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L’incontro tra il Minibasket e il Basket
di Maurizio Cremonini
Responsabile Tecnico Federale Settore Minibasket
Premessa Affrontare il tema dell’Incontro tra il Minibasket e il Basket non può e non
deve tradursi in una semplice elencazione di suggerimenti didattici e
metodologici; l’approccio generale allo sport degli adolescenti stimola
riflessioni più ampie che proveremo ad approfondire.
Le attività “ludico-educative” di Giocosport delle Federazioni Sportive creano
le naturali condizioni di formazione generale dei bambini; con le purtroppo
inadeguate eccezioni, le attività che precedono lo sport vero e proprio
dovrebbero occuparsi della crescita del bambino nella sua globalità.
Il Minibasket Il Minibasket da anni si impegna per manifestare coerentemente tale principio
di riferimento in ogni occasione di presentazione e verifica della propria
attività, consapevole che non sempre, in un movimento fatto da 135.000
bambini, 7.000 Istruttori e 2.500 Centri Minibasket, i valori che lo
caratterizzano riescono ad emergere positivamente.
L’impegno di questi ultimi anni alla ricerca di una maggiore integrazione con
tutti i Settori Tecnici della Federazione sono un’occasione troppo importante
per rappresentare e descrivere al meglio il “senso” educativo e didattico del
Minibasket; la sua natura e la sua essenza.
Non per semplice provocazione, ma bensì per consapevolezza dell’importanza
della riflessione vogliamo partire da un pensiero di riferimento:
Per Insegnare il Basket . . . conoscere il Minibasket è fondamentale.
Per Insegnare ancor meglio il Minibasket . . . conoscere il Basket può essere
d’aiuto, ma non deve condizionare!
La provocazione vuole mettere in luce un evidente problema nel rapporto tra
il Minibasket e il Basket di questi anni, una relazione spesso conflittuale, fatta
di comunicazioni didattiche e programmazioni metodologiche poco integrate,
e scarsamente riferite ad un progetto condiviso di crescita del bambino –
allievo – giocatore.
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La relazione tra il Minibasket e il Basket di questi ultimi anni è stata
probabilmente condizionata da alcuni aspetti sui quali è forse il caso di
cominciare a riflettere:
- Una visione “separata” del percorso di formazione dei tecnici
ai quali viene affidata la crescita del bambino nel Minibasket prima e
nella Pallacanestro dopo
- L’idea negativa di “passaggio” da un ambito all’altro del
bambino con un distacco spesso troppo netto di competenze riferite ai
metodi d’insegnamento
- Bambino/allievo non “pensato” nella continuità didattica e
metodologica e nella difficoltà di approccio ai presupposti
dell’apprendimento delle abilità sportive
- Mal sviluppata, in sostanza, la cultura dell’ “incontro” tra il
gioco e lo sport
Il compito assegnato al Settore Minibasket di descrivere in questo testo
l’Incontro tra il Minibasket e il Basket è la conferma di un nuovo
atteggiamento rispetto ai problemi sopra citati, ed il primo segnale di
un’attenzione diversa è il cambiamento del titolo assegnato alla riflessione,
non più il “Passaggio dal Minibasket al Basket” ma “l’Incontro” tra i due
ambiti, per condividerne i principi di riferimento, e definire un percorso
formativo partecipe e integrato.
Sarà opportuno ed indispensabile partire dalla presentazione sintetica del
Minibasket e dei principi educativi e didattici ai quali si riferisce, per poi
evidenziare i punti di attenzione che il Minibasket cercherà di porre nella
delicata fase di approccio alla Pallacanestro.
L’auspicio è che l’Incontro tra Il Minibasket e il Basket possa essere sempre
più adeguato e graduale, disponibile per tutti i bambini e le bambine dei
Centri Minibasket, senza esasperazioni precoci ma con la dovuta e necessaria
pazienza di un Istruttore competente ed aggiornato.
Per conoscere bene le cose,
bisogna conoscerne i particolari: e siccome questi sono quasi infiniti, le nostre conoscenze sono sempre
superficiali e imperfette .F. La Rochefoucauld
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Il percorso del Minibasket Il Minibasket ha cercato di adeguare la propria proposta al cambiamento
sempre più repentino ed imprevedibile dei bambini della società attuale:
• motivazione all’attività fisica e pre-sportiva in generale
piuttosto debole, in particolare nelle face d’età iniziali
• capacità motorie sempre più scarse, aumento importante dei
bambini con problemi di soprappeso
• livelli di attenzione e partecipazione al gioco decisamente
carenti, con sempre più evidenti difficoltà nella capacità di interagire
e relazionarsi con gli altri
Il quadro proposto è volutamente sintetico e riferito alle problematiche
principali, osservazioni dalle quali è nata l’idea di un rinnovato percorso
didattico e metodologico che, senza volersi allontanare da quegli elementi di
riferimento che per cultura consolidata da sempre caratterizzano il
Minibasket, intende accompagnare l’attenzione di tutti su 3 “Parole Guida” :
EMOZIONE SCOPERTA GIOCO
La scintilla iniziale L’inizio del minibasket L’approccio al Basket Le 3 Parole Guida vogliono stimolare l’individuazione di un cammino di
formazione e crescita dei bambini nel Minibasket riconosciuto e condiviso,
ma sono al tempo stesso le 3 parole che dovrebbero caratterizzare ogni attimo
di vita del bambino nel Centro Minibasket, perché ogni gioco, ogni proposta,
ogni situazione dovrebbe essere vissuta dal bambino con una grande e
positiva partecipazione emotiva, con la sensazione di essere sempre di fronte a
qualcosa di nuovo da scoprire, e con la chiara e definita programmazione di
un percorso che lo accompagna gradualmente verso la capacità di “Giocare a
Minibasket”. La competenza di un soggetto si esprime
nel saper stabilire legami tra abilità e conoscenze richieste di fronte a situazioni di apprendimento
di complessità progressivamente crescente. Aubert, 1997
La condivisione deve inoltre trovare collegamenti e punti forti di contatto
negli obiettivi educativi e didattici che il Minibasket cerca di esplicitare con
semplicità e precisione.
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Minibasket : Obiettivi Educativi
* giocare con il corpo 5/6 anni * giocare con il movimento
* giocare con la palla
* educare le capacità motorie
7/8/9 anni * giocare a conoscere i fondamentali
* risolvere i primi problemi di gioco
* educare le capacità motorie
9/10/11 anni * stimolare la capacità di gioco
* insegnare a giocare
Giocare per Emozionarsi e Scoprire cose nuove,
Giocare per crescere e diventare grandi;
imparare nel gioco e nello sport i valori della vita.
Minibasket : Obiettivi Didattici
Emozione (5-6 anni)
* stimolare le capacità senso-percettive (vista – udito – tatto –
propriocettività) * educare gli schemi motori di base (camminare –correre – saltare – rotolare –
strisciare - lanciare – afferrare – schivare – ecc.) * educare le capacità motorie coordinative generali (apprendimento motorio –
adattamento e trasformazione - controllo motorio)
* giocare con la palla (grande – piccola – leggera – pesante – di tutte le forme) * provare a palleggiare
* provare a tirare (con canestri di altezza adeguata)
L’attività proposta a 5/6 anni deve fare assoluto riferimento all’Attività
Motoria di Base, ma il coinvolgimento dei bambini deve avvenire in un clima
di grande coinvolgimento emotivo.
Se l’emozione deve essere una “prima scintilla”, il Minibasket a 5/6 anni deve
essere proposto in un contesto particolare e speciale: raccontiamo il
Minibasket con favole, fiabe e storie fantastiche.
Ciò che si apprende con Emozione resta per sempre.
Emozione
Scoperta
Gioco
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Scoperta (7-8-9 anni)
* stimolare ancora la senso-percezione
* educare ancora gli schemi motori di base
* educare le capacità motorie coordinative generali
* educare le capacità motorie coordinative speciali (combinazione motoria –
equilibrio – orientamento - differenziazione – anticipazione e scelta)
* educare la mobilità articolare (non lo streatching) * giocare a conoscere i fondamentali (palleggio – tiro – passaggio e difesa)
* affrontare le prime situazioni problema * giocare a Easybasket (situazione di gioco iniziale)
* giocare i situazione di soprannumero (pre-requisito alla Capacità di Gioco) * giocare a Minibasket – 3 contro 3 Sprint (obiettivo di gioco adeguato)
Inizia il vero cammino nel Minibasket, l’emozione viene data dall’incontro
con le cose nuove che l’Istruttore propone, ma la scoperta deve essere
sostenuta con una continua e costante adeguatezza delle proposte, sempre
varie, divertenti e coinvolgenti.
La Scoperta vera è sentirsi capaci di fare, in grado di dare risposte positive ai
problemi adeguati affrontati. La Scoperta è cominciare a sentirsi più sicuri di
sé.
Gioco (9/10/11 anni) * consolidare le capacità motorie coordinative (generali e speciali)
* stimolare le capacità motorie condizionali (rapidità – resistenza – forza in
generale con le dovute attenzioni metodologiche)
* giocare ad utilizzare i fondamentali
* educare la capacità di gioco
* stimolare la capacità di riconoscere i problemi
* insegnare a giocare (creare presupposti per i riferimenti tecnici) * giocare a Minibasket – 3 contro 3 Sprint
* giocare a Minibasket – 5 contro 5
Prosegue il cammino nel Minibasket e si avvicina il momento del Basket, si
incontrano le partite, i tornei, l’agonismo, e spesso la strada si fa più tortuosa
e complicata. La fretta diventa il consigliere principale, l’esasperazione entra
con prepotenza nella didattica e nella metodologia d’insegnamento, si cercano
risposte immediate agli obiettivi che improvvisamente cambiano; diventa
importante una “finale” aquilotti o gazzelle, diventa prioritario il risultato da
produrre e si abbandona il processo di crescita da accompagnare.
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Insegnare a Giocare non significa Insegnare a Vincere, si gioca certamente
anche per quello, è nella natura dell’uomo e del bambino, ma non si “lavora”
con bambini di 9/10 anni per inseguire inutili vittorie.
Giocare a Minibasket significa creare certamente i presupposti per il Basket,
ma con gli adeguati pre-requisiti motori e le competenze cognitive del gioco,
sulle quali sviluppare le capacità del futuro giocatore di Pallacanestro:
autonomo – responsabile – creativo e intelligente.
Emozione, Scoperta e Gioco sono dunque la sintesi di un percorso del
Minibasket che necessitava però di un anello di congiunzione con la
Pallacanestro, un momento di incontro che avesse anche nella pratica
quotidiana una testimonianza della volontà del Settore di creare veramente
adeguati ed indispensabili pre-requisiti, ma che ponesse nel contempo davanti
agli occhi di tutti la dovuta attenzione al momento di avvicinamento dei
ragazzi allo sport. Per questo il Settore Minibasket nel 2002 ha proposto e
introdotto la Categoria Esordienti (vedi tabella n.1); per definire un’attività
specificatamente dedicata all’Incontro con il Basket e per completare al
meglio il graduale approccio alla Pallacanestro.
Esordienti: un’idea non per cominciare prima il Basket, ma per finire al
meglio il Minibasket.
Le Categorie del Minibasket
Bambini
Bambine
5/6 anni – Pulcini
5/6/7 anni – Paperine
7/8 anni – Scoiattoli
6//7/8 anni – Libellule
9/10 anni – Aquilotti
7/8/9 anni – Gazzelle
11 (10) anni – Esordienti
9/10/11- Esordienti
Tab n.1
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Il momento delicato dell’Incontro con il Basket
Sua maestà l’istruzione tecnica può essere cattiva sovrana se dimentica che al di sopra di essa vi è sempre il bambino,
con le sue immense potenzialità, ma anche con i suoi limiti numerosi ed indefiniti.
T. Husen
Il pensiero proposto in apertura, per quanto provocatorio possa sembrare, deve
restare un punto fermo di riferimento, ma necessita di un adeguato
chiarimento.
Abbiamo visto come il Minibasket debba dedicarsi in maniera privilegiata al
recupero delle competenze motorie del bambino, all’educazione ed allo
sviluppo qualitativamente importante delle Capacità Motorie, che devono
essere la base sulla quale fondare successivamente gli apprendimenti riferiti
alle abilità sportive specifiche.
Anche la fase dell’Incontro tra il Minibasket e il Basket deve saper
individuare e definire gli aspetti educativi e didattici sui quali porre la giusta
attenzione, ricordando sempre che la formazione dei giovani, anche nei primi
anni dell’attività sportiva, dovrebbe avere presente la globalità dello sviluppo
di competenze, patrimonio fondamentale sui quali inserire gli apprendimenti
tecnici e tattici successivi.
Nelle situazioni di gioco e nelle situazioni problema proposte in questa parte
dell’attività, dovranno emergere i primi riferimenti all’apprendimento tecnico,
le prime osservazioni didattiche utili ed importanti per aiutare i bambini a
comprendere i compiti loro assegnati e per orientare la loro attenzione sui
presupposti essenziali della componente tecnica.
L’Incontro tra il Minibasket e il Basket: Obiettivi Educativi e Didattici
Obiettivi Educativi
* educare e sviluppare le capacità motorie
* consolidare la capacità di gioco
* giocare ad utilizzare i fondamentali
* scoprire i primi riferimenti tecnici
Obiettivi Didattici
* la palla
* lo spazio
* i piedi
* il tiro
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* il passaggio
* la difesa
* il gioco
La Palla Confidenza: sensibilità e percezione tattile, trattamento di palla intenso ed
adeguato, destrezza – scioltezza – disinvoltura.
Sicurezza: capacità di utilizzo in movimento e nel traffico, capacità di utilizzo
in situazioni di gioco, capacità di utilizzo in situazioni problema.
Lo Spazio Lettura:discriminazione e scelta, comprensione e valutazione, percezione dei
riferimenti.
Utilizzo: capacità di posizionamento del corpo, capacità di movimento con e
senza palla.
I Piedi Percezione: propriocettività percezione dell’appoggio e del perno educazione
ed attenzione agli appoggi.
Sensibilità: senso del movimento controllo del movimento stimolo ai
riferimenti tecnici.
Il Tiro Coordinazione: presupposti generali, consolidamento delle capacità motorie,
riferimenti specifici al tiro in corsa.
Equilibrio: statico, dinamico, consolidamento delle capacità motorie,
riferimenti specifici al tiro piazzato presupposti dell’apprendimento tecnico.
Applicazione: capacità di lettura delle situazioni capacità di scelta, capacità di
utilizzo in situazioni di gioco, capacità di utilizzo in situazioni problema.
Il Passaggio Collaborazione: attenzione didattica specifica, stimolo all’utilizzo
gratificazione sulle scelte corrette senso ed idea della relazione con il punto di
ricezione.
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Sicurezza: capacità di utilizzo in movimento capacità di utilizzo in situazioni
di gioco capacità di utilizzo in situazioni problema.
La Difesa Responsabilità: attenzione didattica adeguata e specifica assegnazione di
compiti individuali conoscenza delle 3 linee di riferimento
(avversario/canestro – avversario/palla – canestro/canestro), concetto di
appartenenza al gruppo.
Apprendimento progressivo e graduale
- applicazione costante ed attinente agli obiettivi
- progressività graduale e non esasperazione
- capacità di utilizzo in situazioni di gioco
- capacità di utilizzo in situazioni problema
Il Gioco Autonomia: responsabilità individuale capacità di scelta e utilizzo dei
fondamentali adeguati.
Intelligenza: interpretazione personale fantasia e creatività.
Divertimento: piacere di giocare piacere di imparare piacere di crescere nello
sport e nei suoi valori educativi.
Le attenzioni Metodologiche Insegnare Minibasket non è certo compito facile, ed ancor più impegnativo è
avvicinare i ragazzi alla Pallacanestro con le competenze adeguate; la scelta
delle nostre Società Sportive e dei Centri Minibasket è di affidare troppo
spesso tale delicato compito a chi si trova alle prime armi didattiche e
metodologiche.
Far riflettere i giovani Istruttori sulla delicatezza dell’impegno assunto e sulla
sensibilità educativa che li dovrebbe caratterizzare - prima ed oltre le
competenze tecniche - è uno degli obiettivi centrali del programma di
formazione ed aggiornamento del Settore Minibasket FIP.
Anche in questa occasione sentiamo il dovere di fare alcune riflessioni sugli
aspetti metodologici che potrebbero rivelarsi determinanti ai fini di una più
consapevole condivisione della modalità di approccio proposta dal Minibasket
in funzione della Pallacanestro.
Non si intende per questo approfondire temi che verranno certamente
analizzati in altre parti del testo, ma si vuole focalizzare l’attenzione sui
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metodi che il Minibasket intende privilegiare nelle ultime fasce di attività
(9/10/11 anni).
Nell’azione educativo-didattica i metodi trovano fondamento in due fattori:
oggettivo relativo alla natura della disciplina insegnata soggettivo relativo alla personalità di chi apprende.
I metodi didattici sono le procedure d’insegnamento finalizzate a far conseguire a chi apprende gli obiettivi programmati.
F. Pellegrini
La definizione proposta è il punto di partenza della riflessione; accompagnare
i ragazzi all’Incontro con il Basket non può non tener conto della soggettività
di chi apprende ed è il protagonista del processo definito, senza trascurare gli
elementi fondanti della disciplina insegnata.
Può essere assolutamente necessario avere ben chiari alcuni riferimenti dai
quali non si deve prescindere:
● conoscere i propri allievi - livelli di competenza
- esperienza pregressa
- omogeneità o eterogeneità
del gruppo
● definire gli obiettivi - educativi
- didattici
● individuare i contenuti e le attività - preparazione generale
(formazione motoria)
- preparazione specifica
(riferimenti tecnici)
● scegliere i mezzi e gli strumenti - esercizi
- attrezzi
● organizzare i metodi d’insegnamento - oggettività
- soggettività
- integrazione dei metodi
La Capacità d’Insegnamento dell’Istruttore, non inizia dunque dall’esercizio
che intende proporre, ma dalla consapevolezza di quanto ciò che farà possa
servire ed essere utile ai suoi ragazzi, per le loro competenze del momento e
per gli obiettivi per loro definiti e programmati.
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Ci preoccupiamo talvolta in maniera eccessiva, di ciò che i nostri ragazzi
potranno essere da grandi, e così troppo spesso dimentichiamo, ciò che sono
loro adesso.
Siamo convinti che il modo migliore per avvicinare i ragazzi alla
pallacanestro che potranno giocare dopo il Minibasket, debba passare
attraverso una fase di importante di sviluppo della Capacità di Gioco, della
capacità cioè di :
- riconoscere il problema di fronte al quale vengono
- individuare i contenuti del problema da risolvere
- progettare la soluzione del problema (pensare la soluzione mentale)
- realizzare la personale soluzione (soluzione motoria)
- riflettere sulla risposta data al problema (feedback individuale)
L’Istruttore – Educatore – Insegnante deve decidere come porsi rispetto alla
situazione:
dando le sue indicazioni insieme alla descrizione del compito, oppure
inserendosi sui feedback dei ragazzi, sostenendone le interpretazioni
individuali, cercando di aiutarli a riflettere sull’adeguatezza o meno della
risposta data, utilizzando anche i primi riferimenti ai presupposti tecnici.
Un processo di insegnamento-apprendimento moderno
supera la logica delle sequenze lineari (stimolo = risposta) ed eleva il concetto del sapere
ad una cultura di acquisizione delle competenze che, non negando il sapere, lo contestualizza,
concependolo come momento di crescita integrale dell’allievo, con una continua dinamica di relazione
tra il suo saper fare e il suo saper essere. Sviluppo Motorio e Autostima nei Giovani, AAVV,
Facoltà di Medicina - Università di Foggia
La capacità dell’Istruttore di integrare tra loro i metodi entra dunque in gioco
in maniera determinante; saper cogliere dalle situazioni e dalle risposte dei
ragazzi indicazioni, suggerimenti ed assegnazioni di nuovi compiti significa
costruire un percorso didattico ampio - razionale ed intelligente, un processo
d’apprendimento nel quale i veri protagonisti sono proprio i giovani ed il loro
graduale approccio allo Sport.
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Il nostro obiettivo futuro, che auspichiamo possa essere condiviso, dovrà
essere quello di sviluppare competenze cognitive prima che tecniche; fare in
modo che, il Minibasket che insegneremo, consenta ai bambini di capire,
prima possibile, “come si gioca”.
Avvicinare i giovani alla Pallacanestro vuol dire dar loro progressive
competenze e strumenti per riconoscere – affrontare e risolvere le diverse
situazioni che il gioco presenta, e che sono la natura stessa del Minibasket.
Sviluppare la Capacità di Gioco significa dunque accompagnare i bambini alla
conquista dell’essere “padroni” del gioco, più consapevoli di ciò che accade, e
quindi più sicuri di se stessi, nel gioco come nella vita.
Proviamo a fare in modo che il nostro impegno futuro venga rivolto con
attenzione a questi aspetti didattici e metodologici; confrontiamoci –
discutiamone – sviluppiamo, ciascuno di noi, un personale percorso
d’insegnamento, che abbia però un principio di riferimento comune:
insegnare un Minibasket diverso più vicino ai bambini di oggi, affamati di
sorprese e novità, e desiderosi di scoprire il mondo, anche del gioco,
accompagnati però da un Istruttore competente e sensibile.
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La Pallacanestro Giovanile
di Giacomo Leonetti
1. La “costruzione” del giocatore “nel tempo che ci vuole” E’ stato un bel momento quando ho sentito il mio “maestro” Ettore Messina
pronunciare le parole “con i giovani insegnare prima le cose base, … poi, con
il tempo che ci vuole” andare avanti con i particolari più complessi.
Chiarezza e semplicità del messaggio, pazienza e “calma decisa” sono
qualità che unite alla capacità di costruire meccanismi sempre più precisi (ma
senza castrare l’autonomia), fanno di Ettore Messina uno dei migliori modelli
di allenatori anche quando parla del Settore Giovanile. Coach Messina nasce
dalle esperienze nel Settore Giovanile, ma anche ora che allena squadre
Senior, guardando giocare le sue squadre risulta subito evidente la “giusta
miscela del gioco di collaborazione senza perdere l’autonomia del singolo”,
anzi “integrandoli” nel gioco di squadra, sia in attacco che in difesa. La
costruzione del singolo giocatore spesso viene messa in contrapposizione
all’idea di gioco di squadra. La mia formazione mi suggerisce invece di
superare questa dicotomia. L’istruttore o allenatore (che dir si voglia) di
settore giovanile deve avere sempre una “visione binoculare”, integrando i
due aspetti senza metterli in contrapposizione. Resta però fondamentale l’idea
di “costruzione del giocatore” che è tipica del settore giovanile. Arrivare alle
categorie senior senza aver vissuto le esperienze fondamentali (ad esempio: il
gioco di penetrazione, il gioco di tagli, i blocchi, la zona etc..) in maniera
propedeutica, crea sicuramente in seguito gravi scompensi e limiti evidenti. Il
punto di partenza deve necessariamente essere il contesto nel quale si opera e
gli obiettivi che ci si prefigge: opero in una scuola di basket? Faccio attività
sociale? Alleno in un settore giovanile di alto livello? Quale il punto di arrivo,
la serie A? Puntiamo alle finali nazionali? Una volta chiariti gli obiettivi
possiamo stilare la nostra programmazione. Gli aspetti che intendo
sottolineare sono essenzialmente due:
- la propedeuticità dei contenuti, e
- l’occhio dell’istruttore.
I contenuti devono essere ordinati in maniera propedeutica, ovvero, come
dicevamo prima, dando la precedenza assoluta ai fondamentali di base.
Facciamo un esempio: prima di affrontare situazioni di 1c1 in movimento o di
collaborazioni su un gioco di penetrazione, sarà meglio abituare i nostri
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ragazzi a “riconoscere” una linea di penetrazione chiusa e quindi a cambiare
mano e direzione (diag. 1)
diag. 1
A questo proposito voglio già da subito, e sarà bene farlo anche in palestra
con i ragazzi, chiarire che è di fondamentale importanza tenere gli occhi alti,
guardare per poter poi scegliere la giusta direzione per andare a canestro. Nel
mio modello di insegnamento infatti inserisco al primo posto il guardare,
avvero allenare i fondamentali sempre contro un ostacolo didattico, prima
fermo, poi vivo ed in movimento. L’esempio appena fatto vale per altri
fondamentali o concetti, tenendo però presente che il guardare e riconoscere
una linea di penetrazione a canestro va inserito nel contesto del gioco di
squadra, nel 5c5.
Volendo riepilogare tutto con una formula potremmo dire: insegnare i
fondamentali di base individuali, abituando a guardare spazi, avversari,
canestro e guardarsi tra compagni; mettendoli in ordine propedeutico,
inserendoli in concetti di gioco di squadra; con il tempo che ci vuole.
E qui subentra il secondo concetto: l’occhio dell’istruttore. Sarà l’istruttore a
capire quando sarà il momento di inserire nuove tematiche. Il momento sarà
dato dal fatto che i ragazzi “riconoscono” quel movimento nel contesto del
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gioco. Questo è il segnale per inserire il successivo, più complicato. La qualità
del lavoro sarà data non dal numero dei concetti o argomenti sviluppati ma dal
come sono stati svolti, dal fatto che si riconoscano e si applicchino
correttamente in campo. Faccio anche qui un esempio: posso arrivare al
termine della categoria Under 21 a non aver usato la difesa a zona 1-3-1, ma
se i miei ragazzi sanno posizionarsi correttamente sulle linee di passaggio e
riempire l’area dal lato debole, ci vorrà poco tempo per insegnarla.
Altro concetto fondamentale nella “costruzione” del giocatore è il concetto di
flessibilità, ovvero permettere ai propri giocatori di “vivere” duramente il
gioco, sia situazioni interne all’area, sia fronte a canestro, fuori l’arco dei tre
punti. Non solo dentro, non solo fuori. Logicamente, quando vado a
scomporre gli allenamenti, prevederò che il lavoro sui fondamentali sia fatto
da tutti, sia dentro che fuori area. Chiamo questa parte: tutti fanno tutto.
2. Il “quadro” nei 28 metri, la dimensione verticale I fondamentali individuali di base, i concetti e le idee del proprio gioco di
squadra vanno poi messi in campo. Il campo, a pensarci bene, ha dimensioni
che possono guidarci nel lavoro quotidiano. Se guardiamo una partita
giovanile, di categoria esordienti o Under 13, vedremo molto gioco in campo
aperto, nei 28 metri, con ampio uso della dimensione verticale. Questo perché
i ragazzi di quella età hanno dentro di sé l’idea essenziale, e peraltro corretta,
di far canestro nel più breve tempo possibile, prima che la difesa si schieri.
Il problema è rappresentato semmai dal fatto che non si sanno controllare
tecnicamente le alte velocità che si sviluppano con il gioco in campo aperto,
ovvero i fondamentali non sono adeguatamente sviluppati per essere
“controllati” a quelle velocità. Bene! Ecco servito all’istruttore il lavoro per i
primi anni di settore giovanile, fino ad Under 13-14. Proporre situazioni di
gioco, idee, fondamentali, sviluppati nello scenario più probabile, quello dei
28 metri, migliorando, nel tempo che ci vuole, la capacità di riconoscere nel
gioco le idee guida, e di controllare gli strumenti per attuarle.
Sempre di fondamentale importanza, come detto in precedenza, è tenere gli
“occhi alti”. Un esempio classico: quante volte avete visto l’azione
rappresentata nel diag. 2, un giocatore , preso il rimbalzo o recuperata la palla,
si avvia in palleggio nel più classico dei “coast to coast”, incurante degli spazi
chiusi dai difensori e dei compagni liberi davanti a lui. E spesso succede la
stessa cosa dall’altra parte, assistendo ad un’autentica sagra del palleggio e dei
tiri in corsa ostacolati e fuori controllo.
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diag. 2
Cosa fare: innanzitutto far alzare gli occhi al rimbalzista, farlo entrare in
comunicazione visiva, in relazione con il resto della squadra che si sta
aprendo negli spazi (diag. 3).
diag. 3
Iniziare quindi la fase di “attacco nei 28 metri” con un passaggio, non con un
palleggio. Il passaggio sottintende una relazione, la capacità di guardare gli
spazi in cui aprirsi, di guardarsi tra compagni: aumenta in maniera
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esponenziale la qualità del gioco d’attacco, in conseguenza del fatto che
migliora la relazione tra i suoi componenti.
Facendo continuare l’azione, possiamo fare un’altra riflessione: la palla è
uscita dall’area, oltre l’arco dei tre punti, il campo si è aperto, i miei compagni
corrono occupando le corsie libere. Ora posso continuare con un secondo
passaggio, oppure con il palleggio spinto, ma con il campo già “aperto” (diag.
4, 5).
diag 4 diag. 5
Si sarà creata una situazione di soprannumero, di vantaggio, da sfruttare con
un ulteriore passaggio che libera la strada per un facile canestro.
L’idea, quindi, è quella di portare la palla prima dentro, nel modo più rapido
possibile.
Questo esempio resterà pura teoria se i fondamentali di palleggio, passaggio,
tiro, gioco senza palla, non vengono curati giorno per giorno, contro ostacoli
dapprima didattici e, successivamente, agonistici, vivi, una sorta di birilli con
braccia e gambe, in modo da allenare gli occhi.
Non a caso, da quando ho avuto la fortuna di iniziare a collaborare con il
CNA, con Ettore Messina (tecnico), Tommaso Biccardi e Fernando Del Prete
(psicologi), Luigino Sepulcri (preparatore fisico), ho fatto dell’integrazione
degli ambiti citati il mio credo.
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Ho inserito quindi in tutte le mie programmazioni per il settore giovanile, nel
capitolo fondamentali individuali, il paragrafo “occhi alti”.
3. Gli “spazi” dentro- fuori- lato debole Dicevamo, l’idea è quella di portare la palla prima dentro. Ipotizziamo quindi
di continuare l’azione illustrata in precedenza con nuovi scenari, nuove parti
del quadro che stiamo presentando ai nostri ragazzi.
Se non siamo riusciti a portare la palla subito dentro in contropiede con “la
prima ondata”, ci apriamo fuori l’arco dei tre punti per liberare lo spazio
interno al 4° giocatore che si inserisce con un rapido taglio a canestro (diag.
6).
diag. 6
E per il 4° giocatore, a livello di settore giovanile, soprattutto nelle prime
categorie, non intendo il n° 4 ma, con l’idea che “tutti fanno tutto”, proprio il
quarto giocatore che arriva. Successivamente, soprattutto a livello Under 18, o
quando “l’occhio dell’istruttore” lo riterrà opportuno, potremo specializzare il
nostro gioco nei 28 metri.
Per allenare il gioco in campo aperto ritengo molto utili i classici esercizi di
“inversione” (diag. 7) che a partire dall’ 1c1, 2c2, fino al 3c3 e 4c4,
riproducono ondate successive di contropiede in continuità sui due canestri,
con la rotazione “chi attacca difende”, e i difensori che aprono il gioco per i
nuovi compagni, riproducendo una situazione abbastanza reale di contropiede.
La palla può arrivare, tornando alla situazione precedente, al 4° giocatore
anche coinvolgendo il lato debole, (diag. 8) aprendo, liberando un tiro da 3
punti, o soprattutto giocando sul vantaggio che ha il 4° giocatore con un
difensore che lo marca da dietro.
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diag. 7 diag. 8
Dopo aver parlato di dimensione verticale (28 metri) e di portare prima la
palla dentro poi fuori, arriviamo, con il coinvolgimento del lato debole
all’ultima dimensione, quel lato-lato (diag. 9).
diag. 9
(diag. 9: V = verticale, D = dentro, F = fuori, LD = lato debole)
Le squadre capaci di giocare dentro-fuori e di coinvolgere giocatori e creare
vantaggi sul lato debole, possono sicuramente annoverarsi fra le grandi
squadre giovanili, e, oserei dire, anche senior.
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Con le categorie Under 16- Under18 (dall’anno prossimo U17-U19) si gioca
più spesso a difesa schierata.
Non cambiano però i concetti di giocare prima la palla dentro, sia con attacchi
di penetrazione che di passaggio, poi fuori coinvolgendo il lato debole.
Due esempi:
- il primo con un gioco di penetrazione (diag. 10, 11).
- Il secondo con un gioco di tagli e blocchi.
In qualunque caso esaminato ci sarà sempre la presenza di gioco dentro- fuori-
lato debole.
diag. 10 diag. 11
- sempre con grande uso dei tagli back-door sui frequenti anticipi delle
- difese avversarie (diag. 12, 13)
- con uso di blocchi interni (palla dentro) (diag. 14, 15).
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- Proseguendo con uso di blocchi sia ciechi che verticali (diag. 16).
diag. 16
E qui potremmo continuare per ore e non finire mai. In ognuno dei casi
esaminati le prime mosse dell’attacco servono per “prendere vantaggio” sia
con la palla (ad esempio una penetrazione) sia senza palla (ad esempio un
taglio back- door). Una volta preso vantaggio bisogna mantenerti con i
passaggi, meglio 2 che 1, con la palla che viaggia di tocco veloce da fuori e
dentro e viceversa, finendo poi sul lato debole costringendo sempre la difesa
ad inseguire. Resta chiaro che ognuno metterà, toglierà, modificherà
tematiche di gioco a seconda di ciò che ritiene più opportuno fare seguendo il
proprio occhio, come i propri atleti apprendono, la propria programmazione
annuale, lasciando ai propri atleti tutto il tempo che ci vuole per assorbire il
lavoro e passare quindi al tema successivo.
Ma le idee fondanti che non debbono mancare sono:
a. guardarsi (occhi alti)
b. giocare prima dentro
c. … poi fuori
d. … coinvolgendo il lato debole Le due ultime pennellate al quadro sono:
- l’aggiunta dei cambi di velocità
- finire ogni gioco d’attacco con un rimbalzo offensivo (almeno 2
giocatori)
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4. Gli spazi in difesa. Il concetto di tempo (“mentre”) Se in attacco l’idea è quella di aprire gli spazi, in difesa sarà di chiudere,
stringere, intasare, rubare gli spazi stessi non permettendo.
a. facili canestri in campo aperto
b. tiri aperti e facile circolazione della palla
c. rimbalzi offensivi.
In difesa possiamo essere negli interventi correttivi ancora più diretti.
Spesso uso il sistema si/no oppure giusto/sbagliato.
Saranno utili degli esempi in riferimento ai postulati difensivi ai quali ho
accennato poco fa:
a. non subire facili canestri in contropiede:
- fermare la palla (diag. 17)
diag. 17
- costringere a deviare dalla linea del canestro (diag. 18)
- posizionarsi correndo sulle linee di passaggio (diag. 19, 20)
b. non subire tiri aperti:
- non farsi battere mai dal palleggiatore che può trovare sull’aiuto del
compagno difensore facili scarichi (diag. 21)
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Di fondamentale importanza a questo proposito è la distanza difensiva, pari ad
1 braccio. Questo è lo spazio giusto con il quale un difensore può marcare
palleggio, tiro e passaggio. I miei compagni, se non sono stato battuto,
“stringono” gli spazi, restando sulle linee di passaggio… fermandosi ad 1
braccio di distanza… e così via! (diag. 22)
diag. 22
- non permettere facile circolazione della palla
- posizionarsi sempre sulla linea di passaggio (diag. 23, 24)
diag. 23 diag. 24
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- anche in caso di difesa sul pivot, quando parliamo di circolazione della palla,
irrompe preponderante il concetto di tempo, di timing dell’attacco.
Oltre a chiudere gli spazi possiamo rompere l’equilibrio avversario,
impedendo alla palla di circolare facilmente, facendo giocare gli avversari con
giocate singole, non in cinque. Per ottenere questo, oltre al posizionamento
sulla linea di passaggio, sarà essenziale il concetto di farlo mentre la palla si
sposta, ovvero, ad ogni movimento della palla corrisponde un movimento di
tutta la difesa, contemporaneamente (diag. 25).
In questo modo, con la palla su un lato del campo, avremo sempre l’area
intasata ad impedire facili penetrazioni e linee di passaggio chiuse per
rompere il timing dei giochi avversari (diag.26).
Anche in questo caso è facile notare come siano presenti i concetti di dentro-
fuori- lato debole.
diag. 25 diag. 26
5. “Quando… le zone… i blocchi.” La programmazione, la
propedeuticità e “l’occhio dell’istruttore” Questa è la tipica domanda che mi viene fatta ai corsi oppure ad una lezione
tecnica per il settore giovanile.
La risposta è la stessa delle pagine precedenti: propedeuticità ed occhio
dell’istruttore.
Nei diagrammi 25 e 26 vediamo lo spostamento della difesa “mentre la palla è
in movimento”. Ebbene, questo spostamento, se escludiamo il caso della
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difesa ad uomo che segue un eventuale taglio, non è dissimile da uno
spostamento di una difesa a zona.
Quindi, quando la difesa ha assorbito i concetti di base di pressione sulla
palla, di anticipo sulla linea di passaggio sia di un giocatore esterno che
interno, di “salto alla palla” “mentre” la palla si sposta sul lato debole,
possiamo tranquillamente affermare che insegnare come si difende a zona non
presenta, dal punto di vista didattico, nessuna difficoltà.
Togliendo un difensore si fa lavorare la difesa su spazi più grandi,
obbligandoli a spostamenti più veloci. Possiamo far difendere il difensore
tolto alla zona ad uomo su un attaccante avversario, proponendo, sempre “nel
tempo che ci vuole”, addirittura una zona mista. Il termine “addirittura” è
chiaramente provocatorio. Quante volte si lavora in allenamento con i
quartetti, abituando quindi i ragazzi a spostarsi più rapidamente per coprire
spazi più grandi (si immagini ad ulteriore esempio l’esercizio 3c3 metà
campo). Con i tempi giusti, e la giusta progressione didattica, si può arrivare
dapprima in forma globale, poi via via più analitica, a forme di difesa più
evolute.Identico esempio possiamo fare in attacco per quanto riguarda i
blocchi. Quando abbiamo sviluppato bene i concetti di come prendere
vantaggio dall’1c1 in movimento, in spazi esterni e interni, mettendoli in
comunicazione (dentro-fuori) con penetrazioni, back door e tagli, ma
soprattutto con i passaggi che sono lo strumento essenziale per mantenere il
vantaggio, solo allora potremo passare all’uso dei blocchi, partendo magari da
semplici scambi di posizione dentro-fuori (diag. 27, 28).
diag. 27 diag. 28
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Anche in questo caso la regola del coinvolgimento del lato debole è ben
visibile. Sempre riguardo ai blocchi poi, credo sia didatticamente più utile
partire dai blocchi ciechi per passare poi a quelli verticali o diagonali. Il
motivo di ciò è dato dal fatto che il blocco cieco libera uno “spazio interno”,
mentre quello verticale/diagonale ne libera uno “esterno”, e, come detto in
precedenza, è didatticamente più corretto portare la palla prima dentro, poi
fuori (diag. 29, 30).
diag. 29 diag. 30
Ma, in entrambi i casi, anche se hanno una posizione principale diversa, sono
sempre presenti le tre dimensioni dentro- fuori- lato debole (contrassegnate in
figura dalle sigle D-F-LD). Il blocco cieco poi, serve anche a dare flessibilità
all’attacco, ovvero permettere ai giocatori esterni ed interni di scambiarsi le
posizioni, permettendo a noi istruttori di verificare il lavoro sui fondamentali
sia dentro area che fuori i 3 punti.
6. I fondamentali Tutto quello che abbiamo detto finora, se non supportato dal lavoro sugli
strumenti di base, potrebbe portare a fare “solo chiacchiere” (cfr. Biccardi,
Del Prete), rendendo la crescita più lunga e difficoltosa. I fondamentali sono i
particolari che faranno la differenza, pertanto consiglio sempre di usare
situazioni reali, riconoscibili successivamente nel gioco. Esse vanno usate
come transfert nella preparazione fisica, meglio se integrate con essa.
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A questo proposito, gli esercizi eseguiti “in continuità” sono utilissimi allo
scopo perché si ottiene contemporaneamente ritmo ed alto numero di
ripetizioni (diag. 31).
diag. 31
In questo diagramma è riportato un esercizio per le partenze, sia incrociate
che dirette. Se però dietro il birillo mettiamo un difensore che prova ad uscire
da una parte o dall’altra, avremo sempre le stesse partenze, ma relativamente
alla posizione del difensore, in una sorta di allenamento per gli occhi, come
visto in precedenza (diag. 32, 33).
diag. 32 diag. 33
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Quante volte abbiamo visto in allenamento o in partita questo errore (diag. 34)
diag. 34
che io chiamo “capa e muro” (testa contro il muro!), ovvero partire dal lato
dove la difesa chiude gli spazi, magari perché è quello in corrispondenza della
mano destra dell’attaccante (la sua probabile mano forte) invece di partire e
punire la difesa dove è scoperta (diag. 35, 36).
diag. 35 diag. 36
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L’uso costante degli occhi, il guardare:
- gli spazi liberi
- il difensore
- il canestro
- i compagni
risulta fondamentale in un gioco di squadra.
Nella mia programmazione infatti, il capitolo relativo ai fondamentali
comprende quattro parti:
a. occhi che guardano
b. piedi veloci
c. mani abili
d. le finte
Nella prima parte, “il guardare”, troviamo esercitazioni relative a:
- lo spazio libero- i compagni
- il proprio difensore- il canestro
- il tiro del compagno… da seguire a rimbalzo.
Nella seconda parte “piedi veloci” troviamo esercizi di reattività in circuito,
con cerchi, strisce di gomma, birilli, ostacoli bassi; esercitazioni sui cambi di
velocità (frenare –accelerare) per battere il difensore, sia dentro l’area che
fuori i 3 punti; lavoro dei piedi sui perni, per esempio come il bloccante che
rolla veloce opposto per offrire la seconda linea di passaggio (diag. 37).
diag. 37
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Nella terza parte, “mani abili” troviamo esercizi di ball handling (?) con 1
pallone – 2 palloni (per la coordinazione); esercizi di palleggio con la “mano
lontano” dal difensore; esercizi di palleggio con la “mano debole”, esercizi
per il cambio di velocità in palleggio; esercizi con la palla medica (?) e
successivo transfert per il passaggio.
Nell’ultima parte, “le finte”, troviamo esercizi che sintetizzano tutto il lavoro
precedente, che servono ad integrare con fantasia il lavoro su occhi, piedi e
mani, sempre sia dentro l’area che fuori i 3 punti. Ad esempio:
- finte di tiro
- finte di passaggio
- passaggi no look
Le finte, in conclusione, rappresentano il momento pi alto nella strada che
porta ad una corretta acquisizione dei fondamentali e il giocatore giovanile
che le usa in modo appropriato si può senz’altro definire un giocatore
“evoluto”.
7. Riepilogo Con i giovani è importante pertanto insegnare i fondamentali di base
orinandoli in concetti propedeutici, con esercitazioni e messaggi semplici e
chiari, riconoscibili nel gioco 5c5.
Il momento per passare al concetto, all’argomento successivo, è dato
dall’”occhio dell’istruttore”. In tutte le situazioni di gioco insegnare a
“guardare”, sviluppando concetti di spazio su 3 dimensioni:
a. quella verticale del campo aperto
b. quella della profondità (dentro l’area- fuori i 3 punti) contro la difesa
schierata
c. quella orizzontale, coinvolgendo i giocatori sul lato debole.
Per quanto riguarda l’ attacco, giocare i concetti precedenti con il tempo
giusto (cambi di velocità, fare le cose mentre). Per restare coerenti con il
concetto di utilizzo sia degli spazi interni che esterni è di importanza
fondamentale la flessibilità dei ruoli e conseguentemente del gioco d’attacco,
ovvero permettere ai giocatori di giocare sia dentro che fuori che spalle a
canestro.
In difesa rubare spazio e tempo all’attacco:
a. togliendo facili canestri in contropiede (ferma la palla- rientra in area
correndo sulle linee di passaggio)
b. non concedere tiri aperti (non farsi battere in palleggio- posizionarsi sulle
linee di passaggio- spostarsi mentre la palla si muove).
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Ogni concetto di base, nuovo, più difficile, va supportato da abbondante dose
di fondamentali individuali: il linguaggio che traduce la teoria in pratica, i
particolari che fanno la differenza, sempre con il tempo che ci vuole.
8. Ringraziamenti ai maestri Raccontare di me stesso in poche pagine, della mia storia di istruttore
giovanile, non è facile. Non so se ci sono riuscito. Ritengo comunque che elle
esercitazioni, nei concetti e nelle idee espresse da ogni istruttore c’è la sua
storia. In particolare si intravedono le influenze dei maestri, dei mentori, che
l’istruttore giovanile ha avuto la fortuna di conoscere. Il tutto però va
rielaborato all’interno della propria personalità e del proprio modo di essere,
va integrato in un continuum di metti, togli, verifica etc… Ecco perché non
aggiungerò bibliografia al termine di questo mio scritto, ma solo un grazie a
chi mi ha aiutato e sostenuto in questo cammino.
Grazie a coach Franco Marcelletti che mi ha insegnato la dedizione al lavoro:
solo il duro lavoro in palestra porta a risultati concreti.
Grazie a coach Mario Floris che mi ha aperto ad orizzonti al di là della sola
tecnica e tattica: il rapporto con la squadra, l’importanza dello staff, nuovi e
sconosciuti stili di insegnamento.
Grazie a coach Roberto Di Lorenzo per tutto il materiale didattico che mi ha
fornito, per avermi sostenuto nei momenti difficili, per avermi insegnato
l’amore per il basket.
Grazie ai dottori Tommaso Biccardi e Nando Del Prete per aver dato (e
continuano a farlo) una spinta decisiva nel percorso citato in precedenza, non
solo quello di “Diventare Coach” ma soprattutto quello di diventare uomo.
Infine grazie a coach Ettore Messina, riesco a vederlo una volta l’anno, ma in
un solo incontro è capace di darmi spunti e momenti di riflessione e di crescita
tecnica ed umana per una vita intera, sempre con un atteggiamento semplice,
capace di farti sentire sempre importante. Un vero modello di coach, di
persona.
Auguro a tutti voi la fortuna che ho avuto io. Buon viaggio giovani istruttori.
Buon viaggio colleghi coach.