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LOMBARDIA: UNA RIFORMA FALLITA In Lombardia il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha assunto il nome di Servizio Sanitario Lombardo (SSL). Non è solo una questione nominalistica poiché la re- gione la Regione Lombardia ha voluto distinguersi con una propria peculiarità e una propria organizzazione. Ad esempio oltre il 30% degli ospedali convenzionati sono privati. Alla fine del 2017 e nel 2018 sono state adottate alcune delibere della Giunta Regionale che mutano sostanzialmente lʼorganizzazione ed anche il significato della medicina generale o medicina di base. Ci sono delle parole chiave; “presa in carico” (PIC), ”malati cronici”, e soprattutto “gestore”. Ora, quasi alla fine del 2018 la Regione subissata di critiche ha deciso di fare delle modifiche al suo sistema, rendendosi conto, pur senza dirlo, che quanto messo in atto, non funzionava. MA CHE COSA HA STABILITO? La Regione Lombardia ha diffuso agli inizi del 2018 un volantino per spiegare che cosa significa “un nuovo modello di presa in carico per i cittadini affetti da patologie croniche”. Lo fa dopo diversi mesi da quando ha deliberato tale modello (DGR 6164 del30/01/2017 e DGR 6551 del 04/05/2017). Non si può dire che ciò sia lʼinformazione capillare di cui par- lano le delibere. Ha predisposto un volantino che si presenta come molto accattivante, ma più che altro è ingannevole. I cittadini devono scegliere se aderire o no a tale dispo- sizione. I medici di base o medici di medicina generale (MMG) hanno già dovuto scegliere. In gran parte parte non hanno aderito. Del resto la decisione è stata presa senza averli coinvolti e tanto meno sono stati interessati i cittadini. Il centro del sistema che è stato adottato – ci informa la regione – inizierà velocemente. Ci sarà “un ge- store” che potrà prendere in carico fino a 200.000 cit- tadini affetti da una o più malattie croniche: il gestore è un ente giuridico (una cooperativa, una società); sarà un medico solo nel caso in cui un gruppo di me- dici di base si sarà aggregato e avrà costituito una coo- perativa, altrimenti il medico “della presa in carico” verrà assunto e nominato dal gestore. E quindi il paziente non sceglierà il medico, ma sarà il gestore a farlo: il paziente sarà sottoposto al gestore per la sua malattia cronica, non per le altre eventuali malattie; dovrà sottoscrivere un “patto di cura” per la durata di un anno e gli verrà proposto un PAI (Piano Assisten- ziale Individuale). Il paziente che rifiuterà il gestore e non aderirà alla proposta della Regione rimarrà in carico al suo medico curante. Si consideri che i pazienti malati cronici più gravi – i non autosufficienti – sono tagliati fuori dal sistema: se ricoverati in ospedale vengono dimessi al più presto senza la dovuta “continuità terapeutica” e socio sani- taria. Al di là delle leggi, la presa in carico è dei fami- gliari che dovranno arrangiarsi a trovare i servizi domiciliari (sempre per tempi limitati), oppure do- vranno pagare una badante se avranno i denari suffi- cienti. Se poi la persona cronica non autosufficiente avrà la necessità di un ricovero residenziale definitivo dovrà cercare a fatica una Residenza Sanitaria Assi- stenziale (RSA) a pagamento i cui costi medi sono di circa di 2500 euro al mese (… e non sarà semplice, come stabilisce un apposito decreto, ottenere lʼinte- grazione da parte del comune…). Nel volantino si dice che “il medico scelto dal pa- ziente” si occuperà delle prenotazioni di visite ed esami. Ciò non significa che le liste di attesa ver- ranno superate e che non si creino discrimina- zioni. Rivistaweb Supplemento della rivista Medicina Democratica. Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 23 del 19 gennaio 1977. Iscritta al Registro Nazionale della Stampa [Legge 58/81 n.416, art. 11] il 30 ottobre 1985 al n° 8368317, foglio 657 ISSN 0391-3600 N.2 novembre 2018 LOMBARDIA: UNA RIFORMA FALLITA

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LOMBARDIA: UNA RIFORMA FALLITAIn Lombardia il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) haassunto il nome di Servizio Sanitario Lombardo (SSL).Non è solo una questione nominalistica poiché la re-gione la Regione Lombardia ha voluto distinguersi conuna propria peculiarità e una propria organizzazione.Ad esempio oltre il 30% degli ospedali convenzionatisono privati. Alla fine del 2017 e nel 2018 sono stateadottate alcune delibere della Giunta Regionale chemutano sostanzialmente l̓ organizzazione ed anche ilsignificato della medicina generale o medicina di base.Ci sono delle parole chiave; “presa in carico” (PIC),”malati cronici”, e soprattutto “gestore”. Ora, quasi allafine del 2018 la Regione subissata di critiche ha decisodi fare delle modifiche al suo sistema, rendendosiconto, pur senza dirlo, che quanto messo in atto, nonfunzionava.

MA CHE COSA HA STABILITO?La Regione Lombardia ha diffuso agli inizi del 2018 unvolantino per spiegare che cosa significa “un nuovomodello di presa in carico per i cittadini affetti dapatologie croniche”. Lo fa dopo diversi mesi daquando ha deliberato tale modello (DGR 6164del30/01/2017 e DGR 6551 del 04/05/2017). Non sipuò dire che ciò sia lʼinformazione capillare di cui par-lano le delibere. Ha predisposto un volantino che sipresenta come molto accattivante, ma più chealtro è ingannevole.I cittadini devono scegliere se aderire o no a tale dispo-sizione. I medici di base o medici di medicina generale(MMG) hanno già dovuto scegliere. In gran parteparte non hanno aderito. Del resto la decisione èstata presa senza averli coinvolti e tanto menosono stati interessati i cittadini.Il centro del sistema che è stato adottato – ci informala regione – inizierà velocemente. Ci sarà “un ge-store” che potrà prendere in carico fino a 200.000 cit-tadini affetti da una o più malattie croniche: il gestoreè un ente giuridico (una cooperativa, una società);sarà un medico solo nel caso in cui un gruppo di me-dici di base si sarà aggregato e avrà costituito una coo-perativa, altrimenti il medico “della presa in carico”verrà assunto e nominato dal gestore. E quindi ilpaziente non sceglierà il medico, ma sarà il gestore afarlo: il paziente sarà sottoposto al gestore per la sua

malattia cronica, non per le altre eventuali malattie;dovrà sottoscrivere un “patto di cura” per la durata diun anno e gli verrà proposto un PAI (Piano Assisten-ziale Individuale). Il paziente che rifiuterà il gestoree non aderirà alla proposta della Regione rimarràin carico al suo medico curante.Si consideri che i pazienti malati cronici più gravi – inon autosufficienti – sono tagliati fuori dal sistema: sericoverati in ospedale vengono dimessi al più prestosenza la dovuta “continuità terapeutica” e socio sani-taria. Al di là delle leggi, la presa in carico è dei fami-gliari che dovranno arrangiarsi a trovare i servizidomiciliari (sempre per tempi limitati), oppure do-vranno pagare una badante se avranno i denari suffi-cienti. Se poi la persona cronica non autosufficienteavrà la necessità di un ricovero residenziale definitivodovrà cercare a fatica una Residenza Sanitaria Assi-stenziale (RSA) a pagamento i cui costi medi sono dicirca di 2500 euro al mese (… e non sarà semplice,come stabilisce un apposito decreto, ottenere lʼinte-grazione da parte del comune…).Nel volantino si dice che “il medico scelto dal pa-ziente” si occuperà delle prenotazioni di visite edesami. Ciò non significa che le liste di attesa ver-ranno superate e che non si creino discrimina-zioni.

Rivistaweb

Supplemento della rivista Medicina Democratica. Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 23 del 19 gennaio 1977. Iscritta al Registro Nazionale della Stampa [Legge 58/81 n.416, art. 11] il 30 ottobre1985 al n° 8368317, foglio 657 ISSN 0391-3600

N.2 novembre 2018

LOMBARDIA: UNA RIFORMA FALLITA

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Medicina Democratica ed altri 4 Sindacati medicihanno promosso un ricorso al TAR (Tribunale Am-ministrativo Regionale) per incostituzionalità delledelibere in quanto si tratta di atti amministrativi e nondi leggi e in più e soprattutto contrastano con la leggedi Riforma Sanitaria (n. 833 del 1978), con la legge Bal-duzzi (n. 189/2012, con l̓ Accordo Collettivo Nazionale(ACN del 2009) dei medici di medicina generale, non-ché direttamente con gli articoli 32, 41 e 117 comma 2lettera m della Costituzione). Successivamente è se-guito un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato, ap-pellando la mancata sospensiva del TAR. Il Consigliodi Stato ha accolto in parte l̓ appello stabilendo cheil TAR deve fissare velocemente lʼudienza di meritoper il giudizio definitivo. Sembra evidente che laRegione non possa proseguire nel suo intentosenza attendere la sentenza del TAR: lʼudienza èstata stabilita per il 28 di questo mese.

CUI PRODEST?- CHE SIGNIFICATO HA TUTTO CIOʼ

Siamo in una regione che ha dato ampio spazioagli ospedali privati, agli istituti privati di riabilita-zione, nonché agli istituti privatistici per malati cro-nici non autosufficienti. Ora con il gestore siprivatizza anche la medicina generale. Ci man-cava! E a che scopo?

A tuttʼoggi (novembre 2018) hanno scelto di aderire algestore meno del 50% dei medici di medicina generaleconvenzionati e meno del 10% dei pazienti. Qualsiasipersona, dotata di intelligenza media, direbbe che, al-meno per ora, il sistema messo in atto è fallito. Anchela regione, come inizialmente si diceva, ne ha presoatto e ha cercato di correre ai ripari. Occorre sapereche gli Ospedali pubblici erano stati costretti a diventaregestori, ed avevano dovuto organizzarsi con appositestrutture per adempiere a quanto previsto. Ma anchequesto “invito/decisione non ha funzionato. Pur obbli-gati gli ospedali non hanno potuto che “arruolare” pochipazienti, di fatto chiedendo alla regione di cambiarelinea. La Regione dopo un accordo con i alcuni sinda-cati medici (FIMMG e SNAMI) ha pensato bene di rien-trare nellʼalveo della medicina di base, dando aimedici che avevano aderito ad un gestore il titolodi “clinical manager”, a partire dalla compilazione delPAI (piano assistenziale individuale) a fronte di unobolo di 10 euro lordi per ciascun piano. Ma non è

solo questo che potrà promuovere un convincimentogeneralizzato per i medici e di converso per i pazientiad aderire, nel giro di tutta la legislatura – siamo solo alsecondo anno - al sistema del gestore. La Regionepunta, ci sembra di capire, alle cooperative di MMG:alcune di queste si sono formate aggregando diversecentinaia di medici, che avrebbero si dei contributi con-sistenti, anche se non sono stati chiariti nella loro pre-cisa entità, per i servizi e le strutture che metterebbero(in parte hanno già messo) in piedi per fare fronte allerichieste.

CʼERA UNA VOLTA IL MEDICO DI FAMIGLIAEd è qui che la nostra critica si fa più serrata di frontead una sorta di industria della medicina generale chenel tempo potrebbe coinvolgere, quasi costringendolinei fatti, la gran parte dei medici, facendoli rinunciare alprincipio di fondo – di ippocratica memoria – su cui erafondata la loro opera: dal rapporto di fiducia e di cono-scenza del paziente nella sua condizione complessivaad una sorta di burocratica e spersonalizzata rela-zione. Ciò potrebbe avvenire anche per la mancanzadi medici di cui già oggi si comincia a soffrire e che con-tinueranno ed essere sempre meno gravando i pochiche restano (sempre più anziani) di un numero di pa-zienti impossibile da supportare. In questa prossimafase non resterà che il cd “secondo pilastro” ovveroil passaggio ad una assicurazione privata in cui sempredi più contano le prestazioni tanto più se sofisticate, alposto della relazione medico-paziente. Questa è la ri-sposta alla domanda che è stata posta inizial-mente: la sanità come affare e la salute comemerce passa anche attraverso le nuove misuremesse in atto dal servizio sanitario lombardo.

CʼEʼ UNʼALTERNATIVA?Pur nella condizione di enorme difficoltà in cui la sanitàpubblica si trova costretta (con i tagli economici, con leriduzione di personale, con le aggregazioni di ospedali,con lo svilimento dei servizi territoriali) pensiamo che sipossa perseguire unʼaltra strada. Essa parte per primodal respingere la medicina non più generale, ma lamedicina del gestore. Essa passa, come abbiamo ini-ziato, da un grande sforzo di informazione nei confrontidella popolazione, spiegando le delibere della regionein decine di assemblee nei comuni e in diverse strut-ture sanitarie, diffondendo migliaia di volantini, raccon-tando come sia possibile unʼaltra medicina generale,territoriale e di base, con la nascita di Case della Sa-lute. Ovvero limiate aggregazioni di MMG non distantida alcuni servizi territoriali fondamentali come il Centrodi Salute Mentale, il Consultorio, il Servizio contro letossicodipendenze e soprattutto un Comitato di par-tecipazione rappresentativo di quelle associazioni chehanno scelto di battersi per il diritto alla salute garantito,come fondamentale, dalla Costituzione e fondato sullalegge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, vec-chia di quarantʼanni (1978), ma tuttora valida e indi-spensabile.Fulvio Aurora - Milano

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Il 22 e 23 settembre scorso, si è tenuto allʼhotelSiris di Nova Siri un convegno nazionale antinu-cleare per riflettere ed analizzare sui destini del nu-cleare a 40 anni dal primo campeggio antinuclearein Basilicata e valutare lʼimpatto dellʼamianto, idro-carburi ed altre sostanze nocive e cancerogenesullʼambiente. Al convegno hanno partecipato: CoordinamentoNazionale Antinucleare, Confederazione COBAS,Ass. Ambientalisti Pugliese, NO TRIV Basilicata,Medicina Democratica, Associazione ItalianaEsposti Amianto e molti studenti provenienti dailicei locali e dal Liceo Scientifico di Policoro.Durante lʼintroduzione, a parte i convenevoli, si èparlato dellʼimpianto nucleare di Rotondella, dellacontaminazione del Mar Ionio e del sequestro delletre vasche di raccolta delle acque di falda dellʼim-pianto che, secondo gli inquirenti, nonostante lapresenza di sostanze cancerogene, venivanosvuotate in mare senza gli opportuni trattamenti. Le indagini sono state avviate a causa del “gravestato di inquinamento ambientale causato da so-stanze chimiche” in cui si troverebbe la falda ac-quifera sottostante lʼimpianto gestito dalla SOGIN;secondo alcune fonti si tratterebbe di cromo esa-valente e tricloroetilene utilizzati per il riprocessa-mento di barre di uranio-torio. Le indagini furonoavviate dalla Procura della Repubblica di Matera epassate, per competenza territoriale, a Potenza.Tale Procura ha disposto anche il sequestro dʼur-genza dellʼimpianto “ex-Magnox”nei pressi del-lʼITREC. La falda contaminata si trova proprio sottolʼimpianto “ex-Magnox” in disuso da 20 anni e talefalda interesserebbe, in particolare, lʼarea sotto-stante una piscina utilizzata per lo stoccaggio del

materiale della struttura.Lʼanalisi di rischio della SOGIN del 2015, appro-vata il 10 aprile 2018 dalla Conferenza dei servizi,avrebbe individuato “come fonte primaria di conta-minazione, una sorgente esterna al perimetro delleattività di SOGIN e che non esiste alcuna anomaliaradiologica allʼimpianto ITREC di Rotondella. Gliscarichi delle acque sono effettuati in conformitàcon la formula di scarico; non vi è alcun pericoloper i lavoratori per la popolazione e lʼambiente”.Lʼintervento di Alfonso Navarra è stato molto inci-sivo. Partendo dalla situazione che si era presen-tata in Sicilia e ricordando lʼomicidio di PeppinoImpastato, ha concluso con la sua dichiarazionefatta alla Conferenza di New York: “Abbiamo un sogno che con New York, dopo Pa-rigi, dove si è varato lʼaccordo globale sul clima,può da oggi diventare realtà. Vedere lʼUmanitàunita contro le minacce che attentano alla sua so-pravvivenza: apparati nucleari ed effetto serra. Sitratta di camminare, con la nonviolenza, per realiz-zare una società intrinsecamente pacifica; di coo-perare nella lotta contro le diseguaglianzeeconomiche e nel programma costruttivo dellaconversione energetica rinnovabile. Con questospirito e con questi obiettivi diamo appuntamentoalla COP 23 di Bon, che proseguirà il lavoro di Pa-rigi. Noi ci adopereremo a Bonn per la sintonia conquanto deciso a New York”. Eʻ intervenuto poi Angelo Baracca già professoreuniversitario di Fisica allʼUniversità di Firenze, sag-gista e pacifista il cui punto di vista sul problemadel nucleare è sempre stato molto chiaro e vicinoa questa realtà. Il professore, continuando a sostenere lʼadesioneacritica allʼenergia nucleare di molti studiosi, hadetto che, pur non avendo mai lavorato in una cen-trale nucleare, ha studiato in maniera approfonditala tecnologia nucleare, civile e militare tenendopresente i problemi economici, sociali, sanitari edetici.Nel nostro Paese le centrali nucleari sono statechiuse dopo il referendum del 1987, ma da alcunianni è in corso una campagna per il rilancio di que-sta tecnologia per la produzione di energia elet-trica. Ci sono continue proposte per una ripresa deiprogrammi nucleari in Italia e queste hannomesso in subbuglio gli ambienti interessati e lʼopi-nione pubblica purtroppo sprovveduta e non infor-mata. Secondo Baracca, una ripresa in tempi brevidel nucleare nel nostro Paese non è realistica, senon altro perché in questi anni sono state sman-tellate le competenze e le strutture. Lʼautore esa-mina tutti i problemi di questa fonte di energia:costi, tempi, rischi di proliferazione, sicurezza. Hasfatato, in particolare, i miti del “miracolo nuclearefrancese” e dei “reattori di quarta generazione”,

Convegno nazionale Antinucleare

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che vengono presentati come la soluzione di tutti iproblemi creati dal nucleare e la base di un nu-cleare “sostenibile”, che sono di là da venire.Afferma ancora che la scienza moderna si presentacome una forma di conoscenza superiore, per il suocarattere rigoroso, quantitativo, sperimentale, men-tre lui è convinto che la scienza è solo una delleforme di conoscenza, utile per determinati scopi chenon sono superiori alla filosofia o alla poesia, anzi ri-sulterebbe inutile e pericolosa se estesa al di fuoridel suo ambito. Ha continuato ancora parlando deidanni provocati dallʼadozione di un approccio quan-titativo in problemi in cui lʼaspetto qualitativo è es-senziale come la qualità della vita. Coloro checondividono questa concezione sembrano ormai ap-partenenti ad una specie di “casta” sociale, per co-modo, denominata “comunità scientifica”.Questa comunità passa come lʼunica depositaria del“vero sapere” il quale non è altro che una forma dipotere; quelli fuori della “casta” sono gli altri, la gentecomune, i meschini o meglio definiti “coloro che nonsanno”. Lʼaspetto più grave è dato dal fatto che que-sti scienziati ritengono di conoscere tutto sulla naturae sui suoi processi, in virtù di una “scienza” che le-gittima qualsiasi tipo di intervento e trasformazionedella natura, purché “su base scientifica”.La scienza, secondo questa “casta” permette di con-trollare e dirigere ogni intervento e ogni trasforma-zione della natura.Mario Murgia, di Medicina Democratica e vice presi-dente nazionale della Associazione Italiana EspostiAmianto, ha parlato dellʼamianto, della sua diffusionein Basilicata sia per la presenza in natura sottolʼaspetto delle cosiddette “pietre verdi”, sia sottolʼaspetto di cemento-amianto utilizzato su tutte le co-perture, controsoffittature e pannelli. La società s.r.l.TERRARIA, pur non avendo eseguito uno studiodettagliato, ha stimato la quantità di amianto e di ce-mento-amianto a più di 5 milioni di metri cubi equiva-lenti a quasi 73 mila tonnellate. Lo stesso Murgia haricordato che la Regione Basilicata, pur avendo pre-visto nella legge regionale n.42 del 2015 un fondo di300.000 euro per incentivare la bonifica, non ha maiemanato alcun decreto attuativo, cioè non ha mai fi-nanziato alcuna bonifica. La massiccia presenza di amianto, insieme ad altresostanze chimiche dannose e pericolose, ha cau-sato patologie asbesto-correlate determinando molticasi di invalidità e centinaia di decessi prematuri. Murgia ha parlato ancora dellʼuranio impoverito, sot-toprodotto della raffinazione dellʼuranio per lʼenergianucleare, impiegato nelle zone di guerra dove i mili-tari italiani vengono mandati per partecipare alle co-siddette “azioni di pace”. Lʼesposizione dei soldati aquesto potente agente cancerogeno è sempre statanegata dalle nostre autorità responsabili di spedi-zioni di morte o di patologie cancerogene.Il Presidente della Repubblica, quando era ministrodella difesa (1999-2001), aveva dichiarato “nessunmilitare del nostro contingente in Kosovo è stato rim-

patriato perché affetto da leucemia……..” lo stessoMattarella, davanti alla Commissione Difesa dellaCamera del 21 dicembre 2000, fu costretto a smen-tirsi perché in Bosnia furono utilizzati proiettili conuranio impoverito.Non si può certo fare del Presidente Mattarella o diqualunque soggetto un capro espiatorio però non sipuò ignorare la lunga lista di vittime civili e militaricolpiti dalla “Sindrome dei Balcani”, né possiamo di-menticare la Stato Maggiore della Difesa e i vari go-verni della Repubblica Italiana i quali, pur sapendoed essendo informati dei pericoli derivanti dallʼuranioimpoverito, non si sono mai premurati di avvertire igiovani soldati italiani spediti in finte missioni di pace.Subito dopo sono intervenuti i medici aderenti al-lʼISDE Basilicata.Il dott. Gianbattista Mele, partendo dalla concezionedi “salute” che è un fondamentale diritto umano uni-versalmente riconosciuto, ha ripetuto che essa deveessere tutelata in ogni essere umano perché contri-buisce alla crescita fisica, intellettuale ed emozionaledi ogni individuo. È anche essenziale per lo sviluppodelle capacità produttive e di apprendimento neces-sarie per garantire il benessere economico perso-nale e il conseguente progresso sociale essenzialiper evitare ogni forma di disuguaglianza e di conflittosociale. I sistemi diversi di tutelare la salute allʼinterno dellastessa società, sono indicatori significativi della nonconsiderazione di questo diritto soprattutto se si ten-gono presenti le conoscenze e le risorse oggi di-sponibili. Lʼistruzione ha dimostrato di essere unodegli investimenti più efficaci per promuovere equità,giustizia, sviluppo e pace. Il dott. Mele si è soffermato, poi, sullʼinquinamentodelle falde acquifere esistente nella Val dʼAgri, e sulpericolo derivante dallʼapertura dei nuovi pozzi.Il dott. Gianpaolo Farina, si è soffermato sui rischiesistenti in aree come quella ionica dove il rischionucleare è sempre minaccioso e presente.

A cura di Murgia Mario e Nicola Frangione - Matera

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Una storia di MobbingMobbing deriva dal termine inglese “to mob” ov-vero, come riportato dallʼEnciclopedia Treccani, insociologia e medicina del lavoro, indica una praticavessatoria e persecutoria, spesso sconfinante inuna forma di terrore psicologico, perpetrata dal da-tore di lavoro o dai colleghi (mobbers) nei confrontidi un lavoratore (mobbizzato) al fine di emarginarloo costringerlo a uscire dallʼambito lavorativo.La Cassazione con la sentenza n° 10037 del2015, ha fornito indicazioni ancora più chiare perriconoscere il mobbing, poiché non esiste unalegge specifica in merito. Innanzitutto, gli atteggia-menti vessatori e persecutori devono avvenire sulluogo di lavoro e per un periodo di tempo congruo,non si può limitare a sporadici episodi, quindi glistessi atti devono essere reiterati nel tempo e de-vono vertere: attacchi alla possibilità di comuni-care; isolamento sistematico; cambiamenti dellemansioni lavorative; attacchi alla reputazione; vio-lenze o minacce e devono essere esercitate dacolleghi per rimarcare un dislivello, ossia unʼinfe-riorità, con un intento persecutorio. In questo pe-riodo vi devʼessere una correlazione con ilmalessere del mobbizzato: sintomi psicosomatici;errori e abusi; aggravamento salute; esclusione dalmondo del lavoro.Claudio Bertuccelli ci testimonia con il suo rac-conto la vicenda che lo vede contrapposto alGruppo Bancario Intesa-Sanpaolo fin dal maggio2007, quindi ben oltre 10 anni, con supporto di do-viziose informazioni rilevate dagli atti processuali.Il tutto è dimostrato dalla copiosa documentazionee dalle denunce presentate da Claudio alle AutoritàCompetenti!Claudio lavora da 41 anni con INTESA-SAN-PAOLO, assunto, dapprima, alle dipendenze dellaBanca Commerciale nel 1977. Nonostante unacarriera esemplare e ricca di riconoscimenti daparte della banca, dal 2007 Claudio, pur essendocittadino Americano, è stato assegnato presso unastruttura del gruppo bancario a Firenze. Nel mag-gio 2007, dopo oltre 25 anni di lavoro in varie strut-ture estere del Gruppo Bancario, su incarichiproposti dal datore di lavoro, è stato richiamato inItalia ed è stato oggetto di vessazioni di varia na-tura che lʼhanno spinto a promuovere varie cause,civili e penali, nei confronti del gruppo bancario. Sitratta, palesemente, di un caso di “mobbing” (giac-ché anche lʼINAIL si è espressa in tal senso ed hariconosciuto a Claudio una rendita vitalizia!) che ilCodice Penale italiano, purtroppo, non contemplacome reato! Nella prima causa, dopo il primo gradoe la parziale riforma in appello, entrambe a favoredi Claudio, in merito al demansionamento ed allariduzione illegittima della retribuzione, la Cassa-

zione si è pronunciata su una voce della retribu-zione e, quindi, non ha riconosciuto lʼadeguamentorichiesto. Ma resta la vittoria di Claudio sul deman-sionamento, intervenuto prima dellʼentrata in vi-gore del “Job Act”! Unʼerronea valutazione dellerisultanze processuali del Giudice di primo grado,della Corte dʼAppello e della Cassazione, ha fattosì che questʼultima si pronunciasse su un argo-mento su cui altri Colleghi di Claudio hanno avutoragione e sono stati compensati!Claudio ha promosso anche altri contenziosi neiconfronti della banca per un mancato pagamentoda parte del datore di lavoro per deposito mobili ebeni personali impignorabili, contro mancato rim-borso spese mediche sostenute per due ricoveridella moglie negli Stati Uniti costati a Claudio oltre240.000 dollari nel 2008 (la famiglia, moglie e trefigli, abita negli Stati Uniti), per indebite trattenutesugli stipendi ed errato calcolo dei contributi previ-denziali per lʼattività svolta allʼestero, errato calcolodel TFR, sovra-indebitamento a causa del datoredi lavoro e altri contenziosi riguardanti mancati rim-borsi, dovuti al sottoscritto per contratto, dellespese universitarie dei figli dal 2002 a oggi. Persi-ste il demansionamento, che continua ad aggra-vare le condizioni di salute di Claudio. LʼINAIL gliha riconosciuto la malattia professionale (il nessocausale è stato confermato dalla stessa Autoritàcome correlato con vicende lavorative) con undanno biologico del 18%.Claudio vive quindi momenti dʼangoscia dal 2007per problemi ricollegabili:“In primis”, alla banca;a vicende familiari (condizioni precarie di salutedella moglie e del terzo figlio, che vivono negli StatiUniti);ad aspetti finanziari (questi ultimi iniziati e causatinel gennaio 2008 dallʼallora Cassa per lʼAssistenzaSanitaria per il Personale del Gruppo Intesa, la cuiattività è stata ripresa in seguito da un Fondo Sa-nitario Integrativo, sempre ricollegabile al GruppoBancario, nel 2011, per non aver rimborsato lespese mediche sostenute per i ricoveri di sua mo-glie - oltre 240.000 dollari - negli Stati Uniti per unaseria patologia renale, nonostante tutto il nucleofamiliare fosse coperto dalla polizza sanitariaanche allʼestero).Da notare che tutta questa situazione ha generatoproblemi di salute anche a Claudio che, a causadellʼillegittima riduzione della retribuzione operatadalla banca al suo rientro in Italia, non può neppurecurarsi per insufficienza di mezzi finanziari.Lʼ8 febbraio 2017 il datore di lavoro aveva segna-lato a Claudio, durante una videoconferenza, circala possibilità di una soluzione transattiva, con con-

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tinuità lavorativa e ricollocamento nella filiale diNew York negli Stati Uniti. Un mese dopo, Claudioera stato invitato a partecipare ad un incontro conil Servizio Personale di Milano ma da allora non hapiù avuto notizie, nonostante i ripetuti solleciti.Anche perché i suoi interlocutori non hanno com-preso le problematiche del dipendente.Da oltre tre anni la banca non ha rinnovato a Clau-dio il contratto di sublocazione dellʼappartamentodi servizio che gli era stato assegnato a Firenze edeve adesso “mendicare” un alloggio temporaneopresso amici e conoscenti, perché ovviamente,con le scarsissime risorse finanziarie, non può piùpermettersi la locazione di un appartamento.La vicenda di Claudio ha degli aspetti “kafkiani”che la banca conosce perfettamente ma pur-troppo, solo a parole, gli ha proposto di trovare unasoluzione… che tarda a venire! Ad oggi Claudionon è stato convocato nuovamente ad un colloquiorisolutorio (e non sa neppure se sarà convocato!).La situazione di Claudio (e soprattutto quella dellafamiglia) è diventata ancor più precaria e, ognigiorno, riceve vessazioni da vari istituti di creditoamericani (che gli hanno fatto causa, lo hanno con-dotto in Tribunale e, sicuramente, sarà condannatoa rimborsare gli oltre 70.000 dollari che ha dovutoottenere in prestito dalle banche Americane persalvare la vita della moglie nel 2008), oltre chedallʼUniversità, ai quali, non certo per cause impu-tabili a Claudio, deve liquidare somme ingenti chenon possiede più e che sono state generate dalmancato rimborso delle spese mediche citate al-lʼinizio (alle quali Claudio ha dovuto far fronte nel2008 con tutti i risparmi di una vita e con gli aiutidelle Banche Americane), oltre a tutti gli altri aspettioggetto dei contenziosi. Amici fidati hanno, inoltre, aiutato Claudio finanzia-riamente in questi ultimi anni e si aspettano, comegiusto, il rimborso delle somme anticipate. La banca, anche in considerazione degli utili di ri-lievo che presenta ininterrottamente in bilancio, do-vrebbe chiedersi, umanamente parlando, comepuò un dipendente (un quadro direttivo di massimolivello e con il massimo degli scatti, ad un gradinodalla dirigenza) lavorare in maniera costruttivanelle condizioni descritte! Qualcuno dei Colleghi diClaudio, non ce lʼha fatta e si è tolto la vita! Manessuna notizia è trapelata sui quotidiani di mag-gior rilievo! È stata invece pubblicata la notizia delpagamento di una multa di 235 milioni liquidatadalla banca per violazione della normativa sugliembarghi ed antiriciclaggio alle Autorità Ameri-cane! Una banca che paga una multa di tale im-porto e che “dice” di tenere ben presente lenecessità del personale (e che invece fa “morire”una famiglia come quella di Claudio), che tipo diazienda è? Di tutti gli aspetti citati, i vertici della banca sono

stati aggiornati da Claudio a mezzo E-Mail (tuttelette con prova di lettura, incluso il Consigliere De-legato Carlo Messina ed il Responsabile del Per-sonale Giacomo Rosario Strano) ma sembra che iproblemi causati al dipendente non siano di inte-resse dellʼistituto di credito! Nessuno ha MAI rispo-sto alle criticità segnalate da Claudio. Anche ilresponsabile di Milano che cura gli aspetti sinda-cali (lʼunico che risponde laconicamente e che haseguito la vicenda di Claudio dal 2008) rispondeevasivamente come se i problemi di Claudio nonfossero anche della banca!Dagli atti processuali si legge, inoltre, che Claudioera stato relegato in una stanza, definita “di risulta”,dove cʼera una fotocopiatrice che veniva utilizzatada tutti, in poche parole non aveva più un suo spa-zio dove esercitare con libertà e “privacy” le suemansioni. In pochi anni, il lavoro, che garantivauna vita dignitosa per sé e la famiglia, si trasfor-mava, a causa di decisioni prese dai vertici dellabanca, in qualcosa che dà solo malessere e disa-gio. La carenza di una legge specifica sul mobbingnon garantisce una pena e un risarcimento ade-guato, ma lʼintervento più volte della Cassazionesul tema, fa ben pensare che presto si possa arri-vare a tale traguardo.

A cura di Gian Luca Garetti - Firenze

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Da oltre 15 anni, iniziammo nel febbraio 2003, come Sportello Salute di Medicina Democratica ci oc-cupiamo di disagio lavorativo accogliendo e sostenendo persone in difficoltà. Nei primi anni 2000 siparlava spesso sui media del mobbing come azione violenta, reiterata nel tempo, esercitata dal datoredi lavoro, da dirigenti, da preposti e persino da semplici colleghi contro lavoratrici e lavoratori presi dimira per i motivi più svariati. Delegati sindacali, Rappresentanti dei Lavoratori alla Sicurezza, disabili,donne al ritorno della maternità, omosessuali, lavoratori onesti che si sottraggono a pratiche disonestee persino semplici lavoratori scelti a caso quasi con un uso metaforico della pratica della roulette russa.In quel periodo ci fu persino un film MI PIACE LAVORARE (MOBBING) protagonista Nicoletta Braschi.Oggi che il disagio di lavoratori e anche non lavoratori è diventato spesso disperazione, è calato ilsipario mediatico sulla questione. Persino casi gravi di autolesionismo ( vedi i suicidi tra gli operai AL-FASUD trasferiti da Pomigliano DʼArco nei reparti-confino di Nola ) vengono ignorati o trattati in pocherighe dalla stampa e sui social.I lavoratori sono ormai al punto più basso della loro perdita di potere, sono per lo più parcellizzati e siè persa, salvo qualche lodevole eccezione soprattutto nelle aziende in crisi, la solidarietà di classe. Medicina Democratica non può certo pensare di rovesciare una situazione gravemente compromessaper vari motivi già più volte da noi indagati, le ultime volte nel corso del Convegno sul Lavoro svoltosia Milano nel gennaio 2017 e successivamente nel Congresso di Napoli dellʼaprile 2018. Che fare quindi?Continuare ad accogliere ed aiutare lavoratori certamente, ma anche provare a ridare loro la parola,divulgando sul nostro giornale le storie di lavoratrici e lavoratori molestati, violentati, licenziati o indottialle dimissioni o che comunque vedono compromesse le loro condizioni di salute .Tutto questo non li risarcirà sicuramente dei torti subiti, ma potrebbe fornire loro la forza per riprendereuna vita più serena, magari diventando ( o tornando ad essere soggetti attivi nella lotta per restituire di-gnità al lavoro e per contribuire alla ricostruzione di un nuovo movimento per la difesa della Salute. In fondo quello che possiamo fare è gettare qualche granello di sabbia per provare ad imballare il mo-tore di quella macchina schiacciasassi rappresentata dal capitalismo iperliberista uscito vincitore ( maforse è una vittoria di Pirro) in questi pessimi primi due decenni del nuovo millennio.

di GINO CARPENTIERO –Sportello Salute MEDICINA DEMOCRATICA FIRENZE

PERCHEʼ IL MOBBING NON EʼPIUʼ DI MODA

In premessa l’autore specifica che si tratta di unromanzo e che non vi sono riferimenti a personeo fatti reali, ma riesce difficile crederlo, a frontedella rabbia che viene raccontata e che è difficilerendere così credibile se non la si è provata dipersona.Una scrittura senza fronzoli, priva di descrizioninon essenziali, di lunghi ragionamenti, di giri diparole, che caratterizza una modalità di vita ele-mentare, basata quasi esclusivamente su scelteemotive dove i termini “buono” e “cattivo” nonnecessitano di sinonimi.Un racconto in bianco e nero, che ci fa conoscerecome vivono e crescono coloro che sono natinella povertà, non solo economica ma anche cul-turale, che ti cuce addosso un “destino” dalquale è estremamente difficile liberarsi, poichèin parte autocostruito dalla sensazione di non

avere alternative ma anche dalla solitudine nellaquale la realtà ti ha costretto, negandoti aiuti es-terni nel momento in cui ne avresti avuto piùbisogno.Perchè la violenza genera violenza, in un per-corso circolare che non può essere interrotto chedalla speranza, sempre che alla stessa venga las-ciato adeguato spazio.Una storia, non un saggio, ma che fornisce unachiave di lettura utile a capire cosa può aver por-tato un individuo a commettere ciò che hacommesso, elemento indispensabile non pergiustificare chi ha già percorso quella strada maper modificare le condizioni di chi potrebbe farloin futuro.

Chi è Carmelo MusumeciErgastolano Ostativo è la prima caratteristica che

NATO COLPEVOLEUn libro di Carmelo Musumeci

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riguarda CarmeloDa Wikipedia estraiamo: “In Italia l’ergastolo è lamassima pena prevista nell’ordinamentogiuridico penale per un delitto.L’ergastolo è previsto dall’art. 22 codice penale.La pena è perpetua, cioè a vita, ed è scontata inuno degli stabilimenti a ciò destinati, con l’ob-bligo del lavoro e con l’isolamento notturno;quest’ultima restrizione è stata poi modificataimplicitamente dall’art. 6 comma 2 della legge26 luglio 1975 nº 354. Il condannato all’ergastolopuò essere ammesso al lavoro all’aperto.In Italia esistono però due tipi di ergastolo:quello normale e quello ostativo. Il primo, nor-male, concede al condannato la possibilità diusufruire dei benefici previsti dalla legge (ad es-empio: assegnazione lavoro all’esterno; permessipremio; misure alternative alla detenzione; affi-damento in prova, detenzione domiciliare, ecc.).Il secondo, che è invece un regime di eccezione,nega al detenuto ogni beneficio penitenziario, ameno che non sia uncollaboratore di gius-tizia. Ostativo è unostatus particolare diquei detenuti (non nec-essariamente ergas-tolani) che si trovanoristretti in carcere acausa di particolarireati classificati efferatid a l l ’ o r d i n a m e n t ogiuridico italiano: asso-ciazione di tipomafioso (art. 416 bisc.p.), sequestro di per-sona a scopo di estor-sione (art. 630 c. p.),associazione finalizzataal traffico di droga (art. 74 D.P.R. n. 309/1990),ecc. i quali ostacolano la concessione dei ben-efici sopraelencati. I detenuti all’ergastolo osta-tivo (in maggioranza condannati per omicidilegati alla mafia) possono rientrare nel regimenormale solo nel caso che essi diventino collab-oratori di giustizia (i cosiddetti pentiti).”La particolarità di Carmelo, in carcere e condan-nato all’ergastolo, non è quella di non essersipentito ma quella di non aver collaborato attiva-mente facendo i nomi di coloro che, insieme alui, si erano macchiati dei medesimi reati.Una seconda caratteristica è quella di aver mat-urato in carcere una coscienza, di essere diven-tato diverso, di aver conseguito più lauree e diaver trasformato la propria rabbia in rivolta, agitacon metodi non violenti ma non per questo menopericolosa, perché ha avuto il merito di aver por-tato fuori dal carcere il problema delle con-dizioni dei detenuti in Italia, e non solo di quelliostativi.

Ma la condizione speciale di questi ultimi, quellidel “fine pena mai”, è quella scelta da Carmelocome simbolo di eccellenza per combattere lasua battaglia, non solo perché la mancanza diuna pur minima prospettiva di uscita dal carcerelo ha accompagnato a lungo in questa specie dimorte civile, ma anche perché quando al carcere,cioè alla mancanza di libertà, si accompagnanostrumenti di costrizione aggiuntivi, non previstidai principi dell’ordinamento ma introdotti dauna legislazione di emergenza mai più modifi-cata, come ad esempio le norme del 41 bis, lafunzione rieducativa della pena, se mai ha avutouna ragione, viene completamente estromessa,trasformando il carcere in un luogo dove non es-iste più il diritto ma neppure la speranza.Attraverso la scrittura Carmelo ha quindi provatoa superare i muri del carcere che sembravano in-valicabili per sempre, ed oggi che alcuni ostacolisono stati rimossi in quanto i reati commessi daicomplici dei quali non ha mai fatto i nomi sono

andati in pre-scrizione, e quindinon ha più senso ogniforma di pressionenei suoi confronti, lostesso partecipa aconferenze e presen-tazione dei suoi libriin diverse parti d’I-taliaUna battaglia diciviltà, quindi, mache incontra nonpoche difficoltà atrovare spazio nei di-battiti organizzatidalla cosiddetta sinis-tra progressista, come

se il tema potesse o dovesse essere prerogativasolo degli ambienti cattolici o religiosi, ai qualiviene solitamente demandato il compito di trat-tarne e di dialogare con i carcerati, poiché unicititolati a concedere o meno il perdono, come sele condizioni di ogni persona incarcerata nonfossero argomento su cui la politica non abbia ra-gione di spendersi.Al contrario io credo che il tema dovrebbe inter-essare ogni soggetto politicamente attivo, ed inparticolare Medicina Democratica, non solo per-ché della salute psicofisica all’interno dellestrutture carcerarie si è sempre giustamente in-teressata, ma anche perché il rischio di venireprivati della libertà, e se non basta anche ulteri-ormente vessati, è presente in ogni momento dilotta da parte delle organizzazioni che si battonoper la salute, per l’ambiente, per i diritti civili ecostituzionali.

Maurizio Loschi - Savonapagina 8

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A settembre, presso la Biblioteca Popolare di S Con-cordio di Lucca, si è tenuta una serie di iniziative sulletematiche del lavoro articolata in tre sabati pomeriggio.La prima giornata, organizzata assieme alla Società diMutuo Soccorso Operaio, ha visto la presentazione,con la presenza dell̓ autore, dell̓ ultimo libro di AlbertoPrunetti. Un agile e spassoso racconto dal punto divista working class: “108 metri – the new working classhero”, appunto.Partendo dal libro che prende spunto dall̓ esperienza diemigrato in Gran Bretagna di Prunetti, il dibattito ha evi-denziato come i processi di precarizzazione e frammen-tazione del mondo del lavoro siano gli stessi anche inpaesi dalla forte tradizione operaia e che ancora oggi agliocchi di molti rappresentano un riferimento per tentareunʼuscita dall̓ incertezza e dall̓ emarginazione sociale.Si è visto come il falso mito della “fuga dei cervelli” si in-frange con i dati reali che ci dicono che nonostante ilnumero dei laureati sia in aumento “il 70% della nuovaemigrazione (oltre i due terzi) è costituita da personecon titolo di studio inferiore alla laurea. Inoltre molti lau-reati che emigrano si ritrovano a fare lavori non quali-ficati nei paesi di approdo, lavori molto simili a quelliprecari o in nero che facevano in patria.Riguardo all̓ immigrazione che arriva in Italia, presen-tata come invasione, i dati Istat ci dicono che nel 2016a fronte di un incremento di 10 mila unità il saldo migra-torio netto (differenza tra gli italiani che emigrano ed gliimmigrati che arrivano in Italia ogni anno) “raggiungequota 144mila (+ 8% rispetto al 2015) per effetto delmaggiore aumento delle immigrazioni rispetto alle emi-grazioni”. Quindi a prescindere da quello che si puòpensare su come sia organizzata l̓ accoglienza, siamosu numeri che, se raffrontati ad una popolazione resi-dente di circa 60 milioni, dà con chiarezza la misura diquanta speculazione politica venga fatta sul fenomenodell̓ immigrazione. La seconda giornata incentrata sulla sicurezza sui postidi lavoro, è nata dalla nostra insofferenza e rifiuto adaccettare il fatalismo con cui si assiste periodicamentealla sequenza incessante di infortuni e morti sul lavoro.Rifiutiamo anche la retorica istituzionale che alimenta la

rassegnazione di fronte a questi eventi, come appuntofatalità o errori individuali, mentre dall̓ altra parte si met-tono in essere le condizioni generali oggettive perchéqueste cose continuino ad accadere.Il dibattito, organizzato insieme a Medicina Democra-tica ed alla Cassa di Resistenza dei Ferrovieri in Lotta,ha portato alla luce che la tendenza costante, a partiredal 1990, ad una diminuzione degli infortuni sul lavoro,ha subito un i̓nversione negli ultimi anni nei quali si re-gistra un continuo aumento di morti bianche.Il motivo principale è la precarietà del lavoro che rendei lavoratori ricattabili. Non solo i lavoratori tempo determinato, a contratto, in-terinali, sono esclusi dalla possibilità di rivendicare i pro-pri diritti di sicurezza ma anche quelli stabilizzatirisentono della precarizzazione del lavoro a causa dellosmantellamento dello Statuto dei lavoratori che per-mette un più facile licenziamento. Si ricordi il caso delRappresentante dei Lavoratori alla Sicurezza di Massa,Johnatan Dilani, da parte di ESSELUNGA che è rima-sto più di un anno senza stipendio in attesa della con-clusione favorevole del processo. Ci sono però ancheprocessi che non si concludono in maniera positiva,come quello di Riccardo Antonini di Viareggio licenziatodalle Ferrovie dello Stato, in quanto il giudice ha rite-nuto più importante la fedeltà all̓ Azienda che la ricercadella verità sulle responsabilità della strage di Viareg-gio.Le leggi che tutelano i lavoratori in materia di sicurezzaci sono e sarebbero efficaci a contrastare gli infortuni,il Decreto legislativo 81/08 ha oltre 300 articoli, suddivisiin XIII Titoli e 51 allegati che coprono tutte le situazionidi sicurezza.Tuttavia queste leggi non vengono rispettate. Gli im-prenditori hanno una bassa probabilità di subire uncontrollo e preferiscono rischiare la multa derivante daun improbabile controllo che investire sulla sicurezza.La situazione degli organi di controllo delle ASL è ulte-riormente peggiorata negli ultimi anni col definanzia-mento del SSN, per favorire la sanità privata, ilpersonale è stato ridotto. Solo in Toscana, con la re-cente legge di accorpamento delle ASL, si sono avuti2000 esuberi tra cui anche addetti alla medicina del la-voro; se a questo si aggiunge che negli ultimi anni nonveniva garantito il turn over dei pensionati, il quadro èdesolante: nella sede di Lucca si possono notare gli uf-fici lasciati vuoti dai tecnici andati in pensione o in esu-bero.L i̓stituzione dei controlli nelle ASL e la legislazione sullasicurezza sul lavoro sono frutto delle lotte degli anniʻ70. La legge che istituisce il SSN e i servizi di controllodi medicina del lavoro è la riforma sanitaria del 1978(legge 833), solo dopo trentʼanni si riuscì a trasformarein legge la sanità universalistica prevista dalla Costitu-zione. I servizi di controllo delle ASL sono nati sul mo-

LA SICUREZZA CHE VOGLIAMO

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dello di quelli istituiti all̓ interno dei Consigli di fabbrica.In particolare si ricorda il Consiglio di fabbrica dellaMontedison, nel quale gli operai si dividevano pergruppi omogenei di rischio che discutevano della peri-colosità del loro reparto, eleggevano un rappresentanteogni 15 dipendenti che riportasse nel Consiglio di fab-brica le problematiche di sicurezza, per farle poi diven-tare rivendicazioni al pari di quelle salariali. MedicinaDemocratica nasce su queste esperienze nel 1976,unendo operai, tecnici e scienziati, per lottare contro lanocività in fabbrica.Oggi la situazione è molto diversa: mentre allora gli operainon avevano accesso ai documenti aziendali relativi allasicurezza, oggi il RLS ne ha accesso e può portare lesue istanze nella riunione periodica annuale con i respon-sabili di Azienda. Ma anche in questo caso il diritto cheesiste sulla carta non si declina nella realtà: ci sono moltiRLS compiacenti col padrone, soprattutto nelle piccoleimprese, e in alcune aziende nemmeno ci sono. Là doveesistono RLS che rappresentano realmente i lavoratorispesso non hanno gli strumenti di conoscenza per ope-rare, perché la cultura della sicurezza non è più svilup-pata nella discussione tra operai, ma è quella interpretatadal padrone, così come la formazione che gli RLS rice-vono. In questo quadro si sviluppa l̓esperienza portataavanti da Marco Spezia, ingegnere consulente sulla sicu-rezza, con “Know your rights!” ( www.medicinademocra-tica.org/wp/?cat=210 ), una newsletter che raggiungemigliaia di lavoratori e che raccoglie i quesiti che moltioperai ed RLS pongono a Marco. Le sue risposte sonouno strumento utile di conoscenza concreta dei diritti inmateria di sicurezza per i lavoratori.Nonostante il ruolo che la legge assegna agli RLS, questisono spesso deboli e isolati dagli altri lavoratori. Ci sonoinvece casi dove non sono isolati, lavoratrici e lavoratorisono consapevoli che le rivendicazioni sulla sicurezzasono strettamente legate a quelle salariali e non accet-tano che si faccia profitto a costo della loro pelle. Qui lascure della repressione padronale si abbatte senzaesclusione di colpi. E ̓il caso dei ferrovieri che hanno subito diversi licenzia-menti proprio per questioni legate alla sicurezza. Quelladei lavoratori ma anche quella degli utenti. I lavoratorihanno risposto con la solidarietà, istituendo una cassaper sostenere i licenziati, che è riuscita ad andare oltrel̓ appartenenza alle diverse sigle sindacali. Un risultatofrutto di un lungo lavoro organizzato capillarmente, di op-posizione e di lotta. La cassa, finanziata a livello nazionalecon una piccola quota fissa dello stipendio mensile, per-mette di sostenere le spese legali dei lavoratori e sup-porta le vertenze degli stessi nei confronti dellacontroparte padronale.Un esempio di unità e di ricomposizione che dimostracome solo la lotta organizzata dei lavoratori è capace diporre un argine all̓ erosione dei diritti in materia di condi-zioni di lavoro e sicurezza.La terza giornata abbiamo affrontato il tema delle pen-sioni. Poter andare in pensione ad unʼetà ragionevole con

una pensione dignitosa è un aspetto non secondariodella sicurezza che deve essere garantita dal lavoro. Unaprospettiva che si allontana per molti e che è quasi unachimera per i più giovani. Secondo la narrazione domi-nante ciò è dovuto principalmente all̓ innalzamento del-l̓ età media della popolazione In realtà il deficit di contribuzione alle casse INPS è do-vuto in gran parte alla precarizzazione del lavoro attuatadai governi di centro-destra-sinistra degli ultimi 25 anni. Lenuove forme di contratto prevedono livelli contributivimolto bassi o inesistenti. Abbassare il costo del lavorovuol dire anche questo, pochi contributi e pensioni dafame. Perfino lo Stato e gli enti pubblici in molti casi nonhanno versato tutti i contributi ai propri dipendenti per farquadrare i bilanci, mentre si aumentano le spese militari,per esempio. Il dibattito ha illustrato i cambiamenti avvenuti con il pas-saggio dal sistema retributivo a quello contributivo e ci

siamo interrogati sui cambiamenti che si prospettano nelprossimo futuro. Grazie al contributo del patronato Incaè stato possibile entrare tecnicamente nel merito dei pas-saggi avvenuti in questi anni e fornire chiarimenti su po-sizioni contributive individuali degli intervenuti.Possiamo dire che le tre giornate hanno seguito il filo dellacontrapposizione tra sicurezza e precarietà. La continuaprecarizzazione della classe lavoratrice ha prodotto unpeggioramento sia in termini salariali, diretti e indiretti(welfare e prospettive pensionistiche) sia ovviamente intema di diritti e sicurezza sui luoghi di lavoro. Questo è ilfrutto di un arretramento trentennale progressivo dellenostre posizioni nel conflitto con le classi dominanti. Lalotta di classe esiste e i padroni la conducono cosciente-mente, non lasciando indietro l̓aspetto della propagandacome in tutte le guerre. Mentre ci fanno la guerra ci di-cono che il conflitto non esiste, che abbiamo gli stessi in-teressi, che dobbiamo fare squadra con loro. Il risultato èche oggi si muore di più sul lavoro, i salari sono più bassi,i ritmi più alti e le pensioni più lontane e più misere.I lavoratori non possono delegare ad altri la tutela dei lorointeressi. Solo la solidarietà di classe, l̓ organizzazione ela lotta sono in grado di ottenere risultati. Lavoriamo per-ché questa iniziativa sia stata un passaggio di ricompo-sizione, mettendo in rete le energie sul nostro territorio inquesta prospettiva.

A cura di Antonella De Pasquale - Pisapagina 10

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Ormai la plasticarisiede

nell'intestino dellepersone

Nel corso dei prossimi 60 secondi, le persone di questo mondo avranno comprato un milione di bottiglie di acqua inplastica, e due milioni di sacchetti di plastica. Invece, la sola plastica da imballaggio con vescicole che sara ̓stataprodotta nel corso del 2018, permettera ̓di fare 10 giri di equatore.Mentre il degrado di queste plastiche impieghera ̓nella maggiorparte dei casi oltre 1000 anni, la loro frammentazionee ̓rapida e produce trilioni di cosiddette microplastiche rinvenibili negli oceani, nel pesce, nell̓ acqua potabile, nelsale. A questi depositi gia ̓noti, oggi possimo aggiungere anche gli stomaci delle persone. Uno piccolo studio pilota, ha cercato di identificare le microplastiche nelle feci di otto persone da Austria, Finlandia,Italia, Giappone, Gran Bretagna, Olanda, Polonia, Russia, e sorprendentemente per i ricercatori, ogni campione eʼrisultato positivo per presenza di varie microplastiche. “Essendo il primo studio nel suo genere, ci siamo limitati a un test iniziale per verificare se microplastiche fossero iden-tificabili in assoluto” ha detto Philipp Schwabl gastroenterologo alla clinica universitaria di Vienna e coordinatore dellostudio. “I risultati sono stati impressionanti”. Mentre non ci sono certezze sulle implicazioni per la salute, gli autori con-fidano di procedere con uno studio piu ̓articolato, pur servendosi degli stessi metodi. Nell̓ultimo decennio, le microplastiche –frammenti inferiori alla lunghezza di mezzo millimetro- sono divenute una delleprincipali preoccupazioni per gli scienziati ambientali. Molti studi hanno rilevato alta concentrazione di microplastichenella catena alimentare marina, mentre nel 2017 sono state riscontrate nell̓83% dei campioni di acqua di acquedottoraccolti nel mondo (la piu ̓alta frequenza negli Stati Uniti, 94% dei campioni). La maggiorparte delle microplastiche sono l̓ involontaria frammentazione di oggetti piu grandi, mentre alcuni paesitra cui USA e Canada, hanno vietato l̓aggiunta di sferule in plastica ai prodotti cosmetici. I ricercatori in genere, damolto tempo sospettavano di scoprire prima o poi microplastiche nei corpi umani. Secondo uno studio, le personeche mangiano regolarmente molluschi e crostacei marini, possono ingerire fino a 11000 frammenti nel corso di unanno. Il nuovo studio che e ̓stato presentato il 22 ottobre 2018 a un convegno di gastroenterologia a Vienna, potrebbeaiutare i biologi marini che da molti anni mettono in guardia sui pericoli che le microplastiche nei mari comportano.Tuttavia suggerisce che le microplastiche potrebbero entrare nei nostri corpi non solo a partire dalla catena alimentaremarina. “Il fatto che siano stati riscontrati polimeri tanto differenti suggerisce varie fonti contaminanti” ha detto StephanieWright, una biologa del Kingʼs College di Londra che non ha partecipato allo studio. Peraltro due delle otto personecampione, hanno assicurato di non mangiare cibi marini. Lo studio e ̓stato condotto servendosi di volontari che per una settimana hanno prodotto feci e diari della propria ali-mentazione, mentre il dottor Schwabl e colleghi, hanno proceduto alla analisi delle feci con uno spettrometro. Sonostate identificati 9 tipi di plastica, con dimensioni dei frammenti da mm 0,05 a 0,5. Le plastiche prevalenti sono risultatepolipropilene e polietilene tereftalato, entrambi comuni nelle bottiglie e nei relativi tappi. Schwabl ha messo in guardia dal tirare conclusioni affrettate. “La maggiorparte dei volontari ha bevuto da bottigliedi plastica e ha ingerito cibi marini, ed e ̓altamente probabile che il cibo venga contaminato dalle plastiche tantonella serie dei trattamenti che subisce, che nell̓ involucro della confezione finale”. Gli effetti sulla salute umana sono per lo piu ̓ignoti, sebbene danni nei pesci e in altri animali, siano noti. Inoltre, se-condo Wright, le dimensioni dei frammenti in questione sono troppo grandi per causare danni effettivi. Tuttavia Schwabl ha detto che i risultati raggiunti sono piuʼ che sufficienti per giustificare un proseguimentodelle indagini, e ha aggiunto: “ora che sappiamo che le microplastiche sono nelle feci, e che sappiamo comeidentificarle, possiamo passare a una indagine piuʼ articolata”.

Traduzione a cura della Redazione. Dallʼarticolo di di Douglas Quenqua; 24 ottobre 2018, TheNew York Times International Edition

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Il comitato Massorondinaio è unʼassociazione spon-tanea di cittadini di San Piero a Sieve interessati a tu-telare lʼambiente, la propria salute e quella altruipoiché, come sempre ci piace ricordare agli abitantidel Mugello, lʼaria non ha confini. La sua costituzionerisale a circa un anno fa come inevitabile conse-guenza del disagio provocato da emissioni molesteavvertite soprattutto nelle zone limitrofe lʼimpianto diconglomerato bituminoso sito in località Massorondi-naio. Questʼultimo oltre ad essere localizzato in areaa forte densità abitativa, si trova a ridosso di un parcopubblico nonché nelle immediate vicinanze di impiantisportivi e ricreativi. Le maleodoranze si espandonoanche nel centro del paese, scuole comprese, comedimostra la lettera inviata dal Consiglio Scolastico alSindaco del Comune di Scarperia e San Piero in data24 gennaio 2018 per chiedere chiarezza sui rischi perla salute causati dallʼinalazione frequente di bitume.Come cittadini abbiamo fatto ricerche in merito a ciòche non ci pareva affatto essere solo innocuo vaporeacqueo né paragonabile ad odore di pizza così comedichiarato ad Arpat dalla Bindi S.p.A.. Ed ecco ciò cheabbiamo appreso circa la componente di interesseambientale lavorata nellʼimpianto di Massorondinaio:il bitume. Eʼ sostanza definita in ʻʼVademecum per ilmiglioramento della sicurezza e della salute dei lavo-ratori nelle opere di asfaltaturaʼʼ (Regione Lombardia

,2006) come segue: ̒ ʼ si tratta di un materiale legantedi origine naturale o proveniente dalla lavorazione delpetrolio, contenente composti organici di origine pre-valentemente idrocarburica , con tracce di zolfo,azoto, ossigeno, nichel, ferro e vanadioʼʼ (sullʼargo-mento si vedahttps://www.medicinademocratica.org/wp/?p=5826 ). Il bitume è una sostanza ai fini del regolamentoREACH con una sua identità chimica soggetto a re-gistrazione presso Agenzia Chimica per lʼAmbiente.Ad oggi non è classificato come pericoloso dallenorme armonizzate europee sulla classificazionedelle sostanze ma soggetto ad obblighi, come la ne-cessità di scheda di sicurezza, in funzione di aspetti dipericolosità insiti nel suo utilizzo lavorativo. Infatti nellafase di miscelazione del bitume e degli inerti per pro-durre quello che popolarmente chiamiamo asfalto, ilbitume a caldo, cioè in seguito a processo del suo ri-scaldamento (necessario per poter essere lavorato estoccato), produce componenti idrocarburiche basso-bollenti principalmente costituite da Idrocarburi polici-clici aromatici considerati cancerogeni certi o sospetti(a seconda della specifica sostanza).Anche lʼesposizione ad altri gas derivanti dal mante-nimento a caldo del bitume determinano rischi, traquesti gas quello più significativo è lʼidrogeno solfo-rato, di elevata tossicità acuta e con bassa soglia ol-fattiva. Il Comitato di Massorondinaio ha poi appreso la noti-zia del provvedimento di Revoca di autorizzazioneemesso dalla Regione Toscana nei confronti di questostabilimento . Ha letto con soddisfazione che Arpat haconfermato ciò che significa in termini di salute respi-rare emissioni odorigene di bitume, che non sono af-fatto solo vapore acqueo, innocuo, ma sono a baseidrocarburica come da sempre da noi sostenuto (vedihttps://www.medicinademocratica.org/wp/?p=6365 ). Da ultimo si è arrivati alla revoca della autorizzazioneper la parte relativa al trattamento dei bitumi motivatadalla presenza di una fonte emissiva incontrollata difumi connessa allʼoperazione di movimentazione delconglomerato bituminoso a caldo. Si tratta di unʼemis-sione diffusa/fuggitiva ovvero non convogliata , il cuiconvogliamento a sistemi di abbattimento con filtri eragià stato richiesto alla ditta dalla Regione Toscana condiffida del 30/05/2018 in adempimento agli obblighi

La lotta paga: il caso dellʼim-pianto di produzione di bitumi aSan Piero a Sieve (FI)

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previsti dalla normativa e ribaditi nella autorizzazioneunica ambientale. Nellʼatto di revoca la Regione Toscana attesta chelʼimpianto di conglomerato bituminoso non ha an-cora provveduto allʼeliminazione delle emissionidiffuse contestate nella diffida Regione . Semprein revoca si cita e si discute il (tardivo) progetto dimitigazione ambientale presentato dai gestori del-lʼimpianto per il convogliamento delle emissioni dif-fuse i cui contenuti non sono stati ritenuti idonei,Arpat infatti indica ʻʼla documentazione presentatacontinua ad essere completamente carente degliaspetti tecnici inerenti le caratteristiche tecnichedel sistema del convogliamento proposto”. Inoltrein questo progetto manca la tempistica di realizza-zione neʼ è prevista alcuna soluzione per risolvereil problema nel periodo transitorio. Da evidenziareperò che questo progetto ha ottenuto autorizza-zione paesaggistica dal Comune di Scarperia SanPiero. Già alcuni mesi fa in articolo de La Nazioneveniva riportata la dichiarazione del Sindaco Fe-derico Ignesti a proposito di una ʻʼsollecitazione ri-volta allʼazienda di presentare un progetto dimiglioramento concordato con il nostro ufficio tec-nico, proprio con queste finalitàʼʼ riferendosi allanecessità di conciliare le necessità occupazionalicon quelle del rispetto ambientale e di salute. Que-sto progetto è risultato non risolutivo della situa-zione secondo il parere di Arpat. Vogliamo sperare

invece che la nostra amministrazione comunaleverifichi a dovere che lʼimpianto ottemperi a quantodisposto dalla Regione ovvero sospenda lʼattivitàdi produzione del conglomerato perché questoprevede lʼatto di revoca della Regione. Vogliamosperare inoltre che in futuro venga risolto dallʼam-ministrazione comunale lʼannoso problema dellescelte di sviluppo territoriale che hanno permessola contiguità a San Piero tra aree industriali e resi-denziali, così come affermato da Arpat il 3.04.2018in un suo comunicato. Un ulteriore aspetto su cui intendiamo mantenereviva lʼattenzione sarà quello di eventuali richiesta diestendere lʼattività anche a quella del recupero delfresato ricavato dal rifacimento dei manti stradaliusurati che renderebbe la questione della produ-zione di conglomerato bituminoso in zona abitataancora più controversa e, a nostro avviso, an-drebbe preceduta da una valutazione di impattoambientale (VIA) al quale lʼimpianto non è maistato assoggettato. Il Comitato intanto, sempre vigile e attivo, era pre-sente con alcuni suoi esponenti allʼudienza pub-blica del TAR del 31 ottobre 2018 nella quale èstato discusso il ricorso della Bindi S.p.A. contro laRegione Toscana riguardo la richiesta della societàdi voltura parziale dellʼAUA di cui al Decreto Diri-genziale n. 9705/2017 per quanto concerne:

1. affitto del ramo di azienda relativo al solo impiantodi conglomerati bituminosi già della Piandisieve S.r.l.; 2. scorporo a proprio favore delle emissioni canaliz-zate A1 (Fumi originati da forno di essiccazione degliinerti con eventuale utilizzo di fresato) e T1 (impiantotermico alimentato a metano); 3. convogliamento allʼimpianto di depurazione dellaPiandisieve S.r.l., attraverso scarico consortile.

A breve sapremo la sentenza in merito a tale ricorso. Facciamo presente che i cittadini in questo ricorsonon erano intervenuti ma ci teniamo a sottolineareche saranno presenti ad adiuvandum nel ricorsoche la società Bindi ha presentato contro il prov-vedimento di diffida della Regione e saranno pre-senti anche nellʼeventuale ricorso che lʼimpresavorrà presentare contro lʼatto di revoca. Questo perricordare che i cittadini vogliono far sentire la lorovoce anche in Tribunale. Aspettiamo quindi di sapere se la Bindi S.p.A. pro-cederà al TAR oltre che contro il provvedimento diDiffida anche contro il provvedimento di Revoca.E allora cittadini tutti uniti a sostenere coloro che sicostituiranno ad adiuvandum a fianco della Re-gione Toscana!

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Il 27 novembre 2018 si dovrebbe celebrare il 30°anniversario del Referendum sul PVC a Rosi-gnano, tenuto il 27 novembre 1988. Dico “si do-vrebbe” perché al contrario quella straordinariaesperienza di lotta, ambientalista e anti-capitali-stica in troppi vogliono dimenticarla, vecchie enuove aggregazioni politiche.Gli ultimi anni ʼ80 furono anni di trapasso storico edi grandi avvenimenti, internazionali e locali:nellʼ86 saltava la centrale nucleare di Chernobil,nel 1987 un referendum nazionale in Italia mettevala parola fine ai mai sopiti tentativi del capitale edel PCI di riaprire ed estendere le fallimentari cen-trali nucleari di Trino Vercellese, Caorso, Gari-gliano e Latina. E quella militare del CISAM.

In Toscana la zona di antico radicamento anar-chico di Massa Carrara promuoveva un referen-dum (ottobre 1987) per la chiusura delle inquinantiproduzioni di pesticidi e dellʼinceneritore del Rogor,vincendolo a grande maggioranza, nonostantefosse promosso da forze minoritarie, mentre partitie sindacati fossero per una riconversione morbida.Un anno dopo fu la volta di Rosignano: qui la par-tita era più difficile, perché si trattava di fermare unprogetto non ancora esistente, con una pioggia diinvestimenti e di posti di lavoro promessi da Sol-vay: concentrare a Rosignano quasi un terzo dellaproduzione di PVC dʼItalia, avanzando per gradi, efacendo arrivare per i primi tempi il gas cancero-geno CVM (cloruro di vinile monomero) da altri sta-

Livorno: Referendum sul PVC30 anni dopo

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bilimenti del gruppo, per polimerizzarlo a Rosi-gnano. In un secondo momento si sarebbe pro-dotto anche il CVM, e ciò avrebbe richiesto anchelʼampliamento della produzione di cloro, che a queitempi si produceva ancora con le micidiali celle amercurio, poi trasformate a membrana solo nel2007.Per inciso le circa 500 tonnellate di mercurio river-sate in mare da Solvay in 70 anni di marcia dellecelle elettrolitiche sono ancora tutte alle spiaggebianche, e tornano continuamente in circolo con lemareggiate, i pesci e lʼaerosol.Tutti i partiti e i sindacati erano favorevoli al pro-getto PVC, mentre si opponevano duramente soloDemocrazia Proletaria e le associazioni ambienta-liste. Alla ormai tradizionale Legambiente, proprioin quel periodo si formarono a Rosignano il WWFe Greenpeace. Si formavano anche i Verdi, inascesa anche in regione e sul piano nazionale.Ma DP fu la forza trainante della lotta, anche per-ché aveva in regione per la prima volta un Consi-gliere (Angelo Baracca, legislatura 1985/90), edaveva in parlamento 6 deputati, alcuni dei quali,come Gianni Tamino, dettero una mano impor-tante.Il referendum, non previsto dallo Statuto comunale(che non esisteva ancora) fu un vero infortunio perle forze politiche tradizionali, innanzitutto il PCI,che se avessero sospettato lʼesito, non lo avreb-bero mai permesso. Il PCI tuttavia aveva ancheuna forte opposizione interna sullʼargomento: gliex sindaci Demiro Marchi e Leno Carmignoli eduna serie di lavoratori che ricordavano la nocivitàdel vecchio impianto CVM, che aveva marciato aRosignano dal 1953 al 1978, 25 anni, lasciandouna scia di morti per angiosarcoma al fegato, il tu-more tipico dellʼesposizione al CVM.Unʼindagine epidemiologica del 1978, voluta dalsindaco socialista Iginio Marianelli (amministra-zione 1975/80, anchʼegli attivo oppositore al pro-getto del 1988) , e dalla Regione sulla popolazionedi Rosignano Solvay esposta ad inquinamento am-bientale da CVM1 , evidenziava patologie e morta-lità preoccupanti. Di fatto questa indagine decretòla chiusura del vecchio impianto CVM: il CRIAT re-gionale (una sorta di Arpat ante litteram) e il sin-daco Marianelli prescrissero “emissioni zero” diCVM alla Solvay, che non accettò, per cui preferìchiudere lʼimpianto.Ma più dellʼindagine valeva la memoria storicadegli operai più consapevoli e combattivi: voglio ri-cordare Giovanni Cavallini, Mauro Nelli, AntonioZaimbri, Alberto Girolami ed altri, che dettero unamano decisiva nella campagna di DP del 1987/88.Va ricordato anche il ruolo del prof. Pierluigi Viola(direttore dellʼospedale Solvay di Rosignano) nelle

ricerche sulla cancerogenicità del CVM sui ratti,che presentò a Houston (Texas) nel 1971. Lʼonco-logo Cesare Maltoni di Bologna di lì a poco con-fermò anche la cancerogenicità sullʼuomo.Nellʼautunno ʼ87 DP raccoglieva 6300 firme tra icittadini contro il PVC e per il referendum: firma-rono significativamente anche circa 400 lavoratoriSolvay, nonostante le spie e le telecamere dellaSolvay. Le firme furono consegnate, alla presenzadel deputato Gianni Tamino, al sindaco Danesindel PCI ai primi di dicembre 1987.Seguì un anno di “travaglio” nel PCI, in cui il partitodi maggioranza partorì una “Vertenza ambiente”,una somma di giuste rivendicazioni ambientali dabarattare con lʼassenso al progetto PVC. Il con-cetto del baratto era trasferito anche nel quesitoreferendario, che tuttavia non trasse in inganno lapopolazione. Allʼapertura delle urne il 55,5 % ri-spondeva NO al progetto Solvay, il 44,5 % rispon-deva SI.Una vittoria storica contro la “mamma Solvay”, chenegli anni si era trasformata in una matrigna: sem-pre meno occupazione, sempre più inquinamento,sempre e comunque alti profitti. Amo dire “Non è laSolvay che ha dato da mangiare a tanta gente, maè tanta gente che ha dato da mangiare alla Solvay,per un secolo.”Per chiudere la panoramica dei referendum to-scani dellʼepoca, va ricordato anche quello del pro-getto carbone di ENEL a Piombino, che prevedevail raddoppio e la trasformazione a carbone dellacentrale elettrica di Torre del Sale: soliti scenari diMassa Carrara e Rosignano, ma nel gennaio 1989la popolazione piombinese rispondeva NO.Di lì a poco il PCI si scioglieva, o meglio si trasfor-mava nel PDS per togliere la parola “comunista”dal suo logo, anziché trarre le dovute lezioni dalleesperienze toscane: la “cosa” di Occhetto si tra-sformerà ulteriormente nel tempo nel disastro diRenzi.

Maurizio Marchi - Livorno

1 riprodotta integralmente in appendice al libro diMaurizio Marchi “Referendum sul PVC 25 annidopo” pubblicato sul ilmiolibro.it nel 2013

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LO SCREENING DEL TUMORE ALPOLMONE CON TAC A BASSEDOSI FUNZIONA. DIMEZZATA LA MORTALITAʼ.PERCHEʼ NON SI DIFFONDEDOVE IL PROBLEMA ESISTE?Arrivano da Udine i primi dati a livello mondiale di una ricerca scientifica in cui si dimostra come loscreening con tac spirale, rispetto ad una sorveglianza effettuata soltanto con la radiografia toracica,dimezza la mortalità per tumore al polmone nei soggetti che sono stati esposti allʼamianto (v. anchehttps://www.medicinademocratica.org/wp/?p=7230 ). Sono questi i risultati dello studio condotto da un gruppo di 11 studiosi, per la maggior parte apparte-nenti allʼUniversità di Udine e allʼAzienda sanitaria universitaria integrata di Udine, il cui articolo èstato pubblicato lo scorso 15 ottobre online sulla rivista International Journal of Epidemiology, (Lʼarti-colo si può leggere integralmente qui: https://academic.oup.com/ije/advance-article/doi/10.1093/ije/dyy212/5132993 ). La ricerca è partita da un precedente lavoro del 2002 cheaveva dimostrato che lo screening con tac spirale identificava un certo numero di tumori polmonari instadio iniziale, potenzialmente guaribili. Gli autori del nuovo studio hanno confrontato la mortalità deipartecipanti allo studio del 2002 con quella di un campione di un migliaio di soggetti esposti che nonavevano partecipato allo studio. Seguendo queste persone dal 2002 al 2011 si è scoperto che lamortalità per cancro del polmone del primo gruppo era ridotta del 59% rispetto a quelli del secondogruppo. In precedenza altri studi avevano dimostrato che la diagnosi anticipata con la tac spirale ridu-ceva del 20% la mortalità causata dai tumori al polmone nei forti fumatori.Un altro studio pubblicato lʼ11 ottobre scorso sullʼInternational Journal Radiation Biology a firma di Ta-heshi Nawa, riporta una interessante screening di popolazione nella città giapponese di Hitachi doverisiedono circa 180.000 abitanti e dove esistono miniere e la famosa industria Hitachi con produzioniche vanno dallʼelettronica, allʼautotrazione, alla energia nucleare. Poiché il tumore al polmone rappre-sentava un “serio problema per la popolazione lavorativa”, negli anni ʼ90 fu avviato uno screeningcon tac del torace per gli ex dipendenti e le loro mogli. Successivamente lo screening fu esteso subase volontaria a tutti residenti con apparecchi tac mobili. Nel 2006 il 30% della popolazione obiettivoera stata raggiunta.Su 26.000 persone sottoposte a controllo tac sono stati individuati 203 pazienti con tumore al pol-mone. Il 90% di queste persone era viva dopo 5 anni. Tra questi coloro che avevano fumato ave-vano una sopravvivenza peggiore dei non fumatori.Unʼaltra analisi condotta dagli autori ha dimostrato che dopo 4 e 8 anni dallʼintroduzione dello scree-ning la mortalità per tumore al polmone nella popolazione di Hitachi si è ridotta di circa il 25% soprat-tutto tra i non fumatori.Gli studi finora condotti hanno dimostrato una superiorità della tac a basse dosi rispetto alla sempliceradiografia del torace in soggetti ad alto rischio, variamente definiti come coloro che fumano da più di15 a più di 30 pacchetti allʼanno. Anche gli ex esposti allʼamianto beneficiano di uno screening del tu-more al polmone. Ma in Italia sono poche le regioni che lo hanno avviato (Friuli, Veneto, Basilicata).Lo studio giapponese indica che anche una tac a bassa dose estesa alla popolazione non giovanilesembra in grado di ridurre la mortalità per tumore al polmone ed a scongiurare lʼevoluzione dellʼenfi-sema in broncopatia cronica ostruttiva, una patologia seriamente invalidante.Alla luce di tali evidenze e di quelle che indicano nel Salento alcune aree critiche per le neoplasiepolmonari e le malattie respiratorie (Taranto, Brindisi e Lecce), lʼavvio di uno screening dei soggetti a

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maggior rischio (lavoratori ex esposti ad amianto e ad altri cancerogeni, forti fumatori) dovrebbe es-sere già obbligatorio considerata la sua conclamata capacità di ridurre le morti per queste cause.Laddove il rischio di tumore al polmone è dimostrato anche su popolazioni non esposte professional-mente, come in prossimità delle aree industriali, lʼindicazione ad uno screening di popolazione sem-bra ben fondata. Intanto, in attesa che le istituzioni decidano e portino a termine i loro studi eziologici,dopo i 50 anni per i forti fumatori e dopo i 50 per gli altri una TAC del torace a basse dosi potrebbeessere affidata allʼiniziativa personale o sociale.

Maurizio Portaluri – Brindisi (Su gentile concessione del sito www.salutepubblica.net)

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La ditta La Vetri (attiva dal 1962 in provincia di Mantova) tratta principalmente rifiuti di vetro, sia di pro-venienza industriale che urbana, per lʼavvio a recupero (la prima autorizzazione risale al 1985) am-pliandosi ed estendendo le tipologie dei rifiuti fino alla autorizzazione del 2007 quando arriva a 157.000t/a di capacità. Nel 2008 riesce ad ottenere un giudizio favorevole condizionato di valutazione di impattoambientale (di cui i cittadini si sono resi conto ad atto approvato) per un incremento di capacità produt-tiva. Non viene passata sotto silenzio la procedura autorizzativa conseguente nella quale una combattentevicina dellʼimpresa, sostenuta da Medicina Democratica, riesce a dire la sua anche se ben poco ascol-tata dalla Provincia e ostacolata in tutti i modi dallʼimpresa. Lʼautorizzazione (2011) prevede un incre-mento produttivo fino a 328.000 t/a mantenendo pressocchè inalterate diverse funzioni quali le areedi stoccaggio (per lo più allʼaperto) e il sistema interno di fognatura, si autorizza un impianto di tratta-mento per poi scaricare nel fosso Galene (di cui è comproprietaria la vicina).La “formica” si organizza e, forte delle considerazioni fondate presentate durante la procedura, presentaun ricorso al TAR … e lo vince (il 18.06.2014) riportando tutto alla casella di partenza. Dopo diverse vi-cissitudini, scambi di relazioni e controrelazioni con grande scorno dellʼimpresa lʼautorizzazione vienerilasciata (maggio 2015) nuovamente ma con prescrizioni molto più restrittive e con una capacità pro-duttiva pari a 276.600 t, minore di quella precedente, ma che implica il funzionamento anche notturno,lʼintroduzione di un nuovo impianto “sabbie” per un trattamento di preparazione del vetro per renderlo“pronto al forno” riducendolo in frammenti estremamente piccoli. Lʼincremento include la realizzazione dellʼimpianto di trattamento delle acque reflue (dovute principal-mente al percolato dellʼacqua meteorica che attraversa i cumuli di rifiuti in attesa di lavorazione) con sca-rico nel fosso poderale comune che poi si collega con un canale del Consorzio di bonifica locale.I problemi, già presenti prima del 2007, sono presto elencati come vissuti direttamente da chi vive nelleimmediate vicinanze ed acuiti via via che lʼazienda otteneva (o comunque attivava) nuove attività e am-pliava quelle preesistenti.

Scarichi spesso evidentemente fuori norma (per ilcolore, la evidente presenza di solidi sospesi) nelfosso, rilascio di polveri di vetro e di frammenti dialtri rifiuti leggeri (es. plastiche) nei terreni agricolilimitrofi anche grazie a cumuli di rifiuti di altezzaelevata (segnale di permanenze di durata ecces-siva dei rifiuti in attesa di trattamento), problemaaccentuato dallʼinizio della attività dellʼimpianto“sabbie” che aggiunge anche elevati livelli di ru-more in particolare in periodo notturno, rilasci dipercolato dalle recinzioni.Tutti questi aspetti vengono puntualmente e co-stantemente segnalati anche con esposti alla Pro-cura e intervenendo ogni volta possibile (quandoinformata tempestivamente) con note in cui si se-gnalano le criticità e le possibili fonti richiedendoverifiche e ulteriori proposte prescrittive.Grazie alla continua “sorveglianza” esterna e allepuntuali segnalazioni nel settembre 2016 la Pro-vincia emette una prima diffida a fronte di mancatiadeguamenti e modalità gestionali difformi alla au-torizzazione, si apre una pratica per contamina-zione del suolo già verificata nel 2013 (il continuosversamento nel fosso di acque non trattate o nonidoneamente trattate ha determinato la contamina-zione per metalli e idrocarburi) con il riconosci-mento della responsabilità dellʼimpresa e ladefinizione degli obblighi di intervento.Nonostante inizi una battaglia fatta di ricorsi (re-

ANCHE UNA “FORMICA” PUOʼ METTERE INCRISI UNA POTENZA

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spinti) al TAR da parte dellʼimpresa e richieste di proroghe, di modifiche degli atti provinciali (conditispesso da rabbiose recriminazioni contro la vicina) nessun intervento risolutivo viene messo in opera.Nel corso del 2017 si susseguono ulteriori diffide fino a novembre quando viene emanata prima una so-spensione temporanea degli scarichi, poi una sospensione del conferimento di rifiuti per lʼ “evidenziatainosservanza delle condizioni e prescrizioni contenute nellʼatto autorizzativo n. PD1576 del 20.07.2015,in merito alle acque di scarico, alla gestione dei rifiuti, alle emissioni in atmosfera ed in particolare al suc-citato piano di adeguamento e miglioramento”. Una debacle su tutta la linea !Quello che sblocca la situazione è lʼintervento della Procura che, a seguito sia degli esposti che dellenotizie di reato connesse alle diffide, fa intervenire la Guardia di Finanza che, dopo un sopralluogo con-giunto con Arpa, il 1.12.2017 esegue un sequestro probatorio dello scarico e dei rifiuti stoccati. Persommo dispiacere della impresa il custode giudiziario nominato è proprio la vicina. La provincia è, obtorto collo, costretta ad iniziare una procedura di revoca dellʼautorizzazione limitandodapprima le lavorazioni a quelle dei rifiuti in stoccaggio (13.700 t) Dopo due conferenze dei servizi neldicembre 2018 (ovviamente senza mettere a conoscenza lʼinteressata nonostante le ripetute richiestein tal senso) in cui lʼazienda arriva anche proporre delle modifiche sostanziali dellʼautorizzazione, si ar-riva ad una “amnistia” condizionata che riattiva parzialmente lʼattività mantenendo la sospensione degliscarichi nel fosso.Dal lato della bonifica si susseguono ordinanze sindacali nei confronti della proprietà (una società im-mobiliare “collegata” a La Vetri) per la loro realizzazione (scotico del terreno contaminato sullʼalveoe le rive del fosso). I lavori iniziano ma vanno avanti a “spizzichi e bocconi” senza un controllo pun-tuale delle attività da parte degli enti per cui la vicina è costretta più volte a segnalare situazioni nonconformi come pure la presenza di acqua nella parte di fosso (chiusa per gli interventi) la cui unicaprovenienza possibile è la ditta nonostante il divieto vigente.Tale e tanta però è lʼarroganza della impresa che la provincia con atto del 8.10.2018 arriva a revocarelʼautorizzazione. Nellʼatto la provincia ricorda che “da parte della ditta lʼadempimento alle diffide nonè sempre stato puntuale e la ditta ha spesso richiesto proroghe ai tempi di realizzazione disposti neiprovvedimenti. Inoltre, nonostante lʼinerzia dimostrata nel realizzare a quanto già imposto nellʼauto-rizzazione e nelle diffide, la ditta ha richiesto annullamenti in autotutela, chiarimenti, sostituzioni, eli-minazioni, correzioni e modifiche al “piano di adeguamento e miglioramento” dispostonellʼautorizzazione, avanzando contemporaneamente richieste di ulteriori modifiche allʼimpianto”.Ancora, lʼazienda “non ha completato – il Piano di recupero/smaltimento/lavorazione dei rifiuti; - la bo-nifica e la messa in sicurezza del fosso Galene; - lʼistanza per lo spostamento del punto di scarico inc.i.s.”, la provincia prima dispone il divieto di conferimento di rifiuti e poi revoca lʼautorizzazione vi-

gente ordinando “il ripristino e il recu-pero ambientale” del sitodeterminando anche problemi occu-pazionali dei lavoratori che si sen-tono messi in pericolo non (anche)dalle condizioni lavorative non idoneicui sono sottoposti ma esclusiva-mente dalla vicina.Ovviamente non siamo allʼultimo attosia perché i problemi persistonoanche ad azienda chiusa (gli sversa-menti nel fosso continuano pur nonessendo legati ad eventi meteorici,come pure le perdite di percolatolungo la recinzione) e perché le rea-zioni dellʼimpresa non si faranno at-tendere ma un bel passo avanti peril rispetto dellʼambiente e delle popo-lazioni è stato compiuto.

A cura di Marco Caldiroli – Castel-lanza (VA)

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