LINGUAGGI E GENERI FOTOGRAFICI - Zanichelli

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6 Introduzione 7 Il linguaggio fotografico 10 La fotografia di documentazione 13 La fotografia e il potere 14 La fotografia di guerra 16 Fotogiornalismo 18 Moda e pubblicità 20 La fotografia come forma artistica 22 Conclusioni 23 Laboratorio di comprensione Luciano Ongaro, L’abbietto, particolare. 5 CAPITOLO I | LINGUAGGI E GENERI FOTOGRAFICI LINGUAGGI E GENERI FOTOGRAFICI

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6 Introduzione7 Il linguaggio fotografico

10 La fotografia di documentazione13 La fotografia e il potere14 La fotografia di guerra16 Fotogiornalismo18 Moda e pubblicità20 La fotografia come forma artistica22 Conclusioni23 Laboratorio di comprensione

Luciano Ongaro, L’abbietto, particolare.

5CAPITOLO I | LINGUAGGI E GENERI FOTOGRAFICI

LINGUAGGI E GENERI FOTOGRAFICI

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La fotografia nasce in risposta all’esigenza didisporre di un mezzo per registrare la realtà nelmodo più rapido e fedele possibile, in una societàche, dopo la Rivoluzione Francese del 1789, vivevamomenti di grandi trasformazioni.

La necessità di fornire ritratti ad un numero cre-scente di persone, unita all’attrattiva di un guada-gno facile, rispetto ai mestieri legati alla registra-zione pittorica, eserciterà una forte attrazione peruna schiera di mediocri pittori, che intravedevanonella fotografia un modo relativamente sempliceper guadagnarsi da vivere.

Questo connubio fotografia-pittura, nato dasubito, inevitabilmente porterà ad una serie diatteggiamenti equivoci, ancor oggi presenti, checonsistono principalmente nell’ottenere con ilmezzo fotografico esiti pittorici. Questo modo divedere, ma si potrebbe dire di non vedere, la foto-grafia condurrà ad importanti movimenti quali ilpittorialismo e all’affermazione di autori comun-que significativi come Henry Peach Robinson eOscar Gustaf Rejlander, che vedremo di seguito.

Al contrario, personaggi come Henri Cartier-Bresson, per citare “il maestro”, ma già altri primadi lui, capirono perfettamente lo specifico fotogra-fico, utilizzando la fotografia per il mezzo che è esfruttandone appieno le potenzialità espressivo-comunicative.

Infine, la fotografia come mezzo per sperimen-tare, anche in assenza della macchina fotografica,porterà agli esiti interessanti del Futurismo ita-liano e all’affermazione di autori come Man Ray,Moholy Nagy, Veronesi ed altri fino ai nostri gior-ni, che vedono la fotografia protagonista a pienotitolo anche (ma non solo) a livello di espressioneartistica.

INTRODUZIONE

1 Hans Finsler, Lampadine, 1927.2 O.G. Rejlander, Tempi difficili, 1860.

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IL LINGUAGGIO FOTOGRAFICO

Per molti anni (in alcuni casi tutt’oggi) i fotografihanno vissuto l’equivoco rapporto fotografia–artein maniera subordinata. Troppo legata al mezzo,sostenevano i detrattori, per lo più mediocri pittoriche ne temevano la concorrenza.

Molti fotografi, a loro volta, per “qualificare” ilproprio lavoro, s’ispirarono, imitandola, alla pittu-ra. “Nasce così il cattivo gusto della ‘fotografiad’arte’ che ha accompagnato e spesso sviato ilcammino del giovane linguaggio fotografico”,come sostiene Italo Zannier nel testo intitolatoBreve storia della fotografia.

Su queste premesse, a cavallo del secolo scor-so si diffonde il pittorialismo, che nelle tecnicheparticolari quali la gomma bicromatata, la stampaal carbone e l’uso del flou, trova un sistema effi-cace per avvicinarsi visivamente all’esito pittoricotanto ricercato. Le fotografie prodotte in questoperiodo sono dei veri virtuosismi tecnici.

L’inglese Henry Peach Robinson, consideratol’ideologo del movimento, otteneva le sue operecomponendo, in base ad uno schema prestabili-to, una serie d’immagini in grado di ricreare unasituazione, per lo più drammatica. Il momento deltrapasso, composizione fotografica a mosaico, èuno degli esempi più famosi.

Il pittorialismo, pur facendo molti proseliti,incontra fortunatamente qualche voce dissenzien-te, anche se, a onor delvero, ancora piuttosto confusa.

Peter Henry Emerson, nelmanifesto Fotografianaturalistica del 1889, individua nella natura ilsoggetto grazie al quale la fotografia si può ele-vare ad arte, senza bisogno di trucchi e montaggi.In essa, sostiene Emerson, c’è già tutto: bastariprenderla. Alcuni anni più tardi, in piena crisiintellettuale, ritratta quanto sostenuto, ma ormaialtri fotografi hanno intrapreso la strada da luigenericamente tracciata.

1 H.P. Robinson, Il momento del trapasso, 1858.2 H.P. Robinson, fotogramma preparatorio per Il

momento del trapasso.3 P.H. Emerson, Raccogliendo gigli d’acqua, 1885.

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La fotografia moderna ha avuto in AlfredStieglitz una personalità di spicco, capace diprovocare quella scossa divenuta necessaria perl’evoluzione del linguaggio.

Personalità eclettica, oltre alla propria attivitàfotografica sviluppa interessi caratterizzati dallascoperta di nuovi linguaggi; a lui si deve, ad esem-pio, la prima mostra americana di pittori europeicome Picasso, Matisse e Cézanne.

Nel 1902 fonda il Photo-secession, organismocon il quale getta le basi per una fotografia chepossa raggiungere pari dignità con le altre formeartistiche. Diretta e fedele alla realtà: questa è lafotografia secondo Stieglitz.

Per propagandarne l’idea, apre la galleria 291e, a partire dal 1903, pubblica Camera Work, cherisulteranno essenziali per la formazione di nuovegenerazioni di fotografi.

Quella di Stieglitz è una figura centrale attornoalla quale si sviluppano altre figure fondamentalidella cultura americana e non solo. Tra tutti, ricor-diamo Paul Strand.

Ancora per diverso tempo però le discussionirelative all’artisticità avranno comunque l’effettodi imbrigliare la fotografia in un ambito ben al disotto delle sue reali potenzialità.

A dare uno scossone a tutto questo, interven-gono le innovazioni relative alla stampa tipografica(zincografia, heliogravure), che permettono didiffondere nei giornali, a costi contenuti, le imma-gini a corredo del testo.

La nascita del fotogiornalismo comporta unrinnovamento linguistico che riguarda sia la parolascritta che l’immagine fotografica, che trova final-mente nell’urgenza comunicativa il motivo perallontanarsi dai soli canoni della fotografia d’ar-te. L’urgenza di informare prende il sopravventosull’esigenza di produrre arte.

La materia prima non manca: la trasformazionedella società, la rivoluzione industriale, l’emigra-zione europea negli Stati Uniti, diventano i sogget-ti di un folto gruppo di fotografi ormai lontani daiprovinciali circoli fotografici, che continuano unaloro “aristocratica” ricerca sull’estetica.

1 A. Stieglitz, Terza classe, 1907. 2 Pagina di New York Dada, 1927.

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Jacob Riis, dalle pagine del New York Tribune,rende protagonista la vita dei ceti poveri dellacittà; Lewis Hine con le sue immagini denuncia losfruttamento del lavoro minorile e documenta gliarrivi, ad Ellis Island, degli emigrati europei.

Nelle foto di Riis e Hine si fondono due elemen-ti fondamentali della nuova fotografia: documentoe comunicazione.

Queste opere saranno fertili: la Municipalitàdi New York interverrà per risanare i quartieri e loStato promuoverà nuove leggi di tutela minorile.

Non sempre il ruolo della fotografia è solo quel-lo di denunciare e ad un aspetto non si può comun-que sfuggire: la documentazione. Che riguardi lafisionomia di una persona o quella di un luogo,oppure una condizione di vita, la fotografia registradatando una situazione, rendendosi documento.Anche la foto giornalistica, nel momento in cui silibera dell’urgenza informativa, diventa documen-to e va ad arricchire l’immenso album fotograficodelle nostre esistenze.

Se paragoniamo l’evoluzione sociale, culturalee tecnica dell’ultimo decennio, ci rendiamo contoche nel passato non sarebbe bastato un secolo perprodurre altrettanti cambiamenti.

Può dunque far sorridere il dibattito sull’artisti-cità della fotografia nell’epoca in cui alla Biennaledell’Arte di Venezia sono presenti una miriaded’immagini fotografiche ed installazioni video.Possiamo solo dire che la fotografia ha una mol-titudine di aspetti, autonomi ma anche intrecciatitra di loro, che la vedono protagonista sia quandosi tratta di accreditare un documento di ricono-scimento, sia quando la troviamo esposta nei piùprestigiosi musei del mondo.

I passaggi, così sommariamente esposti, hannoil senso di avvalorare un percorso storico di cui lafotografia attuale è debitrice.

Come vive l’altra metà è il libro di fotografie diJacob Riis, pubblicato nel 1890 dopo tre anni dilavoro, che permette alla popolazione di pren-dere coscienza delle disumane condizioni di vitanei bassifondi.

1 J. Riis, Bambini in un vicolo di New York, 1890.2 L. Hine, Famiglia italiana emigrata, 1904.

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“…il Touring Club Italiano mi aveva affidatol’incarico di rifare a colori una mia vecchia foto-grafia in bianco e nero scattata vicino a Siena,raffigurante una strada tortuosa costeggiatada cipressi. Io ricordavo perfettamente il luogoeppure non riuscivo a trovarlo. Solo dopo un po’mi resi conto che la strada era stata allargata,parzialmente raddrizzata ed era scomparsa unafila di alberi. La vecchia foto, ora irripetibile,rappresenta qualcosa che non c’è più, è diventa-ta documento”. Libera trascrizione tratta da unaconferenza di Gianni Berengo Gardin.

La fotografia è lo strumento di documentazioneper eccellenza, attesta la nostra identità, registrail nostro aspetto negli anni, rievoca i luoghi chevisitiamo. La macchina fotografica è un registratoredi immagini che, passando attraverso la sensibilitàdel fotografo, documenta fatti, persone, luoghi.

LA FOTOGRAFIA DI DOCUMENTAZIONE

La documentazione riguarda sempre il passato,come l’attualità. Ben poca cosa sarebbe la nostraconoscenza del mondo se non ci avvalessimo diimmagini e racconti trasmessi da altri.

Della documentazione della guerra si è giàparlato, così come dei pionieri della fotografiadocumentaristica Riis e Hine. Vediamo allora altripersonaggi ed iniziative che nella breve vita diquesto nuovo medium hanno fatto storia.

La Parigi d’inizio Novecento è documentata dadue personaggi diametralmente opposti, per con-dizione sociale e soggetti ripresi. Non si tratta didue fotografi “professionisti” come diremmo oggi,bensì di due persone che hanno avuto con la foto-grafia un rapporto speciale, a cui il riconoscimentodi grandezza è arrivato dopo anni di attività in sordina.

1 G. Berengo Gardin, Veneto, La strada sull’argine.2 J.H. Lartigue, Renée, 1930.

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1 E. Atget, La Villette, Rue Asselin, 1921.2 G. Primoli, Scena di strada, 1890.

Il primo, Jacques Henri Lartigue, fotografadall’età di sette anni e, poiché appartiene al “belmondo” della società borghese, riprende la vitaspensierata della Ville Lumière, la città luce, congli occhi dei protagonisti di questo sfavillanteperiodo. La fotografia è per lui soltanto un passa-tempo, ma la sua capacità visiva è straordinaria. Lanotorietà arriva in seguito all’esposizione presso ilMuseo d’Arte Moderna di New York, nel 1963.

Le grandi trasformazioni in atto a Parigi por-tano invece l’occhio di un altro grande fotografo,Eugène Atget, a posarsi su tutto ciò che è in peri-colo di estinzione: luoghi, personaggi, mestieri.Quella di Atget è la Parigi minore, affollata di botte-ghe, stradine, viandanti, che il progresso avrebbepotuto travolgere da un momento all’altro.

Arrivato tardi alla fotografia, Atget sembra esse-re in perfetta simbiosi con la sua Parigi. Utilizzandoun apparecchio di grande formato, ormai sorpas-sato, registra con lentezza un migliaio di lastre diuna città che a pochi metri di distanza corre a ritmivertiginosi, lasciandoci una documentazione unicaper spessore e completezza.

In Italia due fratelli, fotografi dilettanti, riassu-mono per alcuni aspetti la figura dei due francesi. Iconti Giuseppe e Luigi Primoli si trasferiscono daParigi a Roma e qui, a cavallo tra il 1800 e il 1900,riprendono immagini servendosi di un grandeapparecchio, di una carrozza attrezzata e servitù alseguito, ma anche di un più leggero apparecchio8x9 centimetri che permetteva lo scatto di istan-tanee. Si dice addirittura che Giuseppe, dotato diun colpo d’occhio fuori dal comune, abbia antici-pato quel modo di riprendere al volo che vennesuccessivamente teorizzato da Cartier-Bresson. Eproprio mentre i fotografi dell’epoca si attardanoin questioni di stile, spesso banali, i Primoli, conGiuseppe in testa, offrono immagini dallo spiritogià giornalistico. Il titolo nobiliare permette loro diaccedere a qualsiasi ambiente, riportandoci un’im-magine storicamente importante della “Roma checonta “. Meno conosciute ma altrettanto importantisono le immagini riprese nella città dei vicoli, deibottegai ed artigiani e tra i contadini. Le due seriedi immagini appaiono stridenti, tanta è la diffe-renza tra l’esistenza condotta tra queste diverseclassi sociali. Ad oggi non sono chiari gli intenti ela consapevolezza dei due fratelli; tuttavia il lorolavoro rappresenta un documento di eccezionalevalore storico oltre che fotografico.

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Dotati di grande consapevolezza per il lororuolo, istituzionalizzato dallo stesso Governo ame-ricano, sono invece i fotografi della FSA (FarmSecurity Administration).

Il presidente Roosevelt, per porre rimedio allacrisi americana del 1929, incarica l’agenzia diindagare, anche per mezzo della fotografia, lasituazione degli agricoltori americani, ridotti sullastrico dalla caduta della domanda e dalla impos-sibilità di pagare i debiti contratti per meccanizza-re le campagne.

A coordinare il lavoro di tutti i fotografi è RoyStryker, che chiede di registrare fedelmente larealtà, senza sentimentalismi o sofisticazioni. Lafotografia assume in questo modo la funzione dispecchio del reale. Tra i fotografi, ricordiamo alme-no Dorotea Lange e Walker Evans.

Il viaggio, infine, costituisce un settore di gran-de interesse per la fotografia documentaristica.A ben vedere, è forse l’unico genere in grado ditrasformare ogni essere umano in un fotografo,perché dei propri viaggi ognuno di noi vuole pre-servare memoria e fornire testimonianza.

Con la seconda metà del 1800 gli interessipolitico-economici spingono alla documentazionedi luoghi esotici e, tra questi, il bacino a sud delMediterraneo. La forza dell’immagine fotograficas’impone sulla rappresentazione tradizionale peril suo realismo e diventa anche un elemento mon-dano, perché poter disporre di queste immaginida mostrare alla propria cerchia di amicizie rendemolto in termini di “prestigio”.

In ambito editoriale, molte riviste si sono spe-cializzate nel settore geografico - divulgativo.

1 D. Lange, Madre migrante, 1936.2 W. Evans, Agricoltore dell’Alabama, 1936.

Pagina a lato1 H. Hoffman, Hitler a Berlino nel 1937.

Il personaggio eliminato (qui elaborato in semi-trasparenza colorata) è Joseph Goebbels.

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La fotografia pone immediatamente un grossoproblema al potere: la registrazione meccanica enon pittorica è infinitamente più veritiera. I fattie le circostanze, rappresentati dai pittori di corte,confrontati con le nuove riprese fotografiche per-dono credibilità. Oggi sappiamo che la fotografiaè anche manipolazione, ma tra un disegno ed unafoto, a quale si attribuisce istintivamente la verità?

Lo studioso Ando Gilardi ha raccolto numero-si documenti che attestano quanto la fotografiafosse tenuta sotto osservazione. I casi sono mol-teplici: si va dalla schedatura dei fotografi e deisemplici possessori di apparecchi operata con uneditto dal Vaticano nel 1861, ai divieti di ripresaemessi dal comando piemontese nei luoghi ogget-to dell’ultima guerra d’Indipendenza. A Solferino,dove ebbe luogo una battaglia terminata con unmassacro, lo stesso Napoleone III dispose il divie-to d’accesso allo scopo di “impedire la profana-zione del campo di battaglia da parte di ladri,spogliatori di cadaveri e fotografi”.

Wladimiro Settimelli, a ragione, mette in risal-to questo passaggio della censura, poiché la foto-grafia che inizialmente veniva vista come un pas-satempo, diventa con le proibizioni “un autenticofatto rivoluzionario”. I divieti, lo sappiamo, hannospesso l’effetto opposto. È così che una schiera difotografi coraggiosi spinge il proprio obiettivo oltrele barriere del consentito, riportandoci i fatti nonfiltrati dalle agenzie governative.

Il potere, naturalmente, non ha subito la foto-grafia in modo passivo ma, prendendone coscien-za, ha imparato a sfruttarla a proprio vantaggio.Tutti i grandi politici disponevano e dispongono disolidi apparati di propaganda nei quali la fotogra-fia gioca un ruolo fondamentale. L’immagine, chein questi anni ha assunto una rilevanza che è sottogli occhi di tutti, per chi detiene il potere a diversotitolo (dalla politica, alla religione, alla finanza) èsempre stata oggetto di grande attenzione.

LA FOTOGRAFIA E IL POTERE

La censuraLa censura fa parte di quel rapporto inscindibi-

le che si instaura ogni qual volta viene a sussistereun centro di potere. La verità può essere scomodanel caso vada ad intaccare determinati interessi oqualora si scontri contro quelli che, al momento,sono considerati dogmi. Galileo Galilei dovettescontare il carcere per i suoi studi astronomici;molti ricorderanno le vicissitudini dei personaggidescritti nel romanzo di Umberto Eco “Il nomedella rosa”: chi non abiurava, non ammetteva cioèdi aver sbagliato, censurandosi, doveva subire lepersecuzioni dell’Inquisizione.

Il potere, anche quello democraticamente elet-to, impone costantemente il controllo sull’infor-mazione. Sta alla bravura ed al coraggio dei varioperatori saper scavare per ottenere ciò che, sco-modo o inopportuno, si tenta di nascondere. Ilcaso giornalistico del Watergate è esemplare: gra-zie alle indagini di due giornalisti del WashingtonPost, Bob Woodward e Carl Bernstein, lo spio-naggio operato a danno del Comitato NazionaleDemocratico da persone vicine all’allora presiden-te degli Stati Uniti, ebbe un risalto tale da condurrealle clamorose dimissioni del presidente Nixon.

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L’attività del fotografo (e del giornalista) diguerra è conosciuta da tutti noi, in quanto la cro-naca spesso riporta notizie riguardo la scomparsao il rapimento “sul campo” di molti operatori impe-gnati nel documentare fatti bellici.

Il fotografo è presente sui campi di battaglia sindalla metà dell’800, fornendo immagini molto piùcredibili delle raffigurazioni grafiche fino ad allorautilizzate.

Nel 1855 il fotografo Roger Fenton si reca inCrimea per documentare la vita dei soldati inglesi,impegnati in una guerra lunga e divenuta maleaccettata dall’opinione pubblica.

Fenton viene inviato dallo stesso Governo bri-tannico, che gli impone un punto di vista rassicu-rante. Ci troviamo così di fronte ad uno dei primitentativi di mistificazione: ciò che Fenton riprendeobbedendo al committente non è generalmentefalso, è semplicemente parziale.

Le tecniche di ripresa, d’altronde, non eranocosì evolute da consentire al fotografo di presi-diare le zone “calde”; pertanto Fenton produceuna serie d’immagini delle retrovie, riprendendoufficiali intenti a discutere, la truppa a pranzo, losbarco di viveri ed attrezzature. Le foto dove ven-gono ripresi i soldati feriti, risulta invece che sianostate inscenate. La pacatezza dei gesti conferisce aqueste immagini sofferenza, ma allo stesso tempoconforto.

Il reportage di Fenton si conclude con la presadi Sebastopoli ed è portato a termine da JamesRobertson e Felice Beato. Quest’ultimo, proba-bilmente meno famoso del collega inglese, ha inrealtà seguito il corso di numerosi eventi bellici,fotografando per primo, in India, i corpi dei soldaticaduti. Con Beato l’immagine retorica della guerra,che ha sempre puntato sul gesto eroico, vienefinalmente sostituita dalla tragica testimonianza dichi, a differenza del pittore, era necessariamentesul posto per riprendere l’immagine.

Un discorso analogo vale per i fotografi cheripresero le fasi della Guerra di SecessioneAmericana. Abbiamo, in questo caso, la forma-

LA FOTOGRAFIA DI GUERRA

...se un fotografo fosse allora esistito, ciavrebbe proposto un Napoleone ben diverso dalretorico condottiero cantato con accenni cosìlusinghieri da pittori come il David.

Italo Zannier, Breve storia della fotografia.

1 R. Fenton, Crimea, calotipo, 1855 .2 M. Brady, Guerra di Secessione Americana, 1861.3 R. Capa, Donna con un bambino avuto da un

soldato tedesco, rasata per punizione, 1944.

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zione di quella che possiamo considerare la primaagenzia fotografica, dato che il personaggio piùconosciuto, Matthew Brady, in realtà si occu-pò principalmente dell’organizzazione di un foltogruppo di fotografi, impegnati nella colossaleimpresa di documentare il conflitto tra le confede-razioni del nord e del sud (con una spesa totale diben 100.000 dollari dell’epoca!).

Nessun compiacimento nelle immagini pro-dotte, ma guerra e distruzione.

Sicuramente il più famoso fotografo di guerradi tutti i tempi è Robert Capa, autore della famosaimmagine del miliziano colto nell’istante in cuiviene ucciso, durante la Guerra Civile Spagnola.Dello stesso autore sono le immagini dello sbarcoin Normandia, riprese al fianco delle truppe allea-te. L’errore di un assistente durante lo sviluppo hapurtroppo alterato la quasi totalità del lavoro.

Le immagini di Capa non sono retoriche oepiche, ma esprimono una dura condanna della

guerra e delle sue conseguenze.Insieme ad un gruppetto di amici, Capa fonda

l‘agenzia Magnum Photos, nata con il precisoscopo di poter controllare per intero l’utilizzo delleimmagini che, prima di allora, potevano essereimpiegate a piacimento degli editori, anche stra-volgendone il significato. Il fotografo, da semplicesupporto dell’informazione, acquista piena consa-pevolezza e dignità di autore.

“Robert Capa, di origini ungheresi, ha lascia-to alla storia una raccolta di immagini, che è ilpiù vivo documento delle tristi vicende bellicheche hanno sconvolto il mondo dalla guerra diSpagna del 1936, sino ai conflitti coreani edindocinesi, di cui Capa ha colto il volto, con unapartecipazione all’evento, che ha lo scopo disegnalare soprattutto il significato storico, nonsolo la cronaca epidermica”.

Italo Zannier, Breve storia della fotografia.

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FOTOGIORNALISMO

Di fotogiornalismo si è già parlato in questocapitolo. Concludiamo allora con una serie di pun-tualizzazioni.

L’impiego della fotografia da parte della stam-pa apre ampi spazi di discussione.

La fotografia è un mezzo per comunicare, quin-di il suo utilizzo da parte dei grandi media apparecome conseguenza naturale.

I primi editori che poterono disporre di imma-gini fotografiche si trovarono tra le mani uno stru-mento molto più efficace dell’illustrazione, sia perimpatto visivo che per veridicità. Ed è quest’ultimoaspetto che ci consente alcune riflessioni (esclu-diamo per il momento la foto truccata).

• La fotografia rappresenta una porzione dellospazio, ciò che non è inquadrato non si conosce.

• La fotografia è generalmente accompa-gnata da una didascalia.

• La fotografia viene accostata ad un artico-lo di giornale.

• Il giornale ha una propria linea politica.• Le fotografie possono essere di proprietà

dell’editore.Ricordate il caso di R. Fenton e perché è nata

la Magnum Photos? Se poi consideriamo la pos-sibilità di manipolare una foto, operazione oggipiuttosto semplice, ci rendiamo conto di quanto sidebba essere cauti nell’assumere le notizie.

Tutto ciò non deve intaccare i giusti meriti deifotografi e della stampa, ai quali dobbiamo laconoscenza di grandi e piccoli eventi del nostrotempo.

1 Marc Riboud, Washington, 1960.

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LIFEUna menzione particolare spetta alla rivista

americana LIFE che, dotata di un gruppo formida-bile di fotografi ai quali era totalmente affidato ilreportage, riuscì nell’impresa di svolgere un gior-nalismo fatto principalmente di immagini, dove leparole contrariamente al solito fungevano da sup-porto alle fotografie e non viceversa. LIFE detieneun altro primato: la copertina del primo numero èfirmata da una donna, Margaret Bourke-White.

EPOCAIn Italia, a partire dal 1950, Arnoldo Mondadori

pubblica il settimanale EPOCA, ideato sul modellodi LIFE, a partire dallo stesso logo, bianco su sfon-do rosso. EPOCA chiude nel 1997.

1 M. Bourke-White, copertina del primo numero di

LIFE, novembre 1938.2 M. Bourke-White, Minatori, Johannesburg, 1950.3 Copertina del settimanale EPOCA del 1963.

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Questi due generi sono uniti sia per questionidi ordine storico che pratico.

Storicamente, la fotografia pubblicitaria esor-disce con la nascita dei nuovi periodici, che fannodell’illustrazione fotografica un punto di forza. Algià citato Life, si affiancano nuove riviste espres-samente dedicate alla moda e, tra queste, VanityFair, Vogue e Harper’s Bazar.

Moda e pubblicità rappresentano due generiche spesso vedono all’opera gli stessi fotografi, senon altro per l’enorme mole pubblicitaria necessa-ria per sostenere il continuo ricambio di prodottiofferto da questo tipo di aziende. Gli stessi serviziall’interno delle riviste sono il veicolo ideale perpromuoverne i prodotti che, frutto di sofisticatacreatività, necessitano di interpreti sensibili e cre-ativi per veicolarne l’immagine.

I fotografi di questo settore sono tra quellioggi più conosciuti, citiamo tra tutti i grandi mae-stri: Cecil Beaton, Richard Avedon, Irving Penn,Helmut Newton.

In ogni caso, è utile sottolineare che moltifotografi, successivamente divenuti famosi in altrisettori della fotografia, si sono dedicati a questogenere, se non altro per guadagnarsi da vivere inperiodi difficili.

Tra questi ricordiamo Man Ray, fotografo cheha legato il suo nome al movimento Dada e soprat-tutto al Surrealismo: giunto a Parigi nel 1920, sireca dal famoso sarto Paul Poiret per proporsicome fotografo. Eseguiti gli scatti, incassa l’appro-vazione del sarto ma non il desiderato compenso.Come gli spiega Poiret, sono i giornali a pagare lefoto, non gli stilisti. Alla disperazione del giovaneamericano, che deve pur mangiare, Poiret si lasciaconvincere e concede uno strappo alla regola.

MODA E PUBBLICITÀ

1 C. Beaton, Marilyn Monroe, 1956.2 R. Avedon, Dovima con elefanti, 1955.

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CAPITOLO I | LINGUAGGI E GENERI FOTOGRAFICI 19

Quello che appare più interessante oggi, perquesto genere fotografico, è il linguaggio.

È questo senz’altro l’ambito in cui il falso foto-grafico può essere posto nella massima evidenzasenza scandalizzare nessuno. I canoni etici legatialla fotografia che documenta la notizia non sononemmeno presi in considerazione, perché la mani-polazione fa parte delle regole del gioco: è finzio-ne fotografare la modella davanti ad un fondaleesotico, così come intervenire con “scontorni” oaltre sofisticazioni computerizzate. Non a caso,oggi, a manipolare immagini fotografiche sonospesso i graphic-designer, che amano mescolareal linguaggio fotografico quello tipico della graficacomputerizzata. La fotografia “pura” può anchenon abitare qui, ma è una questione di evoluzione.

Tra i fotografi italiani, il discusso OlivieroToscani emerge per la forza comunicativa e laprovocazione delle sue campagne pubblicitarie,spesso seguite da polemiche per l’uso spregiu-dicato delle immagini e delle frasi che talvolta lehanno accompagnate.

Tra queste, agli esordi della carriera, ha fattoscalpore l’headline Chi mi ama mi segua peril lancio dei jeans Jesus. Siamo nel periodo diprogrammazione del film evento Jesus ChristSuperstar: l’occasione, per il giovane fotografo el’amico imprenditore, è troppo ghiotta per lasciar-sela sfuggire.

Più recentemente, Toscani ha utilizzato la pub-blicità per il marchio Nolita, per condurre unacampagna contro l’anoressia.

1 Copertina del libro “Metafore della pubblicità”,con riportato il manifesto dei jeans Jesus.

2 O. Toscani, Campagna pubblicitaria Benetton.

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LA FOTOGRAFIA COME FORMA ARTISTICA

L’avvento della fotografia comporta una serie dimutamenti in ambito artistico.

Molti pittori, spesso nascondendo l’evidenza,utilizzano la fotografia per ricavarne le loro vedute,interpretando in questo modo lo spazio secondo lecaratteristiche dell’ottica utilizzata e introducendoil taglio fotografico. Questo fatto ha un precedentenell’uso della camera obscura, ma in questo casoabbiamo, in più, la possibilità di fissare il luogo oaddirittura l’avvenimento, per poterlo successiva-mente elaborare pittoricamente.

Andando oltre, come nota lo storico contem-poraneo Italo Zannier, la fotografia libera i pittoridalla necessità di registrare il vero, dato che si haa disposizione questo nuovo medium.

Già all’inizio del Novecento Giacomo Balla,esponente del Movimento Futurista, sostiene che“data l’esistenza della fotografia e della cinema-tografia, la riproduzione pittorica del vero noninteressa né può più interessare nessuno”.

A questo punto, tuttavia, si pone un problema:può la fotografia ambire ad un ruolo di protago-nista, o si deve accontentare di quello di ancelladelle arti maggiori?

Oggi questa domanda può apparire fuori luogo,dato che nelle maggiori manifestazioni artistiche,quali ad esempio la Biennale dell’Arte di Venezia,la fotografia ha un ruolo assolutamente paritariorispetto alle altre espressioni artistiche, ma in pas-sato questa posizione è stata spesso ostacolata,anche dalle menti più lucide dell’epoca.

Per Charles Baudelaire, poeta che pubbli-cando I fiori del male rompe con la tradizio-ne, alla fotografia spettano funzioni puramentedocumentaristiche quali: arricchire l’album difamiglia, registrare appunti, servire alla ricercascientifica.

1 A. Braun, Il castello di Chillon , 1867.2 G. Courbet, Il castello di Chillon, 1874.3 E. Degas, Ritratto in ufficio, 1873.

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Anche lo scrittore francese Émile Zola, chenel 1866 teorizza che l’arte debba essere esclu-sivamente un prodotto umano, esclude in questosenso la fotografia, opera in un certo qual modo“strumentale”.

Lo stesso Movimento Futurista, pur essendoun’avanguardia, molto legata, tra l’altro, alla mac-china, nega inizialmente alla fotografia lo statusartistico, dato che bisogna attendere il 1930 perarrivare, finalmente, al Manifesto della FotografiaFuturista, con ventun’anni di ritardo rispetto alprimo manifesto del 1909.

D’altronde, come si è detto all’inizio del capi-tolo, furono gli stessi fotografi i primi a non com-prendere le potenzialità e l’autonomia del nuovomezzo, rifugiandosi nel pittorialismo.

Oggi si è fatta strada una cultura artistica menosettoriale, nella quale trovano posto non solo learti storicamente affermatesi nei secoli scorsi, maanche forme più vicine e frutto, indiscutibilmen-te, dell’ingegno umano. Cinema, video, fotogra-fia, installazioni multidisciplinari, performance,hanno affiancato e arricchito il panorama artisticoa partire dal XX secolo.

1 Tato (Guglielmo Sansoni), Il perfetto borghese.Camuffamento di oggetti, 1833.

2 L. Moholy-Nagy, Realtà esaltata dell’oggettocomune. Un manifesto bell’e fatto. Da “PitturaFotografia Film” prima edizione, 1925.

3 A. Warhol, Four Marilyns, 1962.

Risulta perfettamente naturale, quindi, che unartista si possa esprimere attraverso la fotogra-fia, così com’è assodato che i pittori come AndyWarhol possano partire da un prodotto fotograficoper elaborarlo liberamente.

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Possiamo concludere che la fotografia è unmezzo di comunicazione complesso, dotato diuna propria grammatica e rispondente ad esigenzediverse. Dalla fototessera che afferma la nostraidentità in un documento, al ritratto utilizzato perpubblicizzare un prodotto, dal paesaggio che ritro-viamo in un calendario, alla foto di un’esplosionenucleare, siamo sempre di fronte ad una fotogra-fia, catalogabile tuttavia in ambiti diversi.

I peperoni, come i nudi o le forme antropomorfedei vegetali di Edward Weston, affermano la loroesistenza oltre il vedere più scontato e diretto; icorpi, i volti scarni e le ambientazioni comunquesuggestive di Sebastiao Salgado ci comunicano lalotta per la sopravvivenza di popolazioni privatedei più elementari diritti di sussistenza. Si trattadi due modi di interpretare il ruolo di fotografo chenon sono in antitesi, ma affermano la molteplicepossibilità visionaria di questo medium che, nono-stante i cattivi presagi scaturiti dall’affermarsi dellatelevisione, oggi più che mai, gioca un ruolo da

protagonista nella comunicazione sociale, politica,documentaristica e artistica. Le frontiere aperte daldigitale hanno rivitalizzato il settore fornendo unavisibilità senza precedenti. Dai profili personali,alle immagini in diretta del mondo che ci circonda,alle elaborazioni computerizzate, la fotografia siconferma alla base di un linguaggio universale.

1 Giuliano Francesconi, Respiro.2 WWF, pagina sul social network Facebook.3 Esplosione nucleare su Nagasaki, 9 agosto 1945.

Il fungo atomico raggiunse l’altezza di diciottochilometri.

CONCLUSIONI

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LABORATORIO DI COMPRENSIONE

• Quali sono state le spinte che hanno portato all’invenzione della fotografia?• In cosa consiste il pittorialismo?• Sai indicarne i principali esponenti?• Quale motivo adducevano i principali detrattori nei confronti della fotografia?• Parla della fotografia “Il momento del trapasso”.• Cosa si esplicita nel Manifesto della fotografia naturalistica?• Parla di Alfred Stieglitz.• Quando l’urgenza di produrre arte si pone in concorrenza con la necessità di produrre un docu-

mento in grado di comunicare?• Documento e comunicazione sono elementi alla base del lavoro di due grandi fotografi sociali.

Chi sono?• Sulla scorta di questi esempi, si può affermare che la fotografia può contribuire a migliorare la

società?• A documentare la vita spensierata dei primi del Novecento c’è un fotografo dilettante che inizia da

giovanissimo a praticare l’hobby fotografico nella Ville-lumière. Chi é?• La Parigi che con il tempo sarebbe andata perduta è invece fotografata da un fotografo professio-

nista. Chi è il fotografo della Parigi dei tempi ormai perduti?• Anche in Italia, a cavallo tra il 1800 e il 1900 due fratelli si distinguono. Sai parlarne?• Parla della FSA.• Che atteggiamento assumono coloro che detengono il potere nei confronti della fotografia?• La fotografia di guerra rappresenta un capitolo importante della fotografia. Sai descrivere le vicen-

de legate al nome di Roger Fenton?• Conosci Mattew Brady? Cosa vuole comunicare?• Il fotografo di guerra più conosciuto è Robert Capa, di cui ci occuperemo più ampiamente in segui-

to. Cosa sai riferire?• Il fotogiornalismo occupa uno spazio importante nella comunicazione. Cosa dobbiamo considera-

re, nel momento in cui analizziamo una foto pubblicata su un giornale?• Sai fare un esempio di due testate giornalistiche in qualche misura simili tra di loro?• Tra i grandi autori troviamo sicuramente anche tutti coloro che si sono dedicati alla fotografia nel

campo della moda e della pubblicità. Sai indicarne alcuni? Quali sono le riviste più prestigiose?• La fotografia come autonoma forma d’arte ha una storia ricca di forti posizioni che si contrappon-

gono. Sai indicare alcuni esempi di chi riteneva improprio parlare di fotografia d’arte?• Alla luce del contemporaneo panorama artistico, ritieni ancora attuali queste prese di posizione?

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1 G. Zuin, Ladak, 1986.