Longu e -mail: Intervista al consigliere nazionale Ignazio ... · Tra italianità e attualità...

3
norevole Cassis, prima di porle alcune domande desidero fare una premes- sa di carattere storico. Cento anni fa si svilup- pava in Ticino nei confronti della Berna federale una forte rivendica- zione contro l’ ”intedeschimento” ma soprattutto in difesa dell’ ”ita- lianità” di questo Cantone periferi- co. Negli anni seguenti un gruppo di donne e uomini prestigiosi, tici- nesi e italiani (Teresa Bontempi, Rosetta Colombi, Giuseppe Prezzolini, Francesco Chiesa, Carlo Salvioni, Giuseppe Zoppi e altri) diedero vita a una lunga serie di prese di posizione su giornali e rivi- ste (soprattutto l’Adula, fondata nel 1912) e in politica, che culmina- rono nelle “rivendicazioni ticinesi” del 1924, sostenute da tutti i parti- ti ticinesi. Per paura che queste rivendica- zioni finissero per essere sostenute da Benito Mussolini, da poco asce- so al potere in Italia, la Confede- razione diede ampia soddisfazione al Ticino. Si sa che questo Cantone periferico soffre ancora di alcune criticità, soprattutto in campo eco- nomico, ma ha brillantemente superato la rivendicazione della propria italianità, anche grazie al sostegno dell’Italia. Il Ticino è addirittura uno dei Cantoni in cui l’integrazione linguisti- ca ottiene maggiori successi. Una prima domanda, on. Cassis: condivide questa rapida sintesi circa il risultato e il metodo delle “rivendica- zioni” ticinesi per la difesa dell’ “ita- lianità del Ticino”? Sì, certamente. E’ una sintesi prezio- sa perché ci ricorda il percorso fatto per emanciparci e consolidare la no- stra identità. Con 335'000 abitanti (il 4.3 % della popolazione nazionale) il Ticino è oggi un Cantone di medie dimensioni, nel quale si vive oggetti- vamente bene. Io non avverto più quella paura della germanizzazione e quel complesso di superiorità verso gli italiani che ho vissuto da ragazzo negli anni ‘70. I matrimoni misti, l’im- migrazione e l’afflusso turistico hanno creato un clima culturale aper- to, anche se oggi non manca una certa preoccupazione per la propria identità e una certa sofferenza per l’importante presenza di frontalieri. A cento anni di distanza dal movi- mento rivendicativo dell’italianità del Ticino, le sembra possibile e auspica- bile una forte rivendicazione a livello federale dell’“italianità della Sviz- zera”? Il Ticino si è affrancato in poco tempo dalla povertà. Negli anni suc- cessivi alla seconda guerra mondiale lo sviluppo economico - e in particola- re quello del settore bancario - ha creato posti di lavoro, dato un buon salario a quasi tutti e permesso allo Stato di estendere la sicurezza sociale e altri servizi. Però fatichia- mo tuttora ad essere un Cantone autorevole agli occhi dei Confe- derati. Lo sguardo che la Svizzera tedesca e francese posano sul nostro Cantone è caratterizzato dalla simpatia che si prova per i parenti poveri: esiste un diffuso e strisciante complesso di superiori- tà nei nostri confronti, che si mani- festa pienamente quando la posta in gioco si fa seria, quando - per esempio - sono in gioco i posti di potere dell’economia o della poli- tica svizzera. Anche l’italianità c’entra. L’Italia, culla della lingua e delle nostre radici culturali, non gode oggi di una classe politica molto considerata. Il ticinese è, agli occhi di Otto Normalbürger, un pò come un italiano: dunque ne con- divide pregi (pochi) e difetti (tanti). Inoltre - e questa è una caratte- ristica tutta ticinese - noi siamo un pò lagnosi, rivendicativi, litigiosi. Soffriamo spesso della sindrome da Calimero e verso la Svizzera siamo più inclini a chiedere che a dare. E' una caratteristica culturale che ci accompagna dall’epoca dei baliaggi, quando eravamo poveri contadini comandati dai signori di Uri. Fatichiamo a scrollarci di dosso que- sto passato, malgrado l’esistenza di molti ticinesi brillanti. Insomma, è inu- tile nasconderlo, abbiamo i pregi e i difetti tipici delle regioni di provincia. Questi sono i nostri tratti e con que- sto bagaglio tentiamo di affermare la nostra presenza quale terza svizzera, quale parte costituente dell’identità nazionale. O mercoledì 8 giugno 2011 12 a cura di Giovanni Longu e -mail: [email protected] Osservatorio I-CH Tra italianità e attualità italo-svizzera Intervista al consigliere nazionale Ignazio Cassis Ignazio Cassis Consigliere Nazionale del PLR pag-12.qxd 04/06/2011 12.48 Pagina 1

Transcript of Longu e -mail: Intervista al consigliere nazionale Ignazio ... · Tra italianità e attualità...

norevole Cassis, prima diporle alcune domandedesidero fare una premes-sa di carattere storico.

Cento anni fa si svilup-pava in Ticino nei confronti dellaBerna federale una forte rivendica-zione contro l’ ”intedeschimento”ma soprattutto in difesa dell’ ”ita-lianità” di questo Cantone periferi-co. Negli anni seguenti un gruppodi donne e uomini prestigiosi, tici-nesi e italiani (Teresa Bontempi,Rosetta Colombi, GiuseppePrezzolini, Francesco Chiesa, CarloSalvioni, Giuseppe Zoppi e altri)diedero vita a una lunga serie diprese di posizione su giornali e rivi-ste (soprattutto l’Adula, fondatanel 1912) e in politica, che culmina-rono nelle “rivendicazioni ticinesi”del 1924, sostenute da tutti i parti-ti ticinesi.

Per paura che queste rivendica-zioni finissero per essere sostenuteda Benito Mussolini, da poco asce-so al potere in Italia, la Confede-razione diede ampia soddisfazioneal Ticino. Si sa che questo Cantoneperiferico soffre ancora di alcunecriticità, soprattutto in campo eco-nomico, ma ha brillantementesuperato la rivendicazione dellapropria italianità, anche grazie alsostegno dell’Italia.

Il Ticino è addirittura uno deiCantoni in cui l’integrazione linguisti-ca ottiene maggiori successi.

Una prima domanda, on. Cassis:condivide questa rapida sintesi circa ilrisultato e il metodo delle “rivendica-zioni” ticinesi per la difesa dell’ “ita-lianità del Ticino”?

Sì, certamente. E’ una sintesi prezio-sa perché ci ricorda il percorso fattoper emanciparci e consolidare la no-stra identità. Con 335'000 abitanti (il4.3 % della popolazione nazionale) ilTicino è oggi un Cantone di medie

dimensioni, nel quale si vive oggetti-vamente bene. Io non avverto piùquella paura della germanizzazione equel complesso di superiorità verso gliitaliani che ho vissuto da ragazzo

negli anni ‘70. I matrimoni misti, l’im-migrazione e l’afflusso turisticohanno creato un clima culturale aper-to, anche se oggi non manca unacerta preoccupazione per la propriaidentità e una certa sofferenza perl’importante presenza di frontalieri.

A cento anni di distanza dal movi-mento rivendicativo dell’italianità delTicino, le sembra possibile e auspica-bile una forte rivendicazione a livellofederale dell’“italianità della Sviz-zera”?

Il Ticino si è affrancato in pocotempo dalla povertà. Negli anni suc-

cessivi alla seconda guerra mondialelo sviluppo economico - e in particola-re quello del settore bancario - hacreato posti di lavoro, dato un buonsalario a quasi tutti e permesso allo

Stato di estendere la sicurezzasociale e altri servizi. Però fatichia-mo tuttora ad essere un Cantoneautorevole agli occhi dei Confe-derati. Lo sguardo che la Svizzeratedesca e francese posano sulnostro Cantone è caratterizzatodalla simpatia che si prova per iparenti poveri: esiste un diffuso estrisciante complesso di superiori-tà nei nostri confronti, che si mani-festa pienamente quando la postain gioco si fa seria, quando - peresempio - sono in gioco i posti dipotere dell’economia o della poli-tica svizzera.

Anche l’italianità c’entra.L’Italia, culla della lingua e dellenostre radici culturali, non godeoggi di una classe politica moltoconsiderata. Il ticinese è, agli occhidi Otto Normalbürger, un pòcome un italiano: dunque ne con-divide pregi (pochi) e difetti(tanti).

Inoltre - e questa è una caratte-ristica tutta ticinese - noi siamo unpò lagnosi, rivendicativi, litigiosi.

Soffriamo spesso della sindromeda Calimero e verso la Svizzera siamopiù inclini a chiedere che a dare. E'una caratteristica culturale che ciaccompagna dall’epoca dei baliaggi,quando eravamo poveri contadinicomandati dai signori di Uri.

Fatichiamo a scrollarci di dosso que-sto passato, malgrado l’esistenza dimolti ticinesi brillanti. Insomma, è inu-tile nasconderlo, abbiamo i pregi e idifetti tipici delle regioni di provincia.

Questi sono i nostri tratti e con que-sto bagaglio tentiamo di affermare lanostra presenza quale terza svizzera,quale parte costituente dell’identitànazionale.

O

mercoledì 8 giugno 201112

a cura di Giovanni

Longue -mail:

[email protected]

Osservatorio I-CH

Tra italianità e attualità italo-svizzera

Intervista al consigliere nazionaleIgnazio Cassis

Ignazio Cassis Consigliere Nazionale del PLR

pag-12.qxd 04/06/2011 12.48 Pagina 1

Lei ha già dato un forte segnalecon la sua candidatura dello scorsoanno per un posto in Consiglio fede-rale, quando rivendicò il diritto della“Svizzera italiana” ad essere rappre-sentata in Consiglio federale.

Non venne eletto perché, si disse, lasua candidatura dava l'impressione diuna candidatura di bandiera, unamera “rivendicazione regionale-tici-nese”. Continuerà arivendicare i dirittidella minoranza italo-fona?

Avevo affermato al-la NZZ am Sonntag del15.8.2010 che la miaera una candidatura alServizio della terzaSvizzera, della Sviz-zera italiana.

Una Svizzera cheesige di essere rappre-sentata nel Governofederale.

Era ovviamente co-modo per i confedera-ti minimizzarla a even-to folcloristico: nonavevano nessuna in-tenzione di mollareuno dei cinque seggioccupati dagli svizze-ro-tedeschi.

I romandi, dal cantoloro, se ne sono statipassivamente a guar-dare: la loro dispensaera piena e la tantodeclamata “solidarietà latina” è unmito da sfoderare quando fa lorocomodo.

Continuerò certamente a lottareperché la terza Svizzera sia riconosciu-ta a pieno titolo: sono persuaso chene va dell’essenza stessa della Svizzerae della coesione nazionale.

Lei attribuì la sua non elezione allascarsa sensibilità della Svizzera tede-sca e francese nei confronti delle esi-genze della Svizzera italiana.

Ne è ancora convinto e, se sì, ritieneche la Svizzera italiana faccia abba-stanza per raggiungere l’obiettivo, ades. superando l’identificazione tra"Svizzera italiana = Ticino"?

Vede, potrei peccare d’immodestiaattribuendo a fattori esterni la miamancata elezione.

Indubbiamente il mio personaleprofilo politico non è ancora da “pesimassimi” e dunque v’erano dubbi piùche legittimi sulla mia capacità diassumere quella sfida.

Non contavo naturalmente di essereeletto: in cuor mio sapevo di non

avere ancora “i diplomi giusti”. Ma la sufficienza con cui i media

svizzero-tedeschi hanno trattato lamia candidatura è indipendente dalmio peso specifico e rientra nella logi-ca esposta sopra.

Lo stesso Fulvio Pelli, quando nel2003 era già un “peso massimo” dellapolitica nazionale, non aveva quasiottenuto appoggi all’elezione per la

successione del Consigliere federaleKaspar Villiger.

Riguardando la storia delle elezioniin Consiglio federale, ho notato chel’elezione di ticinesi è praticamentesempre stata un incidente di percorso,frutto del caso e di dissidi tra confe-derati. Perciò è importante riflettereoggi in modo diverso: occorre pro-muovere una coalizione nazionale,esterna al Cantone Ticino, che sosten-ga la terza Svizzera in Governo.

Quando il gioco si fa duro, bisognadefinire nuove strategie.

Come pensa di coinvolgere gli italo-foni non ticinesi, soprattutto quellifuori del Ticino, nella difesa e nellavalorizzazione dell'"italianità" dellaSvizzera? E' disposto, in collaborazio-ne con la Deputazione ticinese alleCamere federali, ad incontrare asso-ciazioni e gruppi italofoni fuori delTicino?

La Deputazione Ticinese alla Ca-mera ha avviato un progetto chiama-to “Rete Svizzera Italiana” grazie alquale rispondere appunto a queste

domande. La necessità di una largacoalizione per entrare in Consigliofederale è chiara, ma solleva ancheleciti interrogativi. Come definire la“Svizzera italiana” ?

Dal profilo territoriale, linguistico oculturale? Chi sarebbe legittimato arappresentare chi, una volta eletto?

Stiamo lavorando a questo proget-to e avvieremo presto azioni concrete,

come per esempiol’inventario dei nomi-chiave della “Svizzeraitaliana” sul pianofederale, in collabora-zione con altre orga-nizzazioni e con ilGoverno ticinese. Inquesto senso ben ven-gano contatti di variotipo con tutte le asso-ciazioni italofone sulpiano nazionale: per-metterebbero di ren-dersi conto e dimeglio conoscerequesta realtà!

Pensa che per soste-nere attività significa-tive di valorizzazionedell’”italianità” si pos-sa attingere al contri-buto federale a soste-gno della lingua ita-liana?

L’entrata in vigore -lo scorso anno - dellanuova legge federale

sulle lingue è di grande importanza,sia sul piano simbolico che su quellogiuridico e finanziario.

A dipendenza delle azioni è certa-mente immaginabile un finanziamen-to attraverso questa via.

Senza comunque dimenticare che ifondi disponibili sono piuttosto scarsi.

Lei si è battuto in più occasioni perla promozione del plurilinguismo e inparticolare dell’italiano nell’ammini-strazione federale. Dall’introduzionedella legge e dell’ordinanza sulle lin-gue le risultano progressi significati-vi? Ritiene raggiungibile, soprattuttonelle funzioni quadro l’obiettivo fis-sato nell’ordinanza del 7% di italofo-ni?

La nuova legge è troppo giovaneper misurarne già gli effetti sul perso-nale. Però ha messo in moto una rior-ganizzazione sistematica nella gestio-ne del personale che permetterà - nesono persuaso - di migliorare la convi-venza della terza lingua ufficiale conil francese e il tedesco.

Continua a pagina 14

mercoledì 8 giugno 2011

Osservatorio

13

L’on. I. Cassis intervistato da Giovanni Longu

pag-13.qxd 04/06/2011 13.08 Pagina 1

Continua da pagina 13

In risposta alla mia interrogazione11.3080 (Italianità nell’amministrazio-ne federale) del 9 marzo 2011 ilConsiglio federale ha evidenziatocome - cifre alla mano - l'italiano nel-l’amministrazione federale fuori dalTicino sia molto insufficiente, proprionelle funzioni dirigenti.

Penso che si possa e si debba faremeglio!

Da alcuni mesi, soprattutto in occa-sione della recente campagna eletto-rale ticinese, i partiti di destra ticinesihanno usato toni molto aggressivi neiconfronti dei frontalieri italiani (e delgoverno italiano) e hanno chiesto dirinegoziare immediatamente l’accor-do italo-svizzero del 1974 sui fronta-lieri. Recentemente, rispondendo adun’interrogazione parlamentare, ilgoverno italiano ha confermato che“il governo federale non ha per ilmomento intenzione di modificarlo”.

Perché, dunque continuare, almenoin Ticino, con questa polemica cheserve solo ad allontanare la collabora-zione?

Questo è un tema complesso, chemescola aspetti economici, politici,giuridici e strategici.

Oggi tra Svizzera e Italia c’è crisi. Leragioni di questa crisi sono essenzial-mente di natura finanziaria: l’Italiarimprovera alla Svizzera di nasconde-re i suoi evasori fiscali, la Svizzera rim-provera all’Italia di non voler nemme-no negoziare una soluzione. I tonidella contesa sono esplosi dopo leennesime dichiarazioni offensive del“superministro” Giulio Tremonti.

Ormai non c’è più dialogo, ma soloprovocazione. Mentre il GovernoBerlusconi tace, il Ministro Tremontipersevera. Purtroppo tace anche ilGoverno Svizzero, ciò che manda sututte le furie i Ticinesi, che s’improvvi-sano quindi giustizieri, con moltieffetti collaterali indesiderati.

In questo contesto mantenere ilsangue freddo è primordiale.

L’accordo sulla doppia imposizionedel 1974, la cui appendice regola ilversamento ai Comuni limitrofi italia-ni del 40% ca. delle imposte alla fonteprelevate sui frontalieri (50 Mio Fr.- /anno), va rinegoziato, ma il Governoitaliano non vuol sedere al tavolodelle trattative.

Tremonti si oppone, perché vorreb-be che la Svizzera elimini il segretobancario, ciò che tuttavia la Svizzeranon è disposta a fare.

Ma esistono anche altre soluzioniche possono essere analizzate, baste-

rebbe parlarsi e non spararsi addosso. Lo capirà anche Giulio Tremonti

prima o poi.

Per concludere, una domanda suirapporti italo-svizzeri in generale.

Non pensa che si debba superare lasituazione di stallo attuale valoriz-zando maggiormente ciò che unisce esoprattutto la collaborazione semprepiù intensa in campo economico, cul-turale, scientifico, artistico e non daultimo linguistico?

Tradizionalmente i rapporti tra laSvizzera e l’Italia sono caratterizzatida un grande spirito di collaborazio-ne. Per questo essi sono ancora inten-si in tutti i campi e sicuramente posso-no ancora migliorare.

In questo momento è tuttaviaurgente e prioritario trovare soluzionieque ai problemi fiscali.

La volontà comune di risolvere iproblemi sul tappeto attraverso con-tatti diretti, emersa nel recente incon-tro a Roma tra la Presidente dellaConfederazione Micheline Calmy-Reye il Presidente del Consiglio italianoSilvio Berlusconi, dev’essere confer-mata con la ripresa al più presto di undialogo costruttivo.

Se invece, malauguratamente, ilclima generale dovesse deteriorarsiulteriormente, esso finirà per inciderenegativamente anche su altri campi.

E non è davvero ciò che mi auguro.Grazie on. Cassis e buon lavoro!Grazie a Lei per l’intervista.

Giovanni Longu

mercoledì 8 giugno 201114

Nell’incontro a Roma il 1° giugno scorsotra la Presidente della ConfederazioneMicheline Calmy-Rey e il Presidente delConsiglio italiano Silvio Berlusconi è stataaffermata la volontà comune di avviare alpiù presto la discussione per trovare unasoluzione costruttiva sulle questioni fisca-li, che rischiano di mettere in crisi le rela-zioni tradizionalmente buone e intensetra la Svizzera e l’Italia.

Osservatorio I-CH

Ignazio Cassis

L’onorevole Cassis, consigliere na-zionale ticinese del Partito liberaleradicale (PLR), è uno dei politici piùattenti ai problemi dell’italiano e piùin generale dell’italianità in Svizzera.

Lo fa con passione e convinzione,anche se non si nasconde le difficol-tà insite nella difesa delle minoran-ze, quella ticinese e quella dell’italia-nità della Svizzera, che intende rap-presentare in ambito nazionale.

Già noto nel Ticino per essere statomedico cantonale dal 1996 al 2008, èassurto all’attenzione di tutti i medianazionali quando nel settembre del2010 venne designato dal PLR comecandidato all’elezione in Consigliofederale e dichiarò l’intenzione divoler rappresentare l’intera “italiani-tà” della Svizzera (si veda al riguardoL’ECO del 15.09.2010)

Nei confronti dell’Italia non è sem-pre tenero, ma nella sua mira non cisono tanto gli italiani quanto unaparte della classe politica e soprat-tutto il “superministro” Tremontiper le note questioni di natura fisca-le.

E’ preoccupato che l’attuale crisitra i due Paesi, che tocca particolar-mente il Ticino, possa degenerare e,da buon mediatore, sollecita coninsistenza il governo federale adagire decisamente nei confrontidell’Italia per trovare urgentementele giuste soluzioni ed evitare che ildisagio ticinese possa essere cavalca-to dall’estrema destra, in particolaredalla Lega dei Ticinesi, col rischio diprovocare danni ancora maggiori.

pag-14.qxd 04/06/2011 14.53 Pagina 1