operai, sind[acali] etc.

1. A p p i o di Shum in metiio a due ktmc inviate a De Gasperi e Groochi. ami te I'italo-ameri- CMO Luigi Antonini. organiworr dodruk negli Stati Uniti. p i d c n t e del m i g l i o italo-americano del lavoro. L'AnMiini nel 1% si racb -so in Italia per uudisn i probkmi cociali &l paese. A lui Sturro affiiva lutac pcr amici itliiani.

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[Roma], 18 agosto [l9441

Caro Sturzo, ti scrissi da Napoli, ma non ebbi risposta. L'hai ricevuta? Scelba ti spiega in una parte alcuni punti che non ti sono chiari.

Noi ti siamo gratissimi per la tua opera costi, la quale è molto valu- tata. Sei l'ambasciatore del popolo italiano, prima che il govemo ne possa nominare uno. Sono in un ingranaggio che mi maciulla taImente da non lasciarmi nemmeno la calma di concepire una let- tera. Un govemo di sei partiti coi problemi più gravi aperti è un mi- racolo di equilibrismo quotidiano. Si aggiunga l'organizzazione del partito. Confido che tu sia d'accordo con la mia dichiarazione di Napoli. Grazie del tuo saluto e del tuo manifesto, ottimo e tempe- stivo. Unire tutti i d.c., sollevarci al di sopra della questione contin- gente della forma statale b opera difficile ed improba, perché la passione politica e di fazione è nel sangue. Nonostante la mia pa- zienza e oggettività i repubblicani «a qualunque costo* mi creano imbarazzi (cfr. opuscolo di Ravaioli), come fino a ieri ce li creava- no i monarchici: ora questi ultimi si acquietano. I1 referendum do- vrebbe essere il metodo più sincero per dirimere; altrimenti si do- vrà farlo a mezzo delle candidature, il che vuol dire rischio di divi- dere forze che hanno pur necessità sostanziali di stare assieme. Ecco il problema di domani.

La tua ultima comunicazione radio ci fa sperare che gli alleati ci aiutino. Ti allego a parte una risposta che su mia responsabilità per- sonale, ho dato a un amico americano che mi chiedeva: come pos- siamo aiutare?

Se hai occasione di farmi sapere il tuo avviso sulle cose nostre, sarò gratissimo. Grazie e un abbraccio di cuore.

De Gasperi

[P.S.] - Penso che da Napoli ti sia stato inviato nuovo materiale, ma non so se ti sia già arrivato. Affettuosissimi auguri e saluti da tutti i miei e dagli amici, a te più che mai devoti.

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[Washington], 31 agosto [l9441

Mio caro Alcide. Ti scrivo da Washington dove mi fermerò due o tre settimane

per vari affari (tu puoi immaginarli). Non ho tempo a scriverti a lungo. Con questa ti mando mille cinquecento dollari che sono una buona parte dei doni ricevuti per il mio giubileo sacerdotale, spe- cialmente dal clero italo-americano. Manda una parola di simpatia a don James Carrà, antico democratico cristiano dei tempi di To- niolo, don Davide Albertario, i cardinali (allora semplici preti), Gu- smini, Minoretti, Dodero, Parocchi, [...l1, che è stato il promotore di tale raccolta che io destinai alla Democrazia Cristiana.

Penso che mille dollari dovrebbero essere posti a disposizione della direzione del partito per i bisogni più urgenti. Cinquecento vorrei dati alla Seli - Società editrice libraria italiana (che credo ri- sorta) per il miglior libro sulla storia, il programma e l'attivita pra- tica della Democrazia Cristiana in Italia, con un'appendice sulla Democrazia Cristiana negli altri paesi.

Questo, s'intende è un mio suggerimento. Voi fate quel che re- putate meglio e più adatto. Io sono troppo lontano e sono stato a lungo assente, non sono quindi un buon giudice. Rispondimi alle altre lettere e scrivimi spesso - anche per via ordinaria. Salutami tutti. I miei omaggi alla signora. Auguri per le figlie. Tuo aff.mo

[P.S.]'- Ringrazia Sforza per il suo ricordo da Legnano.

1. Nome illeggibile.

[Brooklyn], 23 settembre 1944

Caro De Gasperi, Ti mando i miei più affettuosi saluti a mezzo del latore della pre-

sente. Seguo da lontano i vostri lavori e sforzi come se fossi in mezzo a

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voi. Di una cosa solo mi dolgo; della mancanza di lettere. Speditele anche per via navale se non avete amici a cui affidarle; mi arrive- ranno in due mesi, ma mi arriveranno.

Ieri e stamane la stampa americana ha dato notizia della dichia- razione del presidente Roosevelt che egli e Churchill a Quebecl hanno deciso di additare «il programma per il quale sarà atiribuita al governo italiano una crescente responsabilità, e in modo che tutti i partiti possono esservi rappresentati,nella ricostruzione nazionale per il benessere del suo popolo».

Naturalmente, il significato specifico di tali parole non ci b chia- ro: due punti sono fermi, la diminuzione del controllo alleato e la preminenza a un governo di coalizione. La mancanza di accenni alla proposta britannica del luglio scorso sulla pace provvisoria (mezzo costante per far cadere le clausole legate all'armistizio) ha reso pib inquieti gli amici dell'Italia. Io credo che ciò sarà fatto quando gli alleati saranno sicuri che i cambiamenti di Governo, dopo la liberazione dell'Alta Italia non altereranno la coalizione dei partiti e non cagioneranno agitazioni tumultuose. 1 miei auguri vivissimi. Tuo.

1. La dichiarazione di Quekc fu oggetto di un messaggio radio di Sturro dalla *Voce deli'Ame- n c a , il 3 ottobre 1944. ii testo del messaggio in L. S m o . ia mia barraglia &I Nnv York cit., pp. 311-313.

[Roma], 10 ottobre 1944

Carissimo, spero che abbia ricevuto la lettera affidata ad Antolinil. Marchi-

sio2 ti riferirà quello che ha visto, il resto rileverai dai giornali che ti faccio inviare. Aggiungo alcune notizie strettamente confidenzia- li. Fra poco Quintieri e Mattioli3 partiranno. Per il convegno delle camere di commercio arriverà fra altri delegati il nostro Sansonet- ti4. Visconti Venosta mi assicura che ai ministero degli esteri il tuo lavoro b molto valutato e proporrà che il governo ti mandi ufficial- mente un riconoscimento scritto. Credo che se non fosse stato per le tue condizioni di salute avresti avuto preghiera di accettare inca- rico più formale; ma tuttavia non bisogna credere che le antiche fo-

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bie antipretine, nonostante tutto, siano sparite. Ho saputo in confi- denza che per New York si è chiesto il gradimento per Carld: cir- costanze interne vi hanno contribuito. Le conseguenze possono es- sere incalcolabili perché tutto l'organismo di epurazione che va molto male rimarrà decapitato e converrà porlo su altra base. Sarà indovinata? Non so, non si è consultato previamente nessuno di noi. A Londra andrebbe, su suggerimento&egli stessi inglesi, Ca- randini6. Io avevo suggerito a tempo Stefano7. Questioni piiì gravi per noi sono le sindacali e cooperative. Mi preoccupo del piano to- talitario comunista, trepido per la libertà; le mie forze dovrebbero essere tutte per il partito, disgraziatamente sono ingaggiato anche nel governo. Solo la fede nei nostri ideali, il tuo spinto, che sento vicino, l'amore disperato a questa terra sventurata, mi sorreggono. Siamo deboli per uno sforzo così immane. Che Iddio ci aiuti! Certo il tuo consiglio, il tuo personale prestigio costituirebbero qui una gran forza. Devo ammettere che la tua opera costì, almeno finora si è dimostrata indispensabile e ha valorizzato e valorizzerà il nostro paese e il nostro partito, e non oso assumermi la responsabilità di farti affrontare la traversata, quantunque Marchisio mi assicura che tu sei meno ammalato forse di quello che si va dicendo e tu stesso temi, del che abbiamo grandissima gioia.

Accetta mio caro un abbraccio fraterno e un augurio vivissimo da tutti noi ed in specie dal tuo aff.mo

1. Antonio Aniol i . uomo d'affari italo-americum, nel 1944-45 fu vice presidente della sezione economica della Commissione alleata di controllo per l'Italia De Gasperi si S - 2 ~ 1 principalmente di lui per far pervenire a S m le sue lencm. La lenera cui accenna De Gasperi t probabilmente quella del 18 agosto 1944.

2. Giovenale Marchisio. giudicc fcduaie statunitense. noto giurista. italo-amuicano. Nel 1944 fu inviaio in Italia da Rooseveli con la missione di s v o l g a attività a urancn sociale e politica presso le popolazioni italiane.

3. Adolfo Quintim. a w ~ , esporbente &h DC calabrrx. f u m &putafo, e Raffack Manioli. amministratore &legato della Banca Commerciale Italiana. parteciparono alla missione fmanziaria ita- lima negli Siatt U~ti ml 1954.

4. Giulio Sanconetli. awouito. ex militante del Paniio Popolare. 5. Carlo Sforza 6. Nicolb Carandini. uno &i piiì qualificati esponenti del F'ariiio Likrak, d poi effativamcnte

nominato ambascbforc italiano a Londra. 7. Stefano Jacini.

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[Brooklyn], l l ottobre 1944

Mio caro Alcide, dopo la lettera del 15 giugno scorso non ne ho ricevuta alcuna

altra. So bene quanto sei occupato, anzi sovraccarico di lavoro; ma basterebbe qualche cenno che le mie lettere ti siano arrivate.

Le due che noto, per tua norma, sono la prima del 2 agosto (che meritava una risposta immediata), l'altra del 3 1 agosto, con la qua- le ti davo l'annunzio dell'invio di l .500 dollari.

Con la presente ti fo sapere di averti mandato, per lo stesso tra- mite, tremila dollari per Il Popolo di Roma, in acconto di quei mil- le dollari che io promisi a Rodinò con mia lettera del 6 luglio scor- so. Gli avevo detto che li avrei spediti fra tre settimane, ma per una serie di difficoltà sono passati tre mesi. Altri ne darà personalmente un mio amico che deve essere già a Roma. Mille per la Seli, in au- mento di quelli gia spediti e mille per la direzione centrale della Democrazia Cristiana, o a tua disposizione per quel che credete meglio.

Ora ho altri due progetti per le mani: quello di far avere agli amici di Palermo una prima somma per un loro quotidiano (manda- mi.l*indirizzo personale di Salvatore Aldisio, per effettuare l'invio) e l'altro, pih importante di un quotidiano a Milano.

Per quest'ultimo fui richiesto da un ottimo amico di un piano concreto: mi parve che rispondesse bene alle sue idee (e sotto vari aspetti anche alle mie) quella di fare a Milano un quotidiano di ca- rattere sociale, per le questioni operaie, dal punto di vista della dot- trina e della pratica della Democrazia Cristiana. Egli si è impegna- to a trovarmi fra i suoi amici, ventimila dollari. Avrò risposta fra qualche mese. Naturalmente dopo la unificazione delle confedera- zioni operaie, non si può più parlare di un organo della Confedera- zione bianca, come il Domani Sociale1. Forse non è neppure consi- gliabile che dipenda dal191cas (Istituto cattolico di attività sociali). A me sembra che dovrebbe dipendere dal partito della Democrazia Cristiana (dato che a Milano c'è anche L'Italia organo del19Azione Cattolica dipendente dalla Curia) con accentuazione delle questioni operaie; lasciando al Popolo di Roma l'accentuazione politica.

Ti prego di concordare l'affare con Gronchi e Grandi e darmi ur- gente notizia dei vostri piani, sì da affrettare l'affare (se, come spe-

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ro, non si troveranno ostacoli imprevisti). È bene si sappia che la sorgente delle poche somme che riesco a mandare è assolutamente indipendente e pura, si tratta di amicizie e simpatie personali.

Ho ricevuto per mezzo di Baldanzi, che ho visto giorni fa, un'eminente relazione di Achille Grandi2 sull'affare sindacale, re- lazione che mi servirà per informare il pubblico interessato, e una cara lettera di Gronchi.

I1 quadro fattomi da Baldanzi è assolutamente oscuro. A lui è sembrato (ed è qui corrente opinione) che il governo sia debole, scisso e senza guida (quel che qui dicono leadership). Egli mi ha fatto l'elogio di Gronchi, come l'unico che sa quel che vuole e ha l'energia di attuarlo. I1 generale O'Dwyer mi sembrò più fiducioso negli uomini al governo. Anche lui mi parlò di Gronchi; aggiunse anche Ruini alla lista delle persone cui aveva fiducia e lo stesso Bonomi. Quel che b esasperante per noi italiani, è il tono di critica amara, di sfiducia generale e di svalutazione continua che usano i comspondenti americani. Sembra che fosse ispirata dall'intento di perpetuare per anni il controllo alleato. Ora che questo va cadendo (dopo il comunicato di Roosevelt-Churchill) forse continua per giustificare il loro passato, come sembra fare il Matthews del New Work Times. Voi non potete immaginare l'effetto deprimente di tale campagna di denigrazione presso gli americani. Spero che l'ambasciatore italiano porterà con sé un buon segretario di stampa. Fate una scelta giudiziosa. Lo ripeto che mi metto a sua disposizio- ne per quel che gli potrà essere utile. Assicura l'avv. Scelba che il mio nuovo libro sull'Italia è uscito ed è stato spedito'.

Tuo aff.mo .

14 Ott[obre] '44 -Post Scriptum- P. Boland telegramma. [...l4. Truppe italiane sul fronte. Pace provvisoria e condizioni segrete Nessun appoggio sulla stampa. Così è mancata la pressione della pubblica opinione. L.S.

1. sii Domani Sociale* m stato i'organo, settimanale. della Confederazione iiauana dei lavorato~i (C.1.L). Diretta da G.B. Valente, visse dal 1919 ai 1925 (cfr. G.Vaiente. Asprm' e momenti dcll'azb- ne sociale &i caltolici in Iialia. a cura di EMalgeri. Roma 1%6).

2. Achilk Grandi (1883-1946). siodacalista organizzatore del movimento sociale cattalico. Nel 1945 segretario gumaie deiia Confedaariooe genmk del iavm per Li corrente democristiana. Fon- datorc delk A C U e deptato dia Costituente.

3. Si rnaa di Iiaiy a d the MY world or&r, Mac Donald a d Co., h d o n 1944. L'edizione ita- Liana. col titolo L'Italia e l'ordine Uiiemazionalc venne pubblicata da Einaudi. Torino 1946.

4. Dw parole iueggibili.

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Roma, 12 novembre 1944

Caro Sturzo, Sono desolato che tu scarseggi di nostre notizie, come mi con-

fermi nella tua dell' 11 ottobre, ricevuta ieri. Ti ho mandato una let- tera nella quale ti ringraziavo dei 1.500 dollari e una lettera di rin- graziamento ti venne mandata anche dalla Seli. Spero che nel frat- tempo tu abbia ricevuto a mezzo di Marchisio una mia lettera' e una busta di ritagli stampa. I1 nostro ufficio stampa tiene sempre aggiornato un dossier, a te destinato; ma siamo veramente disgra- ziati: Quintieri e Mattioli nonostante un formale impegno preso, sono partiti improvvisamente senza danni il tempo di consegnare loro un altro plico per te che dovrebbe aiutarti a seguire i nostri svi- luppi. Rinnovo ora i più sentiti ringrazianienti per il tuo dono giu- bilare e per i nuovi aiuti di 3 mila dollari che mi preannunzi e che verranno destinati, come stabilisci, cioè mille per la Seli, mille per la direzione, mille per il Popolo. Ho visto P.Boland che mi ha chie- sto consigli circa la ripartizione di alcuni sussidi alla stampa, ch'egli tiene dall'episcopato. Gli ho consigliato di sussidiare il set- timanale Lavoratore cristiano, che uscirà presto in Roma come or- gano delle Associazioni lavoratori cristiani (Acli), il quotidiano di Napoli, d'imminente pubblicazione, Il Domani d'Italia, ed il quo- tidiano di Mattarella e Aldisio a Palermo, che pur si attende fra giorni.

I tuoi piani circa l'Italia settentrionale s'incontrano coi nostri. Gli amici di cola sono clandestinamente assai attivi e una lettera che ha potuto passare le linee mi conferma che si va maturando la decisione di pubblicare un nostro grande quotidiano politico e d'in- formazione a Milano, con edizione piemontese e ligure, e di un quotidiano d'informazione nel Veneto. Mentasti è l'organizzatore e delegato nostro per tutto il temtorio, ove gli i? riuscito di superare alcune difficoltà milanesi. Attendo fra giorni Jacini e forse anche Colonnetti dalla Svizzera. Mi si scrive da lassù che i rapporti cogli altri partiti sono buoni, specie coi comunisti, i quali premono e pre- mono per una collaborazione awenire: tale tattica è la caratteristica più incisiva della politica italiana.

Ritornando ai giornali, l'impegno che tu hai ottenuto per 20 mila

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dollari è prezioso: sono anche d'accordo che l'organo di Milano sia nostro e specificamente sociale: sono certo che anche Grandi e Gronchi pensano così. Ora cercherb di chiarirti la complessa situa- zione sindacale. Come mi pare di averti scritto io fui fra i promoto- ri di un accordo sindacale, ma a patti chiari e condizioni, i quali non essendosi potuti raggiungere negli ultimi giorni del periodo clandestino, non era opportuno concludere, senza aver sentito il Mezzogiorno, ma Grandi pressato f m b in buona fede. Ora la no- stra situazione non è buona, perché Grandi è minorato in salute, è incapace di resistere alla concorrenza che non è sempre leale e noi, dopo vent'anni di vuoto non potevamo costruire di botto un'ossatu- ra sindacale. Stiamo ora provvedendo per: a) rinforzare con qual- che collaboratore la posizione di Grandi; b) promuovere le federa- zioni dei piccoli proprietari coltivatori diretti, che dovrà appoggiar- si all'unità sindacale, ma con maggiore autonomia; C) appoggiare 1'Icas a costituire le associazioni dei lavoratori cristiani, non speci- ficamente sindacali, ma di cultura professionale. Certo la collabo- razione sindacale e politica coi sociai-comunisti diminuisce il no- stro impeto propagandistico, ma a parte ch'essa, almeno per ora, sembra inevitabile, bisogna ammettere ch'essa impedisce l'intolle- ranza violenta dell'aitro dopoguerra.

Circa l'opinione di Baldanzi sul governo, eccoti il mio giudizio. I1 governo è certamente debole, ma appare ancor più debole di quello che è, soprattutto perché gli organi estremi in prima linea l'Avanti!, seguito per ragioni di concorrenza dall'Unità e talvolta dall'ltalia Libera, alterano la funzione di giornali di governo con quella di stampa dell'opposizione o, meglio, il più delle volte eser- citano questa seconda. Tutti i tentativi di definire contestazioni o incidenti in seno allo stesso governo non sono finora riusciti. Ogni quindici giorni si fanno nuovi propositi, si prendono impegni che poi non si mantengono. Nenni nell'Avanti! ha spesso un atteggia- mento assai simile a quello del '19 (meno la nota anticlericale). Il giorno 2 di questo mese di novembre, dopo un attacco dell'Avanti! contro il comandante dei carabinieri, attacco che esigeva l'allonta- namento del generale, senza che insieme al Consiglio si fosse pri- ma elevata eccezione, i tre ministri d.c. hanno mandato al presi- dente una specie di lettera-ultimatum in cui minacciano di ritirarsi se questo doppio gioco ancora continuasse. Dopo una vivace di- scussione nella quale i ministri dell'estrema riconobbero almeno in parte le nostre ragioni, si finì con nuove promesse. Ma c'è poco da sperare.

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Quale è la causa profonda di questa crisi latente? Do la sua parte alla demagogia, alla fatale concorrenza fra sociai-comunisti, al- l'abito dell'antica politica negativa soc[ialista], ma la fonte prima dei guai mi pare essere la questione istituzionale e le preoccupazio- ni ch'essa desta.

Due spettri grandeggiano sul nostro orizzonte politico: per gli uni il pericolo è lo Stato totalitario social-comunista, gli altri sono invasati dalla paura di un colpo alla Franco. Nenni, gih membro della giunta militare di Madrid, è il rappresentante piu tipico di questa seconda paura. Fondata? Non mi pare. Non c'è nessuna tra- dizione e nessun sintomo di pronunciamento, non esiste nessun uomo circondato di gloria militare; il piccolo esercito si sta appena riformando e riorganizzando. Il re vive isolato a Posillipo, il luogo- tenente ha una condotta rigidamente protocollare dalla quale non è uscito che per una intervista che gli grava. Bonomi, ministro dell'intemo coadiuvato dal socialista Canevari, garantisce contro mene reazionarie e perfino al ministero della guerra un sottosegre- tario comunista presiede commissioni d'inchiesta. Socialisti, co- munisti, partito d'azione hanno i loro uomini ai posti commissariali di centrale importanza; i partiti al governo tengono in mano tutte le leve di comando; su due commissari sottoposti ail'Alto Commissa- rio per l'epurazione, uno solo - Cingolani2 - è democratico cristia- no, e la maggior parte designati dagli estremi; fuori, nelle province, i nostri si lagnano dei troppi sindaci social-comunisti, nominati dai prefetti o dalle autorità di occupazione. Su nove quotidiani che escono a Roma, uno solo fa, tratto tratto, qualche sobria afferma- zione monarchica, mentre almeno tre, se non quattro, svolgono atti- va propaganda contraria. In questo stato di cose, si può sul serio agitare lo spettro della reazione militare armata e di una reazione antidemocratica in cammino? Vero è che non tanto le simpatie per l'istituto monarchico, quanto le obiezioni e le preoccupazioni con- tro la nostra maturità per una democrazia liberale repubblicana sono nella coscienza pubblica piuttosto in aumento che in decre- scenza. Guardandomi attorno non vedo che la monarchia si sia raf- forzata, né come istituto né come reale esercizio del potere; essa marca piuttosto un qualche guadagno di riflesso. Esso deriva dal dubbio che i partiti democratici non sappiano garantire la libertà e la disciplina di tutti innanzi alla legge, e che specialmente i partiti di sinistra o di centro non riescano a domare nella vita sociale lo spirito di violenza, che prepara la dittatura totalitaria. Oggi gli epi- sodi sono pochi e se n'è esagerata l'importanza, ma invece le mani-

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festazioni verbali sono molte e sintomatiche; i cittadini più pavidi dicono: è vero, l'Italia liberata vive oggi in calma relativa. ma non è questo semplicemente un passeggero vantaggio dell'occupazio- ne? Quando questa cesserh, dai solchi liberi non genninerà il seme che oggi viene sparso?

Nenni sente queste vibrazioni dell'opinione pubblica e crede di correre ai ripari, insistendo perché i cristiani democratici anticipino o precipitino come partito in toro la loro adesione alla repubblica; questo impegno, secondo lui, stroncherebbe ogni speranza dei mo- narchici e ogni velleità di reazione; lo spettro sarebbe bandito. Ve- drai dai ritagli dei giornali com'egli abbia cercato di utilizzare per la sua tesi anche il testo italiano del tuo ultimo libro che il Pazzi portb prima nella redazione dell'Avanti! che a me. Tu sai ch'io nel- la prima seduta del ministero Bonomi a Salemo ho proposto d'ac- cordo con Bonomi e Ruini che la legge fondamentale per la costi- tuente non escludesse il referendum. Allora i social-comunisti e Sforza cogli azionisti opposero una tenace resistenza, obiettando che il popolo italiano non è maturo per un tal voto. Si finì col deli- berare un testo che riserva la decisione all'assemblea, senza di per sé escludere, ma anche senza ammettere un referendum con carat- tere d'inchiesta. Per me il referendum ha un grande valore morale, perché dà il senso democratico e pacificatore di una suprema deci- sione popolare e di un consenso esplicito della maggioranza alla nuova forma dello Stato. Esso corrisponde anche all'attesa degli al- leati, che a tale consultazione diretta pensavano a Mosca e a Tehe- ran, e ce lo fecero dire ufficialmente. Esso non sposta, credo, le prospettive, perché nonostante il parere di Matthews nel colloquio col principe Umberto, è prevedibile - salvo mutamenti della situa- zione che mi paiono improbabili - che la maggioranza preferisca la repubblica.

Comunque, mi par certo che una politica chiara e unisona di go- verno demxratico, che abbia uno stile lineare di forza e di discipli- na basta a far svanire lo spettro della dittatura reazionaria. È perciò che facciamo ogni sforzo per convincere gli estremi a frenare le loro campagne agitatorie, minacciando anche la nostra uscita dal governo. Naturalmente esiteremo fino all'ultimo a farlo, perché la nostra assenza potrebbe mettere in pericolo la democrazia, ma an- che a rimanervi; se la tattica estrema continuasse, non gioverebbe che a rendere piu profonda la crisi e più grave il pericolo, perché il governo democratico viene ridotto ad uno straccio, ludibrio del- le genti.

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L'altro spettro è la dittatura social-comunista - uso questa fusio- ne di parole, perché nonostante le speranze di alcuni nostri amici e il reale sentimento socialdemocratico di molti intellettuali sociali- sti - a mio parere è per lungo tempo escluso che i socialisti posso- no svincolarsi dalla soggezione comunista. I comunisti hanno il mito e la forza della Russia, dispongono di un funzionarismo pro- pagandistico addestrato e ben pagato, di mezzi imponenti, di capi abili; ma soprattutto dominano i partigiani del Nord, che sono da 100 a 120 mila; buona parte dei gregari provengono dall'esercito decomposto, molti sono nostri o liberali; anche fra i capi abbonda- no gli ufficiali, ma i più preparati, i più organizzati sono comunisti. Gli alleati temono un qualche tentativo di putsch a Milano od a To- rino. È più probabile ch'essi s'impadroniscano delle cariche più importanti, per poi far pressione sul governo. Fin d'ora la tattica di penetrazione è da loro perseguita con tenacia e con frutto. Ho l'im- pressione che sperano di conquistare una dittatura di fatto attraver- so le forme democratiche. Stando così le cose rion è facile bandire il secondo spettro. È possibile solo dire che l'insurrezione armata è improbabile - data l'occupazione - e far appello alle resistenze li- berali e democratiche. Gran parte del paese è anticomunista, ma non è sulla base dell'anticomunismo che noi possiamo radunare le forze, altrimenti correremo il rischio di confonderci con correnti reazionarie.

In quanto alle impressioni degli alleati, i loro rappresentanti non pare abbiano una reale conoscenza dei membri del gabinetto; cia- scuna commissione conosce quella della propria branca e i senza portafoglio danno scarsi collegamenti: io dapprincipio li ho cercati, ma la molteplicità dei miei impegni - 3 o 4 volte la settimana - ra- duni grandi o piccoli di ministri, poi le udienze, il partito, talvolta il giornale - non so come il Signore mi tenga sano, mancando anche molti comodi della vita. Al nostro ufficio stampa e a Spataro ho raccomandato i contatti coi nostri amici stranieri. Ho letto il tuo giudizio sui corrispondenti americani in presenza di parecchi mini- stri; Sforza pensa che tu sia pessimista. Non ho potuto influire sulla costituzione della sua missione. Gli feci delle proposte, non so se ne terrà conto. Saprai ora che non è vero che le truppe italiane ab- biano combattuto male: sono state coperte di lodi: entro quest'anno entreranno in campo sei divisioni equipaggiate dagli alleati e altre se ne prepareranno. I nostri aviatori si battono eroicamente nei Bal- cani. Se fosse permesso dar notizia delle perdite avute e delle lodi

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guadagnate le leggende sarebbero sfatate. Da ora in poi si permet- teranno corrispondenti italiani di guerra. Il governo tenterà uno sforzo per il reclutamento. Abbiamo ricevuto saluti di Veranrt e del gruppo di «Popolo e libertà». La direzione risponderà con cordiali sentimenti. Spero che Scelba ti abbia informato sui nostri progressi organizzativi. Siamo molto più avanti che nel '22-'26, ma la situa- zione è ancora più complicata e difficile. Tenderemo i muscoli fino all'inigidimento. Lo spirito combattivo non manca. Le tue lettere ci portano lume e incoraggiamento. Finora ho superato tutte le dif- ficoltà delle tendenze interne, mantenendo l'unità e la forza com- battiva del partito. Non avrei che un'ambizione, quella di riconse- gnartelo degno di te. In attesa ti invio nuovi ringraziamenti per la tua opera, nuovi auguri per la tua salute e per il tuo ritorno e i più de- voti saluti dalla mia famiglia e dagli amici tutti. Con un abbraccio.

1. Robabilmente. la lettera del 10 1944. 2. Mario Cingolani (1883-1970). Esponente dell'Azione Cattolica nel periodo di Pio X. nel primo

dopoguerra fu tra i fondami del P.P.I. Deputato dal 1919, fu sottoscgretho al lavoro nei due ministe- .

ri Fw. Aderì aila D.C. sin dal periodo clandestino. Deputaio nella prima kgislatura repubblicana e senatore oeiia seconda, fu ministro dell'uronautica e della difesa nel I e ii ministero De Gaspeti.

Don Luigi Sturzo 2274 Eighty-First Street, BrooMyn 14 New York

22 dicembre 1944

A S. Ecc. 1'0n. Alcide De Gasperi Ministro degli Esteri Roma

Mio caro Alcide, comprendo la quasi impossibilità a scrivermi in cui sei; Scelba

mi promise di mantenersi in contatto con me. Ebbi la sua prima let- tera, ora attendo risposta alle mie due successive.

Non so cosa esattamente abbia detto o fatto il mio amico Padre Boland, solo so, attraverso un comune amico, ch'egli è stato in contatto con te e Rodinò.

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I1 tuo nuovo fardello, quello degli Esteri, è stato assai opportuna- mente messo sulle tue spalle, dato anche il periodo oscuro che si traversa. Ieri ho letto che Sforza ha rinunziato a venire a Washing- ton. Gli ho subito scritto che, nonostante il rincrescimento che si provava, era questo l'unico passo che rispondesse alla sua dignità personale e agli interessi dell'Italia.

Ora attendiamo con ansia il nuovo ambasciatore. Parecchio tem- po addietro ti feci dire che qui in America ci vorrebbe un uomo di affari, ben conosciuto negli ambienti finanziari e industriali, per poterli interessare ai nostri problemi. La politica si fa a Londra e l'economia a Washington.

Ho pensato che il Prof. Luigi Einaudi sarebbe l'uomo adatto, ne ho parlato al figlio Mario (che è un giovane di gran valore); ma egli mi ha detto che non ha ancora ripreso contatto col padre e non sa nulla dei suoi piani.

Ho letto nel N.Y. Times che si fanno i nomi di Visconti Venosta, che certo è un bel nome, e di Tarchianil che.io stimo molto (sven- turatamente fu molto criticato dagli oppositori della Mazzini Socie- tà e del Gruppo - assai feroce contro tutto e contro tutti - di Salve- mini2 e Borgese). Se l'ambasciatore noq & uomo di affari, mandate insieme a lui un addetto commerciale di primo ordine!

Ho pensato che Stefano Jacini sarebbe ottimo per Parigi. Spero che Russo sia venuto a Roma, come fu annunziato dai giornali di qui. Con Parigi si debbono riprendere presto i rapporti. Io ho scritto a Bidault circa un mese fa.

Qui si è assai preoccupati della sorte di circa 35.000 prigionieri italiani nell'Africa Francese. Non ostante che la Convenzione di Ginevra obblighi gli Stati a fare ai prigionieri lo stesso trattamento dei propri soldati, la Francia non può (si dice) usare questo sistema e i nostri prigionieri soffrono di tutte le privazioni. La Croce Rossa Int[ernaziona]le non ha fondi per inviare dei pacchi. Ne ho interes- sato Ortona (dopo aver sentito altre vie di qua) per avere fondi dal Governo Italiano. Ma io penso che se la Francia non può mantener- li, dovrebbe passare i prigionieri all'Inghilterra o America o resti- tuirli all'Italia. Spero che il Governo se ne interesserà.

Avrei molto da scriverti: oggi fo punto. Auguri a te e a tutti con il pib vivo affetto e confidenza in Dio.

Tuo Luigi Sturzo

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1. A l b m Tircbiini (1885-1%4). giornalista e uomo politico. Sono il farismo @b a Parigi fm zii 1940, poi negli Suti Uniti. &ve h segr*uio della M d n i Sociay. Dal 1945 1) 1955 amba- sciatore a Washington.

2. Gsctano Salvemini (1873-1957). esule m1 1925 per il suo antifascismo. Professore all'univa- sità di Harvard mali Siaii Uniti dal 1934 zii 1948. quando, rientrato in Italia inscgnb all'UMvenità di

Don Luigi Sturzo, 2274 Eighty-First Street, Brooklyn 14, New Y ork

10 gennaio 1945

A S. Ecc. Alcide De Gasperi Ministro degli Esteri Roma

Caro Alcide, ho il piacere di presentarti il mio amico, Prof. Lione110 Venturi,

che ti porta i miei più affettuosi saluti. Ho avuto il telegramma di sua Ecc. Bonomi, al quale ho risposto

per telegramma passatomi dagli uffici governativi di Washington. Spero gli sarh arrivato. Gli rinnovo per mezzo tuo tutti i miei sensi di devota gratitudine.

Ringrazio pure te dell'affettuoso telegramma. Ho ricevuto solo in questi giorni la tua del 12 novembre. Vedi se sarà possibile fare affrettare l'apertura del servizio telegrafico per i privati da qui all'Italia e viceversa, risolvendo la noiosa vertenza fra Western Union e Italcable, circa la tariffa.

Qui occorre subito un ambasciatore che sia anche un esperto in affari economici e finanziari. Sarà impossibile che l'Italia risorga s.enza l'aiuto americano e questo più che politico sarà economico.

Se non è possibile inviare qui un uomo come Einaudi (so che ha rifiutato) occorre che con l'ambasciatore venga un addetto com- merciale di primo ordine; il migliore che potete avere, possibilmen- te noto negli ambienti americani intellettuali, bancari e industriali.

Col Prof. Venturi abbiamo parlato di questo e altri affari. I miei migliori auguri per te, la tua famiglia, e principalmente

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per la patria nostra al cui secondo Risorgimento tu hai dedicato le tue preziose energie.

Credimi aff.mo

Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo, 2274 Eighty-First Street, Brooklyn 14, New York

14 gennaio 1945

A S. Ecc. Alcide De Gasperi Ministro degli Esteri Roma

Mio caro Alcide, so che Scelba mi ha scritto e mi ha mandato un plico di giornali

e riassunti di stampa, ma da circa 20 giorni tutto giace presso l'uf- ficio di revisione.

I1 ritardo della venuta dell'ambasciatore e riapertura degli uffici relativi è veramente inopportuno e angustioso. Qui ci vuole un uomo di affari ben apprezzato nel mondo capitalista, da influenzare la politica americana, e un uomo superiore alle divisioni e frazioni dell'ambiente italiano e italo-americano, sì da divenire centro uni- ficatore. Sarebbe da escludere persone che sono state in America e coinvolte nelle lotte di fascisti e antifascisti. Ti acchiudo un ritaglio di giornale (La Parola settimanale socialista di New York) e vedrai come l'invio di un semplice tecnico abbia riscaldato questo am- biente. Io ignoro se le accuse qui contenute, e altre assai gravi det- temi a voce, siano o no fondate. Ma che ragione c'è d'inviare qui gente discussa o discutibile? Io conosco quale l'incarico avuto, ma poteva scegliersi altri. Ora sento di altri due che verranno qui in posizione delicata. Uno di essi è mio amico; lo apprezzo moltissi- mo; la tua scelta, obiettivamente parlando, è ottima; ma già il solo nome desta ire e risentimenti; se io fossi al suo orecchio, gli direi di non accettare. L'altro ha già avuto recentemente attacchi dalla stampa salveminiana, e anche da un settimanale puramente ameri-

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cano di larga circolazione. Ti prego di considerare questi miei rilie- vi obiettivi, essendo io fuori da ogni fazione italo-americana e in buona relazione con tutti, anche con Salvemini non ostante le re- centi polemiche sul suo libro.

Mi scrisse una cara lettera l'on. Dal[?]. Mi sono interessato dell'affare dei prigionieri in Russia e continuo ad interessarmene. Ora leggo con piacere che b stata permessa la comspondenza coi parenti a mezzo della Croce Rossa. Non sapendo come e dove indi- rizzargli la lettera, gli mandai una nota a mezzo di un amico italo- americano che ora trovasi (credo) in altra città. Gli dirai anche che la sua lettera dell'agosto mi arrivb tardi in novembre.

L'intervista di Badoglio ha fatto qui enorme impressione (come di una manovra combinata contro il governo Bonomi); io ho credu- to opportuno di farvi una forte critica, e anche di denunciare la col- lusione politica con il servizio Intelligenza che fa meraviglia non sia stato ancora disciolto e organizzato su nuove basi e con elemen- ti non compromessi con i delitti fascisti e le mene successive.

Grazie di nuovo del telegramma. Auguri a te la tua famiglia e gli amici.

Credimi affezionatissimo

Luigi Sturzo

Nello scrivermi usate tanto la via ordinaria postale che quella amichevole. Bisogna affrettare la riapertura del servizio telegrafico e quello della via aerea.

S turzo

l l febbraio 1945 A S. Ecc. Alcide De Gasperi Ministro degli Esteri Roma

Mio caro Alcide, non occorre presentarti M. Jacques Maritain, che viene a Roma

come Ambasciatore della Francia presso la S.S. Questo i2 solo per

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dargli l'occasione di pigliare con te un appuntamento e fare la vo- stra reciproca personale conoscenza.

È una fortuna per Roma avere Maritain per un certo tempo, io spero lungo; così avrete l'occasione di apprezzare oltre che le sue idee, la bontà che traspira dalla sua persona.

Spero che la SELI potrà combinare l'edizione italiana di qualcuna delle opere di Maritain.

Cordialmente tuo

Luigi Sturzo

Rev. Don Luigi Sturzo 2274 - [Eightyl-First Street Brooklyn 14, New York

2 giugno 1945

Personale A S. E. L'On. Alcide De Gasperi Roma

Mio caro Alcide, il latore ti dirà a voce sulle difficoltà e possibilità della mia ve-

nuta. Del resto, ne ho scritto a Scelba già due volte e attendo rispo- sta.

Questa riguarda un affare di eccezionale importanza. Si tratta di un piano di trasformazione produttiva e di utilizzazione industriale dei nostri prodotti agricoli sì da rendere l'Italia prospera in un lon- tano avvenire.

Finalmente ho trovato l'uomo: uno scienziato e insieme uomo di affari, una persona onesta e insieme uomo di cuore, che vuole fare quel che è in suo potere per l'Italia. Ho anche trovato una persona delle stesse qualità che fa da legame fra me e lo scienziato. Ma oc- corre un italiano che sia uno scienziato in biochimica applicata all'agricoltura e che conosca bene l'agricoltura italiana, special- mente la produzione granaria; che sia persona di fiducia e che pos- sa cooperare con me a formare uno o più piani tecnici, uno imme- diato e l'altro a pih lunga portata.

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Può darsi che si troveranno dei capitali necessari a titolo di pre- stito o di partecipazione. Studierò anche il piano finanziario. Se mi ingaggio in questo affare dovrò ritardare la mia venuta.

Tu però che mi conosci, sai bene che io non sono un uomo facil- mente entusiasmabile per delle chimere. Non si tratta di aamerica- nate». Qui ci vedo la salvezza dell'ltaiia, la sua ripresa economica e il suo avvenire.

Da un anno che cerco e mi informo. Mandai un piccolo progetto ad Aldisio per l'utilizzazione delle

arance, sei mesi fa. Non un rigo né una parola. I1 miglior modo di superare le difficoltà di carattere tecnico e fi-

nanziario è quello di interessare qui degli americani. Io non ho mai chiesto nulla per me, e non chiedo nulla. Lavoro

da me solo, non ho nessun aiuto. Anche per questa lettera sono co- stretto da me stesso a farmene copia (per appunti) per ricordare quel che ho scritto.

Nei caso presente non domando che un atto di fiducia per lo stu- dio di un piano, più un tecnico e la spesa per le copiature di lettere e rapporti. Niente niente per me.

Io penso che avremo veri effetti importanti a) il miglioramento rapido nell'alimentazione b) la trasformazione produttiva con conseguente migliore standard

di vita C) la possibilità di piccole colonie agricole sufficienti per ogni

famiglia d) una buona prospettiva di esportazione, il che aiuterebbe anche

la nostra moneta a rimettersi. Ti prego di considerare questa lettera, di cercare la persona

adatta e di farla inviare qui ai più presto, <<con l'incarico di studiare gli elementi tecnici del.piano che sto elaborando d'accordo con le succitate persone».

Non ti scrivo per ora più chiaramente e dettagliatamente per ov- vie ragioni. La prima volta in vita mia che chiedo agli amici un atto di fiducia.

Tuo aff.mo

Luigi Siurzo

Quando avrai la presente ti prego di telegrafarmi di aver ricevuto lettera 2 giugno e di assicurarmi il tuo aiuto.

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Don Luigi Stuno 29 giugno 1945

A S. Ecc. L ' h . Alcide De Gasperi Ministro degli Esteri Roma

Mio caro Alcide, vivamente ti ringrazio del telegramma ricevuto a nome della Di-

rezione del Partito. Prego Dio che ci assista tutti nel difficile compito di ridare vita

alla nostra Italia. 1) Ti acchiudo copia della lettera inviata dal Dipartimento della

Guerra al Presidente del People and Liberty circa i rifornimenti ali- mentari e altri aiuti per la ricostruzione del nostro paese. Nulla di piu di quanto voi saprete, ma ancora una prova di buona volontiì, benché di fatti limitata e non del tutto sufficiente. Il nostro amba- sciatore non si risparmia per riuscire e il suo prestigio va sempre aumentando. Molto accetto è l'ing. Sacerdoti, una buona scelta per l'ufficio che occupa.

2) Circa la richiesta contenuta nella lettera del 2 giugno (inviata a mezzo Mons. Carboni) ti prego di scegliere o far scegliere l'uomo adatto ma attendi un mio telegramma o lettera per ulteriori accordi: può darsi che ne farò a meno. Ci ho per le mani un altro progetto di una certa importanza e vedrò se è possibile combinare le due cose insieme. Te ne scriverò appena avrò gli elementi suffi- cienti.

3) So che S.E. Tambroni ti ha raccomandato il Dr. Volterra per- ché sia chiamato in Italia. Ho letto il suo memorandum e lo trovo interessante; mi sembra che l'utilità della sua presenza in Italia (e anche l'assenza) sia evidente. Spero che riuscirai ad ottenere dal Governo am[erica]no il consenso perché egli parta. Aggiungo, per mio personale interesse, che se potrà combinarsi che il Dr. Volterra parta insieme con me, sarei veramente fortunato, dopo che ho per- duto il mio caro amico e dottore (per venti anni), che mi aveva pro- messo di accompagnarmi fino a Roma. Ma questa eventualità è le-

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gata a varie condizioni, sì che io conto poco, solo l'affaccio come un desiderio subordinato agli avvenimenti.

4) Mia venuta: Sto facendo l'applicazione per il visto delle auto- rità americane. So che ci vorrà il consenso del Comando del Medi- terraneo, consenso che si dà. credo, di accordo anche con il gover- no italiano. Ti prego di interessartene per quel che occorre. Se tutto andrà bene, io vorrei partire durante agosto. Scelba conosce le mie richieste e credo ne avrà parlato con te. Soprattutto occorre evitare folle ed emozioni che temo di non poter sopportare. Desidero ani- vare a Napoli e a Roma in stretto incognito. Non parlate del mio ri- tomo sui giornali, non eccitate I'aspettazione.

Debbo aggiungere, come gih ti scrissi, che se per le iniziative che sto studiando occorre che io mi fermi ancora di più negli Stati Uniti, allora il mio ritorno sarà differito.

5) Vedo che è rimasto il Sottosegretariato degli Italiani al19Este- ro. Dubito dell'utilità di tale denominazione, che ricorda il fasci- smo, invece di quella di Commissariato di Emigrazione, che do- vrebbe (se non lo è stato) [essere] riorganizzato. ~ u e l l a che do- vrebbe essere migliorata & la stampa e propaganda all'estero. Qui C'& una cattiva stampa per l'Italia, tranne vari esempi come gli arti- coli di Mrs Anne O'Hara Mc Connick del N.Y. Times, qualche ar- ticolo (credo di [manca]) sul N.Y. Post, qualche articolo di [manca] Welles e un (raro) di Dorothy Thompson. I corrispondenti sono spesso aspri e svalutano quasi tutto; peggio non danno notizie ov- vero le poche notizie avute sono cestinate o mutilate (a meno che non si tratti di cose scandalistiche o di ex fascisti). Un tempo Sfor- za era in primo piano, ora non se ne parla più. I nomi di Scelba e di Jacini come Ministri non sono stati dati che solo da un giornale in due righi nascosti. Perfino il Bollettino dell'0.w.1. non li ha riporta- ti - e così via. Poche parole sulle dichiarazioni di Pani. Nulla sulla decisione di San Francisco per l'Italia. Tutto ciò ha l'effetto sulla comunità Italiana di depressione, di sfiducia dellSItalia e di risor- gente ammirazione per Mussolini tradito dal Re, dal papa e da Roosevelt e assassinato da Scelba, perché Mussolini, secondo loro, teneva alto il decoro e l'Italia, vedendo sempre sul N.Y. Times, sul N.Y. Herald Tribune e tutti i giomali americani protestanti e catto- lici elogi e resoconti di parate discorsi fanfare e simili.

L'unica propaganda italiana che si fa qui dal foglio L'Unione del Popolo è quella comunista, ingrandendo tutto quel che si fa a Roma e a Mosca allo stesso scopo. Nessuna, o quasi, la conside-

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razione della stampa (anche cattolica) per la Dem[ocrazia] Crist[iana] tranne per l'ufficio del CIP che però non ha ancora in- fluenza tangibile anche presso i cattolici. Pensate che se non abbia- mo la stampa americana a favore dell'Italia non avremo nemmeno larghezza di aiuti.

Credimi tuo aff.mo

Luigi Sturzo '

[Brooklyn], 16 luglio 1945

Caro De Gasperi, grazie del telegramma comunicatomi dall' Ambasciatore, attendo

la lettera. Intanto riprendo il tema della stampa in America. Ti accludo il numero del 14 c.m. del Crociato1, il pia diffuso set-

timanale cattolico di lingua italiana, che assieme ad un buon servi- zio per le cose italiane non manca mai di attaccare partiti e gover- no, senza mai o quasi rendere giustizia a quel che si fa ovvero darvi la luce giusta. Non è malvolere, è incomprensione e pregiudizio. Così si fa aumentare il risentimento dei cattolici italo-americani contro l'Italia politica e continuano i confronti dell'oggi col ieri, tutto a vantaggio del filo-fascismo. Pochi dicono apertamente ciò ma facilmente si comprende ciò che è sottinteso. Dispiace assai di vedere nel clero la presenza di tutti i risentimenti dei clericali di un tempo contro l'Italia. Occorre un lavoro opportuno per riprendere le simpatie del clero, che un tempo era avvicinato da consoli, am- basciatori, inviati etc. I1 clero oggi si tiene lontano da quel che ri- guarda l'Italia, salvo a contribuire all'aiuto materiale promosso dall'ufficio del War Relay del National Catholic Welfare Confe- rence e voluto dai vescovi. La cosa è comprensibile, anche perché se un prete partecipa ad un pranzo o ai ricevimenti dell'ambascia- tore sarà sui giornali indicato come ex fascista.

Le corrispondenze da Roma al N.C.W.C. - Press Service di Wa- shington non aiutano affatto a comprendere la reale situazione dell'Italia.

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Come potrai rilevare dall'accluso estratto di un articolo pubbli- cato dalla Gauetta del Massachusetts (l'articolo credo sia di un prete) lo spettro del comunismo fa passare ogni limite nella pole- mica. Gih l'affare dei pacchi da inviare in Italia (dopo la dichiara- zione del Post Master General di Washington di cui ti mando co- pia) è divenuto un'arma contro il Governo italiano e una nuova oc- casione (per molti) di ricordare altri tempi.

Qui non ci è che un solo giornale di lingua italiana che esalta non il governo ma i ministri comunisti ai quali attribuisce ogni me- rito di quello che fa il governo; non ci sono poi che critiche di de- stra (cattolici) e di sinistra (Salvemini, anarchici, socialisti di vec- chia osservanza e anticomunisti). I1 giornale che un po' difende il Governo b quello della Mazzini Society, in contatto con l'ambascia- tore. I1 Progresso è diretto da un ex fascista che ha poco credito.

In sostanza: 1) manca un bollettino di notizie italiane esatte da distribuire alla

grande stampa e anche ai giornali di lingua italiana (Boll. dell'0.U. Inf. cessato);

2) manca il tono di una ripresa morale e politica in Italia che orienti tutti gli italiani all'estero e che dia loro speranza;

3) manca una chiara affermazione che l'Italia non vuole divenire preda dei demagoghi e rivoluzionari e che a ciò sono uniti tutti;

4) manca una costante difesa della politica italiana di fronte a tutte le accuse, e più che accuse svalutazioni e deprezzamenti che generano sconforto, sfiducia e infine disinteressamento e disprezzo.

Ciononostante ambasciata, amici dell'Italia lavorano etc. Lavo- rerò ancora.

1. -11 Crociato* era un e t t i m a d e di vita cattolica* in lingua italiana che usciva a BrooLlyn.

[Brooklyn], 16 agosto [l 9451

Compiacimento per il suo lavoro. 1) Gli scrivo per avvertirlo della mia opinione contraria al plebi-

scito pro Monarchia o Repubblica. Contesto che il Governo attuale possa limitare l'Assemblea costituente con un Referendum preven-

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tivo. Affermo che sarà la costituente stessa a deliberare circa le consultazioni popolari se e come. Sono opposto al plebiscito (vedi Pop[olo] di Milano che vi si è imbarcato). Penso che non sia in bal- lo Monarchia o Repubblica, ma capo di Stato elettivo o ereditario (problema di portata modesta). Accenno al pericolo del clero che s'imbarca nel plebiscito a difesa della Monarchia. Ricordo averne scritto in novembre a Scelba - avere notato che il Popolo eviti la riproduzione di una parte del mio' articolo (Mondo, maggio '45)2. Desidero che questo punto del mio pensiero si sappia prima del mio arrivo non per alimentare controversie ma per la sua necessaria valutazione.

2) Cagnolati - console o utilizzarlo in Italia. 3) Ambasciate o Legazioni America Latina. 4) Articolo bomba atomica da riprodurre Riv[ista] Spataro o Po-

polo. Do la lettera a Tarchiani aperta, pregandolo di consegnarla

chiusa.

1. Schema di le&. In alto annotazione di Stuno: *A De Gasperi. inviata % Tarchiani*. 2. Nel maggio 1945 apparve sul *Mondo* un anicolo di Snirro dal titolo Trieste. Questione M -

zionale e internazionnle. Nello stesso numero anche un messaggio di Stuno dal titolo Lo vi no^ in Europa. Ambedue gli articoli in L. S w o . La mia battagl h... cit, pp. 370-373, 382-383.

Ministero degli Affari Esteri

[22 agosto 194511

Carissimo, ho ricevuto la tua del 16 c.m. e ti rispondo con pochi rapidi ceri-

ni data la strettezza del tempo disponibile. Ti ringrazio della conferma della tua fiducia che mi è di incorag-

giamento per resistere in un compito che è davvero gravissimo date le circostanze straordinarie e il ritmo irrefrenabile degli avveni- menti e dei problemi che si debbono risolvere.

Ho trattato in questi giorni a lungo con Tarchiani, apprezzando- ne lo zelo e l'alto senso patriottico.

Circa la questione che mi prospetti riguardante il plebiscito, cre-

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do che potresti differirne la trattazione giacché non B per il momen- to di attualitiì immediata e riaprirebbe una polemica che io credo di aver chiusa con le mie dichiarazioni fatte al recente Convegno Na- zionale del Partito. Ricordai infatti di aver sostenuto il referendum ancora a Salemo durante la discussione sulla legge per la costituen- te ed essere anche oggi del parere che esso potrebbe essere una mi- sura di chiarificazione e di pacificazione se venisse accolto come tale da tutti i partiti e sovrattutto dalle due tendenze principali in lotta. Se pera, come pare, il referendum dovesse riuscire ad acuire invece che attenuare il conflitto, preferivo che si rinunciasse e che il partito non ci insistesse menomamente.

Tali dichiarazioni vennero accolte da tutto il Convegno compresi coloro che avevano ripetuta la proposta. Non mi pare perciò oppor- tuno entrare in lizza con una tesi che, se io non son pronto ad accet- tare per ragioni di concordia, non mi pare risponda a ragioni di . principio così forti da persuadere i dubbiosi e coloro che vi ricorro- no per sincera passione democratica. Comunque quando occorra la mossa polemica potrai vedere in altro momento.

Sinora nessun allarme esiste circa un intervento eccessivo del clero che si è nella gran parte attenuto alla regola di neutralità in- culcata dalle autorità religiose.

Mi si dice che forse più tardi da parte liberale si intenda riaprire la questione e allora sarà il caso di entrare in lizza con tutti gli ar- gomenti che riterrai opportuni.

Domenico Russo non mi ha scritto per Antonio Cagnolati. La Francia pretende che i consoli in quel paese siano funzionari

e ho dovuto rinunciare ad altri collaboratori valorosi, ma noi abbia- mo tanto bisogno di giornalisti che mi affretto a fargli scrivere se potesse essere a nostra disposizione.

Ho fatto pubblicare l'articolo ottimo «sulla bomba atomica», ma trattandosi del Popolo ho dovuto omettere il cenno alla Russia per- ché in questa vigilia siamo sotto particolare pressione.

Ho fatto il possibile per riaprire le Rappresentanze dell' America Latina, ma le resistenze sono state vinte appena in questi giorni e Martini partirà a fine mese.

Sono lietissimo del tuo ritorno, benché per la tua salute avrei preferito che tu non capitassi proprio nel centro della lotta e in un contatto troppo molesto con gli avvenimenti quotidiani; benché mi auguri che ciò serva di stimolante per la tua già ancora potentissi- ma energia.

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Spero che Scelba abbia approntato tutto per bene ai Barnabiti ove è ospite anche Mattarella.

Se tu usi caffè vedi di portartene da costì perché qui è ancora prezioso. Ti ringrazio del pacchetto che mi hai annunciato col suo curioso contenuto.

De Gasperi

1. Per h data. cfr. lettera 60. 29 agosto 1945. Uifro. p. 150.

[Brooklyn], 29 agosto [l9451

Do schiarimenti perché non posso ritirare l'articolo sulla Cost[ituente] e Pleb[iscito]2. Si vedrà la mano del Vaticano.

Posizione e influsso di Salvemini. Lettera concistoriale sulle elezioni. Ombra del Vaticano sull'atti-

vità della Dem[ocrazia] Cristiana, che senza questa sarebbe ben vi- sta nel mondo politico e degli affari in America.

Evito polemica con Salvemini perché egli ha più larga udienza in ambienti dove è difficile penetrare, anche per criteri disciplinari delle diocesi di qui. Campi chiusi quelli dei cattolici. Atteggiamen- to della Russia - accusa di fascismo alla Chiesa. Affare della Spa- gna. Io credo che il mio articolo si debba pubblicare in Italia dalla rivista di Spataro e non farlo sfruttare dagli avversari.

Ricordo articolo Matthews - 5 agosto.

1. Schema di lettera. In alto a sinistra annwione di Siwo: *A De Gaspai*. Sono la data: 'spedito '/t Tarchiani*. ii testo defmitivo della leaen infra, lmen 60.

2. Cfr. Luigi S w m , Costimente e Plebiscito. *Il Mondo*. scmmbre 1945.

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New York, 29 agosto 1945

Mio caro Alcide, ho ricevuto la tua del 22 c.m. e vivamente te ne ringrazio. Mi

duole molto che non posso seguire il tuo consiglio di sospendere la pubblicazione dell'articolo su Costituente e Plebiscito. Non imma- ginavo tale ostacolo quando lo diedi al Mondo (e ne spedii copia a Scelba). Se ora lo ritiro, il meno che potrà capitare & una polemica con Salvemini, che dirà che l'ho ritirato per ordine del Vaticano. Egli vede il Vaticano da per tutto e continua una campagna impla- cabile. Ha più larga credenza che non io nel campo dei partiti e gruppi detti qui «liberali» - cioè di sinistra radicale - e gruppi so- cialisti (a parte il credito che ha presso gli italo-americani). E stato finanziato per poter inviare i suoi articoli in inglese, in estratti e in busta, a migliaia di indirizzi personali del mondo politico ed intel- lettuale. Oltre l'Italia Libera ha un mensile dove raccoglie articoli e notizie in inglese che viene diffuso gratis.

I cattolici qui non se ne interessano perché gli ambienti cattolici diocesani sono campi chiusi dove circolano i fogli diocesani della Chiesa e delle parrocchie. Così si formano degli ambienti imper- meabili.

Se io devo controbattere le accuse di Salvemini, devo scrivere sui suoi giornali e sui giornali che accolgono i suoi scritti - che per lo piu sono in mano anticlericale o protestante.

Ho saputo che certi vescovi si risentono di ciò perché qui non è costume che un prete scriva su tali fogli e ci sono coloro che se ne scandalizzano.

Tutto sommato, non nii piace fare accreditare la voce che il Va- ticano interferisce nella vita politica italiana. Specialmente in que- sti giorni che la circolare della Concistoriale circa le elezioni è sta- ta pubblicata qui con il commento che si tratta di intervento del Va- ticano a favore del Partito della Democrazia Cristiana. Quanto tutto ciò nuoccia all'Italia tu puoi pensarlo; tanto più che qua, nei circoli politici e di affari, si contava e si conta - per l'ordine in Italia - sul Partito d e m [ d c o ] cristiano, e la tua azione nelia passata crisi ministe- ride fu ritenuta molto seria e degna di uomo di stato. Ma al solito, an- che per certe sfere, c'è l'ombm del Vaticano in quel che tu fai o non fai.

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Qui, per gli uomini politici, il Vaticano è una potenza degna di ogni rispetto e da tenerne conto; ma ogni sua ingerenza (creduta tale) nella vita politica, al di fuori della religione, della carità, della pubblica assistenza e della predicazione e affermazione dei precetti morali, dà sospetto.

Si aggiunge, in piu. l'atteggiamento della Russia e la propaganda dei partiti e uomini di sinistra contro il fascismo della chiesa catto- lica. L'affare della Spagna & un punto cruciale.

E cosi, molto che si può ottenere, al di fuori del campo cattolico, va compromesso per poco o nulla.

In queste condizioni, tu stesso al mio posto non ritireresti l'arti- colo.

Se questo risolleverà in Italia la discussione del plebiscito, non mi pare sia un male. Meglio adesso che quando i liberali lo ripro- porranno. Qui c'è il socialista Vacirca che sostiene la tesi del plebi- scito. Così la cosa passa i limiti dei partiti e diviene una discussio- ne di carattere libero (e secondo me piuttosto teorico). Percib io arnerei che il mio articolo fosse pubblicato dalla rivista di Spataro, e non attendere che sia sfruttato dagli avversari.

Mia partenza - tu scrivi che per la mia salute avresti apreferito che io non capitassi proprio nel centro della lotta». Dalle vostre in- sistenze per il mio ritorno io avevo capito al contrario che era (ed è) vostro desiderio che io sia con voi nel momento pib difficile. Io non rifiuto cib: solo mi domando: se questa lotta (elettorale o al- tro) verrà in primavera, perché dover passare l'inverno a Roma in- vece di New York? Ecco perché qui più volte ho insistito per esse- re assicurato di avere delle stanze discretamente riscaldate. Spero che ciò sarà, onde verrò in Italia (se Dio vuole) anche prima del- l'inverno.

Quel che mi disturba è la mancanza di precisione sul mio allog- gio. Ho telegrafato a Scelba che, pur ringraziando, non potevo es- sere ospite di ordini religiosi maschili. Ho troppo bisogno di assi- stenza e di cure. Cosa impossibile in tali ambienti; o una casa di suore preferibilmente ospedaliere, o una casa di salute per ammala- ti comuni (non infettivi né mentali), ovvero una buona famiglia amica. È da marzo (a mezzo di Mattioli) che insisto su questo pun- to, e mai una risposta chiara. Se non so dove andare e non sono convinto che la cosa risponderà ai miei bisogni, non posso partire di qui. Lavoro, come tu sai, tutto il giorno, spesso la sera, ma senza l'assidua assistenza, anche per muovere una sedia o aprire una fi-

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nestra o evitare una corrente d'aria, non potrei fare nulla di nulla. Ecco la mia situazione personale.

Spero ricevere presto un chiaro telegramma da te o da Scelba su questo punto.

Tuo aff.mo

L. Sturzo

Rev. Don Luigi Sturzo, 2274 - 81st Street, Brooklyn 14, New York 29 agosto 1945

On. A. De Gasperi Ministro degli Esteri Roma

Mio caro Alcide, ebbi domenica 26 C. una lunga conversazione telefonica con G.

Bidault. Non potevo andare a N.Y. perché ero febbricitante (e lo sono ancora ... è gia il terzo mese, ma non mi impedisce il lavoro in casa). Avrai notizie per altra via.

Gli parlai anche di ricostruire per altre basi un ufficio permanen- te internazionale dei partiti di ideale Dem[ocratico] Cristiano. Egli accettò l'idea. Si rimase d'accordo che io avrei impegnata Miss Barbara Barclay Carter che è stata per quattro anni segretaria dell'Intemational Christian Democratic Union. Essa dovrebbe con- cordare il modo di riorganizzazione di tale ufficio con lui quando sarà a Londra, e con te quando ci andrg.

Non so se Miss Carter accetterà perché so che cercava un posto presso una delle tante iniziative americane in Europa. Attendo ri- sposta. Le ho scritto le linee principali di quel che si deve fare e quel che si deve (secondo me) evitare.

Se accetta, te ne parlera quando tu sarai a Londra. Se ci vedremo prima ne parleremo a Roma. Comunque l'iniziativa è utile e do- vrebbe essere avanti con energia e prudenza.

Ho detto e scritto che il partito nostro entrerebbe solo quando in

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l'Italia avrà firmata la pace. Mi pare più dignitoso e pia serio, an- che per il ruolo che dovremmo assumere.

Tomo all'affare della pretesa dipendenza dal Vaticano. Segnalai a Tarchiani prima di partire da qua, un articolo di Herbert L. Matthews sul New York Times in cui si affermava claris verbis che come il partito comunista italiano dipende da Mosca, il partito De- mocratico Cristiano dipende dai Vaticano (5 agosto). Poicht? io avevo altre volte smentito sullo stesso giornale il Signor Matthews ne scrissi privatamente a miss Anne Mac Connick, che però è an- cora assente da New York e pregai Tarchiani di avvisartene sì da fare una mise au point - uno statement come si dice qui. Non ho avuto nulla; forse egli occupato in affari più importanti se ne di- menticò. Mia opinione è che ogni volta che ciò capita all'estero, occorre intervenire e smentire.

Di altro altra volta. Saluti agli amici tutti; auguri per i tuoi. Aff.mo

Luigi Sturzo

New York, 1 settembre 1945

Mio caro Alcide, ti prego di far notare al Prof. Gonellal che certi suoi articoli di

ammonimento agli italiani o al Govemo di mantenere ordine o im- pedire le violenze e l'anarchia, sono sfruttati qui per una propagan- da voluta e decisa contro il Governo d'Italia, che si rappresenta ora come impotente ora come complice di tutti i mali d'Italia.

Ti accludo un ritaglio assai istruttivo in proposito. Che questo faccia male negli ambienti cattolici lo puoi immagi-

nare: molti (veramente molti) concludono che era meglio per l'Ita- lia il fascismo, il manganello e un Mussolini della loro fantasia e del loro cuore.

Ma non per questo te ne scrivo: proprio l'altro ieri un business- man importante volle da me un quadro dell'attuale Govemo (qua- dro confidenziale) per persuadersi se, per una serie di affari credo importanti che ha l'idea di intraprendere appena possibile, possa o

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no avere fiducia o negli uomini o nel sistema. Questo è un cattolico che legge giornali cattolici. Poiché parla male l'italiano spero che non conosca Il Crociato e altri giornali di quel tono - anche se non cattolici.

Qui abbiamo bisogno che il pubblico sia incoraggiato a guardare l'Italia con fiducia. Anche oggi che si avvicina il momento di avere un trattato di pace, i comspondenti americani non fanno che getta- re sfiducia ora per il comunismo, ora per il Vaticano, ora per l'ordi- ne pubblico. Ecco, essi dicono, Edda Ciano è in mani italiane, ve- diamo se non finisce come la Petacci. Leggere New York Times di oggi - la comspondenza di M. Bracker da Roma. Non direbbero lo stesso se fosse in mano di De Gaulle, nonostante che le esecuzioni - numericamente in Francia e proporzionalmente in Belgio - superi- no quelle dell'Italia. Ma dall'infortunio di Carretta2 ad oggi, è solo l'Italia segnalata qui come un paese di «sanguinari».

Gonella mi dà l'impressione, con certi suoi articoli, di quel prete che predica e fulmina contro una bestemmia ad una udienza di buo- ne donne o figlie di Maria, o altro che fa la predica contro il comu- nismo in una chiesa frequentata dall'alta società. I1 pubblico del Popolo (100 per cento) non è anarchico o comunista e gli articoli di Gonella (quello che qui si dice) non modificheranno mai le teste di coloro che veramente mirano al disordine.

Se poi con tali articoli continua a criticare il Governo dove ci siete quattro Dem[ocratici] Cristiani, mi pare che, meno qualche volta, sia inopportuno e non adatto ad aumentare la vostra forzata cooperazione.

Comunque, a me danno fastidio per colpa del mal uso che qui se ne fa. Ti prego e prego Gonella di tenere ciò presente, aggiungendo quel che gli ho scritto di recente che in via normale: io apprezzo e leggo i suoi articoli; che purtroppo non mi anivano che raramente. Leggerli strapazzati nel Crociato non mi gusta.

Ti prego vivamente di insistere presso le Autorità militari alleate perché sia concesso il visto di ritomo in Italia al giornalista Aurelio Natoli.

Per tua conoscenza né io né il dott. Volterra abbiamo questo fa- moso visto.

Saluti cordialissimi ai tuoi e agli amici tutti.

Credimi, tuo Luigi Sturzo

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1. Guido Gonella (1905-1982). au tm di varie pubblicazioni. dal 1933 al 1940 redattore della nota nibrica Acra Diunui su aL'Osscrvatm Romano*. Fu tra i fondatori della Democrazia Cristiana, ebbe incarichi di govano e presiedme la commissione per la visione &l Cmordato.

2. ii riferimento è ai iinciaggio popolare &l dr. Camna, d h n m &l carcere romano di regi^ coeli. all'atto della libaazione deUa città di Roma

15 ottobre 1945

[conversazione telefonica] ore 18

[Sturzo] - Hai fatto qualche cosa su quello che ti avevo detto l'altro giorno?

[De Gasperi] - Ho comunicato il tuo pensiero agli amici e a chi se ne interessa, ma non ho creduto di dover far pubblicazioni. - Ma sei informato di quanto mi è stato fatto sapere? - Molto genericamente: non conosco particolari. - Ho qui un messaggio in cui si dice che meglio sarebbe se Ella

sospendesse il viaggio e restasse qui, perché la sua presenza là (dove sei tu) potrebbe avere un significato tutto proprio che potreb- be rendere necessarie dichiarazioni sgradite. - Non conosco questo testo. Oggi Parri mi ha incaricato di tra-

smetterti un telegramma di benvenuto. Comunque se tu ti decidi a partire, quando ci incontreremo troveremo modo di superare le dif- ficoltà. Nel frattempo non facciamo dichiarazioni. - Io vengo a due condizioni: primo che io stia dove sei tu, secon-

do ch'io non abbia nessun incarico: altrimenti, se debbo star fuori, che utile vi reco io? Non vengo per baciare i parenti, gli amici o la terra della mia Patria, ma per servire il paese. Non posso cacciarmi a Caltagirone. - Bada che s'è parlato molto di questo star fuori Roma, per ri-

guardo alle tue condizioni di salute. Caronia' stesso ti ha scritto in questo senso... - Ho risposto recisamente a Caronia: ma che Anzio, che Amalfi!

Sono pazzie; io devo essere in grado di lavorare per il mio Paese. Le visite si possono regolare a mezzo di un incaricato al telefono.

Comunque che cosa mi consigli di fare? - Ho l'impressione che se puoi differire di poco la tua partenza

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avrei la possibilità di attingere ulteriori informazioni e dartene noti- zia. Se invece, credi che al punto cui sono giunti i preparativi e i tuoi impegni, tu non possa differire, ci incontreremo a Napoli e ci consulteremo sul da farsi. - Chiederb al Dipartimento di Stato se C'& entro breve termine

un'altra partenza prima dei rigori invernali e allora rinvierb; in caso contrario partirò, anche per non lasciar imbarazzato il dottor Vol- terra che m'accompagna. In caso di sospensione telegraferb e tu conforterai mia sorella, affinché non creda alla gravità delle mie condizioni di salute.

1. Giuseppe Caroaia (1884-1975), profes~orc universitario. deputato per li D.C. Medico personale di don S w u , dopo il rientra in Italia.

Rev. Don Luigi Sturzo, 2274 - 81st Street, Brooklyn 14, New York 19 ottobre 1945

Personale riservata

All'On. Alcide De Gasperi Ministro degli Esteri Roma

Mio caro Alcide, dopo la nostra conversazione telefonica, del 15 c.m. ebbi una

grave sofferenza circolatoria, data la insufficienza della coronaria, e fui costretto a mettermi a letto. Non mancarono consigli, anche autorevoli, di sospendere la partenza; il dottor Volterra che era sta- to ia sera prima ottimista, ritenne necessario iI riposo assoluto, tan- to più che mi sopraggiunse una alterazione febbrile, che per fortuna non durò a lungo.

Allo sforzo fatto per la partenza - compresa la ressa di amici e il rapido trattare di affari ,- si aggiunsero nell'ultima ora varie com- plicazioni. Una delle preoccupazioni - forse esagerata - fu che, sforzando io la macchina, potevo arrivare costà in tali condizioni da essere di disturbo a voi tutti e di compromettere il filo di forza che ancora mi assiste. Comunque, la decisione fu presa. Ho passato

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vari giorni di sofferenze: stamane sto meglio, ma non ancora ripre- so del tutto.

Ed ora, ecco le prospettive del futuro, se Dio mi conserva la sa- lute:

1) viaggio: per il momento la «Shipping administration» (Uffi- cio statale) non prevede alcuna nave per civili che vada a Napoli prima di gennaio. L'Ambasciatore Tarchiani e alcuni amici mi hanno proposto di fare dei passi per avere un posto in qualche nave militare che vada in novembre a Napoli (se ci sarà), ma io sono esi- tante, e finché non mi riprendo bene non farò il viaggio. Tanto piu che il dottor Volterra all'ultimo momento si decise di partire (e fece bene) e io debbo cercare altro compagno di viaggio.

2) Residenza: come ti dissi al telefono, escludo qualsiasi residen- za in provincia, sia pure a Sorrento o ad Anzio. Per la mia salute basta che a Roma abbia un ambiente calmo, possa regolare le mie ore secondo i miei bisogni ed abbia una assistenza adeguata. Perciò chiesi di andare in una casa di Suore e fui lieto della proposta, fat- tami da Scelba, di abitare a via Mondovì n. 11 (Suore Canossiane). Mi occorre anche un buon segretario, pagato, si intende, che dedi- chi le sue ore di lavoro completamente per me.

Spero che le Suore Canossiane consentano ancora di ricevermi nella loro Casa generalizia. Su questo punto desidero essere assicu- rato una volta per sempre.

3) Mio possibile lavoro a Roma: desidero anche che tu e gli amici siate bene al chiaro delle mie possibilità e dei miei propositi per evitare delusioni e critiche.

a) anzitutto, io ritorno a Roma per contribuire - con la mia espe- rienza di 21 anni di esilio alla rinascita del paese, mettendola a di- sposizione vostra e del Governo (se credete utilizzarla) puramente volontaria, senza obblighi e senza remunerazioni di sorta.

b) curare l'edizione italiana dei miei scritti; come puoi vedere da te questo è già troppo per le mie forze, ciò nonostante non rifiuterò di cooperare al bene della Democrazia Cristiana, ma senza iscriver- mi al Partito né partecipare alle sue assemblee (cosa chefisicamen- te non potrei fare), né essere chiamato arbitro fra le varie correnti (cosa che spetta al Consiglio e al Congresso Nazionale), ma rite- nendomi solo come un amico e se vuolsi, come un esperto.

Questo già scrissi altra volta a Caronia e ad altri. Se tale azione - personale e discreta - darà ombre a coloro che, per opposizione a voi, invocheranno la lettera (e non lo spirito) del Concordato, allora sarò costretto di tenermi in disparte.

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Perciò prego te e gli altri di cessare di fare appelli a me nei vo- stri Congressi, di invitarmi a ritornare in mezzo a voi, credendo che io possa riprendere la posizione e l'attività che ebbi nel Partito Po- polare. A parte ogni altra considerazione le mie forze fisiche non lo permetterebbero.

Attendo una tua risposta per quanto possibile sollecita, si da pre- dispormi in tempo al ritorno. Debbo evitare assolutamente Ia ressa degli ultimi giorni e non espormi a ricadute. Dall'altro lato, nell'in- teresse mio e del paese, non credo che possa rimanere qui più a lungo, come vorrebbero gli amici di qui. Dopo tutto, credo che sia giustificata l'aspirazione di morire nel mio paese e non in terra straniera, dopo sì lungo esilio.

Un abbraccio di cuore

tuo aff.mo Luigi Sturzo

Roma, 26 ottobre 1945 Caro Sturzo, ho ricevuto due pacchi, uno inviato col tuo nome, uno con quello

di [David] Collin. Ringrazio vivissimamente specie per le due ma- glie, giacché ero male in arnese.

Sono stato molto in angoscia in seguito alle due telefonate2 e du- rante gli stessi colloqui mi era di suprema pena la circostanza che dovevo parlare in presenza non solo della censura, ma di altri testi- moni e non osavo chiederti ulteriori spiegazioni, anche quando ignorando il tenore esatto dei suggerimenti da te avuti a mezzo De- legato apostolico, rimanevo dubbioso sul vero senso delle tue paro- le. Colgo ora l'occasione della partenza di Vicentini per aggiunge- re, rapidamente, come mi è possibile, data la strettezza del tempo, una spiegazione del mio molo in questa penosa contingenza, e una mia personale interpretazione dell'avvenuto intervento.

Prego Iddio anzitutto che il contrattempo non abbia avuto conse- guenze deleterie sulla tua salute, perché fatalmente il sopravvento di una controdecisione all'ultimo momento deve aver posto il tuo cuore e i tuoi nervi a dura prova. Ma di contro sono certo della su- periorità del tuo spirito e della tua fede inconcussa nella Prowi- denza.

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Poiché Mons. Montini, mi fece sapere giorni fa che ti avrebbe i- assunto egli stesso il punto di vista vaticano e Vicentini mi disse che avrebbe portato lettere di lui per te, suppongo che tu disporrai contemporaneamente di una spiegazione ufficiale. A me resta dirti fino a che punto e in qual modo vi sia implicato e come io interpre- ti l'atteggiamento del S. Padre. Ho mantenuto con l'autorità eccle- siastica relazioni buone, ma non frequenti: fui dal Papa due volte in udienze pubblicamente annunciate, incontrai Montini alcune, non moltissime volte, presso Bonomelli3 a Castelgandolfo. Parecchi mesi fa, discorrendo in amicizia con Montini del tuo ritorno, egli, che ti è personalmente assai devoto, accennò ad eventuali appren- sioni che un tuo diretto personale intervento potrebbe far sorgere. Io gli dissi che se esistessero obiezioni o condizioni, le facessero sapere a tempo, ma aggiunsi che, a quanto scrivevi tu stesso, non pensavi ad interventi personali nell'organizzazione del partito n6 ad azione pubblica e che le tue condizioni per un primo tempo ti avrebbero imposto dei limiti che se ci concedevano di poter fruire del tuo consiglio e dei tuoi lumi, ti esoneravano da una responsabi- 1itA pubblica diretta. Che anzi, avendone parlato tra amici, tra i qua- li Caronia, questi stesso come medico aveva sconsigliato per un primo momento la tua permanenza in Roma, come sede stabile, dato che questa circostanza ti avrebbe collocato al centro della lot- ta. Dopo d'allora io non ebbi nessuna comunicazione, e la cosa si svolse tra te e Scelba, al quale io tacqui il mio personale pensiero circa la sede, ma senza farne naturalmente questione, poiché rico- nosco il tuo diritto di essere in ciò arbitro e giudice. Questo il mio modo di vedere che comunicai anche a te riferendomi al «centro della lotta» che tu interpretasti nel tempo, invece che nel luogo. Non insistetti oltre, un po' perché le decisioni erano prese, un po' perché mi manca oramai il tempo di fare le cose bene e nel mo- mento giusto. Accanto alla considerazione della tua salute ch'era la mia preoccupazione fondamentale, immaginavo che in Vaticano ci fossero delle apprensioni, ma pensavo che con debiti riguardi si sa- rebbero superate presto. Invece all'ultimo momento, come ridestati dall'annuncio sui giornali, mi sono trovato innanzi ad un intervento diretto, di cui ebbi notizia precisa solo dal tuo colloquio telefonico e dalle spiegazioni avute poi con Montini. Che cosa c'è sotto? In- clino ad escludere intercessioni di Corte, credo piuttosto che sia una particolare preoccupazione del Papa inserita in una concezione generale dell'attività del clero, ch'egli sostiene di aver fatto valere

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anche di fronte al clero repubblichino, a mons. Tiso ecc. La preoc- cupazione particolare penso sia la recisa posizione presa da te sulla questione istituzionale. Bada che nei colloqui il Papa ha evitato fi- nora scrupolosamente di dare consigli in materia e cerca di far va- lere tale direttiva presso l'episcopato, ma egli pensa che questa neutralità della Chiesa sarebbe messa a dura prova dall'intervento che non può essere se non direttivo, di un sacerdote del tuo valore. Mi pare che in tal caso, soprattutto se avvenisse in Roma, egli riter- rebbe di dover prendere un atteggiamento di riserva così pronun- ciato da favorire indirettamente la tesi monarchica e il nascere di un partito cattolico monarchico, ch'egli considera fatale perché la scissione dei cattolici potrebbe portare ad una maggioranza social- comunista. È quest'ultima una preoccupazione che lo ossessiona, ne parla spesso a tutti, vede nero, specie dopo l'esempio della Ju- goslavia. Ritengo che pur nutrendo dubbi sulla repubblica, egli non le sia pregiudizialmente contrario (ha assistito a Weimar) e che non senta vincoli per la monarchia: ma lavoro d'induzioni, perché non ho mai avuto dichiarazioni esplicite. Forse, ritornando al tuo caso, ti fa rimprovero che tu non senta come lui il pericolo comunista (Spagna compresa) e che faccia troppo affidamento ai sinistri.

M'immagino che sul suo giudizio possa influire anche l'armeg- gio di Ravaioli e compagni che per assicurare la repubblica, fanno campagna contro la direttiva prudenziale della Direzione del parti- to, senza curarsi dei pericoli dell'estrema.

Tu capisci ch'io per istinto inconsapevole che non ho mai avuto il tempo di analizzare, superavo facilmente tutte queste apprensioni nella ferma convinzione che uomini entrambi di buona fede e sulla stessa direttiva, avremmo trovato subito in loro reciproco chiari- mento, integrando reciprocamente le nostre informazioni.

Ho detto a Vicentini di portarti la mia intervista al Giornale del mattino: vedrai a qual punto siamo. Io non so ancora se il Luogote- nente intenda dare battaglia o attenda in riserbo: molti spingono nel senso combattivo. Se ci sarà lotta non bisogna esporsi a un conflit- to nella Costituente che può portarci al contraccolpo di un governo provvisorio con carattere rivoluzionario. I1 rebus 2: come impedire l'avvento di una maggioranza socialcomunista e quindi non buttare verso destra, prima del tempo, la frazione cattolica conservatrice?

Per questo ho pensato al referendum entro il partito. Ma & diffi- cile trovare la strada giusta. Puoi pensare quanto mi sarebbe pre- zioso il tuo consiglio. Ecco gli elementi che ti posso dare per una

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tua decisione. Gli amici vecchi e nuovi faranno ressa intorno a te: l'annunzio del tuo imbarco aveva messo in subbuglio Napoli; così sarebbe a Roma. Ecco perché io avevo pensato ad un soggiorno non nel centro: ma tu sei stato così reciso nella risposta che mi sono inchinato al tuo desiderio che è del resto così umanamente le- gittimo. Forse dalle tue lettere non ho capito bene: non posso diri- mere fra le cautele che tu ritieni necessarie per la salute ossia il li- mite delle tue possibilità come le descrivi e il proposito di lavorare a Roma, per il tuo paese. Non posso, con questi soli elementi, rico- struire la concretezza e la misura di quanto credi di fare: mi rimane nell'animo solo un irnmutato senso di ammirazione e devozione, un proposito fermo di collaborazione, un'affettuosa e provata ami- cizia, un desiderio vivo di chinare il capo sulla tua spalla per sfoga- re la mia pena e condividere la tua, perché entrambi soffriamo la tragedia di questo nostro povero paese. Tuo

P.S. - Vicentini completerà, spero, il quadro ambientale. Ho te- legrafato a tua sorella in senso tranquillante. La mia famiglia rin- grazia devotamente e saluta.

1. La lettera serve a chi*. in partc. alcuni aspetti relativi al mancato ritorno di Sturzo nell'otto- bre 1945. Siuno aveva f a e n t e deciso di r i m m in Italia. Ma. con il biglietto del piroscafo in ta- sca e con i bagagli gih pronti, venne invitato dal delegato apostolico a Washington, mons. Cicognani, di rinviare la partenza Sui motivi di questo ennesimo intervento vaticano su S t u m abbiamo qui la interpretazione di De Gasperi. In precedenti lettere a De Gasperi del I5 ottobre 1945 e a Spataro del 14 oitobrc. Sturzo aveva giustificato la mancata partenza con una indisposizione che lo aveva cosart- t0 a letto. Evidentemente. chiarì poi 18 SiniXZi0~ con Dc Gaspui nel colloquio telefonico di cui si parla in questa lettera. Sulla mancata partenza di Stuno nell'onok 1945 abbiamo comunque un'al- tra versione. lasciata da Carlo Petrone in alcuni suoi appunti. Scrive Peimne. riferendo alcune confi- denze a lui rilasciate & Aldisio: *Certamente [Aldisiol ha voluto d i che De Gasperi manovrb. a mezzo di Mons. Montini, perché il ritorno di Sturzo fosse rinviato. ma non è stato chiaro nel dimo- saarmi la successione &i fatti. Per esempio mi ha anche detto che egli ogni ar o quamo mesi visita- va ( i quel tempo) il Papa 'ansioso di sapere come andavano le cose nel Mezzogiorno'. Una volta il Papa gli parlb di Sturzo. gliene nparlb in un'altra udienza. Dunque il papa si espresse cosl: 'Quel buon prete' dovrebbe pur rendersi conto che i tempi sono cambiati; ci vogliono ora uomini nuovi per rimationi nuove; don Sturzo farebbe bene i non far pih della politica. ecc. ecc. Aldisio mi ha detto che notò durezza nel modo con cui il Papa parlava di Sturzo. Aldisio tentb di spiegare la posizione m o d e di Siuno per tanti che erano stati suoi ammiratd e discepoli. per cui Smrzo non poteva sa- barsi a continuare ad e s s a loro guida Rikvb come l'atteggiamento di Sturzo contro il fascismo e fedele ai principi di liberth e di dmwrrazia, oggi era come un capitale per la parte canoiica nei suoi rappmi con la demwmia. Ma il Pipa non si mosse dalle sue posizioni. Aldisio. come era solito fare, dopo l'udienza pontificia, passò a d u w Mons. Montini. 'figlio di un deputato popolare. ma legatissimo i De Gasperi'. e questi gli chiese di che cosa avevano parlato col Papa. Aldisio n f d e trovb Mons. Montini sulk stesse posizioni del Papa di contrdriaà ad un ritorno di Sturzo 'che sareb- be venuto i far politica' dando un po' d'ombra e fastidio a De Gasperin. (Cutc di Carlo Pem>ne, quadano d f 1 0 : *Appunti su uunini politici. sulla vita pubblica italiana, a simiiia Don Stunor).

2. Sui due colloqui tekfoniti. cfr. rupm. p. 155, e inboduzione. p. 71. nota 13. 3. Emilio Bonomelli (1890-1970). Esponente del movimento cattolico bresciano. ex popolare. dal

1930 m dimum delle vilk pontifie a Cartelgandolfo.

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[Roma], 2 febbraio 1946

Caro Sturzo, Colgo l'occasione della partenza di Antolini per inviarti questa

mia. Non indignarti né sorprenderti dei miei ritardi e delle mie mancanze nella comspondenza: conduco una vita così intensa e pericolosa perché piena di agguati, che spesso mi manca il respiro, nonché il tempo. Cercherò di riassumere le risposte che attendi. 1) Venuta a Roma. Hai fatto bene a lasciar cadere il sospetto che ci possa essere da parte mia doppio giuoco o intrigo. Ti confermo quanto ti scrissi altra volta. Gli amici più schietti e io stesso siamo talvolta perplessi nel decidere se l'opera tua possa essere pih pre- ziosa a Roma o costì, e questa è la ragione delle nostre esitazioni e oscillazioni, le quali sono connesse cogli sviluppi ritardati della si- tuazione internazionale. Nessuno dubita che la tua presenza qui, anche se debba limitarsi a consigli e direttive confidenziali, sarebbe a noi cara e preziosa e nessuno, quando tu abbia deciso negherà a te concorso, devozione e considerazione massima della tua espe- rienza e dei tuoi lumi. Tu puoi essere certissimo che, a cominciare da me, sarai accolto come un messo provvidenziale in mezzo ad una gran tempesta. Se il trattato di pace fosse virtualmente compi- lato, ogni dubbio sarebbe tolto. Solo oggi, data l'evoluzione del presente, sorge la domanda: non giova egli più all'Italia dall'Ame- rica? In verità la maggior speranza è ancora, nonostante le molte delusioni, l'America coi suoi italo-americani. Ovunque ci volgia- mo freddezza, ostilità, agguato. Le tue segnalazioni mi hanno spes- so giovato, e sento che hai ragione quando dici che bisognerebbe fare qualche cosa di più per la stampa americana. Ma è difficile perché i migliori giornalisti e gli uomini più tecnicamente preparati sono impeciati o accusati di filo-fascismo, e, a quanto vedi, gli uo- mini veramente influenti fra gli italo-americani non sono anti-fa- scisti. Anche qui la maggior parte dei giornalisti americani sono in fondo astuti e diffidenti versi i cattolici e non C'& antifascismo che basti per farci perdonare le nostre convinzioni. Ho provato ad avvi- cinarli: c'è specialmente quel Downes, da te presentatomi, che è un impudente contraffattore delle nostre posizioni. Comunque Cam- pilli vedrà di qui innanzi di organizzare un avvicinamento più rego- lare. Ho pensato di mandare a New York Piero Chiminelli2 che fu

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allora in qualità di protestante parecchi anni in America e sta scri- vendo ora una storia del cattolicesimo americano. In verità non è un reporter, ma un articolista: se fosse solo sarebbe probabilmente imbarazzato, ma io te lo mando come addetto alla tua persona, tu dovresti dargli le indicazioni a) per intervenire a diffondere il no- stro pensiero sulla stampa di costì; b) per fungere da organo di col- legamento tra noi e te e l'opinione americana in genere. Non so se riuscirà ma non ho molto da scegliere, tenendo presente che non posso inviare un ufficiale del Min[istero] Esteri che dovrei collega- re con Washington. Comunque finché tu resti ne caverai certo qualcosa. Se si dimostrerà capace la missione potrà durare al di là della tua partenza, se no lo richiameremo. Egli stesso si riserva di vedere. Sarà un ufficioso non incaricato ufficiale del Min[istero de- gli] esteri. Forse porterà già l'atto, tanto per far presto. Importa che in questo momento gli italo-americani non ci abbandonino né circa Trieste, né l'A[lto] A[dige], né le colonie. Darò l'ordine di inviare a lui a mano a mano tutte le segnalazioni utili e tu ne profitterai. In- formerò confidenzialmente Tarchiani perché non sorgano malinte- si. Per tornare a te e renderti meno difficile la tua decisione, ti ag- giungo qualche assicurazione sulla situazione di qui: è impossibile dire se riusciremo a fare le elezioni (in maggio) evitando contrasti sul referendum voluto dai liberali, dalla corona, dalla massa amorfa e da molti nostri amici del '/2 giorno [sic] e soprattutto dai moltissi- mi che non si sentono di decidersi per la repubblica. I1 nostro refe- rendum interno per il congresso (fine marzo) darà probabilissima- . mente una maggioranza repubblicana ma ciò non garantisce le masse dei 23 milioni di elettori: il comunismo è sempre l'elemento che dirime o coagula, e la lista comune socialcomunista gravissimo errore. Nelle prossime settimane si vedrà se il mio ministero resi- sterà sulle decisioni di prendere intorno ai poteri della costituente, al referendum prima o dopo, al voto obbligatorio. Queste decisioni potranno rappresentarsi anche una maggiore o minore opportunità per affrettare o dilazionare la tua venuta. Certo che il tuo concorso sarebbe fattivo e indilazionabile, quando ci trovassimo nel periodo ricostruttivo del nuovo Stato; cioè in estate (forma di governo, trat- tato ecc.). In quanto agli altri amici, dei quali avevo espresso l'opi- nione mesi fa, essi, a quanto mi pare, mantengono la stessa posizio- ne riservata; sono però decisi di aiutarci notevolmente. Quando manderò Chiminelli ti invierò ulteriori informazioni ed elementi di giudizio.

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Circa le nomine per il 1/2 giorno [sic], cioè l'America Latina, ti allego un appunto del capo del personale. Si tratta (oltre che del Moscati) di impiegati locali che per umanità si dovettero inviare in America per ricongiungersi alle famiglie. Essi sanno che possono venir anche licenziati. Se abbiamo commesso errori siamo pronti a rimediare. Ma non ti nascondo che le comunità italiane danno pa- recchio da pensare: è la lotta tra la burocrazia e i comitati antifasci- sti; ma non è detto che la giustizia sia sempre da una sola parte: così in Svizzera, Belgio, Parigi.

Ora devo chiudere, perch6 Antolini parte fra un'ora. Ti ringrazio con ogni affetto dei tuoi invii anche a nome dei miei; perdonami le mie mancanze e non attribuirle a diminuita amicizia che è sempre la stessa: sincera e profonda. Un abbraccio. Tuo.

1. Dietm l'ultimo foglio annotazione di Stuna: *J&~v[uia] 23 febbrtaio 19461, risposto con varie lettcrer.

2. Piero Chimineiu. pubblicista. direttore dal 1924 ai 1928 del sctrimanale -Conscientiar. autore di numerosi snidi teologici.

[Roma], 3 marzo 1946 Caro don Luigi, abbiamo parlato col card. Mooneyl della tua attività e della tua

salute, e nel considerare la meritata estimazione di cui godi ho sen- tito l'orgoglio di essere con te in rapporti di affettuosa amicizia.

Colgo l'occasione del rimpatrio dei cardinali per confermarti ch'essi tutti dimostrano una sincera comprensione ed amicizia per l'Italia; ed io penso che tale preziosa amicizia i1 nostro paese debba in buona parte all'infaticabile e luminosa opera tua: altro titolo alla nostra gratitudine.

Colgo l'occasione per ragguagliarti succintamente sulle decisio- ni politiche delle ultime settimane, che furono delle più critiche e pih laboriose della mia vita. Mi dovetti prodigare fino al limite del- le mie forze per trarre la barca a salvamento. Avevamo: 1) la legge del '442 colla rigida interpretazione americana, che interpretava l'art. 4 come impegnante per la costituzione del regime luogote- nenziale durante i1 periodo costituente, in,terpretazione affermata qui dal luogotenente e che trovava in suo favore tutti i più noti co-

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stituzionalisti; 2) la posizione delle estreme in favore dei poteri as- soluti della costituente e non solo in materia costituzionale ma an- che in materia legislativa in genere, compresa la formazione del governo; 3) l'atteggiamento dei liberali, appoggiati da tutta la de- stra fuori del govemo per un referendum preventivo e per la limita- zione della facoltà legislativa dell'assemblea; 4) infine al centro il nostro atteggiamento che senza dichiararsi assolutamente contrario al referendum, lo sconsigliava ed era per una costituente a poteri legislativi limitati (salva la materia costituente).

Liberali da una parte e estremi dall'altra puntavano sulla loro so- luzione colla minaccia di abbandonare il governo. Dopo numerosi assaggi fra i partiti (compresi i repubblicani di Pacciardi e i monar- chici di Lucifero) e colloqui col luogotenente, cercai di riaprire equamente il malcontento con una proposta mediatrice, che mi pa- reva anche nel merito razionale e prudente: l'assemblea nomina i ministri, al luogotenente rimane la sola promulgazione delle leggi e la rappresentazione coll'estero, il govemo è responsabile di fronte all'assemblea, ma si occupa, oltre che della costituzione, solo di materia legislativa ordinaria. Dopo la formulazione dei principi fondamentali della Costituente e non più tardi del quinto mese l'as- semblea sottopone a referendum i principi e la questione del capo dello stato. I liberali che pendono sempre di più per la monarchia (reggenza del piccolo) si dichiarano contro, perché interpretarono la mia soluzione come la repubblica negoziata, i sinistri non volle- ro la presenza del luogotenente neanche nei primi 5 mesi, il luogo- tenente stesso dichiarò di preferire di andarsene subito dopo un re- ferendum preventivo. Sbarrata questa via non rimanevano che le due tesi antitetiche, e allora ciascuna parte, per varie ragioni, dopo un faticoso travaglio, si acconciò al referendum preventivo, giac- ché una crisi avrebbe rimandate le elezioni all'autunno e forse la situazione sarebbe passata al centro destra (Nitti), fuori del C.L.N.

Pacciardi stesso coi suoi, pur protestando, se ne rimane fuori della Consulta, per non ostacolare colla sua intransigenza il com- promesso raggiunto. L'accordo è stato accolto con un senso di libe- razione da un incubo: voci di preparativi armati sulle due ali, l'ac- canimento del qualunquismo, la crisi economica, la situazione este- ra, tutto questo spinse istintivamente a ricorrere a quell'arbitrato popolare al quale avevo pensato io stesso a Salerno, come ad una valvola di sicurezza.

Certamente ora anche il plebiscito pub diventare una cosa seria e

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pericolosa; bisogna che Dio e la gente saggia ci aiutino. Ma ogni altra via era pib pericolosa o sbarrata. Sono convinto che anche tu che sentivi più di me le preoccupazioni del referendum converrai che altro non c'era da fare.

Avremo il congresso del partito probabilmente il 14 aprile o gib di lì. Fervono i preparativi per le amministrative. La situazione è inquinata dalla stretta alleanza socialcomunista. Saragat torna da Parigi per sbloccare. ma se Nenni s'impegna a fondo, credo che la situazione non si modificherà.

Spero avrai ricevuto il mio telegramma di risposta alle tue do- mande. Nei prossimi giorni tenterò di costituire costì una sezione dell'Ansa, forse con Gasperini che sta a Londra. Ci vogliono molti quattrini.

Tornando al congresso prevedo che l'orientamento della mag- gioranza sarà repubblicano, ma il referendum renderà possibile di evitare lo sfaldamento di quei cattolici che preferiscono la Monar- chia; contrariamente, questi si butterebbero con R. Lucifero o con Giannini, la cui stampa fa una corte spietata alla Chiesa: e prevar- rebbero i socialcomunisti.

Ti rinnovo il mio pensiero: vorrei riabbracciarti quanto prima, gli amici ti accoglierebbero in trionfo; hai visto l'atteggiamento dell'O[sservatore] R[omano]? Se preferisci rimanere fuori della lotta elettorale, come mi accennavi, gli amici freneranno il loro de- siderio, augurandosi che qui non mi manchi almeno il tuo consiglio durante la costituente che si radunerà entro giugno.

Qualunque sia la tua decisione. noi ti accoglieremo a braccia aperte. Ora il mio vivo ringraziamento per i sigari (Campilli) e le due maglie gialle, anivate ultimamente; ma soprattutto per la tua amicizia ch'io e i miei affettuosamente e devotamente ricambiamo con ogni augurio di bene.

1. Edward Mwney. vescovo di Detmit dal 1937. Fu nominato cardinale titolare di S.Susanna nel 1946.

2. Si naia &l Dmeto legge luogotenemiale &l 25 giugno 1944. n. 51. ove si sosteneva che 1'Assembh Costituente non avrebbe avuto poteri assoluti e La luogotenenza sarebbe continuata

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[Roma, aprile 194611

Caro Sturzo, in risposta alle tue due del 26 e 27 marzo e a completamento del-

le notizie verbali che ti porterà Tarchiani, ti comunico: 1) spero di combinare coll'Ansa, per il servizio di costì; 2) non stupirti delle varie designazioni di destra, centro, sinistra.

Anche qui ogni giornale tira al suo mulino, nonostante che nel no- stro partito le dichiarazioni sinistre siano state abbondanti e persi- stenti vuoi nella questione istituzionale, vuoi in quella sociale. La verità è che noi abbiamo perduto terreno nella zona agricolo-ope- raia, perché l'unità sindacale, in forza di deficienze personali che non fu possibile superare, nonostante i miei ripetuti interventi, noi non ebbimo innanzi ai vari problemi (mezzadria) n6 una direttiva né una soluzione che ci distinguesse dai socialcomunisti. La cam- pagna subdola e segreta di costoro fece il resto. D'altro canto la minaccia socialcomunista, rivelatasi durante l'agitazione, ci diede a noi nelle città molti voti aggiunti di «destra». Tenteremo ora di puntare di nuovo sui contadini, ma l'organizzazione e la tattica dei comunisti, divenuti perfino «concordatari», rendono difficile una ripresa. I nostri - bada bene - sono pieni di ottimismo, vedono i voti aumentati, attendono messianicarnente la costituente; ma io sono preoccupato, perché temo che la futura repubblica sbanderà troppo a sinistra. L'unità, il coraggio, l'organizzazione, i mezzi fanno dei comunisti un blocco che ha la forza del fascismo di prima maniera. Forse si avrà una più accentuata reazione socialista; ma Togliatti e Co. sono più capaci, più realizzatori. Faranno ponti d'oro a qualsia- si Zamora o Kerenski, ma, messe una volta le mani sulle leve, non le lasceranno più. Questa è la mia visione, un po' scura, forse, per- ché la mia mente è angosciata dal problema finanziario-economico; ma in questi due anni ho fatto una discreta esperienza d'uomini e di cose.

Le candidature hanno messo in cantiere molti uomini secondari e poco preparati al lavoro costituente; io sono preoccupatissimo quando penso alle future battaglie. Sento da Tarchiani che tu ritorni in tempo; il tuo lume, la tua guida sarà provvidenziale. Con qual piacere io, invece, prenderei il tuo posto in America! La mia pas- sione sarebbe di buttarmi alla propaganda e invece sono oppres- so dai problemi interni ed esteri, legato alla catena amministrati-

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va, con un groviglio di questioni dure e incalzanti. Scusami questo sfogo!

A Martiniz non ho negato il viaggio qui; ma m'6 parso presto e ho chiesto se non poteva attendere. Per N[ew] York non ho fatto eccezioni; in ogni caso, se insisterà, non muoverb obiezioni. Ne sento parlare bene e io penso che fa bene, benché abbia insistito di cambiare il personale che aveva scelto - almeno in parte - egli stesso e sia in urto con parecchi. Sarà capitato male e in parte sarà il temperamento.

Spero che Raimondi, capitato con tante raccomandazioni, sarà in lista a Tortona.

Sono d'accordo con te nella visione intema generale e ti ringra- zio dei tuoi suggerimenti. L'amico Bidault mi pare inclini a sosti- tuire De Gaulle nei postulati duri verso di noi. I comunisti franc[esi] e itlaliani] lavorano d'accordo. I d.c. come il solito. Ab- biamo invitato tutti i d.c. al congresso e spero che arrivi anche la Carter: ci parlerà anche del Segretariato3 se pur la quest[ione] isti- tuz[ionale] non ci prenderà troppo tempo. Io mi sento sempre rin- serrato fra le morse del calendario. Guai se tu manchi al congresso, mi dicono! Ma chi mi assicura di non dover andare a Parigi o a Londra? E poi tutti mi vorrebbero parlare; ma il governare mi lega. Molti credono ch'io non avrei dovuto andare al governo. Può esse- re; ma a me mi si può chiedere tutto tranne che far atto di diserzio- ne. Comunque farò quel che Dio vorrà.

Provvederb per il Messico (arnb[asciatore]), ma ognuno di questi posti 8 un calvario! Voi vedete da un lato solo: le ragioni negative che si oppongono alla carriera; ma non sapete i punti deboli dei po- litici e soprattutto la concorrenza gelosa dei partiti.

Il principio di non mandare funzionari là dove furono l'ho segui- to in genere. Ma poi non si è mai sicuro [sic]. Appena fatto il nome di Scialoja, C'& stato subito chi è insorto a dire: fascista! Vedi com'g difficile ...

Ora devo partire perché un impegno mi chiama. Considera fra- temo e confidenziale il mio sfogo: altri i3 meno pessimista di me. Vorrei esserlo anch'io, ma la fatica, il senso di responsabilità (ieri dovetti resistere a Miglioli) mi pesa. Un memento!

Ti abbraccio nella speranza di rivederti presto. Ho visto due tuoi gagliardi nepoti! Ciao.

[P.S.] - Spero abbi [sic] ricevuto la lettera consegnata al segr[etario] del card. Boume4.

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1. Li data si desume dalla knen di S i u m a Dc Garperi in data 17 aptile 1946 Oemn 69). 2. Probabilmente si rifaisce a Mario Augusio Mutini. ex deputato popolue. antifascista, membro

del C.L.N. e ambasciatore in Bnsilc. 3. Si rif- ali'mUnione intcmazionde democntiu cristianan fondata nel 1940 su iniziativa del

People and Freedom Group di Lo& BuberP Barclay Canu era la r p h a del gnippo di Londra e wllabonaice di S m .

4. Francis Boume (1861-1935). cardiade. arcivescovo di Westminsta a Lwdra.

[Broolclyn], 17 aprile 1946

Caro Alcide, ho ricevuto due giorni fa la tua tutta di tuo pugno (senza data) e

te ne ringrazio vivamente; ebbi anche l'altra della quale mi chiedi. Ho pensato per due giorni a quel che tu mi hai scritto e mi è par-

so mio dovere di amicizia e anche mio dovere civico (verso il pae- se) «al di sopra e al di fuori dei partiti» scrivere la presente, tutta confidenziale.

1) Convengo con te nella valutazione della situazione generale che non dà luogo ad ottimismi mal piazzati, e benché sia migliore di quel che io potevo supporre è sempre gravida di conseguenze.

Però ognuno di noi (persone o gruppi) deve fare il proprio dove- re: se non si riuscirà, o se le forze estreme ci opprimeranno, subi- remo di nuovo altre tragedie. Dio non ci domanda di riuscire, ci domanda di fare il nostro dovere. Se le persecuzioni dureranno tre, trenta o trecento anni (come fu ab initio) - ed egli solo sa il fu- turo - tutto ridonderà alla sua gloria.

2) Oggi il problema sindacale fu già pregiudicato: oggi non po- trà essere corretto che ai margini, e preparando un personale abile, convinto e battagliero. Si tratta di piano a lunga portata. L'Acli è stato un gran passo. L'organizzazione dei contadini è una urgente necessi là.

3) I1 problema istituzionale è il pih grave e urgente a risolvere. Ti prego di riflettere bene sui seguenti punti:

a) L'esito delle prime cinque domeniche elettorali ha dato ap- prossimativamente ai repubblicani decisi (socialisti, comunisti, azionisti di Lussu, repubblicani «storici» e gruppo Parri-La Malfa) circa il 45% dei voti. Per arrivare a vincere il referendum non ci vorra che un 6%. Dato che il 45% debba essere ridotto di quel mar-

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gine (2-3%) di votanti che pur essendo di quei partiti hanno conser- vato delle simpatie per la monarchia, questa percentuale sarà neu- tralizzata da quei liberali demolaburisti che hanno simpatia per la repubblica.

Resta arbitro della situazione la democrazia cristiana. Credi tu che non ci siano un 10% (a dir poco) di d.c. che votino repubblica? Certo ce ne sono di più. 11 successo repubblicano è - rebus sic stantibus - assicurato.

Per rovesciare tale situazione non basterebbe la linea agnostica che alcuni democratici cristiani favoriscono (il celebre ni) ma una aperta campagna del partito per la monarchia, con l'aperto appog- gio del clero basso e alto. In sostanza più che un patto Gentiloni, una coalizione clerico-moderata.

Tu stesso vedi la impossibilità, oltre che la mostruosità di tale ipotesi2.

b) Secondo me la posizione agnostica (se accettata dal congresso d.c.) si risolverebbe in tre danni: 1) la perdita per la d.c. della lea- dership del paese; 2) inferiorità politica e morale all'assemblea co- stituente; 3) una clericalizzazione forzata di fronte al montare del- l'anticlericalismo.

Si ripeterebbe dai cattolici la fase del Risorgimento, con la diffe- renza che allora c'era implicato un problema di coscienza (che il papato accentuò e non volle sciogliere): problema che oggi proba- bilmente non c'è affatto.

C ) Tu temi di fare da Zamora o da Kerenski. Quei due non ave- vano dietro di sé che tiepidi conservatori; tu e altri a capo avreste una massa progressista che dovrebbe essere decisa a battersi sul proprio terreno non su quello di una monarchia svalutata. Anche in Francia Bidault è alle prese con socialisti e comunisti. La colpa è certo dei socialisti che per paura di perdere l'ala sinistra si legano ai comunisti. Ma bisogna convenire che il M.R.PP non desta nei so- cialisti piena confidenza, sia per il De Gaullismo, sia per la manca- ta adesione dei lavoratori cristiani alla Confederazione, sia per quell'affare delle scuole private che (per tradizione) furono il foco- lare del monarchismo dell' Action francaise e I'antisocialismo.

Vedi che differenza ci sarebbe se la d.c. non si getta nelle brac- cia del clericalismo monarchico. d) Tu e altri temete che il partito si spezzi sulla questione istitu-

zionale.

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A me (da lontano), sembra che le perdite sarebbero ben poche; che tali perdite andrebbero a vantaggio della concentrazione Bono- mi-Nitti-Orlando-Croce. Che ci sia una destra più resistente e un centro più agile, io non troverei inconvenienti che la base della d.c. venga alleggerita. I1 controllo vostro nell'assemblea costituente ri- marrebbe più sicuro.

Se invece, per colpa dell'agnosticismo vi sarà una percentuale di democratici cristiani (operai della Confederazione) che voterà so- cialista e comunista dando alle sinistre quel margine necessario per guadagnare la maggioranza non solo sarà compromessa la posizio- ne della d.c. nell'assemblea costituente, ma essa sarà sempre più ri- gettata a destra.

e) Resta l'ipotesi di una guerra civile istigata da potenze estere. Tale ipotesi è tanto probabile se vincono i monarchici che se vinco- no le sinistre. Dipende dall'estero (e nel quadro di una politica eu- ropea a lunga portata) e noi non ne abbiamo il controllo ci sia un re o un presidente.

Queste mie osservazioni, essendo da lontano e dopo quasi 22 anni di assenza sono soggette a una migliore rivalutazione.

Ti prego, in ogni caso, di non impegnarti nel congresso, per una o altra soluzione, ma, come capo del governo, mantenerti fuori del- la discussione.

Scusa la libertà con la quale ti parlo. Tu stesso mi hai più volte scritto che ameresti avere i miei consigli in conversazione amiche- vole. Prendi questa come uno scambio di idee fra due astronomi.

Tuo sempre aff.mo

1. Annotazione di S h k : aConfidenUalem. 2. Segue cancellato: *Dico mostruositd perche (a parte ogni altra considerazione) darrste motivo a

SO anni di anticlericalismo e ali'alloncanamento delle masse e &gli intelletrualir. 3. Mouvrmrnr rCpublicain popuhirr, partito politico franccce di ispirazione democratico-cristiana

fondato nel 1944.

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Don Luigi Stuno 28 maggio 1946

All'On. A. De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, quel tecnico in scienze biochimiche applicate all'agricoltura che

l'anno scorso ti chiesi che dovesse venire negli Stati Uniti (e poi ne sospesi la venuta in vista del mio ritorno) ecco che io te lo presento a Roma. Egli viene costà dagli Stati Uniti, è professore all'univer- sità di Cincinnati nell'ohio: il prof. Caccia. Ha preso un anno di li- cenza e intende dedicare le sue conoscenze e la sua pratica per spingere la nostra produzione agricola verso una industrializzazio- ne trasformatrice dei prodotti sì da raggiungere una potenzialità e utilizzazione sempre maggiore.

L'ho presentato a Spataro e Corazzin perché se ne giovino nel campo della cooperazione agricola.

Io tornando a Roma mi interesserò dell'attuazione del suo pro- gramma.

I1 prof. Caccia era uno dei popolari particolarmente affezionato al nostro indimenticabile don Giulio De Rossi.

Sempre cordialmente tuo

Luigi Stuno

Don Luigi Sturzo 15 settembre 1946

Caro De Gasperi, mi permetto di inviarti gli acchiusi appunti sul problema della

futura moneta del Territorio Libero di Trieste. So bene che la dele-

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gazione a Parigi se n'è occupata con competenza; ma certe volte il ritornare su dati argomenti, con insistenza e in formule meno tecni- che e assai brevi, giova a darvi pratica evidenza.

Cordialmente

Luigi Stuno

Roma, 9 ottobre 1946

Caro Alcide, facendo seguito al nostro colloquio, mi sembra necessario che si

prepari l'ambiente, fin da oggi, per una procedura seria e dignitosa circa il trattato di pace.

A questo scopo un tuo discorso (credo dopo il 15 c.m.) che metta in rilievo i lati manchevoli e dannosi del proposto trattato, pur am- mettendo anche i lati tollerabili, sarh cosa assai utile e nei tuoi ri- guardi doverosa.

Bisogna di nuovo alzare il tono e pur prendendo atto delle buone disposizioni dei quattro Grandi per un futuro discretamente ipoteti- co, non si deve omettere che l'Italia - che dovrà essere un pilastro della ricostruzione europea - esca da Parigi umiliata, mutilata e im- miserita.

In tale discorso sarebbe da rivendicare apertamente la distinzio- ne fra Italia fascista e colpevole (l'uno, il solo uno di Churchill) e l'Italia democratica e cooperatrice alla vittoria e decisa alla ripresa. Un accenno accoko alla stessa distinzione fra Francia di Vichy e Francia della resistenza è necessario, come pure ripresentare con cifre alla mano il valore della nostra resistenza e del nostro contri- buto, anche finanziario.

Circa le colonie occorre ribattere Bevin, come circa Trieste oc- corre ribattere Bidault e Kardely e così via.

Ma più che altro incentrare il problema della riconciliazione e ri- costruzione europea nella quale l'Italia deve avere la sua parte indi- spensabile.

Tutto ciò è il tuo stesso pensiero ed io non fo, con questo, che portare vasi a Samo.

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Ma, a parer mio, occorre essere chiari che il problema dell'ac- cettazione o meno del trattato dovrà essere discusso dall'Assem- blea Costituente dopo che se ne avrà il testo definitivo, sul quale dovrà procedere un largo dibattito popolare a mezzo di conferenze e della stampa.

Non 5 possibile oggi prevedere esattamente l'orientamento del paese perché non possiamo neppure prevedere quale sarà il testo definitivo del trattato di pace e quale l'atmosfera internazionale quando esso sarà varato.

In tale situazione, spero che ritornerai a considerare la posizione del gabinetto nei confronti della fretta che mostra il tuo Assalonne a prendere il regno ... di palazzo Chigi.

Credimi tuo aff.mo

Luigi Sturzo

21 ottobre 1946 Personale Confidenziale

A. S. Ecc. il Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Mio caro Alcide, Ti posso assicurare che la proposta fatta a Campilli di inviare in

Argentina l'on. Raimondi è tutta mia; Raimondi non me ne aveva parlato affatto.

Egli, secondo me, si trova nella posizione unica di essere stato 23 anni in Argentina, avere diretto un istituto di carattere agrario, essere stato là sottosegretario dell'Agricoltura, essere amico del Presidente Per6n e di molti del Governo Argentino, essere legato d'amicizia con Mons. De Andrea (e tu lo sai), cosa che conta mol- to, ed essere apprezzato dalla comunità italo-argentina.

Se tu credi di mandare altri invece di Raimondi, nel pieno inte- resse dell'ltalia, nulla ho da ridire. Ma se ti proponi di mettere Rai- mondi in posizione subordinata nella Missione economica che an- drà in Argentina, non tieni conto del risentimento che se ne avreb-

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be laggiù, risentimento che forse impedirebbe lo stesso Raimondi ad accettare.

Ti prego perciò di riconsiderare la cosa e di ascoltarmi, questa volta, per quelIa esperienza che credo di aver acquistato all'estero. Se la persona da te preconizzata come capo della missione è una persona seria, sarà lui stesso a disimpegnarti dalla promessa avuta, in vista di una scelta che per una serie di circostanze è la più adatta al pieno successo delle richieste che farà il Governo Italiano al Go- verno Argentino.

Sempre cordialmente

Tuo Luigi Sturzo

24 ottobre 1946

Riservata Personale

Mio caro Alcide, ho fatto un cenno delle condizioni anormali del1'1m nel mio se-

condo articolo sull'Italia. Ieri sera Piccioni mi ha detto che il nome proposto per 1'11~ dalla

D[irezio]ne del Partito è quello dell'on. Fanfani, e, secondo nome quello dell'on. Sinigaglia.

Non conoscendo né l'uno né l'altro, non avrei diritto a segnalarti le mie preferenze. Ma tra un professore che non mi pare abbia avu- to esperienza pratica e un uomo che viene dall'industria (se è de- gno ed è forte) io non esiterei per il secondo. Ma se nessuno dei due è capace, io preferirei un tecnico anche se non sia democristia- no, ad una persona più o meno figurativa.

Dall'1~1 dipende gran parte della situazione economica interna d'Italia.

Tuo cordialmente

Sturzo

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24 ottobre 1946 Personale Riservata

Mio caro Alcide, '

leggo di nuovo sull'Ansa di ieri (arrivatami starnane) la notizia che andrebbe alla Sanità Pubblica l'ambasciatore Reale al posto di Bergami. Intanto Bergami fa bene: i servizi migliorano. Si tratta di un Com[ita]to Tecnico, che non dovrebbe essere trasmutato in poli- tico e non dovrebbe andare a un comunista.

I1 Dr. Caronia ieri mi ha detto che tu non ne sai niente. Spero che l'informazione di Caronia sia esatta.

Ti prego vivamente di non premiare il Reale per la sua lettera insubordinata (a non dire altro) a te diretta. L'opinione pubblica avrebbe diritto a reagire.

Cordialmente tuo

Luigi

Don Luigi Stuno Roma, 2 novembre 1946

Personale Urgente A S. Ecc. 1'0n. De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro Alcide, starnane ho ricevuto una visita dell'On. Ruini con il quale ho di-

scusso la decisione presa di portare alla Costituente il capitolo sulle Autonomie Regionali.

Mi sembra di essere stato di accordo sui seguenti punti: lo - Che lo Statuto Siciliano è legge esecutiva, che non può es-

sere sospesa né dal Governo, né dalla Costituente.

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20 - Che è necessario convocare gli elettori siciliani per la nomi- na del Consiglio Regionale prima di portare la discussione delle autonomie regionali alla Costituente. (Egli mi ha assicurato che S.E. De Nicola è di questo parere).

30 - I comizi dovrebbero essere convocati entro dicembre, poi- ché l'inverno non è stagione buona, né climatica né politica: (il pe- riodo del freddo e della fame).

40 - Che la coordinazione prevista dello Statuto Siciliano andrh fatta a costituzione integralmente approvata, per quei punti di ca- rattere costituzionale che, nello Statuto, fossero in contraddizione, mentre dovrà essere cura della Costituente.di inserire nella Costitu- zione (durante la discussione) quei punti costituzionali che si trova- no nello Statuto Siciliano e che non potranno e non dovranno esse- re modificati.

I1 problema è grave. Ti prego di interessartene subito. Darò fra giorni un'intervista su tale tema al «Giornale d'Italia». Cordialmente

tuo

Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo Roma, 6 novembre 1946

A S. Ecc. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro Alcide, credo di poter interpretare il sentimento dei siciliani nel ringra-

ziarti per le dichiarazioni di ieri sullo Statuto Siciliano. Dacché sei favorevole «alla Convocazione (dei Comizi per la

nomina) dell'Assemblea regionale Siciliana» ti prego di far subito fare la ripartizione dei seggi elettorali per provincia, cosa che, se- condo l'art. 42 detto Statuto, è a cura del Governo dello Stato.

Cordialmente

Luigi Sturzo

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5 febbraio 1947

Scusa la fretta

Caro Alcide, tu sai le mie idee a proposito della firma (o parafazione) del

Trattato di pace; e non da oggi. I1 tuo abbozzo di dichiarazione ti fa assumere una responsabilità

precedente al parere della Commissione dei trattati e senza il con- senso dei partiti che stanno fuori del Governo.

La responsabilità principale verte sul fatto che finché l'Italia non abbia messa la sua firma il trattato non potrà essere ratificato dalle quattro Grandi Potenze; ma posta la firma, una volta ratificato da tali potenze, la mancata ratifica italiana non avrà nessun valore giu- ridico, e avrà tutte le conseguenze politiche che avrebbe oggi la mancata firma italiana.

Io non dico di dare oggi un rifiuto perentorio ma di dilazionare chiedendo spiegazioni e altre osservazioni, come avrai visto nel mio articolo sul Giornale d'Italia che ti accludo.

La via da te scelta ti da tutte le responsabilità (che si riverseran- no sulla D.C.); senza alcun vantaggio visibile. Che se i Quattro, America compresa, invece di rispondere alle richieste da formulare (specie quella della reazione territoriale) assegneranno un termine per la firma con minaccia di sanzioni, il governo dovrà giustificarlo di fronte al paese e di fronte alla costituente.

Per corrispondere al tuo desiderio, e senza pregiudicare la mia posizione, ho esaminato l'accluso abbozzo.

1) Trovo assolutamente inopportuna la frase «ma bensì per ra- gioni di necessità contingente non volendo esso offrire, con una mancanza procedurale, il pretesto di peggiorare ancora, prima della ratifica e dell'entrata in vigore, il contenuto del trattato». Cib suona o un'offesa gratuita ai Quattro ovvero un invito a minacce vendica- tive; cosa antidiplomatica e dannosa.

2) Pih sopra tu dici: «diffidato entro brevissimo termine». Coni- sponde ai fatti quel difidato o si tratta solo di invito? Quale signifi- cato dei passi fatti dagli ambasciatori esteri in Roma presso il no- stro Ministro degli Esteri dopo la nota di Nenni?

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3) Non credi che dopo la f m a di Parigi i Quattro chiuderanno la porta ad ogni revisione?

Sempre cordialmente

Luigi Stuno

Don Luigi Sturzo 21 luglio 1947

Caro Alcide, Congratulazioni pel discorso di Salemo. Ho visto ieri l'on. Lupis, che mi ha parlato dell'affare di suo fra-

tello Filippo. Mi ha detto di avertene parlato facendo notare la stra- nezza del fatto di passare da una gestione commissariale dopo che l'amministrazione regolare era stata ricostituita e senza previa in- chiesta e notifica di addebito.

Ti prego di trovar modo che sia evitata una polemica sul caso. Vedi di dar corso alla nomina dei membri del19t\lta Corte per la

Sicilia. Cordialmente

Luigi Sturzo

Roma, 2 1 dicembre 1947 Riservata

A S. E. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro De Gasperi, dopo aver messo la riforma agraria in mano ad Albertario, (uno

dei firmatari, promotori e sostenitori della Costituente della terra) e

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aver rnisconosciuto il Mezzogiorno al punto da non esservi nella Commissione alcun rappresentante caratterizzato, non mi sembra che io debba rimanere al posto di Presidente del Comitato per il Mezzogiorno ai quale mi ha voluto la direzione della D.C.

Non comprendo come 1'0n. Segni' non abbia intimato ad Alber- tario di dimettersi dal Ministero dell'Agricoltura. O si fa il funzio- nario o si fa il propagandista politico. Per colmo ora costui b messo ad un posto di responsabilità per dare il suo nome alla riforma agraria promossa dal Governo.

A parte l'inopportunità di fare coincidere la formazione di tale commissione con il giorno fissato dal Partito Comunista ad agitare la questione della terra, e a parte l'inopportunità di crearla alla vigi- lia elettorale, vi manca quel criterio di scelta che tenga conto delle diversità regionali che in materia di agricoltura sono fondamentali.

Saluti cordiali.

Luigi Sturzo

1. Antonio Segni (1891-1972) fu tra gli organizzatori &Ua Democrazia Cristiana. Dopo vari inca- richi ministeriali. fu presidente del Consiglio nel 1955 e nel 1959. Nel 1%2 fu eletto presidente della Repubblica ma fu cosnctto a dimettersi per motivi di salute nd 1964. Come minisuo dell'Ag~%~ltura ha legato il suo nome alla riforma agraria.

Roma, 14 febbraio 1948

A S. Ecc. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, mi permetto richiamare la tua attenzione sulla necessità di prov-

vedere alla formazione di un ufficio speciale per l'attuazione delle leggi e statuti delle regioni, con propria organizzazione e sufficien- te attrezzatura amministrativa e burocratica.

A quel che io posso sapere, mi sembra che a questo fine non sono adatti né l'ufficio legislativo della presidenza (Sorrentino), né quello di coordinamento della Sicilia (Testa).

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Si tratta ormai di assegnare a tale branca della pubblica ammini- strazione definitive competenze e crearvi un personale adatto e che sia in simpatia con il nuovo istituto che sorge dalla Costituzione.

Non solo è necessario dare corso alla legge elettorale per le re- gioni (legge preparata dal Ministro Scelba e rimasta in sospeso per non essere stata in tempo passata alla Costituente), ma preparare anche uno schema di statuto per quelle regioni che non ne hanno uno speciale, schema certamente indicativo, ma che può servire a orientare gli esponenti delle varie regioni di Italia.

Ignoro se si vorranno affrettare le elezioni delle regioni a statuto speciale (Trentino-Alto Adige, Valle d'Aosta e Sardegna); in tal caso occorre anche preparare fin da ora le leggi di passaggio dei servizi dallo Stato alla Regione.

Per la regione siciliana occorre risolvere preliminarmente se appli- care l'art. 43 dello Statuto circa la Commissione Paritetica, ripigliando gli atti già consegnati a codesta presidenza, ovvero applicare a l caso l'art. vm delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione. Io non esprimo alcun parere in proposito potendosi dare il caso che la questione possa es.rere decisa da11'Nta Cnbe .Cic&xnin--

Altro problema da doversi affrontare subito è quello del persona- le dello Stato alla dipendenza delle Regioni (Sicilia compresa) e quello dell'assunzione al servizio regionale del personale apparte., nente ad altre amministrazioni pubbliche.

E come provvedere alle controversie già sorte e da sorgere, alle situazioni politiche ed economiche delle regioni senza un direttore responsabile di tale ufficio?

Tu stesso ti renderai conto se una tale «Divisione» o «Direzio- ne» possa restare alla Presidenza o passare all'Intemo, dove per tradizione amministrativa vi è un personale ben preparato a simili problemi, anche per la scelta di Commissioni e di Ispettori.

Comunque, è urgente avere un ufficio cui potersi rivolgere con tutta fiducia per competenza e per attitudine non ostile alle regioni (insisto su questo punto perché psicologicamente interessante).

Spero avere da te una risposta soddisfacente. Con i piu cordiali saluti.

Luigi Sturzo

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Don Luigi Sturzo Roma, 6 marzo 1948

A S. Ecc. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente dei Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, capisco che durante la battaglia elettorale è estremamente noioso

sentire le insistenze della Regione Siciliana. Ma ti prego di accor- dare cinque minuti ai reclami del nostro amico Alessi, circa gli or- gani giurisdizionali. È strano che, per esempio, si voglia trasandare il testo preciso dell'articolo 23 dello Statuto dove è stabilito che «i magistrati della Corte dei Conti sono nominati d'accordo dai Go- verni dello Stato e della Regione» per introdurvi il sistema dell' as- segnazione per un anno del personale già in ruolo e nominato solo dal Governo dello Stato. E così di seguito.

Si tratta dell'osservanza di leggi esecutive fino a che sono in vi- gore. Meglio finirla una buona volta che essere accusati di inadem- pienza voluta.

Cordialmente.

Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo Roma, 17 marzo 1948

A S. Ecc. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, per conoscenza, ti acchiudo la copia della lettera al Comm. Inno-

centi'.

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Forse il tono ti sembrerà troppo vivace; ma come si può parlare ancora di Enti parastatali dopo la triste esperienza del passato?

Cordialmente.

Luigi Sturzo

1. iì testo della lettera in appendice. infra. p. 233.

84

Roma, 3 giugno 1948 .

Rev. Don Luigi Sturzo Via Mondovì 1 1 Roma

Caro Sturzo, dovevo venire da te ieri ad informarti di molte cose. ma ero mol-

to stanco e sentivo il bisogno di un po' di riposo. Ma non vorrei che tu rimanessi sotto l'impressione che a propo-

sito delllAlto Commissariato avessi sprezzato i tuoi consigli. Seguendo anche il suggerimento di Caronia, ho sperato, fino

all'ultimo, di arrivare alla soluzione tecnica provvisoria (Marotta) benché la Direzione del Partito sostenesse, per riguardi regionali, Cotellessa, se non che: 1) durante le trattative si dovette promettere ai Repubblicani il posto dell'aggiunto (Spallicci); 2) poco prima

. della seduta consigliare mi si avvertì che Saragat avrebbe proposto la candidatura Vigorelli (il che voleva dire preparare la soluzione del futuro Ministero in senso dell'assistenza e non della Sanità).

Difatti Saragat avanzò la proposta: io allora per troncare, dovetti mettere avanti senz'altro la candidatura Cotellessa.

Se hai occasione ti prego di accennare a tale corso di cose con Caronia, che mi pare si accori troppo, quasi fosse avvenuta una tra- gedia.

A rivederci presto tuo aff.mo

De Gasperi

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Don Luigi Sturzo 17 agosto 1948

On. Alcide De Gasperi Ambasciata Italiana Parigi

Mio caro Alcide, seguo con passione la tua via crucis di Parigi. Le speranze sono

minime per quel che possono fare gli uomini, e l'avvenire è buio. Ma Dio fece sanabili le nazioni.

Ti acchiudo copia della lettera aperta pubblicata ieri sera da Do- rothy Thompson. E un segno che l'opinione pubblica si va, sia pure lentamente, modificando a favore dell'Italia. Purtroppo le Dorothy Thompson e le Anna O'Hara Mc Cormick sono poche, e benché siano apprezzate, non hanno un grande influsso.

Prego dire a Tarchiani che nel New Yorker di oggi in una com- spondenza di Ferret (chi?) piuttosto sfavorevole all'Italia è stato aspramente criticato il fatto che il Com[ita]to Italo-Am[erica]no abbia ripubblicato giorni fa a pagamento sull'Herald Tribune di Pa- rigi l'appello del marzo scorso (il che certo doveva suonare strano dopo la pubblicazione del testo del trattato di pace proposto dai Quattro Grossi). Sarà bene interessare i cinque delegati Italo- Am[erica]ni costà.

Cordialmente tuo

Luigi Sturzo

4 novembre 1948

Caro Alcide, tu hai provato le vittorie fatte di decisione e di impeto. Imita Tmrnan anche nelle elezioni regionali.

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Rimandarle troppo in là tradisce una debolezza che sarebbe pia dannosa di una diminuzione relativa di voti.

Cordialmente

Luigi Sturzo

Roma, 8 novembre 1948 Urgentissima

On.le Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, sulle singole disposizioni del disegno di legge sui contratti agrari . .

--v--. .<n-- n-iiar..n-:n-; A n fnrn n A n l m i i n t n A; r7;et.o n;iir;rl;cn n r lo 4 V l b l V C U I b UJJbI V L U . I U L L I UU I L U - 9 b U U A YUiiLV U1 V i u C U 6iUiiui"V v uu

quello tecnico. Ma per il momento mi limito ad una pregiudiziale di compe-

tenza. L'art. 117 della Costituzione fissa la competenza delIa Regione

per l'agricoltura e foreste «nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato sempre che !e norme stesse non sia- no in contrasto con l'interesse nazionale e con quelle di altre Re- gioni».

Lo Statuto Siciliano (art. 14) dà alla Regione la legislazione esclusiva in materia di agricoltura e foreste, - «senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla costituente», e quindi non mai con leggi ordinarie.

Lo Statuto per la Sardegna (art. 3) ripete per l'Agricoltura e Fo- reste con frasi diverse e con maggior ampiezza quel che & stabilito dall'art. 117 della Costituzione.

Lo Statuto del Trentino Alto Adige (art. 4) ripete più o meno il testo dello Statuto Sardo. E così anche lo Statuto della Valle d'Ao- sta. Quindi o «riforme costituzionali» o «norme fondamentali». Non mai leggi regolamentari; come sarebbe il disegno di legge Se- gni che non tiene in nessun conto le diverse condizioni dell'Agri-

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coltura da Bolzano a Pantelleria, e crea una camicia di forza per tutte le attività contrattuali agrarie.

Cordialmente

Luigi Sturzo

Roma, 17 novembre 1948

A S.ECC. I'on. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, fo seguito a mia precedente lettera sui Patti Agrari inviandoti co-

pia degli appunti fattimi avere da Antonio Medri, che spero ricor- derai come il più autorevole organizzatore dei mezzadri ai tempi del fu Partito Popolare.

Cordialmente

Luigi Sturzo

Allegato n. 1.

Appunti sull'inizio della «Riforma Agraria»

Mi si fa leggere ora ne «L'Avvenire d'Italia» del 30 ottobre scorso l'articolo del sig. Ferdinando Storti: «è incominciata la ri- forma agraria» la quale a suo giudizio «dovrA far giustizia di tutta

- una serie di ibride forme contrattuali che sono improntate ad una arretratezza sociale ed economica in profondo contrasto con la nuova realtà, che essa non può né ammettere né tollerare»!

1) Per tradurre in pratica questa riforma agraria «uno dei punti essenziali deve essere ravvisato proprio in quel principio della 'giusta causa' che la riforma sancisce quale regola e norma del re- gime delle disdette».

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Evidentemente chi scrive non conosce bene mezzadria e mezza- dri: cambiar mezzadro w01 dire - per chi se ne intende - una grave perdita finanziaria per il proprietario il quale (salvo eccezioni asso- lute) se proprio non vi sono motivi gravi, non darà il commiato.

Non deve poi dimenticarsi che il mezzadro pub, quando vuole, rinunciare ai contratto e sarebbe assurdo che il proprietario volesse trattenerlo. Perché simile diritto non deve avere il suo socio?

Dal punto di vista produttivo, quando i due soci non andassero d'accordo e fossero costretti a stare insieme, sarebbe la produzione ad andarne di mezzo.

Praticamente in Romagna è awenuto e awiene che i buoni mezza- dri sono rimasti per secoli e almeno per decenni nello stesso fondo!

2) I1 «concetto del primato del lavoro si apre la sua strada con l'abbandono definitivo delle quote di riparto tradizionalmente fis- sate al 5 0 % ~ continua l'enunciazione del «nuovo diritto». Chi non sa che «la quota di riparto scritta e fissata tradizionalmente al 50 per cento», sale nella pratica e pacificamente, almeno al 60 per cento per il mezzadro?

Nnn !Q cannn snltantn niielli che pa~laan di mezzad-ia senza cn- - -- - - - - - - =----I ---- noscerla non avendola né studiata sul serio, né vissuta. I quali pare non sappiano neppure - ed è documentato - che quando la Feder- terra (mentre confermava di voler abolire la mezzadria) iniziò la sua agitazione per i mezzadri ( 2 O semestre 1945)' questi si erano già messi o si misero poi d'accordo coi proprietari delle zone tipi- che della mezzadria per fissare i compensi per i danni subiti «con- fermando il principio di mezzadria della divisione di spese e pro- dotti in ragione della metà».

Un'altra domanda: la nuova teoria suenunciata per i terreni a mezzadria, verrà applicata anche alle fabbriche? Si è dimenticato infatti che il proprietario direttamente o per mezzo del «fattore» o agente mrale, rappresenta non solo il capitale, ma anche il dirigente dell'azienda. E allora perché un trattamento diverso tra industriali e agricoltori?

Frattanto va detto che senza mettere a soqquadro un contratto come quello della mezzadria1 e la condizione dei terreni meglio coltivati d'Italia, basterebbe che nei casi - non molti - in cui il pro- prietario non risponda al suo compito, avessero diritto di interveni- re le Cattedre Ambulanti di agricoltura.

Sarebbe poi opera utilissima e saggia - per essere pratici - sta- bilire che entro un certo periodo i «fattori» o rappresentanti dei

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proprietari, dovessero essere patentati in agraria ed avere almeno tre anni di pratica presso le Cattedre Ambulanti, salvo il caso di componenti pratici, che abbiano una competenza effettiva: i fondi che dirigono debbono essere la dimostrazione di questa loro com- petenza.

Per scrivere, come si legge nell'articolo in esame che i patti mezzadrili sono «una serie di ibride forme contrattuali che sono improntate a una arretratezza sociale ed economica in profondo contrasto con la nuova realtà ecc. ecc.» bisogna non conoscere quelli delle plaghe della vera mezzadria: in quelli di Romagna dei primi del 1900 si riconosceva al colono: il ricorso all'arbitrato, spe- ciali compensi per le colture industriali (barbabietole, pomodori, patate ecc.) che richiedono maggiori cure e lavoro, un compenso pei fondi non sufficientemente produttivi e, per giustizia, un com- penso al proprietario per quelli più vicini alla città, più redditizi perché meglio piantati quindi più tassati.

L'esperienza dà torto in pieno all'articolista perché se egli ha ac- colto il punto di vista antimezzadrile dei socialcomunisti dovrebbe però sapere che in un Congresso Provinciale del Partito Socialista a Ravenna (vedi «La Romagna Socialista» del 3 novembre 1945), lontano dalle orecchie dei mezzadri, uno dei capi socialisti ha pro- clamato: «Noi socialisti dobbiamo voler bene ai contadini» ma «non vogliamo la responsabilità di creare altra classe borghese», dopo aver riconosciuto che «si trovano in buone condizioni».

Che i d.c. vogliano «incominciare la riforma agraria>> con l'abo- lizione - anche praticamente è proprio dell'abolizione che si tratta - di un contratto che può dirsi ormai perfetto nell'interesse dei due soci e dell'agricoltura e che forma il benessere di intere provincie, appare cosa veramente grave ed è doloroso che non lo si voglia ca- pire. Lo si capirà quando sarà troppo tardi.

Antonio Medri

1. Menm poi dopo avergli aumnitptc notevoimente k tarre gli si vogliono dimiiuirc le rendite mezzadriti. il &&o lo si obbliga ad impiegare una quota &l reddito lordo in opere di migliotia srnlo limite di durm, dimenticando. fra I'alhr~. che quando un proprieiario ha faao man mano tutti i bonifici -sari. è assurdo mdtnlo alia sbcgua di quei proprietari - pochi nei nostri ambienti mez- rndrili - che incomincuanm> con la nuova kgge a fare il loro vecchio dovere!

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I1 Presidente del Consiglio dei Ministri

marzo 1 9 4 9 1

Nel nostro ultimo incontro non accennai al dispiacere da me pro- vato per il tuo colloquio con S. Negro (Il Mondo, 19.2)2.

Avviene qualche volta che io mi senta a disagio per tue afferma- zioni o critiche pubbliche, e mi proponga sul momento di venire a parlare. Ma poi la profonda riluttanza di bisticciarmi con un uomo, a cui dobbiamo tanto e che tanto apprezzo ed amo, finisce col pre- valere e la unica conseguenza che rimane è quella di diradare le vi- site, contando sulla virtù sana e lubrificatrice del tempo.

Ma questa volta i tuoi sfoghi diventano operanti, perché vengo- no utilizzati dagli avversari. Meno male che tu dica che io manchi di sensibilità e preparazione per le cose dell'economia: ciò confer- ma l'opinione di chi, vedendomi impegnato a superare invece che acuire le varie opinioni economiche entro il Consiglio. ritiene che io non ne capisca niente; e questo specie quando il mio atteggia- mento si risolve in compromessi contrari ai suoi interessi.

Ma quello che mi pare più pregiudizievole è quanto venne detto in confronto del Ministro Segni; perché non solo se ne sono impa- droniti i tecnici o i cosiddetti tecnici agricoli, ma anche i periodici, che si occupano, in veste agraria, di elezioni regionali (cfr. Sarde- gna Agricola, 4 marzo). Anche oggi te ne scrivo non per formulare proteste o in attesa di spiegazioni: solo perché il mio tacere, non possa venire attribuito alla mia aperta insensibilità in cose econo- miche o in questioni di colleganza e solidarietà ministeriale.

De Gasperi

1. Rima &l 9 mano. cfr. knm 90. 2. L'articolo su ail Mondo* a fuma di Silvio Negro riporia parole di un dialogo avvenuto il

19.2.1949 r Mondovl tra il giornalista e don Luigi Sturro. Negro scrive tra i'altro: *Peggio ancora di Grassi esce dalla sua conversazione il ministro Segni pu la sua legge sui contratti agrari. Altro che riforma agraria. quesia è la creazione della 'manomorta agricob'. dice SNIZO. Agevola colo i ricchi mezzadri de1l'Einilia e &Ua Toscana che spn&no patrimoni quando vanno a nozze, ma vogliono avere la tara graiuitamcnic. e percib si dicono comunisti. Questa kgge favorisce la coaplazione del- le caicgwie sociali, cristallizza la società che vive sulla iena, amsta la circolazione del capitale che, in un paese che M ha poco come il nostro, dovrebbe essere la piiì rapida possibik. Comunque è una legge incostinizionak, t contraria aiI'Pticolo I l della Costinizione, perché è una kgge sisicmatica

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che VUOI legiferare sull'igricolaira. argomento che dall'articolo 117 b riservato alla Regione. 'Ricom- remo alla Carre Costituzionale se sarà approvata e la f a m o ritirare'. E quanto alla politica genaale &l governo essa è tak pa cui si vede chiaro che il suo capo non ha sensibilità e pparazione per le cose dell'cconomia*.

Don Luigi Sturzo Roma, 9 marzo 1949

A S. E. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro Alcide, comprendo il tuo stato d'animo riguardo la riforma Segni; ti pre-

go di comprendere il mio. Che io non abbia mancato di riguardi verso di te e verso di Segni lo

provano le mie lettere e i passi fatti con tutto rispetto e discrezione. A Segni scrissi il 14 agosto scorso pregandolo di sentirmi insie-

me alla Sottocommissione del Comitato per il Mezzogiorno. Non mi rispose. Insistetti a voce con Colombo. Altra lettera gli inviai (che riguardava il Fondo Lire).

Egli inviò un suo impiegato alla riunione, ma mi fece sapere che non desiderava sentire la Sottocommissione per la riforma agraria perché ancora in elaborazione. Ti acchiudo copia delle due lettere.

Avuto il testo del disegno di legge, ti scrissi una lettera urgentis- sima'in data 8 novembre 1948 n. 6035 sollevando la questione dell'applicazione dell'art. 117 della Costituzione. Non ebbi rispo- sta; ma la volta che ebbi il piacere di una tua visita (24 dicembre) non ti nascosi le mie preoccupazioni per tale disegno di legge.

Non basta; feci dei passi presso 1'On.le Piccioni prima della se- duta del Consiglio dei Ministri de11'8 novembre; egli mi manifestò le sue obiezioni al progetto. Tornai a parlargliene pih volte. Infine attesi la nomina del nuovo segretario politico, On.le Cappi, ed ebbi un abboccamento con lui pochi giorni dopo la sua nomina.

Essendo stati poco frumiosi i miei passi pensai di utilizzare la conversazione con Silvio Negro (dissi chiaramente che non era in- tervista) per rendere noto il mio pensiero, dato che le lettere e i pro- memoria che ricevevo da quasi tutte le parti d'Italia erano molte e

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insistenti. Ricordo di averti mandato il 17 novembre scorso l'espo- sto di Medri, l'antico organizzatore dei mezzadri di Emilia e di al- tre regioni.

Naturalmente, le mie dichiarazioni hanno avuto un seguito; io stesso ho dovuto inviare una lettera al Giornale di Agricoltura per confutare le obiezioni di Serpieri circa il diritto delle Regioni in merito.

Agendo così, credo di rendere, come semplice cittadino, un ser- vizio al paese, e come amico credo di aver fatto di tutto per evitare che la mia opposizione fosse resa di pubblica ragione.

La cosa più grave, per me, è quella di voler fissare una legge unica dalle Alpi alla Sicilia, nonostante le diversità agrarie, le esi- genze culturali e le tradizioni locali; e che per far ciò si calpestino, fin dalla prima applicazione, i diritti concessi dalla Costituzione alle Regioni.

Mi dispiace dissentire da te cui mi legano affetti ed ideali, e spe- ro che ciò non turbi i nostri rapporti di sentita amicizia.

Cordialmente

Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo Roma, 6 aprile 1949

A S.ECC. 1'On.le Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro Alcide, leggo che ieri hai compiuto 68 anni. Arrivo in ritardo, ma con affetto fraterno, per augurarti ad mul-

tos annos salute e resistenza pari a quella che da cinque anni ti fa stare sulla breccia per il bene del nostro paese.

Cordialmente

Luigi Sturzo

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Don Luigi Stuno Roma, 27 aprile 1949

A S.E. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro Alcide, tu che sei stato giornalista e direttore di giornali in periodo libe-

ro (pre-fascista) e poi nel primo periodo fascista, potrai meglio che ogni altro comprendere l'enormità di un disegno di legge che i3 in giro per costituire l'albo dei giornalisti (oh! ricorrenze del sistema corporativo e vincolato del triste ventennio).

Possibile che cib ha da passare sotto la tua amministrazione? Avverti il Sottosegretario Andreotti a non cadere nel laccio teso

sotto specie sindacalista per proteggere la classe. I veri giornalisti si proteggono da sé; gli altri che vadano a fare i ciabattini.

Sempre tuo aff.mo

Luigi Sturzo

22 giugno 1949

Caro Alcide, ti sono grato dell'invio del ricordino della professione religiosa

di tua figlia Lucia, nonché del telegramma di auguri per il mio ono- mastico.

Tu sai che prego tanto per te e ogni giorno applico l'indulgenza plenaria per le anime del purgatorio che pregano per te e i tuoi.

Caro, ti sono vicino anche quando mostro il mio dissenso (dis- senso politico o piuttosto ... amministrativo), mentre ammiro sern- pre più le tue doti di uomo di stato.

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E credo di fare del bene e di farti del bene, e con la vecchia e rinnovata amicizia sempre più calda e fedele.

Aff.mo

Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo Roma, 23 febbraio 1950

Caro Alcide, l'articolo pubblicato da Risorgimento di Napoli fu scritto il 9 di

questo mese e spedito ai vari giornali prima della tua gradita visita. Tu che vieni dalle montagne del Trentino e conoscesti il sistema

forestale dell'Austria di un tempo, potrai ben comprendere la mia amarezza nell'essere stato per tre anni inascoltato in materia fore- stale che ben conosco, direi quasi denso nelle mie insistenze e cer- to mai secondato nelle mie proposte pratiche, da coloro che coman- dano a via xx Settembre e al Palazzo delle Finanze.

Tu sei troppo generoso per avallare quel che si fa, o non si fa, in certe sfere.

Credimi aff.mo

Luigi Sturzo

Luigi Sturzo

A S.E. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Roma, 16 marzo 1950

Caro De Gasperi, il tuo biglietto mi fa comprendere che saranno possibili degli

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emendamenti ai disegno di legge n. 11 17. Oltre quello che tu pro- porresti per proibire le culture arboree e legnose, se ne dovrebbe introdurre un secondo, per le zone di immediata riforma agraria,' che limiti la concessione dei terreni all'anno in corso 1950-51, ces- sando questa automaticamente dopo il raccolto, e cesseranno le cbncessioni date in antecedenza.

Inoltre, sarà bene dichiarare che dove si applica la riforma agra- ria cesseranno di avere qualsiasi vigore i decreti legislativi Gullo e Segni circa la concessione temporanea delle terre.

Infine fra le penalità per le occupazioni abusive dovrebbe met- tersi la esclusione di qualsiasi concessione di terre sia alla coopera- tiva che ai singoli individuati [sic].

Ciò nonostante, io resto dell'awiso che la nuova disciplina sarà pericolosa; e che tutto sommato, il vantaggio reale ed effettivo sarà delle pseudo-cooperative esistenti, che per il 90 per cento sono in mano ai rossi.

Cordialmente

Luigi Sturzo

24 marzo 1950

Caro Sturzo, durante le discussioni per la legge regionale, i tedeschi hanno

convenuto che il nome ufficiale della zona di Bolzano sia ~Tiroler Etschlandn cioè paese dell'Adige tirolese. Ho allora resistito all'idea del Sudtiroler, che è nome fatalmente nostalgico, pur con- cedendo nell'aggettivo il ricordo storico.

È vero che all'estero si conosce il «Tirolo» e così fu ancora nel 67 perfino per i garibaldini che volevano liberare il Tirolo, cioè il Trentino. Ma il Trentino, che allora veniva detto anche Tirolo, ha fatto un'aspra lotta per non essere così chiamato. Comrnercialmen- te si potranno chiamare Sudtirol, non glielo possiamo proibire, ma in pubblicazioni ufficiali, no; significherebbe alimentare illusioni. Recentemente si è fatta a Innsbmck una pubblicazione ufficiale

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Tyrola (ingl[ese]) che vi è considerata (compresi i trentini) unità et- nica e storica: base di rivendicazioni politiche.

Spero che Togni e Carnpilli siano venuti. Cordialmente

tuo

A. De Gasperi

Luigi Sturzo Roma, l l maggio 1950

A S. E. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Cau-o A1cIde, ti fo tenere due numeri del Katoliski Glas di Gorizia con dei trat-

ti segnati circa le lagnanze che quel settimanale cattolico fa nei n- guardi delle scuole e del rispetto della minoranza slovena.

Ti prego di interessartene personalmente, sia che la cosa dipenda da cotesto ufficio della Presidenza, sia che dipenda dal Ministro della Istruzione,

I1 rispetto delle minoranze, loro lingua, loro diritti e loro interes- si i? nostro dovere. Tu sei pienamente convinto per l'esperienza fat- ta prima del 191 8, e durante il fascismo.

Ma la burocrazia italiana è ancora infetta e del nazionalismo avanti l'ERA e di quello dell'E~A e del risorgente nazionalismo POSt-ERA.

Di questo io vorrei che tu fossi convinto quanto me. Con i più affettuosi saluti

Luigi Sturzo

All. 2

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13 giugno 1950

DDD Roma, Roma 47 13 5

Apprezzo assai il tuo compiacimento e la tua adesione alle mie dichiarazioni di sabato alla Camera, ma mi manca l'animo di ralle- grarmene amareggiato come sono dalla ingiusta campagna scanda- listica nella quale avrei desiderato che a nessuno con riferimenti e richiami fosse lecito abusare della tua autorità morale

Alcide De Gasperi

Luigi Sturzo Roma, 9 luglio 1950

Urgente. Personale. A mano

On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro De Gasperi, lo Non ostante l'impegno del Ministro Segni e la tua assicura-

zione che nelle leggi di riforma fondiaria sarebbe stata posta la di- sposizione che con dichiarazione di esproprio cessano i decreti pre- fettizi di concessione di terre per quattro ~ n n i , nulla ci fu nella leg- ge sulla Sila, nulla c'è nella legge di stralcio.

Imprevidenza? Dimenticanza? Partito preso? 20 Dippiù: nella legge sulla Sila fu stabilita la nomina di tre de-

putati e tre senatori componenti una inutile (e dannosa) commissio- ne parlamentare, col regalo di due posti ai comunisti.

Poiché la legge stralcio fa riferimento alle norme della legge sul- la Sila, si ha motivo di credere che la Commissione parlamentare funzionera anche per tutte le altre regioni interessate. È così? E

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perché introdurre due parlamentari di sinistra nell'ingranaggio del- la Riforma?

30 Ho segnalato a Cappi il grave inconveniente che può nascere dall'aver rimesso al «Governo» (leggi Ministero dell'Agricoltura) «la determinazione dei territori stessi» (per l'esproprio), cosa che si presta alla speculazione avversaria.

Gli ho scritto: «Così l'agitazione sarà portata irrimediabilmente nelle campagne; i contadini saranno agitati dai soliti organizzatori sindacali e dagli improvvisati cooperatori per ottenere i terreni an- che se ciò non sia conveniente all'economia agraria n6 rispondente alla legge in discussione. I1 fuoco sarà acceso in tutte le nostre campagne.

Pib improvvido articolo di questo non si poteva pensare; e da qualche voce a me arrivata (circa la preparazione comunista ad av- vantaggiarsi di tale disposizione) ho sospettato che mano 'nemica' abbia seminato sul grano la 'zizzania' (a dirla con la nota parabola del Vangelo)».

Ti prego di interessartene. lo ho fatto i l mio dovere,

Cordialmente Luigi Sturzo

. Roma, l l luglio 1950

Prof. Don Luigi Sturzo Via Mondovì, 1 1 Roma

Caro Don Luigi, rispondo alla tua del 9 corrente. Si è voluto ridurre le impugnative contro le espropriazioni e per-

ciò si è preveduto il decreto legislativo. Siamo quindi in sede di delega e perciò il Senato volle una com-

missione consultiva parlamentare che vale solo per il parere su pia- ni di espropriazione.

Abbiamo invece nello stralcio eliminato a maggioranza la pro- posta commissione parlamentare consultiva generale, proposta da Caramia.

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Circa le concessioni, la clausola esiste nel progetto generale del- la riforma agraria: qui si temette che in sede di stralcio provocasse una battaglia troppo lunga, in modo da rinviare la legge all'autun- no. Tuttavia si ritenterà nel corso della discussione.

Cordialmente

De Gasperi

Telefon. a D. Sturzo

11 presid. m'incarica di telef.: Riconosce che le sue obiezioni alla legge sulle terre incolte sono

giuste. Era convenuto che nella revisione si sarebbe limitata la du- rata delle concessioni, ma purtroppo nelle C h e r e il limite non venne fissato. Oramai bisognerà nella legge stralcio o in quella agraria generale introdurre un articolo per far cessare automatica- mente le concessioni, appena le rispettive zone verranno dichiarate oggetto della riforma.

I1 Pres. si riserva di venirla a vedere prossimamente.

Luigi Sturzo Roma, 13 luglio 1950

Personale. Urgente. A mano

On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro De Gasperi, prendo atto della tua dell' 11 corrente luglio per quanto riguarda

la promessa (un po' vaga) di introdurre in sede di discussione la clausola rescissoria dei decreti prefettizi di concessione di terre «incolte o mal coltivate». Certo, sarebbe meglio che ciò venisse da parte della Commissione in sede referente.

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I1 caso della Commissione paritetica è diverso. Essendo questa prevista dalla legge sulla Sila (art. 5), va ad essere introdotta nella Riforma per il disposto dell'art. 1 del disegno di legge «stralcio», che a tutto quel che non è previsto in questa, si applica la legge sul- la Sila.

Ho segnalato la cosa all'amico Cappi; non so se ha provvisto. Certo, non ha fatto nulla, circa il pericolo delle agitazioni agrarie nelle campagne, da parte dei comunisti, avendomi risposto che «ciò vorrebbe dire dilazionare l'approvazione della legge».

A me sembra che ci voglia molto a stabilire che la legge stralcio si applica solo alle zone latifondiste suscettibili di trasformazione agraria; così ci sarebbe una ragionevole precisazione e limitazione (che del resto risponde al limite dei 30 miliardi l'anno per il centro e zone affini).

Ti prego di riguardare la cosa con l'occhio dell'uomo responsa- bile, che deve evitare che il problema agrario continui a turbare le campagne ed essere l'uomo della conciliazione fra le varie ali della stessa D.C.

Cdid,?.,en:e

Luigi Sturzo

21 luglio 1950

Caro De Gasperi, Ho sentito che oggi è cominciata la discussione del disegno di

legge «stralcio» sulla riforma agraria e nel testo della Commissione trovo il riferimento alla legge Sila, senza l'esclusione dell'art. 5. Quindi vi sarà la Commissione di tre Senatori e tre Deputati, col regalo di due posti ai comunisti.

Inoltre non trovo l'aggiunta che i decreti prefettizi di concessio- ne per quattro anni di terreni detti incolti o mal coltivati cessano di avere vigore nell'anno agrario in cui avviene lo scorporo.

Infine non vedo limitata la facoltà data al «Governo» (Consiglio dei Ministri o Ministro dell'Agricoltura?) di determinare i terreni soggetti a scorporo, in modo che la mia preoccupazione dell'agita- zione comunista in tutto il Mezzogiorno resta in tutta la sua realtà.

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Ti scrivo per amore di verità, come ultimo appello alla tua co- scienza.

Superfluo riafferrnare che dissento sull'imposizione data alla n- forma. Ma questo B altro affare.

Cordialmente Luigi Sturzo

Roma, 3 l luglio 1950

Caro Alcide, mentre mi affretto a inviarti i miei piu sinceri auguri per un pe-

riodo di riposo tranquillo e sereno, ti prego di riconsiderare con calma i punti del problema agrario che da quattro mesi vado pro- spettando nelle mie lettere.

La dichiarazione di decadenza delle concessioni di terre per quattro anni, decretate dai prefetti, nel caso di applicazione della ri- forma, era dettata più che da una giustificata preoccupazione giuri- dica, da una ben seria preoccupazione politica.

Le cooperative concessionarie sono, novanta su cento, in mano ai rossi (una statistica esatta dovrebbe esistere al Ministero dell'In- temo); B evidente che i rossi reagiranno come hanno sempre reagi- to e non lasceranno le terre.

I1 fatto che l'emendamento Gatto1 in questo senso sia arrivato all'ultima ora, b stato segno delle titubanze dei nostri. Ma il peggio che avvenne (e che tu dovresti considerare come sintomatico di quel che avverrà in avvenire) fu che alla reazione violenta degli Alicata. Miceli, Pajetta, Grifone e altri, sul terreno procedurale e con chiari riferimenti al merito, il contegno dei nostri fu incerto ed equivoco, e, in tutto quel putiferio, Segni e Germani rimasero muti come pesci.

Al pomeriggio, Gatto, per non rimandare la decisione all'indo- mani, ritirò l'emendamento. I1 caldo ci entrò un poco, ma la man- canza di convinzioni e di volontà ne causò ... la fuga.

La mia interpretazione, da osservatore a distanza, è questa, che né Segni né il gruppo Segni (e in questo ci metto decisamente Ger- mani, Bonomi, Colombo, Salomone, Medici) [non] intendono ur-

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tarsi con i comunisti nell'attuazione della riforma agraria; noi avre- mo così fatta la piattaforma agli avversari con le nostre stesse mani.

Tu vedi, adunque, la ragione della mia grave preoccupazione, sia per la caduta dell'emendamento Gatto, sia per aver lasciato in vita la Commissione Parlamentare di cui all'art. 5 della legge sulla Sila (regalando così due posti: un deputato e un senatore, ai comunisti); e piu ancora per la disposizione che la designazione dei terreni da scorporare sarh fatta con decreti del Governo (Ministro dell'Agri- coltura) che avranno valore di legge.

Caro Alcide, senti il vecchio amico che ti vuol bene, e guardati da coloro che, sotto aspetto sociale, creano le premesse legislative e pratiche della bolscevizzazione del nostro paese.

Sempre cordialmente

Luigi Sturzo

1. Eugenio Gatto. consiglim nazionale d.c.. deputato nel 1948 e senatore nel 1963. L'emenda- mento Gatto alla legge Segni, che pvedeva che *Le tem soggette ad espropriazione ai sensi della presente legge non possono essere oggetto di concessione ai termini del decreto legislativo 6 senem- brc 1946. n. 89 e successive disposizio~v, fu presentato il 28 luglio 1950 nella seduta antimeridiana quando la discussione sulla legge era terminata. Ne segul una vivace discussione sulla procedura. Fu ritirato il 28 luglio 1950 nella seduta pomeridiana.

Sella, 10 agosto 1950

Caro don Luigi, è la prima volta, dopo il mio arrivo a Sella, che mi metto a scri-

vere senza la mediazione del segretario, perché è la prima volta che esco, sia pure per qualche ora, dal letto, ove mi trattiene un'infezio- ne a una gamba, prodotta probabilmente da una puntura d'insetto a Caste1 Gandolfo. Non so se posso chiedere compatimento a te che da anni ti rassegni alla tua volontaria segregazione cellulare: ma im- maginerai certo il mio rammarico di aver raggiunto dopo tanti mesi le mie montagne, senza poterle non dico dominare, ma nemmeno lambi- re. Così è rimasta sul tavolo la tua del 31 luglio e mi spiace soprattutto perché mi auguravi un periodo tranquillo e sereno.

La tua interpretazione del voto sull'emendamento Gatto è perlo-

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meno esagerata. Segni aveva fatto presentare l'emendamento nel- l'ultimo istante, prevedendo altrimenti l'ostruzionismo. Ma anche questo stratagemma non giovò, ché i socialcomunisti diedero l'al- larme e la Camera si trovò bloccata. Non ho potuto seguire dap- presso la manovra, perché impegnato al Senato, ma la situazione mi fu descritta da tutti così: o rinunziare alla riforma in quest'esta- te, ovvero non insistere sull'emendamento. In quest'ultima ora non era caduta ancora ogni speranza per il passaggio della legge in Se- nato e perciò non posso disapprovare che si sia fatto ogni sforzo per far passare il testo alla Camera.

Segni, benché in misura più attenuata di me e di te, ammette il conflitto per le terre incolte, che è già in atto nella Sila, ma pensa che il non varare la riforma o radicalmente trasformarla sarebbe stato peggio. Anch'io ti ho ripetutamente ammesso che era stato un errore di non avere inserita anche nello stralcio la clausola che sta nel progetto generale, e ho fatto il mio meglio per rimediarvi, ma non ho nessuna ragione di credere che Segni l'abbia fatto per man- canza di coraggio o per tenerezza verso comunisti.

La commissione parlamentare poi (consultiva) passò nella Sila per la debolezza «parlamentare» dei nostri ed era difficile poi escluderla altrove, benché si sia tentato. Sono gli ultimi resti di una illusione che va tramontando nel nuovo clima che si crea. In questo senso «le premesse legislative e pratiche della bolscevizzazione» stanno nell'eccessiva elasticità e non concretezza della Costituzio- ne che rende difficile il governare e il deliberare e in fondo non prevede discriminazione contro i falsi democratici: il povero Segni, cui tu attribuisci una parte così iniqua, è colpevole come tanti altri costituenti, non più, anzi meno.

Certo alcune rettifiche si sarebbero potute fare, se non si avesse avuto la sensazione che la riforma veniva insidiata da contropropo- ste che sotto veste tecnica, in realtai ne siluravano il contenuto poli- tico; io stesso ebbi la sensazione che il siluramento sarebbe stato fatale per la D.C. e compresi che il meglio era cominciare, anche se poi nella pratica si fossero rivelati errori. Tu fosti di diverso parere e rianimasti l'opposizione che in fondo aveva già tramato (intendo dire De Martinol e C.).

Visitando il Mezzogiorno mi sono confermato nell'idea che l'in- tervento incisivo dello Stato anche nella redistribuzione della pro- prietà terriera & l'unico scampo e un obbligo di giustizia. Se non lo facciamo noi. verrà fatalmente con metodi più spicci. I1 progetto

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De Martino si fondava sulla premessa che esista colà una classe di dirigenti proprietari che abbiano la capacità e la volontà di collabo- rare volonterosamente. Non è vero, imprenditori illuminati come D.M. sono poche eccezioni, gli altri sono inerti per tradizione e riottosi per egoismo. Se non li costringi non riesci a nulla. È vero, ho grossi timori per l'attuazione della legge, non solo perché i co- munisti sono abili (Grieco) e semplificatori, ma perché i nostri sono deboli, incerti, talvolta cointeressati nello statu quo; ma non c'è da scegliere.

Questo mio giudizio non si estende di scienza propria alla Sici- lia, perché non avendola io stesso esaminata in loco, devo fidarmi del giudizio altrui.

Riprendo il giorno 1 1. Mi sono rimesso a letto perché la gamba, anche per breve sortita,

si gonfia. Riassumiamo dunque il discorso sulla riforma agraria. Vorrei persuaderti che Segni è uomo di buona fede, onesto, disinte- ressato. Ha le virtù e i difetti sardi: scarsa duttilità e temperamento difficile. Ma è di pura coscienza; la sua vena demagogica gli viene rcme u tu2ti u!ki d.r. dd!'.A.zior.e Cuttc!ica, mu ha prepxazio~e soda e costanza di lavoro. Ti vuole bene e soffre che tu abbia osteggiata la riforma e la combatta. Far passare il progetto, anche il solo stralcio è stato uno sforzo poderoso. L'opposizione era molte- plice e agguerrita; ma è sempre l'opposizione della Federterra che sarà la pih dura: ma essa è per la questione delle terre in genere. Se non è per l'assegnazione, sarh per I'occupazione, quindi indipen- dentemente dalla riforma. La fame di terra si può soddisfare solo colla lottizzazione se non si vuole lasciare in eterno applicare l'al- tro metodo dell'occupazione. Nella Sila tratteniamo i contadini - forse solo con l'impegno dello scorporo - se ci riusciremo, perché Grieco, favorito dalla situazione internazionale, sta affilando le armi. Dinanzi a tali prospettive non era meglio marciare insieme, invece che favorire all'ultimo momento una scissione che se fosse riuscita avrebbe messo in crisi ben più che un gabinetto? 4

In generale, caro Sturzo, o io mi inganno, o tu non hai una visio- ne delle difficoltà concrete che deve superare la D.C. fra le gelosie degli anticlencali e dei signori e l'odio mortale dei socialcornuni- sti. Sembra che tu non ammetta che basterebbe da parte nostra la scomparsa o la discordia di pochi uomini per provocare la caduta della valanga e che non senta quale sforzo inaudito è necessario per reggere in mezzo a tanta bufera. Se non fosse così, come spiegare

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codesto tuo giocare di scherma con la tua abile penna, menando colpi, che finiscono troppo spesso a ferire il gruppo di uomini che sta battagliando in mezzo a un nugolo di nemici o di indifferenti? E, bada, il tuo esempio viene imitato da certi pigmei e bastian con- trari del partito, e allegramente, giorno per giorno, si offre agli av- versari argomenti, sfruttati certo in mala fede, o speranze di scis- sioni. Libertà di discussione, si: ma siamo in guerra, siamo in peri- colo e la parola libera è un mezzo, non può essere il fine.

C'è un'altro aspetto, quello della responsabilità. Chi può assu- mere la responsabilità ha la libertà senza riserve. Se tu potessi assu- mere la responsabilità del governo, sarebbe forse la fortuna d'Ita- lia, e io mi accontenterei dell'ultimo posto dei tuoi collaboratori. Ricordi quei tempi; io ti ho servito in lealtà e devozione, e deferito a te, anche quando la mia diversa scuola politica e il mio diverso temperamento mi portavano ad essere perplesso intorno a certe di- rettive; e negli ultimi e più contrastanti periodi, pur sforzandomi di riconciliare a te Cavazzoni2, non venni mai meno, pur prevedendo l'ora del sacrificio. Era mio dovere, lo so, ma oggi me ne posso vantare perché è il solo principio della correlazione fra critica e .re- .

sponsabilità che si pub invocare, come elemento di azione demo- cratica. Intendiamoci bene, personalmente non ho nessun rimpro- vero da muoverti: mi hai sempre risparmiato, anzi hai dato rilievo a tutti gli argomenti favorevoli; te ne sono grato, ma la stessa tua bontà mi metteva in imbarazzo di fronte ai colleghi criticati.

Siamo sempre al punto di partenza: se si ha una visione realistica della precarietà del regime democratico, del pericolo gravissimo del totalitarismo, della relativa debolezza della D.C. insidiata dalla varietà della sua compagine e invidiata dai suoi alleati e dal mondo passato che non crede al nostro neoliberalismo politico, allora le cose si vedono con una certa prospettiva e proporzione e si misura- no i colpi, perché non abbattono; se invece ci si crede in un mondo di libertà garantita e di democrazia assicurata, allora si pensa che il bisturi ripulisce e non va così addentro da recidere organi vitali. Se nel 1922 avessimo previsto il totalitarismo fascista, non credi che saremmo stati più cauti nell'attaccare lo stato liberale?

Caro Sturzo, forse non ti ho persuaso; perché la tua foite tempra polemica che può vantare tanti successi passera sopra alle conside- razioni che qui ho esposte, dopo avertele accennate altre volte ver- balmente e che potrei ancora sviluppare pih organicamente.

Ma una volta dovevo anche formularle (te le ho fatte capire con

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un telegramma a proposito della campagna scandalistica), poiché me ne hai dato occasione colla tua lettera amichevole.

Queste ore dolorose e tristi che passo a letto, si prestano agli sfo- ghi fra amici.

Se ti paiono troppo forti, sii indulgente con me e con te, perché soffriamo entrambi. Ed è solo per non farti male e per non soffrire io stesso nell'animo che ho evitato di vederti da tanto tempo. Il pensiero di non essere d'accordo con te mi è grave e non vorrei mai in un colloquio dissimulare ciò che penso; d'altro canto ormai in- vecchio, l'ora del rendiconto innanzi a Dio si avvicina e non vorrei che fra i meritati rimproveri ci fosse quello di aver recato dolore a un uomo, al quale sono attaccato per antico affetto e rinnovata am- mirazione.

Con questi sensi accetta il mio abbraccio e i miei auguri fraterni. Aff.mo obbl.

De Gasperi

1. Carmine Dc Martirio, deputato deUa destra d.c. 2. Dc Gasperi si riferisce agli anni del primo dopogum quando Snino era segretario del P.PL

Su Cavauoni. cfr. lettera 2. supra, p. 82.

Roma, 23 agosto 1950 A S. E. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio Roma

Caro Alcide, intanto mi compiaccio della recuperata salute e della mai cessata

attività, per quanto sarebbe stato più vantaggioso il perfetto riposo, che, purtroppo, è negato agli uomini politici moderni.

Ho riletto la tua graditissima lettera del 10 com. agosto, ed ho creduto meglio non entrare a riprendere i motivi (tecnici ed econo- mici e di conseguenza anche sociali) di dissenso con il Ministro Segni sull'impostazione della Riforma Agraria.

Dacché per la volontà ferma dei dirigenti del Governo, e della D.C. sarh fatto questo regalo al paese, bisogna accettarlo se non al-

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tro per le buone intenzioni, lasciando alla provvidenza e agli uomi- ni del futuro il compito di proteggere gli errori del presente.

E fo punto su questo, anche per non amareggiarti. Passo all'aspetto politico da me sollevato nel marzo scorso; da te

ritenuto degno di considerazione, e poi lasciato in balia delle forze avverse, senza sufficiente volontà di provvedervi.

Ora leggo che la Commissione senatoriale dell'Agricoltura il 31 di questo mese iniziera l'esame del disegno di legge «stralcio» ap- provato dalla Camera dei Deputati.

Se è tattica decisa che il testo approvato dall'un ramo del Parla- mento debba essere tale e quale approvato dall'altro ramo, non ho nulla da poter sperare in proposito. Tu e i tuoi con le vostre mani spalancherete le porte ai rossi più di quel che non siano state aperte nel passato, si da farli diventare padroni delle campagne italiane. Se invece tu (e basti tu solo, uomo forte e volitivo quando lo vuoi essere) sei deciso ad impedire tanto danno, lo puoi facendo intro- durre nel testo approvato gli emendamenti che mi permetto sugge- rire a te (e a nessun altro), perché da te abbiano i tuoi (Segni com- preso) la traccia, la spinta e la fermezza di affrontare una forte (ma pur necessaria e utile) battaglia, al Senato prima e alla Camera dopo.

Non mi rispondere che si perderebbe un mese di tempo, o se ne perderebbero due: la vittoria su questa materia vale la perdita di al- tri due mesi, anche dopo i due mesi dati via per le vacanze parla- mentari. Non sono i giorni che contano in questa materia.

Eccoti gli emendamenti: 1) Art. I., Comma l o - alle parole: «a temtori suscettibili di tra-

sformazione fondiaria o agraria» sostituire le seguenti: «a zone in gran parte a coltura agraria estensiva e suscettibili di trasformazio- ne fondiaria e agraria».

2) Art. I., Cornrna 2O - modificarlo come segue: «la determina- zione delle zone sarà fatta dal Governo entro il 30 giugno 195 1, sentita una commissione speciale, per ogni regione, composta dagli ispettori agrari relativi, e da tre esperti in materia, scelti dal Mini- stro dell'Agricoltura, tenendo conto della rappresentanza dei pro- prietari e dei lavoratori. A queste commissioni sono demandati i com- piti previsti dall'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230. I prov- vedimenti di cui sopra saranno emessi con decreti aventi valore di legge ordinaria per delegazione concessa con la presente legge».

3) Art. 4., 'dla parola utemtori* sostituire uzonen. Noto che territori in questo caso ha il significato di circoscrizio-

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ni amministrative. Poiché il punto di partenza della legge stralcio è quello di applicare la riforma fondiaria, in via di urgenza, ai terreni suscettibili di trasformazione fondiaria e agraria, così non possono esservi inclusi sotto la dicitura di «circoscrizione temtoriale» le zone che non sono suscettibili.

Così si è fatto per la Sila e non si trova ragione di fare diversa- mente per le altre zone (e non regioni o provincie).

Ciò è più evidente dal punto di vista politico. Se i decreti saran- no fatti per provincie, avremo le agitazioni a catena in ogni provin- cia, per ottenere il decreto relativo.

Quale che sia l'opinione di Segni, questo è il punto nevralgico di tutta la situazione. Altrimenti non valeva la pena fare uno «stral- cion. Si poteva ben discutere il testo di riforma agraria per tutto il paese.

Torno alle altre modifiche, sempre per ragioni politiche (oltre che tecniche) e perciò passo sopra all'art. 12, che vi fu introdotto per spirito demagogico, nonché ad altre disposizioni troppo difficili a trangugiare, e vengo all'emendamento «Gatto» che dovrebbe in- serirsi dopo l'art. 8 corretto come segue: «Tutti i contratti di affitto, mezzadria, o coionia parziaria, a singoii, a società e a cooperative, nonché le concessioni avvenute ai termini del decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 89 e successive disposizioni di legge, avranno termine con l'anno agrario in corso per i terreni per i quali è stata fatta intima di esproprio ai sensi della presente legge». Per comple- tare il mio pensiero debbo dirti che l'art. 24 nella forma come re- datto interferisce illegalmente nel funzionamento della Cassa del Mezzogiorno e dovrebbe essere modificato nei termini seguenti:

«In relazione agli art. 1, 5 e 8 della legge sulla Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nella Italia meridionale, le spese che, in applicazione della presente legge nei temtori indicati all'art. 3 della legge anzidetta non sono a carico della Cassa stessa, compresa quella relativa all'indennità da comspondere ai proprie- tari espropriati, fanno parte degli stati di previsione di ciascun eser- cizio del Ministero dell'Agricoltura e Foreste a partire dall'eserci- zio 1951-52%.

Questa è l'ultima lettera che ti invio su questo affare, rinnovando l'appello alla tua coscienza, per evitare di dare altre armi in mano ai nemici del nostro paese.

Cordialmente

Luigi Sturzo

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Spero che mi consideri sempre, e nonostante i dissensi, il tuo aff.mo amico Luigi.

107

Don Luigi Sturzo Roma, 2 settembre 1950

Personale

On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, ieri sera ho avuto tue buone notizie da Caronia, e vivamente me ne compiaccio. Ne sia ringraziato il Signore.

Non comprendo se il mancato accenno (anche generico e non impegnativo) alla mia lettera del 23 agosto scorso, n. 4290, sia do- vuto ad opportuno riserbo ovvero al fatto che non ti sia stata tra- smessa. In questo secondo caso ti prego di farmene avvisare e te ne manderò copia. Diversamente mi limiterò a pregare lo Spirito San- to. Comprenderai che leggendo l'acchiusa notizia, data dai giornali e riportata (con maggior conoscenza di causa) dal bollettino dei Consorzi Agrari, son rimasto perplesso.

Forse, penserai dare battaglia a Senato aperto, arrivando con un veni, vidi, vici; forse hai deciso non ne far niente.

Non ho desiderio di sapere quale sarà per essere la tua tattica; spero che la mia lettera non debba restare infruttuosa come le pre- cedenti.

Cordialissimi saluti dal tuo aff.mo

Luigi Sturzo

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Sella, 8 settembre 1950

Caro Sturzo, ho ricevuto la tua del 23 e benché essa mi sembrasse avverso la

mia precedente, una risposta parziale e interlocutoria, le ho prestato tutta l'attenzione che meritava. ,

Tutto considerato mi i? parso che gli altri tuoi emendamenti in- taccassero troppo il testo votato dalla Camera per supporre che ve- nissero accettati. Ho invece chiesto a Segni, dandone informazione telegrafica anche alla Presidenza, che si tentasse di far passare nel- la Commissione senatoriale l'emendamento Gatto. Non so se la ra- pidith dello zelante Salomone - lodevole del resto che in due giorni sbrigò tutto - ci sia entrata per qualche cosa, so che Segni in una sua lettera del 31 agosto mi ha fatto notare o ricordare ciò che mi era sfuggito, che l'emendamento Gatto non venne sostenuto alla Camera con forza. anche perché in altra forma. ma nella stessa so- stanza esso venne ancora il 2 agosto presentato come emendamen- to a una leggina sulle terre incolte e sta oggi in Commissione alla Camera

Mi riservo di rivedere la cosa appena arrivata costì, e intanto rin- grazio per il pensiero di invocare per me lo Spinto Santo, il quale potrà supplire alle mie deficienze e illuminami sulla graduatoria delle mie responsabilità.

Oggi ho fatto una passeggiata nei boschi di [...l tre ore, ma la gamba mi dice che ho forzato troppo, e così imparerò. La settimana ventura a Roma mi metterò a regime, augurandomi che i medici pensino tutti nello stesso modo. Come stupire dei contrasti sulla terra e il modo di usarla, quando i pareri su una gamba malata sono cosi diversi?

Tuo aff.mo

Alcide

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Don Luigi Sturzo Roma, l l settembre 1950

Espresso On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, la tua ultima lettera è un fine di non ricevere; me ne dispiace W-

sai. I1 tuo pensiero è chiaro: ottenere dal Senato, come che sia, l'ap-

provazione della legge tale e quale e darvi subito esecuzione. Con questo stato d'animo, ogni insistenza da parte mia o degli

altri, riesce inutile. Se tu avessi letto con attenzione l'articolo di Manlio Pompei sul Tempo de11'8 corrente dal titolo «Lo scorporo e la famiglia» avresti visto quanto certi germani e compagni abbiano peggiorato in questo punto (e in altri ancora) il progetto governati- vo. Per un partito, che ha per programma la solidità e solidarietà fa- miliare, le osservazioni di Pompei suonano un rimprovero.

Quel che aumenta le mie preoccupazioni è il fatto che alla vigilia di una legge per la difesa civile del paese, non si vede quanto con- tribuisca a renderla difficile una legge che favorisce le agitazioni rosse, specie nelle campagne meridionali, e dà ai rossi gratuitamen- te la rappresentanza nelle Commissioni previste per la riforma agraria.

Mi è stato detto ieri che sia intenzione della Direzione del partito d.c. di far votare dal Senato un ordine del giorno che classifichi le zone dove applicare la legge stralcio. Ma ti pare che un ordine del giorno possa limitare una disposizione di legge?

Tutto ciò viene proposto per evitare il ritorno del disegno alla Camera. Ti pare giusto mortificare il Senato per varare una legge che dai punti di vista tecnico e politico esige serie modifiche?

A me dà l'impressione di un puntiglio, mi sbaglio, ma, comun- que sia, un governo dovrebbe preferire una dignitosa modestia all'apparenza di presunzione e caparbietà.

Tu potrai rivolgere a me lo stesso rilievo; e per quanto io sia un privato senza dirette responsabilità, anch'io debbo preferire la mo- destia alla presunzione. Percib non ho insistito con te sui punti

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manchevoli della legge dal lato tecnico e da quello giuridico; mi sono limitato a prospettarti le mie preoccupazioni politiche, specie quelle derivanti dalla precisazione delle zone dove applicare la leg- ge stralcio, insistendo che cib venga fatto per legge.

Tu mi scrivi che i miei emendamenti «intaccano troppo il testo votato alla Camera*. A me non sembra. Infatti, all'art. I e IV la so- stituzione della dicitura «temtono» con «zona» vi toglie dall'im- paccio di precisare «provincie intiere» o «regioni intiere». Che gu- sto avete di cadere nelle panie di simile dicitura?

Precisare lo stralcio con le parole: «in gran parte a coltura esten- siva e suscettibile etc.» non intacca la legge, a meno che non vo- gliate con lo stralcio coprire tutta la riforma agraria; ciò sarebbe un coltello a due tagli; è meglio pensarci in tempo. Se la mia formula non piace, trovatene un'altra. Se la Direzione del partito i? decisa a precisare questo punto con un ordine del giorno, perché non prefe- rire la modifica del testo della legge?

La seconda modifica sulle commissioni regionali vi toglie dall'impaccio di applicare l'art. 5 della legge Sila, mettendo due ~ g m i j n j ~ t i &n!rn. Chi cnia in!acca qiiest'altra disposizione? Pro- prio nulla.

Tutte le altre mie osservazioni cadono, tranne la questione dell'emendamento Gatto che come fu formulato non b atto a rag- giungere lo scopo; la mia formulazione invece è chiara e precisa.

Se temete l'opposizione dei comunisti è inutile ricorrere al sot- terfugio di una leggina, che non sarà varata (è mia convinzione). I1 vostro dovere è di affrontare la situazione con coraggio e ora senza rimandi ad altre leggi che (credi a me) resteranno insabbiate.

Il motivo sottinteso io lo vedo (non mi credere esagerato) nell'idea di ottenere i voti segreti favorevoli da una frazione di co- munisti per compensare i voti segreti contrari di una fazione demo- cristiana.

E tu, che conosci bene il gioco dei compromessi, sei costretto da Segni e compagni a subire un tale compromesso tacito segreto e pericoloso, per aver rifiutato quello più desiderabile sotto tutti i punti di vista con la frazione democristiana più ragionevole e mo- ralmente piu apprezzabile dei Pallastrelli, Aldisio (posto in silen- zio), Braschi, De Marcino (eliminato per pressioni domestiche) e così via.

Non volevo entrare in questo campo, ma la condotta (che tu lodi) di Salomone, mi ci ha trascinato.

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Tu sai, del resto, che io facilmente apro l'animo mio, perché i? tutto aperto avanti a Dio come davanti agli uomini, preferendo i dolori, e non pochi, che ciò mi cagiona e che, purtroppo, cagiona anche ai miei pih cari amici.

Aff.mo .

Luigl Sturzo

[l4 settembre 19501 per dottor «camera» per il prof, Stuno

... ho ricevuto la tua lettera dell' 11 settembre te ne do atto subito perché la ressa di questi giorni non mi faccia dimenticare. Io non credo di subire taciti segreti e pericolosi compromessi né i risultati della votazione alla Camera autorizzano a ritenerlo. Ho difeso apertamente in gruppo il progetto ministeriale avverso la proposta De Martino, perché questa non era la riforma deliberata ripetuta- mente dal Consiglio Nazionale D.C. Non ho mai osteggiato even- tuale accomodamento fra le due parti. Esso di fatti avvenne e poi fu abbandonato proprio dalla parte che tu favorivi. Non mi sono mai preoccupato di imporre silenzio ad Aldisio, che non avevo ragione di ritenere avversario della riforma e che ho chiamato al Governo, credendo di dare soddisfazione anche al comitato per il Mezzogior- no. Non mi nascosi che l'obiezione tua circa le terre incolte e la commissione era fondata e cercai di intervenire 'per la Camera e prima della commissione senatoriale. Non bisogna però trascurare che il peggio sarebbe che le agitazioni si potessero fare perché la riforma ristagna. Ora ritorno a Roma e sarò lieto se la mia prima lettera ti darà occasione di dire qualche cosa, al di fuori dell'arida tecnica legislativa, tuo sempre affezionato

Fine della trasmissione ore 16.50 del 14 settembre 1950 Trasmette: Negri Riceve: Corbo

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Don Luigi Sturzo Roma, 29 settembre 1950

Personale Riservata On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, avevo fatto proposito, dopo il tuo fonogramma del 14 settembre,

di non insistere più con te sui punti politici della legge «stralcio»; ma stamane mi capita sott'occhio l'accluso articolo del senatore Ruini, che forse avrai letto,e che troverai qui acchiuso pregandoti di non negare attenzione alla voce di un esperto in materia, che non è affatto un tuo avversario e che mostra tutto il desiderio di venirti incontro, evitando perfino (un vero tour de force) il ritorno del di- segno di legge stralcio alla Camera dei Deputati.

lo che non snnn insl acinmdante P qijinrli insisterei per !e ne- cessarie correzioni specie sui punti politici a te prospettati; ma tutte le mie insistenze trovano ormai un ostacolo insormontabile nella tua volontài decisa.

Però, ti debbo chiedere in quale legge sulle terre incolte sia stato fatto passare o possa essere fatto passare un emendamento che ne- cheggi quello dell'on. Gatto (del tutto insufficiente). Facendo ricer- che ho trovato che esiste alla Camera dei Deputati avanti alla Com- missione per l'agricoltura un disegno di legge di iniziativa parla- mentare proprio da parte comunista, con la prima firma quella dell'on. Miceli, lo stesso che si oppose energicamente all'emenda- mento Gatto; porta il titolo «Norme interpretative dell'art. l della legge 18 aprile 1950, n. 199, sulla concessione di terreni incolti ai contadini». A tale proposta fu applicata la procedura d'urgenza (s'intende col consenso del Governo) inviandola, per giunta, alla commissione in sede legislativa. Così non ne sapremo niente (noi del pubblico) e la legge comunista passerà fresca come olio. Che si possa trovare presto un emendamento - Gatto - che non sia con- cordato con i comunisti, non ci credo.

Del resto, l'on. Ruini ha scritto in detto articolo quel che io ho sempre sospettato, che i comunisti, pur di non far cadere i progetti Segni avrebbero votato a favore.

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Ci sia-stata o no un'intesa (a mezzo di fidati amici dediti all'in- trallazzo politico) non posso affermarlo. L'esame del voto segreto della Camera alla legge stralcio pub dare ragione a me come pub dare ragione a te. Al Senato è altra cosa, e, secondo Ruini, i comu- nisti voteranno a favore.

I1 resto è nelle mani della Provvidenza. Sempre tuo aff.mo

Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo Roma, 18 novembre 1950

On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro De Gasperi, Mi permetto segnalarti il fatto che nel disegno di legge sulla

Corte Costituzionale è proposto, all'art. 3, che i membri della stes- sa, di nomina parlamentare, vanno eletti con il sistema limitato a tre su cinque; così due posti vengono regalati ai comunisti.

In nessun paese del mondo i membri della Corte Costituzionale si eleggono con voto di minoranza. Si tratta di giudici, non di com- missioni parlamentari dove sia necessario, ovvero opportuno, il do- saggio dei gruppi e la rappresentanza della minoranza.

Ne ho scritto due volte sui giornali, varie volte al relatore, a Cappi, a Dossetti, e non ricordo a quanti altri: ma tutti ciechi e sordi.

Lo scrivo anche a te, per quanto abbia perduto la speranza di es- sere compreso.

Cordialmente

Luigi Sturzo

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Don Luigi Sturzo Roma, 20 novembre 1950

On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, Ho particolarmente gradito il tuo affettuoso telegramma e le tue

preghiere per me. Tu sai con quale trepido affetto seguo i tuoi sfor- zi per dirigere il paese verso un'effettiva ed efficiente rinascita e un migliore avvenire.

Cordialissimi saluti

Luigi Sturzo

I1 Presidente del Consiglio dei Ministri [24 dicembre 19501

Luigi Sturzo

Essendo passato test6 per la Porta Santa ti mando sinceri auguri e nello spirito dell'anno della penitenza comprimo anche il dispia- cere per il tuo ultimo articolo.

Presidenza del Consiglio dei Ministri [Natale 19501

Dispaccio Telegrafico Don Luigi Sturzo Via Mondovì, 11 Roma

Affettuosi ringraziamenti per i graditissimi auguri che ricambio di cuore Alcide De Gasperi

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Roma, 1 8 febbraio 195 1 Strettamente personale

All'On. Presidente Alcide De Gasperi Sue Mani

Caro Alcide, accetta anzitutto i miei pia vivi compiacimenti per il convegno

di Santa Margherita. Come tonizzatore all'intemo e all'estero è sta- to ottimo.

Permettimi di parlarti della delega dei poteri da te avallata non si sa perché. Nulla ho scritto e nulla desidero scrivere in proposito sui giornali, in attesa di un tuo opportuno ripensamento.

Limiterei la delega al solo 1951 (c'è sempre tempo ad ottenere una proroga se necessaria), solo per il controllo delle materie prime e gli investimenti che interessino la difesa del paese.

Sul tema, l'articolo di Enzo Storoni sul Mondo del 17 corrente è bene impostato e te ne raccomando la lettura. Dice delle verith che vale la pena tenere presenti.

Vedo che nel seno della D.C. si vanno sviluppando idee di crisi o di rimpasto. Non entro nel merito. Tu conosci la mia opinione su certi tuoi collaboratori. So bene che sei solidale con essi anche nel- le iniziative pib discutibili. Ciò è una tua forza, ma anche, secondo i casi, una debolezza.

Ti prego. se sarai costretto dagli eventi ad un rimpasto o ad una "

crisi, di procedere alla soluzione rapidamente, in due giorni al pia. preparando piani e scelte prima ancora di aprire la successione.

Né farti prendere dall'idea di un riposo (anche temporaneo, alla Giolitti); la situazione impone che tu resti a guidare la barca, spe- rando di avere migliore equipaggio, e senza il grave ingombro dei ministri senza portafogli.

Limita, pertanto, il tuo lavoro allo stretto necessario; non occor- rono molti discorsi né chilometriche orazioni. In questo imita Gio- litti. E non tener riunioni fuori orario e regola rigorosamente i pasti e il sonno.

Che il Signore ti assista e ti benedica nelle tue fatiche e nei tuoi travagli.

Aff.mo

Luigi Sturzo

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Il Presidente del Consiglio dei Ministri 20 febbraio 195 1

caro D. ~ u i ~ i , grazie del tuo compiacimento per S.ta Margherita. Abbiamo fat-

to un lavoro serio di sondaggio e comprensione. Te ne riparlerò. La delega è un'iniziativa italo-americana e costituisce un pegno

della nostra risolutezza. Vi siamo arrivati dopo aver concluso che data la situazione parlamentare, in caso di emergenza, avremmo al- trimenti dovuto fare i dittatori. Già preliminarmente fu dichiarato che circa i termini e la commissione parlamentare e in qualche mi- sura anche le competenze, la discussione era aperta. Nessuno può chiedermi di considerare il Governo come una scacchiera di birilli, da cui si possa prelevare via questo o quello. Ciò debilita non solo me, ma anche la D.C. Purtroppo la mia predicazione unitaria non ha avuto successo: una critica continua sulla stampa d'informazione finicrp rni dpmnlire nnn iinn opiltazinni personale, grazie a Dio - a*..*--- ----- ---- perché di ciò ho testimonianza trionfale nelle folle di tutti i giorni [manca il resto]

Don Luigi Sturzo

A S. Ecc. 1'0n. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Roma, 6 maggio 195 1

Caro Alcide, Ho letto con vivo compiacimento il tuo discorso al Senato e

mentre mi compiaccio con te del successo, auguro che le tue grandi fatiche - specie in questo periodo elettorale - siano coronate, Deo benedicente, da meritato successo.

Ti devo ringraziare in modo particolare del ricordo fatto a me e ai partito popolare nel discorso di Piazza della Signoria, come ho rilevato dal Popolo e mi ha confermato il prof. Arata.

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E da che ho il piacere di scriverti, ti ricordo la promessa visita se e quando avrai un po' di tregua; il che (lo riconosco) è assai difficile.

Abbi cura della tua salute. Cordialmente tuo

Luigi Sturzo

[dopo il 21 marzo 19521 Presidente De Gasperi Roma Roma, Roma 685 27 12 12,30

Accetta rinnovati compiacimenti e adesioni tuo nobile discorso per Trieste1 il cui ritorno alla madre patria est nelle aspirazioni na- zionali, cordialmente

Luigi Sturzo

1. il discorso fu tenuto alla Camera il 21 mano 1952.

Don Luigi Sturzo Roma, 8 agosto 1952

Strettamente personale

On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro De Gasperi, Ho parlato con gli on. Caronia e Carmine De Martino, i quali

escludono l'intenzione di una scissione, pur ammettendo che qual- cuno tra di loro vi abbia accennato.

Essi sperano di avere presso gli organi del partito e anche presso

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di te maggiore comprensione delle esigenze che rappresentano, do- lenti di essere qualificati di destra, e in senso deteriore.

Essi si sentono perfettamente di centro. Quando avrb il piacere di rivederti, darò informazioni piu con-

crete. Cordiali saluti

Luigi Sturzo

Luigi Sturzo Roma, 9 agosto 1952

Personale

On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, ho ricevuto il tuo messaggio; son sicuro che se tu avessi letto

l'articolo con attenzione e non in fretta (nei tuoi [panni?] giustifico la fretta), avresti avuto tutt'altra impressione. Gli accenni alla tua persona sono due; il primo con forma dubitativa: «se veramente i due presidenti vogliono dare etc.»; il secondo, infine, in forma con- dizionata: «dovrebbero pensarci cento volte prima di dare il pro- prio avallo».

Se si parla di avallo è chiaro che l'iniziativa non può essere dei due presidenti. Infatti scrivo impersonalmente: «non si venga a far- la passare quasi surrettiziamente e di sorpresa».

Ti prego di rileggere il testo e vedrai che non è affatto la tua per- sona il bersaglio del mio articolo, nonostante quel che ti hanno at- tribuito i giornali.

Che, poi, ci sia in Senato la volontà di farla passare in termini strettissimi, me lo disse il Sen. Ruini e fu lui anche a dirmi che cer- ti senatori senza la leggina di riforma non avrebbero approvato la legge elettorale. I termini sono strettissimi:18 settembre: presenta- zione del disegno di legge. Invio alla Commissione, relazione, di- scussione, approvazione tutto entro il 5 ottobre: totale 17 giorni.

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Seconda lettura alla ripresa di gennaio, che potra essere per il 10. Per essere in termini, la Camera dovrebbe votarla non pih tardi del 16 gennaio in 1. lemua e del 16 aprile in 2. lettura.

Ecco il senso del mio periodo non riferito né riferibile a te che insieme a Paratore, al più ne dareste (volendo) l'avallo.

Son sicuro che, ripensandoci, mi ringrazierai in cuor tuo del mio articolo.

Sempre aff.mo

Luigi Sturzo

Il Presidente del Consiglio dei Ministri

Sella Valsugana,.24 agosto 1952

Caro Sturzo, avevo incasellata la tua lettera del 9 agosto nell'archivio della

rassegnazione, quando il 21 c.m., sul viaggio di ritorno da Canazei, incontrai Campilli, appena giunto da Roma, il quale mi disse che gli avevi dato incarico di avvertirmi che avresti scritto un articolo contro il «premio»', presentandolo come un espediente immorale. Risposi a Campilli che ti avevo subito scritto per dissuaderti dal ri- petere l'apprezzamento che mi aveva già urtato quando lo lessi nel tuo articolo su Libertas, e comunque di aspettare una mia conver- sazione.

Ma arrivato qui, già, il 22 mattina il servizio stampa mi segnala- va i gaudiosi commenti dei giornali comunisti che citavano il tuo articolo de La Stampa, da questa pubbiicato proprio nel numero del 21 c.m. Leggendo il testo dell'articolo vi trovai con qualche stupo- re un certo ragionamento di principi costituzionali che arieggia quelli del rev. Padre Messineo2, che tu pure avevi deplorato duran- te il nostro ultimo colloquio. Se tu non fossi persona estremamente seria, mi permetterei di chiedere: a che gioco si gioca?

E anzitutto: ti pare un giusto modo di collaborare con un Gover- - no amico codesto di metterlo in imbarazzo con delle pubblicazioni

precettive di moralità politica, mentre hai tutti i mezzi di comuni-

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care a me o ad altri le tue obiezioni, i tuoi suggerimenti? E ti pare generoso e giusto d'intervenire pubblicamente e perentoriamente colla tua autorità morale, aggravando la responsabilità di chi alla fine deve pur decidere ed eseguire?

E questo, dopo che esplicitamente avevo di recente dichiarato, per chiudere la polemica, che niente era compromesso e che mi ri- servo di formulare proposte dopo uno scambio d'idee coi partiti de- mocratici? Lo so che su questa pregiudiziale, diremo così, metodo- logica non sei d'accordo, e me ne sono dispiaciuto altre volte. Tu preferisci maneggiare le tue armi polemiche senza darti pensiero della amarezza che esse producono.

Ma l'inghiottire amaro non sarebbe cosa importante se grave non fosse la situazione parlamentare! Lavorando sui dati dell'Inter- no per le elezioni amministrative, abbiamo dovuto concludere che l'attuale sistema darebbe nelle elezioni politiche: socialcomunisti 221 deputati, D.C. 226, socialdemocratici 37, lib[erali] 15, pri 10, destra 71; ossia i quattro partiti del cosiddetto centro sommerebbe- ro 288 voti, che non sono la maggioranza; mentre le forze unite de!!'ei?pc~izicfie r ~ v e o b h p r n ii 292. Come governi? Pnrtando la D.C. colla destra? Sarebbe frantumarla e anche in tal caso la mag- gioranza sarebbe rninimissima. Aggiungi che ciò equivarrebbe a ri- aprire la questione monarchica, a spezzare irreparabilmente l'unità del partito, a provocare una instabilità di Governo che rovinerebbe rapidamente il sistema e ci porterebbe al comunismo.

Per niente Stalin, parlando con Nenni, non s'interessa così in dettaglio del sistema elettorale italiano! È di fronte a questa minac- cia che tu stai dissertando sopra «lo spirito istituzionale connatura- le al sistema elettorale» o mi vuoi far credere che moterebbe conto di affrontare una grossa battaglia in Parlamento per far passare al- cune rettifiche strutturali che tu proponi?

Se tu insistessi in questa impostazione della polemica, per arri- vare all'uninominale, in quanto alla finalità, non avrei da obiettare; ma se tale è il tuo scopo tattico, tu non puoi procedere in modo da sbarrare preventivamente ogni altra via, presentandola come illeci- ta dal punto di vista morale e costituzionale; perché essendo chiaro che l'uninominale incontrerà delle difficoltà, qualora queste non potessero venir superate, non rimarrebbe altra alternativa che il si- stema attuale: quindi tu lavori per l'opposizione.

Le difficoltà contro l'uninorninale provengono specialmente, come sai, dai socialisti democratici, perché l'uninominale li soppri-

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me; e piuttosto che la morte preferiscono il ritorno a Nenni. Lo so, si può essere di diverso parere circa le possibilità di sviluppo dei socialdemocratici, ma quello ch'è errore certo è di spingerli verso i socialcomunisti.

Tu presenti la difficoltà e nel tuo articolo cerchi di cavartela con un predichino diretto alle responsabilità dei partiti minori; ma i partiti accettano più o meno volentieri esortazioni, e preferiscono i mandati.

Comunque, a me pare che l'equivoco più pericoloso sia quello di condannare come premio illecito e immorale ogni maggiorazione al di sopra della rappresentanza proporzionale. L'attuale sistema delle amministrative, p.e. sopra i 10 mila abitanti è un sistema di premio? No, B un sistema maggioritario con rappresentanza delle minoranze. E perché il sistema di concedere al partito o alla coali- zione di maggioranza i 213 dei mandati dovrà giudicarsi moralmen- te meno nobile del sistema maggioritario puro che in un collegio uninominale o di lista attribuisce alla maggioranza tutti i mandati? Siamo nella logica del sistema di maggioranza. Vero è che impro- priamente si è confuso sui giornali questo sistema maggioritano col sistema della proporzionale, corretta con un premio; ma nel si- stema dei 213 - specie se, come io ritengo, se ne vincolerà l'appli- cazione al raggiungimento del 50,Ol per cento, il principio demo- cratico della maggioranza che governa e della minoranza che con- trolla è salvaguardato.

Questo sistema maggioritario dei 213 ha naturalmente diverso ef- fetto, se il computo viene fatto su base nazionale o locale (regiona- le e provinciale). Nazionale 392 seggi alla maggioranza, di cui 282 alla D.C. e 110 ai partiti minori di centro; locale i seggi si riducono alquanto.

Avvertirai che questo sistema è ben diverso dal listone Acerbo3 sia per l'inquadratura che per il quorum. Esso dovrebbe attrarre i socialisti, perché il gruppo Saragat-Romita riuscirebbe di circa 60 deputati in confronto alla trentina di Nenni.

Infine ci siamo preoccupati di rendere digeribile il sistema nomi- nale ai partiti minori progettando.collegi plurinominali di lista (5 o più) in modo che col collegamento i partiti minori possano avere la loro parte.

Non so precisamente se questa fosse anche l'idea di Alessi. An- che questo ha i suoi vantaggi e i suoi danni; ma è per noi discutibi- le. Vedremo gli altri. Come vedi, facciamo del nostro meglio per

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uscirne e niente di pih. Non desideriamo che d'essere aiutati da persone esperte e competenti, quale sei tu; ma condanne e diffide perentorie sui giornali non giovano. Si può discutere su ogni pro- getto. Non sono inchiodato a uno solo, ma trovo inaccettabile l'ar- gomentazione moralistica per rifiutare in principio l'uno e l'altro. Qui sta il veleno della polemica. C'è infine da considerare la pro- posta di Rossi (Soc[ialista] Democratico) di limitare la riforma ai resti; di applicare cioè o il sistema D'Hondt oppure di rinunziare a qualsiasi coefficiente, in modo che gli aumentati resti si attribui- scano tutti, proporzionalmente, allo schieramento di maggioranza. Su ciò non è bene ancora discutere pubblicamente.

La situazione è estremamente difficile: abbiamo bisogno della testa serena e dei nervi tranquilli. Senza dubbio, non si debbono mutare sistemi elettorali con frequente leggerezza; ma non è tutta la nostra Costituzione, tutto il nostro sistema rappresentativo fon- dato sopra un presupposto di lealtà democratica, che in realtà si è rivelato non esistente? Non è la minima precauzione che possiamo prendere quella di difenderci contro l'abuso dell'organismo demo- cratico meditato e tentato da chi vuole strangolare la democrazia? In verità o questa terribile minaccia esiste, e allora tutta la nostra politica si giustifica, o è immaginaria e inventata come uno spau- racchio per suscitare reazione, e allora hanno ragione non i costitu- zionalisti che si richiamano ai sacri testi, ma i socialcomunisti che ne vogliono abusare per contrabbandare la dittatura totalitaria.

Non vedo come si possa schivare tale alternativa. Io credo alla minaccia e, tremando per la responsabilità che grava sulle mie spalle, cerco di provvedere fino che c'è tempo.

Forse esiste, è vero, anche un'altra spiegazione di certo atteggia- mento oppositorio. Se si ritiene desiderabile o agevole un accosta- mento della D.C. verso i partiti di destra, può darsi che si veda l'av- venire con minore preoccupazione; il che, in ogni caso si fonda a mio parere, su un errore di calcolo. Ma se questo eclettismo di al- leanze può apparire agevole a chi sta fuori della mischia, non potrà certo apparire tale a un uomo sperimentato e a un uomo politico geniale quale sei tu. Suppongo solo che un qualche influsso possa esercitare su te la particolare situazione del Mezzogiorno; ed è vero che anche in questo problema Nord e Sud mal si combinano; ma non vedo il rimedio, se non in quella azione di bonifica economica che abbiamo energicamente avviato e vogliamo continuare.

Campilli mi ha detto di altre tue lagnanze riguardanti altri setto-

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ri. Si fa quel che si pub e non B certo quanto basti; ma in via di massima non puoi dire che Campilli per la Cassa non sia un motore energetico capace di creare e garantire ulteriori sviluppi. Non pos- siamo, in democrazia, mettere in dubbio il valore della critica, ma ricordati che siamo alla vigilia di una grossa battaglia campale ed evita più che possibile di prestare armi alla polemica avversaria.

Non so se questo sia un diritto di chi lavora sino all'esarrrimento, ma forse è un diritto dei giovani che si batteranno con generosità di spirito per la salvezza della Patria.

Scusami se mi B sfuggita qualche parola aspra; b detta in confi- denza: di fronte al pubblico me ne sto in silenzio, fin che posso, come uno scolaretto al richiamo del maestro.

Cordialmente tuo

De Gasperi

1. Dc Gasperi si riferisce d a legge elenorale maggiorimia. Messo da parte il criterio proporzio- nale fino aliora vigente. la legge maggiorimia atlribuiva un foiu premio di maggioranza al gruppo di liste apparcntate che avessem onenuro aimeno la meià del numem dei voti pia 1. Con tale quonim si potevano conquistare quasi i '20 dei seggi (380 su 589) al fine di costituire un esecutivo stabile. La pmposta di legge suscitò d o n i molto violente. ma la Camera la appmvb il 21 gennaio 1953. L'iter parlamentare giunse al suo termine il 29 marzo 1953. quando il Senato la approvb a grande maggio- ranza. nel corso della seduta pitì lunga e NmuiN0Sa della storia pariamentare (77 ore e 50 minuti. taffemgli, ferimento del pres. Ruini. aggressioni varie). n presidente della Repubblica Einaudi ricever- te il giorno dopo una delegazione dei paniti di opposizione che lo supplicava di non pmmulgam que- sta legge, ma egli la f m b il 31 mano 1953. n meccanismo di questa legge tunavia non scattb nelle elezioni politiche del 7 giugno 1953, poicht la d.c. e i paniti con essa aapparcotati~ sfiorarono la maggioranza del 50% pia 1 dei suffragi. ma non riuscirono a superida.

2. P. Antonio Messineo (1897-1978). membro della Compagnia di Gestì, redattore di =La Civiltà Cattoliau. autorc di n u m i saggi di argomento politico e di diritto.

3. Si riferisce alla legge Acerbo. Nel giugno 1923 venne Illa Camera (e poi al Senato) il pmgeno fascista di rif- elettorale. che conferiva alla lista che avesse ottenuto il 25% dei voti i due temi dei seggi (356. contro 179. da distribuii tra k alm liste). La gravità di codesta rif- è provata dalla sentenza dell'Alta Coiu di Giustizia, nel 1945, che condannò G i o Acerbo. il quale I'aveva pmgeaata e presentata in qualità di sonosegretario agli uitemi, alla pena di morte. poi non eseguita.

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Roma, 28 agosto 1952 On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Carissimo Alcide, che dire? Che io sono da te frainteso mentre tutti sono convinti

della mia chiarezza cristallina. Questa è la seconda volta. I1 mio accenno alla Civiltà Cattolica è negativo: lo definisco «un

intervento inatteso» fatto «in nome della coerenza e dell'etica de- mocratica in genere e democristiana in specie», il che non è lo stes- so di etica o di morale cristiana. Conchiudo con un «A parte quest'ultimo aspetto», il che vuol dire che'non lo fo mio e non lo discuto. Tanto è vero che io sostengo il collegio uninominale, il contrario delle tesi di P. Messineo. E allora, perché vuoi vedervi dentro una questione morale che io non ho sollevato anche perché contraria aiia mia campagna?

Infatti, poco dopo scrivo che il premio di maggioranza è contro- producente. Chi pub negarlo? Infine, conchiudo che quella del pre- mio di maggioranza è una via «piena di fossi e trabocchetti». Nien- te questione morale.

E vero: mi preoccupa il Mezzogiorno politico, che è ben diverso dal Mezzogiorno dei lavori pubblici e degli scorpori. Il Mezzogior- no nel primo periodo post-risorgimento fu contro la destra per la si- nistra. Poi fu maneggiato da Depretis e Giolitti e fu in buona parte a servizio dei padroni. Oggi è fronda, da destra e da sinistra. Con il premio di maggioranza e i forzati collegamenti finirai per creare ar- tificiosamente, nelle zone dove non esistono, partitini parassiti del- la D.C. che scalzeranno i resti e i tronconi della D.C. meridionale.

Perciò, non potendosi sostenere la lotta per il sistema uninomi- nale, io ho ripiegato per la proporzionale attuale con le correzioni dei collegi, delle preferenze e dei resti.

Con tali proposte la D.C. manterrà la libertà di manovra e nelle elezioni e nel futuro governo.

Cordiali saluti

Luigi Sturzo

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Rinnovati auguri di riposo, per modo di dire. aff.mo

Luigi

Senato Della Repubblica 16 luglio 1953

Caro De Gasperi, resto sorpreso del tuo biglietto, non arrivando ad afferrare il vero

motivo del tuo risentimento, a meno che non sia la preoccupazione che gli avversari possano prendere pretesto dai miei scritti per combattere la D.C.

Ma ciò mi sembra esagerato. Nel fatto, in sette anni di mia ripre- sa giornalistica in Roma, non ci sono stati che pochi accenni avver- sari a qualche spunto parlamentare ribattuto anche con vivacità.

Tu sai che io scrivo sui giornali della D.C. o del Governo (su fatti concreti ) quando vedo che valgono poco o nulla discussioni ami- chevoli, lettere cordiali o anche vivaci, telefonate insistenti o altri modi da me usati per mettere in guardia gli amici.

In tutto ciò, pur essendo un più [sic] rigido, ci metto la più solle- cita cura ad evitare contrasti e la più cordiale insistenza ad essere compreso.

Tu forse penserai che le cose sono più forti di noi; per me non è così. Comunque, anche la polemica giornalistica, con i suoi incon- venienti, concorre a creare gradualmente un miglior metodo demo- cratico e una più larga valutazione dell'opinione pubblica.

Credimi sempre tuo aff.mo.

Luigi Sturzo

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Roma, 25 luglio 1953

Riservata Personale On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

'Caro De Gasperi, i tuoi amici fanno a te e al partito un pessimo servizio, nel deci-

dere fin da ora che a crisi aperta, faranno di nuovo il tuo nome per l'incarico del 9" Gabinetto De Gasperi.

Tu sai che non è nel normale costume parlamentare che un presi- dente battuto sia incaricato a ricostruire un altro gabinetto. Ma per- ché anticipare gli eventi? Perché mostrare che non vi sia nessun al- tro nella D.C. che possa costituire un governo?

E non sei stato tu a dirmi di avere insistito con Piccioni (e sareb- be .ctltc meg!ic) a ~~~tifli.i~- i! g&jfieff~ nrncnntn?

'

Ho visto con piacere la smentita circa un possibile scioglimento del Parlamento.

Si dice di compiacenti assenze di sinistra. Non ci credo, sarebbe- ro una dannosa ipoteca per l'avvenire tanto se di sinistra che se di destra.

Auguro che possa superare «l'impasse» con dignità e serenità, sia vincendo che perdendo. Una cordiale stretta di mano.

Aff.mo

Luigi Sturzo

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Appendice

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Università Cattolica Del Sacro Cuore Milano, Via S. Agnese, 4

24 agosto 1926

Carissimo De Gasperi, la lettura della Sua lettera e del Suo articolo mi ha meravigliato

non poco, poiché la frase che ha provocato il Suo articolo riprodu- ce esattamente un concetto che io ho espresso nel 1919 nell'opu- scolo scritto da me e da Olgiati e per il quale noi fummo coperti dalle piu stolide e grossolane ingiurie dei giovani ufficiali del Parti- to Popolare od amici di esso. Vero che poi una nostra frase caratte- ristica di quell*opuscolo passò nella terminologia dei militanti del P.P.I.; ma il di Lei articolo conferma che i buoni amici del P.p.1. ci hanno talmente affibbiata (per gioco polemico e ciò non corretta- mente) l'opinione che noi si volesse un partito «confessionale», che Ella stessa ripete questo grossolano errore, senza essere punto giusuficaio da aicuna mia manifestazione ed espressione.

E questo Suo grande errore, come tutto il Suo articolo, mi con- ferma nel mio punto di vista; che l'Azione Cattolica per prima lo ha riconosciuto in quanto oggi ha adottato quelle idee programma- tiche che noi bandiamo per mezzo della Gioventh Femminile e che sull'inizio provocarono risa; lo riconoscerà anche il P.P.~. il giorno in cui si vorriì far rinascere vivo un partito di cattolici italiani.

Non risponderb per due ragioni: 1) perché non voglio che altri approfitti delle mie parole per in-

veire contro chi è oggi vinto. Io dovrei dire che il P.P.I. non è stato vinto dal fascismo ma dall'errore fondamentale che ne ha minato tutta la vita.

2) perché non voglio che gli amici del Partito Popolare abbiano ad attribuirmi opinioni di adesioni al Fascismo che non ho mai pro- fessato. Già il fatto di aver procurato il riconoscimento giuridico dell'università e di essere entrato nel Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione mi ha guadagnato questa fama poco desiderabi- le; la di Lei lettera aperta per l'errore che la inficia, confermerà in questa opinione molti e soprattutto quelli del P.P.I. che hanno ra- gioni del tutto personali per essere malcontenti della linea da me seguita.

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Ella si appella al futuro; e io pure lo faccio; ma io non rompo il silenzio che Ella ha fatto, a mio modo di vedere, ingiustamente.

Con ogni cordialità

Agostino Gemelli

La presente i3 strettamente personale.

I1 Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni

Roma, 1 marzo 1946

On. Dott. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma

Caro Alcide, ti confermo per iscritto i punti della conversazione telefonica

avuta con Don Luigi e che ti riguardano. lo) Egli attende risposta alle lettere del 19 ottobre, 2-29 novem-

bre 1945 e 15 gennaio 1946 a te dirette. 20) Per il personale consolare nel19America del Sud, raccomanda

che non vi si invii personale proveniente dall' America del Nord. 3") Gli italo-americani deli'Umguay non gradiscono il Ministro

Grossardi che viene definito dalla stampa locale come «zelante fa- scista».

40) Per il prestito raccomanda che si mandino uomini di primo pimo - Einaudi ad esempio; ed esclusi comunque uomini di affari.

50) Lamenta l'assoluta mancanza di notizie dall'Italia e racco- manda di riorganizzare il servizio ANSA con l'America.

f.to

Scelba

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Roma, 16 mimo 1948

Cornm. Silvio Innocenti Ufficio per le Zone di Confine Presidenza del Consiglio Roma

Esimio Commendatore, forse le recherà sorpresa la presente, con la quale mi permetto di

dissentire dalla sua idea di creare un ente parastatale per la sistema- zione dei pescatori giuliani a Fertilia. Ma sin dal mio ritorno in pa- tria vado scrivendo contro simile politica, che b la continuazione di quella fascista, che ci regalb a centinaia enti parassiti, dove manca il primo requisito di ogni seria azienda: la responsabilità diretta de- gli interessati.

Nel caso particolare, non trovo ragione perché si debbano inqua- i ~;e,s&9r;, gifi5rr.i in sr. ente pmr&!a!e, mente h-i!-obhe

la forma di cooperativa libera, con le necessarie garanzie per l'ap- porto dello Stato, in modo che, in un determinatolasso di tempo, essi possano aver pagato il debito e divenire padroni delle loro case, delle loro industrie e degli attrezzi di lavoro.

I promotori giuliani con i quali io ho parlato, mi hanno afferma- to di non conoscere il testo preparato di quel decreto che sarà loro (come dire!) offerto come un'imposizione. Non mi sembra questa la buona via per andare incontro ai loro bisogni.

Mi scusi la franchezza. Distintamente

Luigi Sturzo

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Roma, 14 agosto 1948 On. Antonio Segni Ministro dell' Agricoltura Roma

Caro Segni, ho letto sui giornali che la riforma agraria può dirsi pronta. Mi permetto pregarti di sentire la Sottocommissione di questo

Comitato per il Mezzogiorno, insieme a te, in un giorno che sei a Roma e potrai incomodarti a venire, allo scopo di tenere presenti i nostri desiderata.

Cordialmente

Luigi Sturzo

Roma, 7 settembre 1948 Personale

A S. E. 1'On.le Antonio Segni Ministro dell' Agricoltura Roma

Caro Segni, da due giorni che non riesco a comunicare con te a mezzo del

tuo telefono di casa. I1 tuo Capo-Gabinetto si è rifiutato di farmi avere il numero del

tuo telefono d'ufficio. Avevo pregato il Sottosegretario Colombo a manifestarti il mio

desiderio di vederti, ma ho atteso invano. Domani al pomeriggio dovrò riferire alla Commissione Tecnica

Centrale del Comitato per il Mezzogiorno sulle proposte per il Fondo- Lire. Non vorrei crearti imbarazzi, ma sono colpito dalle notizie avute, che non rispondono alle mie aspettative e a quelle dei miei amici.

Tutto ciò è triste. Cordialmente

Luigi Sturzo

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29 agosto 1950

Caro Segni, ti mando un po' in ritardo la lettera di Sturzo, pregandoti di valu-

tarla serenamente. Non avendo il disegno di legge sotto gli occhi, non comprendo i1

valore esatto delle formule di rettifica. Ma l'emendamento 1 mi pare sostanziale e non presentabile almeno a questo stadio. L'art. 2 delega al Governo invece che al Ministro la determinazione delle zone (se ben comprendo). Non so quello che ne pensi. Mi pare co- munque che non meriti il rischio di un ritardo, se esso ne dovesse essere la sola causa.

Invece ci terrei molto, moltissimo all'emendamento Gatto, an- che con il rischio di qualche ritardo. Bisognerebbe battersi, aven- done tempo, con più costanza al Senato, perché qui il rischio è ve- ramente grande.

La mia preghiera i3 che tu faccia il possibile, che ne informi Sa- lomone e ;nostri della Commissione. La cosa va chiarita nel senso che cosi vuole la legge principale e quindi anche lo stralcio. La- sciare un dubbio, dopo i1 voto equivoco della Camera, è veramente un pericolo. Ritardo? M'impressiona sempre; ma in autunno avre- mo tal battaglia per le spese militari e il resto, che la situazione è spostata. D'altro canto, se la maggioranza vuole, il ritardo sarà di un mese al massimo.

Dimmi quello che ne pensi e agisci rapidamente. Aff.mo

De Gasperi

Ti ringrazio del tuo rapporto sul volo in Grecia e mi felicito del- le accoglienze e delle informazioni che hai portato. Ti mando in. confidenza lettera sturziana e ti prego di restituirmela onde possa rispondergli, colle glosse che crederai opportune.

Sempre tuo aff.mo

De Gasperi

Mi fanno piacere le buone notizie della Calabria. Credo che ap- pena c'è il modo, convenga darci rilievo con qualche cerimonia so- lenne.

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Scheda biografica di Alcide De Gasperi

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Alcide De Gasperi nacque il 3 aprile 1881 a Pieve di Tesino, piccolo paese della Valsugana nel Trentino. La famiglia patema era originaria di Sardagna, borgo sopra la città di Trento. I1 cognome vi figurava, agli atti di nascita, in un unico vocabolo: Degasperi. Con- sultando gli archivi della parrocchia di Sardagna, si trova la dizione «De Gasperi» finché essi furono redatti in lingua latina, cambiati poi in un unico termine, quando si cominciò ad usare l'italiano. Alla Camera di Vienna, nei primi anni del Novecento, il deputato trentino venne registrato come De Gasperi, mentre la sua firma personale sarà sempre con le due parti unite, anche se la lettera G. assumerà un rilievo maggiore delle altre. Alcune cartoline indiriz- zate da Alcide Ye S-cicpi d!u mcg!ie, nei p r i ~ i di ~l?atimc- nio, portano indifferentemente l'indirizzo scritto a mano con il co- gnome staccato o attaccato. Anche parecchie lettere spedite da arni- ci a Regina Coeli, dove De Gasperi era rinchiuso, hanno il cogno- me staccato. La sua carta da lettera nel ventenni0 fascista risulta con il cognome unito, mentre quella del secondo dopoguerra lo porta staccato. Possiamo desumere da questa storia così varia che egli non dava importanza a queste cose. Nel Trentino ancora oggi questo cognome viene citato nelle varie pubblicazioni in un solo vocabolo, in tutti gli altri paesi del mondo quando si parla e si scri- ve di quest'uomo politico lo si pubblica staccato, come del resto ri- sulta dai documenti che riguardano la sua vita pubblica nell'archi- vio di Stato. Queste precisazioni sono sembrate utili per coloro che, trovandosi di fronte a due grafie dello stesso cognome, avessero qualche incertezza se si tratti della medesima persona.

I coniugi De Gasperi ebbero altri tre figli: Mario, Macella, Au- gusto. 11 primo morì giovanissimo poco dopo la sua consacrazione al sacerdozio. Scarse sono le notizie riguardanti la prima giovinez- za di Alcide. I pochi biografi che ebbero la ventura o il compito, per ragioni di propaganda politica, di scrivere di lui mentre era an- cora in vita, non ebbero molte confidenze dall'interessato, il quale

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era schivo e considerava inutili gli elogi alla propria persona. Fre- quentò le prime classi a Grigno e a Civezzano, nella Valsugana, dove il padre era capoposto di gendarmeria, poi passò al Collegio Arcivescovile di Trento e di qui al ginnasio pubblico. Nel 1900 si iscrisse al corso di filosofia dell'università di Vienna e nel 1901 lo troviamo per la prima volta tenere un discorso al Congresso degli universitari cattolici sul problema della cultura moderna di base cristiana. Fu questo uno dei temi spesso ripetuti durante il suo im- pegno politico, ritenendo che la democrazia e la libertà sono difen- dibili solo con una conoscenza della cultura pia approfondita di quanto fino allora avevano fatto i vari circoli cattolici. Nell'autun- no 1902. dopo aver passato periodi duri di stenti e di fame nonché di gravi fatiche per potersi pagare le tasse universitarie e il mante- nimento nella città di Vienna, ebbe l'occasione di diventare segre- tario del proprio professore di teologia don Kommer e di seguirlo in un viaggio a Roma. Ebbe allora l'opportunità di partecipare a una udienza di Leone XIII, del quale aveva studiato a fondo la Re- rum novamm, e di avere un incontro casuale con Antonio Fogazza- ro e Romolo Mum. I1 3 novembre 1904 troviamo De Gasperi nelle prigioni di Innsbruck con altri studenti italiani per aver dimostrato, assieme ai propri connazionali, contro gli studenti tedeschi che non permettevano l'avvio della prima lezione di un corso di diritto in lingua italiana. Era questa l'unica concessione del governo austria- co nei confronti degli studenti trentini e istriani, che da tempo chie- devano l'apertura di una loro università. De Gasperi rimase in de- tenzione per una ventina di giorni e, ottenuta la scarcerazione, non ebbe il permesso di presentarsi alla sezione degli esami, perdendo così un anno accademico. A testimonianza di questa avventura è ri- masta una cartolina con le firme dei reclusi e una lettera scritta al fratello Mario, dove Alcide si lamenta non della prigionia, ma del tempo perduto per i suoi studi: «non sai quanto mi addolori la per- dita di tempo. Del resto non mi curo, tanto sono tranquillo*. Tra i biografi c'è chi assicura che era lo stesso imperatore Francesco Giuseppe a non volere l'università italiana, temendo che le altre et- nie dell'Impero avrebbero poi chiesto altrettanto. Assolutamente diversa invece è l'opinione di Giovanni Artieri, il quale, nel suo volume Tre ritratti politici e quattro attentati del 1953, dice di aver letto questo episodio sulle pagine del «Secolo» di Milano dell'epo- ca. Egli infatti racconta in modo brillante che De Gasperi, deputato alla Camera austriaca attendeva l'imperatore, il quale passava in

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rassegna i nuovi eletti, dicendo ad ognuno una parola di formalità. De Gasperi pensò che quella era un'occasione per parlare in favore dell'università italiana e lo fece a voce alta in italiano, perché Francesco Giuseppe pare comprendesse almeno la lingua veneta, contrariamente al Presidente del Consiglio che gli era a lato e che, se il deputato avesse usato il tedesco, lo avrebbe certamente inter- rotto. «Gli italiani aspettano un atto di giustizia per la questione dell'università. Pregano per mio mezzo Vostra Maestà di interveni- re presso il Governo», furono le parole gridate a voce alta da De Gasperi. Francesco Giuseppe avrebbe risposto: «Io sono favorevo- le, è la Camera che non fa il suo dovere». Si sa che la storia si fa anche con gli episodi, nella speranza che non siano stati troppo co- loriti dalla fantasia di chi li ha scritti.

Nella formazione culturale e politica di Alcide ebbero grande peso alcune persone incontrate negli anni giovanili: primo fra tutti mons. Celestino Endrici, arcivescovo di Trento, che gli fu maestro e amico, sostenitore negli anni difficili della persecuzione fascista del primo dopoguerra. De Gasperi scriverà di lui, in occasione del- la morte, poche parole che sono sufficienti per comprendere su quale piano di elevazione morale e di rispetto civico poggiava la loro amicizia. «Sia benedetto, scrive De Gasperi, il nome di lui quando intervenne per abbreviare la mia pena e mai un cenno si la- sciò sfuggire che turbasse la dignità della mia coscienza o mettesse in forse il diritto alle mie convinzioni». Celestino Endrici aveva sempre insistito con i giovani sull'importanza fondamentale di cu- rare la propria formazione richiamandoli ad assumere la propria re- sponsabilità personale in ogni occasione della vita. «Avere caratte- re, mostrare carattere, difendere il proprio carattere» erano le sue parole. Fu per suo consiglio che De Gasperi ancora giovanissimo divenne giornalista della «Voce Cattolica» e poi direttore del «Trentina».

Un altro incontro importante, oltre al contatto con il movimento cristiano sociale guidato da Karl Lueger, fu quello con Romolo Murri, di cui abbiamo già fatto cenno. De Gasperi conosceva le li- nee programmatiche del movimento murriano attraverso articoli e scritti che egli stesso traduceva per la «Reichspost». Possiamo par- lare di amicizia e di simpatia tra i due anche negli incontri che eb- bero luogo a Montecatini, dopo la scomunica del sacerdote da parte della Chiesa. De Gasperi, traducendo per i trentini le idee di Mum, ne esaltava, come mette in risalto Lorenzo Bedeschi, gli aspetti

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economici e amministrativi, tacendo ciò che per Murri era ugual- mente importante, cioè il rovesciamento delle alleanze che passa- vano da quella con i conservatori a quella con i partiti di origine popolare. Bisogna intendere qui la posizione del giornalista trenti- no che si misurava con al realtà di una provincia dell'Impero au- stroungarico, dove le maggiori richieste di autonomia potevano es- sere solo amministrative e dove la politica locale si giocava, per i cattolici, contro un socialismo che guardava piil al prestigio e al- l'ideologia che al realismo degasperiano.

Interrotta l'attività parlamentare per lo scoppio della guerra, De Gasperi rimase a difendere i diritti della sua gente attraverso un Comitato Profughi, all'interno del paese. Nel 1917, per pochi mesi, venne riaperta la Camera ed egli in un memorabile discorso si alzò a difendere i diritti del popolo trentino maltrattato e perseguitato, e fu l'unico ad avere il coraggio di accusare gli austriaci per la morte di Cesare Battisti.

Finita la guerra, per tre anni De Gasperi si occupò di affrontare e sciogliere i numerosi problemi di ordine civile, sorti con il pas- saggio della sua terra al Regno d'Italia. Tale operato risulta anche dalla relazione da lui presentata al Congresso del P.P.I. di Venezia con un programma di ricostruzione politico e amministrativo delle nuove province. Nelle elezioni del 1921 venne eletto deputato al Parlamento italiano nelle liste del P.P.I. di don Luigi Sturzo. Questa seconda parte della vita di Alcide De Gasperi è caratterizzata dalla lotta al fascismo emergente, prima con le armi politiche finché ci fu uno spiraglio di libertà, poi con la prigione per non voler scon- fessare le proprie idee di libertà e di democrazia di fronte alla pre- potenza, alla sopraffazione e alla distruzione delle istituzioni de- mocratiche operate dall'avvento del nuovo regime. Lottò finché gli fu possibile, pur sostenendo in un primo tempo al Congresso di To- rino del 1923 che una collaborazione con il fascismo era possibile a condizione che costituisse una fase di transizione, poi opponen- dosi duramente al testo governativo della legge Acerbo, quando fa- ceva parte della Commissione parlamentare dei diciotto. Dopo la partenza di Sturzo dall'Italia ebbe, il 20 maggio 1924, la nomina a segretario del P.P.I., che mantenne fino al dicembre dello stesso anno. Poi anche il Partito Popolare venne ridotto al silenzio. Co- minciò allora una vera campagna di denigrazione nei confronti di De Gasperi, che lo trascinò prima alla privazione della libertà per- sonale e poi ad una stretta sorveglianza della polizia. Venti anni di

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silenzio e di umiliazioni, arricchiti però dalla preparazione e stesu- ra di importanti scritti, pubblicati sotto pseudonimo, nonché da una interessante attività di articolista sulla «Illustrazione Vaticana*, fatta con uno sguardo attento ai movimenti e ai partiti di matrice cristiana nella sfera internazionale. La Biblioteca Vaticana, dove gli fu offerto un lavoro, l'unico possibile che gli permetteva di non abiurare alle proprie idee di democrazia e di libertà, fu il suo rifu- gio e nello stesso tempo una palestra spirituale per l'impetuosità del suo animo, che seppe accettare con riconoscenza un posto di grande modestia intellettuale: vi faceva l'amanuense per la ricata- logazione dei libri della Biblioteca su un nuovo modello americano che richiedeva parecchie schede per ogni volume. «In tal modo, di- ceva De Gasperi, per quanto somaro fosse il visitatore, era messo in condizione di trovare il testo desiderato».

Nel 1923 aveva sposato Francesca Romani e ne aveva avuto, di- stanziate negli anni, quattro figlie: Maria Romana, Lucia, Cecilia e Paola. Le aveva seguite negli studi, aveva loro insegnato ad amare la natura e ad avere fede in Dio senza forzare la loro indole, ma fnmendn sempre spiegnzJoni Inte!!Jgent'e umani!& prnfonda. I do- veri della politica, anche nei momenti difficili, non lo distrarranno mai dal suo impegno di padre. Aveva trovato in Francesca Romani una degna compagna e nella sua famiglia un porto sicuro, una fidu- cia ed una comprensione illimitate.

Nel 1943 nascerà ufficialmente il partito della Democrazia Cri- stiana, per il quale egli aveva steso alcuni anni prima un appunto di parecchie pagine che aveva voluto intitolare «testamento politicon. Rielaborato e rivisto alla luce di altri apporti importanti, esso pren- derà il nome di «idee ricostruttive~.

L'ultima parte della vita di Alcide De Gasperi è paragonabile ad una veloce cavalcata verso un obiettivo irrevocabile: portare il po- polo cristiano a partecipare in prima linea alla ricostruzione morale e materiale del nostro paese tanto distrutto. Per dieci anni fino al 1954 egli non disperò mai della sorte di quell'Italia che gli si offri- va battuta militarmente, povera ed affamata, priva di risorse e sen- za credito nei confronti delle nazioni vincitrici. La sua passione per la libertà, il suo coraggio e la sua dignità fecero scudo anche contro un trattato durissimo, finché riuscì a trascinare con la sua fede nella democrazia anche gli incerti e i pavidi. Seppe valorizzare la lotta della Resistenza e guadagnare la fiducia di quei popoli liberi dispo- sti a darci una mano nella ricostruzione; allontanò inoltre il comu-

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nismo dai posti di potere e di governo, poiché persisteva a intral- ciare qualunque attività delle forze democratiche. Si trattò di fare una scelta di campo dove non si ammettevano dittature di sinistra proposte in nome di una democrazia fittizia che si sarebbe rivelata pih tardi in tutta la sua crudeltà nei paesi che le avevano dato spa- zio. I1 Patto Atlantico, che prender& il nome di NATO, l'ammissione dell'Italia a i l 'o~u , l'Unione Europea gli richiederanno grande for- za d'animo, grande determinazione e soprattutto una chiaroveggen- za non comune. La quotidiana polemica e l'ostruzionismo, nelle sue varie fonne messe in atto dal partito comunista e da quello so- cialista di Nenni, saranno un freno negativo per un rilancio del no- stro paese. Tuttavia De Gasperi, primo ministro per otto governi, riuscirà a gettare quelle basi di scelte politiche e strumentali che ancora oggi sono l'unica strada sulla quale sarà possibile una mag- giore concordia di popoli, una via diventata indispensabile e indif- feribile se la nostra cultura vuole ancora avere un ruolo nel mondo.

De Gasperi morì il 19 agosto 1954 nella sua casa a Sella di Val- sugana. Un treno trasportera la salma in un vagone colmo dei fiori gettati dalla gente in attesa del suo passaggio lungo i paesi e le città d'Italia. La gente aveva capito quanto quest'uomo aveva dato di sé per il bene di tutti.

Maria Romana De Gasperi

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Nota bibliografca

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Indici

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