Louis Gill_ All'Origine Delle Crisi_ Sovrapproduzione o Sottoconsumo

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Luis Gill, All'origine della crisi

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    Louis Gill

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    In un articolo intitolato La recessionemondiale: momento, interpretazioni eposte in gioco della crisi, FranoisChesnais critica linterpretazione pidiffusa della crisi in corso come crisi disottoconsumo, causata da una

    contrazione dei salari che si sarebbe cercato di compensare conuna forte espansione del credito. In particolare affronta la variante diquesta interpretazione presentata da Alan Bihr in un articolointitolato Il trionfo catastrofico del neoliberalismo, ed esprime ilsuo disaccordo con la tesi di un plusvalore in eccesso che visviluppa Bihr. La caratterizza come un totale rovesciamento dellacomprensione del capitalismo ereditata da Marx, secondo la quale ilcapitale si scontra non con un eccesso, ma con una insufficienzacronica di plusvalore, di cui una manifestazione la tendenzaallabbassamento del saggio di profitto.

    Il fatto che questa penuria di plusvalore sia percepita sotto forma didifficolt di realizzazione dimostra la loro cecit di fronte allecontraddizioni del sistema, scrive Chesnais, che rinvia al mio libroFondamenti e limiti del capitalismo per una presentazione molto

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  • chiara di queste contraddizioni e di questa cecit.

    Molto sensibile a questa citazione elogiativa, mi sento invitato araccogliere la sfida di dare unesposizione sintetica degli sviluppipertinenti di questo libro per contribuire al dibattito. E lo scopo delpresente articolo che comprende tre sezioni. La prima stabilisce chele crisi cos come concepite da Marx sono crisi disovraccumulazione di capitale e di sovrapproduzione di merci e noncrisi di sottoconsumo originate da una insufficienza dei salari. Laseconda mostra che la crisi attuale una crisi di sovrapproduzione,e che la sua dimensione finanziaria non riducibile a una questionedi credito alle famiglie a compensazione di salari insufficienti. Laterza pone la seguente domanda: se lorigine delle crisi non si trovanel sottoconsumo, il suo riassorbimento pu avvenire con lastimolazione della domanda globale, al centro degli attuali piani dirilancio dei governi? La risposta a questa domanda, che deriva dallanatura improduttiva per il capitale della spesa pubblica, permette dicapire la timidezza dei piani di rilancio delleconomia reale e leesitazioni a metterli in opera, mentre il settore finanziario habeneficiato di una colossale generosit.

    1. Sovraccumulazione del capitale e sovrapproduzione di merci

    Bisogna prima di tutto ricordare le conseguenze contraddittorie di unaumento della produttivit sulla produzione di valore duso e sullaproduzione di valori. Il progresso della tecnica, sostituendo mezzi diproduzione alla forza lavoro, aumenta la produttivit del lavoro vivoe la sua potenza materiale di produzione di valore duso, ma limitasimultaneamente la sua potenza sociale di creazione di nuovovalore in quanto riduce il suo peso relativo nella produzione divalore - una parte crescente di questa produzione di valore valore

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  • trasmesso sotto forma di lavoro passato, incorporato nei mezzi diproduzione. La diminuzione del peso relativo della fonte delplusvalore (il lavoro vivo) si traduce quindi per il capitale in unadifficolt crescente di valorizzarsi.

    Sottolineiamo quindi fin dallinizio questo fenomeno particolare dellaproduzione capitalista, per cui un aumento della produttivitmateriale, che permette una crescita della produzione di valoriduso, prende la specifica forma sociale di una produzione ristrettadi plusvalore. E questo nonostante un aumento del tasso diplusvalore, sia con un aumento del plusvalore in rapporto al capitalevariabile (del pluslavoro in rapporto al lavoro necessario) sia, alcontrario, con una riduzione della parte del capitale variabile nelvalore nuovo creato dalla forza lavoro, quello che Alain Bihrdefinisce come una riduzione della parte dei salari nel valoreaggiunto. Questo aumento della parte del plusvalore nel nuovovalore creato non significa per niente che sia in eccesso, comesostiene Bihr. Il fatto che aumenti a un ritmo decrescente nellamisura in cui la produttivit aumenta, mostra invece la difficoltcrescente del capitale di valorizzarsi, in altri termini la mancanza diplusvalore.

    Insomma, per valorizzarsi il capitale deve trasformarsi in mezzi diproduzione e accrescere la produttivit del lavoro, ma la suavalorizzazione, che determinata dal rapporto tra lavoro necessarioe pluslavoro, sempre pi difficile proprio nella misura in cui sisviluppa, cos come scrive Marx:

    Quanto pi il capitale quindi gi sviluppato, quanto pi lavoroeccedente esso ha creato, tanto pi deve aumentare in misuraformidabile la forza produttiva per valorizzarsi, ossia per

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  • aggiungere plusvalore, solo in misura modesta [] Quanto pi gi ridotta la frazione riguardante il lavoro necessario, quantomaggiore il lavoro eccedente, tanto meno un qualsiasi aumentodella forza produttiva pu diminuire sensibilmente il lavoronecessario [] Lautovalorizzazione del capitale diviene pi difficilenella misura in cui esso gi valorizzato [Marx, Lineamentifondamentali di critica delleconomia politica (Grundrisse), Torino,Einaudi, 1976, pag. 296].

    Questa realt della produzione capitalista che rivelata qui al livellodastrazione del Libro I del Capitale, quello del capitale in generaleche fa fronte al lavoro in generale, si manifesta al livellodastrazione del Libro III, quello dei capitali particolari e dellaconcorrenza, sotto la forma di una tendenza alla diminuzione delsaggio di profitto. Un saggio di profitto sufficiente perch laproduzione avvenga il punto di partenza di unaccumulazione ilcui risultato una tendenza alla diminuzione del saggio di profitto.Questa a sua volta provoca unaccelerazione dellaccumulazione ilcui obiettivo di ristabilire le condizioni di una produzioneprofittevole, ma che comporta una nuova tendenza alla diminuzionedel saggio di profitto. Se la diminuzione non si realizza in quantotale nella realt in modo permanente, appare invece continuamentesotto forma di una tendenza ad accumulare. Diminuzione del saggiodi profitto e accelerazione dellaccumulazione, scrive Marx, nonsono che espressioni diverse del medesimo processo, nella misurain cui esprimono entrambe lo sviluppo della forza produttiva dellavoro [Marx, Il Capitale, libro terzo, Torino, Utet, 1987, pag. 309].

    Ci mette in luce il fatto singolare che il saggio di profitto tende adabbassarsi non perch il lavoro diventa meno produttivo, ma perchdiventa pi produttivo. La tendenza alla diminuzione del saggio di

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  • profitto come dice Marx, non perci che unespressione,propria del modo di produzione capitalistico, dellincessantesviluppo della produttivit sociale del lavoro [Marx, Il Capitale, libroterzo, cit., pag. 273]. La difficolt crescente di valorizzazione delcapitale si esprime alla fine in una effettiva caduta del saggio diprofitto, in un rallentamento o un arresto dellaccumulazione, e si hala sovrapproduzione, la speculazione, le crisi, leccesso di capitaleaccanto alleccesso di popolazione [Marx, Il Capitale, libro terzo,cit., pag. 310].

    Penuria di plusvalore e sovrabbondanza di merci

    Il punto di partenza per comprendere le crisi in Marx si trovanellanalisi a livello dastrazione del capitale in generale, neiManoscritti del 1857-1858 (Grundrisse). Eccone i tratti essenziali.

    La circolazione del capitale D-M-D lunit contraddittoria dei duemomenti distinti, la produzione e la circolazione, la cui separazioneapre la possibilit di una crisi. Il processo di valorizzazione delcapitale che non si conclude che al termine del compimento del suociclo completo, vale a dire delle fasi di produzione e circolazione,passa prima, nella sua fase di produzione, per una svalorizzazionedel capitale. Convertito da capitale-denaro in mezzi di produzionemateriali e in forza lavoro, cio in capitale produttivo, ha di fattoperso la forma del valore, quella della ricchezza universale che ildenaro. Alla fine della fase di produzione, esiste sotto forma dicapitale-merce, una merce che possiede idealmente un prezzo, mail valore accresciuto che contiene deve ancora essere realizzatodalla vendita che permetter al capitale di riprendere la forma didenaro o della ricchezza universale. Supponiamo che questoprocesso non si compia, scrive Marx, e la possibilit che non si

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  • compia nel singolo caso data dalla semplice separazione in talcaso il denaro del capitalista si trasformato in un prodotto privo divalore che non solo non ha acquisito nessun nuovo valore, ma haperduto il suo valore originario [Marx, Grundrisse, cit., pag. 369].Nel processo di produzione come tale, la valorizzazione del capitaleappariva come dipendente solamente dalla relazione tra lavoro vivoe lavoro oggettivato o lavoro morto, tra lavoro salariato e capitale.Nel processo di circolazione, la valorizzazione appare come unasemplice relazione tra la quantit prodotta di una merce e il bisognosociale solvibile di questa merce.

    La domanda che si pone allora la seguente: la valorizzazione delcapitale nella produzione implica la sua valorizzazione nellacircolazione? Nella sua risposta a questa domanda, Marx spiega,leconomia politica si divide in due campi, quello di Ricardo per ilquale nella natura del capitale superare gli ostacoli alla suafruttificazione, ostacoli che considera come puramente contingenti, equello di Sismondi per il quale questi ostacoli sono dovuti al capitalestesso, e che ha lintuizione che le contraddizioni che ne derivanoconducono necessariamente il capitalismo alla sua caduta.Sismondi, scrive Marx, ha compreso pi a fondo la limitatezza dellaproduzione fondata sul capitale, mentre Ricardo ha compresolessenza positiva del capitale in modo pi corretto e profondo,anche se non ha mai compreso le crisi moderne reali [Marx,Grundrisse, cit., pag. 378]. Per Marx, che tiene in considerazione gliapporti positivi delle due scuole, la produzione capitalista unit delprocesso lavorativo e del processo di valorizzazione, ununit chenon diretta o immediata, ma che essa stessa un processo,attraverso il quale le contraddizioni tra produzione e valorizzazionesono al contempo superate (lessenza positiva del capitale messain evidenza da Ricardo) e continuamente riprodotte su pi largascala, espressione del carattere limitato, storico e transitorio del

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  • capitalismo (intuito da Sismondi).

    Questo limite, inerente non alla produzione in generale ma allaproduzione fondata sul capitale, si manifesta periodicamente in crisidi sovrapproduzione. Trova la sua origine nel rapporto fondamentaledella produzione capitalista, lo scambio tra capitale e lavorosalariato, e nella sola finalit di questo scambio che lestrazione diplusvalore. Il lavoro salariato esiste solo in funzione del plusvaloreche aggiunge, il lavoro necessario esiste solo come condizione delpluslavoro; il capitale non ha bisogno del lavoro che nella misura incui gli permette di valorizzarsi, di produrre plusvalore. Ha quindi latendenza a restringere il lavoro necessario per aumentare ilpluslavoro e il plusvalore che ne costituisce lespressione in valore,a restringere il lavoro vivo e di conseguenza la creazione di valore.

    Ne deriva una tendenza simultanea a restringere sia la sfera delloscambio sia la creazione di valore. Linsufficienza di plusvalore,causa ultima della crisi localizzata nella produzione, si manifesta sulmercato in modo rovesciato, sotto forma di una sovrabbondanza dimerci (invendibili). La tendenza del capitale a valorizzarsi senzalimiti si identifica con la creazione di ostacoli alla sfera delloscambio [alla] realizzazione del valore creato nel processo diproduzione [Marx, Grundrisse, cit., pag. 391]. Aldil di un certopunto, lesplodere della crisi realizza una svalutazione generale odistruzione di capitale, provoca una diminuzione della produzione,finch non si arrivi a ristabilire la giusta proporzione tra lavoronecessario e lavoro eccedente, su cui in ultima istanza tutto sifonda [Marx, Grundrisse, cit., pag. 421-422].

    Profittabilit insufficiente o squilibrio di mercato?

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  • Al livello dastrazione del terzo libro del Capitale dove il problemadella valorizzazione affrontato non pi nei termini astratti delcapitale in generale e del rapporto tra lavoro necessario epluslavoro, ma nei termini di capitali particolari e dei profitti cheottengono, le crisi si presentano come dei momenti necessaridellaccumulazione del capitale e dellevoluzione del saggio diprofitto che ne il principale motore. Sono lespressione della corsacontro il tempo, tra la caduta tendenziale del saggio di profitto elaumento del tasso di plusvalore e della composizione organica delcapitale. Sono la manifestazione periodica di una valorizzazioneinsufficiente del capitale. Segnano una battuta darresto o unrallentamento dellaccumulazione, la cui funzione di ristabilire lecondizioni di una redditivit sufficiente del capitale e di consentire ilriavvio dellaccumulazione. Per riprendere la caratterizzazione diJohn Fullarton, citata da Marx le crisi sono il correttivo naturale enecessario di unopulenza eccessiva e gonfiata, la vis medicatrixmediante la quale al nostro sistema sociale, come si configuraattualmente, data la possibilit di liberarsi di tanto in tanto di unapletora sempre ricorrente che ne minaccia lesistenza, e di ritornarea uno stato sano e solido [Marx, Grundrisse, cit., pag. 891]. Cosconcepite, come abbiamo appena visto, sono un fenomeno che haorigine a livello della produzione di plusvalore e non a livello delmercato dove si smaltiscono le merci e si realizzano i valori prodotti,anche se si manifestano necessariamente come un fenomeno dimercato.

    Questa comprensione della teoria marxista delle crisi non unanimemente condivisa. Infatti, si confrontano diverseinterpretazioni. Queste si spiegano soprattutto con il fatto che Marxanalizza le crisi a diversi livelli dastrazione che sono altrettantetappe successive di una spiegazione unica, individuando la loropossibilit generale nella produzione capitalista, nella separazione

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  • tra produzione e circolazione. Numerosi autori tuttavia hannocreduto di scoprire in Marx diverse teorie delle crisi. Lespiegherebbe sia come il risultato di una caduta del saggio diprofitto, sia come limpossibilit di realizzare la totalit dellaproduzione sul mercato. A loro volta, le crisi di questo secondo tipo,o crisi di realizzazione, si spiegherebbero sia per una capacit diconsumo troppo debole in rapporto alla produzione esistente, siaper sproporzioni che determinano produzioni eccedenti per alcuniprodotti, e deficitarie per altri.

    Ma le crisi non possono essere spiegate in questo modo.Sproporzioni tra settori e squilibrio tra produzione e consumo nonsono fatti eccezionali nelleconomia di mercato, malfunzionamentimomentanei che precipiterebbero leconomia nelle crisi. Sonoinvece la regola ed esistono sempre. E piuttosto eccezionalmente eper puro caso che lequilibrio si realizza in uneconomia dove ilnesso interno dellintera produzione si impone agli agenti dellaproduzione stessa come legge cieca, non come legge che,compresa e quindi dominata dal loro intelletto associato, abbiasottoposto il processo di produzione al loro comune controllo. Inquesto quadro la proporzionalit dei singoli rami di produzione sirappresenta come costante processo di superamento dellasproporzionalit [Marx, Il Capitale, libro terzo, cit., pag. 328]. Crisiparziali causate dalle sproporzioni tra i settori possono certoavvenire. Questo tipo di crisi, che possono essere riassorbiteattraverso la semplice redistribuzione del capitale e del lavoro tra ivari settori, comunque diversa dalla crisi generale disovrapproduzione, il cui riassorbimento ha bisogno di un riequilibriodi unaltra natura, del ristabilirsi di un altro tipo di proporzionalit,su cui in ultima istanza tutto si fonda, cio il rapporto tra lavoronecessario e pluslavoro, come abbiamo visto prima.

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  • In quanto fenomeno permanente, il sottoconsumo non pu spiegarele crisi

    La debolezza del consumo della massa della popolazione non puessere vista come la causa delle crisi capitaliste. Come spiegaEngels nel Anti-Dhring :

    il sottoconsumo delle masse non affatto un fenomeno nuovo.Esso esiste da quando sono esistite classi sfruttatrici e sfruttate una condizione necessaria di tutte le forme sociali poggianti sullosfruttamento e quindi anche della forma sociale capitalistica; persolo la forma capitalistica della produzione conduce a delle crisi. Ilsottoconsumo tanto poco ci dice sulle cause dellesistenzaattuale delle crisi, quanto poco ci dice sulle cause della loroassenza nel passato [Marx-Engels, Opere, vol. XXV, Roma, EditoriRiuniti, 1974, pp. 275-276].

    Nella produzione capitalista, scrive Marx, il sottoconsumo unfenomeno costante creato dal processo stesso dellaccumulazionedel capitale:

    Poich il capitale non ha come scopo la soddisfazione dei bisogni,ma la produzione di profitto inevitabile che si crei unadiscrepanza continua fra le dimensioni limitate del consumo subase capitalistica e una produzione che tende costantemente asuperare il proprio limite immanente [Marx, Il Capitale, libro terzo,cit., pag. 328].

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  • Un fenomeno permanente della produzione capitalista non puessere invocato come spiegazione di incidenti passeggeri come lecrisi. Il sottoconsumo non la causa delle crisi, ma una condizionedellaccumulazione. Lo si constata a partire dal doppio ruolo deilavoratori salariati, come produttori di plusvalore e comeconsumatori. Da un lato, laccrescimento del loro potere dacquistoappare come una garanzia dello smaltimento dei prodotti sulmercato. Dallaltro, il restringimento dei loro salari la condizionedella valorizzazione del capitale:

    Ciascun capitalista sa di non star [di fronte] al suo operaio comeproduttore a consumatore, e perci desidera limitare nella misuradel possibile il suo consumo, cio la sua capacit di scambio, il suosalario. Naturalmente egli si augura che gli operai degli altricapitalisti siano il pi possibile grandi consumatori della sua merce.Ma il rapporto di ciascun capitalista con i suoi operai il rapportogenerale tra capitale e lavoro, il rapporto essenziale. Ma lillusione -vera per il singolo capitalista a differenza di tutti gli altri - che aeccezione dei suoi operai tutta la restante classe operaia gli stia difronte nella veste di consumatore e di soggetto di scambio, noncome operaio ma come chi spende denaro -questa illusione nasceappunto da questo [Marx, Grundrisse, cit., pp. 388-389].

    Poich il rapporto essenziale quello tra capitale e lavoro salariato,la proporzionalit il cui ripristino determinato dalla crisi tale daassicurare la ripresa, la proporzionalit che stabilisce la quantitadeguata di pluslavoro fornito da una data quantit di lavoronecessario. Il rapporto tra lavoro e capitale quindi unaproporzionalit di un tipo particolare, diverso da quella checaratterizza lequilibrio tra produzione e consumo, o lo scambio tra

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  • settori di produzione e la ripartizione dei capitali che vi sono investiti(e del lavoro coinvolto). La crisi si disvela come un mezzo perristabilire di forza una proporzionalit adeguata tra lavoro necessarioe pluslavoro.

    La spiegazione delle crisi di sovrapproduzione con linsufficienza delconsumo finale, in pratica del consumo dei beni di consumo,equivale a considerare sovrapproduzione e sottoconsumo come dueespressioni equivalenti di uno stesso fenomeno. Ora, lasovrapproduzione generale di merci che caratterizza la crisi non unicamente una sovrapproduzione di beni di consumo; anchesovrapproduzione di mezzi di produzione. Il sottoconsumo di beni diconsumo non quindi che una delle dimensioni dellasovrapproduzione generale che anche sovrapproduzione di mezzidi lavoro:

    periodicamente si producono troppi mezzi di lavoro e mezzi disussistenza, per farli funzionare come mezzi di sfruttamento deilavoratori a un saggio di profitto dato. Si producono troppe merciper poter realizzare nelle condizioni di distribuzione e nei rapportidi consumo dati dalla produzione capitalistica il valore in essecontenuto e il plusvalore ivi racchiuso, e riconvertirli in nuovocapitale, cio per poter compiere questo processo senzaesplosioni perennemente ricorrenti [Marx, Il Capitale, libro terzo,cit., pp. 329-330].

    Linterruzione dellaccumulazione del capitale nei suoi elementicostante e variabile, che comporta una caduta della domanda dimezzi di produzione e di beni di consumo, appare cos al livello del

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  • mercato come uninsufficienza della domanda globale, intermedia efinale, e non dei soli beni di consumo.

    La questione si riassume nel determinare se le crisi sono il risultatodi uno squilibrio del mercato, superabili con un appropriatoriaggiustamento, cio con un equilibrio dofferta e domanda e diproporzionalit dei settori, o il risultato di difficolt crescenti divalorizzazione del capitale, superabili con il solo ristabilirsi dellaprofittabilit, con una produzione sufficiente di plusvalore. Anche sesi manifestano sempre esteriormente come fenomeni di mercato, sispiegano a partire dalle condizioni di fruttificazione del capitale, ciodi produzione del plusvalore, che, senza essere immediatamentepercepibili, sono in ogni caso il motore della produzione capitalista.Di nuovo si trova confermata questa riflessione di Marx che ogniscienza sarebbe superflua, se la forma fenomenica e lessenza dellecose coincidessero immediatamente [Marx, Il Capitale, libro terzo,cit., pag. 1008].

    Sottoconsumo e eccesso di plusvalore: i precursori

    Per leconomia politica classica, come per la teoria neoclassica, lecrisi sono incidenti la cui esistenza attribuita al caso o a dellecause esterne al funzionamento normale delleconomia di mercato. Ilprincipio economico di base di queste due scuole lequilibrio delmercato. Nei classici, in particolare in Ricardo, questo sincarnanella legge di Say secondo la quale leconomia di mercato unsistema dequilibrio dove lofferta induce una domandacorrispondente. Secondo questa concezione, un eccesso di offerta odi domanda di una merce specifica o in un settore specifico si puverificare in modo puntuale, ma questo provoca un riaggiustamentodei prezzi che tende a ristabilire lequilibrio, cos che una

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  • sovrapproduzione generalizzata vista come impossibile. Poichqueste crisi comunque si producono, per dir cos malgrado la teoria,alcuni teorici sono stati portati a voltare le spalle alla teoria classica ealla sua spiegazione delle crisi come risultato di cause esterne alfunzionamento normale del sistema. Per Sismondi, le crisi disovrapproduzione sono causate dal sottoconsumo creato da unaripartizione iniqua dei redditi. Lo si pu considerare come ilfondatore della teoria sottoconsumista delle crisi capitaliste.

    Lanalisi di Sismondi stata ripresa dal suo contemporaneo ThomasRobert Malthus (1766-1834), poi circa centanni pi tardi, alliniziodel XX secolo, da John Hobson (1858-1940) in unopera del 1902intitolata Imperialism, nel contesto del capitalismo entrante nella suafase avanzata, quella dellimperialismo. Per lui, la volont diconquistare nuovi mercati, per smaltire sia la produzione eccedentesia il risparmio che non pu essere investito nel mercato interno, allorigine dellimperialismo. La produzione e il risparmio eccedentesi spiegano a loro volta con un sottoconsumo operaio che non arrivaad assorbire tutta la produzione e pone cos un limite agliinvestimenti redditizi, determinando crisi periodiche. Anticipando letesi di John Maynard Keynes, Hobson vede lintervento dello Stato afavore di una redistribuzione dei redditi e di una stimolazione delladomanda come il mezzo per superare le difficolt delleconomiacapitalista.

    Anche nel ricco dibattito che si svolto allinterno dellaSocialdemocrazia internazionale a cavallo tra XIX e XX secolo,linterpretazione sottoconsumista della teoria marxista delle crisi haavuto i suoi difensori. Accettando che la mancanza diproporzionalit tra i settori di produzione possa essere alla loroorigine, Karl Kautsky (1854-1938) difendeva il punto di vistasecondo il quale la ragione ultima delle crisi si trova nel

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  • sottoconsumo. Altri partecipanti al dibattito, tra i quali ConradSchmidt e Heinrich Cunow hanno difeso questa tesi. E comunqueRosa Luxemburg (1871-1919) la principale rappresentante dellacorrente sottoconsumista dellepoca. Il valore prodotto non pu, asuo avviso, essere smerciato nella sua totalit su un mercatocapitalista incapace dassorbirlo e quindi deve essere realizzato dauno scambio con lambiente non capitalista (artigiani, contadini,ecc) allinterno dei paesi capitalisti, e con lesportazione di merciverso i paesi dove il capitalismo non si ancora impiantato.

    La spiegazione delle crisi con il sottoconsumo ha avuto anche deidifensori moderni. La si trova esposta in particolare da Paul Baran(1910-1964) e Paul Sweezy (1910-2004), particolarmente inunopera che ha conosciuto una gran diffusione, intitolata MonopolyCapital pubblicata nel 1966. Il ruolo predominante dei monopolinella fase avanzata del capitalismo e la loro influenza sul livello deiprezzi hanno ai loro occhi leffetto di accrescere la massa di valorecaptato sotto la forma di plusvalore, la cui quantit eccederebbe diconseguenza le capacit di accumulazione. Saremmo cos inpresenza di difficolt di accumulazione attribuibili non auninsufficienza, ma a una sovrabbondanza di plusvalore, termine alquale gli autori preferiscono sostituire quello di surplus. Troviamoqui unanticipazione della tesi del plusvalore in eccesso enunciatada Alain Bihr. Per Baran e Sweezy, il riassorbimento della crisi edella stagnazione riposa allora sullassorbimento di questo surpluscon diversi mezzi, tra cui la spesa pubblica, o le spese di pubblicit,lo sperpero puro e semplice, il militarismo e limperialismo, comemodi di utilizzare le capacit eccedenti per risolvere il problemadellinsufficienza della domanda globale, per creare impiego egenerare redditi. Arrivano cos a delle conclusioni che sonofondamentalmente le stesse dellanalisi keynesiana.

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  • 2. La natura della crisi attuale

    Aldil delle varianti, linterpretazione sottoconsumista della crisiattuale pu essere riassunta in questo modo:

    la sua origine si trova in una ripartizione dei redditi diventatasempre pi sfavorevole ai salari e favorevole ai profitti

    in mancanza di investimenti redditizi nellindustria e nelcommercio, questi profitti sono stati massicciamente investiti neimercati finanziari

    linsufficienza dei redditi da salario ha spinto le famiglie aindebitarsi in proporzioni eccessive su questi mercati finanziari,in particolare per accedere alla propriet delle loro case, cosache ha portato alla crisi

    una modifica della ripartizione dei redditi in favore dei salaripermetterebbe di risolvere questo problema del sottoconsumo.

    La crisi sostanzialmente cos descritta da Alain Bihr nellarticologi citato, Il trionfo catastrofico del neoliberalismo, che sappoggiasulla tesi formulata da Michel Husson di un tasso daccumulazione che non segue pi il saggio di profitto. E espressa sempre in questitermini anche da Jacques Chavign in Il sistema capitalista in crisi.Il preteso piano di rilancio di Sarkozy ed anche in Qubec, da EricPineault in un articolo dal titolo Le origini profonde della crisi.

    Se incontestabile che il rilancio delleconomia degli Stati Unitiattraverso limmobiliare e tassi dinteresse molto bassi haartificialmente stimolato la domanda con lindebitamento dellefamiglie dopo lesplosione della bolla tecnologica nel 2001 - 2002, e

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  • che i prestiti ipotecari a elevato rischio sono stati il detonatore dellaattuale crisi finanziaria, uno sguardo sui processi che hanno portatoal disastro non pu che condurre al rifiuto dellipotesi che ne situalorigine nellinsufficienza dei redditi da salario e dallindebitamentoconseguente.

    Lungi dallessere lespressione di una legttima aspirazione deiconsumatori che non riescono ad acquistare questo bene diconsumo essenziale che la casa se non al prezzo di unindebitamento ipotecario a lungo termine, la formidabile bollaimmobiliare che si sviluppata dal 2001 al 2006 negli Stati Uniti(ma anche in altri paesi tra cui lInghilterra, la Spagna e lIrlanda) eche esplosa nel 2007, il risultato di una potente speculazioneche ha trasformato la casa di residenza in attivo finanziariorivendibile con profitto. Questa speculazione ha determinato un fortesovrainvestimento nella costruzione di case e in conseguenzaunenorme sovrapproduzione che non pu essere assimilata anessun sottoconsumo derivante da una contrazione, ben realedaltra parte, del potere dacquisto dei salariati.

    Sotto la forte spinta di promotori finanziari e immobiliari cheagiscono come predatori in un universo deregolamentato, unnumero sempre pi grande di famiglie, in particolare di famiglie chenon potevano pagare, si sono lasciate convincere che caseimpossibili per il loro potere dacquisto erano ormai accessibili, che illoro prezzo non poteva che continuare a salire, che avrebberopotuto molto presto se lo desideravano rivendere guadagnandoci lacasa appena acquistata e comprarne immediatamente unaltra, pispaziosa, pi lussuosa e pi cara, in un movimento di arricchimentosenza fine e che, se fosse stato impossibile rimborsare lipoteca,avrebbero sempre potuto liberarsene rivendendo con guadagno laloro propriet. Quando stata raggiunta la saturazione, la

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  • sovrapproduzione si manifestata attraverso il crollo dei prezzi dellecase e un collasso dei prestiti ipotecari a rischio.

    Gi in calo del 23% allinizio del 2009 dopo il loro apice raggiuntonel 2007, i prezzi delle case potrebbero ancora scendere di un 15%negli Stati Uniti prima di stabilizzarsi, secondo uno studio di MerrilLynch, a causa del livello insostenibile di stocks di case nuoveinvendute, che non potranno essere vendute che fra un anno. Perliquidare gli imponenti resti di questa sovrapproduzione, questostudio evoca lipotesi draconiana di una riduzione dellofferta di casenuove con limposizione di una moratoria della costruzione.

    La crisi immobiliare si sviluppata come crisi finanziaria, poi comecrisi delleconomia reale, e la sovrapproduzione si manifestata conuna riduzione generale della produzione manifatturiera mondialeche caduta a un ritmo annuale del 20% nel corso dellultimotrimestre del 2008. Commentando la situazione particolaredellindustria dellautomobile dove General Motors e Chrysleraffrontano oggi un imminente fallimento, mentre Toyota, Honda,Nissan e Mazda pensano di reclamare laiuto del governo persuperare la crisi, la rivista The Economist la caratterizza come unasituazione di sovracapacit cronica, con lindustria che puprodurre 94 milioni di veicoli allanno su scala mondiale mentre ladomanda non raggiunge che i 60 milioni quando la costruzione didecine di nuove fabbriche era ancora recentemente pianificata neipaesi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). Succede lo stessoanche nellindustria elettronica in cui i giganti giapponesi (Sony,Panasonic, Hitachi, Toshiba, NEC, Canon e Sharp) sono tutticostretti a chiudere numerose fabbriche e a fare licenziamenti dimassa, per aver costruito immense sovracapacit di produzione inuna corsa sfrenata alla conquista dei mercati e alleliminazione deiconcorrenti. Si pu concepire questa sovrapproduzione generale

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  • come limmagine capovolta di un sottoconsumo, e caratterizzare lacrisi attuale come una crisi di sovrapproduzione per sottoconsumorelativo dei salariati per riprendere lespressione di Alain Bihr? Epiuttosto il contrario che la realt rende evidente. La prima potenzaeconomica del mondo, gli Stati Uniti, dove la crisi attuale si scatenata, stata da almeno quindici anni il luogo di dispiegamentonon di un sottoconsumo, ma di un forte sovraconsumo, in particolaredi beni importati, che ha comportato un deficit cronico della suabilancia corrente dei pagamenti con lestero. Questo deficit haraggiunto il 6% del PIL nel 2006, ed stato finanziato dagliabbondanti surplus commerciali di paesi come il Giappone e laCina, provenienti dai guadagni delle merci esportate in gran partenegli Stati Uniti, prodotti dalle loro capacit produttive che sono essestesse componenti della sovracapacit mondiale. Dal 2000 al 2008,5.700 miliardi di dollari, il 40% del PIL del 2007, sono entrati negliStati Uniti, che hanno visto il risparmio estero finanziare il loroenorme consumo eccedente. La Gran Bretagna, la Spagna elIrlanda colpiti anche loro dalla bolla immobiliare, hanno conosciutoimportanti deficit correnti, derivanti da un consumo eccedente che ilrisparmio estero ha reso possibile. Nel corso dello stesso periodo,dal 2000 al 2008, hanno beneficiato dellapporto di fondi stranieriche hanno rappresentato rispettivamente il 20%, il 50% e il 20% delloro PIL del 2007. Va da s che il risparmio straniero che hafinanziato il sovraconsumo di questi paesi stato realizzato ascapito del consumo nei paesi in cui leconomia basata sulleesportazioni. La Cina il migliore esempio, con delle esportazioniche costituiscono il 35% del suo PIL. E anche diventata alla fine del2008 il primo creditore degli Stati Uniti, davanti al Giappone. Lungidallessere uno svantaggio limitato alla crisi, i salari molto bassi e ildebole consumo al quale questi danno accesso sono stati invece,come naturale sotto il capitalismo, un potente fattore di crescita edi accumulazione. Meglio ancora, la parte dei salari nel PIL in Cina

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  • caduta dal 53% nel 1998 al 40% nel 2007, anno in cui il tasso dicrescita del PIL passato dall8% al 13%.

    Attirati da questi bassi salari e dalla loro capacit di compensare lapenuria di plusvalore cui fanno fronte nei paesi sviluppati, i capitalistranieri vi hanno massicciamente investito in mezzi di produzione,moltiplicando il PIL per dieci in trentanni dalla svolta storica verso ilcapitalismo intrapresa sotto la direzione di Deng Xiaoping nel 1978,portando la Cina al rango di terza potenza economica mondiale. Nelcuore della crisi attuale, le decine di migliaia di chiusure di fabbrichee i milioni di perdite di posti di lavoro che alimentano la crisi socialesono la manifestazione locale eclatante che questa componenteormai maggiore delleconomia globale al cuore della crisi mondialedi sovrapproduzione di merci e di sovraccumulazione di capitale.

    Questa situazione di sovrapproduzione di merci e disovraccumulazione di capitale sotto forma di mezzi di produzione,che riguarda tutti i settori e tutti i paesi, non pu che sollevare degliinterrogativi sulla conclusione di Michel Husson secondo la quale ladiminuzione continua della parte delle ricchezze prodotte che ritornaai salariati ha permesso un ristabilimento spettacolare del saggiodi profitto dalla met degli anni 80, ma questo sovrappi di profittonon stato utilizzato per investire di pi.

    Cos come poco credibile lipotesi del sottoconsumo, cos pococredibile anche lipotesi complementare che situa la fonte della crisifinanziaria nel solo credito a rischio concesso alle famiglie. Il capitaleinvestito nel credito alle famiglie non costituisce, in effetti, che unaparte della massa gigantesca di capitale fittizio che circolaliberamente nel mondo alla caccia di profitti e speculazioni. E inquesto capitale artificialmente gonfiato e minacciato di liquidazionein ogni momento che si trova lorigine profonda della crisi

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  • finanziaria. Unespressione del suo gigantismo il valore mondialedei prodotti derivati di ogni tipo di transazioni private, che erano allafine del 2008 dellordine di 700.000 miliardi di dollari, cio circa 14volte il Prodotto Mondiale Lordo. Ricordando che il valore degli attividei fondi comuni di investimento ha perso 2.400 miliardi di dollarinegli Stati Uniti nel 2008 e che la capitalizzazione borsisticamondiale caduta di 30.000 miliardi, la rivista The Economist del 6dicembre 2008 scrive che perdite di una tale ampiezza lascianonellombra le perdite subite dai titoli legati al credito alle famiglie chehanno scatenato la crisi finanziaria del 2007.

    In un numero fuori serie intitolato Il mondo nel 2009 la stessarivista prevede che lanno 2009 sar segnato da fallimenti massiccidi imprese e banche, in particolare per il loro ricorso su larga scala aprestiti ad alto rischio (obbligazioni spazzatura) che sono per leimprese lequivalente dei prestiti ipotecari a rischio fatti dallefamiglie. Come le famiglie, le imprese hanno ceduto nel corso degliultimi anni al fascino dei bassi tassi dinteresse e alle sollecitazionidei prestatori, per rifinanziare i loro prestiti. I due terzi dei prestitiaccordati alle imprese nel 2007 erano prestiti a rischio, precisa larivista. Poich questi prestiti verranno a scadenza in gran numeronel 2009 sono da prevedere forti tassi di fallimenti. Ci avr, tralaltro, una seria incidenza sul mercato di 55.000 miliardi di dollaridei titoli di garanzia contro il rischio di fallimento dei prestatori (creditdefault swaps), che faranno diventare questi titoli (la cui funzioneera di prevenire la crisi) degli amplificatori della crisi. Conconseguenze evidenti sulleconomia reale.

    3. Rilanciare laccumulazione con il consumo?

    Se lorigine delle crisi non risiede nel sottoconsumo, il loro

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    21 di 32 29/09/2015 19:43

  • riassorbimento pu forse riposare sulla stimolazione della domandaglobale, che al centro della politica economica keynesiana messain atto dallinsieme dei governi e organismi internazionali per tentaredi superare la crisi attuale? Dappertutto, effettivamente, sono statiannunciati programmi di rilancio fondati su stimoli monetari e fiscalidestinati a promuovere la crescita della produzione e dellimpiegoattraverso la domanda di beni di consumo e linvestimento pubblicoe privato: abbassamento dei tassi dinteresse, riduzioni dimposta,aumento del salario minimo, sostegno ai disoccupati, ai pi poveri eai pensionati, sovvenzioni alle imprese in difficolt e lavoridinfrastruttura.

    Questi mezzi sono adatti per realizzare gli scopi che si prefiggono?Perch lo siano, bisognerebbe che potessero risolvere il problemache allorigine del loro utilizzo, il blocco dellaccumulazione. Lespese pubbliche stimolano lattivit economica. La produzioneindotta da queste, in particolare attraverso lavori pubblici,costruzione di strade, scuole, ospedali, ecc. aumenta la domandaglobale per mezzo di acquisti dalle imprese private che fannoprofitti. Le altre spese pubbliche, creando redditi che saranno spesi,hanno ugualmente unincidenza sul sistema produttivo aumentandola domanda globale. Tutto lascia quindi credere che questa speseavranno leffetto di aumentare la quantit globale di profitto che va alcapitale privato, fornendogli cos gli ingredienti necessari persuperare le sue difficolt daccumulazione. Ma prima di tirare delleconclusioni, bisogna interrogarsi sulla fonte del finanziamento dellespese pubbliche e sulluso, produttivo o improduttivo, al quale sonodestinate.

    Il finanziamento delle spese pubbliche proviene da entrate delgoverno che, direttamente o indirettamente, si riducono tutte, aldildelle loro particolari forme, alle due fonti che sono il prelievo sui

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    22 di 32 29/09/2015 19:43

  • redditi da capitale e sui redditi da lavoro salariato, cio sui profitti esui salari, poich i prestiti equivalgono a imposte differite. Ogniimposta sui profitti una riduzione della loro parte accumulabile(capitalizzabile). Le somme prelevate in imposte sui profitti possono,in tutto o in parte, tornare al capitale come sovvenzioni alle impresein difficolt. Globalmente, il capitale recupera allora delle sommeche sono di nuovo disponibili per laccumulazione. Le sommeprelevate come imposte sui profitti ritornano anche in modo indirettoattraverso lintermediazione dei servizi che lo Stato fornisce alleimprese private. Ma il solo apporto netto quello che provienedallimposta sui salari.

    La produzione indotta dallo Stato migliora la situazione dal punto divista del profitto globale solo se il suo finanziamento proviene da unprelievo sui salari. Infatti, la condizione che consente ilmiglioramento essenzialmente quella da cui dipendono ingenerale la produzione e laccumulazione capitalista, vale a dire ilrapporto tra lavoro salariato e capitale, tra salario e profitto, in altritermini la possibilit per il capitale di estorcere di pi dalla forzalavoro con lintermediazione dello Stato. La spesa pubblica elaumento della domanda globale a cui d luogo non giocano allafine qui che un ruolo dintermediario; il loro effetto, se positivo,risiede su basi esterne. La produzione indotta dallo Stato , di pers, inadatta a rimediare alle difficolt dellaccumulazione.

    Ma questa solo la prima dimensione di un processo che, in fin deiconti, non sar necessariamente favorevole allaccumulazione. Tuttodipende a cosa saranno destinate le somme percepite dallo Stato.Assegnate allimpresa privata in sovvenzioni dirette o comesostegno di vario tipo alla sua attivit redditizia, influenzerannofavorevolmente laccumulazione. Versate ai disoccupati, aipensionati, ai variamente assistiti, o destinati al finanziamento dei

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    23 di 32 29/09/2015 19:43

  • servizi pubblici (sanit, educazione,trasporti, rete stradale,installazioni sanitarie, difesa, sicurezza pubblica, ecc.) e dei lavoripubblici, in una parola spesi improduttivamente, costituiscono unpeso per laccumulazione. Per essere produttiva nel sensocapitalista del termine, bisogna che la spesa pubblica sia nonproduttiva in generale o produttrice di beni utili, ma produttiva per ilcapitale o generatrice di profitto.

    Spese pubbliche improduttive per il capitale

    Versate a una popolazione esclusa dallattivit produttiva, le diverseindennit di sostegno ai disoccupati, alle persone variamenteassistite, ai pensionati, ecc., non sono lequivalente dei salari versatiin qualit di capitale variabile a dei salariati attivi la cui funzione quella di far fruttare il capitale. Sono spesi dallo Stato proprio iredditi percepiti grazie alle imposte sui salari e sui profitti dellafrazione attiva della popolazione. Serviranno alla fine allacquisto deibeni di consumo, compensando cos la riduzione del consumo finalee intermediario che viene dalle imposte percepite sui salari e suiprofitti. Ma dal punto di vista del capitale e della sua accumulazione,le spese pubbliche che hanno permesso questo consumo nonhanno la stessa incidenza che la somma equivalente versata insalari a dei lavoratori attivi. Consumate in modo improduttivo, sonoperse per laccumulazione. E per il capitale non conta nientaltro.Dal punto di vista del capitale sono improduttive.

    E lo stesso per le spese destinate al finanziamento dei servizipubblici e dei lavori pubblici. Un investimento pubblico nelleinfrastrutture un investimento nel senso generale del termine,nella misura in cui lo Stato mette in piedi attrezzature materialmentee socialmente necessarie. Al contrario, se sintende il termine

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    24 di 32 29/09/2015 19:43

  • investimento non pi in questo senso generale e sociale, ma nelsenso proprio delleconomia capitalista, quello dellinvestimento delcapitale, cio dinvestimento la cui finalit quella di fruttare, non sipu pi parlare di spese pubbliche dinfrastruttura come di uninvestimento, perch un tale investimento improduttivo per ilcapitale, cio non produttore di profitto. Una volta realizzata, laproduzione indotta dalla Stato, come una nuova strada per esempio, messa a disposizione del pubblico. In quanto bene di consumopubblico ha unaccessibilit generale e gratuita. La spesa pubblicaeffettuata per realizzarla non d profitto.

    Un investimento produttivo un investimento che frutta. Figliando in grado di pagare da solo, di produrre da solo i fondi necessariallammortamento del costo iniziale, alla conservazione e al suofunzionamento e alloccorrenza alla riproduzione su pi larga scala.Questo non il caso della spesa pubblica di cui stiamo parlando;questa improduttiva. Linvestimento pubblico cui d luogo nonfrutta. Non paga. Il suo ammortamento, cos come le spese correntidi funzionamento, di mantenimento e di riparazione devono esserefinanziate con le entrate annuali dello Stato, che gli derivano daunaltra fonte, quella delle imposte e dei prestiti. Sarebbeevidentemente unaltra cosa il caso di unautostrada a pedaggio lecui spese di utilizzo fossero stabilite in modo da assicurare non sololautofinanziamento, ma anche la redditivit di una spesa cherisulterebbe cos un investimento in senso stretto. Saremmo allora inpresenza di un consumo di tipo privato, redditizio, e non di unconsumo pubblico.

    La sola attivit che genera un profitto globale quella che provienedal rilancio dellinvestimento privato o dallinvestimento pubblicoredditizio, dalla creazione di nuove capacit produttive i cui prodottisono destinati non al consumo pubblico ma al consumo privato

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    25 di 32 29/09/2015 19:43

  • redditizio. Qui la spina dorsale dellattivit in regime capitalista. Ilfine ultimo della politica keynesiana e dei governi che vi ricorrono precisamente di arrivare con lintervento statale a ristabilire lecondizioni di redditivit privata e di preservare lo statu quo ante.

    Una necessaria presa in mano da parte dello StatoMentre ieri giuravano solo sul mercato, oggi i governi sonointervenuti massicciamente a colpi di miliardi di dollari di fondipubblici, soprattutto per acquistare su una base temporanea esenza rivendicare alcun diritto sulle loro decisioni, una parte delcapitale di grandi banche, di societ di assicurazioni e di altresociet private, con lo scopo di assicurarne il salvataggio a spesedella collettivit e di gettare le basi di un ritorno integrale alliniziativaprivata redditizia, di conseguenza allanarchia che ne ilfondamento e alle crisi a venire che non potranno che derivarne.

    Invocano per questo largomento del too big to fail (espressioneconsacrata dal gergo finanziario anglosassone che significa troppogrande per fallire) e agitano lo spauracchio di rischi ancora pigrandi per leconomia e per i posti di lavoro che ne risulterebbe incaso di rifiuto dei poteri pubblici dintervenire.

    Questi interventi dello Stato non hanno nulla della socializzazioneche alcuni vi hanno voluto vedere, mettono invece chiaramente inevidenza il vicolo cieco a cui il sistema della propriet privata portaquando lasciato a se stesso, e lobbligo che gli si impone dicercare la via duscita allesterno dei propri ambiti, cio allesternodel quadro delliniziativa privata facendo appello allo Stato. La crisiattuale evidenzia grandemente i limiti di questo sistema,lincompatibilit, come diceva Marx, tra la dimensione sempre pi

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    26 di 32 29/09/2015 19:43

  • grande, cio sempre pi sociale, dei mezzi di produzione e ilcarattere sempre pi privato e concentrato della loro propriet.Unincompatibilit che comporta la necessit della loro presa inmano da parte della collettivit e della loro pianificazionedemocratica come beni pubblici che hanno una missione di serviziopubblico, ma che punta il dito, drammaticamente, sul degradopolitico attuale prodotto da trentanni di neoliberalismo e diimpreparazione dei lavoratori chiamati a raccogliere questa sfida. Daqui lurgenza di mettersi dimpegno. Per proseguire, bisogna primadi tutto prendere coscienza del fatto che unimpresa privatagiudicata too big to fail e la cui sopravvivenza risiede nel sostegnostatale, dovrebbe essere considerata come too big to remainprivate, troppo grossa per rimanere propriet privata, sotto gestioneprivata e fonte di profitti privati. La politica minima che deriva daquesto corollario dovrebbe essere il rifiuto alle societ, al soccorsodelle quali si corre, di qualsiasi concessione di fondi pubblici nonaccompagnata da unacquisizione almeno parziale, se non totale, daparte dello Stato, su base permanente e con un controllodeterminante di gestione. A tale proposito bisogna notare che ilmolto conservatore Financial Times di Londra ha evocato nelnovembre scorso leventuale necessaria presa in mano dello Statodelle grandi banche salvate con fondi pubblici che continuassero arifiutare di svolgere il loro ruolo sociale di dispensatrici di credito allapopolazione, destinando ad altro uso il denaro pubblico messo aloro disposizione. Questa idea stata in seguito ripresa da dirigentipolitici e ambienti finanziari di fronte alla constatazione di fallimentodei piani di salvataggio gi messi in opera, precisando tuttaviachiaramente il loro punto di vista secondo il quale lanazionalizzazione, se si doveva ricorrere a questa in extremis,avrebbe dovuto essere un acquisto dello Stato al giusto valore dimercato e non unespropriazione, nella prospettiva esplicita dirimettere il prima possibile nelle mani del capitale privato imprese

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    27 di 32 29/09/2015 19:43

  • ridiventate redditizie grazie al recupero pubblico.

    La propriet pubblica delle banche e delle societ di creditogarantirebbe lesercizio di questa funzione sociale che loro ebandirebbe la speculazione, la frode e le indecenti remunerazionidei dirigenti che incancreniscono il sistema. Sarebbe unutile chiavedi controllo da conquistare per la collettivit sullorganizzazionegenerale dellattivit produttiva e distributiva. Per riprendere i terminidi Engels nellAnti-Dhring, questo processo economicamenteinevitabile, e spinge il rappresentante ufficiale della societcapitalista, lo Stato a prendere la direzione delle grandi imprese aquesto stadio del loro sviluppo, in cui sono diventate cos enormiper essere dirette dalle societ per azioni. Una tale statalizzazione,precisa, anche se viene compiuta dallo Stato attuale, rappresentaun progresso economico. Significa il raggiungimento di un nuovostadio preliminare nella presa di possesso di tutte le forze produttiveda parte della societ [Marx-Engels, Opere, vol. XXV, cit., pp.266-267].

    La timidezza dei piani di rilancio

    Le precedenti conclusioni in merito alla natura, improduttiva per ilcapitale, delle spese pubbliche non dovrebbero suggerire che lemisure cui danno luogo non dovrebbero essere messe in atto. Alcontrario, programmi di formazione dei lavoratori lasciati a casa perla crisi, di sostegno ai disoccupati, ai pi bisognosi e ai pensionati lecui pensioni capitalizzate si sono fortemente deprezzate con lacaduta delle borse, cos come aumenti salariali e lavori pubblici digrande portata dovrebbero essere la priorit dei governi. Vastiprogrammi di rinnovamento e di sostituzione di infrastrutturedovrebbero in particolare fornire loccasione per un maggiore

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    28 di 32 29/09/2015 19:43

  • riorientamento fondato su obiettivi di protezione dellambiente edella qualit della vita in generale.

    Lanalisi che stata fatta del carattere improduttivo delle spesepubbliche permette di comprendere perch i programmi di spesepubbliche basati sul rilancio delleconomia che sono stati annunciatifinora con grande pubblicit siano cos timidi e tardano a essererealizzati, mentre un sostegno finanziario alle banche e al settorefinanziario in generale stato massicciamente concesso e congrande urgenza.

    Negli Stati Uniti, impegni totali di 8.400 miliardi di dollari, pi del50% del PIL, sono stati annunciati dallesplosione della crisifinanziaria nel corso del 2008. Il Piano di stabilizzazione finanziariadi 2.500 miliardi di dollari, reso pubblico il 10 febbraio 2009 dalSegretario al Tesoro di Barak Obama ha aggiunto circa 1.000miliardi di nuovi fondi pubblici, mentre il resto dovrebbe provenireda capitali privati. Adottato al termine di un laborioso processo, ilpiano Obama di rilancio delleconomia reale, di 787 miliardi di dollariin due anni, di cui 282 miliardi (36%) in sgravi fiscali e 150 miliardi(19%) in investimenti pubblici, non rappresenta che il 9,4% delpiano di salvataggio del settore finanziario.

    Le proporzioni sono dello stesso ordine in Francia dove il piano dirilancio di 26 miliardi di euro in due anni, di cui 11 miliardi ininvestimenti pubblici, mentre le banche sono state gratificate di 360miliardi di euro. La sua ampiezza, lo 0,7% del PIL in media peranno, tuttavia nettamente inferiore di quella del piano Obama, che del 2,8%. Tanto pi che lamministrazione Obama ha annunciatoper gli anni 2009 e 2010 importanti spese di budget supplementariche creeranno un deficit di pi del 12% del PIL il primo anno e quasialtrettanto il secondo.

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    29 di 32 29/09/2015 19:43

  • La Germania, dopo aver inizialmente deciso con riluttanza un pianodi 31 miliardi di euro in due anni, si vista costretta ad aumentarlodi 50 miliardi nel gennaio 2009, e il nuovo piano di 81 miliardi dieuro rappresenta in media per ogni anno l1,7% del PIL annuale.

    La Gran Bretagna, che ha massicciamente investito nel salvataggiodelle banche, si distingue per la debolezza delle sue misure dirilancio delleconomia reale.

    La somma totale per la quale si sono impegnati i paesi dellUnioneEuropea stata valutata a 400 miliardi di euro per il 2009 e 2010dalla Commissione europea, cio una percentuale annuale mediadell1,65% del loro PIL per i due anni. Questa somma include i pianinazionali di rilancio dei diversi governi, ma anche laumento dellespese sociali indotte dalla crisi, per effetto di quelli che vengonochiamati gli stabilizzatori automatici, come lindennit didisoccupazione e lassistenza sociale. Malgrado gli appelli degliStati Uniti (preoccupati soprattutto di mettere in atto delle misure disostegno allattivit mondiale) a uno sforzo di bilanciosupplementare, lanciati allinizio di marzo in vista del summit delG20 del 2 aprile a Londra, i paesi dellUnione Europea hannodichiarato che era escluso poter fare di pi, affermando di volerbasare il vertice soprattutto su una riforma del sistema finanziariointernazionale.

    In Canada, grazie solo a una crisi parlamentare che minacciava dirovesciare il governo conservatore minoritario, questi, dopo avernegato la necessit di un programma di rilancio, ha dovuto perrestare al potere proporre un programma di 40 miliardi di dollaricanadesi in due anni, di cui 12 miliardi per le infrastrutture e il restoper sgravi fiscali diversi. Questo programma, il cui totale realesarebbe di 32 e non di 40 miliardi secondo il Direttore parlamentare

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    30 di 32 29/09/2015 19:43

  • del budget, non rappresenta che l1,3% del PIL in media per anno,mentre 200 miliardi di dollari sono stati destinati a rinforzare ilsistema finanziario.

    Dopo aver dichiarato un piano di rilancio di 120 miliardi di dollarinellagosto 2008, il Giappone ne ha dichiarato un altro in ottobre, poiun terzo in dicembre, portando il totale a questa data a 550 miliardidi dollari. Quanto alla Cina, ha lanciato nel novembre 2008 un pianodi 585 miliardi di dollari, il 16% del suo PIL del 2007, che comportadegli investimenti in infrastrutture ripartiti su parecchi anni di cuibuona parte erano gi previsti. In seguito ha annunciato unsupplemento di 125 miliardi di dollari in tre anni per migliorare lasanit, e altre misure destinate a favorire il consumo. Anche se iltotale reale del piano di rilancio valutato la met del totale ufficiale,la sua grandezza attesta la viva preoccupazione dei dirigenti difronte allascesa del malcontento sociale.

    Negli Stati Uniti, il piano Obama ha per obiettivo quello di creare o disalvaguardare tra i 3 e i 4 milioni di posti di lavoro, il che nettamente insufficiente perch nel corso dei quattro ultimi mesi del2008 il numero di perdite di posti di lavoro arrivato a 2 milioni e sene prevedono altri 5 nel 2009. Linsufficienza dei mezzi utilizzati daObama stata rilevata da numerosi economisti tra i quali PaulKrugman, insignito nel 2008 del Nobel per leconomia, in un articoloapparso sul New York Times il 13 gennaio 2009. Appoggiandosisulle previsioni del Budget Office del Congresso degli Stati Uniti,valuta a 2.100 miliardi, pi di due volte e mezzo i 787 miliardi delpiano Obama, il totale minimo necessario perch la produzione simantenga al livello del suo potenziale. Il premio Nobel del 2001,Joseph Stiglitz, ha espresso le stesse riserve, sottolineando inparticolare che un terzo del piano di rilancio consiste in riduzionifiscali la maggior parte delle quali sar economizzata piuttosto che

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  • spesa da una popolazione minacciata da una disoccupazione inrapido aumento, dalla crescita dellindebitamento e dalleffettodimpoverimento provocato dalla caduta delle borse e dal valoredelle case.

    A fini comparativi, utile ricordare lesperienza del New Dealdurante la depressione degli anni 30. Sotto la presidenza diFranklin Delano Roosevelt, il governo aveva impiegato il 60% deidisoccupati del paese in vasti lavori pubblici come la piantagione diun miliardo di alberi, la costruzione o la ristrutturazione di migliaia discuole, di migliaia di ospedali, di aeroporti, di ponti e parchi, di pi diun milione di chilometri di strade, senza contare importanti progetticome quello della Tennessee Valley Authority (lavori dirrigazione, dilotta contro lerosione, produzione idroelettrica, sviluppo industriale,ecc.). Si sa che nonostante lampiezza di queste misure, il tasso didisoccupazione negli Stati Uniti, che era pi del 30% nel 1933 edera stato ridotto al 13% nel 1936, era sempre del 10% nel 1940.Solo con la Seconda Guerra Mondiale la disoccupazione vennefinalmente eliminata (l1% dal 1941) e lattivit economicavigorosamente rilanciata.

    Fonte: Carr rouge, n. 40, avril 2009Traduzione dal francese di C. Garolla

    Louis Gill: All'origine delle crisi: sovrapproduzione o sottoconsumo? about:reader?url=http://www.sinistrainrete.info/marxismo/1150-louis-gi...

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