L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

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INDICE Introduzione Capitolo 1: Macroeconomia del debito pubblico 5 Capitolo 2: Il “Patto di stabilità e crescita” e la politica fiscale 19 nell'unione monetaria Capitolo 3: La crisi finanziaria e l'impatto sui conti pubblici 37 dei Paesi dell'euroarea Conclusioni 54 Appendice A: Il ruolo dei mercati finanziari 58 Tabelle 65 Bibliografia 70 INDICE DELLE TABELLE Capitolo 2 Tabella 1: Andamento di saldo di bilancio pubblico e debito pubblico 28 nell'euroarea dal 1998 al 2005 Tabella 2: Andamento di saldo di bilancio pubblico e debito pubblico 33 nell'euroarea dal 2006 al 2010 Capitolo 3 Tabella 3: EUROAREA 40 Tabella 4: AUSTRIA 41 Tabella 5: BELGIO 42 Tabella 6: CIPRO 43 Tabella 7: FINLANDIA 43 Tabella 8: FRANCIA 44 Tabella 9: GERMANIA 45 Tabella 10: GRECIA 46 1

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Tesi triennale per il corso di "Scienze internazionali e diplomatiche" presso Università degli studi di Trieste, 2010

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INDICE

Introduzione 3 

Capitolo 1: Macroeconomia del debito pubblico 5

Capitolo 2: Il “Patto di stabilità e crescita” e la politica fiscale 19nell'unione monetaria

Capitolo 3: La crisi finanziaria e l'impatto sui conti pubblici  37dei Paesi dell'euroarea

Conclusioni 54

Appendice A: Il ruolo dei mercati finanziari 58

Tabelle 65

Bibliografia 70

INDICE DELLE TABELLE

Capitolo 2

Tabella 1: Andamento di saldo di bilancio pubblico e debito pubblico  28nell'euroarea dal 1998 al 2005

Tabella 2: Andamento di saldo di bilancio pubblico e debito pubblico  33nell'euroarea dal 2006 al 2010

Capitolo 3

Tabella 3: EUROAREA 40

Tabella 4: AUSTRIA 41

Tabella 5: BELGIO 42

Tabella 6: CIPRO 43

Tabella 7: FINLANDIA 43

Tabella 8: FRANCIA 44

Tabella 9: GERMANIA 45

Tabella 10: GRECIA 46

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Tabella 11: IRLANDA 47

Tabella 12: ITALIA 48

Tabella 13: LUSSEMBURGO 49

Tabella 14: MALTA 49

Tabella 15: OLANDA 50

Tabella 16: PORTOGALLO 51

Tabella 17: SLOVACCHIA 52

Tabella 18: SLOVENIA 52

Tabella 19: SPAGNA 53

Tabelle

Tabella 20: Andamento del debito pubblico (in % PIL) nei paesi 65dell'euroarea (1998­2006)

Tabella 21: Andamento del saldo di bilancio pubblico (in % PIL) 66nei paesi dell'euroarea (1998­2006)

Tabella 22: Rispetto del braccio preventivo del Patto di stabilità 67e crescita (1998­2007)

Tabella 23: Rispetto del braccio preventivo del Patto di stabilità 68e crescita (1998­2007)

Tabella 24: Impatto sul debito pubblico degli interventi a sostegno 69 delle banche (Maggio 2009)

INDICE DELLE FIGURE

Capitolo 2

Figura 1: La dinamica entrate­spesa primaria dal 1998 al 2005 29

Appendice A

Figura 2: Differenza dei rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi  62dell'euroarea prima e dopo l'adozione dell'euro

Figura 3: Correlazione tra i rendimenti dei titoli sovrani nell'euroarea,  64in Europa e in Nord America

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INTRODUZIONE

L'obiettivo di questa tesi è analizzare l'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici 

dei paesi dell'euroarea. La crisi finanziaria ha avuto effetti negativi in tutto il mondo e 

l'Europa è sicuramente una delle aree più duramente colpite: la situazione complessiva 

dei conti pubblici ha subito un forte deterioramento in tutti i paesi europei rispetto ai 

livelli precedenti alla crisi.  All'interno dell'Europa, i Paesi che hanno adottato l'euro si 

trovano in una situazione peculiare e ancora più carica di pericoli, perché l'appartenenza 

all'unione   monetaria   pone   ai   responsabili   delle   politiche   economiche   sfide   più 

complesse   e   in   alcuni   casi   inedite.   In   questo   testo   cercheremo   quindi   di   capire 

l'evoluzione dei conti pubblici nell'Euroarea, cercando di individuare i germi della loro 

crisi anche nel periodo precedente alla crisi finanziaria.

La struttura del testo è la seguente.

Il capitolo 1 presenta i modelli macroeconomici più rilevanti ai fini di questa tesi. In 

primo   luogo   viene   analizzato   il   modello   dell'economia   chiusa,   con   particolare 

riferimento agli effetti delle politiche fiscali sul reddito nazionale, e viene presentato il 

modello della crescita economica, cercando di evidenziare il ruolo del tasso di risparmio 

in   tale   processo.   In   secondo   luogo   viene   esposto   il   modello   dell'economia   aperta, 

introducendo quindi il ruolo delle esportazioni nette (e quindi dei rapporti con l'estero) 

nella formazione del reddito nazionale. Infine viene analizzata la dinamica del debito 

pubblico (e cioè il concetto di saldo di bilancio pubblico) e viene presentato un riassunto 

di uno studio dedicato all'identificazione dei segnali premonitori di una crisi di debito 

sovrano.

Il capitolo 2 analizza la politica fiscale nell'Euroarea. Nella prima parte sono esposte 

peculiarità e rischi legati alla instaurazione di un'unione economica e monetaria, in cui 

all'adozione  di   una  moneta   unica  non   si   accompagni   un   forte   coordinamento  delle 

politiche fiscali. Nella seconda parte del capitolo si passa all'analisi approfondita della 

struttura   e   dei   risultati   del   “Patto   di   stabilità   e   crescita”,   cioè   lo   strumento   di 

prevenzione e sanzione dei deficit eccessivi che è stato il fulcro della normativa fiscale 

dell'euroarea.

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Il capitolo 3 presenta ed analizza le statistiche necessarie ad effettuare una valutazione 

globale dei conti pubblici e della loro sostenibilità. In quest'ottica particolare attenzione 

viene   data   all'analisi   dei   rapporti   di   ogni   paese   con   l'estero.   Dopo   l'analisi   degli 

indicatori relativi all'Euroarea presa nel suo complesso, si passa ai singoli paesi.

Seguono le conclusioni.

L'appendice A infine analizza il ruolo dei mercati finanziari, per aiutare a capire genesi 

e   sviluppo   dell'ultimo   capitolo   della   crisi   finanziaria,   quello   della   crisi   del   debito 

sovrano.

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Capitolo 1 

MACROECONOMIA DEL DEBITO PUBBLICO1

La problematica del debito pubblico e la valutazione della sua portata è una questione 

ancora   controversa   (non   a   caso   lo   stesso   Mankiw   inserisce   fra   “Le   quattro   più 

importanti   questioni   irrisolte   della   macroeconomia”   l'interrogativo   “Qual   è   la   vera 

portata   del   problema   del   debito   pubblico?”2).   Infatti   mentre   esiste   una   solida   base 

teorica   sulle   modalità   di   formazione   del   debito   pubblico,   le   conseguenze   di   lungo 

periodo di un accumulo eccessivo di tale debito sono ancora oggetto di dibattito.

Nel paragrafo 1 saranno presentate le due principali interpretazioni del debito pubblico, 

quella   tradizionale e  quella   ricardiana.   In seguito saranno  invece esposti   tre  modelli 

macroeconomici: il modello dell'economia chiusa e quello della crescita (paragrafo 2) e 

il  modello  dell'economia  aperta   (paragrafo  3).   Infine   si  descriverà   analiticamente   il 

meccanismo di   formazione  del   saldo  di  bilancio  pubblico   (paragrafo  4)   e  verranno 

brevemente riassunti i risultati di uno studio mirato ad identificare sul nascere le crisi di 

debito sovrano (paragrafo 5).

 1. LE INTERPRETAZIONI DEL DEBITO PUBBLICO

Per   “interpretazione   del   debito   pubblico”   si   intende   l'interpretazione   che   ne   dà   il 

consumatore,   da   cui   derivano   le   sue   reazioni   di   fronte   alle   variazioni   del   debito 

pubblico.

Ci   sono   alcuni   fattori   che   influenzano   l'interpretazione   dei   consumatori   del   debito 

pubblico e del carico fiscale futuro:

− Irrazionalità: spesso il consumatore prende decisioni di consumo e di risparmio 

in modo non completamente razionale e quindi imprevedibile;

− Miopia o previdenza: il consumatore miope è quello che non sa o non pensa che 

1 Tutti i contenuti di questo capitolo sono tratti da Mankiw N.G., 2004; in caso contrario la fonte verrà specificata in nota. I grafici sono rielaborazioni di quelli presenti sul Mankiw, a cura del redattore.

2 Mankiw N. G., 2004, p. 375

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per   ripagare   il   debito   contratto   oggi   lo   Stato   dovrà   in   futuro   aumentare   le 

imposte;   viceversa   il   consumatore   previdente   lo   sa   e   ne   tiene   conto   per 

determinare la sua spesa per il consumo;

− Vincolo all'indebitamento: è definito come il limite al numero e alla grandezza 

dei   prestiti   cui   un   consumatore   può   accedere   nel   presente   e   in   futuro;   i 

consumatori   che   sono   sottoposti   a   un   forte   vincolo   all'indebitamento   (cioè 

possono accedere a  pochi  e  bassi  prestiti)   tendono a   ragionare   in   termini  di 

reddito corrente e non di reddito permanente (cioè  quello ottenibile in futuro 

appunto accedendo a dei prestiti);

− Solidarietà  intergenerazionale: deriva dalla consapevolezza che l'accumulo del 

debito pubblico è un trasferimento di ricchezza dalle generazioni future (figli) a 

quelle   attuali   (genitori)   che   beneficiano   della   diminuzione   delle   imposte.   È 

generalmente   considerata   un   fattore   importante   perché   l'unità   decisionale 

principale è la famiglia e non il singolo individuo.

Sulla base di questi elementi distinguiamo due interpretazioni principali:

L'INTERPRETAZIONE   TRADIZIONALE   (LOGICA   DEL   CONSUMATORE 

MIOPE)3: alla base di tale interpretazione vi è una concezione del consumatore come 

miope   e   con   un   orizzonte   temporale   limitato   (quindi   con   scarsa   solidarietà 

intergenerazionale).  Sostiene che la  politica fiscale espansiva finanziata mediante un 

aumento del debito pubblico (quindi non mediante un aumento delle imposte) induce i 

consumatori ad aumentare la spesa per il consumo; questo vale ancora di più se si tratta 

di  consumatori  sottoposti al vincolo dell'indebitamento perché  un taglio alle  imposte 

3 In Morris  R.,  Ongena H.,  Schuknecht L.,  2006, p.  7,   traspare  la  preferenza della  Banca Centrale Europea   (BCE)  per   l'interpretazione   tradizionale;   inoltre   il   concetto  di  miopia  è   esteso   anche   ai politici, in particolare durante il “ciclo elettorale” (cioè porre in atto politiche espansive nel periodo delle   elezioni).  Si   sottolinea   inoltre   il   problema  della  “inconsistenza   temporale”,   cioè   annunciare determinate politiche e poi seguirne delle altre (comportamento che porta gli operatori economici a non   tenere  conto  del  consolidamento   fiscale    nelle   loro   funzioni  di  decisione).  Si   sostiene  che   i comportamenti   miopi   da   parte   dei   politici   siano   maggiormente   presenti   nei   sistemi   politici frammentati in cui spesso i partiti che hanno una bassa probabilità di essere rieletti sono spinti a non curarsi dei costi futuri delle loro decisioni.N.B. Il documento di cui sopra è un “Occasional Paper” della BCE e in quanto tale non rappresenta un documento ufficiale della BCE ma il punto di vista dei suoi autori (vedi p. 2 del documento stesso); è tuttavia perfettamente ragionevole presupporre che un documento pubblicato dalla BCE contenga punti di vista in linea con quelli della BCE stessa.

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aumenta il reddito corrente.

L'interpretazione tradizionale è quella su cui si basano i modelli esposti nel paragrafo 2 

e 3, i quali  assumono che una politica fiscale espansiva stimoli  sempre la spesa per 

consumi,   qualunque   sia   il   mezzo   utilizzato   per   finanziarla   (aumento   delle   tasse   o 

aumento del debito).

L'INTERPRETAZIONE   RICARDIANA   (LOGICA   DEL   CONSUMATORE 

PREVIDENTE):  l'assunzione di  base  è  qui  completamente opposta  perché  vi  è  una 

concezione   del   consumatore   come   previdente   e   con   un   orizzonte   temporale   lungo 

(quindi   si   basa   sul   reddito   permanente   e   ha  un'alta   solidarietà   intergenerazionale). 

Sostiene che una politica fiscale espansiva finanziata mediante un aumento del debito 

pubblico abbia lo stesso effetto di una finanziata mediante un aumento delle imposte e 

quindi NON stimoli i consumatori ad aumentare la spesa per il consumo (che secondo 

l'interpretazione ricardiana dipende dal reddito permanente non da quello corrente)  – 

questo aspetto è detto “equivalenza ricardiana”.

Per   l'interpretazione   ricardiana   quindi   un   taglio   delle   imposte   ha   effetti   reali  (di 

aumento   del   reddito   permanente   e   quindi   della   spesa   del   consumo)  solamente   se 

accompagnato da un piano credibile di riduzione del deficit.

 2.L'ECONOMIA   CHIUSA   E   IL   MODELLO   DELLA CRESCITA ECONOMICA

L'ECONOMIA CHIUSA NEL BREVE PERIODO (MODELLO IS­LM): ciò  che 

caratterizza   il   breve   periodo  è   che  i   prezzi   sono   vischiosi,   cioè   non   si   modificano 

immediatamente per far combaciare l'offerta di breve periodo e la domanda aggregata. 

Tale approccio è detto “Keynesiano”.

L'equilibrio nel mercato di beni e servizi e dei fondi mutuabili è rappresentato dalla 

curva IS (investimenti  I–risparmio  S), che mette in relazione  Y  e tasso di interesse  r, 

mentre   l'equilibrio   nel   mercato  della   moneta   è   dato  dalla   curva   LM,   che  mette   in 

relazione Y ed r per ogni data offerta di moneta  M .

Data la finalità di questa tesi non sarà effettuata un'analisi approfondita del lato della 

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moneta e della curva LM.

◦ Le interpretazioni della curva IS   : la  curva IS ha pendenza negativa perché Y è  

negativamente   correlato   a   r.   Ci   sono   due   interpretazioni   che   spiegano   questa 

correlazione, a seconda del mercato considerato:

▪ Equilibrio  nel  mercato  di   beni   e   servizi:   in   tale  mercato   il   livello   degli 

investimenti  I  (che determina  il   livello  di scorte  delle   industrie)  determina  il 

prodotto Y. La curva IS descrive la relazione tra r e Y, tramite I. Infatti dato che I 

è  negativamente correlato a  r  (cioè  un aumento di  r  provoca lo spiazzamento 

parziale degli investimenti), lo stesso varrà per Y.

Il modello qui utilizzato, la “Croce keynesiana”, prevede quello che viene detto 

“Moltiplicatore keynesiano”, cioè l'effetto più che proporzionale delle politiche 

fiscali sul reddito.

▪ Equilibrio  nel  mercato  dei   fondi  mutuabili:   in   tale  mercato   l'equilibrio  è 

definito da S=I ed è garantito dalla variazione di r. Ponendo S(Y), un aumento di 

Y  fa aumentare S e quindi diminuire r  (infatti essendo in un'economia chiusa il 

risparmio nazionale S rappresenta l'offerta di investimenti e quindi determina r).

◦ Le interpretazioni della curva LM   :  la curva LM ha pendenza positiva perché  

all'aumentare di Y aumenta anche r.

Una volta definite IS e LM possiamo quindi identificare l'equilibrio di breve periodo in 

un'economia   chiusa:   esso   si   ha  quando   IS=LM,   cioè   quando   r  è   al   suo   livello   di 

equilibrio (quindi  r=req ) e garantisce l'equilibrio sia nel mercato dei beni e dei servizi  

che nel mercato della moneta.

GLI EFFETTI DELLE POLITICHE ECONOMICHE E IL MODELLO IS­LM NEL 

LUNGO PERIODO: gli spostamenti dall'equilibrio nel breve periodo sono determinati 

dalla politica fiscale (che fa spostare IS) e da quella monetaria (che fa spostare LM). I 

responsabili delle politiche economiche devono tenere conto dell'influenza reciproca dei 

due tipi di politiche e dei diversi tempi in cui esse hanno effetto.

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Ad esempio, una politica fiscale restrittiva fa diminuire E   (IS si sposta a sinistra) e di 

conseguenza  Y;  dato che LM non è  variata,   la   riduzione  di  Y  fa  diminuire  L  e  ciò 

provoca un abbassamento di r (N.B. rispetto alla “Croce keynesiana” l'effetto sul reddito 

della politica fiscale restrittiva è meno marcato perché l'abbassamento di r stimola I=E, 

anche se non in misura sufficiente a bilanciare l'effetto della politica fiscale);

Per passare dal breve al lungo periodo bisogna effettuare due passaggi teorici:

◦ Il modello IS­LM come teoria della domanda aggregata: se si permette ai prezzi 

di oscillare (e si entra quindi nel lungo periodo), si può utilizzare il modello IS­LM 

per spiegare gli spostamenti sulla e della domanda aggregata DA.

In primo luogo, per ogni data offerta di moneta M, una variazione di P fa variare i 

saldi monetari reali  M/P: a parità di altre condizioni, a un livello di saldi monetari 

M/P  più  basso è  associato un minore  livello  di  reddito  Y.  La curva di  domanda 

aggregata DA descrive proprio questa relazione inversa tra  P  ed  Y  e rappresenta 

quindi l'insieme dei punti di equilibrio nel modello IS­LM.

In secondo luogo, le politiche fiscali e monetarie, per ogni dato livello dei prezzi P, 

modificano   il   livello   di  Y.   Per   questo   le   politiche   economiche   provocano   uno 

spostamento della DA.

◦ Introduzione  della  curva  di  offerta  di   lungo  periodo  OAL:   tale  curva  non è 

influenzata né da r né da P perché identifica il livello naturale del reddito  Y . Nel 

lungo periodo i prezzi variano per garantire che il reddito sia pari a  Y .

Dal   momento   che   come   abbiamo   detto   una   variazione   del  Y  di   equilibrio   nel 

modello   IS­LM   a   causa   di   una   misura   di   politica   economica   provoca   uno 

spostamento   della   DA,   si   evince   che  le   misure   di   politica   economica   possono 

provocare scostamenti del reddito dal livello naturale   Y   solo nel breve periodo. 

Infatti nel lungo periodo prevale la dicotomia classica e la variazione di r diventa  

irrilevante.

IL   MODELLO  DI   SOLOW  DELLA  CRESCITA   ECONOMICA:   il   modello   di 

Solow è un modello dinamico che analizza la crescita di un'economica prendendo in 

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considerazione tre fattori principali: il tasso di risparmio s, la crescita della popolazione 

n e il progresso tecnologico g. Ai fini di questa tesi analizzeremo solo il ruolo del tasso 

di   risparmio   nella   crescita   economica,   tralasciando   l'analisi   del   modello   nella   sua 

interezza.

Il modello di Solow si basa su due ipotesi principali:

◦ l'economia è chiusa;

◦ le  grandezze   fondamentali   sono  analizzate   in   rapporto   alla  dimensione  della 

forza lavoro (per poter analizzare economie di qualsiasi  grandezza):  avremo così 

produzione per lavoratore y, consumo per lavoratore c e investimenti per lavoratore i.

Analizziamo queste 3 grandezze:

◦ Produzione per lavoratore y: viene collegata allo stock di capitale per lavoratore 

k: y=f k ;

◦ Consumo   per   lavoratore   c:   è   dato   dalla   produzione   al   netto   del   risparmio:

c= 1−s y ;

◦ Investimenti per lavoratore i:  sono posti pari al tasso di risparmio  s: i=sy   → 

i=sf k .

Il risparmio determina dunque l'allocazione di y tra c ed i, cioè il livello di investimenti 

(che   creano   nuovo   capitale)   e   conseguentemente   il   livello   di   stock   di   capitale   di 

un'economia.

◦ La variazione dello stock di capitale e il livello di capitale di stato stazionario: 

per  comprendere   le  variazioni  dello   stock  di  capitale  bisogna  introdurre  un'altra 

grandezza, il  tasso di ammortamento δ, che misura la frazione di stock di capitale 

che si deteriora ogni anno e dev'essere sostituito. Dunque le variazioni di stock di 

capitale   dipenderanno   dalla   relazione   tra   investimenti   per   lavoratore  i  e 

ammortamento δ:

Δk=sf k −δk

A questo punto siamo in grado di individuare il livello di capitale di stato stazionario 

keq .  Tale   livello  è  quello  a  cui   l'economia   tende e   rappresenta   sostanzialmente 

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l'equilibrio   di   lungo   periodo   dello   stock   di   capitale.   Esso   si   ha   quando   gli 

investimenti eguagliano l'ammortamento, per cui  sf k =δk . Infatti se  sf k >δk , 

allora lo stock di capitale continua a crescere, mentre al contrario se   sf k <δk , 

allora l'ammortamento supera gli investimenti e lo stock di capitale diminuisce.

◦ Gli effetti del risparmio sulla crescita: il risparmio ha un ruolo fondamentale in 

quanto  determina  il   livello   di   investimenti   (che   creano   nuovo   capitale)   e   di 

conseguenza lo stock di capitale e il reddito dell'economia: in un certo senso dunque 

esso determina le potenzialità di espansione di un'economia, benché non possa da 

solo garantire una crescita economica sostenuta (la velocità degli spostamenti da uno 

stato stazionario ad un altro è infatti determinata principalmente dalla crescita della 

popolazione n e dal progresso tecnologico g).

Un elevato debito pubblico, quindi, riducendo il risparmio di un'economia, ha nel  

lungo periodo l'effetto di ridurre lo stock di capitale di tale economia (che include le 

infrastrutture,   il   capitale   umano,   ecc),  limitandone   fortemente   le   potenzialità   di  

crescita.

 3.L'ECONOMIA APERTA

L'IDENTITÀ  CONTABILE DEL REDDITO NAZIONALE IN UN'ECONOMIA 

APERTA: essa collega quantità di risparmio e investimenti effettuati in un Paese alle sue 

esportazioni nette. Tali grandezze chiave sono così definite:

◦ Risparmio (S): definito come somma di risparmio privato e risparmio pubblico: 

S=Y­C­T;

◦ Investimenti (I): sono inversamente correlati al tasso d'interesse reale r: I(r);

◦ Esportazioni nette (NX): dette anche “Saldo delle partite correnti”, sono definite 

come la differenza fra esportazioni ed importazioni: NX=EX–IM. È una valutazione 

monetaria di tutti gli scambi, sia di merci che di servizi.

Dunque l'identità contabile del reddito nazionale è così definita:

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S–I = NX

Dove “S­I” viene detto  “Flusso netto di capitali”  (FNC) (verso l'estero) e rappresenta 

l'offerta di valuta nazionale sul mercato dei cambi: si può infatti considerare S come la 

quantità di risorse impiegata dagli investitori nazionali nei mercati esteri e  I  come la 

quantità di risorse che gli investitori esteri impiegano nel mercato interno.

Il significato di questa relazione è che se nel Paese il risparmio eccede gli investimenti, 

tale capitale  troverà   impiego all'estero e quindi si  produrrà  un avanzo di bilancio.  Il 

commercio   internazionale   e   le   politiche   economiche   interne   (ad   esempio,   politiche 

fiscali   espansive   o   di   incentivazione   degli   investimenti)   influenzano   dunque   la 

formazione del debito pubblico.

LA PICCOLA ECONOMIA APERTA: un'economia aperta si definisce “piccola” 

quando non è   in grado di  influenzare il   tasso di  interesse reale prevalente a  livello  

mondiale   rw   e dunque gli attori economici che vi operano sono disposti ad adottare 

qualunque livello di risparmio a tale tasso. Le ipotesi assunte dal modello dunque sono 

le seguenti:

◦ r=r w , cioè il tasso di interesse è esogenamente determinato;

◦ Perfetta mobilità dei capitali  sia in entrata sia in uscita dal Paese (condizione 

necessaria perché  rw  si imponga all'interno del Paese);

◦ Il reddito Y è fisso ed esogenamente determinato dai fattori di produzione K e L;

◦ Il   consumo   C   è   in   relazione   diretta   con   il   reddito   disponibile,   per   cui 

C=C Y−T .

Il  modello può  essere usato per analizzare gli esiti delle diverse manovre di politica 

economica  (la situazione di partenza è sempre quella di pareggio di bilancio):

◦ Una   manovra   di  politica   fiscale   espansiva  sposterà   a   sinistra   la   curva   del 

risparmio: con  rw  costante, questo spostamento genererà un disavanzo delle partite 

correnti  perché   per   soddisfare   la   domanda   di   investimenti   ora   il   Paese   si   deve 

indebitare all'estero. 

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Allo stesso modo, una manovra di incentivazione degli investimenti farà aumentare 

la domanda di investimenti per ogni dato tasso  rw  e quindi sposterà la curva degli 

investimenti a destra: con   rw  costante e S immutato, si creerà un  disavanzo delle 

partite correnti.

◦ Un altro   caso  è   quello  di  una  politica   fiscale   espansiva  di  un  Paese  estero 

grande,  che  influenza   rw   spingendolo al   rialzo  (perché  diminuisce  il   risparmio 

mondiale  Sw ): al tasso  rw > r 0w , l'offerta interna di risparmio eccede la domanda 

interna di investimenti (rimasta immutata) e quindi si traduce in un  avanzo delle 

partite correnti.

I TASSI DI CAMBIO: si distinguono due tassi di cambio: il tasso di cambio reale 

“ε” e il tasso di cambio nominale “e”.

◦ Tasso di cambio reale ε: detto anche “ragione di scambio”, è definito come il 

rapporto tra il livello dei prezzi esteri Pe  e quello dei prezzi interni P moltiplicato 

per il tasso di cambio nominale e:

ε=e⋅ Pe

P Il   tasso  di  cambio   reale  è   l'indice  più   significativo  per  misurare   la  convenienza 

relativa   di   un   bene   interno   rispetto   ad   uno   estero   e   quindi   in   definitiva   la 

competitività di un Paese nel commercio internazionale. Quindi   NX=NX ε , cioè 

le esportazioni nette sono negativamente correlate ad ε (infatti più ε è alto, meno i 

beni interni sono relativamente convenienti rispetto a quelli esteri).

◦ Tasso di cambio nominale e: è il prezzo relativo delle valute di due Paesi e la sua 

formula è speculare a quella del tasso di cambio reale:

e=ε⋅ PPe Il tasso di cambio nominale può essere fortemente influenzato dall'inflazione e lo si 

comprende facilmente ponendo la formula in termini percentuali. Infatti la 

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variazione percentuale del livello dei prezzi è l'inflazione: da ciò deriva che se un 

Paese ha un'inflazione costantemente maggiore a quella del Paese estero, la sua 

valuta tenderà a deprezzarsi progressivamente contro quella del Paese estero.

L'introduzione del tasso di cambio consente di sviluppare ulteriormente il modello della 

piccola economia aperta:

◦ Una manovra di politica fiscale espansiva oppure una manovra di incentivi agli 

investimenti riduce il flusso netto di capitali S­I e cioè l'offerta di valuta nazionale. 

Questo porta a un aumento del tasso di cambio reale ε con la conseguente riduzione 

di NX;

◦ Al contrario, una manovra di politica fiscale espansiva di un Paese estero grande 

fa  aumentare   il  FNC perché   spiazza  gli   investimenti   facendo aumentare   il   tasso 

d'interesse prevalente a livello mondiale  rw . L'aumento del FNC esercita una spinta 

al ribasso di ε e quindi un aumento di NX.

LA GRANDE ECONOMIA APERTA: questo modello abbandona le due ipotesi di 

base del modello della piccola economia aperta, che vengono così trasformate:

◦ r≠rw , cioè un'economia grande può modificare il tasso d'interesse prevalente a 

livello mondiale   rw   (ciò  equivale a dire che ha un suo proprio tasso d'interesse 

interno); 

◦ Imperfetta  mobilità   dei   capitali,   principalmente  per  2   ragioni:  A)   imperfetta 

informazione sulle attività estere; B) eventuali vincoli legislativi.

Da queste ipotesi deriva   FNC r   (il  FNC è negativamente correlato con  r  e dunque 

presenta   pendenza   negativa:   infatti   quanto   più  r  è   elevato   tanto   più   l'investitore 

nazionale è spinto ad investire all'interno – diminuendo S – e altrettanto sono spinti a 

fare gli investitori esteri – aumentando I).

É inoltre ora utile distinguere due mercati separati:

◦ Mercato   dei   fondi   mutuabili,   in   cui   S =I r +FNC r ,   con   S   fissato   dal 

prodotto nazionale  Y=Y , dalla funzione di consumo  C=C Y−T e dalla politica 

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fiscale;

◦ Mercato  dei   cambi,   in   cui   il   tasso  di   cambio   reale  ε  è   quello   per   il   quale 

NX ε =FNC .

Analizziamo quindi gli effetti delle varie politiche economiche e commerciali. Si noterà 

che  questo  modello  segue   l'impostazione  di  quello  della  piccola   economia  aperta  e 

giunge spesso a risultati simili.

◦ Una  politica fiscale espansiva  fa diminuire  S  e quindi  aumentare  r:  questo si 

traduce in una diminuzione di  FNC r , che provoca un aumento di ε e dunque una 

diminuzione di NX. Lo stesso effetto lo si otterrà con una politica di incentivi agli 

investimenti; in questo caso  però  l'aumento di  r  sarà provocato dall'espansione di 

I r +FNC r .

◦ Possiamo poi analizzare gli  spostamenti di FNC, causati principalmente da due 

eventi:

1)  Instabilità   politica  (nel   Paese   instabile   provoca   un   aumento   di   FNC   perché 

l'avversione  al   rischio  spingerà  gli   investitori  a   ritirare   i   loro  capitali  dal  Paese, 

viceversa   nei   Paesi   esteri   stabili   in   cui   tali   capitali   confluiranno   provoca   una 

diminuzione di FNC);

2)  Variazione della politica economica di un Paese estero  (es. una politica fiscale 

restrittiva del Paese 2, volta ad incoraggiare il risparmio, fa abbassare  r  e quindi 

disincentiva   gli   investimenti   al   suo   interno:   il   capitale   in   eccesso   verrà   allora 

investito all'estero, con il risultato di aumentare FNC per ogni dato r nel Paese 2 e 

ridurlo in tutti gli altri Paesi, tra cui il nostro Paese).

Quest'ultimo caso di analisi è  molto interessante ai fini di questa tesi: cerchiamo 

quindi   di   approfondirlo   con   un   esempio.   Poniamo   che   un   Paese   europeo,   per 

esempio la Grecia, sia gettato in una forte instabilità  politica dall'annuncio che il 

deficit per il 2009 è molto più elevato del previsto, quasi il doppio. Questo spingerà 

molti   investitori   a   ritirare   i   loro   capitali   dal   Paese   e   ad   investirli   in   Paesi   che 

presentano maggiore stabilità politica e migliori prospettive di crescita (ad esempio, 

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la Cina e il Brasile):

 in Cina e Brasile l'arrivo di questi capitali provocherà una spinta al ribasso di→  

FNC e quindi di r: ciò si tradurrà in un aumento di ε con la conseguente caduta di 

NX;

 in Grecia la fuga dei capitali provocherà un aumento di FNC e quindi di → r, con la 

conseguenza, se la Grecia non fosse in un'unione monetaria, di una caduta di ε e di 

un aumento di NX.

 4.LA DINAMICA DEL DEBITO PUBBLICO: IL SALDO DI BILANCIO PUBBLICO4

Il vincolo di bilancio dello Stato è costituito da tre elementi:

− Disavanzo primario: ossia la differenza tra spesa pubblica G e tasse T: G­T;

− Spesa per interessi: ovviamente positivamente legata all'ammontare del debito 

(B): Bi;

− Saldo di bilancio = ΔB;

Il debito va rapportato al PIL (PY) perché esso misura in linea di massima la capacità 

dello Stato di ripagarlo. Il vincolo di bilancio dunque si trasforma:

a+ib=Δb

Dove a e b sono rispettivamente disavanzo primario ed ammontare del debito rapportati 

al PIL. Dato che però l'obiettivo è analizzare l'evoluzione del debito pubblico nel tempo, 

dobbiamo differenziare il saldo di bilancio rispetto al tempo (con y=tasso di crescita del 

prodotto/reddito  Y  e  π=inflazione,   cioè   tasso   di   crescita   del   livello   dei   prezzi  P). 

Utilizzando l'equazione di Fisher i=r+π per semplificare, otteniamo:

Δb=a+b r− y

Dunque possiamo identificare 2 condizioni rispetto all'obiettivo di stabilizzazione del 

debito:

4 Capellari S., 2007­2008

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− y>r: condizione favorevole per la riduzione del debito: se il Governo persegue 

una politica di bilancio in pareggio alla lunga il debito si riduce;

− y<r:  condizione  sfavorevole,  perché  per   far  diminuire   il  debito   il  Governo è 

costretto ad accumulare dei disavanzi primari positivi.

Queste   equazioni   mostrano   che   tasso   di   crescita   del   prodotto,   tasso   di   interesse   e 

disciplina di bilancio pubblico giocano un ruolo fondamentale nella stabilizzazione del 

debito: qualunque valutazione sulla sostenibilità del debito dovrà quindi tenere conto di 

questi tre fattori.

 5.PREVEDERE LE CRISI DI DEBITO SOVRANO NEI PAESI EMERGENTI5

I  paesi  emergenti  sono sottoposti  a delle  condizioni  di  accesso al  credito  molto più 

severe   rispetto   ai  paesi   sviluppati,   perché   la   fiducia  dei  mercati   finanziari   nei   loro 

confronti è molto bassa. Dagli anni '70, infatti, nei paesi emergenti si sono succedute 

numerose crisi di debito sovrano. Il lavoro di Manasse e Roubini è uno dei primi che ha 

effettuato   una   rilevazione   empirica   di   vasta   scala   per   comprendere   quali   siano   le 

condizioni che rendono un paese incline o meno a una crisi di debito sovrano6.

L'analisi riguarda un campione di 47 economie emergenti e copre gli anni dal 1970 al 

2002.   Il   risultato  più   rilevante  è   che   la  sostenibilità  dei  conti  pubblici  non dipende 

dall'evoluzione di una singola variabile (ad esempio il famigerato rapporto debito/PIL) 

né dall'analisi di variabili solamente economiche. Bisogna infatti considerare anche la 

stabilità politica, come peraltro dimostrato dall'analisi condotta nel paragrafo 4.

Le  10 variabili   più   importanti  si   sono  rivelate   essere   le   seguenti:   1)  Debito   estero 

5 Questo paragrafo è un riassunto del lavoro contenuto in Manasse P., Roubini N., 20086 Ai fini di questa tesina, l'interesse nell'esporre i risultati del lavoro di Manasse e Roubini è confrontare 

le condizioni applicate ai paesi emergenti con quelle applicate ai paesi europei. Ai paesi sviluppati i mercati finanziari applicano condizioni molto più accomodanti, presumibilmente per il loro più facile accesso ai  mercati  finanziari  stessi, alle linee di credito intergovernative e per l'assenza di  recenti episodi   di   insolvenza;   inoltre   nel   caso   dei   paesi   europei   l'appartenenza   delle   Banche   centrali all'Eurosistema è  un altro fattore positivo, e per  i  paesi  dell'euroarea un ulteriore livellamento del rischio   legato  ai   titoli   sovrani  è   stato   causato  dall'ingresso  nell'area   euro   (si   veda   l'appendice  A, paragrafo   2   per   un   approfondimento   sugli   effetti   dell'euro   sul   mercato   dei   titoli   sovrani)   [fonte: Manasse P., 2010b].

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totale/PIL; 2) Debito a breve termine/riserve; 3) Crescita del PIL reale; 4) Debito estero 

pubblico/pressione   fiscale;   5)   Inflazione   misurata   attraverso   l'indice   dei   prezzi   al 

consumo; 6) Numero di anni fino alla prossima elezione presidenziale; 7) Quotazione 

dei beni del tesoro U.S.A.; 8) Requisiti di finanziamento estero (saldo del conto corrente 

+ debito a breve termine/riserve estere); 9) Sopravvalutazione del tasso di cambio; 10) 

Volatilità del tasso di cambio.

Vengono identificati 3 tipi di rischio:

− Insolvenza   (insostenibilità   del   debito):   caratterizzato   da:   1)   Debito   estero   > 

49,7% PIL;  2)   squilibri   fiscali  o  monetari;   3)  alti   requisiti   di   finanziamento 

estero;

− Illiquidità:  caratterizzato da 1)  Livelli  di  debito  moderati,  ma debito  a  breve 

termine > 130% delle  riserve;  2)  Instabilità  politica;  3)  Stretta  al  credito nei 

mercati finanziari internazionali;

− Macro­rischio del tasso di cambio: caratterizzati da: 1) Bassa crescita del PIL; 

2) Tassi di cambio relativamente fissi.

Di conseguenza vengono identificati 3 tipi di crisi di debito:

− Episodi   di   insolvenza:   caratterizzati   o   da  1)   Debito   alto;   2)   Inflazione   alta, 

oppure da 1) Debito alto; 2) Illiquidità;

− Episodi   di   illiquidità:   caratterizzati   da   un   alto   rapporto   debito   a   breve 

termine/riserve estere;

− Episodi di debolezza macro e del tasso di cambio: caratterizzati da: 1) Grande 

sopravvalutazione; 2) Shock negativi sulla crescita.

Un paese a rischio zero viene di conseguenza così definito: 1) Basso debito estero in 

rapporto alle capacità di pagamento; 2) Basso rapporto debito a breve termine/riserve 

estere; 3) Basso rapporto debito estero pubblico/pressione fiscale; 4) Tasso di cambio 

non eccessivamente sopravvalutato.

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Page 19: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Capitolo 2

LA POLITICA FISCALE IN UN'UNIONE MONETARIA E IL “PATTO DI STABILITÀ E 

CRESCITA”

La politica   fiscale   in  un'unione  monetaria  assume caratteristiche  particolari  per  due 

motivi:

− Rimane l'unico strumento in  mano al  singolo governo per  far   fronte a shock 

asimmetrici   (cioè   che   colpiscono   solo   alcuni   e   non   tutti   i   Paesi   membri 

dell'unione monetaria7);

− Le politiche fiscali possono avere rilevanti esternalità tra i vari Paesi membri, 

specie quando non sono coordinate tra loro.

Passando   nello   specifico   dell'Unione   Europea,   il   cuore   della   normativa   fiscale 

comunitaria è il “Patto di stabilità e crescita” (“Stability and Growth Pact”, SGP). Esso 

è la cornice istituzionale che ha regolato la terza ed ultima fase del processo di “Unione 

economica  e  monetaria”   (UEM),   cominciata   il   1°  Gennaio  1999  con   l'introduzione 

dell'euro8  ed è centrato sulla prevenzione e sanzione dei deficit eccessivi. La crisi dei 

bilanci pubblici in tutta l'euroarea ha dimostrato la debolezza di questo strumento nel 

procedere ad un sostanziale consolidamento dei conti pubblici nel periodo 1998­2007, 

prima che la crisi finanziaria si abbattesse sull'economia mondiale.

Il primo paragrafo dunque tratta delle caratteristiche della politica fiscale in un'unione 

monetaria9, mentre il II e III paragrafo10  sono dedicati all'analisi del SGP nella sua I 

versione dal 1998 al 2005 (paragrafo 2) e poi nella sua II versione dopo la riforma del 

7 Baldwin R., Wyplosz C., 2005, p. 373­3768 Scheller H. K., 20069 L'analisi di questa tematica è basata sulla I parte del capitolo “Politica fiscale e il Patto di Stabilità” 

contenuto in Baldwin R., Wyplosz C., 2005, pp. 430­442; in caso contrario la fonte verrà indicata in nota.

10 L'analisi contenuta in questo capitolo nei primi due paragrafi si basa principalmente sull'Occasional Paper  “The   reform   and   implementation   of   Stability   and   Growth   Pact”   (Morris   R.,   Ongena   H., Schuknecht L., 2006); in caso contrario la fonte verrà specificata in nota.

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2005 (paragrafo 3).

 1. LE   CARATTERISTICHE   DELLA   POLITICA   FISCALE IN UN'UNIONE MONETARIA

In un'unione economica e monetaria (UEM) un Paese perde il controllo della politica 

monetaria   e   quindi   la   politica   fiscale   è   l'unico   strumento   di   cui   può   disporre 

autonomamente.   Nel   modello   IS­LM,   la   politica   fiscale   e   quella   monetaria   sono 

considerati sostituti quasi perfetti al fine di stabilizzare l'economica. Tuttavia nella realtà 

ci sono differenze rilevanti tra i due strumenti:

− La politica monetaria è molto veloce da attuare ed è gestita nell'UEM da una 

banca   centrale   dotata   di   indipendenza;   ha   effetti   12­24   mesi   dopo   la   sua 

adozione;

− La politica fiscale è lenta da attuare perché è sottoposta al processo politico, che 

nel caso delle leggi di bilancio dello Stato è particolarmente lungo e tortuoso; in 

compenso le misure di politica fiscale, una volta adottate, hanno effetti in 6­12 

mesi. Il problema maggiore è comunque il fatto che possono essere così lente da 

avere effetto quando la situazione che si proponevano di correggere è già stata 

corretta col rischio quindi di ottenere effetti pro­ciclici.

N.B.   Possiamo   distinguere   un   aspetto   microeconomico   (o   strutturale)   della   politica 

fiscale (riguardante dimensione e struttura del bilancio) e un aspetto macroeconomico 

(come strumento anti­ciclico), che è quello su cui ci concentreremo in questo paragrafo.

La politica fiscale presenta due caratteristiche rilevanti al fine di stabilizzare l'economia:

− è  spontaneamente   anti­ciclica   (tramite   quegli   effetti   che   vengono   detti 

“stabilizzatori automatici della politica fiscale” come i sussidi di disoccupazione 

e il carattere progressivo delle imposte sul reddito);

− nei   periodi   di   crisi   può   indebitarsi   per   conto   dei   cittadini   finanziando 

l'espansione  della  spesa  pubblica   tramite   l'espansione  del  debito.  Dato che   il 

governo è considerato un soggetto molto meno rischioso del singolo cittadino o 

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Page 21: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

impresa, esso potrà ottenere prestiti a tassi relativamente bassi anche in periodi 

di crisi; tali prestiti verranno poi ripagati tramite i surplus di bilancio ottenuti in 

periodi   economicamente   più   favorevoli   (trasferimento   inter­temporale   del 

reddito).

SALDO DI BILANCIO AGGIUSTATO PER IL CICLO E SALDO DI BILANCIO 

EFFETTIVO:  per “Saldo di bilancio aggiustato per il ciclo” si intende quel saldo di 

bilancio   che   si   avrebbe   se   la   produzione   (reddito)   nazionale   fosse   al   suo   livello 

potenziale (cioè con disoccupazione pari a zero). Dato che la politica fiscale dovrebbe 

avere   finalità   anti­cicliche,   il   suo  obiettivo  dovrebbe essere  cercare  di  mantenere   la 

produzione,   e   conseguentemente   il   saldo   di   bilancio,   al   suo   livello   potenziale 

(contenendo   cioè   il   “divario   di   produzione”   tra   produzione   effettiva   e   produzione 

potenziale).

La differenza tra saldo di bilancio aggiustato per il ciclo e saldo di bilancio effettivo è il 

segno dell'azione degli stabilizzatori automatici (perché sono strettamente legati al ciclo 

economico e quindi seguono l'andamento del divario di produzione). Al contrario, le 

variazioni  nel   saldo  di  bilancio  aggiustato  per   il   ciclo  sono date  dagli   interventi  di 

politica   fiscale   discrezionale  (perché   si   assume   che   ci   sarebbero   stati   anche   se   la 

produzione fosse stata al  suo livello naturale). Un saldo di bilancio aggiustato per il 

ciclo che si muove nella stessa direzione del divario di produzione è   il  segno di un 

intervento anti­ciclico di politica fiscale discrezionale (es. peggiora – cioè lo Stato attua 

una politica fiscale espansiva – quando il divario di produzione peggiora  – cioè quando 

l'economia è in recessione).

LE   ESTERNALITÀ   DELLA   POLITICA   FISCALE   IN   UN'UNIONE 

MONETARIA: in un'UEM le esternalità  negative (negative spillovers) delle politiche 

fiscali di un Paese sugli altri Paesi membri possono essere molto rilevanti. La questione 

è se questi spillovers siano così rilevanti da rendere desiderabile una forma anche molto 

forte  di   coordinamento   tra   le  politiche   fiscali  dei  Paesi  membri   (ne  discutiamo nel 

prossimo punto). Gli spillovers più rilevanti sono tre:

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Page 22: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

◦ Spillovers    ciclici di reddito   : sono trasmessi tramite importazioni ed esportazioni: 

di conseguenza saranno tanto più forti quanto più il paese in questione è grande e 

quanto  più  esporta   (non a  caso   la  politica   fiscale  della  Germania  è   seguita  con 

attenzione in tutta l'euroarea). Possono esserci due casi: i cicli dei due Paesi sono 

sincronizzati  (es. entrambi  in recessione: l'effetto complessivo delle due politiche 

fiscali espansive sarà maggiore della somma, in virtù del moltiplicatore keynesiano) 

oppure i cicli non sono sincronizzati (es. solo uno in recessione: se il Paese non in 

recessione   adotta   una   politica   fiscale   restrittiva   approfondisce   ancora   di   più   la 

recessione dell'altro Paese – il rischio è quello di un intervento sovradimensionato in 

un senso o nell'altro);

◦ La compresenza di diverse politiche fiscali e di una politica monetaria comune 

rende più difficile per la Banca centrale dell'unione monetaria conseguire l'obiettivo 

di stabilità dei prezzi (cioè contenere l'inflazione)11;

◦ Spillovers     dei costi di indebitamento   : generati da deficit eccessivi di un Paese 

membro. Ci sono tre possibili spillovers:

▪ L'afflusso   di   una   grande   quantità   di   capitali   nell'UEM   ( FNC>FNC 0 ) 

esercita una pressione al rialzo sul tasso di cambio nominale e;

▪ Se   un   deficit   elevato   porta   ad   un   eccessivo   indebitamento   di   un   Paese 

membro, allora potrebbe fare alzare il tasso d'interesse, comune a tutta l'UEM 

(possibile   obiezione:   l'Europa   è   pienamente   integrata   nei   mercati   finanziari 

mondiali  ed è  dunque improbabile che una richiesta di prestiti  di  un singolo 

paese,  per quanto grande, possa avere un effetto notevole sui tassi d'interesse 

europei e mondiali).

▪ Se   i  mercati   finanziari   credono   che   il   debito   di   un   Paese   dell'UEM   sia 

insostenibile o se il paese è inadempiente (cioè non riesce a pagare gli interessi 

sul   debito   –   crisi   di   liquidità),   può   verificarsi   una   fuga   di   capitali   ,   che 

provocherebbe un drastico indebolimento dell'euro.

11 Detken C., Gaspar V., Winkler B., 2004

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Page 23: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

La prospettiva di  un  bail­out  da parte  di  un ente centrale   incentiva politiche 

fiscali   insostenibili.   Naturalmente   l'eventualità   di   rilevanti  spillovers  fiscali 

aumenta quando la clausola “no bail­out” viene ritenuta poco credibile o peggio 

viene infranta12.   In questo senso dunque c'è   il   rischio che  l'unione monetaria 

peggiori   la   ”distorsione   al   deficit”   (deficit   bias)   e   che   quindi   i   governi 

considerino   i   risparmi   dell'euroarea   come   una   “common   pool”   (si   parla   di 

“common pool problem” quando i costi sono diffusi a tutti i soggetti e la spesa 

beneficia solo pochi di questi soggetti13), che gli permette di ridurre il costo del 

finanziamento del debito.

L'esistenza di tali spillovers sembrerebbe dunque essere un forte argomento a favore di 

una disciplina fiscale collettiva (infatti se si considera l'accumulo eccessivo di debito un 

fallimento  del   controllo   democratico   sui   governi  –   che   sono  dunque   influenzati   in 

maniera maggiore dai gruppi di interesse –, allora una disciplina fiscale comunitaria può 

essere vista come una sostituta di istituzioni nazionali inadeguate).

I PRINCIPI DELLE POLITICHE FISCALI IN UN'UEM

◦ Teoria del federalismo fiscale   : prevede l'effettiva divisione delle responsabilità 

fiscali   tra   Stati   membri   e   organo   centrale   della   UEM;   tale   condivisione   è 

perseguibile tramite 2 vie:

▪ Coordinamento   (nessuna   rinuncia   della   sovranità,   le   lunghe   negoziazioni 

riducono l'efficienza del processo decisionale);

▪ Delega ad un'istituzione sovranazionale (rinuncia della sovranità  in campo 

fiscale;   nell'UE   è   già   applicata   con   la   delega   della   politica   monetaria 

all'Eurosistema   e   della   gestione   del   mercato   interno   e   delle   regolazioni 

commerciali alla Commissione).

Ci sono motivazioni sia pro che contro la condivisione delle responsabilità:

12 Per una più ampia analisi del problema delle esternalità fiscali nell'euroarea si veda Weyerstrass K., van Aarle B., 2008

13 Morris R., Ongena H., Schuknecht L., 2006, p. 7

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Page 24: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

▪ Argomenti a favore: 1) Limitare le esternalità negative; 2) Creare rendimenti 

crescenti di scala (nel campo dell'uso della moneta, della progettazione di norme 

su commercio e difesa, ecc.);

▪ Argomenti contrari: 1) Eterogeneità delle preferenze (le consuetudini locali e 

nazionali);  2)  Asimmetrie   informative   (alcune   conoscenze   sono 

disponibili/diffuse   solo   a   livello   locale)     le   asimmetrie   informative→  

giustificano   il   “Principio  di   sussidiarietà”   (art.   5  CE)  per   il   quale   l'UE può 

prendere provvedimenti “solo se, e fino a che” gli Stati membri non possano 

raggiungere   l'obiettivo   in   maniera   soddisfacente   oppure   se   l'esistenza   di 

economie   di   scala   o   la   particolare   natura   dell'azione   renda   auspicabile 

l'intervento degli organi comunitari.

◦ Implicazioni per la politica fiscale – il vincolo collettivo al saldo di bilancio   : dal 

punto di vista macroeconomico, esistono diverse argomentazioni a favore o contro 

un vincolo collettivo al saldo di bilancio e non vi è ancora consenso unanime su 

quale sia l'opzione migliore:

▪ Argomenti a favore:  1)  Contenimento degli  spillovers;  2)  Vincolo esterno 

come strumento di controllo di quei paesi che non hanno organi specializzati 

nella supervisione e controllo dei conti pubblici;

▪ Argomenti  contrari:  1)  Eterogeneità  macroeconomica (cioè   la presenza di 

shock   asimmetrici,   le   diverse   preferenze   dei   vari   Governi   per   determinati 

strumenti   di   politica   fiscale   e   il   diverso   processo   politico   preposto   alla 

formazione della politica fiscale);  2)  Asimmetria informativa sulla percezione 

delle implicazioni politiche delle misure fiscali.

◦ Implicazioni  per   la  politica   fiscale   –   il   coordinamento   :   il  modello  Mundell­

Fleming ci dice che in regime di cambi fissi (come quello in cui operano gli Stati 

membri),   si   perde   lo   strumento   della   politica   monetaria   perché   dedicato 

esclusivamente al mantenimento del tasso di cambio, mentre nel regime di cambi 

flessibili la politica fiscale rischia di venire vanificata dai movimenti del tasso di 

cambio.

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Page 25: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Nell'UEM,   lo   Stato   membro   rinuncia   alla   politica   monetaria   e   la   politica   fiscale 

complessiva   dell'UEM,   benché   influenzi   il   livello   del   tasso   di   cambio,   non   è   uno 

strumento   efficace   per   il   suo   controllo.   Si   può   dunque   desumere   che,   una   volta 

raggiunto   il   grado   di   coordinamento   necessario   a   prevenire   gli  spillovers  sopra 

menzionati, sia meglio lasciare le politiche fiscali il più possibile indipendenti.

I   CRITERI   DI   KOPITS   E   SYMANSKY   PER   LA   REGOLA   FISCALE 

OTTIMALE14

Per definire la qualità delle regole fiscali è divenuta una prassi comune fare riferimento 

ad una serie di criteri. Di seguito presentiamo i criteri di Kopits e Symansky, fra i più 

frequentemente citati; la regola fiscale ottimale dunque dovrebbe essere:

− Ben definita   : riguardo ad obiettivi, istituzioni che la devono attuare, clausole di 

sospensione della regola e sanzioni;

− Trasparente   :   calcoli,   previsioni   ed   accordi   istituzionali   vanno   comunicati 

chiaramente;

− Adeguata   : deve influenzare/modificare direttamente il suo obiettivo di politica 

economica   (es.   surplus  primario  nel   caso   si   voglia  migliorare   lo   stato  delle 

finanze pubbliche);

− Semplice   :   facilmente  comprensibile   sia  per   i  politici  che  per   il  pubblico  più 

generico (quindi ad es. utilizzare i valori nominali invece che quelli reali);

− Flessibile   : per fronteggiare shock esogeni (ad esempio concedendo il margine 

necessario a fare operare gli stabilizzatori fiscali automatici);

− Consistente   : cioè coerente con l'andamento economico generale e con le regole 

macroeconomiche generali  (ad es.  non deve attivare effetti  pro­ciclici  durante 

una   congiuntura   negativa,   anche   se   sarebbe   utile   per   raggiungere   lo   scopo 

prefissato);

− Implementabile   : grazie al sostegno di norme, anche di grado costituzionale, che 

rendano  effettive   le   sanzioni   (l'effettività   della  norma diminuisce  quanto  più 

14 Morris R., Ongena H., Schuknecht L., 2006, p. 9

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Page 26: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

ampi   sono   i  margini  di   flessibilità   concessi,   perché   spinge  a   comportamenti 

azzardati   (moral   hazard):   dunque   è   necessario   mantenere   alcuni   obiettivi 

obbligatori sempre tranne che nelle circostanze più eccezionali, anche a costo di 

una probabile inefficienza rispetto alla situazione ottimale);

− Efficiente   : deve essere supportata da manovre di politica economica che le renda 

incisiva, ad es. implementando modifiche strutturali e non azioni temporanee.

Ovviamente nessuna regola fiscale può soddisfare pienamente tutti questi requisiti, ed è 

quindi necessario fare delle scelte, privilegiandone alcuni rispetto ad altri.

 2. IL  “PATTO DI STABILITÀ  E  CRESCITA”:  LA I  FASE (1999­2005)

Il  “Patto  di   stabilità   e  crescita”  deve  rispondere  ad  esigenze  completamente  diverse 

rispetto   alle   regole   fiscali   utilizzate   a   livello   nazionale,   perché   deve   rispettare   il 

principio di sussidiarietà e la sovranità dei Paesi dell'euroarea. Il suo margine d'azione è 

quindi molto più  ridotto rispetto ad una regola fiscale statale e non può   influenzare 

parametri   rilevantissimi   nella   formazione  del  debito  pubblico   come   ad  es.   la   spesa 

pubblica. Fatta questa premessa, passiamo all'analisi delle origini e dell'evoluzione del 

patto.

Le misure di  divieto alle  banche centrali  del  SEBC (Sistema Europeo delle  Banche 

Centrali)  di  finanziamento a soggetti  pubblici,  quella del divieto del  bail­out  di  uno 

Stato membro da parte degli altri Paesi membri e i valori di riferimento per debito e 

deficit rispettivamente del 60% e del 3% del PIL (articolo 104 Trattato CEE) erano già 

stati fissati dal Trattato di Maastricht.

Il problema maggiore era che la decisione di iniziare la procedura di deficit eccessivo 

(Excessive Deficit  Procedure,  EDP) non faceva parte di un processo formale ma era 

lasciata alla discrezionalità del “Consiglio dei ministeri degli affari economici e delle 

finanze”   (ECOFIN council).  Questo aspetto   rendeva molto  meno  incisivi   i   limiti  di 

deficit e debiti (che avevano il pregio di essere semplici e infatti divennero il centro di 

un ampio dibattito politico alla fine degli anni '90) e rendeva le regole fiscali a livello 

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Page 27: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

europeo inefficienti e inadeguate sul lungo periodo.

Il SPG nasce con l'obiettivo di rendere più efficaci le regole fiscali a livello europeo. Si 

compone di due strumenti differenti:

Braccio preventivo    (preventive arm), contenuto nella risoluzione del Consiglio 

Europeo n. 1466/'97 “sul rafforzamento della sorveglianza delle situazioni fiscali e 

sulla sorveglianza e la coordinazione delle politiche economiche”.

Il braccio preventivo si componeva soprattutto dei “Programmi annuali di stabilità” 

(annual stability programmes) che gli Stati membri erano tenuti ad inviare ogni 

anno: in questi documenti gli Stati presentavano le loro politiche fiscali ed 

economiche, con particolare riferimento all'”Obiettivo di medio periodo” di politica 

fiscale (Medium Term Objective, MTO). Tale MTO era inteso come un periodo di 

circa 3 anni15 e definito come un bilancio “vicino al pareggio o in surplus”, 

indicando con questa formula che i Paesi con conti pubblici meno sostenibili 

avrebbero dovuto puntare al surplus di bilancio.

Era inoltre prevista la possibilità per il Consiglio di inviare “Raccomandazioni” agli 

Stati membri in cui gli sviluppi fiscali indicavano il rischio di oltrepassare il 3% del 

deficit.

Braccio   correttivo     (corrective   arm),   contenuto   nella   risoluzione   n.   1467/'97 

“sull'accelerazione e il chiarimento dell'implementazione della procedura di deficit 

eccessivo”.

Benché come detto sopra l'EDP fosse stata già inserita dal Trattato di Maastricht, ora 

tempistiche e clausole di esclusione vengono delineate con più precisione:

◦ Circostanze eccezionali: sono quelle che giustificano un deficit > 3% PIL. 

Vengono considerati tali solamente i seguenti scenari:

▪ caduta del PIL reale di almeno il 2%;

▪ caduta del PIL reale compresa tra 0,75% e 2% quando lo Stato membro 

riesce a provarne l'eccezionalità.

◦ Scadenza per la correzione del deficit eccessivo: “nell'anno conseguente alla 

15 Baldwin R., Wyplosz C., 2005

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Page 28: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

sua   identificazione,   a  meno  che  non  ci   siano   speciali   circostanze”   (che  non 

vengono specificate);

◦ Tempistica   delle   sanzioni:   nel   caso   in   cui   lo   Stato   membro   ignori 

raccomandazioni e decisioni del Concilio, l'intervallo massimo tra notifica del 

deficit eccessivo e imposizione delle sanzioni è di 10 mesi;

◦ Natura della  sanzioni:  un deposito ad  interesse zero variabile   tra  0,2% e 

0,5% del PIL16, che viene convertito in multa dopo 2 anni nel caso in cui lo Stato 

membro   non   prenda   misure   correttive   efficaci   ed   in   linea   con   le 

raccomandazioni della Commissione.

Come si può facilmente notare, le misure non sono eccessivamente severe e sono ben 

lontane   dalla   proposta   iniziale   del   governo   tedesco,   che  prevedeva  un  meccanismo 

sanzionatorio  completamente  automatico  al  di   fuori  del  Trattato  della  CEE.  Fino  al 

2002, comunque, la situazione fiscale dei Paesi dell'euroarea sembra migliorare a ritmo 

piuttosto sostenuto (tabella 1 – per i dati relativi ad ogni paese dell'euroarea dal 1998 al 

2006 si vedano le tabelle 20 e 21 contenuta nella sezione “Tabelle”).

Tabella 1: Andamento saldo di bilancio pubblico e debito pubblico nell'euroarea dal 1998 al 2005

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Saldo di bilancio(% PIL)

­2,2 ­1,3 0,1 ­1,8 ­2,5 ­3,1  ­2,9 ­2,5

Debito(% PIL)

72,8 71,5 68,8 68,4 68,2 69,4 69,8 70,4

Fonte: European Commission

Già dal 2000 però il deficit torna a salire e nel giro di altri tre anni supera il 3% ed 

anche il debito ricomincia ad aumentare. La spiegazione è data dalla concomitanza di 3 

eventi:

− Gli   aggiustamenti   economici   seguiti   all'introduzione   dell'euro   (consolidation 

fatigue);

16 Si veda la tabella 15.3 “La programmazione delle sanzioni” in Baldwin R., Wyplosz C., 2005

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Page 29: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

− La diminuzione della pressione fiscale 

e   il   contemporaneo   aumento   della 

spesa   primaria:   nel   triennio   '95­'98, 

per   soddisfare   i   (o   avvicinarsi   ai) 

criteri   di   convergenza,   i   governi   dei 

Paesi dell'euroarea avevano aumentato 

la pressione fiscale dal 44% al 47% e 

diminuito la spesa primaria dal 45% al 

44% (figura 1);

− Bassa crescita economica.

È dunque del tutto evidente che il sistema di 

prevenzione   dei   deficit   eccessivi   in   questa 

prima  fase dell'unione monetaria  ha scarsa  efficacia.  Certamente  esso  impedisce  un 

deterioramento dei conti pubblici pari a quello vissuto da molti Paesi europei nella I 

metà   degli   anni   '90   (contrasta   cioè   la   “distorsione   al   debito”   e   rende   altamente 

improbabile una inadempienza del debito all'interno dell'UEM17), ma non può contenere 

la dinamica di   crescita del debito pubblico, dinamica che come abbiamo ricordato in 

precedenza diventa molto più carica di conseguenze pericolose in un'unione monetaria.

L'episodio che più mette in luce l'inefficacia del sistema è il fallimento della EDP contro 

Francia e Germania nel 2003, a causa della riluttanza del Consiglio europeo (“un organo 

altamente  politico  che  può   sfruttare  molti  dei  “se”   inclusi  nel  patto”18)  a   seguire   le 

indicazioni   della   Commissione:   quest'ultima   premeva   per   andare   oltre   le   semplici 

“raccomandazioni” ed inviare ai due Paesi una notifica (notice) di prendere misure atte a 

rientrare dal deficit eccessivo. Il Consiglio non riuscì a trovare la maggioranza assoluta 

necessaria per l'invio delle notifiche e si dichiarò soddisfatto delle (insufficienti) misure 

prese da Germania e Francia (decisione che poi venne contestata dalla Commissione e 

annullata dalla Corte di giustizia europea). Si rendeva dunque sempre più necessaria una 

revisione del SGP.

17 Baldwin R., Wyplosz C., 200518 Ibidem, p. 444

29

Figura  1:  La  dinamica  entrate­spesa primaria   nell'euroarea   dal   1998   al  2005

Fonte:   Morris R., Ongena H., Schuknecht L.,  2006, p. 17

Page 30: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

I LIMITI DEL PATTO EVIDENZIATI NELLA I FASE19: benché il Patto fornisca 

una sorta  di  protezione dei  governi dai  gruppi  di  pressione,  usare  l'UE come scudo 

potrebbe alla   lunga generare una forte  disaffezione  verso  il  progetto  di   integrazione 

europea (si veda l'infuriata reazione del governo e dei cittadini irlandesi di fronte alla 

raccomandazione   del   Consiglio   del   2001,   tacciata   di   intaccare   la   loro   sovranità 

nazionale).

Shock   negativi   consecutivi   possono   velocemente   cancellare   i   margini   di   manovra 

concessi dal Patto (margini che, è bene ricordare, dipendono esclusivamente dall'opera 

di   consolidamento  dei   conti   pubblici   perseguita  durante   le   congiunture   economiche 

favorevoli). Nel caso in cui un paese sia costretto a rinunciare a una politica fiscale anti­

ciclica,   i   costi   di   appartenenza   all'UEM   aumenterebbero   (non   sono   infatti   previsti 

incentivi ad accettare i deficit – o a limitare i surplus – quando ciò è necessario) e ciò 

non è desiderabile né economicamente né politicamente.

In ultimo, Consiglio e Commissione, non godendo di una legittimazione democratica, 

hanno grosse difficoltà ad imporre le sanzioni.

 3.LA RIFORMA DEL “PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA”: LA II FASE (> 2005)

Le critiche alla I versione del SGP non si fecero certo attendere. Quello che oggi può 

sembrare assurdo, in mezzo alla tempesta perfetta del debito pubblico fuori controllo, è 

che   le  proposte  di   riforma non andarono nel   senso di  un maggior   rigore  nella   loro 

implementazione ma anzi  spinsero verso una maggiore  flessibilità.   In particolare,  si 

rimproverava al patto di non tenere nella giusta considerazione la situazione specifica di 

ogni Paese (specie riguardo alla crescita economica), fissando un obiettivo uguale per 

tutti Paesi dell'euroarea. Le proposte di modifica si concentrarono principalmente su 5 

ambiti20:

19 Ibidem20 Ibidem

30

Page 31: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

− Accrescere la razionalità economica del Patto per aumentarne la credibilità;

− Migliorare la titolarità dei responsabili politici nazionali;

− Sfruttare più efficacemente i periodi in cui il disavanzo di produzione è positivo 

per consolidare i conti pubblici;

− Tenere maggiormente conto delle difficoltà legate ai periodi in cui il disavanzo 

di produzione è negativo;

− Concentrarsi sul debito e sulla sua sostenibilità e sulla qualità dei conti pubblici 

piuttosto   che   sul   deficit,   porre   l'attenzione   su   istituzioni   fiscali   più   forti   ed 

enfatizzare la disciplina di mercato21.

Esistevano ovviamente anche difensori della I versione del SGP, i quali sostenevano che 

il   problema  fosse   la  difficile   implementazione  che  ne   sminuiva   il   potere  deterrente 

(causata   tra   le   altre   cose   dalla   necessità   della   maggioranza   assoluta   all'interno   del 

Consiglio per procedere lungo le varie fasi della EDP).

La discussione avvenne principalmente tra fine 2004 e inizio 2005 e si concretizzò nelle 

delibere del Consiglio n. 1055/'05 e 1056/'05 di modifica rispettivamente delle delibere 

1466/'97   e   1467/'97.   Riguardo   al  braccio   preventivo,   vennero   apportati   i   seguenti 

cambiamenti:

− Definizione   del   MTO   di   ogni   Paese:   da   parte   del   Paese   stesso   nel   suo 

“Programma annuale di stabilità”, che viene poi verificato dal Consiglio;

− Il percorso di convergenza al MTO: indipendentemente dal suo MTO ogni Paese 

deve conseguire un aggiustamento annuale di bilancio pari allo 0,5% del PIL in 

termini aggiustati al ciclo, al netto di misure temporanee e misure  una tantum 

(one­off measures), cioè quelle misure, generanti introiti, che non danno origine 

ad obbligazioni permanenti o non fanno parte di attività governative generali di 

lunga   durata22.   L'aggiustamento   dovrebbe   essere   superiore   “in   good   times”, 

definiti come “periodi in cui il prodotto (output) eccede il suo livello naturale”;

− Deviazioni dal MTO in caso di riforme strutturali: soprattutto quelle relative alle 

21 Morris R., Ongena H., Schuknecht L., 200622 Besnard D., Paul L., 2004

31

Page 32: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

pensioni; resta in ogni caso valido il limite del 3% del deficit.

Riguardo   al  braccio   correttivo,   invece,   le   modifiche   furono   soprattutto   mirate   ad 

incrementare la flessibilità della EDP o allargando o definendo meglio le varie clausole 

di sospensione:

− La   definizione   di   una   “severa   depressione   economica”   (severe   economic 

downturn):  una   decrescita   del   PIL   reale   annuale   oppure   una   continua 

diminuzione del prodotto in un conteso di persistente bassa crescita economica 

rispetto al livello naturale;

− Specificazione  degli  “altri   fattori   rilevanti”  da valutare prima di   iniziare  la  

EDP: riguardano la situazione economica e fiscale di medio termine del Paese in 

questione (nel primo campo rientrano ad es. l'implementazione della “Agenda di 

Lisbona” e le politiche di supporto alla ricerca e all'innovazione; nel secondo ad 

es. l'aggiustamento effettuato “in good times” e la qualità generale delle finanze 

pubbliche);

− (Ulteriore)   Estensione   delle   scadenze   procedurali   della   EDP:   in   particolare 

riguardo alla scadenza per correggere il deficit eccessivo si dovrà tenere conto 

degli “altri fattori rilevanti” di cui sopra e di “eventi avversi inaspettati” che si 

presentino in seguito all'adozione delle delibere o delle notifiche del Consiglio.

Le reazioni a queste modifiche furono di segno opposto: da una parte la maggior parte 

degli  osservatori  considerava la proliferazione delle clausole di sospensione un forte 

indebolimento del SGP, dall'altra c'era chi invece considerava la maggiore elasticità un 

elemento che aumentava la razionalità economica del SGP e che avrebbe quindi spinto i 

governi ad un maggiore impegno.

Guardando i dati relativi all'andamento del deficit e del debito (tabella 2) si nota che nel 

2006   e   2007   c'è   stato   un  deciso   miglioramento   della   situazione  dei   conti   pubblici 

dell'euroarea.  Tuttavia  questo è  da   imputare più   che altro  ad  una situazione  esterna 

favorevole,   che  ha  aumentato   in  maniera   inaspettata   le   entrate,  mentre  ben  poco  di 

questo miglioramento è imputabile all'implementazione di politiche di risanamento del 

32

Page 33: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

bilancio, specie nel 200623. Infatti molti paesi non sono sono riusciti a raggiungere i 

propri MTO e in molti casi c'è stato un superamento della soglia del 3% del deficit (vedi 

tabelle 22 e 23 nell'appendice “Tabelle”). 

Tabella  2: Andamento saldo di bilancio pubblico e debito pubblico nell'euroarea dal  2006 al 2010

2006 2007 2008 2009 2010

Saldo di bilancio(% PIL)

­1,3  ­0,6  ­2  ­6,2 ­6,6* 

Debito(% PIL)

68,2 65,9 69,4 78,8 84,7*

Fonte: European Commission (* : ECB, 2010a, p. 66)

Nel “Rapporto annuale 2007” la situazione del 2006­2007 viene comparata a quella del 

2000­2001,   quando   l'“atteggiamento   compiacente”   per   la   situazione   economica 

favorevole   aveva   indotto   i   governi   ad   attuare   politiche   pro­cicliche   in   una   fase 

economica espansiva, sulla base anche delle previsioni economiche molto ottimiste per 

gli anni seguenti. Quando però la situazione economica era improvvisamente peggiorata 

in  seguito  agli  attacchi   terroristici  dell'11 Settembre,   lo  stato  dei  conti  pubblici  non 

concedeva sufficienti  margini di  azione agli  stabilizzatori  automatici  senza sforare  il 

limite del 3% del deficit24.

Nel   2007   gli   unici   due   Paesi   sottoposti   a   procedure   di   deficit   eccessivo,   Italia   e 

Portogallo, riuscirono a riportare il deficit rispettivamente al 2,4% e al 3%, mentre poco 

più della metà dei Paesi conseguì risultati in linea con il proprio MTO25. Questi dati 

sembrerebbero   indicare   il   successo  della   II  versione  del  SGP nel   contenimento  del 

deficit e nella riduzione del debito, ma sono legati soprattutto alla situazione economica 

favorevole,  come d'altronde è  sottolineato nei Rapporti  annuali  del 2006 e del 2007. 

Nessuno   evidentemente   pareva   davvero   preoccuparsi   dell'eventualità   che   un 

rallentamento   economico   potesse   di   nuovo   portare   alla   situazione   del   2003­2004. 

Soprattutto,  nessuno aveva  realmente  compreso  la  portata  della  crisi   finanziaria  che 

23 ECB, 2006b24 ECB, 2007, pp. 81­8325 Ibidem

33

Page 34: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

aveva cominciato a manifestarsi nell'estate di quell'anno26.

A fine 2007 evidentemente la sensazione che all'orizzonte qualcosa si stava muovendo 

c'era,  ma la gravità  della crisi  venne grandemente sottostimata.  Infatti  per il  2008 si 

prevedeva   solamente   un   rallentamento   nel   processo   di   consolidamento   dei   conti 

pubblici, ma si sosteneva che “il contesto macroeconomico nel 2008 rimane favorevole 

al  compimento  di   rapidi  progressi  verso gli  OMT (obiettivi  di  medio   termine,  ndr) 

fissati   dai  Paesi  dell’area  dell’euro  ”  e  che   il   rapporto  debito/PIL   sarebbe  sceso  al 

65,1%, molto meno che nel 200727.

Le cifre riportate nella tabella 1 mostrano quanto queste previsioni fossero ottimistiche. 

La   dura   realtà   della   crisi   finanziaria   e   delle   sue   impreviste   e   forse   imprevedibili 

conseguenze sarà l'oggetto del prossimo capitolo.

LE   CRITICITÀ   EMERSE   DURANTE   CRISI   FINANZIARIA   E   CRISI   DEL 

DEBITO   PUBBLICO   GRECO   E   IL   DIBATTITO   CHE   NE   È   SEGUITO:   la   crisi 

finanziaria e la conseguente crisi di natura fiscale hanno di nuovo acceso il dibattito 

sulla riforma dell'SGP e della normativa fiscale europea in generale. Infatti da una parte 

la   crisi   finanziaria   ha   sollevato   esigenze   di   più   forte   coordinamento   che   la   natura 

principalmente preventiva del  SGP non permette  di  soddisfare,  dall'altra   la  crisi  del 

debito  pubblico  greco  ha  dimostrato  che   la   sorveglianza  sui  conti  pubblici  non  era 

efficace e che mancavano gli strumenti adatti ad affrontare crisi finanziarie di natura 

fiscale28. Inoltre, la lugubre prospettiva di un periodo prolungato di bassa crescita rende 

praticamente   inutile   il  Patto  ai   fini  del  consolidamento dei  conti  pubblici.  Vediamo 

dunque quali sono le necessità emerse durante la crisi e le proposte di riforma:

◦ Passare da regole numeriche a principi guida per le valutazioni di sostenibilità    

del debito pubblico e a regole fiscali auto­imposte: le regole numeriche attuali (3% 

deficit/PIL e 60% debito/PIL) sono inefficaci e possono addirittura incentivare la 

falsificazione contabile. Bisognerebbe passare a principi guida che tengano conto 

26 Sarli M., 200727 Ibidem, p. 7928 Corsetti G., 2010

34

Page 35: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

dell'evoluzione   dei   conti   pubblici   (con   particolare   attenzione   al   dato   del   debito 

estero29),   della   crescita   economica,   del   tasso   di   interesse   internazionale   e 

dell'inflazione30.

Bisognerebbe poi cercare di implementare regole fiscali auto­imposte31, che agiscano 

anche sul lato della spesa pubblica (intaccando quindi la sovranità nazionale in materia 

fiscale),  ai  diversi   livelli  di  governo  (centrale  e   locale)  e  con  diverse  cornici   legali 

(anche norme costituzionali: si veda la proposta tedesca di inserire nelle Costituzioni 

statali le regole del SGP32);

◦ Far sì che i paesi in difficoltà riprendano il controllo dei conti pubblici   33: bisogna 

garantire la sostenibilità dei conti pubblici in via prioritaria, implementando misure 

di taglio alla spesa e di aumento dell'imposizione fiscale, senza violare la clausola 

“no bail­out” che è un pilastro fondamentale dell'UEM. In quest'ottica, appare anche 

fondamentale accentrare rilevamento e controllo delle statistiche di finanza pubblica 

nelle mani dell'Eurostat34;

◦ Garantire il sostegno finanziario in caso di crisi di liquidità   : le opzioni possibili 

sono due: o si ricorre al “Fondo monetario internazionale” (FMI) oppure si prevede 

uno schema analogo di sostegno e condizionalità  a  livello europeo,  il  cosiddetto 

“Fondo monetario europeo” (FME)35.

Nella vicenda greca, l'intervento del FMI è stato osteggiato fondamentalmente per 

motivi di “orgoglio europeo” (sentimento d'altronde in contraddizione con il fatto 

che i paesi europei complessivamente detengono la maggioranza relativa dei fondi 

del FMI)36 ma appare insensato imporre un handicap ai paesi dell'euroarea, che si 

ritrovano   a   dover   pagare   la   loro   quota   al   FMI   senza   poter   accedere   alla   sua 

assistenza37.

29 Si veda a tale proposito Rossini G., 201030 Corsetti G., 201031 Manasse P., 2010a32 ANSA, 201033 Corsetti G., 201034 Manasse P., 2010a35 Ibidem36 Wyplosz C., 201037 Corsetti G., 2010

35

Page 36: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Il dibattito sul FME è molto acceso. Si potrebbe instaurare un FME che funzioni più 

come un fondo di ammortamento che come il FMI38. In esso vigerebbe un sistema 

automatico “a punti”, dove un paese che ottiene dei surplus di bilancio accumuli dei 

“crediti”,  che gli  permetteranno poi deficit  della stessa portata dei surplus senza 

incorrere in sanzioni. Allo stesso tempo se un paese presenta un saldo negativo tra i 

crediti accumulati e la dotazione iniziale (es. dotazione iniziale = 3% PIL; deficit 

annuale per 4 anni = 1%   saldo = ­1%) esso dovrà  colmare questo disavanzo.→  

Questo sistema incentiverebbe davvero i Governi a perseguire il consolidamento dei 

conti pubblici in good times.

D'altra   parte   però   bisogna   tenere   conto   che   creare   un   fondo   monetario   in 

concorrenza col FMI incentiverebbe un “livellamento verso il basso”, perché i due 

fondi   per   attirare   un   paese   in   crisi   di   liquidità   verso   di   sé,   vorranno   proporre 

condizioni più favorevoli39. Inoltre è ragionevole presupporre che un FME sarebbe 

sottoposto a pressioni politiche ben più   forti  di  quelle cui è  sottoposto  il  FMI e 

quindi avrebbe ancora più difficoltà a gestire casi di inadempienza del paese in crisi 

di liquidità40.

38 Manasse P., 2010a39 Wyplosz C., 201040 Ibidem

36

Page 37: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Capitolo 3

LA CRISI FINANZIARIA E L'IMPATTO SUI CONTI PUBBLICI DEI PAESI DELL'EUROAREA

In  questo  capitolo  analizzeremo   le   cifre   e   le   statistiche   riguardanti   i   conti   pubblici 

europei,   per   capire   l'entità   dell'impatto   della   crisi   finanziaria.   L'analisi   sarà   più 

approfondita per quei paesi che presentano una situazione dei conti pubblici più critica, 

mentre per gli altri paesi sarà semplicemente presentata la tabella con le statistiche più 

rilevanti.

L'organizzazione del capitolo è la seguente: nel I paragrafo verranno spiegate le ragioni 

che  hanno  portato   ad   includere  determinati   indicatori   e   variabili   e   sarà   spiegato   il 

significato   di   queste   ultime;   nel   II   paragrafo   invece   si   procederà   all'analisi   delle 

statistiche relative ad ogni paese.

1. IL SIGNIFICATO DEGLI INDICATORI ECONOMICI

Il criterio di selezione delle statistiche riportate in questo capitolo è stato quello di porre 

in evidenza la situazione dei conti pubblici sia in rapporto all'economia interna di ogni 

paese   sia   in   rapporto   al   settore   esterno   (cioè   l'economia   mondiale).   É   infatti 

fondamentale identificare il grado di esposizione verso l'estero per fare una valutazione 

corretta della sostenibilità dei conti pubblici, dal momento che gli squilibri verso l'estero 

sono   molto   più   difficili   da   curare   rispetto   agli   squilibri   interni   dei   conti   pubblici: 

bisogna infatti  negoziare tra il  governo del paese in crisi e gli  altri attori  economici 

(governi,   fondi   d'investimento,   ecc)   che   sono   esposti   riguardo   al   debito   estero   del 

paese41.

Dove   possibile,   i   dati   sono   stati   tratti   dalla   banca   dati   di   Eurostat   (European 

Commission).   I   dati   relativi   al   debito   pubblico   estero   lordo   provengono   dal   “Joint  

External Debt Hub”, quelli relativi al tasso di risparmio dall'OECD Economic Outlook 

41 Rossini G.,2010

37

Page 38: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

(vedi   in  bibliografia).   In  alternativa   la   fonte   sono  le  banche  centrali  e  gli  uffici  di 

statistica di ogni paese. Nella maggior parte dei casi, la conversione dei valori in milioni 

di € in rapporto al PIL è opera del redattore.

I dati del 2010 sono previsioni e non dati effettivi, a meno che non sia specificatamente 

indicato il mese di riferimento.

La sigla “n.d.” indica che il dato non era disponibile.

Vediamo dunque il significato degli indicatori economici prescelti:

− PIL   e   indicatori   correlati   :   il   PIL   è   l'indicatore   più   sintetico   e   diffuso   della 

capacità   di   produrre   ricchezza  di   un  paese.  Nell'analisi   dei   conti   pubblici  è 

fondamentale perché il PIL e il suo tasso di crescita indicano la capacità di un 

paese di produrre ricchezza e  quindi di  sostenere  il  peso del suo debito.  Per 

questo motivo tutte le grandezze proposte sono messe in rapporto al PIL;

− Debito   pubblico   lordo   consolidato   :   ammontare   del   debito   contratto   dalle 

amministrazioni pubbliche nei confronti dei residenti dell'economia; il termine 

“consolidato”si riferisce al fatto che esso “esclude le passività che costituiscono 

attività”42.

− Debito pubblico estero lordo   : il debito estero è definito in accordo con le linee 

guida  del  FMI43  e   comprende   le   “passività   non   azionarie   sull'estero”44:   esso 

dunque   rappresenta   un   sottoinsieme  della  parte  del   passivo  della   “Posizione 

patrimoniale netta” (vedi oltre), in quanto appunto “non comprende i derivati e 

la componente azionaria”45 .

− Saldo   di   bilancio   pubblico   :   misurato   su   base   annuale,   indica   il   saldo   delle 

amministrazioni pubbliche tra trasferimenti netti e prestiti netti (net lending/net 

borrowing); un valore negativo indica un deficit di bilancio;

− Posizione   patrimoniale   netta   :   indica   la   “consistenza   delle   attività   e   delle 

42 Banca d'Italia, 2010c, p. 1643 IMF, 2003, p. 744 Banca d'Italia, 2010b, p. 1945 Banca d'Italia, 2010a, p. 1

38

Page 39: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

passività finanziarie (in valuta e in euro) di un'economia verso il resto del mondo 

”46.  Assieme alle  Esportazioni  nette,   indica  l'esposizione dell'intera  economia 

verso l'estero;

− Esportazioni   nette   ed   Esportazioni   :   le   Esportazioni   nette   sono   il   saldo   tra 

esportazioni   ed   importazioni.   È   dunque   un   indicatore   molto   importante   per 

valutare   la   sostenibilità   del  debito   pubblico,   in   quanto  è   un   indicatore   della 

capacità di pagamento del paese;

− Pressione fiscale   : indica il margine di manovra del governo nel caso debba far 

fronte ad  un  impegno straordinario;  ovviamente se   la  pressione fiscale  è  già 

elevata (come accade nella maggior parte dei grandi paesi europei) tali margini 

saranno molto ridotti;

− Disoccupazione   :   utilizzata   come   indicatore   dello   stato   complessivo 

dell'economia,   bisogna   poi   tenere   conto   del   pesante   impatto   degli 

ammortizzatori automatici (fra cui sono compresi i sussidi di disoccupazione) 

sui conti pubblici. Inoltre tende a esserci un  lag  temporale tra l'andamento del 

livello della produzione e quello della disoccupazione, causato dalla rigidità dei 

salari e dalla disoccupazione frizionale: tale lag ovviamente aumenta nel caso di 

una ripresa economica da una situazione difficile come quella attuale;

Particolarmente   importante   risulta   valutare   la   solvibilità   di   uno   Stato,   intesa   come 

capacità di far fronte alle obbligazioni di lungo termine (mentre si parla di “liquidità” 

per quanto riguarda le obbligazioni di breve termine). Gli indicatori di solvibilità più 

importanti sono i seguenti47:

− Debito pubblico/PIL;

− Debito pubblico estero/PIL;

− Debito pubblico/pressione fiscale;

− Debito pubblico/esportazioni.

46 Banca d'Italia, 2010b, p. 2547 IMF, 2003, tabella 15.1

39

Page 40: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Analizzando le statistiche si farà quindi particolare attenzione a questi indici.

2. LE STATISTICHE DEI CONTI PUBBLICI DEI PAESI DELL'EUROAREA

EUROAREA (tabella 3)

La   correlazione   tra   ciclo   economico   negativo   e   aumento   del   debito   è   lampante 

guardando   le   statistiche   relative   all'Euroarea.   Infatti   nel   2009   il   pesante   calo   della 

produzione (­4,1%) ha portato a un grave peggioramento del saldo di bilancio pubblico 

(­6,3%): l'effetto combinato di questi due eventi ha fatto aumentare il debito pubblico di 

ben 9 punti percentuali, in assoluto il calo più grave dall'introduzione dell'euro.

Nel 2008, invece, complice il ciclo economico ancora positivo (+ 0,5% PIL rispetto al 

2007), il deficit di bilancio del 2% aveva fatto aumentare il debito di “soli” tre punti 

percentuali.

Le statistiche ci permettono di individuare le ragioni principali di un tale deterioramento 

dei conti pubblici nel 2009, perlopiù legate al ciclo economico negativo:

− il netto calo delle esportazioni, pari ben al 5,2% (mentre tra 2007 e 2008 esse 

erano aumentate dello 0,4% appena);

− il   drastico   aumento   della   percentuale   di   disoccupati   (il   livello   massimo   dal 

199848), che ha fatto incrementare la spesa per gli ammortizzatori sociali;

48 Il Sole 24 ORE, 2010

40

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 8.933.280,9 9.199.557,1 8.971.118,9 9.114.126,6

1) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 2,7 0,5 -4,1 0,9

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 66,2 69,7 78,7 n.d.

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 50,3 54,1 63,9 n.d.

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -0,6 -2,0 -6,3 n.d.

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -14,0 -17,8 n.d. n.d.

Esportazioni nette (% PIL) 1,6 1,1 1,3 1,5

Esportazioni (% PIL) 41,1 41,5 36,3 38,1

Pressione fiscale (% PIL) 45,5 45,0 44,4 n.d.

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 7,5 7,6 9,4 10,0

Page 41: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

− l'esistenza  di  un saldo  di  bilancio negativo già  nel  2007 (e  anche negli  anni 

precedenti)  e  un'alta  pressione fiscale prima dell'inizio della crisi,  che hanno 

praticamente annullato i margini di manovra necessari per rispondere alla crisi 

senza deteriorare eccessivamente i conti pubblici.

Riguardo alle valutazioni sulla sostenibilità dei conti pubblici, il peggioramento della 

posizione patrimoniale netta già nel 2008 e il vertiginoso aumento del debito pubblico 

estero nel 2009 (+ 9,8%) sono sicuramente frutto di valori legati al ciclo più  che di 

debolezza strutturale dell'economia europea. Permangono comunque grosse differenze 

tra i vari paesi dell'Euroarea e il rallentamento economico ha avuto un impatto sui conti 

pubblici molto differenziato tra i vari paesi.

Il   consolidamento   dei   conti   pubblici   è   ora   diventata   una   priorità   ma   la   via   per 

raggiungere   questo   obiettivo   si   presenta   molto   lunga   e   difficile.   Particolarmente 

importante a questo riguardo è il fatto che, mentre gli altri valori (esportazioni e  PIL in  

primis)   sembrano  avviati  verso  una  debole   ripresa,   la  percentuale  di  disoccupati   in 

crescita  potrebbe  rendere   ancora  più   difficile   lo   sforzo  di   consolidamento  dei   conti 

pubblici avviato in tutta Europa49.

AUSTRIA (tabella 4)

Anche nel caso austriaco il  legame tra ciclo economico e saldo di bilancio pubblico 

appare netto e il 2009 vede sia un calo della produzione che un peggioramento del saldo 

49 Per una panoramica dei tagli di bilancio previsti o effettuati in Europa, si rimanda a Daveri F., 2010a

41

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 270.782,4 281.867,5 277.073,5 282.413,5

3,0 3,1 3,1 3,1

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 3,5 2,0 -3,5 1,3

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 59,5 62,6 66,5

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 73,3 74,6 79,7

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -0,4 -0,4 -3,4

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -18,4 -15,3 -9,8

Esportazioni nette (% PIL) 5,9 5,8 4,6 4,8

Esportazioni (% PIL) 59,7 59,4 50,0 51,6

Pressione fiscale (% PIL) 48,1 48,4 48,3

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 4,4 3,8 4,8 4,0

1) % PIL Euroarea

n.d

n.d

n.d

n.d

n.d

Page 42: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

di bilancio. L'aumento del debito pubblico comunque è stato minore della media; il dato 

del 2009 è poi decisamente più basso della media, soprattutto grazie ad una posizione 

iniziale molto favorevole con un debito pari ad appena il 59,5% PIL nel 2007 (mentre il 

debito  pubblico estero è   su  valori  superiori  alla  media ma non eccessivi).  Notevole 

soprattutto il dato della disoccupazione, appena al 4% a Maggio 2010 contro il 10% 

della media europea.

BELGIO (tabella 5)

L'economia   belga   ha   subito   un   rallentamento   relativamente   contenuto   ma   il 

peggioramento del saldo di bilancio è invece in linea con la media, indicando l'influenza 

di fattori non strettamente legati al ciclo (ad es. il crollo del valore delle azioni di Fortis, 

la prima banca del Belgio, con la conseguente cessione alla francese BNP Paribas della 

maggior parte degli attivi presenti nel paese50 – vedi tabella 24).

La situazione dei  conti  pubblici  vede un debito  pubblico decisamente più  alto  della 

media   e   anche   un   debito   pubblico   estero   elevato   ma   in   compenso   una   posizione 

patrimoniale netta molto positiva, indice della forza delle esportazioni.

50 Finanzainchiaro.it, 2008

42

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 334.948,0 344.676,0 337.284,0 347.188,9

3,7 3,7 3,8 3,8

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 2,9 1,0 -3,0 1,3

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 84,2 89,8 96,7

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 80,0 73,8 78,2

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -0,2 -1,2 -6,0

Posizione patrimoniale netta (% PIL) 29,2 33,2

Esportazioni nette (% PIL) 3,9 0,9 2,8 3,7

Esportazioni (% PIL) 83,4 85,8 73,4 76,7

Pressione fiscale (% PIL) 48,0 48,8 48,2

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 7,5 7,0 7,9 8,6

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d. n.d.

n.d.

Page 43: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

CIPRO (tabella 6)

FINLANDIA (tabella 7)

L'economia finlandese ha resistito bene nel 2008 ma è poi crollata nel 2009, a causa del 

crollo delle esportazioni (­9,6% PIL nel 2009), segnando anche un notevole aumento del 

debito pubblico nonostante un saldo di bilancio non eccessivamente negativo.

La situazione generale comunque è  ancora buona perché   l'esposizione dell'economia 

finlandese verso l'estero rimane contenuta. Da segnalare poi l'altissima pressione fiscale, 

ben il 53,6% PIL nel 2008: alla luce della situazione molto solida dei conti pubblici 

finlandesi (e quindi dell'impossibilità neanche nel lungo periodo che avvenga una crisi 

di debito sovrano), questo dato potrebbe anche rivelarsi positivo dato che abbassare la 

pressione fiscale potrebbe stimolare ulteriormente la ripresa.

43

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 179.702,0 184.649,0 171.315,0 176.132,0

2,0 2,0 1,9 1,9

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 5,3 0,9 -8,0 1,4

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 35,2 34,2 44,0

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 43,6 40,4 54,8

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 5,2 4,2 -2,2

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -27,5 -8,5 -8,0

Esportazioni nette (% PIL) 5,1 4,0 2,5 2,0

Esportazioni (% PIL) 45,8 47,0 37,4 38,9

Pressione fiscale (% PIL) 52,5 53,6 53,2

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 6,9 6,4 8,2 8,6

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 15.951,1 17.247,8 16.946,5 17.226,2

0,2 0,2 0,2 0,2

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 5,1 3,6 -1,7 -0,4

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 58,3 48,4 56,2

Debito pubblico estero lordo (% PIL)

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 3,4 0,9 -6,1

Posizione patrimoniale netta (% PIL) 11,7 9,4

Esportazioni nette (% PIL) -6,3 -11,5 -5,8 -5,5

Esportazioni (% PIL) 47,9 44,8 39,4 39,8

Pressione fiscale (% PIL) 45,5 43,5 40,3

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 4,0 3,6 5,4 7,2

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d. n.d. n.d. n.d.

n.d.

n.d. n.d.

n.d.

Page 44: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

FRANCIA (tabella 8)

La crisi ha colpito in Francia in maniera meno violenta della media (­2,6% nel 2009) ma 

il costo è stato una grande espansione del debito pubblico (+ 13,8% dal 2007 al 2009), 

segno che l'economia è  stata sostenuta da pesanti  interventi  governativi e che hanno 

pesato molto fattori non legati al ciclo (il principale è il supporto al sistema bancario – 

vedi   tabella  24).  Nel caso francese comunque ha sicuramente  influito anche un alto 

livello  di spesa pubblica negli  anni  precedenti  alla  crisi  (tabella  4),  che ha ridotto  i 

margini di manovra disponibili.

L'esposizione verso  l'estero della  Francia  rimane comunque relativamente contenuta, 

specie   considerando   le   dimensioni   della   sua   economia.  Le  previsioni   riguardanti   la 

velocità   della   ripresa   sono   leggermente   superiori   a   quelle   dell'euroarea   nel   suo 

complesso,   anche   se   questo   dato   appare   minacciato   dal   peggioramento   delle 

esportazioni   nette   previsto   per   il   2010;   riguardo   ai   conti   pubblici,   l'aumento   della 

disoccupazione sembra suggerire  che la  dinamica fiscale  espansiva non finirà  molto 

presto.

44

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 1.895.284,0 1.948.511,0 1.907.145,0 1.946.564,0

21,2 21,2 21,3 21,4

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 2,4 0,2 -2,6 1,3

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 63,8 67,5 77,6

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 50,0 56,0 69,0

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -2,7 -3,3 -7,5

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -1,6 -11,9 -10,9

Esportazioni nette (% PIL) -1,9 -2,2 -1,9 -2,4

Esportazioni (% PIL) 26,5 26,7 23,0 24,0

Pressione fiscale (% PIL) 49,6 49,5 48,1

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 8,3 7,8 9,4 9,9

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

Page 45: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

GERMANIA (tabella 9)

La Germania fra i grandi paesi dell'euroarea ha le basi più solide e questo è testimoniato 

dalle  statistiche.   Il  ciclo  economico marcatamente negativo ha  infatti  comportato un 

saldo di bilancio pubblico relativamente contenuto e l'innalzamento del debito pubblico 

è stato inferiore alla media (ma comunque alto in termini assoluti: + 8,2% dal 2007 al 

2009).

Il merito della sostanziale tenuta dell'economia tedesca è dovuto alla sua competitività, 

come dimostrato dalle esportazioni pari a ben il 44,3% PIL nel 2009 (quasi il doppio di 

Francia, Italia e Spagna) e all'efficienza del suo mercato del lavoro, con un tasso di 

disoccupazione che è  addirittura sceso dall'inizio della crisi.  Inoltre la situazione dei 

suoi conti pubblici è complessivamente positiva, con sia il debito pubblico che quello 

estero inferiori alla media europea. La pressione fiscale inoltre è  più  bassa di quella 

degli altri grandi paesi (Spagna esclusa), rendendo le prospettive per la ripresa positive.

45

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 2.428.200,0 2.495.800,0 2.409.100,0 2.444.558,3

27,2 27,1 26,9 26,8

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 2,5 1,3 -4,9 1,2

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 65,0 66,0 73,2

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 44,9 47,3 53,9

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 0,2 0,0 -3,3

Posizione patrimoniale netta (% PIL) 26,1 26,8

Esportazioni nette (% PIL) 7,1 6,2 4,7 4,6

Esportazioni (% PIL) 46,9 47,3 40,7 43,0

Pressione fiscale (% PIL) 43,9 43,7 44,3

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 8,4 7,3 7,5 7,0

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d. n.d.

n.d.

Page 46: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

GRECIA (tabella 10)

La Grecia è il paese che, assieme ad Irlanda, Spagna e Portogallo51, è stato colpito più 

duramente dalla crisi, anche non considerando le vicende degli ultimi mesi riguardanti 

la crisi del debito sovrano (tale crisi infatti è una principalmente di natura finanziaria – 

si veda l'appendice A per un approfondimento sul funzionamento dei mercati finanziari 

e   sulla  genesi  della  crisi  del  debito  sovrano).  A un  rallentamento economico molto 

inferiore   alla   media   europea   corrisponde   un   deficit   amplissimo,   che   trova   la   sua 

spiegazione principale nella debolezza strutturale dell'economia greca e nella perdita di 

controllo dei conti pubblici. 

L'economia greca   è infatti debole sotto tutti i punti di vista: debito pubblico e deficit 

sono in rapidissimo aumento (sarebbe meglio dire deterioramento), le esportazioni nette 

sono gravemente negative e tutta l'economia è pesantemente indebitata verso l'estero. In 

particolare,   il   debito   pubblico   estero   è   elevatissimo   (solo   il   Portogallo   è   in   una 

situazione  simile  da questo punto di  vista).   Inoltre   la  disoccupazione  è   leggermente 

sopra la media e la Grecia è uno dei 3 paesi dell'euroarea per cui si prevede un calo del 

PIL anche nel 2010 (gli altri sono Irlanda e Cipro).

Un dato relativamente incoraggiante, comunque, c'è: la pressione fiscale è molto bassa e 

quindi  se  il  governo avesse prestigio e  forza politica sufficienti  potrebbe raccogliere 

risorse   ingenti.  Un passo del  genere,  politicamente difficile  anche  in  una situazione 

51 Per   una   comparativa   tra   la   situazione   di   questi   paesi   con   riferimento   all'agitazione   dei   mercati obbligazionari nella I metà del 2010 si veda Daveri F., 2010b

46

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 226.437,0 239.141,3 237.493,5 237.209,5

2,5 2,6 2,6 2,6

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 4,5 2,0 -2,0 -3,0

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 95,7 99,2 115,1

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 115,1 111,7 130,2

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -5,1 -7,7 -13,6

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -94,7 -74,9 -84,7 -84,9

Esportazioni nette (% PIL) -11,1 -10,2 -9,7 -6,8

Esportazioni (% PIL) 22,7 23,2 18,8 19,8

Pressione fiscale (% PIL) 39,7 39,1 36,9

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 8,3 7,7 9,5 11,0

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

Page 47: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

normale,   dovrebbe   poi   essere   compiuto   in   mezzo   a   una   crisi   economica   che   va 

approfondendosi   sempre  più.   Se   si   può   ben  dire   che   l'impatto   della   crisi   sui   conti 

pubblici greci è stato devastante, non bisogna dimenticare che l'origine del problema va 

ricercata nella dissennata politica fiscale condotta dal 2001 fino al 2007.

IRLANDA (tabella 11)

L'Irlanda è assieme alla Grecia il paese che ha presentato deficit più alti sia per il 2008 

che  per   il   2009   (rispettivamente   ­7,7% PIL  e   ­14% PIL).  La   causa  è   da   ricercarsi 

soprattutto nel grado di integrazione dell'economia irlandese con quella degli Stati Uniti 

e nello scoppio della bolla immobiliare52  (anche questo simile a quello avvenuto negli 

USA), fattori  estranei  al  ciclo economico relativamente poco negativo.   Il   lascito più 

grave dello scoppio della bolla immobiliare (in cui era impiegata ad inizio 2008 il 13% 

della forza lavoro53) è di sicuro l'elevata disoccupazione, già superiore al 10% nel 2009 

(era il 4,5% nel 2007).

A livello di conti pubblici, comunque, la situazione appare ancora sostenibile: il debito 

pubblico, quasi triplicato dal 2007 al 2009, resta ancora a un livello inferiore alla media 

europea   e   la   dipendenza  dall'estero,   benché   decisamente   aumentata   dall'inizio   della 

crisi,  è   controbilanciata   da  un   elevato   livello   di   esportazioni.   In   ultimo,   anche  per 

l'Irlanda vale il discorso fatto per la Grecia relativo all'innalzamento della – bassa – 

52 Sorrentino R., 200853 Ibidem

47

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 226.437,0 239.141,3 237.493,5 237.209,5

2,5 2,6 2,6 2,6

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 4,5 2,0 -2,0 -3,0

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 25,0 43,9 64,0

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 23,4 44,2 66,2

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 0,1 -7,3 -14,0

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -16,3 -44,6 -45,7

Esportazioni nette (% PIL) 10,2 10,4 17,2 20,7

Esportazioni (% PIL) 80,9 83,5 90,8 96,8

Pressione fiscale (% PIL) 36,7 34,7 34,1

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 4,5 6,3 11,9 13,3

1) % PIL Euroarea

n.d

n.d

n.d

n.d

n.d

Page 48: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

pressione fiscale.

ITALIA (tabella 12)

L'Italia presenta una situazione che guardando solo i  dati  relativi  al  debito pubblico 

potrebbe apparire disperata ma che in realtà è ancora stabile. Il livello elevatissimo di 

debito pubblico non è tanto il frutto della crisi (benché deficit e aumento del debito tra 

2007 e 2009 siano superiori alla media, ma inferiori ad esempio a quelli della Francia) 

quanto del già elevato valore nel 2007 (103,5% contro una media europea del 66,2%); 

l'impatto della crisi sui conti pubblici italiani sembrerebbe quindi sostanzialmente legato 

al  ciclo più  che a shock negativi  (in virtù  dello scarso coinvolgimento delle  banche 

italiane nella crisi degli  hedge funds  che ha sconvolto il sistema bancario americano, 

inglese e di buona parte dell'Europa54).

Al  di   là  di  questo dato,   la  situazione dell'economia italiana  in generale  porta  a  una 

valutazione   non   negativa   della   sostenibilità   dei   conti   pubblici.   L'esposizione   verso 

l'estero è complessivamente contenuta e le esportazioni italiane sono elevate, anche se 

non al livello della Germania. Il vero rischio è rappresentato dal basso tasso di crescita 

economica,   caratteristico   dell'economia   italiana   già   prima   della   crisi;   a   bilanciare 

parzialmente questo dato c'è il tasso di disoccupazione inferiore alla media, anche se la 

tendenza è crescente. 

54 Quatraro M., 2008

48

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 1.546.177,4 1.567.851,2 1.520.870,0 1.553.350,1

17,3 17,0 17,0 17,0

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 1,5 -1,3 -5,0 0,8

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 103,5 106,1 115,8

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 61,3 62,8 74,9

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -1,5 -2,7 -5,3

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -21,5 -21,5 -19,3

Esportazioni nette (% PIL) -0,2 -0,6 -0,4 -0,8

Esportazioni (% PIL) 29,0 28,9 24,0 25,1

Pressione fiscale (% PIL) 46,4 46,2 46,6

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 6,1 6,8 7,8 8,7

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

Page 49: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

LUSSEMBURGO (tabella 13)

MALTA (tabella 14)

49

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 37.465,8 39.348,4 37.755,1 39.585,2

0,4 0,4 0,4 0,4

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 6,5 0,0 -3,4 2,0

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 6,5 6,7 13,7 14,5

Debito pubblico estero lordo (% PIL)

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 3,6 2,9 -0,7

Posizione patrimoniale netta (% PIL) 95,2 75,3 85,6

Esportazioni nette (% PIL) 33,5 32,5 33,6 34,1

Esportazioni (% PIL) 177,3 172,8 160,3 161,3

Pressione fiscale (% PIL) 39,8 40,1 41,6

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 4,2 4,9 5,2 5,2

1) % PIL Euroarea

n.d. n.d. n.d. n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 5.462,9 5.678,1 5.720,3 5.884,2

0,1 0,1 0,1 0,1

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 3,8 1,7 -1,5 1,1

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 61,9 63,7 69,1

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 7,1 6,0

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -2,2 -4,5 -3,8

Posizione patrimoniale netta (% PIL) 16,9 0,9 13,5

Esportazioni nette (% PIL) -2,0 -2,9 1,7 0,2

Esportazioni (% PIL) 89,6 82,8 72,7 75,5

Pressione fiscale (% PIL) 40,3 40,3 40,5

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 6,4 6,0 6,9 6,7

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d. n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

Page 50: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

OLANDA (tabella 15)

L'impatto della crisi sui conti pubblici olandesi appare sostanzialmente legata al ciclo: il 

deficit di bilancio per il 2009 (­5,3%) appare proporzionato alla caduta del prodotto (­

4% nel 2009). La causa dell'aumento del debito maggiore della media dal 2007 al 2009 

(+15,4%) è da ricercarsi nel pesante impatto delle misure a sostegno del settore bancario 

(tabella 24). Il livello resta comunque basso, dato che si attesta nel 2009 ad appena il 

60% PIL; le esportazioni sono decisamente calate nel 2009 ma le previsioni per il 2010 

sono molto positive e la disoccupazione si mantiene su livelli molto bassi non solo in 

rapporto   alla   media   europea   ma   in   assoluto.   L'esposizione   verso   l'estero   resta   poi 

contenuta.

50

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 568.664,0 595.883,0 570.208,0 583.505,6

6,4 6,5 6,4 6,4

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 3,6 2,0 -4,0 1,3

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 45,5 58,2 60,9

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 43,6 59,4 63,6

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 0,2 0,7 -5,3

Posizione patrimoniale netta (% PIL) 19,3 22,0 23,3 25,3

Esportazioni nette (% PIL) 8,6 8,3 7,2 8,8

Esportazioni (% PIL) 74,8 76,8 69,3 74,0

Pressione fiscale (% PIL) 45,7 46,6 46,3

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 3,2 2,8 3,4 4,3

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

Page 51: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

PORTOGALLO (tabella 16)

La situazione del Portogallo si presenta simile a quella della Grecia, benché meno grave. 

Anche in questo caso ad una caduta relativamente contenuta del prodotto (­2,6% nel 

2009) corrisponde un largo deficit di bilancio, indice dell'incidenza di fattori non legati 

al ciclo e presumibilmente legati all'esposizione dell'economia portoghese verso l'estero.

Sotto questo aspetto infatti la situazione del Portogallo è grave quanto quella greca (il 

debito pubblico estero molto inferiore rispetto ad essa è compensato da una posizione 

patrimoniale netta decisamente peggiore). Anche in questo caso ciò si riflette in un dato 

molto negativo delle esportazioni nette (­10,1% PIL nel 2008 e ­7,7% PIL nel 2009).

Dal punto di vista dei conti pubblici però la situazione di partenza è migliore, con un 

debito pubblico pari al 76,8% PIL nel 2009 e un deficit per lo stesso anno pari al 9,4% 

PIL, migliore quindi di Grecia e Irlanda (così come migliore è la previsione di crescita 

del PIL per il 2010; simili invece i dati della disoccupazione). Inoltre le esportazioni 

portoghesi per quanto basse sono più del doppio di quelle greche. Il problema principale 

resta quello di carattere finanziario, in quanto il nervosismo dei mercati riguardo alla 

Grecia potrebbe diffondersi al Portogallo a causa della debolezza della sua economia e 

della sua esposizione verso l'estero.

51

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 168.737,0 171.920,1 167.632,5 170.296,6

1,9 1,9 1,9 1,9

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 2,4 0,0 -2,6 0,5

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 63,6 66,3 76,8

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 70,5 73,8 85,9

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -2,6 -2,8 -9,4

Posizione patrimoniale netta (% PIL) 89,2 96,1 109,0 108,5

Esportazioni nette (% PIL) -8,0 -10,1 -7,7 -7,4

Esportazioni (% PIL) 32,3 32,5 28,0 28,9

Pressione fiscale (% PIL) 43,2 43,2 41,6

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 8,1 7,7 9,6 10,9

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

Page 52: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

SLOVACCHIA (tabella 17)

SLOVENIA (tabella 18)

Assieme   a   Slovacchia   e   Finlandia,   la   Slovenia   ha   subito   il   rallentamento   più 

significativo nel 2009 con un calo del PIL di ben il 7,8%. Ciò nonostante, l'impatto sui 

conti pubblici non è stato drammatico con un aumento del debito e un deficit nel 2009 

solo   lievemente   superiore   alla  media   dell'euroarea   (indicando   l'irrilevanza  di   fattori 

esterni   al   ciclo).  La   situazione   resta   comunque   ampiamente  positiva   con  un  debito 

pubblico pari ad appena il 35,9% PIL e un'esposizione verso l'estero contenuta.

52

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 54.897,6 64.778,4 63.331,6 65.884,1

0,6 0,7 0,7 0,7

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 10,6 6,2 -4,7 2,7

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 29,3 27,7 35,7

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 16,8 15,0 17,7

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) -1,9 -2,3 -6,8

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -2,3 -55,5 -66,1

Esportazioni nette (% PIL) -1,0 -2,3 -0,2 -2,3

Esportazioni (% PIL) 86,7 83,0 70,1 72,2

Pressione fiscale (% PIL) 32,5 32,5 34,0

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 11,2 9,5 12,0 14,8

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 34.568,2 37.135,4 34.893,9 35.304,1

0,4 0,4 0,4 0,4

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 6,8 3,5 -7,8 1,1

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 23,4 22,6 35,9

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 12,9 14,0 27,0

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 0,0 -1,7 -5,5

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -21,3 -32,5

Esportazioni nette (% PIL) -1,7 -3,0 1,5 0,9

Esportazioni (% PIL) 69,5 67,7 58,9 61,6

Pressione fiscale (% PIL) 42,4 42,6 44,4

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 4,4 5,9 6,9 7,1

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

n.d. n.d.

n.d.

Page 53: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

SPAGNA (tabella 19)

Fra le grandi economie dell'euroarea, la Spagna è quella su cui la crisi ha avuto l'impatto 

più duro dal punto di vista dei conti pubblici. Benché la contrazione del PIL sia stata 

inferiore alla media (ed ampiamente inferiore ad esempio a quella del PIL dell'Italia), 

l'aumento vertiginoso della disoccupazione (+11,6% dal 2007 a Maggio 2010) ha avuto 

un impatto pesantissimo sui conti pubblici già dal 2008. Il debito pubblico dal 2007 al 

2009 è aumentato del 17,2% e il 2009 ha fatto segnare un deficit pari all'11,2% PIL; 

nonostante questo, il debito pubblico rimane molto basso, pari ad appena il 53,2% PIL.

Gli aspetti più problematici della situazione spagnola sono l'elevatissima disoccupazione 

ed una recessione duratura (­0,4% nel 2010), entrambi fattori che esercitano una forte 

pressione   sui   bilanci   pubblici,   e   l'elevata   esposizione   verso   l'estero   dell'economia 

spagnola (basti vedere le esportazioni nette nel biennio 2007­2008: ­6,8% PIL e ­5,9% 

PIL), che rende la Spagna molto sensibile ai  movimenti  e alle pressioni dei mercati 

finanziari.

53

2007 2008 2009 2010

PIL – milioni di € a prezzi di mercato 1.052.730,0 1.088.502,0 1.051.151,0 1.050.013,3

11,8 11,8 11,7 11,5

2) Variazione nominale PIL rispetto all'anno precedente (%) 3,6 0,9 -3,6 -0,4

Debito pubblico lordo consolidato (% PIL) 36,2 39,7 53,2

Debito pubblico estero lordo (% PIL) 27,7 29,9 40,9

Saldo di bilancio pubblico (% PIL) 1,9 -4,1 -11,2

Posizione patrimoniale netta (% PIL) -77,6 -80,9 -83,8 -93,1

Esportazioni nette (% PIL) -6,8 -5,9 -2,1 -1,2

Esportazioni (% PIL) 26,9 26,5 23,7 25,0

Pressione fiscale (% PIL) 41,1 37,0 34,7

Disoccupazione (% della forza lavoro) (per il 2010: Maggio) 8,3 11,4 18,0 19,9

1) % PIL Euroarea

n.d.

n.d.

n.d.

Page 54: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

CONCLUSIONI

L'impatto  della   crisi   finanziaria   sui   conti  pubblici   dei  paesi  dell'Euroarea  è   stato   e 

continua ad essere molto pesante. È sicuramente la prova più difficile a cui il progetto di 

unione economica e monetaria è stato sottoposto e come ne uscirà  è  ancora tutto da 

vedere. Nei primi mesi del 2010 l'ultima fase della crisi finanziaria è stata la crisi del 

debito sovrano greco, un fulmine su un cielo che già non era sereno ma cominciava 

quantomeno a schiarire. Gli effetti di tale crisi si stanno svolgendo in questi mesi e sono 

lungi dall'essersi conclusi.

Nel   I   capitolo   abbiamo   visto   come   i   modelli   macroeconomici   possono   aiutare   a 

comprendere la situazione economica e come sia necessaria una valutazione globale 

dello stato di un'economia per poter dare una valutazione corretta della sostenibilità dei 

conti pubblici. Livello di spesa pubblica, quantità di investimenti (e quindi livello del 

tasso di  interesse),  livello di crescita del prodotto ed esposizione verso l'estero sono 

parametri fondamentali in questo senso.

Nel II  capitolo l'analisi  delle esternalità  negative di natura fiscale  mostra  quanto sia 

difficile   instaurare una normativa  fiscale  comune che consenta  allo   stesso  tempo di 

minimizzare tali esternalità e di mantenere un soddisfacente grado di indipendenza delle 

politiche   fiscali.   Tale   grado   di   indipendenza   è   necessario   per   poter   rispondere 

correttamente   agli   shock   asimmetrici   che   colpiscono   uno   solo   o   non   tutti   i   paesi 

all'interno dell'unione monetaria. La letteratura offre argomentazioni valide sia per il 

mantenimento della sovranità  statale  in ambito fiscale sia per  la condivisione di  tali 

responsabilità a livello comunitario.

Il “Patto di stabilità e crescita” è stato il tentativo di raggiungere questo compromesso 

tra   indipendenza   e   coordinamento   delle   politiche   fiscali.   Esso   si   è   rivelato   uno 

strumento  parzialmente   efficace  per  quanto   riguarda   la   sua   funzione  preventiva  ma 

totalmente inefficace per quanto riguarda quella correttiva.

Dal   punto   di   vista   della   funzione   preventiva,   esso   ha   parzialmente   contrastato   la 

distorsione al deficit di molti Paesi membri (non si è avuto un ritorno generalizzato agli 

54

Page 55: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

alti livelli di deficit della prima metà degli anni '90) e dopo il 2005 fino all'inizio della 

crisi circa metà dei Paesi si era avviato sulla strada della riduzione del debito, riuscendo 

a raggiungere i propri obiettivi di medio termine. È tuttavia doveroso sottolineare che le 

riforme strutturali volte a ridurre la spesa pubblica, auspicate ed incoraggiate dal Patto, 

nella maggior parte dei paesi non furono intraprese e che il miglioramento del rapporto 

debito pubblico/PIL era da imputarsi soprattutto alla situazione economica favorevole 

più   che   ad   un'effettiva  disciplina  di   bilancio.   In   questi   periodi   di   ciclo   economico 

favorevole in molti paesi non sono stati creati quei margini di manovra per le politiche 

fiscali anti­cicliche che, secondo gli ideatori del Patto, avrebbero dovuto permettere di 

affrontare un'eventuale crisi senza mettere in crisi i bilanci pubblici.

Dal  punto di  vista  della   funzione correttiva,   invece,   il   fallimento della  Procedura di 

deficit eccessivo nei confronti di Francia e Germania nel 2003­2004 hanno chiarito che 

le regole venivano applicate in maniera diversa a seconda di chi le violava. In generale, 

molti paesi hanno sforato il limite del 3% del deficit ma dopo la riforma del 2005 sono 

riusciti ad ottenere estensioni ripetute che hanno reso la Procedura poco credibile.

Non si può  poi passare sotto silenzio il fallimento nel controllo della veridicità  delle 

statistiche relative ai conti pubblici fornite dei paesi membri, fallimento platealmente 

dimostrato dal caso della Grecia. È ovvio che la possibilità di falsificare le statistiche 

rende inutile qualunque tentativo di controllo dei conti pubblici.

Complessivamente,   dunque,   si   può   dire   che   se   da   una   parte   il   Patto   ha   impedito 

l'avverarsi dello scenario più catastrofico, con una ripresa della corsa al rialzo del debito 

dopo l'adozione dell'euro, esso non è dotato del potere coercitivo necessario ad avviare 

un risanamento profondo dei conti  pubblici.  Per  fare ciò  esso infatti  dovrebbe poter 

controllare il versante della spesa di ogni Stato, limitando di fatto la sovranità statale in 

materia fiscale. Se fino a prima della crisi lo stato dei conti pubblici non destava alcuna 

preoccupazione,  ora  l'esigenza di  risanamento è  diventata  una priorità  assoluta nelle 

agende governative di tutti i Paesi europei e dell'Euroarea in particolare. Appare dunque 

possibile trovare il consenso per intervenire sulla normativa fiscale comunitaria in modo 

da attuare una vera e propria coordinazione nelle politiche fiscali europee.

L'esigenza di cui si è appena detto appare chiara guardando le statistiche relative ai conti 

55

Page 56: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

pubblici. La crisi finanziaria espandendosi agli altri settori ha colpito duramente l'intera 

economia e ha causato un profondo deterioramento dei bilanci pubblici di tutta Europa.

Prendendo in considerazione l'Euroarea nel suo complesso, i dati di bilancio e deficit 

relativi   al   2009   sono   di   gran   lunga   i   peggiori   dall'introduzione   dell'euro,   ma 

comprendono al loro interno situazioni estremamente diverse fra loro. Si passa infatti da 

situazioni   certamente  gravi  ma  buone   se   comparate   alla  media   dell'euroarea,   come 

quella dell'Austria (PIL 2009 = ­3,5%; deficit 2009 = ­3,4%; debito 2007­2009 = +9%) 

a scenari catastrofici come quello della Grecia (PIL 2009 = ­2%; deficit 2009 = 13,7%; 

debito 2007­2009 = +19,6%).

Dal confronto tra questi due casi estremi emerge che in alcuni paesi il deterioramento 

dei conti pubblici ha ragione fondamentalmente legate al ciclo. Dal momento che la 

caduta del PIL è accompagnata da un deficit di bilancio di valore non molto dissimile, si 

può concludere che in questi casi a pesare sul bilancio statale siano stati soprattutto gli 

ammortizzatori automatici della politica fiscale.

In altri paesi invece (Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Olanda, Portogallo, Spagna), a 

una caduta del PIL inferiore alla media si accompagnano deficit di bilancio o aumenti 

del   debito   ben  più   elevati  della  media   o   comunque   sproporzionati   all'entità   di   tale 

caduta. In questi casi si può desumere che abbiano agito fattori non strettamente legati al 

ciclo,   che   hanno   richiesto   costosi   interventi   ad­hoc.   In   alcuni   casi   questo   è   stato 

conseguenza di interventi particolarmente estesi a supporto del settore bancario (Belgio, 

Francia, Olanda), in altri casi alla debolezza strutturale di un'economia troppo indebitata 

con   l'estero   (Grecia,  Portogallo,  Spagna  –   in  quest'ultimo  paese   conta  molto   anche 

l'inefficienza del mercato del lavoro) o molto legata all'economica degli USA (Irlanda).

Per il futuro, la debole ripresa prevista per il 2010 rischia di non avere alcun effetto sui 

bilanci   pubblici   nel   momento   in   cui   si   considera   la   tendenza   alla   crescita   della 

disoccupazione

L'emergere   della   crisi   greca   ha   ulteriormente   aumentato   la   preoccupazione   per   la 

sostenibilità dei conti pubblici europei, a causa dei potenzialmente devastanti  spillover 

fiscali proprio di un'unione monetaria esposti nel capitolo 2. La priorità assoluta per 

tutti i governi europei è dunque diventata quella di iniziare fin da subito un risanamento 

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Page 57: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

dei conti pubblici che possa rassicurare i mercati ed interrompere la volatilità che getta 

ulteriore incertezza sull'andamento della ripresa economica. 

La situazione di partenza di questo risanamento è quella descritta in questa tesina, e cioè 

un debito pubblico che nell'Euroarea è aumentato in media di 9 punti percentuali dal 

2007 al 2009 e che sembra destinato ad aumentare anche nel 2010, considerando che 

nemmeno   i  piani  di   risanamento  dei   conti  pubblici  più   severi  potranno   ignorare   la 

disoccupazione crescente e che la debole ripresa dovrà comunque essere sostenuta nella 

sua fase iniziale.

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Page 58: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Appendice A

IL RUOLO DEI MERCATI FINANZIARI

In  questa  appendice  analizzeremo come  i  mercati   finanziari  possono  influenzare  ed 

effettivamente   influenzano   le   scelte   di   politica   fiscale   dei   governi.   L'argomento   è 

ovviamente di estrema attualità alla luce degli sviluppi della crisi greca.

Nel   I   paragrafo   analizzeremo   il   concetto   di   “Disciplina   del   mercato”,   cioè   come   i 

mercati   finanziari   possono   essere   uno   strumento  –   imperfetto   ed   insufficiente   –   di 

disciplina fiscale nei confronti  del  governo.  Nel II  paragrafo  invece analizzeremo le 

particolari caratteristiche assunte i mercati obbligazionari quando operano in un'unione 

monetaria (paragrafo 2): questo aiuterà a comprendere la genesi della crisi del debito 

pubblico e i suoi sviluppi attuali.

1. LA “DISCIPLINA DEL MERCATO”55

Parte della letteratura economica sostiene che i mercati finanziari possano esercitare una 

“disciplina   del   mercato”   sui   governi.   Infatti   gli   operatori   finanziari   danno   una 

valutazione   del   grado   di   sostenibilità   del   debito   pubblico   mediante   due   indicatori 

principali:

− il  rendimento   (   yield   )    (cioè   il   tasso   d'interesse)   richiesto   sulle   obbligazioni 

sovrane (o “titoli di Stato” o government bonds), che ovviamente è tanto più alto 

quanto più  è precaria la situazione delle finanze pubbliche; tale operazione si 

svolge nei mercati obbligazionari, in cui vengono trattati anche i titoli di Stato (o 

“obbligazioni sovrane”).

− lo  spread    dei contratti “   Credit Default Swaps   ” (CDS)   , che dà una misura della 

percezione  del   rischio  di  default  sovrano  (cioè  di  consolidamento  del  debito 

pubblico); tale operazione si svolge nel marcato dei derivati finanziari. In pratica 

i contratti CDS sono uno strumento di assicurazione dal rischio di default: 

1)  Il  compratore di  un obbligazione,  ad es.  un'obbligazione sovrana,  sottoscrive con 

55 L'analisi della “Disciplina del mercato” è per la maggior parte tratta dall'articolo “Fiscal Policies and  Financial Markets” contenuto in ECB, 2006a, pp. 71­84

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Page 59: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

l'assicuratore un contratto CDS riferito a tale obbligazione;

2) Il contratto CDS impegna l'assicuratore a corrispondere una certa somma nel caso di 

un evento relativo al credito cui il contratto è riferito (non necessariamente un evento 

grave come il  default,  nel caso di obbligazioni emesse da privati,  ma nel caso delle 

obbligazioni sovrane si intende il rischio di default);

3) Il compratore dovrà in cambio versare periodicamente fino alla scadenza del contratto 

una  somma pari  a  una  determinata  percentuale  del  valore assicurato:   tale   somma è 

appunto detta “spread” dei CDS e dovrebbe in teoria – cioè in assenza di distorsioni e 

comportamenti irrazionali – essere pari alla differenza di rendimento tra il    titolo di Stato    

in questione e un    titolo di Stato    considerato a rischio zero   . Viene espresso in punti base 

e in termini annualizzati.

N.B. La rilevanza di spread dei CDS e rendimento associati ai titoli di Stato è che essi 

forniscono il valore base (a rischio zero) su cui determinare poi anche rendimento e 

spread  associati ad altri  tipi di obbligazioni (ad es. quelle aziendali),  aggiungendo il 

“premio per il rischio”. Dunque un aumento di rendimento e spread associati ai titoli di 

Stato provoca un innalzamento generale del costo del finanziamento56.

Ci sono delle condizioni, previste dal Trattato di Maastricht, per fare sì che la disciplina 

del mercato funzioni al massimo delle sue possibilità:

• I governi non devono avere un accesso preferenziale alle fonti di finanziamento 

rispetto agli altri emettitori di obbligazioni (quindi non ci devono essere misure volte 

a favorire l'acquisto di titoli di Stato rispetto a titoli obbligazionari emessi da altre 

56 Possiamo individuare altre 4 possibili conseguenze negative di natura finanziaria di un elevato grado di deterioramento dei conti pubblici:– La maggiore necessità di finanziamento da parte dei governi aumenta il rischio di uno spiazzamento del finanziamento per le imprese;– Un aumento del  rischio di  inflazione e soprattutto delle aspettative sull'inflazione, che potrebbe portare a un aumento dei premi per il rischio (che comprendono appunto anche il rischio d'inflazione) e dei tassi d'interesse a lungo termine, aumentando così a sua volta il costo del finanziamento;– Generalmente nei Paesi ad alto deficit/debito, gran parte delle obbligazioni governative (il 50% circa nell'euroarea)  sono detenuti  dalle  banche dei  Paesi  stessi:  dunque una caduta del  valore di  queste obbligazioni avrebbe un fortissimo impatto negativo sulle banche, anche in questo caso rendendo più difficile l'accesso al credito;–   Il   peggioramento  del  rating  delle  obbligazioni  governative  di   un  Paese   rende  più   probabile   il peggioramento del rating dei titoli emessi dalle aziende che hanno grossi investimenti in quel Paese. (Fonte: ECB, 2010a, p. 76­77)

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Page 60: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

entità)   il Trattato di Maastricht impedisce alle banche centrali del SEBC (Sistema→  

Europeo delle  Banche  Centrali)  di   finanziare   soggetti  pubblici   (art.  101 Trattato 

CEE)     ed   esclude   che   questi   stessi   soggetti   abbiano   accesso   privilegiato   alle 

istituzioni   finanziarie   (art.   102   Trattato   CEE):   chiara   separazione   tra   politiche 

monetarie e finanziarie, atta anche a rendere meno legato allo stato delle finanze 

pubbliche il raggiungimento dell'obiettivo della stabilità dei prezzi57;

• Ogni Paese deve essere pienamente responsabile del rischio di default e dunque 

pagare   un   tasso   d'interesse   sulle   sue   obbligazioni   proporzionato   a   tale   rischio. 

Affinché   il   tasso d'interesse rifletta pienamente il  rischio di  default,  è  necessario 

escludere la possibilità di un bail­out delle finanze pubbliche del Paese da parte di 

un istituzione esterna (es. la BCE) o di una garanzia del debito da parte degli altri 

Paesi partecipanti all'unione monetaria   il Trattato di Maastricht e poi quello di→  

Lisbona prevedono entrambi la “no bail­out clause” (resta comunque possibile una 

“pressione informale” sulla BCE per facilitare il credito a un costo più basso58);

• La diffusione di statistiche accurate e veritiere, che contengano anche previsioni 

di   medio­lungo   periodo,   è   fondamentale   per   garantire   una   corretta   stima   della 

sostenibilità del debito pubblico   l'armonizzazione dei dati statistici richiesta dalla→  

BCE nei rapporti periodici inviatigli dagli Stati membri ha migliorato la situazione 

sotto   questo  punto  di   vista  ma  permangono   e   sono  diffuse   situazioni   di   scarsa 

trasparenza   e   precisione   se   non   addirittura   di   falsificazione   dei   dati,   come 

magistralmente dimostrato dal caso della Grecia59.

In   ogni   caso,   anche   rispettando   queste   condizioni,   la  disciplina   di   mercato   è   uno 

strumento   non   sufficiente   a   garantire   la   buona   condotta   fiscale   dei   governi, 

essenzialmente perché continuano a prevalere meccanismi inerziali e non puntuali sia 

nei mercati finanziari che nelle decisioni dei governi:

• Dal punto di vista dei mercati finanziari, la loro reazione non è lineare/razionale 

e può restare sproporzionatamente bassa fino ad un certo livello di debito e deficit, 

57 Morris R., Ongena H., Schuknecht L., 200658 Baldwin R., Wyplosz C., 200559 Strupczewski J., 2010

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Page 61: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

per   poi   esplodere   improvvisamente   in   seguito   a   un   evento   scatenante   (trigger  

events), come ad es. l'abbassamento del rating sui titoli di Stato di un certo Paese da 

parte delle agenzie di  rating. Benché dopo eventi simili l'inevitabile innalzamento 

dei   tassi   di   interesse   eserciti   un'effettiva   azione   di   contenimento   sulla   spesa 

pubblica,   le   conseguenze  macroeconomiche  potrebbero   essere   tanto  gravi   per   il 

Paese da costringerlo ad ignorare questi segnali. L'unica maniera dunque di rendere 

più   efficace   la  disciplina  di  mercato   sarebbe   far   sì   che  gli   indicatori   finanziari 

riflettano in maniera più puntuale e graduale i cambiamenti del rischio associato alle 

obbligazioni governative;

• Dal punto di vista della reazione dei governi ai segnali che arrivano dal mercato, 

essa è   troppo  spesso  inquinata  dal  “ciclo elettorale” e  da  altre  considerazioni  di 

natura   strettamente   politica.   Studi   econometrici   dimostrano   che   i   governi   si 

impegnano a migliorare i conti pubblici solo quando coesistono alti livelli di debito 

e   di   deficit   ma   tendono   ad   ignorare   la   situazione   “in   good   times”.   Un   fattore 

importante  è   la  composizione  del  debito,   in  particolare quanto è  debito  a  breve 

termine e quanto a lungo termine, perché questo determina in parte le reazioni del 

governo.

2.LE PECULIARITÀ DEL MERCATO OBBLIGAZIONARIO IN UN'UNIONE MONETARIA

Fin dal  “Rapporto Delors”  del  1989,  che  definì   le   linee guida  della  creazione  della 

moneta unica60, ci si rese conto che in un'unione monetaria l'efficacia della disciplina di 

mercato era destinata ancora a calare perché “l'accesso a un grande mercato di capitali 

può, per qualche tempo, facilitare il finanziamento di squilibri finanziari”.61  Questo è 

proprio ciò che è successo nei primi anni dell'unione monetaria, fino al 2004, per poi 

cambiare   solo   lievemente   negli   anni   successivi.   Vediamo   in   che   misura   dunque   il 

mercato dei titoli di Stato dell'euroarea si è integrato in seguito all'avvento della moneta 

unica.

60 Scheller H. K., 200661 Detken C., Gaspar V., Winkler B., 2004, p.12 nota 5

61

Page 62: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

L'evidenza  empirica  più   importante  nei  primi  5  anni  dell'unione  monetaria  è  quella 

relativa   all'appiattimento   del   rendimento   dei   titoli   di   Stato   decennale   dei   Paesi 

dell'euroarea intorno al rendimento dei titoli di Stato decennali tedeschi, “il riferimento 

per   l'area euro”62.  Come mostra  la  figura 2,  per  i  Paesi che hanno adottato  l'euro  il 

rendimento dei rispettivi titoli di Stato si è velocemente allineato a quello dei  bonds 

tedeschi   a   partire   dal   Maggio   '98   (data   importante   perché   il   I   Maggio   vennero 

annunciati  gli  11 Paesi  pronti  ad adottare  l'euro,  poi  si  stabilirono i   tassi  di  cambio 

irrevocabili tra le varie valute nazionali e l'euro ed infine il 25 Maggio vennero nominati 

Presidente, Vice­Presidente e altri 4 membri del direttivo – board – della Banca centrale 

europea63),   quindi   ancora   prima   dell'effettiva   entrata   in   circolazione   dell'euro,   il   I 

Gennaio 1999.

Figura 2: Differenza dei rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi dell'euroarea prima e  dopo l'adozione dell'euro

Fonte: Baele L., Ferrando A., Hördahl P., Krylova E., Monnet C., 2004

N.B. L'adeguamento tardivo della Grecia rispetto agli altri Paesi è dovuto al fatto che ha 

adottato l'€ due anni più tardi, nel Gennaio 200164.

62 Redaelli M., 201063 Scheller H. K., 200664 Scheller H. K., 2006

62

Page 63: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Dall'osservazione  di   questi  dati   si   desume  che  per  gli   investitori   la   componente   di 

rischio più rilevante dei titoli di Stato era quella del rischio del tasso di cambio (e delle 

speculazioni connesse al rapporto tasso d'interesse–tasso di cambio), che ovviamente 

scompare in un unione monetaria65. Il dato più importante però è che il rischio del tasso 

di  cambio proprio di ogni  Paese non si  è   trasformato  in   rischio  idiosincratico (cioè 

specifico per ogni Paese): questo indica da una parte che la “disciplina di mercato” si 

affievolisce  notevolmente   in   un  unione  monetaria  e   dall'altra   che   la   scomparsa  del 

rischio di cambio ha reso i titoli di Stato dei Paesi dell'euroarea perfetti sostituti per 

investitori   come   i   fondi   pensione66.   Soprattutto,   mette   in   evidenza   il   livello   di 

integrazione raggiunto dai mercati del debito sovrano nell'euroarea67.

Il livello di integrazione dei mercati del debito sovrano nell'euroarea è il più elevato a 

livello mondiale. Infatti come dimostrato dalla figura 3, il livello di correlazione tra il 

rendimento dei bonds sovrani dei Paesi dell'euroarea è nettamente maggiore nemmeno 

rispetto quello fra i titoli di Stato dei Paesi europei che non adottano l'€ e a quello dei 

titoli di Stato del Nord America (USA e Canada).

L'insegnamento più importante di queste osservazioni è che in un'unione monetaria la 

necessità di regole fiscali sovranazionali è fortissima, molto più che a livello globale, a 

causa della maggiore integrazione dei mercati obbligazionari al suo interno. Le regole 

sono   necessarie   ad   evitare   le   esternalità   negative   (negative   spillovers)   tra   i   Paesi 

dell'unione  monetaria,   esternalità   che   sono  ben  più   rilevanti  nel   caso  di   un  unione 

monetaria (cfr. capitolo 2 paragrafo 1).

65 Detken C., Gaspar V., Winkler B., 200466 Ibidem67 Ibidem

63

Page 64: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Figura 3: Correlazione tra i rendimenti dei titoli sovrani nell'euroarea, in Europa e in  Nord America

Fonte: Cappiello L., Sheppard K., Engle R. F., 2003

64

Page 65: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

TABELLE

Tabella  20: Andamento del debito pubblico (in % PIL) nei paesi dell'euroarea (1998­2006)

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Austria 64,8 67,2 66,5 67,1 66,5 65,5 64,8 63,9 62,2

Belgio 117,4 113,7 107,9 106,6 103,5 98,5 94,2 92,1 88,1

Cipro 51,2 51,8 48,7 52,1 64,6 68,9 70,2 69,1 64,6

Finlandia 48,4 45,7 43,8 42,5 41,5 44,5 44,4 41,7 39,7

Francia 59,4 58,9 57,3 56,9 58,8 62,9 64,9 66,4 63,7

Germania 60,3 60,9 59,7 58,8 60,4 63,9 55,8 68,0 67,6

Grecia 94,5 94,0 103,4 103,7 101,7 97,4 98,6 100,0 97,8

Irlanda 53,6 48,5 37,8 35,6 32,2 31,0 29,7 27,4 24,9

Italia 114,9 113,7 109,2 108,8 105,7 104,4 103,8 105,8 106,5

Lussemburgo 7,1 6,4 6,2 6,3 6,3 6,1 6,3 6,1 6,5

Malta 53,4 57,1 55,9 62,1 60,1 69,3 72,3 70,1 63,7

Olanda 65,7 61,1 53,8 50,7 50,5 52,0 52,4 51,8 47,4

Portogallo 52,1 51,4 50,5 52,9 55,6 56,9 58,3 63,6 64,7

Slovacchia 34,5 47,9 50,3 48,9 43,4 42,4 41,5 34,2 30,5

Slovenia n.d. n.d. n.d. 26,8 28,0 27,5 27,2 27,0 26,7

Spagna 64,1 62,3 59,3 55,5 52,5 48,7 46,2 43,0 39,6Fonte: European Commission

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Page 66: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Tabella  21:   Andamento   del   saldo   di   bilancio   pubblico   (in   %   PIL)   nei   paesi  dell'euroarea (1998­2006)

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Austria ­2,4 ­2,3 ­1,7 0,0 ­0,7 ­1,4 ­4,4 ­1,7 ­1,5

Belgio ­0,9 ­0,6 0,0 0,4 ­0,1 ­0,1 ­0,3 ­2,7 0,3

Cipro ­4,1 ­4,3 ­2,3 ­2,2 ­4,4 ­6,5 ­4,1 ­2,4 ­1,2

Finlandia 1,5 1,6 6,8 5,0 4,0 2,4 2,3 2,7 4,0

Francia ­2,6 ­1,8 ­1,5 ­1,5 ­3,1 ­4,1 ­3,6 ­2,9 ­2,3

Germania ­2,2 ­1,5 1,3 ­2,8 ­3,7 ­4,0 ­3,8 ­3,3 ­1,6

Grecia n.d. n.d. ­3,7 ­4,5 ­4,8 ­5,6 ­7,5 ­5,2 ­3,6

Irlanda 2,4 2,7 4,8 0,9 ­0,3 0,4 1,4 1,6 3,0

Italia ­2,8 ­1,7 ­0,8 ­3,1 ­2,9 ­3,5 ­3,5 ­4,3 ­3,3

Lussemburgo 3,4 3,4 6,0 6,1 2,1 0,5 ­1,1 0,0 1,4

Malta ­9,9 ­7,7 ­6,2 ­6,4 ­6,6 ­9,8 ­4,7 ­2,9 ­2,6

Olanda ­0,9 0,4 2,0 ­0,2 ­2,1 ­3,1 ­1,7 ­0,3 0,5

Portogallo ­3,4 ­2,8 ­2,9 ­4,3 ­2,8 ­2,9 ­3,4 ­6,2 ­3,9

Slovacchia ­5,3 ­7,4 ­12,3 ­6,5 ­8,2 ­2,8 ­2,4 ­2,8 ­3,5

Slovenia ­2,4 ­3 ­3,7 ­4,0 ­2,5 ­2,7 ­2,2 ­1,4 ­1,3

Spagna ­3,2 ­1,4 ­1,0 ­0,6 ­0,5 ­0,2 ­0,3 1,0 2,0

Fonte: European Commission

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Page 67: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Tabella 22: Rispetto del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita (1998­2007)

Fonte: ECB, 2008

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Tabella 23: Rispetto del braccio correttivo del Patto di stabilità e crescita (1998­2007)

Fonte: ECB, 2008

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Page 69: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

Tabella  24:   Impatto   sul   debito   pubblico   degli   interventi   a   sostegno   delle   banche (Maggio 2009)

Fonte: ECB, 2009

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Page 70: L'impatto della crisi finanziaria sui conti pubblici europei (tesi triennale)

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