L'opinione

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A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A A 01_13_02_11 generato 11/02/2011 19:39 di ROSSELLA GEMMA Nomadi LA SPERANZA DI UNA VITA MIGLIORE OLTRE IL CAMPO La superficialità del razzismo di FRANCESCO DI MAJO INTOLLERANZA a notizia dei quattro bambini morti in un campo nomadi di Roma, ha riaperto vecchie ferite, probabilmente,maichiuse. Perché già a Roma era succes- so nell’agosto scorso, stessi titoli sui giornali, un bambino morto e il fratellino ferito grave. E poi a Mi- lano, marzo 2010, vittima un ra- L gazzo di 13 anni, a Livorno nel 2007, anche allora 4 bambini morti. L’elenco può continuare con Milano, gennaio ’95, ancora 4 bambini; Caserta, gennaio 2007, morti due giovanissimi sposi di 14 e 15 anni; e probabilmente altri, dimenticati nei meandri impietosi della cronaca. Gli incendi, nei singoli casi possono anche av- venire per fatalità o disattenzio- ne, ma certo sono un segno che questa difficoltà storica, nell’Italia di oggi non solo permane, ma se possibile è ancora più accen- tuata. Chi l’ha detto che i nomadi vogliono vivere in un campo a- busivo, dentro le baracche tra le fratte? Invece vogliono essere sgomberati. Sperano che arrivino presto i carabinieri e la polizia. Che li portino via, lontani da una vita di stenti nelle favelas senza luce, acqua, gas e fogne. Parla a “L’Opinione” Massimo Converso, presidente di “Opera Nomadi”, l’associazione nazionale che dal 1965 si fa mediatrice tra i pubblici poteri ed i gruppi di rom e sinti per la tutela dei loro diritti e per favo- rire interventi specifici atti a sa- nare le situazioni di svantaggio. Continua a pagina 2 forza di essere vento. Così recita il titolo tradotto (Khorakhanè) di una delle can- zoni dell’ultimo album che scrisse Fabrizio De Andrè, a quattro mani con Ivano Fossati, ed incentrato tutto sullo studio e la sublimazione della cultura Rom. Accanto agli “zingari felici”, parafrasando un’altra celebre canzone, stavolta di Claudio Lolli, c’è però la percezione, tal- volta superficiale e poco attinente all’oggetti- vità dei fatti, dello zingaro inteso come ladro, violento, sporco e poco incline all’integrazione. Ed ecco che, come sempre e ciclicamente nella storia dell’Uomo, contro il diverso si scaglia l’odio e la rabbia di chi si sente migliore, più evoluto, puro. Nazismo, Razzismo, Fascismo sono le facce della stessa medaglia, ovvero quella dell’intolleranza, dell’incapacità di con- vivere con chi è “diverso”. Il popolo dei no- madi, definizione con cui raccogliamo spesso tutta una serie di realtà umane come i Gitani, i Camminanti, i Sinti, etc etc, sono quelli che co- munemente vengono chiamati “zingari”, pa- rola spesso usata nell’accezione negativa che ha assunto il termine. Durante il secondo conflitto furono chiusi nei campi di sterminio nazisti, insieme a ebrei, omosessuali, dissidenti politici. I nomadi in Italia sono molto meno di quelli di cui si ha la percezione. Centosettantamila al massimo, come un rione del centro di Roma, spalmati su tutto il territorio nazionale. Un’ine- zia. Ma tanto è. Le persone che hanno biso- gno di dare una colpa a tutto quello che accade di male nella società, identificano spesso nella popolazione nomade il Male assoluto, l’insicu- rezza fatta carne ed ossa, non capendo che proprio il razzismo e l’intolleranza sono stati i migliori dei concimi per far crescere la mala- pianta del nazismo e del fascismo. Le popola- zioni nomadi sono anche quelle che, ad Anco- na e in altre grandi città dell’Italia come Ge- nova, hanno trovato il “terreno” giusto per diventare stabili e dove creare il centro dei pro- pri affari ed interessi, formando il tessuto più forte dell’economia locale. Forse lo dimentica o, più semplicemente non lo sa, quella parte della popolazione italiana che, in occasione della tragedia dei quattro bimbi rom morti nel rogo della loro baracca (probabilmente, ma è un- ’altra storia, per negligenza dei genitori e per omissione di soccorso dei vicini) ha addirittura pensato che “meglio quattro in meno che una donna italiana stuprata in futuro” è un buon risultato. Aberrazioni che vorremmo solo im- maginare, ma che nella triste realtà dei fatti, hanno trovato ampio spazio anche su social network e sui siti di autocompiacimento razzista di piccoli gruppi di neo-nazisti e negazionisti, che inneggiavano al “pestare gli zingari”. Menti poco allenate alla tolleranza e alla democrazia. Forse solo pigri. Perché vivere in una comu- nità è faticoso, come faticoso è accettare il diverso e farlo parte di noi e della nostra cre- scita basata sulla esperienza e sul confronto, positivo o negativo che sia, con gli altri. Continua a pagina 3 A Foto di FRANCESCO RICCI LOTTERINIGI www.francescoricci.com

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di ROSSELLA GEMMA

NomadiLA SPERANZADI UNA VITA

MIGLIOREOLTRE

IL CAMPO

La superficialitàdel razzismodi FRANCESCO DI MAJO

INTOLLERANZA

a notizia dei quattro bambinimorti in un campo nomadi di

Roma, ha riaperto vecchie ferite,p r o b a b i l m e n t e , m a i c h i u s e .Perché già a Roma era succes-so nell’agosto scorso, stessi titolisui giornali, un bambino morto e ilfratellino ferito grave. E poi a Mi-lano, marzo 2010, vittima un ra-

Lgazzo di 13 anni, a Livorno nel2007, anche allora 4 bambinimorti. L’elenco può continuarecon Milano, gennaio ’95, ancora 4bambini; Caserta, gennaio 2007,morti due giovanissimi sposi di 14e 15 anni; e probabilmente altri,dimenticati nei meandri impietosidella cronaca. Gli incendi, neisingoli casi possono anche av-venire per fatalità o disattenzio-

ne, ma certo sono un segno chequesta difficoltà storica, nell’Italiadi oggi non solo permane, ma sepossibile è ancora più accen-tuata. Chi l’ha detto che i nomadivogliono vivere in un campo a-busivo, dentro le baracche tra lefratte? Invece vogliono esseresgomberati. Sperano che arrivinopresto i carabinieri e la polizia.Che li portino via, lontani da una

vita di stenti nelle favelas senzaluce, acqua, gas e fogne. Parla a“L’Opinione” Massimo Converso,presidente di “Opera Nomadi”,l’associazione nazionale che dal1965 si fa mediatrice tra i pubblicipoteri ed i gruppi di rom e sinti perla tutela dei loro diritti e per favo-rire interventi specifici atti a sa-nare le situazioni di svantaggio.

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forza di essere vento. Così recita il titolotradotto (Khorakhanè) di una delle can-

zoni dell’ultimo album che scrisse Fabrizio DeAndrè, a quattro mani con Ivano Fossati, edincentrato tutto sullo studio e la sublimazionedella cultura Rom. Accanto agli “zingari felici”,parafrasando un’altra celebre canzone, stavoltadi Claudio Lolli, c’è però la percezione, tal-volta superficiale e poco attinente all’oggetti-vità dei fatti, dello zingaro inteso come ladro,violento, sporco e poco incline all’integrazione.Ed ecco che, come sempre e ciclicamente nellastoria dell’Uomo, contro il diverso si scaglial’odio e la rabbia di chi si sente migliore, piùevoluto, puro. Nazismo, Razzismo, Fascismosono le facce della stessa medaglia, ovveroquella dell’intolleranza, dell’incapacità di con-vivere con chi è “diverso”. Il popolo dei no-madi, definizione con cui raccogliamo spessotutta una serie di realtà umane come i Gitani, iCamminanti, i Sinti, etc etc, sono quelli che co-munemente vengono chiamati “zingari”, pa-rola spesso usata nell’accezione negativa che haassunto il termine. Durante il secondo conflittofurono chiusi nei campi di sterminio nazisti,insieme a ebrei, omosessuali, dissidenti politici. Inomadi in Italia sono molto meno di quelli dicui si ha la percezione. Centosettantamila almassimo, come un rione del centro di Roma,spalmati su tutto il territorio nazionale. Un’ine-zia. Ma tanto è. Le persone che hanno biso-gno di dare una colpa a tutto quello che accadedi male nella società, identificano spesso nellapopolazione nomade il Male assoluto, l’insicu-rezza fatta carne ed ossa, non capendo cheproprio il razzismo e l’intolleranza sono stati imigliori dei concimi per far crescere la mala-pianta del nazismo e del fascismo. Le popola-zioni nomadi sono anche quelle che, ad Anco-na e in altre grandi città dell’Italia come Ge-nova, hanno trovato il “terreno” giusto perdiventare stabili e dove creare il centro dei pro-pri affari ed interessi, formando il tessuto piùforte dell’economia locale. Forse lo dimentica o,più semplicemente non lo sa, quella parte dellapopolazione italiana che, in occasione dellatragedia dei quattro bimbi rom morti nel rogodella loro baracca (probabilmente, ma è un-’altra storia, per negligenza dei genitori e peromissione di soccorso dei vicini) ha addiritturapensato che “meglio quattro in meno che unadonna italiana stuprata in futuro” è un buonrisultato. Aberrazioni che vorremmo solo im-maginare, ma che nella triste realtà dei fatti,hanno trovato ampio spazio anche su socialnetwork e sui siti di autocompiacimento razzistadi piccoli gruppi di neo-nazisti e negazionisti,che inneggiavano al “pestare gli zingari”. Mentipoco allenate alla tolleranza e alla democrazia.Forse solo pigri. Perché vivere in una comu-nità è faticoso, come faticoso è accettare ildiverso e farlo parte di noi e della nostra cre-scita basata sulla esperienza e sul confronto,positivo o negativo che sia, con gli altri.

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Foto di FRANCESCO RICCI LOTTERINIGI www.francescoricci.com