Luce & Vita Giovani n.92

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Aperti anche la domenica di carmela zaza........................2 La forza della veritá di maurizia mongelli................6 Tentazioni: la sfida su Dio di luigi caravella......................3 La migliore offerta di maria teresa mirante..........7 Il nuovismo che avanza di mauro capurso......................4 o finta Vorrei appassionarmi di silvia ayroldi..........................8 IL TEMPO DELLA PREGHIERA A redazione giá chiusa e con l’impaginazione del giornale in corso, arriva la nozia del gesto di grandissima umanitá di Papa Benedeo XVI. Tra quaro giorni Benedeo XVI tornerá ad essere don Joseph Ratzinger. Il Papa che ha acceato la scommessa della modernitá e dei suoi ritmi lanciando il primo tweet da un iPad, sceglie di tornare ai tempi della meditazione, della riflessione e della preghiera, per “ingravescente aetate’’. Le fasi di lavoro di un periodico mensile costringono ad essere sempre in ritardo sul pezzo ed anche su una nozia come questa che ci riguarda da vicinissimo. Luce e Vita Giovani che vuole essere un periodico di riflessione sulle vicende della nostra società con lo sguardo dei giovani, riserverà alla vicenda delle dimissioni di Papa Ratzinger un ampio spazio nel prossimo numero. Intanto ci senamo di pregare per la sua persona e di ringraziare il buon Dio per averci donato Papa Benedeo, teologo per vocazione, pastore della Chiesa per obbedienza. Inserto mensile di informazione e comunicazione del mondo giovanile a “Luce e Vita” n.8 del 24 febbraio 2013 Piazza Giovene 4 -70056 Molfetta www.lucevitagiovani.it [email protected] 92

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Inserto mensile della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi di informazione e comunicazione giovanile (febbraio 2013)

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Aperti anche la domenicadi carmela zaza........................2

La forza della veritádi maurizia mongelli................6

Tentazioni: la sfida su Diodi luigi caravella......................3

La migliore offertadi maria teresa mirante..........7

Il nuovismo che avanza di mauro capurso......................4o finta Vorrei appassionarmi di silvia ayroldi..........................8

il tempo della preghiera

A redazione giá chiusa e con l’impaginazione del giornale in corso, arriva la notizia del gesto di grandissima umanitá di Papa Benedetto XVI. Tra quattro giorni Benedetto XVI tornerá ad essere don Joseph Ratzinger.Il Papa che ha accettato la scommessa della modernitá e dei suoi ritmi lanciando il primo tweet da un iPad, sceglie di tornare ai tempi della meditazione, della riflessione e della preghiera, per “ingravescente aetate’’.Le fasi di lavoro di un periodico mensile ti costringono ad essere sempre in ritardo sul pezzo ed anche su una notizia come questa che ci riguarda da vicinissimo. Luce e Vita Giovani che vuole essere un periodico di riflessione sulle vicende della nostra società con lo sguardo dei giovani, riserverà alla vicenda delle dimissioni di Papa Ratzinger un ampio spazio nel prossimo numero. Intanto ci sentiamo di pregare per la sua persona e di ringraziare il buon Dio per averci donato Papa Benedetto, teologo per vocazione, pastore della Chiesa per obbedienza.

Inserto mensile di informazione e comunicazione del mondo giovanile

a “Luce e Vita” n.8 del 24 febbraio 2013Piazza Giovene 4 -70056 Molfetta

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Veniamo da almeno due mesi di overdose di acquisti: prima i regali di Natale e poi i saldi. La frenesia dell’affare dell’ultima o della prima ora non ci lascia nemmeno un giorno di respiro. Per fortuna (parlo ironicamente), nonostante si torni subito a lavoro dopo le vacanze natalizie, c’è sempre tempo per acquistare, per fare un giro tra i negozi. Anche il sabato fino a sera, anche la domenica.Sono ormai parecchi anni che la liberalizzazione commerciale ha cambiato le regole del gioco e di conseguenza anche le nostre abitudini. Basta farsi un giro la domenica in uno degli ipermercati delle nostre zone per ritrovare il passeggio che fino a qualche anno fa caratterizzava le nostre piazze e le nostre strade nei giorni di festa.Anzi, si aspetta proprio la domenica per fare acquisti perché si è più liberi, perché non si lavora (almeno chi non vende), per f a r e qualcosa di diverso.Come sento ormai lontani quegli anni in cui aspettavo la domenica per

indossare le scarpe nuove e il vestitino “della domenica”!

Andavamo a messa, poi c’era la passeggiata in compagnia e l’acquisto delle patatine. A casa ci aspettava il pranzo della domenica che a volte terminava con il dessert. E poi la domenica era il giorno del campionato di calcio e della visita ai nonni e il ritrovarsi con i cugini e gli zii. Si ascoltavano i racconti dei grandi attorno al braciere in inverno e noi piccoli giocavamo nell’altra stanza quando i discorsi si facevano difficili. Cosa ricordare invece di queste domeniche così uguali alle altre, vetrina dopo vetrina, ipermercato dopo ipermercato?Il mio non è un voler tornare al passato a tutti i costi, piuttosto un invito a prendere coscienza di come le attuali domeniche, con le fughe dalle case e dalle città per tuffarsi nei camerini affollati dei negozi e nelle code alle casse, siano un indice della solitudine che dilaga in quest’epoca di social network e whatsapp oltre che un impoverimento del nostro spirito.So che la mia voce fuori dal coro non è isolata. La diocesi di Padova sta attuando da mesi, infatti, una campagna contro l’apertura domenicale dei

aperti anche la domenicacarmela zaza

negozi e dei centri commerciali per favorire un ritorno in chiesa e un incontro genuino dopo la messa tra i fedeli che spesso non si conoscono nemmeno. Catechisti, parroci e vescovo non scherzano: striscioni, liste dei negozi da boicottare, volantini, caffè offerto dopo la messa nei locali parrocchiali, visite guidate, iniziative per bambini e per adulti. Tutto per riscoprire il senso del giorno del Signore, il valore dello stare insieme, del parlarsi, del guardarsi negli occhi. Nell’anno 304, ad Abitène, nell’attuale Tunisia, 304 cristiani affrontarono il martirio al grido “senza la domenica non possiamo vivere!” in seguito al divieto di ritrovarsi e celebrare l’Eucaristia domenicale. Oggi servirebbe molto meno per tornare a popolare le strade, le case, le chiese; per onorare la bellezza della domenica e l’invito che ci fa il Signore ad ascoltare la sua parola, a ritrovarci come Comunità, a essere aperti come persone soprattutto la domenica, per rifondare la Chiesa.

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3tentazioni: la sfida su dioluigi caravella

“Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. (…) Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato”. (Lc 4, 1 – 2. 13)Ad ogni inizio della quaresima riascoltiamo questo Vangelo e pensiamo che queste non sono le nostre tentazioni. A tal riguardo scrive il teologo francese O. Clement: “Le grandi tentazioni, quelle vere, non sono quelle di cui si preoccupa, o si ossessiona, un certo cristianesimo moralistico, non sono quelle che ci saremmo aspettati, ad esempio quelle che riguardano la sfera sessuale. Le grandi tentazioni sono quelle che vanno a demolire la fede”. Le tentazioni di Gesù nel deserto, infatti, riassumono i grandi inganni della nostra vita.La prima tentazione è quella di sostituire Dio con le cose, la quantità come principio assoluto: “Dì a queste pietre di diventare

crayongaetano ciccolella

pane”. La tua vita è il tuo corpo e nulla più. La seconda, quella di volare giù dal tempio, demolisce la fede con una sua caricatura: “Chiedi un miracolo e Dio te lo concederà”. Quello che può sembrare il massimo della fede e della fiducia in Dio, altro non è se non amore per se stessi e ricerca del proprio vantaggio che giunge fino al delirio. La terza è quella del potere. È l’invito ad abbandonare il Dio ingenuo, che è venuto per servire, che si è fatto amico dei pubblicani e dei peccatori, che ha fatto della strada il pulpito privilegiato della sua parola. Questo Dio non entrerà nel palazzo, nelle stanze dei bottoni alla presenza di chi conta veramente se non da prigioniero, con la pretesa di voler conquistare il mondo con la follia della croce.Le tre tentazioni sono un attacco frontale al Dio annunciato da Gesù, che le vince non solo con la sua parola quanto con le scelte più concrete della vita. Non c’è nulla di più pericoloso che sbagliare su Dio, porta l’uomo

all’amore per la morte. Per questo sono un attacco alla verità e alla vita dell’uomo. Il vero inganno è farci credere che tutta la nostra vita consista nel pane, nel potere, nella carriera, nel diventare qualcuno nel circo dei colpi ad effetto che mostrano tutto e non dimostrano nulla. La grande tentazione è cancellare la nostra fame di cielo, di pace, di giustizia e bellezza, di vita.Davanti alle parole suadenti del tentatore Gesù non fugge, ma alza sempre il tiro esistenziale della posta in palio. La Parola di Dio dona più vita all’uomo del semplice pane perchè davanti all’amore evanescente dell’apparenza, ci propone quello duro come il legno di una croce e il ferro dei chiodi. Il cammino di quaresima ci aiuti ad affrontare le nostre tentazioni, quelle vere, a viso aperto. È la sfida tra due amori posta al nostro cuore, fatto di cenere e di luce.

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Non passa giorno senza che la parola scandalo non faccia capolino sulle prime pagine dei nostri quotidiani, a tal punto quasi da non farci più neanche caso. Ma quando è l’economia ad esserne travolta, la cosa ci pone di fronte a molti interrogativi. Ultima in ordine di tempo è la vicenda “Monte dei Paschi di Siena”. Per quanto possiamo documentarci con l’ausilio di tutti i mezzi di informazione a nostra disposizione, resta qualcosa di comprensibile solo a pochi. La questione è che noi studenti o lavoratori questo sistema finanziario non riusciamo neanche a concepirlo. Forse perché il nostro compito si limita a guadagnare soldi e a risparmiarli (qualora fosse possibile), ma ignoriamo quasi del tutto i voli pindarici che con questi nostri soldi riescono a fare i nostri banchieri. Più volte mi sono chiesta se si trattasse di un limite del tutto personale o se piuttosto non ci fosse una volontà superiore a confinarci al ruolo di risparmiatori senza alcuna voce in capitolo. La verità è che forse quello di cui abbiamo bisogno non è un corso di economia in grado di rendere “potabile” il sistema economico anche a menti semplici come le nostre; ma credo che bisognerebbe piuttosto risvegliare i nostri economisti da questa follia di investimenti senza senso, per cui non ci vuole una laurea per comprenderlo. Viene quasi da auspicarsi un ritorno al baratto, un sistema forse fin troppo semplice ma almeno eviteremmo il rischio che qualcuno incorra nella tentazione di contraffare bilanci.

Economia, quEsta strana

sconosciutafrancesca messere

Cosa s’intende per nuovismo? C’è chi la definisce come una “esaltazione acritica del nuovo, delle novità, del cambiamento”. Questa definizione rispecchia molto la mia visione “critica” del termine, in contrasto proprio con l’esaltazione acritica presente nella sua definizione.Non si tratta di un gioco di parole, o di una questione di forma; questa breve riflessione guarda dritto alla sostanza! Negli ultimi due mesi c’è stata una gara tra le liste in competizione per le elezioni del 24 e del 25 febbraio e sono stati tanti coloro che hanno utilizzato come unico criterio di “bontà” delle stesse il loro grado di “novità”. Un noto quotidiano nazionale ha persino stilato una classifica tra i vari partiti e movimenti con tanto di attribuzione di un premio per chi si era maggiormente distinto per questa caratteristica.Sul fatto che il periodo storico e le vicende politiche degli ultimi tempi richiedessero un sostanziale cambio di rotta siamo tutti d’accordo. Ora io però vi chiedo se affidereste mai le chiavi della vostra auto ad uno che ha appena preso il foglio rosa.. bè, io non sarei così tranquillo e, soprattutto, non affiderei mai le sorti di una nazione a chi non ha maturato un certo grado di esperienza e responsabilità.Siete liberi di controbattere dicendo che forse, peggio di così non si poteva fare e che, pertanto, esiste un punto di indifferenza totale tra un neopatentato ed un pilota di Formula 1. Come tutte le parole che terminano con il suffisso –ismo, che esalta una particolare caratteristica del termine al quale viene aggiunto in coda, il nuovismo mi spaventa! Mi spaventa perché crea una divisione insanabile tra ciò che è nuovo (buono) e ciò che è vecchio (cattivo) senza giustificazioni e senza un briciolo di argomentazione.Persino un’automobile richiede un periodo di rodaggio prima di iniziare ad offrire prestazioni tali da poter competere con una che ha fatto il primo tagliando, tanto per restare in tema.E chi mi assicura che un parlamentare, per il solo fatto di non essere mai stato prima di quel momento in quell’aula possa rappresentarmi degnamente ed essere meglio di chi era seduto su quella stessa poltroncina prima di lui? E’ giusto che ci sia un certo ricambio generazionale che possa riflettere le mutate esigenze della collettività, ma non credo sia opportuno che questo sia fatto senza se e senza ma.Siamo esseri pensanti e capaci di distinguere, di classificare, di giudicare secondo criteri diversi dall’ a priori. Essere “acritici” nella cabina elettorale non è concesso!

il nuovismo chE avanzamauro capurso

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5la forza della veritámaurizia mongelli

“Qualche lettera forma una parola. Qualche parola forma un’intera frase. Qualche frase forma un discorso che, se pronunciato in condizioni poco consone o semplicemente con toni non cordiali, può fare male, peggio di una qualsiasi arma. La forza delle parole non crea solo armonia, poesia, musica. La forza delle parole crea anche dolore, bugie, incomprensione. Ogni parola è come una piccola ma tagliente arma a doppio taglio: ferisce chi la ascolta e, a lungo andare, anche chi la dice. Pronunciarla non costa fatica o sforzo, ma ascoltarla sì. Costa diciotto anni di dolore, se a far vibrare nell’aria di una piccola città discorsi vuoti e freddi sono concittadini che, invece di comprensione e solidarietà,

mostrano il lato peggiore che ogni uomo al mondo potrebbe scoprire di avere: come un prestigiatore che aspetta di incantare il pubblico con il suo trucco migliore, anche gli uomini ingabbiano bugie in discorsi senza senso nè logica, aspettando di incantare il pubblico con parole vane ma potenti. Quando la morte incidentale e innocente di un ragazzo che fino ad allora aveva regalato a coloro che lo avevano conosciuto spensieratezza, gioia ma soprattutto amore e rispetto, scompare non si sa come e perché in una mattina d’estate di un lontano luglio, sorge spontaneo chiedersi se essere cristiani fino in fondo significhi perdonare tutto, come fa Gesù sulla croce con gli uomini che

fino a un attimo prima non avevano perso tempo a beffeggiarlo, umiliarlo, torturarlo. Le parole di Gesù, “Padre, perdonali, non sanno quello che fanno”, riecheggiano come un eco senza fine, perchè è sempre e solo dalla fede che possiamo trarre la forza per sorvolare l’indifferenza e le bugie sterili della gente. Storie, voci e parole dette solo per riempire le vuote giornate di gente che non ha mai conosciuto il dolore e il vuoto che accompagnerà per sempre una madre e un padre. Due genitori che oggi, stanchi del dolore e di ciò che la vita ha riservato loro, vogliono ridare dignità al loro unico figlio maschio. Un ragazzo che come tanti altri raggiunge i suoi amici sulla spiaggia e perde la vita solo per recuperare un pallone finito tra gli scogli di quella grigia mattina. Oggi, quel ragazzo che è nel cuore di chi lo ha tanto amato e tuttora lo ama, ha diritto a far tacere tutte quelle voci che a lungo lo hanno accusato di immaturità. Il dono della parola va usato per comunicare, confortare, esprimersi, unire, non per distruggere la dignità di un ragazzo la cui unica colpa è stata quella di recuperare un pallone per fare un favore ad un amico! E solo appellandoci alla forza generatrice della fede che potremmo sperare in un futuro in cui, in un luogo dove né tempo né spazio valgono, potremmo riabbracciare la persona cara sussurrandole che tutto è finito, tutto è superato, perché l’amore vince tutto, finalmente per sempre.”

fiaccole di speranzamaria nicola stragapede

Partecipare ad una marcia per la pace è banalità e vana illusione, direbbero in tanti. Non ne parliamo poi se si tratta di una marcia per la pace promossa da associazioni cristiane che testimoniano valori di tolleranza e umanità venuti meno in tempi passati e talvolta anche presenti. Come poterlo negare, se si pensa al sangue versato nel mondo in nome di Dio. Ma come poterlo affermare, invece, quando si pensa a tutti coloro che condividono germogli di pace con il prossimo in silenzio, senza che se ne faccia scalpore. Questa non è giustificazione “cristiana”. Per molti la chiesa potrebbe agire in contraddizione alla sua dottrina, ma ciò non implica che quelle stesse persone debbano smettere di vedere che in fondo ci sono ancora gocce d’amore, di

purezza e lealtà in molti cuori. Ed è proprio volendoci ancora credere che migliaia

di fiaccole hanno marciato tra le strade più antiche e meravigliose

di Lecce. La Lecce che ha accompagnato don Tonino

nella sua gioventù adesso diventa territorio ancora

più fertile per piantare le sue dottrine di pace con la speranza di vederle

fiorire tra gli spigoli delle vie.

Cosi questa marcia diventa occasione per dar voce e

pensiero ad una speranza che pullula “tra diluvio e arcobaleno”.

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6le cattedrali nel deserto...molfettese

antonella de virgilio

Periodicamente vengono rilasciati dallo Stato dei fondi per la costruzione di opere pubbliche per il Sud. Peccato che , in molti casi, questo denaro sia poi utilizzato per “cominciare” a innalzare costruzioni che di pubblico hanno ben poco: dopo mesi, magari anni di lavoro,improvvisamente si arrestano i lavori a causa di plurimi motivi. A parte nei casi più evidenti, laddove è impossibile non accorgersi della beffa, noi cittadini restiamo, come se non bastasse, anche all’ oscuro di tutto. Si sa, le mode cambiano nel tempo ma questa pare, ahimè, fortemente radicata nel nostro paese da ormai tanto, troppo, tempo. Già il Sen. Luigi Sturzo, agli inizi del ‘900, parlava per la prima volta delle tremende “Cattedrali nel deserto” o opere incompiute, qual dir si voglia, indicando con questo termine delle grandi e costose imprese industriali, generalmente a carico dello stato, non completate e mai utilizzate, probabilmente perché costruite in zone inadatte e dunque antieconomiche e incapaci di esser poste

“Poter agire senza condizionamenti, senza regole ma basare le proprie scelte sul sensazionalismo, cioè su ciò che in un preciso momento “sento” di fare”Questa affermazione può per molti rappresentare al meglio il concetto di libertà, l’essere liberi DA tutto, da ogni tipo di vincolo per poter fare ciò che vogliamo quando vogliamo.Eppure in realtà la precedente affermazione non risponde al termine “Libertà” ma a “Liberalismo etico”.Cos’è allora la libertà?Spesso vorremmo essere liberi DA tutti quei fattori esterni (moda, pubblicità) o interni a noi (i nostri limiti, le nostre debolezze) che impediscono il completo raggiungimento di essa. Ma sicuramente la vera libertà non si ferma qui, non è soltanto una libertà DA ma anche PER

mi impegno per essere liberoqualcosa, non è un fine, una meta o un obiettivo da raggiungere ma piuttosto uno strumento, un mezzo (come sostenevano gli antichi filosofi )PER fare del bene.E perché no, anche le regole trovano posto in questo concetto di libertà, e non un posto qualsiasi ma uno di speciale importanza perché senza di esse non potremmo davvero esprimerla al meglio. Detto così sembrerebbe quasi una contraddizione, un’assurdità : siamo più liberi con delle regole che senza?Ci sembra strano forse poiché siamo un po’ tutti abituati in fondo a pensare, non appena sentiamo la parola libertà, a quello che in realtà è il liberalismo.Se ci trovassimo davanti a un pianoforte avremmo due possibilità: o pigiare a caso i tasti oppure eseguire un pezzo

di Beethoven. In quale dei due casi avremmo più pienamente realizzato la nostra libertà?Verrebbe da rispondere nel primo ma in realtà in questo caso non si tratta che di una libertà grezza, rudimentale, mentre nel secondo caso sicuramente abbiamo utilizzato al meglio questo strumento, traendone qualcosa di veramente bello! Ma per far ciò bisognava aver studiato precedentemente, aver dedicato tempo e sacrificio e in fondo aver rispettato delle regole!Così è proprio vero che le regole non limitano la libertà ma la realizzano pienamente. Condivido perciò il pensiero di Paulo Coelho che diceva: “Libertà non è l’assenza di obblighi, bensì la capacità di scegliere e impegnarmi in ciò è meglio per me e per gli altri”.

caterina aruta

al servizio del cittadino. La nostra adorata città, così come altri numerosi comuni dell’ Italia, è, per così dire, ormai invasa da strutture con tali caratteristiche. Edifici che dovrebbero fungere da scuole, campi di calcetto e quant’ altro, divengono baraccopoli al servizio dei rom o semplicemente edifici abbandonati a se stessi e presi abitualmente di mira da ragazzi che si divertono a romperne i vetri, disegnare murales ecc. Per chi allora non ne capisce molto di politica ed edilizia, per chi è giovane e desidera un futuro migliore di quello che, ora come ora, gli si prospetta e anche forse per chi d’ altro canto sa esattamente come girano in questo campo gli affari ( e di certo non dovrebbero girare in questo modo!!) credo insorga spontanea più d’ una riflessione. Com’è che, per esempio, non ci sono fondi per la scuola pubblica e poi i soldi per costruire e non terminare un scuola ci sono? Ai posteri l’ ardua sentenza.

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la quale prova un amore sincero e ormai privo di difese. Virgil scoprirà sulla propria pelle che “i sentimenti umani sono come le opere d’arte, si possono simulare”. Ma il senso del film è racchiuso in un’altra frase del protagonista: “In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico”. Come Virgil riusciva a cogliere anche nei falsi d’arte una goccia di autenticità perché l’artista non si accontenta mai di copiare l’opera altrui ma deve metterci sempre qualcosa di personale e originale, così anche nelle relazioni che si rivelano fondate solo su menzogna e dissimulazione, resta comunque qualcosa di vero, di autentico, di importante. Che Claire si sia davvero innamorata di Virgil? Lui non lo saprà mai. Non gli resta che aspettarla in un ristorante di Praga, seduto ad un tavolo apparecchiato per due.

7il tempo dell’oziomariella cuocci

la migliore offertamaria teresa mirante

del Vaucanson che Robert, collaboratore di Virgil, metterà in piedi coi meccanismi che Virgil stesso scoprirà nella villa di Claire, come indizi di un mistero ancora da svelare. Il Vaucanson è un automa ideato nel settecento, al cui interno poteva nascondersi un nano, dando così l’illusione che il congegno potesse parlare e dire sempre il vero. Anche in questa storia sarà un nano a far emergere la verità, una donna che vive nel locale di fronte la villa, una idiot savant costretta su una sedia a rotelle, rivelerà a Virgil di essere la vera proprietaria della casa di Claire, che dice di affittare spesso. Virgil si troverà prigioniero in una trama di inganno e falsità, ordita con il solo obiettivo di privarlo della sua collezione d’arte, tradito dalle tre uniche persone importanti della sua vita: Billy, Robert e soprattutto Claire per

Virgil Oldman è un famoso battitore d’aste. Con la complicità del suo unico amico, Billy, riesce ad impossessarsi di quadri dal valore inestimabile, aventi tutti lo stesso soggetto: la donna, creatura che Virgil nella vita reale fugge e teme da sempre. Col tempo Virgil trasforma una stanza segreta della sua casa in una vera galleria d’arte. Sono le donne dei suoi quadri le uniche a fargli compagnia davanti a un bicchiere di vino nelle sere in cui la solitudine si fa un macigno troppo pesante da reggere. Una telefonata infrangerà il silenzio di un’esistenza cinica e solitaria quando Claire Ibbetson chiederà a Virgil di effettuare una valutazione dei beni ereditati da suo padre per poi metterli all’asta. In Virgil crescerà il desiderio di vedere la ragazza di cui conosce solo la voce perché ella continuamente evita di incontrarlo. Claire è infatti claustrofobica, vive nascosta in un appartamento celato all’interno della grande villa dei suoi genitori interagendo col mondo esterno solo attraverso una fessura nel muro. Tra i due nascerà una relazione in cui entrambi troveranno il coraggio di sconfiggeranno le proprie fobie. “Vivere con una donna è come partecipare ad un’asta: non sai mai se la tua sarà l’offerta migliore” e per questo il loro rapporto si costruirà lentamente, tassello dopo tassello, al pari

Accostare due termini come “tempo” e “ozio” potrebbe sembrare, ai più, azzardato e folle. Non è difficile immaginare le loro facce, paonazze dalla rabbia, mentre urlano parole di protesta: “Perché tu sprecheresti il tempo per oziare?” oppure “Il tempo è prezioso, non c’è spazio per l’ozio” e infine “L’ozio è il padre di tutti i vizi”. Nulla di più plausibile, direi, se pensiamo che nell’immaginario collettivo il tempo è sinonimo di lavoro, attività, produzione e quindi sopravvivenza. Al contrario l’ozio è sinonimo di inattività, pigrizia, inerzia e quindi accidia, uno dei sette peccati capitali. In realtà, l’ozio non è sinonimo di accidia, così come la mia affermazione “il tempo dell’ozio” non è folle o anacronistica. Come spesso accade nella vita, tutto nasce da un equivoco frutto di ignoranza, nel senso puro del termine che indica la mancanza di conoscenza adeguata e sufficiente su un fatto o un argomento. Se ricercassimo, infatti, l’origine etimologica del termine “ozio”, scopriremmo, forse con un po’ di meraviglia, che esso deriva dal latino “otium” e indica un’occupazione

principalmente votata alla ricerca intellettuale, contrapposta a “negotium”, che indica l’occuparsi, più per necessità che per scelta, dei propri affari, quindi delle attività lavorative in senso stretto. In altre parole, l’ozio era, per gli antichi, il tempo dedicato alle attività fisiche, intellettuali, artistiche e ludiche. Era il tempo della ricerca interiore e della creatività. Era un tempo, uno spazio per l’anima, per gli “affari interiori”, ugualmente degno e importante, se non di più, al tempo e allo spazio dedicato agli “affari esteriori”. È incredibile come l’inesorabile scorrere del tempo muti le società, le culture e le persone. È incredibile come per gli antichi l’ozio fosse un’attività talmente nobile da essere riservata, generalmente, alle classi dominanti, mentre oggi, per la modernità, l’ozio è un vizio, un male da condannare, una “cosa” da miserabili e nullafacenti. Solo il lavoro nobilita l’uomo. Forse dovremmo riconsiderare non soltanto il significato e il senso dell’ozio ma anche quello del lavoro. Non esiste unicamente il lavoro fisico, volto alla produzione e al consumo di beni

materiali necessari alla sopravvivenza del corpo. Esiste anche un lavoro interiore, volto alla produzione e al consumo di beni spirituali, artistici, intellettuali necessari alla sopravvivenza dell’anima. E l’ozio è il tempo del lavoro interiore, mentale, creativo in senso lato. È il tempo dell’opera, e l’opera da realizzare e portare a compimento siamo noi stessi. Nell’ozio, infatti, dovremmo fermarci e guardarci allo specchio per vedere cosa ha da mostrarci e dirci, per capire se la nostra vita è guidata realmente da noi, corpo e anima insieme. Non è facile immaginare, per la frenesia e l’attivismo della società moderna, il tempo dell’ozio, tuttavia credo sia fondamentale se non vogliamo perdere il contatto con noi stessi, con la nostra vera e profonda natura umana. Regaliamoci un tempo tutto per noi e non vergogniamoci di oziare se questo vuol dire ricercare e difendere la nostra verità e libertà interiore. A questo punto, proporrei un nuovo proverbio, o meglio, una modifica di un antico detto: l’ozio, nel senso di otium, è il padre di tutte le virtù.

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Ho letto da uno stralcio di intervista oggi queste parole:«Mi capita di trascorrere molto tempo con i miei nipoti e parlo con loro di vari argomenti. Mi accorgo così che sono molto diversi da come eravamo noi. Certamente tra la loro generazione e la mia c’è un divario di 50 anni, ma quello di cui mi accorgo è che mancano di grinta, di quel pizzico di sana aggressività indispensabile per affrontare la vita. Non coltivano passioni e non hanno sogni. Ricordo che quando ero ragazzo il mio desiderio era quello di diventare costruttore di navi. Lavoravo intanto come garzone in una copisteria tutto il giorno, ma alla sera quando tornavo a casa, nessuno poteva distogliermi dal mio angolino in cui avevo tutti i miei attrezzi per costruire navi in legno. Ed era la passione, l’amore nei confronti di quel sogno che mi faceva stare sveglio a lume di candela fino alle quattro del mattino per poi ritornare a lavorare in copisteria due ore dopo.”

vorrei appassionarmiDopo queste righe ripenso al Guinness word record recente di Brumotti che ha scalato il palazzo più alto al mondo in bici, senza mai poggiare i piedi per terra; ripenso alla voglia di Josefa Idem di non smettere mai di vogare e mi sento piccola..piccola come una briciola perchè vorrei anche io avere la loro stessa passione per qualcosa.Ho provato tanti sport nella mia vita, tutto mi piaceva all’inizio, ma dopo un pò ho anche mollato tutto. L’ultima cosa che ho fatto è stato iscrivermi ad una scuola di calcio..a volte mi dico che se lo avessi fatto prima forse sarebbe stato diverso e non avrei abbandonato gli allenamenti solo per degli orari scomodi ma con onestà credo che sia solo assenza di spirito di sacrificio e di passione.Di spirito di sacrificio, a dir la verità, ne vedo comunque poco tra i giovani e credo che questo sia causato dall’era della tecnologia che muta costantemente e che non ti dà

il tempo di interessarti ad una cosa che subito te ne propone un’altra, e anche della nostra mania di essere multitasking, cioè di fare più cose contemporaneamente, ma poi ,a differenza dei pc, non ne facciamo bene nessuna.La pseudo-scelta di vivere la vita come fosse un tour de force ci avrà anche permesso di sperimentare più cose, ma ci ha tolto lo spirito di sacrificio per le cose che davvero ci appassionano.Non so se vi siete mai chiesti se nella vita c’è qualcosa che vi piace al punto tale da sacrificare la vita sociale o altri interessi..se la risposta è stata positiva siete tra i pochi fortunati ad avere una vera passione, se la risposta è stata negativa cercate qualcosa per cui appassionarvi perchè “Per non assuefarsi, non rassegnarsi, non arrendersi, ci vuole passione. Per vivere ci vuole passione”(Oriana Fallaci). Io vorrei appassionarmi.

silvia ayroldi

L’inserto è curato da : Nico Tempesta;

Caterina Aruta, Silvia Ayroldi, Mauro Capurso, Gaetano Ciccolella, Mariella Cuocci, Gian Paolo de Pinto, Antonella de Virgilio, Sante Drago, Teresa Giancaspro, Giuseppe Mancini, Annarita Marrano, Fedele Marrano, Francesca Messere, Manlio Minervini, Maria Teresa Mirante, Maurizia Mongelli, Maria Carla Pisani, Maria Nicola Stragapede, Antonio Tamborra, Giusy Tatulli, Angelantonio Tavella, Carmela Zaza.

Grafica: Gian Paolo de Pinto | Webmaster: Valentina de Leonardis.

Collaboratrice allestimento: Milena Soriano

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