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1 LO SCREENING DEI TUMORI DELLA MAMMELLA IN PROVINCIA DI MANTOVA PROGETTO DI FATTIBILITA’ A CURA DI DR. EMANUELA ANGHINONI DR. GABRIELE GIANNELLA ASS. SAN. ANNALAURA BOZZEDA ASS. SAN. DANIELA FOGLIA REGIONE LOMBARDIA AZIENDA SANITARIA LOCALE PROVINCIA DI MANTOVA ____________________________ DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE SERVIZIO DI MEDICINA PREVENTIVA DELLE COMUNITA’ Via dei Toscani 1 - 46100 Mantova - Tel. 0376 334210 - Fax 0376 334222

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LO SCREENING

DEI TUMORI DELLA MAMMELLA

IN PROVINCIA DI MANTOVA

PROGETTO DI FATTIBILITA’

A CURA DI DR. EMANUELA ANGHINONI DR. GABRIELE GIANNELLA ASS. SAN. ANNALAURA BOZZEDA ASS. SAN. DANIELA FOGLIA

REGIONE LOMBARDIA AZIENDA SANITARIA LOCALE PROVINCIA DI MANTOVA

____________________________

DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE SERVIZIO DI MEDICINA PREVENTIVA DELLE COMUNITA’

Via dei Toscani 1 - 46100 Mantova - Tel. 0376 334210 - Fax 0376 334222

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DICEMBRE 1999

PRESENTAZIONE

L’evidenza disponibile sull’efficacia di uno screening mammografico consente di affermare

che un esame mammografico ripetuto ogni 2 anni nell’età compresa tra 50-69 anni è efficace

nel ridurre la mortalità per tumore della mammella. E’ importante che un programma di

screening si accompagni ad un complesso mutamento dell’assistenza senologica per fornire

alla popolazione femminile un insieme di attività diagnostico-terapeutiche integrate. Sarebbe

discutibile offrire screening di massa con invito alla partecipazione laddove non si fosse in

grado di garantire approcci chirurgici conservativi o il trattamento di radioterapia. L’avvio di

un programma di screening si prefigura quindi come una operazione complessa da

coordinare e valutare. Soprattutto è necessario che all’interno dei programmi vengano

considerate procedure di revisione di qualità, per consentire tempestive valutazioni di

efficacia e di adeguatezza del programma stesso.

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PARTE 1.

CONSIDERAZIONI GENERALI SULLO SCREENING DEI TUMORI DELLA MAMMELLA.

1.1. INTRODUZIONE

La diagnosi precoce in Oncologia è un obiettivo importante in quanto, per diversi tipi

tumorali, essa può pesantemente condizionare il successo della terapia.

A livello individuale, una diagnosi precoce può spesso essere ottenuta attraverso la giusta

valutazione di primi sintomi da parte della singola persona con l’aiuto di un medico attento.

Ma quando si vuole ottenere una diagnosi precoce di cancro asintomatico nella popolazione

generale dobbiamo entrare nell’ambito della prevenzione secondaria con programmi di

screening organizzati.

Lo screening di popolazione, dunque, è un complesso di prestazioni diagnostiche e

terapeutiche che la Sanità Pubblica offre attivamente ad una popolazione ben

definita e apparentemente sana con lo scopo di diagnosticare precocemente la

malattia, prima che questa causi la presenza di sintomi.

Da questa definizione risulta evidente che l’attività di screening differisce dalla normale

attività diagnostica per due motivi: si limita a selezionare quei casi che possono soffrire della

malattia oggetto di screening e rinvia la decisione diagnostica definitiva ad una seconda

fase di approfondimento diagnostico; in secondo luogo esamina una popolazione

apparentemente sana, senza sintomi, selezionata sulla base di criteri geografico-residenziali

e fasce di età.

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Obiettivo di un test di screening oncologico è quindi quello di anticipare la diagnosi di tumore

in uno stadio della fase preclinica per la quale è disponibile un trattamento che modifichi la

probabilità di sopravvivenza.

Quindi l' anticipazione diagnostica non è di per se una dimostrazione dell' efficacia dello

screening: solo se esiste un trattamento capace di modificare la storia naturale della

malattia, cioè se potenzialmente è capace di ridurre la mortalità specifica per causa in una

popolazione si parla di efficacia dello screening.

Sviluppo della prevenzione attraverso interventi mirati come ad esempio gli screening di

popolazione, miglioramento dell' organizzazione e integrazione funzionale dei settori che si

occupano di queste problematiche sono tra gli obiettivi dichiarati dal Piano Oncologico

Regionale della Lombardia per il prossimo triennio 1999-2001.

Tuttavia se risulta ovvio comprendere che prevenire una patologia o diagnosticarla

precocemente condiziona il successo della terapia e la qualità di vita dei pazienti, non è

sempre altrettanto noto che impostare programmi di prevenzione sulla popolazione implica

averne acquisito evidenza di efficacia e controllo degli effetti indesiderati oltre che garantire

continuità organizzativa ed elevata integrazione di figure sanitarie multidisciplinari.

1.1.1 DOCUMENTI UFFICIALI DI CONSENSO

La dimostrata correlazione tra durata della sopravvivenza delle pazienti con carcinoma

mammario e stadio alla diagnosi, la disponibilità di test diagnostici capaci di rilevare la

neoplasia in anticipo rispetto alla comparsa dei sintomi clinici ha determinato il diffondersi

nel nostro Paese di screening mammografici.

Allo stato attuale, infatti, la mammografia è l'unico test risultato valido per attività di

prevenzione secondaria dei tumori della mammella. Dai documenti di consenso prodotti in

seguito al Workshop CNR-AIRC sugli screening in oncologia (Roma,1996) si possono

estrapolare alcune importanti indicazioni:

- Promuovere su base regionale programmi di screening mammografico per le donne tra i 50

e i 69 anni eseguendo gratuitamente un test ogni 2 anni con un bacino di utenza di 200-

300mila abitanti ed esecuzione di almeno 10.000 esami l' anno.

- Favorire l'accesso ai servizi di screening alle donne di oltre 70 anni che per valutazioni di

costo-efficacia non sono incluse nella popolazione target.

- Pianificare adeguatamente i programmi prevedendo la formazione degli operatori, l' invito

periodico personalizzato su liste anagrafiche di popolazione, centri di riferimento per l'

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esecuzione dei test, degli approfondimenti diagnostici per l' organizzazione e la valutazione

dei programmi.

- Prevedere controlli di qualità delle varie fasi del programma, coordinati a livello regionale e

valutazione continua delle misure di processo.

- Verificare che gli standard raggiunti siano conformi a quanto raccomandato in sede

nazionale e che i centri di screening e i centri di riferimento siano accreditati a livello

regionale.

- Coinvolgere attivamente le donne, i medici di Medicina Generale e le strutture territoriali

alla pianificazione e conduzione dei programmi.

- Attivare sistemi informativi di gestione computerizzata a fini di conduzione e valutazione dei

programmi.

- Attivare a livello regionale programmi di formazione e aggiornamento permanente del

personale.

La Commissione Oncologica Nazionale del Ministero della Sanità ha recentemente emanato

un decalogo indirizzato a chi si occupa di organizzare praticamente l' attività di screening.

Secondo queste indicazioni la prevenzione secondaria si dovrebbe attuare considerando

che:

- Dovrebbe esserci un trattamento considerato accettabile per i pazienti cui sia stata

diagnosticata la malattia;

- Dovrebbero essere disponibili strutture per la diagnosi ed il trattamento;

- Dovrebbe essere diagnosticabile uno stato di latenza o uno stadio precoce sintomatico;

- Dovrebbe esserci un test o un esame utilizzabile;

- Il test dovrebbe essere accettabile per la popolazione;

- Dovrebbe essere conosciuta la storia naturale della malattia, incluso il passaggio da

malattia latente a malattia sintomatica;

- Dovrebbero esserci linee guida e consenso su chi trattare come paziente;

- Il costo dei casi identificati allo screening dovrebbe essere economicamente valutato in

relazione alla spesa sanitaria;

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- Identificare i casi di malattia dovrebbe essere un processo continuo e non un progetto

una tantum.

Inoltre si sottolinea che il bacino di utenza costituito dalla popolazione residente in età da

screening deve essere ben definito territorialmente e sufficientemente vasto da garantire l'

ottimizzazione del rapporto costo-beneficio quindi con dimensione almeno provinciale se non

addirittura regionale.

Il test cui si sottopone la popolazione deve essere economico, sicuro, validato per specificità

e sensibilità, infine le persone risultate positive al test devono poter avere accesso agevolato

al secondo livello diagnostico per essere eventualmente poi sottoposte a terapia efficace e

follow up.

Se si considera poi che la garanzia di efficacia dello screening è strettamente legata all'

adesione della popolazione bersaglio, risulta evidente quanto sia complessa l’ attività di

organizzazione di uno screening oncologico e quanto sia indispensabile una armonica

integrazione tra strutture a diverso titolo implicate nel programma.

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1.2 RILEVANZA CLINICA DELLA MALATTIA DA PREVENIRE

Il carcinoma della mammella è il tumore maligno più diffuso nella popolazione femminile dei

Paesi industrializzati. L’ andamento temporale dei tassi di mortalità per questa neoplasia

mostra segni di tendenza all' aumento con un progressivo uniformarsi dei Paesi a più basso

rischio ai livelli dei paesi a più alto rischio. I dati di mortalità disponibili per il nostro Paese

dimostrano un aumento in 35 anni (1955-1989) di oltre il 30% del tasso di mortalità

aggiustato per età, mentre il numero assoluto di decessi per tumore mammario raddoppia:

22.083 decessi nel quinquennio 1955-1959 e ben 51.922 nel quinquennio 1985-1989, ciò

significa circa 11.000 decessi all'anno, il 18% complessivo delle morti femminili per tutti i

tumori (1). Persistono differenze all' interno del nostro Paese tra le regioni del nord, centro e

sud e, all' interno della stessa area geografica, tra aree urbanizzate e rurali. Tuttavia l'

aumento della mortalità è stato più lieve negli ultimi anni e il trend di mortalità sembra aver

raggiunto un plateau(2). I tassi di incidenza aumentano con l' età fino verso ai 50 anni,

quando subiscono una pausa per poi riprendere a crescere dopo l’ età della menopausa. Un

modello di calcolo per analizzare questi parametri è stato sviluppato dalla Università

Erasmus di Rotterdam (MISCAN) ed è stato già applicato in svariati programmi europei.

Struttura della popolazione, tassi di incidenza e di mortalita’ eta’-specifici per tumore della mammella (per100,000) utilizzati nel modello predittivo MISCAN Nord Italia

POPOLAZIONE INCIDENZA MORTALITA’0-4 486.613 - -5-9 537.644 - -

10-14 699.937 - -15-19 891.531 - -20-24 993.616 1 0,125-29 972.754 5,1 1,030-34 881.977 18,86 3,735-39 862.164 52,2 12,340-44 917.606 109,5 22,645-49 870.439 161,1 38,750-54 897.038 181,9 57,655-59 852.790 176,4 76,660-64 832.251 183,3 83,265-69 806.891 226,7 94,770-74 476.308 238,7 118,775-79 580.038 249,5 126,180-84 375.411 343,8 147,5=>85 259.384 343,8* 147,5*

*= I tassi di incidenza e mortalità per la classe di età => 85 sono assunti essere uguali a quelli della classe 80-84

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Il rischio cumulativo di ammalare di cancro della mammella per una donna entro i 70 anni è di

circa il 5-6% (una donna ogni 17-20). In Italia si stimano ogni anno oltre 27mila nuovi casi (il

27% dei tumori femminili). Se teniamo conto della relativa elevata sopravvivenza del

carcinoma mammario si può calcolare che in Italia vivono oggi oltre 250mila donne che

hanno attraversato questa esperienza di malattia con tutte le implicazioni di ordine

assistenziale, psicologico e sociale.

Questi dati confermano che il carcinoma mammario rappresenta una malattia a carattere

sociale anche per il nostro Paese e indicano la necessità che adeguate risorse vengano

destinate per affrontare questo crescente problema di sanità pubblica.

1.3 LA SITUAZIONE NAZIONALE ED EUROPEA .

Programmi di screening sono stati attivati in Gran Bretagna, Olanda, Svezia e Finlandia e

sono ormai stati estesi a tutto il territorio nazionale. Anche in alcune città italiane sono stati

attivati programmi rivolti alla popolazione femminile residente, i cui dati sono stati raccolti dal

Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico (G.I.S.Ma.) (3).. Attualmente i programmi di

screening mammografico italiani si rivolgono a circa il 6% della popolazione italiana

femminile in età compresa tra i 50 e i 69 anni.

Da alcune ricerche effettuate in alcune città italiane, risulta che circa il 30% delle donne oltre i

40 anni esegue periodicamente un controllo mammografico (4). Il G.I.S.Ma raccomanda che l'

attivazione di nuovi programmi di screening avvenga dopo aver definito con un apposito

studio di fattibilità, le aree geografiche, i bacini di utenza, le modalità di gestione e

aggiornamento delle liste di popolazione, le modalità di valutazione dei programmi, l’attività

di formazione del personale, i costi e la disponibilità di strutture assistenziali qualitativamente

adeguate in particolare per il trattamento di forme iniziali diagnosticate dallo screening

(trattamenti conservativi, radioterapia etc).

E’ stato stimato che l' estensione del programma a livello nazionale alle donne in età tra i 50

e i 69 anni con cadenza biennale consentirebbe di evitare circa 1.600 decessi l' anno.

1.4 EFFICACIA DELLO SCREENING

Lo studio dei fattori di rischio in gioco nella eziologia di questa neoplasia, ha prodotto negli

ultimi anni una notevole quantità di dati scientifici, senza però permettere una completa

comprensione dei meccanismi causali e della storia naturale del carcinoma mammario.

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A differenza di altri tumori per i quali è ipotizzabile un' efficace prevenzione primaria basata

soprattutto sulla rimozione e riduzione dell' esposizione ad alcuni cancerogeni (ad esempio

fumo di sigarette e sostanze cancerogene per quanto riguarda il tumore polmonare), per il

tumore della mammella le particolari caratteristiche dei più importanti fattori di rischio

individuati (storia riproduttiva, familiarità, ecc.) rendono particolarmente difficile la

programmazione di un intervento in questo senso.

Un intervento di prevenzione secondaria per i tumori della mammella ha invece validi

presupposti sia per la disponibilità di un test - la mammografia - in grado di riconoscere la

neoplasia in una fase preclinica, con una anticipazione diagnostica media di diversi anni, che

per la documentata miglior prognosi delle neoplasie mammarie adeguatamente trattate in

fase iniziale anche con interventi più conservativi.

La necessità però di disporre di dati scientificamente affidabili sull' efficacia dello screening

mammografico, deriva non solo da opportune valutazioni di costo/efficacia, ma anche dal

fatto che questi programmi, rivolti ad intere fasce di popolazione apparentemente in buona

salute, possono comportare alcuni svantaggi o effetti negativi quali: una più precoce

coscienza di malattia, la possibilità di sovradiagnosi e sovratrattamento, un’ induzione di

ansia ed interventi non necessari nei casi di falsi positivi, falsa rassicurazione nei casi di falsi

negativi.

La valutazione dell' efficacia dello screening mammografico nel ridurre la mortalità per causa

è stata effettuata nel mondo attraverso studi clinici randomizzati e studi caso controllo. In

questi contesti si evidenzia una significativa differenza di mortalità cumulativa per tumore

della mammella tra gruppo di studio e gruppo di controllo a 10 anni dall' inizio dello studio (5).

I risultati disponibili negli studi finora pubblicati presentano una tendenza alla riduzione della

mortalità quando siano considerate separatamente diverse fasce di età, ed in particolare il

beneficio appare concentrarsi sulle donne di età superiore a 50 anni, mentre non vi sono

indicazioni statisticamente conclusive per le donne in età compresa tra i 40 e 49 anni.

Documenti di consenso emessi dalla EUSOMA (EUropean SOciety of MAstology) riportano

una riduzione di mortalità degli studi controllati fino ad oggi pubblicati pari al 24% e afferma

che lo screening mammografico con inviti alle donne dall' età di 50 anni dovrebbe essere

considerato tra gli interventi di sanità pubblica per i quali si dispone di evidenza efficacia.

Anche gli studi clinici svedesi riportano che programmi di screening ben organizzato, di

qualità elevata e con un' adesione dell’85% raggiungono dopo 10 anni di follow-up una

riduzione del 29% della mortalità per tumore della mammella (6).

La differenza di risultati preventivi rispetto all' età della donna potrebbe essere dovuta o a un

differente comportamento biologico del tumore in fase premenopausale ovvero alla più

bassa sensibilità del test di screening che si ha nelle giovani donne. Si ritiene pertanto

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necessario che ulteriori studi vengano disegnati sia per valutare l' efficacia dello screening

mammografico sia per meglio caratterizzare da un punto di vista molecolare e cellulare i

tumori in questa fascia di età e la caratterizzazione molecolare e biologica della malattia. Il

confronto tra i vari studi clinici controllati offre alcuni spunti di interpretazione alla diversa

proporzione di forme tumorali diagnosticate in fase precoce:

-la diversa struttura delle fasce di età delle popolazione in studio;

-la varietà di protocolli di screening utilizzati (mammografia, mammografia + esame clinico,

autopalpazione) e degli intervalli tra i test;

-la diversa tecnica mammografica utilizzata dagli anni ‘60 sino ai giorni nostri che ha

aumentato sensibilmente la sua sensibilità;

-un diverso atteggiamento nei confronti della diagnosi precoce e della prevenzione,

specialmente in Paesi come la Svezia dove è diffusa la pratica dell' autopalpazione, della

mammografia e del controllo del seno anche al di fuori di programmi organizzati.

Negli studi italiani, qualora si consideri la proporzione di partecipazione al programma, i

valori di protezione stimati vengono ad essere dell' ordine di grandezza atteso in base agli

studi randomizzati.

I risultati complessivi finora disponibili degli studi caso-controllo sorreggono dunque l'

evidenza emersa e questo tipo di approccio potrà probabilmente essere utile in futuro per la

valutazione di programmi di screening.

1.5 VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE PRE-SCREENING

Per una valutazione della situazione di base pre-screening è possibile usare almeno due

fonti informative: utilizzare l' esperienza di una popolazione il più possibile simile a quella

oggetto dello screening (di solito residente in un area geografica contigua), secondariamente

ci si può riferire alla conoscenza storica dell' andamento dei tumori della mammella nella

popolazione. I tassi di mortalità ed incidenza per classi di età dovrebbero essere stimati nel

periodo precedente all' avvio del programma e una valutazione epidemiologica descrittiva

può produrre informazioni utili sulla stadiazione patologica e clinica e sulle pratiche

diagnostiche e di trattamento nell' area in esame.

L' esistenza di un Registro Tumori è fondamentale per la valutazione ma se non disponibile

dovrebbe essere istituito comunque un Registro di Patologia (da affiancare al Registro di

Mortalità obbligatorio per circolare regionale dal 1987) indispensabile anche per il

monitoraggio successivo dell' attività. Inoltre l' adozione della tessera sanitaria e/o del codice

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fiscale favorisce il linkage tra diversi sistemi informativi e di conseguenza le attività di

organizzazione e valutazione dello screening.

E' necessario che il Centro di Screening disponga (anche in consulenza) di esperti in

statistica-epidemiologia, economia sanitaria, psicologia al fine di ottenere un approccio

multidisciplinare per la valutazione dell' efficacia, dei costi e dell' impatto emotivo dell' attività

di prevenzione.

1.6 ORGANIZZAZIONE DELL’ ATTIVITA’ DI SCREENING MAMMOGRAFICO

1.6.1 CONSIDERAZIONI PRELIMINARI Elemento fondamentale di un programma di screening è la funzione di organizzazione e di

valutazione. La struttura centrale organizzativa dello screening deve essere nella condizione

di:

- disporre di un sistema informativo con liste corrette e aggiornate di popolazione

possibilmente suddivisibili per medico di base;

- organizzare e gestire un sistema di appuntamenti provvedendo a reinvitare

tempestivamente le donne non aderenti alla chiamata,

- deve poter verificare che le donne positive al test siano sottoposte ad accertamenti di

secondo livello e che le donne con diagnosi di carcinoma abbiano una terapia adeguata

e tempestiva;

- deve poter raccogliere le informazioni di follow-up clinico ed epidemiologico sui casi

accertati;

- deve tenere i collegamenti con i centri di riferimento per la diagnosi e terapia

- deve produrre stime puntuali sugli indicatori precoci di efficacia del programma, quali l'

adesione allo screening, la copertura della popolazione, la proporzione dei richiami, il

detection rate, la distribuzione per stadi di malattia , il rapporto tra biopsie biopsie

benigne e maligne, il tasso di “casi intervallo”, la percentuale di interventi conservativi, l'

efficienza del programma

- deve valutare misure di processo, risultati ed efficacia del programma di screening anche

in funzione di corsi di formazione del personale e processi di ottimizzazione.

Sono da individuare i centri di riferimento per la stadiazione e la terapia del carcinoma

mammario ai quali indirizzare i casi individuati dallo screening tramite collegamenti

funzionali.

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Tale organizzazione è un presupposto per l' adozione di una terapia tempestiva attuata in

base a protocolli validati, in modo da non vanificare l’ anticipazione diagnostica conseguita

dalla diagnosi precoce e ridurre con trattamenti inadeguati la potenziale efficacia dello

screening sulla qualità e durata della vita.

1.6.2 IL TEST DI SCREENING

Non ci sono dubbi sul ruolo fondamentale della mammografia in ambito di screening, mentre

quello dell’ esame clinico è assai discusso. Impiegato nel primo programma di screening

Studio HIP: Health Insurance Plan of Greater New York (7), l’ esame clinico sembrava

consentire una certa anticipazione diagnostica ed un aumento della sopravvivenza rispetto ai

controlli; in questo studio degli anni ‘60 però la mammografia era di qualità scadente, con

una sensibilità estremamente bassa. L'esame clinico, in programmi successivi (Utrecht, UK

Trial, NHBSS) sembra avere avuto un ruolo secondario ai fini di un impatto sulla mortalità. In

particolare nel trial inglese si è osservato che il tasso di carcinomi rilevato dalla clinica l'anno

successivo al passaggio di screening clinico-mammografico è pressoché uguale al tasso

segnalato nelle donne non rispondenti all’ invito di screening.

Sembra quindi probabile che i casi di carcinoma mammario non rilevabili all’ esame

mammografico e diagnosticabili clinicamente (circa 3-10%), siano in gran parte sintomatici o

quasi. La donna pertanto si recherebbe comunque dal medico e per questo l’ esecuzione

periodica di un esame clinico oltre all’ esame mammografico non determina alcun impatto

sulla mortalità. Per questi motivi, l’ opinione comune dei vari gruppi scientifici è che lo

screening attualmente si debba avvalere solo della mammografia.

La maggior parte delle fonti raccomanda che la mammografia debba essere eseguita in

doppia proiezione, obliqua e cranio-caudale, al primo round e, nei seni densi, anche ai

passaggi successivi. Infatti non vi è dubbio che una lesione, specialmente se di piccole

dimensioni, possa risultare mascherata dal parenchima mammario nella proiezione obliqua,

mentre, nella proiezione assiale , specialmente se situata nei quadranti interni o in aree

periferiche, possa proiettarsi in un’ area adiposa e quindi essere facilmente identificabile.

Recenti studi hanno confermato che la doppia proiezione al primo passaggio aumenta la

sensibilità della mammografia senza ridurne la specificità. Ciò è facilmente intuibile per il

fatto che la doppia proiezione consente anche di evitare richiami inutili in quei casi di

distorsioni od opacità asimmetriche visibili nella proiezione obliqua che, in quella assiale,

risultano chiaramente dovuti a sovrapposizioni di tralci fibrosi o addensamenti parenchimali

(8).

Si sta inoltre affermando un generale consenso che la lettura delle mammografie di

screening debba essere effettuata in doppio da radiologi esperti. Ciò deriva dalla

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osservazione che la doppia lettura porta ad un aumento di sensibilità tra il 5 e il 15%, a

seconda della esperienza dei radiologi, con un aumento contenuto dei richiami.

A fronte di un costo aggiuntivo di questa procedura stimato in circa l’8%, l’aumento della

sensibilità, in particolare nei carcinomi di dimensioni molto limitate, può determinare una

anticipazione diagnostica consistente con un impatto sulla mortalità. Per questi motivi la

seconda edizione delle Linee Guida sullo screening mammografico elaborate dalla

Commissione Europea prevede l’ adozione della doppia lettura nei programmi di screening

mammografico.

1.6.3 LA FREQUENZA DEL TEST

Gli studi che hanno dimostrato una riduzione della mortalità a seguito di screening

mammografico impiegano intervalli variabili da uno a tre anni (tra un invito e l’ altro).

In Gran Bretagna è in corso un trial che mette a confronto diverse frequenze di screening. E’

evidente che un intervallo di rescreening più lungo espone ad una minore anticipazione

diagnostica e quindi ad una possibile minore efficacia mentre una frequenza elevata

comporta una insostenibile elevazione dei costi del programma.

L’ evidenza disponibile suggerisce un intervallo ottimale di 2 anni per le donne oltre i 50 anni;

la possibile perdita in efficacia rispetto allo screening annuale è ampiamente ripagata dalla

possibilità di estenderlo ad una popolazione due volte superiore a parità di costi (9).

1.6.4 LA FASCIA DI ETA’ DA SCREENING

La mancata evidenza di una riduzione di mortalità nelle donne screenate in età 40-49 anni

potrebbe essere ascritta alla numerosità delle popolazioni in esame, alla scarsa sensibilità

del test in alcuni programmi e ad intervalli troppo lunghi.

Inoltre la minor efficacia dello screening nelle donne al di sotto dei 50 anni potrebbe essere

spiegata da una minore sensibilità della mammografia per l’ effetto mascherante della

densità ghiandolare, come osservato in mammografia clinica. A maggior ragione ci si può

aspettare una minore sensibilità della mammografia nello screening, ove l’ obiettivo

diagnostico è la neoplasia di piccole dimensioni.

Alcune analisi dell’ HIP che sembrano rivalutare l’efficacia nelle 40-49enni con il

prolungamento del follow-up (10) e altri risultati presentati alla NIH Conference, tenutasi in

Washington nel Gennaio 1997, relativi a studi controllati effettuati in Svezia (Malmoe e

Goteborg) hanno riaperto la discussione su una possibile evidenza di efficacia, in termine di

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riduzione di mortalità, anche in questa fascia di età. I risultati presentati alla Conferenza da I.

Andersson e N.Bjursta, ancorché non pubblicati, mostrano una significativa riduzione di

mortalità nelle donne entrate nel programma di screening al di sotto dei 50 anni, di entità

simile a quanto osservato nelle ultracinquantenni.

Questi risultati hanno suscitato ampia discussione in quanto, tra l’ altro, la valutazione è fatta

in base all’ età in ingresso, mentre la diagnosi di alcuni casi può essere avvenuta in

successivi passaggi di screening, dopo il compimento del 50esimo anno.

Complessivamente l’ evidenza nelle 40-49enni non è ancora definitiva.

E’ quindi auspicabile che si intraprendano nuovi studi controllati finalizzati alla valutazione

dell’ efficacia dello screening in questa fascia di età; per il momento l’ attivazione dello

screening quale pratica corrente di sanità pubblica è prioritario nelle donne di età compresa

tra i 50 e i 69 anni, come indicato dalle linee guida della commissione oncologica nazionale.

La maggior parte dei programmi di screening non invita donne oltre i 70 anni in quanto la

minore attesa di vita in questa età vanifica l’efficacia della anticipazione diagnostica.

Tuttavia, il progressivo prolungamento della vita ha indotto alcuni Paesi Nord

Europei come l’ Olanda a estendere l’ invito fino ai 74 anni verificando peraltro una bassa

percentuale di risposta all’ invito nelle ultra 70enni.

Nei casi di importante familiarità il rischio di sviluppare il cancro nel corso della vita è di 2-3

volte più alto e cresce con il numero di parenti affette e con il diminuire dell’ età alla diagnosi

nei familiari (11). Su questa base, vi è chi propone di sottoporre a sorveglianza

mammografica donne con storia familiare significativa, dando inizio allo screening prima dei

50 anni. Tuttavia, in assenza di provata riduzione della mortalità, lo screening in gruppi ad

alto rischio individuati sulla base della storia familiare deve essere affrontato in un ambiente

di ricerca, sia per la valutazione dell’ efficacia che del rapporto costi/benefici.

1.6.5 PROMOZIONE DELLA PARTECIPAZIONE

La partecipazione allo screening da parte delle donne, ovvero la risposta all’ invito, è un

importante punto nell’ analisi degli studi randomizzati.

Risulta infatti che l’efficacia della prevenzione è penalizzata se non si raggiungono elevate

quote di compliance al protocollo. Le linee guida europee ritengono accettabile un tasso di

adesione del 60%, ritenendo desiderabile che fosse maggiore del 75%.

Basse proporzioni di adesione diminuiscono il beneficio in termini di riduzione della mortalità

in tutta la popolazione più che intervalli maggiori fra due test; sforzi particolari dovrebbero

essere fatti per donne che non hanno mai eseguito una mammografia in passato. La

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partecipazione allo screening è diversamente associata con età, lo stato civile, lo stato

socioeconomico, la frequenza di contatto con il sistema sanitario ecc.

Ansietà per il risultato, paura del cancro, sfiducia nella efficacia dello screening, della terapia

e nel sistema sanitario, paura delle radiazioni o del dolore alla compressione del seno

durante il test sono ostacoli alla partecipazione che dovrebbero essere indagati anche in

relazione a differenti situazioni locali, cosi come l’ accessibilità degli ambienti, gli orari ecc.

Vi è evidenza che l’ adesione della popolazione ad un programma di screening. può essere

aumentata in vari modi e che, in ogni caso, è indispensabile fornire adeguata informazione

sullo screening, anche attraverso opuscoli appositamente studiati e aggiornati rispetto allo

stato delle conoscenze (12). L’ uso dei mass media può svolgere un ruolo importante sia

cercando di rimuovere le barriere alla partecipazione, sia informando la popolazione

bersaglio sul programma e sulla sua organizzazione. In piccole città e in zone agricole l’

organizzazione della vita sociale (associazioni circoli parrocchie ecc) può consentire di

identificare specifiche opportunità per informare le donne e promuovere la partecipazione.

La pubblicità attraverso i mass media ha un effetto per un breve periodo di tempo e

dovrebbe essere pianificata ad intervalli regolari per rinforzare il messaggio giornali, stazioni

radio televisive possono offrire spazi gratuiti per la pubblicità e si possono trovare sponsor

per finanziare l’ informazione.

In alcuni casi, poi, anche incentivi economici per i Medici di Medicina Generale (MMG)

hanno consentito di aumentare la partecipazione al programma.

Oltre a predisporre strumenti per incentivare la partecipazione al test di screening è

necessario mettere a punto e disporre strumenti per il counselling ed il supporto psicologico

per le donne che vengono richiamate, per quelle che vengono indirizzate verso accertamenti

diagnostici cruenti o a cui viene diagnosticato il cancro. I livelli di ansietà determinati da un

richiamo devono essere adeguatamente gestiti sin dalla comunicazione del richiamo e

durante l’iter diagnostico.

E’ necessario, se la prestazione diagnostica raggiunge adeguati livelli di qualità, evitare un

incontrollato ricorso a molti altri pareri, almeno fino al momento di formulazione della

diagnosi.

In questo senso il medico di Medicina Generale e il personale che opera nel servizio,

adeguatamente formato, possono svolgere un ruolo di adeguato supporto e consiglio.

A livello europeo, il programma “Europa contro il cancro” (giugno 1996) ha ripetutamente

raccomandato il coinvolgimento dei MMG nell’ ambito dei programmi di screening di

popolazione dotandoli di adeguato materiale per informare le assistite. Schematizzando il

ruolo del MMG può essere riassunto come segue:

- Correzione delle liste in base a criteri di eleggibilità escludendo pazienti già affette da

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tumore o da gravi malattie

- Attiva informazione nei confronti della popolazione

- Informazione mirata sulle donne non aderenti al programma (non responders)

- Counselling in tutte le fasi del programma

L’ esperienza dei Paesi Nord Europei insegna che molte donne decideranno se aderire al

programma e se seguire l’ iter diagnostico suggerito dopo aver sentito il parere del proprio

medico curante. Pertanto l’ attivazione di un programma di screening mammografico deve

prevedere un’ adeguata formazione dei MMG organizzata secondo tecniche didattiche già

sperimentate dalla SIMG (Società Italiana Medici di Medicina Generale) per la formazione

continua dei professionisti

1.6.6 L’ APPROFONDIMENTO DIAGNOSTICO

L’ approfondimento diagnostico delle lesioni identificate in corso di screening è una fase

essenziale della procedura complessiva di screening mammografico che deve essere

accuratamente monitorata, in quanto da esso dipende la limitazione di procedure

diagnostiche invasive (biopsie chirurgiche) senza conseguente perdita di sensibilità e una

corretta stadiazione clinica e indirizzo terapeutico.

E’ auspicabile che le donne siano richiamate entro un ragionevole periodo di tempo

(massimo una settimana), presso la struttura diagnostica deputata , ove sarà presente il

medico radiologo che ha deciso il richiamo sulla base della mammografia di screening ed

eventuali colleghi clinici.

Tenuto conto dello stato di ansia che determina nella donna il richiamo, è auspicabile che

esso venga comunicato il giorno prima e che tutti gli accertamenti necessari siano esplicati

nella stessa seduta con adeguata informazione da parte del medico alla interessata.

La centralizzazione degli approfondimenti diagnostici garantisce migliori risultati e

possibilità di collaborazione tra il radiologo e i colleghi che si incaricheranno del trattamento

(chirurghi, ginecologi, oncologi). Infatti, in alcuni programmi di screening (programma

nazionale olandese e alcuni programmi francesi) dove la scelta della sede degli

approfondimenti viene fatta dalla donna o dal medico curante, per cui ella viene inviata in

differenti servizi diagnostici, ha fatto registrare un eccesso di biopsie per patologia benigna,

costi più elevati, disagio per la paziente che spesso non vede risolto in unica seduta il suo

quesito diagnostico e, talora, maggiori difficoltà del programma di screening per conoscere i

risultati finali della propria attività.

E’ inoltre necessario che il programma di screening disponga di un sistema automatico

capace di verificare che tutte le donne con mammografia di screening non negativa siano

state effettivamente richiamate e si siano presentate all’ approfondimento diagnostico. Le

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17

donne che rifiutano gli accertamenti devono essere adeguatamente informate, in stretta

collaborazione con i medici curanti, dei rischi di una ritardata diagnosi.

Comunemente l’ approfondimento diagnostico si basa sui seguenti esami :

Mammografia

Spesso un ulteriore approfondimento radiologico è sufficiente a risolvere il quesito dell’

esame mammografico di screening, in quanto l’esame ripetuto con proiezioni speciali

(mediolaterale, proiezioni assiali ruotate, particolari mirati, ingrandimento diretto ) può

eliminare il sospetto diagnostico (distorsioni o addensamenti asimmetrici che risultano dovuti

alla sovrapposizione radiologica nella proiezione di screening) o metterne in risalto le

caratteristiche di patologia benigna (migliore studio dei contorni delle opacità a contorni

regolari o migliore studio della morfologia nelle microcalcificazioni). In questi casi viene

consigliato alla donna un normale controllo mammografico dopo 2 anni. Nella esperienza del

C.S.P.O di Firenze ciò si verifica nel 20% circa dei casi selezionati dalla mammografia di

screening.

Esame clinico

Completato l’ esame mammografico, se persiste il dubbio o sospetto diagnostico, o se sono

presenti sintomi riferiti dalla donna, si procede con un accurato esame clinico, mirato in

particolare nella sede della anormalità radiologica o della sintomatologia. La sensibilità dell’

esame clinico dipende dalla esperienza dell’ operatore e deve quindi essere eseguito

collegialmente con il medico-clinico nel caso in cui il radiologo, che deve essere comunque

presente per interpretare l’ esame mammografico ed effettuare quello ecografico, abbia una

esperienza clinica limitata.

Nel caso di lesioni palpabili, l' esame clinico può contribuire alla diagnosi finale e guidare l’

esame citologico su agoaspirazione. Trattandosi spesso di lesioni di dimensioni limitate, l’

esame clinico se positivo può confermare il sospetto mammografico, ma se negativo o

benigno difficilmente può eliminarlo.

Ecografia

L’esame ecografico deve essere eseguito con sonde per parti molli ad alta frequenza (>7,5

MHz.). E' un esame importante nell’ approfondimento delle lesioni mammografiche

identificate dallo screening perché, oltre a indicare la sede ove mirare l’ esame citologico, in

molti casi contribuisce alla diagnosi finale. Ad esempio in casi di addensamento

asimmetrico all’ esame mammografico con un corrispettivo poco significativo all’ esame

clinico, la visualizzazione ecografica di un’ area di fibrosi può essere rassicurante, cosi come

in presenza di opacità di piccole dimensioni la visualizzazione e aspirazione di una piccola

cisti dirime qualsiasi dubbio.

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La principale limitazione dell’ esame ecografico è rappresentata da piccole opacità

profonde, specie se eseguito in mammelle adipose e in presenza di focolai di

microcalcificazioni. Si calcola che circa il 10-20% delle opacità non palpabili e circa il 70-

80% dei focolai di microcalcificazioni non siano identificabili in ecografia.

Citologia su agoaspirato

In presenza del minimo dubbio all’ esame mammografico, clinico e/o ecografico è d’ obbligo

effettuare un esame citologico su agoaspirato con ago fine. Naturalmente, tenuto conto della

sensibilità dell’ esame citologico (85-90%), in presenza di un risultato negativo potrà essere

evitata la biopsia chirurgica solo se il sospetto diagnostico è molto limitato. Per questo

motivo è importante che il radiologo oltre ad identificare la presenza di una anormalità alla

mammografia e/o ecografia sappia indicare la predittività per cancro (cioè il grado di

sospetto) di quella singola alterazione.

In presenza di lesioni non palpabili l’ agoaspirato deve essere effettuato sotto guida

ecografica o, se l’ ecografia non localizza la lesione, sotto guida stereotassica. In

conclusione l’ esame citologico ha una accuratezza diagnostica in lesioni identificate allo

screening paragonabile a quella ottenuta in lesioni clinicamente apparenti e consente di

limitare molto il ricorso a biopsie chirurgiche in casi di dubbio lieve.

È’ ben documentato in letteratura che il rapporto tra lesioni benigne e maligne è minore nei

casi inviati ad intervento chirurgico da parte di centri che eseguono di routine l’ esame

citologico.

Esame istologico su microbiopsia

Il ricorso a questo esame è in aumento grazie alla esperienza pratica che si sta acquisendo

nel prelievo. Certamente alcuni centri preferiscono ricorrere a questo esame perché non

dispongono di competenze adeguate per l’esame citologico: infatti il solo esame citologico,

se utilizzato nel modo più appropriato, consente di contenere molto il numero di biopsie

benigne senza avere, tra i casi richiamati per approfondimento, una proporzione significativa

di esami falsi negativi evidenziabili ai successivi controlli o nell’ intervallo. L’ esecuzione

della microbiopsia trova comunque indicazione nei casi di lesioni dubbie (probabilmente, ma

non sicuramente benigne) in cui l’ esame citologico risulti non valutabile per assenza di

materiale cellulare. In questi casi la microbiopsia può evitare il ricorso a una biopsia a cielo

aperto.

1.6.7 CRITERI DIAGNOSTICI PER IL RICHIAMO AD APPROFONDIMENTO

I lettori impiegati in un processo di screening mammografico devono essere opportunamente

addestrati e attenersi a particolari criteri diagnostici. Il richiamo ad approfondimento

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diagnostico deve essere limitato ai casi in cui si evidenzi un’alterazione sospetta, sia pur

minimamente, per neoplasia maligna.

Lesioni francamente benigne (fibroadenomi calcifici, cisti multiple, lipomi) rilevate in donne

asintomatiche dovranno ricevere un referto di negatività. Il tasso di richiami sarà ovviamente

più elevato al primo rispetto ai successivi controlli, per i quali esiste la possibilità del

confronto con un esame precedente (13,14,15).

A tal proposito si ricorda che i radiogrammi originali devono per legge essere conservati

presso il centro di screening a disposizione per confronto clinico o per verifiche medico

legali. In caso di positività o di richiesta medica al paziente devono essere consegnate le

copie dell’esame.

L’esecuzione routinaria di una sola posizione obliqua può condizionare un numero maggiore

di richiami, evitabili quando sia disponibile un’altra proiezione. Il tasso di richiami ad

approfondimento clinico dovrebbe essere contenuto al di sotto del 5 %.(13,14,15).

Il richiamo dei casi che riferiscano sintomi soggettivi ma con mammografia negativa è

consigliabile, sia perché si tratta di casi rari (1 % o meno), sia perché questi casi hanno una

prevalenza di cancro ragguardevole (13,14). Inoltre l’approfondimento può essere

un’occasione di rassicurare le donne sull’irrilevanza dei sintomi.

Esperienze italiane (C.S.P.O. di Firenze), (16) riportano una frequenza di esami negativi del

96% circa, limitando a circa il 4% gli approfondimenti diagnostici.

Di quest’ultimo 4%, il 3,3% viene successivamente rimandato ai controlli periodici e solo

meno dell’1% esegue biopsie chirurgiche, dalle quali, in una percentuale di casi (0,8%), si

riscontra una patologia maligna. Pertanto, a fronte di 29.522 mammografie eseguite si

identificano 232 casi di carcinoma della mammella (0,8% ).

PRIMO PASSAGGIO

RISPONDENTI SU INVITATE

54 % MAMMOGRAFIA negativa sospetta 95,7% 4,3% approfondimenti diagnostici 3,3% 1,0% biopsie chirurgiche

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RISPONDENTI SU INVITATE

61 %

MAMMOGRAFIA negativa sospetta 96,1% 3,9 % approfondimenti diagnostici 3,3% 0,6 % biopsie chirurgiche controlli benigne carcinomi normali 0,1 % 0,5%

Sempre nell’esperienza fiorentina, la percentuale si riduce allo 0,5% nel secondo passaggio di screening

SECONDO PASSAGGIO

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1.6.8 INDICATORI PRECOCI DI EFFICACIA

Sulla base dei risultati degli studi clinici controllati finora condotti è ormai largamente

accettato che lo screening mammografico è efficace per ridurre la mortalità per causa.

Ciononostante quando si avvia un nuovo programma bisogna mettersi nelle condizioni di

poterlo valutare il più precocemente possibile.

Alcuni indicatori di processo consentono questo monitoraggio e la stima di riduzione della

mortalità che ci si prefigge e che ragionevolmente può essere raggiunta (17).

Tra essi il più importante insieme al tasso di partecipazione è il tasso di identificazione

(detection rate, DR), cioè il rapporto tra il numero di casi identificati al test di screening e il

numero di donne sottoposte al test (x 1000). Il DR mostra un trend con l’età ed è più elevato

al primo screening rispetto ai successivi per la presenza, in una popolazione mai screenata,

di forme di lunga storia naturale.

Il DR deve essere paragonato con il livello del tasso di incidenza dei tumori della mammella

che si sarebbe osservato nelle stesse donne in assenza di screening. In un programma

queste informazioni dovrebbero essere ottenute tramite stime storiche dell’ incidenza oppure

utilizzando stime desunte da aree geografiche vicine e comparabili.

Si ottiene così il rapporto tra prevalenza (cioè casi trovati in fase preclinica allo screening) e

incidenza attesa. Questo rapporto (P/I) aumenta anch’ esso con l’ età ed è considerato un

buon indicatore della anticipazione diagnostica raggiunta (vedi tabella seguente)

**tabella dei tassi di identificazione al primo passaggio di screening in alcuni studi, tratta da (18)

STUDIO ETA’ N. DI CASI DR P/I

HIP

TCS

UTRECHT

FIRENZE

40-64

40-4950-5960-69

50-5960-64

40-4445-4950-5960-69

55

40101190

6343

79

2739

2,93

2,154,639,08

6,209,51

0,782,444,558,77

1,30

1,953,094,59

2,953,80

0,762,513,144,82

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Alti importanti indicatori precoci di efficacia sono:

-il numero di cancri di intervallo nel primo anno dopo lo screening espresso come

proporzione in rapporto al numero di tumori attesi nella stessa popolazione in assenza di

screening come indicatore di sensibilità del programma. Per le donne in età compressa

tra i 50 e i 69 anni questo valore è indicativamente del 13%, 39% e 45% rispettivamente 1,2

e 3 anni dopo un test negativo.

-la proporzione di tumori non avanzati (stadi 0-1 ) tra i tumori identificati allo screening è

un buon indicatore di anticipazione diagnostica; si considera come standard almeno il

65%.

Una valutazione precoce del programma che consideri i tumori in stadio 0 e 1 come “non

avanzati” e i cancri diagnosticati in stadio 2 o più come “avanzati” può essere troppo

approssimata se la distribuzione per stadio della popolazione prima dello screening

presenta una elevata proporzione di tumori di piccole dimensioni (T in situ - T1).

In queste condizioni il sistema di registrazione deve definire la stadiazione dei tumori con

maggiore precisione, assicurando un’ alta qualità della lettura patologica. Data la definizione

di cancro avanzato, la riduzione del tasso di incidenza di tumori avanzati paragonati con il

tasso atteso in assenza di screening può essere un buon predittore dell’impatto del

programma.

1.6.9 PERFORMANCE TEST

Il principale obiettivo della mammografia come test di screening è l’ identificazione dei tumori

possibilmente in fase precoce. Il tasso di identificazione (DR) al primo screening detto di

prevalenza dipende dalla sensibilità del test e dal tempo medio di soggiorno nella cosiddetta

fase preclinica identificabile (19) Ai successivi screening, poiché i cancri con una più lunga

durata della fase preclinica dovrebbero essere stati identificati allo screening di prevalenza,

verranno diagnosticati solo “nuovi cancri”, con una più breve fase preclinica: gli screening

successivi al primo sono perciò chiamati di incidenza; la misura del tasso di identificazione

in questi casi è attesa come più bassa.

Il DR è una misura che aumenta con l’ età, sia perché l’ incidenza preclinica e clinica

aumenta con l’ età, sia perché la mammografia ha una più alta sensibilità nelle donne più

anziane. Il DR perciò dovrebbe essere analizzato utilizzando tassi specifici per le diverse

classi di età quinquennale (20).

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23

1.6.10 DISTRIBUZIONE PER STADI DEI CANCRI IDENTIFICATI ALLO SCREENING

Come già rilevato, l’ impatto dello screening dipende dalla capacità del test di identificare

precocemente il cancro ed è dimostrato che il diametro tumorale , il grado di malignità e l’

assetto linfonodale sono buoni predittori della prognosi.

La distribuzione dei fattori prognostici ottenuta in un programma di screening dovrebbe

essere comparata con la esperienza storica della popolazione prima dell’ inizio dello

screening stesso. Il diametro patologico del tumore è considerato come la più rilevante

caratteristica per la classificazione ed è necessario che questa informazione sia disponibile

in tutti i casi (o quasi).

1.6.11 “CANCRI DI INTERVALLO”

La definizione di “cancro di intervallo” dipende dalla struttura del programma di screening e

richiede che i cancri identificati clinicamente in donne sottoposte a screening siano riferiti al

tempo trascorso dall’ ultimo test negativo. Il verificarsi di un cancro di intervallo è di per sé un

“insuccesso” del programma di screening e può essere attribuito o alla bassa sensibilità del

test o al rapido sviluppo di un nuovo tumore.

In pratica lo sviluppo dei cancri di intervallo è il risultato di un compromesso tra la probabilità

di incidenza di nuovi tumori e i costi, non solo economici, ma anche psicologici e umani

correlati a un intervallo più breve tra due screening.

Quanto più corto è l’ intervallo tra test successivi, tanto maggiore è la probabilità di

individuare un nuovo tumore in fase precoce attraverso lo screening.

Attualmente, per il rapporto costi/efficacia, l’ intervallo è considerato favorevole se si imposta

lo screening con periodicità biennale per le donne sopra i 50 anni. In Gran Bretagna d’ altra

parte, per ragioni legate alla disponibilità di risorse, è stato adottato un intervallo di tre anni.

Peeters et al hanno presentato una revisione della casistica dei cancri di intervallo che si

sono verificati nel progetto di screening Olandese Nijmegen e proposto la seguente

classificazione.

- Cancri “persi” quando, rivedendo il mammogramma di screening, lo si considera sospetto.

Varie ragioni possono spiegare questa insufficienza della mammografia e in totale circa il

26% dei tumori erano di questo tipo;

- Tumori della mammella radiograficamente occulti al momento della diagnosi (15.7%); il

cancro non era evidente al test di screening ed è stato quindi diagnosticato clinicamente con

altre tecniche;

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- “veri” cancri di intervallo (58.2%) cioè cancri non identificabili al precedente

mammogramma anche sulla base di attenta revisione (21).

Un audit radiologico e clinico dei casi di intervallo è comunque importante per monitorare un

programma e modificarne la qualità. In particolare i cancri “persi” alle mammografie di

screening possono offrire una utile opportunità nella revisione di errori tecnici e

osservazionali, rappresentando comunque degli utili “eventi sentinella”.

Una stima del tasso di cancri di intervallo richiede un Registro tumori o un Registro

patologico che raccolga informazioni su tutti i cancri incidenti nella popolazione bersaglio. I

cancri diagnosticati nelle donne che abbiano un mammogramma clinico negativo dovrebbero

essere classificati in accordo al tempo dall’ultimo test negativo (6 mesi, primo anno, secondo

anno).

Negli anni successivi ad un test di screening considerato negativo ci si aspetta che si

verifichino pochi casi di tumore alla mammella nelle donne sottoposte al test.

Assumendo una sensibilità (puramente teorica) del 100% i casi dovrebbero essere solo

“nuovi casi” e tendere a riportare l’ incidenza osservata al livello di quella attesa in assenza di

screening nel corso di 5-6 anni.

E’ possibile quindi esprimere questo risultato, che è la conseguenza della anticipazione dei

casi ottenuta con lo screening e della sensibilità del test come rapporto fra i casi incidenti

osservati e l’ incidenza attesa in quella popolazione in assenza dello screening , cioè come

incidenza proporzionale al primo, secondo e terzo anno (22).

La registrazione dei tumori della mammella che si verificano dopo un test negativo è utile

anche per stimare la sensibilità del programma e il tempo di soggiorno medio in fase

preclinica (23,24).

1.6.12 SPECIFICITA’

Per definizione, una mammografia di screening non è un test diagnostico e le donne devono

talora essere richiamate per ulteriori accertamenti.

Il richiamo per accertamenti di donne che, al termine della verifica diagnostica siano

considerate negative, i cosiddetti “falsi positivi” mammografici, può determinare effetti

psicologici negativi .

D’altra parte, un’alta sensibilità ottenuta in un programma, da un lato evita i falsi negativi ma

dall’altro potrebbe essere ottenuta con una frequenza troppo elevata di falsi positivi, cioè di

donne che vivono l’ esperienza di un sospetto mammografico di tumore.

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25

Nel programma nazionale inglese al suo inizio, il 10% dei richiami era considerato una

standard accettato.

Sulla base dell’ esperienza acquisita oggi dai radiologi, il 5% è considerato più accettabile; il

programma avviato a Firenze nel 1990 dove si usa una mammografia a doppia proiezione,

ha un tasso di richiamo del 4,6%.

1.6.13 VALORE PREDITTIVO POSITIVO DEL TEST

Il valore predittivo positivo (PPV+) del test è una misura della adeguatezza del test in quanto

stima la proporzione di donne trovate con tumore della mammella tra le donne che,

sottoposte a mammografia, vengono richiamate per accertamenti.

La valutazione del processo diagnostico dovrebbe considerare le differenti procedure

diagnostiche necessarie per raggiungere la diagnosi (ecografia, biopsia chirurgica,

agoaspirazione) e può essere stimato un PPV+ specifico per ciascuna procedura.

I criteri per valutare la “performance” di un test di screening sono stati recentemente rivisti e

proposti da Verbeek ed altri (25). In ogni caso, è importante un audit radiologico e medico

nel contesto di un sistema di Valutazione e Revisione di Qualità. Il controllo di qualità del test

e del programma diagnostico dovrebbero essere organizzati localmente e essere oggetto di

un processo di formazione e aggiornamento permanenti.

1.7 L’ASSICURAZIONE DI QUALITA’

Secondo la definizione dell’ OMS l’ assicurazione di qualità consiste in tutte le azioni

pianificate e sistematiche necessarie a fornire una adeguata garanzia che una struttura, un

sistema o un suo componente fornisca prestazioni di servizio soddisfacenti (ISO 6215-1980).

La prestazione soddisfacente di servizio implica una qualità ottimale dell’ intero processo

diagnostico, cioè la produzione costante di adeguate informazioni diagnostiche con una

esposizione minima sia dei pazienti che del personale.

Da questa definizione si comprende che i controlli di qualità devono essere applicati a tutte

le varie fasi della procedura di screening, dalle procedure di reclutamento e invito della

popolazione target alla esecuzione del test di screening e degli esami di approfondimento e

alla applicazione di protocolli di terapia e follow-up adeguati nei casi risultati positivi allo

screening.

Recentemente il programma “Europa contro il cancro” ha pubblicato le Linee Guida Europee

per la Assicurazione di qualità nello screening mammografico in cui si sottolinea che non

dovrebbe essere intrapreso alcun programma di screening senza averne stabilito

chiaramente gli obiettivi, o se non si dispone di personale adeguatamente formato e di un

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26

programma di Assicurazione di Qualità adeguato (26). In questa sede si ricorda che gli

obiettivi di un programma di screening sono :

- Identificare e invitare le donne eleggibili allo screening mammografico;

- Eseguire la mammografia in un’ elevata percentuale dei soggetti che sono stati invitati ;

- Garantire che si esegua un esame mammografico della più alta qualità possibile e che i film

siano letti da personale dotato di formazione adeguata e di provata esperienza in materia;

- Fornire servizi accettabili a chi li riceve;

- Seguire tutti i soggetti richiamati per ulteriori esami;

- Minimizzare gli effetti sgradevoli dello screening, in particolare l’ansia, l’ esposizione alle

radiazioni e le indagini non necessarie;

- Diagnosticare i tumori con la massima accuratezza;

- Collaborare ed eseguire il lavoro di ricerca;

- Fare il miglior uso possibile delle risorse disponibili, a vantaggio dell’ intera popolazione;

- Consentire alle persone che lavorano nel programma di screening di migliorare le proprie

competenze e capacità professionali;

- Incoraggiare la fornitura di terapie efficaci e accettabili, che abbiano gli effetti collaterali

minimi sia da un punto di vista psicologico che funzionale;

- Valutare regolarmente il servizio e fornire le opportune informazioni di ritorno alla

popolazione interessata.

In Italia all’ interno del G.I.S.Ma. gruppi di lavoro per disciplina stanno emanando

raccomandazioni specifiche e sono in corso programmi di “quality assurance” finanziati dalla

comunità europea sugli aspetti radiologici, epidemiologici e sul trattamento. Riprendendo

concetti già espressi in modo descrittivo nel paragrafo precedente, analizziamo

puntualmente gli aspetti del controllo di qualità.

1.7.1 Aspetti clinici

Per quanto riguarda gli aspetti clinici si dovrà monitorare la modalità di esecuzione del test di

screening (radiologo) l’ esecuzione degli approfondimenti (radiologo e clinico) all’

effettuazione della diagnosi istopatologica (patologo) e somministrazione del trattamento

adeguato (chirurgo, oncologo, radioterapista) nei casi accertati dai programmi di screening.

Per il radiologo che effettua la lettura dello screening, il primo indicatore di qualità è il tasso

di richiamo per successivi approfondimenti che determinano una ingiustificata ansia nelle

donne richiamate per alterazioni falsamente positive e incidono sensibilmente sui costi

complessivi del programma di screening.

Come indicato nelle linee guida della Commissione Europea (27) si raccomanda di

rispettare i seguenti indicatori:

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27

1 Tasso di richiami al primo passaggio di screening inferiore al 5 % e quello ai successivi

passaggi inferiore al 2-3 %;

2 Numero di carcinomi di intervallo (che si verificano nell'intervallo tra una mammografia e

l'altra) registrato nei 12 mesi successivi alla esecuzione del test di screening inferiore a

6/10.000 donne esaminate;

3 Numero di tumori accertati al primo passaggio ed ai successivi rispettivamente almeno 3

volte e almeno 1,5 volte il tasso di incidenza atteso di quella popolazione (tasso grezzo di

carcinomi accertati);

4 Numero di carcinomi accertati dallo screening inferiori ai 10 mm. di diametro (misurato dal

patologo) pari ad almeno 15/10.000 donne esaminate (tasso di accertamento dei tumori di

piccole dimensioni);

5 Rapporto tra biopsie benigne e maligne inferiore a 3:1 (tale parametro dovrebbe essere

aggiornato ad almeno 1:1, sulla base di quanto è stato dimostrato realizzabile anche in Italia

in anni recenti) e possibilmente < 0.6:1;

6 Valore predittivo della raccomandazione alla biopsia, che nello screening iniziale dovrebbe

essere almeno del 50% per poi aumentare negli esami successivi.

1.7.2 Aspetti patologici

La patologia è uno dei settori tecnici del programma di screening in cui la qualità dei servizi

può essere valutata.

Il successo di in programma di screening per il carcinoma mammario dipende

evidentemente in larga misura dalla qualità dell’ input patologico. Gli obiettivi di un

programma di controllo della qualità in patologia sono:

- Accertare le lesioni che causano la anormalità rilevata dalla mammografia nel preparato

- Migliorare l’identificazione delle lesioni che producono anormalità mammografiche

- Fornire diagnosi istologiche affidabili

- Migliorare la affidabilità delle diagnosi

- Indicare il probabile comportamento delle lesioni accertate

- Migliorare la qualità delle informazioni prognostiche nel referto istologico

- Minimizzare il numero di operazioni chirurgiche non necessarie

- Aumentare al massimo il numero di persone per le quali è possibile effettuare una

diagnosi accurata senza ricorrere a biopsie a cielo aperto

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28

1.7.3 Controllo di qualità (CQ) dell’approfondimento diagnostico.

Come per il test di screening tutti i test impiegati nell’approfondimento devono sottostare a

controllo di qualità periodico, in particolare la citologia (28). Sia per la citologia standard che

per quella stereotassica o ecoguidata è opportuno il controllo periodico di:

- tasso di inadeguati

- sensibilità

- valore predittivo.

L’accuratezza dell’intero complesso del test di approfondimento deve essere valutata in base

ad un parametro fondamentale: il valore predittivo positivo dell’invio a biopsia chirurgica, in

genere superiore al 50%, anche esprimibile come rapporto tra biopsie benigne e maligne

(B/M) in genere < 1 (29,30). Dato il detection rate di cancro atteso il tasso globale di biopsie

dovrà essere dell’1,5% o inferiore. Il mancato raggiungimento degli standard di qualità

impone una revisione del processo per l’identificazione e la correzione degli errori di

impostazione.

1.7.4 Aspetti organizzativi

Un programma di screening deve essere organizzato in modo da consentire valutazioni e

produzione di indicatori per il monitoraggio di tutta l'attività. Pertanto si ritiene opportuno

disporre di:

- un registro di popolazione computerizzato completo ed accurato, possibilmente incrociato

con le liste degli assistiti per conoscere il medico di ciascuna donna che può collaborare al

programma firmando anche la lettera di invito

- un sistema automatizzato di invito e reinvito per le non rispondenti alla prima chiamata

- un controllo che i casi selezionati dal test di screening eseguano approfondimenti necessari

(follow up) .

Quindi il programma di controllo di qualità dovrà verificare l’accuratezza delle liste, verificare

che gli indirizzi siano corretti e che l’invito arrivi a destinazione in tempo utile, che siano

rispettati ragionevoli tempi per la consegna della risposta e per i richiami di

approfondimento.

1.7.5 Struttura e sorveglianza del CQ

Il miglior modo di realizzare la sorveglianza di un programma di CQ consiste nell’ottenere

l’aiuto di qualche ente esterno qualificato sul piano nazionale.

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29

Si è visto che l’organizzazione di visite riservate al personale ad altri centri di screening

risulta vantaggiosa ai fini del mantenimento della qualità. E’ anche utile ricevere

occasionalmente visite da parte di esperti qualificati di altri centri importanti o di un centro di

riferimento.

Ciò premesso, alcuni strumenti per monitorare la qualità delle prestazioni sono:

Duplice lettura

E’ altamente auspicabile che i mammogrammi realizzati nell’ ambito dello screening siano

letti da due radiologi indipendentemente e questi devono essere in grado di ricavare dalle

cartelle di screening i dati utili a valutare le prestazioni dei singoli radiologi. Queste cartelle

devono, ovviamente, essere coperte dal debito riserbo professionale.

Revisione interna

Ciascun Centro di screening/approfondimento dovrebbe organizzare riunioni locali a

scadenze regolari per passare in rassegna i risultati dei programmi di screening e per

riesaminare in dettaglio i film relativi a :

- tumori accertati in fase precoce;

- tumori accertati nell’intervallo tra due test di screening (tumori di intervallo);

- tumori in fase precoce non rilevati da uno o da più radiologi incaricati della lettura dei film.

Riunioni di revisione

Su base più ampia, dovrebbero essere organizzate riunioni regolari per verificare le

prestazioni dei radiologi e affrontare problemi quali quelli sopra indicati, nell’ambito di

riunioni locali, nonchè altri argomenti relativi agli aspetti radiologici del programma di CQ

cioè i risultati degli esami con ultrasuoni o degli esami citologici stereotassici con

aspirazione ad ago sottile.

Procedure di approfondimento (Assessment)

I risultati delle indagini di approfondimento nei casi con anormalità rilevate al test di

screening devono essere verificati con grande attenzione e i relativi risultati devono essere

registrati. Gli obiettivi e le misure sono indicati di seguito.

OBIETTIVO MISURAZIONE

1. Minimizzare il numero di donne invitate ad Eseguire ulteriori test senza che ve ne sia di fatto la necessità

2. Minimizzare il numero di tumori non rilevati dal

test di screening nelle donne sottoposte a

Casi rinviati ad approfondimento Il numero di tumori invasivi presenti nelle donne sottoposte a screening nei 12 mesi successivi al

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30

screening 3. Aumentare al massimo il numero dei casi di

tumore accerta 4. Aumentare al massimo il numero dei tumori di

piccole dimensioni rilevati 5. Ridurre al minimo il numero di procedure

invasive non necessarie.

primo passaggio. Il numero di carcinomi infiltranti accertati nelle donne invitate ed esaminate al primo passaggio di screening. I numeri possono variare a seconda dell’incidenza nazionale Numero di carcinomi infiltranti ≤ 10 mm di diametro, misurazione patologica, rilevati nelle donne esaminate al 1° passaggio di screening. Rapporto tra biopsie benigne e maligne.

1.8. VALUTAZIONE FINALE La valutazione di un programma di screening nei termini di riduzione della mortalità richiede

diversi anni e una adeguata numerosità. La registrazione della data di incidenza e delle

modalità di individuazione di tutti i casi nella popolazione bersaglio è comunque

fondamentale per ogni futura valutazione. La valutazione finale può essere fatta attraverso la

comparazione della mortalità attesa in assenza di screening con quella osservata o usando

un approccio di tipo caso-controllo che produce una stima del rapporto tra la mortalità delle

donne esaminate e quella delle non-partecipanti. Questo ultimo tipo di studio può essere

distorto se la popolazione partecipante è selezionata sulla base di fattori correlati alla

probabilità di morire per tumore della mammella e l’analisi non è aggiustata per fattori

confondenti (31,32).

MISURE COMMENTI INFORMAZIONI ADDIZIONALI NECESSARIE

TIPO DI VALUTAZIONE

Tasso di partecipazione

Validazione della lista di popolazione

Identificazione della non partecipazione effettiva

Indica la potenziale efficacia pratica del programma nel suo complesso

Tasso di prevalenza allo screening iniziale

Espresso come multiplo del tasso di incidenza atteso nelle donne sottoposte allo screening

Tassi di incidenza nelle non partecipanti ed in un gruppo comparabile non sottoposto a screening , tassi storici

Fornisce stime di sensibilità, anticipazione diagnostica, tempo medio di soggiorno, valore predittivo

Tassi di cancro di intervallo

Proporzione del tasso di incidenza attesa nelle donne sottoposte a screening per tempo

Identificazione accurata dei cancri di intervallo e calcolo dei tassi di incidenza addizionale

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31

dall’ultimo test negativo

Distribuzione dei cancri identificati allo screening per stadio

Comparata alla distribuzione per stadio in assenza di screening

Distribuzione dei non partecipanti e nella popolazione totale prima dell’avvio del programma

Indica la riduzione potenziale del tasso di tumori avanzati

Tasso di cancri avanzati

Necessità di una definizione di cancro avanzato facilmente utilizzabile (diametro)

Informazioni sullo stadio (o diametro) sono necessarie per i non partecipanti e su serie storiche

E’ un precoce surrogato della mortalità

Tasso di mortalità per tumore della mammella

Morti per causa in rapporto alla data di diagnosi

Valutazione finale

Tratta da (33)

PARTE 2.

LA REALIZZAZIONE DELLO SCREENING NELL' A.S.L. DI MANTOVA

Abbiamo riunito in questo capitolo alcune informazioni di base attualmente disponibili ed utili

sia per inquadrare il fenomeno e la sua entità nella nostra provincia sia per valutare l’

impegno organizzativo necessario a realizzare lo screening.

2.1 LA MORTALITA' PER TUMORE ALLA MAMMELLA Nella tabella sottoesposta sono raccolti i dati di mortalità desunti dal Registro di mortalità

dell' A.S.L. di Mantova relativi al periodo 1995-97 suddivisi per classi quinquennali di età per

un totale di 252 casi.

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32

Il calcolo dei tassi specifici per età ed il loro raffronto con i dati riportati dai Registri Tumori

del Nord e Centro Italia relativi al periodo 1988-1992, i più recenti disponibili attualmente,

mostrano una sostanziale somiglianza non evidenziando alcun scostamento significativo né

in senso negativo che positivo così come evidenziata nella tabella sopra riportata.

MORTALITA' PER TUMORE ALLA MAMMELLA IN PROVINCIA DI MANTOVA - TRIENNIO 1995-1997

0 0 02

20

38

59

64

59

10

00

10

20

30

40

50

60

70

0-9 10-19 20-29 30-39 40-49 50-59 60-69 70-79 80-89 90-99 100 e +

CLASSI DI ETA

N. M

OR

TI

N. MORTI

ANDAMENTO DELLA MORTALITA' PER TUMORE ALLA MAMMELLA DAI 25 AI 79 ANNI IN ALCUNI REGISTRI TUMORI (92-94) E NEL REGISTRO MORTALITA' DI MANTOVA (95-97)

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

120,0

140,0

160,0

25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79

CLASSI DI ETA'

TA

SS

I x

1000

DO

NN

E

TORINO GENOVA VARESE VENETO PARMA MODENA FERRARA ROMAGNA FIRENZE MANTOVA

eta' screening

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33

Anche il confronto con i dati di Mortalità dell’ Italia riferiti all’ anno 1994, non mostra

apprezzabili differenze.

La scomposizione dei dati per i diversi distretti dell' A.S.L. di Mantova mostra alcune

differenze all' interno del territorio provinciale che sembrano assegnare un tasso più elevato

alla fascia centrale del territorio con un minimo per il Distretto di Suzzara.

Queste differenze tuttavia non assumono significatività statistica

2.2. INCIDENZA DI TUMORI ALLA MAMMELLA

In mancanza del Registro Tumori in Provincia di Mantova, abbiamo raccolto i dati relativi ai

ricoveri effettuati da residenti in provincia di Mantova nel triennio 1996-98 con diagnosi

principale di tumore alla mammella ed abbiamo preso in considerazione tra tutti i ricoveri

quelli per i quali risultava effettuato un intervento chirurgico alla mammella.

Questo dato, che possiamo ritenere con tutti i suoi limiti la miglior stima possibile al

momento attuale della incidenza di questa patologia in provincia di Mantova, è stato

confrontato con i tassi specifici per età di incidenza di tumore maligno alla mammella riportati

dai medesimi Registri Tumori utilizzati per la mortalità.

I tassi di incidenza di intervento nella Provincia di Mantova risultano più alti in quanto il dato

approssima l' incidenza effettiva per eccesso; ciò a causa di alcuni tipi di intervento

MORTALITA' PER TUMORI ALLA MAMMELLA distretti della provincia di Mantova, triennio 1995-1997

(totale casi 252)

-0,80

-0,60

-0,40

-0,20

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

ASOLA

GUIDIZZOLO

MANTO

VA

OSTIGLIA

SUZZ

ARA

VIADANA

rap

po

rti s

tan

dar

diz

zati

di m

ort

alit

à

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34

chirurgico necessariamente ricompresi nel numero e di una probabile presenza di una

imperfetta eliminazione dei casi di reintervento.

Nel complesso i dati, pur con le dovute cautele in ragione di quanto sopra esposto,

sembrano anche in questo caso evidenziare una incidenza nel territorio provinciale

sostanzialmente simile a quella del resto del Nord Italia con una corrispondenza accentuata

con i dati relativi ai Registri Tumori geograficamente contigui (Modena, Parma, Ferrara ).

E' opportuno sottolineare anche come i dati esposti segnalino l' innalzarsi sensibile dei tassi

già a partire dal quinquennio 45-50 anni, una età cioè precedente a quella indicata come

inizio dello screening ( 50 anni ).

Nella tabella successiva sono riportati i dati relativi alla fascia di età più significativa per

questa patologia (25-80 anni)

2.3 IL RICORSO ALLA MAMMOGRAFIA

Già attualmente, grazie anche alla cospicua sensibilizzazione avvenuta in questi anni tra le

donne nei confronti di questa forma tumorale, assistiamo ad un ricorso abbastanza diffuso

alla esecuzione di mammografie nella popolazione anche nella provincia di Mantova.

Per quanto riguarda questo fenomeno, è possibile allo stato attuale raccogliere i dati relativi

alle prestazioni ambulatoriali mammografiche effettuate sulla popolazione.

TASSI X 100.000 DONNE PER ETA' DA 25 A 80 ANNI DI INCIDENZA DEL TUMORE ALLA MAMMELLANEI REGISTRI TUMORI ( ANNI 88-92)

E DATI DI INTERVENTO CHIRURGICO ALLA MAMMELLAIN PROVINCIA DI MANTOVA (ANNI 96-98)

0,0

50,0

100,0

150,0

200,0

250,0

300,0

350,0

400,0

25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79

CLASSI DI ETA'

TASSI X100.000

TORINO GENOVA VARESE VENETO PARMA MODENA FERRARA ROMAGNA FIRENZE MANTOVA

ETA' SCREENING

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35

Purtroppo sono disponibili solamente i dati riguardanti le strutture ospedaliere ed

ambulatoriali pubbliche presenti nel territorio e facenti riferimento alla Azienda Ospedaliera

Poma con i suoi 5 Presidi: Mantova, Asola, Castiglione-Volta, Ostiglia, Suzzara.

Non sono disponibili gli esami effettuati presso strutture private (e pertanto i dati appaiono

sottostimati) né quelli riferiti all' Ospedale Oglio Po, che pur appartenendo all' Azienda

Ospedaliera di Cremona, serve di fatto gran parte del territorio del Distretto di Viadana dell'

A.S.L. di Mantova, che pertanto è stato escluso necessariamente dalla valutazione.

Pur con questi limiti, i dati esposti rappresentano con sufficiente chiarezza il fenomeno.

Si osserva con evidenza come il ricorso alla mammografia sia abbastanza frequente nelle

fasce più giovanili dell' età a rischio, sino ai 60 anni, per poi scemare notevolmente nelle età

superiori.

E' possibile apprezzare anche una notevole differenza tra la fascia più bassa della provincia,

ove il ricorso è largamente superiore, e le altre zone ove esso è via via inferiore, con un

minimo nel Distretto di Guidizzolo, per il quale tuttavia è possibile ipotizzare una sottostima

legata alla vicinanza di altre strutture sanitarie, non ricomprese nei dati ed alle quali è

possibile che sia ricorsa parte della popolazione per questo tipo di prestazioni.

MAMMOGRAFIE ESEGUITE NEL 1998 PRESSO AZ. OSPEDALIERA POMA TASSI PER 1000 ABITANTI PER CLASSI QUINQUENNALI DI ETA'

NEI DIVERSI DISTRETTI ( ESCLUSO VIADANA)

0

50

100

150

200

250

300

350

0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90-94 95-99 100 e+

CLASSI DI ETA'

TAS

SI X

100

0 D

ON

NE

ASOLA GUIDIZZOLO MANTOVA OSTIGLIA SUZZARA ASL MANTOVA

ETA' SCREENING

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36

Sulla base di questi dati abbiamo cercato altresì di evidenziare nel grafico seguente i

possibili tassi attuali di copertura della popolazione con mammografia biennale, con

particolare riguardo per le fasce di età che dovranno rientrare nello screening ed a quelle

immediatamente superiori ed inferiori.

Sebbene si tratti di una stima di larga massima, che risente delle inesattezze ed

incompletezze prima elencate e della impossibilità di valutare tra i dati raccolti quelli riferiti a

soggetti che hanno ricorso con maggiore frequenza alla mammografia rispetto alla scadenza

biennale prevista dallo screening, i dati raccolti evidenziano abbastanza bene la base di

partenza di questo screening in provincia ed il differente ricorso nelle diverse zone.

Nelle tre tabelle successive sono riportate altre informazioni utili alla organizzazione dello

screening nell' ASL di Mantova:

- Distribuzione delle mammografie effettuate presso i diversi presidi dell' A.O. Poma

suddivise per le fasce di età concernenti lo screening.

- Distribuzione per fasce di ertà della popolazione totale da sottoporre a screening nella

provincia

- Distribuzione della numerosità delle donne da sottoporre a screening nei diversi distretti

dell' ASL di Mantova.

COPERTURE ATTUALI APPROSSIMATIVE DELLA POPOLAZIONE FEMMINILEDELLE FASCE DI Età A MAGGIORE RISCHIO CON ESAME MAMMOGRAFICO BIENNALE

TASSI BIENNALI X 1000 DONNE (STIMA SU DATI 1998 AZ. OSP. POMA)

0,0

100,0

200,0

300,0

400,0

500,0

600,0

700,0

40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74

CLASSI DI ETA'

TAS

SI X

100

0 D

ON

NE

ASOLA GUIDIZZOLO MANTOVA OSTIGLIA SUZZARA ASL MANTOVA

ETA' SCREEENING

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37

NUMEROSITA' APPROSSIMATIVA PER ETA' DELLA POPOLAZIONE FEMMINILE DA SOTTOPORRE A SCREENING

2262

2479 24732348 2338

24522532

2236

2442

2664 2622 2604

23672270 2289

2205

1891

2833 28502751

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

70 69 68 67 66 65 64 63 62 61 60 59 58 57 56 55 54 53 52 51

ETA'

NU

ME

RO

MAMMOGRAFIE 1998numero mammografie eseguite presso Az. Ospedaliera "Poma"suddivise per presidi e per fasce di età - valori assoluti

POMA ASOLA CASTIGLIONE PIEVE SUZZARAeta' pre screeening 1078 318 277 697 497eta' screening 2987 792 619 1537 1158eta' post screening 347 89 62 248 127totale 4412 1199 958 2482 1782

numero mammografie eseguite presso Az. Ospedaliera "Poma"suddivise per presidi e per fasce di età - percentuali

POMA ASOLA CASTIGLIONE PIEVE SUZZARAeta' pre screeening 24,4 26,5 28,9 28,1 27,9eta' screening 67,7 66,1 64,6 61,9 65,0eta' post screening 7,9 7,4 6,5 10,0 7,1

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Nell' ultima tabella riportata abbiamo cercato di stimare approssimativamente, sulla scorta

dei dati disponibili quale possa essere l' ulteriore carico di lavoro ricadente sulle strutture dell'

Azienda Ospedaliera Poma qualora lo screening venisse effettuato con l' utilizzo unicamente

di tale struttura.

Nella valutazione abbiamo ritenuto di individuare sia il carico teorico necessario alla

copertura del 100% della fascia di popolazione interessata sia quello più ragionevole ma

comunque necessario per una efficace attività di screening del 70% di copertura della

popolazione da raggiungere in un lasso di tempo di 3 anni dall' inizio dello screening.

NUMERO DI DONNE DA SOTTOPORRE A SCREENING IN CIASCUN DISTRETTO (TOTALE A.S.L. DI MANTOVA =48908)

4066

6403

20305

6250

6162

5722

ASOLA

GUIDIZZOLO

MANTOVA

VIADANA

SUZZARA

OSTIGLIA

STIMA DI MASSIMA DELL' ULTERIORE CARICO DI LAVORO PREVEDIBILE PER REALIZZARE LO SCREENINGED INCREMENTI DI PRODUTTIVITA' NELL' IPOTESI DI REALIZZAZIONE CON L' AZIENDA OSPEDALIERA POMA

DISTRETTI

TOTALEmammografie

nel 1998

POPOLAZIONETARGET

SCREENINGMAMMOGRAFIE

ANNUE TEORICHE

DIFF. ANNUARISPETTO ALL'

ATTUALE

INCREMENTOTEORICO(1998=100)

MAMMOGRAFIE PERRAGGIUNGERE

OBIETTIVO DEL 70%

DIFFERENZARISPETTO ALL'

ATTUALE

OBIETTIVO DEL70% DI ADESIONE

( in 3 anni)ASOLA 799 4066 2033 1234 254,4 1423,1 624,1 178,1GUIDIZZOLO 649 6403 3201,5 2552,5 493,3 2241,1 1592,1 345,3MANTOVA 2842 20305 10152,5 7310,5 357,2 7106,8 4264,8 250,1OSTIGLIA 1458 6250 3125 1667 214,3 2187,5 729,5 150,0SUZZARA 1121 6162 3081 1960 274,8 2156,7 1035,7 192,4VIADANA 45 5722 non dispon.

A.S.L. MN 6869 48908 21593 14724 314,4 15115,1 8246,1 220,0

MAMMOGRAFIE TOTALI ESEGUITE NEL 1998 = 10833

INCREMENTO SULLA PRODUTTIVITA' COMPLESSIVA 176,1

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39

2.4 Requisiti minimi per iniziare l’attività di screening mammografico

La documentata rilevanza clinica della malattia e l’input che viene dal P.O.R. per il triennio

1999-2001 di considerare lo screening mammografico tra i progetti di diagnosi precoce da

perseguire in maniera prioritaria impongono di definire alcuni requisiti minimi di attuazione.

Ciò che sinteticamente viene riportato si ispira a documenti di consenso nazionali ed

europei, di cui è stata fatta una revisione ad hoc precedentemente illustrata. Pertanto, in

accordo con le Linee Guida Europee e Italiane e con i le norme emesse dal GISMa (Gruppo

Italiano Screening Mammografico)sono definiti i seguenti parametri per uno screening

mammografico per la Provincia di Mantova:

2.4.1 Popolazione bersaglio

La popolazione bersaglio è costituita da tutte le donne di età compresa tra i 50-69 anni

iscritte all’anagrafe degli assistiti dell’ASL di Mantova, che ammonta a 48.908 unità, come

descritto nel grafico a torta precedente.

2.4.2 Inviti

Gli inviti sono da recapitare per lettera, con l’indicazione di un appuntamento prefissato e del

numero telefonico, facilmente accessibile, cui rivolgersi per modificare l’appuntamento.

Nell’archivio dello screening deve rimanere memoria della data di appuntamento, per

pianificare interventi mirati su popolazione non rispondente. La popolazione da sottoporre

allo screening, 48.908 donne tra 50-69 anni, verrà invitata tutta almeno una volta nell’arco di

due anni ( circa 2.040 inviti al mese). L’adesione all’invito è prevedibile possa raggiungere

almeno il 50% il primo anno e superare il 60% nel secondo anno.

2.4.3 Test di screening

Il test di screening è unicamente la mammografia a due proiezioni (obliqua medio-laterale e

cranio-caudale). L’esecuzione dei test deve avvenire unicamente nel/nei Centri previsti dal

progetto di screening, siano esse strutture fisse e/o mobili. Suddette strutture devono essere

di facile accesso per la popolazione e dotate di requisiti di qualità normati dalla legge

vigente e dalle linee guida emanate nel nostro Paese.

2.4.4 Intervallo tra test

L’intervallo tra due test di screening è di due anni, per cui il round di screening è biennale:

tutte le donne target vengono invitate almeno 1 volta ogni due anni.

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40

2.4.5 Lettura del test

Almeno la lettura delle mammografie deve essere centralizzata per garantire volumi di lavoro

sufficienti a mantenere la necessaria qualità e, se possibile, è da eseguire in doppio da

radiologi esperti. La refertazione consiste nell’indicare uno dei seguenti esiti:

a. negativo

b. negativo, richiamo per sintomi (in base all’anamnesi)

c. negativo, richiamo per motivi tecnici

d. positivo o sospetto per cancro, necessita di approfondimento

e. inadeguato, da ripetere

Le donne con esito negativo per entrambi i lettori ricevono una lettera standardizzata nella

quale si raccomanda di interpellare comunque il medico in caso di sintomi prima del

successivo invito che risulta già fissato (mese, anno)

Se invece almeno uno dei lettori indica il richiamo la donna viene contattata telefonicamente

da personale qualificato, avendo cura di aspetti psicologici e di comunicazione. La

percentuale di richiami e la compliance ad essi devono mantenersi nei limiti indicati in

letteratura.

L’approfondimento diagnostico deve avvenire unicamente nel Centro previsto dal progetto di

screening. Esso include sempre l’esame clinico e, a seconda delle indicazioni del radiologo

responsabile dell’approfondimento, devono poter essere effettuati ingrandimenti

mammografici con mammografo dotato di microfuoco, ecografie con sonde a frequenza non

inferiore a 7.5 MHz, prelievo mirato su guida clinica, ecografica o stereotassica. La o le

lesioni di approfondimento devono concludersi con un’ipotesi diagnostica e con una

raccomandazione finale espressa in questi termini:

- controllo a due anni (protocollo di screening

- controllo mammografico anticipato

- biopsia chirurgica

- intervento chirurgico o altra terapia

-

Le percentuali delle singole categorie diagnostiche devono mantenersi entro i limiti indicati

dalla letteratura, così come per ciascuna delle categorie deve essere definita la procedura

seguente.

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41

2.4.6 Esami di approfondimento diagnostico (II^ Livello)

Costituisce un requisito minimo essenziale la disponibilità di un’unità diagnostica ove

svolgere le procedure di approfondimento diagnostico nelle donne con mammografia di

screening sospetta o positiva. Deve essere possibile svolgere nello stesso luogo ed in

un’unica seduta esame clinico, approfondimenti radiologici, ecografia, agoaspirato a

seconda delle necessità.

E’ essenziale che tale unità diagnostica sia unica per tutte le donne screenate nell'ASL per

ottenere volumi di lavoro che garantiscano criteri di qualità. Si deve prevedere che per le

donne screenate siano previste sedute apposite e separate da quelle rivolte alle donne

sintomatiche.

Gli esami di approfondimento devono essere fatti dal radiologo che ha refertato la

mammografia di screening.

2.4.7 Trattamento dei casi

L’organizzazione dello screening deve offrire alla donna risultata positiva la garanzia del

trattamento terapeutico e del follow-up. La procedura di screening non deve terminare con

l’atto diagnostico, ma deve prevedere la “presa in carico” della paziente, anche in

considerazione della programmazione di esami senologici ad intervalli ravvicinati da attuare

in caso di soggetti a maggior rischio.

Risulta pertanto evidente la necessità di coordinare l’attività integrata di più ambiti

specialistici appartenenti al dipartimento oncologico dell’Azienda Ospedaliera.

2.4.8 Valutazione interdisciplinare pre-operatoria

E’ comunemente accettato che in patologia mammaria l’approccio interdisciplinare sia di

fondamentale importanza, specie prima della decisione terapeutica.

Durante il consulto tra radiologo, chirurgo e oncologo, sulla scorta degli esami di

approfondimento effettuati, vengono discusse le diverse opzioni terapeutiche in modo da

presentare alla paziente la più praticabile.

2.4.9 Controllo dei cancri d’intervallo

Poiché i cancri d’intervallo rappresentano un evento sentinella per lo screening, il personale

addetto all’attività di gestione dello screening dovrà essere posto nelle condizioni di poterli

rilevare in tempo reale, identificare nominalmente per studiarne a ritroso l’iter diagnostico.

Si definisce cancro d’intervallo un tumore maligno diagnosticato ad una donna in screening

entro due anni dall’ultimo esame mammografico risultato negativo.

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42

E’ necessario controllare questi eventi per consentire la valutazione periodica dei falsi

negativi, il riesame dei singoli casi e la valutazione dei motivi di eventuale errore diagnostico.

Pertanto, non esistendo ad oggi un Registro Tumori provinciale funzionante deve essere

prevista una rilevazione attiva di casi di cancro della mammella istologicamente confermato.

La fonte principale per il controllo dei casi è senz’altro l’archivio dell’anatomia patologica alla

quale possono afferire esami citologici da agoaspirato mammario, biopsie e pezzi operatori.

Per risalire poi alle notizie cliniche delle mantovane operate al seno extra Provincia si può

impiegare l’anagrafe dei ricoveri della Regione Lombardia.

Come infatti è desumibile dal grafico precedentemente riportato, i dati recuperabili da

questa fonte sono buoni stimatori dell’incidenza del tumore alla mammella.

2.4.10 Procedure di reclutamento della popolazione

E’ da prevedere la costruzione di un data-base per l’archiviazione dei dati di ogni donna in

età da screening. Mutuando dall’esperienza ormai consolidata dello screening

cervicovaginale, si adotterà come base di reclutamento l’anagrafe aggiornata degli assistiti.

Nell’archivio computerizzato saranno contenute informazioni anagrafiche, anamnestiche e di

risultato del test. Sulla scorta di queste informazioni sarà possibile controllare le responder, le

non responder e le depistate ad approfondimento diagnostico.

Risulta pertanto indeclinabile la necessità di collegamenti in rete tra l’ASL che gestisce la

parte organizzativa e valutativa dello screening e le strutture afferenti al dipartimento

oncologico dell’Azienda Ospedale Poma (Radiologia, Anatomia Patologica, Oncologia,

Chirurgia).

2.4.11 Procedure di controllo della qualità

Sono previsti controlli di qualità che interessano tutte le fasi del programma di screening. Per

quanto riguarda l’esecuzione dell’esame mammografico e la qualità dell’immagine, risultano

attentamente monitorati sia gli aspetti propriamente tecnici come ad esempio il controllo

delle apparecchiature mammografiche e del trattamento delle pellicole, che il corretto

posizionamento della donna durante l’esame.

Gli esami mammografici vengono interpretati possibilmente mediante doppia lettura da due

radiologi che hanno formazione specifica in ambito di screening.

I casi con diagnosi dubbia o dove si verifichi una discordanza tra lettori devono essere

riesaminati nel corso di appositi incontri. Il controllo di qualità degli aspetti clinici del

programma prevede inoltre che il radiologo abbia periodiche informazioni di ritorno sui casi

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falsi negativi e/o falsi positivi, dovuti ad errata interpretazione dei radiogrammi. A tal fine è

prevista un’attenta analisi dei carcinomi di intervallo.

La revisione si effettua collegialmente dai radiologi impegnati nello screening e comprende

anche i casi diagnosticati nei controlli successivi al primo. I risultati del programma vengono

analizzati e confrontati con gli standards già stabiliti in sede nazionale (Gruppo Italiano per lo

Screening Mammografico – GISMa) ed internazionale. Per la valutazione dei risultati si

utilizzano degli indicatori di performance che ci permettono di stimare dopo pochi anni

l’impatto del programma.

Tra questi, i più importanti sono la percentuale di partecipazione al programma, la

proporzione di carcinomi diagnosticati in stadio precoce, il rapporto prevalenza/incidenza e

la frequenza dei carcinomi di intervallo. Per quanto di specifico esiste in materia di controllo

di qualità dello screening mammografico si fa riferimento al testo allegato.

2.4.12 Organizzazione complessiva dell’attività

Nell’ambito dell’attività preventiva l’ASL svolge ruolo di Ente richiedente le prestazioni

tecnico-sanitarie, impegnandosi a garantire personale addetto alla gestione dell’attività di

organizzazione dello screening compreso il II^ livello diagnostico e il follow-up dei casi trattati.

Pertanto all’Asl compete la tenuta degli archivi computerizzati, la creazione della rete

informatica interaziendale (anche sfruttando quella esistente per lo screening

cervicovaginale), il reclutamento della popolazione, l’aggiornamento anagrafe, la produzione

periodica di statistiche di attività, il controllo degli indicatori di qualità.

E’ evidente che per gestire quanto sopra elencato, risulta indispensabile che l’ASL sia dotata

di archivio contenente copia degli esiti degli esami eseguiti dall’Azienda Ospedaliera per

quanto previsto dal Protocollo di Screening.

All’Azienda Ospedale che eroga prestazioni sanitarie, si richiede di consentire agli esperti di

settore di definire collegialmente la modalità esecutiva dello screening secondo criteri di

evidenza di efficacia e tenendo conto delle norme vigenti per la sicurezza in campo

radiologico.

Ai dirigenti medici delle diverse specialità implicate nello screening dovrà essere favorito il

costituirsi in un gruppo multidisciplinare per la gestione integrata delle donne risultate

positive al test di screening e agli esami di approfondimento previsti dal protocollo che loro

stessi avranno contribuito a concordare.

Già nel caso dello screening cervicovaginale si è realizzata la totale integrazione di attività tra

l’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Mantova e l’Azienda Ospedaliera Carlo Poma.

Peraltro, grazie a questa precedente esperienza, sono già stati consolidati rapporti di

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collaborazione tra la Medicinina Preventiva di Comunità, i Distretti, il Servizio di Anatomia

Patologica e l’ambulatorio di colposcopia del reparto di Ostetricia.

Inoltre l’attività di prevenzione della sfera ginecologica vede in molte altre realtà italiane la

gestione in parallelo dei due screening e sfruttando le parti comuni di organizzazione ne

facilita la realizzazione e il monitoraggio di attività.

Nel caso dello screening mammografico, tenuto conto anche del recente assetto aziendale

ospedaliero che vede il costituirsi del Dipartimento Oncologico, si prevede pertanto di

concordare formalmente la costituzione di una commissione paritetica interaziendale per lo

studio di fattibilità del programma di screening e per la stesura di un documento concordato

di protocollo delle attività che tenga conto di quanto proposto in questa relazione e nel suo

allegato. Suddetta attività preliminare dovrebbe concludersi entro l’anno 2000 per consentire

entro il 2002 la prima valutazione di round di screening.

2.4.13 Promozione dello screening

E’ largamente risaputo che l’efficacia dell’intervento di prevenzione sia strettamente correlato

all’adesione della popolazione agli inviti che vengono spediti. Risulta pertanto doveroso

prevedere l’organizzazione di una campagna pubblicitaria rivolta alla popolazione femminile

da sottoporre a screening. Per promuovere la prevenzione ginecologica in programma, si

prevede di impiegare manifesti, depliants, locandine per formare ed informare circa le

modalità e finalità sia dello screening mammografico che del cervicovaginale. Nell’ambito di

questa attività di informazione si dovranno coinvolgere attivamente innanzitutto i medici di

base, come pure le istituzioni interessate alla tutela della salute dei cittadini, quali il Tribunale

dei diritti del malato, la Lega Tumori, l’A.N.D.O.S. etc.

La campagna di promozione verrà effettuata e ripetuta ciclicamente a periodi pluriennali e

quando riproposta potrebbe anche essere modificata secondo le esigenze emerse e

secondo l’analisi dei risultati ottenuti.

2.4.14 Consulenze

E’ negli intenti dei promotori del programma di screening ( Servizio di Medicina Preventiva e

di Comunità dell’ASL) promuovere e mantenere contatti con altre realtà di screening italiane.

Pertanto, si prevede di presenziare al Convegno nazionale GISMa previsto per l’Aprile 2000

a Milano e di inoltrare richiesta di iscrizione al Gruppo.

Questo potrebbe implicare ulteriore impegno nel partecipare a iniziative nazionali di

rilevazione dati (survey), avendo in cambio il riscontro/ confronto con altre realtà nazionali.

Non si esclude poi la possibilità di richiedere consulenze ad esperti in materia di screening

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radiologico e/o di programmi di prevenzione oncologica per ottenere pareri o consigli su

quanto si sta attuando, sia in fase organizzativa che valutativa.

2.4.15 Costi dello screening

Sulla base dei precedenti parametri esposti è possibile prevedere un possibile costo dello

screening nella Provincia di Mantova.

Prendendo come base di calcolo i seguenti parametri:

- popolazione target 48.000

- adesione al primo passaggio ( 1° e 2° anno ) = 50% (= 12.000) al primo anno e 55%

(=13.200) al secondo.

- adesione al secondo passaggio ( 3° anno ) = 60% = 14.400

- approfondimento diagnostico ( secondo livello)

• al primo passaggio = 10% al primo anno e 7,5% al secondo anno = 1200 donne per

il 1° e 900 donne per il 2° anno

• al secondo passaggio = 5% = 720 donne al 3° anno

- costo mammografia da tariffario = 85.000

- costo presumibile 2° livello ( senza ticket ) = 250.000

- costo gestione inviti= 1.000 per invito con 2 inviti e/o solleciti medi per ciascuna donna

otteniamo i seguenti costi ( variabili) di massima:

1° anno 2° anno 3° anno

PRIMO LIVELLO 1.020.000.000 1.122.000.000 1.224.000.000

SECONDO LIVELLO 300.000.000 247.500.000 180.000.000

Gestione inviti 48.000.000 48.000.000 48.000.000

T0TALE 1.368.000.000 1.417.000.000 1.452.000.000

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In una proiezione più ottimistica circa l’ adesione, che veda un valore di 55% e 62% nei primi

due anni ed un 70% al terzo, si ottengono i seguenti valori:

1° anno 2° anno 3° anno

PRIMO LIVELLO 1.122.000.000 1.264.800.000 1.428.000.000

SECONDO LIVELLO 330.000.000 279.000.000 210.000.000

Gestione inviti 48.000.000 48.000.000 48.000.000

T0TALE 1.500.000.000 1.591.800.000 1. 686.000.000

A questi costi debbono essere aggiunti alcuni costi fissi riguardanti:

- costo procedure informatiche:stimabile in totale a circa 35.000.000 totali nel triennio.

- costo del personale del Servizio di Medicina Preventiva delle Comunità addetto alla

gestione complessiva dello screening ed alla sua valutazione stimabile in circa 85 milioni

annui per il primo anno e 65 milioni per i successivi.

- consulenze per la supervisione tecnica e scientifica milioni stimabili in 15 milioni il primo

anno e 10 l’ anno successivo

- costi di promozione dello screening: al momento attuale in carenza di dati più certi sono

stimabili grossolanamente in 40 milioni per il primo anno ed in 20 milioni annui per i

successivi.

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BIBLIOGRAFIA

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INDICE

Parte I

Considerazioni generali sullo screening dei tumori della mammella

PRESENTAZIONE 1

1.1 Introduzione 2

1.1.1 Documenti ufficiali di consenso 3

1.2 Rilevanza clinica della malattia da prevenire 5

1.3 La situazione nazionale ed europea 6

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1.4 Efficacia dello screening 6

1.5 Valutazione della situazione pre-screening 8

1.6 Organizzazione dell’attività di screening mammografico 8

1.6.1 Considerazioni preliminari 8

1.6.2 Il test di screening 9

1.6.3 La frequenza del test 10

1.6.4 La fascia di età da screening 11

1.6.5 Promozione della partecipazione 12

1.7.6 L’approfondimento diagnostico 13

1.6.7 Criteri diagnostici per il richiamo ad approfondimento 15

1.6.8 Indicatori precoci di efficacia 17

1.6.9 Performance test 19

1.6.10 Distribuzione per stadi dei cancri identificati allo screening 19

1.6.11 “Cancri di intervallo” 19

1.6.12 Specificità 21

1.6.13 Valore predittivo del test 21

1.7 L’assicurazione di qualità 21

1.7.1 Aspetti clinici 22

1.7.2 Aspetti patologici 23

1.7.3 Controllo di qualità (CQ) dell’approfondimento diagnostico 24

1.7.4 Aspetti organizzativi 24

1.7.5 Struttura e sorveglianza del CQ 24

1.8 Valutazione finale 26

Parte II

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La realizzazione dello screening nell’ASL di Mantova 2.1 La mortalità per tumore alla mammella 27

2.2 L’”incidenza” di tumori alla mammella 29

2.3 Il ricorso alla mammografia 30

2.4 Requisiti minimi per iniziare l’attività di screening mammografico 34

2.4.1 Popolazione bersaglio 34

2.4.2 Inviti 34

2.4.3 Test di screening 35

2.4.4 Intervallo tra test 35

2.4.5 Lettura del test 35

2.4.6 Esami di approfondimento diagnostico (II° Livello) 36

2.4.7 Trattamento dei casi 36

2.4.8 Valutazione interdisciplinare pre-operatoria 36

2.4.9 Controllo dei “cancri di intervallo” 37

2.4.10 Procedure di reclutamento della popolazione 37

2.4.11 Procedure di controllo della qualità 37

2.4.12 Organizzazione complessiva dell’attività 38

2.4.13 Promozione dello screening 39

2.4.14 Consulenze 39

2.4.15 Costi dello screening 40

BIBLIOGRAFIA 42

INDICE 45

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DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE MEDICASERVIZIO DI MEDICINA PREVENTIVA NELLE COMUNITA’

Via dei Toscani 1 - 46100 Mantova–Tel. 0376 334210 - Fax 0376 334222e-mail: [email protected]