L’IMMAGINE DI PUCCINI PRESSO LO SCHÖNBERGKREIS · Dukas e forse anche Puccini», I d., Trattato...

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— 143 — Anna Maria Morazzoni L’IMMAGINE DI PUCCINI PRESSO LO SCHÖNBERGKREIS Nella storia della ricezione novecentesca si è affermata l’idea di una netta distanza tra Giacomo Puccini e gli esponenti della ‘musica nuova’ – secon- do la definizione che Arnold Schönberg coniò per le proprie composizioni e quelle dei musicisti a lui prossimi. Da un lato si è ripresa acriticamente una posizione diffusa nei primi decenni del secolo che vedeva e difendeva in Puccini la grande tradizione melodrammatica italiana, senza riconoscer- gli alcuna attenzione o qualche debito verso le innovazioni internazionali. Dall’altro lato si è attribuito a Schönberg e al suo entourage un disinteresse di principio verso Puccini e in generale verso le opere italiane, come se si trattasse di un ambiente autoreferenziale o attento esclusivamente alla musica tedesca. La seguente rassegna di fonti e documenti relativi ai prin- cipali esponenti dello Schönbergkreis mette in discussione tali posizioni da entrambe le parti e intende dimostrare quanto l’estraneità reciproca fosse un luogo comune non sostenuto dalla realtà dei fatti. La fonte documentaria da prendere in considerazione per prima riguar- da la presenza di edizioni pucciniane nelle biblioteche private. In quelle di Anton Webern e di Alban Berg mancano partiture di Puccini, dunque non disponiamo di loro eventuali annotazioni sulla musica, ma questo dato di fatto non può essere inteso come mancanza di conoscenza o di interesse, in quanto nell’ambiente musicale viennese era consuetudine prendere in prestito le partiture dagli amici, dalle biblioteche pubbliche e dagli editori e, soprattutto, le condizioni attuali delle biblioteche private rispecchiano anche l’intervento di consorti e familiari, raramente attenti a preservarne l’integrità. Quella più attendibile per lo stato di conservazione è la biblio- teca privata di Schönberg, dove sono presenti quattro partiture di opere pucciniane nelle rispettive prime versioni: La bohème nella trascrizione per pianoforte solo (Milano, Ricordi 1898), Madama Butterfly in una selezio- ne di quattro arie per soprano e pianoforte (Milano, Ricordi 1904), Tosca nella trascrizione per pianoforte solo (Milano, Ricordi 1899) e Turandot nella riduzione per canto e pianoforte con testo in tedesco (Milano-New

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Anna Maria Morazzoni

L’IMMAGINE DI PUCCINI PRESSO LO SCHÖNBERGKREIS

Nella storia della ricezione novecentesca si è affermata l’idea di una netta distanza tra Giacomo Puccini e gli esponenti della ‘musica nuova’ – secon-do la definizione che Arnold Schönberg coniò per le proprie composizioni e quelle dei musicisti a lui prossimi. Da un lato si è ripresa acriticamente una posizione diffusa nei primi decenni del secolo che vedeva e difendeva in Puccini la grande tradizione melodrammatica italiana, senza riconoscer-gli alcuna attenzione o qualche debito verso le innovazioni internazionali. Dall’altro lato si è attribuito a Schönberg e al suo entourage un disinteresse di principio verso Puccini e in generale verso le opere italiane, come se si trattasse di un ambiente autoreferenziale o attento esclusivamente alla musica tedesca. La seguente rassegna di fonti e documenti relativi ai prin-cipali esponenti dello Schönbergkreis mette in discussione tali posizioni da entrambe le parti e intende dimostrare quanto l’estraneità reciproca fosse un luogo comune non sostenuto dalla realtà dei fatti.

La fonte documentaria da prendere in considerazione per prima riguar-da la presenza di edizioni pucciniane nelle biblioteche private. In quelle di Anton Webern e di Alban Berg mancano partiture di Puccini, dunque non disponiamo di loro eventuali annotazioni sulla musica, ma questo dato di fatto non può essere inteso come mancanza di conoscenza o di interesse, in quanto nell’ambiente musicale viennese era consuetudine prendere in prestito le partiture dagli amici, dalle biblioteche pubbliche e dagli editori e, soprattutto, le condizioni attuali delle biblioteche private rispecchiano anche l’intervento di consorti e familiari, raramente attenti a preservarne l’integrità. Quella più attendibile per lo stato di conservazione è la biblio-teca privata di Schönberg, dove sono presenti quattro partiture di opere pucciniane nelle rispettive prime versioni: La bohème nella trascrizione per pianoforte solo (Milano, Ricordi 1898), Madama Butterfly in una selezio-ne di quattro arie per soprano e pianoforte (Milano, Ricordi 1904), Tosca nella trascrizione per pianoforte solo (Milano, Ricordi 1899) e Turandot nella riduzione per canto e pianoforte con testo in tedesco (Milano-New

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York, Ricordi 1926) e il relativo libretto nella traduzione tedesca di Alfred Brüggemann.1

I

L’attenzione e la stima di Schönberg per la musica di Puccini è docu-mentabile sin dal primo decennio del Novecento e rimase tale per tutta la sua vita. Probabilmente in gioventù Schönberg ebbe occasione di ascoltare le opere di Puccini rappresentate alla Hofoper di Vienna: la prima viennese della Bohème avvenne nel 1897, quelle di Tosca e di Madama Butterfly nel 1907, dunque negli anni in cui Schönberg si trovava a Vienna. Altre oppor-tunità di ascolto possono avergli offerto i soggiorni a Berlino tra il dicem-bre 1901 e l’autunno 1903, quando si guadagnava da vivere strumentando operette, e dal settembre 1911 all’ottobre 1915 (nel 1913 fu rappresentata La fanciulla del West). Conosceva Tosca, poiché nel 1912, nella Conferenza su Gustav Mahler, ne citò la scena della tortura dal secondo atto, con un accento critico: «Daß realistische, drastische Vorgänge – wie beispielsweise die Folterszene aus Tosca – die unfehlbar wirken, solche Mittel sind, die ein Künstler nicht verwenden soll, weil sie zu billig, weil sie jedem zugänglich sind».2

La stesura della Conferenza su Gustav Mahler avvenne nei mesi imme-diatamente successivi alla pubblicazione della Harmonielehre e questa fon-damentale opera teorica attesta che nel primo decennio del secolo scorso Schönberg disponeva già di una conoscenza analitica della musica di Puc-cini sufficiente a fargli indicare il nome del compositore italiano tra quei musicisti ‘avanzati’ che utilizzavano accordi per quarte. La menzione di Puccini in tal senso compare sia nella prima edizione della Harmonielehre,

1 La biblioteca privata di Schönberg documenta lo studio attento del teatro di Wagner e di Richard Strauss, dei quali sono presenti numerose partiture.

2 Arnold Schönberg, Vortrag über Gustav Mahler, in «Stile herrschen, Gedanken siegen». Ausgewählte Schriften, a cura di Anna Maria Morazzoni, Mainz, Schott, 2007, p.  74 (d’ora in poi AS). «Esistono processi realistici e drastici di sicura efficacia – come per esempio la scena della tortura nella Tosca – mezzi a cui un artista non dovrebbe far ricorso perché sono troppo grossolani, accessibili a tutti», Id., Conferenza su Gustav Mahler, in Stile e pensiero. Scritti su musica e società, a cura di Anna Maria Morazzoni, Milano, il Saggiatore, 2008, p. 51, d’ora in poi SP. La conferenza fu letta per la prima volta a Praga il 25 marzo 1912 e nello stesso anno anche a Berlino e a Vienna. Su questo testo Schönberg ritornò a più riprese e lo rivide ulteriormente nel 1948, prima di inviarlo a Dika Newlin per la traduzione in inglese che fu pubblicata nella raccolta di saggi Style and Idea (New York, The Philosophical Library, 1950). Nel passo citato Schönberg pare condividere le note perplessità di Gustav Mahler su quest’opera di Puccini, espresse nel 1903 in una lettera alla moglie (cfr. Alma Mahler, Gustav Mahler. Ricordi e lettere, Milano, il Saggiatore, 1960, nuova ed. emendata, ivi, 2010, p. 228, trad. it di Gustav Mahler, Erin-nerungen und Briefe, Amsterdam, Allert de Lange, 1940).

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dunque nel 1911 (p. 454) sia nell’edizione del 1922, ampiamente riveduta in generale e in queste pagine in particolare. Nel capitolo intitolato Accordi per quarte Schönberg scrive:

Der quartenweise Auf bau der Akkorde kann zu einem Akkord führen, der sämtliche zwölf Töne der chromatischen Skala enthält, und damit immerhin eine Möglichkeit der systematischen Betrachtung jener harmonischen Phänomene erzielen, die in Werken von einigen von uns schon vorkommen: sieben-, acht-, neun-, zehn-, elf-, zwölfstimmige Akkorde. Außer mir haben meine Schüler Dr. Anton von Webern und Alban Berg solche Klänge geschrieben. Aber auch der Un-gar Béla Bartók oder der Wiener Franz Schreker, die beide mehr einen ähnlichen Weg gehen wie Debussy, Dukas und vielleicht auch Puccini, sind wohl nicht weit davon entfernt.3

La Harmonielehre è la maggiore opera teorica di Schönberg. Numerose sono quelle progettate (per esempio un trattato sul contrappunto proposto a Emil Hertzka, proprietario e fondatore della Universal Edition, nel luglio 1911), alcune sono giunte a un buon livello di elaborazione ma sono rima-ste incompiute, e tra queste in particolare il trattato sul ‘pensiero musicale’ dei primi anni trenta (Der musikalische Gedanke und die Logik, Technik und Kunst seiner Darstellung), che presenta un esempio musicale tratto ancora da Tosca, le bb. 15-29 dell’aria dell’atto terzo «E lucevan le stelle».4

Altre opere teoriche poterono essere pubblicate postume e un passo da una di queste dimostra che la considerazione di Schönberg per la conce-zione armonica di Puccini non cambiò nel tempo. Si tratta della citazione di un passo da Turandot in Fundamentals of Musical Composition, uno dei volumi derivati dai corsi tenuti all’Università di Los Angeles, nel capitolo intitolato Melodia e tema (dalla parte I: Formazione dei temi):

Successioni melodiche indubbiamente influenzate dalla musica etnica dell’o-riente, come quelle di Musorgskij, influenzarono a loro volta la scrittura melodica

3 Arnold Schönberg, Harmonielehre, Wien, Universal Edition, 1922, pp. 485-486. «La co-struzione degli accordi per quarte può condurre a un accordo che contiene tutte le dodici note della scala cromatica e fornire così la possibilità di riflettere sistematicamente su quei fenomeni armonici che compaiono già nelle opere di alcuni di noi: gli accordi di sette, otto, nove, dieci, undici e dodici note. Oltre a me, hanno scritto simili complessi sonori i miei allievi dottor An-ton von Webern e Alban Berg. Ma non ne sono molto lontani anche l’ungherese Béla Bartók o il viennese Franz Schreker, che percorrono entrambi una strada più simile a quella di Debussy, Dukas e forse anche Puccini», Id., Trattato di armonia, a cura di Anna Maria Morazzoni, Milano, il Saggiatore, 2014, p. 505.

4 Id., The Musical Idea and the Logic, Technique and Art of Its Presentation, a cura di Patri-cia Carpenter e Severine Neff, New York, Columbia University Press, 1995, p. 193; l’edizione italiana a cura di Francesco Finocchiaro (Il pensiero musicale, Roma, Astrolabio, 2011, p. 139) segue una diversa ricostruzione dell’originale, rimasto provvisorio e pieno di rimandi incrociati ancora da rielaborare e definire.

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occidentale. L’esempio di Puccini è pure folcloristico (pseudo cinese). Puccini fu sempre avanzato in campo armonico, ma l’estrema modernità di questo passag-gio è eccezionale.5

L’esempio musicale (il n. 88 a p. 111 dell’edizione italiana) è tratto dalle bb. 8-18 dell’atto secondo dell’opera, esattamente sulle parole di Ping: «Poi-ché il funesto gong | desta la reggia e desta la città, | siam pronti ad ogni evento, | se lo straniero vince». Una sottolineatura di Schönberg nell’edi-zione delle arie di Madama Butterfly conservata nella sua biblioteca privata (cfr. fig. 1) dimostra inoltre che egli ricorse a Puccini anche insegnando ne-gli Stati Uniti, in questo caso specifico in relazione alla costruzione di frasi di 9 battute. Sul piano del pensiero compositivo è stata segnalata un’affinità tra Manon Lescaut e un passo di Von Heute auf Morgen, la prima opera tea-trale interamente dodecafonica, nel trattamento di una variante della frase secondaria iniziale.6

Altri casi in cui Schönberg cita Puccini nei propri scritti attraversano tutta la sua vita. Nel 1925, nel saggio Gesinnung oder Erkenntnis? (Opinione o cognizione?), scritto per il volume celebrativo dei venticinque anni della Universal Edition, lo stesso testo che Schönberg presentò il 15 dicembre 1927 nella sua unica conferenza alla Sorbona, troviamo ancora il nome di Puccini tra quelli di compositori determinanti per l’evoluzione del pensiero armonico:

Abgesehen von denen, die auch heute noch mit ein paar tonalen Dreiklängen das Auslangen finden (was als eine Angelegenheit des Privatlebens immerhin eine gewisse Berechtigung hat), haben die meisten lebenden Komponisten aus dem Wirken der Werke Wagners, Strauss’, Mahlers, Regers, Debussys, Puccinis etc. in harmonischer Hinsicht gewisse Konsequenzen gezogen, als deren Ergebnis die Emanzipation der Dissonanz zu erkennen ist.7

Nel 1931, in una conferenza sulle proprie Variazioni per orchestra op. 31, letta alla radio di Francoforte il 22 marzo, Schönberg non mancò di citare Puccini, questa volta in relazione alla costruzione delle melodie, con un

5 Fu pubblicato postumo a cura di Gerald Strang e Leonard Stein (London, Faber & Fa-ber 1967); trad. it. di Giacomo Manzoni con il titolo Elementi di composizione musicale, Milano, Suvini Zerboni, 1969, p. 102.

6 Cfr. Arnold Schönberg, Sämtliche Werke, Abt. III, Reihe A, Bd. 7, Mainz-Wien, Schott-Universal Edition, 1970, p. viii.

7 AS, p. 128. «Prescindendo da coloro che ancora oggi se la cavano con qualche triade tonale (cosa che ha comunque una certa giustificazione se considerata come una faccenda privata), dall’opera di Wagner, Strauss, Mahler, Reger, Debussy, Puccini ecc. la maggior parte dei compositori viventi ha tratto determinate conseguenze da un punto di vista armonico, il cui risultato va indicato nell’emancipazione della dissonanza», SP, p. 111.

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Fig. 1. Le pp. 4-5 tratte dall’edizione di alcune arie di Madama Butterfly presente nella bi-blioteca privata di Schönberg con indicazioni funzionali all’insegnamento. Il passo si rife-risce alla scena seconda nell’atto primo dell’opera (continua).

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Fig. 1. (conclusione).

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esempio musicale tratto da Madama Butterfly, non meglio identificabile poi-ché non fu messo per iscritto.

Neue Musik ist niemals von allem Anfang an schön. Sie wissen, daß nicht nur Mozart, Beethoven und Wagner mit ihren Werken anfangs auf Widerstand stießen, sondern daß auch Verdis Rigoletto, Puccinis Butterfly und sogar Rossinis Barbier von Sevilla ausgepfiffen wurden, und daß Carmen durchgefallen ist. Das liegt nur daran: gefallen kann nur, was man sich merkt, und das ist ja bei der neu-en Musik sehr schwierig.8

Altrettanto significativa è la presenza di un riferimento a Puccini nella pri-ma conferenza sulla dodecafonia, letta in inglese a Princeton il 6 marzo 1934, ripresentata abbreviata a Chicago il 2 maggio 1946 e accolta in versio-ne riveduta nel volume Style and Idea.

Closer acquaintance with the more remote consonances – the dissonances, that is – gradually eliminated the difficulty of comprehension and finally admitted not only the emancipation of dominant and other seventh chords, diminished sevenths and augmented triads, but also the emancipation of Wagner’s, Strauss’s, Moussorg-sky’s, Debussy’s, Mahler’s, Puccini’s, and Reger’s more remote dissonances.9

Puccini è ricordato da Schönberg anche in altri testi – per esempio, nella conferenza radiofonica Success and Value del 4 Settembre 1935 10 e nell’arti-colo Art and the Moving Pictures scritto nel 1940 per un periodico della Cali-fornia 11 – ma tra le tante citazioni possibili mette conto segnalare il passo singolare in cui Schönberg menziona Puccini in una testimonianza dedica-ta all’amico George Gershwin dopo la sua morte: «I do not speak here as a musical theorist, nor am I a critic, hence I am not forced to say whether history will consider Gershwin a kind of Johann Strauss or Debussy, Of-fenbach or Brahms, Lehár or Puccini».12

8 AS, p. 417. «La nuova musica non è mai bella sin dall’inizio. Voi sapete che non soltanto Mozart, Beethoven e Wagner all’inizio incontrarono resistenza con le loro composizioni, ma che furono fischiati anche il Rigoletto di Verdi, la Butterfly di Puccini e persino il Barbiere di Sivi-glia di Rossini, e che Carmen fu un fiasco. Dipende dal fatto che può piacere soltanto ciò che si imprime nella mente, il che è molto difficile nella musica nuova», SP, p. 463.

9 AS, p. 163. «Una maggiore familiarità con le consonanze più remote – cioè le dissonan-ze – eliminò gradualmente le difficoltà di comprensione e alla fine rese possibile non soltanto l’emancipazione dell’accordo di settima di dominante e degli altri accordi di settima, delle setti-me diminuite e delle triadi aumentate, ma anche l’emancipazione delle dissonanze più remote di Wagner, Strauss, Musorgskij, Debussy, Mahler, Puccini e Reger», SP, p. 176.

10 AS, pp. 443-445: 444; SP, pp. 495-98: 497.11 AS, pp. 198-201: 200; SP, pp. 168-172: 171.12 AS, p. 531. «Non sto parlando in qualità di teorico della musica e non sono un critico,

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Infine, una citazione da un frammento inedito, classificato dal compo-sitore nella categoria ‘Dichtung’ (n. 6), dunque uno scritto poetico e fanta-sioso ideato in relazione al successo dell’opera Palestrina di Hans Pfitzner e ai duri giudizi contro la musica nuova da lui espressi. Sul piano della confu-tazione teorica alle affermazioni di Pfitzner reagì Berg nel 1920 sulle pagi-ne di «Musikblätter des Anbruch», l’autorevole periodico che la Universal Edition pubblicò dal 1919 al 1937 e che rappresentava in qualche modo l’organo ufficiale della nuova musica.13 Schönberg, invece, concepì una pa-rodia, rimasta incompiuta, destinata a una serata ‘leggera’ del suo Verein für musikalische Privataufführungen, intitolata Pfitzner. 3 Akte der Revanche von Palestrina (Pfítzner. 3 atti della vendetta di Palestrina). All’inizio dell’atto primo il protagonista (Der Komponist) si chiede a quale autore ispirare la propria scrittura e propende per Puccini:

Schreib ich wagnerisch; ist’s zu alt.Schreib ich Verdisch; nicht national.Mascagni und Leoncavallo ziehen auch nicht mehr,Puccini allerdings war nicht ohne...14

Da questa rassegna, nell’insieme, emerge non solo che Puccini era ben presente a Schönberg, ma pure che nel riferirsi all’opera italiana, il suo pen-siero andava sistematicamente al suo contemporaneo.

II

Tutti gli allievi di Schönberg ebbero contatti professionali con i teatri e l’unica eccezione fu Berg che non diresse mai, ma scrisse due capolavori del teatro musicale novecentesco. Sul piano compositivo Webern si tenne lontano dal teatro, dopo avere manifestato un interesse giovanile con due progetti operistici presto abbandonati, entrambi su testo di Maurice Ma-

quindi non mi sento obbligato a dire se la storia considererà Gershwin alla stregua di Johann Strauss o Debussy, Offenbach o Brahms, Lehár o Puccini», SP, pp. 603-604: 604. L’intervento di Schönberg fu pubblicato in George Gershwin, a cura di Merle Armitage, London-New York-Toronto, Longmans, Green & Co., 1938, pp. 97-98.

13 Alban Berg, Die musikalische Impotenz der «Neuen Ästhetik» Hans Pfitzners, «Musikblätter des Anbruch», II/11-12, 1920, pp.  399-408; L’impotenza musicale della ‘Nuova estetica’ di Hans Pfitzner, in Suite lirica. Tutti gli scritti, a cura di Anna Maria Morazzoni, Milano, il Saggiatore, 1995, pp. 271-286.

14 Arnold Schönberg Center, Wien, T 06.09. «Se scrivo alla Wagner, è troppo antiquato. | Se scrivo alla Verdi, non è nazionale. | Anche Mascagni e Leoncavallo non tirano più, | invece Puccini non sarebbe male...» (questa e le successive trad. it., quando non diversamente speci-ficato, sono mie).

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eterlinck. Aveva ascoltato La bohème nel 1897 a Vienna insieme con Egon Wellesz, e ne aveva apprezzato l’orchestrazione.15 Dopo avere assistito a una replica di Madama Butterfly nell’allestimento della prima rappresenta-zione viennese (avvenuta il 31 ottobre 1907 con la direzione di Francesco Spetrino e le scene di Alfred Roller), il 5 gennaio 1908 Webern scrisse all’a-mico Heinrich Jalowetz, anch’egli allievo di Schönberg e impegnato nella carriera direttoriale, lodando la scenografia, esprimendo un giudizio critico sulla musica ma molto positivo sulla strumentazione, in particolare nei fia-ti, e rilevando qualche modernismo nell’armonia, fino a decidere di andare a riascoltare l’opera.

Gestern habe ich einen Parquetsitz in der Oper bekommen und da bin ich natürlich gegangen. Schau Dir jedenfalls auch diese „Butterfly“ an. Die Inszenie-rung ist unbeschreiblich – ich habe nie etwas Ähnliches gesehn – es ist nicht zu sagen, wie schön das ist, wirklich etwas ganz unerhörter; das mußt Du Dir an-schaun, aber vom Stehgeländer aus. Die Musik ist stellenweise kaum anzuhören und macht ganz und gar den Eindruck einer Operettenmusik; aber sehr schön ist die Instrumentation, oder besser gesagt sehr glänzend, unzählige gedämpfte und gestopfte Hörner u. Trompeten. Von den japanischen Themen konnte ich nichts bemerken. Japan entpuppt sich wieder einmal als unsere „Ganztonleitern“ und darauf beruhende Accorden; aber diese Sachen sind ganz roh verwendet, die Me-lodik direkt ganz altmodisch, daher alles moderne harmonische aufgepickt. Hie u. da vielleicht harmonisch hübsches. Ich werde jedenfalls noch hingehen; wegen der Inszenierung. Mein Platz war auch nicht gut acustisch; ich glaube vieles über-hört zu haben.16

Webern lavorò in maniera discontinua presso vari teatri, pur con vicen-de alterne di adesione e insofferenza per i suoi compiti, che furono preva-lentemente quelli di dirigere operette, di maestro sostituto e di direttore del

15 Egon e Emmy Wellesz, Egon Wellesz. Leben und Werk, a cura di Franz Endler, Wien, Zsolnay, 1981, p. 27.

16 Anton Webern, Briefe an Heinrich Jalowetz, a cura di Ernst Lichtenhahn, Mainz, Schott, 1999, p. 125 (Veröffentlichungen der Paul Sacher Stiftung, 7, in seguito AW.HJ). «Ieri ho avuto un posto in platea all’opera e naturalmente sono andato. Guardati in ogni caso anche questa Butterfly. La scenografia è indescrivibile – non ho mai visto qualcosa di simile – non si può dire quanto sia bella, davvero una cosa del tutto straordinaria; devi vederla, ma dai posti in piedi. A volte la musica è quasi inascoltabile e fa l’impressione di una musica da operetta; ma la strumentazione è molto bella o, detto meglio, molto brillante, innumerevoli corni e trombe con sordina e con suono coperto. Non potei osservare nulla dei temi giapponesi. Il Giappone sfarfalleggia tutto intorno come le nostre ‘scale a toni interi’ e gli accordi che si basano su di esse; ma queste cose sono usate in maniera del tutto grezza, l’aspetto melodico è direttamente e completamente fuori moda, quindi tutto cosparso di modernismi armonici. Qua e là forse qualcosa di carino armonicamente. Comunque, ci andrò ancora; per la scenografia. Il mio po-sto non era buono acusticamente; credo di avere ascoltato male molti passi».

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coro: nel maggio 1910 a Teplice (Teplitz), poi da settembre ad aprile 1911 a Danzica (dove l’amico Jalowetz era secondo direttore), da giugno 1912 a gennaio 1913 a Stettino, e soprattutto al prestigioso Deutsches Landesthea-ter di Praga, diretto da Alexander von Zemlinsky,17 nel gennaio 1916 e poi (dopo il congedo definitivo dall’esercito) da agosto 1917 a maggio 1918 e da fine agosto a inizio ottobre 1920,18 senza avere occasione di dirigere opere di Puccini e del repertorio italiano ottocentesco, ma soltanto di preparare qualche rappresentazione.

Nella sua corrispondenza si incontrano espressioni sia di fiducia sia di distanza riguardo alla vita teatrale; nel 1911, però, Webern parve intrave-dere una conciliazione tra il lavoro in teatro e l’attività compositiva. Infatti scrisse a Jalowetz:

Ich möchte mir für meine Person, ein derartiges Verhältnis zum Theater schaffen, daß ich keinen so großen Gegensatz zwischen dem und meiner Kunst spüre. Meine Thätigkeit dort müßte so sein, auf einem so hohen Niveau, daß ich fühle das gehört mit dazu. Nun, Mahler darin das wunderbarste Vorbild. Schön-berg ist ja nicht beim Theater.19

Nel 1913 scrisse a Jalowetz: «Ich liebe Verdi immer mehr. Der „Falstaff“, den solltest Du bald aufführen».20 All’inizio del 1918, quando la routine teatrale a Praga lo obbligava a preparare opere di Puccini, manifestò a Schönberg la propria insofferenza, scrivendogli: «Ich wollte mich jetzt ganz Deinem ,,Pelleas“ widmen. Aber die Schufterei im Theater läßt mir ja keine Zeit. Und solche treckige Musik: Puccini fort u. fort».21 Invece, poco più di un

17 Indicato da Schönberg come il solo maestro dal quale aveva imparato qualcosa, suo ami-co e cognato, Zemlinsky fu chiamato da Mahler dalla Volksoper alla Hofoper di Vienna per la stagione 1907-08 dove debuttò dirigendo Otello di Verdi. Nel settembre 1911 fu nominato diret-tore musicale a Praga e mantenne l’incarico fino al 1927, quando passò alla Krolloper di Berlino.

18 Regina Busch, Verzeichnis der von Webern dirigierten und einstudierten Werke, in Musik-Konzepte. Sonderband Anton Webern II, München, text+kritik, 1984, pp. 398-416. Nell’elenco non menziono gli incarichi minori, tra i quali due di breve durata: nell’estate 1908 a Bad Ischl, una località termale dove Webern doveva dirigere farse e operette per intrattenere gli ospiti, e nel luglio 1909 a Innsbruck, un teatro da cui letteralmente fuggì in un misto di rabbia e frustrazio-ne (cfr. la lettera a Schönberg del 25 luglio 1909).

19 Lettera da Berlino del 23 ottobre 1911, in AW.HJ, p. 169. «Vorrei costruirmi un rap-porto con il teatro tale da non avvertire una grande contraddizione tra esso e la mia arte. La mia attività in quell’ambito dovrebbe muoversi a quel livello tanto alto al quale io sento che debba appartenere. Ora, in questo Mahler è il modello più splendido. Schönberg non si cura del teatro».

20 Lettera da Vienna del 28 settembre 1913, in AW.HJ, p. 275. «Amo Verdi sempre di più. Il Falstaff, quello dovresti rappresentarlo presto».

21 Lettera del 10 febbraio 1918, Arnold Schönberg Center (in seguito ASC), ID 18080. «Vorrei dedicarmi completamente al tuo Pelleas, ma la faticaccia in teatro non mi lascia tempo. E questa musica strascicata: sempre Puccini».

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mese dopo, quando ascoltò La fanciulla del West, la sua opinione mutò radi-calmente e il 27 marzo 1918 scrisse a Schönberg (fig. 2):

Fig. 2. La cartolina postale, diretta a Schönberg, nella quale Webern esprime un parere entusiastico sulla Fanciulla del West.

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Neulich dirigierte Jalowetz ,,Das Mädchen aus dem Westen“ von Puccini. Ich kenne mich nicht aus: eine Partitur von durchaus ganz originellem Klang. Pracht-voll. Jeder Takt überraschend. Ganz besondere Klänge. Keine Spur von Kitsch! Und ich habe den Eindruck aus erster Hand. Ich muß sagen, dass es mir sehr ge-fallen hat. Wie ist es nun? Irre ich mich so ganz u. gar? Ich würde so gerne diese Partitur mit Dir zusammen ansehn. Ganz verhext hat mich diese Oper.22

L’abbandono dell’impiego a Praga nel 1920 segnò il definitivo allonta-namento di Webern dal teatro, ma non dalla direzione d’orchestra. In par-ticolare tra il 1919 e il 1922 Webern lavorò intensamente, insieme con Berg, come Vortragsmeister (responsabile artistico) nelle quattro stagioni del Verein für musikalische Privataufführungen, associazione fondata da Schönberg nel 1919 a Vienna (che tenne concerti anche a Praga) per offrire musica nuova (tutta, non soltanto quella per così dire in linea con il suo pensiero musica-le) in esecuzioni molto curate e non disturbate, né dagli applausi né dalla critica. Nell’ottobre 1920, nel corso della terza stagione viennese, Puccini avrebbe potuto partecipare a uno dei concerti del Verein, poiché in quel pe-riodo si trovava a Vienna in occasione della rappresentazione della Rondine alla Volksoper (il 7 ottobre) e della prima viennese del Trittico alla Staatsoper (il 20 ottobre). Il periodico «Musikblätter des Anbruch» pubblicò una con-versazione con Puccini nel secondo fascicolo di ottobre (non firmata, ma realizzata da Paul Stefan).23 Puccini aveva chiesto notizie delle novità locali e in particolare di Schönberg e di Schreker, aveva lamentato di conoscere poco la musica di Schönberg e aveva domandato se fosse possibile ascoltare qualcosa di suo e dei suoi allievi. Al suggerimento di recarsi a un concerto del Verein aveva risposto positivamente. Avrebbe potuto incontrarvi Webern e altri esponenti dello Schönbergkreis, ma non Schönberg che si trovava ad Amsterdam, invitato da Willem Mengelberg a dirigere, e neppure Berg che il 23 ottobre fu ricoverato in ospedale per un improvviso attacco d’asma.

L’occasione per la quale si auspicava la presenza di Puccini era il concer-to pomeridiano di sabato 23 ottobre, in onore di Ravel e in sua presenza. Il

22 Cartolina postale, ASC, ID 18102. «Recentemente [24 marzo] Jalowetz ha diretto La fanciulla del West di Puccini. Non mi raccapezzo: una partitura con un suono sempre asso-lutamente originale. Grandiosa. Sorprendente a ogni battuta. Sonorità del tutto particolari. Nemmeno una traccia di kitsch! E ne ho l’impressione di prima mano. Devo dire che mi è piaciuta molto. Come mai? Mi sbaglio completamente? Mi piacerebbe tanto esaminare questa partitura con te. Quest’opera mi ha completamente stregato». Una trad. it. del documento è stata pubblicata da Franco Serpa, La realtà in penombra, in Puccini e Mascagni, a cura di Valentina Brunetti, s.l. (Pisa), Pacini, 1996, pp. 18-9 («Quaderni della Fondazione Festival pucciniano», 2). Jalowetz diresse l’opera anche nella stagione 1921-22 (première il 9 ottobre 1921). Inoltre, diresse a Praga Madama Butterfly il 29 settembre 1919.

23 Alle pp. 549-550. Nello stesso fascicolo apparvero anche recensioni della Rondine e del Trittico, come pure articoli su Ravel e su Casella in occasione della loro presenza a Vienna.

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programma comprendeva brani di Ravel (Gaspard de la nuit, La valse nella versione per due pianoforti e nell’interpretazione – in prima assoluta – di Ravel e Casella, Trois poèmes de Mallarmé, affidati a Marya Freund e Ravel, e il Quartetto per archi), di Schönberg (i nn. 1 e 2 dai Klavierstücke op. 23, la prima delle due Ballate op. 12, alcuni dei George Lieder op. l5), di Webern (Quattro pezzi per violino e pianoforte op. 7) e di Berg (Quattro pezzi per clarinetto op. 5). Dell’eventuale presenza di Puccini al concerto troviamo subito notizia nei carteggi: Eduard Steuermann (molto attivo come piani-sta per il Verein) e Webern ne scrivono a Schönberg, poi una lettera di Berg lo informa che Puccini non vi andò. La lettera di Steuermann a Schönberg del 18 ottobre 1920 indica anche gli interpreti:

Es wurde auch den Mitgliedern die Mitteilung über den Ravel-Abend ge-macht. Ich weiß nicht, ob Ihnen darüber (über die endgültige Form) berichtet wurde und will es jedenfalls tun: es soll am Samstag (23./X.) nachm. im kl. Kon-zerthaussaal, eine Art von Propagandakonzert mit Ravel, Casella, wahrscheinlich Puccini (der sich für den Verein sehr interessieren soll) stattfinden. Notizen in den Zeitungen, Gäste zahlen ein[en] sehr hohen Eintrittspreis, – ich glaube mindes-tens 100 K. Programm: Kammersymph. 4 händig (Bachrich u. Serkin; ich kann es leider nicht machen, weil ich ungewöhnlich überbeschäftigt bin) Gaspard de la nuit, Klarinettenstücke von Berg, Violinstücke von Webern (ich u. Kolisch – weil Dr. Adler nicht kann), Ihre neuen Klavierstücke, einige von den George-Liedern (Lindberg u. ich), und das Ravelquartett (Feist.). Wir arbeiten alle sehr energisch, hoffentlich wird es gut gehen.24

Tuttavia, il programma indicato non era ancora definitivo, come si appren-de dalla lettera di Rudolf Kolisch a Schönberg del 22 ottobre:

Unsere Hauptsorge war zunächst das Konzert für Ravel. Er hat ausdrücklich erklärt, nur Musik von Ihnen hören zu wollen. Da mussten wir denn zu unse-rer großen Betrübnis und Schande gestehen, daß wir mit Ausnahme der Klavier-stücke nichts von Ihnen aufführen könnten. Der Versuch, noch in aller Eile die Kammersinf. vierhändig herauszubringen, ist nicht gelungen. So blieben nur vier George-Lieder von Lindberg und die zweite Ballade von der Bauer gesungen.25

24 ASC, ID 17175. «Anche ai soci si è data comunicazione della serata Ravel. Non so se Lei ne sia stato informato (sulla forma definitiva) e voglio farlo qui: sabato (23/X) pomeriggio nella sala piccola del Konzerthaus si terrà una sorta di concerto di propaganda con Ravel, Casella, probabilmente Puccini (che pare si interessi molto del Verein). Notizie sui giornali, gli ospiti pagano un prezzo d’ingresso molto alto – credo almeno 100 corone. Programma: Kammersym-phonie a quattro mani (Bachrich e Serkin – purtroppo non posso farla io perché sono molto più occupato del solito), Gaspard de la nuit, i pezzi per clarinetto di Berg, i pezzi per violino di Webern (io e Kolisch – perché il dottor Adler non può), i Suoi nuovi pezzi per pianoforte, alcuni dei George Lieder (Lindberg e io) e il Quartetto di Ravel (Quartetto Feist.). Lavoriamo tutti con molta energia, auspicabilmente andrà bene».

25 ASC, ID 13344. «La nostra preoccupazione principale era il concerto per Ravel. Ha detto

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Questo il passo su Puccini dalla lettera di Webern a Schönberg del 20 ot-tobre: «Puccini, der jetzt in Wien ist, interessiert sich, wie Stefan erzählte, auch für den Verein u. soll Samstag im Konzert sein».26 Infine, quello dalla lunga lettera di Berg del 28 ottobre:

Leider kam Puccini nicht. In einem Interview äußerte er den dringenden Wunsch Deine Musik u. den Verein kennen zu lernen. Ich lud ihn brieflich ein u. ließ Rufer die Antwort persönlich abholen, die leider – da er zur Stunde des Konzertes bereits vergeben war, u. eigentlich Orchestersachen von Dir hören woll-te – ablehnend ausfiel.27

III

Il desiderio di conoscere la musica di Schönberg e dei suoi (ex) allievi e l’interesse manifestato verso il Verein confermano la curiosità di Puccini verso tutta la musica del suo tempo. È noto che il 21 ottobre 1900 aveva ascoltato a Bruxelles Don Quixote e Ein Heldenleben di Richard Strauss – aveva anche scritto un bigliettino di circostanza al compositore –, che si era recato

espressamente di volere ascoltare soltanto musica sua. Allora abbiamo dovuto ammettere con gran dispiacere e vergogna che non avremmo eseguito nulla di suo a parte i pezzi per pianoforte. Il tentativo di realizzare in tutta fretta la Kammersymphonie a quattro mani non è riuscito. Così, sono rimasti solo i quattro George Lieder di Lindberg e la seconda ballata cantata dalla Bauer».

26 «Come ha raccontato [Paul] Stefan, Puccini che adesso è a Vienna si interessa anche del Verein e sabato dovrebbe venire al concerto».

27 Briefwechsel Arnold Schönberg – Alban Berg, a cura di Juliane Brand, Christopher Hailey e Andreas Meyer, Mainz, Schott, 2007, II, p. 67 (in seguito AS/AB). «Purtroppo Puccini non è venuto. In una intervista aveva espresso il desiderio impellente di conoscere la tua musica e il Verein. Lo invitai per lettera e chiesi a Rufer di portare personalmente la risposta che sfortuna-tamente fu un diniego, perché all’ora del concerto era già impegnato e in realtà avrebbe volu-to ascoltare pezzi tuoi per orchestra». A proposito del concerto per Ravel scrisse a Schönberg anche Alma Mahler: «Ich habe Ravels innigen Dank für Deine Grüße Dir zu sagen. Er wohnt hier und ist ein recht sonderbarer Mensch. Eine Sorte Künstler, die wir hier gar nicht kennen. [...] Casella ist sicher weniger – doch menschlicher! Der Abend, den Ihr Ravel im Verein gege-ben habt, ist sehr interessant gewesen. Ravel una Casella haben als Geschenk an Dich auf [2] Clavier vierhändig gespielt. Alles hat sie interessiert und aufgerührt. Alles aber hat gelitten unter der neuausbrechenden Krankheit Albans, der mir schwere Sorge macht. Was soll mit ihm geschehen? Er geht zu Grund. Und er ist zu gut als, dass dies geschehen dürfte» (Ti devo comunicare il profondo ringraziamento di Ravel per i tuoi saluti. Abita qui da me ed è un uomo del tutto singolare. Un tipo di artista che qui non conosciamo affatto. [...] Certamente Casella lo è di meno, ma più umano! La serata che avete dedicato a Ravel al Verein è stata mol-to interessante. Ravel e Casella hanno suonato a quattro mani [su due pianoforti] come regalo per te. Tutto li ha interessati e commossi molto. Però si è sofferto per la malattia di Alban, appena manifestatasi, che mi dà grave preoccupazione. Che cosa gli succederà? Sta andando a fondo. Ed è troppo buono perché gli capiti questo), Alma Mahler – Arnold Schönberg, «Ich möchte so lange leben, als ich Ihnen dankbar sein kann». Der Briefwechsel, a cura di Haide Ten-ner, Wien, Residenz Verlag, 2012, p. 176. La lettera non è datata, ma verosimilmente è del 22 ottobre 1920.

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a Graz per la prima austriaca di Salome diretta dall’autore (16 maggio 1906), una rappresentazione alla quale erano intervenute numerose personalità dello Schönbergkreis,28 e a Vienna per Die Frau ohne Schatten nel 1920. Nell’in-tervista di Leonhard Adelt apparsa il 2 settembre 1921 sulla «Neue Freie Presse» di Vienna con il titolo Bei Puccini, il compositore ribadì la propria attenzione per l’opera coeva. Ricordò di avere visto a Monaco Palestrina di Pfitzner, Das Spielwerk der Prinzessin di Schreker e Josefslegende di Richard Strauss, senza risparmiare critiche aspre sia a Pfitzner sia a Schreker, ai quali rimproverava di scrivere da soli i propri testi, imitando Wagner e seguen-do una tendenza discutibile ma ormai invalsa. Si dichiarò buon amico dei Korngold ( Julius, critico musicale influente, e il figlio compositore Erich Wolfgang) e si espresse da grande estimatore delle doti musicali del giova-ne definendolo «la più forte speranza della nuova musica tedesca» – una po-sizione ben diversa da quella dello Schönbergkreis, spesso aspramente critico verso le posizioni conservatrici di entrambi i Korngold.29 Anche Casella confermò l’attenzione di Puccini verso la musica dei contemporanei scri-vendo: «Puccini was singularly alert to the developments of contemporary music, and no esperiment that was attempted was unknown to him».30 Inoltre, tra l’altro, Puccini conosceva Pelléas et Mélisande di Debussy, visto a Parigi nell’ottobre 1903 e nel 1906, Petruška di Stravinskij, ascoltato a Parigi nel 1912, e i Gurrelieder di Schönberg, ascoltati almeno in parte a Vienna nel 1920. In occasione di quest’esecuzione, diretta dall’autore con enorme successo il 12 e 13 giugno, a chiusura del festival organizzato da David Jo-sef Bach, i carteggi tra gli esponenti dello Schönbergkreis affrontano spesso l’argomento, ma nessuno menziona la presenza di Puccini, che invece è ricordata da Alma Mahler, una testimone da non prendere alla lettera.

12 giugno – Vienna. Esecuzione dei Gurrelieder di Schönberg. Riesco da tempo a capire l’uomo Schönberg... ma soltanto oggi comprendo interamente il musici-sta. Franz Werfel era con me. All’inizio la sua presenza mi impedì di dedicarmi in-teramente alla musica, finché non fu toccato anche lui... contro la propria volontà. [...] Nell’intervallo ho avuto il grande piacere di conoscere nuovamente Puccini.

28 C’erano Mahler con la moglie, Zemlinsky, Schönberg, Berg, Webern e Jalowetz, cfr. Manfred Blumenhauer, Die österreichische Premiere der Salome, in Musik in Österreich, a cura di Gottfried Kraus, Wien, Brandstätter, 1989, p. 316.

29 Questa intervista, rilasciata a Monaco di Baviera, è pubblicata interamente in Korn-gold, Die tote Stadt, «La Fenice prima dell’opera», 2009, 1, pp. 45-48.

30 Puccini’s Last Opera, «The Christian Science Monitor», 29 maggio 1926, p. 10. I testi per il quotidiano di Boston furono redatti in inglese e sono raccolti in Alfredo Casella, La musica al tempo dell’aereo e della radio. Cronache musicali 1925-46, a cura di Francesco Lombardi, Torino, EDT, 2014: «Va ricordato quanto Puccini fosse particolarmente attento agli sviluppi della mu-sica contemporanea, e nessuno degli esperimenti tentati gli risultasse sconosciuto» (p. 103).

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Casella mi venne a prendere e mi portò nel palco di Puccini. Quest’ultimo aveva già un aspetto molto malato, e il suo naso era completamente deformato. Lo ave-vo conosciuto anni prima a New York, e allora era uno degli uomini più belli che abbia mai incontrato. Dunque, ora era seduto nel palco della direzione – l’ombra di se stesso – e Casella lo assisteva con una grande premura in maniera palese. Puccini parlò con me dei Gurrelieder che non gli facevano alcuna impressione. Disse che si era proposto di ascoltare qualcosa di radicale, ma che sentiva musica wagneriana che non lo interessava, era venuto per farsi convincere, ma quello che sentiva non gli imponeva alcun rispetto, erano cose note. Fu veramente cat-tivo. Replicai che la seconda parte era molto più audace... Ma Puccini se ne andò prima della seconda parte.  – Eppure in seguito divenne un seguace assoluto di Schönberg. Più tardi Puccini viaggiò apposta da Viareggio a Torino [sic], dove Schönberg eseguiva il Pierrot lunaire con la sua piccola troupe. Puccini cercò sem-pre di capire il proprio tempo, diversamente da Richard Strauss, che si chiude ermeticamente a tutto ciò che potrebbe disturbare le sue abitudini.31

Puccini conobbe personalmente Schönberg soltanto l’1 aprile 1924 a Firenze in occasione della tournée italiana di Pierrot lunaire, diretto dall’au-tore, con Erika Wagner voce recitante.32 L’incontro fu descritto da Alfre-do Casella nel suo saggio commemorativo Giacomo Puccini nei seguenti termini:

Kein anderer war wie Puccini so völlig genau über die moderne Musikbewe-gung orientiert. Er kannte und studierte jedes neue Werk gründlich. Und ich will daran erinnern, daß meine letzte Begegnung mit ihm gerade am 1. April 1924 in dem Konzert stattfand in welchem die ,,Corporazione delle nuove musiche“ den ,,Pierrot lunaire“ von Schönberg aufführte. Er kam eigens von Lucca herüber, um diesem Konzert beizuwohnen, und über seine Bitte hatte ich die Ehre, ihn Schönberg vorzustellen. Es war in der Tat ein seltsames Schauspiel, diese beiden Künstler einander Angesicht zu Angesicht gegenüberstehen zu sehen, beide so diametral verschieden und beide dennoch so voll der Ehrfurcht und Bewunde-rung für einander.33

31 Alma Mahler-Werfel, Mein Leben, Frankfurt am Main, Fischer 1963, p. 126; trad. it. (modificata) in Autobiografia, Roma, Editori Riuniti, 1985, p. 133.

32 Si tennero dieci repliche nelle città di Roma (28-29 marzo), Napoli (30 marzo), Firenze (1 aprile), Venezia (3 aprile), Padova (4 aprile), Torino (5-6 aprile) e Milano (7-8 aprile). La tour-née fu organizzata da Alfredo Casella, del quale il Quartetto Pro Arte di Bruxelles eseguiva il Concerto per due violini, viola e violoncello op. 40 nella prima parte del programma. Per l’oc-casione la Corporazione delle nuove musiche pubblicò un opuscolo di presentazione, intitolato Arnold Schönberg ed il «Pierrot lunaire», con scritti di Casella e Vittorio Rieti e la libera traduzione italiana delle liriche di Giraud di Raissa Olkienizkaia Naldi.

33 «Musikblätter des Anbruch», 7/l, 1925, pp. 13-15. «Nessun altro era orientato così pie-namente verso il movimento musicale moderno come Puccini. Conosceva e studiava appro-fonditamente ogni pezzo nuovo. Voglio ricordare che il mio ultimo incontro con lui avvenne l’1 aprile 1924 al concerto in cui la ‘Corporazione delle nuove musiche’ eseguì il Pierrot lunaire

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L’articolo di Casella apparve nel gennaio 1925 e Schönberg gli manifestò subito il suo apprezzamento e l’amarezza per la scomparsa di Puccini, scri-vendogli il 28 gennaio 1925 da Milano (una tappa del suo viaggio verso la Riviera):

Ich habe mich sehr gefreut, daß Sie die schöne Geschichte im Anbruch er-zählt haben von meinem Zusammentreffen mit Puccini, dessen Tod mich sehr erschüttert hat. Nie hätte ich geglaubt, daß ich diesen großen Mann nicht wie-dersehen werde! Und ich bin stolz darauf, sein Interesse gefunden zu haben und Ihnen dankbar dafür, daß Sie meinen Feinden, diese für mich so ehrende Tatsache erzählt haben.34

Schönberg ricordò sempre con orgoglio l’apprezzamento espressogli da Puccini in quell’occasione e conservò nella categoria ‘Biographisches’ (Documenti biografici, n. 334) la pagina di un periodico che aveva pubbli-cato il racconto dell’incontro fiorentino, tratto dal volume di Guido Marot-ti e Ferruccio Pagni,35 nella traduzione tedesca di Grete de Francesco (cfr. fig. 3) e vi appose le seguenti osservazioni:

Richtig oder nicht, originell oder unoriginell: das macht eigentlich alles ei-nen sehr sympathischen Eindruck. Aufgehoben, falls es einmal bestritten werden sollte.

* Man erzählte mir dort, als er mich im Künstlerzimmer aufsuchte, er sei 6 Stunden eigens von Lucca hergereist, um den Pierrot zu hören.36

Le osservazioni di Schönberg si riferiscono al seguente passo del volume citato:

di Schönberg. Venne appositamente da Lucca per assistere al concerto e, su sua richiesta, ebbi l’onore di presentarlo a Schönberg. Fu davvero uno spettacolo curioso vedere questi due artisti uno di fronte all’altro, così diametralmente diversi eppure così pieni di rispetto e di ammira-zione reciproci».

34 AS, p.  516. La lettera è conservata nel Fondo Alfredo Casella, presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, segnatura XXII.4.4549. «Mi ha fatto molto piacere che Lei abbia nar-rato su ‘Anbruch’ la bella vicenda del mio incontro con Puccini, la cui scomparsa mi ha molto scosso. Non avrei mai pensato di non rivedere più questo grande uomo! E sono molto orgo-glioso di avere destato il suo interesse e La ringrazio per avere raccontato ai miei nemici questo episodio che mi riempie di onore». Cfr. anche Alfredo Casella, I segreti della Giara, Firenze, Sansoni, 1941, p. 220, con la citazione di questa lettera di Schönberg e la notizia che Puccini aveva portato con sé la partitura del Pierrot, come scrisse anche Dallapiccola.

35 Guido Marotti – Ferruccio Pagni, Giacomo Puccini intimo nei ricordi di due amici, Firen-ze, Vallecchi, 1926, pp. 165-166.

36 AS, p. 515. «Corretto o meno, originale o non originale: tutto questo fa un’impressione davvero molto simpatica. L’ho messo in rilievo nel caso un giorno dovesse essere confutato. Quando mi fece visita in camerino, mi raccontarono che per ascoltare il Pierrot aveva viaggiato da Lucca per sei ore», SP, p. 585.

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Fig. 3. L’originale dello scritto catalogato da Schönberg con il titolo Puccini über mich (ASC, T 04.28, p. 3).

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Di Schönberg ho un ricordo personale. Andai con Puccini nel maggio dell’an-no scorso a Firenze, per un concerto del maestro austriaco che faceva una tournée in Italia. Eseguiva il suo Pierrot lunaire. «Per giungere» mi diceva Giacomo Puccini, «a concepire un mondo musicale siffatto, bisogna aver superato ogni senso armo-nistico comune, avere cioè una natura totalmente diversa da quella attuale. Chi ci dice che Schönberg non sia un punto di partenza per una lontana meta futura? Oggi, o io non capisco nulla, o siamo lontani, come Marte dalla Terra, da una concreta realizzazione artistica».

Sempre secondo Marotti, Puccini disse a Schönberg: «Je vous remercie de m’avoir éclairé sur votre théorie avec le Pierrot lunaire que j’ai suivi très attentivement et qui me parait une oeuvre fort intéressante», per poi espri-mere confidenzialmente qualche perplessità sulla musica appena ascolta-ta.37 In quell’occasione era presente anche Luigi Dallapiccola che scrisse al riguardo:

Un incontro, si sa, può decidere di tutta la vita, o almeno di un orientamento. E il mio orientamento fu deciso la sera del primo aprile 1924, quando vidi, sul podio della Sala Bianca di Palazzo Pitti, Arnold Schönberg dirigere il suo Pierrot lunaire. Quella sera gli studenti del Conservatorio esibivano, con latina gaiezza, il regolamentare fischietto prima che l’esecuzione avesse inizio: il pubblico, dal canto suo, scalpitò, tumultuò, rise. Ma Giacomo Puccini, quella sera, non rideva. Ascoltava l’esecuzione con attenzione estrema, seguendo il testo sulla partitura, e, alla fine del concerto, volle essere presentato a Schönberg. Venticinque anni più tardi, nella lettera che Arnold Schönberg mi scrisse il 16 settembre 1949 [forse un post scriptum alla lettera circolare di ringraziamento per gli auguri ricevuti in occasione dei settantacinque anni], il creatore del sistema dodecafonico ricordava ancora il nostro grande e popolare compositore con queste parole: «Auf Puccini’s Besuch der Pierrot-Aufführung war ich immer stolz. Es war sicherlich ein Zeichen menschlicher Größe, daß er zu mir gekommen ist – und eine große Freundlich-keit». [Sono sempre stato orgoglioso del fatto che Puccini venne ad ascoltare Pier-rot. Che fosse venuto da me era certamente un segno di grandezza umana e anche un gesto molto amichevole.] Che nella stessa lettera, abbia rimproverato me di non essere andato allora a stringergli la mano, è un altro discorso. Con quali titoli, con quali precedenti di nome o di lavoro avrei potuto osare di presentarmi al Ma-estro? Non lo feci nemmeno sei anni dopo, a Berlino.38

Anni dopo Schönberg tornò a riflettere sul suo incontro con Puccini nel saggio Il mio pubblico, steso il 17 marzo 1930 per il periodico berlinese «Der Querschnitt»:

37 Guido Marotti, Incontri e colloqui col Maestro, «L’approdo musicale», II/6, 1959, pp. 53-71.38 Luigi Dallapiccola, Sulla strada della dodecafonia, «aut aut», n. 1, gennaio 1951, pp. 30-

31, rist. in Id., Appunti Incontri Meditazioni, Milano, Suvini Zerboni, 1970, p. 157.

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Alles darf man für sich behalten, nur Sachverständnis nicht. Denn was ist Sach-verständnis, wenn mans nicht zeigt? Deshalb vermute ich auch, daß es die Sach-verständigen waren, die meinen Pierrot lunaire so unfreundlich aufnahmen, als ich ihn in Italien aufführte, nicht aber die Kunstfreunde. Ich hatte zwar die Ehre, daß Puccini, kein Sachverständiger, sondern ein Sachkönner, der bereits krank, eine sechsstündige Reise machte, um mein Werk kennenzulernen, und mir nachher sehr Freundliches sagte: das war schön, auch wenn ihm meine Musik doch fremd geblieben sein sollte. Aber charakteristisch war dagegen, daß als lautester Störer des Konzerts der Direktor eines Konservatoriums erkannt wurde. Und dieser war es auch, der nach Schluß sein echt südliches Temperament nicht zu zügeln und den Ausruf nicht zu unterdrücken imstande war: »Wenn wenigstens ein einziger anständiger Dreiklang in dem ganzen Stück vorgekommen wäre!« Er hatte offen-bar in seiner Lehrtätigkeit zu wenig Gelegenheit, solche anständigen Dreiklänge zu hören, und kam deshalb, sie in meinem Pierrot zu finden. Bin ich an seiner Ent-täuschung schuld? Ich muß es für möglich halten, daß das italienische Publikum mit meiner Musik nichts anzufangen wußte. Aber das Bild eines Konzertes, in welchem gezischt wurde – ich habe es in fünfundzwanzig Jahren so oft gesehen, daß man mir glauben darf –, war stets dieses: Im vorderen Drittel des Saales unge-fähr wurde wenig applaudiert und wenig gezischt, die meisten saßen teilnahms-los, viele standen umgedreht und blickten erstaunt oder belustigt in den hinteren Teil des Saales, wo es lebhafter zuging. Dort überwogen die Applaudierenden; es gab weniger Teilnahmslose und einzelne Zischer. Am meisten Lärm, Applaus sowie Zischen aber kam immer aus dem Stehparterre und von den Galerien. Dort wurde der Kampf geführt durch von Sachverständigen Beeinflußte oder durch Beauftragte gegen Beeindruckte.39

39 AS, pp. 411-413: 412. «Si può tener per sé tutto quanto, tranne la competenza. Infatti, che cos’è la competenza se non la si mette in mostra? Per questo motivo suppongo che furo-no i competenti, e non gli amici dell’arte, ad accogliere con tanta ostilità il mio Pierrot lunaire quando lo eseguii in Italia. Ebbi sì l’onore che Puccini  –  non un competente, ma uno che sa – affrontò un viaggio di sei ore, pur essendo già malato, per conoscere la mia composizione e mi disse in seguito cose molto amichevoli: è stato bello, anche se la mia musica doveva es-sergli rimasta estranea. Viceversa fu illuminante che il disturbatore più rumoroso del concerto fu riconosciuto nel direttore di un conservatorio. Proprio colui che dopo la conclusione non riuscì a dominare il suo temperamento da vero meridionale e a trattenersi dall’urlare: “Almeno ci fosse stata una sola triade decente in tutto il pezzo!”. Evidentemente nella sua attività di inse-gnante aveva avuto troppo poche occasioni di ascoltare triadi decenti, e per questo era venuto a cercarle nel mio Pierrot. Che colpa ho io della sua delusione? Devo supporre che il pubblico italiano non sapesse che cosa fare di fronte alla mia musica. Ma la scena di un concerto in cui si fischia – l’ho vista così spesso in venticinque anni che si può darmi credito – è stata sempre questa: nelle file anteriori, circa un terzo della sala, applaudivano e fischiavano poco, la mag-gior parte dei presenti restava seduta con indifferenza, molti si voltavano e osservavano mera-vigliati o divertiti le file posteriori della sala, dove c’era maggiore animazione; lì chi applaudiva era in maggioranza, pochi restavano indifferenti e alcuni fischiavano. Ma il chiasso maggiore, applausi e fischi, proveniva sempre dai posti in piedi della platea e dalle gallerie, dove veniva combattuta la battaglia di chi era influenzato dai competenti, o ne aveva ricevuto l’incarico, e chi era rimasto impressionato favorevolmente», SP, pp. 456-459: 457-458.

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Forse ben consapevole del successo del Trittico di Puccini, pensò a un pro-prio trittico composto da Erwartung, Die glückliche Hand e Von Heute auf Morgen e nel 1950 lo propose come tale all’editore Ricordi, poi a Francesco Siciliani, direttore artistico del Maggio Musicale Fiorentino, quando ap-prese dell’interesse a rappresentare in Italia l’ancora incompiuto Moses und Aron. Fu dapprima Casa Ricordi, in uno scambio epistolare intercorso tra il 2 settembre e il 16 novembre 1950, a manifestare la disponibilità di «uno dei più importanti teatri italiani» (dalla lettera del 16 novembre si apprende trattarsi del San Carlo di Napoli); Schönberg rispose di non avere ancora iniziato a comporre il terzo atto e suggerì le tre operine, osservando che «All the three together lasting 30+25+70 minutes, i.e. 125 mins or 2 hours 5 mins., and could be given in one evening». Intanto, l’11 novembre, Siciliani scriveva a Schönberg (in italiano) «che questo Ente autonomo sta fattiva-mente pensando alla realizzazione, nell’ambito del prossimo “XIV Maggio Musicale Fiorentino” della Sua nuovissima opera “Mosé e Aronne”, che Firenze sarebbe onorata di poter presentare in prima esecuzione mondiale assoluta al pubblico internazionale che qui annualmente conviene per il tradizionale festival di musica» e il compositore gli rispose il 27 novembre elencando tre alternative per ovviare alla mancanza della musica del terzo atto, ma anche suggerendo – invano – il proprio ‘trittico’:

Jedoch:4.) Es würde mich eventuell sehr interessieren, wenn Sie statt dessen [Moses

und Aron], einen, zwei, oder alle drei meiner einaktigen Opern aufführen wollten.Monodram „Erwartung“ und Drama mit Musik, „Die Glückliche Hand“ sind

in der Universal-Edition erschienen, die hoffentlich alles Material liefern kann.Die dritte Oper: „Von heute auf Morgen“ dauert länger, nämlich 70 Minute.

Ich habe sie im Selbstverlag herausgegeben und bei der U-E, bevor ich Deutsch-land verließ, 80 Partituren, 120 Klavierauszüge und zwei gutkorrigierte und ge-spielte Stimmenmateriale deponiert. Die U-E muss in der Lage sein, diese Mate-riale zu liefern. Obwohl ich meinen Vertrag mit der U-E als aufgelöst betrachte, bestehe ich darauf, dass alle die genannten Materiale gesetzlich als mein Eigentum anzusehen sind, und nehme an, dass die U-E dem nichts Rechtgültiges entgegen stellen kann.

Mit all dem will ich nicht sagen, dass ich die Aufführung dieser kleineren Wer-ke, der des Moses und Aaron vorziehe. Ich glaube allerdings, dass es auch an der Zeit wäre, diese Werke dem Publikum zur Kenntnisnahme vorzustellen und die Möglichkeit zu verschaffen die darin vorhandenen Werte einzuschätzen.

Ist es Ihnen lieber, dass ich Ihnen Deutsch schreibe? Eventuell könnte ich eine Übersetzung ins Französische oder Italienische hier anfertigen lassen.

Herr Scherchen besitzt eine Kopie meiner Dichtung zu Moses und Aaron, und kann Ihnen daher alle Auf klärungen praktischer als ich verschaffen. Sollte das nicht genügen so bitte ich Sie mir darum zu schreiben, und ich werde trachten, dass alles selbst auszuarbeiten.

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Lassen Sie mich zum Schluss Ihnen noch einmal versichern, dass die Auffüh-rungen meiner Bühnenwerke, im Rahmen des Maggio Musicale Fiorentino an Ihrer berühmten Oper mich mit Freude und Stolz erfüllen würde.

Mit herzlichsten Grüssen, bin ich,Ihr ergebener 40

IV

Quanto ad Alban Berg, nei suoi scritti Puccini è citato in relazione alla vocalità e non sempre con accenti positivi. Però, Berg ebbe modo di visitare le case di Puccini nel 1933 quando partecipò al Congresso Internaziona-le di Musica organizzato a Firenze da Ugo Ojetti in occasione del primo Maggio Musicale Fiorentino. La delegazione viennese comprendeva Ernst Křenek, Willi Reich, Egon Wellesz e Rudolf Kolisch in qualità di esecutore. Schönberg era stato invitato e aveva accettato di partecipare insieme con la moglie, ma all’inizio di maggio scrisse a Guido M. Gatti, Segretario ge-nerale, disdicendo la propria presenza.41 Erano intervenuti anche Richard Strauss, Darius Milhaud, Gian Francesco Malipiero, Béla Bartók, Zoltán Kodály, Ernst Toch, Carl Ebert, Hans Rosbaud della radio di Francoforte, Adolf Aber e Alfred Einstein. Attraverso i contatti avviati a Firenze con

40 «Tuttavia: 4) sarebbe eventualmente molto interessante per me, se Lei, al posto di que-sta [Moses und Aron], volesse rappresentare una, due, o tutte e tre le mie opere in un atto. Il mo-nodramma Erwartung e il dramma con musica Die glückliche Hand sono apparsi presso la Uni-versal Edition, che spero possa fornirle tutto il materiale. La terza opera, Von Heute auf Morgen, dura di più, cioè 70 minuti. L’ho pubblicata in proprio e, prima di lasciare la Germania, ne ho depositato presso la Universal Edition 80 partiture, 120 riduzioni per pianoforte e due raccolte di parti complete e rivedute. La UE deve essere in grado di fornire questi materiali. Sebbene ritenessi sciolto il mio contratto con la UE, insisto sul fatto che tutto il materiale menzionato sia da considerare legalmente di mia proprietà e presumo che la UE non possa esercitare oppo-sizioni giuridicamente valide. Con tutto ciò non voglio dire di preferire la rappresentazione di queste piccole opere a quella del Moses und Aaron. Credo comunque che sarebbe il momento di sottoporre anche queste opere all’attenzione del pubblico, dandogli la possibilità di apprezzare i valori che contengono. Le va bene che le scriva in tedesco? Eventualmente potrei predisporre qui una traduzione in francese o in italiano. Il signor Scherchen dispone di una copia del mio testo poetico per Moses und Aron e quindi Le può fornire ogni chiarimento pratico più agevol-mente di me. Se non bastasse, La prego di scrivermi e cercherò di elaborare tutto io stesso. Per concludere, mi permetta di assicurarLe ancora che la rappresentazione dei miei lavori teatrali nell’ambito del Maggio Musicale Fiorentino presso il Suo famoso teatro d’opera mi riempi-rebbe di gioia e di orgoglio. Con i più cordiali saluti, Suo devoto», Arnold Schönberg, Lettere, Firenze, La Nuova Italia, 1969, pp. 295-296 (il testo pubblicato è incompleto e la traduzione è stata modificata).

41 Schönberg attraversava un momento particolarmente difficile, dopo l’abbandono dell’insegnamento all’Accademia Prussiana delle Arti di Berlino a causa dell’orientamento an-tisemita del governo. Il 16 maggio ricevette dal cognato Rudolf Kolisch il telegramma, in un codice concordato, che gli consigliava di «cambiare aria a causa della tua asma» e lasciò imme-diatamente la Germania partendo per Parigi con la famiglia.

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personalità italiane, Berg fu invitato al Festival di musica contemporanea di Venezia l’anno successivo. Il racconto della visita a Lucca e Torre del Lago è contenuto nella lettera di quattro pagine scritta alla moglie nella notte tra il 3 e il 4 maggio 1933:

Mittag allein im Hotel. Kurze Rast, 2 Uhr mit 4 Riesenautobussen nach Lucca, dann noch weiter fast bis an’s Meer, das man von einem hohen Paß aus sieht, wo Puccini Sterbehaus besucht wurde: ein großer Eindruck. Genau erhalten, wie er es am letzten Arbeitstag verlassen hat, nur das Schlafzimmer wurde die Gruft! – 42

Anche Křenek ricordò quella visita: «Ein anderer Ausflug führte die gan-ze Gesellschaft in Bussen nach Lucca und in das Haus Puccinis im nahe gelegenen Torre del Lago, das in ein bescheidenes Museum zu Ehren des großen Meisters der italienischen Oper umgewandelt worden war».43 Non dissimile l’impressione di Alma Mahler, quando si recò a Torre del Lago nel maggio 1935 con il marito Franz Werfel e la figlia Anna Mahler, meno di un mese dopo la morte della figlia Manon Gropius:

il cancelliere Kurt von Schuschnigg [...] ci propose di accompagnarlo, nella mac-china che lo Stato italiano aveva messo a sua disposizione, fino a Pisa, e di lì, oltre Viareggio, sul laghetto di Torre del Lago, dove si trova l’abitazione di Giacomo Puccini, prematuramente scomparso. Ci meravigliammo molto della semplicità, anzi povertà di quella casetta, dove, su uno sgangherato pianoforte verticale, Puc-cini aveva ideato le sue divine melodie. Il piccolo locale per la musica era arredato come una cripta con mobili felpati verdi e rossi, quadri a olio cupi, bruni alle pare-ti. Un gusto assolutamente piccolo borghese! Il piccolo locale accanto nascondeva

42 Briefwechsel Alban Berg - Helene Berg, Gesamtausgabe, III: 1920-1935, a cura di Herwig Knaus e Thomas Leibnitz, Wilhelmshaven, Florian Noetzel Verlag, 2014, p. 652 (Quellenka-taloge zur Musikgeschichte, 56). «Mezzodì da solo in albergo. Breve riposo, alle 2 verso Lucca con 4 autobus giganteschi, poi avanti ancora quasi fino al mare, che si vede dall’alto di un passo, dove abbiamo visitato la casa dove morì [sic] Puccini: grande impressione. Perfettamente con-servata come l’ha lasciata l’ultimo giorno di lavoro, soltanto la camera da letto è diventata la tomba», Alban Berg, Lettere alla moglie, a cura di Bernard Grun, Milano, Feltrinelli, 1976, p. 377 (trad. modificata).

43 Ernst Křenek, Eindrücke vom italienischen Faschismus, in Id., Im Atem der Zeit. Erinne-rungen an die Moderne, München, Diana Taschenbuchverlag, 1999, pp. 947-951: 947. «Un’altra gita [dopo quella a San Gimignano] condusse tutta la compagnia in vari autobus a Lucca e a Torre del Lago, non molto distante, alla casa di Puccini che era stata trasformata in un modesto museo in onore del grande maestro dell’opera italiana». La prima sezione di questo saggio è dedicata alle due escursioni effettuate nei giorni del Congresso fiorentino; la seconda parte è imperniata su Willi Reich e la sua traduzione dei discorsi di Mussolini, di cui Křenek rivide le bozze e qui osservò: «In confronto alle baggianate volgari e ampollose versate a fiumi dal muso barbaro di Hitler, leggevo la prosa del Duce come il discorso di un filosofo». Segue poi una pagina su Paul Bekker, di cui fece la conoscenza a Firenze, la descrizione del viaggio di ritorno attraverso Stresa e Ascona e l’incontro a Innsbruck con Ludwig Ficker, curatore della rivista «Der Brenner».

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un organo e là sotto Puccini si è fatto seppellire. La casa è stata dichiarata monu-mento nazionale. Negli intervalli del lavoro il suo divertimento era costituito dalla caccia all’anatra selvatica sul piccolo lago.

Alma prosegue con ricordi personali del Maestro:

Puccini era uno degli uomini più belli che io abbia mai visto. Al tempo della prima viennese della Bohème, Puccini voleva essere presentato alle granduchesse; Gustav Mahler, che si preoccupava poco della corte, lo indirizzò a un intermedia-rio. Molti anni dopo vedemmo nuovamente Puccini a New York, dove in società, cercava di rendersi sgradevole con un comportamento deliberatamente villano, come sputare eccetera, ma senza riuscirci. Era un Don Giovanni, e le donne si azzuffavano per lui. Si può immaginare che dopo tutta questa rumorosa celebrità e tante profferte amorose, avesse nostalgia della sua casetta modesta e della sua compagna che stava ritirata  –  dove viveva esclusivamente per il lavoro, in una quiete conventuale.44

V

Diversamente dalle affermazioni di stima e di interesse verso Puccini e la sua musica segnalate fin qui, la posizione di Adorno fu ostile per partito pre-so, tanto che giunse ad assimilare la sua ultima opera alle operette di primo Novecento. Con giudizi sferzanti Adorno collocava Puccini tra i ‘geni del male’ dell’incultura diffusa e attribuiva alla melodiosità di tanta sua musica un mero carattere da canzonetta riducendola a un sintomo di regressione, in quanto tale da condannare e osteggiare da parte degli intellettuali impe-gnati per il progresso nella musica e nella società. La sua critica negativa ha influito sul ritardo nel riconoscere alle opere di Puccini la giusta collocazio-ne tra la musica più importante e significativa del primo Novecento, con un rifiuto preconcetto che non è stato argomentato né da Adorno né da suoi seguaci attraverso lo studio delle qualità del pensiero musicale pucciniano, una presa di distanza aprioristica sopravvissuta fino a tempi recenti.

Senza affrontare nel dettaglio i termini filosofici e sociologici della cri-tica di Adorno verso il teatro musicale italiano, basta qualche citazione per documentare la sua posizione negativa verso Puccini. Una rassegna di giu-dizi deve contemplare anzitutto la recensione della prima rappresentazione di Turandot a Francoforte, apparsa su «Die Musik» nel luglio 1927, e i suoi toni sarcastici:

44 Alma Mahler-Werfel, Mein Leben, pp. 213, 225-226; trad. it. (modificata) in Autobiogra-fia, p. 225. L’episodio relativo alla Bohème è narrato anche in Gustav Mahler. Ricordi e lettere, p. 40 e ivi datato 1902.

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Die Ambitionen, die es gleich dem Pierrot lunaire auf erhabenen Stil richtet, sind Ambitionen der Schminke wie nur die des Bergamasken, und je ernster die Oper sich intendiert, um so offenbarer wird der Unrest ihrer objektiven Inten-tion. Es wäre kein Einwand, wäre es Puccini nicht gerade um Ernst und symbo-lische Würde zu tun gewesen. Sie freilich ist zu bestreiten; an der Zufälligkeit der Stoffwahl, der unreinen Vermengung von posthumer Zeremonialoper, halb-bewusster Commedia dell’arte und Rührkitsch käme die Fragwürdigkeit der Prätention allein hinlänglich zutage; wobei, wohlverstanden, der Rührkitsch im-mer noch die echteste Opernrealität behauptet. Die Opera seria will allein dem Publikum beweisen, wie seriös sie ist; und wird damit ebenso kunstgewerblich leer und aktualitätsfremd, wie ihr ideales Publikum es ist. Dabei bringt die Mi-schung von vergilbtem Pomp, nachträglicher Exotik – echt pentatonisch, versteht sich – und zartem Sadismo manches hervor, worin der Toskaner triumphiert; al-lerdings in anderer Unsterblichkeit, als er sich erhoffte, einer Unsterblichkeit, die vom offenen Kino auf die Straße führt; aber ist sie nicht am Ende die bessere? Auch lässt sich nicht leugnen, dass Puccini in der Turandot um vieles fortgeschrit-ten ist und mit souveräner Freiheit über sich disponiert; das Japan der Butterfly jedenfalls, das ich neugierig ein paar Tage vorher besuchte, wirkt gegen das China der Turandot wie eine Postkarte von 1890 gegen einen Ufa-Großfilm von heutzu-tage. [...] So hat Puccini, mir einer richtigen Erlösung, doch noch seinen Parsifal geschaffen: eine Bühnenweihfestoperette. Repertoirestück wird sie genau so we-nig wie der echte Parsifal. Sie wird sich nicht halten; man wird sie ausgraben, um zu beweisen, dass der Puccini doch respektabel gewesen sei; und er wird sich, des würdigen Kostüms rasch überdrüssig, anonym, frech und selig zu den Geigen des Cafés retten.45

45 Theodor W. Adorno, Gesammelte Schriften, vol. 19, Musikalische Schriften, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1997, pp. 97-98 (in seguito GS). «Le ambizioni rivolte a uno stile elevato affine al Pierrot lunaire sono ambizioni di belletto, soltanto affini a quelle del Bergamasco, e tanto più l’opera si prende sul serio, tanto più si palesa la pochezza della sua intenzione oggettiva. Non sarebbe una critica se non fosse stato lo stesso Puccini a suggerirla per serietà e dignità simboli-ca. Certamente è da contestare, se la casualità nella scelta dell’argomento, l’impura mescolanza di opera cerimoniale postuma, commedia dell’arte semicosciente e kitsch lacrimoso non bastas-sero a mettere in luce l’equivoco della pretenziosità; con ciò, a ben vedere, il kitsch lacrimoso riafferma la più autentica realtà operistica. L’opera seria intende soltanto dimostrare al pubbli-co quando sia seria, e in questo modo diventa artificiosamente vuota ed estranea all’attualità, tanto quanto lo è il suo pubblico ideale. Inoltre, il miscuglio di pomposità ingiallita, esotismo in ritardo – veramente pentatonico, pare – e delicato sadismo produce molti aspetti in cui il toscano trionfa; comunque in una immortalità diversa da quella che auspicava, l’immortalità che porta in strada dal cinema all’aperto; però, in fondo, non è la migliore? Tuttavia, non si può negare che Puccini nella Turandot sia progredito molto e disponga di sé con libertà sovrana; il Giappone della Butterfly, cui ho assistito con curiosità qualche giorno prima, in confronto alla Cina della Turandot fa l’effetto di una cartolina postale del 1890 rispetto a un grande film della Ufa di oggi. [...] Così, con una giusta redenzione [il sacrificio di Liù come quello di Kundry], Puccini ha creato anche il suo Parsifal: una operetta drammatico-sacra per le scene. Non sarà mai un pezzo di repertorio, come il vero Parsifal. Non rimarrà; la si riesumerà per dimostrare come il Puccini sia stato comunque rispettabile, e si salverà, presto disgustata del costume di-gnitoso, anonima, sfrontata e beata, nei violini dei caffè».

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Anche nel dopoguerra Adorno confermò il suo giudizio ostile verso Pucci-ni, per esempio in una lettera ai coniugi Horkheimer inviata in occasione del primo soggiorno a Vienna l’11 aprile 1956: «In der Oper gibt’s nur Puc-cini, ich geh gar nicht hin».46

Nel saggio Opera borghese del 1955 scrisse di Puccini in termini sociologici:

Erst in der Ära des vollen Imperialismus wird, mit Puccinis ‘Butterfly’, das Exogamiemotiv in das vom verlassenen Mägdelein zurückgebildet, ohne daß es rasserein vermählten Marineoffizier auch nur noch im Ernst zu seiner Japanerin zöge. Gerade daß die Oper, als bürgerliche Erholungsstätte, auf die gesellschaf-tliche Konflikte des neunzehnten Jahrhunderts so wenig sich entließ, hat es ihr erlaubt, die Entwicklungstendenz der bürgerlichen Gesellschaft selbst so kraß zu spiegeln.47

Nel 1964 trovò nella Bohème «concatenazioni di accordi casuali dal punto di vista tonale».48 Quando, tra ottobre e novembre 1963, trascorse un periodo di vacanze in Toscana e scrisse un reportage per la «Süddeutsche Zeitung» dal titolo Taccuino lucchese, evitò di ricordare che la città è il luogo natale di Puccini, però colse l’opportunità di confermare le sue perplessità verso il pensiero musicale italiano, osservando: «Al musicista viene in mente la pre-minenza della melodia per voci di soprano sulle altre dimensioni in tante composizioni italiane. Architettura omofona».49 Infine, nell’imponente Te-oria estetica si incontra questa frase ostile: «So äußert sich die außerordent-liche Begabung von Puccini in unprätentiösen früheren Werke wie Manon Lescaut und La Bohème viel überzeugender als in den späteren, ambitiöse-ren, die zum Kitsch ausarten durchs Mißverständnis zwischen der Substanz und der Präsentation».50

46 Theodor W. Adorno – Max Horkheimer, Briefwechsel, Band IV, 1950-1969, a cura di Christoph Gödde e Heinri Lonitz, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 2006, p. 355. «All’Opera c’è sol-tanto Puccini, non ci vado proprio».

47 Theodor W. Adorno, Bürgerliche Oper, in Klangfiguren, GS 16, pp.  24-39: 33. «Solo nell’èra del pieno imperialismo, con Madama Butterfly di Puccini, il motivo dell’esogamia re-gredisce a quello della fanciulla abbandonata, senza che l’ufficiale di marina, sposato con una donna della sua razza, venga più trascinato sul serio verso la sua giapponese. Proprio il fatto che l’opera, luogo di ricreazione dei borghesi, sia scesa raramente sul piano dei conflitti sociali dell’Ottocento le ha permesso di rispecchiare così vistosamente la tendenza di sviluppo della stessa società borghese», Opera borghese, in Id., Immagini dialettiche. Scritti musicali 1955-65, a cura di Gianmario Borio, Torino, Einaudi, 2004, pp. 26-38: 33.

48 Richard Strauss, ivi, pp. 93-132: 115.49 Taccuino lucchese, in Id., Parva aesthetica. Saggi 1958-1967, Milano, Feltrinelli, 1979,

pp. 128-132: 132.50 Id., Ästhetische Theorie, GS 7, pp. 464-465. «Così le straordinarie doti di Puccini si ester-

nano in maniera assai più convincente nelle prime opere non pretenziose come Manon Lescaut

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Il netto contrasto tra questi giudizi e la stima per Puccini e la sua mu-sica dimostrata dai membri dello Schönbergkreis inducono a interrogarsi sulla posizione e il ruolo di Adorno in quella cerchia. Tra i musicisti che ne fecero parte vanno annoverati molti allievi europei di Schönberg e quanti, pur non studiando o avendo studiato con Schönberg, condividevano le sue posizioni artistiche e teoriche, ovvero i parenti acquisiti con il primo e il secondo matrimonio (Zemlinsky e Kolisch con i rispettivi allievi e collabo-ratori), e gran parte degli allievi di Webern e di Berg che presero parte a vario titolo ai concerti delle stagioni viennesi e praghesi del Verein für mu-sikalische Privataufführungen. Tale Associazione non esisteva più nel 1925, quando il giovane e agiato f rancofortese Teddie Wiesengrund giunse a Vienna per prendere lezioni di composizione in maniera non continuati-va con Berg e poi assumere responsabilità redazionali nel periodico «Mu-sikblätter des Anbruch». Nel 1929 collocò se stesso all’interno del «nostro entourage musicale» («unserer musikalischer Umkreis»), senza averne alcu-na conferma.51

Adorno non godette mai della stima e della fiducia di Schönberg che non lo apprezzava come persona e come compositore e considerava in-sopportabile il suo stile letterario; 52 forse non gli perdonò mai di avere scelto Berg e non lui stesso come maestro di composizione. Il giudizio che formulò in occasione della richiesta di ammissione di Adorno come do-cente alla Preussische Akademie del Künste il 25 gennaio 1933 è tranchant: «Ich halte W. nicht für einen Komponistem, unstreitig aber kann er, was man lehren kann; und über sein Niveau kann es keinen Zweifel geben».53

e La bohème che non in quelle posteriori, più ambiziose, che degenerano in pacchianeria attra-verso la sproporzione tra la sostanza e la presentazione», Teoria estetica, a cura di Enrico De Angelis, Torino, Einaudi, 1975, p. 443.

51 Cfr. la lettera a Berg del 5 maggio 1929, in Adorno – Berg, Briefwechsel 1925-1935, a cura di Henri Lonitz, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1997, p. 209 (in seguito A/B); l’edizione italiana (Theodor W. Adorno  –  Alban Berg, Sii fedele. Corrispondenza 1925-1935, Milano, Archinto, 2016, p. 181, in seguito A/B/it) usa qui sbrigativamente il termine «cerchia».

52 Sulla scrittura di Adorno anche Berg era perplesso: «Aber eine Bitte!! Nicht schwer schreiben! Sie haben gewiß so viel darüber zu sagen, u. ich möchte, daß die, die das lesen wer-den, das alles von Ihnen erfahren. Das können sie aber nur – da sie ja meist nur Musiker u. Mu-sikliebhaber sind –, und philosophisch ganz ungebildet sind – wenn Sie sich gemeinverständlich ausdrücken». Lettera del 3 novembre 1925 (A/B, p. 39), in relazione a un saggio su Wozzeck dopo la prima assoluta del 14 dicembre 1925, pubblicato in «Musikblätter des Anbruch», VII, 1925, pp. 531-533, ora in GS 18, pp. 519-521. «Ma ho una cosa da chiederLe!! Non scriva difficile! Lei ha sicuramente così tanto da dire sull’argomento [Wozzeck], e vorrei proprio che quelli che lo leggeranno, lo apprendano da Lei. Ma questo sarà possibile – dato che per la maggior parte sono unicamente musicisti e appassionati di musica, quindi del tutto privi di cultura filosofi-ca – solo se Lei si esprimerà in modo comprensibile per tutti», A/B/it, pp. 36-37.

53 ASC, ID 6434, lettera a Madame Fraize: «Non considero W. un compositore, però cono-sce indiscutibilmente quello che si può insegnare; e sul suo livello non possono esserci dubbi».

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Altrettanto tranchant è l’esordio di un saggio incompiuto scritto nel 1950 dopo la disputa con Thomas Mann a proposito del Doktor Faustus e dopo la pubblicazione della Philosophie der Neuen Musik: «Ich habe ihn nie leiden können».54

L’unica menzione di Adorno nell’amplissimo carteggio tra Schönberg e Berg si incontra in relazione alla prima assoluta di Zwei Stücke für Streich-quartett op. 2 di Adorno, eseguiti dal Wiener Streichquartett di Rudolf Ko-lisch il 10 dicembre 1926 a Vienna, insieme con l’op. 5 di Webern e brani di altri autori. In questa occasione Berg scrisse a Schönberg: «Ich finde die Arbeit Wiesengrund’s sehr gut, und ich glaube daß sie auch Deine Zufrie-denheit finden wird, wenn Du sie einmal kennen lernen solltest. Jedenfalls ist es in seinem Ernst, seiner Knappheit, u. vor allem der unbedingten Rein-lichkeit seiner ganzen Faktur würdig, als zur Schule Schönberg (u. nirgends anders wohin!) gehörig bezeichnet zu werden».55 Però Schönberg non re-plicò a queste frasi.

L’appartenenza di Adorno alla scuola di Schönberg è confermata anche da una lettera di quest’ultimo: «Dr. Wiesengrund-Adorno gehört, ohne mein Schüler gewesen zu sein, meiner Schule an».56 Tuttavia, la nozione di ‘scuola’ è generica e non si sovrappone immediatamente a quella di ‘cer-chia’ che implica qualcosa di più, come la condivisione di una precisa sensi-bilità musicale e letteraria, un confronto basato sull’analisi di composizioni ed esecuzioni, una frequentazione assidua, condotta anche soltanto in for-ma epistolare, e un affetto amicale esteso alle rispettive famiglie.57

Forse anche per la sua indecisione tra la filosofia e la musica, Adorno non mantenne rapporti stretti con gli esponenti autentici di quella cerchia: poche lettere a Schönberg, un carteggio prolisso ma discontinuo con Berg

54 AS, pp. 539-546: 539, con le lettere a proposito di questo testo e del libro di Adorno. «Non l’ho mai potuto sopportare», SP, pp. 615-618: 615 e apparati alle pp. 683-687.

55 Lettera del 13 dicembre 1926, AS/AB, pp. 281-82. «Trovo molto buono il lavoro di Wie-sengrund e credo che troverà anche la tua soddisfazione se un giorno dovessi conoscerlo. In ogni caso, nella sua concisione e soprattutto nella purezza incondizionata della sua intera fattu-ra, è degno di essere definito come appartenente alla scuola di Schönberg (e a null’altro!)». Sul Quartetto di Adorno Berg scrisse in termini elogiativi anche a Soma Morgenstern (lettera del 3 gennaio 1927), amico di entrambi, che nel suo libro traccia due diverse immagini del filosofo musicista, distinguendo il «giovane Teddie» dal «professor Adorno», cfr. Alban Berg und seine Idole. Erinnerungen und Briefe, a cura di Ingolf Schulte, Lüneburg, Zu Klampen, 1995.

56 Lettera del novembre 1932 alla signora M. Geis di Francoforte (ASC ID 2277). «Il dott. Wiesengrund-Adorno appartiene alla mia scuola senza essere stato mio allievo».

57 Un esempio della distanza tra Adorno e Schönberg sul piano esistenziale è il seguente passo dalla lettera a Berg dell’8 settembre 1933, quando Schönberg si trovava a Parigi già da maggio ed era in procinto di partire per gli Stati Uniti: «Wo ist Schönberg? Ich sprach ihm Ende März, es war nicht sehr erquicklich», A/B, p. 277; «Dov’è Schönberg? Ho avuto occasione di parlargli alla fine di marzo, e non è stato particolarmente piacevole», A/B/it, p. 238.

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(spesso per chiedergli di intervenire affinché la sua musica fosse eseguita e pubblicata), un errore madornale nel primo giudizio su Webern,58 dal quale ricevette una decina di lettere tra il 1929 e il 1937, prevalentemente dedicate a esecuzioni e relative questioni organizzative e interpretative,59 invece una familiarità più stretta con Ernst Křenek e Rudolf Kolisch, anche nel dopoguerra. Nel loro insieme queste osservazioni permettono di col-locare Adorno al di fuori della cerchia di Schönberg e soltanto all’interno della sua più vasta scuola, dunque di leggere le sue critiche a Puccini come l’orientamento personale di un intellettuale altezzoso e incapace di autocri-tica (come buona parte dei suoi estimatori antipucciniani).

L’analisi del ‘caso Puccini’ conferma che l’autorevolezza di Adorno come esegeta della Seconda scuola di Vienna fu in larga misura dovuta alla sua Philosophie der Neuen Musik nell’Europa nel dopoguerra, sebbene la sua voce non fosse considerata autorevole all’interno dello Schönbergkreis. An-che nei tanti scritti del dopoguerra, e in particolare nelle conferenze degli anni di Darmstadt,60 Adorno si erge a portavoce della scuola di Schönberg e non della sua cerchia, alla quale non apparteneva, così come non appar-teneva a quella degli intimi di Berg.61

Un altro compositore, soltanto tangenziale allo Schönbergkreis e a sua volta – come pure Hindemith – vittima degli strali di Adorno,62 fu Kurt Weill, il quale si espresse in termini molto positivi su Puccini in una conver-sazione radiodiffusa l’8 febbraio 1947 insieme con l’esecuzione di Madama Butterfly al Metropolitan di New York:

Er [Puccini] war ein Genie unserer Tage, er schrieb für uns, in einer Aus-drucksweise, die wir verstehen. [...] Ich würde ihn den ersten Opernkompo-nist nennen, der die moderne Auffassung von der Psychologie menschlicher Beziehungen reflektiert. Schon seine Auswahl der Libretti bestätigt dies: sie sind modern, realistisch – ebenso denkbar als eigene Stücke. [...] Ich habe das

58 Soltanto nel 1929 Adorno scrisse a Berg di avere cambiato opinione su Webern con queste parole: «Ho totalmente accantonato le riserve che avevo in precedenza e devo dirmi del tutto e per tutto d’accordo con Lei: è una persona meravigliosa», A/B/it, p. 211.

59 Cfr. Anton Webern, Briefe an Theodor W. Adorno, a cura di Rolf Tiedemann, in Musik-Konzepte Sonderband Anton Webern I, München, text + kritik, 1983, pp. 6-22.

60 Cfr. le conferenze dedicate a Schönberg nel 1955 e 1956 in Theodor W. Adorno, Kra-nichsteiner Vorlesungen, a cura di Klaus Reichert e Michael Schwarz, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 2014 («Nachgelassene Schriften», Abt. IV, Band 17).

61 Cfr. Rosemary Hilmar, Dr. Adorno war nur ein Schüler von Alban Berg, in Adorno in seinen musikalischen Schriften, a cura di Brunhilde Sonntag, Regensburg, Gustav Bosse Verlag, 1987, pp. 107-138.

62 Cfr. il necrologio di Adorno per la «Frankfurter Rundschau», 15 aprile 1950, e gli artico-li Zur Dreigroschenoper, «Die Musik», XXII, 1929-30, pp. 424-428 e Kompositionskritik: Kurt Weill, Kleine Dreigroschenmusik, «Musikblätter des Anbruch», XI, 1929, pp. 316-317, dove definisce il lavoro «un potpourri per orchestra di fiati».

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ANNA MARIA MORAZZONI

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Gefühl, daß Puccini weniger am musikalischen Experiment an sich interessiert war, als vielmehr an der Wirkung, die es beim Publikum im Opernhaus erziel-te. [...] Puccini war ein großer Meister nicht weil er ungewöhnliche Akkorde schrieb – jeder kann das tun – sondern weil er diese Akkorde mit so ungewöhn-licher theatralischer Kunstfertigkeit und Phantasie einsetzte. Er erreicht diese Wirkung, und die Zuhörer sind bewegt. Das ist eine große Leistung, wie mir scheint. Mich interessiert es wenig, ob ein Theaterkomponist in betont moder-nem (wie wir sagen: atonalem) Stil schreibt, oder ob er das C-Dur niemals ver-lässt, solange er damit emotionale Wirkung erreicht. Und in eben diesem Sinne ist Puccini unerreicht.63

VI

Per concludere, un’annota-zione al femminile relativa a Tu-randot e alle mogli di Schönberg e di Berg. La riduzione per can-to e pianoforte conservata nella biblioteca privata di Schönberg reca non una dedica ma una preghiera alla moglie, formula-ta come uno dei tanti bigliettini affettuosi che i coniugi si scam-biavano spesso (cfr. fig. 4). Il te-sto recita:

63 Kurt Weill, Musik und musika-lisches Theater. Gesammelte Schriften, a cura di Stephen Hinton e Jürgen Schebe-ra, Mainz, Schott Musik International, 2000, pp. 512-515. «Era un genio del no-stro tempo, scriveva per noi, in una ma-niera di esprimersi che noi comprendiamo. [...] Lo chiamerei il primo compositore operistico che riflette la concezione moderna della psicologia delle relazioni umane. Lo conferma già la sua scelta dei libretti: sono moderni, realistici – perfino da immaginare come pezzi autonomi. [...] Ho la sensazione che Puccini fosse meno interessato allo sperimentalismo musicale in sé, ma piuttosto all’effetto che esso realizzava nel pubblico in sala. [...] Puccini era un grande maestro non perché scriveva accordi insoliti – possono farlo tutti – ma perché introduceva tali accordi con capacità artistica e fantasia teatrali del tutto insolite. Raggiunge questo effetto e gli ascoltatori sono commossi. Questa è una grande prestazione, a mio parere. Mi interessa poco se un autore teatrale scrive in stile marcatamente moderno (come diciamo noi: atonale) o se non abbandona mai il Do maggiore purché raggiunga efficacia emozionale. E proprio in questo senso Puccini è impareggiabile».

Fig. 4. Le parole destinate a Gertrud Kolisch Schönberg sull’anti-frontespizio dell’edizione di Turandot presente nella biblioteca privata di Schönberg.

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L’IMMAGINE DI PUCCINI PRESSO LO SCHÖNBERGKREIS

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Gieb mir, meine Liebste, keine schweren Rathsel [sic] auf ! Oder besser: gar kein [sic]! Ich glaube ich kann sie nicht lösen. Man kann sich auch ohnedies ver-sohnen. Dein Arnold 3/II. 1927 64

Tra febbraio e marzo 1934 Berg trascorse un periodo solitario al Wald haus, la casa di campagna sul Wörthersee acquistata nel 1932, e scrisse quoti-dianamente alla moglie un resoconto (fin troppo) dettagliato delle proprie giornate. Nella lettera del pomeriggio di domenica 11 marzo 1934 si in-contrano queste frasi: «Eben drehe ich das Radio auf und suche Musik: siehe da, die große Arie der Turandot: Pferscherl hätte Freude (Budapest, Roselle?)».65

Dunque, l’attenzione dei protagonisti dello Schönbergkreis verso Pucci-ni, si estendeva anche alla sfera privata: è facile immaginare conversazioni familiari o con ospiti e allievi, in cui si parlava delle sue opere.

64 ASC, Musikalien 758. «Carissima mia, non impormi enigmi difficili! O meglio: proprio nessuno. Credo di non poterli risolvere. Ci si può riconciliare anche senza. Tuo Arnold, 3 feb-braio 1927».

65 Briefwechsel Alban Berg – Helene Berg, p. 723. «Ho appena acceso la radio e cercato mu-sica: ecco qua, la grande aria della Turandot [«In questa reggia»]. A Pferschl sarebbe piaciuta. (Budapest, Roselle?)». In Berg, Lettere alla moglie, p. 391, manca l’indicazione del luogo e del presunto direttore della rappresentazione. Berg ascoltava abitualmente musica alla radio e lo segnalava spesso nelle lettere, anche con osservazioni sulla qualità dei brani, delle esecuzioni e delle trasmissioni.