LINGUAGGIO DI MARCANTONIO L - Bollettino...

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LINGUAGGIO DI MARCANTONIO L A PIÙ antica fra le stampe datate da Mar- cantoni o Raimondi, Piramo e Tisbe, I) è del 1505. Ma delle altre stampe della prima maniera giunte a noi, più di una era stata lnCISa anche prima di quella data. Lo stesso ritratto di Fi- loteo Achillini di cui il poeta parla nel Viri- dario, sia o non sia quello a noi giunto, deve ritenersi anteriore al 1504.2) Come si presentava la personalità di Marcan- tonio in queste stampe? Bisogna tener presente che egli usciva dalla bottega di Francesco Francia, dove aveva in- cominciato a lavorare di niello. 3 ) La sua opera perciò sarà per lungo tempo riverberata dei sua mano e le differenzia senz'altro da quelle di tutti gli incisori che lo hanno preceduto. La luce e l'ombra sono logicamente divise e pun- tualizzate, i piani sommariamente stabiliti, e su di essi il bulino ara i suoi solchi fitti'e leggeri, con un sentimento che è ancora quello della cosiddetta" maniera fi- ne" fiorentina, ma che rivela intanto un più preciso intento plastico. L' incisore però non sa rinunziare ai suoi contorni ben marcati, i quali continuano così a vivere per conto loro, come se il chiaroscuro non avesse assolto il suo compito. . modi del niello, quali specialmente la campi tu- ra delle figure su fondo unito e l'accentuazione dei loro contorni, spesso ripresi col ciappolino. A differenza però dei primitivi fiorentini, i quali, nei loro tentativi di modellazione, ave- MARCANTONIO RAIMONDI: DAVID CON LA FIONDA E IL SACCO Di siffatta contraddi- zione stilistica è impron- tata tutta la prima par- te dell'opera incisoria di Marcantonio Rai- mondi. Contraddizione è nella rispettiva auto- nomia del contorno e del chiaroscuro; con- traddizione tra la sboz- zatura sommaria dei corpi nudi e la rifinitura da orafo delle chiome, vano accusato una certa paura degli spazi bianchi, ora eludendola col ripiegare sui contorni ed acquarellare le figure a mano, ora affrontandola senza persuasione, con un "macchiato" a tratti finissimi simulanti la tinta unita dell'acquerello, che non coinci- deva quasi mai con la dialettica del rilievo, 4) Marcantonio mira con una certa risolutezza a sistemare il chiaroscuro. Egli è innamorato del nudo e su quello specialmente fa le sue prove, riuscendo a realizzare subito un certo modulo grafico, che dà carattere alle stampe uscite di gli uni sentiti per piani, nella luce, e le altre acconciate e cesellate ciocca per ciocca, filo per filo; contraddizione a volte nella impostazione dei personaggi e degli ac- cessori e nella stessa fattura delle singole parti di un corpo, contraddizione fra l'illuminazione delle figure e la mancanza di qualsiasi ombra proiet- tata al suolo. Ma da tutte codeste contraddi- zioni nasce una certa speciosa unità, un accento che dà sapore e bellezza alle immagini così inge- nuamente realizzate e di cui è esempio leggia- drissimo il David con la fionda e il sacco (B. 12). ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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LINGUAGGIO DI MARCANTONIO

L A PIÙ antica fra le stampe datate da Mar­cantoni o Raimondi, Piramo e Tisbe, I) è del

1505. Ma delle altre stampe della prima maniera giunte a noi, più di una era stata lnCISa anche prima di quella data. Lo stesso ritratto di Fi-loteo Achillini di cui il poeta parla nel Viri­dario, sia o non sia quello a noi giunto, deve ritenersi anteriore al 1504.2)

Come si presentava la personalità di Marcan­tonio in queste stampe? Bisogna tener presente che egli usciva dalla bottega di Francesco Francia, dove aveva in­cominciato a lavorare di niello. 3) La sua opera perciò sarà per lungo tempo riverberata dei

sua mano e le differenzia senz'altro da quelle di tutti gli incisori che lo hanno preceduto. La luce e l'ombra sono logicamente divise e pun­tualizzate, i piani sommariamente stabiliti, e

su di essi il bulino ara i suoi solchi fitti'e leggeri, con un sentimento che è ancora quello della cosiddetta" maniera fi­ne" fiorentina, ma che rivela intanto un più preciso intento plastico.

L' incisore però non sa rinunziare ai suoi contorni ben marcati, i quali continuano così a vivere per conto loro, come se il chiaroscuro non avesse assolto il suo compito.

. modi del niello, quali specialmente la campi tu­ra delle figure su fondo unito e l'accentuazione dei loro contorni, spesso ripresi col ciappolino. A differenza però dei primitivi fiorentini, i quali, nei loro tentativi di modellazione, ave- MARCANTONIO RAIMONDI: DAVID CON LA FIONDA E IL SACCO

Di siffatta contraddi­zione stilistica è impron­tata tutta la prima par­te dell'opera incisoria di Marcantonio Rai­mondi. Contraddizione è nella rispettiva auto­nomia del contorno e del chiaroscuro; con­traddizione tra la sboz­zatura sommaria dei corpi nudi e la rifinitura da orafo delle chiome,

vano accusato una certa paura degli spazi bianchi, ora eludendola col ripiegare sui contorni ed acquarellare le figure a mano, ora affrontandola senza persuasione, con un "macchiato" a tratti finissimi simulanti la tinta unita dell'acquerello, che non coinci­deva quasi mai con la dialettica del rilievo, 4)

Marcantonio mira con una certa risolutezza a sistemare il chiaroscuro. Egli è innamorato del nudo e su quello specialmente fa le sue prove, riuscendo a realizzare subito un certo modulo grafico, che dà carattere alle stampe uscite di

gli uni sentiti per piani, nella luce, e le altre acconciate e cesellate ciocca per ciocca, filo per filo; contraddizione a volte nella impostazione dei personaggi e degli ac­cessori e nella stessa fattura delle singole parti di un corpo, contraddizione fra l'illuminazione delle figure e la mancanza di qualsiasi ombra proiet­tata al suolo. Ma da tutte codeste contraddi­zioni nasce una certa speciosa unità, un accento che dà sapore e bellezza alle immagini così inge­nuamente realizzate e di cui è esempio leggia­drissimo il David con la fionda e il sacco (B. 12).

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ROMA, GABINETTO NAZIONALE DELLE STAMPE - MARCANTONIO RAIMONDI: RITRATTO DI FILOTEO ACHILLINI

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Fino a questo runto tuttavia Marcantonio è un "primitivo ,'o I suoi fantasmi respirano più l'atmosfera casta ed acerba dei fiorentini del Quattrocento fino al Robetta, che non quella più esperta e consapevole di Alberto Durer e di Luca di Leyda, di lui poco più anziani. Ma nel suo spirito urge una ben diversa forza, una più ambiziosa aspira­zione lo agita. La sua insistenza nello studio del nudo, l'amore dell' antico che l'Achillini gli at­tribuisce espli­citamente (" che imita degli an­tichi le sante orme,,), ci avver­tono come egli tenda alla realiz­zazione di una' forma plastica­mente più com­piuta, ma nello' stesso tempo più pura e serena. 5)

di altri incisori già formati, anche quando, cessando di copiarli, si esercita ad imitarli.

La sua intuizione della forma è, in fondo, diversa da quella del Durer, e lo schema gra­fico dell' incisore tedesco, scoperto nelle xilo­

grafie, nei rami non è sempre tale da poterglisi rivelare compiu­tamente.7) Perciò se un vantaggio gli viene, come mestiere, da quell' esercizio, la sua aspirazio­ne stilistica non ne guadagna gran che.

Egli ha cono­sciuto il Durer e si è messo a co­piarne accanita­mente le inci- MARCANTONIO RAIMONDI: ORFEO ED EURIDICE

Già in opere come Apollo Gia­cinto e Amore (B. 348), il Sati­ra che sorprende la Ninfa (B. I9), la Venere che si strizza i capelli (B. 3I2), l'Uomo e la donna dalle palle (B. 377), l'Amore e i tre bambini (B. 320), il Serpente che parla (B. 396), Venere, Vulcano e Amore (B.326), alcune delle quali datate a sioni. Sono nate

così le serie della Passione di Cristo e della Vita della Vergine, nonchè altre stampe tratte da xilografie e incisioni in rame del celebre inci­sore tedesco. Ma a che può servirgli, tolto il fine commerciale, tutta codesta esercitazione? 6)

Nonostante la sua valentia, Marcantonio ha la coscienza di non essere giunto ancora a trovare sul rame un linguaggio che gli permetta di possedere compiutamente i suoi fantasmi, di spiegarseli, cioè, nel sentimento dell' incisione; ma non si appaga di quello che gli offre l'opera

Venezia, egli non è più solo dinanzi al Durer. La conoscenza di Bartolomeo Montagna gli consente intanto di tingere di veneto e bel­liniano sapore l'orizzonte d'una composizione bolognesissima come la sua prima Natività (B. I6), il cui S. Giuseppe dormente è copiato appunto dal S. Pietro che il Montagna aveva inciso nel Cristo all' orto (B. 4), e la cono­scenza del Diana e del Giorgione, sia diretta­mente, sia attraverso Giulio Campagnola, lo mette in grado d'incidere la Donna che innaffia

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MARCANTONIO RAIMONDI: SAN GIORGIO CHE UCCIDE IL DRAGO

una pianta (B. 383), e di meditare il celebre e arcano e bellissimo Incendio sul lago (B. 359), che _ sarà poi iriciso a Firenze, dopo il suo inContro col Il cartone di Pisa" di Michelangelo. Codesto incontro è breve, ma rimarrà per molto tem­po vivo -nella vita e nella fantasia di Marcantonio, anche se -stilisticamente sarà subito -- superato e as­sorbito dall' incontro con Raffaello. Michelangelo, come abbiamo visto,8) chia­risce alla mente di Mar­cantoni o il -principio della linea modellante. L'indi­pendenza fra contorno e ,modellato delle sue figure

a Venezia, tende a scomparire del tutto a Firenze: contorno e modellato, spinti uno verso l'altro da un atto d'amore, assumono la stessa

importanza, si mettono sul medesimo piano, si com­pletano. I profili delle figu­re cessano di avere nello spazio più peso di quel che possano averlo le linee interne destinate a defi­nire un seno, una spalla, un ginocchio. Ed ecco che anche quelle linee, al pari dei contorni, denunziano il loro modo di essere, hanno insomma Il confine con l'aria".

-La forma così cade sotto il raggio di un' intuizione

bolognesi, attenuatasi già MARCANTONIO RAIMONDI: RITRATTO DI PIO II più completa e l' incisore

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se l'appropria nella sua totalità. Un altro passo avanti e Marcantonio comincerà ad incidere a Il contorni aperti", riconoscendo così anche i diritti dell'atmosfera.

Per quanto estrinseco gli era stato a Venezia 1'insegnamento dureriano e leydiano,9) per tanto intrinseco gli si manifesta a Firenze e a Roma quello buonarrotiano e raffaellesco. Marcantonio riconosce finalmente la sua voca­zione e le si abbandona.

Luca di Leyda aveva fatto di Massimiliano. Se ad una cosa mira Marcantonio con piena consape­volezza, è all'alleggerimento e alla chiarificazione dell' "artifizio" , in vista di determinate conqui­ste di · stile. E in ciò è schiettamente italiano.

Lasciamo un momento in disparte le opere sue più celebri, come il Giudizio di Paride, IO)

il Martirio di S. Cecilia (B. 117), la Strage degli

Si usa troppo, a pro­posito di Marcantonio, parlare di " tecnica" , come se la sua opera, presa in blocco, non rappresentasse altro che il trionfo del mestiere, e si trascura così di distinguere il possesso dell' " artifizio" inci­sorio da quel che è in un incisore il modo personale di esprimersi, si confonde insomma un acquisto di natura meccanica, egualmente accessibile a tutti, con l'accento che l'artista ad esso imprime nel­l'atto di farne uso. Nessun tecnico, in ve­rità, sa essere così sem­plice come Marcanto­nio. La sua Tentazione (B. I) per portare qual­che esempio, è addi­rittura elementare di fronte all' Adamo edEva del Diirer, come ele­mentare, per non par­lare del preteso ritratto di Raffaello (B. 496), è il suo celebre ritratto dell'Aretino (B. 513), rispetto a quello che qualche anno pnma

ROMA, GABINETTO NAZIONALE DELl.E STAMPE MARCANTONIO RAIMONDI: LA CACCIATA DAL PARADISO

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ROMA, GABINETTO NAZIONALE DELLE STAMPE - MARCANTONIO RAIMONDI: IL MORBETTO

Innocenti (B. 20), il Parnaso (B. 247), Galatea (B. 350), la Profumiera (B. 489), tutte da Raf­faello; il Quos Ego, II) conteso tra Raffaello e Giulio Romano, il Trionfo di Tito (B. 213), su disegno attribuito a Baldassarre Peruzzi, il Martirio di S. Lorenzo (B. 104), da Baccio Bandinelli, opere in cui, dove più dove meno, pur servendosi di un linguaggio semplice, sco­perto e spesso libero, mira a realizzare quel­l'ideale statuario della forma che oggi gli aliena le nostre simpatie, e fermiamoci per un momento su una delle incisioni minori, sulla Pensierosa, per esempio, 12) distinguendola anzitutto dalle due copie in controparte, una delle quali (B. 445) ci è da taluno presentata come l'originale. L'incisore, puntualizzata l'immagine, ne af­fida l'espressione ad un giuoco elementare di piani tonali, facendo sì che essa emerga senza

sforzo dalla loro naturale opposizione. L'imma­gine purissima vive per miracolo nella fantastica atmosfera creatagli dall' inciso re, e se un segno, anche il più lieve, scendesse a circoscriverne il profilo delicato, quell'incanto sarebbe senz'altro rotto, come lo ruppero in seguito i due copisti.

Non meno sobria è una fra le più complesse stampe di Marcantonio, La Peste, detta comu­nemente Il Morbetto (B. 417), incisa su un disegno di Raffaello, al quale era stato sug­gerito da quel passo del volume III dell'Eneide in cui si descrive una fiera pestilenza nell' isola di Creta, che "la stagione e l'anno - e gli uomini e gli armenti e l'aria e l'acque - e tutto altro infettonne: onde ogni corpo - o cadeva o languiva ... II' 13)

Fortemente contrastata di luci e di ombre, e per questo riattaccantesi all'ormai remoto

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ROMA, GABINETIO NAZIONALE DELLE STAMPE MARCANTONIO RAIMONDI: VENERE, PALLADE E AMORE

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una consapevole parsi­monia di mezzi; figure sbozzate per piani (si veda la donna acco­sciata col capo sul brac­cio), e toni raggiunti anche con una sola serie di tratti (come per esempio nel vec­chio col braccio alzato, tutto nero sul lume dello sfondo), che hanno la schiettezza e la trasparenza di un colpo di pennello.

Anche questa, come la Pensierosa, è una opera viva nella sua semplicità, non meno di . certe composizioni bolognesi dello stesso Marcantonio e di altre stampe concepite o eseguite a Roma, al­l'infuori del clima affocato delle riprodu­zioni di mestiere.

Pochi incisori, in ve­rità, furono come Mar­cantonio sollecitati dal problema dell' espres­sione. 14) Egli giunge con un tirocinio di cui è facile individuare le tappe a spiegarsi la for­ma attraverso le leggi del moto prospettico della linea. Questa era la

MARCANTONIO RAIMONDI: LA MADONNA SULLE NUVOLE sua segreta aspirazione,

e Michelangelo, come abbiamo visto, lo aiuta ad appagarla, gliela rivela, diremmo, quasi di colpo.

Incendio sul lago, essa è altrettanto semplice quanto la Pensierosa. Il suo tessuto, è, qua e là, addirittura vimineo, e ricorda certe stampe del periodo bolognese. Anche qui l'incisore non si preoccupa che di stabilire alcune tonalità fondamentali, entro le quali le singole figure, i singoli oggetti, assumono naturalmente il loro posto e la loro fuzione nello spazio. Dappertutto è

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Ma una conquista di tal genere porta con sè un gravissimo pericolo: quello che la linea, tra le mani dell' incisore, diventi esemplare, tipica, astratta, perdendo il contatto e l'aderenza con la forma su cui nasce. Questo è infatti il difetto che infirma molte incisioni di Marcantonio e

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quelle specialmente nate intorno a lui, nella sua bs:>ttega e fuori; e su questo difetto si svilupperà l'incisione accademica della seconda metà del secolo. Da questo difetto insomma scaturirà quel monumento di abilità e di pretenzione che è il grande S. Girolamo di Agostino Cara cci 15) e su esso si fonderà, nell' Ottocento, tutta t'estetica

basi, e come già in gioventù tagliava a colpi d'ascia i volumi elementari del David con la fionda e il sacco, così più tardi, nel pieno possesso dei suoi mezzi, lascia che la luce divori addirittura le fattezze dei ritrattini dei sei Pontefici (Pass. 292 a 297). Ma anche dove sia indotto ad attuare graficamente quell' ideale classico della forma ch' è

del" bel taglio". 16) Ma Mar­cantonio, trovate le leggi dell' andamento prospettico della linea, non giunge, come gl' incisori che gli succede­ranno, alla concezione esclu­siva di un rilievo ideale buono per tutte le sue incisioni, e quando la fretta e le esigenze di bottega non t'obbligano a fare diversamente, dà al suo linguaggio accenti perfetta­mente individuati, la cui puntualità ancor oggi ci sor­prende. Che gl' importano allora le regole del rilievo id eal e? Il suo periodo ri t­mico spezza le formule, e dove ci aspetteremmo l'im­piego di serie di linee ton­deggianti e incrociantisi se­condo un "concerto" pre­stabilito e indifferenziato, egli se ne esce invece con un piano di linee a pioggia, get­tato nel verso dell' illumina­zione, franco e riassuntivo come una brava pennellata. A questo modo Marcantonio solo può creare la zona d'om­bra sul volto della Pietà dal braccio nudo (B. 34), mentre il ripetitore della Pietà dal braccio coperto (B. 35), ha bi­sogno d'in tessere, per otte­nere la stessa ombra, una rete di tratti modellanti se­condo la convenzione. Mar­cantonio è felice quando può eludere codesta convenzione, di cui egli stesso ha posto le LONDRA, MUSEO BRITANNICO - RAFFAELLO: LA MADONNA DI FOLIGNO

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forma della sua visione nell'atto stesso in cui questa gli si impone. E in tal senso è un arti­sta, come tutti i crea­tori di linguaggio.

ROMA, GAB. NAZ. DELLE STAMPE - AGOSTINO VENEZIANO: VENERE FERITA CON AMORE

Bisogna considerare che Marcantonio lavo­rava quasi sul nulla, anche quando aveva davanti dei disegni di Raffaello. Quei disegni, lo sappiamo, erano soli­tamente allo stato di abbozzo, e su essi l'in­cisore doveva esercitare la sua immaginazione, o meglio la sua" capaci­tà di lettura" , andando sempre più in là dei modelli e conferendo loro quell'aspetto che avrebbero avuto se il pittore li avesse con­dotti a termine da sè. I7) Ma anche quando Marcantonio avesse avuto sotto gli occhi un' opera finita, dise­gno o pittura che fosse, si trattava sempre di un'opera non concepita per l'incisione, e per tradurla sul rame bisognava s piegarsela da sè, trovarle, cioè, un linguaggio.

implicito nei modelli e verso i quali indubbia­mente egli si sentiva attratto per temperamento e per coltura, Marcantonio rifugge dal fissarsi in uno schema rigido che rifletta uniformemente ed accolga dall' esterno i modi di quell' ideale. Quando tra il I5I5 e il I520 ha già un dizionario tutto suo, per poco ch'egli non abbia fretta, si astiene dal farne uso senza averne saggiato la proprietà su quel che di particolare l'opera da incidere presenta. Egli individua e crea così la

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Ben diversa dalla sua poteva dirsi la posizione di quei fiorentini del Quattrocento, detti della "maniera larga", ai quali era assegnato il compito di trasportare sul rame dei disegni già bell' e spiegati per 1'incisione, eseguiti cioè dagli stessi inventori così come andavano in­cisi. Dietro la grande Assunzione del preteso Baccio Baldini (B. XIII, 86,4), chi non vede il disegno stesso di Sandro Botticelli, con quel suo caratteristico tratteggio a penna, diagonale

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ROl\iA, GABINETTO NAZIONALE DELLE STAMPE - LUCA DI LEYDA: LA CREAZIONE DI EVA

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MARCANTONIO RAIMONDI: QUOS EGO

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e senza incroci, che non ha dovuto subire, tra­sferendosisulla lastra, modificazioni di sorta? L'originale di Raffaello che Marcantonio ha dinanzi, invece,. è un disegno estemporaneo il cui tratteggio, a penna o a matita che sia, non ha la determinatezza che gli abbisogna per essere convertito in un contesto dialettico di tagli a bulino, oppure è, per non parlare di tele e ta­vole dipinte, un acque­rello a tinte unite, uno Il sfumato 11 a sanguigna o a punta d'argento, da cui resta escluso del tutto il tratteggio, il vocabolario, cioè, di cui dispone propriamente un intagliatorè a bulino e col quale soltanto è costretto ad esprimersi.

Prendiamo la cosiddetta Madonna sulle nu­vole (B. 53), incisa non sul celebre dipinto (Madonna di Foligno al Vaticano) che Raffaello eseguì nel I512 pel folignate Sigismondo Conti, ma dal bellissimo disegno a punta d'argento che si conserva oggi al Museo Britannico, dise­gno dei meno incompleti, ma privo tuttavia di

qualsiasi indicazione

Marcantonio dunque, lungi dal copiare, è obbligato a disegnare da sè, a scoprire cioè la forma e a denunziarne la logica, più che non sia stato obbligato a fare lo stesso pittore. In un campo come l'incisione a bulino l'approssima­tivo e l'indefinito non MARCANTONIO RAIMONDI: RITRATTO DI RAFFAELLO

lineare di modellato. Ebbene, un uomo dell'abilità di Marcan­tonio avrebbe potuto rinunziare al taglio del bulino e, lavorando in­vece di punta, ripro­durlo benissimo in tutti i particolari del suo granito e delle sue sfu­mature, facendo su per giù quello che fecero Giulio Campagnola, Marcello Fogolino e Martino da Udine e anticipando i prodigi delle Il rotelline 11 e del Il lapis 11 settecentesco, così come avrebbe po­tuto col medesimo pro- • cedimento tradurre alla perfezione la Il super­ficie 11 di un acquerello o di un dipinto. Ma, a sono ammessi, e quel

che nel pittore era soltanto suggerito o sottin­teso, bisogna che nell' incisore sia determinato e messo definitivamente a fuoco. Così si giustifica il fallimento di Agostino Veneziano, il quale, giunto a Firenze e uscito allora allora da un dilettantesco esercizio di plagi, uno più sterile dell'altro, si trova a dover interpretare diret­tamente un disegno di Andrea del Sarto. 18)

Così si spiega come Màrcantonio, accogliendolo subito a Roma nella sua scuola, cominci col dargli dei disegni già interpretati per l'incisione, come quella deliziosa Venere ferita con Amore (B. 386), concepita da Raffaello per la camera da bagno del cardinal Bibbiena, in cui l'allievo non ha dovuto fare altro che passare il bulino sui segni tracciati uno per uno dal maestro. 19)

. parte il fatto che ciò non corrisponde al suo tem-peramento, e che lui quindi non vi pensava neppure, c'è che a quel modo avrebbe compiuto opera troppo meccanica di trascrizione, ini­bendosi la gioia di ripossedere, spiegandosela, l'immagine che gli stava davanti.

Ma ci sarà sempre chi si chiederà se l'inci­sione valga il disegno o se il grado di fedeltà con cui essa lo traduce ne giustifichi l'esistenza. Ma ciò, se mai, poteva interessare nel Cinque­cento i committenti e gli avventori di Marcan­tonic, e probabilmente l'incisore medesimo, in quanto uomo pratico; ma non interessa l'arte, per la quale quelle immagini, frutto di una sin­tesi estetica nuova, vivono ormai di vita propria, in una loro particolarissima atmosfera. 20)

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In codesta atmosfera Marcantonio è ancor oggi presente al nostro spirito, con un numero discreto di opere, di sua e di altrui invenzione, alcune delle quali, passate indebitamente agli scolari, debbono essergli restitui­te. Il numero, è vero, non è gran­de, rispetto alla mole smisurata della fatica di questo incisore, ma un certo ozio fantastico ( quello stesso che aveva visto la sua por­tentosa capacità di disegnatore esercitarsi più su modelli preesi­stenti che sul vero e che gli aveva fatto usare quasi sempre sfondi di accat­to), non permise a Marcantonio di attuare costante-

poco allo scadimento del di lui stile; poi il Sacco di Roma, che lo privò di tutto il suo e lo costrinse a fuggire "poco meno che mendico" , forse a Mantova prima, presso Giulio Romano, a Bologna

mente e con per­fetta coerenza le sue effettive con­quiste di stile e inquinò gran parte della sua produzione, spe­cie quella nata in margine alla miseria dell'uo­mo pratico. Do­po la morte di

MARCANTONIO RAIMONDI: PIETRO ARETINO

poi, dove cessò ben presto di vi­vere. Si ammette generalmente, su un passo del­l'Aretino, che Marcantonio sia morto nel 1534.21)

Ma l'uso senza ritegno che Ago­stino Veneziano cominciò a fare dei rami di lui fin dal 1530, ci autorizza a pen­sare che quel­l'anno stesso egli non doveva es­serci più. Co­munque, Mar­cantonio visse abbastanza per potersi definire, ma operò anche troppo al!' in­fuori del campo della sua defini­zione' e come certi scolari sen­za genio fanno dei loro maestri, ripetè e sviluppò assai spesso solo i suoi propri di­fetti. Egli fu in certo senso lo

Raffaello, Marcantonio, come si sa, non visse tran­quillo. Prima il carcere, per aver inciso, indottovi probabilmente dal Baviera, i Modi scandalosis­simi di Giulio Romano, il quale contribuì non

I) BARTSCH, Le Peintre-Graveur, XIV, pago 322.

2) Il ritratto di Filotea Achillini a noi giunto sotto la denominazione di Suonatore di chitarra (B. 469), potrebbe non essere quello stesso di cui parla l'Achillini

scolaro di se stesso. Per poterlo amare ancora e spiegarsi l'ammirazione di cui fu oggetto ai suoi tempi, bisogna saper distinguere in lui il maestro dallo scolaro. ALFREDO PETRUCCI

nel suo poemetto, anche perchè i suoi versi farebbero pensare che il poeta era stato raffigurato in altra posi­zione (" hamme re tratto in rame como io scrivo" , cioè con la penna in mlno e non con la chitarra). Tuttavia

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bisogna osservare che il "lontano" di questa stampa, col suo corso d'acqua serpeggiante fra i poggi alberati e con la linea dei monti appena segnata all'orizzonte, ha una perfetta analogia con Piramo e Tisbe.

3) Orefice, niellatore, pittore, coniatore di monete e incisore di caratteri tipografici, tipografo egli stesso sotto il nome di Francesco di Bologna, Francesco Rai­bolini detto il Francia ebbe grandissima influenza sulla formazione di Marcantonio Raimondi, che predilesse fra tutti i suoi discepoli ed ammirò per la sua singolare capacità inventiva. Di lui poetava l'Achillini (El Viri-diario, MDXIII): .

Tante opre in testimonio ha fatto il Francia Et in sculptura al ver segno se accosta; Col bolin suo aguaglia la bilancia.

4) Cfr. A. PETRUCCI, L'incisione in rame in Italia: Il dramma dei Primitivi, in Nuova Antologia, 16 giugno 1930.

5) Sappiamo già come Marcantonio si sia giovato della statuaria antica, sia per farne delle vere e proprie riproduzioni, come quella statua di Marco Aurelio (B. 514), in cui con tre toni esattamente studiati e rag­giunti risolve, poco dopo il suo arrivo a Roma, un pro­blema pittorico essenziale, sia per utilizzarne qua e là, nelle sue composizioni, gli elementi. Il Delaborde gli nega l'incisione de L'uomo dal piede ferito (B. 465) tratta dalla nota statua in Campidoglio, e non si accorge che essa è stilisticamente e tecnicamente eguale, perl;ino nel tratteggio diagonale dello sfondo e nella fattura delle toppe erbose del terreno, al S. Sebastiano (B. 109). Ma i giudizi del Delaborde, nonostante il grande amore che anima la sua opera (Marc-Antoine Raimondi, étude historique et critique, Paris 1888), sono basati su criteri troppo estrinseci e troppo inquinati di letteratura, per poter approdare a risultati concreti. Egli nega, per esempio, che Marcantonio abbia potuto incidere il grande David e Golia (B. IO) e gli sfugge il singolaris­simo procedimento" a contorni aperti", tutto proprio del miglior Marcantonio, su cui è impiantato, con per­fetta coerenza, l'intero lavoro.

6) L'ultima stampa della Vita della Vergine (B. 621-637), oltre al monogramma di Alberto Durer e a quello di Marcantonio (aggiunto, sembra, in seguito alle rimo­stranze che il Durer avrebbe fatte alla Signoria di Vene­zia per impedire che le contraffazioni fossero confuse con gli originali) reca una terza sigla, " ave c deux mono­grammes - dice il Bartsch - dont on ne connoit point la signification w Si tratta appunto della marca di due editori veneziani, i fratelli" de Jesu ti , per il cui com­mercio Marcantonio contraffece le stampe, imitando in rame la tecnica xilografica della serie dureriana. Nella stessa lastra, a una certa altezza e in altro modo, la marca dei due editori veneziani è incisa una seconda volta.

7) Marcan tonio copia a preferenza i legni del Durer, pi ù riassuntivi e scoperti nel loro tratteggio che non i rami. Quel che egli copia, in ogni modo, è il verso del tratteggio non già i tratti (che è costretto, sul rame, ad aumentare di numero e ad infittire), cioè il linguaggio e non le parole.

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8) Vedasi per questo. e per altri riferimenti: A. PE­TRUCCI, Disegni e stampe di Marcantonio, in Bollettino d'Arte, marzo 1937-XVj Id., Il mondo di Marcantonio, in Bollettino d'Arte, luglio 1937-XV.

9) Marcantonio, come sappiamo, prese in prestito dal Durer e da Luca di Leyda elementi di paesaggio e di figura per le sue composizioni. Ma l'imprestito era scambievole. Non c'è, si può dire, manualetto di storia dell' incisione il quale non c'informi che lo sfondo degli Arrampicatori di Marcantonio (B. 487) è preso dal Maometto che uccide il monaco Sergio di Luca (B. 126). E nessuno c'informa, tanto per dare un esempio, che la raffaellesca figura messa da Marcantonio a giacere nel suo Uomo dormente sul margine del bosco (B. 438j vedasi riproduzione da noi datane in Bollettino d'Arte, luglio 1937-XV), è da Luca presa di sana pianta e por­tata nella sua Creazione d'Eva (B. I). Questa prova inoppugnabile della conoscenza che Luca aveva delle stampe di Marcantonio e dell'uso che ne faceva, giova a dimostrare la parte avuta da un'altra stampa di Mar­cantonio, La cacciata dal Paradiso Terrestre (B. 2), nel michelangiolismo della Cacciata dello stesso Luca (B. 4).

IO) B. 245. Un disegno del Giudizio di Paride romano, con non tutte le figure, è a Parigi. Si conoscono più copie di questa stampa, una delle quali, assegnata a Marco Dente, si scambia spesso con l'originale.

Il gruppo centrale della composizione, Venere, Pal­lade e Amore, si trova anche inciso a parte (B. 310). Il Delaborde non lo crede di Marcantonio e fa il nome di Marco Dente. Invece all'esame risulta inciso a" contorni aperti" e deve considerarsi come primo studio di Mar­cantonio.

II) B. 352: Nettuno che calma i flutti (Quos Ego), eseguito forse per un frontespizio dell'Eneide e ripro­dotto parzialmente da Gio. Ant.da Brescia e dal Bona­sone. Vi si notano reminiscenze dall'antico, e special­mente di un cammeo del Museo di Napoli con Giove che vuoI fulminare i Giganti dall'alto del suo carro. La parte centrale di questa stampa, nelle rare prove ante­riori al ritocco del Villamena, è quanto di più squisito per purezza e proprietà d'intaglio si possa immaginare.

12) B. 443: La femme en meditation (vedi riprodu­zione da noi datane in Bollettino d'Arte). Da non con­fondersi con la Femme pensive (B. 460), che fu attribuita a Marcantonio su disegno di Raffaello o del Parmigia­nino, mentre essa riproduce il Sogno di S. Elena del Veronese ed è quindi di parecchio posteriore. Questo valga a dimostrare quanto incerte ed astratte fossero le basi su cui si fondava l'esame stilistico delle stampe.

13) Cfr. disegno agli Uffizi. Il Passavant (Raphael d'Urbino, tomo II, pago 502) parla di un altro disegno che faceva parte della collezione di T. Lawrence.

14) Gli stessi tentativi di mezza tinta nella prepara­zione della lastra e nella vela tura della stampa, quali si vedono in una prova del Giudizio di Paride a Parigi e in una dell'Uomo dal piede ferito a Roma, debbono essere considerati non tanto come espedienti tecnici, quanto come segni d'inquietudine stilistica.

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15) BARTSCH, XVIII, pago 75. Questo S. Girolamo, di cui il Bartsch dice che Agostino Carracci " non aveva fatto nulla di più bello, di più finito; d'intagliato con più franchezza", fu lasciato incompletod:all'autore e ripreso, dopo la di lui morte/ da un allievo: Francesco Brizzi. "

16) Vedi A. PETRUCÒ, L'incisione in rame in Italia: Panorama dell'Ottocento, in "Rassegna dell'Istruzione Artistica, gennaio-fe bbraio-marzo '1935 -XIII.

17) Si è portati, mettendo a " confronto i disegni di Raffaello con "le " stampe ricavate ne da Marcantonio, a chiedersi se l'incisore non avrebbe fatto opera più meri­toria a trasportarli " sul rame così com'erano. Poichè, se è facile accusare Marcantonio' di aver trascurato, per troppo ossequio ai modelli, la sua personalità, altret­tanto facile è rimproverarlo di aver tradito i suoi autori.

Ebbene, ammettiamo che Màrcantonio avesse voluto riprodurre i disegni di Raffaello così com'erano. Data la sua abilità, egli ci avrebbe indubbiamente fornito dei facsimili perfetti, come quelli ,che nel SeiCento si ebbero dei" pensietipostunii" di Pietro Testa e quelli~ ancora più aderenti, che ' riel Settecento Francesco" Bartolozzi fece dei disegni del Guerci1}.o. Ma con ciò Marcantonio avrebbe rinunziato effettivamente a spiegarsi, per quanto a suo modo, Raffaello. Egli lo avrebbe riprodotto dallo esterno, senza riuscire a farlo proprio. Ed avrebbe com­piuto opera antistorica, come antistorica è la nostra ipotesi, poichè allo stesso Raffaello non poteva mai passare per la mente l'idea di una sua divulgazione attraverso i disegni, quei disegni all' impronta che .oggi forma"no il"nostro incanto, ma che per lui rappresentavano la promessa del bello, non già il bello. Nel punto in cui

il bello così adombrato si compiva, coincidendo virtual­mente con la sua concezione della forma perfetta, toc­cava a Marcantonio di doverlo raggiungere, facendosi strada fra le approssimazioni e le indicazioni sommarie di un disegno a volte appena accennato.

18) Il corpo del Cristo sostenuto da tre angeli (B. 40). 19) È questa, una delle interpretazioni più squisita­

mente raimondesche dei disegni di Raffaello, nella quale Agostino si adagia meglio che può, conservando come in Elyinas (B. 43) solo nella firma [la si confronti con quella apposta poco prima a Venezia al suo campagno­lesco Diogene (B. 197)] e nello sfondo giorgionesco il sentimento del suo prossimo passato.

20) Ogni incisione, sol che per fantasia della forma e coerenza di realizzazione riesca a individuarsi come tale, rappresenta sempre un prodotto estetico nuovo.

' Il Cavaliere della Morte del Durer (per nominare l'inci­"sore che meno si stacca dai suoi disegni) è cosa esteti­camente ben diversa dal disegno colorato che se ne con­serva all'Albertina e da quelli a penna ed acquerello dell' Ambrosiana~ come un' acquaforte di Rembrandt sarà sempre una cosa diversa dal disegno che il suo autore avrà potuto farne prima. La Madonna sulle nuvole e gli Arrampicatori di Marcantonio non sono la stessa cosa dei disegni originali di Raffaello e di Michelangelo, nè di fronte alla bellezza autonoma e inconfondibile della Pensierosa e del Morbetto c'importa veramente sapere se la prima sia stata disegnata da Raffaello o dal Parmigianino, o magari dallo stesso Marcantonio, e se la seconda risponda o no al disegno degli Uffizi.

21) "E non niego che Marcantonio non fusse unico nel burino". La Cortigiana, 1534, a. III, sco 7"'.

RESTAURI IL MOSAICO ROMANO DI SANTA PUDENZIANA

N EI RECENTI lavori di restauro della chiesa di " Santa'Puaenziana' eseguiti dalla R. Sopraintendenza

ai " Monumenti -per il Lazio, è stata oggetto di partico­lari cure anche la decorazione musiva dell'abside che presentava, a causa dell'umidità, larghe zone rigon­fiate ed in precarie condizioni di stabilità; si pensò dapprima anche àdun parziale distacco per restituire allè parti pericolanti la loro necessaria aderenza, ma, dopo" maturo esa"me, si preferì il sistema più lungo e difficoltoso di "consolidare ogni tessera singolar­mente, per evitare di alterare minimamente la fiso­nomia attuale dell'opera; furono inoltre tolti gli strati di polvere e di sostanze grasse che offuscavano il mo­saico. restituendo allo stesso il suo vero aspetto; sono riapparse così nella loro cruda differenza di stile tutte le innumerevoli zone di restauri più o meno antichi

-e le mutilazioni che il capolavoro ha subito attraverso i secoli, ma si PuÒ " in compenso ammirare in tutta la sua perfezione la parte originaria convenientemente assicurata e restituita. I)

Molto è stato scritto intorno al mosaico, ma specie nella critica più recente sussistono divergenze notevoli su diverse questioni iconografiche " e cronologiche. 2)

Nel campo strettamente iconografico solo il Toesca accenna l'ipotesi che nelle due figure femminili debbano riconoscersi l'Ecclesia ex circumcisione e quella ex gen­tibus. Ciò appare provato dal fatto che le due matrone, velate come nei mosaici di Santa Sabina, sono fuori del cerchio degli Apostoli, ed erette grandeggiano su di essi in una realtà trascendente, partecipando della stessa natura dei simboli apocalittici, con i quali sono ideal­mente congiunte. 3)

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