Ludwig van Beethoven - I Teatri · 2009-09-07 · l’armonia che la sostiene, più o meno chiusa e...

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Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2009A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozioneCoincidenze e citazioni a cura di Giulia BassiFonti delle citazioni: Theodor W.Adorno, Beethoven, Einaudi, Torino 2001; Alberto Savinio; Scatola sonora, Einaudi, Torino 1977; Enzo Siciliano, Carta per musica, Mondadori, Milano 2004; Maynard Solomon, Beetho-ven, Marsilio, Venezia 2002; Guido Alberto Borciani, Il Quartetto Italiano. Una vita in musica, Aliberti, Reggio Emilia 2002; Ludwig van Beethoven Autobiografia di un genio, Mondatori, Milano 1996; Haydn. Due ritratti e un diario, a cura di Andrea Lanza e Enzo Restagno, Torino, EDT, 2001; “Janáček. Il poeta del realismo slavo” in Musica-Dossier n. 20, Giunti, Firenze 1988; Luigi Nono, Scritti e colloqui, Ricordi, Milano, 2001; Albert Einstein, Il lato umano. Spunti per un ritratto, Einaudi, Torino, 2005; Fedele D’Amico, I Casi della Musica, Il saggiatore, Milano, 1962.L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.

Teatro Municipale Valli 11 febbraio 2009, ore 20.30

Franz Joseph HaydnQuartetto op. 76 n. 5 in re maggiore Hob. III:79

Allegretto - AllegroLargo ma non troppo, cantabile e mestoMenuetto. Allegro ma non troppoFinale. Presto

Leóš Janáček Quartetto n. 1 “Sonata a Kreutzer”

Adagio - Con motoCon motoCon moto -Vivo - AndanteCon moto (Adagio) - Più mosso

Ludwig van BeethovenQuartetto op. 59 n. 2 in mi minore

AllegroMolto adagio (Si tratta questo pezzo con molto di sentimento)Allegretto - Maggiore (Tema russo) Finale, Presto

Quartetto Bennewitz

Jiří Němeček violinoŠtěpán Ježek violinoJiří Pinkas violaŠtěpán Doležal violoncello

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Old Quartet’ Blues

di Luana Salvarani

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Il Quartetto d’archi vive. Il vantaggio evolutivo di questo genere musi-cale, eccezionalmente longevo e flessibile, non smette di stupire. Eppure, pochi strumenti sono drammaticamente obsoleti come il violino: solo il pianoforte è più incompatibile col mondo moderno. Il violoncello, grazie a virtuosi superstar (tipo Maisky) o free-classic (alla Thomas Demenga) mantiene una sua presa sul pubblico, mentre la viola fruisce del recupero, attraverso la musica antica, di tutti i tagli ‘medi’ di strumento ad arco. Il violino ottocentesco invece, così poco conciliante – teso allo spasimo, brillante, nell’acuto stridulo o cristallino, nel grave appassionato e aggres-sivo – soffre. Né il fintoceltico, che ha portato il violino nella musica pop, né le melodie yiddish-klezmer politicamente corrette, né la gran moda della musica parabalcanica sono riusciti a ridare al suono del violino la popolarità che ci si aspetterebbe. E tuttavia, il difficile strumento continua ad attrarre giovani disposti a un duro training per farlo suonare, e il quar-tetto, apoteosi del timbro e della filosofia degli strumenti ad arco classici, non conosce crisi. Il quartetto è in genere dignitoso, agile, igienico, senza le salivazioni del canto né i sudori del virtuosismo solistico. Anche quando sta affrontando difficoltà himalayane, l’esecutore qui mantiene una gestualità composta, perché andare assieme dipende da un codice di gesti reciproci tra i musici-sti e da una corrente impercettibile di consenso, che troppi travolgimenti offuscherebbero. Quindi, nessuna seduzione extramusicale. Eppure, il quartetto piace anche a larghe fette di pubblico cui le sottigliezze formali e le allusioni ultraviolette dello stile classico maturo, per vari motivi, sfug-gono. Mentre lo hanno in fastidio proprio alcune categorie di musicisti formati, segnatamente coloro che pensano a misura di orchestra sinfonica (còlti da claustrofobia in questa stretta cabina monocromatica) e la sem-pre più vasta categoria di bas-bleus che disdegna ogni possibile musica posteriore al 1750. Ma chi pensa che la musica parli direttamente all’intel-letto e all’immaginazione con un suo codice, senza passare dalle strettoie del verbale e senza bisogno di un facile imagismo, continua ad abbeverarsi alle fonti del Quartetto. Il gentile Lettore, soprattutto se frequenta i concerti a tema e magari anche le meraviglie del Premio Borciani, comincerà a pensare che stiamo menando il can per l’aia. Pazientiamo ancora un istante. I tre brani in pro-gramma stasera esemplificano nel modo migliore il modo in cui il quar-tetto attraversa le epoche nel modo più denso e meno ovvio. La sequenza è allettante: una prova dell’Haydn ultrasessantenne, ai vertici del successo

Haydn

Ha scritto Giorgio Pestelli che “attorno alla vita di Haydn spira un’aura da fioretto francescano; poche biografie sono così ricche di aneddoti, fatterelli, detti memorabili per arguzia e candore; poche hanno un capitolo come quello dell’amicizia con Mo-zart”.

Haydn ha vissuto cinquant’anni di musica, dal 1751 al 1801, densissimi: una pro-duzione sterminata, dove è anche difficile selezionare. La sua musica appare come un fiume d’acque limpide e azzurre dentro cui l’esistenza scivola con una felicità più che naturale.

Eppure in Haydn si manifesta sempre un innamorato e profondo sentimento che guarda alla musica come a un grande evento educativo dell’anima, con una leggerezza di pensiero che è solo la sua.Enzo Siciliano

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a Londra e Vienna con l’immancabile impresario Salomon, e al sommo della sua inventiva sarcastica (uno Stravinsky del Settecento, che opera sul materiale barocco come Igor farà col classico); Kreutzersonate di Janáček (1924), difficile quartetto di rara esecuzione ispirato all’omonima sonata per violino e pianoforte di Beethoven, ma soprattutto al lungo racconto che Tolstoj trae da quella sonata e dal suo mito tempestoso e appassionato, diciamo pure musica a programma con tutta la coraggiosa informalità che ne deriva; e il “Rasumovsky n. 2” di Beethoven (1806), che nonostante le apparenze ha dimenticato tutto l’apparato del linguaggio classico e già decolla per le sperimentazioni formali che renderanno gli ultimi suoi quartetti il grande mito del Novecento musicale. Programma enciclopedico, quasi didattico, quindi? Se ci aspettiamo di ve-der dispiegato l’elegante trittico Classico-Moderno-Romantico, verremo facilmente e felicemente delusi. Non riusciremo, per quanto li giriamo, a mettere questi tre quartetti in rapporto di “evoluzione storica”. I loro lin-guaggi sembrano negarsi l’uno all’altro, eppure la Natura del Quartetto, quella inossidabilità di cui sopra, li unisce solidamente in una somiglianza difficile da argomentare. C’è una convergenza tra un involucro strutturale molto latamente inteso e un colore, un tessuto base che resta riconoscibile. La potenzialità espressiva, e diciamo pure la grandezza, di forme analoghe al quartetto, come la Sinfonia o la stessa Sonata per pianoforte, deriva dalla loro resilienza ai più diversi contenuti armonici e ritmici. L’impian-to sonatistico è progettato per resistere al cioccolatte settecentesco e ai filtri d’amore postwagneriani, al laudano di Ravel e all’azoto liquido di Webern; in termini tecnici, tutte le possibilità di tessuto accordale e di scala, dal quarto-quinto-primo alla dodecafonia. E la Sonata cambia di conseguenza volto e carattere. Mentre nel quartetto, anche quando si modella sulle esigenze musicali più diverse, rimane una identità retorica e di stile che attraversa indenne la storia. L’unica analogia possibile è col blues, dove i canti da piantagione di cotone e le versioni più elettriche e astratte dell’epoca post-rock condividono quella pulsazione incessante e quel tono tra epico e rassegnato, che seduce chiunque abbia un po’ d’aria nell’anima; e che non è dovuto, come erroneamente si crede, a una certa scala o alle blue notes (che poi è una convenzione linguistica, mica un dato di natura) ma a una persistenza stilistica fatta di dettagli minuscoli, di microrespirazioni, in un quadro rituale condiviso. Niente paura, non si è scatenato il Sociologo d’Accatto. Il Quartetto è però indubbiamente un rituale; l’impasto timbrico, piuttosto assurdo in termini acustici, dei

Le prime opere di Beethoven, mi sono piaciute molto, ma confesso di non com-prendere quelle successive. Mi sembra che egli stia componendo in modo sempre più fantasioso.Franz Joseph Haydn

Fa’ sì che la tua sordità, non sia più un segreto – persino nell’arte.Beethoven (in un foglio di appunti per i Quartetti Razumovsky)

I Quartetti Razumovsky rappresentano un terzetto di individualità coscientemente differenziate e nettamente definite. Sta di fatto che furono giudicati di difficile com-prensione: forse nessun’altra opera di Beethoven ebbe un’accoglienza tanto scoraggian-te sia da parte dei musicisti che degli intenditori.Maynard Solomon

Sta di fatto che l’op.59 n.2 di Beethoven, viene affrontata da un complesso ormai giunto all’alta maturità, solo dopo che la serie degli ultimi quartetti è stata affrontata “per la soggezione che ci ha fatto – così dice Elisa Pegreffi – specialmente per quell’in-decifrabile primo tempo, ricco d’interrogativi”. Toccherà a Paolo Borciani affermare che “c’è voluta una vita per presentare degnamente le opere di Beethoven”.Guido Alberto Borciani

Beethoven

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due violini-viola-violoncello è diventato un luogo dello spirito e, forse, il più efficace emblema dell’Occidente Musicale. Epico e rassegnato, con lo sguardo puntato all’orizzonte, com’è giusto: essendosi reso conto – pro-prio nell’epoca d’oro del quartetto – di essere solo una parentesi storica, e anche breve. C’è un filo conduttore tra i brani in programma stasera, ed è la ribellio-ne sottile ma sostanziale al principio base di tutto il linguaggio musicale europeo, quello di sviluppo, per cui un tema (una “frase” musicale, con l’armonia che la sostiene, più o meno chiusa e riconoscibile), due temi nella Sonata, ritornano più volte trasformati ed elaborati, in modo che il nostro orecchio si pasca dello scontro tra i temi e dell’accrescimento di stimoli, seguendo il sentiero di ciò che riconosce. Già le prime note del concerto, per chi non conosca a memoria questo op. 76 n. 5 (per lo più offuscato dalla fama dei confratelli della stessa op. 76, quello delle Quinte, il cosiddetto Imperatore e il cosiddetto Aurora – che sono anche noti nomi beethoveniani perché gli editori usavano sempre gli stessi appellativi, squadra che vince non si cambia), già le prime note, dicevo, ci coglieran-no di sorpresa. Il primo movimento non è in forma-sonata e aspettiamo inutilmente il secondo tema; è una sorta di serie di variazioni molto fini e leggere, dove il tema ci viene incessantemente riproposto senza neppure mutare di molto. Niente sviluppo quindi né “dialettica”, ma già il piacere – che diventerà una delle principali vie di fuga dal Novecento – non più di comporre, ma di porre semplicemente il suono. E lo ritroviamo nel terzo tempo del Rasumovsky, nello Scherzo, dove invariabilmente si nascondo-no le chiavi di decifrazione delle opere beethoveniane. Prestiamo parti-colare attenzione a questo tempo, così vivace e freddo, col suo sincopato acido e le sue ottave ribattute. Nel Trio, viene enunciato un “tema russo”, e ci si aspetta che Beethoven, maestro dell’elaborazione tematica, comin-ci a spezzettarlo e farne meraviglie. Niente, il “tema russo” si ripropone uguale a se stesso: impressione di ricorsività accentuata dalla prescrizione dello stesso Beethoven di ripetere due volte da capo, e non solo una, la sequenza scherzo-trio. Nella selva dei ritornelli e delle ripetizioni queste poche pagine diventano un’apoteosi di minimalismo. E Janáček? Qui c’è di mezzo il “programma”, insomma la riflessione tolstojana su gelosia, etica e morte (argomentazioni sul treno post factum di un marito che, già pentito di essersi sposato, ma intimamente convinto della sacralità del matrimonio, non trova di meglio che ammazzare la donna in un accesso di gelosia mentre lei suona appunto la Kreutzer con l’amico violinista),

L’avanguardia praghese non esistendo nella società ceca l’aristocrazia e la grande borghe-sia, era assai più vicina alle persone semplici al mondo del lavoro, alla natura… Quale altra opera meglio di quella del compositore Leóš Janáček, potrebbe illustrare il carattere originale del modernismo ceco, la sua avidità di concretezza, il suo carattere plebeo? Con Kafka egli è la più grande personalità dell’arte moderna del proprio paese.Janáček si oppone alla musica romantica… non le rimprovera di esprimere gli stati d’animo, ma di avere fallito in questo tentativo; di avere barato, di averci proposto luoghi comuni, atteggiamenti, pose, anziché svelarci la nudità dei sentimenti. Egli vuole dunque strappare la maschera alla verità. Per questo non rifiuta la musica come espressione, ma vuole invece bandire ogni nota che non sia espressione pura e semplice. In questo modo Janáček ottiene una struttura musicale di un’espressività e di un’economia inaudite.Milan Kundera

Stilisticamente la peculiarità della scrittura musicale di Janáček si esprime soprattutto nella sostanza della invenzione melodica e tematica che per lo più è irriducibile a qualsia-si altro stile europeo e molto meno legata al folclore di quanto si dica.Fedele D’Amico

Janáček diceva di ascoltare la musica che si cela nelle parole, la vibrazione infallibile capace di rivelare ciò che vuol restare celato nel fondo dell’anima.Luigi Nono

Janáček e la moglie

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messa in scena, vogliono le cronache, dall’anziano autore nel bel mezzo di una passione disperatamente platonica con una ragazza sposata. A noi questo interessa poco, ma certo ha sempre aiutato a spiegare il dato più notevole di questo quartetto che è appunto la complessità quasi impren-dibile della forma. Qui di sviluppo non se ne parla neanche, i temi si accumulano, si rincorrono e si intrecciano apparentemente senza ordine, in un contesto tonale allargato al punto da non fornire più neanche il supporto delle sue gerarchie interne. Il Kreutzersonate sta in piedi sulla ricerca delle tracce: sull’emergere periodico di frammenti e citazioni dalla Sonata beethoveniana, a volte chiari, a volte come sotto il pelo dell’acqua. E la sensazione è sempre di un rito privato, di un brano che nonostante le difficoltà tecniche notevolissime, da strumentisti più che esperti, mantie-ne una delle cifre originali del genere Quartetto, il carattere di Hausmusik, dove l’esecuzione in sala da concerto è un paradosso indiscreto.Fiumi di inchiostro sono stati spesi per argomentare, alquanto oziosamen-te, con quale brano o in che data “cessi” il quartetto come genere pensato per esecuzioni di corte o private da parte di amatori di pregio, e “inizi” il quartetto professionale da concerto. Figuriamoci. Questa ambivalenza percorre tutta la storia del genere, che rimane sospeso tra due mondi: quello di una raffinata ma feriale Hausmusik, al confine con i balli di sala e il sottofondo da stazione termale (ma quanti doppifondi, quante inquie-tudini da sanatorio, quanti deliri alcoolici o sifilitici nel termalismo delle Serenate di Brahms e della musica da camera di Mahler...) e quello di un intellettualismo quasi sfrenato, dove la sperimentazione linguistica diventa edificio mentale puro, sfida ai limiti della convenzione espressiva, ricerca della soluzione meno ovvia e più rigorosa. E ora la domanda: il Molto ada-gio in Do diesis minore del quartetto di Beethoven in programma – non ce lo nascondiamo, il momento musicalmente più alto di stasera – più intellettualismo o Hausmusik? Per la prima ipotesi propenderebbe, se non altro, il tema modellato (le prime quattro note non mentono) sul nome B-A-C-H, cioè in alfabeto tedesco Si bemolle-la-do-si naturale, ancorché trasposto, oltre che il rigore costruttivo di questo movimento, un corale figurato proiettato in un felice futuro senza cadenze né abbellimenti. Ma per la seconda ipotesi si pronuncerebbe l’apparente semplicità tecnica del pezzo, e aspetti sorprendenti in tanto rigore tra il pietista e il metafisico: come il ritmo puntato che subentra dopo il primo periodo, quasi orolo-gio a cucù bavarese, e che poi per ripetizione e insistenza diventa oggetto beethoveniano, cioè “elemento” nel senso della Tavola degli Elementi.

Ecco la convergenza tra le due componenti del genere. Il rito domestico si è spostato dal salotto col caminetto a uno studiolo freddo dove si compio-no esperimenti di chimica o trasformazioni alchemiche. C’è sempre molto Faust nel Quartetto, quel Faust che sta alle radici della cultura europea. Sul fatto che questo nostro blues europeo sia musica “colta”, e non “popo-lare”, ci sarebbe tanto da dire e conclusioni, non proprio simpatiche, da trarre. Ma per ora basta, ci torneremo alla prossima occasione.

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Coincidenze

1797 Haydn, Quartetto op. 76 n.5

Haydn, La Creazione (1797-1798)Nascono Schubert e DonizettiDittersdorf, Der Madchenmarkt, opera Cherubini, Medée, opera Beethoven, Serenata in re maggiore per trio d’archi; Sonate per pianoforte n.1-4; Sonate per violoncello n.1 e n.2 A Reggio Emilia il 7 gennaio nasce il primo tricolore italiano, come bandiera della Repubblica Cispadana.A Quito in seguito ad un terremoto devastante muoiono 40.000 persone. La flotta inglese dell’ammiraglio John Jervis sconfigge quella spagnola a Capo San Vincenzo. Sempre gli inglesi occupano l’isola spagnola della Trinità.Viene firmata la Pace tra Stato Pontificio, Repubblica Francese e Repubblica Cispadana. Il primo cede Avignone e il Contado Venassino alla seconda.John Adams diviene Presidente degli Stati Uniti d’America: succede a George Washington. In marzo inizia l’offensiva francese contro l’Arciduca d’Austria Carlo. Truppe francesi conquistano Gradisca e il Tarvisio. In aprile truppe francesi sconfiggono quelle austriache a Altenkirchen. Il 18 aprile viene firmato l’armistizio di Loeben tra Francia e Austria. Il Maggior Consiglio di Venezia abdica e la città viene consegnata al generale francese Napoleone Bonaparte. L’ultimo Doge Ludovico Manin è costretto ad abdicare. I territori della ex Repubblica passeranno all’Austria eccetto le Isole Ionie che andranno alla Francia. Il 13 giugno cade la Repubblica di Genova e viene costituita la Repubblica Ligure. A seguito della rivolta giacobina sostenuta dalla Francia del 22 maggio, l’ultimo Doge il marchese Giacomo Maria Brignole accetta sotto minaccia delle armi transalpine, guidate da Napoleone in persona, di assumere la carica di “Presidente” del governo (nominato dai Francesi) del nuovo Stato.Nel giugno le province del Milanese, Bergamasco, Cremonese e Modenese occupate dai Francesi diventano indipendenti come Repubblica Cisalpina; in luglio Milano diventa capitale della Repubblica Cisalpina; inoltre la Repubblica Cispadana viene annessa dalla Repubblica Cisalpina.Il 4 settembre a Parigi colpo di stato del 18 fruttidoro organizzato dal Barras e sostenuto dall’esercito, contro la maggioranza moderata e realista del Consiglio dei Cinquecento e del Consiglio degli Anziani.Il 17 ottobre viene firmato il Trattato di Campoformio tra Francia e Austria: confermati sostanzialmente gli accordi di Loeben, inoltre Venezia (con i suoi territori fino all’Adige) va all’Austria, i territori a sinistra del Reno fino a Colonia alla Francia,

la Lombardia va alla Repubblica Cisalpina. Muore Federico Guglielmo II di Prussia, gli succede Federico Guglielmo III.In dicembre durante moti antifrancesi a Roma viene assassinato il generale Dupont, ambasciatore francese, che incitava la folla alla ribellione contro il Papa; le scuse del Papa vengono respinte dal Direttorio.

1807 Beethoven, Quartetto op.59 n.2 Beethoven, Quartetti op.59 n.1 e n.3 “Rasumovsky”; Coriolano, Ouverture; Leonora n. 1, Overture; Messa in Do maggiore; ‘In questa tomba oscura’, arietta Paganini, Sonata Napoleone Weber, Sinfonia n.2Gaspare Spontini, La vestale

Georg Wilhelm Friedrich Hegel Fenomenologia dello spiritoJohn Constable, Presso Stoke-by-NaylandJean Louis David, La consacrazione di NapoleoneGiovanni Giraud, L’ ajo nell’imbarazzo commedia in 3 atti (vietata dopo la terza rappresentazione)Jean Paul, Levana o dell’educazione (dall’Emilio di Rousseau)Madame de Staël, Corinne ou l’ItalieWilliam Wordsworth, Poems

Si forma il regno di Westfalia la cui corona è assegnata a Gerolamo Bonaparte. I Francesi invadono il Portogallo che continuava a commerciare con gli Inglesi.La Gran Bretagna vieta la tratta degli schiavi.Con il vascello Clermont dell’americano Robert Fulton inizia l’era della navigazione a vapore.

Londra è la prima città ad essere illuminata a gas.Humphry Davy scopre il potassio ed il sodio.

1923 Janáček, Quartetto n.1 “Sonata a Kreutzer”

Nasce Ligeti Fauré, Trio con pianoforte Elgar, Re Artù Sibelius, Sinfonia n.6 Satie, Ludions, canzoni Busoni, Dieci variazioni su un preludio di Chopin

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Schoenberg, Serenata per sestetto e baritono Respighi, Belfagor, commedia lirica; La Primavera, poema lirico per solisti, coro ed orchestra Bartók, Suite di danza per orchestra Kodály, Salmo Ungherese per tenore, coro ed orchestra Stravinsky, Ottetto per strumenti a fiato Casella, Concerto per quartetto d’archiBerg, Concerto da cameraVarèse, Hyperprism, per piccola orchestra e percussioni; Octandre, per piccola orchestra e percussioni; Intégrales, per orchestra da camera e percussioni Prokofiev Sonata per pianoforte n.5 Milhaud, Sinfonia n.6 per soprano, contralto, tenore, basso, oboe e violoncello Hindemith, Quartetto d’archi n.4; Piccola Sonata per viola d’amore e pianoforte; Sonata per solo violoncello Gershwin, The Rainbow, musical; George White’s Scandals of 1923, musical Poulenc, Les Biches, balletto Weill, Fantasia, Passacaglia e Inno, per orchestra Shostakovich, Trio per pianoforte n.1

Virgilio Ranzato, Il paese dei campanelliIn Usa esce il film I dieci comandamenti (che contiene alcune sequenze a colori)Italo Svevo, La coscienza di ZenoRiccardo Bacchelli, Lo sa il tonno, ossia gli esemplari marini colla giunta del pescespada e del remora (favola mondana e filosofica)Benedetto Croce pubblica il saggio letterario Poesia o non poesiaRaymond Radiguet, Il diavolo in corpoLe Courbusier, Verso un’architetturaGeorge Bernard Shaw, Santa Giovanna Raine Maria Rilke, Sonetti a Orfeo e Elegie duinesiIn Urss inizia la pubblicazione della rivista Lef diretta da Vladimir MajakovskijJorge Luis Borges, Fervore a Buenos Aires

La camera approva la legge di riforma scolastica proposta dal filosofo Giovanni Gentile.Il Partito Popolare lascia il governo presieduto da Mussolini.Germania: una gravissima crisi economico-finanziaria attanaglia il paese: il marco subisce una fortissima svalutazione, per un dollaro occorrono 4 milioni di marchi.In novembre Hitler, leader del partito nazionalsocialista, insieme ad un gruppo di estremisti bavaresi facenti capo al generale Ludendorff, tenta a Monaco un colpo di Stato ma viene arrestato e condannato ad un anno di carcere.In Turchia viene proclamata la repubblica e viene eletto presidente Mustafà Kemal detto ‘Ataturk’ (padre dei Turchi).In Urss si aggrava la malattia di Lenin, Stalin diventa il segretario del Partito Comunista.

Il chimico svedese Theodor Svedberg, perfeziona l’ultracentrifuga (usata soprattutto nei labororatori di biologia).In Russia gli scienziati Ostro-Nisleskji e Maksimov producono per la prima volta la gomma sintetica.Il medico greco-americano George Papanicolau, inventa il pap-test per individuare il cancro all’utero.

Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994. www.musicweb.uk.net/Classpedia/index.htm

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Il quartettodi Paolo Borciani

da: Paolo Borciani, Il quartetto, Ricordi, Milano, 1973

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Quello di scegliere i propri compagni è il momento più importante per chi vuole formare un quartetto: trattandosi di iniziare una vita in comune, di affrontare disagi insieme, è necessario scegliere le persone adatte, le cui doti umane siano l’onestà, la generosità, la disciplina, lo spirito di sacrificio e, per chi ha una forte personalità, anche una buona dose di diplomazia. Ma, essen-do la musica il fine principale di una tale associazione, si debbono anteporre, fin dall’inizio, le qualità musicali a ogni altro criterio di carattere personale. Si sente spesso dire, e giustamente, che il quartetto è come un matrimonio fra quattro persone, poiché esso, oltre alla costanza, esige una assoluta fedel-tà che sappia resistere a lusinghe, da qualunque parte esse vengano. È bene però subito sottolineare il fatto che il quartetto, essendo una associazione di carattere essenzialmente musicale, deve basarsi su affinità musicali che nemmeno lo studio più intenso può surrogare, e che appunto per ciò vanno ricercate fin dall’inizio. Limitare le divergenze di carattere, con un attento controllo del proprio e una certa tolleranza verso quello degli altri, è possibile e doveroso anche se difficile; adattare perfettamente un istinto musicale a un altro, troppo differente, è impossibile: il fallimento artistico di certi quartetti deriva dal pregiudizio secondo il quale il prodotto di buoni fattori deve essere necessariamente buono. Per fortuna casi di associazioni temporanee fra pur celebri concertisti, dalle personalità troppo differenti, non si sono verificate che raramente nel campo del quartetto a corde (assai più spesso in altre for-mazioni), anche per il rispetto che questo delicatissimo organismo musicale incute a chi gli si avvicina.Come è certo dunque che quattro buoni elementi non formano necessaria-mente un buon quartetto, è assolutamente fuori discussione che, per for-marlo, devono trovarsi insieme quattro veri artisti e ottimi strumentisti; che non debbono esistere fra loro gravi squilibri di valore, e che anche un solo elemento basta a guastare l’assieme.Sono numerosi i quartetti nei quali, accanto a un primo violino e a un violon-cello di prim’ordine, figurano una viola e anche più spesso un secondo violino mediocri. Come quello di viola, il ruolo di secondo violino è di estrema im-portanza ed è grave errore non scegliere uno strumentista che abbia le qualità necessarie per ricoprirlo degnamente, anche se esso è indubbiamente di minor impegno strumentale, in gran parte della letteratura quartettistica, di quello sostenuto dal primo violino. Qualità di suono e di temperamento, oltre che doti musicali del tutto particolari, devono rivelare un autentico «secondo violino», non un «primo violino» di second’ordine.Certe diversità di intenzioni potranno essere superate da un lavoro assiduo e appassionato, certe naturali disposizioni sviluppate o corrette con lo studio e con l’esperienza, prima di arrivare a una completa omogeneità. Ma dovranno

essere quattro personalità affini e di valore alla base di un vero quartetto, che mai nessuno potrà trasformare una mediocrità in un artista, un interprete superficiale in un musicista.(...)L’esistenza di un quartetto può venir suddivisa in varie fasi, che trovano ana-logia con le età della vita umana: il quartetto ha un’infanzia, una giovinezza, una maturità e, quando vi arriva, una vecchiaia.La prima fase, l’infanzia, ha un’estrema importanza per l’avvenire del com-plesso. Anzitutto, è necessario che «il quartetto» sappia che l’attende una vita di sacrificio e di assoluta dedizione: salvo rarissime eccezioni, non v’è nella storia (soprattutto recente) esempio di un grande quartetto i cui componenti abbiano svolto contemporaneamente un’intensa attività concertistica in altre formazioni musicali o come solisti.Bisogna evitare le false partenze, gli errori gravi, le cattive abitudini; eliminare gli ostacoli e curare i minimi particolari con scrupolo e costanza.Se v’è qualche importante decisione da prendere, è meglio agire subito, per non trovarsi più tardi costretti a dover rimediare a una situazione divenuta ancor più grave. Per quanto nella coscienza dei quattro sia profondamente sentito quel principio di indissolubilità del vincolo che li lega, e che solo può garantire al quartetto una seria attività (quanti quartetti giovani vediamo pur-troppo sfasciarsi quando hanno appena iniziato la loro vita!), potrà tuttavia sorgere, anche agli inizi della carriera, la necessità di sostituire un elemento, per motivi artistici o serie incompatibilità di carattere. Meglio affrontare al più presto la realtà — non senza aver lottato — che attendere un altro momento, il quale quasi certamente diverrà sempre meno opportuno. In ogni caso sarà bene stabilire fin dai primi giorni del lavoro in comune che, nell’eventualità di una sostituzione, l’elemento che lascia il quartetto resterà al suo posto per un certo periodo dalla data in cui sarà decisa la sua uscita dal complesso (a meno che, naturalmente, non ne sia impedito da motivi di forza maggiore), per dar modo al nuovo elemento di sostituirlo senza causare un’interruzione troppo grave per l’attività del quartetto. Il periodo di preavviso darà al nuovo membro la possibilità di studiare e di affiatarsi con gli altri, né l’improvvisa intrusione di un elemento estraneo, non ancora affiatato, turberà il delicato organismo musicale.Spesso la convivenza viene resa gravosa da divergenze di carattere: è prova di forza morale e di attaccamento alla musica il saper resistere, vincendo i propri egoismi e tollerando i difetti altrui.Chi serve con serietà la musica troverà fin troppo ovvio quanto si è detto sopra; ma, essendovi ancora al giorno d’oggi tanti esempi, dati da complessi d’ogni genere che cambiano elementi con troppa disinvoltura, ho ritenuto

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non pleonastico richiamare l’attenzione dei giovani su queste fondamentali regole di etica professionale.Mentre nelle orchestre da camera il cambiamento di un membro può non incidere affatto sul rendimento collettivo, nel quartetto l’inserimento improv-viso di un nuovo elemento turba spesso gravemente l’affiatamento ottenuto, anche se si tratta di un ottimo strumentista. E, si badi bene, parlando di affiatamento non si allude solo a un semplice fatto sonoro, ma a un’intesa musicale ancor più difficile da improvvisarsi, la cui mancanza può sfuggire a una parte del pubblico, non certo alla «musica». Quando poi il nome di un quartetto, divenuto noto per l’eccellenza e la fu-sione dei suoi componenti, viene mantenuto immutato nonostante siano stati cambiati due o più membri, v’è una colpa che trascende il fatto meramente artistico, quale che sia il valore della nuova formazione e l’evidenza che viene data nei programmi stampati al nome dei componenti il quartetto: è sempre il nome del quartetto infatti che più viene notato dal pubblico e dalla stampa. Più ancora forse dei successi di una fortunata carriera, i miei colleghi ed io siamo fieri di aver formato un quartetto che vive ormai da tanti anni, con gli stessi componenti: cio che assai probabilmente rappresenta un primato asso-luto, comunque è assai vicino ad esserlo.Analogamente a quanto avviene nella vita dell’uomo, anche nel delicato pe-riodo iniziale di un quartetto si avverte la necessità di poter fruire di un’espe-rienza che ancora il giovane complesso non ha, per risolvere quei problemi, e sono tanti, che si impongono spesso con un’urgenza pari alla loro impor-tanza. Sorge così il bisogno di quei consigli che solo può dare una persona la cui esperienza sia stata generata dalla medesima vita, dalle stesse difficoltà; consigli che vanno dal campo specifico dello studio e dell’arte quartettistica a quello, pure tanto importante, della vita pratica del quartetto.Non sono molti gli uomini all’altezza di tale compito, che sappiano conside-rare il quartetto non solo come l’insieme di quattro strumenti, ma come un organismo unico.Anche nelle scuole si dà troppo spesso alle lezioni di quartetto l’importanza accordata a una materia secondaria. Una maggior serietà di studio, mettendo a contatto i giovani con le più belle opere dei grandi musicisti, indirizzerebbe la loro sensibilità verso una disciplina che tanto potrebbe giovare alla loro formazione musicale. Studiare veramente, concertandoli (non soltanto leg-gendoli), i Quartetti di Haydn, Mozart, Beethoven (e non vorrei limitarmi a citare questi autori, trascurando i romantici, i moderni e i contemporanei) amplia notevolmente la conoscenza degli stili e affina le doti interpretative di giovani spesso costretti a svilupparle quasi esclusivamente attraverso le Sonate o Suites di Bach e tre o quattro concerti il cui schema interpretativo

è fin troppo tradizionale e ormai «congelato» in decine e decine di dischi. La conoscenza del repertorio quartettistico convincerebbe qualche allievo parti-colarmente dotato per la viola, assai meglio che il consiglio dell’insegnante, a lasciare lo studio del violino per quello della viola, strumento bellissimo, che purtroppo trova ancor oggi pochi giovani disposti a dedicarglisi.In genere gli alunni delle scuole d’archi prendono conoscenza di un paio di sonate con pianoforte (oltre a quelle col basso, del Sei-Settecento) e di qualche composizione musicalmente interessante. Tale repertorio non è certo sufficiente a stimolare come si dovrebbe le loro doti musicali e la loro capacità di concertazione. Gli insegnanti (per fortuna ve ne sono che sentono tale ne-cessità) dovrebbero educare gli allievi attraverso la impareggiabile disciplina quartettistica, ricoprendo talora essi stessi un ruolo nel complesso, guidandoli e incoraggiandoli. Altrimenti l’orizzonte del giovane diplomato in uno stru-mento ad arco sarà fatalmente limitato, così come la sua cultura; ed egli, vista cadere l’illusione, spesso pericolosa, di diventare un brillante concertista (il quartetto è scuola di formazione musicale anche per chi non potrà diventare un quartettista celebre), non si adatterà facilmente a entrare in un’orchestra, quasi si trattasse di una professione avvilente, né avrà la capacità, il coraggio o la possibilità di intraprendere la difficile carriera dell’insegnante. Ma seguirà la moda del tempo, che oggi lo accetta come membro di una delle tante orche-stre da camera mediocri dal repertorio rigidamente circoscritto, che vivono nella scia di alcune eccellenti. E avrà ignorato, negli anni della sua formazione artistica, le più belle pagine di Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Brahms, Bartók, e di tanti altri autori che nel campo del quartetto d’archi hanno la-, e di tanti altri autori che nel campo del quartetto d’archi hanno la-sciato opere tra le più elevate del loro genio creativo.(...)Delle due formazioni più comuni (una con la viola di fronte al primo violino, l’altra col violoncello di fronte al primo violino) ognuna ha i propri vantaggi. Ritengo la prima più adatta per il repertorio classico, mentre la seconda tende a dar maggior rilievo alla personalità del violoncellista (spesso inopportu-namente nella musica di Haydn o nella prima produzione beethoveniana, opportunamente invece, ad esempio, nei Quartetti di Mozart dedicati al re di Prussia) e permette al violista di mandare il suono più direttamente verso il pubblico, rivolgendo il riccio dello strumento in quella direzione. La prima, d’altra parte, dà questo vantaggio sonoro al violoncellista pur consentendogli di vedere e seguire meglio tutti i suoi compagni. Lo scegliere una formazione piuttosto che l’altra dipende dalle caratteristiche di un quartetto, dalle perso-nalità strumentali e musicali dei loro componenti e dalla robustezza di suono del violista.Gli esecutori siederanno vicini l’uno all’altro (non troppo però i due più vi-

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cini al pubblico, in modo da non «coprire» gli altri). Ciò è utile specialmente nelle grandi sale e in quelle che hanno cattiva acustica, ove è necessario che i quattro si sentano tra di loro perfettamente.(...)Il suono, inteso come mezzo d’espressione, è l’essenza prima della musica, e il possesso delle più svariate sfumature sonore rappresenta il patrimonio più prezioso della tecnica strumentale.Oltre che bello, più che bello, il suono deve essere espressivo, secondo le esigenze dei vari stili, secondo il significato della musica. Non v’è, credo, musicista che, avendo avuto la fortuna di ascoltare le esecuzioni di Fur-twaengler, non abbia vivo il ricordo delle sonorità che egli sapeva ottenere dall’orchestra soprattutto quando dirigeva le Sinfonie di Beethoven, Brahms, Schumann, Schubert, Bruckner, Mahler. Non v’è persona che non ricordi la lucidità, il nitore espressivo delle frasi condotte dalla bacchetta di Toscanini, indimenticabile esecutore delle pagine verdiane, animatore appassionato di tante partiture.Al di là di ogni concezione interpretativa, ancor più della differente natura e formazione culturale dei due artisti, la caratteristica che forse maggiormente li distingue è il diverso «senso» del suono. Del primo, pure grandissimo nel-l’esecuzione dei classici, era caratteristica quella sonorità rivelatrice dell’anima del romanticismo, tanto difficile da ottenersi, specialmente da parte di chi ha la chiarezza e la lucidità proprie dei latini (basti pensare a quegli accordi ampi, corposi, espressivi). Di Toscanini erano caratteristiche la chiara luce sonora e quella cantabilità aperta eppur nobilmente contenuta, di cui tante testimonianze ci restano, sempre ammirevoli, nel repertorio più congeniale al maestro italiano. Avvicinarsi a quei modelli e capirli significa intendere due aspetti fondamentali dell’arte interpretativa, di cui il suono è una delle com-ponenti più importanti; chi ignora l’esempio di quei due grandi, chi trascura la preziosa lezione che attraverso tanti dischi ci è pervenuta, per specchiarsi nel proprio cosiddetto «bel suono» accontentandosi della sua monotona pia-cevolezza, non è degno del nome di interprete. Potremmo ben dire che ogni autore ha un suo «spessore sonoro» che l’interprete deve cogliere.Mentre il senso del suono ha le sue radici più profonde nella musicalità innata di un esecutore e nella sua formazione estetica, la cosiddetta cavata può venir migliorata dallo studio e dal coordinamento dei rapporti fra arco e mano si-nistra. Una giusta, elastica, pressione dell’arco, la scioltezza delle articolazioni del braccio e della mano destra, un uso del vibrato ben misurato, una perfetta dosatura nella distribuzione dell’arco (per evitare accenti e rigonfiamenti di suono non richiesti), una impeccabile condotta d’arco parallela alle corde e nel giusto punto di contatto tra corda e crini: ecco ciò che è indispensabile

per ottenere un bel suono, un suono veramente espressivo (giova ripetere), cioè vario, talvolta dolce, talvolta teso, a seconda delle necessità espressive, non certo quel bel suono monotono che trova così spesso l’approvazione dei mediocri.L’impiego di un’arcata più o meno lunga secondo le esigenze della musica, l’assoluta padronanza nelle note lunghe e filate, e dei vari colpi d’arco, alla punta, alla meta, al tallone, la scelta del giusto punto d’arco ove eseguire una frase o un passaggio, l’ampiezza, l’uguaglianza, l’espressività dell’arcata erano considerati patrimonio tecnico fondamentale dai grandi violinisti del passato, quali Tartini, Viotti, Campagnoli, Capet, che ci furono maestri.Ben si potrebbe dire, parafrasando le parole di R. Schumann: «Il cervello più insipido può nascondersi dietro un brillante picchettato»; mai dietro un’ar-cata che dà il giusto respiro musicale ed espressività al fraseggio. Vorrei non essere frainteso: so apprezzare un bel picchettato, conosco abbastanza il violi-no, sono anche dell’idea che perfino le opere più scadenti di De Bériot, Vieu-xtemps, Hubay, Sarasate possono essere molto utili per lo slancio strumentale dei giovani. A una sola condizione però: che poi si dimentichino, senza che ne rimanga traccia alcuna nel gusto dell’interprete.Due sono i mezzi principali per ottenere un bel suono: l’arco e il vibrato. Per poter usare questo secondo mezzo tecnico, tanto importante ai fini espressivi, bisogna dominarlo con sicurezza. Il non studiare il vibrato come movimento significa cadere nell’equivoco di alcuni vecchi insegnanti, che disdegnavano di insegnarlo, considerandolo come «naturale». Se è vero che il suo uso è regolato dal buon gusto e dalla musicalità dell’artista, è altrettanto vero che l’esecutore deve ottenere con lo studio quella scioltezza di polso e quella pres-sione elastica delle dita necessarie a un movimento corretto.Una volta raggiunto con lo studio un buon vibrato, è il modo di usarlo che è importante. Si sentono troppo spesso strumentisti con un vibrato perfetto come movimento e piacevole come risultato sonoro, ma troppo uniforme e quindi non rispondente alle diverse esigenze della musica. Ne risultano esecuzioni noiose, che lasciano all’ascoltatore un senso di freddezza. Altra conseguenza di questa uniformità nel vibrato è una specie di pianificazione della personalità fra i vari esecutori, molti dei quali, anche per questo motivo, sono tediosamente simili l’uno all’altro. Un vibrato vario secondo le esigenze espressive è una delle più importanti qualità dello strumentista.

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Il Quartetto Bennewitz è il vincitore del Concorso Internazionale per Quar-tetto d’Archi “Premio Paolo Borciani” 2008, grazie al quale è impegnato per la stagione 2008-2009 in una tournée premio di 50 concerti tra Europa, Stati Uniti e Giappone, che li vedrà esibirsi, tra le altre città, a Tokyo, New York, Los Angeles, Amburgo, Brema, Stoccarda, Bruxelles, Basilea, Roma e Firenze.Subito dopo la sua fondazione, avvenuta presso l’Academy of Performing Arts di Praga nel 1998, il Quartetto Bennewitz si è affermato come uno dei più famosi ensemble da camera della Repubblica Ceca. Il suo nome deriva dal famoso violinista e insegnante ceco Antonin Bennewitz (1833-1926).Due grandi personalità hanno giocato un ruolo cruciale nella crescita artistica del Quartetto: il Professor Rainer Sch-midt (Quartetto Hagen), le cui lezioni sono state frequentate dal Quartetto Bennewitz presso l’Escuela Superior de Música Reina Sofia di Madrid (2002-2004), e il Professor Walter Levin (Quartetto LaSalle), che ha collaborato con il Quartetto all’Accademia Musicale di Basilea tra il 2004 e il 2006. In quegli anni il Quartetto Bennewitz era anche impegnato come ensemble-in-residence presso la stessa Accademia e teneva, in aggiunta ai progetti specifici, lezioni di musica da camera per giovani quartetti e ensemble.Tra i diversi riconoscimenti ricevuti (Pre-mio della Fondazione Bohuslay Martinu nel 2001, Premio di Laurea della Società Ceca di Musica da Camera nel 2004, National Presentation Concerts Award

ad Amsterdam nel 2004; borsa di studio FNAPEC a Parigi nel 2006) il Quartetto Bennewitz ha anche vinto due premi speciali (il Premio della Fondazione Theodor Rogler e il Bärenreiter Urtext Prize) in occasione dell’ARD Competi-tion a Monaco, in Germania; nel 2005 ha inoltre ricevuto la Medaglia d’Oro al Concorso Internazionale di Musica da Camera di Osaka, in Giappone.Nel Maggio 2006 ha riportato il Primo Premio al Concorso Europeo di Musica da Camera di Parigi ed ha vinto il Primo Premio al concorso internazionale “Ver-femte Musik” a Schwerin.Il Quartetto Bennewitz ha già parteci-pato a festival internazionali di musica tra cui quello di Rheingau, di Lucerna la Primavera di Heidelberger in Germa-nia, ricordiamo anche l’Orlando Festival in Olanda e il Festival di Primavera di Praga; si è inoltre esibito presso le più importanti sale concertistiche d’Europa (il Concertgebouw di Amsterdam, l’Au-ditorium Nazionale di Madrid, l’He-rkulessaal di Monaco e al Rodolfinum di Praga).Oltre ad un considerevole numero di CD, il Quartetto Bennewitz ha regi-strato per la Radio e la Televisione Ceca, così come per un numero importante di radio e televisioni straniere (SWR, BR e NWR, Germania; Radio 4, Olanda; ORF, Austria; Rádio Clásica, Spagna; STV Radio e Yomiuri TV, Giappone). Nella primavera del 2008 è stato pubblicato il loro ultimo CD con i Quartetti per archi n°4 di Janáček e Bartók per Coviello Classics.

Interpreti

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