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I Promessi Sposi IL ROMANZO L'AUTORE PERSONAGGI LUOGHI TEMI CRITICA AUDIOLIBRO FORUM Capitolo XVII G. Carnovali, Lungo l'Adda (1859) "E stando così fermo, sospeso il fruscìo de' piedi nel fogliame, tutto tacendo d'intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorìo, un mormorìo d'acqua corrente. Sta in orecchi; n'è certo; esclama: - è l'Adda! - Fu il ritrovamento d'un amico, d'un fratello, d'un salvatore..." Personagg i : Luoghi: Tempo: Temi: Trama: Renzo, Bortolo, il pescatore, i mendicanti L'Adda, il Bergamasco, il paese di Bortolo Dalla sera del 12 alla mattina del 13 novembre 1628 La giustizia, La carestia, Il tumulto di S. Martino Renzo si allontana da Gorgonzola e si dirige verso l'Adda. Si addentra nella boscaglia, finché raggiunge il fiume. Pernotta in un capanno, poi al mattino passa il fiume con l'aiuto di un pescatore. Raggiunge il paese di Bortolo e incontra il cugino, che gli offre aiuto e lavoro. Renzo si incammina verso l'Adda

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I Promessi Sposi

IL ROMANZO L'AUTORE PERSONAGGI LUOGHI TEMI CRITICA

AUDIOLIBRO FORUM

Capitolo XVII

G. Carnovali, Lungo l'Adda (1859)

"E stando così fermo, sospeso il fruscìo de' piedi nel fogliame, tutto tacendo d'intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorìo, un mormorìo d'acqua corrente. Sta in orecchi; n'è certo; esclama: - è l'Adda! - Fu il ritrovamento d'un amico, d'un fratello, d'un salvatore..."

Personaggi:

Luoghi:

Tempo:

Temi:

Trama:

Renzo, Bortolo, il pescatore, i mendicanti

L'Adda, il Bergamasco, il paese di Bortolo

Dalla sera del 12 alla mattina del 13 novembre 1628

La giustizia, La carestia, Il tumulto di S. Martino

Renzo si allontana da Gorgonzola e si dirige verso l'Adda. Si addentra nella boscaglia, finché raggiunge il fiume. Pernotta in un capanno, poi al mattino passa il fiume con l'aiuto di un pescatore. Raggiunge il paese di Bortolo e incontra il cugino, che gli offre aiuto e lavoro.

Renzo si incammina verso l'Adda

F. Gonin, Renzo in cammino

Sono circa le cinque e mezzo di pomeriggio e Renzo lascia il paese di Gorgonzola, dirigendosi a piedi verso l'Adda: è combattuto tra il desiderio di correre e di star nascosto, poiché le parole del mercante all'osteria lo hanno messo in grande agitazione. Il giovane ora sa che la sua vicenda a Milano ha fatto chiasso e che la giustizia è davvero decisa a catturarlo, anche se si rincuora pensando che nessuno, a parte i due birri che l'hanno arrestato, lo ha visto in faccia e che non ha il suo nome scritto in fronte. Percorre la via maestra, intenzionato a imboccare il primo viottolo fuori mano per non fare brutti incontri, e vuole raggiungere ad ogni costo il fiume, del quale sentirà il forte scroscio (se non potrà attraversarlo subito è deciso a passare la notte in qualche ricovero di fortuna, che sarà sempre meglio che finire in prigione). Imbocca un sentiero sulla sinistra e inizia a pensare tra sé, non incontrando nessuno.Il giovane ripensa alle parole del mercante sul suo conto ed è in collera per le falsità che ha sentito, specie riguardo ai suoi presunti propositi di "ammazzare tutti i signori": ricorda a se stesso di aver solo aiutato Ferrer e il vicario di Provvisione, rischiando oltretutto di essere linciato dalla folla, mentre il "fascio di lettere" che, secondo il mercante, sarebbe nelle mani della giustizia, è in realtà la sola lettera scritta da padre Cristoforo e ancora in possesso di Renzo, e contiene le parole di un religioso che, secondo il giovane, vale assai più del mercante che va in giro a parlare dei fatti altrui senza conoscerli.

Renzo si addentra nella boscagliaRenzo prosegue il cammino e a un certo punto arresta il corso dei suoi pensieri: è buio e non ha timore di essere seguito o scoperto, ma la solitudine e la stanchezza iniziano a pesargli e la brezza serale lo infreddolisce, dal momento che indossa vestiti leggeri.

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Quando passa accanto a case o cascinali vede solo dei lumicini attraverso le finestre chiuse, mentre tende invano l'orecchio per sentire il rumore dell'Adda; dalle case sente il mugolare dei cani, che diventa un abbaiare furioso se si avvicina troppo. Potrebbe bussare a una porta per chiedere asilo, ma teme di suscitare domande curiose o, peggio, di mettere in allarme gli abitanti facendo credere di essere un ladro, per cui decide di continuare a camminare fino a giungere al fiume, per non essere costretto a cercarlo anche alla luce del sole.Il giovane abbandona l'abitato per addentrarsi in una fitta boscaglia, che gli sembra preannunciare la vicinanza del fiume; procede in luoghi selvatici e lontani dalle colture umane, recitando tra sé le preghiere per i morti onde scacciare il timore che sente nascere in cuore, al ricordo di certe storie paurose sentite da bambino. Procede ancora e si accorge di entrare in un vero e proprio bosco, passo che affronta non senza un qualche ribrezzo: la sagoma oscura degli alberi gli sembra spettrale e mostruosa, ogni minimo rumore lo fa sobbalzare, le gambe sembrano

F. Gonin, Renzo accanto a una cascina

non reggere più e, come se non bastasse, la brezza notturna lo rende intirizzito dal freddo. La situazione lo riempie di terrore e sta per smarrirsi del tutto, poi riesce a riaversi e a fare appello a tutto il suo coraggio, ormai sul punto di ritrovare una strada battuta e chiedere ricovero in qualche posto abitato, anche in un'osteria. Si ferma e resta in silenzio per qualche attimo, finché sente un mormorio indistinto che, ascoltando con più attenzione, gli sembra uno scroscio d'acqua: capisce con enorme sollievo che si tratta dell'Adda e, quasi non sentendo più la stanchezza, procede senza paura verso il rumore, certo di essere ormai vicinissimo al fiume.

Renzo raggiunge l'Adda

Renzo arriva al fiume (ed. 1840)

Dopo pochi attimi Renzo raggiunge la riva dell'Adda e vede l'acqua del fiume che scorre luccicante in basso: alza lo sguardo e scorge vari paesi sulla riva opposta, compresa una gran macchia biancastra che dev'essere la città di Bergamo. Raggiunge la riva e osserva se per caso ci sia qualche barca nelle vicinanze, o se si senta il battere dei remi, poiché però non vede né sente nulla decide di attendere l'indomani prima di fare qualunque cosa, poiché l'Adda non è fiume di cui si possa tentare il guado a cuor leggero. Il giovane pensa dove sia meglio passare la notte ed esclude di arrampicarsi su un albero, poiché il freddo rischierebbe di farlo congelare, e anche di camminare avanti e indietro, poiché le sue gambe sono troppo stanche per reggere la stanchezza. Si ricorda di aver visto poco prima un capanno di paglia e fango usato dai contadini per custodire il raccolto d'estate e abbandonato d'autunno, per cui decide di passare lì la notte e si rimette in marcia per raggiungerlo. Una volta arrivato al capanno, ne apre facilmente l'uscio e vi entra, trovandovi una specie di amaca sospesa in cui tuttavia non si azzarda a salire; vede in terra poca paglia e decide di stendersi lì per dormire le poche ore che lo separano dal mattino.

Renzo passa la notte nel capannoRenzo si inginocchia sulla paglia ringraziando la Provvidenza di avergli fatto trovare quel ricovero, quindi recita le preghiere a differenza della sera prima, quando è andato a letto ubriaco (e forse per questo, pensa, il risveglio è stato tanto spiacevole). Quindi il giovane si copre con la paglia per difendersi dal freddo, che è pungente anche dentro al capanno, e si stende deciso a dormire, anche se la cosa gli riesce difficile in quanto la mente è piena di immagini e pensieri relativi alle recenti esperienze. Renzo vede davanti a sé tutti i personaggi da lui incontrati negli ultimi due giorni (il mercante, il notaio criminale, i birri, il poliziotto, l'oste della Luna Piena, Ferrer, il vicario...), nonché don Abbondio e don Rodrigo, tutta gente con cui ha dei conti in sospeso; vede anche nella sua mente i volti delle persone care, Agnese, Lucia, padre Cristoforo, specie gli ultimi due che sono strettamente associati in lui a ricordi piacevoli. Ma anche questo pensiero ha qualcosa di doloroso, sia per il rammarico di non aver seguito i saggi consigli del frate, sia per i sentimenti che il giovane prova per la sua promessa; quanto ad

F. Gonin, Renzo in preghiera

Agnese, Renzo la ricorda con affetto ma anche col triste pensiero che la donna è stata costretta a lasciare la sua casa, incerta dell'avvenire, tutto a causa di quel matrimonio che lei aveva così felicemente approvato. Tra i pensieri angosciosi e il freddo pungente, Renzo dispera di prender sonno e attende con impazienza la venuta del giorno, misurando il lento scorrere delle ore grazie ai rintocchi del campanile di un paese vicino, probabilmente Trezzo d'Adda.

Renzo attraversa il fiume sulla barca del pescatoreQuando il campanile batte le cinque del mattino, Renzo decide che è il momento di alzarsi ed esce dal capanno, ancora tutto infreddolito e con le membra intorpidite, guardandosi intorno per sincerarsi che non ci sia nessuno. Imbocca poi il sentiero percorso la notte prima e si dirige al fiume, mentre il cielo promette una giornata serena all'incerto chiarore lunare e l'alba proietta una luce rossastra sull'orizzonte, disegnando un paesaggio assai diverso da quello cui il giovane è abituato tra le sue montagne. Percorre nuovamente la strada della sera prima, ridendo tra sé per il terrore ispiratogli dalle piante che ora gli sembrano innocue, e alla fine

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F. Gonin, Renzo sulla barca

raggiunge la riva dell'Adda, dove vede un pescatore che si avvicina alla sponda con la sua barchetta remando controcorrente. Renzo chiama il pescatore e gli fa cenno di approdare, e dopo che l'uomo ha accostato con mille cautele il giovane salta dentro il battello, chiedendo di essere traghettato sull'altra sponda in cambio di una ricompensa. Il pescatore accetta e inizia a muovere la barca verso la riva opposta, mentre Renzo afferra un secondo remo e aiuta a sua volta a fendere le acque, dimostrando al barcaiolo che sa come manovrare un'imbarcazione. Il battello procede a zig-zag, ora fendendo la corrente e ora assecondandola, quindi Renzo chiede al pescatore se il paese dall'altra parte sia Bergamo: l'altro risponde di sì e aggiunge che la riva opposta è terra di S. Marco, al che Renzo si lascia andare a un'esclamazione di gioia.Una volta approdati sull'altra sponda, Renzo dà al pescatore una berlinga e si allontana, mentre l'uomo intasca la moneta e augura al giovane buon viaggio. Il pescatore è solito svolgere un servizio simile ai

contrabbandieri e ai banditi che chiedono di essere traghettati sulla sponda veneta del fiume, non tanto per avidità di guadagno quanto per non farsi dei nemici fra quel genere di individui, badando a non incorrere nella giustizia.

Renzo in cammino verso il paese di BortoloRenzo si sofferma un momento sulla riva, guardando la patria che ha appena lasciato e rallegrandosi dello scampato pericolo, anche se è triste al pensiero delle persone care che sono rimaste laggiù. Si incammina poi verso Bergamo, chiedendo lungo la strada con disinvoltura ai viandanti come raggiungere il paese del cugino Bortolo,apprendendo che gli restano da percorrere nove miglia. Si mette in marcia inoltrandosi nel territorio e non tarda a rendersi conto che la carestia è tristemente presente anche qui: attraversando i villaggi vede molti accattoni che non sono soliti esercitare questo mestiere e contadini impoveriti che chiedono l'elemosina insieme alle loro famiglie, per cui si domanda se troverà lavoro a dispetto di tanta penuria. Si consola pensando che Bortolo è un uomo benestante e non lo abbandonerà, confidando anche nell'aiuto della Provvidenza.Mentre cammina si rende conto di essere affamato e pensa che non sarebbe una bella cosa presentarsi al cugino chiedendo un pasto, quindi vuota le tasche per sincerarsi di quanto denaro gli rimanga: non è gran che, ma è sufficiente per un pasto frugale e perciò entra in un'osteria (dopo aver pagato il conto, gli rimane ancora qualche moneta).

Renzo nel Bergamasco (ed. 1840)

Renzo spende gli ultimi soldi in elemosina

F. Gonin, Renzo fa l'elemosina

Mentre esce dall'osteria in cui ha mangiato, Renzo vede due donne accasciate in terra, una anziana e l'altra più giovane con un bambino fra le braccia che tenta inutilmente di allattare, mentre in piedi accanto a loro c'è un uomo che un tempo doveva essere robusto e che ora le privazioni hanno reso debole e fiacco. Tutti e tre stendono la mano per chiedere qualcosa e Renzo esclama che c'è la Provvidenza, estraendo dalla tasca le ultime monete e mettendole nella mano più vicina, riprendendo subito dopo il suo cammino.L'opera buona e il pasto consumato hanno rallegrato il giovane, che si è privato degli ultimi soldi ma confida maggiormente nell'avvenire, poiché la Provvidenza ha fatto in modo che lui, forestiero e per giunta fuggiasco, facesse l'elemosina a quelle povere persone, quindi non potrà certo abbandonarlo nel momento del bisogno. Renzo pensa inoltre che la carestia prima o poi finirà, che è abile come lavoratore della seta e che a casa ha un po' di denaro, che provvederà a farsi spedire; fantastica circa il fatto che, una volta tornata l'abbondanza, troverà lavoro in un filatoio e metterà da parte dei risparmi, con cui potrà fare in modo che le due donne lo raggiungano, mentre pensa che anche in quella

terra ci sono curati e che potrà sposare Lucia senza troppi problemi. Sogna la loro vita insieme in quei luoghi, dove mostrerà alla promessa sposa e ad Agnese il punto in cui ha attraversato l'Adda, lasciandosi alle spalle il triste passato.

Renzo ritrova il cugino BortoloRenzo arriva finalmente al paese del cugino e vede un edificio alto con più ordini di lunghe finestre, che riconosce subito come un filatoio: entra e chiede se si trova lì Bortolo Castagneri, al che un lavorante gli indica il "signor Bortolo" poco lontano. Sentendo che il cugino è chiamato "signore" Renzo si rincuora, quindi raggiunge il cugino all'interno dello stabilimento: dopo uno scambio di affettuosi saluti Bortolo porta Renzo in una stanza appartata, lontano dalle macchine e dai curiosi, dove lo rimprovera bonariamente di averlo raggiunto solo ora, in un momento critico per la produzione delle seta. Renzo spiega le circostanze in cui ha dovuto compiere quel passo e il cugino lo rassicura dicendogli che, se anche il lavoro è scarso e non c'è grande richiesta di operai, lui farà in modo di aiutarlo grazie al favore che gode presso il padrone del filatoio, di cui è il factotum. Bortolo ricorda poi con piacere Lucia e la povera casetta in cui viveva con Agnese, aggiungendo parole di condanna per don Rodrigo, quindi chiede a Renzo se ha mangiato e quanti denari gli restano. Il giovane dice di aver fatto colazione e di aver finito gli ultimi soldi, ripromettendosi di farsi inviare quelli

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che ha a casa, quindi Bortolo afferma che sarebbe inutile per lui aver messo da parte del benessere se non lo usasse per aiutare parenti e amici. Chiede inoltre a Renzo ragguagli sulla rivolta avvenuta a Milano e aggiunge che, quanto alla carestia, nel Bergamasco le cose vanno diversamente e la città ha acquistato da un mercante di Venezia del grano proveniente dalla Turchia, per provvedere alla popolazione; le città di Verona e Brescia hanno cercato di imporre dazi doganali, ma un avvocato di nome Lorenzo Torre è andato di persona a Venezia per convincere il doge dell'insensatezza del provvedimento ed esso è stato revocato. In seguito il senato veneziano ha spedito una quantità di miglio nel Bergamasco, per provvedere alle necessità delle popolazioni rurali.

Bortolo dà a Renzo alcuni utili consigliRenzo e Bortolo (ediz. 1840)

Bortolo spiega poi a Renzo che lo presenterà al padrone del filatoio, un uomo generoso al quale lui ha già parlato del cugino e che gli troverà certamente un impiego, quindi informa il giovane che i Milanesi vengono chiamati dai Bergamaschi col titolo non molto onorevole di "baggiani" (sciocchi), sia pure in senso affettuoso. Renzo non accoglie bene la notizia e si mostra irritato da questa bizzarra abitudine, ma Bortolo gli spiega che la cosa è normale in quel territorio e se un Milanese vuol vivere lì ci si deve rassegnare, altrimenti dovrebbe venire alle mani tutto il tempo; può darsi che in futuro questa strana consuetudine verrà meno, ma per il momento le cose stanno così e Renzo si dovrà abituare, specie pensando a ciò che volevano fargli i suoi compatrioti milanesi. Bortolo accompagna poi Renzo dal padrone e fortunatamente riesce a sistemarlo in modo dignitoso, cosa provvidenziale perché il giovane non potrà certo fare assegnamento sui denari lasciati a casa (vedremo presto il motivo).

Temi principali e collegamenti

Il capitolo narra la conclusione della fuga di Renzo dal territorio di Milano, con il cammino notturno verso l'Adda che risulta la parte più difficile e insidiosa del viaggio, non tanto per i pericoli materiali ma per l'angoscia interiore che il giovane deve affrontare nel bosco (l'arrivo al fiume coincide con la fine di un incubo e l'inizio di una nuova fase nella vita del protagonista, per cui si veda oltre). Renzo si dimostra in questo episodio un vero "eroe cercatore", che affronta la strada e i pericoli che essa presenta, mostrando spirito d'iniziativa e una buona dose di coraggio (specie nel trovare il cammino al buio e nel decidere poi di non tentare il guado perché troppo rischioso, passando la notte nel capanno). Per approfondire: E. Raimondi, Renzo eroe cercatore.Nel soliloquio iniziale Renzo ripensa alle assurde calunnie che il mercante ha detto su di lui all'osteria di Gorgonzola, immaginando di spiegare all'interlocutore le sue ragioni: insiste soprattutto sul fatto di aver agito a fin di bene e di essere finito nei guai per questo, ripromettendosi di essere più prudente in avvenire (viene ridicolizzata anche la trasformazione della lettera di padre Cristoforo in un "fascio" di carte, come il fatto che essa conterrebbe la "cabala" della rivolta, poiché è la lettera di un religioso a un altro frate). Il discorso di Renzo è un esempio di retorica popolare, non privo di una certa efficacia.La veglia angosciosa di Renzo, assillato dai pensieri delle persone care e dal rammarico di essersi cacciato nei guai, rimanda ad altre analoghe notti insonni di vari personaggi del romanzo, sia pure con sfumature diverse: da quella comica di don Abbondio prima del matrimonio (cap. II), a quella ben più seria dell'innominato dopo il rapimento di Lucia (XXI) e di Lucia stessa prigioniera nel suo castello, fino all'incubo di don Rodrigo che sogna l'ammonimento di fra Cristoforo e si scopre ammalato di peste (XXXIII). A parte l'intermezzo più leggero del curato, in tutti gli altri casi i personaggi sono angustiati da pensieri legati alla coscienza e al giudizio divino, anche se gli esiti saranno volta a volta diversi (la fiducia nella Provvidenza per Renzo e Lucia, la più tetra disperazione per l'innominato, il terrore della morte imminente per don Rodrigo).Il barcaiolo che traghetta Renzo sull'altra sponda dell'Adda è una figura analoga a quello che ha trasportato lui e le due donne in fuga dal paese (cap. VIII), con la differenza che quello agiva per spirito caritatevole e in modo disinteressato, questo svolge abitualmente un tale servizio in cambio di denaro.Compare finalmente il personaggio di Bortolo Castagneri, il cugino di Renzo emigrato nel Bergamasco che si mostra subito sollecito nel dare asilo e lavoro al giovane fuggiasco (vedremo in seguito che il suo aiuto non sarà del tutto disinteressato). Il discorso con cui illustra i provvedimenti assunti dalla città di Bergamo e dal senato veneziano per alleviare le sofferenze della carestia è importante, perché mostra il modello economico privilegiato da Manzoni (fondato sul libero commercio e la circolazione delle merci, senza dazi doganali) ed è polemicamente contrapposto alla politica insensata delle autorità milanesi, con l'imposizione del calmiere sul prezzo del pane. L'autore ha tratto le notizie su Lorenzo Torre e G.B. Bava dal trattato di Lorenzo Ghirardelli, Il memorando contagio seguito in Bergamo l'anno 1630 (pubblicato nel 1681), in cui si parla della peste (l'autore lo citerà come fonte nel cap. XXXIII).Il termine "baggiani" con cui i Bergamaschi chiamano i Milanesi corrisponde al lombardo bagiann, "sciocco", e ciò che Bortolo spiega a Renzo si rifà a un'usanza ancora attiva al tempo di Manzoni in quei territori. Dalla parola è derivato l'italiano "baggianata", che significa appunto "sciocchezza".Renzo non potrà fare affidamento sul denaro lasciato in paese perché questo verrà sequestrato dalla giustizia in seguito a una rovinosa perquisizione, come narrato all'inizio del cap. XVIII. Col cap. XVII si conclude un ampio tratto di narrazione (iniziato alla fine del cap. XI) che ha descritto le vicissitudini di Renzo dopo la fuga dal paese e che ha visto lui solo tra i personaggi principali sulla scena; dal successivo inizierà un altro gruppo di capitoli dedicati alle tribolazioni di Lucia (XVIII-XXVII), mentre Renzo farà la sua ricomparsa solo nel XXVI quando dovrà trasferirsi in un altro paese e assumere il falso nome di Antonio Rivolta.

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Il cammino di Renzo verso l'Adda come il percorso di un eroe fiabescoNei capp. XI-XVII dei Promessi sposi Renzo è protagonista di una sorta di "romanzo di formazione", un viaggio che egli compie verso l'ignoto in cerca di giustizia e che diventa per lui un percorso ricco di ostacoli e prove da superare, al termine del quale si ritroverà più maturo e più saggio di fronte alle vicende della vita (è il modello del Bildungsroman proprio della letteratura tedesca e europea, in cui l'eroe "cercatore" affronta un viaggio con spirito picaresco e dove la strada è l'ambientazione principale, con le sue insidie e i suoi pericoli; cfr. E. Raimondi, Renzo eroe cercatore). Non c'è dubbio che tale modello abbia agito fortemente sull'autore nel delineare le avventure di Renzo a Milano e successivamente la sua fuga nel Bergamasco, tuttavia vi sono forti analogie anche con lo schema narrativo della fiaba e con la tipologia di "eroe" al centro di questo racconto tradizionale, specie se si guarda ad alcuni elementi che sono propri dell'intreccio fiabesco: Renzo è un giovane che deve lasciare la sua patria e affrontare un viaggio pieno di incognite, che ha per "oggetto del desiderio" la giustizia e, dunque, il modo per ricongiungersi all'amata Lucia; ha un "mandante" in padre Cristoforo che lo indirizza a Milano e gli consegna la lettera da presentare al convento, che diventa una sorta di "dono" per il protagonista; lungo la strada incontra vari personaggi "antagonisti" che tentano di ostacolarlo (la folla che vuole linciarlo, il notaio

criminale, i birri...), alcuni "falsi aiutanti" che si fingono suoi alleati (l'oste della Luna Piena, il poliziotto travestito) e alcuni "aiutanti" che lo agevolano nella fuga in seguito al tumulto (il cittadino di Milano, il viandante che gli mostra la strada, il pescatore che lo traghetta al di là dell'Adda...). La stessa entrata in Milano diventa l'ingresso, almeno inizialmente, in una dimensione presentata come "fiabesca", un mondo alla rovescia in cui la rivolta in atto è presentata come sovvertimento momentaneo della realtà sociale (Renzo trova a terra pane e farina, il che lo porta ad affermare che questo è il "paese di cuccagna"), mentre in seguito la città in tumulto diventa uno spazio ricco di insidie e potenzialmente pericoloso che sottopone Renzo a una serie di "prove", e se anche il giovane in un primo momento fallisce e rischia di perdersi, in seguito si ravvede e intraprende il cammino verso il Bergamasco che è anche un percorso di redenzione, che lo porterà a imparare dagli errori commessi e a diventare più forte nell'avvenire.Infatti è soprattutto durante il cammino verso l'Adda (cap. XVII) che la cifra "fiabesca" del viaggio di Renzo risulta in maniera più evidente, in particolare per il taglio narrativo scelto dall'autore nel descrivere il suo avvicinamento al confine con lo Stato veneto: il giovane procede a piedi, come solitamente fanno gli eroi delle fiabe ("Cammina, cammina", come già nel cap. XVI: "Cammina, cammina; trova cascine, trova villaggi... è certo d'allontanarsi da Milano, spera d'andar verso Bergamo"), e man mano che cala la notte si addentra in luoghi

G. Doré, Pollicino nel bosco sconosciuti e sempre più selvaggi, che lo allontanano da ogni segno di presenza umana e fanno nascere in lui strane inquietudini. Il momento più drammatico è l'ingresso in un bosco,

che nelle fiabe rappresenta solitamente lo spazio dell'ignoto e del pericolo e in cui Renzo si inoltra non senza provare una forte inquietudine: emerge la paura dei racconti sentiti da bambino, vede ombre e minacce dappertutto, sta per essere sopraffatto da un orrore ancestrale e per ciò più profondo, anche se, a differenza dei racconti fiabeschi, il giovane non deve combattere con mostri in carne ed ossa ma con la sua angoscia interiore (dunque il bosco è la proiezione fisica delle paure che egli coltiva dentro di sé e che è chiamato a vincere per superare la "prova" più difficile in questo suo percorso di formazione, per crescere come individuo). E infatti Renzo vince la paura appellandosi al suo coraggio e alla sua forza, atterrito dalla stessa idea di venire sopraffatto da un terrore irrazionale, e mentre medita di tornare indietro e chiedere ricovero in qualche casa ecco che sente il rumore dello scorrere dell'Adda, che in questa situazione assume la valenza simbolica della sua salvezza e la vittoria sui fantasmi dell'oscurità: l'autore sottolinea il sollievo del protagonista con un triplice climax ascendente ("Fu il ritrovamento d'un amico, d'un fratello, d'un salvatore") ed è chiaro che il viaggio di Renzo ha raggiunto una prima importante tappa, un momento essenziale del suo processo di formazione e maturazione. Non a caso, infatti, è solo a questo punto che il giovane si rende conto degli errori commessi in precedenza e ne chiede perdono in preghiera, mentre il successivo passaggio del fiume segna l'ingresso in uno spazio che non sarà più insidioso come la città di Milano, ma segnerà l'inizio di una nuova vita in cui Renzo, tra l'altro, getterà le basi della futura esistenza quando finalmente riuscirà a sposare la sua promessa, trasferendosi con lei proprio in questo territorio.La dimostrazione di ciò è il secondo viaggio che Renzo compirà a Milano al tempo della peste (XXXIII-XXXIV), che avrà caratteristiche del tutto diverse e non sarà più un percorso di formazione, ma la messa a frutto delle passate esperienze e dell'avvenuta maturazione nel corso del primo viaggio e della permanenza nel Bergamasco: questa volta la decisione di mettersi in cammino è assunta da Renzo in piena autonomia, lungo la strada è abile a evitare ostacoli e "falsi aiutanti" e, soprattutto, quando giunge a Milano dimostra di aver imparato dai propri errori, evitando accuratamente di mettersi nei guai con una condotta incauta. La città non ha del resto più nulla di "fiabesco", poiché in essa regna l'orrore della peste e il suo attraversamento diventa per Renzo una sorta di "discesa agli inferi", in cui le "prove" da superare consistono nella razionalizzazione della tragedia e, soprattutto, nel coraggio di andare fino in fondo per scoprire la verità su Lucia, che potrebbe essere ammalata o addirittura morta: ciò non toglie che anche in questa occasione Renzo passerà i suoi guai e rischierà il linciaggio come già avvenuto durante il tumulto, tuttavia riuscirà a salvarsi con fortuna e destrezza trovando l'aiuto inaspettato dei monatti, che come "aiutanti" sono davvero molto diversi dai personaggi rassicuranti del primo viaggio e somigliano piuttosto ai demoni che affollano la città sconvolta dal contagio. Anche nell'affrontare questa situazione Renzo dimostra scaltrezza e maturità, per cui si può affermare che al suo arrivo al lazzaretto il suo percorso di formazione sia quasi concluso, benché gli resti da affrontare l'ultima e decisiva prova che consiste nel perdono dell'odiato don Rodrigo: questa, tuttavia, sarà una difficoltà tutta e solo interiore, il cui superamento consentirà a Renzo di completare con successo la sua maturazione e di trasformarsi in un individuo migliore di quanto non fosse all'inizio della vicenda, come dimostra la morale ingenua ma efficace che egli esprime nelle pagine finali del romanzo e in cui elenca le cose che ha "imparato" nel corso delle sue peregrinazioni, tutte tra l'altro avvenute proprio nelle spazio "insidioso" della città di Milano.

Clicca qui per ascoltare l'audio del capitolo dal sito www.liberliber.it(voce narrante di Silvia Cecchini).

Capitolo XVII