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154 L’incontro tra il Minibasket e il Basket di Maurizio Cremonini Responsabile Tecnico Federale Settore Minibasket Premessa Affrontare il tema dell’Incontro tra il Minibasket e il Basket non può e non deve tradursi in una semplice elencazione di suggerimenti didattici e metodologici; l’approccio generale allo sport degli adolescenti stimola riflessioni più ampie che proveremo ad approfondire. Le attività “ludico-educative” di Giocosport delle Federazioni Sportive creano le naturali condizioni di formazione generale dei bambini; con le purtroppo inadeguate eccezioni, le attività che precedono lo sport vero e proprio dovrebbero occuparsi della crescita del bambino nella sua globalità. Il Minibasket Il Minibasket da anni si impegna per manifestare coerentemente tale principio di riferimento in ogni occasione di presentazione e verifica della propria attività, consapevole che non sempre, in un movimento fatto da 135.000 bambini, 7.000 Istruttori e 2.500 Centri Minibasket, i valori che lo caratterizzano riescono ad emergere positivamente. L’impegno di questi ultimi anni alla ricerca di una maggiore integrazione con tutti i Settori Tecnici della Federazione sono un’occasione troppo importante per rappresentare e descrivere al meglio il “senso” educativo e didattico del Minibasket; la sua natura e la sua essenza. Non per semplice provocazione, ma bensì per consapevolezza dell’importanza della riflessione vogliamo partire da un pensiero di riferimento: Per Insegnare il Basket . . . conoscere il Minibasket è fondamentale. Per Insegnare ancor meglio il Minibasket . . . conoscere il Basket può essere d’aiuto, ma non deve condizionare! La provocazione vuole mettere in luce un evidente problema nel rapporto tra il Minibasket e il Basket di questi anni, una relazione spesso conflittuale, fatta di comunicazioni didattiche e programmazioni metodologiche poco integrate, e scarsamente riferite ad un progetto condiviso di crescita del bambino – allievo – giocatore.

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L’incontro tra il Minibasket e il Basket

di Maurizio Cremonini

Responsabile Tecnico Federale Settore Minibasket

Premessa Affrontare il tema dell’Incontro tra il Minibasket e il Basket non può e non

deve tradursi in una semplice elencazione di suggerimenti didattici e

metodologici; l’approccio generale allo sport degli adolescenti stimola

riflessioni più ampie che proveremo ad approfondire.

Le attività “ludico-educative” di Giocosport delle Federazioni Sportive creano

le naturali condizioni di formazione generale dei bambini; con le purtroppo

inadeguate eccezioni, le attività che precedono lo sport vero e proprio

dovrebbero occuparsi della crescita del bambino nella sua globalità.

Il Minibasket Il Minibasket da anni si impegna per manifestare coerentemente tale principio

di riferimento in ogni occasione di presentazione e verifica della propria

attività, consapevole che non sempre, in un movimento fatto da 135.000

bambini, 7.000 Istruttori e 2.500 Centri Minibasket, i valori che lo

caratterizzano riescono ad emergere positivamente.

L’impegno di questi ultimi anni alla ricerca di una maggiore integrazione con

tutti i Settori Tecnici della Federazione sono un’occasione troppo importante

per rappresentare e descrivere al meglio il “senso” educativo e didattico del

Minibasket; la sua natura e la sua essenza.

Non per semplice provocazione, ma bensì per consapevolezza dell’importanza

della riflessione vogliamo partire da un pensiero di riferimento:

Per Insegnare il Basket . . . conoscere il Minibasket è fondamentale.

Per Insegnare ancor meglio il Minibasket . . . conoscere il Basket può essere

d’aiuto, ma non deve condizionare!

La provocazione vuole mettere in luce un evidente problema nel rapporto tra

il Minibasket e il Basket di questi anni, una relazione spesso conflittuale, fatta

di comunicazioni didattiche e programmazioni metodologiche poco integrate,

e scarsamente riferite ad un progetto condiviso di crescita del bambino –

allievo – giocatore.

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La relazione tra il Minibasket e il Basket di questi ultimi anni è stata

probabilmente condizionata da alcuni aspetti sui quali è forse il caso di

cominciare a riflettere:

- Una visione “separata” del percorso di formazione dei tecnici

ai quali viene affidata la crescita del bambino nel Minibasket prima e

nella Pallacanestro dopo

- L’idea negativa di “passaggio” da un ambito all’altro del

bambino con un distacco spesso troppo netto di competenze riferite ai

metodi d’insegnamento

- Bambino/allievo non “pensato” nella continuità didattica e

metodologica e nella difficoltà di approccio ai presupposti

dell’apprendimento delle abilità sportive

- Mal sviluppata, in sostanza, la cultura dell’ “incontro” tra il

gioco e lo sport

Il compito assegnato al Settore Minibasket di descrivere in questo testo

l’Incontro tra il Minibasket e il Basket è la conferma di un nuovo

atteggiamento rispetto ai problemi sopra citati, ed il primo segnale di

un’attenzione diversa è il cambiamento del titolo assegnato alla riflessione,

non più il “Passaggio dal Minibasket al Basket” ma “l’Incontro” tra i due

ambiti, per condividerne i principi di riferimento, e definire un percorso

formativo partecipe e integrato.

Sarà opportuno ed indispensabile partire dalla presentazione sintetica del

Minibasket e dei principi educativi e didattici ai quali si riferisce, per poi

evidenziare i punti di attenzione che il Minibasket cercherà di porre nella

delicata fase di approccio alla Pallacanestro.

L’auspicio è che l’Incontro tra Il Minibasket e il Basket possa essere sempre

più adeguato e graduale, disponibile per tutti i bambini e le bambine dei

Centri Minibasket, senza esasperazioni precoci ma con la dovuta e necessaria

pazienza di un Istruttore competente ed aggiornato.

Per conoscere bene le cose,

bisogna conoscerne i particolari: e siccome questi sono quasi infiniti, le nostre conoscenze sono sempre

superficiali e imperfette .F. La Rochefoucauld

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Il percorso del Minibasket Il Minibasket ha cercato di adeguare la propria proposta al cambiamento

sempre più repentino ed imprevedibile dei bambini della società attuale:

• motivazione all’attività fisica e pre-sportiva in generale

piuttosto debole, in particolare nelle face d’età iniziali

• capacità motorie sempre più scarse, aumento importante dei

bambini con problemi di soprappeso

• livelli di attenzione e partecipazione al gioco decisamente

carenti, con sempre più evidenti difficoltà nella capacità di interagire

e relazionarsi con gli altri

Il quadro proposto è volutamente sintetico e riferito alle problematiche

principali, osservazioni dalle quali è nata l’idea di un rinnovato percorso

didattico e metodologico che, senza volersi allontanare da quegli elementi di

riferimento che per cultura consolidata da sempre caratterizzano il

Minibasket, intende accompagnare l’attenzione di tutti su 3 “Parole Guida” :

EMOZIONE SCOPERTA GIOCO

La scintilla iniziale L’inizio del minibasket L’approccio al Basket Le 3 Parole Guida vogliono stimolare l’individuazione di un cammino di

formazione e crescita dei bambini nel Minibasket riconosciuto e condiviso,

ma sono al tempo stesso le 3 parole che dovrebbero caratterizzare ogni attimo

di vita del bambino nel Centro Minibasket, perché ogni gioco, ogni proposta,

ogni situazione dovrebbe essere vissuta dal bambino con una grande e

positiva partecipazione emotiva, con la sensazione di essere sempre di fronte a

qualcosa di nuovo da scoprire, e con la chiara e definita programmazione di

un percorso che lo accompagna gradualmente verso la capacità di “Giocare a

Minibasket”. La competenza di un soggetto si esprime

nel saper stabilire legami tra abilità e conoscenze richieste di fronte a situazioni di apprendimento

di complessità progressivamente crescente. Aubert, 1997

La condivisione deve inoltre trovare collegamenti e punti forti di contatto

negli obiettivi educativi e didattici che il Minibasket cerca di esplicitare con

semplicità e precisione.

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Minibasket : Obiettivi Educativi

* giocare con il corpo 5/6 anni * giocare con il movimento

* giocare con la palla

* educare le capacità motorie

7/8/9 anni * giocare a conoscere i fondamentali

* risolvere i primi problemi di gioco

* educare le capacità motorie

9/10/11 anni * stimolare la capacità di gioco

* insegnare a giocare

Giocare per Emozionarsi e Scoprire cose nuove,

Giocare per crescere e diventare grandi;

imparare nel gioco e nello sport i valori della vita.

Minibasket : Obiettivi Didattici

Emozione (5-6 anni)

* stimolare le capacità senso-percettive (vista – udito – tatto –

propriocettività) * educare gli schemi motori di base (camminare –correre – saltare – rotolare –

strisciare - lanciare – afferrare – schivare – ecc.) * educare le capacità motorie coordinative generali (apprendimento motorio –

adattamento e trasformazione - controllo motorio)

* giocare con la palla (grande – piccola – leggera – pesante – di tutte le forme) * provare a palleggiare

* provare a tirare (con canestri di altezza adeguata)

L’attività proposta a 5/6 anni deve fare assoluto riferimento all’Attività

Motoria di Base, ma il coinvolgimento dei bambini deve avvenire in un clima

di grande coinvolgimento emotivo.

Se l’emozione deve essere una “prima scintilla”, il Minibasket a 5/6 anni deve

essere proposto in un contesto particolare e speciale: raccontiamo il

Minibasket con favole, fiabe e storie fantastiche.

Ciò che si apprende con Emozione resta per sempre.

Emozione

Scoperta

Gioco

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Scoperta (7-8-9 anni)

* stimolare ancora la senso-percezione

* educare ancora gli schemi motori di base

* educare le capacità motorie coordinative generali

* educare le capacità motorie coordinative speciali (combinazione motoria –

equilibrio – orientamento - differenziazione – anticipazione e scelta)

* educare la mobilità articolare (non lo streatching) * giocare a conoscere i fondamentali (palleggio – tiro – passaggio e difesa)

* affrontare le prime situazioni problema * giocare a Easybasket (situazione di gioco iniziale)

* giocare i situazione di soprannumero (pre-requisito alla Capacità di Gioco) * giocare a Minibasket – 3 contro 3 Sprint (obiettivo di gioco adeguato)

Inizia il vero cammino nel Minibasket, l’emozione viene data dall’incontro

con le cose nuove che l’Istruttore propone, ma la scoperta deve essere

sostenuta con una continua e costante adeguatezza delle proposte, sempre

varie, divertenti e coinvolgenti.

La Scoperta vera è sentirsi capaci di fare, in grado di dare risposte positive ai

problemi adeguati affrontati. La Scoperta è cominciare a sentirsi più sicuri di

sé.

Gioco (9/10/11 anni) * consolidare le capacità motorie coordinative (generali e speciali)

* stimolare le capacità motorie condizionali (rapidità – resistenza – forza in

generale con le dovute attenzioni metodologiche)

* giocare ad utilizzare i fondamentali

* educare la capacità di gioco

* stimolare la capacità di riconoscere i problemi

* insegnare a giocare (creare presupposti per i riferimenti tecnici) * giocare a Minibasket – 3 contro 3 Sprint

* giocare a Minibasket – 5 contro 5

Prosegue il cammino nel Minibasket e si avvicina il momento del Basket, si

incontrano le partite, i tornei, l’agonismo, e spesso la strada si fa più tortuosa

e complicata. La fretta diventa il consigliere principale, l’esasperazione entra

con prepotenza nella didattica e nella metodologia d’insegnamento, si cercano

risposte immediate agli obiettivi che improvvisamente cambiano; diventa

importante una “finale” aquilotti o gazzelle, diventa prioritario il risultato da

produrre e si abbandona il processo di crescita da accompagnare.

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Insegnare a Giocare non significa Insegnare a Vincere, si gioca certamente

anche per quello, è nella natura dell’uomo e del bambino, ma non si “lavora”

con bambini di 9/10 anni per inseguire inutili vittorie.

Giocare a Minibasket significa creare certamente i presupposti per il Basket,

ma con gli adeguati pre-requisiti motori e le competenze cognitive del gioco,

sulle quali sviluppare le capacità del futuro giocatore di Pallacanestro:

autonomo – responsabile – creativo e intelligente.

Emozione, Scoperta e Gioco sono dunque la sintesi di un percorso del

Minibasket che necessitava però di un anello di congiunzione con la

Pallacanestro, un momento di incontro che avesse anche nella pratica

quotidiana una testimonianza della volontà del Settore di creare veramente

adeguati ed indispensabili pre-requisiti, ma che ponesse nel contempo davanti

agli occhi di tutti la dovuta attenzione al momento di avvicinamento dei

ragazzi allo sport. Per questo il Settore Minibasket nel 2002 ha proposto e

introdotto la Categoria Esordienti (vedi tabella n.1); per definire un’attività

specificatamente dedicata all’Incontro con il Basket e per completare al

meglio il graduale approccio alla Pallacanestro.

Esordienti: un’idea non per cominciare prima il Basket, ma per finire al

meglio il Minibasket.

Le Categorie del Minibasket

Bambini

Bambine

5/6 anni – Pulcini

5/6/7 anni – Paperine

7/8 anni – Scoiattoli

6//7/8 anni – Libellule

9/10 anni – Aquilotti

7/8/9 anni – Gazzelle

11 (10) anni – Esordienti

9/10/11- Esordienti

Tab n.1

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Il momento delicato dell’Incontro con il Basket

Sua maestà l’istruzione tecnica può essere cattiva sovrana se dimentica che al di sopra di essa vi è sempre il bambino,

con le sue immense potenzialità, ma anche con i suoi limiti numerosi ed indefiniti.

T. Husen

Il pensiero proposto in apertura, per quanto provocatorio possa sembrare, deve

restare un punto fermo di riferimento, ma necessita di un adeguato

chiarimento.

Abbiamo visto come il Minibasket debba dedicarsi in maniera privilegiata al

recupero delle competenze motorie del bambino, all’educazione ed allo

sviluppo qualitativamente importante delle Capacità Motorie, che devono

essere la base sulla quale fondare successivamente gli apprendimenti riferiti

alle abilità sportive specifiche.

Anche la fase dell’Incontro tra il Minibasket e il Basket deve saper

individuare e definire gli aspetti educativi e didattici sui quali porre la giusta

attenzione, ricordando sempre che la formazione dei giovani, anche nei primi

anni dell’attività sportiva, dovrebbe avere presente la globalità dello sviluppo

di competenze, patrimonio fondamentale sui quali inserire gli apprendimenti

tecnici e tattici successivi.

Nelle situazioni di gioco e nelle situazioni problema proposte in questa parte

dell’attività, dovranno emergere i primi riferimenti all’apprendimento tecnico,

le prime osservazioni didattiche utili ed importanti per aiutare i bambini a

comprendere i compiti loro assegnati e per orientare la loro attenzione sui

presupposti essenziali della componente tecnica.

L’Incontro tra il Minibasket e il Basket: Obiettivi Educativi e Didattici

Obiettivi Educativi

* educare e sviluppare le capacità motorie

* consolidare la capacità di gioco

* giocare ad utilizzare i fondamentali

* scoprire i primi riferimenti tecnici

Obiettivi Didattici

* la palla

* lo spazio

* i piedi

* il tiro

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* il passaggio

* la difesa

* il gioco

La Palla Confidenza: sensibilità e percezione tattile, trattamento di palla intenso ed

adeguato, destrezza – scioltezza – disinvoltura.

Sicurezza: capacità di utilizzo in movimento e nel traffico, capacità di utilizzo

in situazioni di gioco, capacità di utilizzo in situazioni problema.

Lo Spazio Lettura:discriminazione e scelta, comprensione e valutazione, percezione dei

riferimenti.

Utilizzo: capacità di posizionamento del corpo, capacità di movimento con e

senza palla.

I Piedi Percezione: propriocettività percezione dell’appoggio e del perno educazione

ed attenzione agli appoggi.

Sensibilità: senso del movimento controllo del movimento stimolo ai

riferimenti tecnici.

Il Tiro Coordinazione: presupposti generali, consolidamento delle capacità motorie,

riferimenti specifici al tiro in corsa.

Equilibrio: statico, dinamico, consolidamento delle capacità motorie,

riferimenti specifici al tiro piazzato presupposti dell’apprendimento tecnico.

Applicazione: capacità di lettura delle situazioni capacità di scelta, capacità di

utilizzo in situazioni di gioco, capacità di utilizzo in situazioni problema.

Il Passaggio Collaborazione: attenzione didattica specifica, stimolo all’utilizzo

gratificazione sulle scelte corrette senso ed idea della relazione con il punto di

ricezione.

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Sicurezza: capacità di utilizzo in movimento capacità di utilizzo in situazioni

di gioco capacità di utilizzo in situazioni problema.

La Difesa Responsabilità: attenzione didattica adeguata e specifica assegnazione di

compiti individuali conoscenza delle 3 linee di riferimento

(avversario/canestro – avversario/palla – canestro/canestro), concetto di

appartenenza al gruppo.

Apprendimento progressivo e graduale

- applicazione costante ed attinente agli obiettivi

- progressività graduale e non esasperazione

- capacità di utilizzo in situazioni di gioco

- capacità di utilizzo in situazioni problema

Il Gioco Autonomia: responsabilità individuale capacità di scelta e utilizzo dei

fondamentali adeguati.

Intelligenza: interpretazione personale fantasia e creatività.

Divertimento: piacere di giocare piacere di imparare piacere di crescere nello

sport e nei suoi valori educativi.

Le attenzioni Metodologiche Insegnare Minibasket non è certo compito facile, ed ancor più impegnativo è

avvicinare i ragazzi alla Pallacanestro con le competenze adeguate; la scelta

delle nostre Società Sportive e dei Centri Minibasket è di affidare troppo

spesso tale delicato compito a chi si trova alle prime armi didattiche e

metodologiche.

Far riflettere i giovani Istruttori sulla delicatezza dell’impegno assunto e sulla

sensibilità educativa che li dovrebbe caratterizzare - prima ed oltre le

competenze tecniche - è uno degli obiettivi centrali del programma di

formazione ed aggiornamento del Settore Minibasket FIP.

Anche in questa occasione sentiamo il dovere di fare alcune riflessioni sugli

aspetti metodologici che potrebbero rivelarsi determinanti ai fini di una più

consapevole condivisione della modalità di approccio proposta dal Minibasket

in funzione della Pallacanestro.

Non si intende per questo approfondire temi che verranno certamente

analizzati in altre parti del testo, ma si vuole focalizzare l’attenzione sui

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metodi che il Minibasket intende privilegiare nelle ultime fasce di attività

(9/10/11 anni).

Nell’azione educativo-didattica i metodi trovano fondamento in due fattori:

oggettivo relativo alla natura della disciplina insegnata soggettivo relativo alla personalità di chi apprende.

I metodi didattici sono le procedure d’insegnamento finalizzate a far conseguire a chi apprende gli obiettivi programmati.

F. Pellegrini

La definizione proposta è il punto di partenza della riflessione; accompagnare

i ragazzi all’Incontro con il Basket non può non tener conto della soggettività

di chi apprende ed è il protagonista del processo definito, senza trascurare gli

elementi fondanti della disciplina insegnata.

Può essere assolutamente necessario avere ben chiari alcuni riferimenti dai

quali non si deve prescindere:

● conoscere i propri allievi - livelli di competenza

- esperienza pregressa

- omogeneità o eterogeneità

del gruppo

● definire gli obiettivi - educativi

- didattici

● individuare i contenuti e le attività - preparazione generale

(formazione motoria)

- preparazione specifica

(riferimenti tecnici)

● scegliere i mezzi e gli strumenti - esercizi

- attrezzi

● organizzare i metodi d’insegnamento - oggettività

- soggettività

- integrazione dei metodi

La Capacità d’Insegnamento dell’Istruttore, non inizia dunque dall’esercizio

che intende proporre, ma dalla consapevolezza di quanto ciò che farà possa

servire ed essere utile ai suoi ragazzi, per le loro competenze del momento e

per gli obiettivi per loro definiti e programmati.

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Ci preoccupiamo talvolta in maniera eccessiva, di ciò che i nostri ragazzi

potranno essere da grandi, e così troppo spesso dimentichiamo, ciò che sono

loro adesso.

Siamo convinti che il modo migliore per avvicinare i ragazzi alla

pallacanestro che potranno giocare dopo il Minibasket, debba passare

attraverso una fase di importante di sviluppo della Capacità di Gioco, della

capacità cioè di :

- riconoscere il problema di fronte al quale vengono

- individuare i contenuti del problema da risolvere

- progettare la soluzione del problema (pensare la soluzione mentale)

- realizzare la personale soluzione (soluzione motoria)

- riflettere sulla risposta data al problema (feedback individuale)

L’Istruttore – Educatore – Insegnante deve decidere come porsi rispetto alla

situazione:

dando le sue indicazioni insieme alla descrizione del compito, oppure

inserendosi sui feedback dei ragazzi, sostenendone le interpretazioni

individuali, cercando di aiutarli a riflettere sull’adeguatezza o meno della

risposta data, utilizzando anche i primi riferimenti ai presupposti tecnici.

Un processo di insegnamento-apprendimento moderno

supera la logica delle sequenze lineari (stimolo = risposta) ed eleva il concetto del sapere

ad una cultura di acquisizione delle competenze che, non negando il sapere, lo contestualizza,

concependolo come momento di crescita integrale dell’allievo, con una continua dinamica di relazione

tra il suo saper fare e il suo saper essere. Sviluppo Motorio e Autostima nei Giovani, AAVV,

Facoltà di Medicina - Università di Foggia

La capacità dell’Istruttore di integrare tra loro i metodi entra dunque in gioco

in maniera determinante; saper cogliere dalle situazioni e dalle risposte dei

ragazzi indicazioni, suggerimenti ed assegnazioni di nuovi compiti significa

costruire un percorso didattico ampio - razionale ed intelligente, un processo

d’apprendimento nel quale i veri protagonisti sono proprio i giovani ed il loro

graduale approccio allo Sport.

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Il nostro obiettivo futuro, che auspichiamo possa essere condiviso, dovrà

essere quello di sviluppare competenze cognitive prima che tecniche; fare in

modo che, il Minibasket che insegneremo, consenta ai bambini di capire,

prima possibile, “come si gioca”.

Avvicinare i giovani alla Pallacanestro vuol dire dar loro progressive

competenze e strumenti per riconoscere – affrontare e risolvere le diverse

situazioni che il gioco presenta, e che sono la natura stessa del Minibasket.

Sviluppare la Capacità di Gioco significa dunque accompagnare i bambini alla

conquista dell’essere “padroni” del gioco, più consapevoli di ciò che accade, e

quindi più sicuri di se stessi, nel gioco come nella vita.

Proviamo a fare in modo che il nostro impegno futuro venga rivolto con

attenzione a questi aspetti didattici e metodologici; confrontiamoci –

discutiamone – sviluppiamo, ciascuno di noi, un personale percorso

d’insegnamento, che abbia però un principio di riferimento comune:

insegnare un Minibasket diverso più vicino ai bambini di oggi, affamati di

sorprese e novità, e desiderosi di scoprire il mondo, anche del gioco,

accompagnati però da un Istruttore competente e sensibile.

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La Pallacanestro Giovanile

di Giacomo Leonetti

1. La “costruzione” del giocatore “nel tempo che ci vuole” E’ stato un bel momento quando ho sentito il mio “maestro” Ettore Messina

pronunciare le parole “con i giovani insegnare prima le cose base, … poi, con

il tempo che ci vuole” andare avanti con i particolari più complessi.

Chiarezza e semplicità del messaggio, pazienza e “calma decisa” sono

qualità che unite alla capacità di costruire meccanismi sempre più precisi (ma

senza castrare l’autonomia), fanno di Ettore Messina uno dei migliori modelli

di allenatori anche quando parla del Settore Giovanile. Coach Messina nasce

dalle esperienze nel Settore Giovanile, ma anche ora che allena squadre

Senior, guardando giocare le sue squadre risulta subito evidente la “giusta

miscela del gioco di collaborazione senza perdere l’autonomia del singolo”,

anzi “integrandoli” nel gioco di squadra, sia in attacco che in difesa. La

costruzione del singolo giocatore spesso viene messa in contrapposizione

all’idea di gioco di squadra. La mia formazione mi suggerisce invece di

superare questa dicotomia. L’istruttore o allenatore (che dir si voglia) di

settore giovanile deve avere sempre una “visione binoculare”, integrando i

due aspetti senza metterli in contrapposizione. Resta però fondamentale l’idea

di “costruzione del giocatore” che è tipica del settore giovanile. Arrivare alle

categorie senior senza aver vissuto le esperienze fondamentali (ad esempio: il

gioco di penetrazione, il gioco di tagli, i blocchi, la zona etc..) in maniera

propedeutica, crea sicuramente in seguito gravi scompensi e limiti evidenti. Il

punto di partenza deve necessariamente essere il contesto nel quale si opera e

gli obiettivi che ci si prefigge: opero in una scuola di basket? Faccio attività

sociale? Alleno in un settore giovanile di alto livello? Quale il punto di arrivo,

la serie A? Puntiamo alle finali nazionali? Una volta chiariti gli obiettivi

possiamo stilare la nostra programmazione. Gli aspetti che intendo

sottolineare sono essenzialmente due:

- la propedeuticità dei contenuti, e

- l’occhio dell’istruttore.

I contenuti devono essere ordinati in maniera propedeutica, ovvero, come

dicevamo prima, dando la precedenza assoluta ai fondamentali di base.

Facciamo un esempio: prima di affrontare situazioni di 1c1 in movimento o di

collaborazioni su un gioco di penetrazione, sarà meglio abituare i nostri

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ragazzi a “riconoscere” una linea di penetrazione chiusa e quindi a cambiare

mano e direzione (diag. 1)

diag. 1

A questo proposito voglio già da subito, e sarà bene farlo anche in palestra

con i ragazzi, chiarire che è di fondamentale importanza tenere gli occhi alti,

guardare per poter poi scegliere la giusta direzione per andare a canestro. Nel

mio modello di insegnamento infatti inserisco al primo posto il guardare,

avvero allenare i fondamentali sempre contro un ostacolo didattico, prima

fermo, poi vivo ed in movimento. L’esempio appena fatto vale per altri

fondamentali o concetti, tenendo però presente che il guardare e riconoscere

una linea di penetrazione a canestro va inserito nel contesto del gioco di

squadra, nel 5c5.

Volendo riepilogare tutto con una formula potremmo dire: insegnare i

fondamentali di base individuali, abituando a guardare spazi, avversari,

canestro e guardarsi tra compagni; mettendoli in ordine propedeutico,

inserendoli in concetti di gioco di squadra; con il tempo che ci vuole.

E qui subentra il secondo concetto: l’occhio dell’istruttore. Sarà l’istruttore a

capire quando sarà il momento di inserire nuove tematiche. Il momento sarà

dato dal fatto che i ragazzi “riconoscono” quel movimento nel contesto del

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gioco. Questo è il segnale per inserire il successivo, più complicato. La qualità

del lavoro sarà data non dal numero dei concetti o argomenti sviluppati ma dal

come sono stati svolti, dal fatto che si riconoscano e si applicchino

correttamente in campo. Faccio anche qui un esempio: posso arrivare al

termine della categoria Under 21 a non aver usato la difesa a zona 1-3-1, ma

se i miei ragazzi sanno posizionarsi correttamente sulle linee di passaggio e

riempire l’area dal lato debole, ci vorrà poco tempo per insegnarla.

Altro concetto fondamentale nella “costruzione” del giocatore è il concetto di

flessibilità, ovvero permettere ai propri giocatori di “vivere” duramente il

gioco, sia situazioni interne all’area, sia fronte a canestro, fuori l’arco dei tre

punti. Non solo dentro, non solo fuori. Logicamente, quando vado a

scomporre gli allenamenti, prevederò che il lavoro sui fondamentali sia fatto

da tutti, sia dentro che fuori area. Chiamo questa parte: tutti fanno tutto.

2. Il “quadro” nei 28 metri, la dimensione verticale I fondamentali individuali di base, i concetti e le idee del proprio gioco di

squadra vanno poi messi in campo. Il campo, a pensarci bene, ha dimensioni

che possono guidarci nel lavoro quotidiano. Se guardiamo una partita

giovanile, di categoria esordienti o Under 13, vedremo molto gioco in campo

aperto, nei 28 metri, con ampio uso della dimensione verticale. Questo perché

i ragazzi di quella età hanno dentro di sé l’idea essenziale, e peraltro corretta,

di far canestro nel più breve tempo possibile, prima che la difesa si schieri.

Il problema è rappresentato semmai dal fatto che non si sanno controllare

tecnicamente le alte velocità che si sviluppano con il gioco in campo aperto,

ovvero i fondamentali non sono adeguatamente sviluppati per essere

“controllati” a quelle velocità. Bene! Ecco servito all’istruttore il lavoro per i

primi anni di settore giovanile, fino ad Under 13-14. Proporre situazioni di

gioco, idee, fondamentali, sviluppati nello scenario più probabile, quello dei

28 metri, migliorando, nel tempo che ci vuole, la capacità di riconoscere nel

gioco le idee guida, e di controllare gli strumenti per attuarle.

Sempre di fondamentale importanza, come detto in precedenza, è tenere gli

“occhi alti”. Un esempio classico: quante volte avete visto l’azione

rappresentata nel diag. 2, un giocatore , preso il rimbalzo o recuperata la palla,

si avvia in palleggio nel più classico dei “coast to coast”, incurante degli spazi

chiusi dai difensori e dei compagni liberi davanti a lui. E spesso succede la

stessa cosa dall’altra parte, assistendo ad un’autentica sagra del palleggio e dei

tiri in corsa ostacolati e fuori controllo.

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diag. 2

Cosa fare: innanzitutto far alzare gli occhi al rimbalzista, farlo entrare in

comunicazione visiva, in relazione con il resto della squadra che si sta

aprendo negli spazi (diag. 3).

diag. 3

Iniziare quindi la fase di “attacco nei 28 metri” con un passaggio, non con un

palleggio. Il passaggio sottintende una relazione, la capacità di guardare gli

spazi in cui aprirsi, di guardarsi tra compagni: aumenta in maniera

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esponenziale la qualità del gioco d’attacco, in conseguenza del fatto che

migliora la relazione tra i suoi componenti.

Facendo continuare l’azione, possiamo fare un’altra riflessione: la palla è

uscita dall’area, oltre l’arco dei tre punti, il campo si è aperto, i miei compagni

corrono occupando le corsie libere. Ora posso continuare con un secondo

passaggio, oppure con il palleggio spinto, ma con il campo già “aperto” (diag.

4, 5).

diag 4 diag. 5

Si sarà creata una situazione di soprannumero, di vantaggio, da sfruttare con

un ulteriore passaggio che libera la strada per un facile canestro.

L’idea, quindi, è quella di portare la palla prima dentro, nel modo più rapido

possibile.

Questo esempio resterà pura teoria se i fondamentali di palleggio, passaggio,

tiro, gioco senza palla, non vengono curati giorno per giorno, contro ostacoli

dapprima didattici e, successivamente, agonistici, vivi, una sorta di birilli con

braccia e gambe, in modo da allenare gli occhi.

Non a caso, da quando ho avuto la fortuna di iniziare a collaborare con il

CNA, con Ettore Messina (tecnico), Tommaso Biccardi e Fernando Del Prete

(psicologi), Luigino Sepulcri (preparatore fisico), ho fatto dell’integrazione

degli ambiti citati il mio credo.

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Ho inserito quindi in tutte le mie programmazioni per il settore giovanile, nel

capitolo fondamentali individuali, il paragrafo “occhi alti”.

3. Gli “spazi” dentro- fuori- lato debole Dicevamo, l’idea è quella di portare la palla prima dentro. Ipotizziamo quindi

di continuare l’azione illustrata in precedenza con nuovi scenari, nuove parti

del quadro che stiamo presentando ai nostri ragazzi.

Se non siamo riusciti a portare la palla subito dentro in contropiede con “la

prima ondata”, ci apriamo fuori l’arco dei tre punti per liberare lo spazio

interno al 4° giocatore che si inserisce con un rapido taglio a canestro (diag.

6).

diag. 6

E per il 4° giocatore, a livello di settore giovanile, soprattutto nelle prime

categorie, non intendo il n° 4 ma, con l’idea che “tutti fanno tutto”, proprio il

quarto giocatore che arriva. Successivamente, soprattutto a livello Under 18, o

quando “l’occhio dell’istruttore” lo riterrà opportuno, potremo specializzare il

nostro gioco nei 28 metri.

Per allenare il gioco in campo aperto ritengo molto utili i classici esercizi di

“inversione” (diag. 7) che a partire dall’ 1c1, 2c2, fino al 3c3 e 4c4,

riproducono ondate successive di contropiede in continuità sui due canestri,

con la rotazione “chi attacca difende”, e i difensori che aprono il gioco per i

nuovi compagni, riproducendo una situazione abbastanza reale di contropiede.

La palla può arrivare, tornando alla situazione precedente, al 4° giocatore

anche coinvolgendo il lato debole, (diag. 8) aprendo, liberando un tiro da 3

punti, o soprattutto giocando sul vantaggio che ha il 4° giocatore con un

difensore che lo marca da dietro.

172

diag. 7 diag. 8

Dopo aver parlato di dimensione verticale (28 metri) e di portare prima la

palla dentro poi fuori, arriviamo, con il coinvolgimento del lato debole

all’ultima dimensione, quel lato-lato (diag. 9).

diag. 9

(diag. 9: V = verticale, D = dentro, F = fuori, LD = lato debole)

Le squadre capaci di giocare dentro-fuori e di coinvolgere giocatori e creare

vantaggi sul lato debole, possono sicuramente annoverarsi fra le grandi

squadre giovanili, e, oserei dire, anche senior.

173

Con le categorie Under 16- Under18 (dall’anno prossimo U17-U19) si gioca

più spesso a difesa schierata.

Non cambiano però i concetti di giocare prima la palla dentro, sia con attacchi

di penetrazione che di passaggio, poi fuori coinvolgendo il lato debole.

Due esempi:

- il primo con un gioco di penetrazione (diag. 10, 11).

- Il secondo con un gioco di tagli e blocchi.

In qualunque caso esaminato ci sarà sempre la presenza di gioco dentro- fuori-

lato debole.

diag. 10 diag. 11

- sempre con grande uso dei tagli back-door sui frequenti anticipi delle

- difese avversarie (diag. 12, 13)

- con uso di blocchi interni (palla dentro) (diag. 14, 15).

174

diag. 12 diag. 13

diag. 14 diag. 15

175

- Proseguendo con uso di blocchi sia ciechi che verticali (diag. 16).

diag. 16

E qui potremmo continuare per ore e non finire mai. In ognuno dei casi

esaminati le prime mosse dell’attacco servono per “prendere vantaggio” sia

con la palla (ad esempio una penetrazione) sia senza palla (ad esempio un

taglio back- door). Una volta preso vantaggio bisogna mantenerti con i

passaggi, meglio 2 che 1, con la palla che viaggia di tocco veloce da fuori e

dentro e viceversa, finendo poi sul lato debole costringendo sempre la difesa

ad inseguire. Resta chiaro che ognuno metterà, toglierà, modificherà

tematiche di gioco a seconda di ciò che ritiene più opportuno fare seguendo il

proprio occhio, come i propri atleti apprendono, la propria programmazione

annuale, lasciando ai propri atleti tutto il tempo che ci vuole per assorbire il

lavoro e passare quindi al tema successivo.

Ma le idee fondanti che non debbono mancare sono:

a. guardarsi (occhi alti)

b. giocare prima dentro

c. … poi fuori

d. … coinvolgendo il lato debole Le due ultime pennellate al quadro sono:

- l’aggiunta dei cambi di velocità

- finire ogni gioco d’attacco con un rimbalzo offensivo (almeno 2

giocatori)

176

4. Gli spazi in difesa. Il concetto di tempo (“mentre”) Se in attacco l’idea è quella di aprire gli spazi, in difesa sarà di chiudere,

stringere, intasare, rubare gli spazi stessi non permettendo.

a. facili canestri in campo aperto

b. tiri aperti e facile circolazione della palla

c. rimbalzi offensivi.

In difesa possiamo essere negli interventi correttivi ancora più diretti.

Spesso uso il sistema si/no oppure giusto/sbagliato.

Saranno utili degli esempi in riferimento ai postulati difensivi ai quali ho

accennato poco fa:

a. non subire facili canestri in contropiede:

- fermare la palla (diag. 17)

diag. 17

- costringere a deviare dalla linea del canestro (diag. 18)

- posizionarsi correndo sulle linee di passaggio (diag. 19, 20)

b. non subire tiri aperti:

- non farsi battere mai dal palleggiatore che può trovare sull’aiuto del

compagno difensore facili scarichi (diag. 21)

177

diag. 18 diag. 19

diag. 20 diag. 21

178

Di fondamentale importanza a questo proposito è la distanza difensiva, pari ad

1 braccio. Questo è lo spazio giusto con il quale un difensore può marcare

palleggio, tiro e passaggio. I miei compagni, se non sono stato battuto,

“stringono” gli spazi, restando sulle linee di passaggio… fermandosi ad 1

braccio di distanza… e così via! (diag. 22)

diag. 22

- non permettere facile circolazione della palla

- posizionarsi sempre sulla linea di passaggio (diag. 23, 24)

diag. 23 diag. 24

179

- anche in caso di difesa sul pivot, quando parliamo di circolazione della palla,

irrompe preponderante il concetto di tempo, di timing dell’attacco.

Oltre a chiudere gli spazi possiamo rompere l’equilibrio avversario,

impedendo alla palla di circolare facilmente, facendo giocare gli avversari con

giocate singole, non in cinque. Per ottenere questo, oltre al posizionamento

sulla linea di passaggio, sarà essenziale il concetto di farlo mentre la palla si

sposta, ovvero, ad ogni movimento della palla corrisponde un movimento di

tutta la difesa, contemporaneamente (diag. 25).

In questo modo, con la palla su un lato del campo, avremo sempre l’area

intasata ad impedire facili penetrazioni e linee di passaggio chiuse per

rompere il timing dei giochi avversari (diag.26).

Anche in questo caso è facile notare come siano presenti i concetti di dentro-

fuori- lato debole.

diag. 25 diag. 26

5. “Quando… le zone… i blocchi.” La programmazione, la

propedeuticità e “l’occhio dell’istruttore” Questa è la tipica domanda che mi viene fatta ai corsi oppure ad una lezione

tecnica per il settore giovanile.

La risposta è la stessa delle pagine precedenti: propedeuticità ed occhio

dell’istruttore.

Nei diagrammi 25 e 26 vediamo lo spostamento della difesa “mentre la palla è

in movimento”. Ebbene, questo spostamento, se escludiamo il caso della

180

difesa ad uomo che segue un eventuale taglio, non è dissimile da uno

spostamento di una difesa a zona.

Quindi, quando la difesa ha assorbito i concetti di base di pressione sulla

palla, di anticipo sulla linea di passaggio sia di un giocatore esterno che

interno, di “salto alla palla” “mentre” la palla si sposta sul lato debole,

possiamo tranquillamente affermare che insegnare come si difende a zona non

presenta, dal punto di vista didattico, nessuna difficoltà.

Togliendo un difensore si fa lavorare la difesa su spazi più grandi,

obbligandoli a spostamenti più veloci. Possiamo far difendere il difensore

tolto alla zona ad uomo su un attaccante avversario, proponendo, sempre “nel

tempo che ci vuole”, addirittura una zona mista. Il termine “addirittura” è

chiaramente provocatorio. Quante volte si lavora in allenamento con i

quartetti, abituando quindi i ragazzi a spostarsi più rapidamente per coprire

spazi più grandi (si immagini ad ulteriore esempio l’esercizio 3c3 metà

campo). Con i tempi giusti, e la giusta progressione didattica, si può arrivare

dapprima in forma globale, poi via via più analitica, a forme di difesa più

evolute.Identico esempio possiamo fare in attacco per quanto riguarda i

blocchi. Quando abbiamo sviluppato bene i concetti di come prendere

vantaggio dall’1c1 in movimento, in spazi esterni e interni, mettendoli in

comunicazione (dentro-fuori) con penetrazioni, back door e tagli, ma

soprattutto con i passaggi che sono lo strumento essenziale per mantenere il

vantaggio, solo allora potremo passare all’uso dei blocchi, partendo magari da

semplici scambi di posizione dentro-fuori (diag. 27, 28).

diag. 27 diag. 28

181

Anche in questo caso la regola del coinvolgimento del lato debole è ben

visibile. Sempre riguardo ai blocchi poi, credo sia didatticamente più utile

partire dai blocchi ciechi per passare poi a quelli verticali o diagonali. Il

motivo di ciò è dato dal fatto che il blocco cieco libera uno “spazio interno”,

mentre quello verticale/diagonale ne libera uno “esterno”, e, come detto in

precedenza, è didatticamente più corretto portare la palla prima dentro, poi

fuori (diag. 29, 30).

diag. 29 diag. 30

Ma, in entrambi i casi, anche se hanno una posizione principale diversa, sono

sempre presenti le tre dimensioni dentro- fuori- lato debole (contrassegnate in

figura dalle sigle D-F-LD). Il blocco cieco poi, serve anche a dare flessibilità

all’attacco, ovvero permettere ai giocatori esterni ed interni di scambiarsi le

posizioni, permettendo a noi istruttori di verificare il lavoro sui fondamentali

sia dentro area che fuori i 3 punti.

6. I fondamentali Tutto quello che abbiamo detto finora, se non supportato dal lavoro sugli

strumenti di base, potrebbe portare a fare “solo chiacchiere” (cfr. Biccardi,

Del Prete), rendendo la crescita più lunga e difficoltosa. I fondamentali sono i

particolari che faranno la differenza, pertanto consiglio sempre di usare

situazioni reali, riconoscibili successivamente nel gioco. Esse vanno usate

come transfert nella preparazione fisica, meglio se integrate con essa.

182

A questo proposito, gli esercizi eseguiti “in continuità” sono utilissimi allo

scopo perché si ottiene contemporaneamente ritmo ed alto numero di

ripetizioni (diag. 31).

diag. 31

In questo diagramma è riportato un esercizio per le partenze, sia incrociate

che dirette. Se però dietro il birillo mettiamo un difensore che prova ad uscire

da una parte o dall’altra, avremo sempre le stesse partenze, ma relativamente

alla posizione del difensore, in una sorta di allenamento per gli occhi, come

visto in precedenza (diag. 32, 33).

diag. 32 diag. 33

183

Quante volte abbiamo visto in allenamento o in partita questo errore (diag. 34)

diag. 34

che io chiamo “capa e muro” (testa contro il muro!), ovvero partire dal lato

dove la difesa chiude gli spazi, magari perché è quello in corrispondenza della

mano destra dell’attaccante (la sua probabile mano forte) invece di partire e

punire la difesa dove è scoperta (diag. 35, 36).

diag. 35 diag. 36

184

L’uso costante degli occhi, il guardare:

- gli spazi liberi

- il difensore

- il canestro

- i compagni

risulta fondamentale in un gioco di squadra.

Nella mia programmazione infatti, il capitolo relativo ai fondamentali

comprende quattro parti:

a. occhi che guardano

b. piedi veloci

c. mani abili

d. le finte

Nella prima parte, “il guardare”, troviamo esercitazioni relative a:

- lo spazio libero- i compagni

- il proprio difensore- il canestro

- il tiro del compagno… da seguire a rimbalzo.

Nella seconda parte “piedi veloci” troviamo esercizi di reattività in circuito,

con cerchi, strisce di gomma, birilli, ostacoli bassi; esercitazioni sui cambi di

velocità (frenare –accelerare) per battere il difensore, sia dentro l’area che

fuori i 3 punti; lavoro dei piedi sui perni, per esempio come il bloccante che

rolla veloce opposto per offrire la seconda linea di passaggio (diag. 37).

diag. 37

185

Nella terza parte, “mani abili” troviamo esercizi di ball handling (?) con 1

pallone – 2 palloni (per la coordinazione); esercizi di palleggio con la “mano

lontano” dal difensore; esercizi di palleggio con la “mano debole”, esercizi

per il cambio di velocità in palleggio; esercizi con la palla medica (?) e

successivo transfert per il passaggio.

Nell’ultima parte, “le finte”, troviamo esercizi che sintetizzano tutto il lavoro

precedente, che servono ad integrare con fantasia il lavoro su occhi, piedi e

mani, sempre sia dentro l’area che fuori i 3 punti. Ad esempio:

- finte di tiro

- finte di passaggio

- passaggi no look

Le finte, in conclusione, rappresentano il momento pi alto nella strada che

porta ad una corretta acquisizione dei fondamentali e il giocatore giovanile

che le usa in modo appropriato si può senz’altro definire un giocatore

“evoluto”.

7. Riepilogo Con i giovani è importante pertanto insegnare i fondamentali di base

orinandoli in concetti propedeutici, con esercitazioni e messaggi semplici e

chiari, riconoscibili nel gioco 5c5.

Il momento per passare al concetto, all’argomento successivo, è dato

dall’”occhio dell’istruttore”. In tutte le situazioni di gioco insegnare a

“guardare”, sviluppando concetti di spazio su 3 dimensioni:

a. quella verticale del campo aperto

b. quella della profondità (dentro l’area- fuori i 3 punti) contro la difesa

schierata

c. quella orizzontale, coinvolgendo i giocatori sul lato debole.

Per quanto riguarda l’ attacco, giocare i concetti precedenti con il tempo

giusto (cambi di velocità, fare le cose mentre). Per restare coerenti con il

concetto di utilizzo sia degli spazi interni che esterni è di importanza

fondamentale la flessibilità dei ruoli e conseguentemente del gioco d’attacco,

ovvero permettere ai giocatori di giocare sia dentro che fuori che spalle a

canestro.

In difesa rubare spazio e tempo all’attacco:

a. togliendo facili canestri in contropiede (ferma la palla- rientra in area

correndo sulle linee di passaggio)

b. non concedere tiri aperti (non farsi battere in palleggio- posizionarsi sulle

linee di passaggio- spostarsi mentre la palla si muove).

186

Ogni concetto di base, nuovo, più difficile, va supportato da abbondante dose

di fondamentali individuali: il linguaggio che traduce la teoria in pratica, i

particolari che fanno la differenza, sempre con il tempo che ci vuole.

8. Ringraziamenti ai maestri Raccontare di me stesso in poche pagine, della mia storia di istruttore

giovanile, non è facile. Non so se ci sono riuscito. Ritengo comunque che elle

esercitazioni, nei concetti e nelle idee espresse da ogni istruttore c’è la sua

storia. In particolare si intravedono le influenze dei maestri, dei mentori, che

l’istruttore giovanile ha avuto la fortuna di conoscere. Il tutto però va

rielaborato all’interno della propria personalità e del proprio modo di essere,

va integrato in un continuum di metti, togli, verifica etc… Ecco perché non

aggiungerò bibliografia al termine di questo mio scritto, ma solo un grazie a

chi mi ha aiutato e sostenuto in questo cammino.

Grazie a coach Franco Marcelletti che mi ha insegnato la dedizione al lavoro:

solo il duro lavoro in palestra porta a risultati concreti.

Grazie a coach Mario Floris che mi ha aperto ad orizzonti al di là della sola

tecnica e tattica: il rapporto con la squadra, l’importanza dello staff, nuovi e

sconosciuti stili di insegnamento.

Grazie a coach Roberto Di Lorenzo per tutto il materiale didattico che mi ha

fornito, per avermi sostenuto nei momenti difficili, per avermi insegnato

l’amore per il basket.

Grazie ai dottori Tommaso Biccardi e Nando Del Prete per aver dato (e

continuano a farlo) una spinta decisiva nel percorso citato in precedenza, non

solo quello di “Diventare Coach” ma soprattutto quello di diventare uomo.

Infine grazie a coach Ettore Messina, riesco a vederlo una volta l’anno, ma in

un solo incontro è capace di darmi spunti e momenti di riflessione e di crescita

tecnica ed umana per una vita intera, sempre con un atteggiamento semplice,

capace di farti sentire sempre importante. Un vero modello di coach, di

persona.

Auguro a tutti voi la fortuna che ho avuto io. Buon viaggio giovani istruttori.

Buon viaggio colleghi coach.

187

PARTE TERZA

CORSO ALLENATORE DI BASE, I E II ANNO