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Universit` a di Udine DIPARTIMENTO DI SCIENZE MATEMATICHE, INFORMATICHE E FISICHE Corso di Laurea in Informatica dispense di Logica Matematica Alberto Marcone e-mail: [email protected] pagina web: http://users.dimi.uniud.it/~alberto.marcone/LMinf.html Versione finale (20 dicembre 2019) Anno Accademico 2019–2020

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Universita di UdineDIPARTIMENTO DI SCIENZE MATEMATICHE, INFORMATICHE E

FISICHECorso di Laurea in Informatica

dispense di

Logica Matematica

Alberto Marcone

e-mail: [email protected]

pagina web: http://users.dimi.uniud.it/~alberto.marcone/LMinf.html

Versione finale (20 dicembre 2019)

Anno Accademico 2019–2020

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Indice

Presentazione iii

Introduzione 1

Parte 1. La logica proposizionale 4

Capitolo 1. Sintassi della logica proposizionale 51. Formule proposizionali 52. Usare meno parentesi: precedenze tra connettivi 73. Sottoformule 8

Capitolo 2. Semantica della logica proposizionale 91. Valutazioni e interpretazioni 92. Equivalenza e conseguenza logica 103. Validita e soddisfacibilita 154. Una procedura di decisione: le tavole di verita 175. Traduzioni dal linguaggio naturale 19

Capitolo 3. Forma normale congiuntiva e disgiuntiva 211. Definizione di forma normale congiuntiva e disgiuntiva 212. Doppie negazioni, α-formule e β-formule 233. Gli algoritmi di Fitting 244. Terminazione forte degli algoritmi di Fitting 27

Capitolo 4. Il metodo dei tableaux: caso proposizionale 291. Esempi preliminari 292. L’algoritmo 303. Terminazione forte dei tableaux 324. Correttezza e completezza del metodo dei tableaux 335. Semplificare i tableaux 386. I tableaux e la conseguenza logica 40

Capitolo 5. La deduzione naturale: caso proposizionale 411. Caratteristiche di un sistema deduttivo 412. La deduzione naturale proposizionale 443. Le regole della deduzione naturale proposizionale 494. Correttezza e completezza della deduzione naturale proposizionale 495. La deduzione naturale e la logica intuizionistica 516. Esempi di deduzione naturale proposizionale 52

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ii INDICE

Parte 2. La logica predicativa 57

Capitolo 6. Sintassi della logica predicativa 581. Linguaggi predicativi 582. Termini 593. Formule predicative 614. Variabili libere e enunciati 645. Sottoformule 666. Sostituzioni in formule 667. Linguaggi con uguaglianza 68

Capitolo 7. Semantica della logica predicativa 701. Interpretazioni e soddisfazione 702. Equivalenza e conseguenza logica 753. Validita e soddisfacibilita 774. Il lemma di sostituzione 795. Alcune equivalenze logiche notevoli 826. Trasformazione in forma prenessa 857. Logica con uguaglianza 91

Capitolo 8. Traduzioni dal linguaggio naturale 941. Traduzioni di frasi 942. Traduzioni di argomenti 983. Traduzioni con uguaglianza 994. Traduzioni in linguaggi multisorta 100

Capitolo 9. Interpretazioni elementarmente equivalenti 1021. Equivalenza elementare e omomorfismi forti 1022. Relazioni di congruenza 1063. Applicazione alla logica con uguaglianza 109

Capitolo 10. Il metodo dei tableaux: caso predicativo 1101. γ e δ-formule 1102. Esempi preliminari 1123. L’algoritmo 1154. La correttezza dei tableaux predicativi 1185. La costruzione sistematica dei tableaux 1206. La completezza dei tableaux predicativi 1227. Tableaux per la conseguenza logica 1258. Tableaux per la logica con uguaglianza 1269. Tableaux per linguaggi con simboli di funzione 127

Capitolo 11. La deduzione naturale: caso predicativo 1291. La deduzione naturale e i quantificatori 1292. Le regole della deduzione naturale predicativa 1343. Correttezza e completezza della deduzione naturale predicativa 1364. Esempi di deduzione naturale predicativa 1375. Deduzione naturale per la logica con uguaglianza 144

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Presentazione

Queste dispense raccolgono il materiale coperto nell’anno accademico 2019–2020 nel corso di Logica Matematica del Corso di Laurea triennale in Informaticadell’Universita di Udine. Il corso si sviluppa per 6 crediti, corrispondenti a 48 oredi lezione frontale, ed e obbligatorio per gli studenti iscritti al secondo anno delcorso di laurea.

Rispetto alle edizioni di queste dispense degli anni accademici dal 2010–11 inpoi i contenuti sono sostanzialmente invariati e ci si e limitati a correggere gli erroririscontrati, aggiungere qualche esercizio e (si spera) migliorare in alcuni casi l’espo-sizione. A partire dall’anno accademico 2016–17 e cambiata la definizione 7.87 dip-grado (la nuova definizione e equivalente, ma si spera piu facilmente comprensi-bile, di quella utilizzata in precedenza) e alcuni dettagli nella presentazione delladeduzione naturale con uguaglianza (sezione 11.5). A partire dall’anno accademico2017–18 sono cambiati la notazione nella dimostrazione del lemma 3.32, i detta-gli nella dimostrazione di una direzione del lemma 7.90 e l’ordine delle sezioni nelcapitolo 7. I cambiamenti comportano variazioni nella numerazione di definizioni,teoremi, ecc, e nella numerazione delle pagine.

Piu sostanziali cambiamenti, soprattutto nell’ordine di presentazione di qualcheargomento, si riscontrano rispetto alle dispense dell’anno accademico 2009-10.

Le dispense sono state scritte in LATEX con la classe amsbook dell’AmericanMathematical Society. Per i tableaux e le deduzioni naturali ho utilizzato ri-spettivamente i pacchetti forest di Saso Zivanovic e bussproofs di Samuel R.Buss.

Ringrazio quanti hanno contribuito o contribuiranno, con le loro segnalazionidi errori, imprecisioni ed omissioni, a migliorare queste dispense. In particolare laprof. Giovanna D’Agostino ha utilizzato queste dispense nell’anno accademico 2011–12, quando e stata titolare del corso, ed ha fornito alcuni utili suggerimenti. Lostudente Stefano Rocco, che ha frequentato il corso nell’anno accademico 2015–16,ha segnalato diversi errori di battitura e fornito parecchi suggerimenti.

Alberto Marcone

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Introduzione

Sia la logica che l’informatica si occupano di problemi legati alla formalizzazio-ne, elaborazione e comunicazione della conoscenza. Alcune delle radici dell’infor-matica, che e una disciplina relativamente nuova, sono proprio nella logica. Da unlato la logica si e occupata, soprattutto a partire dal lavoro di Alan Turing1 intornoal 1935, di studiare il concetto astratto di computer (prima ancora che i computervenissero effettivamente costruiti), dall’altro l’informatica ha l’esigenza di un lin-guaggio formale e sintatticamente preciso. La logica e la disciplina che da sempresi e occupata dello studio delle leggi del ragionamento. A partire dalla fine del XIXsecolo, e con sempre maggior successo fino ad oggi, questo studio si e sviluppatoattraverso la costruzione e lo studio con strumenti matematici dei linguaggi formali.

Per capire le problematiche che affronteremo iniziamo con il considerare tresemplici esempi di “deduzione”, in cui da due affermazioni di partenza se ne de-duce una terza. Nella colonna di destra abbiamo riportato le traduzioni in unopportuno linguaggio formale delle affermazioni della colonna di sinistra: rendereprecise queste traduzioni e tra gli scopi di queste dispense. Alle questioni relati-ve alla traduzione delle affermazioni da un linguaggio naturale (come l’italiano) ailinguaggi formali della logica e dedicato il capitolo 8 di queste dispense.

Ogni cane e un mammifero ∀x(c(x)→ m(x))Esistono cani non bianchi ∃x(c(x) ∧ ¬b(x))Non ogni mammifero e bianco ¬∀x(m(x)→ b(x))

Alcuni studenti sono biondi ∃x(s(x) ∧ b(x))Alcuni biondi hanno gli occhi azzurri ∃x(b(x) ∧ a(x))Qualche studente biondo ha gli occhi azzurri ∃x(s(x) ∧ b(x) ∧ a(x))

Ogni computer e una mucca ∀x(c(x)→ m(x))Esistono computer non biondi ∃x(c(x) ∧ ¬b(x))Non ogni mucca e bionda ¬∀x(m(x)→ b(x))

Il primo e il terzo esempio, pur parlando di argomenti assai diversi, e facendoaffermazioni piu o meno sensate, hanno la stessa forma, e infatti le formule checompaiono nella colonna di destra risultano essere identiche. Queste due deduzionisono (in un senso che renderemo preciso piu avanti) argomenti corretti, e cio dipendesolo dalla loro forma, cioe dalle formule della colonna di destra.

Il secondo esempio, pur facendo asserzioni presumibilmente vere e deducendoneuna conclusione presumibilmente vera, non e un argomento corretto: possiamoconcepire una situazione in cui tutti gli studenti biondi hanno gli occhi neri, puresistendo studenti biondi e persone bionde con gli occhi azzurri. Invece, per quantopossa apparire assurda la situazione descritta, se siamo in una situazione in cui ogni

1Alan Turing (1912-1954) e stato un matematico, logico e crittografo britannico, consideratouno dei padri dell’informatica e uno dei piu grandi matematici del XX secolo.

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2 INTRODUZIONE

computer e una mucca ed esistono computer non biondi, allora necessariamentenon tutte le mucche sono bionde.

Gli esempi precedenti hanno lo scopo di evidenziare come il nostro interesse siconcentri sulla correttezza degli argomenti indipendentemente dal modo in cui leasserzioni contenute in essi vengono “interpretate”, ovvero tenendo conto di tutte lepossibili interpretazioni di queste asserzioni. Percio dal punto di vista della logicail primo e il terzo esempio sono del tutto equivalenti.

In questo corso ci concentreremo quindi sulla manipolazione di formule di lin-guaggi formali, allo scopo di individuare precisamente cosa significa affermare che apartire da un insieme di formule possiamo dedurre logicamente una formula e comepossiamo fare per riconoscere se cio avviene o meno.

Il nostro oggetto di studio saranno quindi le formule e gli insiemi di formule.Questo comporta un’analisi del linguaggio formale che utilizziamo.

L’analisi di un linguaggio formale ha essenzialmente due aspetti:

• la sintassi: le “regole” per la costruzione di un linguaggio formale e dellesue espressioni (termini e formule);

• la semantica: il “significato” dei termini e delle formule di un linguaggioformale, analizzato attraverso le nozioni di interpretazione e di soddisfa-zione, che conducono a quelle di equivalenza logica, conseguenza logica(che rende matematicamente precisa la nozione intuitiva di “deduzionecorretta” di cui abbiamo parlato in precedenza), soddisfacibilita e validita.

Per applicare questa analisi del linguaggio formale introdurremo

• i calcoli logici: gli “algoritmi” che ci permettono di stabilire le pro-prieta semantiche di certe formule lavorando solo con la loro sintassi.

Inizieremo lo studio di sintassi e semantica in un caso piuttosto semplice, mache permette di acquisire familiarita con le idee principali della materia, quello dellalogica proposizionale. Ad essa e dedicata la prima parte di queste dispense.

• Nel capitolo 1 definiremo la sintassi della logica proposizionale, cioe leregole che ci permettono di costruire le formule in questa logica.

• Il secondo capitolo e dedicato alla definizione della semantica della lo-gica proposizionale, che conduce alle importanti nozioni di conseguenzalogica e di formula valida. Nell’ultima sezione di questo capitolo vedre-mo i primi esempi di traduzione di asserzioni da un linguaggio natura-le (quale l’italiano) ad un linguaggio formale (quale appunto la logicaproposizionale).

• Nel capitolo 3 vengono presentate alcune procedure che permettono ditrasformare (in modo puramente sintattico) una formula della logica pro-posizionale in una formula ad essa logicamente equivalente (una nozio-ne semantica) che abbia una forma (sintattica) particolarmente sempli-ce. Visto che il corso e indirizzato a studenti di informatica, particolareattenzione sara dedicata agli aspetti algoritmici di queste trasformazioni.

• Nel quarto capitolo viene introdotto un primo calcolo logico: il metododei tableaux e un algoritmo relativamente efficiente per stabilire se unaformula della logica proposizionale e valida.

• Nel capitolo 5 viene introdotto (sempre nel caso proposizionale) un altrocalcolo logico: la deduzione naturale, che formalizza i metodi di dimostra-zione utilizzati dagli esseri umani per fare deduzioni corrette.

La seconda parte delle dispense e invece dedicata alla logica predicativa (dettaanche logica del prim’ordine). Rivedremo quanto visto nel caso piu semplice dellalogica proposizionale, concentrandoci in particolare sugli aspetti piu complessi checaratterizzano la logica predicativa.

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INTRODUZIONE 3

• Il sesto capitolo e dedicato alla sintassi della logica predicativa. Diversesono le differenze con il caso proposizionale: a partire da variabili, simbolidi costante e di funzione si arriva dapprima alla nozione di termine, e soloa partire da essa, con l’uso dei simboli di relazione e dei quantificatori, sidefiniscono le formule.

• Nel settimo capitolo viene sviluppata la semantica della logica predicativa,assai piu complessa di quella vista nel contesto proposizionale, basata sullenozioni di interpretazione e di stato. Anch’essa conduce alle nozioni diconseguenza logica e di validita che sono da considerarsi le principali diquesto corso.

• Come gia indicato, nel capitolo 8 viene affrontata la traduzione di asser-zioni da un linguaggio naturale ad un linguaggio formale (in questa sedela logica predicativa). Il lettore potra apprezzare la maggior espressivitadella logica predicativa rispetto alla logica proposizionale.

• Il capitolo 9 affronta molto brevemente lo studio (di cui si occupa unimportante settore della logica matematica moderna, la teoria dei modelli)delle relazioni che possono intercorrere tra diverse interpretazioni per lostesso linguaggio.

• Nel decimo capitolo viene presentato il metodo dei tableaux nel caso pre-dicativo. Saranno messe in risalto le notevoli, ed inevitabili, differenze conil caso proposizionale, ed in particolare la possibilita che il metodo nontermini.

• Infine, nel capitolo 11 la deduzione naturale viene estesa al caso predica-tivo.

Gli esercizi inseriti nel testo sono parte integrante delle dispense e si invita illettore a tentare sistematicamente di svolgerli. Gli esercizi o le parti di eserciziocontrassegnati con (?) sono piu impegnativi, e spesso richiedono una certa “maturitamatematica”.

La durata limitata del corso non permette un’introduzione esaustiva a tutti inumerosi aspetti della logica matematica di interesse per l’informatica: ulterioriapprofondimenti sono lasciati al corso piu avanzato offerto nel Corso di LaureaMagistrale.

Alcuni dei testi utilizzati nella preparazione delle dispense, e che possono essereutilmente consultati da chi desiderasse approfondire gli argomenti affrontati sono iseguenti:

• M. Ben-Ari, Mathematical Logic for Computer Science, Springer;• A. Asperti e A. Ciabattoni, Logica a Informatica, McGraw-Hill;• C. Toffalori e P. Cintioli, Logica Matematica, McGraw-Hill;• M. Huth and M. Ryan, Logic in Computer Science, Cambridge UP.

I primi tre testi si pongono approssimativamente al livello di queste dispense, mentrel’ultimo e piu avanzato.

Segnalo inoltre il sito web http://www.logicmatters.net/tyl/ (in inglese)che contiene una guida alla letteratura logica.

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Parte 1

La logica proposizionale

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CAPITOLO 1

Sintassi della logica proposizionale

Nella logica proposizionale partiamo da alcune affermazioni che non possonovenir scomposte in affermazioni piu semplici e di cui supponiamo di poter stabilireverita o falsita. Affermazioni di questo tipo sono ad esempio: “la terra e una sfera”,“oggi piove”, “Roma e la capitale della Francia”, “Claudio e Maria sono amici”.

A partire da questi atomi costruiamo delle affermazioni piu complesse, quali“oggi piove oppure Claudio e Maria sono amici”, “la terra non e una sfera”, “seRoma e la capitale della Francia allora oggi piove”, “se oggi piove allora Claudioe Maria sono amici e Roma non e la capitale della Francia”. La costruzione diaffermazioni piu complesse avviene per mezzo di connettivi quali “e”, “non”, “se . . .allora . . . ”, “oppure”. La verita o falsita di un’affermazione complessa dipende dallaverita o falsita degli atomi da cui essa e stata costruita. Ad esempio l’affermazione“oggi piove e Claudio e Maria sono amici” e vera se e solo se entrambe le affermazioniatomiche “oggi piove” e “Claudio e Maria sono amici” sono vere.

Il lettore si sara accorto che un’analisi di questo tipo si applica solo a frasidel linguaggio naturale (nel nostro caso l’italiano) di un certo tipo. Non ha sensostabilire se frasi interrogative come “oggi piove?” sono vere o false, e quindi questefrasi non rientrano nel nostro oggetto di analisi. Lo stesso si puo dire per frasiimperative come “vai a comprare il latte!”.

Inoltre, nel contesto descritto qui sopra, affermazioni a prima vista complessecome “ogni amico di Claudio e amico anche di Bruna” non possono essere scompostein affermazioni piu semplici da cui esse siano state costruite usando i connettivi. Dalpunto di vista della logica proposizionale questa affermazione e dunque un atomo.Vedremo pero nella seconda parte del corso come la logica predicativa sia in gradodi analizzare assai meglio affermazioni di questo tipo.

1. Formule proposizionali

Per approfondire la nostra analisi dobbiamo definire in modo matematicamen-te preciso il concetto di affermazione che finora abbiamo discusso con riferimen-to al linguaggio naturale. Nell’ambito della logica matematica un’affermazione erappresentata da una formula, nel nostro caso della logica proposizionale.

Definizione 1.1. Sia P un insieme non vuoto, i cui elementi verranno chiamatilettere proposizionali o formule proposizionali atomiche. P determina un linguaggioproposizionale, le cui formule saranno costruite utilizzando gli elementi di P e iseguenti simboli logici proposizionali :

• i connettivi proposizionali sono i quattro simboli ¬, ∧, ∨ e →, che sonochiamati rispettivamente negazione, congiunzione, disgiunzione e implica-zione; il primo e un connettivo unario, mentre i restanti tre sono connettivibinari ;

• le parentesi sono i due simboli ( e ).

Notazione 1.2. Nella prima parte (corrispondente ai primi cinque capitoli) diqueste dispense le lettere p, q, r, s, . . . rappresentano sempre lettere proposizionalidel linguaggio che stiamo considerando.

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6 1. SINTASSI DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

Una formula proposizionale e una stringa di lettere proposizionali, connettiviproposizionali e parentesi, costruita secondo le regole specificate dalla prossimadefinizione.

Definizione 1.3. L’insieme delle formule proposizionali (o, limitatamente aiprimi cinque capitoli, formule) e definito per ricorsione come segue:

• se p ∈ P allora p e una formula;• se F e una formula allora (¬F ) e una formula;• se F e G sono formule allora (F ∧G) e una formula;• se F e G sono formule allora (F ∨G) e una formula;• se F e G sono formule allora (F → G) e una formula.

La formula (¬F ) viene letta “non F”, la formula (F ∧G) viene letta “F e G”oppure “F et G”, la formula (F ∨ G) viene letta “F oppure G” o anche “F velG” (“vel” e una delle due forme di “oppure” in latino, vedi nota 2.5), la formula(F → G) viene letta “se F allora G” oppure “F implica G”.

Esempio 1.4. La definizione 1.3 ci permette di riconoscere se una certa stringadi simboli e una formula. E’ facile verificare che ∧p → non e una formula (none un elemento di P e non e stata costruita utilizzando nessuna delle altre quattrocondizioni). D’altra parte ((¬p)∨q) e una formula: per verificarlo dettagliatamentesi osserva che sono formule p, (¬p), q ed infine ((¬p)∨ q) stessa (abbiamo utilizzatonell’ordine la prima, la seconda, la prima e la quarta condizione della definizione1.3).

Esercizio 1.5. Quali delle seguenti stringhe di simboli sono formule? (∨pq),(¬(p→ (q ∧ p))), ((p ∧ q)→ (r ∨ )), ((p ∧ (¬q)) ∨ (q → r)), (p¬r), (∧p), p→ q.

Notazione 1.6. Nel seguito le lettere maiuscole F , G, H, . . . , eventualmentefornite di pedice, indicheranno sempre formule (proposizionali nei primi cinquecapitoli, predicative nei capitoli seguenti). Con le lettere maiuscole T e S (e anchecon T ′, T ′′) indicheremo invece insiemi di formule. Con T, F indicheremo l’insiemeT ∪{F} e similmente T, F,G e T, S significano rispettivamente T ∪{F,G} e T ∪S.

Definizione 1.7. Una formula H e:

• una negazione se e della forma (¬F ) per qualche formula F ;• una congiunzione se e della forma (F ∧G) per formule F e G, che vengono

detti i congiunti di H;• una disgiunzione se e della forma (F ∨G) per formule F e G, che vengono

detti i disgiunti di H;• un’implicazione, se e della forma (F → G) per formule F e G; in questo

caso F e detto l’antecedente di H, mentre G e il conseguente di H.

Il seguente lemma, la cui dimostrazione e immediata, ci permette di classificarele formule in cinque insiemi disgiunti.

Lemma 1.8. Ogni formula proposizionale e di uno e uno solo dei seguenti cinquetipi:

• una lettera proposizionale;• una negazione;• una congiunzione;• una disgiunzione;• un’implicazione.

Esercizio 1.9. Di che tipo sono la formula ((¬p)∨q) e le stringhe dell’esercizio1.5 che sono formule?

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2. USARE MENO PARENTESI: PRECEDENZE TRA CONNETTIVI 7

La definizione 1.3 e ricorsiva, e questo ci permette di dimostrare proprieta delleformule ragionando per induzione. Una dimostrazione di questo tipo e giustificatadal seguente teorema e viene detta per induzione sulla complessita delle formule.

Teorema 1.10 (Induzione sulla complessita delle formule). Sia A una pro-prieta che puo valere per le stringhe di simboli. Supponiamo di dimostrare che

• A(p) vale per ogni p ∈ P;• se vale A(F ) per una formula F allora vale anche A((¬F ));• se valgono A(F ) e A(G) per formule F e G allora vale anche A((F ∧G));• se valgono A(F ) e A(G) per formule F e G allora vale anche A((F ∨G));• se valgono A(F ) e A(G) per formule F e G allora vale anche A((F → G)).

Allora A(F ) vale per ogni formula F .

Esercizio 1.11. Dimostrare per induzione sulla complessita delle formule cheogni formula contiene un uguale numero di ( e di ).

Similmente e possibile dare definizioni procedendo per ricorsione sulla comples-sita delle formule. Anziche dare una descrizione generale di questo procedimento,forniamo un esempio del suo utilizzo.

Definizione 1.12. Il grado della formula F , indicato con g(F ), e definito da:

• g(F ) = 0 se F e una lettera proposizionale;• g((¬F )) = g(F ) + 1;• g((F ∧G)) = g((F ∨G)) = g((F → G)) = g(F ) + g(G) + 1.

Esercizio 1.13. Calcolare il grado delle formule dell’esempio 1.4 e dell’esercizio1.5.

Esercizio 1.14. (?) Dimostrare per induzione sulla complessita delle formuleche il grado di F e uguale al numero di connettivi che compaiono in F .

2. Usare meno parentesi: precedenze tra connettivi

Il lettore che ha svolto con cura l’esercizio 1.5 si sara accorto che la nostradefinizione di formula comporta l’uso di molte parentesi, piu di quelle a cui siamosolitamente abituati. Si considerino ad esempio le stringhe (¬((¬p)→ (q ∧ (¬r)))),(¬((¬p)→ (q∧ (¬r))) e p∧ q: secondo la nostra definizione la prima e una formula,la seconda no (perche una parentesi aperta non si “chiude”) e la terza neppure, acausa della mancanza di parentesi. La differenza tra la prima e la seconda stringa epero difficile da cogliere, almeno all’occhio umano, proprio a causa dell’alto numerodi parentesi. La terza stringa e invece di facile lettura, e l’abbiamo probabilmentegia incontrata come formalizzazione di “p e q”. Secondo le nostre regole la formulache si legge “p e q” e (p ∧ q), appesantita dalle parentesi esterne.

Per semplificare la lettura introdurremo ora alcune regole di precedenza tra iconnettivi. Per capire cio che intendiamo fare richiamiamo le regole sull’uso delleparentesi in aritmetica, con cui siamo talmente familiari da non accorgerci neppurepiu del loro utilizzo. In quel contesto la scrittura a·b+c va intesa come (a·b)+c e noncome a·(b+c): questo perche alla moltiplicazione e stata assegnata (per convenzionearbitraria, ma universalmente accettata) precedenza sull’addizione. Similmente a·b2significa a · (b2) e non (a · b)2: l’operazione di elevamento a potenza ha precedenzasulla moltiplicazione. Naturalmente ci sono dei casi in cui l’uso delle parentesi enecessario, proprio per sovvertire l’ordine di precedenza delle operazioni aritmetichefissato: e il caso di ((a+b) ·c)2, in cui vanno eseguite nell’ordine addizione, prodottoe elevamento a potenza.

Convenzione 1.15. Nella scrittura delle formule adotteremo le seguenti con-venzioni :

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8 1. SINTASSI DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

(1) si omettono le parentesi piu esterne;(2) ¬ ha la precedenza su ∧, ∨ e →, cosı che ¬F ∨G abbrevia ((¬F ) ∨G);(3) ∧ e ∨ hanno la precedenza su →, cosı che F ∧ G → H e F → G ∨ H

abbreviano rispettivamente ((F ∧G)→ H) e (F → (G ∨H));(4) ulteriori parentesi eventualmente omesse in formule costruite con piu di

una ∧ o ∨ si appoggiano a sinistra, cosı che F ∧ G ∧ H e F ∨ G ∨ Habbreviano rispettivamente ((F ∧G) ∧H) e ((F ∨G) ∨H).

Esempio 1.16. Consideriamo nuovamente la formula (¬((¬p) → (q ∧ (¬r)))):utilizzando la convenzione 1.15 essa viene abbreviata da ¬(¬p → q ∧ ¬r), che eassai piu leggibile.

Esercizio 1.17. Stabilite qual e la differenza tra le formule (scritte adottandola convenzione 1.15) ¬p→ ¬q∧ r e ¬(p→ ¬q)∧ r analizzando i passaggi attraversocui sono state costruite a partire dalle lettere proposizionali.

D’ora in poi utilizzeremo sistematicamente, e senza piu richiamarla esplicita-mente, la convenzione 1.15 per scrivere le formule.

3. Sottoformule

Definizione 1.18. Se F e una formula, diciamo che G e una sottoformula diF se G e una formula che e una sottostringa di F . G e una sottoformula propria diF se e diversa da F .

La definizione precedente va applicata tenendo a mente la definizione 1.3 diformula, anche quando si utilizza la convenzione 1.15.

Esempio 1.19. Se F e p → q ∨ ¬r, allora q ∨ ¬r e una sottoformula di F ,mentre p→ q non lo e. Infatti, inserendo alcune delle parentesi omesse in base allaconvenzione 1.15, F e p→ (q ∨ ¬r). In effetti q ∨ ¬r e una delle formule utilizzatenella costruzione di F , mentre p→ q non lo e.

Esercizio 1.20. Elencate tutte le sottoformule della F dell’esempio precedente(sono sei, di cui cinque proprie).

La definizione di sottoformula puo anche venir data tramite una ricorsione sullacomplessita delle formule.

Definizione 1.21. Definiamo per ricorsione sulla complessita della formula Fquali sono le sottoformule di F :

• se F e una lettera proposizionale, F e la sua unica sottoformula;• se F e ¬G allora le sottoformule di F sono le sottoformule di G e F stessa;• se F e G ∧H, G ∨H oppure G → H allora le sottoformule di F sono le

sottoformule di G, le sottoformule di H e F stessa.

Esercizio 1.22. Dimostrare per induzione sulla complessita delle formule (teo-rema 1.10) che le definizioni 1.18 e 1.21 coincidono.

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CAPITOLO 2

Semantica della logica proposizionale

Nel capitolo 1 abbiamo introdotto la nozione di formula, ora il nostro obiettivoe stabilire quando una formula risulta essere vera. Anche in questo caso e utilericorrere all’analogia con l’aritmetica: l’uguaglianza a+ b2 = c · a non e ne vera nefalsa, almeno sino a quando non assegnamo dei valori a a, b e c. Se a = 8, b = 4 ec = 3 essa risultera essere vera, mentre per a = 3, b = 4 e c = 7 essa risultera falsa.In modo analogo la verita o falsita delle formule proposizionali dipende dalla veritao falsita delle lettere proposizionali che sono state utilizzate nella loro costruzione.

1. Valutazioni e interpretazioni

Definizione 2.1. I valori di verita sono V e F, letti rispettivamente “vero” e“falso”.

Definizione 2.2. Una valutazione per il linguaggio proposizionale P e unafunzione v : P → {V,F} che associa ad ogni lettera proposizionale un valore diverita.

Una valutazione puo venir estesa ad una funzione che associa un valore di veritaad ogni formula nel modo seguente.

Definizione 2.3. Sia v : P → {V,F} una valutazione. L’interpretazione vassocia ad ogni formula F un valore di verita ed e definita per ricorsione sullacomplessita delle formule nel modo seguente:

• se F e una lettera proposizionale p ∈ P allora v(F ) = v(p).

• se F e ¬G allora v(F ) =

{V, se v(G) = F;F, se v(G) = V.

• se F e G ∧H allora v(F ) =

{V, se v(G) = V e v(H) = V;F, altrimenti.

• se F e G ∨H allora v(F ) =

{V, se v(G) = V oppure v(H) = V;F, altrimenti.

• se F e G→ H allora v(F ) =

{V, se v(G) = F oppure v(H) = V;F, altrimenti.

La definizione 2.3 va vista come un’usuale definizione matematica in cui vienedato per acquisito il senso di “se”, “e” e “oppure”.

Nota 2.4. La seguente tabella riassume alcune parti della definizione prece-dente. In ogni riga sono indicati i valori di verita di G ∧ H, G ∨ H e G → H incorrispondenza dei valori di verita di G e H indicati nelle prime due colonne.

G H G ∧H G ∨H G→ H

V V V V VV F F V FF V F V VF F F F V

9

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10 2. SEMANTICA DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

Nota 2.5. Notiamo che G ∨H e vera se e solo se G e vera oppure H e vera.Qui intendiamo “oppure” nel senso inclusivo del “vel” latino (dalla cui inizialeproviene il simbolo ∨) per cui e ammesso che entrambe le asserzioni siano vere.In latino esiste anche l’oppure esclusivo “aut” (di cui al giorno d’oggi resta traccianell’espressione “aut aut”), per affermare che una e una sola delle due alternative e

vera. E possibile introdurre un ulteriore connettivo logico per designare l’aut, ma epiu semplice osservare che “G aut H” puo venir scritto1 come (G∨H)∧¬(G∧H).

Nota 2.6. La nostra intenzione e che G→ H sia vera se e solo se e vera l’affer-mazione “se G allora H”. Intendiamo “se . . . allora . . . ” nel senso dell’implicazionemateriale: se G e vero deve esserlo anche H, se G e falso allora l’implicazione evera, indipendentemente dalla verita di H. Percio G → H e vero se e solo se G efalso oppure H e vero. Questo significa che perche G → H sia falso e necessarioche G sia vero e H falso.

Esempio 2.7. Consideriamo la valutazione v definita da v(p) = F, v(q) = V,v(r) = V e supponiamo di voler calcolare v(F ) dove F e ¬(¬p→ q∧¬r). Applicandole varie parti della definizione di interpretazione troveremo: v(¬r) = F, v(q∧¬r) =F, v(¬p) = V, v(¬p → q ∧ ¬r) = F, ed infine v(F ) = V. La formula F risultadunque essere vera nell’interpretazione v.

Continuando ad utilizzare la stessa valutazione notiamo che v(p→ (q → p)) =V, v((p→ q)→ p) = F, v((p ∧ q) ∨ r) = V e v(p ∧ (q ∨ r)) = F. Questo mostra chele scritture p→ q → p e p∧ q∨ r sono ambigue (infatti secondo la convenzione 1.15queste stringhe non abbreviano delle formule) ed e necessario usare le parentesi.

Il prossimo lemma e la formulazione matematicamente precisa di un’osserva-zione intuitiva che abbiamo utilizzato implicitamente nell’esempio 2.7: il valore diverita di una formula secondo l’interpretazione v dipende solo dai valori assunti dav sulle lettere proposizionali che compaiono nella formula.

Lemma 2.8. Sia F una formula e sia P ′ ⊆ P l’insieme delle lettere proposizio-nali che compaiono in F . Siano v1 e v2 due valutazioni tali che v1(p) = v2(p) perogni p ∈ P ′. Allora v1(F ) = v2(F ).

Dimostrazione. Per induzione sulla complessita di F . �

Notazione 2.9. Per semplificare la notazione d’ora in poi scriveremo v ancheper l’interpretazione, confondendola cosı con la valutazione da cui siamo partiti perdefinirla.

Definizione 2.10. Se v e un’interpretazione e F una formula, diciamo che vsoddisfa F o F e soddisfatta da v se v(F ) = V. Se T e un insieme di formule,diciamo che v soddisfa T se v soddisfa ogni formula di T .

Esercizio 2.11. Stabilire se l’interpretazione v dell’esempio 2.7 soddisfa leformule (p→ ¬q) ∨ ¬(r ∧ q) e ¬(¬p→ q) ∧ r.

2. Equivalenza e conseguenza logica

Le formule p∨ q e q ∨ p hanno intuitivamente lo stesso significato. Per rendereprecisa questa osservazione notiamo che per qualunque interpretazione v si ha v(p∨q) = v(q ∨ p).

1L’espressione “puo venir scritto” viene resa precisa come segue. Sia ⊕ un nuovo connettivobinario per l’aut, con la regola v(G⊕H) = V se e solo se v(G) = V e v(H) = F oppure v(G) = Fe v(H) = V. Allora G⊕H ≡ (G ∨H) ∧ ¬(G ∧H), dove il simbolo ≡ di equivalenza logica verraintrodotto nella definizione 2.12.

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2. EQUIVALENZA E CONSEGUENZA LOGICA 11

Definizione 2.12. Diciamo che le formule F e G sono logicamente equivalenti(in simboli F ≡ G) se per ogni interpretazione v si ha v(F ) = v(G).

Nota 2.13. L’equivalenza logica e (come suggerisce il nome) una relazione diequivalenza sull’insieme delle formule. Infatti e facile verificare riflessivita (F ≡ F ),simmetria (da F ≡ G segue G ≡ F ) e transitivita (se F ≡ G e G ≡ H alloraF ≡ H).

Esempio 2.14. Siano F e G le formule p→ ¬p e ¬p. Sia v una interpretazionequalsiasi. Ci sono due possibilita: se v(p) = V allora si verifica che v(F ) = v(G) =F; se v(p) = F invece v(F ) = v(G) = V. In ogni caso v(F ) = v(G), e percio F ≡ G.

Siano ora F e G le formule p ∧ q e p. F e G non sono logicamente equivalenti:basta considerare un’interpretazione con v(p) = V e v(q) = F. Possiamo peronotare che se un’interpretazione soddisfa F allora soddisfa anche G: la verita di Fha come conseguenza la verita di G. Esiste dunque un legame tra le due formule.

Definizione 2.15. Siano F e G due formule. Diciamo che G e conseguenzalogica di F (in simboli F � G) se ogni interpretazione che soddisfa F soddisfa ancheG.

Nota 2.16. La relazione di conseguenza logica e riflessiva e transitiva: eimmediato verificare che F � F , e da F � G e G � H segue F � H.

Esempio 2.17. Siano F e G le formule (p→ q) ∧ p e p ∨ q rispettivamente.F � G: infatti se v e un’interpretazione che soddisfa F allora in particolare

deve essere v(p) = V, da cui segue che v soddisfa G.G 2 F : si consideri ad esempio v tale che v(p) = F e v(q) = V; v soddisfa G

ma non soddisfa F .Notiamo che abbiamo dimostrato anche che F 6≡ G.

L’esempio precedente evidenzia come per mostrare che G 2 F sia sufficientetrovare una singola interpretazione che soddisfa G e non soddisfa F . Invece permostrare che F � G e necessario considerare tutte le interpretazioni che soddisfanoF .

Nota 2.18. A differenza di ∧ e ∨, i simboli ≡ e � non sono simboli logici.Percio F ≡ G e F � G non sono formule nel senso della definizione 1.3. Leespressioni F ≡ G e F � G sono abbreviazioni per certe affermazioni che noifacciamo parlando delle formule della logica, esprimendoci nel metalinguaggio (illinguaggio che utilizziamo per parlare dei linguaggi logici).

Possiamo affermare che gran parte delle presenti dispense riguarda lo studiodelle relazioni � e ≡, le cui definizioni sono quindi le piu importanti del corso. Essesono strettamente collegate tra loro, come evidenziato dal prossimo lemma.

Lemma 2.19. Due formule F e G sono logicamente equivalenti se e solo seF � G e G � F .

Dimostrazione. Se F � G e G � F consideriamo un’interpretazione qualsiasiv. Se v(F ) = V allora F � G implica v(G) = V. Se v(F ) = F allora non puo esserev(G) = V (altrimenti G � F implicherebbe v(F ) = V) e quindi vale v(G) = F.

La direzione inversa e lasciata come facile esercizio per il lettore. �

Il prossimo lemma raccoglie alcune equivalenze e conseguenze logiche elemen-tari, che seguono immediatamente dalle definizioni.

Lemma 2.20. Se F e G sono formule allora:

(1) F 𠪪F ;

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12 2. SEMANTICA DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

(2) F ∧G ≡ G ∧ F ;(3) F ∨G ≡ G ∨ F ;(4) F ∧ F ≡ F ;(5) F ∨ F ≡ F ;(6) F � F ∨G e G � F ∨G;(7) F ∧G � F e F ∧G � G;(8) G � F → G e ¬F � F → G.

Dimostrazione. Immediata dalle definizioni 2.3, 2.15 e 2.12. Si invita illettore a svolgere in dettaglio almeno alcune di queste dimostrazioni. �

Ciascuna delle affermazioni del lemma 2.20 e uno schema di equivalenze econseguenze logiche e non una singola equivalenza o conseguenza logica. Ad esempio(2) significa che, tra le altre, valgono le equivalenze logiche p∧q ≡ q∧p, p∧r ≡ r∧pe (p→ q∨¬r)∧(¬q∨s) ≡ (¬q∨s)∧(p→ q∨¬r). Quasi tutte le nostre affermazionisulle conseguenze ed equivalenze logiche saranno schemi di questo tipo.

Nota 2.21. L’implicazione non compare in nessuna delle equivalenze logichedel lemma 2.20, ed in effetti questo connettivo non ha alcune delle proprieta deglialtri connettivi binari. Ad esempio, salvo casi particolari, F → G 6≡ G→ F (si vedapero il lemma 2.24.5 qui sotto) e F → F 6≡ F (ma notate che un caso particolaredel lemma 2.20.8 e F � F → F ).

Il seguente lemma e molto utile per dimostrare l’equivalenza logica di formulecomplesse. Esso asserisce che sostituendo all’interno di una formula una sottofor-mula con una formula ad essa equivalente, si ottiene una formula equivalente aquella di partenza.

Lemma 2.22. Se F e una sottoformula di una formula H e F ≡ G alloraH ≡ H ′, dove H ′ e la formula ottenuta da H rimpiazzando la sottoformula F conG.

Dimostrazione. Fissiamo le formule logicamente equivalenti F e G. La dimo-strazione e per induzione sulla complessita della formula H di cui F e sottoformula.

Il caso piu semplice possibile e quello in cui F coincide con H: in questo casoH ′ e G e il risultato segue da F ≡ G.

Se H e una negazione ¬H0 e F e una sottoformula propria di H allora F euna sottoformula di H0. Per ipotesi induttiva H0 ≡ H ′0 e quindi ¬H0 ≡ ¬H ′0, cioeH ≡ H ′.

Se H e del tipo H0 ∗H1 con ∗ uno di ∧, ∨ e → e F e una sottoformula propriadi H allora F e una sottoformula di H0 oppure F e una sottoformula di H1. Nelprimo caso H ′ e H ′0 ∗ H1 e per ipotesi induttiva H0 ≡ H ′0 da cui e facile ricavareche, qualunque sia ∗, si ha H0 ∗ H1 ≡ H ′0 ∗ H1, cioe H ≡ H ′. Il secondo caso eanalogo. �

Esempio 2.23. Utilizzando il lemma 2.22, la transitivita di ≡, e alcune delleequivalenze logiche del lemma 2.20 e facile dimostrare che

F ∧G→ (¬F ∨H) ∧ (¬¬H ∨ ¬F ) ≡ ¬¬G ∧ F → H ∨ ¬F.Il seguente lemma contiene alcuni importanti ed utili schemi di equivalenze lo-

giche. Le prime due equivalenze sono note come leggi di De Morgan, la terza e laquarta permettono di eliminare l’implicazione in favore di disgiunzione e congiun-zione, la quinta asserisce l’equivalenza tra un’implicazione e la sua contrapositiva,la sesta e la settima esprimono l’associativita di congiunzione e disgiunzione (invecein generale non si ha (F → G)→ H ≡ F → (G→ H), come mostrato nella secondaparte dell’esempio 2.7), mentre le ultime quattro esprimono la distributivita dellacongiunzione rispetto alla disgiunzione e viceversa.

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2. EQUIVALENZA E CONSEGUENZA LOGICA 13

Lemma 2.24. Se F , G e H sono formule allora:

(1) ¬(F ∧G) ≡ ¬F ∨ ¬G;(2) ¬(F ∨G) ≡ ¬F ∧ ¬G;(3) F → G ≡ ¬F ∨G;(4) ¬(F → G) ≡ F ∧ ¬G;(5) F → G ≡ ¬G→ ¬F ;(6) (F ∧G) ∧H ≡ F ∧ (G ∧H);(7) (F ∨G) ∨H ≡ F ∨ (G ∨H);(8) F ∧ (G ∨H) ≡ (F ∧G) ∨ (F ∧H);(9) (G ∨H) ∧ F ≡ (G ∧ F ) ∨ (H ∧ F );

(10) F ∨ (G ∧H) ≡ (F ∨G) ∧ (F ∨H);(11) (G ∧H) ∨ F ≡ (G ∨ F ) ∧ (H ∨ F ).

Dimostrazione. Spesso utilizzeremo il lemma 2.19 (senza citarlo esplicita-mente), cioe dimostreremo un’equivalenza logica dimostrando due conseguenze lo-giche. In tutta la dimostrazione v e un’interpretazione arbitraria.

(1) Se v soddisfa ¬(F ∧G) consideriamo due possibilita. Se v(F ) = F, allorav(¬F ) = V e quindi v(¬F ∨ ¬G) = V. Se invece v(F ) = V, dall’ipotesiche v(¬(F ∧ G)) = V, si ottiene che v(G) = F, quindi che v(¬G) = Ve dunque che v(¬F ∨ ¬G) = V. In ogni caso v(¬F ∨ ¬G) = V. Quindi¬(F ∧G) � ¬F ∨ ¬G.

Se v soddisfa ¬F ∨ ¬G allora v(F ) = F oppure v(G) = F. In ognicaso v(F ∧G) = F, cioe v(¬(F ∧G)) = V. Percio ¬F ∨ ¬G � ¬(F ∧G).

(2) Tanto v(¬(F ∨G)) = V che v(¬F ∧¬G) = V sono equivalenti a v(F ) = Fe v(G) = F.

(3) Se v soddisfa F → G consideriamo due possibilita. Se v(F ) = V allorav(G) = V e quindi v(¬F ∨G) = V. Se invece v(F ) = F, allora v(¬F ) = Ve quindi v(¬F ∨ G) = V. In ogni caso v soddisfa ¬F ∨ G, cosı cheF → G � ¬F ∨G.

Se v soddisfa ¬F ∨ G e immediato constatare che sia nel caso in cuiv(¬F ) = V, sia in quello in cui v(G) = V si ha che v(F → G) = V. Quindi¬F ∨G � F → G.

(4) Questa equivalenza si puo ottenere, grazie al lemma 2.22 e alla transitivitadi ≡, utilizzando nell’ordine la (3), la (2) e il lemma 2.20.1:

¬(F → G) ≡ ¬(¬F ∨G) ≡ ¬¬F ∧ ¬G ≡ F ∧ ¬G.

(5) Questa equivalenza si puo ottenere, grazie al lemma 2.22 e alla transitivitadi ≡, utilizzando nell’ordine la (3), le parti (1) e (3) del lemma 2.20, edinfine nuovamente la (3):

F → G ≡ ¬F ∨G ≡ ¬F ∨ ¬¬G ≡ ¬¬G ∨ ¬F ≡ ¬G→ ¬F.

(6) e (7) sono immediate, usando l’associativita di “e” e “oppure” del linguag-gio naturale.

(8) Se v(F ∧ (G ∨H)) = V allora v(F ) = V e v(G ∨H) = V. Se v(G) = Vallora v(F ∧ G) = V, mentre se v(H) = V allora v(F ∧H) = V. In ognicaso v((F ∧G)∨ (F ∧H)) = V. Percio F ∧ (G∨H) � (F ∧G)∨ (F ∧H).

Sia v((F ∧ G) ∨ (F ∧ H)) = V. Se v(F ∧ G) = V allora v(F ) = Ve v(G) = V, mentre se v(F ∧ H) = V allora v(F ) = V e v(H) = V. Inogni caso v(F ) = V e v(G ∨ H) = V. Quindi v(F ∧ (G ∨ H)) = V e(F ∧G) ∨ (F ∧H) � F ∧ (G ∨H).

(9) segue da (8) utilizzando il lemma 2.20.2 e il lemma 2.22.(10) Se v(F ∨ (G ∧H)) = V allora v(F ) = V oppure v(G ∧H) = V. Se vale

v(F ) = V allora v(F ∨G) = V e v(F ∨H) = V, cosı che v((F ∨G)∧ (F ∨

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14 2. SEMANTICA DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

H)) = V. Se invece v(G ∧H) = V allora v(G) = V e v(H) = V, e quindiv((F ∨ G) ∧ (F ∨H)) = V anche in questo caso. Abbiamo mostrato cheF ∨ (G ∧H) � (F ∨G) ∧ (F ∨H).

Se v((F ∨ G) ∧ (F ∨H)) = V allora v(F ∨ G) = V e v(F ∨H) = V.Se v(F ) = V allora ovviamente v(F ∨ (G ∧H)) = V. Se invece v(F ) = Fallora abbiamo tanto v(G) = V che v(H) = V: quindi v(G ∧H) = V e diconseguenza v(F ∨ (G∧H)) = V. Percio (F ∨G)∧ (F ∨H) � F ∨ (G∧H).

(11) segue da (10) utilizzando il lemma 2.20.3 e il lemma 2.22. �

Esercizio 2.25. Dimostrare (4) e (5) del lemma 2.24 usando le interpretazioni.

Esercizio 2.26. Utilizzando i lemmi 2.20 e 2.24 (nonche il lemma 2.22) dimo-strare le seguenti equivalenze logiche:

F → (G→ H) ≡ F ∧G→ H;

(F → G)→ H ≡ (F ∨H) ∧ (G→ H);

F → G ∧H ≡ (F → G) ∧ (F → H);

F ∨G→ H ≡ (F → H) ∧ (G→ H);

(F → G) ∧ (H ∨ ¬F ) ≡ ¬(H → F ) ∨ (F → (G ∧ (F → H)));

¬((F ∨G) ∧ (¬G ∨H)) ≡ F ∨G→ G ∧ ¬H.

In alcune circostanze e utile estendere la nozione di conseguenza logica adinsiemi di formule.

Definizione 2.27. Siano T e G un insieme di formule ed una formula. Diciamoche G e conseguenza logica di T (in simboli T � G) se ogni interpretazione chesoddisfa ogni formula di T soddisfa anche G.

Nota 2.28. E immediato che se F ∈ T e F � G allora T � G. E invecepossibile che T � G ma che nessuna F ∈ T sia tale che F � G: considerare adesempio T = {p, q}, G = p ∧ q.

Notazione 2.29. Se T = {F1, . . . , Fn} e un insieme finito di formule spessoscriviamo F1, . . . , Fn � G al posto di {F1, . . . , Fn} � G.

Lemma 2.30. Se F1, . . . , Fn e G sono formule, allora F1, . . . , Fn � G se e solose F1 ∧ · · · ∧ Fn � G.

Dimostrazione. Immediata dalle definizioni. �

Esercizio 2.31. Siano T e S insiemi di formule, F , G e H formule. Dimostrarele seguenti proprieta:

(a) F,G � F ∧G;(b) F, F → G � G;(c) F → G,¬G � ¬F ;(d) Se T � F e S ⊇ T allora S � F ;(e) Se T � F e S, F � G allora T ∪ S � G;(f) T, F � G se e solo se T � F → G;(g) T,¬F � G se e solo se T � F ∨G;(h) Se T � F e T � F → G allora T � G;(i) Se T � F e T,G � H allora T, F → G � H;(j) T � F e T � G se e solo se T � F ∧G;(k) Se T � F oppure T � G allora T � F ∨G;(l) Se T, F � H e T,G � H allora T, F ∨G � H.

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3. VALIDITA E SODDISFACIBILITA 15

Esercizio 2.32. Trovate F , G e H tali che H � F ∨ G ma H 2 F e H 2 G,mostrando cosı che l’implicazione inversa a quella dell’esercizio 2.31.k non vale.Similmente, mostrate che l’implicazione inversa a quella dell’esercizio 2.31.l nonvale trovando F ′, G′ e H ′ tali che F ′ ∨G′ � H ′ e F ′ 2 H ′.

3. Validita e soddisfacibilita

Definizione 2.33. Se F e una formula diciamo che:

• F e valida se F e soddisfatta da ogni interpretazione;• F e soddisfacibile se F e soddisfatta da qualche interpretazione;• F e insoddisfacibile se non esiste un’interpretazione che soddisfa F .

Ovviamente una formula e insoddisfacibile se e solo se non e soddisfacibile.Notiamo anche che ogni formula valida e soddisfacibile (ma il viceversa non vale).

Esempio 2.34. La formula p∨¬p e valida. La formula p∧¬p e insoddisfacibile.La formula p→ ¬p e soddisfacibile ma non valida.

Piu in generale, per ogni formula F la formula F ∨¬F e valida, mentre F ∧¬Fe insoddisfacibile.

Esercizio 2.35. Dimostrate che ogni lettera proposizionale e soddisfacibile enon valida.

Nota 2.36. Osserviamo che se F ≡ G e F e valida (soddisfacibile, insoddisfa-cibile), allora G e valida (soddisfacibile, insoddisfacibile).

Un importante legame tra validita e insoddisfacibilita e contenuto nel prossimoteorema.

Teorema 2.37. Sia F una formula:

(a) F e valida se e solo se ¬F e insoddisfacibile;(b) F e insoddisfacibile se e solo se ¬F e valida.

Dimostrazione. (a) F e valida se e solo se per ogni interpretazione v siha v(F ) = V, se e solo se per ogni interpretazione v si ha v(¬F ) = F, see solo se ¬F e insoddisfacibile.

(b) Si puo ragionare come in (a), oppure osservare che per (a) ¬F e valida see solo se ¬¬F e insoddisfacibile: per il lemma 2.20.1 ¬¬F ≡ F e per lanota 2.36 l’ultima condizione e equivalente alla insoddisfacibilita di F . �

Esempio 2.38. Verifichiamo che la formula (p→ q)∧(q → ¬p), che indicheremocon F , e soddisfacibile.

A questo scopo ci basta trovare un’interpretazione v che soddisfa F . Ponendov(p) = F e v(q) = V e facile verificare che vale v(F ) = V.

Notiamo che anche l’interpretazione v′ tale che v′(p) = F e v′(q) = F soddisfa F :comunque questo ulteriore esempio e superfluo, dato che una sola interpretazione esufficiente a mostrare la soddisfacibilita di F .

Esempio 2.39. Verifichiamo che la formula (p → q) ∨ (p ∧ (q → ¬q)), cheindicheremo con G, e valida.

A questo scopo consideriamo un’interpretazione arbitraria v. Se v(p→ q) = Vallora v soddisfa G. Se v non soddisfa p→ q allora deve essere v(p) = V e v(q) = F.Allora v soddisfa q → ¬q e quindi anche p∧(q → ¬q). Ma allora anche in questo casov(G) = V. Abbiamo dunque dimostrato che qualunque interpretazione soddisfa G,cioe che G e valida.

Per il teorema 2.37 abbiamo anche dimostrato che ¬G e insoddisfacibile.

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16 2. SEMANTICA DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

Gli esempi 2.38 e 2.39 mostrano una differenza essenziale tra le dimostrazioni disoddisfacibilita e quelle di validita: nelle prime e sufficiente costruire una singolainterpretazione che soddisfa la formula in esame, nelle seconde si devono conside-rare tutte le possibili interpretazioni e, ragionando astrattamente, mostrare che laformula e soddisfatta da ognuna di esse. Da questo punto di vista le dimostrazionidi insoddisfacibilita di una formula sono simili a quelle di validita: in questo casosi tratta di dimostrare che la formula non e soddisfatta in tutte le interpretazioni.

La discussione appena fatta e molto simile a quella svolta dopo l’esempio 2.17 aproposito delle dimostrazioni di conseguenza logica e di non conseguenza logica. Ineffetti esiste uno stretto legame tra conseguenza logica e validita/soddisfacibilita,come evidenziato dal prossimo lemma.

Lemma 2.40. Siano F e G formule.

(a) F � G se e solo se F → G e valida.(b) F 2 G se e solo se F ∧ ¬G e soddisfacibile.

Dimostrazione. (a) Supponiamo F � G e dimostriamo la validita diF → G. Sia v un’interpretazione qualunque. Se v(F ) = F allora v(F → G) =V. Se invece v(F ) = V dalla nostra ipotesi segue v(G) = V e quindi vsoddisfa F → G anche in questo caso.

Per l’implicazione inversa supponiamo che F → G sia valida e fissiamoun’interpretazione v che soddisfa F . Visto che v(F → G) = V deve esserev(G) = V: abbiamo dunque dimostrato che F � G.

(b) Per (a) abbiamo che F 2 G se e solo se F → G non e valida. Per ilteorema 2.37 quest’ultima condizione e equivalente alla soddisfacibilitadi ¬(F → G). Dato che per il lemma 2.24.4 ¬(F → G) ≡ F ∧ ¬G ladimostrazione e completa. �

Esercizio 2.41. Alcune delle seguenti affermazioni riguardanti le formule Fe G sono corrette, altre no. Dimostrate le prime e trovate un controesempio alleseconde.

(a) Se sia F che G sono soddisfacibili allora F ∧G e soddisfacibile;(b) se almeno una tra F e G e soddisfacibile allora F ∨G e soddisfacibile;(c) G 2 ¬F se e solo se F ∧G e soddisfacibile.(d) F � ¬G se e solo se F 2 G;(e) se F non e valido allora ¬F e valido.

Consideriamo ora validita e soddisfacibilita per insiemi di formule.

Definizione 2.42. Se T e un insieme di formule diciamo che:

• T e valido se ogni interpretazione soddisfa T , cioe soddisfa ogni F ∈ T ;• T e soddisfacibile se qualche interpretazione soddisfa T , cioe soddisfa ogniF ∈ T ;

• T e insoddisfacibile se ogni interpretazione non soddisfa T , cioe non sod-disfa qualche F ∈ T (F puo dipendere dall’interpretazione).

Nel caso in cui T e finito ci si puo ricondurre al caso di una singola formula.

Lemma 2.43. Se T = {F1, . . . , Fn} e un insieme finito di formule allora lavalidita (soddisfacibilita, insoddisfacibilita) di T e equivalente alla validita (soddi-sfacibilita, insoddisfacibilita) della formula F1 ∧ · · · ∧ Fn.

Dimostrazione. Immediata dalle definizioni. �

Nota 2.44. Notiamo che un insieme di formule e valido se e solo se tutti isuoi elementi sono validi. La proprieta analoga non vale pero per soddisfacibilita einsoddisfacibilita: l’insieme {p,¬p} e insoddisfacibile, pur essendo ognuno dei suoi

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4. UNA PROCEDURA DI DECISIONE: LE TAVOLE DI VERITA 17

elementi soddisfacibile. Se pero un insieme di formule e soddisfacibile allora tuttii suoi elementi sono soddisfacibili. D’altra parte se una formula e insoddisfacibile,allora tutti gli insiemi che la contengono sono insoddisfacibili.

Esercizio 2.45. (?) Dimostrate che l’insieme

T = { pi → ¬pi+1 : i ∈ N } ∪ {¬pi → pi+1 : i ∈ N }e soddisfacibile e che l’insieme T, p1, p4 (si veda la notazione 1.6) e insoddisfacibile.

Notazione 2.46. � F sta ad indicare ∅ � F , dove ∅ e l’insieme vuoto.

Lemma 2.47. Sia F una formula e T un insieme di formule.

(a) � F se e solo se F e valida.(b) T � F se e solo se T,¬F e insoddisfacibile.

Dimostrazione. (a) � F significa che per ogni interpretazione che sod-disfa tutti gli elementi di ∅ soddisfa anche F . Ma qualunque interpre-tazione soddisfa tutti gli elementi di ∅ (perche non ce ne sono), e percioquesta condizione e equivalente alla validita di F .

(b) T,¬F insoddisfacibile significa che nessuna interpretazione soddisfa sia leformule di T che ¬F , cioe che se un’interpretazione v soddisfa tutte leformule di T deve essere v(¬F ) = F. Questo e equivalente a affermare chese un’interpretazione soddisfa tutte le formule di T allora soddisfa ancheF , cioe T � F . �

4. Una procedura di decisione: le tavole di verita

Iniziamo specificando cosa intendiamo per procedura di decisione nel nostrocontesto.

Definizione 2.48. Sia F un insieme di formule proposizionali. Una proceduradi decisione per F e un algoritmo che riceve in input una formula F , termina semprela sua esecuzione e fornisce l’output “sı” se F ∈ F , l’output “no” se F /∈ F .

Un obiettivo della logica e individuare procedure di decisione per gli insiemidelle formule valide e delle formule soddisfacibili. Il teorema 2.37 mostra che unaprocedura di decisione per uno qualunque di questi insiemi puo essere facilmenteconvertita in una procedura di decisione per l’altro. Ad esempio se abbiamo unaprocedura di decisione per la validita, per testare la soddisfacibilita di F e suffi-ciente applicare la procedura di decisione a ¬F e ribaltare la risposta. Grazie allemma 2.40 un tale algoritmo puo essere anche applicato anche per verificare se unaformula e conseguenza logica di un’altra. Il lemma 2.43 ci permette di utilizzareuna procedura di decisione di questo tipo anche per insiemi finiti di formule.

Nella logica proposizionale esiste una procedura di decisione piuttosto semplicee naturale per la validita e per la soddisfacibilita. Il metodo delle tavole di veritasi basa sul lemma 2.8: per stabilire se un’interpretazione v soddisfa una formula Fbasta conoscere i valori assunti da v sulle lettere proposizionali che compaiono inF . Dato che in F compaiono solo un numero finito di lettere proposizionali, perstabilire se F e valida e sufficiente considerare tutte le possibili combinazioni divalori di verita assegnati dalle valutazioni a queste lettere.

Algoritmo 2.49. L’algoritmo delle tavole di verita prende in input una for-mula proposizionale F e esamina le lettere proposizionali che compaiono in F , cheindichiamo con p1, . . . , pn. Si crea una tabella che contiene n+ 1 colonne, una perogni pi ed una per F , e 2n righe. Le prime n colonne (quelle delle pi) contengonoV o F in modo che nelle 2n righe compaia ogni possibile funzione che associa allen lettere proposizionali i valori di verita (cio si ottiene ad esempio se nella prima

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18 2. SEMANTICA DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

colonna 2n−1 V sono seguiti da 2n−1 F, nella seconda colonna si alternano 4 blocchidi lunghezza 2n−2 di V e di F, e cosı via fino alla colonna n-esima in cui il valoredi verita cambia ad ogni riga). La colonna corrispondente a F contiene V o F aseconda se l’interpretazione generata dalla valutazione che compare in quella rigasoddisfa o meno F .

Se la colonna di F contiene solo V allora F e valida, se contiene almeno un Vallora F e soddisfacibile, se contiene solo F allora F e insoddisfacibile.

In pratica e comodo avere a disposizione colonne supplementari, usualmenteposizionate tra quelle delle lettere proposizionali e quella di F , in cui calcolare ivalori di verita di opportune sottoformule di F .

Esempio 2.50. Usiamo l’algoritmo delle tavole di verita per verificare che laformula (p→ q) ∨ (p→ ¬q) dell’esempio 2.38 e valida.

p q p→ q ¬q p→ ¬q (p→ q) ∨ (p→ ¬q)V V V F F VV F F V V VF V V F V VF F V V V V

Come si nota l’ultima colonna e composta interamente da V.

Esempio 2.51. Usiamo l’algoritmo delle tavole di verita per stabilire se la for-mula (che per comodita indichiamo con F ) (¬p ∨ q) ∧ (q → ¬r ∧ ¬p) ∧ (p ∨ r) esoddisfacibile.

p q r ¬p ∨ q ¬r ∧ ¬p q → ¬r ∧ ¬p p ∨ r F

V V V V F F V FV V F V F F V FV F V F F V V FV F F F F V V FF V V V F F V FF V F V V V F FF F V V F V V VF F F V V V F F

Nella riga corrispondente alla valutazione v(p) = F, v(q) = F, v(r) = V nell’ultimacolonna compare V. Percio esiste un’interpretazione che soddisfa F e la formula esoddisfacibile.

L’algoritmo delle tavole di verita e piuttosto inefficiente: per stabilire se unaformula con n lettere proposizionali e valida e necessario compilare 2n righe. Esisto-no metodi di decisione per la validita delle formule proposizionali che molto spessosono piu efficienti (ad esempio quello cui e dedicato il capitolo 4), ma non e statotrovato un algoritmo che sia piu efficiente in ogni caso. L’esistenza di un metododi decisione siffatto e equivalente ad una risposta positiva all’importante problemaP = NP , che viene discusso nel corso di Fondamenti dell’Informatica.

Esempio 2.52. Usiamo l’algoritmo delle tavole di verita per verificare che laformula p∧¬q → p∧q e conseguenza logica di ¬p. Per il lemma 2.40 basta verificareche ¬p→ (p∧¬q → p∧q) e valida. Una piccola semplificazione consiste nel calcolarele tavole di verita delle due formule e verificare che quando ¬p e soddisfatta lo eanche p ∧ ¬q → p ∧ q:

p q ¬p p ∧ ¬q p ∧ q p ∧ ¬q → p ∧ qV V F F V VV F F V F FF V V F F VF F V F F V

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5. TRADUZIONI DAL LINGUAGGIO NATURALE 19

Un’ulteriore semplificazione consiste nel non calcolare il valore di verita di p∧¬q →p ∧ q quando si e verificato che v(¬p) = F:

p q ¬p p ∧ ¬q p ∧ q p ∧ ¬q → p ∧ qV V FV F FF V V F F VF F V F F V

Esempio 2.53. Usiamo l’algoritmo delle tavole di verita per verificare che leformule p → (q ∧ ¬q) e ¬p sono logicamente equivalenti. Per i lemmi 2.19 e 2.40basta dimostrare che (p→ q∧¬q)→ ¬p e ¬p→ (p→ q∧¬q) sono entrambe valide.Una strada piu breve e calcolare le tavole di verita delle due formule e verificareche p→ q ∧ ¬q e ¬p hanno sempre lo stesso valore di verita:

p q q ∧ ¬q p→ q ∧ ¬q ¬pV V F F FV F F F FF V F V VF F F V V

Esercizio 2.54. Dimostrare con le tavole di verita che p→ (q → r) e p∧q → rsono logicamente equivalenti.

Esercizio 2.55. Stabilite se le seguenti formule sono valide, soddisfacibili,insoddisfacibili (usate sia le tavole di verita che le definizioni):

(p→ q) ∧ ¬q → ¬p;(p→ q)→ (p→ ¬q);(p ∨ q → r) ∨ p ∨ q;

(p ∨ q) ∧ (p→ r ∧ q) ∧ (q → ¬r ∧ p);(p→ (q → r))→ ((p→ q)→ (p→ r)).

Esercizio 2.56. Stabilite se le seguenti conseguenze ed equivalenze logichesono corrette (usate sia le tavole di verita che le definizioni):

p→ q � ¬p→ ¬q;(p→ q) ∧ ¬q � ¬p;

(p ∨ q) ∧ (¬p→ ¬q) ≡ q;(p ∨ q) ∧ (¬p→ ¬q) ≡ p.

5. Traduzioni dal linguaggio naturale

In questa sezione ci occuperemo di tradurre frasi del linguaggio naturale (nelnostro caso, l’italiano) in formule della logica proposizionale e viceversa.

Esempio 2.57. Consideriamo un linguaggio proposizionale in cui p significa“Paola e contenta”, q significa “Paola dipinge un quadro” e r significa “Renzo econtento”. La formula proposizionale p∧ q → ¬r viene interpretata come “se Paolae contenta e dipinge un quadro allora Renzo non e contento”. La formula p → qviene interpretata come “se Paola e contenta allora dipinge un quadro”, ma anchecome “Paola e contenta soltanto se dipinge un quadro”.

Queste due diverse traduzioni della stessa formula mostrano che l’italiano, co-me qualunque altro linguaggio naturale, consente di aggiungere sfumature che illinguaggio formale non e in grado di esprimere (un ulteriore esempio e fornito dalfatto che dal punto di vista logico non c’e differenza tra “e” e “ma”). D’altro canto il

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20 2. SEMANTICA DELLA LOGICA PROPOSIZIONALE

linguaggio formale permette una maggior precisione, ed evita le ambiguita insite neilinguaggi naturali (e che per certi versi ne costituiscono la ricchezza, permettendoad esempio il linguaggio poetico).

La traduzione dal linguaggio formale al linguaggio naturale non presenta ingenere difficolta, mentre la direzione inversa e spesso piu delicata.

Esempio 2.58. Consideriamo un linguaggio proposizionale in cui p significa“Pietro sara eletto leader del partito”, r significa “Raffaella si dimettera”, m signi-fica “Mario si dimettera” e v significa “vinceremo le elezioni”. La frase “vinceremole elezioni, se Pietro sara eletto leader del partito” puo venir tradotta dalla formulaproposizionale p → v. La frase “solo se Pietro sara eletto leader del partito vince-remo le elezioni” viene tradotta da v → p (la frase e equivalente ad affermare chese Pietro non verra eletto leader del partito le elezioni saranno certamente perse, eper il Lemma 2.24.5 v → p ≡ ¬p→ ¬v). La frase “se Pietro non sara eletto leaderdel partito, allora Raffaella o Mario si dimetteranno e non vinceremo le elezioni”ha come traduzione ¬p→ (r ∨m) ∧ ¬v.

Esempio 2.59. Consideriamo un linguaggio proposizionale in cui p significa“x e primo” e d significa “x e dispari”. “Una condizione sufficiente perche x siaprimo e che x sia dispari” viene tradotto come d→ p. “Una condizione necessariaperche x sia primo e che x sia dispari” viene tradotto come p→ d. “Una condizionenecessaria e sufficiente perche x sia primo e che x sia dispari” viene tradotto come(d→ p) ∧ (p→ d).

Esercizio 2.60. Introducendo opportuni linguaggi proposizionali, traducete lefrasi seguenti:

(a) “Se l’algoritmo termina abbiamo un risultato, e se abbiamo un risultatolo stampiamo”, “se l’algoritmo termina abbiamo un risultato e lo stam-piamo”, “non e possibile che l’algoritmo non termini”, “non e possibileche l’algoritmo termini ma non dia un risultato”.

(b) “Patrizia va al cinema solo se Roberta ci va”, “se Roberta va al cine-ma, anche Patrizia ci va”, “al massimo una tra Roberta e Patrizia va alcinema”.

(c) “Se il Signor Rossi e felice, la Signora Rossi e felice”, “se il Signor Rossi einfelice, la Signora Rossi e infelice”.

La logica proposizionale ha degli evidenti limiti espressivi, gia notati all’iniziodel capitolo 1. Malgrado questo e possibile utilizzarla per analizzare alcuni tipi diragionamento e stabilirne la correttezza (o meno).

Esempio 2.61. Supponiamo di sapere che:

• se Paolo ha la barba allora Carlo non e biondo oppure Roberta non studiaInformatica;

• se Roberta studia Informatica allora Sara ha gli occhi neri;• se Sara ha gli occhi neri e Carlo e biondo allora Paolo ha la barba;• Carlo e biondo.

Possiamo dedurre che Roberta non studia Informatica?Se indichiamo “Paolo ha la barba”, “Carlo e biondo”, “Roberta studia Infor-

matica” e “Sara ha gli occhi neri” rispettivamente con p, q, r e s allora dobbiamoverificare se

p→ ¬q ∨ ¬r, r → s, s ∧ q → p, q � ¬r.Il lettore puo stabilire se questa conseguenza logica sussista, utilizzando a sua sceltail ragionamento diretto basato sulle definizioni oppure il metodo delle tavole diverita (che richiede 16 righe).

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CAPITOLO 3

Forma normale congiuntiva e disgiuntiva

In questo capitolo ci occuperemo di trasformare una formula proposizionale inuna formula ad essa logicamente equivalente che abbia una forma particolarmentesemplice dal punto di vista sintattico, per cui e particolarmente facile verificare lasoddisfacibilita o la validita. Questa trasformazione e di tipo algoritmico, e pre-senteremo uno dei molti algoritmi che la effettuano. L’algoritmo che introdurremo,come la maggior parte di quelli alternativi, e non deterministico (ad ogni passoabbiamo diverse scelte possibili), ma gode della proprieta della terminazione forte(termina qualunque sia la successione delle scelte).

1. Definizione di forma normale congiuntiva e disgiuntiva

Iniziamo con il definire una classe di formule piuttosto semplici.

Definizione 3.1. Un letterale e una lettera proposizionale oppure la negazionedi una lettera proposizionale.

Definizione 3.2. Se p e una lettera proposizionale {p,¬p} e una coppia com-plementare di letterali. Piu in generale se F e una formula {F,¬F} e una coppiacomplementare. Diciamo che F e ¬F sono ciascuno il complemento dell’altro.

La proprieta fondamentale delle coppie complementari di letterali e contenutanel seguente lemma.

Lemma 3.3. Un insieme di letterali e soddisfacibile se e solo se non contienenessuna coppia complementare.

Dimostrazione. Iniziamo con il dimostrare la direzione da sinistra a destra:e ovvio che un insieme soddisfacibile di formule non puo contenere coppie com-plementari, dato che non puo esistere un’interpretazione che renda vera sia unaformula che il suo complemento.

Viceversa sia T un insieme di letterali che non contiene nessuna coppia com-plementare. Definiamo un’interpretazione v ponendo

v(p) =

{V se p ∈ T ;

F se p /∈ T .

Verifichiamo che v soddisfa tutte le formule (che sono letterali) di T . Se p ∈ T eimmediato dalla definizione di v che v(p) = V. Se invece ¬p ∈ T non puo esserep ∈ T (perche T non contiene coppie complementari) e quindi v(p) = F, cioev(¬p) = V. �

Nota 3.4. Notiamo che la direzione da destra a sinistra del lemma 3.3 e falsase a “insieme di letterali” sostituiamo “insieme di formule”: {p∧¬p} non contienecoppie complementari, ma e insoddisfacibile. La direzione da sinistra a destrae invece vera anche per insiemi di formule (nella dimostrazione di quella direzionenon si e fatto alcun uso del fatto che gli elementi dell’insieme fossero tutti letterali).

Esercizio 3.5. Dimostrate che una disgiunzione di letterali e valida se e solose tra i disgiunti vi e una coppia complementare.

21

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22 3. FORMA NORMALE CONGIUNTIVA E DISGIUNTIVA

Definizione 3.6. Una formula proposizionale e in forma normale congiuntivase e della forma F1∧· · ·∧Fm, dove per 1 ≤ i ≤ m, Fi e della forma Gi,1∨· · ·∨Gi,hi

,dove per 1 ≤ j ≤ hi, Gi,j e un letterale.

Una formula proposizionale e in forma normale disgiuntiva se e della formaF1 ∨ · · · ∨ Fm, dove per 1 ≤ i ≤ m, Fi e della forma Gi,1 ∧ · · · ∧ Gi,hi

, dove per1 ≤ j ≤ hi, Gi,j e un letterale.

Esempio 3.7. La formula (p∨¬q∨ r)∧ (p∨¬s)∧ (¬t∨¬w) e in forma normalecongiuntiva con m = 3 e h1 = 3, h2 = h3 = 2.

La formula ¬p ∨ (¬q ∧ ¬r ∧ s) ∨ (p ∧ ¬s) e in forma normale disgiuntiva conm = 3 e h1 = 1, h2 = 3, h3 = 2.

La formula p ∧ ¬r e sia in forma normale congiuntiva che in forma normaledisgiuntiva (nel primo caso m = 2 e h1 = h2 = 1, nel secondo caso m = 1 e h1 = 2).

La formula p∨¬¬q non e ne in forma normale congiuntiva ne in forma normaledisgiuntiva (perche ¬¬q non e un letterale).

La formula p ∧ ¬(q ∨ r) non e ne in forma normale congiuntiva ne in formanormale disgiuntiva.

Ogni formula che contiene qualche occorrenza di → non e ne in forma normalecongiuntiva ne in forma normale disgiuntiva.

Nota 3.8. Una delle ragioni dell’importanza delle forme normali congiuntivae disgiuntiva e la semplicita con cui (basandosi sul fatto che il controllo della sod-disfazione dei letterali e immediato) si puo verificare se un’interpretazione soddisfao meno una formula di questo tipo. Nel caso della forma normale disgiuntiva bastaverificare se esiste un disgiunto i cui letterali sono tutti soddisfatti dall’interpreta-zione. Nel caso della forma normale congiuntiva basta verificare se in ogni congiuntoesiste almeno un letterale soddisfatto dall’interpretazione.

Esercizio 3.9. Dimostrate che una formula in forma normale disgiuntiva esoddisfacibile se e solo se almeno uno dei disgiunti non contiene una coppia com-plementare di letterali. (Usate il lemma 3.3.)

Dimostrate che una formula in forma normale congiuntiva e valida se e solose ogni congiunto contiene almeno una coppia complementare di letterali. (Usatel’esercizio 3.5.)

L’obiettivo di questo capitolo e dimostrare il seguente teorema.

Teorema 3.10. Ogni formula proposizionale F puo essere trasformata in dueformule G1 e G2, la prima in forma normale congiuntiva e la seconda in formanormale disgiuntiva, tali che

F ≡ G1 e F ≡ G2.

L’espressione “puo essere trasformata” nell’enunciato del teorema e stata usataper asserire qualcosa di piu della semplice esistenza di G1 e G2: intendiamo direche il teorema verra dimostrato attraverso la descrizione di due algoritmi che presocome input F , forniscono come output rispettivamente G1 e G2.

Le formule G1 e G2 la cui esistenza e asserita dal teorema 3.10 non sono uniche.Ad esempio p e (¬q ∨ p) ∧ (q ∨ p) sono due formule in forma normale congiuntivalogicamente equivalenti alla formula q ∨ ¬q → p.

Nota 3.11. Una volta dimostrato il teorema 3.10 avremo nuove procedure didecisione per la validita e la soddisfacibilita delle formule proposizionali. Per lavalidita, data una formula possiamo trasformarla in una logicamente equivalentee in forma normale congiuntiva usando l’algoritmo 3.18 e poi utilizzare la secondaparte dell’esercizio 3.9 per “leggere” se la formula e valida. Per la soddisfacibilita,

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2. DOPPIE NEGAZIONI, α-FORMULE E β-FORMULE 23

utilizziamo l’algoritmo 3.22 per trasformare l’input in una formula logicamente equi-valente in forma normale disgiuntiva, e poi utilizziamo la prima parte dell’esercizio3.9.

2. Doppie negazioni, α-formule e β-formule

Esistono diversi algoritmi per la trasformazione in forma normale congiuntivae disgiuntiva delle formule proposizionali e quindi per la dimostrazione del teorema3.10. Gli algoritmi che utilizzeremo sono dovuti a Melvin Fitting1 e si basano su unaclassificazione delle formule proposizionali che ci sara utile anche in altri capitoli.

Definizione 3.12. Una formula F e una doppia negazione se e del tipo ¬¬Gper qualche formula G. In questo caso diciamo che G e il ridotto di F .

Usando le equivalenze logiche del lemma 2.24 si puo mostrare che ogni formulache non e un letterale e una doppia negazione oppure e logicamente equivalentead una congiunzione o ad una disgiunzione. Per formulare questa osservazione informa compatta (come faremo nei lemmi 3.14 e 3.15) introduciamo la seguentedefinizione.

Definizione 3.13. Una formula e una α-formula se esistono F e G tali chela formula e di uno dei tipi che compaiono nella colonna sinistra della prima delleseguenti tabelle. Una formula e una β-formula se esistono F e G tali che la formulae di uno dei tipi che compaiono nella colonna sinistra della seconda delle seguentitabelle. In entrambi i casi i ridotti di una α- o β-formula sono le formule checompaiono nelle due colonne piu a destra.

α-formula ridottiF ∧G F G¬(F ∨G) ¬F ¬G¬(F → G) F ¬G

β-formula ridottiF ∨G F G¬(F ∧G) ¬F ¬GF → G ¬F G

Lemma 3.14. Ogni doppia negazione e logicamente equivalente al suo ridotto.Ogni α-formula e logicamente equivalente alla congiunzione dei suoi ridotti. Ogniβ-formula e logicamente equivalente alla disgiunzione dei suoi ridotti.

Dimostrazione. L’affermazione riguardo alle doppie negazioni e il lemma2.20.1. Per le α e β-formule contenute nelle prime righe delle due tabelle l’afferma-zione e ovvia, mentre per quelle delle altre righe l’equivalenza logica e contenutanel lemma 2.24. �

Lemma 3.15. Una formula proposizionale e di uno e uno solo dei tipi seguenti:

• un letterale,• una doppia negazione,• una α-formula,• una β-formula.

Dimostrazione. Per il lemma 1.8 ogni formula F e una lettera proposizionale,una negazione, una congiunzione, una disgiunzione o un’implicazione.

• Se F e una lettera proposizionale allora e un letterale;• Se F e una negazione ¬G dobbiamo considerare di che tipo e G:

– se G e una lettera proposizionale allora F e un letterale;– se G e una negazione allora F e una doppia negazione;– se G e una congiunzione allora F e una β-formula;– se G e una disgiunzione oppure un’implicazione allora F e una α-

formula.

1Melvin Fitting (1942–) e un logico statunitense.

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24 3. FORMA NORMALE CONGIUNTIVA E DISGIUNTIVA

• Se F e una congiunzione allora e una α-formula.• Se F e una disgiunzione oppure un’implicazione allora e una β-formula.

3. Gli algoritmi di Fitting

Conviene ricordare alcune equivalenze logiche dimostrate nel capitolo 2 (lemma2.24), che saranno utili per giustificare i passaggi degli algoritmi di Fitting:

Lemma 3.16. Siano F , G e H formule proposizionali qualunque. Valgono leseguenti equivalenze logiche:

(1) F ∧ (G ∨H) ≡ (F ∧G) ∨ (F ∧H);(2) (G ∨H) ∧ F ≡ (G ∧ F ) ∨ (H ∧ F );(3) F ∨ (G ∧H) ≡ (F ∨G) ∧ (F ∨H);(4) (G ∧H) ∨ F ≡ (G ∨ F ) ∧ (H ∨ F ).

Per descrivere gli algoritmi di Fitting useremo la seguente notazione.

Convenzione 3.17. Visto che per i lemmi 2.20.2 e 2.24.6 ∧ e sia commuta-tivo che associativo tutte le formule ottenute combinando in un ordine qualunqueG1, . . . , Gn per mezzo di ∧ sono logicamente equivalenti a G1 ∧ · · · ∧Gn (che, perla convenzione 1.15.4 sulla scrittura delle formule, e (((G1∧G2)∧ . . . Gn−1)∧Gn)).Quest’ultima formula e chiamata la congiunzione generalizzata di G1, . . . , Gn e inquesto capitolo la scriviamo 〈G1, . . . , Gn〉.

Analogamente, a partire da commutativita e associativita di ∨, si definiscela disgiunzione generalizzata di G1, . . . , Gn, che in questo capitolo indichiamo con[G1, . . . , Gn].

Usando congiunzioni e disgiunzioni generalizzate, una formula in forma normalecongiuntiva ha la forma

〈[G1,1, . . . , G1,h1], . . . , [Gm,1, . . . , Gm,hm

]〉

dove ogni Gi,j e un letterale. Similmente, una formula in forma normale disgiuntivaha la forma

[〈G1,1, . . . , G1,h1〉 , . . . , 〈Gm,1, . . . , Gm,hm

〉]con ogni Gi,j letterale.

Algoritmo 3.18. L’algoritmo di Fitting per la trasformazione in forma nor-male congiuntiva prende in input una formula proposizionale F e la considera comeuna congiunzione generalizzata di una disgiunzione generalizzata: 〈[F ]〉. Ad ognipasso dell’algoritmo avremo una congiunzione generalizzata di disgiunzioni gene-ralizzate di formule. Se tutti gli elementi di queste disgiunzioni generalizzate sonoletterali la formula e in forma normale congiuntiva e l’algoritmo si arresta. Seesistono elementi di queste disgiunzioni generalizzate che non sono letterali se nesceglie uno, che indichiamo con G. Per il lemma 3.15 ci sono tre possibilita:

(1) G e una doppia negazione con ridottoH: in questo caso si sostituisceG conH nel congiunto in cui appariva G; gli altri congiunti restano immutati.

(2) G e una β-formula e i suoi ridotti sonoG1 eG2: in questo caso si sostituisceG con G1, G2 nel congiunto in cui appariva G; gli altri congiunti restanoimmutati.

(3) G e una α-formula e i suoi ridotti sono G1 e G2: in questo caso si sosti-tuisce il congiunto in cui appariva G con due nuovi congiunti; nel primocongiunto G e sostituito da G1, nel secondo congiunto G e sostituito da G2

(e in entrambi i casi gli altri disgiunti restano immutati); gli altri congiuntirestano immutati.

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3. GLI ALGORITMI DI FITTING 25

Osserviamo che la congiunzione generalizzata di disgiunzioni generalizzate di for-mule cosı ottenuta e sempre logicamente equivalente a quella precedente: nel primoe nel secondo caso per il lemma 3.14, nel terzo per il lemma 3.14 e per (3) e (4) dellemma 3.16. Quindi la formula ottenuta ad ogni passo di esecuzione dell’algoritmoe logicamente equivalente alla F di partenza.

Esempio 3.19. Applichiamo l’algoritmo 3.18 alla formula

(r ∧ ¬s) ∨ ¬(p→ ¬q).

Sulla sinistra abbiamo la formula (congiunzione generalizzata di disgiunzioni gene-ralizzate di formule) a cui siamo arrivati ad ogni passo dell’applicazione dell’algo-ritmo, nella colonna centrale indichiamo la formula (che non e un letterale) su cuiagiamo per effettuare il passo successivo, nella colonna di destra il tipo di formula(α, β o doppia negazione, indicata da ¬¬).

〈[(r ∧ ¬s) ∨ ¬(p→ ¬q)]〉 (r ∧ ¬s) ∨ ¬(p→ ¬q) β〈[r ∧ ¬s,¬(p→ ¬q)]〉 r ∧ ¬s α

〈[r,¬(p→ ¬q)], [¬s,¬(p→ ¬q)]〉 ¬(p→ ¬q) α〈[r, p], [r,¬¬q], [¬s,¬(p→ ¬q)]〉 ¬¬q ¬¬〈[r, p], [r, q], [¬s,¬(p→ ¬q)]〉 ¬(p→ ¬q) α〈[r, p], [r, q], [¬s, p], [¬s,¬¬q]〉 ¬¬q ¬¬〈[r, p], [r, q], [¬s, p], [¬s, q]〉

La formula di partenza e quindi equivalente alla formula in forma normale congiun-tiva 〈[r, p], [r, q], [¬s, p], [¬s, q]〉, cioe a

(r ∨ p) ∧ (r ∨ q) ∧ (¬s ∨ p) ∧ (¬s ∨ q).

Esempio 3.20. Applichiamo l’algoritmo 3.18 alla formula

(p→ ¬q) ∨ ¬(r ∧ s→ ¬(¬r ∨ t)).

Questa volta omettiamo l’indicazione della formula su cui si effettua la riduzione.

〈[(p→ ¬q) ∨ ¬(r ∧ s→ ¬(¬r ∨ t))]〉 β〈[p→ ¬q,¬(r ∧ s→ ¬(¬r ∨ t))]〉 β〈[¬p,¬q,¬(r ∧ s→ ¬(¬r ∨ t))]〉 α〈[¬p,¬q, r ∧ s], [¬p,¬q,¬¬(¬r ∨ t)]〉 ¬¬〈[¬p,¬q, r ∧ s], [¬p,¬q,¬r ∨ t]〉 α

〈[¬p,¬q, r], [¬p,¬q, s], [¬p,¬q,¬r ∨ t]〉 β〈[¬p,¬q, r], [¬p,¬q, s], [¬p,¬q,¬r, t]〉

La formula in forma normale congiuntiva ottenuta e

(¬p ∨ ¬q ∨ r) ∧ (¬p ∨ ¬q ∨ s) ∧ (¬p ∨ ¬q ∨ ¬r ∨ t).

Esercizio 3.21. Applicate l’algoritmo 3.18 alla formula

¬(¬p→ q) ∨ (r ∧ ¬s)→ ¬t.

L’algoritmo di Fitting per la trasformazione in forma normale disgiuntiva eduale a quello per la forma normale congiuntiva: congiunzioni generalizzate e di-sgiunzioni generalizzate sono scambiate e il ruolo delle α-formule e delle β-formulee invertito.

Algoritmo 3.22. L’algoritmo di Fitting per la trasformazione in forma nor-male disgiuntiva prende in input una formula proposizionale F e la considera comeuna disgiunzione generalizzata di una congiunzione generalizzata: [〈F 〉]. Ad ognipasso dell’algoritmo avremo una disgiunzione generalizzata di congiunzioni genera-lizzate di formule. Se tutti gli elementi di queste congiunzioni generalizzate sono

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26 3. FORMA NORMALE CONGIUNTIVA E DISGIUNTIVA

letterali la formula e in forma normale disgiuntiva e l’algoritmo si arresta. Se esisto-no elementi di queste congiunzioni generalizzate che non sono letterali se ne sceglieuno, che indichiamo con G. Per il lemma 3.15 ci sono tre possibilita:

(1) G e una doppia negazione con ridotto H: in questo caso si sostituisce Gcon H nel disgiunto in cui appariva G; gli altri disgiunti restano immutati.

(2) G e una α-formula e i suoi ridotti sonoG1 eG2: in questo caso si sostituisceG con G1, G2 nel disgiunto in cui appariva G; gli altri disgiunti restanoimmutati.

(3) G e una β-formula e i suoi ridotti sonoG1 eG2: in questo caso si sostituisceil disgiunto in cui appariva G con due nuovi disgiunti; nel primo disgiuntoG e sostituito da G1, nel secondo disgiunto G e sostituito da G2 (e inentrambi i casi gli altri congiunti restano immutati); gli altri disgiuntirestano immutati.

Osserviamo che la disgiunzione generalizzata di congiunzioni generalizzate di for-mule cosı ottenuta e sempre logicamente equivalente a quella precedente: nel primoe nel secondo caso per il lemma 3.14, nel terzo per il lemma 3.14 e per (1) e (2) dellemma 3.16. Quindi la formula ottenuta ad ogni passo di esecuzione dell’algoritmoe logicamente equivalente alla F di partenza.

Esempio 3.23. Applichiamo l’algoritmo 3.22 alla formula dell’esempio 3.19.

[〈(r ∧ ¬s) ∨ ¬(p→ ¬q)〉] (r ∧ ¬s) ∨ ¬(p→ ¬q) β[〈r ∧ ¬s〉 , 〈¬(p→ ¬q)〉] r ∧ ¬s α[〈r,¬s〉 , 〈¬(p→ ¬q)〉] ¬(p→ ¬q) α

[〈r,¬s〉 , 〈p,¬¬q〉] ¬¬q ¬¬[〈r,¬s〉 , 〈p, q〉]

La formula di partenza e quindi equivalente alla formula in forma normale disgiun-tiva [〈r,¬s〉 , 〈p, q〉], cioe a (r ∧ ¬s) ∨ (p ∧ q).

Esempio 3.24. Applichiamo l’algoritmo 3.22 alla formula dell’esempio 3.20.

[〈(p→ ¬q) ∨ ¬(r ∧ s→ ¬(¬r ∨ t))〉] β[〈p→ ¬q〉 , 〈¬(r ∧ s→ ¬(¬r ∨ t))〉] β[〈¬p〉 , 〈¬q〉 , 〈¬(r ∧ s→ ¬(¬r ∨ t))〉] α

[〈¬p〉 , 〈¬q〉 , 〈r ∧ s,¬¬(¬r ∨ t)〉] ¬¬[〈¬p〉 , 〈¬q〉 , 〈r ∧ s,¬r ∨ t〉] α[〈¬p〉 , 〈¬q〉 , 〈r, s,¬r ∨ t〉] β

[〈¬p〉 , 〈¬q〉 , 〈r, s,¬r〉 , 〈r, s, t〉]

La formula in forma normale disgiuntiva ottenuta e

¬p ∨ ¬q ∨ (r ∧ s ∧ ¬r) ∨ (r ∧ s ∧ t).

Esercizio 3.25. Applicate l’algoritmo 3.22 alla formula dell’esercizio 3.21.

Esercizio 3.26. Applicate gli algoritmi 3.18 e 3.22 alle formule:

(p→ q)→ (q → ¬r); ¬(p ∧ q ∧ (r → s));

¬((p→ q) ∧ (q → p)); ¬(p→ ¬q)→ (p ∧ q);(¬q → p) ∨ ¬(s ∧ q → ¬p); ¬(¬(p→ q) ∧ (r ∨ s→ ¬t)).

Entrambi gli algoritmi di Fitting (3.18 e 3.22) sono non deterministici.

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4. TERMINAZIONE FORTE DEGLI ALGORITMI DI FITTING 27

Esempio 3.27. La seguente tabella presenta due diverse applicazioni dell’algo-ritmo 3.18 alla formula (p ∧ q) ∨ ¬(r ∧ s):

〈[(p ∧ q) ∨ ¬(r ∧ s)]〉 〈[(p ∧ q) ∨ ¬(r ∧ s)]〉〈[p ∧ q,¬(r ∧ s)]〉 〈[p ∧ q,¬(r ∧ s)]〉〈[p ∧ q,¬r,¬s]〉 〈[p,¬(r ∧ s)], [q,¬(r ∧ s)]〉

〈[p,¬r,¬s], [q,¬r,¬s]〉 〈[p,¬r,¬s], [q,¬(r ∧ s)]〉〈[p,¬r,¬s], [q,¬r,¬s]〉

La forma normale congiuntiva ottenuta e la stessa in entrambi i casi ma nella primacolonna al secondo passo si e operato sulla β-formula ¬(r∧s), mentre nella secondacolonna si e operato sulla α-formula p∧q. Questo ha portato ad ottenere il risultatofinale in tre e in quattro passi rispettivamente.

Esercizio 3.28. Trovate due diverse applicazioni dell’algoritmo 3.22 alla for-mula

(p→ ¬q) ∨ ¬(r → s).

Nota 3.29. Per ridurre i tempi di esecuzione dell’algoritmo 3.18 per la for-ma normale congiuntiva e opportuno operare su β-formule anziche su α-formuleogniqualvolta cio sia possibile. Dualmente, per ridurre i tempi di esecuzione dell’al-goritmo 3.22 per la forma normale disgiuntiva e opportuno operare, ove possibile,su α-formule invece che su β-formule.

Nota 3.30. Durante l’esecuzione degli algoritmi 3.18 e 3.22 con carta e pennapuo essere utile prendere qualche scorciatoia, che permette di diminuire il numerodei passaggi. Le piu comode sono le seguenti:

• quando un ridotto e una doppia negazione scrivere immediatamente laformula senza ¬¬, saltando quindi il passaggio successivo in cui si appli-cherebbe la regola della doppia negazione;

• nell’algoritmo 3.18 si puo agire simultaneamente su formule che compa-iono in due congiunti diversi; dualmente, nell’algoritmo 3.22 si puo agiresimultaneamente su formule che compaiono in due disgiunti diversi.

4. Terminazione forte degli algoritmi di Fitting

Abbiamo descritto gli algoritmi di Fitting 3.18 e 3.22, e abbiamo osservatoche se arrivano a una formula in forma normale congiuntiva (risp. disgiuntiva), equindi si fermano, allora la formula finale e logicamente equivalente alla formulada cui sono partiti. Cio che non abbiamo ancora dimostrato e che essi si fermanosempre. Notiamo che questo non e immediatamente evidente dalla definizione deglialgoritmi. Infatti, esaminando il caso dell’algoritmo 3.22, osserviamo che quando sisceglie una β-formula la disgiunzione generalizzata che si ottiene ha un disgiunto inpiu di quella precedente ed e quindi, in un certo senso, una formula piu complessa.Ad esempio da [〈p→ q, r〉] si passa a [〈¬p, r〉 , 〈q, r〉]: sviluppando queste formule ecalcolandone il grado secondo la Definizione 1.12 osserviamo che siamo passati dauna formula di grado 2 ad una di grado 4.

Definizione 3.31. Associamo ad ogni formula proposizionale un numero natu-rale positivo che chiameremo rango, secondo la seguente definizione per ricorsionesul numero dei simboli che compaiono nella formula:

• se F e un letterale allora rg(F ) = 1;• se F e una doppia negazione con ridotto G allora rg(F ) = rg(G) + 1;• se F e una α-formula o una β-formula con ridotti G e H allora rg(F ) =

rg(G) + rg(H) + 1.

Per il lemma 3.15 le clausole della definizione comprendono tutte le possibilita.

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28 3. FORMA NORMALE CONGIUNTIVA E DISGIUNTIVA

Lemma 3.32. Gli algoritmi 3.18 e 3.22 godono della proprieta della termina-zione forte, cioe terminano qualunque sia la formula su cui si decide di operare adogni singolo passo.

Dimostrazione. Faremo in dettaglio la dimostrazione della terminazione for-te per l’algoritmo 3.18: la dimostrazione per l’algoritmo 3.22 si ottiene da questacon ovvi cambiamenti.

Al passo s di esecuzione dell’algoritmo ci troviamo di fronte ad una congiunzionegeneralizzata di disgiunzioni generalizzate della forma

〈[F1,1, . . . , F1,h1], . . . , [Fm,1, . . . , Fm,hm

]〉e definiamo il numero naturale

R(s) = 2rg(F1,1)+···+rg(F1,h1) + · · ·+ 2rg(Fm,1)+···+rg(Fm,hm ).

Dimostreremo ora che qualunque sia la regola dell’algoritmo 3.18 utilizzata perpassare dal passo s al passo s+ 1, si avra R(s+ 1) < R(s).

Se si agisce su una doppia negazione o su una β-formula l’esponente di unodegli addendi che compongono R(s + 1) e inferiore di 1 rispetto al corrispondenteesponente nella somma che definisce R(s). Dato che gli altri addendi sono invariatisi ha R(s+ 1) < R(s).

Se invece si agisce su una α-formula F con ridotti F1 e F2 la situazione epiu delicata, perche in R(s + 1) c’e un addendo in piu che in R(s). Utilizzeremola seguente disuguaglianza, che vale per ogni a, b > 0: 2a + 2b < 2a+b+1 (perdimostrarla supponete a ≥ b e osservate che 2a + 2b ≤ 2a + 2a = 2a+1 < 2a+b+1).Per la disuguaglianza si ha 2rg(F1)+2rg(F2) < 2rg(F ) e quindi, moltiplicando entrambii membri della disuguaglianza per 2n, anche 2rg(F1)+n + 2rg(F2)+n < 2rg(F )+n perogni numero naturale n. Quindi i due addendi nella definizione di R(s+ 1) hannosomma minore dell’addendo di R(s) che hanno rimpiazzato. Percio, anche in questocaso, R(s+ 1) < R(s).

In un’esecuzione dell’algoritmo 3.18 (in cui il passo 0 e quello iniziale) si haquindi R(0) > R(1) > · · · . Dato che gli R(s) sono numeri naturali e non esisteuna successione discendente infinita di numeri naturali, non possono esserci infinitipassi, cioe l’algoritmo termina. �

Nota 3.33. Notiamo esplicitamente che gli algoritmi di Fitting non prevedonoall’interno di una disgiunzione o congiunzione generalizzata la sostituzione di unaformula con un’altra logicamente equivalente ad essa. Se introducessimo questapossibilita, l’algoritmo non godrebbe piu della proprieta della terminazione forte esarebbe quindi assai meno utile.

La dimostrazione del lemma 3.32 fornisce un limite superiore al numero dipassi necessario all’algoritmo 3.18 per terminare: dato che la prima congiunzionegeneralizzata di disgiunzioni generalizzate e 〈[F ]〉 si ha R(0) = 2rg(F ) e certamentel’algoritmo termina entro 2rg(F ) passi. Questo limite superiore e molto grossolano:se F e la formula dell’esempio 3.19 si ha rg(F ) = 8 e quindi 2rg(F ) = 256, mal’algoritmo termina in 6 passi.

Esercizio 3.34. Calcolate R(s) per i vari passi dell’esecuzione dell’algoritmo3.18 nell’esempio 3.19.

Possiamo completare il nostro lavoro sulle trasformazioni in forma normalecongiuntiva e disgiuntiva con la:

Dimostrazione del teorema 3.10. Data una formula F applichiamo a par-tire da F gli algoritmi 3.18 e 3.22. Per il lemma 3.32 essi terminano, producendodue formule G1 e G2, la prima in forma normale congiuntiva, la seconda in formanormale disgiuntiva. Queste formule sono logicamente equivalenti a F . �

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CAPITOLO 4

Il metodo dei tableaux: caso proposizionale

Il metodo dei tableaux proposizionali e un calcolo logico che fornisce una pro-cedura di decisione relativamente efficiente per la soddisfacibilita delle formule pro-posizionali. Il principio che ispira questo algoritmo e piuttosto semplice: cerchiamosistematicamente un’interpretazione che soddisfi la formula in esame. Se la ricercaha successo la formula sara soddisfacibile, altrimenti la sistematicita della ricercaci assicura che essa e insoddisfacibile. Come gli algoritmi del capitolo 3, l’algoritmodei tableaux e non deterministico e possiede la proprieta della terminazione forte.

1. Esempi preliminari

Partiamo da una formula F e, supponendo l’esistenza di un’interpretazione vche la soddisfi, esaminiamo quali altre proprieta deve avere v: ad esempio se Fe la congiunzione G ∧ H dovremo avere v(G) = V e v(H) = V. A questo puntoesaminiamo quali conseguenze hanno queste prime conseguenze e cosı via, passandoad esaminare formule via via piu semplici fino a raggiungere i letterali (definizione3.1). Riconosceremo la non esistenza di un’interpretazione con le caratteristicherichieste se ci troveremo a richiedere che gli elementi di una coppia complementaredi letterali siano entrambi veri.

Prima di descrivere l’algoritmo dei tableaux esaminiamo in dettaglio un paiodi esempi.

Esempio 4.1. Sia F la formula (p ∨ ¬q) ∧ ¬p. Se v soddisfa F deve esserev(p ∨ ¬q) = V e v(¬p) = V. Dalla prima di queste proprieta possiamo dedurre chev(p) = V oppure v(¬q) = V. La prima possibilita ci conduce a dover soddisfare lacoppia complementare di letterali {p,¬p}, che e impossibile. Resta la seconda pos-sibilita, che ci chiede di soddisfare l’insieme di letterali {¬q,¬p} che non contienenessuna coppia complementare: cio e possibile per il lemma 3.3. Dall’insieme soddi-sfacibile di letterali possiamo “leggere” un’interpretazione che soddisfa F : v(p) = Fe v(q) = F.

Esempio 4.2. Sia F la formula (p→ ¬q)∧ (p∧ q). Se v soddisfa F deve esserev(p→ ¬q) = V e v(p ∧ q) = V. La seconda condizione implica v(p) = V e v(q) = V.La prima condizione e soddisfatta se e solo se v(¬p) = V oppure v(¬q) = V. Nelprimo caso dovremmo soddisfare l’insieme {¬p, p, q}, nel secondo caso l’insieme{¬q, p, q}. Entrambi questi insiemi contengono una coppia complementare e sonoquindi insoddisfacibili per il lemma 3.3. Percio F e insoddisfacibile.

Se abbiamo a che fare con formule piu complesse il filo del ragionamento svoltonei due esempi precedenti puo diventare piuttosto difficile da seguire. Il metododei tableaux rappresenta questi ragionamenti in una forma piu facilmente leggibileattraverso una struttura ad albero.

La radice dell’albero e etichettata con la formula che si intende studiare, glialtri nodi con insiemi di formule. Inoltre una foglia (o nodo terminale) dell’alberoe etichettata con un insieme di letterali.

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30 4. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PROPOSIZIONALE

Esempio 4.3. Disegniamo il tableau relativo alla formula studiata nell’esempio4.1:

(p ∨ ¬q) ∧ ¬p

p ∨ ¬q,¬p

p,¬p ¬q,¬p

e quello relativo alla formula studiata nell’esempio 4.2:

(p→ ¬q) ∧ (p ∧ q)

p→ ¬q, p ∧ q

p→ ¬q, p, q

¬p, p, q ¬q, p, q

Il primo tableau contiene una foglia (quella di destra) etichettata con un insiemedi letterali che non contiene coppie complementari: questo testimonia la soddisfa-cibilita della formula originaria. Il secondo tableau contiene solo foglie etichettatecon insiemi di letterali che contengono coppie complementari: cio implica che laformula di partenza e insoddisfacibile.

Esempio 4.4. La costruzione del tableau non e in generale unica. Ecco un altrotableau per la formula dell’esempio 4.2:

(p→ ¬q) ∧ (p ∧ q)

p→ ¬q, p ∧ q

¬p, p ∧ q

¬p, p, q

¬q, p ∧ q

¬q, p, q

Il nuovo tableau corrisponde ad un inversione nell’ordine del ragionamento: si eprima considerato il significato della soddisfazione di p→ ¬q e solo successivamente,per ognuna delle due possibilita, il significato di p∧ q. Notiamo che anche in questotableau tutte le foglie sono etichettate con insiemi di letterali che contengono coppiecomplementari.

Gli alberi costruiti sinora evidenziano una caratteristica dei tableaux: alcuninodi hanno un solo figlio mentre altri ne hanno due. I primi corrispondono all’analisidi formule come p ∧ q, i secondi all’analisi di p ∨ ¬q o p → ¬q. Per distinguerequesti casi ricorreremo alla distinzione tra doppie negazioni, α-formule e β-formuleutilizzata gia nel capitolo precedente (si ricordino in particolare le definizioni 3.12e 3.13 e i lemmi 3.14 e 3.15).

2. L’algoritmo

Algoritmo 4.5. Un tableau per una formula F e un albero in cui ogni nodoe etichettato con un insieme finito di formule. Il tableau e costruito per stadiT0, . . . , Tk: per ogni i, Ti+1 e un albero che estende Ti aggiungendo uno o due nodicon le rispettive etichette e lasciando invariate le etichette dei nodi gia appartenenti

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2. L’ALGORITMO 31

a Ti. L’albero Tk (il numero k ovviamente dipende da F ) e il tableau per F . Se n eun nodo di qualche Ti indichiamo con E(n) l’etichetta di n (che, per quanto dettoprima, e la stessa per tutti i Ti cui appartiene n).

All’inizio della costruzione T0 consiste di un solo nodo (la radice dell’albero)etichettato con {F}. Allo stadio i cerchiamo una foglia n dell’albero Ti tale cheE(n) non sia un insieme di letterali. Se una tale foglia non esiste la costruzione deltableau e terminata e l’algoritmo si arresta. Altrimenti fissiamo n e scegliamo unaformula G ∈ E(n) che non e un letterale. Per il lemma 3.15 ci sono tre possibilita:

(1) se G e una doppia negazione con ridotto G1 aggiungiamo un nodo n′ sotton e poniamo E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1};

(2) se G e una α-formula con ridotti G1 e G2 aggiungiamo un nodo n′ sotton e poniamo E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1, G2};

(3) se G e una β-formula con ridotti G1 e G2 aggiungiamo due nodi tra loroinconfrontabili n1 e n2 sotto n e poniamo E(n1) = (E(n) \ {G})∪ {G1} eE(n2) = (E(n) \ {G}) ∪ {G2}.

Notiamo che in ogni caso n non e una foglia di Ti+1.

L’algoritmo che abbiamo appena descritto e non deterministico perche ad ognipasso scegliamo una foglia n non etichettata solo con letterali e, all’interno di E(n),scegliamo una formula che non sia un letterale.

In pratica gli alberi T0, . . . Tk non sono rappresentati separatamente: si devepiuttosto pensare che il tableau “cresce” verso la sua forma finale.

Definizione 4.6. Sia n un nodo del tableau che non e una foglia: la formulasu cui si agisce in n e la G della descrizione dell’algoritmo. Notiamo che G nonappartiene all’etichetta di nessuno dei nodi successori di n.

Convenzione 4.7. Per comodita di lettura aggiungeremo sotto le foglie deltableau uno dei simboli

⊗e ©: se l’etichetta della foglia contiene una coppia

complementare di letterali useremo⊗

, altrimenti©. Questo ci permette di vederefacilmente se il tableau contiene solo foglie etichettate con insiemi insoddisfacibilidi letterali, oppure se c’e qualche foglia etichettata con un insieme soddisfacibile diletterali (stiamo usando il lemma 3.3). Inoltre, per alleggerire la notazione, evitiamodi indicare le parentesi { e } intorno agli elementi di E(n).

Esempio 4.8. Costruiamo un tableau per ¬(p→ ¬q ∨ r) ∧ (¬p ∨ (q → ¬r)).¬(p→ ¬q ∨ r) ∧ (¬p ∨ (q → ¬r))

¬(p→ ¬q ∨ r),¬p ∨ (q → ¬r)

p,¬(¬q ∨ r),¬p ∨ (q → ¬r)

p,¬¬q,¬r,¬p ∨ (q → ¬r)

p, q,¬r,¬p ∨ (q → ¬r)

p, q,¬r,¬p⊗ p, q,¬r, q → ¬r

p, q,¬r,¬q⊗ p, q,¬r,¬r©

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32 4. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PROPOSIZIONALE

In ogni nodo abbiamo sottolineato la formula su cui abbiamo agito in quel nodo.Notate che l’interpretazione definita da v(p) = V, v(q) = V, v(r) = F soddisfa

sia i letterali che etichettano l’unica foglia marcata con © che la formula da cuisiamo partiti.

Esercizio 4.9. Costruite tableaux per ¬((q → ¬p) ∧ (r ∨ q) → ¬(p ∧ ¬r)

)e

per ¬(p ∧ q → ¬r) ∨ (p ∧ ¬(q ∧ r)). Controllate anche, con le tavole di verita oragionando dalle definizioni, se queste due formule sono soddisfacibili e, se e il caso,trovate un’interpretazione che le soddisfi.

3. Terminazione forte dei tableaux

Il primo risultato che vogliamo dimostrare relativamente al metodo dei tableauxe la sua terminazione forte. La dimostrazione si basa sul seguente lemma, che eun caso particolare del lemma di Konig1. Ricordiamo che un albero binario e unalbero tale che ogni nodo ha al piu due figli. Gli alberi costruiti dal metodo deitableaux sono sempre binari.

Lemma 4.10. Se un albero binario e infinito allora ha un ramo infinito.

Dimostrazione. Sia T un albero binario e supponiamo che T sia infinito.Vogliamo dimostrare che T ha un ramo infinito. Diciamo che un nodo n di T ebuono se il sottoalbero radicato in n e infinito2.

Per ipotesi la radice di T e buona (il sottoalbero radicato in essa e T ). Sia n unnodo buono: il sottoalbero radicato in n consiste di n e dell’unione dei sottoalberiradicati nei figli di n. Dato che n ha al piu due figli, se entrambi questi ultimifossero finiti (o addirittura n non avesse figli) il sottoalbero radicato in n sarebbefinito, contro la bonta di n. Percio almeno uno dei figli di n deve essere buono.

Nel paragrafo precedente abbiamo dimostrato che la radice di T e buona e cheogni nodo buono ha un figlio buono. Usando questi due fatti e facile costruire unramo in T che consiste di nodi buoni ed e infinito. �

Notiamo che l’inverso del lemma 4.10 (ovvero l’affermazione che ogni alberocon un ramo infinito e infinito) e ovvio.

Possiamo ora dimostrare il teorema che ci interessa.

Teorema 4.11. L’algoritmo di costruzione dei tableaux gode della proprietadella terminazione forte, cioe termina qualunque siano il nodo e la formula su cuisi decide di operare ad ogni singolo passo.

Dimostrazione. Se per assurdo la costruzione di un tableau T non terminas-se, essa darebbe origine ad un albero binario infinito. Per il lemma 4.10 un talealbero avrebbe un ramo infinito. Per raggiungere una contraddizione assegnamoad ogni nodo n di T un numero naturale W (n) in modo tale che se n′ e un figliodi n si abbia W (n′) < W (n). Se T avesse un ramo infinito i valori di W lungoquesto ramo sarebbero una successione infinita decrescente di numeri naturali, chee assurdo.

Per definire W useremo il rango rg (definizione 3.31): se n e un nodo di T ,W (n) e la somma dei ranghi delle formule in E(n):

W (n) =∑

G∈E(n)

rg(G).

1Denes Konig (1884-–1944) e stato un matematico ungherese, autore del primo libro sullateoria dei grafi.

2il sottoalbero radicato in n e l’albero che ha n come radice e consiste di tutti i nodi che sonodiscendenti di n.

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4. CORRETTEZZA E COMPLETEZZA DEL METODO DEI TABLEAUX 33

Sia ora n′ un figlio di n. Dobbiamo verificare che si ha sempre W (n′) < W (n),cioe W (n′) ≤W (n)− 1.

Se n′ e stato ottenuto agendo su una doppia negazione G con ridotto G1 allora

E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1}e quindi

W (n′) = W (n)− rg(G) + rg(G1) = W (n)− (rg(G1) + 1) + rg(G1) = W (n)− 1.

Se n′ e stato ottenuto agendo su una α-formula G ∈ E(n), con ridotti G1 e G2

alloraE(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1, G2}

e quindi

W (n′) = W (n)− rg(G) + rg(G1) + rg(G2) =

= W (n)− (rg(G1) + rg(G2) + 1) + rg(G1) + rg(G2) = W (n)− 1.

Se invece n′ e stato ottenuto agendo su una β-formula G ∈ E(n), con ridottiG1 e G2 allora

E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1} oppure

E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G2}.Nel primo caso abbiamo

W (n′) = W (n)− rg(G) + rg(G1) =

= W (n)− (rg(G1) + rg(G2) + 1) + rg(G1) = W (n)− rg(G2)− 1 ≤W (n)− 1.

Il secondo caso e del tutto analogo.La dimostrazione del teorema e cosı completa. �

Esercizio 4.12. Costruite un tableau per la formula ¬(p → q) → (¬p ∨ q) eper ogni nodo n calcolate W (n).

La dimostrazione del teorema 4.11 fornisce un limite superiore all’altezza di untableau completo: se F e la formula che etichetta la radice l’altezza e minore ouguale a rg(F ).

Esercizio 4.13. Sia F la formula dell’esempio 4.8. Calcolate rg(F ) e confron-tatelo con l’altezza del tableau per F .

Nota 4.14. Come notato per gli algoritmi di Fitting nella nota 3.33, anchel’algoritmo di costruzione dei tableaux non prevede la sostituzione di una formulacon un’altra logicamente equivalente ad essa. Se introducessimo questa possibilital’algoritmo non godrebbe della proprieta della terminazione forte e sarebbe assaimeno utile.

4. Correttezza e completezza del metodo dei tableaux

Dobbiamo ora dimostrare che il metodo dei tableaux e effettivamente una pro-cedura di decisione per la soddisfacibilita delle formule proposizionali. Iniziamo conalcune definizioni che ci permettono di leggere l’output del nostro algoritmo.

Definizione 4.15. Un tableau e chiuso se tutte le sue foglie sono etichettatecon insiemi di letterali che contengono una coppia complementare. Un tableau eaperto se non e chiuso, cioe se almeno una foglia e etichettata con un insieme diletterali che non contiene una coppia complementare.

Un ramo aperto di un tableau e un ramo che collega la radice dell’alberocon una foglia etichettata con un insieme di letterali che non contiene una coppiacomplementare.

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34 4. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PROPOSIZIONALE

Il teorema principale che dimostreremo in questa sezione e il seguente.

Teorema 4.16. Sia F una formula e T un tableau per F . F e insoddisfacibilese e solo se T e chiuso.

Enunciamo immediatamente due importanti e utili conseguenze del teorema4.16.

Teorema 4.17. Sia F una formula e T un tableau per F . F e soddisfacibilese e solo se T e aperto.

Dimostrazione. Immediata dal teorema 4.16. �

Teorema 4.18. Sia F una formula e T un tableau per ¬F . F e valida se esolo se T e chiuso.

Dimostrazione. F e valida se e solo se ¬F e insoddisfacibile (teorema 2.37),se e solo se T e chiuso (teorema 4.16). �

Nota 4.19. Si potrebbe essere tentati di pensare che F sia valida se e solo sein un tableau per F tutte le foglie sono etichettate con insiemi di letterali che noncontengono coppie complementari. Cio non e vero come mostra il tableau per laformula non valida p∨ q, che ha due foglie etichettate con un solo letterale e quindiprive di coppie complementari.

I teoremi precedenti ci permettono anche di concludere che la chiusura o aper-tura del tableau dipende solo dalla formula iniziale, e non dalle scelte fatte durantela costruzione del tableau stesso.

Corollario 4.20. Sia F una formula e T e T ′ due tableaux per F . T e T ′sono entrambi chiusi o entrambi aperti.

Dimostrazione. Se F e soddisfacibile T e T ′ sono entrambi aperti per ilteorema 4.17. Se F e insoddisfacibile T e T ′ sono entrambi chiusi per il teorema4.16. �

Dobbiamo ora dimostrare il teorema 4.16. E opportuno distinguere le duedirezioni di questo teorema. Quella da sinistra a destra e chiamata teorema dicompletezza: ci dice che se F e insoddisfacibile l’algoritmo dei tableaux riesce ascoprirlo, chiudendo tutti i rami di qualsiasi tableau per F . In altre parole, se l’al-goritmo non riesce ad ottenere un tableau chiuso per F significa che non e propriopossibile farlo perche F e soddisfacibile. La direzione opposta e invece chiamatateorema di correttezza e asserisce che se il metodo dei tableaux dichiara una for-mula insoddisfacibile perche il tableau per essa e chiuso, la formula e veramenteinsoddisfacibile.

La distinzione tra completezza e correttezza e utile per tutte le procedure didecisione, anche in logiche diverse (e piu complesse) di quella proposizionale. Piuavanti dimostreremo o enunceremo teoremi di correttezza e completezza anche per ladeduzione naturale proposizionale (sezione 5.4), il metodo dei tableaux predicativi(sezioni 10.4 e 10.6), la deduzione naturale predicativa (sezione 11.3) e la deduzionenaturale con uguaglianza (sezione 11.5).

Usualmente e molto piu facile dimostrare la correttezza di una procedura didecisione che provarne la completezza. Infatti e probabile che una procedura didecisione consista di passaggi chiaramente corretti, cosı che la correttezza sia facileda verificare. Piu delicato e dimostrare che i passaggi ammessi sono sufficienti agarantire la completezza, cioe che non si e “dimenticato nulla”. Il seguente esempio,pur paradossale, puo essere utile a chiarire questo punto. Consideriamo la proce-dura di decisione che dichiara ogni formula soddisfacibile: essa e corretta perche

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4. CORRETTEZZA E COMPLETEZZA DEL METODO DEI TABLEAUX 35

non sbaglia mai nel dichiarare una formula insoddisfacibile (non lo fa mai!), ma eovviamente ben lontana dall’essere completa.

Terremo dunque distinte le due direzioni del teorema 4.16, e le enunceremo edimostreremo separatamente, iniziando dalla piu semplice.

Teorema 4.21 (Teorema di correttezza). Se un tableau per la formula F echiuso allora F e insoddisfacibile.

Dimostrazione. Fissiamo F e T , tableau chiuso per F . Dimostreremo ilseguente fatto, che indichiamo con (?):

per ogni nodo n di T l’insieme di formule E(n) e insoddisfacibile.

Il caso particolare di (?) ottenuto quando n e la radice di T (e quindi E(n) = {F})mostra che F e insoddisfacibile.

La dimostrazione di (?) e per induzione sull’altezza di n in T 3.Se l’altezza di n in T e 0 significa che n e una foglia del tableau. Dato che T e

chiuso E(n) e un insieme di letterali che contiene una coppia complementare. Peril lemma 3.3 E(n) e insoddisfacibile.

Consideriamo ora il caso in cui l’altezza di n in T e maggiore di 0. Allora n hauno o due successori in T , che sono stati ottenuti agendo su qualche G ∈ E(n) e cisono tre possibilita.

(1) Se G e una doppia negazione con ridotto G1, n ha un solo successore n′ esi ha E(n′) = (E(n)\{G})∪{G1}. Il nodo n′ ha altezza minore di n in T .Per ipotesi induttiva (cioe applicando (?) a n′) E(n′) e insoddisfacibile.Sia ora v un’interpretazione qualsiasi: deve essere v(H) = F per qualcheformula H ∈ E(n′) (che puo dipendere da v).

(i) se H ∈ E(n) \ {G} allora H ∈ E(n) e quindi v non soddisfa E(n);(ii) se H e G1 allora v(H) = F implica v(G) = F (ricordate che G ≡ G1

per il lemma 3.14) ed anche in questo caso v non soddisfa E(n).Dato che un’interpretazione arbitraria non soddisfa E(n) concludiamo cheE(n) e insoddisfacibile.

(2) se G e una α-formula con ridotti G1 e G2, n ha un solo successore n′ e si haE(n′) = (E(n)\{G})∪{G1, G2}. Come nel caso precedente deduciamo cheE(n′) e insoddisfacibile: fissato v si ha v(H) = F per qualche H ∈ E(n′).

(i) se H ∈ E(n) \ {G} allora v non soddisfa E(n);(ii) se H e G1 oppure G2 allora da v(H) = F segue v(G1 ∧G2) = F e

quindi v(G) = F perche G ≡ G1 ∧ G2 per il lemma 3.14. Dunque vnon soddisfa E(n).

Abbiamo dunque dimostrato che E(n) e insoddisfacibile.(3) seG e una β-formula con ridottiG1 eG2, n ha due successori n1 e n2 e si ha

E(ni) = (E(n) \{G})∪{Gi} (per i = 1, 2). Il ragionamento del punto (1)puo venir ripetuto per ognuno dei due successori ottenendo che sia E(n1)che E(n2) sono insoddisfacibili. Fissiamo nuovamente un’interpretazionev:

(i) se v(G) = F allora chiaramente v non soddisfa E(n);(ii) se v(G) = V allora, dato che G ≡ G1∨G2 per il lemma 3.14, v(G1) =

V oppure v(G2) = V. Supponiamo dapprima che v(G1) = V. Vi-sto che E(n1) e insoddisfacibile, v non soddisfa E(n1) e deve esserev(H) = F per qualche H ∈ E(n) \ {G}. Quindi v non soddisfa E(n)neppure in questo caso. Se v(G2) = V il ragionamento e analogoutilizzando l’insoddisfacibilita di E(n2).

Percio E(n) e insoddisfacibile.

3l’altezza di una foglia e 0, l’altezza di un nodo con successori e il massimo dell’altezza deisuoi successori aumentato di 1.

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36 4. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PROPOSIZIONALE

Abbiamo dunque dimostrato (?) e quindi il teorema di correttezza. �

Sottolineiamo che la dimostrazione precedente non procede per induzione sul-l’altezza del tableau. Infatti il tableau T e fissato e l’induzione riguarda i suoinodi.

Teorema 4.22 (Teorema di completezza). Se un tableau per la formula F eaperto allora F e soddisfacibile.

Schema della dimostrazione. Fissiamo un ramo aperto r di un tableauaperto per F . La dimostrazione si sviluppera in tre passi:

(a) definiremo cosa significa che un insieme di formule e un insieme di Hin-tikka4 (definizione 4.23);

(b) dimostreremo che ogni insieme di Hintikka e soddisfacibile (lemma 4.27);(c) dimostreremo che

⋃n∈r E(n) e un insieme di Hintikka (lemma 4.28).

Dato che F ∈⋃n∈r E(n) (perche la radice del tableau appartiene a r) questi passi

sono sufficienti a completare la dimostrazione: infatti qualunque interpretazioneche soddisfa l’insieme di Hintikka

⋃n∈r E(n) soddisfa in particolare F . �

Definizione 4.23. Un insieme di formule H e un insieme di Hintikka sesoddisfa le seguenti quattro condizioni:

(1) H non contiene coppie complementari di letterali;(2) se G ∈ H e una doppia negazione con ridotto G1 allora G1 ∈ H;(3) se G ∈ H e una α-formula con ridotti G1 e G2 allora G1 ∈ H e G2 ∈ H;(4) se G ∈ H e una β-formula con ridotti G1 e G2 allora G1 ∈ H oppure

G2 ∈ H (e possibile che entrambi siano in H).

La definizione 4.23 e basata sull’idea che un insieme di Hintikka H consiste diformule che supponiamo essere vere in una qualche interpretazione v. La verita diogni F ∈ H che non e un letterale deve essere “giustificata” dalla verita di altreformule (tutti o alcuni dei ridotti di F , a seconda del tipo di formula) di H.

Esempio 4.24. L’insieme

{p ∨ ¬r → q,¬(p ∨ ¬r),¬p,¬¬r, r}e un insieme di Hintikka. Infatti non contiene coppie complementari di letterali,contiene uno dei ridotti della β-formula p ∨ ¬r → q, entrambi i ridotti della α-formula ¬(p ∨ ¬r) e il ridotto della doppia negazione ¬¬r.

Esercizio 4.25. Siano F1 e F2 le formule ¬(p→ q ∨ ¬r) e ¬p ∨ (r → q).

(i) Definite insiemi di Hintikka H1 e H2 con Fi ∈ Hi.(ii) H1 ∪H2 e un insieme di Hintikka?(iii) (?) Esiste un insieme di Hintikka che contiene sia F1 che F2?

Esercizio 4.26. Verificare che l’insieme di formule che compaiono nelle eti-chette del ramo aperto del tableau dell’esempio 4.8 e un insieme di Hintikka.

Il prossimo lemma estende una direzione del lemma 3.3. Infatti un insieme diletterali privo di coppie complementari e un insieme di Hintikka.

Lemma 4.27 (Lemma di Hintikka). Ogni insieme di Hintikka e soddisfacibile.

Dimostrazione. Sia H un insieme di Hintikka. Definiamo un’interpretazionev esattamente come nella dimostrazione del lemma 3.3, e cioe ponendo:

v(p) =

{V se p ∈ H;

F se p /∈ H.

4Jaakko Hintikka (1929-2015) e stato un logico e filosofo finlandese.

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4. CORRETTEZZA E COMPLETEZZA DEL METODO DEI TABLEAUX 37

Dimostreremo che per ogni G ∈ H si ha v(G) = V: questo implica che H esoddisfacibile. La dimostrazione e per induzione sul rango di G (definizione 3.31).Se rg(G) = 1 allora G e un letterale:

• se G ∈ H e una lettera proposizionale allora v(G) = V per definizione di v.• se G ∈ H e la negazione di una lettera proposizionale p allora p /∈ H per (1)

nella definizione di insieme di Hintikka. Quindi v(p) = F e percio v(G) = V.

Se rg(G) > 1 allora G e una doppia negazione, una α-formula o una β-formula:

• Se G ∈ H e una doppia negazione con ridotto G1 allora G1 ∈ H per (2) nelladefinizione di insieme di Hintikka. Poiche rg(G1) = rg(G)− 1 l’ipotesi induttivaci dice che v(G1) = V. Dato che per il lemma 3.14 G ≡ G1 abbiamo v(G) = V.

• Se G ∈ H e una α-formula con ridotti G1 e G2 allora G1, G2 ∈ H per (3) nelladefinizione di insieme di Hintikka. Per ipotesi induttiva, dato che rg(G1) <rg(G) e rg(G2) < rg(G), possiamo assumere v(G1) = V e v(G2) = V. Poicheper il lemma 3.14 G ≡ G1 ∧G2 abbiamo v(G) = V.

• Se G ∈ H e una β-formula con ridotti G1 e G2 allora G1 ∈ H oppure G2 ∈ Hper (4) nella definizione di insieme di Hintikka. Se G1 ∈ H per ipotesi induttiva,dato che rg(G1) < rg(G), v(G1) = V e, dato che per il lemma 3.14 G ≡ G1∨G2,abbiamo v(G) = V. Il caso in cui G2 ∈ H e del tutto analogo. �

Per qualunque insieme di formule H e possibile definire v come abbiamo fattonella dimostrazione precedente, ma per dimostrare che v soddisfa H abbiamo usatoripetutamente l’ipotesi che H fosse insieme di Hintikka.

Lemma 4.28. Se r e un ramo aperto di un tableau allora H =⋃n∈r E(n) e un

insieme di Hintikka.

Dimostrazione. Sia f la foglia di r. Dobbiamo verificare che H soddisfa lequattro proprieta della definizione di insieme di Hintikka.

(1) Per verificare che H non contiene una coppia complementare di letteralinotiamo che l’algoritmo dei tableaux non elimina mai i letterali dalle eti-chette dei nodi. Percio se un letterale G appartene a qualche E(n) conn ∈ r allora G ∈ E(f). Questo significa che se H contiene due letteralicomplementari G e H si ha G,H ∈ E(f) e r non e aperto, contro la nostraipotesi.

(2) Se una doppia negazione G con ridotto G1 appartiene a H allora sia nil nodo di r piu vicino a f tra quelli tali che G ∈ E(n). Non puo esseren = f , perche E(f) e un insieme di letterali, e quindi n ha un successoren′ ∈ r. Dato che G /∈ E(n′) deve essere che G e la formula su cui si agiscein n. Percio G1 ∈ E(n′) e quindi G1 ∈ H come volevamo.

(3) Se una α-formula G con ridotti G1 e G2 appartiene a H allora si puoripetere il ragionamento svolto nel caso della doppia negazione per arrivarea concludere che G1, G2 ∈ H.

(4) se una β-formula G con ridotti G1 e G2 appartiene a H allora come soprasia n 6= f il nodo di r piu vicino a f tra quelli tali che G ∈ E(n). Anchein questo caso deve essere che G e la formula su cui si agisce in n e quindin ha due successori. Esattamente uno di questi successori appartiene ar: indichiamolo con n′. Si ha G1 ∈ E(n′) oppure G2 ∈ E(n′) e quindiG1 ∈ H oppure G2 ∈ H, come volevamo. �

La dimostrazione del teorema di completezza fornisce informazioni su cometrovare un’interpretazione che soddisfi una formula il cui tableau e aperto.

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38 4. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PROPOSIZIONALE

Lemma 4.29. Se una foglia f di un tableau per F non contiene coppie comple-mentari allora l’interpretazione v definita da

v(p) =

{V se p ∈ E(f);

F se p /∈ E(f).

soddisfa F .

Un esempio di applicazione di questo lemma e contenuto nell’esempio 4.8.

Esempio 4.30. Utilizziamo il metodo dei tableaux per dimostrare la validitadella formula (p→ q)∧(p→ ¬q)→ ¬p. Per il teorema 4.18 dobbiamo verificare cheun tableau per la negazione di questa formula e chiuso. In ogni nodo sottolineiamola formula su cui agiamo in quel nodo.

¬((p→ q) ∧ (p→ ¬q)→ ¬p)

(p→ q) ∧ (p→ ¬q),¬¬p

(p→ q) ∧ (p→ ¬q), p

p→ q, p→ ¬q, p

¬p, p→ ¬q, p

¬p,¬p, p⊗ ¬p,¬q, p⊗q, p→ ¬q, p

q,¬p, p⊗ q,¬q, p⊗5. Semplificare i tableaux

Per scrivere piu concisamente i tableaux e utile introdurre alcune abbreviazionie piccole varianti dell’algoritmo 4.5.

Convenzione 4.31. Da questo punto in poi se nell’etichetta di un nodo di untableau deve comparire una doppia negazione F con ridotto G scriviamo diretta-mente G, utilizzando la regola della doppia negazione immediatamente e contraendodue nodi in uno.

Nel tableau dell’esempio 4.30 la precedente convenzione avrebbe permesso discrivere un nodo in meno (il secondo dalla radice, in cui si e agito su ¬¬p).

Convenzione 4.32. Da questo punto in poi se nell’etichetta di un nodo diun tableau compaiono una formula F e la sua negazione ¬F possiamo considera-re il nodo in questione chiuso e non operare piu su di esso (secondo l’algoritmo4.5 dovremmo ancora operare su di esso se l’etichetta contiene formule, compresaeventualmente F , che non sono letterali).

Nel tableau dell’esempio 4.30 la precedente convenzione avrebbe permesso dinon scrivere le due foglie piu a sinistra, chiudendo il ramo di sinistra dopo il nodoetichettato con ¬p, p→ ¬q, p.

Nota 4.33. La convenzione 4.31 e solo formale (si tratta solamente di un modoper scrivere piu rapidamente i tableaux). La convenzione 4.32 riguarda invece unmutamento sostanziale ed e necessario verificare che i teoremi di correttezza e com-pletezza valgono anche per questi tipi di tableaux. La completezza non presentanessun problema, perche la dimostrazione assume l’esistenza di rami aperti, mentre

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5. SEMPLIFICARE I TABLEAUX 39

la convenzione indica un modo per chiudere rami. Risulta invece necessario dimo-strare nuovamente il teorema di correttezza: la dimostrazione e pero una semplicemodifica di quella precedente, utilizzando la seconda parte della nota 3.4.

Esempio 4.34. Utilizziamo le convenzioni 4.31 e 4.32 per costruire un tableauper la formula

(p→ ¬q ∨ ¬r) ∧ (q → r) ∧ ¬(q → ¬p)In ogni nodo sottolineiamo la formula su cui agiamo in quel nodo.

(p→ ¬q ∨ ¬r) ∧ (q → r) ∧ ¬(q → ¬p)

(p→ ¬q ∨ ¬r) ∧ (q → r),¬(q → ¬p)

p→ ¬q ∨ ¬r, q → r,¬(q → ¬p)

p→ ¬q ∨ ¬r, q → r, q, p

p→ ¬q ∨ ¬r,¬q, q, p⊗ p→ ¬q ∨ ¬r, r, q, p

¬p, r, q, p⊗ ¬q ∨ ¬r, r, q, p

¬q, r, q, p⊗ ¬r, r, q, p⊗La convenzione 4.31 e stata applicata nel nodo ottenuto agendo su ¬(q → ¬p) (incui sarebbe dovuto comparire ¬¬p), la convenzione 4.32 nel nodo chiuso piu in alto,in cui compare la formula p→ ¬q ∨ ¬r che non e un letterale.

Dato che tutti i rami sono chiusi il teorema di correttezza ci permette diconcludere che la formula di partenza e insoddisfacibile.

Esempio 4.35. Nel seguente tableaux la semplificazione apportata dalla con-venzione 4.32 e particolarmente evidente:

(p ∨ q → q ∧ ¬r) ∧ ¬(p ∨ q → q ∧ ¬r)

p ∨ q → q ∧ ¬r,¬(p ∨ q → q ∧ ¬r)⊗Esercizio 4.36. Sviluppate completamente un tableau per la formula

(p ∨ q → q ∧ ¬r) ∧ ¬(p ∨ q → q ∧ ¬r)dell’esempio precedente utilizzando l’algoritmo 4.5 senza usare la convenzione 4.32.

Come gia notato, l’algoritmo 4.5 e non deterministico: la seguente osservazioneci indica come cercare di ottenere il tableau piu semplice possibile.

Nota 4.37. Per semplificare il piu possibile il tableau costruito dall’algoritmo4.5 e opportuno agire su doppie negazioni o α-formule ogniqualvolta cio sia possibile.In questo modo si dilaziona il piu possibile la creazione di biforcazioni nell’albero esi riduce al minimo il numero dei nodi.

Esercizio 4.38. Studiate con il metodo del tableaux le formule degli esempi2.38, 2.39, 2.50 e 2.51 e dell’esercizio 2.55 (verificate che il risultato ottenuto con itableaux coincida con quello ottenuto in precedenza).

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40 4. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PROPOSIZIONALE

6. I tableaux e la conseguenza logica

Abbiamo presentato il metodo dei tableaux come un metodo per studiare lavalidita o la soddisfacibilita di una singola formula. Usando il lemma 2.43 possiamousare i tableaux per studiare la validita o la soddisfacibilita di un insieme finitodi formule {F1, . . . , Fn}. Nel caso della soddisfacibilita si dovrebbe costruire untableau per F1 ∧ · · · ∧ Fn. I primi n − 1 passi del tableau conducono ad un nodoetichettato F1, . . . , Fn: questa osservazione giustifica il seguente algoritmo.

Algoritmo 4.39. Per stabilire se un insieme finito T = {F1, . . . , Fn} di formulee soddisfacibile costruiamo un tableau la cui radice e etichettata con T . Se il tableaue aperto T e soddisfacibile (e l’etichetta priva di coppie complementari di una fogliaci permette di definire un’interpretazione che soddisfa T come nel lemma 4.29), seil tableau e chiuso T e insoddisfacibile.

Per quanto riguarda la validita di {F1, . . . , Fn} il lemma 2.43 e il teorema 4.18ci conducono a costruire un tableau per ¬(F1 ∧ · · · ∧ Fn). Dopo n − 1 passi deltableau otteniamo un albero con n foglie etichettate rispettivamente con ¬F1, . . . ,¬Fn. Questo tableau e chiuso se e solo se sono chiusi gli n tableaux per ¬F1, . . . ,¬Fn, e quindi in pratica dobbiamo studiare la validita di ogni Fi. Questo non esorprendente, dato che, come osservato nella nota 2.44, {F1, . . . , Fn} e valido se esolo se ognuna delle formule F1, . . . , Fn e valida.

Il lemma 2.40 ci permette di usare i tableaux per stabilire se vale una conse-guenza logica. In questo caso per stabilire che F � G bisogna costruire un tableauchiuso per ¬(F → G) (la negazione delle formula di cui si vuole stabilire la validita),che ha il primo nodo sotto la radice etichettato da F,¬G. Generalizzando questaosservazione al caso in cui a sinistra del simbolo di conseguenza logica compare uninsieme finito di formule (definizione 2.27) ed usando il lemma 2.30 si ottiene ilseguente algoritmo.

Algoritmo 4.40. Per stabilire se F1, . . . , Fn � G costruiamo un tableau la cuiradice e etichettata con {F1, . . . , Fn,¬G}. Se il tableau e chiuso F1, . . . , Fn � G,se il tableau e aperto F1, . . . , Fn 2 G (e l’etichetta priva di coppie complementaridi una foglia ci permette di definire un’interpretazione che soddisfa F1, . . . , Fn manon G come nel lemma 4.29).

Esercizio 4.41. Studiate con il metodo del tableaux le conseguenze logichedegli esempi 2.17, 2.52, 2.53 e 2.61 e degli esercizi 2.26, 2.54 e 2.56 (verificate che ilrisultato ottenuto con i tableaux coincida con quello ottenuto in precedenza). Per iproblemi che riguardano un’equivalenza logica bisogna studiare le due conseguenzelogiche, usando il lemma 2.19.

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CAPITOLO 5

La deduzione naturale: caso proposizionale

La deduzione naturale e un calcolo logico introdotto da Gentzen nel 1935. Il suoscopo e quello di riprodurre in modo formale alcuni ragionamenti che siamo abituatiad effettuare nella nostra vita quotidiana per trarre conclusioni e fare previsioni apartire da cio che sappiamo. Nell’attivita scientifica, ed in modo particolarmentespiccato in quella matematica e informatica, questi ragionamenti sono sottoposti acriteri di rigore stringenti. In questo contesto i ragionamenti assumono la forma dideduzioni in cui si dimostra che un’affermazione e conseguenza di alcune ipotesi.La deduzione naturale si propone quindi come un metodo per ottenere conseguenzelogiche. Essa segue quindi un approccio diverso da quello utilizzato dal metodo deitableaux, che si concentra sulle dimostrazioni di insoddisfacibilita (nella sezione 4.6abbiamo descritto come utilizzare i tableaux per studiare la conseguenza logica, macio avviene riconducendo la conseguenza logica all’insoddisfacibilita).

Sottolineiamo da subito che la costruzione di deduzioni naturali, a differenzadell’utilizzo del metodo dei tableaux, non e un procedimento algoritmico ma ri-chiede l’utilizzo di strategie che partono da un’analisi di cio che si vuole dedurre edegli strumenti (le regole) a nostra disposizione. Facendo un paragone con l’analisimatematica, il metodo dei tableaux e analogo alle procedure di differenziazione diuna funzione, mentre la deduzione naturale e simile all’integrazione. Per questaragione dedicheremo un certo spazio (nella sezione 5.6) agli esempi di costruzionedi deduzioni naturali, cercando di avviare il lettore a questa “arte”.

1. Caratteristiche di un sistema deduttivo

La deduzione naturale e un sistema deduttivo. Un sistema deduttivo, vistoastrattamente, e una relazione che puo sussistere tra un insieme di formule e unaformula: se la relazione vale diciamo che la formula viene dedotta dall’insieme.Per introdurre le regole della deduzione naturale partiamo dall’analisi di alcunecaratteristiche che sono desiderabili in un sistema deduttivo arbitrario. Fissatodunque un sistema deduttivo, indichiamo con T ` F il fatto che dall’insieme diformule T deduciamo la formula F 1.

La prima condizione che vorremmo veder soddisfatta da ` e che T ` F implichiT � F : cio che deduciamo deve essere vero. Questa proprieta e la correttezza delsistema deduttivo rappresentato da ` ed e garantita se i singoli passi della nostradeduzione sono corretti.

Idealmente desideriamo anche che valga l’implicazione inversa: T � F dovrebbeimplicare T ` F . Questa proprieta (la completezza di `) e assai piu difficile daottenere e da dimostrare: per raggiungerla e necessario che il sistema deduttivorappresentato da ` sia sufficientemente “ricco”.

1La scelta (tradizionale) del simbolo ` ha lo scopo di richiamare, pur differenziandosene, ilsimbolo � usato per la conseguenza logica: � e un concetto semantico, mentre qui abbiamo a chefare con una nozione che utilizza le proprieta sintattiche delle formule coinvolte.

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42 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

Dato che T � F implica T ′ � F per qualunque T ′ ⊇ T e anche naturalesupporre che lo stesso valga per il nostro sistema deduttivo:

se T ` F e T ⊆ T ′ allora T ′ ` F .

Un’altra proprieta fondamentale che il sistema deduttivo dovrebbe possederee quella della componibilita delle deduzioni. Spesso per dimostrare un teorema Fa partire da certe ipotesi T iniziamo con il dimostrare un “lemma” intermedio G,per poi utilizzare G e T nella dimostrazione di F . Utilizzando il nostro simbolismo,possiamo esprimere questo procedimento in questo modo:

se T ` G e T,G ` F allora T ` F .

Questo principio e chiamato regola di taglio (nel passaggio dalle ipotesi alla conclu-sione “tagliamo” G), ed e implicito nel sistema di deduzione naturale che presente-remo.

Nell’individuare le regole che vogliamo inserire nel nostro sistema deduttivo (eche saranno le regole fondamentali della deduzione naturale) ci facciamo guidaredall’esigenza di assicurare la correttezza, ed esaminiamo i vari connettivi per isolarele regole di base che li riguardano.

Iniziamo da ∧. Dato che da F ∧ G possiamo dedurre sia F che G, mentre sesupponiamo sia F che G possiamo dedurre F ∧G, le seguenti regole appaiono deltutto naturali:

F ∧G ` F (∧e.1)

F ∧G ` G (∧e.2)

F,G ` F ∧G (∧i)Le lettere e e i sono state scelte perche nelle prime due righe stiamo eliminando ilconnettivo ∧, mentre nell’ultima lo stiamo introducendo. La correttezza delle regoledi eliminazione e garantita dal lemma 2.20.7, quella della regola di introduzionedall’esercizio 2.31.a.

Nel caso di ∨ e evidente (sulla base del lemma 2.20.6) come possiamo introdurreil connettivo:

F ` F ∨G (∨i.1)

G ` F ∨G (∨i.2)

Non e invece immediatamente chiaro come eliminare ∨: se sappiamo che vale F ∨Gnon sappiamo quale dei due disgiunti e vero, e quindi sembra che non possiamodedurre nulla. Vedremo piu avanti come risolvere questo problema.

Nel caso di → la regola di eliminazione e nota come modus ponens2, e rappre-senta il modo tipico di utilizzare un’implicazione:

F, F → G ` G (→e)Questa regola e giustificata dall’esercizio 2.31.b. Essa corrisponde al ragionamentoper cui sapendo che se piove allora Marco non prende la bici ed osservando chepiove, possiamo giungere alla conclusione che Marco non prende la bici.

Esempio 5.1. Vediamo ora come combinando (attraverso l’uso ripetuto dellaregola di taglio) queste prime regole e possibile ottenere qualche ragionamento nonbanale. Vogliamo mostrare che

F ∧ (G→ H), F → G ` G ∧H,ovvero che assumendo F ∧ (G→ H) e F → G possiamo dedurre G ∧H.

2modus ponens abbrevia la locuzione latina modus ponendo ponens, che letteralmentesignifica “modo che pone con l’aver posto”, ovvero “modo che afferma”.

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1. CARATTERISTICHE DI UN SISTEMA DEDUTTIVO 43

Per (∧e.1) abbiamo F ∧ (G→ H) ` F ed abbiamo quindi ottenuto F a partireda una delle nostre ipotesi. Per (→e) abbiamo F, F → G ` G, e siamo quindi giuntia G partendo da una delle ipotesi e da una conclusione gia ottenuta. Per (∧e.2)abbiamo F ∧ (G→ H) ` G→ H e da (→e) otteniamo G,G→ H ` H.

Abbiamo quindi ottenuto sia G che H, e possiamo usare (∧i) per ottenereG ∧H.

Il ragionamento dell’esempio precedente non e facilissimo da seguire quandoviene scritto per esteso come sopra, ed e possibile che a qualche lettore sia venutonaturale prendere carta e penna per “disegnarlo”. La deduzione naturale fornisceproprio un modo di “disegnare” i ragionamenti e rappresentarli in maniera chiara.Nell’esempio 5.5 “disegneremo” il ragionamento dell’esempio 5.1.

Tornando all’analisi delle regole, abbiamo lasciato finora da parte il connet-tivo ¬, che e senz’altro il piu delicato. Per eliminare ¬ e naturale supporre diaver ottenuto sia F che ¬F , e da queste dedurre una contraddizione. La nega-zione e quindi strettamente connessa con la nozione di contraddizione, e percio econveniente introdurre una formula che rappresenti quest’ultima.

Definizione 5.2. La formula ⊥ e una costante logica che appartiene all’insiemeP delle lettere proposizionali e viene letta “falso” o “contraddizione”.

Dal punto di vista della semantica, per ogni interpretazione v si ha v(⊥) = F.

Nota 5.3. La definizione precedente implica che ⊥ e insoddisfacibile e (quindi)che ¬⊥ e valida. Possiamo anzi considerare ⊥ e ¬⊥ come i “prototipi” rispettiva-mente delle formule insoddisfacibili e delle formule valide. L’esercizio 2.35 si applicaquindi solo alle lettere proposizionali diverse da ⊥.

Esercizio 5.4. Dimostrare che per qualunque formula F e insieme di formuleT :

(1) ⊥ � F e F � ¬⊥;(2) ⊥ ≡ F ∧ ¬F ;(3) ¬⊥ ≡ F ∨ ¬F ;(4) F ∧ ⊥ ≡ ⊥;(5) F ∧ ¬⊥ ≡ F ;(6) F ∨ ⊥ ≡ F ;(7) F ∨ ¬⊥ ≡ ¬⊥(8) F → ⊥ ≡ ¬F ;(9) F → ¬⊥ ≡ ¬⊥;

(10) ⊥ → F ≡ ¬⊥;(11) ¬⊥ → F ≡ F ;(12) T � ⊥ se e solo se T e insoddisfacibile;(13) ¬⊥ � F se e solo se F e valida.

Riprendendo il discorso sulla negazione, otteniamo la regola:

F,¬F ` ⊥ (¬e)

Questa regola, la cui correttezza deriva dall’esercizio 5.4.2, puo anche essere vistacome la regola di introduzione di ⊥, (⊥i).

Un’ultima regola che riguarda la negazione e l’eliminazione della doppia nega-zione:

¬¬F ` F (¬¬e)

Essa e giustificata dalla prima equivalenza logica del lemma 2.20.

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44 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

Passiamo ora a considerare regole piu complesse, in cui a partire da una dedu-zione di partenza si arriva ad una deduzione in cui alcune delle ipotesi sono stateeliminate.

La regola piu semplice di questo tipo e quella che riguarda l’introduzione di→.Per dimostrare l’implicazione F → G e naturale assumere F e dedurre G da essa.In altre parole, se abbiamo una deduzione di G a partire da F , allora possiamodedurre F → G. La correttezza di questo principio e verificata osservando che seF e falsa, F → G e certamente vera, mentre se F e vera la nostra deduzione dipartenza (che supponiamo corretta) ci assicura che anche G e vera e quindi ancheF → G lo e. Utilizzando la nostra simbologia:

se F ` G allora ` F → G (→i)dove la deduzione finale non ha alcuna ipotesi.

Consideriamo ora l’introduzione di ¬: un tipico modo di dimostrare ¬F e quellodi supporre F e dedurne una contraddizione. La regola che otteniamo e:

se F ` ⊥ allora ` ¬F (¬i)

Questa regola puo anche essere viste come l’eliminazione di ⊥, (⊥e).Consideriamo ora l’eliminazione di ∨, che avevamo rimandato in precedenza. Se

sappiamo che una formula H e deducibile sia da F che da G, allora possiamo affer-mare che da F ∨G possiamo dedurre H (si tratta in sostanza di una dimostrazioneper casi). Questo ragionamento puo venire riassunto dalla regola:

se F ` H e G ` H allora F ∨G ` H (∨e)Un esempio di ragionamento che viene formalizzato da questa regola e il seguente:se dal fatto che piova possiamo dedurre che Marco non prende la bici e dal fattoche nevichi possiamo arrivare alla stessa conclusione, a partire dall’ipotesi che pioveo nevica possiamo giungere alla conclusione che Marco non prende la bici (senzanecessariamente sapere quale delle due ipotesi si verifichi).

Le varie regole che abbiamo introdotto possono essere combinate tra di loroottenendo nuove regole. Se ad esempio ¬F ` ⊥, allora per (¬i) abbiamo ` ¬¬F , eper (¬¬e) otteniamo ` F . Quindi

se ¬F ` ⊥ allora ` F (RAA)

dove il nome della regola e l’abbreviazione del latino reductio ad absurdum, cioeriduzione all’assurdo. Questa regola riproduce le usuali dimostrazioni per assurdoo per contraddizione: se vogliamo dimostrare F supponiamo ¬F con l’obiettivo diraggiungere una contraddizione.

2. La deduzione naturale proposizionale

In ogni deduzione naturale le regole che abbiamo analizzato nella sezione pre-cedente vengono combinate (usando la regola di taglio, ma non solo: si veda loscaricamento delle ipotesi descritto piu avanti) tra di loro in modo da ottenere unalbero (a differenza del metodo dei tableaux, nel caso della deduzione naturale e piunaturale che l’albero abbia la radice in basso). Ogni nodo dell’albero e etichettatocon una formula (anziche con un insieme di formule come nel caso dei tableaux).La radice dell’albero e etichettata con il risultato della deduzione, mentre le fogliesono etichettate con le ipotesi della deduzione. Quando abbiamo a che fare con ladeduzione naturale usiamo B come simbolo deduttivo (al posto di `): percio T BFsignifica che esiste una deduzione naturale in cui F e l’etichetta della radice e tuttele etichette delle foglie sono contenute nell’insieme T .

Ogni regola corrisponde ad aggiungere un nodo sotto uno o piu nodi preesi-stenti. Cosı ad esempio (∧i) e rappresentata dall’albero

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2. LA DEDUZIONE NATURALE PROPOSIZIONALE 45

F GF ∧G

(la linea orizzontale e il modo tradizionale di rappresentare una regola deduttiva).Similmente e facile rappresentare (∧e.1), (∧e.2), (∨i.1), (∨i.2), (→e), (¬e) e (¬¬e),rispettivamente come

F ∧GF

F ∧GG

FF ∨G

GF ∨G

F F → GG

F ¬F⊥

¬¬FF

Piu delicato e il caso delle regole “condizionali”, cioe (∨e), (→i) e (¬i), in cuie necessario rappresentare un cambiamento delle ipotesi della deduzione. Postici-piamo un poco la loro discussione, per permettere al lettore di familiarizzare con lacostruzione di deduzioni naturali in cui non compaiono le regole condizionali.

Esempio 5.5. Utilizzando le regola introdotte sinora, rappresentiamo con unalbero di deduzione naturale il ragionamento svolto nell’Esempio 5.1:

F ∧ (G→ H)

F F → GG

F ∧ (G→ H)

F F → GG

F ∧ (G→ H)

G→ HH

G ∧HAbbiamo cosı ottenuto F ∧ (G→ H), F → GBG ∧H.

Notiamo come in questa deduzione naturale ognuna delle nostre ipotesi compaiain piu di una foglia. Cio e perfettamente accettabile: se assumiamo F ∧ (G → H)possiamo sfruttare questa ipotesi ripetutamente nel corso della dimostrazione3.

Esercizio 5.6. Scrivere accanto ad ogni linea orizzontale della deduzione na-turale dell’esempio precedente la regola utilizzata.

Nota 5.7. Notiamo come la deduzione naturale dell’esempio 5.5 sia in realtauno schema. Essa vale qualunque siano le formule F , G e H e quindi abbiamomostrato ad esempio che ¬p ∧ (q → (r → s)),¬p → q B q ∧ (r → s). Tutte lededuzioni naturali che presenteremo in questo capitolo (e nel capitolo 11 dedicatoalla deduzione naturale per la logica predicativa) sono in effetti schemi, e nonnoteremo piu esplicitamente questo fatto.

Esercizio 5.8. Costruire una deduzione naturale che mostri che

F ∧ (F → ¬¬G)BG.

Per trattare le regole condizionali, e opportuno considerare alcune delle formulecoinvolte come delle “ipotesi ausiliarie”. Ad esempio in (→i), il nostro obiettivo ededurre F → G, e per ottenerlo facciamo l’ipotesi ausiliaria F . Quando, utilizzandoquesta ipotesi ausiliaria, avremo ottenuto G, potremo eliminare (la terminologiadella deduzione naturale usa l’espressione scaricare) l’ipotesi ausiliaria e dedurreF → G. Per indicare lo scaricamento di F metteremo questa formula tra parentesiquadre. La deduzione naturale che corrisponde a (→i) e dunque

T, [F ]

B

GF → G

3La logica lineare, la cui trattazione esula da questo corso, invece considera le ipotesi comerisorse che vengono consumate e non possono essere riutilizzate.

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46 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

In questa deduzione il simbolo

B

indica l’esistenza di una deduzione naturale chemostra T, F BG. Le etichette di foglie che sono messe tra [ ] non sono ipotesi delladeduzione naturale. In questo modo abbiamo effettivamente ottenuto T B F → G.

Similmente (∨e) e (¬i) sono rappresentate dalle deduzioni naturali

T, F ∨G

T ′, [F ]

B

H

T ′′, [G]

B

H

H

e

T, [F ]

B

⊥¬F

Si noti che quando scarichiamo le ipotesi ausiliarie esse non “spariscono”, mavengono in qualche modo incorporate nella conclusione (e il caso di (→i) e (¬i)) oin una nuova ipotesi (nel caso di (∨e)).

Esempio 5.9. Vogliamo dimostrare in deduzione naturale l’inverso della regoladella doppia negazione, cioe che F B ¬¬F . Consideriamo la deduzione naturale

F [¬F ]1

⊥1¬¬F

La prima riga della deduzione naturale e un’applicazione di (¬e): da F e ¬F abbia-mo dedotto ⊥. Successivamente abbiamo un’applicazione di (¬i): dato che da ¬F(piu l’altra ipotesi F , che in questo passaggio non viene toccata) abbiamo dedotto⊥, possiamo concludere ¬¬F eliminando l’ipotesi ¬F . Le parentesi quadre intornoa ¬F indicano che questa ipotesi e stata scaricata, mentre l’indice 1 (riportato an-che sulla linea che corrisponde al passaggio relativo a (¬i)) serve ad indicare quandolo scaricamento e avvenuto.

Osservando la deduzione naturale globalmente, e ora possibile vedere che l’unicaipotesi non scaricata e F , mentre la conclusione e ¬¬F , e percio abbiamo ottenutocio che volevamo: F B ¬¬F .

Esempio 5.10. Come primo esempio di applicazione della regola (∨e) conside-riamo la seguente deduzione naturale, che mostra che ¬F ∧ ¬GB ¬(F ∨G):

[F ∨G]2[F ]1

¬F ∧ ¬G¬F

⊥[G]1

¬F ∧ ¬G¬G

⊥1

⊥2

¬(F ∨G)

Proviamo a percorrere a parole il ragionamento rappresentato da questa deduzionenaturale. Dato che vogliamo dimostrare ¬(F ∨ G), facciamo l’ipotesi ausiliariaF ∨G con l’obiettivo di ottenere ⊥ e utilizzare la regola (¬i) (in pratica si tratta diottenere ¬F ∧¬G,F ∨GB⊥). Per sfruttare l’ipotesi appena fatta dobbiamo usare(∨e), e quindi supporre separatamente F e G, ottenendo ⊥ in entrambi i casi (cioeottenere ¬F ∧¬G,F B⊥ e ¬F ∧¬G,GB⊥). Cio non e difficile, applicando le regoledi eliminazione di ∧ all’ipotesi ¬F ∧¬G. Avendo ottenuto ⊥ a partire sia da F cheda G otteniamo ⊥ da F ∨G (notiamo che a questo punto della deduzione naturale,cioe dopo la linea marcata con 1, l’ipotesi F ∨G non e ancora stata scaricata, cometestimoniato dall’indice 2 che rimanda ad una linea successiva). A questo punto esufficiente utilizzare, come previsto, (¬i) per concludere la dimostrazione.

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2. LA DEDUZIONE NATURALE PROPOSIZIONALE 47

Esempio 5.11. Consideriamo ora la seguente deduzione naturale, che mostrache ¬F ∨ ¬GB ¬(F ∧G):

¬F ∨ ¬G[¬F ]1

[F ∧G]2

F

⊥[¬G]1

[F ∧G]2

G

⊥1

⊥2

¬(F ∧G)

In questo caso consigliamo al lettore di percorrere autonomamente a parole ilragionamento rappresentato dalla deduzione naturale.

Osserviamo che nell’applicazione della regola (¬i) al termine della deduzionenaturale, abbiamo scaricato due occorrenze di F ∧G: questo e utile quando, comein questo caso, un’ipotesi ausiliaria viene utilizzata piu di una volta.

Una seconda osservazione e che la deduzione naturale potrebbe essere modifi-cata invertendo l’ordine di applicazione di (∨e) e di (¬i). Otterremmo cosı un’altradeduzione naturale per ¬F ∨ ¬GB ¬(F ∧G):

¬F ∨ ¬G

[¬F ]3[F ∧G]1

F

⊥1

¬(F ∧G)

[¬G]3[F ∧G]2

G

⊥2

¬(F ∧G)3

¬(F ∧G)

Esempio 5.12. La regola di riduzione all’assurdo (RAA), che avevamo dedottoastrattamente nelle sezione precedente, e rappresentata da

[¬F ]

B

⊥F

Una deduzione naturale che, utilizzando (¬i) e (¬¬e), giustifica questa regola e

[¬F ]1

B

⊥1¬¬F

F

Nella nostra presentazione della deduzione naturale (RAA) e quindi una regoladerivata.

Esempio 5.13. La deduzione naturale

F ∨ ¬G [F ]2

G [¬G]2

⊥1¬¬F

F2

F

mostra F ∨ ¬G,G B F . Le applicazioni (contrassegnate dagli indici 1 e 2) delleregole (¬i) e (∨e) hanno caratteristiche che vale la pena di mettere in evidenza.

Dato che il risultato di (¬i) e ¬¬F , la formula a cui applichiamo la regolae ¬F , e siamo quindi autorizzati a scaricare l’ipotesi ausiliaria ¬F . In questocaso pero non c’e nessuno scaricamento (ed in effetti non vi sono ipotesi ausiliariecontrassegnate con 1), perche l’ipotesi ausiliaria non e mai stata utilizzata. Questasituazione evidenzia come lo scaricamento di un’ipotesi sia una possibilita, e nonun obbligo, nella costruzione della deduzione naturale.

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48 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

Nell’uso di (∨e) notiamo che una delle deduzioni ausiliarie utilizzate consistedel solo nodo F , che svolge simultaneamente il ruolo di radice e di foglia. Ciosignifica che questa deduzione naturale mostra F B F . Nel suo utilizzo all’internodi (∨e), cio implica che F e sia la conclusione (visto che anche l’altra deduzione hala stessa conclusione) che una delle ipotesi ausiliarie da scaricare.

Esempio 5.14. L’utilizzo consecutivo di (¬i) e (¬¬e) nell’esempio precedentepuo essere isolato considerando la deduzione naturale

⊥1¬¬F

F

Otteniamo percio la regola

⊥F

che asserisce che da una contraddizione e possibile dedurre qualsiasi formula e for-malizza il principio logico tradizionalmente noto come ex-falso quodlibet sequitur(dal falso segue qualunque cosa si desideri) e percio e nota come ex-falso. La cor-rettezza di questa regola e giustificata dall’Esercizio 5.4.1. In alcune presentazionidella deduzione naturale ex-falso e una regola di base, mentre per noi e derivabiledalle altre regole, ed e quindi una regola derivata.

Esempio 5.15. Un altro esempio di regola derivata e la regola (MT ) di modustollens4 (“toglie” la verita di una proposizione “togliendo” quella di un’altra), checorrisponde alla conseguenza logica dell’esercizio 2.31.c:

F → G ¬G¬F

Una deduzione naturale che, utilizzando (¬i), giustifica questa regola e

[F ]1 F → G

G ¬G⊥

1¬F(MT ) e una regola che simultaneamente elimina l’implicazione e una negazione perintrodurre una nuova negazione.

Esempio 5.16. Mostriamo ora come sia possibile ricavare il principio del terzoescluso (TE), cioe otteniamo B F ∨ ¬F per ogni formula F :

[F ]1

F ∨ ¬F [¬(F ∨ ¬F )]2

⊥1¬F

F ∨ ¬F [¬(F ∨ ¬F )]2

⊥2

F ∨ ¬FSi noti che nel passaggio etichettato con 2 abbiamo utilizzato la regola (RAA).

4modus tollens abbrevia la locuzione latina modus tollendo tollens, che letteralmente significa“modo che toglie con l’aver tolto”, ovvero “modo che toglie”.

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4. CORRETTEZZA E COMPLETEZZA 49

3. Le regole della deduzione naturale proposizionale

In questa sezione riassumiamo tutte le regole del sistema di deduzione naturale.Nel formulare le regole inseriamo esplicitamente le ipotesi delle deduzioni naturali.

(∧i)

TB

F

T ′B

GF ∧G

(∧e.1)

TB

F ∧GF

(∧e.2)

TB

F ∧GG

(∨i.1)

TB

FF ∨G

(∨i.2)

TB

GF ∨G

(∨e)TB

F ∨G

T ′, [F ]

B

H

T ′′, [G]

B

HH

(→i)

T, [F ]

B

GF → G

(→e)

TB

F

T ′B

F → GG

(¬i)

T, [F ]

B⊥¬F

(¬e)

TB

F

T ′B

¬F⊥

(¬¬e)

TB

¬¬FF

Ci limitiamo ad un esempio per chiarire il significato di queste regole: la regola(∨e) va letta come “se da T deduco F ∨G, da T ′, F deduco H e da T ′′, G deducoH, allora da T, T ′, T ′′ posso dedurre H” (ricordate che in base alla convenzione 1.6T, T ′, T ′′ significa T ∪ T ′ ∪ T ′′).

Negli esempi 5.12, 5.14, 5.15 e 5.16, a partire dalle regole riportate sopraabbiamo ottenuto le seguenti regole derivate:

(RAA)

T, [¬F ]

B

⊥F

(ex-falso)

TB

⊥F

(MT )

TB

F → G

T ′B

¬G¬F

(TE) [F ∨ ¬F ]

La regola (TE) afferma che ipotesi della forma F ∨¬F sono immediatamente consi-derate scaricate. Dato che lo scaricamento di F ∨¬F non avviene in corrispondenzadi una regola successiva, quando useremo (TE) non indicheremo nessun numero adesponente.

Useremo liberamente queste quattro regole derivate nelle nostre deduzioni na-turali.

4. Correttezza e completezza della deduzione naturale proposizionale

In questa sezione dimostriamo che la deduzione naturale e un sistema dedut-tivo corretto (nel senso formulato all’inizio della sezione 5.1) e enunciamo, senzadimostrarla, la sua completezza.

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50 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

Teorema 5.17 (Teorema di correttezza). Siano T un insieme di formule pro-posizionali e F una formula proposizionale. Se T B F allora T � F .

Dimostrazione. La dimostrazione e per induzione sull’altezza dell’albero del-la deduzione naturale che testimonia T BF . In altre parole, dimostriamo per indu-zione su n che se l’altezza di un albero di deduzione che mostra T B F e n, alloraT � F .

Il caso base e quello in cui l’altezza dell’albero e 0. Cio significa che la deduzionenaturale consiste di un solo nodo etichettato con una formula F . La deduzionenaturale si presenta quindi come

F

e mostra che F B F . Dato che F � F , la conclusione e immediata.Quando l’albero ha altezza n + 1 concentriamo la nostra attenzione sull’ulti-

ma regola utilizzata nella costruzione dell’albero, cioe quella con cui si e giuntialla conclusione della deduzione naturale. Per ognuna delle possibili undici regoleutilizzate (naturalmente non dobbiamo considerare le regole derivate) e necessariauna dimostrazione. Molte di queste dimostrazioni sono banali (spesso abbiamo giamenzionato la conseguenza o equivalenza logica da utilizzare nella sezione 5.1, pre-sentando le regole nel contesto di un sistema deduttivo arbitrario). Ci limitiamoquindi ad alcuni casi (comprendendo tutte le regole condizionali, che sono quellepiu delicate), lasciando al lettore il compito di verificare gli altri.

(∧i) Se la deduzione naturale e della forma

TB

F

T ′B

GF ∧G

abbiamo T, T ′ B F ∧ G e vogliamo dimostrare T, T ′ � F ∧ G. Le due deduzioninaturali sopra la linea orizzontale mostrano che T B F e T ′ BG e hanno entrambealtezza ≤ n. Per ipotesi induttiva abbiamo dunque T � F e T ′ � G. Da questo efacile ottenere (usando l’esercizio 2.31.a) che T, T ′ � F ∧G.

(∨e) In questo caso la deduzione naturale e della forma

TB

F ∨G

T ′, [F ]

B

H

T ′′, [G]

B

HH

e mostra T, T ′, T ′′ B H. Le deduzioni naturali sopra la linea orizzontale hannoaltezza ≤ n e mostrano che T B F ∨ G, che T ′, F BH e che T ′′, G BH (notiamoche in queste deduzioni F e G non sono ancora state scaricate). L’ipotesi induttivaci garantisce che T � F ∨ G, che T ′, F � H e che T ′′, G � H: da queste ipotesidobbiamo ottenere T, T ′, T ′′ � H. Se v e un’interpretazione che soddisfa T, T ′, T ′′

allora, dato che T � F ∨ G, soddisfa anche F ∨ G. Se v(F ) = V allora v(H) = Vdiscende da T ′, F � H, altrimenti vale v(G) = V e v(H) = V e una conseguenza diT ′′, G � H.

(→i) In questo caso abbiamo una deduzione naturale della forma

T, [F ]

B

GF → G

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5. LA DEDUZIONE NATURALE E LA LOGICA INTUIZIONISTICA 51

che mostra T B F → G. Il nostro obiettivo e quindi mostrare che T � F → G. Ladeduzione naturale sopra la linea orizzontale (in cui F non e ancora stata scaricata)mostra che T, F BG e ha altezza ≤ n. L’ipotesi induttiva ci garantisce che T, F �G. Se v e un’interpretazione che soddisfa T consideriamo due casi: se v(F ) = Fallora v(F → G) = V, mentre se v(F ) = V possiamo usare T, F � G per ottenerev(G) = V e quindi nuovamente v(F → G) = V. Abbiamo sostanzialmente imitatola dimostrazione di una direzione del lemma 2.40.a per ottenere T � F → G.

(¬i) Stiamo considerando una deduzione naturale della forma

T, [F ]

B

⊥¬F

che mostra T B¬F . La deduzione naturale sopra la linea orizzontale (in cui F none ancora stata scaricata) mostra che T, F B⊥ e ha altezza ≤ n. L’ipotesi induttivaci garantisce che T, F � ⊥. Per l’esercizio 5.4.12 cio significa che l’insieme T, F einsoddisfacibile. Percio se v e un’interpretazione che soddisfa T non puo verificarsiv(F ) = V. Quindi v(F ) = F, cioe v(¬F ) = V. Abbiamo quindi dimostrato T � ¬F ,come volevamo.

(¬e) Stiamo considerando una deduzione naturale della forma

TB

F

T ′B

¬F⊥

che mostra T, T ′ B ⊥. Dobbiamo dunque mostrare T, T ′ � ⊥, che per l’esercizio5.4.12 significa che T, T ′ e insoddisfacibile. Le deduzioni naturali sopra la lineaorizzontale mostrano che TBF e T ′B¬F , ed hanno altezza ≤ n. L’ipotesi induttivaci garantisce che T � F e T ′ � ¬F . Dunque ogni interpretazione che soddisfa T, T ′

dovrebbe soddisfare sia F che ¬F . Dato che nessuna interpretazione puo soddisfareuna formula e la sua negazione, nessuna interpretazione soddisfa T, T ′, cioe T, T ′ einsoddisfacibile, come volevamo. �

Il teorema di correttezza implica che gli esempi 5.11 e 5.10 mostrano che ¬F ∧¬G � ¬(F∨G) e che ¬F∨¬G � ¬(F∧G). Essi forniscono dunque una dimostrazioneattraverso un sistema deduttivo di una conseguenza logica per ognuna delle leggidi De Morgan (lemma 2.24.1-2). Nell’esempio 5.26 e nell’esercizio 5.27 otterremocon la deduzione naturale anche le altre conseguenze logiche.

L’inverso del teorema di correttezza e il teorema di completezza, la cui dimo-strazione esula dai limiti di questo corso.

Teorema 5.18 (Teorema di completezza). Siano T un insieme di formuleproposizionali e F una formula proposizionale. Se T � F allora T B F .

Il teorema di completezza asserisce che tutto cio che e vero e dimostrabile permezzo della deduzione naturale, che e quindi “completa”.

5. La deduzione naturale e la logica intuizionistica

La deduzione naturale si presta ad introdurre la distinzione tra logica classica(quella che abbiamo utilizzato sin qui e che continueremo ad utilizzare) e logicaintuizionistica. Nella logica intuizionistica si ritiene ad esempio che una dimostra-zione di F ∨ G debba sempre comprendere l’indicazione di quale tra F e G vienedimostrata. Cio significa che si puo assumere F ∨ ¬F solo nei casi in cui si pos-sa decidere quale tra F e ¬F sia vera. Quindi il principio del terzo escluso (che

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52 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

asserisce che F ∨ ¬F e vera per ogni F ) non e intuizionisticamente accettabile.L’approccio intuizionistico e particolarmente interessante se la deducibilita vieneinterpretata come dimostrabilita: infatti e possibile che ne F ne ¬F siano dimo-strabili. Per la logica intuizionistica e necessario introdurre una semantica diversada quella presentata nel capitolo 2.

Solitamente i matematici tendono ad accettare il principio del terzo escluso,sebbene a volte il suo uso abbia conseguenze che possono lasciare qualche dubbio.Considerate ad esempio la seguente dimostrazione di un fatto che riguarda i numerireali.

Teorema 5.19. Esistono a, b ∈ R tali che a e b sono irrazionali mentre ab erazionale.

Dimostrazione. Sia b =√

2: e noto sin dall’antica Grecia che b e irrazionale.Per individuare a procediamo per casi:

• se√

2√

2e razionale allora prendiamo a =

√2;

• se√

2√

2e irrazionale allora prendiamo a =

√2√

2.

In entrambi i casi a e irrazionale e dobbiamo verificare che ab e razionale. Nel primo

caso cio e immediato per ipotesi, mentre nel secondo abbiamo ab =

(√2√

2)√2

=(√2)√2·

√2

=(√

2)2

= 2, che e razionale. �

Questa dimostrazione usa il terzo escluso (√

2√

2e razionale oppure

√2√

2non

e razionale) ed e classicamente corretta, ma puo lasciare perplessi: abbiamo dimo-strato l’esistenza di a e b con certe proprieta, ma non siamo in grado di esibirequesti due numeri (perche non sappiamo quale sia a)5.

Per ottenere una versione della deduzione naturale che sia in accordo con iprincipi intuizionistici e certamente necessario rinunciare a (TE). Pero (TE) e unaregola derivata. Nell’esempio 5.16 (TE) e stata derivata utilizzando (RAA) (che eintuizionisticamente inaccettabile: se da ¬F deduciamo una contraddizione allorasappiamo che ¬F non e dimostrabile, che non implica che F sia dimostrabile, datoche il terzo escluso non vale). A sua volta (RAA) e stata ottenuta nell’esempio5.12 a partire da (¬¬e). La regola di base che e in contrasto con l’intuizionismo edunque (¬¬e).

Eliminando la regola (¬¬e) si ottiene una versione piu debole della deduzionenaturale. Per ottenerne una che corrisponda alla logica intuizionistica e necessarioinserire tra le regole di base (ex-falso), che e intuizionisticamente accettabile manell’esempio 5.14 era stato ottenuto utilizzando (¬¬e). Nella deduzione naturaleintuizionistica rimane la regola derivata (MT ) (nell’esempio 5.15 non si e fatto usodi principi non intuizionistici), mentre ovviamente (RAA) e (TE) scompaiono.

In questo corso non abbiamo spazio per sviluppare ulteriormente queste pro-blematiche, e continueremo quindi a lavorare nell’ambito della logica classica, limi-tandoci di tanto in tanto ad evidenziare l’uso delle regole non intuizionistiche.

6. Esempi di deduzione naturale proposizionale

In questa sezione presentiamo numerosi esempi di deduzione naturale, spessoottenendo alcune delle conseguenze logiche della sezione 2.2 (nella maggior partedei casi sono una parte di un’equivalenza logica). Nei primi esempi cerchiamo di

5Nel caso specifico del teorema 5.19 e possibile dare una dimostrazione che esibisce i duenumeri: basta prendere a = e e b = ln(2): si puo dimostrare (utilizzando un po’ di teoria dei

numeri avanzata, di cui la nostra dimostrazione non ha bisogno) che entrambi questi numeri sonoirrazionali, mentre ab = 2 per definizione di logaritmo.

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6. ESEMPI DI DEDUZIONE NATURALE PROPOSIZIONALE 53

spiegare al lettore come costruire le deduzioni naturali desiderate, mentre piu avantipresenteremo semplicemente le deduzioni naturali. Suggeriamo pero di studiare afondo queste deduzioni naturali per capire il ragionamento che viene formalizzato.Solo in questo modo sara possibile imparare a costruire autonomamente deduzio-ni naturali. E’ anche consigliabile provare a costruire alcune di queste deduzioninaturali prima di guardare le soluzioni: anche quando non si avesse successo ciopermette di comprendere ed apprezzare meglio la soluzione proposta.

Esempio 5.20. Vogliamo costruire una deduzione naturale che mostri

B (F → (G→ H))→ (F ∧G→ H).

(La validita della formula che dobbiamo dedurre segue dalla prima equivalenza logi-ca dell’esercizio 2.26.) La conclusione della deduzione naturale (che non ha ipotesi)e un’implicazione, e quindi pare naturale usare (→i) per ottenerla (questa non el’unica scelta possibile: possiamo anche immaginare che l’ultima regola sia (∧e),oppure (RAA), anche se nel nostro caso specifico e difficile trovare una deduzionecon queste caratteristiche). Quindi possiamo usare l’antecedente F → (G → H)come ipotesi ausiliaria, con l’obiettivo di ottenere il conseguente F ∧G→ H. Datoche quest’ultimo e nuovamente un’implicazione, pensiamo di usare un’altra volta(→i): possiamo dunque ipotizzare F ∧G con lo scopo di ottenere H. In altre parolee sufficiente mostrare che F → (G→ H), F ∧GBH. Questo obiettivo e piu facileda raggiungere di quello iniziale, e porta alla deduzione naturale

F ∧GG

F ∧GF F → (G→ H)

G→ HH

Utilizzando ora due volte (→i) otteniamo la deduzione naturale cercata:

[F ∧G]1

G

[F ∧G]1

F [F → (G→ H)]2

G→ HH

1F ∧G→ H

2(F → (G→ H))→ (F ∧G→ H)

Esercizio 5.21. Mostrare che B (F ∧G→ H)→ (F → (G→ H)).

Esempio 5.22. Mostriamo ora che F → H,G → H B F ∨ G → H. Anchein questo caso la conclusione e un’implicazione e possiamo supporre di voler usare(→i): assumiamo dunque F ∨ G con l’obiettivo di ottenere H. In altre parolevogliamo ottenere F → H,G→ H,F∨GBH. Per sfruttare l’ipotesi ausiliaria F∨Ge probabilmente necessario ricorrere a (∨e). Dobbiamo quindi usare separatamenteF e G per ottenere H, cioe mostrare da un lato che F → H,G → H,F B H edall’altro che F → H,G → H,G B H. Queste ultime deduzioni sono entrambeimmediate e conducono alla deduzione naturale

[F ∨G]2[F ]1 F → H

H

[G]1 G→ H

H1

H2

F ∨G→ H

Esempio 5.23. Vogliamo mostrare che F ∨ (G∧H)B (F ∨G)∧ (F ∨H). Datoche in questo caso la conclusione e una congiunzione supponiamo che l’ultima regolaapplicata sia (∧i). E’ dunque sufficiente mostrare che F ∨ (G ∧H) B F ∨G e cheF ∨ (G∧H)BF ∨H. Per farlo e opportuno usare (∨e). La deduzione naturale chesi ottiene e la seguente:

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54 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

F ∨ (G ∧H)

[F ]1

F ∨G

[G ∧H]1

GF ∨G

1F ∨G

F ∨ (G ∧H)

[F ]2

F ∨H

[G ∧H]2

HF ∨H

2F ∨H

(F ∨G) ∧ (F ∨H)

Esempio 5.24. Cerchiamo ora una deduzione naturale che mostri (F ∨ G) ∧(F ∨H)B F ∨ (G∧H). Un modo per farlo e ripercorre i passi della dimostrazionedella conseguenza logica corrispondente nel lemma 2.24.10, distinguendo il caso incui F e vera da quello in cui e falsa ed utilizzando quindi (TE). Nel primo casola conclusione e immediata, mentre nel secondo e necessario un po’ piu di lavoroper arrivare a concludere che G∧H e vero. L’idea e dunque quella di ottenere unadeduzione naturale della forma

[F ∨ ¬F ]

[F ]1

F ∨ (G ∧H)

(F ∨G) ∧ (F ∨H), [¬F ]1

B

G ∧HF ∨ (G ∧H)

1F ∨ (G ∧H)

A questo punto e necessario mostrare che (F ∨G)∧ (F ∨H),¬F BG∧H. Per farlobasta dimostrare (F ∨G)∧ (F ∨H),¬F BG e (F ∨G)∧ (F ∨H),¬F BH per poiutilizzare (∧i). Ecco una deduzione naturale che mostra (F ∨G)∧ (F ∨H),¬F BG(la deduzione di H dalle stesse ipotesi e analoga):

(F ∨G) ∧ (F ∨H)

F ∨G

[F ]1 ¬F⊥G [G]1

1G

Si noti l’utilizzo di (ex-falso) in questa deduzione.Proponiamo ora una deduzione naturale diversa dalla precedente per mostrare

che (F ∨G) ∧ (F ∨H)B F ∨ (G ∧H):

(F ∨G) ∧ (F ∨H)

F ∨G[F ]2

F ∨ (G ∧H)

(F ∨G) ∧ (F ∨H)

(F ∨H)

[F ]1

F ∨ (G ∧H)

[G]2 [H]1

G ∧HF ∨ (G ∧H)

1F ∨ (G ∧H)

2F ∨ (G ∧H)

E’ quindi evidente che deduzioni naturali diverse possono avere le stesse ipotesie conclusione. In questo caso e utile ripercorrere le due deduzioni naturali percomprendere come esse formalizzino dimostrazioni essenzialmente differenti dellostesso fatto. Questa differenza e ancor piu significativa perche la prima deduzionenaturale usa (TE), che e intuizionisticamente inaccettabile, mentre la seconda usasolo regole ammesse dalla logica intuizionistica.

Il teorema di correttezza 5.17 implica che i due esempi precedenti mostranorispettivamente che F ∨ (G ∧H) � (F ∨ G) ∧ (F ∨H) e che (F ∨ G) ∧ (F ∨H) �F ∨ (G∧H), e quindi che F ∨ (G∧H) ≡ (F ∨G)∧ (F ∨H). Essi forniscono dunqueuna dimostrazione attraverso la deduzione naturale del lemma 2.24.10.

Esercizio 5.25. Dimostrare con la deduzione naturale le due conseguenzelogiche contenute nel lemma 2.24.11.

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6. ESEMPI DI DEDUZIONE NATURALE PROPOSIZIONALE 55

Completiamo ora la dimostrazione delle leggi di De Morgan (lemma 2.24.1–2)per mezzo della deduzione naturale (per le altre direzioni si vedano gli esempi 5.11e 5.10).

Esempio 5.26. Per dimostrare ¬(F ∧G)B ¬F ∨ ¬G formalizziamo il ragiona-mento utilizzato nella dimostrazione del lemma 2.24.1, che si basava sul considerareseparatamente il caso in cui vale ¬F da quello in cui vale F :

[F ∨ ¬F ]

¬(F ∧G)

[F ]2 [G]1

F ∧G⊥

1¬G¬F ∨ ¬G

[¬F ]2

¬F ∨ ¬G2¬F ∨ ¬G

In questo caso e noto che l’uso di una regola non intuizionistica come (TE) nonpuo essere evitato.

Esercizio 5.27. Dimostrare che ¬(F ∨G)B ¬F ∧ ¬G.

Esempio 5.28. In questo esempio dimostriamo attraverso la deduzione naturalel’equivalenza logica del lemma 2.24.3. Anche in questo caso seguiamo le idee delledimostrazioni fatte a suo tempo. Iniziamo con il dimostrare che F → GB¬F ∨G:

[F ∨ ¬F ]

[F ]1 F → G

G¬F ∨G

[¬F ]1

¬F ∨G1¬F ∨G

Per dimostrare invece che ¬F ∨GB F → G basta costruire la deduzione naturale

¬F ∨G

[F ]1 [¬F ]3

⊥G

1F → G

[G]32

F → G3

F → GSi noti come in quest’ultima deduzione naturale abbiamo utilizzato (→i) senzaeffettuare alcuno scaricamento. Infatti (→i) ci permette di ottenere GB F → G.

Una deduzione naturale analoga alla precedente, in cui pero l’ordine di appli-cazione di (→i) e (∨e) viene invertito, e la seguente:

¬F ∨G

[F ]2 [¬F ]1

⊥G [G]1

1G

2F → G

Esempio 5.29. Consideriamo ora l’equivalenza logica del lemma 2.24.4. Inizia-mo con il dimostrare che F ∧ ¬GB ¬(F → G):

F ∧ ¬GF [F → G]1

GF ∧ ¬G¬G

⊥1

¬(F → G)

Ecco una deduzione naturale alternativa per lo stesso risultato:

F ∧ ¬GF

[F → G]1F ∧ ¬G¬G

¬F⊥

1¬(F → G)

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56 5. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PROPOSIZIONALE

Si noti l’uso di (MT ) per ottenere ¬F .Occupiamoci ora di dimostrare che ¬(F → G) B F ∧ ¬G. A questo scopo e

sufficiente dimostrare che ¬(F → G)BF e che ¬(F → G)B¬G, per poi combinare ledue deduzioni naturali con un’applicazione di (∧i). Nella prima deduzione naturaleusiamo ¬F B F → G, gia utilizzata nelle ultime due deduzioni dell’esempio 5.28,e (RAA), nella seconda (→i) senza scaricamento. La deduzione naturale completarisulta essere

[F ]1 [¬F ]2

⊥G

1F → G ¬(F → G)

⊥2

F

[G]43

F → G ¬(F → G)

⊥4¬G

F ∧ ¬GEsempio 5.30. Dimostriamo ora che F → G B ¬G → ¬F (la conseguenza

logica corrispondente e contenuta nel lemma 2.24.5), utilizzando (MT ):

F → G [¬G]1

¬F1¬G→ ¬F

Esercizio 5.31. Dimostrare che ¬G→ ¬F B F → G.

Esempio 5.32. In questo esempio dimostriamo che F ∨G,¬F ∨H BG ∨H.

F ∨G¬F ∨H

[F ]2 [¬F ]1

⊥G ∨H

[H]1

G ∨H1

G ∨H[G]2

G ∨H2

G ∨HEsercizio 5.33. Costruire una deduzione naturale diversa dalla precedente che

dimostri F ∨G,¬F ∨H BG∨H utilizzando (TE) e partendo da [F ∨¬F ]. Notarecome questa deduzione naturale sia piu complessa della precedente.

Esercizio 5.34. Usare la deduzione naturale per dimostrare le equivalenzelogiche del lemma 2.24.6-7 (associativita di congiunzione e disgiunzione).

Esercizio 5.35. Usare la deduzione naturale per dimostrare le conseguenze edequivalenze logiche dell’esercizio 5.4.

Esempio 5.36. Una deduzione che mostra che F → ¬G∨¬H,G→ HBG→ ¬Fe la seguente:

[F ]2 F → ¬G ∨ ¬H¬G ∨ ¬H

[G]3 G→ H

H [¬H]1

⊥[¬G]1 [G]3

⊥1

⊥2¬F

3G→ ¬F

Esercizio 5.37. Usare la deduzione naturale per dimostrare la conseguenzalogica dell’esercizio 2.61.

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Parte 2

La logica predicativa

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CAPITOLO 6

Sintassi della logica predicativa

In questo capitolo definiremo la sintassi della logica predicativa. Nel farlo fa-remo spesso riferimento ad una semantica “informale” per gli elementi sintatticidi questa logica (qualcosa di simile, ma in forma meno marcata, era gia accadutonel capitolo 1). Quest’uso della semantica nel definire la sintassi ha lo scopo dimotivare le definizioni che verranno date, che altrimenti risulterebbero di diffici-le comprensione. La definizione della sintassi resta comunque indipendente dallasemantica.

Le formule predicative sono asserzioni riguardo alle relazioni che intercorronotra certi oggetti. Esse si differenziano dalle formule proposizionali proprio per lapossibilita di riferirsi ad oggetti.

Per poter parlare di oggetti useremo espressioni che non sono formule: i termini.A differenza delle formule, anche dopo lo sviluppo della semantica i termini nonsaranno ne veri ne falsi. Come gia fatto nel capitolo 2, ci puo aiutare considerare lasituazione dell’aritmetica: (1 + 1) · 1, che e un termine in un opportuno linguaggio(quello dell’esempio 6.3 qui sotto), designa un elemento (il numero 2, se tutti isimboli sono interpretati in modo naturale), e non puo essere ne vero ne falso.0 < (1 + 1) · 1 e invece una formula del linguaggio dell’esempio 6.3 e risulta esserevera se tutti i simboli sono interpretati in modo naturale. Formule piu complicatenello stesso linguaggio sono ∀x∃y x < y e ∃y ∀xx < y, che sono rispettivamentevera e falsa (sempre se tutti i simboli sono interpretati in modo naturale nell’ambitodell’insieme dei numeri naturali N). Per stabilire se la formula 1 < x sia vera o falsae necessario specificare, oltre all’interpretazione di 1 e di <, anche il significato chesi attribuisce a x. Notate che x era presente anche in alcune formule precedenti,ma in quei casi non era necessario interpretarlo per capire se la formula fosse vera ofalsa: questa distinzione viene resa precisa dalle nozioni di variabile libera e legata(definizione 6.38).

1. Linguaggi predicativi

Come nel caso delle formule proposizionali, anche la costruzione dei terminie delle formule predicative avviene per ricorsione (definizioni 6.9 e 6.20). Primadi poter dare queste definizioni dobbiamo fissare gli ingredienti fondamentali cheusiamo per costruire termini e formule.

Definizione 6.1. Un linguaggio predicativo contiene i seguenti elementi co-muni:

• un insieme infinito numerabile Var di variabili ; tipicamente indicheremole variabili con le lettere x, y, z, . . . ;

• i simboli logici : i connettivi gia visti nel caso proposizionale ¬, ∧, ∨ e →e i quantificatori ∀ e ∃

• la virgola “,” e le parentesi “(” e “)”.

Questi elementi saranno sempre a nostra disposizione. Oltre a questi vi sarannoaltri simboli, scelti di volta in volta a seconda dell’argomento su cui si intende fare

58

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2. TERMINI 59

delle affermazioni. Questi elementi variabili (ma le variabili non sono tra essi!)identificano un linguaggio.

Definizione 6.2. Un linguaggio predicativo consiste dei seguenti insiemi (chee sempre conveniente siano disgiunti, per evitare di incorrere in confusioni):

• un insieme di simboli di costante;• un insieme di simboli di funzione, ciascuno fornito della propria arieta,

che e un numero naturale ≥ 1;• un insieme non vuoto di simboli di relazione (o simboli predicativi), cia-

scuno fornito della propria arieta, che e un numero naturale ≥ 1.

Intuitivamente la arieta di un simbolo di funzione indica a quanti elementi essosi puo applicare. Simile e il significato della arieta di un simbolo di relazione. Seun simbolo di funzione o di relazione ha arieta n diciamo anche che e n-ario.

Notiamo che gli insiemi dei simboli di costante e di funzione possono esserevuoti, mentre ogni linguaggio contiene sempre almeno un simbolo di relazione.Questa e l’unica restrizione che poniamo sui tre insiemi: ognuno di essi puo esserefinito o infinito, quelli dei simboli di funzione e relazione possono contenere solosimboli di arieta 1 (detti usualmente unari), oppure qualche simbolo di arieta 2(binario) e qualcuno di arieta 3 (ternario), oppure ancora simboli di infinite arietadiverse.

Esempio 6.3. Il linguaggio Larit, adatto a fare affermazioni sull’aritmetica,consiste dei simboli di costante 0 e 1, dei simboli di funzione binari + e ·, deisimboli di relazione binari <, > e =.

Esempio 6.4. Il linguaggio LR, adatto a fare affermazioni sui numeri reali,consiste dei simboli di costante 0, 1, e e π, dei simboli di funzione unari di elevazioneall’n-esima potenza n (uno per ogni n ∈ N, cosı che abbiamo infiniti simboli difunzione), sin e cos, dei simboli di funzione binari + e ·, dei simboli di relazionebinari <, > e =.

Esempio 6.5. Il linguaggio Lseq, adatto a fare affermazioni sulle stringhe dinumeri naturali, consiste dei simboli di costante ∅ e 〈n〉 (uno per ogni n, cosı cheabbiamo infiniti simboli di costante), del simbolo di funzione binario a, dei simbolidi relazione binari ⊂ e =. [∅ rappresenta la stringa vuota, 〈n〉 quella il cui unicoelemento e n, a la concatenazione di due stringhe, ⊂ l’essere segmento iniziale.]

Esempio 6.6. Il linguaggio Lset, adatto a fare affermazioni sugli insiemi, con-siste del simbolo di costante ∅, dei simboli di funzione unari {},

⋃e P, dei simboli

di funzione binari ∪, ∩ e \, dei simboli di relazione binari ∈, ⊆ e =.

Esempio 6.7. Il linguaggio Lfam, adatto a fare affermazioni sulle relazioni diparentela, consiste di un simbolo di costante per ogni membro della famiglia, deisimboli di funzione unari p (“il padre di”), e m (“la madre di”), dei simboli direlazione binari f1 (“sono fratelli”) e f2 (“e figlio di”).

Esempio 6.8. Il linguaggio Lgr, adatto a fare affermazioni sui vertici di ungrafo, consiste dei simboli di relazione binari = e E (che intercorre tra due verticiquando sono adiacenti).

2. Termini

I termini di un linguaggio fissato sono costruiti utilizzando solo alcuni dei suoielementi: le variabili e i simboli di costante e di funzione, ed inoltre la virgola e leparentesi.

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60 6. SINTASSI DELLA LOGICA PREDICATIVA

Definizione 6.9. Sia L un linguaggio fissato. L’insieme dei termini di L edefinito per ricorsione come segue:

• ogni variabile e un termine di L;• ogni simbolo di costante di L e un termine di L;• se t1, . . . tn sono termini di L e f e un simbolo di funzione n-ario di L,

allora f(t1, . . . , tn) e un termine di L.

Un termine e chiuso se in esso non compare nessuna variabile (per definire i terminichiusi si puo ripetere la definizione precedente omettendo la prima condizione).

Se un linguaggio non contiene ne simboli di costante ne simboli di funzioneallora i suoi termini sono solamente le variabili. Se un linguaggio non contienesimboli di costante allora non esiste alcun termine chiuso.

Esempio 6.10. Alcuni termini del linguaggio Larit dell’esempio 6.3 sono i se-guenti: x, 1, +(x, 0) (il secondo e chiuso, gli altri no). Per quest’ultimo e piu comunescrivere x+0, e convenzioni analoghe si usano anche per ·, cosı che (x·y)+(0·(y+x)) eanch’esso un termine (non chiuso), che, con l’usuale convenzione che da precedenzaal prodotto rispetto alla somma, puo venir scritto come x · y + 0 · (y + x).

Esempio 6.11. Alcuni termini del linguaggio LR dell’esempio 6.4 sono e, cos(π),sin(cos(x+e)), sin(x·y7)+cos(1)3 (anche in questo caso usiamo le usuali convenzionidi scrittura delle funzioni utilizzate in analisi): i primi due sono chiusi.

Esempio 6.12. Alcuni termini del linguaggio Lseq dell’esempio 6.5 sono 〈3〉a∅e (xa 〈6〉)az: il primo e chiuso.

Esempio 6.13. Alcuni termini del linguaggio Lfam dell’esempio 6.7 sono p(x) em(p(a)), dove a e un simbolo di costante che corrisponde a qualche membro dellafamiglia: il secondo e chiuso.

Esempio 6.14. Dato che il linguaggio Lgr dell’esempio 6.8 non ha ne simbolidi costante ne simboli di funzione, i suoi unici termini sono le variabili.

Esempio 6.15. Sia L0 un linguaggio privo di simboli di costante e con un unicosimbolo di funzione f , che e unario. I termini di L0 sono tutte le stringhe di simbolidel tipo v, f(v), f(f(v)), f(f(f(v))), . . . , dove v e una qualsiasi variabile (per ogniv ci sono infiniti di questi termini!). Se quando f compare k volte scriviamo f (k)(v)(e quindi in particolare f (0)(v) e v), abbiamo che tutti i termini di L0 sono dellaforma f (k)(v) con k ∈ N e v variabile.

Nel linguaggio L0 non ci sono termini chiusi.

Esempio 6.16. Sia L1 il linguaggio ottenuto aggiungendo a L0 dell’esempioprecedente un unico simbolo di costante c. I termini chiusi di L1 sono quelli dellaforma f (k)(c) con k ∈ N.

La definizione di termine e ricorsiva e questo fa sı che spesso ragioneremo indut-tivamente sui termini. Una dimostrazione di questo tipo e giustificata dal seguenteteorema (analogo al teorema 1.10) e viene detta per induzione sulla complessita deitermini.

Teorema 6.17 (Induzione sulla complessita dei termini). Sia A una proprietache puo valere per le stringhe di simboli di un certo linguaggio L. Supponiamo didimostrare che

• A(x) vale per ogni x ∈ Var;• A(c) vale per ogni simbolo di costante c di L;• per ogni simbolo di funzione n-ario f di L, se t1, . . . tn sono termini di L

per cui valgono A(t1), . . . , A(tn) allora vale anche A(f(t1, . . . , tn)).

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3. FORMULE PREDICATIVE 61

Allora A(t) vale per ogni termine t.

Similmente e possibile dare definizioni procedendo per ricorsione sulla comples-sita dei termini : basta definire il risultato dell’operazione su variabili e simboli dicostante e, supponendo di aver gia definito il risultato dell’operazione su t1, . . . , tn,definirlo anche su f(t1, . . . , tn).

Per ricorsione possiamo definire un’operazione fondamentale sui termini: quelladi sostituzione. L’idea e che se s e un termine, x una variabile e t un termine lasostituzione di x con t in s (indicata da s{x/t}), e il termine ottenuto rimpiazzandoogni occorrenza di x in s con t.

Definizione 6.18. Se x e una variabile e s e t sono termini definiamo lasostituzione di x con t in s, s{x/t}, per ricorsione sulla complessita di s:

• se s e la variabile x allora s{x/t} e t;• se s e una variabile diversa da x oppure un simbolo di costante alloras{x/t} e s;

• se s e f(s1, . . . , sn) allora s{x/t} e f(s1{x/t}, . . . , sn{x/t}).Esempio 6.19. Consideriamo un linguaggio contenente i simboli di costante a

e b e i simboli di funzione f e g, il primo binario e il secondo unario.

f(g(x), a){x/b} e f(g(b), a);

f(x, g(x)){x/g(a)} e f(g(a), g(g(a)));

f(x, g(x)){x/g(x)} e f(g(x), g(g(x)));

g(y){x/a} e g(y);

x{x/a} e a.

Notiamo che prevediamo di effettuare sostituzioni solo di variabili: nel linguag-gio dell’esempio precedente le espressioni f(g(x), a){a/b} e f(g(x), a){g(x)/y} nonsono accettabili, perche non possiamo sostituire un simbolo di costante o un terminecostruito con simboli di funzione.

3. Formule predicative

Le formule di un linguaggio predicativo fissato sono costruite a partire daitermini per mezzo dei simboli di relazione e dei simboli logici:

Definizione 6.20. Sia L un linguaggio predicativo. Le formule atomiche di Lsono le stringhe di simboli del tipo p(t1, . . . , tn) dove p e un simbolo di relazionen-ario e t1, . . . , tn sono termini.

L’insieme delle formule di L e definito per ricorsione come segue:

• ogni formula atomica di L e una formula di L;• se F e una formula di L allora (¬F ) e una formula di L;• se F e G sono formule di L allora (F ∧ G), (F ∨ G) e (F → G) sono

formule di L;• se F e una formula di L e x e una variabile, allora (∀xF ) e (∃xF ) sono for-

mule di L (che vengono dette rispettivamente la quantificazione universalee la quantificazione esistenziale di F rispetto a x).

Le formule (¬F ), (F ∧ G), (F ∨ G) e (F → G) vengono lette come nel casoproposizionale. La formula (∀xF ) viene letta “per ogni x, F” e la formula (∃xF )viene letta “esiste x tale che F”.

Nota 6.21. Notate che se un linguaggio fosse privo di simboli di relazionenon avrebbe formule atomiche e di conseguenza non avrebbe formule: questa e laragione per cui nella definizione 6.2 abbiamo richiesto che l’insieme dei simboli direlazione sia non vuoto.

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62 6. SINTASSI DELLA LOGICA PREDICATIVA

Esempio 6.22. Sia L0 un linguaggio privo di simboli di costante, con un simbolodi funzione unario f (si veda l’esempio 6.15), con un simbolo di relazione unario ped un simbolo di relazione binario r. Le formule atomiche di L0 sono della formap(f (k)(v)) e r(f (k)(v), f (h)(u)) con k, h ∈ N e v e u variabili. In particolare tra diesse ci sono p(x), r(f(y), x) e p(f(f(x))).

Notate invece che p(p(x)), r(p(x), y), f(p(x)) e r(x) non sono ne termini neformule di L0.

Alcune formule di L0 sono (¬p(x)), (p(x)∧(r(f(y), x)∨p(f(f(x))))), (∀x p(x)),(∃y r(x, z)) e (((∀x p(x))→ (¬p(x)))→ (((¬p(x))∧((∃y r(f(y), x))∨p(z)))∧p(x))).

Per indicare formule e insiemi di formule continueremo ad utilizzare la conven-zione 1.6.

Il seguente lemma e l’analogo del lemma 1.8.

Lemma 6.23. Ogni formula e di uno e uno solo dei seguenti sette tipi:

• una formula atomica;• una negazione;• una congiunzione;• una disgiunzione;• un’ implicazione;• una quantificazione universale, cioe una formula del tipo (∀xF ) per una

variabile x e una formula F ;• una quantificazione esistenziale, cioe una formula del tipo (∃xF ) per una

variabile x e una formula F .

Esempio 6.24. Le formule dell’ultimo paragrafo dell’esempio 6.22 sono rispet-tivamente una negazione, una congiunzione, una quantificazione universale, unaquantificazione esistenziale e un’implicazione.

L’ultima formula dell’esempio 6.22, per quanto formalmente corretta, e pro-babilmente al limite della leggibilita umana. Per migliorare la leggibilita delleformule adotteremo alcune convenzioni, che estendono quelle adottate nel casoproposizionale (convenzione 1.15).

Convenzione 6.25. Nella scrittura delle formule adotteremo le seguenti con-venzioni :

• si omettono le parentesi piu esterne;• ¬, ∀ e ∃ hanno la precedenza su ∧, ∨ e →, cosı che ∀xF → G abbrevia

((∀xF )→ G);• ∧ e ∨ hanno la precedenza su →;• ulteriori parentesi eventualmente omesse in formule costruite con piu di

una ∧ o ∨ si appoggiano a sinistra.

Con queste convenzioni l’ultima formula dell’esempio 6.22 diventa

(∀x p(x)→ ¬p(x))→ ¬p(x) ∧ (∃y r(f(y), x) ∨ p(z)) ∧ p(x).

Esercizio 6.26. Stabilite qual e la differenza tra le formule

∀x p(x)→ ∃y r(x, y) ∧ ¬∃u r(f(u), z)

∀x p(x)→ ∃y (r(x, y) ∧ ¬∃u r(f(u), z))

∀x (p(x)→ ∃y r(x, y) ∧ ¬∃u r(f(u), z))

analizzando i passaggi attraverso cui sono state costruite a partire da formule ato-miche. In particolare indicate per ognuna delle tre formule a quale tipo (secondola classificazione del lemma 6.23) appartiene.

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3. FORMULE PREDICATIVE 63

Definizione 6.27. Se T e un insieme di formule il linguaggio di T e indicatocon L(T ) e consiste dei simboli di costante, funzione e relazione che compaiono inqualche elemento di T . Se T = {F} scriveremo L(F ), e similmente L(F,G) sta perL({F,G}).

Esempio 6.28. Se F e

p(a) ∧ ∀x(p(f(x))→ ¬r(x, b))→ ∃y(q(a, y, g(y, b)) ∨ q(y, g(y, a), f(b)))

L(F ) consiste dei simboli di costante a e b, dei simboli di funzione f (unario) e g(binario), e dei simboli di relazione p (unario), r (binario) e q (ternario).

Esercizio 6.29. Dire di che tipo devono essere i simboli a, b, p, q, f e g (sedi costante, di funzione, di relazione e di quale arieta) affinche la stringa di simboliseguente sia una formula:

∀x(p(g(a, f(x))) ∨ q(g(x, y), f(g(a, b)))).

(Questo e equivalente a stabilire qual e il linguaggio della formula in questione.)

Esercizio 6.30. Spiegare perche le stringhe di simboli

∀x(p(x)→ p(x, a)), ∃x(q(x) ∧ r(q(a), a)) e g(s(x)→ t(x))

non sono formule di nessun linguaggio.

Esercizio 6.31. Indicare quale tra le seguenti stringhe di simboli e una formulaatomica del linguaggio dell’esempio 6.28:

q(a); p(y); p(g(b)); ¬r(x, a); q(x, p(a), b); p(g(f(a), g(x, f(x))));

q(f(a), f(f(x)), f(g(f(z), g(a, b)))); r(a, r(a, a)); r(a, g(a, a)); g(a, g(a, a)).

Esercizio 6.32. Indicare quale tra le seguenti stringhe di simboli e una formuladel linguaggio dell’esempio 6.28:

∀x¬p(x); ∀x¬p(y); ¬r(p(a), x); ∃a r(a, a); ∃x q(x, f(x), b)→ ∀x r(a, x);

∃x p(r(a, x)); ∀r(x, a); → p(b); r(x, b)¬∃y q(y, y, y); r(x, b) ∨ ¬∃y q(y, y, y);

¬y p(y); ¬¬p(a); ¬¬∀x¬p(x); ∀x ∃y(r(x, y)→ r(y, x)¬r(g(y, x), f(x))).

Esercizio 6.33. Indicare in quale tra i seguenti linguaggi la stringa di simboli∃x p(g(f(x))) e una formula:

(a) p, g e f sono simboli di funzione unari;(b) p e un simbolo di relazione unario e g e f sono simboli di funzione unari;(c) p e g sono simboli di relazione unari e f e un simbolo di funzione unario;(d) p, g e f sono simboli di relazione unari.

La definizione di formula, come quella di termine, e ricorsiva e questo ci permet-te di ragionare per induzione sulla complessita delle formule (si ricordi il teorema1.10 nel caso proposizionale).

Teorema 6.34 (Induzione sulla complessita delle formule). Sia A una pro-prieta che puo valere per le stringhe di simboli di un certo linguaggio L. Supponiamodi dimostrare che

• A(F ) vale per ogni formula atomica F di L;• se vale A(F ) per una formula F allora vale anche A(¬F );• se valgono A(F ) e A(G) per formule F e G allora valgono anche A(F∧G),A(F ∨G) e A(F → G);

• se vale A(F ) per una formula F allora valgono anche A(∀xF ) e A(∃xF )per ogni x ∈ Var.

Allora A(F ) vale per ogni formula F .

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64 6. SINTASSI DELLA LOGICA PREDICATIVA

Similmente e possibile dare definizioni procedendo per ricorsione sulla com-plessita delle formule. Come primo esempio di quest’ultimo procedimento consi-deriamo la seguente definizione, che estende quella analoga nel caso proposizionale(definizione 1.12):

Definizione 6.35. Il grado della formula F , indicato con g(F ), e definito da:

• g(F ) = 0 se F e atomica;• g(¬F ) = g(∀xF ) = g(∃xF ) = g(F ) + 1;• g(F ∧G) = g(F ∨G) = g(F → G) = g(F ) + g(G) + 1.

Esercizio 6.36. Calcolare il grado delle formule dell’esempio 6.22.

Esercizio 6.37. (?) Dimostrare per induzione sulla complessita delle formuleche il grado di F e il numero di connettivi e quantificatori che compaiono in F .

4. Variabili libere e enunciati

Il ruolo della variabile x nelle formule p(x) e ∀x p(x) (ovviamente siamo in unlinguaggio in cui p e un simbolo di relazione unario) e ben diverso. Infatti perdecidere se la prima formula e vera o falsa e necessario dare un significato, oltre chea p, anche a x, mentre la verita o falsita della seconda formula dipende solo da comeinterpretiamo p. Per catturare questa differenza diamo la seguente definizione perricorsione sulla complessita di una formula.

Definizione 6.38. Sia F una formula e x una variabile. Definiamo le occor-renze libere di x in F come segue:

• se F e atomica allora ogni occorrenza di x in F e libera;• se F e ¬G allora le occorrenze libere di x in F sono le occorrenze libere

di x in G;• se F e G∧H, G∨H oppure G→ H, allora le occorrenze libere di x in F

sono le occorrenze libere di x in G e le occorrenze libere di x in H;• se F e ∀xG oppure ∃xG, allora nessuna occorrenza di x in F e libera;• se F e ∀y G oppure ∃y G dove y e una variabile diversa da x, allora le

occorrenze libere di x in F sono le occorrenze libere di x in G.

Le occorrenze di una variabile in F che non sono libere si dicono occorrenze legate(in particolare l’occorrenza di una variabile subito dopo un quantificatore e legata).Le variabili libere di una formula F sono quelle che hanno almeno un’occorrenzalibera in F . Una formula priva di variabili libere e chiamata enunciato o formulachiusa.

Osserviamo che asserire che una variabile x non e libera nella formula F significao che x compare solamente legata in F , oppure che x non compare affatto in F .

Esempio 6.39. Nella formula

∀x(r(f(x), y)→ ∃y r(f(y), x))→ ∀y(¬r(y, x) ∨ r(z, f(z))→ ∃w ∀x r(x,w))

le occorrenze libere delle variabili sono sottolineate. Pertanto le variabili libere diquesta formula sono y, x e z e la formula non e un enunciato. Notiamo che x e yhanno sia occorrenze libere che occorrenze legate in questa formula.

L’idea della definizione 6.38 e che le variabili libere di una formula vanno in-terpretate in un modo che e ancora da stabilire: la loro presenza impedisce quindidi stabilire se la formula in questione sia vera o falsa. Un enunciato invece esprimedirettamente una proprieta di cio di cui si sta parlando e pertanto, una volta sta-bilito come interpretare i simboli di costante, funzione e relazione, risultera esserevero o falso.

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4. VARIABILI LIBERE E ENUNCIATI 65

Il nostro interesse principale e rivolto agli enunciati, ma il nostro studio devenecessariamente coinvolgere anche le formule che non sono enunciati. Infatti percostruire un enunciato applicando la definizione ricorsiva della definizione 6.20 equasi sempre necessario (salvo quando l’enunciato non contiene variabili) passareattraverso formule che non sono enunciati. Anticipando la terminologia della defi-nizione 6.46, il motivo e che le sottoformule di enunciati non sono necessariamenteenunciati. L’unica eccezione a questa situazione si avra nel capitolo 10, dove ilmetodo dei tableaux sara presentato in modo da utilizzare solamente enunciati.

Esempio 6.40. Nel linguaggio Larit dell’esempio 6.3 con i vari simboli interpre-tati in modo naturale, non ha senso chiedersi se la formula atomica con variabililibere x + 1 = 1 sia vera o falsa. Invece gli enunciati 1 + 1 = 1, ∀xx + 1 = 1 e∃xx+ 1 = 1 sono falsi i primi due e vero il terzo.

Esercizio 6.41. Nel linguaggio dell’esempio 6.28 stabilire quali sono le variabililibere nelle seguenti formule e quali di esse sono enunciati:

p(a); p(x) ∧ ¬r(y, a); ∃x r(y, y); ∀x p(x)→ ∃y ¬q(f(x), y, f(y));

∀x ∃y r(x, f(y))→ r(x, y); ∀x(∃y r(x, f(y))→ r(x, y));

¬r(f(a), a); ∀z (p(z)→ ∃y(∃x q(x, y, z) ∨ q(z, y, x)));

∀x(p(x)→ ∃y ¬q(f(x), y, f(y))); ∀z ∃u∃y(q(z, u, g(u, y)) ∨ r(u, g(z, u)));

∀z ∃x∃y(q(z, u, g(u, y)) ∨ r(u, g(z, u))); ∀z(∃y q(z, u, g(u, y)) ∨ ∃u r(u, g(z, u))).

Fate lo stesso con la formula dell’esempio 6.28 e quelle degli esercizi 6.29, 6.31, 6.32e 6.33.

Esercizio 6.42. Indichiamo con lib(F ) l’insieme delle variabili libere dellaformula F . Dimostrare che:

• lib(¬F ) = lib(F );• lib(F ∧G) = lib(F ∨G) = lib(F → G) = lib(F ) ∪ lib(G);• lib(∀xF ) = lib(∃xF ) = lib(F ) \ {x}.

Queste condizioni permettono di dare una definizione alternativa delle variabililibere di una formula, senza specificare quale occorrenze siano libere.

Alcune classi di formule hanno una certa importanza e quindi hanno dei nomispecifici per designarle. Due esempi li abbiamo gia incontrati: le formule atomichee gli enunciati.

Definizione 6.43.

• Una formula priva di quantificatori e una formula in cui non compaiono∀ e ∃;

• un letterale e una formula atomica o la negazione di una formula atomica.

Se identifichiamo le formule atomiche della logica predicativa con le lettereproposizionali della logica proposizionale, le formule prive di quantificatori sono leformule proposizionali studiate nei capitoli precedenti di queste dispense, mentre iletterali predicativi coincidono con i letterali della definizione 3.1.

Definizione 6.44. Sia F una formula con variabili libere x1, . . . , xn. L’enun-ciato ∀x1 . . . ∀xn F e una chiusura universale di F , mentre l’enunciato ∃x1 . . . ∃xn Fe una chiusura esistenziale di F .

Convenzione 6.45. Due chiusure universali (esistenziali) di F differiscono perl’ordine in cui le variabili libere vengono quantificate (ad esempio ∀x ∀y r(x, y) e∀y ∀x r(x, y) sono (le uniche) due chiusure universali della formula r(x, y)). Datoche il corollario 7.31 mostrera che tutte le chiusure universali di una formula F sono

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66 6. SINTASSI DELLA LOGICA PREDICATIVA

tra loro logicamente equivalenti (nel senso che definiremo nel capitolo 7), indichiamocon ∀(F ) una qualunque chiusura universale di F . Lo stesso vale per le chiusureesistenziali, ed in questo caso la notazione sara ∃(F ).

5. Sottoformule

Questa sezione e quasi una ripetizione della sezione 1.3: le idee della defini-zione di sottoformula sono esattamente le stesse nel caso proposizionale e in quellopredicativo.

Definizione 6.46. Se F e una formula, diciamo che G e una sottoformula diF se G e una formula che e una sottostringa di F . G e una sottoformula propria diF se e diversa da F .

La definizione precedente va applicata tenendo a mente la definizione 6.20 diformula, anche quando si utilizza la convenzione 6.25.

Esempio 6.47. Se F e

∀x(p(x)→ ∃y p(y) ∨ r(x, y)),

∃y p(y) ∨ r(x, y) e una sottoformula di F , mentre p(x) → ∃y p(y) non lo e. Infattiinserendo alcune delle parentesi omesse in base alla convenzione 6.25 F e

∀x(p(x)→ ((∃y p(y)) ∨ r(x, y))).

In effetti ∃y p(y) ∨ r(x, y) e una delle formule utilizzate nella costruzione di F ,mentre p(x)→ ∃y p(y) non lo e.

Esercizio 6.48. Elencate tutte le sottoformule della F dell’esempio precedente(sono sette, di cui sei proprie).

Per dare una definizione precisa di sottoformula possiamo procedere per indu-zione sulla complessita delle formule.

Definizione 6.49. Definiamo per ricorsione sulla complessita della formula Fquali sono le sottoformule di F :

• se F e atomica, F e la sua unica sottoformula;• se F e ¬G, ∀xG oppure ∃xG allora le sottoformule di F sono le sottofor-

mule di G e F stessa;• se F e G ∧H, G ∨H oppure G → H allora le sottoformule di F sono le

sottoformule di G, le sottoformule di H e F stessa.

6. Sostituzioni in formule

Abbiamo visto come effettuare sostituzioni nei termini (definizione 6.18), eora ci proponiamo di effettuare sostituzioni nelle formule. Nel caso delle formuleatomiche il procedimento e semplice, e si basa proprio sulle sostituzioni in termini.

Definizione 6.50. Se F e una formula atomica p(s1, . . . , sk), x e una variabilee t e un termine la sostituzione di x con t in F e p(s1{x/t}, . . . , sk{x/t}) ed edenotata da F{x/t}.

Esempio 6.51. q(x, g(x, f(y)), f(g(z, y))){x/f(w)} e

q(f(w), g(f(w), f(y)), f(g(z, y))).

Quando la formula in cui vogliamo effettuare la sostituzione non e atomica (edin particolare quando non e priva di quantificatori) occorre un po’ piu di cautela.Si possono infatti presentare due diversi problemi.

Il primo problema e esemplificato dal caso in cui F e p(x) ∧ ∃x q(x) e la sosti-tuzione e {x/a}, dove a e un simbolo di costante. Sostituendo sistematicamente x

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6. SOSTITUZIONI IN FORMULE 67

con a in tutta F otterremmo p(a)∧∃a q(a), che non e neppure una formula (perchea non e una variabile). Il nostro obiettivo e in realta asserire riguardo ad a cio chela F asserisce riguardo a x, e quindi ottenere p(a) ∧ ∃x q(x). A questo scopo bastastabilire cha vanno sostituite solo le occorrenze libere delle variabili nel dominiodella sostituzione.

Il secondo problema e esemplificato dal caso in cui F e ∃y r(x, y) (in questocaso l’unica occorrenza di x e libera e percio se sostituiamo un termine al posto dix non abbiamo il problema rilevato precedentemente). Se ∃y r(x, y) e vera per ognix (ad esempio parliamo di numeri naturali e r(x, y) e x < y), ci aspettiamo che ognisostituzione in F di x con qualche termine produca una formula vera; invece se lasostituzione e {x/y} si ottiene ∃y r(y, y), che e falsa nell’interpretazione descrittasopra.

In questo caso la sostituzione conduce a una formula (addirittura ad un enun-ciato), che ha un significato completamente diverso da quello che avevamo in mente.La formula ottenuta dopo la sostituzione dovrebbe condurre ad una formula cheasserisca riguardo a y cio che F asserisce riguardo a x, ed in particolare ad unaformula in cui y e libera. La situazione e analoga a quella che si incontra in analisi,

con gli integrali definiti:∫ 1

0f(x, y) dy e una funzione di x, mentre

∫ 1

0f(y, y) dy e

un numero.Questo secondo problema e piu delicato e ci porta a stabilire che non tutte le

sostituzioni si possano effettuare.

Definizione 6.52. Un termine t e libero per la sostituzione al posto di un’oc-correnza libera della variabile x nella formula F , se t non contiene alcuna variabiley tale che esiste una sottoformula di F contenente l’occorrenza di x che stiamoconsiderando ed e del tipo ∀y G o ∃y G.

Nota 6.53. Se t non contiene variabili diverse da x allora t e libero per lasostituzione al posto di ogni occorrenza libera di x in ogni formula F . In particolarequesto accade se t e un termine chiuso, ed ancora piu in particolare se t e un simbolodi costante.

Se F e priva di quantificatori ogni termine e libero per la sostituzione al postodi ogni occorrenza libera di ogni variabile in F .

Esempio 6.54. Se F e ∃y r(x, y) ∨ ∀z ¬r(z, x), x ha due occorrenze libere inF . Il termine f(y) non e libero per la sostituzione al posto della prima occorrenzalibera di x, ma e libero per la sostituzione al posto della seconda occorrenza liberadi x. Al contrario il termine g(z, w) e libero per la sostituzione al posto della primaoccorrenza libera di x, ma non e libero per la sostituzione al posto della secondaoccorrenza libera di x. I termini w, f(w) e g(v, a) sono liberi per la sostituzione alposto di entrambe le occorrenze libere di x in F .

Definizione 6.55. La sostituzione della variabile x con il termine t e ammis-sibile in F se t e libero per la sostituzione al posto di ogni occorrenza libera di xin F . In questo caso la formula F{x/t} e ottenuta sostituendo in F ogni formulaatomica A in cui x compare libera con A{x/t}.

La nozione di sostituzione ammissibile e cruciale per lo sviluppo della teoria.Senza di essa non e possibile formulare e dimostrare il Lemma di Sostituzione(dimostrato nella sezione 7.4 di queste dispense) che collega la nozione sintattica disostituzione con la semantica che introdurremo nel prossimo capitolo.

Esempio 6.56. Qualunque termine t e libero per la sostituzione all’unica oc-correnza libera di x nella formula F

∃y ∀x(p(x)→ r(x, y))→ p(x).

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68 6. SINTASSI DELLA LOGICA PREDICATIVA

Percio {x/t} e una sostituzione ammissibile in F e F{x/t} e

∃y ∀x(p(x)→ r(x, y))→ p(t).

Esempio 6.57. Se F e ∀z r(x, z) ∧ ∃y r(x, f(y)) → ¬∃x r(x, x) le sostituzioni{x/y}, {x/f(y)} e {x/z} non sono ammissibili in F , mentre le sostituzioni {x/c},{x/f(x)} e {x/w} sono ammissibili e conducono rispettivamente a

∀z r(c, z) ∧ ∃y r(c, f(y))→ ¬∃x r(x, x),

∀z r(f(x), z) ∧ ∃y r(f(x), f(y))→ ¬∃x r(x, x),

∀z r(w, z) ∧ ∃y r(w, f(y))→ ¬∃x r(x, x).

Esercizio 6.58. In ognuna delle situazioni seguenti stabilire se la sostituzione{x/t} e ammissibile in F . Se la risposta e positiva trovare F{x/t}.

• t e y, F e ∃y ∀x r(x, y) ∨ ∃z r(x, z);• t e g(y, a), F e ∀x∃y r(x, y)→ q(x, f(x, y), y);• t e g(y, a), F e ∃y(r(x, y)→ q(x, f(x), y));• t contiene solo variabili che non compaiono (ne libere, ne legate) in F ;• t e f(x), F qualsiasi.

Anche le occorrenze legate di una variabile possono venire sostituite, ma solocon un’altra variabile (perche altrimenti si otterrebbe una stringa di simboli chenon e una formula).

Definizione 6.59. Sia F una formula, x una variabile qualunque e y unavariabile che non occorre in F . La variante di F in cui x e rimpiazzata da y eindicata con Fx(y) ed e la formula in cui tutte le occorrenze legate di x (compresequelle che seguono immediatamente un quantificatore) sono sostituite da y.

L’idea e che una variante di F ha lo stesso significato di F (questa affermazione

sara giustificata dal corollario 7.62), cosı come∫ 1

0f(x, z) dx e

∫ 1

0f(y, z) dy sono la

stessa funzione di z.

Esempio 6.60. Se F e la formula r(x,w)∧ ∀z ∃x r(x, z) allora Fx(y) e definitaed e r(x,w) ∧ ∀z ∃y r(y, z). Notate che in questo caso non sono definite ne Fx(z)ne Fx(w).

Una delle ragioni per cui le varianti sono utili e che passando ad una variantee possibile rendere qualsiasi sostituzione ammissibile.

Esempio 6.61. Se F e ∃y r(x, y) la sostituzione {x/f(y)} non e ammissibile.Dato che Fy(z) e ∃z r(x, z), la medesima sostituzione e ammissibile in Fy(z) eFy(z){x/f(y)} e ∃z r(f(y), z). Quest’ultima formula asserisce di f(y) cio che Fasserisce di x.

Esercizio 6.62. Sia F la formula ∀x∀y ∃z q(v, g(x, y), g(z, w)). Applicate ri-petutamente l’operazione di variante a partire da F fino a trovare una formula percui la sostituzione {v/h(x, y, z)} sia ammissibile.

7. Linguaggi con uguaglianza

Nei linguaggi degli esempi 6.3, 6.4, 6.5, 6.6 e 6.8 e stato naturale inserire unsimbolo di relazione binario che abbiamo denotato con =, e il cui significato impli-cito e “essere uguale a”. Dal punto di vista sintattico, = e un simbolo di relazionebinario che viene considerato esattamente come un qualsiasi altro simbolo di rela-zione binario. Quando pero passeremo allo studio della semantica (vedere la sezione7.7), al simbolo = verra attribuito un ruolo particolare: ad esempio la nostra com-prensione del significato dell’uguaglianza ci dice che e equivalente scrivere x = yoppure y = x.

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7. LINGUAGGI CON UGUAGLIANZA 69

Il simbolo = ha quindi un ruolo del tutto particolare, e d’ora in poi lo usere-mo solo quando svolge questo ruolo. In particolare = sara sempre un simbolo direlazione binario. Ci uniformiamo inoltre (come abbiamo gia fatto nel paragrafoprecedente) al modo usuale di scrivere formule che contengono =.

Definizione 6.63. Un linguaggio L si dice un linguaggio con uguaglianza setra i suoi simboli di relazione binari ne esiste uno denotato con =. In questo casose t1 e t2 sono termini di L la formula atomica = (t1, t2) viene scritta t1 = t2 e illetterale ¬t1 = t2 viene scritto t1 6= t2.

Per cercare di descrivere il ruolo svolto da = in un linguaggio con uguaglianzapossiamo definire, per ora a livello puramente sintattico, un insieme di enunciati cheesprimono alcune delle proprieta fondamentali dell’uguaglianza. Il ruolo di questoinsieme di enunciati verra chiarito dal lemma 7.104 e dal teorema 9.33.

Definizione 6.64. Dato un linguaggio L, con EqL denotiamo l’insieme deiseguenti enunciati di L ∪ {=}, spesso chiamati assiomi dell’uguaglianza:

(e1) ∀xx = x;(e2) ∀x∀y(x = y → y = x);(e3) ∀x∀y ∀z(x = y ∧ y = z → x = z);(e4) ∀x1 . . . ∀xn ∀y1 . . . ∀yn(x1 = y1∧· · ·∧xn = yn → f(x1, . . . , xn) = f(y1, . . . , yn))

per tutti i simboli di funzione f di L, dove n e l’arieta di f .(e5) ∀x1 . . . ∀xn ∀y1 . . . ∀yn(x1 = y1∧· · ·∧xn = yn∧p(x1, . . . , xn)→ p(y1, . . . , yn))

per tutti i simboli di relazione p di L, dove n e l’arieta di p.

Notate che (e1), (e2) e (e3) sono singoli enunciati che appartengono a EqL perogni linguaggio L. Invece (e4) e (e5) rappresentano insiemi di enunciati (sonochiamati schemi di enunciati). A seconda di quanti simboli di funzione e di relazioneappartengono a L, (e4) puo essere vuoto (per linguaggi privi di simboli di funzione),ed entrambi possono essere finiti o infiniti.

Dal punto di vista della sintassi non molto altro puo venire detto, e rimandiamoalla sezione 7.7 per la semantica dei linguaggi con uguaglianza, alla sezione 8.3 perl’uso dell’uguaglianza nelle traduzioni dal linguaggio naturale, alla sezione 9.3 peril ruolo di EqL nello studio della logica con uguaglianza, alla sezione 10.8 per itableaux nella logica con uguaglianza, e alla sezione 11.5 per le deduzioni naturalinella logica con uguaglianza.

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CAPITOLO 7

Semantica della logica predicativa

In questo capitolo svilupperemo la semantica della logica predicativa in analogiaa quanto fatto nel capitolo 2 per la semantica della logica proposizionale. La nozionedi interpretazione e piuttosto diversa nei due contesti, ma —una volta che essa siastata stabilita— molte definizioni (conseguenza ed equivalenza logica, validita, ecc.)saranno identiche a quelle del capitolo 2.

1. Interpretazioni e soddisfazione

Per interpretare una formula predicativa dobbiamo prima di tutto interpretaregli elementi del suo linguaggio. Cio avverra in relazione ad un dominio, o universo,che consiste degli oggetti di cui vogliamo parlare. I simboli di costante, funzione erelazione, vanno interpretati con riferimento a questo dominio.

Definizione 7.1. Dato un linguaggio L una interpretazione I per L e data da:

• un insieme non vuoto DI , detto dominio dell’interpretazione;• per ogni simbolo di costante c in L, un elemento cI ∈ DI ;• per ogni simbolo di funzione n-ario f in L, una funzione f I : (DI)n → DI ;• per ogni simbolo di relazione n-ario p in L, un insieme pI ⊆ (DI)n.

Data un’interpretazione, la useremo per interpretare prima i termini e poi leformule. Iniziamo con i termini chiusi.

Definizione 7.2. Un’interpretazione I per il linguaggio L associa ad ogni ter-mine chiuso t di L la sua interpretazione in I, che e un elemento tI ∈ DI definitoricorsivamente da:

• se t e un simbolo di costante c allora tI = cI ;• se t = f(t1, . . . , tn) allora tI = f I(tI1, . . . , t

In).

Se un termine non e chiuso (cioe contiene delle variabili) l’interpretazione none sufficiente a stabilire quale elemento del dominio associare al termine. A questoscopo affianchiamo all’interpretazione un modo di interpretare le variabili.

Definizione 7.3. Uno stato dell’interpretazione I e una funzione σ : Var→ DI

che ad ogni variabile associa un elemento del dominio di I.Estendiamo uno stato all’insieme di tutti i termini attraverso una definizione

ricorsiva che ha delle analogie con quanto fatto nella definizione 2.3 per estendereuna valutazione ad un’interpretazione. Uno stato σ di I associa ad ogni termine tun valore, σ(t) ∈ DI , definito per ricorsione sulla complessita di t da:

• se t e una variabile x allora σ(t) = σ(x);• se t e una costante c allora σ(t) = cI ;• se t = f(t1, . . . , tn) allora σ(t) = f I(σ(t1), . . . , σ(tn)).

Esercizio 7.4. Dimostrate che se t e un termine chiuso e σ uno stato diun’interpretazione I, si ha σ(t) = tI .

Esempio 7.5. Sia L un linguaggio con un simbolo di costante c, un simbolofunzionale unario f , due simboli relazionali unari p e q e un simbolo relazionalebinario r.

70

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1. INTERPRETAZIONI E SODDISFAZIONE 71

Definiamo un’interpretazione I per L ponendo

DI = {0, 1, 2}, cI = 1, f I(0) = 1, f I(1) = 2, f I(2) = 1,

pI = {1, 2}, qI = {0, 2}, rI = {(0, 0), (0, 2), (1, 2)}.

Definiamo uno stato di I ponendo σ(x) = 0, σ(y) = 1 e σ(v) = 2 per tutte levariabili v diverse da x e y.

L’interpretazione in I del termine chiuso f(c) e (f(c))I = f I(cI) = f I(1) = 2.Il valore secondo σ del termine f(x) e σ(f(x)) = f I(σ(x)) = f I(0) = 1.

Il prossimo lemma (che ricorda il lemma 2.8) asserisce che il valore assunto daun termine non dipende ne dall’interpretazione dei simboli di costante e di funzioneche non occorrono nel termine, ne dall’interpretazione dei simboli di relazione, nedal valore dello stato su variabili che non occorrono nel termine.

Lemma 7.6. Sia t un termine di un linguaggio L, e siano I e I ′ interpretazioniper L che hanno lo stesso dominio e coincidono sulle interpretazioni dei simboli dicostante e di funzione che occorrono in t. Siano inoltre σ e σ′ stati rispettivamentedi I e I ′ che coincidono sulle variabili che occorrono in t. Allora σ(t) = σ′(t).

Dimostrazione. La dimostrazione e per induzione sulla complessita del ter-mine t (teorema 6.17). Se t e una variabile o una costante allora per ipotesiσ(t) = σ′(t). Se t = f(t1, . . . , tn) allora per ipotesi si ha che le funzioni f I e

f I′

coincidono e, usando l’ipotesi induttiva, abbiamo σ(t) = f I(σ(t1), . . . , σ(tn)) =

f I′(σ′(t1), . . . , σ′(tn)) = σ′(t). �

Per arrivare a interpretare le formule e opportuno introdurre la seguente nota-zione per gli stati.

Notazione 7.7. Se σ e uno stato dell’interpretazione I, x una variabile ed ∈ DI indichiamo con σ[x/d] (da leggersi σ perturbato mandando x in d) lo statoche coincide con σ su tutte le variabili diverse da x, e assegna a x il valore d.

Definizione 7.8. Siano F una formula di un linguaggio L, I un’interpretazioneper L e σ uno stato di I. Definiamo la relazione I, σ � F (da leggersi I allo stato σsoddisfa F ) per ricorsione sulla complessita di F (I, σ 2 F indica che I, σ � F nonvale):

• I, σ � p(t1, . . . , tn) se e solo se (σ(t1), . . . , σ(tn)) ∈ pI ;• I, σ � ¬G se e solo se I, σ 2 G;• I, σ � G ∧H se e solo se I, σ � G e I, σ � H;• I, σ � G ∨H se e solo se I, σ � G oppure I, σ � H;• I, σ � G→ H se e solo se I, σ 2 G oppure I, σ � H;• I, σ � ∀xG se e solo se per ogni d ∈ D si ha che I, σ[x/d] � G;• I, σ � ∃xG se e solo se esiste d0 ∈ D tale che I, σ[x/d0] � G.

Definizione 7.9. Diciamo che I soddisfa F , e scriviamo I � F se I, σ � F perogni stato σ di I. In questo caso si dice anche che F e vera in I oppure che I e unmodello di F .

Definizione 7.10. Se T e un insieme di formule, diciamo che I allo stato σsoddisfa T , e scriviamo I, σ � T , se I allo stato σ soddisfa ogni F ∈ T . Anche inquesto caso diciamo che I soddisfa T , o che T e vera in I oppure che I e un modellodi T , e scriviamo I � T , se I, σ � T per ogni stato σ di I.

Questa definizione va vista come una generalizzazione al caso predicativo del-la definizione 2.3. Pur tenendo conto della differenza tra le interpretazioni pro-posizionali e quelle predicative, la seconda, terza, quarta e quinta clausola della

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72 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

definizione 7.8 ricalcano le clausole analoghe della definizione 2.3. La prima clau-sola usa le interpretazioni dei termini e l’interpretazione dei simboli predicativi persostituire la valutazione che attribuiva valori di verita alle lettere proposiziona-li, mentre completamente nuove sono solo le ultime due clausole che riguardano iquantificatori.

Il simbolo � e stato usato nel caso proposizionale (e lo sara anche nel casopredicativo) per indicare la conseguenza logica: per distinguere tra i due significatiattribuiti a questo simbolo si veda la nota 7.30.

Esempio 7.11. Siano L, I e σ come nell’esempio 7.5. Sia F la formula

(q(f(y))→ ¬p(c)) ∨ ∃z(r(x, z) ∧ p(z) ∧ r(y, z)).

Per verificare se I, σ � F iniziamo con lo stabilire se I, σ � q(f(y)) → ¬p(c). Aquesto scopo calcoliamo σ(f(y)) = f I(σ(y)) = f I(1) = 2; dato che 2 ∈ qI si haI, σ � q(f(y)) e dobbiamo verificare se I, σ � ¬p(c): dato che σ(c) = cI = 1 e1 ∈ pI si ha I, σ � p(c) e quindi I, σ 2 ¬p(c). Percio I, σ 2 q(f(y)) → ¬p(c) el’unica possibilita che I, σ � F e che I, σ � ∃z(r(x, z)∧p(z)∧r(y, z)). Per verificarese cio avviene dobbiamo cercare uno stato della forma σ[z/d] con d ∈ DI tale cheI, σ[z/d] � r(x, z) ∧ p(z) ∧ r(y, z). Si ha che I, σ[z/0] � r(x, z), ma I, σ[z/0] 2 p(z)e I, σ[z/0] 2 r(y, z), cosı che 0 non e l’elemento adatto. Dato che I, σ[z/1] 2 r(x, z)neppure 1 va bene. Invece I, σ[z/2] � r(x, z), I, σ[z/2] � p(z) e I, σ[z/2] � r(y, z),cosı che I, σ[z/2] � r(x, z) ∧ p(z) ∧ r(y, z). Percio I, σ � ∃z(r(x, z) ∧ p(z) ∧ r(y, z))e quindi I, σ � F .

Nell’esempio precedente il valore assunto da σ su variabili (come w) che nonoccorrono in F e del tutto irrilevante. Anche il fatto che σ(z) = 2 non e mai statoutilizzato, malgrado z occorra in F . Cio avviene perche z non e libera in F epertanto abbiamo utilizzato il valore di uno stato su z solo per stati della formaσ[z/d]. Queste osservazioni conducono ad un lemma che corrisponde ai lemmi 7.6(per quanto riguarda i termini) e 2.8 (nel caso proposizionale) e che asserisce chela soddisfazione di una formula non dipende ne dall’interpretazione dei simboli dicostante, di funzione e di relazione che non occorrono nella formula ne dal valoredello stato su variabili che non sono libere nella formula.

Lemma 7.12. Sia F una formula di un linguaggio L, e siano I e I ′ interpre-tazioni per L che hanno lo stesso dominio e coincidono sui simboli di costante, difunzione e di relazione che occorrono in F . Siano inoltre σ e σ′ stati rispettivamentedi I e I ′ che coincidono sulle variabili libere di F . Allora I, σ � F se e solo seI ′, σ′ � F .

Dimostrazione. La dimostrazione e per induzione sulla complessita dellaformula F (teorema 6.34).

Se F e una formula atomica basta applicare la definizione 7.8 e il lemma 7.6.Se F e del tipo ¬G, G∧H, G∨H oppure G→ H basta applicare la definizione

7.8 e l’ipotesi induttiva.Se F e del tipo ∀xG e si ha I, σ � F allora per ogni d ∈ DI I, σ[x/d] � G. Per

dimostrare che I ′, σ′ � F fissiamo d ∈ DI′ = DI e consideriamo lo stato σ′[x/d]:quest’ultimo coincide con σ[x/d] sulle variabili libere di G (che, per l’esercizio 6.42,sono le variabili libere di F piu eventualmente x) e per ipotesi induttiva si haI ′, σ′[x/d] � G. Quindi I ′, σ′ � F . In maniera simmetrica si dimostra che daI ′, σ′ � F segue I, σ � F .

Se F e del tipo ∃xG il ragionamento e simile al caso del quantificatore univer-sale. �

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1. INTERPRETAZIONI E SODDISFAZIONE 73

Corollario 7.13. Se F e un enunciato di L, I un’interpretazione per L e σe σ′ due stati di I allora I, σ � F se e solo se I, σ′ � F . Quindi I � F se e solo seI, σ � F per qualche stato σ di I.

Il corollario precedente asserisce che possiamo ignorare lo stato nello stabilirela soddisfazione di un enunciato in un’interpretazione. Per la verifica di questasoddisfazione uno stato ausiliario sara pero spesso utile: ad esempio per verificarese I � ∀xF , dove F e una formula in cui x e l’unica variabile libera, dobbiamoconsiderare per ogni d ∈ DI se I, σ[x/d] � F ; in questo caso pero possiamo scegliereσ arbitrariamente per il lemma 7.12: l’unica proprieta di σ[x/d] che ci interessa eche manda x in d.

Esercizio 7.14. Siano L, I e σ come nell’esempio 7.5. Sia J l’interpretazioneper L definita da

DJ = {0, 1, 2}, cJ = 2 fJ(0) = 1, fJ(1) = 1, fJ(2) = 0,

pJ = {0}, qJ = {0, 1}, rJ = {(0, 0), (1, 2)}.

Sia G l’enunciato

∀x(∃y r(x, y)→ ¬q(x) ∨ ∀z(p(f(z))→ r(z, x))).

Stabilite se I � G, se J � G e se J, σ � F , dove F e la formula dell’esempio 7.11(notate che σ e anche uno stato di J).

Esempio 7.15. Un grafo (nozione definita nel corso di Matematica Discreta)G = (V,E) puo essere visto come un’interpretazione I per il linguaggio Lgr dell’e-sempio 6.8. Il dominio di I e l’insieme V dei vertici del grafo, =I = { (x, y) : x = y }e infine EI = { (i, j) : ij ∈ E } rappresenta l’insieme dei lati del grafo.

Dato che abbiamo a che fare con un grafo avremo

I � ∀x∀y(E(x, y)→ x 6= y)

e se il grafo e non orientato varra anche

I � ∀x∀y(E(x, y)→ E(y, x)).

In realta G = (V,E) e un grafo non orientato precisamente quando l’interpretazioneI definita sopra soddisfa questi due enunciati.

Inoltre G e aciclico se e soltanto se I � T dove T e l’insieme infinito di enunciatiFn per n ≥ 3 e Fn e

¬∃x1 ∃x2 . . . ∃xn( ∧

1≤i<n

E(xi, xi+1) ∧ E(xn, x1) ∧∧

1≤i<j≤n

xi 6= xj

).

Infatti Fn e soddisfatto da I se e solo se G non contiene cicli elementari di lunghezzan.

Esercizio 7.16. Per ognuno degli enunciati seguenti nel linguaggio dell’esempio7.5 definite un’interpretazione che lo renda vero ed una che lo renda falso:

∀x∃y r(x, y) ∧ ¬∀x p(x); ∀x p(x) ∨ ∀x¬p(x); p(c)→ ¬p(c); p(c)→ p(a);

(∃x p(x)→ p(c)) ∧ ¬p(c); (∃x p(x)→ p(c)) ∧ p(f(c)); ∃x¬q(x) ∧ ∀x q(f(x))

∀x(p(x) ∨ q(x))→ ∀x p(x) ∨ ∀x q(x); ∀x∃y r(x, y)→ ∃y ∀x r(x, y).

Esercizio 7.17. Per ognuna delle formule seguenti F , trovate un’interpreta-zione I per il linguaggio dell’esempio 7.5 e due stati σ1 e σ2 di I tali che I, σ1 � Fe I, σ2 2 F .

p(x); ∃y r(x, y); r(x, y)→ r(y, x); ∃x¬r(x, f(x)) ∧ r(x, f(x)).

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74 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

Esercizio 7.18. Siano F e G gli enunciati ∀x(r(x, a)→ r(x, b)) e ∃x(r(x, a)∧r(x, b)). Definite interpretazioni I1, I2, I3 e I4 per il linguaggio L(F,G), tutte condominio {0, 1}, tali che:

I1 � F e I1 � G;

I2 � F e I2 2 G;

I3 2 F e I3 � G;

I4 2 F e I4 2 G.

Esercizio 7.19. Siano F e G gli enunciati

∀x(p(x)→ ¬r(x, x)) e ¬∃x(p(x) ∧ ∀y r(y, x)).

Definite interpretazioni I1, I2 e I3 per L(F,G), tutte con dominio {0, 1}, tali che:

I1 � F e I1 � G;

I2 2 F e I2 � G;

I3 2 F e I3 2 G.

(Si veda l’esempio 7.32.)

Esercizio 7.20. Sia L = {r} dove r e un simbolo di relazione binario. SianoI e J le interpretazioni per L definite da: DI = {0}, rI = {(0, 0)}, DJ = {1, 2},rJ = {(1, 2), (2, 1)}. Trovate un enunciato vero in I e falso in J . Trovate unenunciato vero in J e falso in I.

Esempio 7.21. Sia H l’enunciato

∀x ∀y(r(x, y)→ ¬r(y, x)) ∧ ∀x¬r(x, x) ∧ ∀x∃y r(x, y).

Sia I un’interpretazione che soddisfa H. Se I avesse cardinalita 1 (cioe DI avesseun solo elemento, chiamiamolo 0), dato che I � ∀x∃y r(x, y), dovremmo avere(0, 0) ∈ rI , contro I � ∀x¬r(x, x). Se I avesse cardinalita 2 (cioe DI avesseesattamente due elementi, diciamo 0 e 1), ragionando in modo analogo avremmo(0, 1) ∈ rI e (1, 0) ∈ rI , contro I � ∀x∀y(r(x, y) → ¬r(y, x)). Abbiamo quindidimostrato che H non ha modelli di cardinalita 1 o 2.

Esercizio 7.22. Sia H l’enunciato dell’esempio 7.21. Definite un modello dicardinalita 3 per H.

Esercizio 7.23. Siano F e G le formule

∀x(p(x, x)→ p(f(x), x)) e ∃x¬p(x, x) ∧ ∀x p(x, f(x)).

Definite interpretazioni I1, I2 e I3 per L(F,G), tutte con dominio D = {0, 1}, taliche:

I1 � F e I1 � G;

I2 � F e I2 2 G;

I3 2 F e I3 2 G.

Definite un’interpretazione J per L(F,G) con dominio D′ = {0, 1, 2} tale che J 2 Fe J � G.

Lemma 7.24. Sia F una formula e I un’interpretazione per L(F ). Se G e unachiusura universale di F , allora I � G se e solo se I � F (cioe I, σ � F per ognistato σ di I). Se H e una chiusura esistenziale di F allora I � H se e solo se esisteuno stato σ di I tale che I, σ � F .

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2. EQUIVALENZA E CONSEGUENZA LOGICA 75

Dimostrazione. Per dimostrare la prima parte del lemma e sufficiente mo-strare che I � ∀xF se e solo se I � F (si puo poi ripetere questo passaggio fino aottenere G). Si ha

I � ∀xF se e solo se I, σ � ∀xF per ogni stato σ

se e solo se I, σ[x/d] � F per ogni stato σ e ogni d ∈ DI

se e solo se I, τ � F per ogni stato τ

se e solo se I � F,

dove l’equivalenza tra la seconda e la terza riga e basata sul fatto che ogni statoτ e della forma σ[x/d] per opportuni σ e d (ad esempio si puo prendere σ = τ ed = τ(x)).

Per dimostrare la seconda parte del lemma osserviamo che esiste uno stato σtale che I, σ � F se e solo se esiste uno stato τ tale che I, τ � ∃xF (e immediato dallaclausola della definizione 7.8 che riguarda le quantificazioni esistenziali). Ripetendoquesto passaggio si ottiene che esiste uno stato σ tale che I, σ � F se e solo se esisteuno stato τ tale che I, τ � H. Dato che H e un enunciato, quest’ultima condizionee equivalente a I � H. �

Esercizio 7.25. (?) Siano I un’interpretazione, σ uno stato di I e F unaformula. Una sola direzione dell’equivalenza “I, σ � F se e solo se I, σ � ∀xF” evera. Quale? Perche?

Esercizio 7.26. (?) Dimostrate che l’enunciato

F = ¬p(a) ∧ ∀x(p(f(x))→ p(x)) ∧ ∃x p(x)

non e vero in nessuna interpretazione I in cui ogni elemento del dominio e l’inter-pretazione di un termine chiuso di L(F ) (cioe tale che per ogni d ∈ DI esiste untermine chiuso t con d = tI).

Considerate l’interpretazione I che ha come dominio l’insieme dei termini chiusidi L(F ) (DI =

{f (n)(a) : n ∈ N

}) e che interpreta i simboli del linguaggio nel

modo seguente: aI = a, f I(a) = a, f I(f (n)(a)) = f (n+1)(a), per ogni n ≥ 1,pI =

{f (n)(a) : n > 0

}. Dimostrate che I � F . Perche questo risultato non e in

contraddizione con quanto dimostrato prima?

2. Equivalenza e conseguenza logica

Come gia preannunciato, le definizioni di equivalenza e conseguenza logica sonoanaloghe alle corrispondenti definizioni nel caso proposizionale (definizioni 2.12,2.15 e 2.27)

Definizione 7.27. Siano F e G due formule. Diciamo che F e G sono logica-mente equivalenti (in simboli F ≡ G) se per ogni interpretazione I per L(F,G) eogni stato σ di I si ha I, σ � F se e solo se I, σ � G.

Definizione 7.28. Siano F e G due formule. Diciamo che G e conseguenzalogica di F (in simboli F � G) se per ogni interpretazione I per L(F,G) e ognistato σ di I tali che I, σ � F si ha I, σ � G.

Definizione 7.29. Siano T e G un insieme di formule ed una formula. Diciamoche G e conseguenza logica di T (e scriviamo T � G) se per ogni interpretazione Iper L(T,G) ed ogni stato σ di I tale che I, σ � T si ha I, σ � G. Come nel casoproposizionale, � F sta ad indicare ∅ � F .

Nota 7.30. Lo stesso simbolo � viene usato per denotare sia la nozione disoddisfazione (definizioni 7.8, 7.9 e 7.10) che quella di conseguenza logica (definizioni

7.28 e 7.29). E sempre possibile capire con quale delle due nozioni si ha a che fare

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76 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

semplicemente esaminando cio che compare a sinistra di � (a destra c’e sempre unaformula): nel primo caso un’interpretazione eventualmente affiancata da uno stato,nel secondo caso una formula o un insieme di formule.

Molte proprieta dell’equivalenza e della conseguenza logica viste nel caso propo-sizionale valgono anche nel caso predicativo, spesso con le stesse dimostrazioni: adesempio l’equivalenza logica e una relazione di equivalenza e la conseguenza logicae riflessiva e transitiva.

Il Lemma 7.24 ha la seguente conseguenza espressa in termini di equivalenzalogica.

Corollario 7.31. Due chiusure universali della stessa formula sono logica-mente equivalenti. Due chiusure esistenziali della stessa formula sono logicamenteequivalenti.

Esempio 7.32. Siano F e G le formule dell’esercizio 7.19. Dimostriamo cheF � G e che quindi non puo esistere un’interpretazione in cui F e vera ma G efalsa.

Sia dunque I un’interpretazione tale che I � F (dato che F e un enunciatopossiamo non utilizzare lo stato): vogliamo dimostrare che I � G. Procediamo perassurdo e supponiamo I 2 G, cioe I � ∃x(p(x)∧∀y r(y, x)). Esiste dunque d0 ∈ DI

tale che d0 ∈ pI e per ogni d ∈ DI , (d, d0) ∈ rI . In particolare (d0, d0) ∈ rI equindi, per uno stato σ qualunque, I, σ[x/d0] 2 p(x) → ¬r(x, x). Dato che I � F ,questo non e possibile.

L’interpretazione I2 costruita nell’esercizio 7.19 mostra che G 2 F (e quindiF 6≡ G).

L’esempio precedente evidenzia nuovamente come per mostrare che F 2 G siasufficiente trovare una interpretazione in cui F e vera, ma G e falsa. Invece permostrare che F � G e necessario considerare tutte le interpretazioni del linguaggioin considerazione (e quindi bisogna ragionare in modo piu astratto).

Esercizio 7.33. Dimostrate:

∀x∀y F ≡ ∀y ∀xF ;

∃x∃y F ≡ ∃y ∃xF ;

∃y ∀xF � ∀x ∃y F ;

∀x ∃y r(x, y) 2 ∃y ∀x r(x, y).

Nota 7.34. Notate che l’ultima parte dell’esercizio precedente mostra che∀x∃y F � ∃y ∀xF non vale in generale. Quindi, salvo che per formule F parti-colari (ad esempio quelle in cui compare libera al piu una delle variabili x e y),∀x∃y F 6≡ ∃y ∀xF e non e possibile scambiare l’ordine dei quantificatori esisten-ziali e universali. Esempi che possono essere utili a ricordare questo fatto sono iseguenti:

• per ogni numero ne esiste uno piu grande, ma non esiste un numero piugrande di ogni altro numero;

• ogni persona ha una madre, ma non esiste una madre di tutte le persone.

Esercizio 7.35. Dimostrate:

p(c) ∧ ¬p(f(c)) � ¬∀x(p(x)→ p(f(x)));

∀y(p(y)→ ¬q(f(y))

),∃x(q(x) ∧ p(f(x))

)� ∃x

(q(x) ∧ ¬q(f(f(x)))

);

∃x(p(x) ∧ q(f(x))) 2 ∃x(p(x) ∧ q(x));

∃x(p(x) ∧ q(f(x))) � ∃x p(x) ∧ ∃x q(x);

∀x(¬p(x) ∨ ∃y q(x, y)),∃z p(f(z)) � ¬∀y ∀z ¬q(f(z), y).

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3. VALIDITA E SODDISFACIBILITA 77

Esercizio 7.36. Stabilite se:

∀x (∃y r(y, x)→ ∀y r(x, y)) ∧ ¬r(a, a) � ¬r(f(a), a);

∀x (∃y r(y, x)→ ∀y r(x, y)) ∧ r(a, a) � r(f(a), a).

I prossimi due esercizi chiedono di provare affermazioni che sono identiche adalcune proprieta dimostrate nel caso proposizionale. Le dimostrazioni nel casopredicativo sono sostanzialmente quelle gia viste.

Esercizio 7.37. Dimostrate che due formule F e G sono logicamente equiva-lenti se e solo se F � G e G � F (vedere il lemma 2.19).

Esercizio 7.38. Verificate che i lemmi 2.20, 2.24 e 2.30 e l’esercizio 2.31 valgonoanche se le formule coinvolte sono formule predicative.

Diverso e il caso del lemma 2.22 sulla sostituzione di sottoformule, la cui dimo-strazione procedeva per induzione sulla complessita delle formule: ora e necessarioconsiderare anche il caso dei quantificatori utilizzando il teorema 6.34.

Lemma 7.39. Se F e una sottoformula di una formula H e F ≡ G alloraH ≡ H ′ dove H ′ e la formula ottenuta da H rimpiazzando la sottoformula F conG.

Dimostrazione. La dimostrazione e per induzione sulla complessita delleformule H di cui F e sottoformula.

Quando H e F oppure H non e F ed e una negazione, una congiunzione, unadisgiunzione o un’implicazione si puo ripetere esattamente la dimostrazione dellemma 2.22.

Se H non e F ed e della forma ∀xH0 oppure ∃xH0, per ipotesi induttiva si haH0 ≡ H ′0. Per ogni interpretazione I, stato σ e d ∈ DI si ha che I, σ[x/d] � H0 see solo se I, σ[x/d] � H ′0. Questo significa che H ≡ H ′. �

Esempio 7.40. Combinando i lemmi 2.20, 2.24 (validi anche nel caso predica-tivo per l’esercizio 7.38) e 7.39 e immediato dimostrare che

F ∧ ∃xG→ ¬(¬F ∨ ∀y H) ≡ ¬∃xG ∨ ¬F ∨ (¬∀y H ∧ F ).

Lemma 7.41. Se x non e una variabile libera della formula F allora

F ≡ ∀xF ≡ ∃xF.

Dimostrazione. Immediata dalla definizione 7.8 e dal lemma 7.12. �

Nota 7.42. Per F arbitraria non e vero ne che F � ∀xF (si veda l’esercizio7.25) ne che ∃xF � F .

3. Validita e soddisfacibilita

Le definizioni di validita e soddisfacibilita sono analoghe alle corrispondentidefinizioni nel caso proposizionale (definizioni 2.33 e 2.42).

Definizione 7.43. Se F e una formula diciamo che

• F e valida se per ogni interpretazione I per L(F ) e ogni stato σ di I si haI, σ � F ;

• F e soddisfacibile se esistono un’interpretazione I per L(F ) e uno stato σdi I tali che I, σ � F ;

• F e insoddisfacibile se per ogni interpretazione I per L(F ) e ogni stato σdi I si ha I, σ 2 F .

Se T e un insieme di formule diciamo che

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78 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

• T e valida se per ogni interpretazione I per L(T ) e ogni stato σ di I si haI, σ � T (cioe I, σ � F per ogni F ∈ T );

• T e soddisfacibile se esistono un’interpretazione I per L(T ) e uno stato σdi I tali che I, σ � T ;

• T e insoddisfacibile se per ogni interpretazione I per L(T ) e ogni stato σdi I si ha I, σ 2 T , cioe se I, σ 2 F per qualche F ∈ T (F puo dipendereda I e σ).

Come nel caso proposizionale sia per singole formule che per insiemi di formuleessere insoddisfacibile e equivalente a non essere soddisfacibile.

Esempio 7.44. La formula p(a) ∨ ¬p(a) e valida. La formula p(a) ∧ ¬p(a) einsoddisfacibile. La formula p(a) e soddisfacibile ma non valida. ∀x p(x) → p(a) ep(a)→ ∃x p(x) sono valide, ∃x p(x)∧∀x¬p(x) e insoddisfacibile. p(a)∧∃x¬p(x) esoddisfacibile ma non valida.

Piu in generale, per ogni F le formule ∀xF → F{x/a} e F{x/a} → ∃xF sonovalide, mentre ∃xF ∧ ∀x¬F e insoddisfacibile.

Nota 7.45. Come gia nel caso proposizionale un insieme di formule e valido see solo se tutti i suoi elementi sono validi. La proprieta analoga non e vera pero persoddisfacibilita e insoddisfacibilita.

Esercizio 7.46. Dimostrate che ogni formula atomica e soddisfacibile e nonvalida.

Esempio 7.47. Verifichiamo che l’enunciato

∃x p(x) ∧ ∀x(p(x)→ ∀y q(x, y))→ ∃x q(x, x).

e valido.A questo scopo consideriamo una qualunque interpretazione I per il linguaggio

{p, q} con p simbolo di relazione unario e q simbolo di relazione binario. Se I �∃x p(x) ∧ ∀x(p(x) → ∀y q(x, y)) esiste d0 ∈ DI tale che d0 ∈ pI e per qualunquestato σ di I si ha I, σ[x/d0] � p(x)→ ∀y q(x, y). Questi due fatti implicano che perqualunque d ∈ DI si ha (d0, d) ∈ qI e quindi in particolare che (d0, d0) ∈ qI . PercioI � ∃x q(x, x).

Abbiamo quindi verificato che se I � ∃x p(x) ∧ ∀x(p(x) → ∀y q(x, y)) alloraI � ∃x q(x, x), cioe che per qualunque I si ha

I � ∃x p(x) ∧ ∀x(p(x)→ ∀y q(x, y))→ ∃x q(x, x).

Molte proprieta viste nel caso proposizionale si trasferiscono a quello predicativosenza alcuna difficolta. Ad esempio l’enunciato del seguente teorema e uguale aquello del teorema 2.37 (ma ora stiamo parlando di formule predicative, e nonproposizionali).

Teorema 7.48. Sia F una formula:

(a) F e valida se e solo se ¬F e insoddisfacibile;(b) F e insoddisfacibile se e solo se ¬F e valida.

Esercizio 7.49. Verificate che i lemmi 2.40, 2.43 e 2.47 valgono anche se leformule coinvolte sono formule predicative.

Esercizio 7.50. Dimostrate la validita dei seguenti enunciati:

∀x(p(x)→ q(f(x))) ∧ ∃x p(x)→ ∃x q(x)

∃x∀y r(x, y)→ ∀y ∃x r(x, y);

(?)∃x(p(f(x))→ p(x));

(?)¬∃x∀y((r(x, y)→ ¬r(y, y)) ∧ (¬r(y, y)→ r(x, y))).

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4. IL LEMMA DI SOSTITUZIONE 79

Esercizio 7.51. Dimostrate che l’enunciato

∀x(p(x)→ (¬q(f(x), x) ∧ ∀y q(x, y))

)∧ ∃x

(p(x) ∧ p(f(x))

)e insoddisfacibile.

Esercizio 7.52. (?) Dimostrate che l’insieme

T = {∃x¬p(x)} ∪ { p(z) : z ∈ Var }

(ricordate che Var e l’insieme di tutte le variabili) e soddisfacibile.

Esercizio 7.53. Dimostrate che l’enunciato

∀x (∀y(r(x, y)→ p(y)) ∧ ∃z¬p(z)→ ∃z¬r(x, z))

e valido.

Esercizio 7.54. Siano F e G gli enunciati ∀x(p(x)→ ¬p(f(x))) e ∃x p(f(x)).Per ognuno dei quattro insiemi {F,G}, {F,¬G}, {¬F,G} e {¬F,¬G} costruite sepossibile un’interpretazione con dominio N. Nell’unico caso in cui cio non e possibiledimostrate che l’insieme e insoddisfacibile.

Esercizio 7.55. L’enunciato ∀y ∃x(q(x, y) → q(y, y)) e valido? Se la rispostae positiva, dimostratelo, se la risposta e negativa, definite un’interpretazione in cuiesso non e soddisfatto.

Esercizio 7.56. Considerate il linguaggio L = {p, r, a}, dove p e un simbolo direlazione unario, r un simbolo di relazione binario e a un simbolo di costante. SiaF l’enunciato (

∃x∃y r(x, y) ∧ ∀x(r(x, x)→ p(x)))→ p(a).

(a) Dimostrate che F e vero in ogni interpretazione il cui dominio ha un soloelemento.

(b) F e valido?

Esercizio 7.57. (?) Siano F una formula, a un simbolo di costante che noncompare in F e x una variabile.

(a) Dimostrate che se F{x/a} e valida allora ∀xF e valida.

(b) E vero che per ogni interpretazione I e stato σ vale I, σ � F{x/a} se esolo se I, σ � ∀xF?

(c) Dimostrate con un controesempio che in (a) l’ipotesi che a non compaiain F e necessaria.

(d) Dal fatto che a occorra in F segue la falsita di (a)?

4. Il lemma di sostituzione

In questa sezione affrontiamo il problema di stabilire come la relazione (seman-tica) di soddisfazione interagisce con l’operazione (sintattica) di sostituzione.

Iniziamo, come al solito, a considerare il caso dei termini.

Lemma 7.58 (Lemma di Sostituzione per termini). Siano σ uno stato di un’in-terpretazione I, x una variabile e s e t due termini. Allora

σ(s{x/t}) = σ[x/σ(t)](s).

Dimostrazione. Per induzione sulla complessita di s, ricordando la definizio-ne 6.18 di sostituzione in un termine.

Se s e un simbolo di costante c, si ha σ(s{x/t}) = σ(s) = cI = σ[x/σ(t)](s).Se s e una variabile y diversa da x si ha σ(s{x/t}) = σ(s) = σ(y) = σ[x/σ(t)](s).Se s e x si ha σ(s{x/t}) = σ(t) = σ[x/σ(t)](s).

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80 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

Se s e f(s1, . . . , sn) allora

σ(s{x/t}) = σ(f(s1, . . . , sn){x/t})= σ(f(s1{x/t}, . . . , sn{x/t}))= f I(σ(s1{x/t}), . . . , (σ(sn{x/t})))= f I(σ[x/σ(t)](s1), . . . , σ[x/σ(t)](sn))

= σ[x/σ(t)](f(s1, . . . , sn)) = σ[x/σ(t)](s),

dove nel passaggio dalla terza alla quarta riga si e usata l’ipotesi induttiva, mentrenei passaggi tra prima e seconda riga e tra la quarta e la quinta si e utilizzata ladefinizione 6.18. �

Passiamo ora al caso delle formule.

Lemma 7.59 (Lemma di Sostituzione per formule). Siano σ uno stato di un’in-terpretazione I, x una variabile, t un termine e F una formula. Se la sostituzione{x/t} e ammissibile in F , allora

I, σ � F{x/t} se e solo se I, σ[x/σ(t)] � F.

Dimostrazione. Per induzione sulla complessita di F , ricordando le defini-zioni 6.50 e 6.55 di sostituzione in una formula.

Se F e la formula atomica p(s1, . . . , sn) allora

I, σ � F{x/t} se e solo se I, σ � p(s1, . . . , sn){x/t}se e solo se I, σ � p(s1{x/t}, . . . , sn{x/t})se e solo se (σ(s1{x/t}), . . . , σ(sn{x/t})) ∈ pI

se e solo se (σ[x/σ(t)](s1), . . . , σ[x/σ(t)](sn)) ∈ pI

se e solo se I, σ[x/σ(t)] � p(s1, . . . , sn)

se e solo se I, σ[x/σ(t)] � F,

dove nel passaggio dalla terza alla quarta riga abbiamo utilizzato il lemma 7.58.Se F e G ∨H si ha

I, σ � F{x/t} se e solo se I, σ � (G ∨H){x/t}se e solo se I, σ � (G{x/t} ∨H{x/t})se e solo se I, σ � G{x/t} oppure I, σ � H{x/t}se e solo se I, σ[x/σ(t)] � G oppure I, σ[x/σ(t)] � H

se e solo se I, σ[x/σ(t)] � G ∨Hse e solo se I, σ[x/σ(t)] � F,

dove nel passaggio dalla terza alla quarta riga abbiamo utilizzato l’ipotesi induttiva.In modo del tutto analogo si tratta il caso di negazioni, congiunzioni e impli-

cazioni.Se F e ∀y G dobbiamo distinguere due casi.

(i) Se x non e libero in F (che comprende il caso in cui y e x) si ha che F{x/t}e F . Inoltre I, σ � F e equivalente a I, σ[x/σ(t)] � F per il lemma 7.12 equindi abbiamo l’equivalenza cercata.

(ii) Se x e libero in F le variabili y e x sono certamente distinte e quindiF{x/t} e ∀y G{x/t}. Inoltre, dato che la sostituzione {x/t} e ammissibile

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4. IL LEMMA DI SOSTITUZIONE 81

in F , y non occorre in t. Allora

I, σ � F{x/t} se e solo se per ogni d ∈ DI , I, σ[y/d] � G{x/t}se e solo se per ogni d ∈ DI , I, σ[y/d][x/σ[y/d](t)] � G

se e solo se per ogni d ∈ DI , I, σ[y/d][x/σ(t)] � G

se e solo se per ogni d ∈ DI , I, σ[x/σ(t)][y/d] � G

se e solo se I, σ[x/σ(t)] � F,

dove nel passaggio dalla prima alla seconda riga abbiamo utilizzato l’i-potesi induttiva, in quello dalla seconda alla terza riga il fatto che y nonoccorre in t e il lemma 7.6, e in quello dalla terza alla quarta riga che ye x sono distinte (e quindi σ[y/d][x/σ(t)] e σ[x/σ(t)][y/d] sono lo stessostato).

Se F e una quantificazione esistenziale procediamo in modo analogo: il caso (i)e identico, mentre nel caso (ii) si tratta di sostituire “per ogni” con “esiste”. �

Esercizio 7.60. Fate i passi induttivi che sono stati omessi nella dimostrazionedel lemma 7.59.

Notiamo che se nelle dimostrazioni dei lemmi 7.58 e 7.59 si tentasse di procedereper induzione sulla complessita del termine t ci si bloccherebbe ben presto.

Il lemma di sostituzione ha diverse conseguenze immediate che ci saranno utiliin seguito.

Lemma 7.61. Se y non e libera in F e la sostituzione {x/y} e ammissibile inF allora

∀xF ≡ ∀y F{x/y} e ∃xF ≡ ∃y F{x/y}.

Dimostrazione. Entrambe le affermazioni discendono facilmente dal fatto cheper ogni interpretazione I, stato σ di I e d ∈ DI si ha

I, σ[y/d] � F{x/y} se e solo se I, σ[x/d] � F.

Per verificare questo osserviamo che se x e y sono la stessa variabile non c’enulla da dimostrare, mentre se x e y sono distinte abbiamo

I, σ[y/d] � F{x/y} se e solo se I, σ[y/d][x/σ[y/d](y)] � F

se e solo se I, σ[y/d][x/d] � F

se e solo se I, σ[x/d] � F,

dove nella prima riga abbiamo utilizzato il lemma di sostituzione e nel passaggiodalla seconda alla terza riga il fatto che y non e libera in F (lemma 7.12). �

Il lemma 7.61 ci permette di giustificare quanto affermato dopo la definizione6.59 a proposito delle varianti.

Corollario 7.62. Se y e una variabile che non occorre in F allora F ≡ Fx(y).

Dimostrazione. Immediata dai lemmi 7.61 e 7.39, nonche dalla definizione6.59. �

Il prossimo risultato esprime in maniera rigorosa un principio intuitivo: se ∀xFe vera allora F e vera per ogni termine t, mentre se F e vera per un termine t allora∃xF e vera. Questo lemma ci sara utile sia nella discussione dei tableaux predicativiche in quella della deduzione naturale predicativa.

Lemma 7.63. Se F e una formula, x una variabile, t un termine e {x/t} unasostituzione ammissibile in F , allora ∀xF � F{x/t} e F{x/t} � ∃xF .

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82 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

Dimostrazione. Se I, σ � ∀xF allora si ha I, σ[x/d] � F per ogni d ∈ DI ein particolare questo vale per d = σ(t). Per il Lemma di Sostituzione 7.59 questosignifica che I, σ � F{x/t}.

Se I, σ � F{x/t} allora per il Lemma di Sostituzione 7.59 I, σ[x/σ(t)] � F .Quindi si ha I, σ � ∃xF . �

Il seguente corollario va confrontato con il lemma 7.41, che arriva ad unaconclusione piu forte nel caso in cui x non sia libera in F .

Corollario 7.64. Se F e una formula e x una variabile allora ∀xF � F eF � ∃xF .

Dimostrazione. La sostituzione {x/x} e ammissibile in F e F{x/x} e F . �

5. Alcune equivalenze logiche notevoli

In questa sezione dimostreremo alcune equivalenze logiche che coinvolgono iquantificatori e sono quindi caratteristiche della logica predicativa.

Iniziamo con l’esaminare l’interazione tra negazione e quantificatori.

Lemma 7.65. Per ogni formula F si ha

¬∀xF ≡ ∃x¬F,¬∃xF ≡ ∀x¬F.

Dimostrazione. La dimostrazione consiste nello stabilire quattro conseguen-ze logiche, due per ogni equivalenza logica da dimostrare.

¬∀xF � ∃x¬F Se I, σ � ¬∀xF allora I, σ 2 ∀xF , e quindi non e vero che

per ogni d ∈ DI si ha I, σ[x/d] � F . Esiste dunque d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] 2 F ,e quindi tale che I, σ[x/d0] � ¬F . Di conseguenza I, σ � ∃x¬F .

∃x¬F � ¬∀xF Se I, σ � ∃x¬F esiste d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] � ¬F , cioeI, σ[x/d0] 2 F . Percio I, σ 2 ∀xF , e quindi si ha che I, σ � ¬∀xF .

¬∃xF � ∀x¬F Se I, σ � ¬∃xF allora I, σ 2 ∃xF . Qualunque sia d ∈ DI , siha allora che I, σ[x/d] 2 F , cioe I, σ[x/d] � ¬F . Di conseguenza I, σ � ∀x¬F .

∀x¬F � ¬∃xF Se I, σ � ∀x¬F allora per ogni d ∈ DI si ha I, σ[x/d] 2 F .

Non esiste dunque alcun d ∈ DI tale che I, σ[x/d] � F e quindi I, σ 2 ∃xF . Diconseguenza I, σ � ¬∃xF . �

Esercizio 7.66. Date una dimostrazione alternativa della seconda equivalenzalogica del lemma 7.65, utilizzando la prima equivalenza logica dello stesso lemma,e i lemmi 2.20.1 e 7.39. Iniziate da ¬∃xF ≡ ¬∃x¬¬F .

Passiamo ora a considerare il caso della congiunzione e della disgiunzione.

Lemma 7.67. Siano ∗ uno di ∧ e ∨ e Q uno di ∀ e ∃. Per ogni formula F ,ogni variabile x e ogni formula G in cui x non e libera, si ha

QxF ∗G ≡ Qx(F ∗G),

G ∗QxF ≡ Qx(G ∗ F ).

Dimostrazione. Ognuna delle equivalenze logiche contenute nella secondariga segue da quella corrispondente contenuta nella prima riga usando il lemma2.20.2 o 2.20.3 e il lemma 7.39. Restano quindi da dimostrare le quattro equivalenzelogiche (e quindi le otto conseguenze logiche) contenute nella prima riga. Un utileesercizio consiste nel dimostrare autonomamente queste conseguenze logiche.

∀xF ∧G � ∀x(F ∧G) Se I, σ � ∀xF ∧ G, allora I, σ � ∀xF e I, σ � G. Da

I, σ � ∀xF si ha che per ogni d ∈ DI , I, σ[x/d] � F . Inoltre, da I, σ � G, dato che

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5. ALCUNE EQUIVALENZE LOGICHE NOTEVOLI 83

x non e libera in G, si ha anche che I, σ[x/d] � G. Di conseguenza I, σ[x/d] � F ∧G.Poiche questo e vero per ogni d ∈ DI , segue che I, σ � ∀x(F ∧G).

∀x(F ∧G) � ∀xF ∧G Se I, σ � ∀x(F ∧G), allora per ogni d ∈ DI si ha che

I, σ[x/d] � F e I, σ[x/d] � G. Dal fatto che per ogni d ∈ DI si abbia I, σ[x/d] � F ,segue che I, σ � ∀xF . D’altra parte quando d = σ(x), σ[x/d] e σ, e percio daI, σ[x/d] � G, segue che I, σ � G. Di conseguenza I, σ � ∀xF ∧G.

∀xF ∨G � ∀x(F ∨G) Se I, σ � ∀xF ∨G, allora I, σ � ∀xF oppure I, σ � G.

Se I, σ � ∀xF , allora per ogni d ∈ DI , I, σ[x/d] � F da cui segue che per ognid ∈ DI , I, σ[x/d] � F ∨ G e quindi che I, σ � ∀x(F ∨ G). Se invece I, σ � G,allora per ogni d ∈ DI , I, σ[x/d] � G, in quanto x non occorre libera in G. Nesegue anche in questo caso, che per ogni d ∈ DI , I, σ[x/d] � F ∨ G e quindi cheI, σ � ∀x(F ∨G).

∀x(F ∨G) � ∀xF ∨G Se I, σ � ∀x(F ∨ G) allora dimostreremo che I, σ �

∀xF ∨G, sia se I, σ � G, che se I, σ 2 G. Se I, σ � G, ovviamente I, σ � ∀xF ∨G.Se invece I, σ 2 G, per ogni d ∈ DI , I, σ[x/d] 2 G, in quanto x non occorre liberain G. Poiche per ogni d ∈ DI , I, σ[x/d] � F ∨ G, ne segue che per ogni d ∈ DI ,I, σ[x/d] � F . Quindi I, σ � ∀xF da cui segue che I, σ � ∀xF ∨G.

∃xF ∧G � ∃x(F ∧G) Se I, σ � ∃xF ∧ G, allora I, σ � ∃xF e I, σ � G. Da

I, σ � ∃xF , segue che esiste d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] � F . D’altra parte dato chex non occorre libera in G, si ha I, σ[x/d0] � G. Di conseguenza I, σ[x/d0] � F ∧G,e quindi I, σ � ∃x(F ∧G).

∃x(F ∧G) � ∃xF ∧G Se I, σ � ∃x(F ∧ G) allora esiste d0 ∈ DI tale che

I, σ[x/d0] � F ∧G. Percio I, σ[x/d0] � F e I, σ[x/d0] � G. Da I, σ[x/d0] � F segueche I, σ � ∃xF . Dato che x non e libera in G da I, σ[x/d0] � G, segue che I, σ � G.Di conseguenza I, σ � ∃xF ∧G.

∃xF ∨G � ∃x(F ∨G) Se I, σ � ∃xF ∨G, allora I, σ � ∃xF oppure I, σ � G.

Nel primo caso esiste d0 ∈ DI , tale che I, σ[x/d0] � F , e quindi I, σ[x/d0] � F ∨G,da cui I, σ � ∃x(F ∨ G). Nel secondo caso si ha I, σ � F ∨ G; posto d0 = σ(x),σ e σ[x/d0] e quindi I, σ[x/d0] � F ∨ G, da cui segue che I, σ � ∃x(F ∨ G).Poiche la conclusione segue in entrambi i casi possibili, possiamo concludere cheI, σ � ∃x(F ∨G).

∃x(F ∨G) � ∃xF ∨G Se I, σ � ∃x(F ∨ G) sia d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] �

F∨G, cioe tale che I, σ[x/d0] � F oppure I, σ[x/d0] � G. Nel primo caso I, σ � ∃xFe quindi I, σ � ∃xF ∨ G. Nel secondo caso, dato che x non e libera in G, si haI, σ � G, da cui segue I, σ � ∃xF ∨ G. Poiche la conclusione segue in entrambi icasi possibili, possiamo concludere che I, σ � ∃xF ∨G. �

Esercizio 7.68. Se x non e libera in G giustificate la seguente catena diequivalenze logiche:

∃xF ∨G ≡ ¬¬(∃xF ∨G) ≡ ¬(¬∃xF ∧ ¬G) ≡ ¬(∀x¬F ∧ ¬G) ≡≡ ¬∀x(¬F ∧ ¬G) ≡ ¬∀x¬(F ∨G) ≡ ¬¬∃x(F ∨G) ≡ ∃x(F ∨G).

In questo modo abbiamo dimostrato una delle equivalenze logiche riguardanti ∨ dellemma 7.67 sulla base (tra l’altro) di una delle equivalenze logiche riguardanti ∧dello stesso lemma. Analogamente dimostrate ∀xF ∨ G ≡ ∀x(F ∨ G) attraversouna catena di equivalenze logiche.

Passiamo ora a considerare il caso dell’implicazione.

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84 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

Lemma 7.69. Per ogni formula F , ogni variabile x e ogni formula G in cui xnon e libera, si ha

∀xF → G ≡ ∃x(F → G), G→ ∀xF≡ ∀x(G→ F ),

∃xF → G ≡ ∀x(F → G), G→ ∃xF≡ ∃x(G→ F ).

Dimostrazione. Questo lemma puo essere dimostrato direttamente conside-rando interpretazioni e stati come fatto per i lemmi 7.65 e 7.67. Ne diamo inveceuna dimostrazione attraverso la costruzione di catene di equivalenze logiche:

∀xF → G ≡ ¬∀xF ∨G ≡ ∃x¬F ∨G ≡ ∃x(¬F ∨G) ≡ ∃x(F → G);

G→ ∀xF ≡ ¬G ∨ ∀xF ≡ ∀x(¬G ∨ F ) ≡ ∀x(G→ F );

∃xF → G ≡ ¬∃xF ∨G ≡ ∀x¬F ∨G ≡ ∀x(¬F ∨G) ≡ ∀x(F → G);

G→ ∃xF ≡ ¬G ∨ ∃xF ≡ ∃x(¬G ∨ F ) ≡ ∃x(G→ F ).

Abbiamo utilizzato i lemmi 7.39, 2.24.3, 7.65 e 7.67. �

Esercizio 7.70. Dimostrate il lemma 7.69 utilizzando interpretazioni e stati(dovete dimostrare otto conseguenze logiche).

Esempio 7.71. Se F e G sono p(x) e q(x) allora ∀xF ∧ G 2 ∀x(F ∧ G):un’interpretazione e uno stato che lo mostrano sono ad esempio DI = {0, 1}, pI ={0, 1}, qI = {0}, σ(x) = 0.

Esercizio 7.72. Mostrate che ∀x(F ∧ G) � ∀xF e quindi che ∀x(F ∧ G) �∀xF ∧G. Mostrate anche che ∃xF ∨G � ∃x(F ∨G).

Esercizio 7.73. Siano F e G le formule dell’esempio 7.71. Dimostrate:

∃x(F ∧G) 2 ∃xF ∧G, ∃xF ∧G 2 ∃x(F ∧G),

∀x(F ∨G) 2 ∀xF ∨G, ∀xF ∨G 2 ∀x(F ∨G),

∃x(F ∨G) 2 ∃xF ∨G.

In qualche caso e possibile trovare una formula logicamente equivalente checontenga un quantificatore in meno di quella di partenza.

Lemma 7.74. Per ogni formula F e G si ha

∀xF ∧ ∀xG ≡ ∀x(F ∧G),

∃xF ∨ ∃xG ≡ ∃x(F ∨G),

∀xF → ∃xG ≡ ∃x(F → G).

Dimostrazione. La prima equivalenza logica puo essere dimostrata diretta-mente, mentre per la seconda stabiliamo le due conseguenze logiche.

∀xF ∧ ∀xG ≡ ∀x(F ∧G) I, σ � ∀x(F ∧G) se e solo se per ogni d ∈ DI si ha

I, σ[x/d] � F e I, σ[x/d] � G, se e solo se I, σ � ∀xF e I, σ � ∀xG, se e solo seI, σ � ∀xF ∧ ∀xG.

∃xF ∨ ∃xG � ∃x(F ∨G) Se I, σ � ∃xF ∨ ∃xG allora I, σ � ∃xF oppure

I, σ � ∃xG. Nel primo caso esiste d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] � F , mentre nelsecondo esiste d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] � G. In ogni caso I, σ[x/d0] � F ∨ G equindi I, σ � ∃x(F ∨G).

∃x(F ∨G) � ∃xF ∨ ∃xG Se I, σ � ∃x(F ∨ G) allora esiste d0 ∈ DI tale che

I, σ[x/d0] � F ∨ G e quindi I, σ[x/d0] � F oppure I, σ[x/d0] � G. Nel primo casoI, σ � ∃xF , nel secondo caso I, σ � ∃xG; in ogni caso I, σ � ∃xF ∨ ∃xG.

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6. TRASFORMAZIONE IN FORMA PRENESSA 85

Per dimostrare la terza equivalenza logica osserviamo che

∀xF → ∃xG ≡ ¬∀xF ∨ ∃xG≡ ∃x¬F ∨ ∃xG≡ ∃x(¬F ∨G)

≡ ∃x(F → G),

dove i passaggi sono giustificati dalla seconda equivalenza logica, dai lemmi 7.39,7.65 e 2.24.3. �

Esercizio 7.75. Dimostrate l’equivalenza logica nella terza riga del lemma 7.74utilizzando interpretazioni e stati.

Esercizio 7.76. Dimostrate l’equivalenza logica nella seconda riga del lemma7.74 tramite una catena di equivalenze logiche che sfruttino, tra l’altro, la primaequivalenza logica dello stesso lemma. Si consiglia di partire da ¬¬∃x(F ∨G).

Esercizio 7.77. Dimostrate le seguenti conseguenze logiche:

∃x(F ∧G) � ∃xF ∧ ∃xG;

∀xF ∨ ∀xG � ∀x(F ∨G);

∃xF → ∀xG � ∀x(F → G).

Quando F e p(x) e G e q(x) dimostrate che le conseguenze logiche inverse sonofalse, e quindi le formule non sono logicamente equivalenti.

Nota 7.78. La seconda parte dell’esercizio 7.77 mostra che

∃xF ∧ ∃xG 6≡ ∃x(F ∧G),

∀xF ∨ ∀xG 6≡ ∀x(F ∨G),

∃xF → ∀xG 6≡ ∀x(F → G).

Per memorizzare le equivalenze logiche del lemma 7.74 e utile notare che ∀ e∃ possono essere considerati come estensioni rispettivamente di ∧ e ∨ a tutti glielementi del dominio. Infatti ∀x p(x) asserisce che p e vera per questo elementodel dominio e quest’altro, e quest’altro. . . . D’altra parte ∃x p(x) asserisce chep e vera per questo elemento del dominio oppure per quest’altro, oppure perquest’altro. . . . Inoltre e utile ricordare che → e equivalente a una disgiunzione(lemma 2.24.3) e quindi si comporta analogamente a ∨.

6. Trasformazione in forma prenessa

In questa sezione ci occupiamo di trasformare una formula in una ad essa logi-camente equivalente in cui i quantificatori compaiono in una posizione particolare.

Definizione 7.79. Una formula F si dice in forma prenessa se e priva diquantificatori oppure e della forma Q1x1 . . . QkxkG, dove G e una formula priva diquantificatori e Q1, . . . , Qk sono quantificatori. In questo caso Q1x1 . . . Qkxk (chenon e una formula) si dice il prefisso di F , mentre G e chiamata la matrice di F .

Esempio 7.80. Le formule ∀x ∃y ∃z q(x, y, z), ∃x ∀y(p(x) → q(x, y, f(z))) e∀x∀y r(x, f(y)) sono in forma prenessa. La formula ∃x¬p(x)∧ p(a) non e in formaprenessa.

L’obiettivo di questa sezione e dimostrare il seguente teorema.

Teorema 7.81. Ogni formula H puo essere trasformata in una formula informa prenessa K che e logicamente equivalente a H.

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86 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

L’espressione “puo essere trasformata” viene usata anche in questo caso nelsenso in cui e stata usata nell’enunciato del teorema 3.10: stiamo asserendo piudella semplice esistenza di K, ed anche il teorema 7.81 verra dimostrato attraversola descrizione di un algoritmo che preso come input H, fornisce come output K.

Esempio 7.82. Il teorema 7.81 non asserisce l’unicita di K. Ad esempio laformula ∀x p(x) ∧ ∃y q(y) e logicamente equivalente alle formule in forma prenessa∀x∃y(p(x)∧q(y)) e ∃y ∀x(p(x)∧q(y)) (entrambe le equivalenze logiche si ottengonoapplicando due volte il lemma 7.67).

L’algoritmo che descriveremo per dimostrare il teorema 7.81 si basa sulle equi-valenze logiche contenute nei teoremi dimostrati nella sezione precedente, che ver-ranno utilizzate per “far uscire” i quantificatori dai connettivi. Iniziamo con unesempio.

Esempio 7.83. Utilizziamo i lemmi 7.65, 7.67 e 7.69 (nonche il lemma 7.39)per trasformare in forma prenessa la formula ¬(∀x p(x)→ ¬(∃y r(y, y) ∨ ∀z q(z))).La formula che compare in una riga e logicamente equivalente a quella che comparenella riga precedente in virtu del lemma il cui numero compare sulla destra.

¬(∀x p(x)→ ¬(∃y r(y, y) ∨ ∀z q(z)))¬(∀x p(x)→ ¬∃y(r(y, y) ∨ ∀z q(z))) 7.67

¬(∀x p(x)→ ¬∃y ∀z(r(y, y) ∨ q(z))) 7.67

¬(∀x p(x)→ ∀y ¬∀z(r(y, y) ∨ q(z))) 7.65

¬(∀x p(x)→ ∀y ∃z ¬(r(y, y) ∨ q(z))) 7.65

¬∀y(∀x p(x)→ ∃z ¬(r(y, y) ∨ q(z))) 7.69

¬∀y ∃z(∀x p(x)→ ¬(r(y, y) ∨ q(z))) 7.69

¬∀y ∃z ∃x(p(x)→ ¬(r(y, y) ∨ q(z))) 7.69

∃y ¬∃z ∃x(p(x)→ ¬(r(y, y) ∨ q(z))) 7.65

∃y ∀z ¬∃x(p(x)→ ¬(r(y, y) ∨ q(z))) 7.65

∃y ∀z ∀x¬(p(x)→ ¬(r(y, y) ∨ q(z))) 7.65.

L’ultima formula e in forma prenessa ed e logicamente equivalente a quella di par-tenza. Notate anche come nell’applicazione delle varie regole abbiamo fatto diversescelte arbitrarie: ad esempio il primo passo si poteva utilizzare il lemma 7.67 perottenere ¬(∀x p(x) → ¬∀z(∃y r(y, y) ∨ q(z))) oppure il lemma 7.69 per ottenere¬∃x(p(x)→ ¬(∃y r(y, y) ∨ ∀z q(z))).

I lemmi 7.67 e 7.69 non possono essere applicati alla formula q(x)∧∀x p(x) perottenere una sua forma prenessa, perche x e libera in q(x). Per superare questoproblema e necessario cambiare la variabile quantificata.

Lemma 7.84. Siano ∗ uno di ∧ e ∨ e Q uno di ∀ e ∃. Per ogni formula F ,ogni variabile x e ogni formula G, se y e una variabile che non e libera ne in F nein G e la sostituzione {x/y} e ammissibile in F , si ha

QxF ∗G ≡ Qy(F{x/y} ∗G),

G ∗QxF ≡ Qy(G ∗ F{x/y}),∀xF → G ≡ ∃y(F{x/y} → G),

G→ ∀xF ≡ ∀y(G→ F{x/y}),∃xF → G ≡ ∀y(F{x/y} → G),

G→ ∃xF ≡ ∃y(G→ F{x/y}).

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6. TRASFORMAZIONE IN FORMA PRENESSA 87

Dimostrazione. Dimostriamo quanto asserito nella prima riga:

QxF ∗G ≡ QyF{x/y} ∗G ≡ Qy(F{x/y} ∗G),

dove la prima equivalenza logica e giustificata dal lemma 7.61 (e dal lemma 7.39) ela seconda dal lemma 7.67 (visto che y non e libera in G).

L’asserzione della seconda riga e dimostrata similmente (oppure usando la pri-ma riga, una delle equivalenze del lemma 2.20 e il lemma 7.39), mentre le asserzionidelle altre quattro righe hanno dimostrazioni analoghe, utilizzando il lemma 7.69al posto del lemma 7.67. �

Esempio 7.85. Utilizziamo il lemma 7.84 (nonche il lemma 7.39) per trasfor-mare in forma prenessa la formula ∀x∃y r(x, y) → ∃x ∀y r(y, x). La formula checompare in una riga e logicamente equivalente a quella che compare nella rigaprecedente.

∀x∃y r(x, y)→ ∃x ∀y r(y, x)

∃x(∃y r(x, y)→ ∃x∀y r(y, x))

∃x∀y(r(x, y)→ ∃x∀y r(y, x))

∃x∀y ∃z(r(x, y)→ ∀y r(y, z))∃x∀y ∃z ∀w(r(x, y)→ r(w, z)).

I primi due passaggi sono giustificati dal lemma 7.69, mentre gli ultimi due sfruttanoil lemma 7.84 (visto che sia x che y sono libere in r(x, y)). L’ultima formula e informa prenessa ed e logicamente equivalente a quella di partenza.

Nota 7.86. Notate come anche nell’esempio 7.85 l’ordine di applicazione dellevarie regole e arbitrario: ad esempio nel primo passo era possibile operare su ∃xanziche su ∀x (si veda l’esercizio 7.96). Quello che non e possibile fare e operaresu uno dei quantificatori su y prima di aver operato su quello su x che lo precede.Infatti ∀x∃y r(x, y) non e logicamente equivalente a ∃y ∀x r(x, y) (si veda la nota7.34).

Per descrivere l’algoritmo che dimostra il teorema 7.81 e che abbiamo gia uti-lizzato negli esempi precedenti ci sara utile la seguente nozione, che misura quan-ti connettivi devono essere superati dai quantificatori perche questi ultimi sianoportati nel prefisso della forma prenessa.

Definizione 7.87. Data una formula F sia q(F ) il numero di quantificatori checompaiono in F . Definiamo per ricorsione sulla complessita di F il p-grado p(F ) diF ponendo:

• p(F ) = 0 se F e atomica;• p(F ) = p(G) + q(F ) se F e ¬G;• p(F ) = p(G) + p(H) + q(F ) se F e G ∗H, con ∗ uno di ∧, ∨ e →;• p(F ) = p(G) se F e QxG con Q uno di ∀ e ∃.

Esempio 7.88. Calcoliamo p(H) dove H e:

∀x(p(x)→ ∃y(r(x, y) ∧ ¬∀z ¬r(y, z))).Applicando la quarta condizione della definizione di p-grado si ha p(H) = p(H1)dove H1 e p(x) → ∃y(r(x, y) ∧ ¬∀z ¬r(y, z)). Se H2 e H3 sono l’antecedente e ilconseguente dell’implicazione si ha p(H1) = p(H2) + p(H3) + q(H1) = p(H3) + 2,dove abbiamo utilizzato la terza e la prima condizione della definizione di p-gradoe il calcolo della funzione q. Ora abbiamo p(H3) = p(r(x, y) ∧ ¬∀z ¬r(y, z)) =p(r(x, y)) + p(¬∀z ¬r(y, z)) + q(r(x, y)∧¬∀z ¬r(y, z)) = p(¬∀z ¬r(y, z)) + 1. Infineabbiamo p(¬∀z ¬r(y, z)) = p(∀z ¬r(y, z)) + q(¬∀z ¬r(y, z)) = p(∀z ¬r(y, z)) + 1 ep(∀z ¬r(y, z)) = p(¬r(y, z)) = p(r(y, z)) + q(¬r(y, z)) = 0.

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88 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

Inserendo a ritroso i valori ottenuti si ottiene p(H) = 4.

Esercizio 7.89. Calcolate

p(∀x p(x)→ ∃y ∀z(r(z, y) ∧ ∀u¬r(y, u))).

L’osservazione cruciale riguardo al p-grado e contenuta nel seguente lemma.

Lemma 7.90. Una formula F e in forma prenessa se e solo se p(F ) = 0.

Dimostrazione. Osserviamo dapprima che se G e priva di quantificatori al-lora p(G) = 0. Questo si vede con una semplice induzione sulla complessita diG, utilizzando le prime tre condizioni nella definizione di p-grado e il fatto cheq(G′) = 0 per ogni sottoformula G′ di G.

Supponiamo ora che F sia Q1x1 . . . QkxkG con G priva di quantificatori eQ1, . . . , Qk quantificatori. La quarta condizione nella definizione di p-grado implicache p(F ) = p(G) e quindi p(F ) = 0 segue da quanto osservato sopra.

Dimostriamo ora per induzione sulla complessita di F che se p(F ) = 0 alloraF e in forma prenessa. Se F e una formula atomica allora F e in forma prenessae non c’e nulla da dimostrare. Se F e della forma ¬G oppure G ∗ H con ∗ unodi ∧, ∨ e → allora, per la seconda e terza condizione della definizione 7.87, deveessere q(F ) = 0. Questo significa che F e priva di quantificatori e quindi in formaprenessa. Se invece F e QxG con Q uno di ∀ e ∃, da p(F ) = 0 segue che p(G) = 0.Per ipotesi induttiva questo implica che G e in forma prenessa, da cui segue cheanche F e in forma prenessa. �

Lemma 7.91. Sia H una formula tale che nessuna sottoformula di H e di unadelle seguenti forme: ¬QxF , QxF ∗ G, G ∗ QxF , dove Q e uno di ∀ e ∃, e ∗ euno di ∧, ∨ e →. Allora H e in forma prenessa.

Dimostrazione. Per induzione sulla complessita di G dimostriamo che ognisottoformulaG diH soddisfa p(G) = 0. Da questo segue in particolare che p(H) = 0e quindi, per il lemma 7.90, che H e in forma prenessa.

Se G e atomica allora p(G) = 0 per definizione di p-grado.Se G e del tipo ¬G′ allora per ipotesi induttiva p(G′) = 0 e per l’ipotesi del

lemma G′ non e del tipo QxF . Allora deve essere anche q(G′) = 0. Infatti G′ eatomica (e quindi non contiene quantificatori) oppure una negazione, congiunzione,disgiunzione o implicazione: in questi ultimi quattro casi q(G′) > 0 implica p(G′) >0. Dato che q(G) = q(G′) si ha p(G) = p(G′) + q(G) = 0.

Se G e del tipo G′ ∗G′′ con ∗ uno di ∧, ∨ e → il ragionamento e analogo.Se infine G e del tipo QxG′ si ha p(G′) = 0 per ipotesi induttiva e quindi

p(G) = p(G′) = 0. �

Nelle edizioni precedenti al 2016-17 delle dispense il p-grado veniva definito inmodo diverso, come descritto nel prossimo esercizio.

Esercizio 7.92. Sia H una formula. Ad ogni occorrenza di un quantificatorein H associamo un numero naturale, detto il p-grado di quell’occorrenza: esso eil numero di sottoformule di H (inclusa eventualmente H stessa) che contengonoquell’occorrenza del quantificatore e che sono negazioni, congiunzioni, disgiunzionioppure implicazioni (cioe non sono quantificazioni). p(H) e la somma dei p-gradidi tutte le occorrenze di quantificatori in H.

Dimostrare per induzione sulla complessita di H che p(H) = p(H) per ogniformula H.

Algoritmo 7.93. L’algoritmo per la trasformazione in forma prenessa prendein input una formula H e, iniziando con H, ad ogni passo produce una formula H ′

logicamente equivalente a H.

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6. TRASFORMAZIONE IN FORMA PRENESSA 89

Se H ′ e in forma prenessa allora l’algoritmo si arresta fornendo output H ′.Se H ′ non e in forma prenessa allora per il lemma 7.91 esiste una sottoformula

L di H ′ di una delle seguenti forme: ¬QxF , QxF ∗G, G ∗QxF , dove Q e uno di∀ e ∃, e ∗ e uno di ∧, ∨ e →. Fissata L di questo tipo si ottiene una nuova formulaH ′′ sostituendo L con una formula ad essa logicamente equivalente: nel primo casoquesta formula e fornita dal lemma 7.65; nel secondo e nel terzo caso se x non elibera in G dal lemma 7.67 o dal lemma 7.69, mentre se x e libera in G si sceglieuna variabile y che non compare in H ′ e si utilizza il lemma 7.84.

La formula H ′′ cosı ottenuta e logicamente equivalente a H ′ (e quindi a H) peril lemma utilizzato nella sostituzione e per il lemma 7.39.

Esempio 7.94. Utilizziamo l’algoritmo 7.93 per ottenere tre diverse formule informa prenessa logicamente equivalenti alla formula ∃x p(x)→ ∀x ∃y q(x, y).

∃x p(x)→ ∀x∃y q(x, y) ≡ ∀x(p(x)→ ∀x ∃y q(x, y))

≡ ∀x∀z(p(x)→ ∃y q(z, y))

≡ ∀x∀z ∃y(p(x)→ q(z, y)).

∃x p(x)→ ∀x∃y q(x, y) ≡ ∀x(∃x p(x)→ ∃y q(x, y))

≡ ∀x∀z(p(z)→ ∃y q(x, y))

≡ ∀x∀z ∃y(p(z)→ q(x, y)).

∃x p(x)→ ∀x∃y q(x, y) ≡ ∀x(∃x p(x)→ ∃y q(x, y))

≡ ∀x∃y(∃x p(x)→ q(x, y))

≡ ∀x∃y ∀z(p(z)→ q(x, y)).

Vedremo piu avanti (commento dopo la dimostrazione del lemma 7.97) come non siaun caso che le diverse esecuzioni dell’algoritmo 7.93 a partire dalla stessa formulaterminino dopo lo stesso numero di passi.

Esercizio 7.95. Utilizzate l’algoritmo 7.93 per trasformare in forma prenessale seguenti formule:

(∀x ∃y r(x, y)→ ∃x∀y r(y, x)) ∧ ∀z p(w, z);∃y ∀x (r(x, y) ∧ p(f(x, y))) ∨ ¬ (∀x ∃y s(x, y)→ ¬∃x p(x)) ;

(∃y q(y) ∨ ∃y ¬r(y, y)→ ∀x r(c, x) ∧ ∀x p(x)) ∨ ¬∃x r(c, x).

Esercizio 7.96. Dimostrate che la formula dell’esempio 7.85 e logicamenteequivalente alla formula in forma prenessa ∃x∃z ∀y ∀w(r(z, y)→ r(w, x)).

Abbiamo descritto l’algoritmo per la forma prenessa 7.93 e abbiamo osservatoche se arriva a una formula in forma prenessa, e quindi si arresta, allora la formu-la finale e logicamente equivalente alla formula da cui sono partiti. Cio che nonabbiamo ancora dimostrato, ma stiamo per fare, e che esso si arresta sempre.

Lemma 7.97. L’algoritmo 7.93 gode della proprieta della terminazione forte,cioe termina qualunque sia la formula su cui si decide di operare ad ogni singolopasso.

Dimostrazione. Dimostriamo che ogni passo dell’algoritmo abbassa di 1 il p-grado della formula ottenuta, cioe che p(H ′′) = p(H ′)− 1. A questo scopo fissiamola formula L a cui applichiamo una delle equivalenze logiche dei lemmi 7.65, 7.67,7.69, e 7.84 e procediamo per induzione sulla complessita di H ′.

Il caso base e quello in cui H ′ coincide con L. Ad esempio osserviamo chep(¬∀xF ) = p(∀xF ) + q(¬∀xF ) = p(F ) + q(F ) + 1 mentre p(∃x¬F ) = p(¬F ) =p(F ) + q(F ). Similmente, p(G→ ∃xF ) = p(G) + p(∃xF ) + q(G→ ∃xF ) = p(G) +

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90 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

p(F ) +q(G) +q(F ) + 1 mentre p(∃y(G→ F )) = p(G→ F ) = p(G) +p(F ) +q(G→F ) = p(G) + p(F ) + q(G) + q(F ).

Come esempio di passo induttivo consideriamo il caso in cuiH ′ e del tipoG1∗G2

con ∗ uno di ∧, ∨ e →. Supponiamo che L sia una sottoformula di G1 e la formulaH ′′ ottenuta sia G′1∗G2: l’ipotesi induttiva ci assicura che p(G′1) = p(G1)−1. Datoche le equivalenze logiche che applichiamo non cambiano il numero di quantificatori,otteniamo p(H ′′) = p(G′1) +p(G2) +q(G′1 ∗G2) = p(G1)−1 +p(G2) +q(G1 ∗G2) =p(H ′)− 1. Gli altri passi induttivi sono simili.

Percio l’algoritmo non puo compiere infiniti passi ma deve terminare. �

La dimostrazione del lemma 7.97 e il lemma 7.90 ci permettono di calcolareesattamente il numero di passi necessario all’algoritmo 7.93 per terminare: esso eil p-grado della formula che vogliamo trasformare in forma prenessa.

Possiamo riassumere il nostro lavoro sulla trasformazione in forma prenessa conla

Dimostrazione del teorema 7.81. Data una formulaH applichiamo a par-tire da H l’algoritmo 7.93. Per il lemma 7.97 esso termina, producendo una formuleK in forma prenessa che e logicamente equivalente a H. �

L’algoritmo 7.93 ci fornisce un metodo per trasformare ogni formula in unaformula in forma prenessa ad essa logicamente equivalente. Utilizzando il Lemma7.74 e pero possibile migliorare i suoi risultati, in particolare ottenendo formulein forma prenessa logicamente equivalenti a quella di partenza con un prefisso piubreve (cioe un minor numero di quantificatori) di quelle ottenute con l’algoritmo7.93.

Esempio 7.98. Utilizziamo il lemma 7.74 per trasformare in forma prenessautilizzando meno quantificatori possibili la formula ∃x ∀y r(x, y) ∨ ∃x∀y q(x, y).

∃x∀y r(x, y) ∨ ∃x∀y q(x, y) ≡ ∃x(∀y r(x, y) ∨ ∀y q(x, y))

≡ ∃x∀y(r(x, y) ∨ ∀y q(x, y))

≡ ∃x∀y ∀z(r(x, y) ∨ q(x, z)).

La prima equivalenza logica e giustificata dal lemma 7.74, mentre successivamentenon e piu stato possibile utilizzare questo lemma e si sono sfruttati i lemmi 7.67 e7.84.

Ripetiamo la stessa operazione con ∃x∀y r(x, y) ∧ ∃x∀y q(x, y)

∃x ∀y r(x, y) ∧ ∃x∀y q(x, y) ≡ ∃x(∀y r(x, y) ∧ ∃x∀y q(x, y))

≡ ∃x∃z(∀y r(x, y) ∧ ∀y q(z, y))

≡ ∃x∃z ∀y(r(x, y) ∧ q(z, y)).

In questo caso si sono sfruttati i lemmi 7.67 e 7.84 per le prime due equivalenze,mentre il lemma 7.74 giustifica l’ultima equivalenza logica.

La seconda trasformazione dell’esempio 7.98 evidenzia come per poter sfrutta-re il lemma 7.74 sia necessario intervenire in un ordine opportuno sui vari quan-tificatori: se dopo la prima equivalenza si fosse operato sul quantificatore ∀y delprimo congiunto, l’opportunita di usare successivamente il lemma 7.74 sarebbe sfu-mata e la formula in forma prenessa finale avrebbe avuto un prefisso di quattroquantificatori.

Il lemma 7.74 si limita a considerare il caso in cui la variabile su cui si effettuala quantificazione sia la stessa in entrambe le sottoformule della formula in consi-derazione. Esso puo venir agevolmente generalizzato al caso in cui le due variabilisiano diverse.

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7. LOGICA CON UGUAGLIANZA 91

Lemma 7.99. Se z e una variabile che non occorre libera ne in ∀xF (equivalen-temente, in ∃xF ) ne in ∀y G (equivalentemente, in ∃y G) e le sostituzioni {x/z} e{y/z} sono ammissibili rispettivamente in F e in G allora:

∀xF ∧ ∀y G ≡ ∀z(F{x/z} ∧G{y/z}),∃xF ∨ ∃y G ≡ ∃z(F{x/z} ∨G{y/z}),∀xF → ∃y G ≡ ∃z(F{x/z} → G{y/z}).

Dimostrazione. Le tre equivalenze logiche si ottengono in modo simile. Atitolo di esempio consideriamo la terza equivalenza logica:

∀xF → ∃y G ≡ ∀z F{x/z} → ∃z G{y/z} ≡ ∃z(F{x/z} → G{y/z}),

dove la prima equivalenza e giustificata dal lemma 7.61 (e dal lemma 7.39), mentrela seconda equivalenza sfrutta l’equivalenza corrispondente del lemma 7.74. �

Spesso nelle applicazioni del lemma 7.99 la variabile z puo essere scelta comex oppure y.

Esempio 7.100. Consideriamo nuovamente la formula dell’esempio 7.83 ed uti-lizziamo il lemma 7.99 per trasformarla in forma prenessa usando il minimo numerodi quantificatori. Per diminuire la lunghezza dell’esempio effettuiamo piu passaggisimultaneamente:

¬(∀x p(x)→ ¬(∃y r(y, y) ∨ ∀z q(z))) ≡ ¬(∀x p(x)→ ¬∃y ∀z(r(y, y) ∨ q(z)))≡ ¬(∀x p(x)→ ∀y ∃z ¬(r(y, y) ∨ q(z)))≡ ¬∀y(∀x p(x)→ ∃z ¬(r(y, y) ∨ q(z)))≡ ¬∀y ∃x(p(x)→ ¬(r(y, y) ∨ q(x)))

≡ ∃y ∀x¬(p(x)→ ¬(r(y, y) ∨ q(x))).

Nel passaggio dalla terza alla quarta riga abbiamo utilizzato il lemma 7.99, sce-gliendo come variabile x.

Esercizio 7.101. Mettete le formule dell’esempio 7.85 e dell’esercizio 7.95 informa prenessa, usando il minimo numero di quantificatori possibili.

Combinando gli algoritmi descritti in questa sezione con l’algoritmo 3.18 perla trasformazione in forma normale congiuntiva e possibile trasformare qualunqueformula in una formula logicamente equivalente in forma prenessa con matrice informa normale congiuntiva. Questa “forma normale” per formule predicative e utilein diverse applicazioni, che purtroppo non abbiamo il tempo di descrivere in questedispense.

7. Logica con uguaglianza

Nella sezione 6.7 abbiamo introdotto i linguaggi in cui compare il simbolo =, e aquesto simbolo di relazione binario abbiamo assegnato un ruolo particolare. Questoruolo si riflette nel fatto che per linguaggi con uguaglianza vogliamo restringere lanostra attenzione a interpretazioni in cui = e interpretato “correttamente”.

Definizione 7.102. Un’interpretazione I per un linguaggio L che comprende ilsimbolo di relazione binario = e detta interpretazione normale, se = e interpretatacome la relazione di identita su DI , vale a dire se =I e

{(d, d) : d ∈ DI

}.

Un esempio di interpretazione normale e quello dell’esempio 7.15.Nel descrivere un’interpretazione normale si indica, oltre al dominio dell’inter-

pretazione, solo le interpretazioni dei simboli diversi da =.

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92 7. SEMANTICA DELLA LOGICA PREDICATIVA

Notazione 7.103. Se scriviamo I, σ �= F intendiamo dire che I, σ � F e cheI e un’interpretazione normale.

Il prossimo lemma stabilisce un legame tra le interpretazioni normali e l’insiemedi assiomi dell’uguaglianza EqL introdotto nella definizione 6.64. Esso afferma cheEqL esprime alcune delle proprieta fondamentali dei linguaggi con uguaglianza.

Lemma 7.104. Se I e un’interpretazione normale per L∪{=} allora I �= EqL.

Dimostrazione. Immediata, ispezionando la definizione 6.64. �

Esempio 7.105. L’inverso del lemma 7.104 non e vero, cioe non e vero che seun’interpretazione I e un modello degli assiomi dell’uguaglianza allora I e normale(si veda pero il teorema 9.33).

L’interpretazione I per il linguaggio con uguaglianza L = {p,=} definita daDI = {A,B,C}, pI = {A,C}, =I= {(A,A), (B,B), (C,C), (A,C), (C,A)} non enormale, ma e facile verificare (fatelo!) che I � EqL.

Usando le interpretazioni normali e possibile definire una semantica per la lo-gica con uguaglianza: essa e del tutto analoga alla semantica definita nelle sezio-ni precedenti per linguaggi arbitrari (per distinguerla quest’ultima viene talvoltachiamata semantica per la logica pura), ma con la restrizione che vengono prese inconsiderazione solamente le interpretazioni normali.

Definizione 7.106. Siano T e G un insieme di formule ed una formula dellostesso linguaggio L. Diciamo che G e conseguenza logica nella logica con uguaglianzadi T (e scriviamo T �= G) se per ogni interpretazione normale I per L ed ogni statoσ di I tale che I, σ �= T si ha anche I, σ �= G. Se T = {F} allora scriviamo F �= Ge diciamo che G e conseguenza logica nella logica con uguaglianza di F . Diciamoche F e G sono logicamente equivalenti nella logica con uguaglianza (e scriviamoF ≡= G) se F �= G e G �= F .

Esempio 7.107. Se T e F sono un insieme di formule ed una formula dellinguaggio con uguaglianza L e si ha T � F , allora T �= F . Infatti per stabilire cheT � F bisogna prendere in considerazione tutte le interpretazioni per L, e tra diesse ci sono anche tutte quelle normali.

Se invece sappiamo che T �= F non possiamo concludere che T � F . Ad

esempio �= a = a (perche in ogni interpretazione normale I si ha (aI , aI) ∈ =I),

ma 6� a = a (e facile costruire un’interpretazione non normale in cui (aI , aI) /∈ =I).

Esercizio 7.108. Dimostrare che p(a),¬p(b) �= a 6= b e che p(a),¬p(b) 2 a 6= b.

Definizione 7.109. Sia F una formula.

• F e valida nella logica con uguaglianza se per ogni interpretazione normaleI per L(F ) si ha I �= F ;

• F e soddisfacibile nella logica con uguaglianza se per qualche interpreta-zione normale I per L(F ) e qualche stato σ di I si ha I, σ �= F ;

• F e insoddisfacibile nella logica con uguaglianza se per ogni interpretazionenormale I per L(F ) e ogni stato σ di I si ha I, σ 6�= F .

Esercizio 7.110. Rispondete alle seguenti domande, fornendo dei controesem-pi se la risposta e negativa:

(a) Se F e valida nella logica con uguaglianza allora F e valida?(b) Se F e valida allora F e valida nella logica con uguaglianza?(c) Se F e soddisfacibile nella logica con uguaglianza allora F e soddisfacibile?(d) Se F e soddisfacibile allora F e soddisfacibile nella logica con uguaglianza?(e) Se F e insoddisfacibile nella logica con uguaglianza allora F e insoddisfa-

cibile?

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7. LOGICA CON UGUAGLIANZA 93

(f) Se F e insoddisfacibile allora F e insoddisfacibile nella logica con ugua-glianza?

Esempio 7.111. Sia H1 l’enunciato ∀x ∀y x = y. Si verifica facilmente cheI �= H1 se e solo se DI ha esattamente un elemento (ricordate che DI e semprenon vuoto).

Siano F2 e G2 gli enunciati ∃x∃y x 6= y e ∀x∀y ∀z(x = y ∨ x = z ∨ y = z).In questo caso si ha che I �= F2 se e solo se DI ha almeno due elementi, mentre

I �= G2 se e solo se DI ha al piu due elementi. Percio I �= F2 ∧ G2 se e solo se

DI ha esattamente due elementi. Se H2 e ∃x∃y(x 6= y ∧ ∀z(z = x ∨ z = y)) si haH2 ≡= F2 ∧G2 e quindi I �= H2 se e solo se DI ha esattamente due elementi.

Piu in generale, per ogni n > 0 si possono scrivere enunciati (sempre piu lunghial crescere di n) Fn, Gn e Hn tali che

• I �= Fn se e solo se DI ha almeno n elementi;

• I �= Gn se e solo se DI ha al piu n elementi;

• I �= Fn ∧ Gn se e solo se I �= Hn se e solo se DI ha esattamente nelementi.

Esercizio 7.112. Nella notazione dell’esempio 7.111 scrivete gli enunciati F3,G3 e H3.

L’esempio 7.111 mostra come nella logica con uguaglianza sia possibile in uncerto senso “contare” gli elementi del dominio. Questo resta possibile fino a che siha a che fare con interpretazioni con dominio di cardinalita finita e fissata. Infatti(ma per dimostrarlo servono metodi che esulano dall’ambito di questo corso) nonesiste un enunciato F tale che I �= F se e solo se DI e finito.

Esempio 7.113. Sia L un linguaggio con uguaglianza che contiene un simbolodi relazione unario p. La formula ∃x(p(x) ∧ ∀y(p(y)→ y = x)) asserisce che esisteesattamente un elemento che soddisfa p. La formula ∃x∃y(x 6= y ∧ p(x) ∧ p(y))asserisce che esistono almeno due elementi che soddisfano p.

Esercizio 7.114. Nel linguaggio dell’esempio precedente, scrivete una formulache asserisce che esistono esattamente due elementi che soddisfano p.

Esercizio 7.115. Nel linguaggio dell’esempio 7.113, per ogni numero naturalen > 1, scrivete una formula Fn tale che

I �= Fn se e solo sepI ha almeno n elementi e

DI \ pI ha almeno n elementi.

Esercizio 7.116. Nel linguaggio con uguaglianza che contiene un simbolo fun-zionale unario f e un simbolo relazionale binario r scrivete un enunciato F chetraduce “ogni elemento nell’immagine di f e in relazione r con se stesso, ma nullae in relazione r con la sua immagine secondo f”. Dimostrate che

F �= ∀x f(x) 6= x.

Esercizio 7.117. Nel linguaggio con uguaglianza che contiene i simboli rela-zionali unari p e q scrivete enunciati F , G e H tali che per ogni interpretazionenormale I si abbia che:

(i) I �= F se e solo se esistono almeno due elementi del dominio che nonsoddisfano ne p ne q;

(ii) I �= G se e solo se esiste al piu un elemento del dominio che soddisfa q;(iii) I �= H se e solo se esistono esattamente tre elementi del dominio che

soddisfano uno solo tra p e q.

Definite un’interpretazione normale che soddisfa i tre enunciati e ha dominio dicardinalita minima possibile.

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CAPITOLO 8

Traduzioni dal linguaggio naturale

In questo capitolo ci occuperemo di tradurre frasi del linguaggio naturale (nelnostro caso, l’italiano) in formule (in realta enunciati) e viceversa. Il problemaanalogo per la logica proposizionale e stato trattato nella sezione 2.5: la ricchezzaespressiva della logica predicativa ci permette di tradurre in modo piu preciso moltefrasi del linguaggio naturale.

Il metodo migliore per familiarizzarsi con queste traduzioni e naturalmentela pratica. Per questa ragione questo capitolo (cosı come la sezione 2.5) consisteprevalentemente di esempi ed esercizi.

Anche nel caso predicativo la traduzione dal linguaggio formale al linguaggionaturale non presenta in genere difficolta, mentre la direzione inversa e spesso piudelicata.

1. Traduzioni di frasi

Esempio 8.1. Sia {a, b, v, d} un linguaggio in cui a e b sono simboli di costante(da interpretarsi rispettivamente come “Andrea” e “Bruna”) e v e d sono simbolidi relazione unari (v(x) da interpretarsi come “x va alla festa”, d(x) come “x sidiverte”).

La formula v(b)∧d(b)→ ¬v(a) viene interpretata come “se Bruna va alla festae si diverte allora Andrea non va alla festa”.

La frase “Andrea va alla festa e Bruna no, oppure Andrea va alla festa e Brunasi diverte” viene tradotta nella formula (v(a) ∧ ¬v(b)) ∨ (v(a) ∧ d(b)).

La formula ∃x(v(x) ∧ ¬d(x)) viene interpretata come “qualcuno va alla festa enon si diverte” oppure “c’e qualcuno che non si diverte, pur andando alla festa”.

La frase “tutti quelli che vanno alla festa si divertono” viene tradotta nellaformula ∀x(v(x)→ d(x)), che traduce anche “chi va alla festa si diverte”.

Nota 8.2. Per tradurre in un linguaggio proposizionale la prima frase dell’e-sempio 8.1 avremmo scelto alcune lettere proposizionali (ad esempio p per “Brunava alla festa”, q per “Bruna si diverte” e r per “Andrea va alla festa”) e la tradu-zione sarebbe stata p∧ q → ¬r. In questa formula proposizionale non c’e traccia nedel fatto che Bruna e l’oggetto delle prime due affermazioni atomiche ne del fattoche Andrea non fa cio che fa Bruna (divertirsi).

L’espressivita della logica predicativa emerge quindi anche se non si usano quan-tificatori, ma e ancora piu evidente nel caso di espressioni che riguardano la tota-lita degli oggetti considerati. Come notato nell’introduzione del Capitolo 1, l’uni-co modo per tradurre “tutti quelli che vanno alla festa si divertono” nella logicaproposizionale e quello di introdurre una lettera proposizionale che corrisponda aquesta affermazione. La traduzione predicativa ∀x(v(x)→ d(x)) e invece molto piuespressiva.

Esempio 8.3. Utilizziamo il linguaggio {m, d, c, s} dove m e d sono simboli direlazione unari (m(x) sta per “x e un malato”, d(x) sta per “x e un dottore”) e ce s sono simboli di relazione binari (c(x, y) sta per “x cura y” e s(x, y) sta per “xstima y”).

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1. TRADUZIONI DI FRASI 95

“Ogni malato non stima se stesso” e tradotto da

∀x(m(x)→ ¬s(x, x)).

“Ci sono dottori che curano se stessi” e tradotto da

∃x(d(x) ∧ c(x, x)).

“Qualche malato stima tutti i dottori che lo curano” e tradotto da

∃x(m(x) ∧ ∀y(d(y) ∧ c(y, x)→ s(x, y))).

“Tutti i malati stimano almeno un dottore che li cura” e tradotto da

∀x(m(x)→ ∃y(d(y) ∧ c(y, x) ∧ s(x, y))).

Notate come l’ultima formula sia logicamente equivalente (per il lemma 7.69) a

∀x ∃y(m(x)→ d(y) ∧ c(y, x) ∧ s(x, y)),

che puo quindi essere considerata un’altra traduzione corretta della frase in esame.

Nota 8.4. Questi esempi evidenziano come in queste traduzioni ∀ spesso pre-ceda un’implicazione (e l’antecedente dell’implicazione restringe l’ambito degli ele-menti a cui si applica ∀, nel caso della prima frase dell’esempio 8.3 ai malati),mentre ∃ spesso preceda una congiunzione (l’elemento di cui si asserisce l’esistenzaha spesso diverse proprieta, nel caso della seconda frase oltre ad essere un dottoreha la caratteristica di curare se stesso).

Se in una traduzione dal linguaggio naturale si ottiene una quantificazione uni-versale di una congiunzione, o una quantificazione esistenziale di un’implicazione,e bene controllare accuratamente la propria soluzione.

Esercizio 8.5. Consideriamo il linguaggio {s, c, f, u}, dove s, c e f sono simbolidi relazione unari (da interpretarsi come “x e uno studente”, “x e un computer”e “x e funzionante”) mentre u e un simbolo di relazione binario (da interpretarsicome “x utilizza y”). Considerate le seguenti frasi:

(i) Un computer non e utilizzato da nessuno studente.(ii) Ogni computer funzionante e utilizzato da almeno uno studente.

(iii) Non tutti i computer sono funzionanti.

Quale dei seguenti enunciati e una traduzione di (i)?

∃x(c(x) ∧ ∀y(¬s(y) ∧ ¬u(y, x)));

∃x(c(x)→ ∀y(s(y)→ ¬u(y, x)));

∃x(c(x) ∧ ∀y(s(y)→ ¬u(y, x))).

Qual e il significato degli altri enunciati? Notate che uno di essi e soddisfat-to in ogni interpretazione I tale che cI 6= DI , mentre se l’altro e soddisfatto inun’interpretazione J allora deve essere sJ = ∅. Traducete (ii) e (iii).

Per ora abbiamo considerato solo linguaggi privi di simboli di funzione. Eccoun linguaggio con simboli di funzione.

Esempio 8.6. Sia {c, p, r, s} un linguaggio in cui c e un simbolo di costante, p eun simbolo di funzione unario, r e s sono simboli di relazione binari. Interpretiamoc come “Claudio”, p(x) come “il padre di x”, r(x, y) come “x e parente di y” es(x, y) come “x stima y”.

“Tutti i parenti di Claudio stimati da Claudio, sono stimati anche dal padre diClaudio” e tradotta da

∀x(r(x, c) ∧ s(c, x)→ s(p(c), x)).

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96 8. TRADUZIONI DAL LINGUAGGIO NATURALE

“Claudio stima se stesso e tutti quelli che stimano suo padre, ma non stimasuo padre” e tradotta da

s(c, c) ∧ ∀x(s(x, p(c))→ s(c, x)) ∧ ¬s(c, p(c)).“Claudio stima solo quelli che stimano il loro nonno paterno” e tradotta da

∀x(s(c, x)→ s(x, p(p(x)))).

Esempio 8.7. Sia {b, f, p, c, g, a} un linguaggio dove b e f sono simboli di co-stante, p e un simbolo di funzione unario, c e g sono simboli di relazione unari, ea e un simbolo di relazione binario. Interpretiamo b come “Bobi”, f come “Fifı”,p(x) come “il padrone di x”, c(x) come “x e un cane”, g(x) come “x e un gatto”,a(x, y) come “x ama y”.

“Bobi non ama il padrone di Fifı” e tradotta da

¬a(b, p(f)).

“Tutti i cani e i gatti amano i loro padroni” e tradotta da

∀x(c(x) ∨ g(x)→ a(x, p(x)))

oppure da∀x(c(x)→ a(x, p(x))) ∧ ∀x(g(x)→ a(x, p(x))).

Notiamo come nel primo enunciato “e” sia stato tradotto da ∨. Infatti l’enunciato

∀x(c(x) ∧ g(x)→ a(x, p(x)))

corrisponde all’affermazione “tutti coloro che sono sia cane che gatto amano i loropadroni”, che ha un significato ben diverso.

“Tutti i cani non amano i padroni di un gatto” e tradotta da

∀x(c(x)→ ∀y(g(y)→ ¬a(x, p(y)))),

oppure da∀x∀y(c(x) ∧ g(y)→ ¬a(x, p(y)))

(i due enunciati sono logicamente equivalenti).

Esercizio 8.8. Formalizzate “se ogni sorella di Gianni litiga con almeno unasorella di Fabio, il miglior amico di Gianni litiga con il miglior amico di Fabio”utilizzando il linguaggio {g, f, s,m, l} dove g, f sono costanti (che denotano rispet-tivamente “Gianni” e “Fabio”), m e un simbolo di funzione unario (m(x) sta per“il miglior amico di x”), s e l sono simboli di relazione binari (s(x, y) sta per “x esorella di y” e l(x, y) sta per “x litiga con y”).

Esempio 8.9. Utilizziamo il linguaggio dell’esempio 6.4. Ecco alcune traduzio-ni:

(a) “su qualche numero reale seno e coseno coincidono”

∃x sin(x) = cos(x);

(b) “esistono due numeri reali distinti tali che il seno del primo e minore delcoseno del secondo”

∃x ∃y(x 6= y ∧ sin(x) < cos(y)).

Esercizio 8.10. Traducete le frasi seguenti utilizzando il linguaggio dell’esem-pio 6.5:

(a) “la stringa vuota e segmento iniziale di ogni stringa”;(b) “ogni stringa e segmento iniziale della sua concatenazione con un’altra

stringa”;(c) “ogni stringa e segmento iniziale della sua concatenazione con un’altra

stringa o con se stessa”;

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1. TRADUZIONI DI FRASI 97

(d) “esistono due stringhe che non sono l’una segmento iniziale dell’altra”;(e) “qualche stringa ha tutte le stringhe come segmento iniziale”.

Esercizio 8.11. Traducete le frasi seguenti utilizzando il linguaggio dell’esem-pio 6.6:

(a) “un sottoinsieme di un insieme appartiene all’insieme delle parti di quel-l’insieme”;

(b) “esiste un insieme i cui elementi sono anche suoi sottoinsiemi”.

Esercizio 8.12. Introducendo opportuni linguaggi, traducete le frasi seguenti:

(a) “Se tutti gli uomini sono mortali e Socrate e un uomo, allora Socrate emortale”.

(b) “Se tutti i gatti sono animali e Fifı e un gatto, allora Fifı e un animale”(confrontate questa traduzione con quella di (a)).

(c) “Se ogni amico di Mario e amico di Luca e Pietro non e amico di Mario,allora Pietro non e amico di Luca”.

(d) “Nessun ladro e onesto”.(e) “Se tutti i filosofi intelligenti sono curiosi e solo i tedeschi sono filosofi

intelligenti, allora, se ci sono filosofi intelligenti, qualche tedesco e curioso”.(f) “Il cervello di un delfino e piu grande di quello di un topo”.

[Suggerimento: utilizzate il linguaggio contenente il simbolo di funzione unario

c (“il cervello di x”), il simbolo di relazione binario g (“x e piu grande di y”) e

i simboli di relazione unari d e t (“x e un delfino” e “x e un topo”).]

(g) “Se Carlo e piu basso di Luca, allora almeno un amico di Carlo e piu bassodi tutti gli amici di Luca”.

(h) “Se tutti gli studenti sono persone serie, tutti gli studenti sono studiosi etutte le persone serie e studiose non fanno tardi la sera, allora se esistequalcuno che fa tardi la sera, non tutti sono studenti”.

Esercizio 8.13. Utilizzando il linguaggio {u, c, d, a} dove u e un simbolo difunzione unario (u(x) sta per “l’ultimo cd di x”), c e un simbolo di relazione unario(c(x) sta per “x e un cantante”) e d, a sono simboli di relazione binari (d(x, y) staper “x e un cd di y” e a(x, y) sta per “x acquista y”), formalizzate le frasi seguenti:

(a) “qualcuno acquista tutti i cd di qualche cantante”;(b) “ogni cd di un cantante e sempre acquistato da qualcuno”;(c) “l’ultimo cd di un cantante e sempre acquistato da qualcuno”.

Esercizio 8.14. Introducendo un linguaggio opportuno, traducete le frasi se-guenti (che conducono a formule prive di quantificatori e con variabili libere): “x2

e pari, se x e pari”, “una condizione sufficiente affinche x sia dispari e che x siaprimo”, “una condizione necessaria affinche x2 sia pari e che x non sia primo”.[Suggerimento: utilizzate i simboli di relazione p(x) (“x e pari”), pr(x) (“x e primo”), il

simbolo funzionale f(x) (“il quadrato di x”) e considerate “dispari” come la negazione di

“pari”].

Esercizio 8.15. Considerate il linguaggio {b, d, c, t, a}, dove b e d sono simbolidi costante che rappresentano Barbara e Donatella, c e t sono simboli di relazioneunari (c(x) sta per “x ama il cinema”, t(x) sta per “x ama il teatro”), mentre a eun simbolo di relazione binario (a(x, y) sta per “x e amico di y”). Formalizzate nellinguaggio le seguenti frasi:

(a) Chi e amico di qualcuno che ama il cinema, ama il cinema.(b) Chi ama il teatro, e amico di qualcuno che ama il teatro.(c) Barbara e amica di Donatella e ama il teatro, ma non il cinema.

Esercizio 8.16. (?) Sia L = {r} dove r e un simbolo di relazione binario.Formalizzate in L le seguenti proprieta:

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98 8. TRADUZIONI DAL LINGUAGGIO NATURALE

(a) r e transitiva;(b) r non e riflessiva su alcun punto.

Siano Fa e Fb gli enunciati corrispondenti. Dimostrate che l’enunciato

∀x∃y r(x, y) ∧ Fa ∧ Fbnon e vero in nessuna interpretazione con dominio finito, ma e soddisfacibile.

2. Traduzioni di argomenti

La nozione di conseguenza logica ci permette di analizzare la correttezza deiragionamenti, come discusso nell’introduzione.

Esempio 8.17. Consideriamo le frasi seguenti:

(i) Tutti gli attori ed i giornalisti invitati alla festa sono in ritardo.(ii) Qualcuno e puntuale.

(iii) Qualche invitato non e ne attore ne giornalista.

Utilizziamo il linguaggio {a, g, i, p}, dove a(x) sta per “x e un attore”, g(x) staper “x e un giornalista”, i(x) sta per “x e invitato alla festa” e p(x) sta per “x epuntuale”. Le frasi precedenti vengono tradotte rispettivamente da

∀x ((a(x) ∨ g(x)) ∧ i(x)→ ¬p(x)) ; ∃x p(x); ∃x(i(x) ∧ ¬a(x) ∧ ¬g(x)).

(Notate che in (i) “e” e stato tradotto da ∨: vedere l’esempio 8.7.)Indicando con F , G e H queste tre traduzioni abbiamo che F,G 2 H (trovate

un’interpretazione che lo mostri!) e quindi possiamo dire che la frase in (iii) nonsegue logicamente dalle frasi in (i) e (ii), e quindi il ragionamento che deduce (iii)a partire da (i) e (ii) non e corretto.

Esercizio 8.18. Se nell’esempio precedente (ii) venisse sostituita da “qualcheinvitato e puntuale” il ragionamento diventerebbe corretto?

Esercizio 8.19. Esaminate alla luce di cio che avete imparato sinora gli esempidi pagina 1, stabilendo rigorosamente quali dei tre argomenti sono corretti.

Esercizio 8.20. Utilizzando il linguaggio {s, p, v, g} dove i quattro simbolisono simboli di relazione predicati unari, da interpretarsi come come “x e stupi-do”, “x e presuntuoso”, “x e vanitoso”, e “x e simpatico”, ed inoltre considerando“antipatico” come la negazione di “simpatico”, formalizzate le frasi seguenti:

(i) tutti gli stupidi sono presuntuosi o vanitosi;(ii) i presuntuosi sono antipatici;

(iii) le persone simpatiche non sono vanitose;(iv) tutti gli stupidi sono antipatici.

Possiamo dire che la frase in (iv) segue logicamente dalle precedenti?

Esercizio 8.21. Formalizzate in un linguaggio opportuno il seguente argo-mento: “alcuni studenti apprezzano tutti i professori, ogni studente non apprezzai ciarlatani, dunque nessun professore e un ciarlatano”. Verificate la correttezzadell’argomento.

Esercizio 8.22. (?) Sia r un simbolo di relazione binario e sia F l’enunciato∀x(∃y r(x, y)→ r(x, x)).

(a) Dimostrate che F e vero in ogni interpretazione I in cui rI e una relazionesimmetrica e transitiva.

(b) Scrivete un enunciatoG che esprima il fatto che r e simmetrica e transitiva.Stabilite se G � F .

Esercizio 8.23. Formalizzate in un opportuno linguaggio le frasi seguenti:

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3. TRADUZIONI CON UGUAGLIANZA 99

(a) Tutti coloro che scendono dall’aereo tranne i membri dell’equipaggio sonoperquisiti da almeno un poliziotto.

(b) Alcuni ladri scendono dall’aereo e sono perquisiti solo da ladri.(c) Nessun ladro e membro dell’equipaggio.(d) Alcuni poliziotti sono ladri.

Siano Fa, Fb, Fc e Fd gli enunciati corrispondenti: stabilite se Fa ∧ Fb ∧ Fc � Fd.

3. Traduzioni con uguaglianza

La presenza dell’uguaglianza in un linguaggio ci permette di estendere le frasiche possiamo tradurre.

Esempio 8.24. Consideriamo il linguaggio con uguaglianza {a, b,m, c,=} dovea e b sono simboli di costante, m e un simbolo di funzione unario e c un simbolodi relazione binario. Supponiamo che a e b rappresentino Anna e Barbara, m(x)“la madre di x” e c(x, y) significhi “x conosce y”. Ecco alcune traduzioni in questolinguaggio:

• Barbara non e madre di nessuno;

∀xm(x) 6= b

• Anna e la madre di qualcuno;

∃xm(x) = a

• Barbara e l’unica figlia di Anna;

m(b) = a ∧ ∀x(x 6= b→ m(x) 6= a) oppure m(b) = a ∧ ∀x(m(x) = a→ x = b)

• Anna ha almeno due figli;

∃x∃y(m(x) = a ∧m(y) = a ∧ x 6= y)

• Anna ha al piu due figli;

∀x∀y ∀z(m(x) = a ∧m(y) = a ∧m(z) = a→ x = y ∨ y = z ∨ x = z)

• Anna ha esattamente due figli;si puo usare la congiunzione delle due formule precedenti, oppure

∃x∃y(m(x) = a ∧m(y) = a ∧ x 6= y ∧ ∀z(m(z) = a→ z = x ∨ z = y))

• i figli di Anna conoscono Barbara;

∀x(m(x) = a→ c(x, b))

• ogni figlio di Anna conosce un figlio di Barbara;

∀x(m(x) = a→ ∃y(m(y) = b ∧ c(x, y)))

• un figlio di Barbara e conosciuto da tutti i figli di Anna;

∃y(m(y) = b ∧ ∀x(m(x) = a→ c(x, y)))

Esercizio 8.25. Nel linguaggio dell’esempio 8.24 traducete le seguenti frasi:

(a) Anna e Barbara hanno la stessa madre;(b) Anna e l’unica a non conoscere la madre di Barbara;(c) due figli di Barbara conoscono Anna;(d) la madre di Anna ha un altro figlio.

Esercizio 8.26. Nel linguaggio con uguaglianza {a, f, r,=}, dove a e un sim-bolo di costante, f un simbolo funzionale unario, r un simbolo di relazione binario,traducete le frasi seguenti:

(a) “f e una funzione suriettiva ma non iniettiva”;

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100 8. TRADUZIONI DAL LINGUAGGIO NATURALE

(b) “ogni elemento del dominio e in relazione r con la sua immagine secondof”;

(c) “a non appartiene all’immagine di f”.

Esercizio 8.27. Nel linguaggio con uguaglianza {2,×, |,=} dove 2 e un simbolodi costante (che sta per il numero naturale 2), × e un simbolo funzionale binario(x × y sta per “il prodotto di x ed y”), e | e un simbolo di relazione binario (x|ysta per “x divide y”), traducete le frasi seguenti:

(a) “x e pari”;(b) “x e il quadrato di qualche numero”;(c) “x e un numero composto”;(d) “x e un numero primo”;(e) “4 e un numero primo”;(f) “se un numero primo divide un prodotto, allora divide uno dei fattori”;(g) “il quadrato di ogni numero pari diverso da due non e primo”;(h) “ogni numero che dividendo un prodotto divide uno dei fattori, e primo”.

Esercizio 8.28. Nel linguaggio con uguaglianza {a, b, d,m, p,=}, dove a e bsono simboli di costante da interpretarsi come “Andrea” e “Barbara”, d e m sonosimboli di funzione unari da interpretarsi come “il dentista di x”, e “la madre dix” e p e un simbolo di relazione binario da interpretarsi come “x e parente di y”,traducete le frasi:

(a) La madre di Andrea e parente del dentista di Barbara, che e anche ildentista di Andrea;

(b) Il dentista di Andrea e il dentista di tutti i parenti di Barbara, ad eccezionedella madre di Barbara, che ha un altro dentista.

Esercizio 8.29. Nel linguaggio dell’esercizio 8.13 cui avete aggiunto il simbolo=, traducete “qualcuno acquista l’ultimo cd di qualche cantante, ma non gli altricd dello stesso cantante”.

4. Traduzioni in linguaggi multisorta

Se consideriamo le interpretazioni di alcuni degli esempi precedenti possiamonotare che il linguaggio utilizzato ci obbliga a definire l’interpretazione di simbolidi funzione anche per elementi del dominio in cui non pare che cio abbia senso.Un’interpretazione I del linguaggio dell’esempio 8.7 contiene la definizione di pI(d)(che significa “il padrone di d”) per ogni d ∈ DI . Dato che in DI sono compresinon solo cani e gatti, ma anche esseri umani (come presumibilmente e pI(bI)), ciopuo lasciare perplessi.

Un modo di risolvere questo problema e quello di definire in maniera arbitrariapI(d) quando d non ha padrone. In questo caso e opportuno considerare solamenteformule la cui verita dipende solo dal valore assunto da p su elementi del dominio chedenotano individui con padrone (di questo tipo sono le formule ottenute nell’esempio8.7).

Un secondo approccio e quello dei linguaggi multisorta, in cui gli elementi deldominio di un’interpretazione sono divisi in diverse sorte (dette anche specie o tipi).Quindi anche i simboli del linguaggio devono essere associati a queste sorte.

Ci limitiamo ad introdurre i linguaggi multisorta attraverso un esempio.

Esempio 8.30. Nel caso dell’esempio 8.7 e naturale considerare un linguaggiocon due sorte: animali e umani.

Ogni variabile appartiene a una e una sola di queste sorte ed e comodo usaread esempio variabili minuscole per gli animali e variabile maiuscole per gli umani.Anche i simboli di costante appartengono ad una sorte (b e f appartengono alla

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4. TRADUZIONI IN LINGUAGGI MULTISORTA 101

sorte animali). Per ogni simbolo funzionale e necessario specificare tra quali sorteesso agisce. Ad esempio p associa ad un oggetto di sorta animali un oggetto dellasorta umani. In questo modo ogni termine appartiene ad una sorta e ad esempiop(b) appartiene alla sorta umani. Quindi p(p(b)) non e un termine del linguaggiomultisorta (perche p non si applica al termine p(b) che appartiene alla sorta umani),e percio non deve essere interpretato. Similmente e necessario stabilire per ognisimbolo di relazione ai termini di quali sorte puo essere applicato per formare unaformula atomica. Ad esempio possiamo stabilire che c e g sono simboli di relazioneper la sorta animali mentre a e un simbolo di relazione che collega un terminedella sorta animali con uno della sorta umani.

In questo linguaggio (ed utilizzando anche l’uguaglianza) “tutti i cani amanochi non e padrone di un gatto” viene tradotto da

∀x(c(x)→ ∀Y (¬∃z(g(z) ∧ p(z) = Y )→ a(x, Y ))).

Notate l’uso della variabile maiuscola per riferirsi ad un essere umano.

Esercizio 8.31. Descrivete un linguaggio multisorta per il linguaggio dell’e-sercizio 8.13, in cui non ha senso parlare del “cd di un cd”.

Esercizio 8.32. Formalizzate in un linguaggio multisorta la frase: “Se ogniscrittore e apprezzato da almeno un lettore, ed ogni lettore legge i libri degli scrittoriche apprezza, allora ogni libro e letto da qualcuno”.

Un linguaggio multisorta puo comunque essere ricondotto ad un linguaggiopredicativo che rispetta la definizione 6.2. Anche in questo caso ci limitiamo aspiegare il procedimento attraverso un esempio.

Esempio 8.33. Consideriamo il linguaggio multisorta definito nell’esempio 8.30.Per ricondurlo ad un linguaggio predicativo introduciamo due nuovi simboli direlazione unari an e u, dove an(x) e u(x) sono interpretati rispettivamente come“x e un animale” e “x e un umano”. La formula

∀X ∃y p(y) = X

diventa allora un’abbreviazione per

∀x(u(x)→ ∃y(an(y) ∧ p(y) = x)).

Nella semantica di questo linguaggio si considerano solo interpretazioni che soddi-sfano l’enunciato

∀x((an(x) ∨ u(x)) ∧ ¬(an(x) ∧ u(x)))

che esprime che ogni individuo appartiene ad esattamente una sorta.

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CAPITOLO 9

Interpretazioni elementarmente equivalenti

In questo capitolo studieremo una importante relazione che puo intercorreretra diverse interpretazioni per lo stesso linguaggio. Nella prima sezione definiremola nozione di equivalenza elementare e individueremo una condizione sufficiente peressa (corollario 9.14), nella seconda sezione introdurremo il concetto di congruenzae nella terza sezione useremo questi due strumenti per ottenere alcuni risultatirelativi alla logica con uguaglianza.

1. Equivalenza elementare e omomorfismi forti

Due interpretazioni per lo stesso linguaggio sono simili se soddisfano gli stessienunciati.

Definizione 9.1. Diciamo che due interpretazioni I e J per un linguaggio Lsono elementarmente equivalenti rispetto a L se per ogni enunciato F di L si ha cheI � F se e solo se J � F . In questo caso scriviamo I ≡L J .

Esercizio 9.2. Dimostrare che se per ogni enunciato F di L si ha che I � Fimplica J � F allora I ≡L J .[Suggerimento: se F e un enunciato anche ¬F e un enunciato.]

L’essere elementarmente equivalenti e una relazione d’equivalenza tra le inter-pretazioni dello stesso linguaggio, come e immediato verificare.

Un’altra relazione che puo intercorrere tra due interpretazioni per lo stessolinguaggio e l’esistenza di una funzione che “rispetti” le interpretazioni dei varisimboli del linguaggio. Questa idea e catturata dalla seguente definizione.

Definizione 9.3. Date due interpretazioni I e J per un linguaggio L, unomomorfismo di I in J e una funzione ϕ : DI → DJ tale che:

• per ogni simbolo di costante c di L si ha ϕ(cI) = cJ ;• per ogni simbolo di funzione n-ario f di L ed ogni d1, . . . , dn ∈ DI si haϕ(f I(d1, . . . , dn)) = fJ(ϕ(d1), . . . , ϕ(dn));

• per ogni simbolo di relazione n-ario p di L ed ogni d1, . . . , dn ∈ DI si hache se (d1, . . . , dn) ∈ pI allora (ϕ(d1), . . . , ϕ(dn)) ∈ pJ .

ϕ e un omomorfismo forte se la terza condizione e sostituita da

• per ogni simbolo di relazione n-ario p di L ed ogni d1, . . . , dn ∈ DI si hache (d1, . . . , dn) ∈ pI se e solo se (ϕ(d1), . . . , ϕ(dn)) ∈ pJ .

Se ϕ e un omomorfismo forte che e anche una biiezione allora ϕ e un isomorfismo,le due interpretazioni I e J si dicono isomorfe e scriviamo I ∼= J .

Nota 9.4. Per dimostrare che un omomorfismo ϕ e un omomorfismo fortee sufficiente verificare che per ogni simbolo di relazione n-ario p di L ed ognid1, . . . , dn ∈ DI tali che (d1, . . . , dn) /∈ pI si ha (ϕ(d1), . . . , ϕ(dn)) /∈ pJ .

Due interpretazioni isomorfe sono sostanzialmente la stessa interpretazione: cioche cambia e solo il nome degli elementi del dominio, secondo la corrispondenzadescritta dall’isomorfismo. Sembra naturale congetturare che se I ∼= J allora I ≡L

102

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1. EQUIVALENZA ELEMENTARE E OMOMORFISMI FORTI 103

J . Nel corollario 9.14 dimostreremo una versione piu forte (ottenuta indebolendol’ipotesi) di questa congettura.

L’essere isomorfi e una relazione d’equivalenza tra le interpretazioni di un lin-guaggio fissato (si vede facilmente che l’identita e un isomorfismo di un’interpreta-zione con se stessa, che la funzione inversa di un isomorfismo e un isomorfismo eche la composizione di due isomorfismi e un isomorfismo).

Esempio 9.5. Sia L il linguaggio che consiste del solo simbolo di relazioneunario p. Definiamo tre interpretazioni I, J e K per L ponendo:

DI = {A,B}, pI = {A}; DJ = {0, 1}, pJ = {1}; DK = N; pK = N.

La funzione ϕ : DI → DJ definita da ϕ(A) = 1 e ϕ(B) = 0 e una biiezione ed e unomomorfismo forte: percio e un isomorfismo e I ∼= J . Dato che DI e DK hannocardinalita diversa non puo esistere una biiezione tra questi due insiemi e quindicertamente I e K non sono isomorfi. La funzione ψ : DK → DI definita ponendoψ(n) = A per ogni n ∈ N e un omomorfismo forte. La funzione χ : DI → DK

definita da χ(A) = 7, χ(B) = 4 e un omomorfismo, ma non e un omomorfismoforte (qualunque funzione da DI in DK ha questa proprieta).

Esercizio 9.6. Sia L′ il linguaggio ottenuto da L dell’esempio precedente ag-giungendo un simbolo di costante c. Estendiamo le interpretazioni I, J e K dell’e-sempio precedente a interpretazioni per L′ ponendo cI

′= A, cJ

′= 0 e cK

′= 31.

Dimostrate:

(a) non esiste un omomorfismo di I ′ in J ′;(b) esiste un omomorfismo di J ′ in I ′, ma non esiste un omomorfismo forte di

J ′ in I ′;(c) esiste un omomorfismo forte di K ′ in I ′;(d) esiste un omomorfismo di I ′ in K ′, ma non esiste un omomorfismo forte

di I ′ in K ′;(e) non esiste un omomorfismo di K ′ in J ′;(f) esiste un omomorfismo di J ′ in K ′, ma non esiste un omomorfismo forte

di J ′ in K ′.

Esempio 9.7. Supponiamo che L sia un linguaggio con uguaglianza e I e Jsiano interpretazioni normali per L. Sia ϕ un omomorfismo forte di I in J . L’ultimacondizione nella definizione di omomorfismo forte, applicata al simbolo di relazione=, fa sı che per ogni d1, d2 ∈ DI tali che d1 = d2 si abbia ϕ(d1) = ϕ(d2). Percioogni omomorfismo forte di I in J e un’iniezione.

Definizione 9.8. Siano I e J due interpretazioni per lo stesso linguaggio L esia ϕ : DI → DJ una funzione. Allo stato σ di I corrisponde uno stato ϕ ◦ σ di J ,ottenuto componendo σ e ϕ, cioe tale che per ogni variabile v, (ϕ◦σ)(v) = ϕ(σ(v)).

Notiamo che ϕ ◦ σ e effettivamente uno stato di J . Infatti, ricordando cheσ : Var→ DI , si ha che ϕ ◦ σ : Var→ DJ .

Lemma 9.9. Siano I e J due interpretazioni per un linguaggio L, σ uno stato diI. Se ϕ e un omomorfismo di I in J e t e un termine di L allora ϕ(σ(t)) = (ϕ◦σ)(t).

Dimostrazione. Procediamo per induzione sulla complessita del termine t.Se t e una variabile allora ϕ(σ(t)) = (ϕ ◦ σ)(t) per definizione.Se t e un simbolo di costante c allora ϕ(σ(t)) = ϕ(cI) = cJ = (ϕ ◦ σ)(t) per la

prima condizione nella definizione di omomorfismo.

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104 9. INTERPRETAZIONI ELEMENTARMENTE EQUIVALENTI

Se t e f(t1, . . . , tn) allora

ϕ(σ(t)) = ϕ(f I(σ(t1), . . . , σ(tn)))

= fJ(ϕ(σ(t1)), . . . , ϕ(σ(tn)))

= fJ((ϕ ◦ σ)(t1), . . . , (ϕ ◦ σ)(tn))

= (ϕ ◦ σ)(t),

dove nel passaggio dalla prima alla seconda riga abbiamo usato la seconda condi-zione nella definizione di omomorfismo e nel passaggio dalla seconda alla terza rigal’ipotesi induttiva. �

Lemma 9.10. Siano I e J due interpretazioni per un linguaggio L, σ unostato di I. Se ϕ e un omomorfismo forte di I in J e F e una formula priva diquantificatori allora I, σ � F se e solo se J, ϕ ◦ σ � F .

Dimostrazione. Procediamo per induzione sulla complessita della formulapriva di quantificatori F .

Se F e la formula atomica p(t1, . . . , tn) abbiamo

I, σ � F se e solo se (σ(t1), . . . , σ(tn)) ∈ pI

se e solo se (ϕ(σ(t1)), . . . , ϕ(σ(tn))) ∈ pJ

se e solo se ((ϕ ◦ σ)(t1), . . . , (ϕ ◦ σ)(tn)) ∈ pJ

se e solo se J, ϕ ◦ σ � F,

dove nel passaggio dalla prima alla seconda riga abbiamo usato la terza condizionenella definizione di omomorfismo forte e nel passaggio dalla seconda alla terza rigaquanto appena dimostrato sui termini.

Dato che ci interessano solo le formule prive di quantificatori, i passi induttivi daconsiderare sono quelli in cui F e una negazione, una congiunzione, una disgiunzioneo un’implicazione. Questi passi sono tutti immediati, utilizzando la definizione 7.8e l’ipotesi induttiva. �

Esempio 9.11. Il lemma 9.10 non puo essere estesa alle formule che contengonoquantificatori: se K e I sono le interpretazioni dell’esempio 9.5 si ha che I �∃x¬p(x) mentre K 6� ∃x¬p(x) (dato che abbiamo a che fare con un enunciato none necessario menzionare lo stato), malgrado l’esistenza di un omomorfismo forte diK in I. (Notate che abbiamo dimostrato che I 6≡L K.)

Per estendere il lemma 9.10 a tutte le formule e necessario rafforzare l’ipotesisull’omomorfismo. A questo scopo ci sara utile il seguente lemma.

Lemma 9.12. Siano I e J due interpretazioni per un linguaggio L, ϕ : DI →DJ una funzione qualsiasi e σ uno stato di I. Per ogni x ∈ Var e ogni d ∈ DI glistati ϕ ◦ (σ[x/d]) e (ϕ ◦ σ)[x/ϕ(d)] di J coincidono.

Dimostrazione. Basta dimostrare che per ogni v ∈ Var si ha ϕ◦(σ[x/d])(v) =(ϕ ◦ σ)[x/ϕ(d)](v). L’unico caso in cui cio non segue immediatamente dalla defini-zione 9.8 e quando v e x. In questo caso, applicando le definizioni, si ottiene cheentrambi i membri sono uguali a ϕ(d). �

Teorema 9.13. Siano I e J due interpretazioni per un linguaggio L, σ unostato di I e F una formula di L. Se ϕ e un omomorfismo forte suriettivo di I in Jallora I, σ � F se e solo se J, ϕ ◦ σ � F .

Dimostrazione. La dimostrazione e per induzione sulla complessita di F : ilcaso di base delle formule atomiche ed i passi induttivi relativi ai connettivi sono

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1. EQUIVALENZA ELEMENTARE E OMOMORFISMI FORTI 105

gia stati considerati nella dimostrazione del lemma 9.10, in cui l’ipotesi su ϕ erapiu debole.

Per quanto riguarda i quantificatori cominciamo a considerare il caso in cui Fe ∃xG. Supponiamo che I, σ � F . Esiste allora d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] � G.Per ipotesi induttiva si ha J, ϕ ◦ (σ[x/d0]) � G. Per il lemma 9.12 ϕ ◦ (σ[x/d0]) e(ϕ ◦σ)[x/ϕ(d0)], e quindi J, (ϕ ◦σ)[x/ϕ(d0)] � G. Dunque J, ϕ ◦σ � F . Notate chein questa direzione la suriettivita di ϕ non e stata utilizzata.

Viceversa supponiamo che J, ϕ ◦ σ � F . Esiste allora d′0 ∈ DJ tale che J, (ϕ ◦σ)[x/d′0] � G. Poiche ϕ e suriettiva, esiste d0 ∈ DI tale che ϕ(d0) = d′0. Per illemma 9.12 (ϕ ◦ σ)[x/d′0] e ϕ ◦ (σ[x/d0]), e quindi J, ϕ ◦ (σ[x/d0]) � G. Dall’ipotesiinduttiva segue che I, σ[x/d0] � G, e quindi che I, σ � F .

Supponiamo ora che F sia ∀xG. Se I, σ � F allora per ogni d ∈ DI si haI, σ[x/d] � G e, per ipotesi induttiva, J, (ϕ ◦ σ)[x/ϕ(d)] � G per ogni d ∈ DI . Datoche la suriettivita di ϕ significa che ogni d′ ∈ DJ e della forma ϕ(d) per qualched ∈ DI , abbiamo J, (ϕ ◦ σ)[x/d′] � G per ogni d′ ∈ DJ . Ma allora J, ϕ ◦ σ � F .

Viceversa supponiamo che J, ϕ ◦ σ � F , cioe J, (ϕ ◦ σ)[x/d′] � G per ognid′ ∈ DJ . In particolare J, (ϕ ◦ σ)[x/ϕ(d)] � G per ogni d ∈ DI (qui la suriettivitadi ϕ non e necessaria) e, per ipotesi induttiva, abbiamo che I, σ[x/d] � G per ognid ∈ DI . Allora I, σ � F . �

Corollario 9.14. Se I e J sono interpretazioni per un linguaggio L e esisteun omomorfismo forte suriettivo di I in J , allora I ≡L J . In particolare dueinterpretazioni isomorfe sono elementarmente equivalenti.

Dimostrazione. La prima parte e immediata dal teorema 9.13, ricordandoil corollario 7.13. Per la seconda parte basta osservare che un isomorfismo e unomomorfismo forte suriettivo. �

Esempio 9.15. Sia L = {p} con p simbolo di relazione unario, e sia I0 l’inter-pretazione per L definita da DI0 = {0, 1}, pI0 = {0}.

Se I e una qualsiasi interpretazione per L possiamo definire ϕ : DI → DI0

ponendo

ϕ(d) =

{0 se d ∈ pI ,1 se d /∈ pI .

Si verifica facilmente che ϕ e un omomorfismo forte. Se pI 6= ∅ e pI 6= DI , allora ϕe suriettivo e possiamo concludere che I ≡L I0.

Quindi le interpretazioni I1 e I2 per L definite da DI1 = DI2 = {A,B,C},pI1 = {A,B}, pI2 = {A} sono entrambe elementarmente equivalenti a I0. Dato che≡L e una relazione d’equivalenza (e in particolare e transitiva) possiamo concludereche I1 ≡L I2.

Dimostriamo ora che non esiste un omomorfismo forte suriettivo di I1 in I2. Siaϕ un omomorfismo forte di I1 in I2: dato che A,B ∈ pI1 deve essere ϕ(A), ϕ(B) ∈pI2 e quindi ϕ(A) = ϕ(B) = A. Dato che ϕ(C) e uno solo tra B e C, ϕ non puoessere suriettivo.

In maniera analoga si dimostra che non esiste un omomorfismo forte suriettivodi I2 in I1: partiamo dal fatto che B,C /∈ pI2 per arrivare a ϕ(B) = ϕ(C) = C.

Nota 9.16. L’esempio precedente mostra che e possibile che I ≡L J anchequando non esiste alcun omomorfismo forte suriettivo di I in J o di J in I. Quindi ilcorollario 9.14 esprime una condizione sufficiente ma non necessaria affinche dueinterpretazioni siano elementarmente equivalenti. Percio per provare che I 6≡L Jnon basta mostrare che non ci sono omomorfismi forti suriettivi tra le due interpre-tazioni: e necessario trovare un enunciato F tale che I � F e J 6� F (o viceversa),come e stato fatto nell’esempio 9.11.

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106 9. INTERPRETAZIONI ELEMENTARMENTE EQUIVALENTI

Esercizio 9.17. Siano I, J e K le seguenti interpretazioni per il linguaggioL = {p, r}, dove p e un simbolo di relazione unario e r un simbolo di relazionebinario:

DI = {A,B} pI = {A} rI = {(A,B), (B,A)};DJ = N pJ = {n : n e dispari } rJ = { (n,m) : |n−m| e dispari } ;

DK = Z pK = {n : n e pari } rK = { (n,m) : |n−m| = 1 } .(i) Dimostrate che I ≡L J ;(ii) dimostrate che J 6≡L K;(iii) e vero che I ≡L K?

Esercizio 9.18. In ognuno dei seguenti casi, dite se le interpretazioni I e Jsono elementarmente equivalenti, isomorfe, o se esiste un omomorfismo suriettivo diI in J o di J in I (nei primi cinque esempi le interpretazioni sono definite indicandoprima il dominio e poi le interpretazioni dei simboli di relazione e di funzione, cosıche (a), (b) e (c) si riferiscono ad un linguaggio con un simbolo di relazione binario,(d) ad un linguaggio con un simbolo di relazione unario, (e) ad un linguaggio con unsimbolo di funzione unario ed un simbolo di relazione unario, ed (f) ad un linguaggiocon un simbolo di funzione unario ed un simbolo di relazione binario).

(a) I = (N,≤), J = (Z,≤);(b) I = (Q, <), J = (Z, <);(c) I = (Z,≤), J = (Z,≥);(d) I = (R, {x : x > 0 }), J = (Z, { z : z < 0 });(e) I = (N, {n : n e pari } , S) [dove S(n) = n+ 1], J = (Z, { z : z < 0 } ,−);(f) DI = {A,B}, f I = id, rI = {(A,B)}, DJ = {A,B}, fJ(A) = B,

fJ(B) = A, rJ = {(A,B)}.

Esercizio 9.19. Siano L = {f, r} e L′ = {r} linguaggi in cui f e un simbolodi funzione unario e r e un simbolo di relazione binario. Siano I e J le seguentiinterpretazioni per il linguaggio L:

DI = DJ = Z, f I(n) = fJ(n) = n+ 1,

rI = { (n, n+ 1) : n ∈ Z } , rJ = { (n, n− 1) : n ∈ Z } .Siano inoltre I ′ e J ′ le rispettive restrizioni al linguaggio L′. Stabilite se I ≡L J ese I ′ ≡L′ J ′.

2. Relazioni di congruenza

In questa sezione introduciamo la nozione di relazione di congruenza su un’in-terpretazione e la utilizziamo per definire l’interpretazione quoziente. Il corollario9.31 asserisce che quest’ultima risulta essere elementarmente equivalente all’inter-pretazione di partenza.

Definizione 9.20. Sia I un’interpretazione per L. Una relazione binaria ∼ suldominio DI di I si dice relazione di congruenza su I se

• ∼ e una relazione di equivalenza;• per ogni simbolo di funzione n-ario f di L e per ogni d1, d

′1, . . . , dn, d

′n ∈ DI

tali che d1 ∼ d′1, . . . , dn ∼ d′n vale f I(d1, . . . , dn) ∼ f I(d′1, . . . , d′n);• per ogni simbolo di relazione n-ario p di L e per ogni d1, d

′1, . . . , dn, d

′n ∈

DI tali che d1 ∼ d′1, . . . , dn ∼ d′n vale

(d1, . . . , dn) ∈ pI se e solo se (d′1, . . . , d′n) ∈ pI .

La nozione di congruenza deriva il suo nome dalle relazioni di congruenzamodulo n sugli interi, di cui e una generalizzazione.

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2. RELAZIONI DI CONGRUENZA 107

Esempio 9.21. L’esempio piu semplice di relazione di congruenza e dato dall’i-dentita. Se I e un’interpretazione qualunque, si verifica facilmente che la relazione∼ su DI definita da

d0 ∼ d1 se e solo se d0 = d1

e una relazione di congruenza su I.

Esempio 9.22. Sia L il linguaggio con un simbolo di costante 0, due simboli difunzione binari + e · ed un simbolo di relazione binario r. Sia I l’interpretazioneper L ottenuta ponendo DI = Z, definendo 0I , +I e ·I in modo naturale, ed infinedefinendo rI = { (n,m) : n−m− 1 e un multiplo di 3 }. In altre parole,

(n,m) ∈ rI se e solo se n ≡ m+ 1 (mod 3).

Definiamo una relazione ∼ su Z ponendo n ∼ m se e solo se n −m e un multiplodi 3, cioe

n ∼ m se e solo se n ≡ m (mod 3).

Dal corso di Matematica Discreta sappiamo che ∼ e una relazione di equiva-lenza. Per mostrare che ∼ e una relazione di congruenza su I basta verificare:

se n ≡ n′ e m ≡ m′ allora n+m ≡ n′ +m′,

se n ≡ n′ e m ≡ m′ allora n ·m ≡ n′ ·m′,se n ≡ m+ 1, n ≡ n′ e m ≡ m′ allora n′ ≡ m′ + 1,

dove tutte le congruenze sono modulo 3. Questi fatti discendono da quanto visto aMatematica Discreta a proposito delle classi di congruenza modulo 3.

Definizione 9.23. Se I e un’interpretazione per L e ∼ una relazione di con-gruenza su I, allora possiamo definire l’interpretazione quoziente I/∼ di I rispettoa ∼. I/∼ e l’interpretazione per L il cui dominio e DI/∼ =

{[d] : d ∈ DI

}, dove

[d] ={d′ ∈ DI : d′ ∼ d

}e la classe d’equivalenza di d, e le interpretazioni dei

simboli di costante, funzione e relazione sono definite come segue:

• per ogni simbolo di costante c, cI/∼ = [cI ];• per ogni simbolo di funzione n-ario f e ogni d1, . . . , dn ∈ DI ,

f I/∼([d1], . . . , [dn]) = [f I(d1, . . . , dn)];

• per ogni simbolo di relazione n-ario p,

pI/∼ ={

([d1], . . . , [dn]) : (d1, . . . , dn) ∈ pI}.

Il dominio di I/∼ e quindi l’insieme delle classi d’equivalenza di ∼, ed e es-senziale per definire l’interpretazione quoziente che ∼ sia una relazione d’equiva-lenza. Le altre condizioni nella definizione di congruenza assicurano che le defi-nizioni di f I/∼ e pI/∼ siano “ben date”, cioe non dipendano dai rappresentan-ti delle classi di equivalenza. Infatti se [d1] = [d′1], . . . , [dn] = [d′n] e neces-sario che [f I(d1, . . . , dn)] = [f I(d′1, . . . , d

′n)] e che (d1, . . . , dn) ∈ pI se e solo se

(d′1, . . . , d′n) ∈ pI .

Esempio 9.24. Riprendiamo l’esempio 9.21. In questo caso ogni classe d’equi-valenza ha un solo elemento e la funzione che manda d ∈ DI in [d] ∈ DI/∼ e unabiiezione. Si verifica facilmente che e un isomorfismo e percio DI/∼ e isomorfo aI. Questo esempio non e quindi molto interessante, perche non abbiamo ottenutoun’interpretazione veramente diversa da quella di partenza.

Esempio 9.25. Riprendiamo l’esempio 9.22. In questo caso DI/∼ ha tre ele-menti, che possiamo indicare con [0], [1] e [2]. Inoltre si ha

0I/∼ = [0], +I/∼([n], [m]) = [n+m], ·I/∼([n], [m]) = [n ·m],

rI/∼ = {([1], [0]), ([2], [1]), ([0], [2])}.

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108 9. INTERPRETAZIONI ELEMENTARMENTE EQUIVALENTI

Ad esempio +I/∼([2], [2]) = [1].

Esempio 9.26. Sia L = {f, r} un linguaggio in cui f e un simbolo di funzioneunario e r e un simbolo di relazione binario. Sia I l’interpretazione per L definitada

DI = {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6}; rI = {(1, 3), (2, 0), (2, 2), (2, 5), (3, 2), (4, 3), (6, 3)}f I(0) = 3; f I(1) = 4; f I(2) = 1; f I(3) = 3; f I(4) = 6; f I(5) = 3; f I(6) = 4.

Vogliamo definire una relazione di congruenza ∼ su I che abbia quattro classid’equivalenza. Dato che 2 e l’unico elemento di DI che compare insieme a 0 neglielementi di rI , non puo essere in relazione di congruenza con nessun altro elementodi DI . Analogamente 3 e l’unico elemento collegato a 1 da rI e non e congruentea nessun altro elemento. Notiamo anche che 1, 4 e 6 sono in relazione rI con 3,mentre 0 e 5 non lo sono. Percio le quattro classi d’equivalenza rispetto a ∼ nonpossono che essere {0, 5}, {1, 4, 6}, {2} e {3}. Inoltre ∼ verifica anche la condizioneche riguarda f , perche f I(0) ∼ f I(5) e f I(1) ∼ f I(4) ∼ f I(6).

Si ha inoltre che DI/∼ = {[0], [1], [2], [3]}, f I/∼([0]) = [3], f I/∼([1]) = [1],f I/∼([2]) = [1], f I/∼([3]) = [3], rI/∼ = {([1], [3]), ([2], [0]), ([2], [2]), ([3], [2])}.

Esercizio 9.27. Sia L = {a, f, r} un linguaggio dove a e un simbolo di costante,f e un simbolo di funzione unario ed r e un simbolo di relazione binario. Sia Il’interpretazione per L definita da:

DI = Z, aI = 19, f I(z) = z − 4,

rI = { (z, z′) : la divisione (z − z′)÷ 4 ha resto 2 } .Sia inoltre ∼ la relazione su Z definita da

z ∼ z′ ⇐⇒ 4 divide z − z′.Dimostrate che ∼ e una relazione di congruenza su I e descrivete l’interpretazionequoziente I/∼.

Esercizio 9.28. Sia I l’interpretazione dell’esempio 7.105. Dimostrate che larelazione =I e una relazione di congruenza su I e descrivete I/=I .

Definizione 9.29. Se I e un interpretazione per L e ∼ e una relazione dicongruenza su I, definiamo la funzione π : DI → DI/∼ ponendo π(d) = [d] per ognid ∈ DI . π e detto omomorfismo canonico.

La terminologia della definizione precedente e giustificata dal seguente teorema.

Teorema 9.30. Se I e un interpretazione per L e ∼ e una relazione di con-gruenza su I, allora l’omomorfismo canonico π e un omomorfismo forte suriettivodi I su I/∼.

Dimostrazione. La suriettivita di π e immediata e basta verificare le condi-zioni della definizione 9.3:

• per ogni simbolo di costante c di L si ha π(cI) = [cI ] = cI/∼;• per ogni simbolo di funzione n-ario f di L ed ogni d1, . . . , dn ∈ DI si ha

π(f I(d1, . . . , dn)) = [f I(d1, . . . , dn)]

= f I/∼([d1], . . . , [dn])

= f I/∼(π(d1), . . . , π(dn));

• per ogni simbolo di relazione n-ario p di L ed ogni d1, . . . , dn ∈ DI

si ha (d1, . . . , dn) ∈ pI se e solo se ([d1], . . . , [dn]) ∈ pI/∼ se e solo se(π(d1), . . . , π(dn)) ∈ pI/∼. �

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3. APPLICAZIONE ALLA LOGICA CON UGUAGLIANZA 109

Corollario 9.31. Siano I un interpretazione per L, ∼ una relazione di con-gruenza su I con omomorfismo canonico π, e σ uno stato di I. Per ogni formulaF di L, I, σ � F se e solo se I/∼, π ◦ σ � F . In particolare I ≡L I/∼.

Dimostrazione. Immediata dai teoremi 9.30 e 9.13. �

3. Applicazione alla logica con uguaglianza

In questa sezione applicheremo quanto ottenuto nelle sezioni precedenti allalogica con uguaglianza. In particolare caratterizzeremo, nel teorema 9.33, le in-terpretazioni per un linguaggio con uguaglianza L che soddisfano gli assiomi del-l’uguaglianza EqL e troveremo dei collegamenti tra la semantica per la logica conuguaglianza e la semantica per la logica pura.

Lemma 9.32. Se I e un’interpretazione per un linguaggio con uguaglianzaL tale che I � EqL, allora =I e una relazione di congruenza su I, e I/=I eun’interpretazione normale.

Dimostrazione. Il fatto che I soddisfa gli enunciati di EqL (definizione 6.64)assicura che le condizioni della definizione di relazione di congruenza sono soddisfat-te da =I . Ad esempio, I � (e2) significa che =I e simmetrica (una delle condizioninecessarie per essere relazione d’equivalenza), e I � (e5) significa che =I soddisfala terza condizione della definizione 9.20.

Per verificare che l’interpretazione di = in I/=I e l’identita osservate che

([d], [d′]) ∈=I/=I

se e solo se (d, d′) ∈ =I se e solo se [d] = [d′]. �

Teorema 9.33. Sia I e un’interpretazione per un linguaggio con uguaglianzaL. Allora I � EqL se e solo se I e elementarmente equivalente ad un’interpretazionenormale.

Dimostrazione. Se I � EqL allora per il corollario 9.31 si ha I ≡L I/=I . Peril lemma 9.32 I/=I e un’interpretazione normale.

Viceversa se I e elementarmente equivalente ad un’interpretazione normale Jallora J � EqL per il lemma 7.104, e quindi I � EqL. �

Teorema 9.34. Sia L un linguaggio con uguaglianza, T un insieme di formuledi L e F una formula di L. Allora

T �= F se e solo se T,EqL � F.

Dimostrazione. Supponiamo che T �= F . Per mostrare che T,EqL � Ffissiamo un’interpretazione (non necessariamente normale) I per L e uno stato σdi I tale che I, σ � T,EqL. Dato che I � EqL, per il lemma 9.32 =I e una relazionedi congruenza su I e I/=I e un’interpretazione normale. Il corollario 9.31 implicache I/=I , π ◦ σ � T , da cui per l’ipotesi si ottiene che I/=I , π ◦ σ � F . Usandonuovamente il corollario 9.31 si ha che I, σ � F .

Ora supponiamo che T,EqL � F . Per dimostrare che T �= F sia I un’inter-pretazione normale per L e σ uno stato di I tale che I, σ � T : per il lemma 7.104I � EqL e allora I, σ � T,EqL. Per l’ipotesi I, σ � F . �

Teorema 9.35. Sia F una formula di un linguaggio con uguaglianza L. F esoddisfacibile nella logica con uguaglianza se e solo se EqL, F e soddisfacibile.

Dimostrazione. F e soddisfacibile nella logica con uguaglianza se e solo se¬F non e valido nella logica con uguaglianza se e solo se 6�= ¬F se e solo se (per ilteorema 9.34) EqL 6� ¬F se e solo se EqL, F e soddisfacibile. �

Esercizio 9.36. Dimostrate il teorema 9.35 usando le interpretazioni, in ma-niera analoga a quanto fatto nella dimostrazione del teorema 9.34.

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CAPITOLO 10

Il metodo dei tableaux: caso predicativo

In questo capitolo il metodo dei tableaux studiato nel capitolo 4 verra estesoal caso della logica predicativa. L’idea che guida il metodo dei tableaux e la stessa:cerchiamo sistematicamente un’interpretazione che soddisfi l’enunciato di parten-za. La maggior complessita della nozione di interpretazione nel caso predicativorende necessari diversi cambiamenti all’algoritmo. Introdurremo nuove regole perla costruzione di nodi nel caso in cui si agisca su formule con quantificatori e ilmetodo avra proprieta piuttosto diverse da quelle dimostrate nel caso della logicaproposizionale: l’algoritmo predicativo non ha la proprieta di terminazione ed esolo una procedura di semidecisione per la validita (si veda la nota 10.47).

Convenzione 10.1. Per semplificare la nostra discussione dei tableaux predi-cativi nelle prime otto sezioni di questo capitolo restringiamo la nostra attenzionea linguaggi privi di simboli di funzione, in modo che gli unici termini chiusi sianoi simboli di costante. Nella sezione 9 descriveremo brevemente come adattare ilnostro metodo a linguaggi con simboli di funzione.

1. γ e δ-formule

La seguente definizione e la ovvia generalizzazione al caso predicativo delladefinizione 3.2. Ricordiamo che nella definizione 6.43 abbiamo definito i letteralinella logica predicativa.

Definizione 10.2. Se A e una formula atomica {A,¬A} e una coppia com-plementare di letterali. Piu in generale se F e una formula {F,¬F} e una coppiacomplementare. Diciamo che F e ¬F sono ciascuno il complemento dell’altro.

La proprieta fondamentale delle coppie complementari e contenuta nel seguentelemma di immediata dimostrazione.

Lemma 10.3. Se un insieme di formule contiene una coppia complementareallora e insoddisfacibile.

La nostra descrizione del metodo dei tableaux nel caso proposizionale si basavasulla distinzione tra doppie negazioni, α-formule e β-formule. Nel caso predicativo ladefinizione di questi tipi di formule e la stessa che nel caso proposizionale (definizioni3.12 e 3.13), ma per poter classificare tutte le formule predicative e necessariointrodurre nuovi tipi di formule.

Definizione 10.4. Una formula e una γ-formula se esiste F tale che la formulae di uno dei tipi che compaiono nella colonna sinistra della prima delle seguentitabelle. Una formula e una δ-formula se esiste F tale che la formula e di uno deitipi che compaiono nella colonna sinistra della seconda delle seguenti tabelle. Inentrambi i casi un’istanza di una γ- o δ-formula e una formula del tipo che comparenella colonna piu a destra, dove a e un simbolo di costante.

γ-formula istanza∀xF F{x/a}¬∃xF ¬F{x/a}

δ-formula istanza∃xF F{x/a}¬∀xF ¬F{x/a}

110

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1. γ E δ-FORMULE 111

Diciamo che F{x/a} o ¬F{x/a} e l’istanza della γ- o δ-formula relativa ad a.Notiamo che la sostituzione effettuata per ottenere un’istanza e sempre ammissibileper la nota 6.53.

Nota 10.5. Notiamo che se G e una γ- o δ-formula che e un enunciato alloratutte le sue istanze sono enunciati. Similmente, i ridotti di doppie negazioni, α-formule e β-formule che sono enunciati sono a loro volta enunciati.

I prossimi risultati stabiliscono dei legami tra γ e δ-formule e loro istanze.Essi corrispondono al lemma 3.14 nel caso proposizionale, ma in questo caso nonotteniamo equivalenze logiche, ma risultati piu deboli.

Lemma 10.6. Se G e una γ-formula e G1 una sua istanza allora G � G1.

Dimostrazione. Per le formule del tipo ∀xF questo e un caso particolare dellemma 7.63. Per le formule del tipo ¬∃xF basta usare la seconda equivalenza logicadel lemma 7.65 per ricondurci al caso precedente. �

Esercizio 10.7. Dimostrate che se G e una δ-formula e G1 una sua istanzaallora G1 � G.

Il risultato dell’esercizio precedente non ci sara utile nella costruzione dei ta-bleau, perche ci permette di passare da una formula piu semplice (l’istanza) ad unapiu complessa (la δ-formula), mentre a noi interessa fare il contrario. Il risultatoche otteniamo ha delle ipotesi piu stringenti sul tipo di istanza che consideriamo eriguarda la soddisfacibilita e non la conseguenza logica.

Lemma 10.8. Siano T un insieme di formule, G una δ-formula e G1 un’istan-za di G relativa ad un simbolo di costante che non compare in T,G. Se T,G esoddisfacibile allora T,G1 e soddisfacibile.

Dimostrazione. Iniziamo a considerare il caso in cui G sia del tipo ∃xF equindi G1 sia F{x/a}. Sia L = L(T,G) il linguaggio di T,G: per ipotesi a non viappartiene. Sia L′ = L ∪ {a}.

Dato che T,G e soddisfacibile possiamo fissare un’interpretazione I per L euno stato σ di I tali che I, σ � T,G. Dato che I, σ � ∃xF esiste d0 ∈ DI taleche I, σ[x/d0] � F . Definiamo un’interpretazione I ′ per L′ che coincide con I su L(quindi DI′ = DI , e i simboli di costante e relazione diversi da a sono interpretati

in I ′ come in I) e interpreta a come d0 (cioe aI′

= d0). Notiamo che, dato che

DI′ = DI , σ e uno stato anche per I ′.Dato che a non compare in T , per il lemma 7.12 si ha I ′, σ � T . Inoltre

I ′, σ[x/aI′] � F per la nostra definizione di aI

′e perche a non compare in G e quindi

neppure nella sua sottoformula F . Per il Lemma di Sostituzione 7.59 (ricordando

che σ(a) = aI′) abbiamo I ′, σ � F{x/a}. Quindi I ′ e σ mostrano la soddisfacibilita

di T, F{x/a}.Se G e del tipo ¬∀xF usiamo la prima equivalenza logica del lemma 7.65 per

ricondurci al caso precedente. �

Nota 10.9. L’ipotesi su a del lemma 10.8 e necessaria. Ad esempio se T ={¬p(a)} e G e ∃x p(x) allora a compare in T , {¬p(a),∃x p(x)} e soddisfacibile,ma {¬p(a), p(a)} e insoddisfacibile. Un esempio in cui a compare in G si ottieneconsiderando T = {∀x¬r(x, x)} e prendendo ∃x r(a, x) come G.

Il prossimo lemma corrisponde al lemma 3.15 nel caso proposizionale.

Lemma 10.10. Una formula e di uno e uno solo dei tipi seguenti:

• un letterale,• una doppia negazione,

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112 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

• una α-formula,• una β-formula,• una γ-formula,• una δ-formula.

Dimostrazione. La dimostrazione e analoga a quella del lemma 3.15, basan-dosi questa volta sul lemma 6.23. La lasciamo come esercizio per il lettore. �

2. Esempi preliminari

Come gia fatto nel caso proposizionale, prima di descrivere l’algoritmo dei ta-bleaux esaminiamo in dettaglio alcuni esempi in cui partiamo dalle regole per i ta-bleaux proposizionali gia introdotte e le estendiamo alle γ- e δ-formule, evidenziandoalcune importanti novita che e necessario introdurre.

Esempio 10.11. Consideriamo l’enunciato ∃x(p(x)∨q(x))→ ∃x p(x)∨∃x q(x),che indichiamo con F : e valido per il lemma 7.74 (e l’esercizio 7.49). Per dimostrarela validita di F con il metodo dei tableaux partiamo da ¬F , che e una α-formula,e al passo successivo abbiamo un’altra α-formula su cui agire. Il tableau cominciaquindi in questo modo:

¬F

∃x(p(x) ∨ q(x)),¬(∃x p(x) ∨ ∃x q(x))

∃x(p(x) ∨ q(x)),¬∃x p(x),¬∃x q(x)

A questo punto non possiamo piu basarci su cio che facevamo nel caso proposizionaleperche abbiamo due γ-formule e una δ-formula. La δ-formula ∃x(p(x)∨ q(x)) asse-risce l’esistenza di un elemento del dominio con certe caratteristiche. Introduciamouna costante che rappresenti questo elemento. Se a e la costante sostituiamo la δ-formula con p(a)∨ q(a), che e l’istanza relativa ad a di ∃x(p(x)∨ q(x)). Otteniamouna β-formula e sappiamo come fare il passo successivo:

∃x(p(x) ∨ q(x)),¬∃x p(x),¬∃x q(x)

p(a) ∨ q(a),¬∃x p(x),¬∃x q(x)

p(a),¬∃x p(x),¬∃x q(x) q(a),¬∃x p(x),¬∃x q(x)

Siamo nuovamente giunti ad un punto in cui non possiamo applicare le regole pro-posizionali. La γ-formula ¬∃x p(x) e logicamente equivalente a ∀x¬p(x) (lemma7.65) e quindi asserisce che per ogni elemento del dominio, ed in particolare perquello rappresentato da a, non vale p. Dunque possiamo sostituire nel ramo disinistra ¬∃x p(x) con la sua istanza ¬p(a) e ottenere un nodo la cui etichetta

p(a),¬p(a),¬∃x q(x)

contiene una coppia complementare di letterali.Similmente nel ramo di destra possiamo agire sulla γ-formula ¬∃x q(x) ed

ottenere un nodo con etichetta

q(a),¬∃x p(x),¬q(a)

Tutte le foglie del tableau contengono dunque una coppia complementare di letteralie quindi il tableau e chiuso, come volevamo.

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2. ESEMPI PRELIMINARI 113

Esercizio 10.12. Usate le idee dell’esempio 10.11 per mostrare che l’enunciato∀x(p(x)→ q(x))→ (∀x p(x)→ ∀x q(x)) e valido.

Esempio 10.13. Consideriamo l’enunciato ∃x p(x)∧∃x q(x)→ ∃x(p(x)∧q(x)),che indichiamo con G. G e soddisfacibile ma non valido (vedere esercizio 7.77), equindi ci aspettiamo che il tableau per ¬G sia aperto. Ecco un primo tentativo ditableau per ¬G, in cui abbiamo utilizzato le idee dell’esempio 10.11:

¬G

∃x p(x) ∧ ∃x q(x),¬∃x(p(x) ∧ q(x))

∃x p(x),∃x q(x),¬∃x(p(x) ∧ q(x))

p(a),∃x q(x),¬∃x(p(x) ∧ q(x))

p(a), q(a),¬∃x(p(x) ∧ q(x))

p(a), q(a),¬(p(a) ∧ q(a))

p(a), q(a),¬p(a)⊗ p(a), q(a),¬q(a)⊗Questo tableau e chiuso e quindi qualcosa non ha funzionato. Il problema e nell’averutilizzato la stessa costante per istanziare sia ∃x p(x) che ∃x q(x): non c’e nessunaragione per cui l’elemento che soddisfa p(x) coincida con quello che soddisfa q(x)!La soluzione e imporre che una δ-formula esistenziale sia sempre istanziata relati-vamente ad una costante nuova, cioe che non compare nel tableau sviluppato finoa quel momento. Le ultime righe del nostro tentativo di tableau diventano quindi:

p(a),∃x q(x),¬∃x(p(x) ∧ q(x))

p(a), q(b),¬∃x(p(x) ∧ q(x))

p(a), q(b),¬(p(a) ∧ q(a))

p(a), q(b),¬p(a)⊗ p(a), q(b),¬q(a)©

C’e pero ancora qualcosa di insoddisfacente in questo tentativo di tableau. Laγ-formula ¬∃x(p(x) ∧ q(x)) (che indichiamo con H) asserisce che p(x) ∧ q(x) nonvale per nessun elemento del dominio. Questa informazione e pero stata utilizzatasolo per a, mentre sarebbe utile poterla sfruttare anche per b. La soluzione e chele γ-formule non vanno mai cancellate dalle etichette dei nodi, per poter essereeventualmente usate piu volte. Otteniamo cosı la seguente parte finale del tableau:

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114 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

p(a), q(b), H

p(a), q(b), H,¬(p(a) ∧ q(a))

p(a), q(b), H,¬p(a)⊗ p(a), q(b), H,¬q(a)

p(a), q(b), H,¬q(a),¬(p(b) ∧ q(b))

p(a), q(b), H,¬q(a),¬p(b)©

p(a), q(b), H,¬q(a),¬q(b)⊗Il nodo aperto ci suggerisce un’interpretazione che soddisfa ¬G: DI = {a, b}, pI ={a}, qI = {b} (notiamo che non e necessario interpretare i simboli di costante a eb, che non facevano parte del linguaggio di G).

Esempio 10.14. Consideriamo ora l’enunciato F definito da F1 ∧F2 ∧F3 doveF1, F2 e F3 sono rispettivamente

∀x∃y r(x, y);

∀x∀y ∀z(r(x, y) ∧ r(y, z)→ r(x, z));

∀x¬r(x, x).

Supponiamo di voler mostrare che F e soddisfacibile, e a questo scopo costruiamoun tableau per F .

Dopo alcuni passaggi che riguardano solo α-formule otteniamo un nodo etichet-tato da F1, F2, F3, che sono tutte γ-formule. Non abbiamo nessuna costante su cuiistanziare le γ-formule, e quindi introduciamo una nuova costante, come fatto nelcaso delle δ-formule. Se a1 e questa costante e consideriamo l’istanza di F1 relativaad a1 otteniamo un nodo etichettato da

F1, F2, F3,∃y r(a1, y)

(notare che non abbiamo cancellato la γ-formula utilizzata).Se ora agiamo sulla δ-formula ∃y r(a1, y) (che possiamo cancellare) introducen-

do la nuova costante a2 il nodo successivo sara etichettato da

F1, F2, F3, r(a1, a2).

Ora F1 puo essere istanziata su a2 e otteniamo un nodo etichettato da

F1, F2, F3, r(a1, a2),∃y r(a2, y)

che conduce al nodo etichettato da

F1, F2, F3, r(a1, a2), r(a2, a3).

Proseguendo in questo tableau e chiaro che la costruzione non terminera mai,ma otterremo un ramo infinito le cui etichette conterranno i letterali del tipor(ai, ai+1). Cio suggerisce un’interpretazione che soddisfa F ed ha dominio infinito:DI = N, rI = { (i, j) : i < j }.

In effetti F non ha interpretazioni con dominio finito, come dimostrato nell’e-sercizio 8.16, e quindi il ramo infinito di questo tableau e inevitabile.

Nota 10.15. L’esempio 10.14 mostra che il metodo dei tableaux predicativinon gode della proprieta della terminazione forte e quindi non e una procedura didecisione per la soddisfacibilita (o la validita) degli enunciati predicativi: e possibileche la sua esecuzione si prolunghi all’infinito.

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3. L’ALGORITMO 115

Esempio 10.16. Sia F l’enunciato dell’esempio 10.14 e indichiamo con F ′ l’e-nunciato F ∧p(a1)∧¬p(a1) (in questo caso a1 e un simbolo di costante del linguag-

gio). E evidente che F ′ e insoddisfacibile. E altrettanto evidente che potremmoripetere la costruzione del tableau dell’esempio 10.14 aggiungendo semplicemente inogni etichetta l’enunciato p(a1)∧¬p(a1), senza mai agire su di esso. Otterremo dun-que un tableau con un ramo infinito, che suggerisce soddisfacibilita dell’enunciatodi partenza.

Nota 10.17. Il comportamento dell’esempio 10.16 e dovuto al fatto che le γ-formule non vengono cancellate dalle etichette e quindi si puo continuare ad agiresu di esse e “dimenticarsi” di qualche altra formula (nel nostro esempio la α-formulap(a)∧¬p(a)) mancando cosı delle opportunita di chiudere il tableau. Notiamo chequesto non avveniva nel caso proposizionale, perche ogni formula utilizzata venivacancellata dall’etichetta e si aveva la proprieta della terminazione forte.

La soluzione a questo problema verra ottenuta procedendo ad una costruzionesistematica del tableau, in cui non ci si potra “dimenticare” di qualche formula.

Nella prossima sezione descriviamo l’algoritmo dei tableaux predicativi senzatener conto del problema evidenziato dall’esempio 10.16. Il tableau quindi non verracostruito in maniera sistematica, ma questo e sufficiente a dimostrare la correttezzadel nostro metodo nella sezione 4. Nella sezione 5 descriveremo come costruiresistematicamente i tableaux, e questo ci portera ad un risultato di completezza dicui accenneremo la dimostrazione nella sezione 6.

3. L’algoritmo

Diverse parti della descrizione dell’algoritmo per i tableaux predicativi sonoidentiche a quelle corrispondenti nell’algoritmo nel caso proposizionale (algoritmo4.5): bisogna dunque prestare attenzione soprattutto alle parti nuove, cioe quelleche riguardano γ- e δ-formule. Un’altra differenza e che il fatto che le γ-formulenon vengano mai eliminate dalle etichette ha come conseguenza che non possiamoaspettarci di arrivare a foglie la cui etichetta e un insieme di letterali: una fogliaverra chiusa quando la sua etichetta contiene una coppia complementare di letterali,anche se contiene anche formule che non sono letterali (in realta facevamo questoanche a livello proposizionale, in base alla convenzione 4.32).

Algoritmo 10.18. Un tableau per un enunciato F e un albero in cui ogninodo e etichettato con un insieme finito di enunciati. Il tableau e costruito perstadi T0, . . . , Ti, . . . : per ogni i, Ti+1 e un albero che estende Ti aggiungendo unoo due nodi con le rispettive etichette e lasciando invariate le etichette dei nodi giaappartenenti a Ti. L’unione degli alberi Ti e il tableau per F . Se n e un nodo diqualche Ti indichiamo con E(n) l’etichetta di n (per quanto detto prima, la stessaper tutti i Ti cui appartiene n), che e un insieme di enunciati.

All’inizio della costruzione T0 consiste di un solo nodo (la radice dell’albero)etichettato con {F}. Allo stadio i cerchiamo una foglia n dell’albero Ti tale che E(n)non contiene una coppia complementare di letterali e contiene qualche enunciatoche non e un letterale. Se una tale foglia non esiste la costruzione del tableau eterminata e l’algoritmo si arresta. Altrimenti fissiamo n e scegliamo un enunciatoG ∈ E(n) che non e un letterale. Per il lemma 10.10 ci sono cinque possibilita:

(1) se G e una doppia negazione con ridotto G1 aggiungiamo un nodo n′ sotton e poniamo E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1};

(2) se G e una α-formula con ridotti G1 e G2 aggiungiamo un nodo n′ sotton e poniamo E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1, G2};

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116 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

(3) se G e una β-formula con ridotti G1 e G2 aggiungiamo due nodi tra loroinconfrontabili n1 e n2 sotto n e poniamo E(n1) = (E(n) \ {G})∪ {G1} eE(n2) = (E(n) \ {G}) ∪ {G2};

(4) se G e una γ-formula scegliamo un’istanza G1 di G, aggiungiamo un nodon′ sotto n e poniamo E(n′) = E(n) ∪ {G1};

(5) se G e una δ-formula fissiamo una costante a che non compare in E(n)e sia G1 l’istanza di G relativa ad a: aggiungiamo un nodo n′ sotto n eponiamo E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1}.

Notiamo che in ogni caso n non e una foglia di Ti+1 e che, per la nota 10.5, leetichette dei nuovi nodi contengono solo enunciati.

L’algoritmo che abbiamo appena descritto e non deterministico perche ad ognipasso scegliamo una foglia n con certe caratteristiche e, all’interno di E(n), sce-gliamo un enunciato che non sia un letterale. Inoltre in alcuni casi e necessarioscegliere anche un’istanza della γ-formula considerata. Questo implica che qual-che enunciato che non e un letterale puo non essere mai scelto (come accade negliesempi 10.14 e 10.16), oppure che qualche istanza di una γ-formula non appartengaa nessun E(n). Nel caso proposizionale cio non poteva avvenire, come dimostratodal teorema 4.11.

Come nel caso proposizionale, gli alberi T0, . . . , Ti, . . . non sono rappresentatiseparatamente: si deve piuttosto pensare che il tableau “cresce” verso la sua formafinale, che usualmente e l’unica che vediamo.

Definizione 10.19. Sia n un nodo del tableau che ha successori nel tableau:l’enunciato su cui si agisce in n e la G della descrizione dell’algoritmo.

Nota 10.20. I nodi su cui non possiamo agire nella costruzione del tableausono quelli la cui etichetta contiene una coppia complementare di letterali oppurecontiene solamente letterali. La costruzione del tableau termina se e soltanto setutte le foglie dell’albero sono di uno di questi tipi.

Convenzione 10.21. Come nel caso proposizionale, per comodita di letturaaggiungeremo sotto i nodi del tableau su cui non possiamo agire uno dei simboli

⊗e©: se l’etichetta del nodo contiene una coppia complementare di letterali useremo⊗

, altrimenti ©.Inoltre, per alleggerire la notazione, evitiamo di indicare le parentesi { e }

intorno agli elementi di E(n).

Nota 10.22. E importante notare che l’algoritmo 10.18 non gode della pro-prieta della terminazione forte, come gia evidenziato nell’esempio 10.14 e nella notasuccessiva. E quindi possibile che un tableau non abbia foglie, o solo alcuni dei suoirami terminino con una foglia mentre altri siano infiniti.

Per semplificare la costruzione dei tableau adottiamo da subito la convenzione4.31 (ricordiamo che la convenzione 4.32 e gia stata adottata), che riportiamo qui:

Convenzione 10.23. Da questo punto in poi ogniqualvolta nelle etichette diun nodo di un tableau compare una doppia negazione F con ridotto G scriveremodirettamente G, utilizzando la regola della doppia negazione immediatamente econtraendo due nodi in uno.

Esempio 10.24. Costruiamo un tableau per ¬(∀x¬p(x) → ¬∃x p(x)). Inogni nodo sottolineiamo l’enunciato su cui agiamo in quel nodo e utilizziamo laconvenzione 10.23. Notiamo che la γ-formula ∀x¬p(x) non viene mai cancellata.

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3. L’ALGORITMO 117

¬(∀x¬p(x)→ ¬∃x p(x))

∀x¬p(x),∃x p(x)

∀x¬p(x), p(a)

∀x¬p(x),¬p(a), p(a)⊗Notiamo che per chiudere il tableau abbiamo scelto in modo opportuno l’istanzadella γ-formula ∀x¬p(x) quando abbiamo agito su di essa. Quando si agisce su unaγ-formula e sempre meglio, se possibile, utilizzare un’istanza relativa ad un simbolodi costante che compare nell’etichetta del nodo.

Ecco un altro tableau per lo stesso enunciato: qui abbiamo agito sulla γ-formulaprima di aver eliminato la δ-formula, e questo porta alla creazione di un simbolo dicostante “inutile” (in questo caso a) e al dover agire due volte sulla γ-formula (unavolta per creare l’istanza relativa a a, che non ci portera a chiudere alcuna foglia,ed una volta per creare l’istanza relativa a b).

¬(∀x¬p(x)→ ¬∃x p(x))

∀x¬p(x),∃x p(x)

∀x¬p(x),¬p(a),∃x p(x)

∀x¬p(x),¬p(a), p(b)

∀x¬p(x),¬p(b),¬p(a), p(b)⊗Nota 10.25. Per semplificare il piu possibile il tableau costruito dall’algoritmo

10.18 e opportuno agire sugli enunciati disponibili nel seguente ordine: doppienegazioni o α-formule, β-formule, δ-formule, γ-formule. Questa indicazione nasceinnanzitutto dall’opportunita di applicare prima le regole proposizionali, che sonopiu semplici. La ragione per preferire doppie negazioni e α-formule alle β-formule estata gia discussa nella nota 4.37. Agendo sulle δ-formule prima che sulle γ-formulesi introducono prima i nuovi simboli di costante su cui si potranno successivamenteistanziare le γ-formule.

Esempio 10.26. Costruiamo un tableau per l’enunciato

∀x(p(x)→ q(x)) ∧ ∀x(¬q(x)→ p(x)) ∧ ∃x¬q(x).

Indichiamo con F e G gli enunciati ∀x(p(x) → q(x)) e ∀x(¬q(x) → p(x)). In ognipassaggio sottolineiamo l’enunciato su cui agiamo.

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118 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

F ∧G ∧ ∃x¬q(x)

F ∧G,∃x¬q(x)

F,G, ∃x¬q(x)

F ,G,¬q(a)

F, p(a)→ q(a), G,¬q(a)

F,¬p(a), G,¬q(a)

F,¬p(a), G,¬q(a)→ p(a),¬q(a)

F,¬p(a), G, q(a),¬q(a)⊗ F,¬p(a), G, p(a),¬q(a)⊗

F, q(a), G,¬q(a)⊗

Esercizio 10.27. Costruite un tableau per

∃x p(x) ∧ ∀x (∃y r(x, y)→ ¬p(x)) ∧ ∀x r(x, a).

4. La correttezza dei tableaux predicativi

In questa sezione dimostreremo l’analogo per i tableaux predicativi del teorema4.21 per i tableaux proposizionali. Anche in questo caso iniziamo con le definizionidi tableau chiuso e aperto.

Definizione 10.28. Un tableau e chiuso se non ha rami infiniti e tutte le suefoglie sono etichettate con insiemi di enunciati che contengono una coppia comple-mentare di letterali. Un tableau e aperto se non e chiuso, cioe se contiene un ramoinfinito oppure una foglia etichettata con un insieme di letterali che non contienecoppie complementari.

Un ramo aperto di un tableau e un ramo infinito oppure un ramo che collegala radice dell’albero con una foglia etichettata con un insieme di letterali che noncontiene coppie complementari.

Teorema 10.29 (Teorema di correttezza). Se un tableau per l’enunciato F echiuso allora F e insoddisfacibile.

Dimostrazione. La dimostrazione ricalca da vicino quella del caso proposi-zionale (teorema 4.21). Fissiamo F e T , tableau chiuso per F . Come nel casoproposizionale, dimostreremo il seguente fatto, che indichiamo con (?):

per ogni nodo n di T l’insieme di enunciati E(n) e insoddisfacibile.

Il caso particolare di (?) ottenuto quando n e la radice di T (e quindi E(n) = {F})mostra che F e insoddisfacibile.

Dato che T e chiuso, e in particolare non contiene rami infiniti, per il lemma4.10 T e finito. Possiamo quindi effettuare la dimostrazione di (?) per induzionesull’altezza del nodo n in T come nel caso proposizionale.

Il caso in cui l’altezza di n in T e 0 e immediato per il lemma 10.3.Se l’altezza di n in T e maggiore di 0, allora n ha uno o due successori in T ,

che sono stati ottenuti agendo su qualche G ∈ E(n) e ci sono cinque possibilita.

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4. LA CORRETTEZZA DEI TABLEAUX PREDICATIVI 119

Nei primi tre casi, cioe quando G e una doppia negazione, una α-formula o una β-formula, la dimostrazione del caso proposizionale puo essere ripetuta tale e quale,cambiando solamente la notazione utilizzata per le interpretazioni. Restano dunquesolo i casi delle γ- e δ-formule.

(4) se G e una γ-formula, n ha un solo successore n′ e si ha E(n′) = E(n) ∪{G1} dove G1 e un’istanza di G. Come negli altri casi, usando l’ipotesiinduttiva, si ottiene che E(n′) e insoddisfacibile. Supponiamo per assurdoche I � E(n) (dato che gli elementi di E(n) sono enunciati non e necessariomenzionare lo stato). Dato che G � G1 (lemma 10.6) e I � G (perche G ∈E(n)) si ha anche I � G1. Quindi I � E(n′), contro l’insoddisfacibilita diE(n′).

(5) se G e una δ-formula, n ha un solo successore n′ e si ha E(n′) = (E(n) \{G})∪{G1} dove G1 e un’istanza di G relativa ad un simbolo di costantea che non compare in E(n). Sfruttando l’ipotesi induttiva si ottiene cheE(n′) e insoddisfacibile. Sia T = E(n)\{G}. Il simbolo di costante a sod-disfa le ipotesi del lemma 10.8 e quindi se E(n) = T,G fosse soddisfacibilelo sarebbe anche E(n′) = T,G1. Quindi E(n) e insoddisfacibile.

Abbiamo dunque dimostrato (?) e quindi il teorema. �

Corollario 10.30. Se un tableau per l’enunciato ¬F e chiuso allora F evalido.

Dimostrazione. Immediata dai teoremi 10.29 e 7.48. �

Esempio 10.31. Costruiamo un tableau per mostrare la validita dell’enunciato

∃x r(a, x) ∧ ∀x(∃y r(y, x)→ ¬p(x))→ ∃x¬p(x).

Indichiamo con F , G e H gli enunciati ∀x(∃y r(y, x) → ¬p(x)), ¬∃x¬p(x) e¬∃y r(y, b). In ogni passaggio sottolineiamo l’enunciato su cui agiamo.

¬(∃x r(a, x) ∧ F → ∃x¬p(x))

∃x r(a, x) ∧ F ,G

∃x r(a, x), F,G

r(a, b), F ,G

r(a, b), F, ∃y r(y, b)→ ¬p(b), G

r(a, b), F,H,G

r(a, b), F,H,¬r(a, b), G⊗r(a, b), F,¬p(b), G

r(a, b), F,¬p(b), G, p(b)⊗Notate come nel passaggio in cui abbiamo agito su F avremmo potuto aggiungerel’istanza di F relativa a a (anziche, come abbiamo fatto, quella relativa a b). Lascelta di b e pero apparsa migliore perche il nostro obiettivo e chiudere il tableau:in particolare la presenza di r(a, b) nell’etichetta del nodo ha suggerito di creareun’istanza in cui b compaia come secondo argomento di r. Considerazioni analoghepossono essere fatte per i nodi in cui abbiamo agito su H e su G.

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120 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

Esempio 10.32. Usiamo il metodo dei tableaux per mostrare la validita di

∃x∀y r(y, x) ∧ ∀x∀y(r(y, x)→ r(x, y))→ ∃x r(x, a).

Indichiamo con F , G, H e K gli enunciati ∀x∀y(r(y, x) → r(x, y)), ¬∃x r(x, a),∀y r(y, b) e ∀y(r(y, b) → r(b, y)). Come al solito sottolineiamo l’enunciato su cuiagiamo.

¬(∃x∀y r(y, x) ∧ F → ∃x r(x, a))

∃x∀y r(y, x) ∧ F ,G

∃x∀y r(y, x), F,G

H,F,G

H, r(a, b), F ,G

H, r(a, b), F,K,G

H, r(a, b), F,K, r(a, b)→ r(b, a), G

H, r(a, b), F,K,¬r(a, b), G⊗ H, r(a, b), F,K, r(b, a), G

H, r(a, b), F,K, r(b, a), G,¬r(b, a)⊗Anche in questo caso siamo riusciti ad ottenere una chiusura piuttosto rapida deltableau scegliendo opportunamente i simboli di costante su cui istanziare le γ-formule.

Gli enunciati di cui abbiamo dimostrato la validita negli esempi 10.31 e 10.32verranno rivisitati dal punto di vista della deduzione naturale negli esempi 11.47 e11.48.

Esercizio 10.33. Studiate con il metodo del tableaux gli enunciati degli esempi7.44 e 7.47 e degli esercizi 7.16, 7.21, 7.50, 7.51 e 7.53 che non contengono simbolidi funzione. Verificate che il risultato ottenuto con i tableaux coincida con quelloottenuto in precedenza.

5. La costruzione sistematica dei tableaux

Come evidenziato dall’esempio 10.16, l’algoritmo 10.18 non e sufficiente perdimostrare il teorema di completezza per i tableaux predicativi: se F e insoddisfa-cibile e possibile che un tableau per F non sia chiuso. Come gia suggerito nellanota 10.17, la soluzione a questo problema e rendere l’algoritmo 10.18 “sistematico”,eliminando alcuni aspetti di non determinismo che esso contiene.

In pratica si tratta di fare ogni possibile tentativo per chiudere il tableau,non “dimenticando” nessun enunciato e considerando ogni possibile istanza delleγ-formule che si incontrano (puo essere utile riesaminare l’esempio 10.13, ed inparticolare le considerazioni che hanno portato alla versione finale del tableau).

In sostanza vogliamo fare in modo che se r e un ramo aperto di un tableau eS =

⋃n∈r E(n):

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5. LA COSTRUZIONE SISTEMATICA DEI TABLEAUX 121

(a) se G ∈ S non e un letterale allora in qualche nodo di r si agisce su G;(b) se G ∈ S e una γ-formula e c e un simbolo di costante che compare in

qualche enunciato di S allora l’istanza di G relativa a c appartiene a S.

Per raggiungere questi obiettivi:

(a) agiremo sempre prima sugli enunciati che vengono eliminati (doppie nega-zioni, α-, β- e δ-formule), lasciando per ultime le γ-formule: questo ci assi-cura che nessuna doppia negazione, α-, β- o δ-formula venga “dimenticata”e che prima o poi si arrivera anche ad agire sulle γ-formule;

(b) affiancheremo a E(n) una funzione Cn che assegna ad ogni γ-formulaG ∈ E(n) un insieme di simboli di costante Cn(G): l’idea e che c ∈ Cn(G)significa che l’istanza di G relativa a c deve essere ancora considerata.Quando agiamo su G (e in realta agiremo su tutte le γ-formule di E(n)simultaneamente) aggiungeremo all’etichetta del nodo che stiamo creandotutte le istanze di G relative a elementi di Cn(G).

Algoritmo 10.34. Un tableau sistematico per un enunciato F e un albero incui ogni nodo e etichettato con un insieme finito di enunciati E(n) e con una fun-zione Cn che associa ad ogni elemento di γ(n) = {G ∈ E(n) : G e γ-formula } uninsieme finito di simboli di costante. Il tableau e costruito per stadi T0, . . . , Ti, . . . :per ogni i, Ti+1 e un albero che estende Ti aggiungendo uno o due nodi con lerispettive etichette e lasciando invariate le etichette dei nodi gia appartenenti a Ti.L’unione degli alberi Ti e il tableau per F .

All’inizio della costruzione T0 consiste di un solo nodo (la radice dell’albero)etichettato con {F} e, se F e una γ-formula, con la funzione che associa a Fl’insieme dei simboli di costante che compaiono in F o, se non ce ne sono, l’insieme{c} dove c e un simbolo di costante qualsiasi.

Allo stadio i diciamo che una foglia n dell’albero Ti e

foglia finale: se E(n) contiene una coppia complementare di letterali, oppure seE(n) contiene solo letterali e γ-formule G tali che Cn(G) = ∅;

γ-nodo: se E(n) contiene solo letterali e γ-formule ma non e una foglia finale(questo significa che esiste qualche G ∈ γ(n) per cui Cn(G) 6= ∅);

nodo ordinario: se non e ne una foglia finale ne un γ-nodo (questo significa cheE(n) contiene qualche doppia negazione, α-, β- o δ-formula).

Cerchiamo una foglia n dell’albero Ti che sia un nodo ordinario. Se esistefissiamo n e scegliamo un enunciato G ∈ E(n) che sia una doppia negazione, oppureuna α-, β- o δ-formula:

(1) se G e una doppia negazione con ridotto G1 aggiungiamo un nodo n′ sotton e poniamo E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1}; per ogni H ∈ γ(n) poniamoCn′(H) = Cn(H); se G1 e una γ-formula definiamo Cn′(G1) come l’in-sieme dei simboli di costante che compaiono in E(n) (che coincidono conquelli che compaiono in E(n′)) o, se non ce ne sono, l’insieme {c} dove ce un simbolo di costante qualsiasi;

(2) se G e una α-formula con ridotti G1 e G2 aggiungiamo un nodo n′ sotto ne poniamo E(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1, G2}; per ogni H ∈ γ(n) poniamoCn′(H) = Cn(H); se Gj (j = 1 o j = 2) e una γ-formula definiamoCn′(Gj) come l’insieme dei simboli di costante che compaiono in E(n)(che coincidono con quelli che compaiono in E(n′)) o, se non ce ne sono,l’insieme {c} dove c e un simbolo di costante qualsiasi;

(3) se G e una β-formula con ridotti G1 e G2 aggiungiamo due nodi tra loroinconfrontabili n1 e n2 sotto n e poniamo per j = 1 e j = 2, E(nj) =(E(n)\{G})∪{Gj}; per ogni H ∈ γ(n) poniamo Cnj (H) = Cn(H); se Gje una γ-formula definiamo Cnj (Gj) come l’insieme dei simboli di costante

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122 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

che compaiono in E(n) (che coincidono con quelli che compaiono in E(nj))o, se non ce ne sono, l’insieme {c} dove c e un simbolo di costante qualsiasi;

(4) se G e una δ-formula sia a una costante che non compare in E(n) e sia G1

l’istanza di G relativa ad a: aggiungiamo un nodo n′ sotto n e poniamoE(n′) = (E(n) \ {G}) ∪ {G1}; per ogni H ∈ γ(n) poniamo Cn′(H) =Cn(H)∪{a}; se G1 e una γ-formula definiamo Cn′(G1) come l’insieme deisimboli di costante che compaiono in E(n) con l’aggiunta di a.

Se non esistono nodi ordinari cerchiamo una foglia n di Ti che sia un γ-nodo.Sia Sn l’insieme di tutte le istanze di γ-formule G ∈ γ(n) relative a simboli dicostante in Cn(G) (notiamo che la definizione di γ-nodo implica che Sn non evuoto). Aggiungiamo un nodo n′ sotto n e poniamo E(n′) = E(n) ∪ Sn; per ogniH ∈ γ(n) poniamo Cn′(H) = ∅; se H ∈ Sn\E(n) e una γ-formula definiamo Cn′(H)come l’insieme dei simboli di costante che compaiono in E(n) con l’aggiunta di tuttiquelli utilizzati per ottenere le istanze di Sn.

Se infine nessuna foglia di Ti e un nodo ordinario o un γ-nodo arrestiamo lacostruzione del tableau.

Esempio 10.35. Descriviamo un tableau sistematico per ∀x ∃y r(x, y) (che in-dichiamo con F ). Si tratta dell’enunciato all’origine dell’infinita del tableau dell’e-sempio 10.14.

F e una γ-formula e quindi alla radice n1 del tableau possiamo porre Cn1(F ) ={a1}. Dato che n1 e un γ-nodo il nodo successivo m1 e etichettato da F , ∃y r(a1, y)(in questo caso T ha un solo elemento) e abbiamo Cm1

(F ) = ∅.Ora abbiamo un nodo ordinario e agiamo sulla δ-formula ∃y r(a1, y): il nodo

successivo n2 e etichettato da F , r(a1, a2) e abbiamo Cn2(F ) = {a2}.

n2 e nuovamente un γ-nodo: il nodo successivo m2 e etichettato da F , r(a1, a2),∃y r(a2, y) (T ha nuovamente un solo elemento) e abbiamo Cm2(F ) = ∅.

m2 e un nodo ordinario in cui si agisce su una δ-formula ed e seguito da unγ-nodo n3, poi da un altro nodo ordinario m4 e cosı via. Quando si agisce sumi si introduce il simbolo di costante ai+1 e l’istanza di F relativa a ai+1 verraintrodotta agendo su ni+1 (e quindi nell’etichetta di mi+1). Inoltre Cni

(F ) = {ai}e Cmi(F ) = ∅. Nelle etichette dei nodi si aggiungono uno dopo l’altro gli enunciatiatomici della forma r(ai, ai+1).

Il tableau suggerisce un’interpretazione con dominio infinito che soddisfa F :DI = N, rI = { (i, i+ 1) : i ∈ N }. Notiamo pero che F e soddisfatta anche dainterpretazioni con dominio finito (addirittura da un’interpretazione con dominiodi un solo elemento!) che il tableau non e riuscito a individuare.

La dimostrazione del teorema di correttezza 10.29 puo essere adattata facilmen-te ai tableaux sistematici (l’unico caso in cui c’e una reale differenza e quello delleγ-formule, in cui si puo comunque sfruttare il lemma 10.6) ottenendo che anche ilmetodo dei tableaux sistematici e corretto.

Teorema 10.36 (Teorema di correttezza per i tableaux sistematici). Se T eun tableau sistematico chiuso per l’enunciato F allora F e insoddisfacibile.

6. La completezza dei tableaux predicativi

L’algoritmo 10.34 dei tableaux sistematici e stato introdotto per ottenere lacompletezza, cioe per dimostrare che se un enunciato e insoddisfacibile allora ilmetodo dei tableaux riesce a scoprirlo.

Teorema 10.37 (Teorema di completezza). Se un tableau sistematico per l’e-nunciato F e aperto allora F e soddisfacibile.

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6. LA COMPLETEZZA DEI TABLEAUX PREDICATIVI 123

Schema della dimostrazione. Seguiamo l’approccio utilizzato nel caso deitableaux proposizionali (teorema 4.22). Fissiamo un ramo aperto (finito o infinito)r di un tableau sistematico aperto per F . La dimostrazione si sviluppa in tre passi:

(a) definizione di insieme di Hintikka (definizione 10.38);(b) dimostrazione che ogni insieme di Hintikka e soddisfacibile (lemma 10.43);(c) dimostrazione che

⋃n∈r E(n) e un insieme di Hintikka (lemma 10.45).

Dato che F ∈⋃n∈r E(n) (perche la radice del tableau appartiene a r) questi passi

sono sufficienti a completare la dimostrazione.Nel seguito diamo la definizione di insieme di Hintikka, ed enunciamo precisa-

mente i lemmi che corrispondono al secondo e al terzo passo, limitandoci a daresolamente alcuni cenni relativamente alle loro dimostrazioni. �

La definizione di insieme di Hintikka riprende quella del caso proposizionale(definizione 4.23): aggiungiamo le condizioni riguardanti γ- e δ-formule ed inoltreci assicuriamo che vi siano simboli di costante.

Definizione 10.38. Un insieme di enunciati H e un insieme di Hintikka sesono soddisfatte le seguenti condizioni:

(0) in H compare almeno un simbolo di costante;(1) H non contiene coppie complementari di letterali;(2) se F ∈ H e una doppia negazione con ridotto H allora H ∈ H;(3) se F ∈ H e una α-formula con ridotti H1 e H2 allora H1 ∈ H e H2 ∈ H;(4) se F ∈ H e una β-formula con ridotti H1 e H2 allora H1 ∈ H oppure

H2 ∈ H (e possibile che entrambi siano in H);(5) se F ∈ H e una γ-formula e H e un’istanza di F relativa ad un simbolo

di costante che compare in H allora H ∈ H;(6) se F ∈ H e una δ-formula allora esiste una sua istanza H tale che H ∈ H.

La definizione 10.38 e dettata dalla stessa idea descritta dopo la definizione4.23: la verita di ogni F ∈ H che non e un letterale deve essere “giustificata”dalla verita di altri enunciati di H. Il primo esempio evidenzia la necessita dellacondizione (0).

Esempio 10.39. L’insieme H = {∀x(p(x) ∧ ¬p(x))} soddisfa alle condizioni(1)–(6) ma non e un insieme di Hintikka perche non contiene nessun simbolo dicostante. D’altronde H e insoddisfacibile e quindi perche valga il lemma 10.43 nondeve essere un insieme di Hintikka.

Esempio 10.40. L’insieme

{∀x(¬r(x, a)→ ∃y r(x, y)),¬r(a, a)→ ∃y r(a, y),∃y r(a, y),

r(a, b),¬r(b, a)→ ∃y r(b, y),¬¬r(b, a), r(b, a)}

e un insieme di Hintikka. Infatti non contiene coppie complementari di letterali,contiene il ridotto della doppia negazione ¬¬r(b, a), uno dei ridotti di ciascuna delleβ-formule ¬r(a, a) → ∃y r(y, a) e ¬r(b, a) → ∃y r(y, b), le istanze relative a a e bdella γ-formula ∀x(¬r(x, a)→ ∃y r(y, x)) ed una istanza (quella relativa a b) dellaδ-formula ∃y r(y, a).

Esercizio 10.41. Siano F1 e F2 gli enunciati ∀x(¬p(x) ∧ r(x, x)) e ∃x(p(x) ∨¬r(x, x)).

(i) Definite insiemi di Hintikka H1 e H2 con Fi ∈ Hi.(ii) H1 ∪H2 e un insieme di Hintikka?

(iii) (?) Esiste un insieme di Hintikka che contiene sia F1 che F2?

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124 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

Esercizio 10.42. Verificare che l’insieme di enunciati che compaiono nelle eti-chette del ramo aperto del tableau ottenuto al termine dell’esempio 10.13 e uninsieme di Hintikka.

Lemma 10.43 (Lemma di Hintikka). Ogni insieme di Hintikka e soddisfacibile.

Cenno di dimostrazione. Sia H un insieme di Hintikka e sia C l’insieme deisimboli di costante che compaiono in H. Per definizione di insieme di Hintikka siha C 6= ∅.

Definiamo un’interpretazione I per il linguaggio di H ponendo: DI = C, cI = cper ogni c ∈ C, pI = { (c1, . . . , cn) ∈ Cn : p(c1, . . . , cn) ∈ H} per ogni simbolo direlazione n-ario p che compare in H (ricordiamo che stiamo supponendo che illinguaggio di H non contenga simboli di funzione).

Si dimostra poi, estendendo prima la definizione di rango di una formula e poii ragionamenti svolti per dimostrare il lemma 4.27 (che e la versione proposizionaledi questo lemma), che per ogni F ∈ H si ha I � F . Questo implica che H esoddisfacibile. �

Esempio 10.44. Applicando la dimostrazione del lemma 10.43 all’insieme diHintikka H costruito nell’esempio 10.40 si ottiene l’interpretazione I definita daDI = {a, b}, aI = a, bI = b, rI = {(a, b), (b, a)}.

Lemma 10.45. Se r e un ramo aperto (finito o infinito) di un tableau sistematicoallora H =

⋃n∈r E(n) e un insieme di Hintikka.

Cenno di dimostrazione. Bisogna verificare che H soddisfa le sette pro-prieta della definizione di insieme di Hintikka. La dimostrazione e anche in questocaso una generalizzazione di quella del caso proposizionale (lemma 4.28). Ci sonopero diverse difficolta in piu, principalmente dovute al fatto che r puo essere infinito(ed in quel caso anche H sara infinito).

Preliminarmente si osserva che in H compare almeno un simbolo di costante.Successivamente e necessario dimostrare che si agisce su ogni enunciato di H chenon e un letterale. Inoltre il caso delle γ-formule richiede particolare attenzione:bisogna infatti verificare che tutte le loro istanze relative a simboli di costante checompaiono in H appartengono a H. �

La dimostrazione del teorema di completezza accennata sopra fornisce infor-mazioni su come trovare un’interpretazione che soddisfi un enunciato il cui tableaue aperto.

Lemma 10.46. Sia r un ramo di un tableau sistematico per l’enunciato F che eaperto. Siano H =

⋃n∈r E(n) e C l’insieme dei simboli di costante che compaiono

nelle etichette dei nodi di r (si puo dimostrare che C 6= ∅).Sia I l’interpretazione definita da: DI = C, cI = c per ogni c ∈ C che compare

in F , pI = { (c1, . . . , cn) ∈ Cn : p(c1, . . . , cn) ∈ H} per ogni simbolo di relazionen-ario p che compare in F . Allora I � F .

Un esempio di applicazione di questo lemma e contenuto nell’esempio 10.35.Anche l’esempio 10.13 contiene un esempio di questo tipo: in questo caso il ta-bleau ottenuto al termine di quell’esempio non soddisfa esattamente alla nostradefinizione di tableau sistematico (perche le istanze di H relative ad a e b non ven-gono introdotte simultaneamente), ma e stato costruito senza dimenticare nessunenunciato e soddisfa al teorema di completezza.

Nota 10.47. I teoremi di correttezza e completezza mostrano che il metododei tableaux sistematici e una procedura di semidecisione per l’insoddisfacibilita (equindi per il lemma 7.48 anche per la validita) degli enunciati della logica predi-cativa. Questo significa che se l’enunciato F e insoddisfacibile l’algoritmo 10.34 si

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7. TABLEAUX PER LA CONSEGUENZA LOGICA 125

fermera fornendoci la risposta corretta; se invece F e soddisfacibile l’algoritmo puoarrestarsi e dare la risposta corretta, oppure proseguire la sua esecuzione all’infi-nito. In pratica, quindi, il metodo dei tableaux predicativi e utile soprattutto perdimostrare l’insoddisfacibilita di un enunciato.

Nel 1936 Alonzo Church1, basandosi sul lavoro precedente di Alan Turing, hadimostrato il seguente teorema.

Teorema 10.48. Non esiste una procedura di decisione per l’insoddisfacibilitadegli enunciati predicativi.

Quindi una procedura di semidecisione come quella dei tableaux e quanto dimeglio si possa ottenere e il caso predicativo e molto diverso dal caso proposizionale,in cui abbiamo introdotto due procedure di decisione per l’insoddisfacibilita (letavole di verita ed il metodo dei tableaux).

Nota 10.49. Come gia osservato nel caso proposizionale (nota 4.14), anche nelcaso predicativo l’algoritmo di costruzione dei tableaux non prevede la sostituzio-ne di un enunciato con un altro logicamente equivalente ad esso. Se introducessi-mo questa possibilita, il teorema di completezza non sarebbe piu vero, perche unenunciato insoddisfacibile potrebbe avere tableaux con rami infiniti, e quindi aperti.

7. Tableaux per la conseguenza logica

Questa sezione ripercorre cio che e stato detto nella sezione 4.6.Abbiamo presentato il metodo dei tableaux come un metodo per studiare la

validita o la soddisfacibilita di un singolo enunciato. Usando la parte dell’esercizio7.49 riguardante il lemma 2.43 possiamo usare i tableaux per studiare la validitao la soddisfacibilita di un insieme finito di enunciati {F1, . . . , Fn}. Come nel casoproposizionale si ottiene il seguente algoritmo.

Algoritmo 10.50. Per stabilire se un insieme finito T = {F1, . . . , Fn} di enun-ciati e soddisfacibile costruiamo un tableau con radice etichettata da T . Se il tableaue chiuso T e insoddisfacibile. Se il tableau e aperto e sistematico T e soddisfacibile(e un ramo aperto ci permette di definire un’interpretazione che soddisfa T ).

Similmente la parte dell’esercizio 7.49 riguardante il lemma 2.40 ci permette diusare i tableaux per stabilire la sussistenza della relazione di conseguenza logica.Come nel caso proposizionale si ottiene il seguente algoritmo.

Algoritmo 10.51. Per stabilire se F1, . . . , Fn � G costruiamo un tableau conradice etichettata da {F1, . . . , Fn,¬G}. Se il tableau e chiuso abbiamo F1, . . . , Fn �G. Se il tableau e aperto e sistematico allora F1, . . . , Fn 2 G, e un ramo aperto deltableau permette di definire un’interpretazione che soddisfa F1, . . . , Fn ma non G.

Esempio 10.52. Usiamo il metodo dei tableaux per stabilire che

∀x p(x),∀x(∀z r(x, z)→ ¬p(x)) � ∀y ∃x¬r(y, x).

Seguendo le indicazioni dell’algoritmo 10.51 (e le convenzioni 10.21 e 10.23) otte-niamo il seguente tableau, in cui indichiamo con F , G e H le γ-formule ∀x p(x),∀x(∀z r(x, z)→ ¬p(x)) e ¬∃x¬r(a, x) (come al solito in ogni passaggio sottolineia-mo l’enunciato su cui agiamo):

1Alonzo Church (1903-1995) e stato un matematico e logico statunitense.

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126 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

F,G,¬∀y ∃x¬r(y, x)

F,G,H

F,G, ∀z r(a, z)→ ¬p(a), H

F,G,¬∀z r(a, z), H

F,G,¬r(a, b), H

F,G,¬r(a, b), H, r(a, b)⊗

F ,G,¬p(a), H

F, p(a), G,¬p(a), H⊗

Esercizio 10.53. Studiate con il metodo del tableaux le conseguenze logichedei lemmi 7.65, 7.67, 7.69 e 7.74, degli esempi 7.32 e 7.71 e degli esercizi 7.33 e 7.77(verificate che il risultato ottenuto con i tableaux coincida con quello ottenuto inprecedenza). Per i problemi che riguardano generiche F e G utilizzate enunciatiatomici specifici. Quando avete a che fare con un’equivalenza logica usate l’esercizio7.37.

8. Tableaux per la logica con uguaglianza

Affrontiamo ora lo studio della logica con uguaglianza attraverso i tableaux.Vogliamo cioe utilizzare i tableaux per stabilire se un enunciato G e valida nellalogica con uguaglianza o, piu in generale, se F1, . . . , Fn �= G (quando n = 0 abbiamoappunto la validita di G).

Possiamo sfruttare il teorema 9.34, che ci dice che F1, . . . , Fn �= G e equivalentea F1, . . . , Fn,EqL � G, dove L = L(F1, . . . , Fn, G). Dato che L contiene solo unnumero finito di simboli di relazione (e nessun simbolo di funzione, per la conven-zione 10.1), l’insieme degli assiomi dell’uguaglianza EqL e finito, e quindi possiamoapplicare l’algoritmo 10.51, ottenendo il seguente algoritmo.

Algoritmo 10.54. Per stabilire se F1, . . . , Fn �= G costruiamo un tableau lacui radice e etichettata con {F1, . . . , Fn,¬G} ∪ EqL, dove L = L(F1, . . . , Fn, G).Se il tableau e chiuso allora F1, . . . , Fn �= G. Se il tableau e aperto e sistematicoallora F1, . . . , Fn 2= G. In questo secondo caso un ramo aperto del tableau cipermette di definire un’interpretazione I che soddisfa EqL, F1, . . . , Fn ma non G.Per ottenere un’interpretazione normale utilizziamo il lemma 9.32: l’interpretazionenormale I/=I soddisfa F1, . . . , Fn ma non G.

Esempio 10.55. Utilizziamo i tableaux per dimostrare p(a),¬p(b) �= a 6= b.Sia L il linguaggio di questi enunciati: oltre all’uguaglianza, vi compaiono i simbolidi costante a e b e il simbolo di relazione unario p. Nel tableau che costruiremoavremo bisogno di un solo elemento di EqL, e precisamente dell’unico enunciato ditipo (e5) di EqL (si ricordi la definizione 6.64): ∀x ∀y(x = y ∧ p(x) → p(y)), cheindichiamo con E5. Indichiamo con E′5 l’enunciato ∀y(a = y ∧ p(a)→ p(y)), che eun’istanza di E5. Ecco il tableau, da cui omettiamo gli altri elementi di EqL (comeal solito sottolineiamo l’enunciato su cui agiamo):

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9. TABLEAUX PER LINGUAGGI CON SIMBOLI DI FUNZIONE 127

p(a),¬p(b), a = b, E5

p(a),¬p(b), a = b, E5, E′5

p(a),¬p(b), a = b, E5, E′5, a = b ∧ p(a)→ p(b)

p(a),¬p(b), a = b, E5, E′5,¬(a = b ∧ p(a))

p(a),¬p(b), a = b, E5, E′5, a 6= b⊗ p(a),¬p(b), a = b, E5, E

′5,¬p(a)⊗p(a),¬p(b), a = b, E5, E

′5, p(b)⊗

Esercizio 10.56. Mostrare utilizzando i tableaux che

∀x r(a, x),∃x ∃y ¬r(y, x) �= ∃x a 6= x.

Le conseguenze logiche con uguaglianza dell’esempio 10.55 e dell’esercizio 10.56verranno considerate dal punto di vista della deduzione naturale negli esempi 11.53e 11.60.

9. Tableaux per linguaggi con simboli di funzione

Supponiamo di voler utilizzare il metodo dei tableaux per enunciati di un lin-guaggio che comprenda anche dei simboli di funzione. Se non ci preoccupiamo diavere un tableau sistematico, la modifica che dobbiamo fare all’algoritmo 10.18 ri-guarda solo le γ-formule. Nella nuova situazione quando agiamo su una γ-formulapossiamo aggiungere un’istanza relativa ad un termine chiuso (ricordare la definizio-ne 6.9) che contenga anche simboli di funzione. Per prima cosa e quindi necessarioestendere la nozione di istanza di una γ-formula a termini chiusi arbitrari.

Definizione 10.57. Se G e una γ-formula e t e un termine chiuso, l’istanza diG relativa ad t e F{x/t} se G e ∀xF , e ¬F{x/t} se G e ¬∃xF .

La sostituzione effettuata nella definizione precedente e sempre ammissibile,perche t non contiene variabili (si veda la nota 6.53). Osserviamo inoltre che illemma 10.6 (che asserisce che una γ-formula ha come conseguenza logica ogni suaistanza) vale anche per istanze relative a termini chiusi che non siano simboli dicostante (il lemma 7.63 vale per termini arbitrari).

Algoritmo 10.58. Un tableau per un enunciato F in un linguaggio con simbolidi funzione e costruito dalla variante dell’algoritmo 10.18 ottenuta sostituendo lacondizione (4) con

(4′) se G e una γ-formula sia G1 l’istanza di G relativa ad un termine chiuso:aggiungiamo un nodo n′ sotto n e poniamo E(n′) = E(n) ∪ {G1}.

La correttezza di questo algoritmo viene dimostrata ripetendo la dimostrazionedel teorema 10.29. Infatti nel caso (4) di quella dimostrazione si utilizzava il lemma10.6, che (come osservato sopra) vale anche per istanze relative a termini chiusiarbitrari.

Esempio 10.59. Utilizziamo i tableaux per mostrare che

∀x(p(x)→ r(x, f(x))),∃y p(g(y)) � ∃x ∃y r(g(x), f(y)).

Indichiamo con F , G e H gli enunciati ∀x(p(x)→ r(x, f(x))), ¬∃x ∃y r(g(x), f(y))e ¬∃y r(g(a), f(y)). Come al solito sottolineiamo l’enunciato su cui agiamo.

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128 10. IL METODO DEI TABLEAUX: CASO PREDICATIVO

F,∃y p(g(y)), G

F , p(g(a)), G

F, p(g(a))→ r(g(a), f(g(a))), p(g(a)), G

F,¬p(g(a)), p(g(a)), G⊗ F, r(g(a), f(g(a))), p(g(a)), G

F, r(g(a), f(g(a))), p(g(a)), G,H

F, r(g(a), f(g(a))), p(g(a)), G,H,¬r(g(a), f(g(a)))⊗Notiamo come nell’esempio precedente le azioni sulle δ-formule non presen-

tano differenze rispetto all’algoritmo 10.18: infatti abbiamo istanziato ∃y p(g(y))sul nuovo simbolo di costante a. Quando abbiamo agito sulle γ-formule abbiamoutilizzato la novita dell’algoritmo 10.58: abbiamo infatti istanziato F , G e H ri-spettivamente su g(a), a e g(a). Ancor piu che nel caso in cui non erano presentisimboli di funzione, bisogna scegliere con cura i termini chiusi su cui istanziare leγ-formule per riuscire a chiudere in meno passaggi possibili il tableau.

Esercizio 10.60. Dimostrare con il metodo dei tableaux che l’insieme di enun-ciati

{∀x(p(x) ∨ q(x)),∀x(q(f(x))→ p(x)),¬∀x(¬p(x)→ p(f(x)))}e insoddisfacibile.

Se vogliamo costruire tableaux sistematici per ottenere la completezza dell’al-goritmo la presenza di simboli di funzione causa qualche problema in piu. Infattiin un linguaggio con simboli di funzione ed almeno un simbolo di costante l’insiemedei termini chiusi e infinito (l’esempio 6.16 descrive il caso piu semplice possibile diquesta situazione). Nell’algoritmo 10.34, nel caso in cui si trattavano le γ-formule, siaggiungeva all’etichetta del nodo l’insieme di tutte le istanze di γ-formule G ∈ E(n)relative a simboli di costante in Cn(G). Dato che ora sarebbe necessario considerareogni possibile istanza relativa a termini chiusi di ogni γ-formula, cio condurrebbead avere nodi etichettati con insiemi infiniti di enunciati, che non e accettabile.Per superare questo ostacolo e necessario aggiungere ad ogni passo solo un numerofinito di istanze di γ-formule, pur garantendo che ogni istanza venga prima o poiaggiunta. A tal fine e opportuno ordinare i termini chiusi e seguire l’ordine nellascelta delle istanze da aggiungere. Cio comporta che i tableaux aperti per enunciatidi linguaggi con simboli di funzione sono sempre infiniti (a meno che la formula siatalmente semplice da condurre ad un tableau privo di γ-formule).

In questa sede omettiamo gli ulteriori dettagli necessari alla definizione rigorosadei tableaux sistematici per linguaggi con simboli di funzione.

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CAPITOLO 11

La deduzione naturale: caso predicativo

In questo capitolo estendiamo alla logica predicativa il sistema deduttivo intro-dotto per la logica proposizionale nel capitolo 5. Continua ad essere utile la formula⊥ che rappresenta il falso: nel contesto predicativo si tratta di un enunciato atomicoche non e soddisfatto da nessuna interpretazione in nessuno stato.

Scriveremo sempre T B F per indicare l’esistenza di una deduzione naturalein cui F e l’etichetta della radice e tutte le etichette delle foglie appartengonoall’insieme T . La struttura di una deduzione come albero etichettato rimane semprela stessa e tutte le regole della deduzione naturale proposizionale fanno parte delnuovo sistema. Dobbiamo quindi solamente aggiungere regole di introduzione edeliminazione per i quantificatori.

1. La deduzione naturale e i quantificatori

Ogni quantificatore ha una regola di introduzione ed una di eliminazione, esat-tamente come le avevano i connettivi proposizionali. Vedremo come ognuna diqueste regole richieda che certe condizioni siano soddisfatte dalle variabili e dai ter-mini coinvolti. In questa sezione cercheremo di spiegare intuitivamente le ragioniper introdurre queste condizioni, che peraltro risulteranno essenziali nella dimostra-zione del teorema di correttezza 11.10. A questo proposito puo essere utile anchelo svolgimento dell’esercizio 11.11.

Per eliminare ∀ dobbiamo capire cosa possiamo dedurre se abbiamo gia dedotto∀xF . In questo caso sappiamo che F vale per qualunque oggetto vogliamo consi-derare: abbiamo cioe la possibilita di passare dall’universale al particolare. Datoche gli oggetti sono rappresentati dai termini, e naturale poter dedurre F{x/t} perqualunque termine t, a condizione che la sostituzione di x con t sia ammissibile inF . Nella notazione della sezione 5.1 possiamo quindi scrivere ∀xF ` F{x/t}, sela sostituzione {x/t} e ammissibile in F . In termini di deduzione naturale questaregola corrisponde all’albero

∀xF {x/t} ammissibile in FF{x/t}

La correttezza di questa regola e espressa dal lemma 10.6.L’introduzione di ∃ e in un certo senso l’operazione inversa: se abbiamo ottenuto

F{x/t} per qualche termine t la cui sostituzione al posto di x e ammissibile in F ,possiamo dedurre ∃xF . Infatti t rappresenta qualche individuo e quindi F{x/t} hacome conseguenza l’esistenza di qualcosa che soddisfa F . In termini di deduzionenaturale otteniamo

F{x/t}{x/t} ammissibile in F∃xF

La correttezza di questa regola e giustificata dall’esercizio 10.7.Utilizzando queste due regole per i quantificatori possiamo dare un primo

esempio di deduzione naturale predicativa.

Esempio 11.1. Mostriamo che ∀x(p(x)→ q(x)), p(f(a))B ∃x q(f(x)):

129

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130 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

p(f(a))

∀x(p(x)→ q(x))

p(f(a))→ q(f(a))

q(f(a))

∃x q(f(x))

Abbiamo iniziato la deduzione naturale utilizzando (∀e) (sulla formula p(x)→ q(x)e sul termine f(a)), abbiamo poi sfruttato (→e), per concludere con un’applicazionedi (∃i) (alla formula q(f(x)) e al termine a). Il ragionamento rappresentato e ineffetti quello “naturale” in un caso del genere: se sappiamo che ogni elemento conla proprieta p possiede anche la proprieta q, e sappiamo che f(a) ha la proprietap possiamo dedurre che f(a) ha la proprieta q e quindi che esiste un elementonell’immagine di f con quest’ultima proprieta.

Notiamo anche che da ∀x(p(x) → q(x)) avremmo potuto dedurre p(a) → q(a)invece di p(f(a)) → q(f(a)). Se avessimo fatto cosı la deduzione naturale nonavrebbe pero potuto proseguire, vista l’impossibilita di utilizzare (→e) o qualsiasialtra regola. Analogamente, da q(f(a)) si poteva usare (∃i) per dedurre ∃x q(x)(formula q(x) e termine f(a)), che non e pero la conclusione desiderata.

Consideriamo ora l’introduzione di ∀. Una tipica dimostrazione di ∀xF avvieneconsiderando un elemento “generico” e dimostrando che F vale per quell’elemento.Ad esempio se sosteniamo di poter aprire qualsiasi bottiglia di birra con le mani,i nostri amici ci proporranno di mostrarlo aprendo una specifica bottiglia di bir-ra (non certo tutte le bottiglie di birra mai prodotte), ma esigeranno che quellabottiglia sia “generica”: ad esempio non puo certo essere una bottiglia gia apertae poi richiusa. Si passa quindi dal particolare al generale, ma a condizione che ilparticolare riguardi un elemento generico.

Gli elementi generici sono rappresentati nei linguaggi predicativi dalle variabili,ed in particolare possiamo utilizzare la variabile x stessa. Percio e sufficiente di-mostrare F a condizione che la variabile x sia “generica”. Dobbiamo pero rendererigorosa la condizione di genericita: perche x sia “generica” e necessario che nessunaipotesi, oltre a F , venga fatta su x. Per rendersene conto consideriamo la seguentededuzione naturale, estremamente simile alla prima parte di quella dell’esempio11.1:

c(x)

∀x(c(x)→ m(x))

c(x)→ m(x)

m(x)

Se interpretiamo c(x) come “x e un cane” e m(x) come “x e un mammifero” siamogiunti alla conclusione che x e un mammifero a partire dalle ipotesi che ogni canesia un mammifero e che x sia un cane. Sarebbe scorretto a questo punto concludere∀xm(x) (cioe “tutti sono mammiferi”), proprio perche su x e stata fatta l’ipotesiche rappresenti un cane. Questa ipotesi e espressa da una formula che ha x tra levariabili libere. La condizione di genericita di x viene quindi resa precisa con larichiesta che se abbiamo T ` F , per poter dedurre ∀xF e necessario che x non sialibera in nessuna formula di T .

Riassumendo: se abbiamo T ` F e x non e libera in nessuna formula di T(nel corso della dimostrazione del teorema 11.10 si vedra come questa condizionegarantisca la correttezza della regola), allora possiamo dedurre ∀xF . Otteniamodunque l’albero

TB

Fx non libera in T∀xF

Ecco un esempio in cui viene utilizzata questa regola.

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1. LA DEDUZIONE NATURALE E I QUANTIFICATORI 131

Esempio 11.2. Mostriamo che ∀x(p(x)→ q(x)),∀x p(x)B ∀x q(x):

∀x p(x)

p(x)

∀x(p(x)→ q(x))

p(x)→ q(x)

q(x)

∀x q(x)

Anche in questo caso il ragionamento rappresentato da questa deduzione naturale e“naturale”: se sappiamo che ogni elemento con la proprieta p ha anche la proprietaq, e sappiamo che tutti gli elementi hanno la proprieta p possiamo applicare ledue informazioni ad un x generico, ottenendo che esso soddisfa la proprieta q; lagenericita di x ci assicura che ogni elemento ha quest’ultima proprieta.

Rimane da considerare la regola di eliminazione di ∃. In questo caso ci puoaiutare l’osservazione (gia fatta nella nota 7.78) che la quantificazione esistenzialee una generalizzazione della disgiunzione. Percio la regola (∃e) ha degli aspetti incomune con (∨e): in particolare e una regola che prevede lo scaricamento. Persfruttare il fatto che ∃xF tipicamente si assegna un nome generico (per esempiola variabile x stessa) all’oggetto di cui si conosce l’esistenza, e si assume comeipotesi ausiliaria che F valga. Se, utilizzando l’ipotesi ausiliaria, giungiamo ad unaconclusione G vorremmo scaricare F e concludere G a partire da ∃xF . Per far cioe pero necessario che G non contenga delle informazioni specifiche su x (altrimentiG non sarebbe conseguenza solo di ∃xF , ma anche del fatto che l’elemento di cuisappiamo l’esistenza sia proprio x). Similmente, e necessario che le altre ipotesi Tutilizzate nella deduzione naturale non contengano ipotesi su x oltre a F (altrimentix non sarebbe generico). Queste condizioni si traducono nel fatto che x non puoessere libera ne in G, ne nelle formule di T \ {F}.

Riassumendo: se da T, F possiamo dedurre G e se x non e libera in nessunaformula di T \ {F} e neppure in G (nel corso della dimostrazione del teorema 11.10si vedra come queste condizioni garantiscano la correttezza della regola), allorapossiamo dedurre G da T, ∃xF . Otteniamo dunque l’albero

∃xF

T, [F ]

B

G x non libera in T \ {F}, GG

Ecco un esempio in cui viene utilizzata la regola di eliminazione di ∃.

Esempio 11.3. Mostriamo che ∀x(p(x)→ q(x)),∃x p(x)B ∃x q(x):

∃x p(x)

[p(x)]1∀x(p(x)→ q(x))

p(x)→ q(x)

q(x)

∃x q(x)1

∃x q(x)

Il ragionamento rappresentato da questa deduzione naturale inizia assegnando ilnome x all’elemento con la proprieta p che sappiamo esistere. Dato che sappiamoanche che ogni elemento con la proprieta p ha la proprieta q, x soddisfa anche qe percio esiste un elemento con quest’ultima proprieta. Quest’ultima affermazionenon riguarda x e percio essa non dipende dall’aver usato quel nome per designareun elemento con la proprieta p.

Notiamo che in questa deduzione naturale e necessario che (∃i) venga utilizzatoprima di (∃e): se avessimo invertito l’ordine di applicazione di queste due regoleavremmo applicato (∃e) alla formula q(x) (in cui x e libera), violando la condizioneper l’applicabilita di (∃e) (e in effetti ∀x(p(x)→ q(x)),∃x p(x) 2 q(x)).

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132 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

Le regole (∀i) e (∃e) possono essere generalizzate osservando che non e ne-cessario che l’elemento “generico” sia rappresentato proprio dalla variabile x cheviene quantificata: qualunque altra variabile sufficientemente generica puo essereutilizzata. In certi casi cio e effettivamente necessario, come mostrano i seguentiesempi.

Esempio 11.4. Supponiamo che F sia una formula qualunque e di voler mo-strare che ∀x(p(x) → q(x)), F ∧ ∀x p(x) B ∀x q(x). Con una piccola modifica alladeduzione naturale dell’esempio 11.2 si ottiene

F ∧ ∀x p(x)

∀x p(x)

p(x)

∀x(p(x)→ q(x))

p(x)→ q(x)

q(x)

∀x q(x)

Se x non e libera in F questa deduzione naturale e corretta. Se invece x e libera inF siamo in presenza di una violazione della condizione relativa a (∀i) e la deduzionenaturale non e accettabile.

Un esempio del tutto analogo puo essere fatto per (∃e) modificando l’esempio11.3 in modo che F ∧ ∀x(p(x)→ q(x)),∃x p(x)B ∃x q(x). Anche in questo caso sex e libera in F la deduzione naturale

∃x p(x)

[p(x)]1

F ∧ ∀x(p(x)→ q(x))

∀x(p(x)→ q(x))

p(x)→ q(x)

q(x)

∃x q(x)1

∃x q(x)

non e accettabile.

La soluzione naturale a queste difficolta e quella di utilizzare per indicare l’ele-mento generico una variabile diversa da x (cio e giustificato dalle equivalenze logichedel lemma 7.61). Si ottengono quindi gli alberi

F ∧ ∀x p(x)

∀x p(x)

p(y)

∀x(p(x)→ q(x))

p(y)→ q(y)

q(y)

∀x q(x)e

∃x p(x)

[p(y)]1

F ∧ ∀x(p(x)→ q(x))

∀x(p(x)→ q(x))

p(y)→ q(y)

q(y)

∃x q(x)1

∃x q(x)

Notiamo pero che nel primo caso deduciamo ∀x q(x) da q(y), mentre nel secondocaso utilizziamo p(y) come ipotesi ausiliaria che scarichiamo in presenza di ∃x p(x).In entrambi i casi non stiamo applicando le regole introdotte in precedenza.

Per poter enunciare le generalizzazioni di (∀i) e (∃e), che indicheremo con(∀i)g e (∃e)g, e necessario precisare le condizioni sulla variabile y utilizzata per

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1. LA DEDUZIONE NATURALE E I QUANTIFICATORI 133

l’elemento generico. In ogni caso e chiaramente necessario che la sostituzione {x/y}sia ammissibile in F .

Nel caso di (∀i)g, se abbiamo T ` F{x/y}, per poter dedurre ∀xF e necessarioche y non sia libera in nessuna formula di T . Queste condizioni non sono pero ancorasufficienti per dedurre ∀xF . Per rendersene conto e bene considerare un nuovoesempio: se abbiamo ottenuto T ` r(y, y) con y non libera in T , e corretto dedurre∀x r(x, x), mentre sarebbe scorretto ottenere ∀x r(x, y). Infatti da quest’ultimaformula, con un’ulteriore applicazione di (∀i), e possibile ottenere T ` ∀y ∀x r(x, y),che non e giustificato da T ` r(y, y). In questo esempio le due occorrenze di y inr(y, y) sono considerate indipendentemente l’una dall’altra, e cio non e accettabile.La condizione che e necessario aggiungere e che y non sia libera neppure in ∀xF ,cosı che la genericita di y sia sfruttabile una sola volta. Otteniamo dunque

TB

{x/y} ammissibile in FF{x/y}

y non libera in T, ∀xF∀xFNel caso di (∃e)g e necessario richiedere che y non sia libera in ∃xF , per fare

in modo che essa rappresenti un elemento veramente generico. Otteniamo dunque

∃xF

T, [F{x/y}]B

{x/y} ammissibile in FG y non libera in T \ {F{x/y}},∃xF,G

G

Notiamo che in (∀i)g e (∃e)g nulla proibisce che la variabile y sia proprio x. Inquesto caso la sostituzione e ovviamente ammissibile e il fatto che y non sia liberain ∀xF o in ∃xF e immediato: si ottengono quindi (∀i) e (∃e) come casi particolari.

In realta (∀i)g e (∃e)g si possono ottenere da (∀i) e (∃e) e dalle altre regole.Per farlo e necessario partire da un’osservazione.

Lemma 11.5. Siano F una formula ed x e y due variabili distinte. Supponiamoche y non sia libera in F e che la sostituzione {x/y} sia ammissibile in F . Allorala sostituzione {y/x} e ammissibile in F{x/y} e F{x/y}{y/x} coincide con F .

Dimostrazione. L’effetto della sostituzione {x/y} su F e quello di rimpiazza-re tutte le occorrenze libere di x con y. Dato che y non e libera in F , quelle ottenutein questo modo sono tutte le occorrenze libere di y in F{x/y}. In particolare nes-suna occorrenza libera di y in F{x/y} e nell’ambito d’azione di un quantificatoresu x, e percio {y/x} e ammissibile in F{x/y}. Se effettuiamo questa sostituzionerimpiazziamo tutte le occorrenze di y con x, e quindi ritorniamo alla situazione dipartenza, ovvero a F . �

Esercizio 11.6. Sia F la formula r(x, y). La sostituzione {x/y} e ammissibilein F? La sostituzione {y/x} e ammissibile in F{x/y}? Scrivete F{x/y}{y/x}.Quale ipotesi del lemma 11.5 e stata violata?

Ripetete l’esercizio quando F e ∀x r(x, y) ∧ p(x).

Esempio 11.7. In questo esempio dimostriamo (∀i)g. Quando x e y coincidonoabbiamo (∀i) e non c’e nulla da dimostrare. Supponiamo quindi che x e y sianovariabili distinte, che {x/y} sia ammissibile in F , che T B F{x/y}, e che y nonsia libera in nessuna formula di T, ∀xF . Notiamo che y non e libera in F : quindiF{x/y}{y/x} e F per il lemma 11.5. Mostriamo T B ∀xF come segue

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134 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

TB

F{x/y}∀y F{x/y}

[∀y F{x/y}]1

F{x/y}{y/x}∀xF

1∀y F{x/y} → ∀xF∀xF

In questa deduzione abbiamo applicato (∀i) due volte. Sulla sinistra abbiamo usa-to la variabile y, ma senza cambiare la formula, mentre sulla destra sfruttiamoche F{x/y}{y/x} e F e il fatto che x non e libera in ∀y F{x/y} perche tutte leoccorrenze libere di x sono state rimpiazzate da y.

Esempio 11.8. In questo esempio dimostriamo (∃e)g. Se le variabili x e ycoincidono abbiamo (∃e) e non c’e nulla da dimostrare. Supponiamo quindi che x ey siano variabili distinte, che {x/y} sia ammissibile in F , che T, F{x/y}BG e che ynon sia libera in nessuna formula di T \ {F{x/y}},∃xF,G. Nuovamente abbiamoche y non e libera in F e quindi F{x/y}{y/x} e F per il lemma 11.5. Mostriamoche T, ∃xF BG come segue

∃xF[F{x/y}{y/x}]1

∃y F{x/y}1

∃y F{x/y}

T, [F{x/y}]2

B

G2

G

In questa deduzione abbiamo applicato (∃e) due volte. Nella prima occasione scri-viamo F{x/y}{y/x} al posto di F , ed e immediato che x non e libera in ∃y F{x/y}.Nella seconda sfruttiamo l’ipotesi che y non e libera in T \ {F{x/y}}, G.

Esempio 11.9. Per mostrare che

∃x p(x),∃x¬p(x),∀x∀y(p(x) ∧ ¬p(y)→ r(x, y))B ∃x∃y r(x, y).

(∃e)g risulta estremamente utile, perche non avrebbe senso usare la stessa variabilex per indicare sia l’elemento che soddisfa p(x) che quello che soddisfa ¬p(x):

∃x p(x)

∃x¬p(x)

[p(x)]2 [¬p(y)]1

p(x) ∧ ¬p(y)

∀x ∀y(p(x) ∧ ¬p(y)→ r(x, y))

∀y(p(x) ∧ ¬p(y)→ r(x, y))

p(x) ∧ ¬p(y)→ r(x, y)

r(x, y)

∃y r(x, y)

∃x ∃y r(x, y)1

∃x∃y r(x, y)2

∃x∃y r(x, y)

2. Le regole della deduzione naturale predicativa

Per favorire la consultazione, in questa sezione (in analogia a quanto fattonella sezione 5.3) riassumiamo tutte le regole del sistema di deduzione naturalepredicativa. Esse comprendono le regole proposizionali:

(∧i)

TB

F

T ′B

GF ∧G

(∧e.1)

TB

F ∧GF

(∧e.2)

TB

F ∧GG

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2. LE REGOLE DELLA DEDUZIONE NATURALE PREDICATIVA 135

(∨i.1)

TB

FF ∨G

(∨i.2)

TB

GF ∨G

(∨e)TB

F ∨G

T ′, [F ]

B

H

T ′′, [G]

BH

H

(→i)

T, [F ]

B

GF → G

(→e)

TB

F

T ′BF → GG

(¬i)

T, [F ]

B

⊥¬F

(¬e)

TB

F

T ′B¬F

(¬¬e)

TB

¬¬FF

Poi abbiamo le regole per i quantificatori, che sono caratterizzate dall’essereapplicabili solo se le condizioni indicate alla loro destra sono soddisfatte:

(∀i)

TB

F∀xF

x non libera in T (∀e)

TB

∀xFF{x/t}

{x/t} ammissibile in F

(∃i)

TB

F{x/t}∃xF

{x/t} ammissibile in F

(∃e)T ′B

∃xF

T, [F ]

B

GG

x non libera in T \ {F}, G

Infine, ricordiamo anche le regole derivate ottenute nel capitolo 5 e quelleottenute negli esempi 11.7 e 11.8:

(RAA)

T, [¬F ]

B

⊥F

(ex-falso)

TB

⊥F

(MT )

TB

F → G

T ′B

¬G¬F

(TE) [F ∨ ¬F ]

(∀i)gTB

F{x/y}∀xF

{x/y} ammissibile in F

y non libera in T, ∀xF

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136 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

(∃e)gT ′B

∃xF

T, [F{x/y}]

B

GG

{x/y} ammissibile in F

y non libera in T \ {F{x/y}},∃xF,G

3. Correttezza e completezza della deduzione naturale predicativa

In questa sezione estendiamo al caso predicativo quanto fatto nella sezione 5.4.Dimostriamo quindi che la deduzione naturale predicativa e un sistema deduttivocorretto e enunciamo, senza dimostrarla, la sua completezza.

Teorema 11.10 (Teorema di correttezza). Siano T un insieme di formulepredicative e F una formula predicativa. Se T B F allora T � F .

Dimostrazione. Come gia per il teorema 5.17, la dimostrazione e per indu-zione sull’altezza dell’albero della deduzione naturale che testimonia TBF . In altreparole, dimostriamo per induzione su n che se l’altezza di un albero di deduzioneche mostra T B F e n, allora T � F .

Il caso base ed i passi induttivi relativi alle undici regole proposizionali sono giastati svolti nella dimostrazione del teorema 5.17. In questa sede sviluppiamo quindisolamente i passi induttivi che riguardano le quattro regole per i quantificatori.

(∀i) Se la deduzione naturale e della forma

TB

F∀xF

dove x non e libera in T , abbiamo T B ∀xF e vogliamo dimostrare T � ∀xF . Ladeduzione naturale sopra la linea orizzontale mostra che TBF . Per ipotesi induttivaabbiamo dunque T � F . Per dimostrare T � ∀xF consideriamo un’interpretazioneI ed uno stato σ tali che I, σ � T . Per mostrare I, σ � ∀xF fissiamo d ∈ DI . Datoche x non e libera in T abbiamo anche I, σ[x/d] � T (stiamo utilizzando il lemma7.12) e la nostra ipotesi ci assicura che I, σ[x/d] � F . Dato che questo vale per ognid ∈ DI otteniamo I, σ � ∀xF .

(∀e) Se la deduzione naturale e della forma

TB

∀xFF{x/t}

dove la sostituzione {x/t} e ammissibile in F , abbiamo T B F{x/t} e vogliamodimostrare T � F{x/t}. La deduzione naturale sopra la linea orizzontale mostrache T B∀xF e per ipotesi induttiva abbiamo T � ∀xF . Dato che per il lemma 7.63si ha ∀xF � F{x/t}, la conclusione e immediata.

(∃i) Se la deduzione naturale e della forma

TB

F{x/t}∃xF

dove la sostituzione {x/t} e ammissibile in F , abbiamo T B ∃xF e vogliamo di-mostrare T � ∃xF . La deduzione naturale sopra la linea orizzontale mostra cheT B F{x/t} e dunque per ipotesi induttiva abbiamo T � F{x/t}. La conclusione eimmediata perche per il lemma 7.63 si ha F{x/t} � ∃xF .

(∃e) Se la deduzione naturale e della forma

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4. ESEMPI DI DEDUZIONE NATURALE PREDICATIVA 137

T ′B

∃xF

T, [F ]

B

GG

con x non libera in T \ {F}, G, abbiamo T, T ′ B G e vogliamo dimostrare T, T ′ �G. Le deduzioni naturali sopra la linea orizzontale mostrano che T ′ B ∃xF e cheT, F B G. Per ipotesi induttiva abbiamo dunque sia T ′ � ∃xF che T, F � G. Perdimostrare T, T ′ � G consideriamo un’interpretazione I ed uno stato σ tali cheI, σ � T, T ′. La nostra prima ipotesi ci permette di dedurre che I, σ � ∃xF , equindi esiste d0 ∈ DI tale che I, σ[x/d0] � F . Dato che x non e libera in T \ {F} siha anche I, σ[x/d0] � T (stiamo nuovamente utilizzando il lemma 7.12). Sfruttandola seconda ipotesi otteniamo I, σ[x/d0] � G. Visto che x non e libera in G, unanuova applicazione del lemma 7.12 ci permette di concludere che I, σ � G. �

Esercizio 11.11. I due alberi qui sotto pretendono di mostrare che

∃x p(x),∀x(p(x)→ q(x))B ∀x q(x).

Dato che ∃x p(x),∀x(p(x)→ q(x)) 2 ∀x q(x) (definite un’interpretazione che giusti-fichi questa affermazione) questo contraddice il teorema 11.10. Individuate il puntoscorretto in ognuna delle presunte deduzioni naturali.

∃x p(x)

[p(x)]1∀x(p(x)→ q(x))

p(x)→ q(x)

q(x)

∀x q(x)1

∀x q(x)

∃x p(x)

[p(x)]1∀x(p(x)→ q(x))

p(x)→ q(x)

q(x)1

q(x)

∀x q(x)

L’inverso del teorema di correttezza e il teorema di completezza, che asserisceche tutto cio che e vero e dimostrabile per mezzo della deduzione naturale, che equindi “completa”. Come gia nel caso proposizionale, ci limitiamo ad enunciarequesto importante risultato.

Teorema 11.12 (Teorema di completezza). Siano T un insieme di formulepredicative e F una formula predicativa. Se T � F allora T B F .

4. Esempi di deduzione naturale predicativa

In questa sezione presentiamo numerosi esempi di deduzione naturale, ottenen-do tra l’altro le conseguenze logiche della sezione 7.5 (nella maggior parte dei casisono una parte di un’equivalenza logica). Come gia nella sezione 5.6, si consigliadi tentare di costruire alcune di queste deduzioni naturali senza guardare le so-luzioni: anche qualora si incontrino delle difficolta si avra comunque una migliorcomprensione della soluzione proposta.

Iniziamo dal lemma 7.65 relativo all’interazione tra negazione e quantificatori.

Esempio 11.13. Mostriamo ora che ∃x¬F B ¬∀xF

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138 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

∃x¬F[¬F ]1

[∀xF ]2

F

⊥1

⊥2

¬∀xFIn questa deduzione naturale vengono usate entrambe le regole di eliminazione deiquantificatori, e per l’applicazione di (∃e) e cruciale che x non sia libera ne in ⊥ ne in∀xF . Notiamo inoltre che sarebbe stato possibile invertire l’ordine di applicazionedi (∃e) e (¬i), ottenendo una deduzione naturale lievemente diversa.

La deduzione naturale riproduce la dimostrazione della conseguenza logica cor-rispondente nel lemma 7.65: se ∃x¬F fissiamo un tale x e troviamo una contrad-dizione a partire da ∀xF , cosı da concludere che ¬∀xF .

Esempio 11.14. Per mostrare che ¬∀xF B ∃x¬F utilizziamo la deduzionenaturale

[¬F ]1

∃x¬F [¬∃x¬F ]2

⊥1

F∀xF ¬∀xF

⊥2

∃x¬FIn questa deduzione naturale (RAA) viene utilizzata due volte, mentre c’e un’appli-cazione di ognuna delle due regole di introduzione dei quantificatori. Quando vieneutilizzata (∀i) l’ipotesi ¬F e gia stata scaricata e l’unica ipotesi attiva e ¬∃x¬F ,in cui la variabile x non e libera.

La dimostrazione riprodotta da questa deduzione naturale e per assurdo: se¬∃x¬F allora ¬F non sarebbe mai vera, quindi F sarebbe sempre vera e avremmo∀xF che contraddice la nostra ipotesi.

Esempio 11.15. Per mostrare che ¬∃xF B ∀x¬F utilizziamo la seguente de-duzione naturale

[F ]1

∃xF ¬∃xF⊥

1¬F∀x¬F

L’idea della dimostrazione e che, volendo ottenere ∀x¬F , supponiamo che perqualche x valga F e raggiungiamo una contraddizione, in modo da essere certi chevale ¬F . Dato che x e generico, abbiamo ∀x¬F .

Esempio 11.16. Per mostrare che ∀x¬FB¬∃xF possiamo procedere in questomodo

[∃xF ]2[F ]1

∀x¬F¬F

⊥1

⊥2

¬∃xFEsercizio 11.17. Descrivere a parole la dimostrazione formalizzata dalla de-

duzione naturale precedente.

Esercizio 11.18. Scrivere accanto ad ogni linea orizzontale delle deduzioninaturali dei quattro esempi precedenti la regola utilizzata.

Passiamo ora alle conseguenze logiche del lemma 7.67.

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4. ESEMPI DI DEDUZIONE NATURALE PREDICATIVA 139

Esempio 11.19. Mostrare che ∀xF ∧ G B ∀x(F ∧ G), supponendo che x nonsia libera in G, e piuttosto semplice

∀xF ∧G∀xFF

∀xF ∧GG

F ∧G∀x(F ∧G)

Notiamo come l’ipotesi su x e G sia stata necessaria per poter utilizzare (∀i): datoche x non e libera in G non lo e neppure in ∀xF ∧G.

Esercizio 11.20. Mostrare che ∀x(F ∧G)B∀xF ∧G (non e necessaria l’ipotesiche x non sia libera in G).

Esempio 11.21. Per dimostrare che ∀xF ∨GB ∀x(F ∨G), supponendo che xnon sia libera in G, procediamo come segue

∀xF ∨G

[∀xF ]1

FF ∨G

[G]1

F ∨G1

F ∨G∀x(F ∨G)

Anche in questo caso l’ipotesi che x non sia libera in G, e quindi in ∀xF ∨G, vieneutilizzata per poter applicare (∀i).

Esercizio 11.22. Scrivete una deduzione naturale diversa dalla precedente chemostri ∀xF ∨GB ∀x(F ∨G). Per esempio potete scambiare l’ordine di utilizzo di(∨e) e (∀i).

Esempio 11.23. Per mostrare che ∀x(F ∨G)B ∀xF ∨G, dove x non e liberain G, utilizziamo (TE): se vale G la conclusione e immediata, altrimenti dobbiamoricorrere all’ipotesi e ottenere F ∨ G: a partire da entrambi i disgiunti otteniamoF (nel secondo caso usiamo (ex-falso)).

[G ∨ ¬G]

[G]2

∀xF ∨G

∀x(F ∨G)

F ∨G [F ]1

[G]1 [¬G]2

⊥F

1F∀xF∀xF ∨G

2∀xF ∨G

Per poter applicare (∀i) e necessario che x non sia libera in ¬G, che e equivalenteall’ipotesi che x non sia libera in G.

Esempio 11.24. Mostriamo ora, supponendo che x non sia libera in G, che vale∃xF ∧GB ∃x(F ∧G):

∃xF ∧G∃xF

[F ]1∃xF ∧G

G

F ∧G∃x(F ∧G)

1∃x(F ∧G)

In questo caso l’ipotesi che x non sia libera in G, e quindi in ∃xF ∧G, e necessariaper utilizzare (∃e).

Esercizio 11.25. Spiegare perche nella deduzione naturale precedente non epossibile scambiare l’ordine di utilizzo di (∃i) e (∃e).

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140 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

Esempio 11.26. La seguente deduzione naturale mostra che ∃x(F ∧G)B∃xF ∧G, supponendo sempre che x non sia libera in G:

∃x(F ∧G)

[F ∧G]1

F∃xF

[F ∧G]1

G∃xF ∧G

1∃xF ∧G

In questo caso l’utilizzo di (∃e) richiede che x non sia libera in ∃xF ∧G, e questosegue dall’ipotesi su x e G.

Esercizio 11.27. Scrivere un’altra deduzione naturale che mostri ∃x(F ∧G)B∃xF ∧G e che utilizzi (∧i) come ultima regola.

Esempio 11.28. Per dimostrare che ∃xF ∨ G B ∃x(F ∨ G) utilizziamo prima(∨e) e poi (∃e).

∃xF ∨G[∃xF ]2

[F ]1

F ∨G∃x(F ∨G)

1∃x(F ∨G)

[G]2

F ∨G∃x(F ∨G)

2∃x(F ∨G)

Notiamo che questa deduzione naturale non richiede che x non sia libera in G.Anche nella dimostrazione della conseguenza logica corrispondente nel lemma 7.67non avevamo sfruttato questa ipotesi.

Esempio 11.29. L’ipotesi che x non sia libera in G, e quindi in ∃xF ∨ G, einvece necessaria per poter applicare (∃e) nella seguente deduzione naturale chemostra ∃x(F ∨G)B ∃xF ∨G. Rispetto all’esempio precedente l’ordine di utilizzodi (∃e) e (∨e) e invertito.

∃x(F ∨G)

[F ∨G]2

[F ]1

∃xF∃xF ∨G

[G]1

∃xF ∨G1

∃xF ∨G2

∃xF ∨GConsideriamo ora le conseguenze logiche contenute nel lemma 7.69, svolgendo

in dettaglio quelle piu delicate e lasciando come utile esercizio per il lettore le altre.

Esempio 11.30. Per dimostrare che ∀xF → G B ∃x(F → G) la deduzionenaturale inizia distinguendo il caso in cui vale ∀xF da quello in cui cio non accadee quindi usando la regola (TE). Il primo caso utilizza (→i) senza scaricamento,mentre nel secondo utilizziamo ¬∀xF B ∃x¬F (esempio 11.14) per poi usare (∃e)e dedurre F → G dall’ipotesi ausiliaria ¬F (esempio 5.28).

[∀xF ∨ ¬∀xF ]

[∀xF ]2 ∀xF → G

GF → G∃x(F → G)

[¬∀xF ]2

B

∃x¬F

[¬F ]1

B

F → G∃x(F → G)

1∃x(F → G)

2∃x(F → G)

In questo caso non e necessario supporre che x non sia libera in G.

Esempio 11.31. Mostriamo che ∃x(F → G)B∀xF → G, quando x non e liberain G, e quindi in ∀xF → G (questa ipotesi e necessaria per l’applicazione di (∃e)):

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4. ESEMPI DI DEDUZIONE NATURALE PREDICATIVA 141

∃x(F → G)

[∀xF ]1

F [F → G]2

G1

∀xF → G2

∀xF → GEsercizio 11.32. Scrivete una deduzione naturale diversa dalla precedente che

mostri ∃x(F → G)B ∀xF → G. Per esempio potete scambiare l’ordine di utilizzodi (→i) e (∃e).

Esercizio 11.33. Mostrare che se x non e libera in G allora:

G→ ∀xF B ∀x(G→ F ),

∀x(G→ F )BG→ ∀xF,∃xF → GB ∀x(F → G).

Esempio 11.34. Per ottenere ∀x(F → G) B ∃xF → G quando x non e liberain G, partiamo dall’ipotesi che ∃xF con lo scopo di dedurre G:

[∃xF ]2[F ]1

∀x(F → G)

F → G

G1

G2

∃xF → G

Esempio 11.35. Per ottenere G→ ∃xF B∃x(G→ F ) utilizziamo (TE) distin-guendo a seconda se G vale o meno. Nel primo caso si usa l’ipotesi e, nel corso delladerivazione che porta a (∃e), si utilizza (→i) senza scaricamento. Nel secondo casosi usa l’esempio 5.28. Notiamo che questa deduzione naturale non richiede l’ipotesiche x non sia libera in G.

[G ∨ ¬G]

[G]2 G→ ∃xF∃xF

[F ]1

G→ F∃x(G→ F )

1∃x(G→ F )

[¬G]2

B

G→ F∃x(G→ F )

2∃x(G→ F )

Esercizio 11.36. Dimostrare G → ∃xF B ∃x(G → F ) applicando (TE) allaformula ∃xF .

Esercizio 11.37. Dimostrare che ∃x(G → F ) B G → ∃xF quando x non elibera in G.

Consideriamo ora i risultati contenuti nel lemma 7.74.

Esercizio 11.38. Mostrare ∀xF ∧∀xGB∀x(F ∧G) e ∀x(F ∧G)B∀xF ∧∀xG.

Esercizio 11.39. Mostrare ∃xF ∨∃xGB∃x(F ∨G) e ∃x(F ∨G)B∃xF ∨∃xG.

Esempio 11.40. Per mostrare ∀xF → ∃xG B ∃x(F → G) usiamo (TE) sca-ricando ∃xG ∨ ¬∃xG. Cio significa che basta mostrare ∃xG B ∃x(F → G) e∀xF → ∃xG,¬∃xGB∃x(F → G). Lasciamo la prima di queste deduzioni naturaliper esercizio, e ci concentriamo sulla seconda. Utilizziamo (MT ) e il risultato dell’e-sempio 11.14 per dedurre dalle ipotesi ∃x¬F ; dall’ipotesi ausiliaria ¬F deduciamoF → G utilizzando l’esempio 5.28 e quindi ∃x(F → G).

¬∃xG ∀xF → ∃xG¬∀xFB

∃x¬F

[¬F ]1

B

F → G∃x(F → G)

1∃x(F → G)

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142 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

Un altro approccio consiste nell’applicare (TE) per scaricare ∀xF ∨¬∀xF . Inquesto caso basta mostrare ∀xF → ∃xG,∀xFB∃x(F → G) e ¬∀xFB∃x(F → G).La prima di queste deduzioni e

∀xF ∀xF → ∃xG∃xG

[G]1

F → G∃x(F → G)

1∃x(F → G)

Nella seconda utilizziamo nuovamente il risultato dell’esempio 11.14:

¬∀xFB

∃x¬F

[F ]1 [¬F ]2

⊥G

1F → G∃x(F → G)

2∃x(F → G)

Esempio 11.41. Mostriamo che ∃x(F → G)B ∀xF → ∃xG:

∃x(F → G)

[∀xF ]2

F [F → G]1

G∃xG

1∃xG

2∀xF → ∃xG

Si notino le similitudini tra questa deduzione naturale e quella dell’esempio 11.31.

Consideriamo le conseguenze logiche dell’esercizio 7.77.

Esercizio 11.42. Dimostrate che ∃x(F ∧G)B∃xF ∧∃xG e che ∀xF ∨∀xGB∀x(F ∨G).

Esempio 11.43. Mostriamo che ∃xF → ∀xG B ∀x(F → G) attraverso alseguente deduzione naturale:

[F ]1

∃xF ∃xF → ∀xG∀xGG

1F → G∀x(F → G)

Notiamo come in questa deduzione naturale abbiamo ottenuto ad un certo pun-to ∃xF . La formula esistenziale e stata sfruttata attraverso (→e), senza quindiricorrere a (∃e).

Esercizio 11.44. Mostrare che ∃x ∀y F B ∀y ∃xF .

Esempio 11.45. Mostriamo ora che B ∃x(p(x) → ∀y p(y)), utilizzando nellanostra deduzione naturale quella dell’esempio 11.14. Si noti anche l’applicazione di(∃e)g contrassegnata dal numero 2.

[∀y p(y) ∨ ¬∀y p(y)]

[∀y p(y)]3

p(x)→ ∀y p(y)

∃x(p(x)→ ∀y p(y))

[¬∀y p(y)]3

B

∃y ¬p(y)

[p(x)]1 [¬p(x)]2

⊥∀y p(y)

1p(x)→ ∀y p(y)

∃x(p(x)→ ∀y p(y))2

∃x(p(x)→ ∀y p(y))3

∃x(p(x)→ ∀y p(y))

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4. ESEMPI DI DEDUZIONE NATURALE PREDICATIVA 143

Il risultato che abbiamo ottenuto e a prima vista contrario all’intuizione. Sia Fl’enunciato che abbiamo dedotto senza ipotesi e interpretiamo p(x) come “x e unostudente che supera lo scritto”. Allora F asserisce che esiste uno studente taleche, se lui supera lo scritto, allora tutti superano lo scritto. Per il teorema dicorrettezza 11.10 da B F segue la validita di F , e quindi abbiamo dimostrato cheuno studente con questa proprieta esiste. In effetti cio e vero, ma prima dello scrittoe impossibile individuare un tale studente (in modo che lui solo debba studiare!).Infatti se tutti gli studenti superano lo scritto, allora qualunque studente soddisfal’implicazione, mentre se qualche studente viene bocciato, allora come x scegliamouno studente che non ha superato lo scritto. Stiamo usando in maniera essenzialela logica classica (si veda la discussione della sezione 5.5), come evidenziato dall’usodi (TE) e di (RAA) (che era stata utilizzata nell’esempio 11.14) nella deduzionenaturale.1

Esercizio 11.46. Dimostrare che ∃x r(x) ∨ ∃x¬s(f(x))B ∃x(s(x)→ r(x)).

Risolviamo ora con la deduzione naturale gli esempi 10.31 e 10.32. che richiedo-no di dimostrare la validita di enunciati della forma F ∧G→ H. Per il lemma 2.40la loro validita e equivalente a F ∧G � H e quindi (per il lemma 2.30) a F,G � H.Le deduzioni naturali che otterremo mostreranno (per il teorema di correttezza)precisamente queste conseguenze logiche.

Esempio 11.47. Mostriamo ∃x r(a, x),∀x(∃y r(y, x) → ¬p(x)) B ∃x¬p(x) at-traverso la seguente deduzione naturale:

∃x r(a, x)

[r(a, x)]1

∃y r(y, x)

∀x(∃y r(y, x)→ ¬p(x))

∃y r(y, x)→ ¬p(x)

¬p(x)

∃x¬p(x)1

∃x¬p(x)

Esempio 11.48. Mostriamo ∃x∀y r(y, x),∀x∀y(r(y, x)→ r(x, y))B ∃x r(x, a):

∃x∀y r(y, x)

[∀y r(y, x)]1

r(a, x)

∀x ∀y(r(y, x)→ r(x, y))

∀y(r(y, x)→ r(x, y))

r(a, x)→ r(x, a)

r(x, a)

∃x r(x, a)1

∃x r(x, a)

Esempio 11.49. Mostriamo ∀x∃y r(x, f(y)),∀z ∀w(r(z, w)→ p(z))B ∀y p(y):

∀x∃y r(x, f(y))

∃y r(x, f(y))

[r(x, f(y))]1

∀z ∀w(r(z, w)→ p(z))

∀w(r(x,w)→ p(x))

r(x, f(y))→ p(x)

p(x)1

p(x)

∀y p(y)

Si noti che l’applicazione di (∃e) riguarda la variabile y, e quindi il fatto che xsia libera in p(x) non viola le condizioni. Inoltre nell’ultimo passaggio abbiamoutilizzato la regola derivata (∀i)g.

Esempio 11.50. Mostriamo ∃x r(x, f(x)),∀x(∃y r(y, x)→ ¬p(x))B∃z ¬p(f(z)):

1Questo enunciato e noto nella letteratura inglese come il drinker paradox: per ulterioridettagli si veda https://en.wikipedia.org/wiki/Drinker_paradox.

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144 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

∃x r(x, f(x))

[r(x, f(x))]1

∃y r(y, f(x))

∀x(∃y r(y, x)→ ¬p(x))

∃y r(y, f(x))→ ¬p(f(x))

¬p(f(x))

∃z ¬p(f(z))1

∃z ¬p(f(z))

In questo esempio e interessante la prima applicazione di (∃i) (quella che conducea ∃y r(y, f(x))): qui F e r(y, f(x)) e la sostituzione e {y/x}. Da r(x, f(x)) sarebbestato possibile dedurre anche ∃y r(y, f(y)) (se F e r(y, f(y))), ∃y r(x, f(y)) (se Fe r(x, f(y))) oppure ∃y r(x, y) (se F e r(x, y) e la sostituzione e {y/f(x)}), manessuna di queste formule avrebbe consentito la prosecuzione della deduzione.

Esempio 11.51. Mostriamo che ∀x r(c, x),∀x(p(x)→ ¬r(x, f(x)))B ∃x¬p(x):

∀x r(c, x)

r(c, f(c))

[p(c)]1∀x(p(x)→ ¬r(x, f(x)))

p(c)→ ¬r(c, f(c))

¬r(c, f(c))

⊥1

¬p(c)∃x¬p(x)

Costruire questa deduzione richiede individuare quale termine t non puo soddisfarep, in modo da far partire la deduzione da p(t). In questo caso t e c.

5. Deduzione naturale per la logica con uguaglianza

Nel caso della logica con uguaglianza e possibile procedere analogamente aquanto fatto per il metodo dei tableaux nella sezione 10.8. In questo caso si combinail teorema 9.34 con i teoremi di correttezza e completezza: T �= F e equivalente aT,EqL B F .

E pero possibile procedere in modo diverso, rispettando maggiormente lo spiritodella deduzione naturale. Trattiamo dunque il simbolo = in modo analogo ai simbolilogici, aggiungendo alla deduzione naturale regole per la sua introduzione e la suaeliminazione. La regola (=i) consiste semplicemente nel considerare come scaricatetutte le formule del tipo x = x, dove x e una variabile. Per eliminare = inveceosserviamo che se sappiamo che s = t (dove s e t sono termini), da qualunqueformula del tipo F{x/s} possiamo dedurre F{x/t}. Per far cio e naturalmentenecessario che le due sostituzioni siano ammissibili in F .

Otteniamo quindi le due regole

(=i) [x = x] (=e)

TB=

s = t

T ′B=

F{x/s}F{x/t}

{x/s} e {x/t}ammissibili in F

Come nel caso di (TE), quando utilizziamo (=i) lo scaricamento di x = x nonavviene in corrispondenza di una regola successiva e quindi non indichiamo nessunnumero ad esponente.

Se in una deduzione naturale utilizziamo le regole per l’uguaglianza che abbiamoappena introdotto scriviamo B= al posto di B.

Esempio 11.52. Iniziamo col mostrare che B=t = t per qualunque termine t:

[x = x]

∀xx = xt = t

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5. DEDUZIONE NATURALE PER LA LOGICA CON UGUAGLIANZA 145

L’esempio precedente mostra che t = t puo essere considerata come un’ipotesiscaricata per qualunque termine t, e quindi possiamo considerare la seguente regoladerivata, che generalizza l’introduzione dell’uguaglianza:

(=i)g [t = t]

Il prossimo esempio e una rivisitazione dell’esempio 10.55.

Esempio 11.53. Mostriamo che p(a),¬p(b)B= a 6= b:

[a = b]1 p(a)

p(b) ¬p(b)⊥

1a 6= b

Abbiamo ipotizzato che a = b con l’intento di raggiungere una contraddizione.Abbiamo poi applicato (=e) alla formula p(x), sostituendo alla variabile x i terminia e b.

Verifichiamo che le regole appena introdotte ci permettono di dedurre tutte gliassiomi dell’uguaglianza (si ricordi la definizione 6.64).

Lemma 11.54. Se G e un enunciato che appartiene a EqL allora B= G.

Dimostrazione. Notiamo che B= (e1) e gia stato ottenuto in un passaggiointermedio della deduzione utilizzata nell’esempio 11.52, dove da (=i), applicando(∀i), si e ottenuto ∀xx = x.

Per mostrare B= (e2) iniziamo ad ottenere x = y B= y = x, dove x e y sonovariabili. A questo scopo scegliamo una variabile v diversa da x. Applichiamo (=e)quando F e la formula v = x, cosı che F{v/x} sia x = x (che puo essere scaricataper (=i)) e F{v/y} sia y = x. Otteniamo

x = y [x = x]y = x

A partire da questa deduzione naturale possiamo ottenere B= (e2):

[x = y]1 [x = x]y = x

1x = y → y = x

∀y(x = y → y = x)

∀x ∀y(x = y → y = x)

Per mostrare che B= (e3) partiamo similmente da x = y, y = z B= x = z.Scegliamo una variabile v diversa da x. Applichiamo (=e) quando F e la formulax = v, cosı che F{v/y} sia x = y e F{v/z} sia x = z. Otteniamo

y = z x = yx = z

Ora otteniamo la deduzione naturale cercata nel seguente modo:

[x = y ∧ y = z]1

y = z[x = y ∧ y = z]1

x = yx = z

1x = y ∧ y = z → x = z

∀z(x = y ∧ y = z → x = z)

∀y ∀z(x = y ∧ y = z → x = z)

∀x∀y ∀z(x = y ∧ y = z → x = z)

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146 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

Per ottenere B= (e4) e facile generalizzare al caso n-ario quanto sviluppiamoin dettaglio quando f e un simbolo di funzione unario. In questo caso e sufficientemostrare che x = yB= f(x) = f(y), per poi procedere come nei casi precedenti con(→i) e (∀i). Scegliamo una variabile v diversa da x e applichiamo (=e) alla formulaf(x) = f(v), cosı che F{v/x} sia f(x) = f(x) (che puo essere scaricata per (=i)g)e F{v/y} sia f(x) = f(y). Otteniamo

x = y [f(x) = f(x)]

f(x) = f(y)

Per ottenere B= (e5) per un simbolo di relazione n-ario e sufficiente applicaren volte (=e) e poi utilizzare (→i) e (∀i) come negli altri casi. �

Esercizio 11.55. Mostrare, utilizzando l’esempio 11.52 e la dimostrazione pre-cedente, che s = t B= t = s e s = t, t = r B= s = r, dove s, t e r sono terminiqualsiasi.

Dimostriamo ora che il nostro sistema di deduzione naturale per la logicacon uguaglianza e corretto per la conseguenza logica nella logica con uguaglianzaintrodotta nella definizione 7.106.

Teorema 11.56 (Teorema di correttezza con uguaglianza). Siano T un insiemedi formule predicative e F una formula predicativa in un linguaggio con uguaglianza.Se T B= F allora T �= F .

Dimostrazione. La dimostrazione e, come al solito, per induzione sull’altezzadell’albero della deduzione naturale che testimonia T B= F .

Nel caso di base si deve ora considerare anche la possibilita che la deduzionenaturale sia della forma, permessa da (=i),

[x = x]

In questo caso, dato che tutte le ipotesi sono scaricate, dobbiamo mostrare chex = x e valida nella logica con uguaglianza. Questo e ovvio perche in qualunqueinterpretazione normale I e stato σ, si ha (σ(x), σ(x)) ∈ =I .

Il restante caso base ed i passi induttivi relativi alle regole relative ai connettivie ai quantificatori sono identici a quelli svolti nelle dimostrazioni dei teoremi 5.17e 11.10.

Resta quindi da considerare solo il passo induttivo che riguarda la regola (=e).Se la deduzione naturale e della forma

TB=

s = t

T ′B=

F{x/s}F{x/t}

dove {x/s} e {x/t} sono sostituzioni ammissibili in F , abbiamo T, T ′ B= F{x/t}e dobbiamo mostrare che T, T ′ �= F{x/t}. Le deduzioni naturali sopra la lineaorizzontale mostrano che T B= s = t e che T ′ B= F{x/s}. Per ipotesi induttivaabbiamo dunque sia T �= s = t che T ′ �= F{x/s}. Fissati un’interpretazionenormale I ed uno stato σ tali che I, σ � T, T ′ abbiamo dunque I, σ � s = t eI, σ � F{x/s}. Dato che I e normale si ha che σ(s) e σ(t) sono lo stesso elemento diDI . Per il lemma di sostituzione 7.59 da I, σ � F{x/s} otteniamo I, σ[x/σ(s)] � F ,che e lo stesso che I, σ[x/σ(t)] � F e conduce (sempre per il lemma di sostituzione)a I, σ � F{x/t}. �

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5. DEDUZIONE NATURALE PER LA LOGICA CON UGUAGLIANZA 147

Sfruttando la completezza della deduzione naturale e i risultati della sezione 9.3e facile mostrare che la deduzione naturale per la logica con uguaglianza e completaper la conseguenza logica nella logica con uguaglianza.

Teorema 11.57 (Teorema di completezza con uguaglianza). Siano T un in-sieme di formule predicative e F una formula predicativa in un linguaggio conuguaglianza. Se T �= F allora T B= F .

Dimostrazione. Per il teorema 9.34 T �= F e equivalente a T,EqL � F . Peril teorema di completezza 11.12 abbiamo T,EqL B F . Utilizzando il lemma 11.54e facile trasformare una deduzione naturale che testimonia T,EqL B F in una chetestimonia T B= F : tutte le volte che nella prima deduzione naturale abbiamo unafoglia etichettata con G ∈ EqL possiamo attaccare sopra di essa una deduzionenaturale che mostra B= G. �

Nota 11.58. Combinando il teorema 11.56 con la dimostrazione del teorema11.57 si ottiene il seguente risultato: se T B=F allora esiste una deduzione naturaledi F con ipotesi in T tale che le regole (=i) e (=e) sono utilizzate solamente insottodeduzioni senza ipotesi che hanno come conclusione assiomi dell’uguaglianza.

Concludiamo con alcuni esempi di deduzione naturale per la logica con ugua-glianza.

Esempio 11.59. Mostriamo che

∀y r(f(y), f(y)),¬∃x r(x, f(x))B= ∀x f(x) 6= x :

[f(x) = x]1∀y r(f(y), f(y))

r(f(x), f(x))

r(x, f(x))

∃x r(x, f(x)) ¬∃x r(x, f(x))

⊥1

f(x) 6= x

∀x f(x) 6= x

In questa deduzione naturale abbiamo applicato (=e) alla formula r(z, f(x)), sosti-tuendo alla variabile z i termini f(x) e x.

Per dimostrare ∀x f(x) 6= x abbiamo fissato x e supposto che f(x) = x allaricerca di una contraddizione. Alla fine della deduzione, quando l’ipotesi ausiliariaera stata scaricata, abbiamo usato (∀i).

Il prossimo esempio riprende l’esercizio 10.56.

Esempio 11.60. Mostriamo che ∀x r(a, x),∃x ∃y ¬r(y, x)B= ∃x a 6= x:

∃x∃y ¬r(y, x)

[∃y ¬r(y, x)]3

[a = y]1∀x r(a, x)

r(a, x)

r(y, x) [¬r(y, x)]2

⊥1

a 6= y

∃x a 6= x2

∃x a 6= x3

∃x a 6= x

In questa deduzione naturale abbiamo applicato (=e) alla formula r(z, x), sosti-tuendo alla variabile z i termini a e y.

Si noti inoltre l’utilizzo di due (∃e) consecutivi: la prima applicazione dellaregola produce una formula esistenziale, a cui la regola viene applicata una secondavolta.

Page 152: Logica Matematica - Uniudalberto.marcone/dispenseLM...logica proposizionale. Ad essa e dedicata la prima parte di queste dispense. Nel capitolo1de niremo la sintassi della logica proposizionale,

148 11. LA DEDUZIONE NATURALE: CASO PREDICATIVO

Esempio 11.61. Dimostriamo che ∀x¬r(x, x),∀x∃y r(x, f(y)) B= ∀x∃y x 6=f(y).

∀x∃y r(x, f(y))

∃y r(x, f(y))

[x = f(y)]1 [r(x, f(y))]2

r(f(y), f(y))

∀x¬r(x, x)

¬r(f(y), f(y))

⊥1

x 6= f(y)

∃y x 6= f(y)2

∃y x 6= f(y)

∀x∃y x 6= f(y)

Lasciamo al lettore la ricostruzione del ragionamento rappresentato da questa de-duzione naturale.

Esercizio 11.62. Mostrare che

∀x r(x, f(x)),∀x∀y(r(x, y)→ ¬r(y, x))B= ∀xx 6= f(f(x)).