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Dott.ssa Cristina Maciariello Lo spazio urbano-letterario di Luanda

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Dott.ssa Cristina Maciariello

Lo spazio urbano-letterario di Luanda

LatorrediDavid,Caracas

Fonte: Internazionale (2014), La baraccopoli verticale, “Internazionale”, Venezuela, 3/04/2014

Il mio lavoro nasce da una doppia lettura, quella di un articolo sulla baraccopoli verticale, la torre di David di Caracas, che ospitava migliaia di persone e che nel Marzo del 2014 ha fatto notizia perché sottoposta a sgomberi forzati, e quella di Os trasparentes di Ondjaki.

• Il palazzo, di sette piani, con un grande buco al piano terra, in cui si ambienta gran parte della narrazione de Os Transparentes è localizzato in una delle parti centrali della capitale angolana, che secondo uno studio è tra le zone più care della città per il mercato immobiliare: la Maianga.

• La periferia, oggi, può essere considerato uno spazio dell’attraverso, «eterotopico», trasversale. La dicotomia centro-periferia sembra superato dal «dilatarsi del magma periferico», e «pensare a un supposto periferico contrapposto a un mitico centro è, oggi, un’operazione inutile».

• In quest’epoca “post-coloniale”, dunque, le categorie come centro e periferia e il congiunto di qualità al quale queste due parole rimettono «sono diventate spesso esse stesse più stati d’animo che aspetti obiettivi dello spazio».

Fonte: Amaral, I. do (1983), Luanda e os seus “musseques”. Problemas de Geografia Urbana, “Finisterra”, XVIII. 36, Lisboa, pp. 293-325

• LE FONTI Per provare a capire questi fenomeni, per ricostruire la storia della mega-città africana e per raccontare l’evoluzione del suo spazio urbano mi sono avvalsa di differenti fonti, che vanno dalla statistica alla letteratura. Per esempio: i dati del censimento angolano 2014, il rapporto delle Nazioni Unite sulle città africane dello stesso anno, saggi, articoli di giornale pubblicati da urbanisti e architetti e infine, racconti e romanzi di Luandino Vieira e Ondjaki. Dopo aver ricostruito dal punto di vista storico, economico e politico la nascita e la crescita della città subequatoriale, ho analizzato lo spazio urbano della capitale angolana attraverso le pagine letterarie dei due narratori angolani. Due autori capaci con le loro opere di mappare una città in continua trasformazione, di fare attraversare (e incrociare) strade e storie della città simbolo e corpo dell’identità nazionale angolana a chi legge i loro libri.

• L’OBIETTIVO L’obiettivo, dunque, della mia presentazione è dimostrare che, attraverso le pagine urbano-letterarie di Ondjaki e Luandino Vieira, è possibile raccontare della città, delle sue trasformazioni, dell’espansione dello spazio urbano, del rapporto tra urbanismo e colonizzazione prima e socialismo e neoliberismo poi.

Fonte: Jacob B. M. O. (2011), A toponimia de Luanda. Das memórias coloniais às pós-coloniais, Universidade Aberta, Lisboa

Fonte:BettencourtA.(2011),Qualificaçãoereabilitaçãodeáreaurbanascríticas.OsmussequesdeLuanda,DissertaçaodeMestrado,FAUTL,Lisboa

• La capitale angolana è stata nella sua specificità un’alleata involontaria del colonialismo e conserva ancora, nella sua morfologia, i segni dell’occupazione straniera.

• La città coloniale è dunque una città “razzializzata”, divisa in due: da un lato i vincitori dall’altro i vinti, da un lato gli oppressori dall’altro gli oppressi; da un lato gli europei, dall’altro «la gente del musseque»: «negri, meticci e alcuni bianchi disagiati».

• La città formale, anche chiamata “cidade do asfalto”, abbraccia il municipio di Ingombota e parte dei municípios della Maianga e di Sambizanga.

• La distanza era materialmente rappresentata dalla «frontiera d’asfalto», che divide(va) le due città, quella di «cubatas» e «pau-a-pique e zinco» dall’altra, che crescendo rade(va) al suolo e avanza(va) con «prédio de ferro e cimento».

• In Angola, afferma Moassab, la “cidade branca” separata dai “bairros indígenas” e dai musseques caratterizza gli spazi urbani della nazione fino a oggi.

• Dalla seconda metà del XX secolo, la crescita della città d’asfalto ha portato alcuni musseques (slum in contesto anglofono) a perdere il loro carattere periurbano, rimanendo dentro i limiti della città formale, aumentando la loro densità, estendendosi o verticalizzandosi. Mano a mano che la città si è andata espandendo, i musseques sono stati inclusi nell’area centrale della città, o spinti verso il planalto (avanzamento fronte urbano e immigrazione).

• Il fenomeno della verticalizzazione delle baraccopoli, convive, per lo meno nella capitale angolana, con l’espansione a macchia d’olio di questi insediamenti, il più delle volte definiti illegali o informali. Mentre, i grandi edifici collettivi a diversi piani, sono eredità delle rivoluzioni socialiste, sia in Angola che in Mozambico.

• La città è diventata così un sistema complesso, un «mosaico di agglomerati di stili differenti di costruito e di vita, e diversi livelli di servizi e infrastrutture».

Fonte: Bettencourt A. (2011), Qualificação e reabilitação de área urbanas críticas. Os musseques de Luanda, Dissertaçao de Mestrado, FAUTL, Lisboa.

Fonte: Bettencourt A. (2011), Qualificação e reabilitação de área urbanas críticas. Os musseques de Luanda, Dissertaçao de Mestrado, FAUTL, Lisboa.

• Le pagine di Luandino e Ondjaki registrano tutte queste trasformazioni, raccontano i cambiamenti, e danno voce ai suoi abitanti, che il più delle volte sono penalizzati dalle politiche urbane calate dall’alto.

• Nella narrativa di Luandino Vieira, per esempio, il musseque svolge un ruolo importante, è uno spazio eterotopico, di resistenza, è il luogo della contestazione. I musseques hanno avuto un ruolo fondamentale per la nascita e maturazione del nazionalismo.

• Le pagine letterarie di quest’autore, possono essere considerate contratti socio-ideologici che ben testimoniano l’intento di raccontare, denunciare e di agitare il popolo.

• Le città sono il centro nevralgico della contestazione all’occupazione straniera, infatti, proprio dove la presenza del colonialismo è più opprimente è più contestata.

• La conversazione che Maria, protagonista del romanzo La vita vera di Domingos Xavier, tiene con “a criança”, il piccolo João: Il bambino è il figlio dell’amica che la sta ospitando a Luanda, e che la sta aiutando nella ricerca di risposte riguardo all’arresto del marito, Domingos Xavier. Orientarsi per Maria, in quella città grande, che ha lasciato da dodici anni, non è facile, solo uscire o ritornare da/a quel labirinto che è il musseque, le sembra impossibile.

– «Quando arrivarono a Mutamba, Joãzinho la prese per mano, e così proseguirono per le strade affollate di macchine e di gente, tanta di quella gente che Maria restava a bocca aperta. Oddio, era così Luanda? Nemmeno tutta la gente che lavorava alla diga avrebbe potuto riempire così quelle strade. Il bambino dice che Largo da Mutamba è quello lì, ma non può essere. È vero che era piccola, ma si ricorda bene dei tempi in cui, con le sue amiche di Ingombota, scendevano fino ai Coqueiros. Dov’era il giardino con la statua senza persona? E i grandi sicomori? No, figlio mio, scusami, ma Largo da Mutamba non è questo. Può darsi che lo chiamate voi Largo da Mutamba, ma se permetti Mutamba è da un’altra parte. Joãzinho recalcitrava, con aria saputa, ma Maria non voleva convincersi. Riconobbe soltanto l’edificio della Polizia, gli alberi, e restò lì a guardare…». (Vieira, 2004, p. 77)

• Con l’aumento della popolazione, la città cambia, diventa irriconoscibile allo sguardo di chi non la vive da più di un decennio come Maria.

• I musseques, nascono allo stesso tempo della città formale, prima sotto forma di magazzini dove vengono stipati gli schiavi, dopo come agglomerati di baracche.

• In principio, le zone della città interessate erano: Coqueiros, Bungo, Ingombotas e Maiangas.

• I musseques di Luanda, sono parte integrante della storia della capitale angolana.

• Il termine “musseque” oggi usato per indicare un tipo di urbanizzazione improvvisata, precaria e in permanente espansione, nel suo senso originario indicava la terra sabbiosa che circondava la città.

• Il mondo colonizzato è quindi un mondo scisso in due, manicheo e dicotomico, ma allo stesso tempo è fatto di mondi interdipendenti.

• A Luanda, ma non solo lì e allora, la frontiera, il confine, non è solo d’asfalto, è soprattutto strutturale e costituente dei rapporti sociali, è di scala in scala più radicale e più intimo.

La frontiera d’asfalto divenuta barriera raziale miete le sue vittime.

• Ricardo e Marina sono i protagonisti di A fronteira de asfalto.

Lei è bianca, come la neve, con bionde trecce, lui è negro. Lei vive nella città di cemento, lui nella città di «areia vermelha».

Lontano, dalla finestra si vedeva la macchia scura delle case di zinco e mulembas, «casas de pau-a-pique» dove vivevano famiglie numerose, in una stanza come la sua, dormivano i quattro fratelli di Ricardo.

Chiaramente, il suo mondo, fatto di pareti rosa e lampade di Walt Disney non era come «o mundo para lá da rua asfaltada».

- « (...)Nem árvores de flores violeta. A terra era vermelha. (...) As ruas de areia eram sinuosas. Uma ténue nuvem de poeira que o vento levantava, cobria tudo. A casa dele (Ricardo) ficava ao fundo. (...) Amarela. Duas portas, três janelas. Um cercado de aduelas e arcos de barril». (Vieira, 1978, p. 94)

• Gli anni Sessanta e Settanta, sono anni di lotta e repressione. Sono anni in cui urbanismo e razzismo diventano facce della stessa medaglia, e la segregazione sociale si traduce in segregazione spaziale.

• La colonizzazione, le sue implicazioni, urbane e non, dirette e indirette e la decolonizzazione hanno lasciato segni profondi al tessuto urbano che è impossibile ignorare.

• Luanda, ri-nasce dopo l’indipendenza ottenuta il 4 Febbraio del 1975, come una città più che mai polarizzata tra «la città “d’asfalto”, ceduta dai portoghesi ai novos ricos, e la vasta periferia polverosa dei barrios e dei musseques dei poveri», conferma Mike Davis in Il Pianeta degli Slum.

• Questi antecedenti storico-urbano-letterari sono fondamentali, di conseguenza, per tentare di capire la Luanda contemporanea, quella raccontata ne Os Transparentes.

• Attraverso la voce dei suoi abitanti trasparenti, infatti, la città stessa continua a raccontarsi. Si rappresenta, denuncia, ricorda, immagina.

• La trasparenza di Odonato, dimostra l’engagement dell’opera.

• Nel libro si denuncia con molto sarcasmo: l’ingiustizia, la corruzione, il “sistema nel sistema”, la «ONGizzazione dello Stato Nazionale, la sostituzione della costruzione di politiche pubbliche (…) all’universo dei “progetti”».

• Un progetto petrolifero, che, nelle pagine del romanzo, finisce catastroficamente per dare alle fiamme l’intera città.

• Odonato, vive a Luanda, in un palazzo della Maianga, «no coração da cidade». È uno «fatalmente apaixonado por um outro tempo». Un tempo in cui Luanda, comparata con l’attualità, era quasi un deserto urbano.

- «onde faltava a comida e a roupa, os medicamentos, sem água nem luz, muitas vezes faltava cerveja ou vinho, as refeições chegavam a limitar-se ao famoso peixe-frito com arroz de quase-tomate, faltavam enlatados mas não alguma fruta vinda do sul e do interior, faltava wisky mas não peixe-seco, não havia linhas telefónicas estáveis mas as conversas eram abençoadas pelos tardios ventos da madrugada, os sapatos estavam gastos mas as pernas felizes num contentamento de incansáveis noites de kizomba, havia o recolher obrigatório e por isso mesmo as festas se enchiam de uma gente que a garantia em sorrisos e animação até depois da cinco da manhã, não havia cd’s nem éme pê três mas os gira-discos suavam (...) nao se sabia de tantas doenças sexuais, (...) nasciam então tanta crianças, morriam outras tantas, nasciam outras mais, as festas pobres serviam mais para revere familiares e vizinhos do que para comer, (...) o mar era mais generoso em peixe. E até as pessoas eram mais brandas». (Ondjaki, 2014, pp. 144, 194)

• La trasparenza è diventata così per Odonato un simbolo, una scelta fatta coscientemente per il bene comune. È un dovere a cui il protagonista non può e non vuole sottrarsi. Non sa spiegare bene la sua teoria, ma è una riflessione che gli fa compagnia ogni volta che dal terrazzo ascolta il vento e guarda la sua città.

- «não somos transparentes por não comer...nós somos transparentes porque somos pobres».

• Un uomo, continua Odonato, può essere un popolo. La sua immagine può essere quella del popolo. E, la città dice Odonato, parla attraverso il suo corpo… la città ha un messaggio da dare attraverso il corpo-immagine dell’uomo trasparente.

Questa è la verità, una verità che deve essere detta anche se scomparire è il prezzo da pagare.

Bibliografia

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Fine