Luca

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Luca . 1 12 /// buonanno /// cassano /// loris rossi matvejevic /// severini /// stancanelli agendacoscioni polis//////////////////////////// 2 democrazia reale///////////4 cuore selvaggio ///////////10 la badante ////////////////// 12 scienza e democrazia ///14 il silenzio //////////////////// 18 associazione coscioni ///20 cineteatro///////////////////24 stati uniti d’europa /////// 26 manutenzione urbana ///30 IN QUESTO NUMERO Luca. Agenda Coscioni Direttore: Andrea Bergamini Design: Maurizio Ceccato | IFIX Redazione: Valentina Stella, Alessia Turchi Fotografa: Maria Pamini, Finito di stampare presso la tipografia: Grafiche Bernardi srl, Pieve di Soligo Agenda Coscioni Aut. Trib. Civ. Roma n° 158/2007 del 17 aprile 2007. Dir. Resp. Gianfranco Spadaccia Via di Torre Argentina, 76 00186 Roma SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA2 DCB - BOLOGNA ************************************ Devolvi il tuo 5x1000 all’Associazione Luca Coscioni scrivi il codice 97283890586 nel riquadro “Sostegno del volontariato e delle altre associazioni non lucrative ...” Per saperne di più: http://5xmille.lucacoscioni.it/ ************************************ UN MODO CONCRE TO PER DIFENDERE IL TUO DIRITTO A DECIDERE DEL TUO CORPO LE QUOTE DI ISCRIZIONE ALL’ASSOCIAZIONE COSCIONI • 100 Euro (Socio ordinario) • 200 Euro (Socio sostenitore) • 400 Euro (Socio finanziatore) • 590 Euro (Pacchetto iscrizioni alla “galassia radicale”). Anche per il 2012 è prevista una quota cumulativa che consente di iscriversi a tutti i soggetti dell’area radicale (Partito Radicale Transnazionale, Radicali Italiani, Associazione Luca Coscioni, Nessuno Tocchi Caino, Anticlericale.net, Esperanto Radicala Asocio, Non c’è pace senza giustizia, Certi Diritti). • È possibile iscriversi a rate. • Contatta il 0668979286 per sapere come. LE MODALITÀ DI PAGAMENTO • Online con Carta di credito: • Attraverso Banca Sella, lo standard di sicurezza più elevato per l’invio di informazioni sensibili attraverso la rete Internet. • Con bonifico bancario: intestato a Associazione Luca Coscioni presso la Banca di Credito Cooperativo di Roma ag. 21 Roma IBAN: IT79E0832703221000000002549 BIC: ROMAITRR • Con conto corrente postale: n. 41025677 intestato a “Associazione Luca Coscioni” Via di Torre Argentina, 76 – 00186, Roma www.associazionelucacoscioni.it/contributo

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Primo numero del trimestrale Luca 1/12 agendacoscioni

Transcript of Luca

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Luca.1 12///

buonanno /// cassano /// loris rossimatvejevic’ /// severini /// stancanelli

agendacoscionipolis////////////////////////////2democrazia reale///////////4cuore selvaggio///////////10la badante//////////////////12scienza e democrazia///14

il silenzio////////////////////18associazione coscioni///20cineteatro///////////////////24stati uniti d’europa///////26manutenzione urbana///30

IN QUESTO NUMERO

Luca.Agenda Coscioni

Direttore: Andrea BergaminiDesign: Maurizio Ceccato | IFIX

Redazione: Valentina Stella, Alessia Turchi Fotografa: Maria Pamini,Finito di stampare presso la tipografia: Grafiche Bernardi srl, Pieve di SoligoAgenda Coscioni Aut. Trib. Civ. Roma n° 158/2007del 17 aprile 2007. Dir. Resp. Gianfranco SpadacciaVia di Torre Argentina, 76 00186 Roma

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all’Associazione Luca Coscioniscrivi il codice 97283890586 nel riquadro“Sostegno del volontariato e delle altre

associazioni non lucrative ...”Per saperne di più: http://5xmille.lucacoscioni.it/

************************************

UN MODO CONCRETO

PER DIFENDERE IL TUO DIRITTO

A DECIDERE DEL TUO CORPO

LE QUOTE DI ISCRIZIONE ALL’ASSOCIAZIONE COSCIONI

• 100 Euro (Socio ordinario)• 200 Euro (Socio sostenitore)• 400 Euro (Socio finanziatore)• 590 Euro (Pacchetto iscrizioni

alla “galassia radicale”).

Anche per il 2012 è prevista una quota cumulativache consente di iscriversi a tutti i soggetti dell’area radicale (Partito Radicale Transnazionale,Radicali Italiani, Associazione Luca Coscioni, Nessuno Tocchi Caino, Anticlericale.net, EsperantoRadicala Asocio, Non c’è pace senza giustizia,Certi Diritti).

• È possibile iscriversi a rate. • Contatta il 0668979286 per sapere come.

LE MODALITÀ DI PAGAMENTO• Online con Carta di credito:• Attraverso Banca Sella, lo standard di sicurezza

più elevato per l’invio di informazioni sensibiliattraverso la rete Internet.

• Con bonifico bancario: intestato a Associazione Luca Coscionipresso la Banca di Credito Cooperativo di Roma ag. 21 RomaIBAN: IT79E0832703221000000002549BIC: ROMAITRR

• Con conto corrente postale: n. 41025677 intestato a “Associazione Luca Coscioni”Via di Torre Argentina, 76 – 00186, Roma

www.associazionelucacoscioni.it/contributo

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Polis

Il Tasmaceto di Shepherd,un cetaceo odontocetodella famiglia Ziphiidae,detto anche “la primularossa dei mari”, è statofinalmente avvistato e filmato.

Marc Simpson, giovanelaureando in filosofia

di Wellington, vede le immagini del

Tasmaceto in Tv, nelsalotto dello studentatoall’interno del campus.

Si ricorda di doveravvertire di un importanteconvegno un suo giovane

collega croato, LukaPamic.

In quel momento LukaPamic, trent’anni,ricercatore di esteticaall’università di Zagabria,incontra per caso in un bardella capitale croata PredragMatvejevic’ , uno dei piùimportanti intellettualicroati. Si ricorda di aver lettoil suo ultimo libro Panenostro, e di averlo moltoamato. Lo osserva, e quandolo vede uscire, si accorgeche ha dimenticato sultavolino un foglietto di carta.

Sul foglietto di carta,c’è un numero

di telefono con un prefisso italiano

e di fianco il nomedell’Associazione

Luca Coscioni.

06:25 am

STATO DI VICTORIA,AUSTRALIA

22:57 pm

WELLINGTON,NUOVA ZELANDA

10:57 am

ZAGABRIA,CROAZIA

11:18 am

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All’associazione Luca Coscioni un giovanemilitante, Carlo Marietti, di Treviso, è in attesa della telefonata di Matvejevic’che non arriva. Nel frattempo riceve un’emailda un medico italiano,Massimo Lugli, che lavora aKiev, in Ucraina.“Sono un grande ammiratoredella figura di Luca Coscioni”scrive Lugli.

Luca Coscioni, docente universitario

e ricercatore, fondatoredell’Associazione LucaCoscioni, di cui è stato

presidente dal 2001 al 2006.

Bussano alla porta di Lugli. È il suo caro amico, l’ecologistaVolodymyr Boreyko. Boreyko hain mano una cartella, in cui è contenuto un suo articolo per i giornali europei.Nell’articolo spiega come di questi tempi, con temperatureche scendono oltre i trenta gradisotto zero, gli animali fatichino a trovare uno specchio d’acqua non ghiacciato dove abbeverarsi.Gli animali selvatici si avvicinanosempre più ai luoghi abitati in cerca di tepore e cibo.

La notizia è già statabattuta anche dall’agenzia

di stampa ungherese, ed è stata intravista

da un giovane grafico, di Budapest, Ferenc

Borovi. Ferenc stalavorando alla locandina

di uno spettacolo teatraledi un amico bosniaco.

Lo spettacolo racconta i giorni dell’assedio.

Tra i personaggi della pièce anche

un giornalista di una radioitaliana. Si chiama

Antonio Russo.

11:20 am

ROMA,ITALIA

12:20 pm

KIEV,UCRAINA

12:23 pm

BUDAPEST,UNGHERIA

11:20 am

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DEMOCRAZIAREALE

Simone Sapienzatesto

Alessandra De Cristofaroillustrazioni

Page 5: Luca

LE NOSTRE “DEMOCRAZIE REALI” sono caratte-rizzate da forze che oscillano tra apatia e ribelli-smo e dalla sopravvivenza sempre più larvale diregole e istituzioni. Quest’ultime sono ormaiimpotenti perché rimpiazzate da altre sedi deci-sionali, sottratte a qualsiasi forma di controllo.

Il primato di una costituzione democratica èespresso dal funzionamento dei cosiddetti vetoplayers, soggetti dai quali si attende il consensoper assumere una determinata decisione politicapoiché titolari di un potere di veto o di un pote-re di interdizione: in Italia, il Presidente dellaRepubblica, il Parlamento e la Corte Costituzio-nale. Ma i politici non si sono accorti che nuovesedi decisionali si stanno imponendo e che sono“altro” da loro. Il potere reale (“la democraziareale”) funziona anche senza la politica. La crisipuò essere l’occasione per tentare un consolida-mento di questi poteri. Con che esito? Un ritor-no agli anni Trenta del secolo scorso?

Franco Cassano insegna Sociologia della cono-scenza nell’Università di Bari. Definito da molticommentatori come l’intellettuale di punta delmarxismo meridionale. Nel suo ultimo libroL’umiltà del male ha tracciato un’analitica del“male minore”, definendolo quel tipo di negati-vità che non trova manifestazioni spettacolari,ma che al contrario si nasconde sotto le spogliedi una rete di quotidiane atrocità che sarebberoparte della vita quotidiana di tutti noi. Parla, pre-cisamente, di un “male basso”, che “come la let-tera rubata di Poe, non riusciamo a vedere proprioperché è di fronte ai nostri occhi”. Con lui abbia-mo parlato dei mali delle “democrazie reali”.

Il poeta Victor Segalen in un sonetto rivelavaun monito: “costruiamo di bronzo ponti, stradee palazzi, ma ci sono popolazioni ‘barbare’ chehanno invece compreso che occorre costruirecon la sabbia sulla sabbia, perché comunque nel-la storia, nei destini delle cose eterne, c’è ilmomento in cui questo diventa sabbia”. PerSegalen costruire sulla sabbia con la sabbia signi-ficava scegliere la saggezza, evitare preventiva-mente idolatrie e monumenti. Le nostre societàhanno invece fatto della democrazia un sepolcro,

dimenticando che ogni funzione democratica vacontinuamente riaffermata?

Noi occidentali abbiamo rinunciato a qualsiasisaggezza e abbiamo fatto di Faust il nostro mito. Equindi, visto che di monumenti ne costruiamo ognigiorno e abbiamo trasmesso questa voglia al mon-do intero, potremmo ricavare da Segalen il piùmodesto insegnamento che le grandi conquistesono più fragili di quanto non amiamo pensare. Eprobabilmente la democrazia è una costruzionefragile perché prevede la presenza di un numeromaggiore di variabili rispetto a quelle forme digoverno in cui vale la volontà di pochi o addirittu-ra quella di uno solo. Ad esempio, la volontà dellalegge viene costantemente scavalcata: il supera-mento continuo dei confini che le nuove tecnolo-gie consentono produce sì effetti liberatori, ma non

solo quelli. Accanto alle potenzialità liberatrici, cheabbiamo visto all’opera nella caduta dei regimitunisino ed egiziano, c’è un’enorme facilitazionedella possibilità di e-vadere, di sottrarsi alle leggidello stato, ma c’é soprattutto il potere sconfinatoe indecente dei grandi flussi finanziari. Questopotere non teme gli stati, ma li minaccia. Esso nonsi attarda nei pasoliniani palazzi romani descrittidal Divo. Certo, c’è anche lì, ma è un potere resi-duale e modesto. Il vero potere è fuori, nella liber-tà da ogni controllo di cui godono i grandi capita-li, che possono fare il bello e il cattivo tempo,licenziare, assumere o dare i voti ai singoli paesisenza che nessuno possa farci niente, come se inve-ce di costruzioni degli uomini si trattasse di corpicelesti. Io non amo il catastrofismo di maniera, maè fuori discussione che oggi la democrazia corra deirischi seri. Essa deve fare i conti con una crisi che

ricorda per gravità quella del ’29. Ma il vantaggioconoscitivo prodotto dalla crisi è proprio nell’avermesso a nudo dov’è il vero potere.

Con quale processo secondo lei le nostre demo-crazie sono state svuotate di potere?

La sottrazione dei poteri forti alle regole giuri-diche dello stato democratico. La loro extra-ter-ritorialità da un lato è un fattore di acuta destabi-lizzazione, dall’altro possiede un evidentesignificato simbolico, che fa percepire quali sianooggi i rapporti di forza. Si consideri il tema dellacorruzione, di cui oggi parlano tutti. Chi è il prin-cipale corruttore se non l’interesse forte, quelloche vuole scavalcare le regole per aggiudicarsil’appalto, per canalizzare a proprio favore le gran-di opere, quello che per evadere il fisco si avvaledei migliori commercialisti e per sottrarsi allepene assolda i migliori avvocati?

Tangentopoli ha colpito prevalentemente i par-titi e ha messo in secondo piano i corruttori, cheerano i grandi gruppi di interesse, che sono statitoccati solo di striscio. D’altro lato questo illegali-smo delle classi sociali forti si allea con quello cheproviene dal basso: i grandi evasori legittimano ipiccoli, e tutti insieme vanificano le leggi, condo-nano e prescrivono, erodono il valore delle rego-le. E questa alleanza politica ed elettorale, ventianni dopo la caduta del muro, ha l’impudicizia dievocare lo spettro di una dittatura, presentando ilrispetto del bene comune come il comunismo, ilrispetto della legge come il totalitarismo e il paga-mento delle tasse come una persecuzione liberti-cida. Ma da noi la pressione fiscale è alta, perchél’evasione è una pratica di massa!

Aumenta la necessità di nuova manodopera maci sentiamo assediati dagli immigrati. Diminuisco-no i reati ma abbiamo più paura. Le carceri sonosempre più delle discariche sociali dei poveri e dicoloro che non hanno modo di difendersi.

Fino a poco fa prediligevo la battuta: mentre glistati totalitari mettevano dentro, il capitalismodell’età liberistica mette fuori, ti dichiara all’im-provviso un “esubero”, ti lascia all’improvviso inmezzo ad una strada.

Ho dovuto correggere questa formulazione per-ché invece oggi lo stato, anche se siamo in una cor-

DEMOCRAZIAREALE

Simone Sapienzatext

Marta Zucco Oteiimg

COSTRUIRESULLA SABBIA

Luca.5

Page 6: Luca

nice liberale, continua a mettere dentro. In galeraperò non ci vanno gli oppositori politici, ma colo-ro che vivono nei sottoscala della nostra società.Non certo perché la devianza sia limitata solo aquegli strati sociali ma perché questi ultimi nonhanno le risorse economiche e i legami sociali chepermettono di sfruttare tutte le possibilità offertedalla legge. È per questo che in Italia l’affollamen-to delle carceri ha raggiunto livelli indegni d’unpaese che pretende di essere civile e che devericorrere ad amnistie e indulti per risolvere il pro-blema. Ma occorre evitare di ridurre il problemadella detenzione alla “inciviltà” del nostro paese.

I “civili” Stati Uniti hanno una popolazione car-ceraria che in percentuale è la più alta del piane-ta. Certo, esiste un problema italiano della condi-zione carceraria, ma fino a quando l’oscillazionesarà tra condizioni disumane e indecenti e amni-stie e indulti saremo di fronte ad una spiraleimproduttiva. Io credo invece che uscire dal-l’emergenza significhi farsi una domanda più radi-cale: perché nel mondo la devianza è così diffusa?La nostra debolezza non è la causa di fenomeniche sono presenti anche altrove, ma solo il fattoreche li rende più drammatici ed evidenti.

La società dei consumi, dopo trent’anni di tv, hamodellato i suoi messaggi in modo da farli diven-tare senso comune con infinite ripercussioneanche sulla percezione della politica. Almeno inItalia il messaggio è stato: “Non occuparti dellatua condizione, non cercare qualcuno con cui far-lo insieme. Non puoi cambiare la tua condizione,puoi solo uscire dalla tua condizione”. Quello chein Italia si è spesso attribuito al berlusconismo èin realtà un segno dei tempi, un risultato di unmodellamento sociale?

Berlusconi è la versione italiana della libertà li-berista, quella che non sopporta vincoli di alcun

tipo e di cui abbiamo parlato poco fa. Come a suotempo ha sottolineato con grande lucidità AntimoNegri la globalizzazione ha fatto vincere l’uomodel Guicciardini, quello che vede nella cura del“particulare” l’orizzonte del proprio mondo. Maanche qui l’Italia, per le caratteristiche della suastoria, funziona come uno specchio che esasperaun fenomeno che non è solo italiano. L’ascesa delpotere del capitale finanziario e lo sviluppo espo-nenziale del processo di individualizzazione sonofenomeni tra loro strettamente collegati.

La politica e lo stato nazionale vengono scavalca-ti dall’alto e dal basso, e la formidabile espansionedel mercato dissolve ogni legame e riesce a pene-

trare nel cuore delle relazioni sociali. Tutto diven-ta merce, dal corpo all’immagine, tutto diventavetrina, si mette in mostra e si offre a chi possiedei mezzi per acquistarla. In questo mondo non esi-stono più battaglie collettive, ma solo vicende indi-viduali coronate dal successo o accompagnate dal-la sconfitta e dallo smarrimento di sé. Si vince o siperde da soli. Tra danaro e individuo, l’ha dettoSimmel in pagine memorabili, il nesso è strettissi-mo, l’uno va avanti parallelamente all’altro. Ma seil meccanismo s’inceppa, se l’individuo inizia a per-cepire che i suoi problemi difficilmente potrannoavere soluzione, se la sua precarietà cresce, è pos-sibile che si riaffacci la coscienza che alcune soffe-renze non sono patologie individuali, ma problemicomuni che richiedono azioni collettive.

Eppure nella maggioranza dei popoli europeisopravvive uno spirito democratico e laico. Lodimostrano i sondaggi sui diversi temi cheriguardano i nuovi diritti civili: la parità giuridi-ca delle coppie omosessuali, il diritto all’aborto,all’eutanasia, alla fecondazione assistita. Insom-ma, consensi sui diritti civili possono arrivareanche da una società atomizzata o sono il segnoche le persone continuano ad acquisire nuoveragioni di comunità?

La grammatica dominante nei tempi dell’indi-viduo è quella della libertà e dei diritti individua-li. Ma queste battaglie di libertà in una societàcome la nostra liberano sempre più l’individuoda qualsiasi interferenza da parte degli altri. Ilrisultato è l’individuo che noi conosciamo: sem-pre più libero e sempre più solo. Non mi mera-viglia per niente che esso faccia fatica a concepirele questioni collettive, che gli sembrino appar-tenere alla preistoria. Per questo tipo di individuocondurre battaglie di uguaglianza sarà difficile.Ma questo non perché libertà e uguaglianza siano

GUSTAVO FRATICELLI

Gustavo Fraticelli (1953).

Copresidente dell’Associazione Luca Coscioni.

Disabile motorio.

6.Luca

FRANCO CASSANO

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incompatibili, ma perché egli si aggira in un mon-do nel quale la regola universale è la concorrenza,anche quella tra gli individui. Nel tempo in cui tut-ti i lavoratori devono essere in continua concor-renza tra loro l’idea stessa di sindacato diventainconcepibile. L’homo currens non ha amici ocompagni, gli altri sono solo rivali. Ma se la mag-gioranza degli “individui” diventa sempre piùdebole è possibile che quegli ”individui” impari-no a saldare la loro libertà a quella degli altri, asentirsi liberi e uguali, liberi insieme agli altri.

DOPO LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO,grandi speranze venivano risposte nell’opinionepubblica e nella classe dirigente dell’est europeo.Ci apparivano un serbatoio di euforie, entusiasmie ragionevolezza antitotalitaria, capace di rilancia-re e affinare il modello europeo. Non è andata così.Nell’est europeo si sono consolidati fenomeni diantieuropeismo spinto, ma soprattutto si è radica-to un sentimento di separazione e di estraneità.

Molti intellettuali dell’est guardano all’Europacon atteggiamento (e sentimento) da spettatori.

Non è il caso di Predrag Matvejevic’, intellettua-le vivace e cosmopolita, che ha a lungo vissuto e in-segnato in Italia e in Francia. Scrittore acuto e raf-finato, non ha mai smesso di riflettere sulla civiltàeuropea e mediterranea, dal Breviario Mediterra-neo (Garzanti) al più recente Pane Nostro (Gar-zanti). Anche a lui abbiamo rivolto alcune doman-de sulla crisi della democrazia in Europa.

In questa crisi l’Europa ha mostrato tutti i suoilimiti, prima di tutto politici. Lei ha denunciato

da molti anni l’incapacità di molti popoli europeidi voltare definitivamente pagina con il passato.Tornano movimenti estremisti, nazionalisti, maciò che è peggio è che ogni Paese, davanti alla cri-si, pensa a se stesso. Alla prospettiva della patriaeuropea si sta sostituendo nuovamente l’Europadelle patrie?

Nel periodo successivo alla fine della guerrafredda una parte del mondo all’est ha vissuto for-me di resistenza in qualche modo postume. Cisiamo ritrovati con ex imperi, ex stati, ex patti dialleanza tra stati, ex società, ex ideologie, ex cit-tadinanze, ex appartenenze. Perciò quando si

guarda all’est bisogna innanzitutto chiedersi cosavoglia dire essere “ex”. Vuol dire essere stato cit-tadino di un’Europa finalmente affrancata o averfatto parte di un’unione disgregata? La condizio-ne di “ex” è vista come un marchio, come unlegame involontario o come una scelta di rottu-ra. Può essere visto come un rapporto ambiguo,ma anche come una straordinaria potenzialità.Uscire da questa condizione di “ex” è un proble-ma che abbiamo vissuto e che in parte continuia-mo a vivere. La celebre globalizzazione ha avutoun ritmo tutto sommato tranquillo, con moltistrappi. Invece la crisi economica in pochi mesiha riguardato tutto il mondo ed ha un ritmo for-sennato. L’idea della patria mi sembra una solu-zione insufficiente al problema della condizionedi ex e anche alla crisi. Però è vero che l’ideolo-gia identitaria è ancora forte, ed è un enormeostacolo all’integrazione europea.

Molti temono che, entrando in un’Europa an-cora incompiuta, i paesi dell’est saranno domina-ti, come lo sono stati nei vecchi imperi. C’è tuttauna destra nazionalista, anche in Croazia, chevede l’ingresso in un’unione più larga di quellanazionale come il ritorno dell’impero austriaco,del potere comunista, del potere titino dellaJugoslavia. Ma così si condannano a non essereattori della storia, si chiudono in questo vecchioconcetto identitario. Si è creduto nei paesi del-l’est di governare il presente senza essere capacidi governare il passato. Si è vista nascere la liber-tà e non si sapeva cosa farsene, rischiando di abu-sarne; si è difesa l’eredità nazionale e poi ci si èdovuti difendere da forme radicali di nazionali-smo. Si è voluto salvaguardare la memoria, ed orasembra che questa stessa memoria punisca colo-ro che la volevano salvaguardare. Le vecchieideologie vogliono separare e non unire.

Oggi la democrazia sembra non avere alternati-ve ma al tempo stesso mostra di non essere più

Luca.7

BURT BACHARACH

&HAL DAVID

“The moment I wake upBefore I put on my makeup

I say a little prayer for you”.

I SAY A LITTLE PRAYER

SOUNDTRACK

Page 8: Luca

adatta a contenere i poteri reali di oggi. La “de-mocrazia reale” ha licenziato la democrazia, cosìcome il “socialismo reale” fece con il socialismo.

“Mi ricordo che negli anni del mio asilo/esilio,ad un seminario alla Sorbona, creai questo termi-ne: democratura, sintesi di democrazia e dittatura.In tal modo ponevo un problema che è centraleanche oggi: fino a che punto continua a esistere la“spina dorsale” della democrazia. E quando inve-ce dobbiamo riconoscere che forme di autoritari-smo hanno esiliato la democrazia?

L’Italia, così come con il Fascismo, rischia dirappresentare un prototipo esemplare per capireun periodo storico: la non democraticità delleelezioni italiane, la mancanza di libertà d’infor-mazione registrata anche da diversi indicatoriinternazionali. Poi c’è il problema sociale piùimportante, con profonde conseguenze sul pianodemocratico e dello stato di diritto, cioè il disa-stro dell’amministrazione della giustizia. Cheopinione ha del nostro Paese?

Dopo quattordici anni di esilio/asilo, due annifa ho capito che l’Italia non era più un posto perme. Quando il ministro degli Interni ha propo-sto di schedare i bambini degli zingari prenden-do loro le impronte digitali, non mi sono sentitopiù a mio agio. L’Italia ha le sue tradizioni e ilproblema della giustizia non è di ieri. Ogni pae-se ha le sue democrature. L’Italia è bravissima anascondere tutto con il suo stile un po’ mediter-raneo e un po’ insulare. Uno straniero che arrivain Italia vede solo le quinte e non il dietro le quin-te. Anche i cittadini italiani, se ingenui, sono essistessi stranieri in patria. Non si rendono contoche vengono strumentalizzati. In un mio saggioparlavo dei talebani cristiani: scrittori e artisti cheavevano un influsso sul potere e che avevano

un’ideologia da talebani. L’ho vissuto sulla miapelle. Il tribunale che nel mio paese ha deciso diinfliggermi cinque mesi di carcere per aver utiliz-zato questa formula, dunque per reato di opinio-ne (o di metafora…) è talebano. Anche in Fran-cia c’è una vecchia destra che parla questolinguaggio da talebani. Ci vorrebbe una svoltaculturale.

Diceva Voltaire che se vuoi conoscere la civil-tà di un Paese devi visitare le sue carceri. La con-dizione degli ultimi, delle vite di scarto, di colo-ro che non hanno prospettive di assimilazione,

(tant’è che per gli immigrati si chiamano centridi “Espulsione”) è esemplare per capire a chepunto siamo?

In Italia e nel mio paese tentano di nasconderequeste realtà, a volte con successo. Io ho doppiacittadinanza, croata ed italiana, ho chiesto varievolte di entrare in carcere ma non sono mai riusci-to. Tornato nel mio paese due anni fa volevo vede-re le carceri di Sarajevo. La Bosnia-Erzegovina èstata la più grande vittima della guerra e tutti san-no che sono stato a fianco dei bosniaci, delle vitti-me, eppure non sono riuscito a vedere le prigioni.Invidio Voltaire che forse è riuscito a visitare le pri-gioni del proprio paese nell’era dell’Illuminismo.La società di oggi ci nasconde il mondo del casti-go. Questa è una soglia della cultura del nostrotempo. Dovremmo entrare in uno spazio nuovo ecreativo anche nella sfera della detenzione.

La situazione in Ungheria è stata colta da mol-ti come un monito prima di un baratro da anni’30. Come giudica ciò che accade impunementein un paese così civilizzato?

Sono stato recentemente in Ungheria, e devodire che sono stato veramente sorpreso. È so-pravvissuta anche lì una forte ideologia identita-ria, non priva di razzismo. Come lo sono alcunevoci che provengono dalla Lombardia in Italia. Ildibattito in Ungheria è attraversato da venatureantisemite, anti-rom, anti-straniero. La solita vec-chia formula che cerca l’identità in un’unione pie-na, senza differenze, non tenendo conto dellediversità che sono proprie dell’identità. Se a que-sto aggiungiamo la crisi economica, è indubbioche il clima ricorda quello degli anni ‘30.

Alla crisi economica e democratica si oppongo-no tre tipi di soluzione: quella liberal moderna

8.Luca

PREDRAG MATVEJEVIC’

Page 9: Luca

GUSTAVO FRATICELLI

foto mmaarriiaa ppaammiinnii

LE NOSTRE PRIGIONIIn Italia ci sono 9 milioni di processi ar-

retrati. Per avere una sentenza definitivaè necessario attendere dieci anni. Il 70%dei furti e l’80% degli omicidi rimangonoimpuniti.

Negli istituti di pena italiani vivono67.000 detenuti in 45.000 posti regola-mentari. Negli ultimi dieci anni nelle carce-ri italiane ci sono stati più di 600 suicidi.

I detenuti nelle prigioni francesi sonosaliti a 64.585 per 56.500 posti. Lapopolazione carceraria è aumentata del6,7%. La superficie alla quale ogni dete-nuto ha diritto è fra 2,4 e 4 mq. Due ter-zi delle prigioni sono sovrappopolate.Nell’ultimo anno 115 detenuti suicida-ti nelle carceri francesi, 3 tentativi di sui-cidio al giorno, con uno «riuscito» ogni3 giorni. In Gran Bretagna sono circa88.000 detenuti: in rapporto alla popola-zione si tratta di un valore molto preoc-cupante, mai così alto nella storia.

IL NAZIONALISMO IN UNGHERIA

Nel 2010 il primo ministro ViktorOrbán è tornato al potere.

Orbán ha messo sotto controllo ipoteri legislativo, giudiziario ed eco-nomico e sta facendo pressione suimezzi d’informazione. Molti chiedonosanzioni contro Budapest e addirittu-ra l’espulsione del paese dall’Unioneeuropea.

SI SBRICIOLANO LE MONTAGNE,STRARIPANO I FIUMI,CROLLANO LE CASE

Il territorio italiano è sismico al 75%.Su questo territorio insistono almeno80.000 edifici pubblici da consolida-re, 22.000 scuole in zone a rischio,di cui ben 9mila prive di basilari cri-teri di sicurezza.

I SUICIDI DEGLI IMPRENDITORICREDITORI DI STATI INSOLVENTI

Una lunghissima serie di suicidi dipiccoli imprenditori. 5000 negli ultimi

dieci anni in Italia. Uno di loro si chia-mava Giovanni Schiavon. Era titolaredella Eurostrade 90 Snc a Peraga diVigonza, in provincia di Padova. Vanta-va crediti per oltre 200mila euro ver-so la pubblica amministrazione. Questiritardi costano alle imprese creditrici934 milioni di euro l’anno. In Europa laperdita su crediti ha raggiunto i 300miliardi di euro, una cifra equivalenteal debito pubblico greco.

RAZZISMO DI STATOIn Italia si è permesso alle questu-

re di raccogliere le foto segnaletichedi rom, anche bambini, e di handicap-pati, obbligando spesso a foto collet-tive del proprio nucleo familiare. Leoperazioni avrebbero riguardato esclu-sivamente rom e sinti al di là del lorostatus giuridico. Dunque anche se cit-tadini italiani. Il fotosegnalamentorientra in un piano emergenziale di cui– grazie alla recente sentenza del Con-siglio di Stato che lo ha reso illegitti-mo– si è poi constatata l’assoluta man-canza di necessità.

MANCATO RISPETTODEGLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI SUI DIRITTI UMANI

La Corte europea dei diritti umani diStrasburgo ha condannato l’Italia peri respingimenti verso la Libia. Nel co-

siddetto caso Hirsi, che riguardava 24persone nel 2009, non è stato in par-ticolare rispettato l’articolo 3 dellaConvenzione sui diritti umani, quellosui trattamenti degradanti e la tortu-ra. È il risultato di un politica, quelladel trattato italo-libico, voluta dallalarghissima maggioranza del parlamen-to italiano, nonostante l’ostruzionismodei Radicali. Una politica che ha com-portato innumerevoli violazioni dellestesse leggi italiane.

UN PAESE CHE NON CONOSCESE STESSO

La maggioranza assoluta degli ita-liani sui diversi temi che riguardanoi nuovi diritti civili: la parità giuridicadelle coppie omosessuali, il dirittoall’aborto, l’eutanasia, la fecondazioneassistita, dimostra in tutti i sondag-gi uno spirito profondamente demo-cratico e laico. Eppure questa maggio-ranza non riesce ad esprimersi.

L’informazione e il sistema politicoimpediscono di trasformare il comu-ne sentire in legge.

degli Habermas e dei Sen, quella di chi teorizzauna democrazia fatta di pratiche mai formalizza-bili, e infine quella di chi costruisce “teologie nega-tive” tutte puntate sulla de-istituzionalizzazione,senza però offrire reali strumenti all’azione. In tut-te queste soluzioni è sintomatico l’uso del verbo“fiorire” nell’anno dei gelsomini, che sembra volerconcretizzare una nuova spinta propulsiva di cui inoccidente non si sa individuare la leva.

Sono i problemi a cui potrebbe rispondere unavera cultura politica. Purtroppo la cultura criticanon vive un buon periodo, dunque la possibilitàdi un peggioramento della situazione è concreta.

In Pane nostro ho provato a trasformare il piùumile dei prodotti in una grande metafora, unponte tra civiltà diverse, cresciute su sponde oppo-ste dello stesso mare, ma accomunate da un retro-terra culturale identico. Ho imparato la lingua e lacultura islamiche, ho persino conseguito un dotto-rato in arabo e mi sono reso conto di come cultu-re lontane avessero nel grano delle radici in comu-ne. È la storia delle prime farine dei nomadi, dellesacche dei viandanti e del pane dei frati: che è lostesso dei mendicanti e dei carcerati. E se tra qual-che anno saremo otto miliardi sulla Terra, di cuidue senza pane, il pane nostro diventa una grandemetafora della civiltà.

Quando era bambino, mio padre mi mandavadi nascosto a portare un po’ di pane a tre prigio-nieri tedeschi che pativano la fame. Ricambiavaun gesto che aveva ricevuto a sua volta quando sitrovava ai lavori forzati in Germania, ed era sta-to rifocillato da un pastore protestante. Ecco, perprogettare il futuro dovremo farci forti dellasapienza modellata dai secoli, a volte tempratanel dolore, ma sempre ricca di speranza.

REALTÀ E PRESAGI DI UNA CRISI

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illustrazione Maurizio Ceccato

Simone Sapienza

COME NEGLI ANNI ‘30?

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CUORE SELVAGGIOElena Stancanelli

NON C’È UNA SOLA BATTUTA IMPORTANTE IN DRIVE,

non una frase senza la quale potresti inciampicarenella trama. Neanche quando parlano al telefono tiinteressa quello che si stanno dicendo. Tutto quelloche c’è da sapere lo raccontano la luce e il volto degliattori. La prima volta in cui driver (non ha un nomeil personaggio interpretato da Ryan Gosling, se ser-visse un’altra dimostrazione di quanto le parole, quidentro, non contino) vede Irene (Carey Mulligan),al supermercato, non dice una parola. Ma pensa:quando riuscirò a baciarla, quando sarà il momentogiusto? E da allora in poi, fin quando finalmente nonla bacia, non smette mai di pensarlo. Mai. E tu nonsmetti di leggerlo nei suoi occhi, nonostante Drivesia un film d’azione, un noir, con sangue e ammaz-zamenti, corse in macchina e scazzottate. Pieno dicolpi di scena, ai quali il povero driver è costretto afar fronte come meglio può. Ma mentre combattepensa sempre alla stessa cosa, e tu con lui.

Dopo più di un’ora di film con morti e feriti, va asuonare il campanello di Irene, che abita nel suo stes-so pianerottolo. Le dice: ho i soldi, prendili tu, scap-pa. Lei lo guarda, piange, e poi gli dà uno schiaffo.Nella vita non accade, mai. Eppure lo abbiamo vistofare mille volte. Le donne non danno schiaffi. E

soprattutto non danno uno schiaffo secco sulla facciadi un uomo che ha appena detto di amarle. Magari siaccapigliano, si battono, ma gli schiaffi no. Gli schiaf-fi si danno solo nei film. Dunque a cosa serve questofintissimo schiaffo? A varcare una soglia. E dalmomento che in Drive le parole, e le metafore, non ser-vono, una porta si apre davvero. È un ascensore, edentro c’è un uomo. Ho sbagliato piano, dice, e nonscende. Irene e driver fanno un passo, ed entranoanche loro in quei pochi metri quadrati. Uno spazioirreale, illuminato da un gran numero di lampade,decisamente troppe e troppo eleganti per essere den-tro l’ascensore di un condominio popolare. Siamo, dicolpo, in un altrove fiabesco, dove può accadere qual-siasi cosa. Da quando le porte si chiudono, nessunodice più una parola. L’uomo guarda driver negli occhi,driver ricambia e poi abbassa lo sguardo, all’altezzadella cintura di lui, e si accorge che ha una pistola.Guarda avanti, stringe il pugno e poi, senza voltarsi,nasconde con dolcezza Irene dietro le sue spalle, spo-standola con un braccio, come se volesse proteggerla.Subito dopo gira su se stesso lentamente. Adesso sonouno di fronte all’altra, lui le mette una mano sul fian-co e la bacia. E mentre la bacia fa ancora un movimen-to strano, che sembra un passo di danza. Muove unpasso a sinistra e sposta il peso su quella gamba, met-

tendosi così tra lei e l’uomo, e subito torna indietro, ilpeso sull’altra gamba, di nuovo di fronte. Un uno-due,come di un samba al ralenti. E intanto non smette dibaciarla. Quando infine le loro labbra si staccano, siguardano. La luce, sempre gialla, diventa molto forte.Le loro teste non la coprono più. È vero, ma non èquello. La sensazione che tu hai è che stia per succe-dere qualcosa. Ma quel qualcosa, secondo logica,dovrebbe riguardare loro due. Pensi: adesso driverparlerà, ci saranno delle spiegazioni. E invece no.

Quando sembra che si stia di nuovo avvicinandoalla bocca di lei, di colpo si volta e fracassa la testa deltipo contro la porta dell’ascensore. Così, senza logicaapparente. E quando lui cade a terra si accanisce con-tro la sua faccia a calci fino ad ammazzarlo. L’ascen-sore si ferma, le porte si aprono sul garage, Irene scen-de e resta immobile, terrorizzata. Non smettono diguardarsi fin quando le porte non si chiudono di nuo-vo. Fine della scena. Non accadrà più. Non ci sarà piùun luogo e un tempo nel quale darsi un bacio. Il filmfinisce, driver, forse se la caverà. Ma non sappiamoche fine faranno loro due.

Quando è il momento giusto per baciare per laprima volta la persona che ami? Prima della batta-glia, in un tempo che ricorderai per sempre e cheforse non c’è stato mai.

Cinema.

illustrazione ZOO E CUCICATRAMI • Bcomics

PRIMA DELLA BATTAGLIA.

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Ai tempi delle trasmigrazioni serali di intere fami-glie presso i vicini con televisore, era soprattuttoper Sanremo che si osava chiedere di essere ospi-tati. Eravamo italiani molto diversi. Poco stressatie spesso canterini. Lo racconta una pubblicità dicracker con Ninetto Davoli, garzone di fornaio inbicicletta in un’alba romana, che canta pedalan-do:“Tu mi fai girar come fossi una bambola”. Evo-cazione in bianco e nero e in pochi secondi diatmosfere irrecuperabili. Lo spot è del 1972. Giànon si cantava più. Non per strada, senza prevede-re ascolti e consensi, in momenti di incontenibilesolitaria allegria.

Visconti, nobile e di sinistra, convocava gli amiciper le tre serate a casa, invitati ad accamparsi sulpavimento tra cuscini che suggerivano una comodi-tà regressiva, da ascolto delle favole dell’infanzia.

Di segno opposto, sulle canzonette e le competi-zioni canore in genere, il messaggio contenuto nel-la sigla di Canzonissima del 1962.“ Chi canta è unuomo libero – da qualsivoglia ragionamento – chicanta è già contento – di quello che non ha.” Anchepiù esplicito il ritornello: “Su cantiam su cantiam –evitiamo di pensar – per non polemizzar – mettia-

moci a cantare”. Lo sosteneva, su musica di Fioren-zo Carpi, il futuro Nobel Dario Fo. Cantando.

Nella 62esima edizione del Festival invece è pro-prio il “polemizzar” a prevalere già dalla prima sera-ta. Alle 22 e 30 arriva Celentano. Gli ultimi sarannoi primi. Chiudere l’Avvenire e Famiglia Cristiana. Ireferendum azzerati dalla Consulta. Pensare all’altravita, quella che ci attende dopo il nostro passaggioterreno. Un’ora circa di riflessioni, invettive, qual-che canzone e molti bicchieri d’acqua.

L’aria di Sanremo secca la gola. Anche Morandiaveva chiesto da bere appena entrato salendo sulpalcoscenico con atletici balzi e “la salivazione azze-rata”. Lo scorso anno lo slogan era “Stiamo uniti”.Quest’anno Papaleo propone “Stiamo tecnici”. Esubito il dispositivo tecnologico per registrare il vo-to dei giurati si inceppa. Bisogna votare di nuovo inuna serata successiva.

Incidenti di percorso per macchine molto com-plesse come ormai è il Festival. Grande evento chedeve competere con una televisione gonfia dellospettacolo quotidiano di risse politiche, sportive,amorose, permalose, in lingua e dialetti.

Quarta e ultima serata del Festival. Alle 22 e 45torna Celentano. Si muove nella stessa penombradella prima sera. Conferma e puntualizza. Lui non

vorrebbe chiudere i due giornali cattolici, madovrebbero cambiare. Urla dalla platea divisa. Pre-dicatore! Lui: la corporazione dei media si è coaliz-zata in massa contro di me.

E parla ancora di Paradiso e di Dio. Tra rumoro-si dissensi e approvazioni. Guelfi e Ghibellini.

Entra Morandi. Cominciano a cantare insieme. Sisiedono sui gradini del palcoscenico. Immagine col-legata subito a momenti di confidenze. Costruiti atavolino, certo! Siamo a teatro. Siamo in televisione.Questa non è la vita, ma la sua messa in scena. ( “IlPoeta è un fingitore”, ha ricordato poco più di un’oraprima La Capria a Chetempochefa, citando Pessoa.“Finge così completamente, che arriva a fingere cheè dolore, il dolore che davvero sente”). Eppure sedu-ti lì, questi due ex ragazzi, uno un po’ meno giovanedell’altro, che cantano “e l’inverno è su di me, ma soche cambia il mondo se solo sto con te”, offrono unmomento prezioso di verità sul festival e sulla vita.Confermato poco dopo, quando Morandi ancoracommosso chiede al vincitore quindicenne dellasezione giovani che canzoni di Celentano conosce. Ilgiovanissimo Alessandro Casillo, lontanissimo dagliinverni, è imbarazzato. Accenna qualche refrain in-sieme a Morandi, ma ammette: “So la melodia manon so le parole”. ///

Televisione.

“CANTIAM PER NONPOLEMIZZAR”.

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LA BADANTEGilberto Severini

illustrazione MARCIA ZUCCO OTEI

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SCIENZAE

DEMOCRAZIA

Valentina Stellatesto

Maurizio Ceccatoillustrazione

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NEL PRIMO CAPITOLO DEL SUO NUOVO LIBRO,Scienza, quindi democrazia (Einaudi, 2011), lo storico efilosofo della scienza Gilberto Corbellini traccia unritratto di una Italia democraticamente debole, anchea causa di una scarsa e manipolata informazione scien-tifica. La ripetuta deformazione dei fatti, il velo ideolo-gico in cui spesso sono avvolti, determinano l’incapaci-tà del nostro Paese di elevarsi moralmente e di stare alpasso con le ‘economie della conoscenza’. Corbelliniricorda come negli ultimi anni in Italia siano state ema-nate leggi ‘palesemente illiberali’ sulla base di una fal-sificazione e censura di dati scientifici. Persiste unaaccondiscendenza verso scelte di politica della ricercae della salute sostanzialmente arbitrarie e gradite allaChiesa cattolica e ai suoi “portavoce” in Parlamento.Questo accadrebbe anche perché gli scienziati ‘si fan-no prima di tutto gli affari loro’, perdendo di credibi-lità. L’impietosa analisi di Corbellini chiama evidente-mente in causa anche chi invece di informare sui fatti,“li deformerebbe”. Parliamo dei mezzi di comunica-zione. Responsabili principali o anello debole? Sempli-ce espressione di legittimi interessi o vittime delle pres-sioni politiche? Abbiamo cercato di parlarne con unafigura di straordinaria rilevanza, ma anche di oggettivadebolezza in questo particolare processo di comunica-zione: il giornalista scientifico. Ne abbiamo incontratitre. Gianna Milano, giornalista scientifica e docente alMaster della SISSA di Trieste, Luca Tancredi Barone,giornalista scientifico ed esperto di comunicazione, e,infine, Marco Motta, giornalista di Radio3 Scienza.

Chiediamo innanzitutto a Gianna Milano che rap-porto esista oggi in Italia tra scienza e comunicazio-ne. “La nascita della ‘scienza imprenditrice’ chiamatutti, scienziati e comunicatori, a cimentarsi con que-sti nuovi grandi problemi e obbliga tutti a un eserci-zio di democrazia. Esorta tutti a mantenere un deli-cato equilibrio fra un’apertura senza restrizioni anuove idee e l’esame rigoroso di qualsiasi propostavenga dal mondo scientifico. Più un tema è contro-verso e più facile diventa giocare sull’equivoco, e laconfusione, talora creata ad arte, finisce per genera-re disinteresse, se non diffidenza da parte dell’opinio-ne pubblica verso la scienza. Il potere, la politica, nonsono disinteressati alla scienza, specie quando si trat-ta di strumentalizzarla. E l’establishment scientificovisto dall’interno, nella sua quotidianità, appare co-me un affresco di contraddizioni, sospetti, passioni,ambiguità, compromessi, condizionamenti (di lobbypolitiche o industriali), interessi personali. Uno spac-

cato che poco o nulla ha a che vedere con l’idea del-la scienza (pura) e dello scienziato (disinteressato) deltempo passato”. La conferma arriva anche da MarcoMotta: “quello tra scienza e mezzi di informazione èun rapporto complesso, un incontro tra esigenze etensioni differenti. Da una parte gli scienziati, checercano visibilità per le proprie ricerche, perché leritengono importanti, perché pensano che sia fonda-mentale condividere con chi non è scienziato quelloche accade nei laboratori, o semplicemente perchésperano che una maggiore visibilità significhi poi piùfondi per le proprie linee di ricerca. Dall’altra i gior-nalisti, che vanno a caccia di notizie, personaggi e sto-rie attraenti per i propri lettori in una marea crescen-te di pubblicazioni, dati e statistiche sulla salute,gruppi di ricerca sempre più numerosi, congressiscientifici in cui vengono annunciate scoperte mira-bolanti. In questa dialettica si sono create e continue-

ranno a crearsi incomprensioni e diffidenze, ma negliultimi anni è cresciuta una generazione di giornalistiscientifici che ha una formazione mirata e una cono-scenza delle regole del gioco del mondo della ricercatali da far maturare, almeno per gradi, il rapporto trascienza e media”. Qual è, invece, il ruolo delle lobbye del denaro nel dibattito e nelle scelte sui temi dibioetica? “Hanno indubbiamente una loro rilevan-za”, sostiene Tancredi Barone, “ma è sempre statocosì. Le lobby ci sono e saranno sempre più forti. Amaggior ragione nel momento in cui lo Stato riducei finanziamenti alla ricerca pubblica. Quel che contaè che si possa giocare pulito e che tutto sia il più tra-sparente possibile.” Aggiunge Marco Motta: “Le pres-sioni ci sono, e questo vale soprattutto per l’ambitobiomedico, dove si concentrano importanti interessieconomici, soprattutto attorno all’industria farma-ceutica e ai risultati delle sperimentazioni cliniche.

Diventa allora essenziale, per avere una visione piùobiettiva possibile, una conoscenza di sfondo, e unarete di contatti di scienziati indipendenti, che ti pos-sano aiutare a vagliare le notizie e la loro rilevanza.”

Non è pericoloso in un corretto processo democrati-co che l’informazione scientifica possa essere condizio-nata da interessi economici o politici? “Non penso chel’incapacità da parte di un governo, di una società, diprendere decisioni corrette sia dovuto solo al fatto dinon disporre di una conoscenza scientifica profonda”dichiara Tancredi Barone. “Ci sono numerosi studi chedimostrano come una maggiore consapevolezza dinatura scientifica spinga spesso l’opinione pubblica adessere addirittura più critica sul tema di biotecnologie,nucleare, ecc. Al contrario di quanto pensino alcuniscienziati. Inoltre una società prende delle decisioni sul-la base di input molto diversi. La scienza sicuramentegioca un ruolo, ma intervengono anche altri fattori: gliequilibri di potere, il denaro, il particolare momentostorico, gli interessi contrapposti. La verità è che sullamaggior parte delle questioni, quelle che ci toccano piùda vicino, la vita, la morte, il nucleare e le biotecnolo-gie, la scienza può dare una serie di indicazioni, ma nonpuò esprimere una valutazione vincolante per tutti.Pensare che la scienza ti possa dire se l’aborto sia unascelta giusta o sbagliata è assolutamente fuorviante, pen-sare che la scienza possa dire se la vita di Eluana Engla-ro si possa definire vita o non vita, è assolutamente fuor-viante. È illusorio pensare che si prenderanno decisioninecessariamente giuste nel momento in cui acquisiremotutta la conoscenza scientifica disponibile”. Obiettiamoche la falsificazione dei fatti non è comunque irrilevan-te nel processo decisionale. E l’Italia in questo sensosembra all’avanguardia. Ricordiamo i casi Eluana En-glaro e Piergiorgio Welby. “La comunità scientifica e ibioeticisti laici si sono espressi a più riprese in manierachiara,” sottolinea Gianna Milano, “ma in certi quoti-diani a tiratura nazionale è prevalsa l’opinione di espo-nenti della Chiesa rispetto ad altre. Il Vaticano, che hanegato a Welby la cerimonia funebre in Chiesa, ha avu-to un peso maggiore nell’esprimere condanna e dissen-so. E nel confondere concetti. Dopo che Welby si rivol-se con una lettera al Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano, in cui chiedeva di essere lasciatomorire, una morte tanto dignitosa quanto “opportuna”,i temi del dibattito sui diritti dei malati in fine vita sonostati stravolti e gli scienziati, salvo rare eccezioni, hannofatto poco pesare la loro opinione. Al Governo c’era lacoalizione di centro-sinistra e il Primo Ministro eraRomano Prodi. La figura che rimane centrale sulla que-stione, però, è il Ministro della salute Livia Turco, chia-

CASO ITALIA

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mata direttamente in causa prende le distanze dalla que-stione, affermando che si debba risolvere nel rapportotra medico e paziente e piuttosto preferisce concentra-re l’attenzione sull’importanza dell’assistenza ai malatiterminali e alla terapia del dolore. E il Governo noninterverrà”. Chiediamo se la strumentalizzazione dellascienza a fini ideologici sia in Italia una patologia con-solidata, che quindi riguarda il funzionamento demo-cratico, oppure resta confinata a pochi casi irripetibili.“La strumentalizzazione della scienza a scopo ideologi-co? La definirei un vizio consolidato che non riguardasolo l’Italia” prosegue Gianna Milano. “Negli Stati Uni-ti, dove la comunità scientifica è più forte e ha maggio-re peso sull’opinione pubblica, sul caso Terry Schiavo lecose a livello mediatico non sono andate molto diversa-mente. La donna aveva subito danni cerebrali ed era instato vegetativo persistente, e il marito, nonché tutorelegale, chiedeva la sospensione di alimentazione e idra-tazione artificiali. Contro il suo volere c’erano i genito-ri di Terry. La storia di Terry ebbe una grande copertu-ra mediatica a livello internazionale. Le manifestazioniin America contro la decisione di sospendere le terapieche tenevano in vita la donna non sono state dissimili daquelle che hanno animato certi cattolici e politici chehanno portato fuori dall’ospedale di Lecco, dove eraricoverata Eluana Englaro, bottiglie di acqua e pane.Certamente la strumentalizzazione mediatica converte,e questo ovunque, su casi clamorosi, perché richiama-no l’attenzione del pubblico. È un vizio endemico. Enon ha confini”.

In questa situazione, dovrebbe essere il cittadino aprocurarsi strumenti di analisi in grado di leggere ciòche ci viene proposto dai mezzi di informazione odovrebbero essere i mezzi di informazione a forniresempre notizie scientificamente corrette? Tancredi Ba-rone punta decisamente a stabilire differenze e distin-zioni: “Ci sono i media che valgono di più e quelli chevalgono di meno, e lo stesso discorso vale per i giorna-listi. Penso che i cittadini debbano essere maggiormen-te responsabilizzati e pretendere un’informazione più

corretta, così come lo Stato è tenuto ad assicurarla attra-verso le scuole pubbliche, la ricerca pubblica, e dandoil massimo della libertà ai mezzi di informazione. Inaltre parole le due istanze devono convivere. Per mel’anomalia principale della situazione italiana è chespesso le decisioni vengono prese in un clima di segre-tezza che contraddice lo spirito del dialogo democrati-co. Per Gianna Milano, invece, “in Italia la qualità del-la informazione scientifica viene spesso sacrificata allavoglia di audience. Qualcuno ha visto nel sensazionali-smo che ruota attorno alle notizie della scienza uncoprodotto del compiacente rapporto tra giornalisti escienziati. Se i giornalisti riescono così a catturare l’at-tenzione del pubblico, gli scienziati vedono nell’atten-zione dei media un trampolino per una carriera di suc-cesso. E gli interessi delle due professioni sembranoinfluenzarsi gli uni con gli altri sovente in maniera pocosalutare.” E Marco Motta sottolinea come “nel mio

lavoro di redazione di un programma di scienza capitaspesso che su temi come fecondazione assistita, ogm,nucleare, sperimentazione animale, siano gli ascoltato-ri stessi a pretendere un contraddittorio. Noi nel nostropiccolo cerchiamo di non cadere nella logica deglischieramenti contrapposti: non perché due scienziatinon possano avere modi di vedere differenti di guarda-re a questioni sensibili come l’uso delle staminaliembrionali, per esempio, ma perché dare per scontatauna logica bipolare produce forzature come l’artificio-sa contrapposizione tra staminali embrionali e adulte.Corbellini ha ragione soprattutto quando dice che gliscienziati oggi non hanno un peso nell’arena del dibat-tito politico. Per far uscire gli scienziati da questo ruo-lo di minorità noi giornalisti scientifici possiamo e dob-biamo dare un contributo centrale”. Conclude GiannaMilano: “I giornalisti che scrivono di scienza hanno unaparticolare responsabilità verso l’audience, dovrebberosvolgere un ruolo critico di “watchdog”, ossia di canida guardia. Ed essere in prima fila nel cogliere una rap-presentazione sbagliata della scienza: di chi ha una posi-zione anti-scientifica, delle corporation multinazionali,dei politici e anche degli scienziati e delle loro istituzio-ni che esagerano magari i risultati in cerca di fama e difinanziamenti. Ci sono poi filoni di ricerca più “gradi-ti” di altri solo per ragioni ideologiche, e così si assistea dibattiti, che nulla hanno a che vedere con la scienza,in cui il potere politico ‘si adegua’ al volere della Chie-sa, confondendo valori etici con principi religiosi. Sulcaso Englaro e Welby si è fatta una gran confusione trasospensione delle cure, eutanasia, testamento biologicoPer chi ascoltava la radio, leggeva i giornali o guardavala tv i confini erano poco chiari. Eppure il padre diEluana, Beppino, faceva una richiesta che rispettava lavolontà della figlia, e non meno trasparente era la richie-sta di Welby. Certezze che venivano meno quando sileggevano diversi quotidiani lo stesso giorno. EppureMario Riccio, il medico che ha esaudito la volontà diWelby, è stato scagionato da ogni accusa sia dai giudicisia dall’ordine dei medici. E allora?”

LUISELLA PALUMBO

Luisella Palumbo, agronomo, pittrice, disabile, iscritta

dalla fondazione

all’Associazione Luca Coscioni.

foto mmaarriiaa ppaammiinnii

16.Luca

BURT BACHARACH

&HAL DAVID

“You see this guy, this guy is in love with you”.

THIS GUY’S IN LOVE WITH YOU

SOUNDTRACK

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Luca.17

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Il silenzio.

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MAURIZIO CECCATO.

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TESTAMENTO BIOLOGICOAlimentazione ed idratazione, nelle diverse forme

in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare

le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento.

Ddl Calabrò: «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato

e di dichiarazioni anticipate di trattamento».

APPROVATO ALLA CAMERA.IN ATTESA DELLA DISCUSSIONE IN SENATO.

20.Luca

CONTRARI

SENZA OPINIONEPER ASSENZA

DI LEGGE

FAVOREVOLI

ARTICOLO 32 QUADRO NORMATIVO:«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Art. 32 comma 2 Costituzione italiana

DDL CALABRÒ

ALESSIA TURCHIHa espresso nel proprio testamento biologico la volontà di non essere sottoposta a forme di respirazione meccanica e di idratazione o nutrizione artificiale qualora fosse in unasituazione di perdita della capacitàdi decidere o di impossibilità di comunicare, consapevole della possibilità che tale rinunciapossa anticipare la fine della suavita. Ha, inoltre, disposto il rifiuto

alla continuazione di trattamentisanitari nel caso in cui il loro risultato sia il mantenimento in uno stato di incoscienza permanente e senza possibilità di recupero.Se il disegno di legge Calabròdovesse essere approvato, le disposizioni di Alessia non avrebbero alcun valore.Sarebbe sottoposta all’idratazione e alla nutrizione artificiale, da lei espressamente rifiutate.

Page 21: Luca

Il nomenclatore tariffario è un documento

emanato dal Ministero della Salute in cui

vengono stabilite la tipologia e le modalità

di fornitura di protesi, ortesi e ausili tecni-

ci a carico del Servizio Sanitario Nazionale,

nonché le condizioni di rinnovo e garanzia.

Nonostante debba essere periodicamente

aggiornato, quello attualmente in vigore è

quello stabilito dal Decreto Ministeriale 332

del 1999.

L’Associazione Coscioni da tempo porta a-

vanti una battaglia per l’aggiornamento del

nomenclatore, fermo dal 1999, per l’adegua-

mento dei livelli tariffari e per l’introduzione

dei comunicatori di nuova generazione.

Il nomenclatore

NEL MONDO:

USA: RICONOSCIUTE LE DAT O LA DESIGNAZIONE DI UN RAPPRESENTANTE

PER LE DECISIONI SANITARIE.Gran Bretagna: RICONOSCIUTE LE DAT O LA NOMINA DI UN FIDUCIARIO

PER IL RIFIUTO ALLE CURE.Francia: LA LEGGE RICONOSCE IL RIFIUTO ALL’ACCANIMENTO TERAPEUTICO. Germania: LA LEGGE SULLE DAT PREVEDE CHE SI POSSA PREDISPORRE

PER ISCRITTO IL CONSENSO O RIFIUTO ALLE CURE.Svizzera: NONOSTANTE LE DAT NON SIANO RICONOSCIUTE DALLA LEGGE,VENGONO RISPETTATE.

Luca.21

L’ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI:• Campagna per l’istituzione dei registri dei testamenti biologici attivi a livello nazionale e costituzione della Lega degli Enti locali per il Registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento. • Petizione al Parlamento italiano per il rispetto del diritto all’autodeterminazione di ciascun individuo.• Sul sito www.lucacoscioni.it viene data la possibilità di scaricare un nuovo modello di Dichiarazione Anticipata di Volontà, con anche la nomina del fiduciario, e le istruzioni su come validarlo.

Seguici su: www.lucacoscioni.it

Ass_Coscioni

Associazione Luca Coscioni

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“Avere il diritto di vivere non significaavere il dovere di vivere, non significaessere costretti a vivere indipendente-mente dalle conseguenze, soprattuttoquando si soffre in modo insopportabile”.

Questa convinzione ispira l’impegno el’azione che da anni porta avanti EduardVerhagen, direttore del dipartimento diPediatria all’University Medical Centerdi Groningen. Nel 2005, insieme al suocollega Pieter Sauer, ha pubblicato ilProtocollo di Groningen che regola laterminazione attiva neonatale, in altreparole l’eutanasia somministrata ai bam-bini. Tema delicato che divide l’opinio-ne pubblica e le classi dirigenti nel mon-do. In Olanda il dibattito si conserva sutoni razionali, meno accesi. E con Ver-hagen abbiamo cercato di capire il per-ché, in particolare nel complesso con-fronto con la situazione italiana.

In Italia non esiste una legge sull’euta-nasia, che è severamente vietata. Almomento è in discussione in Parlamen-to una legge sul testamento biologicoche nega qualsiasi forma di auto deter-minazione. Nessuno vuole affrontare ilproblema dell’eutanasia clandestina.

Ho parlato con molti colleghi italianie sono stato in Italia diverse volte. Èindubbio che le differenze tra il sistemasanitario olandese e quello sanitario ita-liano, ma più in generale tra la societàitaliana e quella olandese, siano molte.

C’è però un aspetto in particolare cherende la discussione con i colleghi e lastampa italiana molto difficile, ed è chele persone hanno una definizione diver-sa di eutanasia. In molti, anche tra i gior-nalisti e nella professione medica, nonfanno una distinzione tra rinuncia allecure e terminazione attiva della vita. Alcontrario, nella maggior parte degli altriPaesi si ritiene che ci sia una differenzaenorme. In Italia avete innanzituttobisogno di definire che cosa sia l’eutana-sia. I medici compiono diverse scelte cheprovocano la morte, ma queste conti-nuano ad essere considerate come sem-plici scelte mediche. Solo l’eutanasia,

invece, è considerata una scelta di finevita molto difficile e complessa, con sva-riati significati giuridici, etici e pratici.Faccio un esempio: c’è un bambino nelreparto di terapia intensiva attaccato adun ventilatore artificiale; viene trattatoutilizzando tutte le tecniche e tutti i far-maci disponibili, ma non si è in grado disalvargli la vita. Ad un certo punto, con-sci che qualunque cosa si stia facendonon si traduce in un effetto positivo, sipensa di interrompere la cura intensivae di consentire che il bambino possamorire in pace tra le braccia della madre,nel reparto di terapia intensiva. Ciò ac-cade molto spesso in tutto il mondo. Èil modo più comune in cui i bambinimuoiono. Il punto è questo: alcune del-le persone con cui ho parlato in Italia mihanno detto che se si stacca il ventilato-re a quel bambino, ci troviamo dinanzi

ad un atto eutanasico. Per me è total-mente errato. Se si interrompe la venti-lazione artificiale in un bambino che stamorendo non si sta eseguendo l’eutana-sia, si sta semplicemente interrompendola terapia intensiva di un bambino mo-rente al fine di lasciarlo pacificamentemorire fra le braccia della mamma.

Sono state fatte delle ricerche in pro-posito?

Sì, abbiamo eseguito ricerche, peresempio, sulle decisioni sul fine vita nel-le unità di terapia intensiva negli StatiUniti, in Canada e in Olanda: abbiamonotato che oltre il 50% delle morti sonoderivate da casi dove non ci sono opzio-ni terapeutiche, dove i trattamenti nonpossono più curare il bambino che stamorendo. Ma se voi in Italia chiamatequesta opzione eutanasia, allora è mol-to difficile discutere il vero problema.

In Italia l’incomprensione è determi-nata anche dalla posizione della Chie-sa che vorrebbe imporre la propriadefinizione di vita e morte anche a chinon è credente.

Se fossi un adulto sul punto di mori-re, vorrei avere la possibilità di chiede-re ai medici di staccare le macchine.Vorrei poter dire: “accetto la malattia,accetto la mia morte, e per favore lascia-temi morire in pace”. Se a quel punto imedici staccassero le macchine, io nonchiamerei mai quell’azione eutanasia,direi solo che è una decisione autonomapresa da un paziente. Io chiedo che nes-suno interferisca con la mia scelta: né laChiesa, né il medico. La questione sicomplica, ovviamente, se è coinvolto unbambino. Il bambino non può dire “viprego, staccate il ventilatore”, altridevono dirlo. Ma il senso è lo stesso:

morire in modo dignitoso, morire tra lebraccia della propria madre e non tra lebraccia della macchina.

Parliamo del suo lavoro. Puoi dirciquanti casi di eutanasia sui bambini cisono stati l’anno scorso?

Per redigere il Protocollo abbiamostudiato i casi tra il 1997 e il 2004 e si èscoperto che circa 22 casi di fine vitahanno avuto luogo nel nostro Paese.Quando il Protocollo è stato promulga-to nel 2004 abbiamo poi avuto diversediscussioni con medici e pediatri; ciaspettavamo la segnalazione di 3-4casi ogni anno ma, con nostra sorpresa,penso che dal 2005 solo 3 casi siano sta-ti segnalati.

Considerando che ci sono stati pochis-simi casi negli ultimi anni e consideran-do, inoltre, che sono passati dieci annidall’approvazione del protocollo, pensache l’opinione pubblica abbia cambiatoopinione? In Italia ci sono state diversecritiche e dure reazioni al Protocollo.Dopo dieci anni, qualcosa è cambiato ocontinuate a ricevere critiche?

Se guardo alla situazione nei PaesiBassi, la terminazione della vita era ac-cettata prima ed è stata accettata conancora più convinzione negli ultimi die-ci anni. Tutti sanno che se c’è un bambi-no che soffre in modo insopportabile,l’eutanasia può essere una opzione,anche se estremamente difficile e dolo-rosa. Fuori dall’Olanda il tema è ancora

CHE COS’È L’EUTANASIA

PER GLI ITALIANI?

A chiederlo è il medico olandese Verhagen, sostenitore della

terminazione attiva ai bambini. Nei Paesi Bassi il dibattito è

chiuso e la pratica accettata. Nel nostro Paese non abbiamo

ancora le idee chiare.

IN ITALIA LE PERSONE HANNOUNA DEFINIZIONEDIVERSA DI EUTANASIA

22.Luca

Valentina Stella e Alessia Turchi

Page 23: Luca

oggetto di ampio dibattito. Abbiamopubblicato parecchio sul Protocollo eabbiamo pubblicato molto riguardo alledecisioni relative al fine vita nei neonati,anche in riviste mediche internazionali.Abbiamo partecipato a diversi congres-si e simposi, e abbiamo avuto discussio-ni davvero interessanti con i nostri col-leghi. Abbiamo fatto anche diversericerche in altri Paesi, soprattutto negliStati Uniti e in Canada. Penso che siacorretto affermare che chi pratica le pro-fessioni mediche è consapevole che ilProtocollo di Groningen rispetta la con-cezione che si ha in Olanda del diritto diuna persona di decidere come morire.La formulazione e introduzione del Pro-tocollo di Groningen non ha portatoall’aumento dei casi di eutanasia, non c’èstato un abuso della pratica. Al contra-rio, ci sono meno casi di eutanasia, sianegli adulti che nei neonati.Il Consiglio d’Europa ha espresso ungiudizio favorevole sul testamento bio-logico e l’autodeterminazione. Nono-stante questo, ha sancito un fermo di-vieto sull’eutanasia e il suicidio assistito.Cosa ne pensa? Pensa che l’Unione

Europea riuscirà ad adottare una politi-ca comune su questi temi?

Perché non possiamo avere un ap-proccio comune sul tema della decisio-ne sul fine vita? Negli ultimi venti anninon siamo mai stati in grado di trovareuna posizione comune e non sembria-mo in grado di raggiungere sulla que-stione un punto di convergenza. Èun’illusione pensare che i politici rie-scano dove i medici hanno fallito, noncredo sia possibile, credo vada fatto in

un altro modo. Se i medici e i pazientieuropei riuscissero ad avere un’opinio-ne condivisa, un’opinione comune sulfine vita, allora i politici la seguirebbe-ro. Ma non sono troppo ottimista.

Capisco le sue perplessità ma almeno, alivello europeo, c’è attenzione sull’argo-mento. Di recente, il candidato presiden-ziale francese, Hollande, ha espressouna posizione favorevole sull’eutanasia el’Unione Europea continua a parlarne.Quale pensa possa essere il contributomigliore alla discussione?

Noi cerchiamo di contribuire al dibat-tito, portando all’attenzione dell’opinio-ne pubblica dei singoli casi, spiegandola pratica, facendo ricerche comparati-ve. La mia grande paura è che il cittadi-no discuta di cose che non conosce, per-ché tenute segrete da chi vuole evitare ildibattito.

MORIRE IN MODODIGNITOSO, MORIRETRA LE BRACCIADELLA PROPRIAMADRE E NON TRA LE BRACCIADELLA MACCHINA

È UN’ILLUSIONEPENSARE CHE I POLITICI RIESCANODOVE I MEDICI HANNO FALLITO

Il Protocollo In Olanda, l’eutanasia è legale per le per-

sone di età superiore ai 12 anni.

Nel 2002 è stato formulato il Protocollo

di Groningen dal Dott. Eduard Verhagen,

direttore medico del dipartimento di pe-

diatria presso il Centro Medico Universi-

tario di Groningen (UMCG), nei Paesi Bas-

si, per il fine vita attivo nei neonati.

Il Protocollo, formulato da un comitato di

medici con la collaborazione dei procura-

tori distrettuali locali e nazionale, è diven-

tato attivo su tutto il territorio nazionale

nel 2005, indica le procedure e detta del-

le linee guida su come i genitori possano

prendere la decisione migliore e come i

medici possano effettuare le procedure

senza il rischio di essere perseguitati

penalmente.

Il potocollo è stato pubblicato nel 2005

sul «New England Journal of Medicine»,

suscitando numerose reazioni e critiche.

Luca.23

illustrazione Alessandra De Cristofaro

Page 24: Luca
Page 25: Luca

ALDO LORIS ROSSI

Per uscire dalla peggiore crisi economica che abbia col-pito il pianeta negli ultimi ottanta anni, dobbiamo inizia-re curando i mali che affliggono le nostre città. E ipotesidi soluzione ce le fornisce una rivoluzione in corso nelpensiero filosofico e scientifico. Parola di Aldo Loris

Rossi, architetto italiano, allievo e amico di Bruno Zevi,

docente di Progettazione architettonica all’Università di

Napoli, oltre che animatore dell’Istituto italiano per gli

studi filosofici. La conversazione muove da un manifesto

dell’Unione internazionale degli architetti approvato nel-

l’estate 2008, cioè alla vigilia del crac della banca d’affari

Lehman Brothers al quale si fa convenzionalmente risali-

re l’inizio della recessione: “Già quattro anni fa denun-

ciammo l’insostenibilità del modello economico attuale –

dice Aldo Loris Rossi –. Noi architetti d’altronde abbia-

mo antenne particolari. Abbiamo il controllo di fenome-

ni che avvengono sul territorio e che non sono altro che

il terminale di problemi economici e sociali profondi”.

Lo studioso napoletano indica da tempo l’“esplosione

demografica e megalopitana” come uno dei sintomi più

allarmanti del fallimento “del paradigma meccanicista e

del mito dello ‘sviluppo illimitato’”: “Quando io sono

nato, negli anni Trenta del Novecento, sulla Terra erava-

mo due miliardi. Ottant’anni dopo, siamo già in 7 miliar-

di. È un’espansione senza precedenti”. Aldo Loris Rossi

invita, in alternativa, a prendere in considerazione l’ormai

celebre “impronta ecologica”, l’indicatore ideato alle metà

degli anni Novanta da Mathis Wackernagel e che misura

l’area di terra e mare teoricamente necessaria a rigenerare

le risorse consumate da una certa popolazione: “L’impron-

ta ecologica dell’antica Roma era ampia quanto il bacino

del Mediterraneo. Quella degli Stati Uniti di oggi è vasta

come tre pianeti terra messi assieme. Il modello di svilup-

po consumistico ha una voracità eccessiva di energie e ter-

ritori. L’espansione permanente e incontrollata delle città,

sempre più invivibili, ne è l’ennesima dimostrazione”.

Per questo “la crisi economica attuale, incubata a lungo,

non fa che annunciare definitivamente la difficoltà di con-

tinuare a lungo con questo metodo di sviluppo”. Siamo

dunque alla celebrazione della decrescita? La crisi già oggi

sta deprimendo il pil pro capite di molti Paesi, a partire dal

nostro, e questa strada non suscita molto consenso. Figu-

rarsi se poi possiamo chiedere ai paesi emergenti di conte-

nere reddito e benessere. “Serge Latouche, teorico della

decrescita, esagera come accade a ogni neofita. È eviden-

te che non possiamo tornare all’età della pietra, che in futu-

ro vorrò essere in grado di sviluppare microscopi sempre

più potenti e di osservare l’universo con sempre maggiore

dettaglio. In realtà una svolta critica è avvenuta molto pri-

ma di Latouche e delle sue ricerche degli anni ’80 e ’90.

Risale agli studi del Club di Roma e del Mit di Boston tra

1968 e 1972 e alla celebrazione della prima Giornata del-

la Terra il 22 aprile 1970”. È in quegli anni che emerge “la

consapevolezza di dover superare il paradigma meccanici-

sta. Finora per analizzare la realtà abbiamo utilizzato un

sistema analitico-riduttivo. Abbiamo ‘spezzettato’ certi

fenomeni fino a ridurli a problemi sempre più minuti e

quindi più facilmente risolvibili. Così, però, perdiamo di

vista le relazioni tra le parti. Per riconoscere i limiti dello

sviluppo prima di distruggere il pianeta e quindi noi stes-

si, invece, dobbiamo passare a un paradigma ‘ecologico’,

per definizione ‘a rete’”. D’altronde, sostiene Aldo Loris

Rossi, è quanto sta avvenendo nel mondo della scienza: “In

molti sostengono che il ventesimo secolo sarà ricordato, da

un punto di vista scientifico, per gli studi su meccanica

quantistica, teoria della relatività e scienza del caos. Que-

st’ultimo approccio si fonda sul ‘paradigma a rete’ che

ormai organizza gli sforzi di quanti studiano in settori

d’avanguardia come la cibernetica, la biologia olistica, la

meteorologia, la biologia, l’ecologia”. Addio mero mecca-

nicismo, dunque. Avviata “una rivoluzione culturale” di

questa portata, conclude Aldo Loris Rossi, “potremo ini-

ziare a curare le nostre città, in generale temperando gli

eccessi della tecnosfera che danneggiano l’ecosfera”. Di

come agire politicamente, fuor da metafora filosofica o

architettonica, ne parleremo tra qualche settimana.

Manutenzioneurbana.

in dialogo con MARCO VALERIO LO PRETE

illustrazione MAURIZIO CECCATO

CURARE LE NOSTRE CITTÀ PER

USCIRE DALLA CRISI.

Luca.31

///

Page 26: Luca

“Un bastardo europeo”, così Daniel Cohn-Bendit non si stanca mai di rispondere a chi ancora gli chiede delle sue origini nazionali. Nato nel 1945 in Francia da una coppia di ebrei tedeschi fuggiti durante il nazismo, Conh-Bendit ha sempre vissuto infatti a cavallo del fiume Reno: si trasferisce giovanissimo nei dintorni di Francoforte, poi torna in Francia e diventa uno dei leader del Maggio ’68, guadagnandosi in questo periodo l’appellativo di “Dany il rosso” (anche per ilcolore dei suoi capelli). Infine, espulso da Parigi, continua afare politica in Germania. È però visitando gli Stati Uniti, alla vigilia del 1968, che scopre la controcultura americana. Subito dopo, ad Amsterdam,crede di aver trovato il movimento che più si avvicina a quanto visto Oltreoceano: inizia a frequentare i Provos,condivide la loro volontà di trasformare radicalmente – e prima di tutto – il contesto di vita urbano. “Antitotalitario”,si è auto-definito sin dalle prime fasi del suo attivismo, perché “non c’è niente che mi disgusti dipiù del voler fare la felicità delle persone contro la loro volontà”.

UN BASTARDOEUROPEO

Election days 2015

STATI UNITI D’EUROPA

Marco Valerio Lo Prete

26.Luca

>>

Errico Buonanno

VINCE LE PRIMARIEDANIEL COHN-BENDIT

STRASBURGO, 12 aprile 2015: Una vittoriaschiacciante, che non lascia spazio a discus-sioni. Daniel Cohn-Bendit, forte dell’87%delle preferenze, vince le primarie dell’U-nione Progressista (P.S.E., APSD e Verdi)e inizia la corsa come candidato unico alleprime presidenziali degli Stati Uniti d’Eu-ropa. Compare raggiante in piazza dellaRepubblica davanti alla folla dei sostenito-ri: la stessa immagine rilanciata dai mega-schermi a San Giovanni, a Roma, dalle tele-visioni nella sede centrale del PSOE diMadrid e del PS di Parigi. Sparute le ban-diere rosse: prevale il blu della bandieraeuropea. Applaude, sul palco, Sergej Sta-nišev, presidente dei Socialisti Europei.

Applaude anche lo sconfitto MassimoD’Alema, fermo al 9% delle preferenze,che garantisce il proprio appoggio ma chein serata non manca di esprimere delusio-ne: «Spiace vedere l’Italia esclusa dallacompetizione». Il suo sospetto, in verità, èche la decisione della coalizione di far vota-re anche i non iscritti ai partiti abbia porta-to alla scelta – «perdente» – di un candida-to più a sinistra. «D’Alema certo capiràche, ammontando quest’anno a 327 gliiscritti ai partiti su tutto il territorio euro-peo, la scelta era d’obbligo», ha rispostol’Unione Progressista in un comunicatolaconico. Alla partenza finalmente ufficialedi queste prime presidenziali europee, chesembrano incarnare al meglio il suo vec-chio sogno di un’Europa lontana dal meto-do intergovernativo e con strutture politi-

che forti, Cohn-Bendit ha annunciato conforza «un nuovo sguardo diretto al futuro».Un’economia al riparo dalle speculazioni:Euro bond e Fondo Salva-stati. Ma soprat-tutto una visione lungimirante in materia didiritti civili e stato sociale, di ecologia e fon-ti energetiche.

Si completa così la rosa ufficiale dei can-didati. Una rosa “in rosa”, vista l’inaspetta-ta prevalenza femminile nella corsa allapresidenza, che vede il candidato verdeunico uomo tra la popolare Ana Botella el’indipendente Marine Le Pen, sostenutada una coalizione composita di estremadestra e movimenti autonomisti. Se tra gliesclusi le prime polemiche non sono man-cate («Si conferma un direttorio europeoguidato da Francia e Germania, con unaSpagna popolare e filo-Nato al seguito» hacommentato il nazional-popolare austriaco

Page 27: Luca

Luca.27

La sua seconda vita politica però, quella da “ecologista”, iniziaalla metà degli anni Settanta, con la lettura degli articoli del filosofo e giornalista André Gorz apparsi su Le NouvelObservateur. Durante le manifestazioni antinucleari tedeschedel tempo matura una delle sue più profonde convinzioni,ovvero che “l’ecologia politica si basa su un semplice concetto:il valore del futuro”. Nel movimento verde, tra l’ala dei “fondamentalisti” (Fundis) e quella dei “realisti” (Realos)sceglie la seconda, insieme a Joschka Fischer, e così tra l’altroporta i Grünen a successi elettorali insperati (fino all’8,6 per cento e ai 55 seggi delle elezioni tedesche del 2000),conquistando per loro (ma mai per sé, sottolinea) perfinoresponsabilità di governo. Nel 2002 un altro obiettivo raggiunto:contribuisce a costituire formalmente un Partito verde europeo,per presentarsi alle elezioni con una piattaforma quanto piùcoerente e omogenea. Nel 2009 torna a correre nel suo paese di nascita e, alla testa delle liste francesi di Europe Ecologie,supera il 16 per cento dei consensi a livello nazionale. Sono le prove generali, decisamente riuscite, di quello che un movimento ecologista e progressista dovrebbe esseresecondo Cohn-Bendit: “Non si tratta semplicemente, per citareEdgar Morin, di introdurre la politica nell’ecologia, ma l’ecologianella politica”.

I GRANDI ELETTORI

18-19 NOVEMBRE 2015

L’Austria elegge 5 grandi elettori

71

538

15

8

7

42

4

4

44

8

4

122

43

45

8

56278

3

11

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Josef Bucher, dal basso del suo 2% di pre-ferenze a destra), con la chiusura dei giochiè anche iniziato il primo scambio di scher-maglie tra protagonisti. Se a Cohn-Benditgiungono in serata le congratulazioni dellasfidante Ana Botella – che dopo la riuscitaesperienza al comune di Madrid tenta lacorsa europea forte di un programma libe-rista e del sogno non celato di trasformaregli Stati Uniti d’Europa in una diarchia eco-nomico-politica con gli USA –, Marine LePen sembra potersi abbandonare con piùlibertà a sfoghi e stoccate.

«Non mi stupisco. – ha commentato laleader del Fronte Nazionale – Una candi-datura del tutto coerente coi disvalori del-la sinistra europea. Questo signore natoapolide, che si definisce “cittadino euro-peo” prima ancora che tedesco o franceseincarna al meglio il disprezzo per i popolie per la nazioni portato avanti dal Tratta-to di Roma».

Da sempre antieuropeista convinta, la LePen ha definito la propria provocatoriadiscesa in campo «un cavallo di Troia nelsistema». «Proprio perché la tecnocraziadella UE ha infranto il rapporto popolo-palazzo, creando un sistema di potere oc-culto, la nuova Perestroika europea nonpuò che venire dall’interno». Una presi-

denza per uccidere i nuovi Stati Uniti d’Eu-ropa, dunque? «Chi la manda? Le banche?– ribatte piccata la Le Pen al collega di LeMonde che le pone la domanda – La miaintenzione non è distruggere, ma ridisegna-re alla base i principi dell’unione. Una coo-perazione di popoli svincolati dal giogodell’Euro ma pronti ad unirsi nelle batta-glie comuni: immigrazione, diritti dellapersona e un’economia autenticamentesociale». Riuscirà ad aggiudicarsi i GrandiElettori degli stati membri? Da oggi la sfi-da è ufficialmente aperta.

28.Luca

ANA BOTELLA(politica spagnola conservatrice, nata nel1954 e dal 2011 sindaco di Madrid, primasindaco donna della città e moglie dell’ex pri-mo ministro conservatore José Maria Aznar.Sposata nel 1977, ha tre figli. È nota per alcu-ne dichiarazioni poco diplomatiche.• Contestata da alcuni per il fatto di nonessere stata eletta direttamente a sindacodi Madrid (è subentrata dopo che il Sindacoè diventato ministro): mancherebbe quindidi una vera legittimità popolare. Arrivata almunicipio di Madrid nel 2003 senza nessu-na significativa esperienza politica prece-dente (se si esclude l’iscrizione al Partitopopolare).

MARINE LE PEN(classe 1968, avvocato, presi-dente del Front National france-se dal 2011, figlia del fondatoredel movimento di destra Jean-Marie Le Pen, ha tre figli e duedivorzi alle spalle). • Per l’intellettuale francese Ber-nard-Henri Lévy, quello di MarineLe Pen è il tentativo mediatico dimostrare “una estrema destra dalvolto umano”.

Page 29: Luca

Milano, 30 gennaio 2012

Leggo su L’Espresso il pezzo di Michele Ainis. Diceche in l’Italia c’è un altro “spread”, oltre a quello rela-tivo ai Buoni del Tesoro Plurinennali: quello dei dirit-ti civili. È il modo di evocare con espressione efficaceuna questione della quale economisti e filosofi sonosempre più consapevoli: per misurare e promuovere ilbenessere, le misurazioni quantitative non bastano.Devono essere accompagnate da valutazioni e obietti-vi di natura qualitativa. Ed è vero per la qualitàambientale (un pezzo di sviluppo se ne va via con ladistruzione di risorse ambientali non rinnovabili), ilbenessere sociale e l’equità (nei confronti delle gene-razioni future e dei più poveri, altrimenti si creano lepremesse dell’insicurezza e dell’ulteriore immiserimen-to), ma anche per la qualità del vivere civile, dunquedei diritti, delle libertà e della partecipazione demo-cratica alle scelte collettive.

Sotto questa lente, un “deficit” di libertà è anche ilritardo che accumuliamo ogni anno su quanto potrem-mo fare per renderci più liberi, o addirittura i passiindietro di un Paese che, costretto a ragionevolezza daalcuni casi individuali, reagisce con proibizioni e antidemocrazia. Lo “spread” è il divario che si apre con altriPaesi e altri popoli, magari per il solo fatto che altrovein prima serata ci si può informare e appassionare suldestino dell’ecosistema che ci ospita.

Milano, 12 febbraio 2012

Dopo il “parlare con gli occhi” di Luca Coscioni e lo“scrivere con la testa” di Severino Mingroni, si preparal’era del “vedere con le orecchie”, e chissà di cos’altroancora. La notizia è quella di un dispositivo formato daun paio di cuffie e di occhiali con microcamera collega-ta al cellulare che traducono le immagini in suoni, atti-vando le aree cerebrali della vista (perfettamente fun-zionanti anche nelle persone cieche).

Una tecnologia del genere, della quale ci informaCerebral Cortex, induce a considerare ancora più odio-so - oltre che anacronistico - un sistema come quello ita-liano che obbliga le asl a rimborsare soltanto apparec-chi inclusi in una lista aggiornata l’ultima volta nel 1999.Non pare impensabile, in un mondo dove la popolazio-ne è mediamente sempre più anziana, che i sistemi-Pae-se che vinceranno la sfida del benessere saranno quelli

capaci di investire su tecnologie che consentono di recu-perare facoltà perdute o compromesse, ma sopratutto difarne ricadere i benefici sulla totalità della popolazioneinvece che limitarne l’accesso a una élite.

Milano, 23 febbraio 2012

Un sito internet fatto apposta per lamentare il com-portamento incivile di qualche immigrato che incrociala nostra vita. Un altro sito internet fatto apposta perdenunciare il comportamento incivile delle istituzioniche opprimono la nostra vita. Il primo sito è statoapprontato da Geert Wilders, leader del Partito dellaLibertà (si chiama proprio così) al Governo in Olan-da. Le istituzioni europee si sono ribellate, autorevoliparole di condanna sono state pronunciate... tanto

ineccepibili quanto – c’è da immaginare – impotentisul piano legale (difficile proibire) e inefficaci su quel-lo politico (la popolarità del sito ne gioverà).

Il secondo sito è il Soccorso civile dell’AssociazioneLuca Coscioni, che vi dà lo strumento per denunciareil farmacista che fa imposizione di coscienza (la sua) suquella della giovane ragazza che cerca la pillola del gior-no dopo, o il Sindaco che non abbatte le barriere archi-tettoniche, oppure per sospendere nella legalità terapievitali e lasciarsi morire.

Non c’è da sperare che le istituzioni europee se neaccorgano, ma forse, per provare a battere il populismoxenofobo 2.0, è più utile mettere la rivoluzione tecno-logica al servizio della libertà di quanto non lo sia scan-dalizzarsi invano.

DIARIOEUROPEO

Lo spread dei diritti civili

Marco Cappato

Luca.29

illustrazione Maurizio Ceccato

Page 30: Luca

L’ORIGINEDEL MONDO

RITRATTO DI UN INTERNOb

SCRITTO E DIRETTO: Lucia Calamarocon

Daria Deflorian – Federica Santoro – Lucia Calamaro

Disegno luci: Gianni StarpaoliRealizzazione scenica: Marina HaasAiuto Regia: Francesca Blancato

PRODUZIONE E COMUNICAZIONE: 369 GRADI, PAV - PRODOTTO DA ZTL_PRO CON IL CONTRIBUTODI PROVINCIA DI ROMA - ASSESSORATO ALLE POLITICHE CULTURALI DELLA PROVINCIA DI ROMA

IN COPRODUZIONE CON ARMUNIA FESTIVAL INEQUILIBRIO E SANTARCANGELO 41 FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL TEATRO IN PIAZZA IN COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE

ROMAEUROPA - PALLADIUM UNIVERSITÀ ROMA TRE - TEATRO DI ROMA

Cineteatro.

DEBORAPIETROBONO

IN CRISI, E CHIUSA DENTRO LA SUA TESTADARIA NON USCIVA PIÙ. NÉ DA CASA, NÉ DA LEI.PARLAVA A VOLTE, SEMPRE MENO, SEMPRE MALE, CON LA FIGLIA FEDERICA CHE NON ASCOLTAVAPIÙ PERCHÉ GIÀ SAPEVA: DENTRO CASA, BAMBINI E CANI, SANNO TUTTO.

L’UNICA FINESTRASUL MONDO ERAIL FRIGORIFERO:

Allora cosa riempi?

Vedi mamma, anche io ho problemi con la realtà, sai, però faccio un solitario e mi passano.

Che ne so, intantomastico!

Sei uno strazio, la madonnaaddolorata, sempre con ‘stafaccia da catrame, una vitaa mezzo servizio, impegolatadi fesserie, tutta in sordina,sempre capo china, sempreingrugnita! Daria, i guaice li hanno tutti. Smettiladi fare la vittima.

Voglio fare testamento e poivoglio mettere su carta ancheil mio disadattamento. Confessarea me stessa e a tutti che sono ioil problema, perché l’unica cosache colora di vivo le faccedegli altri è l’affetto che provoper loro. E io a chi so voler bene?

Mamma, intanto pettinati chepoi ha ragione nonna quandodice che le donne spettinatesono sempre melanconiche.

Ma tu lo sai come inizia il Mercante di Venezia? “Io non so il perché della mia tristezza”.

Ci vuole qualcosa chesia veloce, che riempia,che dia la sensazionedi riempire quella cosache sta lì, mi sembranel torace, anche se poi,ragionando io mi rendoconto che nel pettoil cibo non arriva.

Page 31: Luca

FINE

LO SPETTACOLOPROSEGUEA TEATRO.

Certo mamma che poi non dormie ti senti un barattolo, tu quandoragioni difendi sempre il male con il peggio, poi che t’aspetti?

Io stavo pensando a delle cose,delle situazioni… lo vedi com’è fragile il pensiero, basta un rumore,poi io lo odio il rumore, cerco sempre disperatamente un luogo di silenzio ma arriva sempre qualcuno ed è tutto finito.

Io i miei fratelli non li conosco. Li conoscevo da piccola. Adesso che siamo grandi non li conosco mica più. È strano come in unafamiglia crescendo si diventi sconosciuti

Stanotte mi sento proprio come un barattologrigio, schiacciato, anonimo. Ecco adessostarei comoda solo in una natura morta,non una qualsiasi, una di Morandi, se nonte la ricordi vattela a rivedere.

Ma quelle donne che stendonotutta la biancheria in ordine, primai calzini, le mutande, le magliettebianche poi i chiari, gli scuri, le camicie per il colletto, secondote è un istinto o cosa?

Ho pensato di prendermi un animale domestico, un gatto, ho bisogno di qualcuno che quandorientro a casa mi salutisempre con lo stessoaffetto al di là di come lo tratto io. Incondizionale,almeno lui.

Oggi mi sento come se tutta la gravità mi si accanisse addosso, tutto in un solo metabolismo. La carne mi si piega all’ingiù, la bocca, le sopracciglia, anche dentro, il fegato, i polmoni: tutto si piega e s’inclina al pianto.

"Infatti" è un avverbio vigliacchettoe furbeggiante, chissà cheavvenimenti sembra ci siano dietro,che lusso di pensieri… e inveceè un avverbio di comodo.

Ma mi ascolti?

Foto di scenadalla 1 alla 4:AlessandroCarpentieri

///dalla 5 alla 11:

ClairePasquier

///12:

Elyse Subatis