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L’iter verso l’AIC dei medicinali omeopatici Paola Minghetti, Paolo Rocco, Mariangela Bonotti Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università degli Studi di Milano, via G. Colombo, 71 - 20133 Milano 1. Introduzione In Italia, la normativa sui medicinali industriali ha subito nel tempo diverse modifiche, in risposta allo sviluppo scientifico e allintervento del legislatore comunitario. Secondo i principi generali, un medicinale privo di autorizzazione rilasciata dall Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) o una autorizzazione comunitaria, non può essere immesso in commercio sul territorio nazionale. Infatti, nella Comunità europea dal 1965, e in Italia dal 1991, ogni medicinale industriale deve avere l’AIC. In Italia, prima dellentrata in vigore di tale normativa, erano disponibili sul mercato medicinali privi di AIC, tra i quali possiamo annoverare, oltre ai galenici industriali, anche alcune classi particolari, quali gas, allergeni e omeopatici. 2. Cenni storici In Italia, fino al 1995, non cera una normativa primaria sullomeopatia. La produzione e la dispensazione degli omeopatici era regolamentata da un Dodecalogo del Consiglio superiore di sanità (pubblicato sulla GU n. 113 del 17.5.1989), dall articolo 144 del TULS (relativo allautorizzazione alla produzione), dal D.Lgs. n. 178 del 29.5.1991 e, infine, dalla nota 800.7/AG 25-5/3 del Ministero della sanità del 13 gennaio 1992. Tutti i provvedimenti tendevano comunque a garantire la salute del consumatore. Il Dodecalogo non definiva gli omeopatici come medicinali, ma come “rimedi”, e prevedeva che potessero essere commercializzati i prodotti che presentassero le seguenti caratteristiche:

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L’iter verso l’AIC dei medicinali omeopatici

Paola Minghetti, Paolo Rocco, Mariangela Bonotti

Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università degli Studi di Milano, via G.

Colombo, 71 - 20133 Milano

1. Introduzione

In Italia, la normativa sui medicinali industriali ha subito nel tempo diverse modifiche,

in risposta allo sviluppo scientifico e all’intervento del legislatore comunitario. Secondo

i principi generali, un medicinale privo di autorizzazione rilasciata dall’Agenzia Italiana

per il Farmaco (AIFA) o una autorizzazione comunitaria, non può essere immesso in

commercio sul territorio nazionale. Infatti, nella Comunità europea dal 1965, e in Italia

dal 1991, ogni medicinale industriale deve avere l’AIC. In Italia, prima dell’entrata in

vigore di tale normativa, erano disponibili sul mercato medicinali privi di AIC, tra i

quali possiamo annoverare, oltre ai galenici industriali, anche alcune classi particolari,

quali gas, allergeni e omeopatici.

2. Cenni storici

In Italia, fino al 1995, non c’era una normativa primaria sull’omeopatia. La produzione

e la dispensazione degli omeopatici era regolamentata da un Dodecalogo del Consiglio

superiore di sanità (pubblicato sulla GU n. 113 del 17.5.1989), dall’articolo 144 del

TULS (relativo all’autorizzazione alla produzione), dal D.Lgs. n. 178 del 29.5.1991 e,

infine, dalla nota 800.7/AG 25-5/3 del Ministero della sanità del 13 gennaio 1992. Tutti

i provvedimenti tendevano comunque a garantire la salute del consumatore.

Il Dodecalogo non definiva gli omeopatici come medicinali, ma come “rimedi”, e

prevedeva che potessero essere commercializzati i prodotti che presentassero le seguenti

caratteristiche:

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1. se a base di sostanze utilizzate nella medicina ufficiale, le diluizioni omeopatiche

devono essere tali che la quantità di principio attivo rintracciabile nel prodotto finito

non sia superiore a 1/1000 del più basso dosaggio con cui lo stesso principio attivo è

utilizzato in medicina ufficiale;

2. se a base di sostanze non impiegate nella medicina ufficiale, le diluizioni

omeopatiche devono essere tali, comunque, da garantire l’innocuità del prodotto finito;

3. non devono essere confezionati e presentati come specialità medicinali e, in

particolare, non devono recare in etichetta indicazioni terapeutiche o, comunque,

diciture idonee a favorire l’automedicazione;

4. la vendita dei prodotti omeopatici deve essere riservata alle farmacie;

5. non deve essere effettuata alcuna pubblicità, anche indiretta, dei prodotti;

6. non deve essere consentita la via di somministrazione parenterale;

7. devono essere esclusi prodotti derivati da diluizioni di tinture madri preparate a

partire da ceppi virali e batteri vivi o attenuati;

8. devono essere esclusi prodotti derivati da organi, tessuti o liquidi di origine umana;

9. i prodotti devono soddisfare i requisiti microbiologici relativi alla carica batterica

totale e all’eventuale presenza di agenti potenzialmente patogeni, secondo le norme

previste dalla Farmacopea ufficiale;

10. i materiali utilizzati nei rimedi omeopatici e i contenitori primari devono

corrispondere ai requisiti previsti dalla Farmacopea ufficiale;

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11. le officine di produzione devono comunicare al Ministero della sanità la

composizione delle soluzioni madri di partenza, le tecniche di preparazione e i metodi di

analisi delle stesse e dei loro componenti;

12. dalle officine di produzione deve essere conservato, a disposizione dell’Autorità

sanitaria, un campione di ogni soluzione madre di partenza, per un periodo di tempo

non inferiore a sei mesi dalla data di scadenza dell’ultimo prodotto finito nella cui

formulazione la soluzione sia stata utilizzata.

Con un successivo telegramma (17.05.1989) del Ministero della sanità, i punti 6, 7 e 8

sono stati sospesi.

In questo periodo, dunque, i prodotti omeopatici non erano soggetti ad alcuna

autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), ma la loro produzione era affidata

ad officine regolamentate. La Commissione UE, con l’intento di disciplinare la materia,

ha dovuto mediare le varie normative esistenti nei Paesi membri; la medicina

omeopatica, infatti, era riconosciuta ufficialmente in alcuni Stati, mentre in altri era

solamente tollerata. In ogni caso, questi rimedi erano prescritti e utilizzati in tutti i Paesi

per cui, nonostante le diversità esistenti nelle normative relative alla medicina

alternativa, fra cui è ricompresa l’omeopatia, appariva necessario consentire l’accesso

del pubblico a questi prodotti, garantendone qualità e sicurezza d’utilizzazione. Francia

e Germania erano gli unici due Stati dell’Unione ad avere una legislazione completa nel

settore omeopatico, ma talmente differente che un preparato prodotto in uno dei due

Paesi non poteva facilmente circolare nell’altro.

Dopo un lungo e combattivo iter normativo, l’Unione Europea ha approvato due

direttive CE riguardanti rispettivamente i prodotti omeopatici per uso umano (dir.

92/73/CEE) e veterinario (dir. 92/74/CEE), ed è proprio in sede europea che sono stati

stabiliti alcuni principi fondamentali.

In primo luogo, la Commissione ha deciso di non assumere posizione pro o contro una

determinata prassi medica, ma di stabilire che i prodotti omeopatici sono dei

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“medicinali”. Lo scopo prioritario, infatti, è stato quello di fornire ai consumatori

europei garanzie sulla qualità, sulla riproducibilità dei processi di fabbricazione e

sull’innocuità dei medicinali omeopatici disponibili in tutti gli Stati. Poiché risulta

impossibile o, comunque, è controversa la prova dell’effetto terapeutico di tale medicina

alternativa, se si applicano i metodi generalmente accettati, l’Unione Europea ha deciso

di occuparsi del livello d’informazione e di cautela fornito ai pazienti e dei problemi

connessi con l’uso dei prodotti. Tutto questo deve conciliarsi con il diritto del medico di

prescrivere, secondo scienza e coscienza, per singoli casi, preparati omeopatici

magistrali o officinali conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale.

3. La normativa comunitaria

Con le direttive 65/65/CEE e 75/319/CEE, il legislatore europeo fissò le prime

disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardo i medicinali. Il campo

di applicazione venne esteso ed ampliato agli omeopatici con l’emanazione della

direttiva 92/73/CEE: questa sottolineò come, pur non essendo ufficialmente

riconosciuti, gli omeopatici venivano prescritti e utilizzati in tutti gli Stati membri e, da

questo momento, venne loro riconosciuto lo status di medicinali, con la conseguente

esigenza di dover ottenere, anche per questi prodotti, una autorizzazione all’immissione

in commercio (AIC). La direttiva nacque con l’intenzione di armonizzare le norme

previste nel campo dell’omeopatia e, visto lo scopo di promuovere la libera circolazione

di medicinali sicuri e di buona qualità, era necessario garantire regole comuni relative

alla produzione, ispezione e controllo dei medicinali omeopatici. Ogni Stato membro,

infatti, provvedeva a sottoporre il prodotto ad una registrazione, ottenuta attraverso una

procedura semplificata prevista proprio dalla direttiva 92/73/CEE (art. 7) che riguardava

i soli prodotti omeopatici capaci di soddisfare determinate condizioni, quali via di

somministrazione orale o esterna, l’assenza di indicazioni terapeutiche particolari

sull’etichetta e il grado di diluizione tale da garantire l’innocuità del medicinale. I

medicinali omeopatici che invece non rientravano nell’ambito dell’articolo 7, venivano

autorizzati (ed etichettati) tramite una procedura di registrazione completa, secondo le

regole previste dalle direttive 65/65/CEE e 75/319/CEE (artt. 4-21 e artt.1-7). La

direttiva introdusse, inoltre, norme specifiche inerenti la valutazione dell’efficacia

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terapeutica e il riconoscimento di una tradizione omeopatica negli Stati membri.

Vennero disciplinati, altresì, i medicinali omeopatici veterinari con l’entrata in vigore,

l’8 ottobre 1992, della direttiva 92/74/CEE.

Attualmente, i medicinali omeopatici sono regolamentati dalla direttiva n. 83 del

Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 novembre 2001 (e successive direttive di

modifica) recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano. Tale

direttiva stabilisce che, salvo la necessità di adottare disposizioni specifiche per i

medicinali omeopatici che possono comportare esenzioni e/o semplificazioni, ad essi si

applicano le regole generali previste per i medicinali. In particolare, l’art 1 della

direttiva 83/2001, definisce il medicinale omeopatico come “ogni medicinale ottenuto a

partire da sostanze denominate materiali di partenza omeopatici secondo un processo

di fabbricazione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale

descrizione, dalle farmacopee attualmente utilizzate ufficialmente negli Stati membri;

un medicinale omeopatico può contenere più principi”. La volontà del legislatore

europeo non può tuttavia ritenersi attuata poiché, dopo oltre vent’anni, non vi è ancora

un regime di libera circolazione dei prodotti omeopatici, dal momento che molti Stati

membri, tra cui l’Italia, non hanno mai attuato le disposizioni necessarie per raggiungere

tale obiettivo.

4. Il quadro normativo nazionale

4.1 L’evoluzione delle norme transitorie

La legge comunitaria per il 1993 (Legge 22.2.1994, n. 146) ha delegato il Governo a

recepire le direttive sui medicinali omeopatici mediante appositi decreti legislativi. Con

i criteri di delega, il Parlamento ha stabilito alcuni principi fondamentali, tra cui appare

importante la previsione della procedura semplificata di registrazione, con divieto

contemporaneo della pubblicità dei medicinali approvati secondo tale sistema

registrativo.

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Il 17 marzo 1995 sono stati emanati due decreti legislativi, uno relativo a medicinali per

uso veterinario (D.Lgs. n. 110) e l’altro a quelli per uso umano (D.Lgs. n. 185, poi

modificato con la Legge 8.10.1997, n. 347).

Il D.Lgs. n. 185/1995 decretava l’appartenenza dei prodotti omeopatici alla categoria

dei medicinali e ne dava per la prima volta una definizione:

“Ogni medicinale ottenuto da prodotti, sostanze o composti, denominati «materiali di

partenza omeopatici», secondo un processo di fabbricazione omeopatico descritto dalla

Farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate

ufficialmente dagli Stati membri”.

Il decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in “Attuazione della Direttiva 92/73/CEE

in materia di medicinali omeopatici”, pur riprendendo quanto già previsto dal legislatore

europeo, definisce le disposizioni transitorie per i medicinali omeopatici già in

commercio sul mercato italiano alla data del 31.12.1992, data successivamente spostata

al 6.06.1995 attraverso il D.Lgs. n. 185/1995. Tuttavia, il regime transitorio è stato

modificato e prorogato più volte. Nello specifico, sono intervenute sette norme

successive: il termine del 6.06.1995 è stato prorogato al 31.12.1997 (D.Lgs. n.

185/1995), al 6.06.2000 (Legge n. 347/1997), al 31.12.2001 (Legge n. 362/1999), al

31.12.2003 (Legge n. 388/2000), al 31.12.2008 (Legge n. 289/2002), al 31.12.2015

(Legge n. 17/2007) ed infine al 31.12.2018 (Legge n. 190/2014).

Per poter usufruire delle norme transitorie, il responsabile dell’immissione in

commercio, doveva effettuare una “notifica” al Ministero (entro sei mesi dall’entrata in

vigore del decreto), espressamente prevista dall’art. 7 del D.Lgs. n. 185/1995 e

finalizzata a documentare la presenza del medicinale sul mercato. La “notifica”, in base

alla Circolare Ministeriale 3 agosto 1995 n. 22 doveva contenere l’elenco dei prodotti

con i gradi di diluizioni e le forme farmaceutiche commercializzate. Tuttavia, la notifica

non richiedeva la presentazione e la successiva valutazione di dati tecnici, ovvero

risultava priva di una documentazione tecnica completa, e non poteva quindi essere

considerata come una reale autorizzazione AIC, essendo una forma di registrazione non

assimilabile integralmente ad un provvedimento autorizzativo espresso. Si trattava, in

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sostanza, di una autorizzazione ope legis utile al fine di poter continuare la

commercializzazione dei prodotti godendo dei benefici previsti dalle disposizioni

transitorie, ma in attesa di una valutazione da parte dell’Agenzia del Farmaco (AIFA)

diretta ad ottenere il rilascio di una AIC con relativo numero.

Nel descritto contesto, l’utilizzo del termine “rinnovo” all’art. 1, comma 590, L. n.

190/2014 deve considerarsi atecnico: la procedura in corso presso l’Agenzia del

Farmaco, infatti, condurrà per la prima volta al rilascio di autorizzazioni espresse per i

medicinali omeopatici ed antroposofici, questi ultimi assimilati ai prodotti omeopatici in

base all’art 20, comma 2, del D.Lgs. n. 219/2006. Il termine “rinnovo” viene utilizzato

nelle determine AIFA 119/2012 e 365/2015, oltre che nel D.Lgs. n. 185/1995, mentre

non è rintracciabile nel D.Lgs. n. 219/2006 che intende, per rinnovo, esclusivamente

quello previsto dall’art. 38 (Art. 38 Durata, rinnovo, decadenza e rinuncia

dell’autorizzazione).

E’ chiaro che nel tempo intercorso tra la notifica e la richiesta di AIC possano essere

intervenute variazioni, ad esempio in relazione al titolare della notifica stessa. In tale

caso, la variazione (ad esempio, nella titolarità della notifica, operazione che comporta

il necessario accesso a tutte le informazioni comunicate ad AIFA all’atto della prima

notifica del prodotto) comporta la necessità di modificare anche la corrispondente

etichetta del prodotto, come previsto dall’art. 73 della L. n. 219/2006 in tema di

etichettatura.

Nel caso dei medicinali omeopatici, sia l’etichettatura che il foglio illustrativo, devono

rispettare ed essere conformi alle indicazioni obbligatorie previste dall’art. 85 del

D.Lgs. n. 219/2006, e cioè:

a) dicitura: «medicinale omeopatico» in grande evidenza, seguita dalla frase: «senza

indicazioni terapeutiche approvate»;

b) denominazione scientifica del ceppo o dei ceppi omeopatici o, in mancanza di questa,

la denominazione scientifica del materiale o dei materiali di partenza per preparazioni

omeopatiche o altra denominazione figurante in una farmacopea, accompagnata dalla

denominazione propria della tradizione omeopatica seguita dal grado di diluizione,

espressa con i simboli della farmacopea utilizzata a norma dell’articolo 1, comma 1,

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lettera d); se il medicinale omeopatico è composto da due o più ceppi omeopatici,

nell’etichettatura la loro denominazione scientifica può essere completata da un nome di

fantasia;

c) nome e indirizzo del titolare della registrazione e, se diverso, del produttore;

d) modalità di somministrazione e, se necessario, via di somministrazione;

e) mese e anno di scadenza indicati con parole o numeri;

f) forma farmaceutica;

g) contenuto della confezione, in peso, volume o in unità di somministrazione;

h) eventuali precauzioni particolari da prendere per la conservazione del medicinale;

i) avvertenza speciale, se il medicinale lo richiede;

l) numero del lotto di produzione;

m) numero di registrazione;

n) un’avvertenza all’utilizzatore di consultare un medico se i sintomi persistono;

o) prezzo del medicinale;

p) dicitura: «medicinale non a carico del Servizio sanitario nazionale».

Tali voci, esclusivamente previste per i medicinali omeopatici, includono, tra gli

elementi fondamentali da riportare nell’etichetta a beneficio del consumatore, la

denominazione del medicinale, obbligatoria qualora si tratti di un medicinale composto

da due o più ceppi. Qualsiasi modifica dell’etichettatura, compreso un eventuale nome

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di fantasia (può trattarsi anche di un marchio), potrà essere effettuata soltanto dopo la

richiesta ad AIFA della relativa autorizzazione. Si ricorda che, in base al Comunicato

del Ministero della salute 6 novembre 2003 - Gazz. Uff. 6 novembre 2003, n. 258,

qualora la variazione abbia ad oggetto diversi profili dovrà essere presentata una

domanda per ciascun profilo variato e che, contestualmente, più domande di variazioni

possono essere associate alla richiesta di trasferimento della titolarità di una notifica.

Peraltro, come chiarito dall’Agenzia con la FAQ n. 26, “Le aziende possono procedere

con la presentazione delle variazioni previste per i medicinali omeopatici anche

contestualmente alle domande di rinnovo. Tuttavia, il dossier di rinnovo deve contenere

il dettaglio delle procedure di variazioni presentate”.

4.2 Procedura di registrazione

In Italia, la Direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) venne recepita con

il D.Lgs. n. 219/2006. Questo, agli articoli 16 e 17, prevede una procedura di

registrazione semplificata ad hoc per i medicinali omeopatici (si tratta, infatti, di

norme specifiche). La registrazione è però possibile soltanto se i medicinali omeopatici

presentano le caratteristiche indicate nell’art. 16, e cioè se il medicinale:

a) è destinato ad essere somministrato per via orale od esterna;

b) non reca specifiche indicazioni terapeutiche sull’etichetta o tra le informazioni di

qualunque tipo che si riferiscono al prodotto;

c) ha un grado di diluizione tale da garantirne la sicurezza; in ogni caso il medicinale

non può contenere più di una parte per diecimila di tintura madre, né più di 1/100 della

più piccola dose eventualmente utilizzata nell’allopatia per le sostanze attive, la cui

presenza in un medicinale allopatico comporta l’obbligo di presentare una ricetta

medica.

Per i medicinali omeopatici sprovvisti dei requisiti indicati dall’art. 16, comma 1, del

D.Lgs. n. 219/2006 o dall’art. 20, la procedura di autorizzazione non è semplificata, ma

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è la medesima prevista dagli artt. 8-14 del D.Lgs. n. 219/2006: quindi, come per i

medicinali non omeopatici, la registrazione non può essere priva delle indicazioni

terapeutiche. Tuttavia, l’art. 18 stabilisce che: “Per tali prodotti possono essere

previste, con decreto del Ministro della salute, su proposta dell’AIFA, norme specifiche

relative alle prove precliniche e alle sperimentazioni cliniche, in coerenza con i principi

e le caratteristiche della medicina omeopatica praticata in Italia”. Tali norme, in Italia,

non sono ancora state attuate.

In data 21 giugno 2010 e in attuazione dell’art. 17 comma 2 del D.Lgs. n. 219/2006,

AIFA aveva predisposto un modello al quale dovevano conformarsi le domande di

registrazione semplificata dei medicinali omeopatici. In base a tale modello, le domande

potevano essere predisposte congiuntamente a quanto previsto dalla linea guida

“Informazioni da riportare nel modulo 3 del CTD del dossier dei medicinali

omeopatici”, pubblicata sul portale AIFA già in data 26 marzo 2009, e riportare la

corretta compilazione dei diversi moduli che vanno poi a formare il dossier finale del

medicinale omeopatico. Per consentire la preparazione del dossier e la presentazione

dello stesso entro il termine stabilito al 31.12.2015, l’Agenzia del Farmaco predispose

un calendario atto a garantire, nei giusti tempi, la valutazione di raggruppamenti di

medicinali sulla base dell’origine del materiale di partenza di cui è costituito e della sua

presenza o meno nella Farmacopea Europea o in una farmacopea ufficiale di uno Stato

membro. La stesura del calendario ha tenuto conto della conformità dei ceppi a

monografie omeopatiche presenti nelle Farmacopee e allo stato di commercializzazione

dei prodotti, ma soprattutto ha considerato le priorità stabilite dalle aziende durante la

c.d. “Ricognizione 2012” e cioè l’ampliamento delle informazioni dettagliate già

inserite nella banca dati intitolata “Notifica dei medicinali omeopatici” (2003) e poi

confluite nella “Front-end check point Medicinali omeopatici- Ricognizione 2012”. Il

calendario, nato dal comune obiettivo di AIFA e delle aziende di garantire la reperibilità

dei prodotti omeopatici sul mercato, si basava su un progetto di presentazione delle

domande articolato in due fasi distinte e consecutive:

• Prima fase: Inizio Ottobre 2013-Termine Luglio 2014

• Seconda fase: Inizio Settembre 2014-Termine Giugno 2015

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Il contenuto della domanda di registrazione semplificata avrebbe dovuto essere

corredata da documenti e dati finalizzati a dimostrare la qualità farmaceutica dei

prodotti e l’omogeneità dei lotti di produzione. Sotto tale profilo, l’iter registrativo

previsto dagli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 219/2006 è stato modificato dalla Legge

189/2012, che ha previsto ulteriori semplificazioni per i medicinali omeopatici in

commercio ai sensi delle disposizioni transitorie e ha rettificato l’art. 20 del medesimo

decreto. Si è, infatti, previsto:

• l’estensione della Farmacovigilanza ai medicinali omeopatici che non

possiedono tutti i requisiti previsti dall’art. 16 D.Lgs. n. 219/2006;

• l’estensione ai medicinali antroposofici della disciplina relativa ai medicinali

omeopatici: i medicinali antroposofici descritti in una Farmacopea ufficiale e

preparati secondo un metodo omeopatico sono assimilabili ai medicinali

omeopatici.

Alla luce di tali modifiche e dopo l’intervento della Legge di stabilità 2015 e il

conseguente prolungamento fino al 31.12.2018 (art. 1 comma 590 L. n. 190/2014) del

periodo transitorio, sono state predisposte ulteriori semplificazioni. Nonostante ciò, la

maggior parte delle aziende, ad oggi, non ha ancora presentato alcun dossier. Al

riguardo, si consideri, peraltro, che l’art. 3, comma 1, della Determina AIFA n. 365 del

2015 consente di formulare all’AIFA un’istanza di proroga finalizzata a poter presentare

anche oltre il previsto termine del 30 giugno 2017 (art. 1 comma 590 L. n. 190/2014) i

dossier necessari all’ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio,

salva adeguata motivazione.

4.3 Le tipologie di dossier

In base alla Determina AIFA n. 365 del 2015 i dossier per il rinnovo ope legis dei

medicinali omeopatici già presenti sul mercato italiano, potranno avere diverse

tipologie. Si ricorda che, in base alle indicazioni della citata Determina, la domanda di

rinnovo dell’autorizzazione all’immissione in commercio, è articolata in sei parti:

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1. Parte Amministrativa

2. Parte di Qualità

3. Parte di Sicurezza

4. Parte relativa all’uso omeopatico

5. Parte concernente eventuali segnalazioni di farmacovigilanza

6. Parte recante i dati di vendita al consumo del medicinale degli ultimi cinque

anni

La prima tipologia di dossier di rinnovo, è quella da presentare obbligatoriamente in

formato CTD (Common Technical Document) conforme all’art. 17 del D.Lgs. n.

219/2006. Si tratta di un dossier completo nel quale si riconoscono cinque differenti

moduli:

• Modulo 1: Informazioni amministrative

• Modulo 2: Riassunti

• Modulo 3: Informazioni chimiche, farmaceutiche e biologiche per medicinali

contenenti sostanze attive chimiche e/o biologiche

• Modulo 4: Documentazione di sicurezza

• Modulo 5: Documentazione sull’uso omeopatico

Vi è poi una seconda tipologia di dossier, semplificata rispetto alla prima, poiché

formata dai soli Moduli 1, 2, 3 secondo formato CTD, giustificazione dell’uso

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omeopatico e autocertificazione sulla sicurezza conforme all’art. 20 del D.Lgs. n.

219/2006. Si precisa che, tale tipologia, deriva dalle ulteriori disposizioni di modifica

previste dalla Legge 189/2012, e cioè:

1. un accesso alla procedura semplificata prevista dagli articoli 16 e 17 a tutti i

medicinali omeopatici purché privi di specifiche indicazioni terapeutiche sull’etichetta o

tra le informazioni che si riferiscono al prodotto;

2. una semplificazione relativa al modulo 4 del dossier (documentazione

preclinica), o la possibilità di presentare, in alternativa al modulo 4, una dichiarazione

autocertificata sottoscritta dal legale rappresentante dell’azienda recante:

• elementi comprovanti la sicurezza del prodotto avendo riguardo alla sua

composizione, forma farmaceutica, via di somministrazione;

• dati di vendita al consumo negli ultimi 5 anni;

• le eventuali segnalazioni di Farmacovigilanza.

L’autocertificazione è tuttavia esclusa per i medicinali omeopatici di origine biologica, i

preparati per uso parenterale e i preparati con concentrazione ponderale di ceppo

omeopatico, restando per questi confermate le prescrizioni obbligatorie del modulo 4.

Inoltre, la presentazione dell’autocertificazione non esclude il mantenimento del

possesso, da parte dell’azienda titolare, di tutti i dati e i documenti necessari a

supportare la sicurezza del medicinale in domanda. AIFA si riserva altresì la facoltà di

effettuare controlli a campione per verificare la regolarità e la veridicità

dell’autocertificato, oltre che la possibilità di richiedere ulteriori informazioni in

qualsiasi momento.

Vi è, infine, una terza tipologia di dossier ulteriormente semplificata, contenente solo:

• la documentazione amministrativa prevista dalla Determina AIFA n. 365 del

2015;

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• la documentazione di qualità semplificata secondo la medesima determina;

• autocertificazione sulla sicurezza del medicinale e sull’uso omeopatico.

Le aziende titolari di medicinali omeopatici sono tenute, fin dal primo deposito, a

presentare una documentazione completa e valida da un punto di vista amministrativo.

Nel caso in cui sorga la necessità di integrare la documentazione già sottoposta a

valutazione, l’integrazione è possibile se accompagnata da una tabella di riepilogo delle

modifiche apportate ai documenti originali, anche se si tratta di sole sezioni di esso.

Inoltre, se risulta utile per una più semplice ed immediata comprensione, è consentito

inserire brevi note o commenti esplicativi.

L’art. 1 della Determina AIFA n. 365 del 2015 stabilisce che “la presente

determinazione si applica alle domande di rinnovo dell’autorizzazione all’immissione

in commercio dei medicinali omeopatici di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 219/2006,

comprese quelle presentate antecedentemente all’entrata in vigore dell’art.1, comma

590, della Legge 23 dicembre 2014, n.190 e la cui procedura autorizzativa non sia

ancora conclusa alla data di entrata in vigore della presente determinazione”. Dalla

lettura della norma, non è consentito dedurre il divieto di modifica di un dossier già

presentato. Questo significa che, una azienda che manifesta la volontà di effettuare lo

switch della documentazione e che aveva già presentato la documentazione in formato

CTD, può ripresentare la documentazione secondo Determina AIFA attraverso l’invio

di una nota formale sottoscritta dal legale rappresentante dell’azienda.

4.4 L’importazione parallela dei medicinali omeopatici

In base al principio della libera circolazione delle merci tra gli Stati membri dell’UE, i

medicinali, come qualsiasi altro bene o prodotto, possono circolare all’interno del

mercato dell’Unione Europea. Il diritto comunitario salvaguarda, inoltre, la libera

concorrenza nel mercato unico: le aziende devono quindi competere liberamente senza

ostacolare le rispettive attività ed evitando di imporre prezzi o condizioni commerciali

non eque. Tuttavia, può accadere che un medicinale autorizzato e commercializzato in

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uno Stato membro abbia un prezzo diverso dal suo analogo presente in un altro Stato

membro ed è in quest’ottica che si è creato un “mercato parallelo”.

In Italia l’importazione parallela di medicinali autorizzati, è disciplinata dal D.M. 29

agosto 1997. Ai fini del rilascio di una autorizzazione all’importazione parallela (AIP),

AIFA è tenuta ad effettuare una valutazione del dossier inerente al medicinale

importato, acquisendo il riassunto delle caratteristiche del prodotto. Il D.M precisa che,

la domanda di autorizzazione deve essere affiancata “da ogni dato utile a dimostrare

l’identità della specialità oggetto dell’importazione parallela con quella già autorizzata

in Italia oppure, qualora la specialità medicinale abbia una composizione non del tutto

identica con quella già autorizzata in Italia ma le differenze non rilevano sotto il profilo

della qualità, della sicurezza e dell’efficacia, la documentazione tecnica necessaria a

dimostrare quanto sopra”. Sarà poi onere del titolare AIC, una volta ottenuta l’AIP,

attuare le disposizioni necessarie al riconfezionamento e alla rietichettatura per

l’immissione in commercio. Le regole sull’importazione parallela potrebbero valere

anche nel caso dei medicinali omeopatici qualora il prodotto abbia una AIC rilasciata

nel Paese di provenienza o, nel caso dell’Italia, una notifica eseguita, qualora lo Stato in

cui il prodotto venisse esportato ritenga sufficiente questo strumento.

4.5 La questione delle materie prime

Il processo produttivo di un medicinale omeopatico, solitamente prevede che un

materiale grezzo (una sostanza di origine vegetale o animale oppure una sostanza

organica o inorganica) sia sottoposto a una lavorazione (macerazione, percolazione,

diluizione o triturazione) per ottenere un materiale di partenza per preparazioni

omeopatiche, detto anche ceppo omeopatico. A sua volta, il ceppo omeopatico sarà

sottoposto a diluizioni successive per ottenere la diluizione utilizzata nella preparazione

della forma farmaceutica finita (ad esempio, granuli impregnati). Il processo può essere

schematizzato come segue:

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Il termine ‘materiale grezzo’ è reso con raw material nelle monografie della

Farmacopea Europea 9.0 (d’ora in avanti Ph. Eur. 9.0) e con ‘materia prima’ nella

Determina Aifa n. 365 del 2015, mentre i materiali di partenza per preparazioni

omeopatiche o ceppi omeopatici sono chiamati stocks in Ph. Eur. e definiti “substances,

products or preparations used as starting materials for the production of homoeopathic

preparations” (Homoeopathic Preparations, 04/2017:1038, Ph.Eur. 9.0). Il termine

stock indica solitamente: a) la tintura madre o il macerato glicerico nel caso in cui il

materiale grezzo (raw material) sia di origine botanica, zoologica o umana; oppure b) la

sostanza stessa nel caso di materiali di origine chimica o minerale.

Raw material Materiale di partenza per preparazioni

omeopatiche

Sostanza vegetale (in forma fresca o

essiccata), compreso il lattice Tintura Madre e potentizzazione liquida

Sostanza di origine animale

Sostanza vegetale allo stato fresco

Sostanza di origine animale o vegetale Macerato glicerico

Qualunque opportuna sostanza organica o

inorganica Diluizione liquida

Triturazione di sostanze organiche o

inorganiche poco solubili o insolubili

Non specificato Triturazioni (soluzioni solide)

Tabella 1. Classificazione dei raw material e dei corrispondenti materiali di partenza per

preparazioni omeopatiche secondo la monografia “Methods of Preparation of Homoeopathic stocks

and potentisation”.

Materiale grezzo

Materiale di partenza per preparazioni omeopatiche

(ceppo omeopatico)

Diluizioni intermedie

Diluizione utilizzata

(API)

Medicinale omeopatico

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La monografia “Methods of Preparation of Homoeopathic stocks and potentisation”

(01/2017:2371, Ph. Eur. 9.2) riconosce come materiali di partenza “Mother tinctures

and liquid potentisations”, “Glycerol macerates”, “Liquid dilutions” e “Triturations”,

che vengono utilizzati per allestire diluizioni successive (potentisations).

In particolare, le diluizioni liquide (liquid dilutions) possono essere ottenute da materiali

di origine chimica o minerale, oppure da triturazioni delle stesse, nel caso di sostanze

poco solubili o insolubili. Le triturazioni (triturations), sono intese come diluizioni

solide in opportuno veicolo, di solito lattosio monoidrato. Si noti che le triturazioni sono

considerate sia raw material per l’ottenimento di diluizioni liquide, sia materiali di

partenza per preparazioni omeopatiche. Possiamo quindi affermare che la

classificazione di una sostanza, non dipende tanto dalla sostanza in sé stessa, ma dalla

posizione che occupa nella catena di produzione. In Tabella 1 sono schematizzate le

tipologie di materiale grezzo e materiali di partenza per preparazioni omeopatiche finora

esposte, secondo la classificazione operata nella stessa monografia. Il raw material per

la preparazione di tinture madri può essere costituito da sostanza vegetale (herbal drug),

incluso il lattice (latex of a herbal drug), oppure da una sostanza di origine animale

(animal matter). Per quanto riguarda le sostanze vegetali per preparazioni omeopatiche,

si tratta di piante intere o parti di piante, a pezzi o tagliate, incluse le alghe, i funghi e i

licheni, in forma non trattata, di solito allo stato fresco (Herbal Drugs for Homoeopathic

Preparations, 01/2012:2045, Ph. Eur. 9.0).

Per quanto riguarda i materiali di partenza di origine biologica, è richiesta la valutazione

di sicurezza di agenti avventizi virali e non virali (es. agenti eziologici di encefalopatie

spongiformi, batteri, micoplasmi, funghi) (Determina AIFA n. 365 del 2015). In

generale, il metodo di produzione deve includere passaggi per la rimozione o

inattivazione degli agenti avventizi e, dove applicabile, gli animali e i tessuti utilizzati

per l’ottenimento del raw material devono essere conformi ai requisiti delle autorità

competenti in materia di animali destinati all’alimentazione umana” (Homoeopathic

Preparations, 04/2017:1038, Ph.Eur. 9.0). In particolare, sono previste, per i prodotti di

origine zoologica, la conformità alla monografia della Farmacopea Europea “Products

with risk of transmitting agents of animal songiform encephalopathies” (1483) e, per i

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prodotti di origine umana, i donatori devono conformarsi alle raccomandazioni previste

dalla monografia “Human plasma for fractionation” (0853).

Le Norme di Buona Fabbricazione, inizialmente sviluppate per il medicinale finito,

sono state successivamente estese agli Active Pharmaceutical Ingredients - API

(Good Manufacturing Practice Guide for Active Pharmaceutical Ingredients, d’ora in

avanti GMP-API). Esse definiscono un “API Starting Material” come “a raw material,

intermediate, or an API that is used in the production of an API and that is

incorporated as a significant structural fragment into the structure of the API.

An API Starting Material can be an article of commerce, a material purchased from

one or more suppliers under contract or commercial agreement, or produced in-

house. API Starting Materials are normally of defined chemical properties and

structure”.

Questa definizione conferma l’importanza della posizione di una sostanza all’interno

della catena di produzione per la classificazione. Infatti, è considerato API Starting

Material non solo il raw material o l’intermedio, ma anche un’API (che perde a questo

punto la qualifica di API) qualora sia utilizzato per la produzione di un’API.

API GMP non applicate Applicazione delle GMP per API

Herbal extracts

used as API

Collection

of plants

Cutting and

initial

extraction

Further

extraction

Physical

processing and

packaging

Tabella 2. Applicazione delle GMP-API secondo lo schema fornito dalla Guida stessa.

Nel caso di processi diversi da quelli di sintesi (ad esempio, estrazione), il razionale per

stabilire il punto in cui ha inizio la produzione di API secondo GMP deve essere

stabilito caso per caso. Le GMP stesse forniscono uno schema indicativo di

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applicazione per diverse tipologie di API. In particolare per gli estratti vegetali, a cui

possiamo assimilare le tinture madri per preparazioni omeopatiche, è prevista la catena

GMP riportata in Tabella 2. Per determinare se una Tintura Madre (TM) per

preparazioni omeopatiche (per fare un esempio) rientri o meno nel campo di

applicazione della GMP-API, è necessario capire se il processo di produzione della TM

stessa dal raw material sia assimilabile alla fase di initial extraction o a quella di further

extraction.

Si consideri, come esempio, il caso di un’azienda che produca Chamomilla, granuli

impregnati alla 5CH. Lo schema del processo produttivo si può riassumere come segue:

Solo la diluizione 5CH è direttamente utilizzata nella produzione della forma

farmaceutica finita e rappresenta quindi l’API in questo processo. È possibile, tuttavia,

che l’applicazione delle GMP inizi dalle diluizioni intermedie, sulla base di valutazioni

dell’Agenzia regolatoria.

Lo stesso ragionamento si può applicare anche alle altre classi di raw material.

In forza di quanto sopra, l’applicazione delle GMP è strettamente connessa al processo

produttivo e costituisce presupposto per il rilascio della autorizzazione alla produzione

del medicinale, ai sensi degli artt. 50 e ss. D.Lgs. n. 219/2006.

Gli articoli 50, 52 bis e 54 del D.Lgs. n. 219/2006 impongono il possesso dei requisiti di

qualità direttamente in capo al soggetto richiedente l’autorizzazione alla produzione. Ad

esempio, ai sensi dell’art. 50, comma 2, per ottenere tale autorizzazione, “il richiedente

è tenuto a:

a) specificare i medicinali e le forme farmaceutiche che intende produrre o importare,

nonché il luogo della produzione e dei controlli;

Chamomilla, parti di pianta

Tintura Madre

Diluizioni intermedie: 1CH,

2CH, 3CH, 4CH

Diluizione utilizzata:

5CH Granuli 5CH

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b) disporre, per la produzione o l'importazione degli stessi medicinali, di locali,

attrezzatura tecnica e strutture e possibilità di controllo adeguati e sufficienti, sia per la

produzione e il controllo, sia per la conservazione dei medicinali;

c) disporre di almeno una persona qualificata ai sensi dell'articolo 52 del presente

decreto”.

Il mancato effettivo rispetto delle GMP comporta, a carico del produttore o

dell’importatore (vds. artt. 58 e ss. ed in particolare l’art. 150 D.Lgs. n. 219/2006),

l’applicazione delle sanzioni previste dagli artt. da 141 a 148 del D.Lgs. n. 219/2006

(sospensione, revoca e modifica d’ufficio di una AIC; divieto di vendita, ritiro dal

commercio e sequestro; pubblicazione e notificazione dei provvedimenti sanzionatori;

sospensione e revoca dell’autorizzazione alla produzione; sanzioni penali; sanzioni

amministrative).