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L’inconscio. Rivis ta I ta l iana di Fi losofia e Psicoanal is i

N. 4 – L’inconscio storico Dicembre 2017

Rivista pubblicata dal

“Centro di Ricerca Filosofia e Psicoanalisi” dell’Università della Calabria

Ponte Pietro Bucci, cubo 28B, II piano – 87036 Arcavacata di Rende (Cosenza)

ISSN 2499-8729

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L’inconscio. Rivista Ital iana di Filosofia e Psicoanalis i N. 4 – L’inconscio storico Dicembre 2017 Diret tore Fabrizio Palombi Comitato Scienti f ico Felice Cimatti (Presidente) Charles Alunni, Sidi Askofaré, Pietro Bria, Antonio Di Ciaccia, Alessandra Ginzburg, Burt Hopkins, Alberto Luchetti, Rosa Maria Salvatore, Maria Teresa Maiocchi, Bruno Moroncini, Francesco Napolitano, Mimmo Pesare, Rocco Ronchi, Francesco Saverio Trincia, Nicla Vassallo, Olga Vishnyakova Caporedattr ice Deborah De Rosa Redazione Lucilla Albano, Filippo Corigliano, Claudio D’Aurizio, Giusy Gallo, Giulia Guadagni, Micaela Latini, Ivan Rotella, Emiliano Sfara Segreteria di Redazione Francesco Maria Bassano, Adriano Bertollini, Yuri Di Liberto, Silvia Prearo, Grazia Ripepi I contributi presenti nella rivista sono stati sottoposti a double blind peer review.

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Indice Editoriale I sogni della psicoanalisi interpretati con quelli della storia Fabrizio Palombi…………………………………………………………..p.8 L’inconscio storico L’inconscio e la storia. Intervista a Carlo Ginzburg Claudio D’Aurizio, Fabrizio Palombi…………………………..…p. 23

Artemidoro e l'interpretazione dei sogni: i presagi dell'inconscio Alessandra Casalicchio, Maurizio Paoletti…………………….…p. 40

La forme du désir et la fin de l'histoire. Une note sur Alexandre Kojève Saverio Ansaldi……………………………………………………….……p. 62

Faut-il (re)lire Psychologie de la colonisation d'Octave Mannoni? Notes pour une actualisation Livio Boni……………………………………………………..................p. 82

Le radici arcaiche nelle manifestazioni dell’inconscio: da Freud a Róheim Martina Gasparotti……………………………………………………….p. 98

Se l’uomo a volte non chiudesse sovranamente gli occhi... Intorno a Le giunture del sogno e Nevrosi di guerra in tempo di pace di Sergio Finzi

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Felice Ciro Papparo…………………………………………………..p. 124

Un tempo oltre la storia: inconscio, après-coup e genealogia in psicoanalisi Fabio Vergine……………………………………………………..……..p. 161

Inconsci

Dalì con Lacan: l’oggetto ɑ come fenomeno paranoico Francesco Bassano……………………………………………..……...p. 189

L’inconscio deleuziano: capitalismo e rivoluzione Fabio Domenico Palumbo…………………………….................p. 204

L’eclissi del maestro. Lettera aperta ad Armando Ferrari. Walter Procaccio…………………………………………………..…...p. 233

La clinica di Gorgia. Desiderio e lutto in un recente contributo di Sarantis Thanopulos Vincenzo Rapone ……………………………………………………...p. 250 Il momento estetico nella psicoanalisi: la “differenza” temporale nell'analisi non analitica Elena Sbaragli………………………………………………………..…..p. 278

Dostoevsky as a Realist. The Tragedy of Freedom in Dostoevsky’s The Grand Inquisitor Olga Vishnyakova ……………………………………………………..p. 308 Metafisica e verità del desiderio: per una ricognizione dell'inconscio freudiano nella lezione hegeliana di Kojève Filippo Zambonini……………………………………………….…….p. 332

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Recensioni Gaboardi, R. (2016), «Un Dio a parte». Che Altro? Jacques Lacan e la teologia, collana Quodlibet, Glossa, Milano Luca Parisoli……………………………………………………….……..p. 348

Forleo, G. (2016), Sulle perversioni sessuali. Storia e analisi, Stamen, Roma. Grazia Ripepi………………………………………………………….…p. 355

Pezzella, M. (2017), La voce minima. Trauma e memoria storica, Manifestolibri, Castel San Pietro Romano (RM). Viviana Vozzo………………………………………………………..….p. 362 Notizie biobibliografiche degli autori…….…….p. 368

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Editoriale

I sogni della psicoanalis i interpretat i con quell i del la storia. Fabriz io Palombi

Sia la storia che la psicoanalisi sono scienze della memoria, […] entrambe cercano motivazioni nel passato, entrambe cercano di scoprire cosa c’è dietro a professioni di devozioni e a sottili evasioni. La storia e la psicoanalisi sembrano quindi destinate a collaborare nella ricerca fraterna della verità su ciò che è stato. Ma fratellanza […] non significa identità.

Peter Gay (1985, p. 202). L’inventività degli attori sociali […] incontra limiti ben precisi nella forma interna del mito o del rito. La sua trasmissione è, come quella delle strutture profonde del linguaggio, inconsapevole - ma senza che ciò implichi la presenza di un inconscio collettivo. Il mito o il rito trasmessi attraverso tramiti storici racchiudono implicitamente le regole formali della propria rielaborazione.

Carlo Ginzburg (1989, p. 250). Il termine ‘sogno’ può essere inteso, di volta in volta, come illusione, ideale, prodotto allucinatorio della psiche

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addormentata. Il nostro titolo evoca quello di un’opera di Kant, che usa la prima accezione del termine, per evidenziare ironicamente la rivoluzione dello statuto epistemologico del sogno avvenuta nel secolo scorso. La psicoanalisi ha trasformato i suoi contenuti da aspetti irrilevanti o insensati, interpretati in modo superstizioso, a oggetti d’analisi scientifica. Questo numero della nostra rivista considera la seconda e, soprattutto, la terza accezione del termine ‘sogno’ per esaminare alcuni aspetti del rapporto tra teorie dell’inconscio e storia. La psicoanalisi è da decenni oggetto di fiorenti ricerche storiche: migliaia d’articoli e volumi hanno studiato la sua genesi, la sua evoluzione, i suoi casi clinici e le biografie dei suoi principali esponenti. La sua storia è trattata come un caso particolare di quella delle idee, della cultura o della medicina. Esiste, tuttavia, anche un risvolto del rapporto tra le due discipline costituito dall'interpretazione della psicoanalisi come un tipo di metodo storico applicato all'inconscio. Non è un vero e proprio programma di ricerca, metodologicamente sviluppato e sistematicamente praticato, quanto una suggestiva interferenza tra i due campi di studio che ha prodotto interessanti risultati. Un approccio, già adombrato da Freud e Lacan, che non propone più una semplice storia della psicoanalisi ma la psicoanalisi come forma, seppur particolarissima, di storia. Freud considera questa possibilità, ne La psicopatologia della vita quotidiana (1901), quando confronta i «ricordi di copertura», che occultano il passato degli individui, con i miti dei popoli antichi. Un’analogia che viene successivamente riproposta e sviluppata, nel suo saggio dedicato a Leonardo da Vinci (cfr. Freud, 1901 e 1910). Lacan riprende questo confronto, nel suo celebre “Discorso di Roma”, definendo

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l’inconscio come «quel capitolo della mia storia che è marcato da un bianco od occupato da una menzogna […], censurato» (Lacan, 1966, p. 252). Lo psicoanalista francese, in questo testo, traccia un parallelo dettagliato tra fonti e materiali delle due discipline paragonando i monumenti al corpo, i documenti d’archivio ai ricordi infantili, l’evoluzione semantica alle trasformazioni del vocabolario individuale, le tradizioni e le leggende ai miti personali e familiari. La psicoanalisi sembrerebbe così trasformarsi, almeno parzialmente e in senso molto generale, in un’indagine applicata agli equivalenti psichici dei dati storici e ispirata dai metodi storiografici che deve affrontare una temporalità complessa rispetto alla cronologia tradizionale. Il quarto numero della rivista prende le mosse proprio da alcune questioni relative all’influenza dell’inconscio sugli studi storici. Esiste qualcosa come un inconscio storico? Quale rapporto sussiste tra la psicoanalisi, da un lato, e storia e storiografia, dall’altro? È possibile una collaborazione tra gli storici e gli analisti? Abbiamo rivolto queste, e altre domande correlate, a Carlo Ginzburg nell’intervista che apre questo numero per proporre una prima ricognizione sull’argomento. Lo studioso italiano aveva già mostrato come la ricerca storica e quella psicoanalitica possano collaborare proficuamente in un suo saggio del 1986, intitolato Freud, l’uomo dei lupi e i lupi mannari. L’inconscio, aggiunge Ginzburg nell’intervista, dev’essere considerato poiché «condiziona il comportamento degli attori» e può avere un ruolo importante nella spiegazione di alcuni fenomeni storici. Egli, successivamente, considera anche l’inconscio degli studiosi e la sua possibile influenza sulle loro ricerche.

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Segnaliamo che nell’intervista a Ginzburg il principale, se non l’esclusivo, riferimento alle teorie dell’inconscio è rappresentato dall’opera di Freud tanto che, nelle sue risposte, psicoanalitico e freudiano potrebbero essere considerati quasi come sinonimi. Segnalazione tanto più rilevante e rivelatrice se posta in relazione a una scelta metodologica che contraddistingue i lavori di Ginzburg, ovvero il netto rifiuto dell’inconscio collettivo, nonché di concetti e categorie che vi fanno riferimento, in favore di altri strumenti teorici, fra cui l’analisi morfologica. Come testimonia il nostro secondo esergo, quest’impostazione, è stata ribadita dallo stesso storico in più occasioni. La discussione, dunque, affronta problemi di tipo metodologico considerando, in particolare, il saggio dello storico italiano intitolato Spie. Radici di un paradigma indiziario che esamina la psicoanalisi nel quadro del cosiddetto «paradigma indiziario». Si tratta d’un testo che aveva suscitato nei decenni scorsi un esteso dibattito per i riflessi che possedeva sul problema dello statuto epistemologico della psicoanalisi (cfr. Ginzburg, 1979). L’intervista procede, in seguito, toccando altre questioni riguardanti il rapporto tra l’inconscio e la temporalità, il contenuto “inconscio” delle immagini e dei documenti storici e, più in generale, le trasformazioni che la psicoanalisi ha prodotto sulla relazione tra la filosofia e la storia. I contributi pubblicati nella parte monografica di questo numero sono ricchi di spunti di riflessione che appartengono a entrambi gli approcci, prima considerati, e intersecano numerosi temi affrontati nell’intervista. Tuttavia, per dare un minimo d’ordine a questo editoriale e per rendere, almeno succintamente, conto al lettore dei temi affrontati nella parte monografica potremmo dire che rientrano nell’ambito degli

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studi sulla storia della psicoanalisi i contributi di Alessandra Casalicchio e Maurizio Paoletti, di Martina Gasparotti e di Felice Ciro Papparo. Nell’approccio che applica elementi propri della teoria psicoanalitica alla storia possiamo, invece, far rientrare i testi di Saverio Ansaldi e di Fabio Vergine. Gli articoli riguardanti la storia della psicoanalisi sono attraversati da due interessanti problemi teorici che abbiamo provato a evocare nel titolo del nostro editoriale; il primo lega la genealogia della psicoanalisi alle indagini storiche sull’onirocritica mentre, il secondo, propone spunti d’indagine storica sull’evoluzione delle teorie freudiane del sogno. Si tratta, innanzitutto, di mettere a tema il rapporto tra la psicoanalisi e quell’insieme eterogeneo di saperi e di pratiche che le hanno, in qualche modo, anticipate pur rimanendo defilate, in secondo piano. Freud fonda la sua disciplina selezionando, fondendo e ibridizzando importanti parti della cultura medica e umanistica ottocentesca della quale è figlio. Al fine di legittimare la sua nuova pratica, tuttavia, privilegia maggiormente gli aspetti scientifici rispetto a quelli letterari e storici che rimangono, comunque, importanti componenti della genealogia psicoanalitica. Quest’anima, più discreta e riservata, della pratica freudiana è centrale nel testo di Casalicchio e Paoletti che esamina la produzione di Artemidoro di Daldi, antico studioso di onirocritica che appartiene, per così dire, alla preistoria della psicoanalisi. L’antico studioso greco viene riconosciuto da Freud come uno dei suoi più titolati precursori nel primo capitolo de L’interpretazione dei sogni, dedicato a un rapsodico resoconto sullo stato delle conoscenze precedenti la sua opera (cfr. Freud, 1899, p. 13). Casalicchio e Paoletti ricostruiscono sinteticamente la fortuna di Artemidoro, dalla tarda antichità sino a Voltaire, ed evidenziano alcune

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caratteristiche della sua onirocritica che possiedono interessanti analogie con il metodo freudiano. Tra queste s’evidenzia un’integrazione alla prima edizione de L’interpretazione dei sogni dove Freud presenta la classificazione dei fenomeni onirici attraverso un testo di Otto Gruppe che considera Artemidoro insieme a numerose altre fonti antiche. L’articolo sottolinea anche le differenze tra l’interpretazione onirica antica e quella contemporanea e, in particolare, tra le loro differenti prospettive temporali; la prima proietta i sogni sul futuro del sognatore mentre, la seconda, sul suo passato. Questa diversa prospettiva temporale è fondamentale anche da un punto di vista filosofico e potrebbe essere pensata come un interessante sfondo storico per rileggere le rielaborazioni teoriche di Lacan e Gilles Deleuze relative, rispettivamente, all’après-coup e alla disarticolazione temporale (cfr. il contributo di Vergine in questo numero). Il testo della Gasparotti prende le mosse dal «carattere regressivo» che i sogni possiedono nella teoria freudiana, non solo in relazione alla storia individuale, ma, anche, rispetto a quella collettiva e arcaica. Su questo sfondo viene evidenziato il dissidio con Wilhelm Stekel e Carl Gustav Jung per esaminare l’evoluzione delle teorie psicoanalitiche in un arco cronologico che arriva sino agli studi antropologici di Róheim. Quest’ultimo confronta le fiabe occidentali con i miti di alcune «popolazioni aborigene» per individuare una possibile relazione tra la psiche infantile e quella dei popoli considerati primitivi. Si tratta di ricerche interessanti sebbene, in generale, l’assimilazione delle culture non europee a quelle dei gruppi umani primitivi sia stata criticata da studi successivi perché considerata una sorta di retaggio coloniale. Siamo, comunque, convinti che le riflessioni psicoanalitiche di Róheim, articolate soprattutto su Totem e

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tabù (Freud, 1913), restino estremamente importanti, dal punto di vista della storia della psicoanalisi, perché permettono una messa a tema della relazione tra inconscio individuale e collettivo. Il problema dell’ambito di validità storica e culturale delle teorie psicoanalitiche, inoltre, è stato oggetto d’un acceso dibattito che consente d’esaminare, in una prospettiva rovesciata, la stessa genealogia della psicoanalisi alla luce della mitologia occidentale. Il contributo di Papparo parte da due testi di Sergio Finzi, rispettivamente intitolati Le giunture del sogno (2016) e Nevrosi di guerra in tempo di pace (1989), per riflettere su alcuni nodi che caratterizzano alcuni importanti momenti della storia della psicoanalisi in relazione all’evoluzione della sua teoria del sogno. Il principale riferimento freudiano, per entrambi i testi, è costituto dalla ventinovesima lezione dell’Introduzione alla psicoanalisi, dedicata alla “Revisione della teoria del sogno”, che considera il problema degli effetti inattesi della teoria psicoanalitica sulla «coscienza generale» e, in particolare, sulla sua produzione onirica. Papparo esamina, in questa prospettiva, il primo testo di Finzi per evidenziare come i fenomeni onirici non esprimerebbero solo i desideri del sognatore quanto quelli del mondo, della cultura alla quale appartiene. Si delinea, così, una «nuova scena del sogno» caratterizzata come una sorta di «estensione della psiche» individuale capace d’abbracciare globalmente la stessa comprensione del «fenomeno linguistico». Anche il testo intitolato Nevrosi di guerra in tempo di pace viene usato per riflettere sulla revisione della teoria del sogno elaborata da Freud. In questo caso viene esaminata la sua legge interpretativa fondamentale dei fenomeni onirici, che considera i sogni come appagamenti mascherati di desideri rimossi, alla

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luce della seconda topica e del fenomeno delle nevrosi di guerra. Viene, così, portata in primo piano la funzione del trauma psichico dei soggetti colpiti dalle vicende belliche e dalle loro dolorose coazioni a ripetere, nella vita onirica e in quella diurna, per confrontarla con l’apparente normalità delle esperienze traumatiche infantili comuni a tutti gli individui cresciuti in tempo di pace. Gli articoli del gruppo che possiamo, impropriamente quanto suggestivamente, definire di psicoanalisi della storia, si concentrano, invece, su due temi cruciali rispettivamente rappresentati dalla questione del desiderio e da quella della temporalità. Il contributo di Ansaldi mette a tema l’influenza del desiderio sull’evoluzione della storia e ragiona sulla possibilità e il senso d’una sua ipotetica fine a partire da alcuni importanti testi di Alexandre Kojève. L’antropogenesi viene presentata come un processo, alimentato dal desiderio, nel quale la coscienza si sviluppa e s’articola seguendo il modello storico dello scontro hegeliano tra servo e padrone. La temporalità della storia umana si fonda sul lavoro e sulla lotta del servo come processo di trasformazione del mondo e come «creazione d'una natura umana soddisfatta di se stessa». La possibilità di raggiungere una piena e completa soddisfazione e, dunque, un paradossale esaurimento del desiderio, costituisce una spinosa questione teorica alla quale è connessa anche la possibilità d’una fine della storia. La parola inconscio non compare in questo testo eppure le riflessioni di Ansaldi sono importanti allo scopo d’una sua interpretazione storica per due ordini di ragioni. Innanzitutto, perché l’accezione freudiana dell’inconscio sarebbe incomprensibile senza la considerazione del suo polo

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oppositivo rappresentato dalla coscienza che rende ragione della sua natura conflittuale. Sono proprio le cosiddette ‘avventure della coscienza’ a rendere la fenomenologia hegeliana così avvincente e importante per la storia della psicoanalisi. Non bisogna trascurare, infatti, che i seminari di Kojève dedicati alla Fenomenologia dello spirito hanno fortemente influenzato la cultura francese della seconda metà del Novecento (cfr. Butler, 1987). La lettura del testo hegeliano, proposta dallo studioso francorusso, rappresenta, in particolare, anche il terreno filosofico nel quale l’inconscio lacaniano affonda le sue radici. Si tratta d’un humus teorico al quale bisogna far riferimento anche per comprendere le ragioni dei critici di Lacan, soprattutto di parte deleuziana. Sono particolarmente interessanti, in questa prospettiva, le pagine dell’articolo di Ansaldi dedicate alla kojèviana Introduzione alla lettura di Hegel che affrontano il divenire e il ridivenire animale. Un’analisi del problematico attraversamento di questa soglia, in entrambe le direzioni, può forse contribuire ad arricchire ulteriormente la discussione intorno alla genesi e al valore di alcune tesi espressa da Deleuze e Félix Guattari, che in Mille piani (1980) coniavano il concetto di «divenire-animale» come risposta critica alla concezione psicoanalitica del desiderio (cfr. Deleuze, Guattari, 1980). Il testo di Fabio Vergine affronta di petto una questione teorica cruciale che sottende, almeno implicitamente, tutti i precedenti contributi ed è costituita dal rapporto tra inconscio e tempo. È noto che Freud definisce il proprio inconscio come atemporale; tale definizione renderebbe aporetico, almeno a una prima lettura, il tema proposto da questo numero della nostra rivista in quanto non sarebbe possibile qualificare storicamente qualcosa che si sottrae al tempo. L’autore scioglie questa difficoltà

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seguendo un articolato percorso che partendo da Freud, passa da Lacan e d’alcuni suoi interpreti, per giungere a un esito deleuziano. Il primo passo di questo itinerario è costituito dall’analisi del concetto freudiano di Nachträglichkeit attraverso il modello del caso clinico dell’uomo dei lupi. Tale indagine mostra come l’inconscio sia atemporale solo a una prima approssimazione ovvero solo se viene confrontato con la cronologia lineare e unidirezionale. Sarebbe meglio dire che l’inconscio è caratterizzato da una temporalità complessa e, almeno parzialmente, retroattiva che può essere esaminata attraverso il concetto lacaniano di après-coup. Questa nuova prospettiva evidenzia le proprietà del tempo dell’inconscio che sono costituite soprattutto da discontinuità e anacronismi. Vergine esamina successivamente l’inconscio attraverso il complesso registro lacaniano del Reale che viene definito come pre-ontologico per toccare, sebbene solo implicitamente, la capitale questione heideggeriana del rapporto tra essere e tempo. Tale relazione viene indirettamente trattata per mezzo delle citazioni del testo di Alemán e Larriera (2006) ma è fondamentale per capire come Lacan possa pensare l’inconscio in modo non sostanzialistico. Questo passaggio teorico intermedio permette di comprendere come l’autore, seguendo Lacan, possa collocare l’inconscio, al di qua dell’opposizione tra «essere» e «non-essere», nell’innovativa categoria del «pre-essere». La deontologizzazione lacaniana del tempo prepara l’ultima tappa del contributo ispirata da Deleuze che è stato, tra l’altro, un severo critico dello psicoanalista francese. Tale esito viene già adombrato dall’esergo nel quale il filosofo francese riflette sullo scardinamento del tempo come condizione di possibilità

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d’una sua comprensione più profonda per scoprirlo «come forma vuota e pura» (Deleuze, 1968, p. 119). La parte monografica di questo numero, alla luce di quanto sinora sommariamente esposto, rappresenta una raccolta d’interessanti contributi che pensano la relazione tra storia e inconscio da prospettive originali. Il lettore potrà, attraverso di essi, problematizzare anche una serie di concetti correlati che la sostengono come genealogia, memoria, tempo ed essere. Le diverse accezioni del sogno e le differenti interpretazioni del suo orizzonte temporale rendono queste riflessioni sull’inconscio storico anche un’incursione tra timori e speranze di un’umanità che, come mostrano ancora Casalicchio e Paoletti, sin dall’antichità egizia s’interroga su questi misteriosi fenomeni notturni. Bibl iograf ia Alemán, J.; Larriera, S. (2006), L’inconscio e la voce. Esistenza

e tempo tra Lacan e Heidegger, tr. it., Et Al, Milano 2009. Butler, S. (1987), Sujets du désir. Réflexions hégéliennes en

France au XXe siècle, trad. fr., PUF, Paris 2011. Deleuze, G. (1968), Differenza e ripetizione, tr. it., Raffaello

Cortina, Milano 2013. Deleuze, G.; Guattari, F. (1980), Mille piani. Capitalismo e

schizofrenia, tr. it., Castelvecchi, Roma 1996-1997, 4 voll. Finzi, S. (1989), Nevrosi di guerra in tempo di pace, Dedalo,

Bari. Id. (2016), Le giunture del sogno, Sossella, Roma.

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Freud, S. (1899), L’interpretazione dei sogni, tr. it., in Id. (1967-1980), vol. 3.

Id. (1901), Psicopatologia della vita quotidiana, tr. it., in Id. (1967-1980), vol. 4.

Id. (1910), Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, tr. it., in Id., (1967-1980), vol. 6.

Id. (1913), Totem e tabù, tr. it., in Id. (1967-1980), vol. 7. Id. (1967-1980), Opere di Sigmund Freud, Bollati Boringhieri,

Torino, 12 voll. Gay, P. (1985), Storia e psicoanalisi, tr. it., il Mulino, Bologna

1989. Ginzburg, C. (1979), Spie. Radici di un paradigma indiziario, in

Id. (1986a). Id. (1986a), Miti emblemi spie. Morfologia e storia, Einaudi,

Torino. Id. (1986b), Freud, l’uomo dei lupi e i lupi mannari, in Id.

(1986a). Id. (1989), Storia notturna. Una decifrazione del sabba,

Einaudi, Torino. Lacan, J. (1966), Scritti, tr. it., Einaudi, Torino 1974.

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