Lo Stendardo Numero 12 - Edizione straordinaria

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Edizione straordinaria de Lo Stendardo in occasione dei festeggiamenti per i 110 anni dalla nascita dell'AC Bellinzona.

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Il fallimento dell'AC Bellinzona ha lasciatodentro di noi un grande vuoto, che diffi-cilmente potrà essere colmato. L'ACB (ri-gorosamente pronunciato "ACeBe") èstato un collante sociale fondamentale,

un pezzo di storia del nostro Cantone e dellanostra città.

Molto più di una semplice occupazione al difuori di scuola e lavoro, molto più che un hobby.Un amore ed una passione viscerale che cihanno spinti non solo ad organizzare riunioni,trasferte e coreografie, ma anche serate incompagnia e grigliate al fiume.

Il nostro amore per il "granata" ci ha permessodi andare al di là del calcio: ci ha permesso ditrovare la motivazione necessaria a fondare ilgiornalino che state leggendo, a disegnare, pro-gettare e produrre magliette, sciarpe, berrette,bandiere, stendardi ed autocollanti.

Questa passione ha inoltre avuto il pregio dirafforzare sempre più il rapporto di amicizia esolidarietà all'interno del nostro gruppo.

Grazie a questi colori abbiamo girato la Svizze-ra, fieri anche nella sconfitta.Nel contempo però, la nostra passione per l'ACBellinzona ci ha portati ad essere sia amati cheodiati. Le sciarpe che portavamo al collo peralcuni erano sinonimo di amicizia o indiffe-renza, per altri risultavamo invece essere nemi-ci.

Più volte abbiamo incontrato ostilità ed odio nei

nostri confronti, non solo dalla parte di altre ti-foserie, bensì anche da parte delle autorità. Acausa della nostra fede ci siamo magari trovati,più volte, in situazioni difficili, talvolta pure pe-ricolose.

Questi colori hanno rappresentato tanto per noi,e continueranno anche in futuro ad essereimportanti, ricoprendo un ruolo fondamentalenelle nostre vite.Abbiamo voluto dimostrare questo nostroattaccamento attraverso l'azione compiuta nelleprime ore di lunedì 13 gennaio 2014, esatta-mente a centodieci anni dalla fondazionedell'AC Bellinzona, nel 1904, con FelicePatocchi alla presidenza.

La strada di questa grande squadra è spessostata tortuosa: le molte spettacolari vittorie sonostate infatti bilanciate da altrettante cocentisconfitte.

Oggi la sfida è un altra, che purtroppo non sipotrà giocare al Comunale. È infatti imperativotener vivo il ricordo di questi colori. Noi nonsiamo disposti a dimenticare, a "voltare pagina"o ad "andare avanti"; non lo vogliamo fare, enon lo faremo mai.Non vogliamo né perdonare né dimenticarequali sono state le cause e gli attori che hannogravemente infangato il nome di una squadra,della sua storia e della storia di una città.In questo 2014, l'AC Bellinzona deve vivere neiricordi di tutti i tifosi, grandi e piccini, in attesa,un giorno, di poter finalmente rialzare il sipariodel calcio giocato nella capitale.

LUNEDÌ, 13 GENNAIO 2014

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L'automobile è posteggiata, dal baule prendoil mio malandato zainetto nero. Getto unultimo sguardo in direzione della città.

Scendo qualche gradino, la mano in una tasca allericerca delle chiavi di casa. Trovate. Apro piano laporta ed entro.La casa è silenziosa, tutti dormono. Cerco di nonfar troppo rumore mentre ripongo i vestiti da la-vare.Appoggio il cellulare ed il portafogli sul tavolodella cucina. Guardo indietro, malinconico, versola polo granata appena riposta ed indossata anchequel giorno.Una doccia veloce e poi a dormire. È stata unagiornata lunga, l'ennesima.Mi ritrovo così sdradiato, nel buio, a ripercorrerecon la mente gli eventi della giornata.Il lungo viaggio, l'amico da recuperare a metàstrada, le risate in compagnia contrapposte allarabbia per una situazione non ancora totalmentechiara.Rivedo mentalmente le scene della partita, proba-bilmente l'ultima. Questa volta lo è davvero. Èarrivata la fine. Con questi pensieri, miaddormento.Il giorno dopo mi sveglio a metà mattina, tuttosommato piuttosto riposato. Esco dalla mia came-

ra da letto e mi muovo verso la cucina, da dovesento provenire un leggero vociare. I miei genitorisono già indaffarati nelle loro faccendequotidiane. Mi vedono e mi salutano, chiedendo-mi informazioni sulla trasferta del giorno prima.Ricambio il saluto e rispondo con un generico“ma si dai, è andata.. .”.“Ho trovato in giro questo,” esordisce mia mamma“penso tu voglia tenerlo.. .”. La guardo. In manotiene un foglietto giallo.“Sì, grazie” rispondo io. Allungo la mano e prendoil foglietto.Torno in camera e mi siedo sul letto.Leggo due o tre volte il testo stampato sul bi-glietto. Mi alzo e lo ripongo assieme ad altri bi-glietti. Lo metto in cima, sopra tutti. Questobiglietto avrà un valore storico, penso. Purtropposì, lo avrà.La notizia arriva infatti una decina di giorni dopo:l'AC Bellinzona è fallita. Finalmente, mi verrebbeda dire, la farsa è finita. La notizia compare prestoovunque, quasi fosse solo una formalità. A casa ilbiglietto giallo è ancora al suo posto, assieme amolti altri. Mi permette di dire, non senza rabbia,“io c'ero! ”.Magra consolazione, davvero magra.

L'ULTIMA TRASFERTAP E N S I E R I E D E M O Z I O N I D I U N T I F O S O

Scritto da Erre

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3 LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014 EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB

Ci siamo lasciati qualche mese fa alla finedi quella che è stata la pagina più cupadella storia dell’ACB. Un momento che ha

investito tutto il calcio ticinese – privato della suaformazione faro – ma soprattutto una regione chedella sua squadra era innamorata e che non hamai smesso di sostenerla, nonostante tutto. Quelperiodo rimarrà nelle nostre memorie, perchéforse si tratta solo di calcio, ma quella squadraaveva un significato profondo per noi bellinzonesie perderla così fa ancora tanto male! Un periodobuio, ma che vorremmo ripercorrere – a grandilinee – in questo scritto, perché se un lato positivoesiste in tutta questa faccenda è che ora aBellinzona la diffidenza sarà la parola d’ordine.I problemi sono cominciati lo scorso 5 febbraiocon i ritardi nei pagamenti, prima degli stipendipoi anche dell’affitto del Comunale. Il presidenteGabriele Giulini smorzava i toni parlando di una“momentanea mancanza di liquidità” e allora inpochi non gli hanno creduto. Certo però chequalche indizio poco incoraggiante sulla figura delpres era già sorto in precedenza. La dichiarazionein pompa magna di un “regalo” di 1 milione difranchi al Comune di Arbedo-Castione percomprare la votazione sul piano regolatore edunque sulla possibilità o meno di costruire lostadio nuovo, poteva far sorgere qualche domandasulla serietà di questo personaggio e anche sulrispetto per la nostra regione. Ma finché metteva isoldi andava bene a tutti.Intanto però Giulini aveva preso in mano le sortidell’ACB in maniera totalitaria, annullando dallato pratico il lavoro del Consigliod’Amministrazione (CdA) e portando infattialcuni suoi membri alle dimissioni. Al loro postosono stati eletti Padre Callisto e Hakan Yakin, duepersone che – con tutto il rispetto – non eranosinonimo di sicurezza per una SA. In effetti il lororuolo di supervisione finanziaria non l’hannosvolto. Sicuramente non era possibile controllarel’operato del presidente – visto che la sua volontàera quella di centralizzare ogni decisione nella suapersona – e proprio questo motivo aveva portato i

sopracitati membri del CdA a dimissionare.Intanto arrivavano i primi precetti esecutivi el’apertura di una procedura contro il club granatada parte della Sfl. E proprio qui inizia latelenovela, che – duole dirlo – ci ha fatti diventareper qualche mese la barzelletta del Cantone.Giulini annuncia infatti ai quattro venti che “isoldi sono arrivati! ” Bene, è tutto a posto. Sitrattava solo di un inghippo momentaneo e adessotorniamo al calcio giocato e alla rincorsa allaSuper League. Già, perché nemmeno un anno faeravamo in piena corsa per tornare nell’élite delcalcio svizzero, mentre oggi possiamo sperare dirientrare, se ci va bene, in Prima Lega Classic, mane parleremo più avanti. Si diceva che era tutto aposto… e invece no. Giulini chiede “ancoraqualche giorno, spiegherò tutto in una conferenzastampa che dovrebbe tenersi giovedì”.La conferenza stampa, ovvero l’altro ingredientedella telenovela, quel qualcosa che – come in ognisceneggiato che si rispetti – diventa il fil-rougedella storia. La conferenza stampa è stataannunciata, rimandata, fissata di nuovo, annullatae se quel “giovedì” di cui parlava il pres era il 28febbraio 2013, in realtà questa tanto agognatoincontro con i media è avvenuto il 3 luglio, cinquemesi dopo.Intanto fra finanziatori fittizi e somme di denaromai arrivate, qualcuno una soluzione praticabilel’aveva pur messa sul tavolo. È il caso di AndreaRege-Colet e “Lalo” Delcò, che – con l’aiuto deifamiliari di Giulini – avevano trovato unasoluzione per il pagamento dei debiti e lapermanenza in Challange League, pur conobbiettivi ridimensionati. Ma ciò avrebbe volutodire che il Gabriele Giulini si sarebbe dovuto fareda parte, cosa che per alcune persone è peggio delfallimento di una società ultracentenaria. Oppuresi poteva pensare ad una moratoria concordataria,per ripartire magari dalla Prima Lega, ma con unasituazione finanziaria risanata. Ma anche inquesto caso l’ego di Giulini non lo avrebbepermesso.E per finire la lunga fase di frottole grossolane, di

PERCHÉ LA STORIA NON SI RIPETAG L I U LT I M I M E S I D E L L ' A C B E L L I N Z O N A

Scritto daPrf

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4LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB

Era il novembre del 1972 quando Lucio Batti-sti pubblicò l'album “Il mio canto libero”.Nell'omonima canzone, redatta in collabora-

zione con Mogol, trovo molto significative le parolecantate da Battisti all'inizio del brano: “In unmondo che.. . non ci vuole più.. .”Il motivo per cui questo inizio ha particolarmenteattirato la mia attenzione è presto detto: gli ultimitravagliati mesi vissuti dall'AC Bellinzona potrebbe-ro quasi, da un certo punto di vista, essere riassunticon le parole appena citate. La senzazione percepitaera infatti quella di un destino ormai segnato,quella di essere al capezzale di un malato terminale,tenuto in vita fondamentalmente solo da vizi diforma di carattere legale. Proprio così, l'impressioneera quindi quella di vivere, appunto, “In un mondoche.. . non ci vuole più.. .” Il mondo del cosiddetto“calcio moderno” è infatti un mondo che non vuolepiù realtà come la nostra, è un mondo che non vuo-le più dare spazio ai sentimenti umani legati ad unacittà ed ai suoi colori, preferendo invece denaro e

degli stadi sempre più simili ad un teatro, dove ilsostegno alla propria squadra dev'essere espressosolamente pagando a caro prezzo un biglietto. Ogniforma di tifo non conforme a questo modello vienefacilmente repressa, quando in realtà chi sta rovi-nando il calcio non sono i tifosi, ma è bensì l'ope-rato di chi vuole arricchirsi a dismisura alle spalledello sport più bello del mondo.In Svizzera ed in Ticino le cause che, sommate traloro, stanno contribuendo a trasformare il calcio inuna transazione economica, sono sostanzialmentetre.La prima è sicuramente l'operato dell'AssociazioneSvizzera di Football. Negli ultimi anni l'ASF, anchecomunemente definita “Lega”, ha infatti promossol'attuazione di un regolamento che ha fortementesfavorito le “piccole squadre” e, più in generale, lerealtà economicamente meno importanti (tra cuianche l'ACB). Un esempio su tutti è forse la regola-mentazione in materia di stadi. Per abilitare lestrutture sportive per il campionato di Super Lea-

DA LUCIO BATTISTI AL FC TICINOU N C A N T O L I B E R O D A L C A L C I O M O D E R N O

Scritto da Erre

banche chiuse per mesi causa ferie estive, difinanziatori che firmano contratti per poi nononorarli (a dimostrazione di quanto poco seriafosse, fino all’ultimo, la gestione Giulini, pronta amettere l’ACB nelle mani di chiunque, anche digente che non tiene fede agli impegni presi…). Iltutto condito da penalizzazioni in classifica, dallamancata licenza per la Challange League edunque l'automatica retrocessione in Prima Lega.E poi tutti sappiamo come la storia è andata afinire. Dopo il primo fallimento e – per cavillilegali – l’ottenimento di qualche mese in più perraddrizzare la baracca, è arrivato anche ilfallimento definitivo, che ha messo la parola finesulla storia dell’ACB.Oggi qualche barlume di speranza lo siintravvede, con la richiesta da partedell’Associazione calcio Bellinzona di poterriproporre una prima squadra in Prima Lega apartire dalla prossima stagione. L’Associazione

Calcio Bellinzona, fondata nel 1904, si occupavaormai solamente del settore giovanile e del torneopasquale, mentre la gestione della prima squadraera affidata ad una SA, quella che è appuntofallita pochi mesi orsono. Questa separazionepermetterà di mantenere viva la tradizionegranata, nonostante i disastri di chi si erapresentato come un visionario estremamentealtruista.La speranza di poter tornare al Comunale asostenere la nostra maglia, di poter gioire per unarete e di disperarci per aver preso un gol per colpadell’arbitro, rimane accesa. Che sia in Prima LegaClassic(speriamo) o più in basso, il popolo granatarisponderà sicuramente presente. Ma quest’annosenza ACB sembra davvero molto più lungo deglialtri e non bisognerà dimenticare quanto successoper evitare di affidare una parte fondamentaledella nostra vita e della nostra regione apersonaggi dubbi come lo è stato Gabriele Giulini.

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gue, l'ASF richiede infatti degli standard minimi su-periori a quelli richiesti per le competizioni europee.Lascio piena libertà al lettore di valutare se questosia logico. A ciò si potrebbe pure aggiungere la ri-duzione delle squadre nel campionato di ChallangeLeague, categoria che richiede ora maggiori sforzifinanziari alle squadre che voglio militarci. Ovvia-mente questo discorso si potrebbe poi sviluppareulteriormente, andando a toccare aspetti come l'au-mento esorbitante dei prezzi dei biglietti per lepartite e la costante e continua criminalizzazionedel tifoso, la vera vittima di questo calcio.Una seconda causa sono le persone che si trovanospesso alla testa delle società sportive. Molte volteesse le gestiscono mirando al conseguimento diinteressi personali, piuttosto che con un occhio diriguardo ai tifosi, alla città ed alla storia della squa-dra. Questi sono i valori fondamentali che

distinguono una società calcistica da una comunesocietà anonima. Se queste due società vengono pe-rò gesite allo stesso modo, cioè con una logicaincentrata sul'ottimizzazione del profitto (persona-le), un potenziale fallimento non è affatto da esclu-dere.Infine, un importante ruolo è pure giocato dai me-dia, i quali, essendo inseriti in questo sistema di“calcio-business”, sono sempre pronti a sbeffeggiarele squadre “nostrane” ed i campanilismi caratteristi-ci del nostro Cantone, promuovendo un modello dicalcio unificato ed economicamente efficiente,leggasi il fantomatico FC Ticino. Per dar vita a que-sto progetto si possono sostanzialmente percorreredue vie: quella di una fusione “coatta” tra i quattromaggiori poli calcistici ticinesi o quella della crea-

zione “da zero” di una nuova compagine calcistica.A quanto pare, secondo le notizie emerse a partiredal 10.12.2013, si è più o meno deciso di percorrerela seconda strada, creando una nuova squadra cheprenderebbe il posto in Challenge League del FCLocarno (formazione che non è però ancora al sicu-ro dal pericolo retrocessione). Come accennato,l'obbiettivo del FC Ticino è quello di creare unarealtà economicamente stabile e competitiva,unendo le forze ed i finanziamenti a livello canto-nale. È poi dato per scontato che il pubblico si affe-zionerà a questa nuova ed artificale squadra, laquale sarà in grado di conseguire importantisuccessi sportivi grazie all'unione delle forze. Manello sport non si possono certamente averecertezze assolute di successi e finanziamenti, daquesto punto di vista il progetto FC Ticino ed i suoipromotori peccano sicuramente di ottimismo. Al

momento, una delle minacce più grandi neiconfronti dell'ACB è proporio quella di venir ri-succhiati all'interno di questo progetto cantonale,andando così a perdere irrimediabilmente la nostraidentità bellinzonese e, cosa ancor più grave, porredefinitivamente la parola “Fine” a 110 anni di storiagranata. È proprio in una situazione come questache tutti i tifosi granata devono farsi trovare prontie compatti. Pronti a sopportare le difficoltà che si-curamente si incontreranno nel tentativo di rie-mergere dalle leghe inferiori e compatti nelsostenere un progetto calcistisco che abbia ancora alcentro Bellinzona, la sua storia ed i suoi tifosi. Peruna realtà come quella bellinzonese ci voglionoinoltre persone, soprattutto in un momento comel'attuale, che abbiano a cuore questi colori e che

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Sono sempre stato convinto che una passionefosse indelebile, ma... Sono passati sei annidalla prima volta che mi son trovato a salire

su un pulmino colmo di estranei, con i quali mi sa-rei recato a seguire la mia squadra del cuore. Sonoperò bastati pochi minuti per rendermi conto chetutti quei ragazzi al mio fianco erano molto menoestranei di quanto pensassi.Mentre l'opinione pubblica ci etichettava come vio-lenti, sbandati, pseudo-tifosi e così via, noi abbiamomacinato migliaia di km, l'uno al fianco dell'altro.Indipendentemente dal veicolo con il quale si deci-deva di intraprendere il viaggio, la cosa certa era ilrapporto di amicizia e fratellanza che andavasempre più a saldarsi.Nonostante fossimo ragazzi con interessi differenti,con percorsi formativi e professionali quasi agliantipodi, con origini più o meno lontane e con etàdiverse, condividevamo tutti la passione per lo stes-so colore. Dietro le lamiere del Mercedes Vitocondividevamo la certezza di conoscerci alla perfe-zione.Il ritrovo del sabato pomeriggio, della domenicamattina o del lunedì sera ci dava la sicurezza di ri-vedere le stesse facce di settimana in settimana: eraormai diventata una routine, tanto quanto il fatto diandare a mangiare una pizza, o semplicemente pas-sare una serata in compagnia, magari lontano daicampi da calcio, ma sempre con le stesse facce.Ciò che con la scusa del "a gh'é la partida dafootball" si era creato attorno ad un campo di calcio,in fretta e furia, automaticamente, aveva preso ilsopravvento, condizionando le abitudini di tutti noi.Spesso e volentieri ci si é nascosti dietro alla massi-ma, forse abusata, "chi non ne fa parte, non ci puòcapire", magari con la presunzione di non dover far

comprendere a terzi cosa significhi tutto ciò per noi.Ma oggi ancor di più sono convinto che, in questafrase, un fondo di verità ci sia, indipendentementedalla difficoltà nel trasmettere certe emozioni a chipurtroppo non ha avuto la fortuna di viverle.Per alcuni è infatti assurdo pensare che condividereuno scompartimento di un treno sovraffollato, trapersone che grazie alla passione per il calcio e perl'AC Bellinzona si sono scoperte più vicino diquanto potesse sembrare, possa essere un'esperienzaindimenticabile. Difficile per altri credere che dopouna giornata di lavoro, caratterizzata da "saltimortali" per terminare in tempo, passare una nottein bianco per seguire la propria squadra del cuore,accanto a coloro che in un battibaleno sono di-ventati dei veri fratelli, sia una soddisfazione impa-gabile. Ma é ancor più difficile, probabilmente,comprendere come sia possibile essere sicuri diavere imparato tanto da tutti coloro che, in un modoo nell'altro, ci hanno accompagnati in questopercorso. Di errori ne abbiamo sicuramentecommessi, spesso e volentieri per ingenuità piutto-sto che per stupidità. Non ci siamo comunque maisottratti dalle nostre responsabilità, e mai lo faremo.Ciò che in pochi hanno capito é che tutto ciò che sinascondeva dietro al mondo del pallone, forse, peralcuni, non era altro che una "buona possibilità" pervivere appieno la propria personalità, in unambiente dove pregiudizi o discriminazioni nontrovano spazio, dove la volontà di migliorarsi e iltentativo di sbagliare sempre meno, la fanno da pa-drone. Sono quelli i luoghi ed i momenti dove si hala fortuna di imparare il vero rispetto e, talvolta,anche di maturare.Ed allora, se qualche volta esterno la mia tristezzanel non poter più seguire e "vivere" l'AC Bellinzona,

LE PASSIONI SONO INDELEBILIScritto da Elia

possano costuire un progetto fondato su basi umilima concrete. È assolutamente impensabile sacrifica-re 110 anni di storia a causa delle scellerate decisio-ni prese da una singola persona vittima delle suemegalomanie.Un chiaro “no!” deve quindi essere rivolto verso chi,nuovamente per interessi economici, vuole appro-fittare di questa situazione di debolezza dell'ACB,per imporre il proprio modello di calcio, ossia quello

di una realtà che, sì, possa generare degli introitieconomici, ma totalmente artificiale e priva diqualsivoglia aspetto storico e affettivo.Solo così si potrà veramente ripartire, lasciandocialle spalle questo triste periodo e sperando di poterriammirare ancora una volta, con fierezza, i colorigranata calcare la scena dello Stadio Comunale.NO FC TICINO, SOLO ACB!

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non é per la tristezza nel pensare alle vampate dicalore provate nel vedere scendere in campo il glo-rioso Bobo Ciarrocchi, non é perché mi hanno dia-gnosticato una grave astinenza da calcio giocato enon é nemmeno perché mi manca il traversone dai30 metri con "zappata" sotto porta.Ciò che manca sicuramente a me, ma molto proba-bilmente anche a tutti coloro che mi hannocoinvolto e seguito in questa lunga avventura, équella possibilità di svagarsi dal mondo che co-mincia alle 7 di mattina e finisce alle 18 di sera, dal

lunedì al venerdì, consecutivamente ogni settimana.Al mondo costituto da continue pressioni in ambitoprofessionale, ne preferisco un altro: un mondo incui 90 minuti sotto la pioggia, al proprio posto ingradinata, erano difficili da giustificare, ma ancorpiù difficili da perdere.Eppure se ancora oggi ci troviamo a parlare di ciò,forse ho tuttora ragione a credere che una passioneresti incancellabile, anche nei momenti partico-larmente difficili. Come questo.

PERCHÉ TIFARE ANCORA GRANATA?Scritto daG.

Probabilmente, in questi ultimi tempi, a tutti itifosi granata è sorta spontanea una domanda:adesso che un “imprenditore” milanese ha fatto

fallire la nostra Società, chi tifiamo?!La soluzione più comoda è quella di stare sul divano,al caldo, a guardare qualche compagine elvetica oestera, senza il disturbo di perdere tempo e patirefreddo recandosi in qualche stadio svizzero odeuropeo. Un'altra possibilità è invece quella di iniziarea tifare una squadra ticinese, scavalcando rivalità ebarriere vecchie di decenni.C'è poi un'ulteriore soluzione, a mio avviso la piùutopica, ovvero quella di prepararsi a tifare un FCTicino, progetto che si sta sempre più profilandoall’orizzonte.Infine, si può poi citare tutta la questione riguardantei sentimenti e l'attaccamento ad una città ed ai suoicolori. Nel nostro caso vorrebbe dire continuare atifare l’AC Bellinzona in qualsiasi categoria essa

giochi e continuare a sostenere la maglia granata,sperando che un giorno torni ai vertici del calciosvizzero.Questo richiede una forza di volontà notevole, perchéè forse la soluzione più difficile. La forza del popologranata sta proprio nell'unione, nel fatto che neimomenti difficili tutti i tifosi si uniscano e reminodalla stessa parte. Contro tutto e tutti, sempre perl'ACB.L'ACB ed i suoi tifosi hanno scritto importanti paginedi storia del calcio elvetico; ora tutto il Canton Ticinoha gli occhi puntati su di noi, aspettandosi unaqualche reazione dai tifosi della capitale ticinese. Dasubito dobbiamo dimostrare a tutti, ma soprattutto anoi stessi, la fedeltà verso quel colore che amiamo,quel granata che rappresenta il colore del nostrocuore, presenziando alla prossima partita in qualsiasicategoria ed in qualsiasi momento essa avrà luogo.Granata si nasce e granata si muore.

Giuseppe è uno come tanti di noi: è allegro,solare e sempre pronto ad aiutare unfratello, perché sa che l'aiuto, un giorno o

l'altro, sarà sicuramente ricambiato.Giuseppe è uno che, come tanti altri, da piccolinoha solcato i campi da calcio del Ticino, infilandomagari pantaloncini e magliette spesso troppograndi. Giuseppe avrebbe potuto lasciare il mondo

del calcio e tutte le sue peculiarità, che magari dabambino, vagando per il terreno da gioco allaricerca dello sguardo rincuorante dei genitori, noncomprendi. Ma così non è successo. Quello che inprincipio era qualcosa di poco comprensibile èdiventato la sua vita. Gli anni passano e Giuseppeavanza lentamente nelle giovanili della sua squadra,con la quale gioca il sabato mattina, per poi andare

UNA STORIA UGUALE A TANTEScritto da M.

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allo stadio con suo padre, a guardare quelli cheallora sembravano dei giganti, degli immortali eroi.Giuseppe comincia a collezionare maglie e adattendere in cosa per l'autografo del suo giocatorepreferito. La sua camera si trasforma lentamente inuna stanza piena di cimeli della sua squadrapreferita. I colori sono ovunque, sopra al letto edaccanto alla finestra. Di settimana in settimana laloro presenza è sempre più imponente. Gli annipassano e, dai comodi seggiolini della tribuna,Giuseppe decide di andare a guardare la partitainsieme ad alcuni amici dall'altra parte dello stadio:in gradinata. Un posto spesso ammirato per i colori,i cori, e per il calore sprigionato durante ognipartita. Un luogo spesso sognato, agognato, maproibito dai genitori a causa della sua giovane età.Ma ora era lì. Tutto era diverso, tutto era piùcaotico. Non c'erano i seggiolini numerati su cuitutti sedevano ordinatamente e la partita era vissutain modo molto diverso rispetto a come era abituato.Passa poco tempo tra questo primo timido incontroe il momento in cui Giuseppe abbandonadefinitivamente il calcio giocato per dichiarareamore eterno alla curva e a quelle persone checominciava a conoscere, e che presto sarebberodiventati come dei veri e propri fratelli. Lentamente,nella cameretta in cui da piccolo appendeva ai murimaglie e autografi, cominciano ad apparire altrioggetti, anch'essi però colmi di grande valoreaffettivo: biglietti di trasferte, foto di coreografie emateriale vario dal suo gruppo. Un'altra vita eracominciata, e non sarebbe mai finita.Il tempo scorre implacabile e Giuseppe cresce.Intorno a lui conta ora sempre più fratelli con i qualicondivide ormai molta parte della settimana: leriunioni, l'organizzazione delle partite in casa e intrasferta, la preparazione del materiale. Tutto questoè parte integrante della sua vita. Ritrovarsi insieme

agli amici prima della partenza per una trasferta,senza sapere cosa li aspetterà al loro arrivo, tornarea casa a notte fonda, sempre cantando in fondo adun pullman o in un'automobile che stenta adavanzare, affrontare i tifosi avversari o la polizia dialtre città. Giuseppe vive tutto ciò con entusiamo efelicità, mentre i suoi vecchi amici si costruisconomagari una famiglia ed hanno un lavoro ben pagato.Ma è disposto a fare questo ed altro per la suamaglia, per i suoi colori e per la sua "secondafamiglia".La sua vita procede tranquilla, fino al giorno in cuicominciano ad essere emanate le prime leggi controgli ultras. "Per arginare il fenomeno della violenza",dicono. Giuseppe ed i suoi amici, che il mondo deltifo lo vivono quotidianamente sulla propria pelle,sanno che la realtà non è quella raccontata dagiornali e tivù. Si organizzano, cercando di farcapire alla gente come stanno realmente le cose, masempre più spesso vengono additati come violenti, edisoccupati. Il dialogo diventa così sempre più arduoe unilaterale. Sempre più spesso vengono inoltreindicati come il marcio del calcio, ossia la partemalata di questo sport.Un bel giorno la speranza è quasi sul punto dimorire quando, dalla televisione e dalla radio, arrivauna notizia che sciocca tutti: scandalo nel mondodel calcio, intercettazioni, corruzione, scommesse,mazzette e dirigenti famosi indagati.Giuseppe si sente deluso, frustrato ed arrabbiato,come dovrebbe sentirsi ogni tifoso a cui la maglia, icolori e la parita regalano emozioni vere e forti.Parlando la sera al bar, con gli amici, tutti sichiedono se le "riforme anti-ultras" fossero davveronecessarie od erano state varate per deviarel'attenzione su chi è più debole e non ha possibilitàdi difendersi.

RICORDIAMO, COME SEMPRE, CHE 'LO STENDARDO' É UN GIORNALINO REALIZZATO AUTONOMAMENTE DA ALCUNITIFOSI GRANATA. CI TENIAMO PERÒ A SPECIFICARE CHE PER DARE UN VALORE AGGIUNTO A TUTTO CIÒ, É NECESSARIALA COLLABORAZIONE DI TUTTI I TIFOSI GRANATA: POTETE INFATTI AIUTARCI CON LA STESURA DI ARTICOLI O CON

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