liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti...

107
: IIIIIIlIIIIIIIIIIIIIIII ‘‘liii’ Pie,vsara nel I 9—15. Pieroa un tel I 988.

Transcript of liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti...

Page 1: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

:

IIIIIIlIIIIIIIIIIIIIIII

‘‘liii’

Pie,vsara nel I 9—15.

Pieroa un tel I 988.

Page 2: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IHllIllhI1IIl le esteso dalla pianura di Fabriano alle gole del Sentino edella Rossa,

L’organizzazione distributiva degli spazi e le funzioni1recise dei singoli organismi costruttivi esaurisc000 ben

3

IIIIIIIIIIIIIIIIIII’II!II

i\ Ii / i (H,ii1 fI

La porta jbrt ficata.

VIABILITÀ

MLRLS GERONIS

\1UR[S Bt’RGI

BORGO MURATO

CHIESA

i jAN[A CASTRI

2 PORTA CERO\TS

3 PORTA BORGo GIANO

4 T( )RREBORGO ESTERNO

DIFESA NATi RALE

ORTI

PIANTA

ORTOFOTOCARTA SEZIONE

Page 3: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

presto le limitate superfici a disposizione all’interno dclcassero, m)n consemendone ulteriori ampliamenti.

Questo stato di tatto Comporta una evoluzione urbanistiCa del castello che rimane sempre incentrata nel casseroma si sviluppa Con la costruzione di borghi murati e, successivamente, di borghi esterni lungo Li principale via diaccesso.

Al borgo murato ( ìnurzis btiii) si accede ora attraverso una sola pcrta lortilicata ( iaiìiui castri) ad arco a tuttosesto e volta interna a botte in pietra, che immettenell’unica stradina che perimetra il Sovrastante cassero nellato ovest da nord a sud.

La presenza in epoca medioevale di un ulterioreaccesso, ora scomparso ma anch’esso munito delle necessarie opere di protezione, si può desumere dalla docu—nentazione dell’epoca ccl in particolare dagli antichiinventari che registrano il deposito nel palazzo cli $ chiavidi terro: —i del palazzo stesso, una della porta della torre etre per ognuna delle porte del girone e del borgo murato,

Nel lato a valle, le abitazioni del tipo a schiera su due—tre piani e costruite in pietra locale si appoggiano o costituiscono parte integrante del miirus bziiti. mentre sul latoa monte rimane ben visibile la base delle mura difensivedel cassero. Per chi arriva cia sud la strada esterna giungetino al borgo murato (fin nel XIII chiamato Borgo Gianoclic si presenta .s)n le case a schiera disposte lungo i duelati della via.

Lo stato cli conservazione generale del nucleo cli Piero—

.sl

su’a periette ancora oggi una lettura storica ed urbanisti— 1111ca dell’organizzazione degli spazi che caratterizzano questo tipico castello medioevale cli cui si mantengono ancora la tessitura viaria. la torre, alcuni tratti delle mura dicinta e delle abitazioni fortificate e due dell’e porte cliaccesso.

Al contrario, i singoli manufatti presentano le tipichemanomisSioni e trasformazioni che hanno interessato tuttii nuclei minori sparsi nel territorio. soprattutto negli ultimidecenni a causa delle mutate esigenze di vita; (li quasitutte le strutture solo a tratti si riesce infatti a percepire lecaratteristiche costruttive originarie. (av.)

BENI ARTISTICI Nella chiesa parrocchiale, sulle pareti del presbiterio, si conservano due tele entro belle cornici coeve cli fine ‘500.

Vi sono raffigurate due coppie cli .Si,it/ e di .S’a,ite, incui non arduo rintracciare stilemi che riconducono almondo figurativo di certa cultura marchigiana sviluppatasidalla feconda costola cli Lorenzc Lotto,

Nel caso specifico. i legami più stretti parrebberodoversi rintracciare con l’opera tenera e devota di Vincenzo Pagani, al quale l’ignotc autore di queste tele sembraaccostarsi per ampiezza di forme e per le forti accensionidella tavolozza.

Databili alla seconda meG del XV secolo. (g.cl.)

i I I I III I I III 111111• I••

Page 4: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

SAN DONATOAltitudine m. 501. Posizione: poggio. Abitanti: 50(1981).

TERRITORIO E situato su un rilievo che si erge in unasinclinale interna e che costituisce lo spartiacque ideale tra

1 bacino del Giano e quello del Sentino. 1 terreni, pur seiuttj lormatisi alla line del ,\liocene, Sono ari: il castellogiace su depositi torbiditico—arenacei, mentre a ESE pre—valgono rocce della lormazione gessoso—soltifera e ad \Vemergono marne, inarne calcaree e marne argillose (Sch—lie r).

1 n base alle caratteristiche altitudinali. morfologiche eclimatiche, la vegetazione dovrebbe essere costituita cIa(luerceti di ro erella e da orno—ostrieti ma l’intensa utilizzazione agricola della zona ne ha cancellato praticamenteogni traccia. ( m.r.g.)

LINEAMENTI STORICI La tradizione locale \uoleche il primo nucleo abbia avuto origine ad opera degliabitanti della vicina Sentiniim. dopo la devastazione della(ittt compiuta nell’Vili secolo dC. dagli eserciti longobar—di di l)esiderio.

Ad av alorare questa tesi, accettata anche dal cronistaDomenico Scevolini. ‘ iene riportato il testo latino cli unalapide marmorea, anticamente inserita nelle mura, poispostata sopra la porta di accesso alla rocca, a ricordodelle sventure del popolo sentinate e della costruzione delpiccolo insediamento.

Posto a circa meta strada tra Sassoferrato e Fabrianonei pressi cli un colle lambito dal torrente Marena, ilnuc’leo, sempre secondo la tradizione, deve il SLiO nome alsanto la cui festa si celebrava nel giorno in cuì il luogo erastato eletto a sede della nuova edificazione.

La lapide risulta gii distrutta nel Cinquecento ccl iltesto trascritto dallo Scevolini appare cli autenticitl alquanto sospetta: al contrario un’iscrizione marmorea proveniente dalla pianura circostante bi presupporre lo sfruttamento agricolo del territorio anche in eti romana e laconseguente localizzazione di piccoli insediamenti ruralisui poggi circostanti,

Nei pressi. la presenza della piccola pieve di Santa\laria resta l’unica testimonianza della organizzazionecivile ccl economica dell’area relativamente al periodoaltomedioevale: per il basso medioevo la documentazionepiù ricca consente di ricostruire le vicende che interessanocIa vicino l’incasato. Questo agli inizi del Duecento faparte del territorio soggetto al chicato (li Spoleto ed i

TOPONI11O L a,ciotopon lino di?ril’erebhe dal Saiito bor—,(O,(ì1Oift’ Sc-’,diiciCe de la t’cc)la di S. C’olombano o da unnlclrtii’e de/i a,itica Se;ilinu,n. (

Page 5: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

jflfflfl governato da due famiglie alle quali appartiene la maggiorparte del castello, sul quale, per quote minori, vantano ipropri diritti il vescovo di Camerino ed altri nobili delcontado.

Il documento più antico risale al 1203 e contiene ipatti stipulati tra la comunità di Fabriano ed i due maggiori feudatari, Bernardo e Alovisio, che si aggregano aglialtri nobili locali ricevendo, in cambio del riconoscimentodella giurisdizione comunale sul territorio ad essi soggetto,le consuete assegnazioni di aree fabbricabili all’internodella città, la promessa di non distruggere l’impianto fortificato di San Donato nè di diminuirne la popolazione, el’assicurazione ad essere protetti da ogni possibile nemico.

Il piccolo castello è infatti posto in posizione strategicarispetto alle due più grandi realtà comunali, Sassoferrato eFabriano, che si vanno velocemente consolidando edentrambe costituiscono una reale minaccia per la politicaespansionistica tenacemente perseguita per il dominio sulcontado. Infatti pochi anni più tardi (1209) Bernardo ed isuoi figli sono costretti a stipulare con Fabriano un ulteriore atto che assume la forma di una vera e propria sottomissione al comune più forte che ha assaltato il castello elo ha semidistrutto, costringendo buona parte della popolazione a rifugiarsi nella città ed a costruirvi nuove case.

La posizione di debolezza del feudatario, al quale glieserciti cittadini hanno distrutto persino le abitazioni proprie. risulta ancora più evidenziata dalle condizioni difatto poste da Fabriano per lassoggettamento: pur rimanendo di proprietà del signore il castrum e le relative pertinenze, quanto rimane di questo sarà potenziato odabbattuto secondo la volontà del Comune, senza il cuiassenso non verranno costruite altre fortificazioni nel territorio.

Nel 1213 il riconoscimento della giurisdizione dellacittà sulle terre di confine con Sassoferrato viene sancitodallo stesso Diopuldo duca di Spoleto che, in cambiodella remissione delle pene pecuniarie per le violenze ed isaccheggi effettuati dai fabrianesi ai danni degli abitanti,chiede la corresponsione di un censo annuo.

Nel 1222 Pellegrino di Girardo, proprietario di moltibeni nelle ville di Nebbiano. Avenano, Collestellano. Chigne. Isola di Filello e nel castello di Collamato. vendeogni diritto sulle terre comprese tra il monte Cucco, il torrente Marena ed il fiume Esino. Anche in questo caso lavendita non appare spontanea, ma forzata dalla aggressione e dagli atti di violenza compiuti dai Fabrianesi perindebolire la potenza dei feudatari circostanti, che vengono privati degli ultimi baluardi di difesa e costretti a promettere di abitare nella città e di non ricostruire nuovipunti di forza.

Per quanto riguarda San Donato il castrum distruttonegli anni precedenti non figura ancora ricostruito: il piccolo insediamento ha perso la denominazione di castelloed è citato con il termine più generico di “curia’.

Negli anni successivi, anche in considerazione dellasua posizione di confine e delle minacce derivanti dal crescente potere militare esercitate dai conti Atti della vicinaSassoferrato, l’insediamento viene nuovamente dotatodelle strutture difensive, tornando ad essere uno dei piùimportanti castelli del contado fabrianese e l’unico

nell’area a protezione delle ville di Viacce, Chigne e Fontanaldo, i cui beni si estendono sulle montagne limitrofefino ai confini con Sigillo.

Tornata la Marca ad opera del cardinale Alhornozsotto il dominio temporale della Chiesa di Roma, nel 1367il Vicario generale concede ad Alberghetto ed a GiovanniChiavelli la custodia della terra di Fabriano ed in particolare dei due castelli di Genga e San Donato: è in quest’ultimo insediamento che la potente e battagliera famigliafabrianese costruisce un presidio ben fortificato da poterusare in caso di bisogno per potervisi asserragliare nellaeventualità di disordini cittadini, fondando in San Donatoquella solida rocca cui accenna anche lo Scevolini.

Di fatto, da questo periodo fino agli anni immediatamente successivi alla strage dei Chiavelli, la storia del piccolo castello è strettamente legata alle sorti della famigliafabrianese che vi possiede campi, vigne, orti, e case sianel castrum che nella sua corte. Quando infatti il 25 maggio 1435 viene portato a termine il disegno di sterminareogni componente della Signoria, Nolfo, figlio dell’odiatoTommaso, si trova a presidiare la rocca di San Donato esfugge fortunosamente all’eccidio. Viene raggiunto prontamente dal fratello Guido che milita al soldo dello Sforza distanza in Umbria, e con l’aiuto dei conti della Genga,rimasti fedeli ai chiavelleschi, da qui parte il primo tentativo per riconquistare alla Famiglia la città ribelle, tentativoche viene sventato quasi per un caso fortuito.

Dopo il fallimento, Nolfo si rifugia nuovamente nellaroccaforte di San Donato, in attesa di tempi migliori e peroltre un anno costituisce una vera e propria spina nelfianco del nuovo governo cittadino.

Nè va dimenticato che l’unica strada che collegaFabriano con Sassoferrato e, attraversata Pergola, giungefino all’Adriatico, passa necessariamente per San Donato;è una via antichissima che consente sia l’ingresso nellacittà seguendo la diramazione per Torre Cecchina, Trigo eCamaiano, sia di raggirarla piegando verso il tratto di Coccere. Cupo, San Cassiano e, attraverso il passo di Chiaro-monte, superare il valico di Fossato. Quest’ultima datempo immemorabile viene preferita dai mercanti peraccorciare le distanze con l’Umbria e Roma.

Fabriano quindi, che si vede minacciato troppo da vicino, il 29 maggio 1436 delibera di inviare il proprio esercito per pacificare i confini e porre termine alla ribellionedel contado, anche in considerazione del fatto che l’esempio del piccolo castello è stato seguito da Genga e daPrecicchie, rimasti in mano ai fautori della famiglia Chiavelli.

354

Ma nonostante il feroce assedio la roccaforte di SanDonato resiste agli assalti fino al 9 giugno e dà modo aNolfo di scendere a patti con gli assedianti, che in cambiodella capitolazione concedono a lui ed alle sue truppe diallontanarsi indenni.

La vendetta della città su chi resta e su tutta la piccolacomunità giudicata ribelle è immediata; oltre alla “dìstruzione e desolazione” arrecate durante e dopo l’assedio, imaggiori esponenti locali vengono posti al bando e condannati alla confisca dei beni. Solo due anni più tardi, adopera di Francesco Sforza, gli espulsi potranno tornare,rientrare in possesso delle proprietà alienate ed iniziare

lIiIIIIIIIIlIIiIIIIIIIIIII

Page 6: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

lopera di ricostruzione delle case.Nello stesso anno inoltre Fabriano ottiene anche laremissione delle pene incorse per la distruzione dei duecastelli di Genga e San Donato.Negli uomini d’arme rimane però il ricordo dellalunga difesa sostenuta dalla rocca; così, quando l’armata

di Niccolò Piccinino nel 1443 viene sconfitta a Montelaurodi Pesaro dalle truppe sforzesche, questi, che a suo tempoaveva militato insieme a Guido Chiavelli, si rifugia in SanDonato per riorganizzare l’esercito ed attendere gli aiutipromessi da Alfonso d’Aragona.

Fortunatamente anche Fabriano di lì a poco si ribellaallo Sforza ed accoglie i 2000 cavalieri inviati dì rinforzo alPiccinino, che abbandona il castello senza arrecare ulteriori danni. Quest’ultimo episodio e l’aver dovuto forzatamente provvedere al mantenimento delle schiere prostrano definitivamente la piccola comunità, che è costretta adinviare una supplica a Fabriano e ad Alfonso d’Aragona.Ricordando gli orrori della lunga guerra civile, l’assedio ela distruzione dopo la resa, il saccheggio dei beni ed infine l’estrema povertà degli abitanti tutti, vengono richiestila remissione dei processi e delle condanne pendenti dal1435 in poi, speciali sgravi fiscali a favore della popolazione, diminuita di numero e quasi indigente, l’esenzionePermanente al mantenimento di gente armata entro lemura ed il permesso di impiegare il ricavato della venditadei beni mobili ed immobili, appartenuti ai Chiavelli nellepertinenze del castello, per il rifacimento e la riparazionedelle opere di difesa del nucleo.

Alfonso accetta tutti i punti della supplica imprimendoil placet di propria mano e la città è costretta a registrare ipatti con il castello tornato sotto la sua giurisdizione nelgennaio del 1445.

Nel 1486 tra il comune i castelli si provvede a stipulare appositi accordi in merito alla distribuzione dei carichifiscali, ripartiti per il contado in relazione al numero dellefamiglie residenti. San Donato conta 50 “fuochi” ma laripresa è lenta e nel 1564, quando gli accordi debbonovenir rinnovati, il castello invia un preciso memoriale incui si fa riferimento alla diminuzione costante della popolazione.Si lamenta inoltre la poca fertilità dei terreni di montagna, soggetti all’erosione ed al dilavarnento continuo delleacque, mentre la proprietà più appetibile posta in pianuraè stata quasi per intero acquistata dai Fabrianesi, con laconseguenza che i residenti sandonatesi “ sono venuti intanta povertà che non ci possono più restare”. La stessaproprietà collettiva, bene prezioso per le piccole comunità(li montagna, è ridotta ad appena 37 some, pari a pocopiù di 56 ettari.

E’ all’inizio cli questo secolo che vengono trascritti gliStatuti che garantiscono una sia pur limitata autonomiaamministrativa ed organizzativa.Nei secoli successivi le notizie riportate dai cronisti suSan Donato sono scarse: nei primi anni del Settecento lapopolazione ammonta a 400 abitanti; questi salgono poi a454 nel 1808 e a 694 nel 1872.Verso la fine del Settecento vengono portati a termineil restauro completo della casa pubblica, antica sede delcastellano e luogo di riunione degli amministratori locali,

ed il riattamento della strada con tratti di percorso piùagevole. I lavori sulla cosiddetta “strada Pia” che, come lapiù antica, attraversa ancora San Donato per collegareFabriano a Sassoferrato, comportano una spesa di oltre2000 scudi; la via viene ben presto abbandonata per unnuovo tratto di raccordo, detto della Genga, che attraversail nucleo di Collegiglioni.Solo agli inizi del secolo attuale viene proposta lacostruzione di una arteria dal tracciato pianeggiante chesegue l’asse di scorrimento del torrente Marena; la correzione del collegamento viene così ad emarginare completamente il nucleo di San Donato. (n. 1.)

Il castello è posto su diun crinale che permette di controllare sia la vallata diFabriano che quella di Sassoferrato; l’importanza di primissimo piano che il sito riveste è evidente, soprattutto sesi pensa che, a differenza di quanto accade oggi, nel passato la via che univa i due importanti comuni attraversavaSan Donato, rendendo così fondamentale il suo controllopolitico-militare.E’ un nucleo di poggio e pertanto il suo tessuto urbano si presenta come un perfetto modello di tipologia a‘fuso”, con asse centrale identificato nella via principaleche organizza due vie minori parallele ed il pomerio interno che corre tra la cinta murata e le abitazioni.Queste ultime si compongono lungo le vie con regolarissima tipologia rettangolare a schiera; i moduli, cheseguono le curve di livello, sono singoli o doppi, tipicidella casa-torre medioevale su due o tre livelli.I materiali utilizzati per i manufatti sono la pietra calcarea ed i mattoni in cotto, mentre la cinta muraria, cheesalta la buona difesa naturale del poggio, ha il basamen

to lievemente a scarpa ed è tuttora edificata con un paramento di mattoni in cotto a faccia vista. Lungo il suo perimetro sul lato sud si nota una interruzione per consentireun accesso carrabile al castello.La tipologia a fuso del tessuto urbano rispecchial’organizzazione della rocca-recinto con il maschio a fianco della porta d’ingresso fortificata, per giungere allaquale si deve salire lungo una ripida rampa a forma di“esse” che, una volta percorsa, espone direttamente al tiro

Il pomerio interno.

Page 7: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

)venic’nte dagli spalti, COfl il lato destro esposto ed inevidente posizione di inferinritù.

Al)pefiii superata la porta si apre la piazza mtistante ilpalazzo signorIle che pur nella disposizione urbana classi—ca modula, )itre al tipo formale di spazio chiuso, due areeminori: la prima si aifaccia con un belvedere su di unampio panorama ora vi si trova l’ingresso carrabile al(:01db): la seconda clii risalto alla chiesa ed alla sua t’ac—ciata ed ‘ una piazza ben strutturata ed arricchita dallapresenza di importanti edifici, come la norma urbanisticamedioevale mutua dal for romano.

Inline merita di essere sottolineato come al pomeriointerno corrisponda un ampio pomerio esterno, la cui ori—inale funzk)ne di spazio i libero nel quale gli assalitori nonhanno alcuna difesa, e ancora pertetiamente leggibile cclindividuabile nella mappa catastale del 1 l4, nonostanteche la proprielù figuri giù fi-azionata in più particelle coltivate ad orti e vigneti.

Nello stesso periodo non risulta che oltre alla cintamuraria il castello sia anche difeso cia un fossato e del‘estO proprio la sua posizione ne avrebbe reso problematica la realizzazione. (g.p.h.

IIIIIII,alIIIIIIIItIIlIII

i l’ci iìitc’rlici Coi? tiiidciiìieiìto a ‘/iiso

i’jrjiOCARTA

Page 8: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

-

Altitudine ms. 503. Posizione: versante. Abitanti: 6 (1989).

fERRJTORIO In posizione centrale rispetto all’areaconsiderata, tra Fabriano e Sassoferrato, si trova sul versante orientale di una piccola anticlinale interna costituitadalla linea monte di Nebbiano-Piano della Croce delimitata ad ovest dal torrente Marena e ad est dal fosso delleFondiglie che influiscono entrambi più a nord del Sentino.

li terreno, generalmente di natura calcarea. è costituitoda scaglie di vari colori a contatto, nella zona orientale,con detriti di falda, molto permeabili, formatisi durante ilQuaternario per accumulo di materiali erosi dagli agenti

357

eSogeni.Sulle aree circostanti, sia verso il Piano della Croce sia

verso il monte di Nebbiano, permangono ancora cospicuetestimonianze della vegetazione originaria sotto forma dipiccoli boschi cedui che ricoprono i versanti più acclivi.mentre la zona orientale digradante verso la valle fluvialeè interessata da coltivi in genere erbacei. (m.r.g.)

lINEAMENTI STORICI Il marchese Venanzo Benigni nel suo lavoro dal titolo C’ompendioso ragguaglio dellecose pii notabili di Fabriano, spaccato di vita fabrianesedegli inizi del XVIII secolo, nota: “Montorso o vero Trenquelle, 4 in 5 miglia distante da Fabriano”. Ed in realtà lastoria dei due insediamenti è spesso intrecciata così strettamente che non è ficile distinguere l’evoluzione dell’unoda quella dell’altro.

Secondo lo Scevolini Monte Orso nasce per volontà diTommaso Chiavelli che, nel 1423”prima che fosse spento,già aveva cominciato a porre i fondamenti”. Nella documentazione dell’epoca però, ed in particolare in un elencodi castelli e ville dipendenti da Fabriano compilato nel11d6, non compare alcun riferimento al castello, mentre

TOPONIMO La probabile derii ‘azione di questo toponimo potrebbe ricondursi, piz che alla Jòrma comunemente attestata nei documenti (sin da quelli più antichi)di Trenquello. Trenquelle. Trinquelli e simili, alla variante.attestata in docz.menti del 1363 e del 1468. Tranquillo.Irse antroponimo.

Suggestiva potrebbe essere una derivazione dal faunonimo orso ‘. la cui presenza è attestata nei secoli passatinella nostra zona anche dal toponimo Orsaria. Ma non èda escludersi del tutto una origine antroponimica dal personale Orso. (i.q.)

IIIIIIIIEIIl

Page 9: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I IIIIIIIIIIIII Trenquello viene annoverata tra le ville assegnate al quartiere di Castelvecchio.

In effetti, fin nei documenti più antichi appare registrato il toponimo clusa et curia Trenquelli; nel 1170 suquel territorio si estende già la giurisdizione di Fabrianoper effetto della aggregazione dei feudatari della zonaposta a nord e densa di agglomerati e di castelli di unacerta importanza, quali Nebbiano, acquistato da Fabrianonel 1220 e subito dopo smantellato nella parte fortificata,Moscano trasformato in villa, Conca condannato alladistruzione già nel 1192 secondo la sentenza resa dal giudice Omocleo, chiamato a dirimere le controversie nate trai consoli fabrianesi ed i figli del conte Attolino, feudatariodel luogo.

Agli inizi del Trecento gli abitanti della villa di Trinquelli pagano annualmente un affitto simbolico di 30 soldiper l’uso dei pascoli di proprietà comunale posti sui monticircostanti.

Nel 1486 l’insediamento è annoverato tra i 12 castellidel contado e conta 26 “fochi”: è uno dei pochi che nonha proprietà in uso comune. Un cinquecentesco appassodelle terre annota per il nucleo l’estensione di 215 some e6 coppe stimate 8.089 scudi, il cui valore medio — pari ameno di 34 scudi per soma — è uno (lei 1Ù bassi dell’intero territorio.

In questo periodo vengono indirizzate alla Comunità (liFabriano due suppliche: una riguarda la richiesta intesa adottenere uno sgravio sulle contribuzioni imposte dalla cittàmotivata dalla consistente diminuzione della popolazione.l’altra informa sui frequenti crolli di larghi tratti delle muradi cinta e sulla rovina (Iella casa del castello divenuta deltutto inagibile. Gli Homeni del castello de Trenquellolamentando che l’insediamento non sia più abitabile nè sigiustifichi più tenere guardie armate, propongono cheFabriano destini al rifacimento delle mura e delle abitazioni gli affitti pagati dagli abitanti per l’uso dei pascolicomunali.

Nella documentazione ufficiale seicentesca ogni riferimento a Trinquelli scompare, mentre tra i 16 castelli vieneelencato anche Montorso, che verso il finire del secoloconta 140 abitanti, divenuti 148 circa cento anni dopo(l”98) e F4 nel 1808.

Si hnurano le successive vicende dei due nuclei cd imotivi che spingono la municipalità (li Fabriano a riprendere il disegno. forse interrotto, (li costruire una fortificazione sulla vetta del colle sovrastante il villaggio (li Trin—quelli, o. quanto meno, a dare il via ad un progetto direstauro del castello di Montorso.

Oltre alla effettiva necessità di provvedere alla incolumità degli abitanti e di dotarli delle necessarie opere didifesa, probabilmente il comune intende controllaredall’alto anche l’importante ed antica strada interna che locollega con Genga, via denominata “(li Valle Lunga” chetrova riscontro in entrambi gli Statuti comunali.

Nel Settecento per la stessa via, definita “via (li Valk)n—ga” viene specificato il tracciato che è ancora quellomedioevale ed inizia dalla porta del Borgo. si dirige versoil ponte dei Sacramento o (li Someglia. attraversa Montor—so e Arcevia e giunge fino a Senigallia: è inoltre il trattopreferito dai mercanti perg lesi che, in questo periodo per

arrivare a Fabriano preferiscono passare per Trinquelliinvece di dirigersi per San Donato.

Nella documentazione dell’epoca anche i cronisti sassoferratesi tendono ad identificare i due nuclei ed a proposito della piccola chiesa del castello riportano: “SanLorenzo di Trenquelli o cli Monte Orso”.

Nel 1827 con Moto proprio di Leone XII, che ingranclisce il territorio del nuovo comune di Genga, Trinquelline diviene frazione.

Del castello di Montorso rimangono ora il toponimosulla cima del colle e poche rovine. (n. 1.)

ASSE’ITO URBAMSTIcO Il castello è un nucleo diversante posto sulle pendici del monte di Castel Montorso;attualmente è abbandonato e gran parte del patrimonioedilizio era già andato distrutto al tempo della stesuradella mappa catastale del 1814.

Gli edifici e, conseguentemente, il tessuto urbanosono scomparsi con tutta probabilità a causa della migrazione degli abitanti del castello nel borgo di Pignano. Imanufatti, a cominciare dalle mura difensive, sono statismontati recuperando pietre, mattoni, coppi e travi inlegno da utilizzare per le costruzioni del nucleo posto avalle, in un sito meno adatto alla difesa ma molto piùcomodo sia per il quotidiano lavoro agricolo (lei campi

I resti del castello.

I liii I 1111111 IIIIIIIIJIII I

Page 10: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

che per il trasporto delle merci.Dei pochi edifici rimasti fino ai nostri giorni l’emer

genza architettonica maggiore risulta la torre quadrangolare di 6 metri dilato ed una altezza cli circa 9 metri; è postanel punto più alto del nucleo urhano dal quale si controllaun vasto spazio lungo tutta la valle che dal colle l3erhello—ne giunge fino all’incrocio di Colleponi cli Genga dove sicongiunge con la vallata formata dal fiume Sentino.

IIIII’IIIIIIIIIIIIIIIIII

i

Il’

I resti della torre.

3

ABILITÀ ± CHIESA

MURA 1)1 CINTA i PORTE

BORGO MURATO 2 PORRI

BORGO ESIFRNO 3 PORTA

I)IFESA NAIT RALE

PTANTA

9TOkOTOCt ti±SEZIO E

Page 11: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

l)a (liii 51 controllano, oltre alla via che da Arce ia eSassoferrato CofldUCe a Fabriano, gli insediamenti di Spineto, Vallemontagnana, Rosenga, Colcello e l’ingresso dallato occidentale alla gola di Frasassi. mentre il castello diGenga è coperto dalla ripida vetta del monte Gallo.

La torre, sicuramente mozzata e quindi coperta con untetto a doppio spiovente in mattoni, presenta nel prospetto che si affaccia sulla piazza una piccola porta con arcoogivale in conci di pietra; in linea. superiormente allaporta, si apre una finestra monofora con arco in mattoni atutto sesto.

Il manufatto è realizzato con pietra calcarea squadratae la sua costruzione può farsi risalire al XIV secolo; sicuramente fa parte della cinta difensiva posta a monte, cosìcome i resti di una seconda torre ancora ben visibile, mamozzata fino ai 4 metri cli altezza.

La tipologia del castello è clilficilmente rico’,truibile.ma non sembra rientrare in quella elaborata per i restanticentri fortificati del territorio preso in esame; dai riscontricon la situazione presente nei primi anni del XIX secolo sipuò formulare l’ipotesi che tutto il castello cli l’rinquelli sicaratterizzi per la presenza cli molte torri quadrangolari oche ogni gruppo cli abitazioni avesse a disposizione unfortilizio in cui ritugiarsi in caso di assedio e dal qualecontrollare il sottostante territorio.

Al centro del nucleo, il tessuto urbano si organizzacon edifici a schiera posti intorno alla jiazza. sulla quale.al cli sopra cli un terrazzamento in muratura costruito inpietra, si affaccia la grande torre cli avvistamento che conla sua possente mole chiude il lato a monte dello spiazzo.

Nulla sembra rimanere del castello di Montorso, postopiù a monte rispetto a Trinquelli e forse demolito per lac( )struzione di quest’ultimo. (g.p.b.)

360

lì lgrL-’ss() cì/ki tOi7’L’.

liii I I I 11111 1111111111 I Il I

Page 12: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

ToIuucEAltitudine m. 534. Posizione: versante. Abitanti: 3 (1989).

TERRITORIO Posta a breve distanza da Sassoferratoin direzione ESE, si trova in una zona a notevole accliviGsul versante nord-orientale del Piano della Croce che, unitamente al Piano dell’Ammandola. la separa dagli insediamenti più meridionali. La posizione elevata le consente didominare la parte settentrionale dell’incisione valliva delfosso delle Fondiglie che, verso est, permette un’agevolecomunicazione tra la valle del Sentino e quella del Giano.

Il substrato geolitologico è abbastanza uniforme; lepelagiti calcaree che lo costituiscono, originatesi dal Cretacico superiore all’Eocene. sono organizzate a scaglia rosata e a scaglia bianca e solo più lontano sono a contattocon detriti di falda quasi in corrispondenza del versantefluviale, a pendenza maggiore.

La morfologia abbastanza tormentata ed impervia haconsentito solo limitatamente lo sviluppo di attività agricole: maggiore è l’utilizzazione silvo-pastorale che ha con-

sentito, sui versanti, la permanenza di un’area boschivapur se molto degradata; le zone sommitali invece, in particolare intorno al Piano della Croce, sono occupate dapascoli secondari. (rn.r.g.)

LEAMENTI STORIU L’importanza dell’insediamento appare evidente se si fa riferimento alla sua posizione geografica: posto ai confini nord-orientali con Sassoferrato, domina dall’altura l’antica strada romana che dallaFlaminia all’altezza del passo della Scheggia segue il corsodel Sentino fino a Gaville per proseguire poi verso SantaCroce di Tripozzo, Monte Gallo, Genga, Pierosara, San Vittore, Jesi, Ancona.

Nel 1213 fa parte del feudo di Uguccione della Torre,che si estende dall’isola Centupera, a Colleponi di Sassoferrato fino a Murazzano: quando questo feudatario, forseper contrastare le minacce dei più grandi nobili sassoferratesi, si aggrega a Fabriano, il comune estende la sua giurisdizione su tutto il territorio.

Verso il finire del secolo l’insediamento appare di pro-

TOPONIMO i 1,tjno “turricula”, mediato dal medioel alL’ tlIfl’iLe’l/(l. (i ‘i

lIIIIIIlIIIIIIIIIIIIIaIIII

Page 13: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IIIHIIIIUIN prietà comunale; al 1297 risale infatti l’atto di procura conil quale si dà incarico a Boncagno di Benvenuto di provvedere alle necessarie opere di riparazione della torre,secondo quanto stabilito dal Consiglio generale e specialedella città. La mancanza nell’atto di ogni altro accenno adinsediamenti limitrofi lascia pensare alla presenza di unaisolata torre posta a guardia della importante strada interna.

Secondo lo Scevolini invece la fondazione del castellorisale al 1243 per volontà di Gualtiero Chiavelli.

Più chiaro per risolvere ogni controversia è il riferimento contenuto nella specifica rubrica dello Statuto“chiavellesco” che obbliga i nobili proprietari di Torricella,cui appartengono la fortificazione e gli spazi entro lemura, a concedere gratuitamente le aree libere agli abitanti delle ville limitrofe di Avenano e San Fortunato i quali,privi di luoghi sicuri dove rifugiarsi, corrono gravi rischi intempi tanto turbolenti. Ma nel 1446 non si è ancora provveduto a mandare in esecuzione quanto prestabilito: gliunici centri fortificati del rione dì Castelvecchio sonoancora San Donato e Genga, mentre tra le 14 ville dipendenti da questo viene annoverata anche “la Valle dellaTorricella’ Eppure il luogo rimane in posizione strategicarispetto a Genga e consente il controllo cli quel castelloamministrato indipendentemente dai riottosi conti e spesso ribelle a Fabriano.

I lavori per il rifacimento completo delle mura e dellatorre hanno inizio nel 1451 quando nelle Riformanze del 9aprile vengono trascritti i termini previsti per la concessione dell’appalto; il comune dovrà preparare tutto l’occorrente (pietre, calce, rena, acqua prelevata dalla cisterna,legname per l’armatura dei ponteggi. una fune, una zappae due pale) a proprie spese. mentre i muratori sarannotenuti a circondare tutto il castello di nuove mura alte 14piedi. innalzando le vecchie di circa 8 piedi e mantenendune lo spessore cli 3 piedi. Relativamente alla torre si stabilisce che le antiche fondamenta vengano ripulite dagliammassi del materiale di rovina e nuovamente disinterratepr rinsaldarle; la nuova costruzione dovrà essere più altae sarà munita di porte e di “finestre balestriere”.

Il 18 maggio vengono stipulati i patti di cottimo condue maestri” muratori cli Como: la nuova muraglia innalzata sull’impianto precedente sarà alta 7 piedi e mezzo elarga 3, il lavoro dovrà essere terminato entro il prossimomese di settembre. In effetti il giorno 27 cli questo mese informa solenne il Consiglio cli Credenza e i due priori dìFabriano si recano a controllare di personi lo stato cliavanzamento dell’opera.

Dopo un’accurata misurazione dello spazio circoscrittodalle nuove mura, viene stabilito che nessuna abitazionepossa venir costruita a riclosso della cinta, presso la qualescorrerà la via cli circonvallazione larga 6 piedi che uniràle due porte di accesso. Inoltre l’insediamento dovrà essere attraversato nel senso della lunghezza da una via maestra della ampiezza cli 10 piedi e nel senso della larghezzada un secondo tracciato cli 6 o piedi: vicino alla primal)olta verrà lasciato libero un ampio spazio che costituiràla piazza del castello stesso, mentre vicino alla secondapomi, a sinistra di chi entra, viene riservata un’area per lacostruzione cli una piccola chiesa.

Definito il modello urbanistico dell’incasato, i magistrati provvedono alla assegnazione delle aree per la costruzione delle case, concedendo gli spazi a seconda delnumero di componenti delle famiglie. Dopo aver diviso ilterritorio del castello in due parti uguali ad iniziare dallaporta di accesso, la metà del terreno libero verso Genga eFabriano viene assegnata a 10 famiglie elencate nominativamente e contrassegnate dal singolo numero dei componenti distinti in maschi e femmine; trovano sistemazionecosì 75 individui (33 maschi e 36 femmine).

La metà verso Sassoferrato viene assegnata a 11 nucleifamiliari composti da 82 unità (46 maschi e 36 femmine).

Complessivamente vengono “incastellate” 21 famiglieprovenienti dalle “baylie” di Grognoleto, Trapozzo e Lave-nano per un totale di 157 persone (85 maschi e 72 donne)che riconoscono di aver ricevuto gratuitamente le areefabbricabili disponibili all’interno del nuovo castellocostruito a spese del comune di Fabriano: si impegnano afabbricarvi le abitazioni per proprie conto, a difenderlo incaso di necessità, ad obbedire al castellano o all’ufficialeche verrà loro inviato.

Fanno seguito i consueti giuramenti di fedeltà e lepromesse a non dar ricovero ai ribelli ed ai banditi, a nontramare contro la pubblica utilità e contro la libertà, a perseguire i nemici della Chiesa e di Fabriano, a riconoscerela giurisdizione di quest’ultima obbligandosi, come è consuewdine per tutti i castelli, a portare ogni anno in palioun cero che, in occasione della festività di San Giovanni,verrà offerto alla chiesa di San Venanzo. Dovranno inoltreeleggersi i “Capi quattro”, il sindaco ed i gualdari per lacorretta amministrazione locale.

Il 6 ottobre tutti i lavori in Torricella sono terminati edi maestri muratori vengono saldati con 184 ducati cloro e17 bolognini, a ragione di 40 bolognini per ogni ducato.

Nel 1486 le famiglie residenti scno già salite a 31.Nel 1579 un memoriale inviato dalla piccola comunità

a Fabriano informa che a causa dei confini mal definiti trale vicine ville cli Avenale e San Fortunato, dipendenti daGenga, ccl il territorio di pertinenza cli Pierosara, gli abitanti (li Torricella sono soggetti a continue molestie daptrte dei due più popolosi insediamenti.

Sul finire del Settecento una “conta” delle animeestratta dagli atti parrocchialì su richiesta del nuovogoverno giacobino instaurato in Fabriano. annovera a Tor—ricella 118 abitanti; nel 1808 il piccolo nucleo è ancorainserito tra i castelli della terra fabrianese e conta 180 residenti. Viene annesso a Genga. cli cui diviene frazione.quando questa nel 1827 viene dichiarata comune dal papal,eone XII, (n.l,’)

ASSErI’o URBANISTICO L’insediamento di Torri-cella è un nucleo cli versante posto in eccellente posizionestrategica; purtroppo solo pochi resti sparsi rimangono atestimoniare frammentariamente (Iddio che clm’eva essereil tessuto urbano dell’antico castello fortificato.

Con l’aiuto della descrizione. sulficientemente dettagliata sulla sua costruzione cIa parte dei Fabrianesi. si puimmaginare che la tipologia dell’impianto si afoso, conun asse centrale che, a partire dai resti della torre, di fron

IIIIlIIIIIIIIIIIIIIIIIlII

Page 14: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

te alla quale si aprono la piazza principale ed una porta,suddivide in due l’abitato formando internamente un asseminore ortogonale ed esternamente un pomerio circoscritto dalle mura.

Le poche tracce che rimangono sono di difficile interpretazione in quanto il nucleo, progressivamente abbandonato, è man mano stato usato come cava” di tutti queimateriali utilizzabili per le nuove costruzioni poste più avalle.

L’emergenza architettonica di maggiore interesse restala torre posta su uno scoglio di roccia, ora ridotta purtroppo ad un rudere, ma dalla quale si può abbracciare unesteso panorama: ad oriente il monte di Vallemontagnana.con l’ingresso occidentale della gola di Frasassi ed i nucleimontani di Rosenga e Vallernania, verso ponente si scoprono il castello di Genga ed il vicino villaggio di Monti-cclii. più sotto i centri rurali cii San Fortunato. Colleponi eCasamontanara con alle spalle San Donnino. fino al versante sud del monte della Guardia. dietro al quale c’èArcevia.

Verso nord-ovest il controllo si estende fino ai castelli

cli Monterosso e Rotondo, ad ovest la visione si apre sulmonte Strega e sulle abitazioni costruite di recente a Sassoferrato, ai lati della strada che corre sul crinale ed unisce il villaggio di Catohagli al castello sassoferratese.

L’antico nucleo di quest’ultimo è occultato dalla dorsale del monte S. Croce ma è probabile che l’altezza dellatorre fosse tale da offrirne una visione forse parziale.

La torre pertanto riesce a dominare dall’alto sia il territorio di Sassoferrato che quello di Genga, compresa lastrada a valle che costeggiando il Sentino unisce i dueinsediamenti e prosegue a nord per Arcevia mentre adest-sud-est si dirama. dirigendosi verso la gola di Frasassie verso Fabriano attraversando Trinquelli. Si tratta di unarobusta costruzione in conci di pietra calcarea le cui murature hanno alla base uno spessore che varia cia 1,20 a 1,60metri; doveva misurare circa 22 metri in altezza ed estendersi in larghezza per 7 ml.

Intorno al 1960 la torre si presentava mozzata fino allameG e ricoperta con un tetto in legno a doppio spiovente:il manufatto veniva utilizzato come cappellina votiva: perquesto motivo era dotata, sul lato rivolto ad est, di unasemplice apertura al piano terreno con architrave in quercia che fungeva da porta.

Al suo interno si trovava, sospesa ad una grande travedi quercia. una campana in bronzo: quando il castelloviene abbandonato del tutto, la trave viene smontata e riutilizzata dopo aver trasferito la campana nella vicina chiesa di San Fortunato.

Anche la torre quindi subisce il fato delle meno illustriabitazioni dei castello; l’orditura in legnc) del tetto ed ilmanto in coppi vengono demoliti e. dopo la cernita. riuti—lizzati in altre costruzioni: la stessa sorte tocca a molti deiconci ben squadrati in pietra che formavano i suoi angoli.Priva del tetto ed esposta alle intemperie montane il forti—lizio rovina velocemente riducendosi alla condizione cliruclere nella quale oggi si trova. (g.p.b.)

IIIIIHIIIIIHIIIIIIIIIIII

I riuleri,

+ (HIESA

ORTOFOTOCARTA

— \lr\WLITÀ

— \1tRA [)1 (1\i\ i PoWl T)FI.1.\ VIA \I O\A

13()R(() MLRV1C) 2 I)ItRE

I)IFESA NATI ‘RALF,3POR1’A ORIENTALE

I I’( )R’FA SECO\I)ARI.\

.1sFFRNAPJA\TA

Page 15: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

o o

t

r.

o z

N•

N

i,+

Page 16: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

SAN VITTORE DELLE CHIUSE

fi./.)

TER.Rr.roluo L’abbazia pOstd ,illo sl)OcCO della gola diFrasassi, è lambita ari E dal Sentino che poco più a valleconfluisce nell’Esino. Lassetto geologico è abbastanzacomplesso in diuanft) la situazione attuale deriva dal siner—gismo tra forze orogenetiche remote e azioni successivedegli Jgenti esogeni quali l’erosione fluviale, L’abbaziasorge nella zona di contatto tra pelagiti calcaree ed emipe—lgiti mai nose cioè tra lormazioni di maiolica e di scagliacinerea, mentre ad occidente l’azione erosiva del Sentino

ha messo a i’iudo gli antichi depositi di piattaforma carbo—natica (del Trias superiore) litificati in formazione cli calcare massiccio; più ad oriente, al (li Lì del Semino, sono presenti invece scaglie cretatico—eoceniche e di nuovo pelagici calcaree. l)urante gli sbancainenti per la variante alla SS

sono venute alla luce numerose testimonianze fossilidella fauna marina tra le quali è stata salvata quella di unittiosauro attualmente in mostra nel museo, ospitato pro—

prio nei locali dell’abbazia, che comprende ancheun’esposizione cli armi antiche.

La originaria c’( )pertura vegetale della zona immediatamente circostante l’abbazia è stata completamente distruttaclal1’inter ento antropico; ne permangono limitate tracce.rappresentate prevalentemente cL salici, lungo I corso delSentino. Sono stati effettuati, in epoche recenti, tentativi cliriforestazione a conifere che hanno sortito limitati effetti.Nell’area occidentale che circonda il sito, la vegetazione sipresenta ancora abbastanza ìntegra con aspetti diversi aseconda della posizione e del substrato geolitologico tantoc’he nel 1976 il comune cli Genga ha destinato la zona ariserva naturale. ( m.r.g.)

LINEAMENTI STORICI Non è possibile stabilire conprecisione l’anno cli fondazione dell’abbazia cli S. Vittoredelle Chiuse, menzionata per la prima olta in un clocu—mento del 100: Aclalberto e la moglie Gertrucle vendono

ad Amico, abate del monastero “de Victoriano”. tutti i benicli loro proprietì nel territorio cli Castel Petroso (oggi Pie—rosara), Non plausibile sembra l’ipotesi avanzata cIa alc tinistudiosi, secondo la quale le origini cli S. Vittore risalireb—

TOPON’IMO Dall ‘agionimo Vittore, martire della Liciae dal latino ‘claiisus” ( “clausura” — “closura”) ad indicarela strettoia montana o gola eìut,’o d’O i’ scorre il ,S’entino.

IIIIII!IItIII,IIIIIIIIII

Page 17: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IlIllhlIllIllI bero al secolo VIII o IX. Con più probabilità è verso lafine del secolo X che i signori del luogo (domini loci), diderivazione longobarda, erigono “in fundo Victoriano”una chiesa, dedicata a S. Benedetto, S. Maria e S. Vittore(in seguito denominata S. Vittore delle Chiuse), e la affidano ai monaci benedettini.

I fondatori, tuttavia, si riservano il giuspatronato, comerisulta da un atto del 1011, con il quale Gozo del fuRacombona, feudatario del castello della Sassa, donaall’abate Giso (o Guso) 200 moggi (circa 88 ettari) di terredi sua proprietà, rinunzia ad ogni diritto sulla chiesa e sul-monastero annesso ed esclude ogni sua interferenza nellavita della comunità, concedendo ai monaci piena libertànellosservanza della regola, nell’accettazione di nuovimembri, nell’elezione dell’abate e nella pratica della vitaregolare; in cambio chiede il ricordo nella preghiera e iltributo di una candela nell’anniversario della dedicazionedella chiesa, quale atto di soggezione simbolica. Gozoconferisce, inoltre, all’abate Giso e ai successori la facoltàdi esercitare la potestà feudale sui coloni e sugli uominidella corte della Sassa, impegnandosi a rispettare il contratto sotto pena di cento libbre di ravennati e anconetani.

E’ probabile che in tale periodo influisca sull’ordinamento interno dell’abbazia l’azione riformatrice di S.Romualdo (+ 1027), la cui opera ha una vastissima risonanza nella zona. Certamente 5. Vittore viene a contattocon la spiritualità romualdina nel 1189. allorché ClementeIII ne affida la riforma ‘in temporalibus et spiritualibus” alpriore e ai monaci di Fonte Avellana. Due anni prima il“monasterium Sancti Victoris de Clusis” è menzionato fra ipossedimenti avellanesi nella bolla del 3 novembre 1187con la quale Gregorio VIII poneva Fonte Avellana sotto ladiretta protezione della Sede Apostolica. Probabilmente S.Vittore ha fatto parte della Congregazione Avellanita neglianni 1186-1192, allorché alla guida della comunità troviamo un priore e non un abate.

L’indipendenza spirituale e temporale dai patroni laici.il cui primo passo è rappresentato dall’atto del 1011.segna per S. Vittore il principio di unera di floridezza e displendore progressivi. Nel corso dei secoli XI-XII, infatti,si susseguono le donazioni e il monastero, anche attraverso acquisti e permute che rivelano una oculata politicaeconomica, accomuna ad una incisiva presenza spiritualeuna notevole posizione egemonica, che induce alcuni feudatari dei territori di Fabriano, Genga, Sassoferrato eRocca Contrada (oggi Arcevia) a cedere a 5. Vittore la proprietà dei loro castelli, mentre gli abati si riservano, neiconfronti dei nuovi vassalli, il diritto di investitura.

Nel 1090 l’abate Monco I concede a Lgo. Alberto eSuppo, figli del conte (“nobilissimus comes) Alberico, ilcastello di Genga a titolo di enfiteusi fino alla terza generazione Successivamente sorge una controversia tra 5. Vittore e i conti di Genga a proposito dei diritti enfiteutici delmonastero sul castello: nel 1251 gli arbitri scelti di comuneaccordo dalle due parti sentenziano che l’abate Graziariconfermi l’affitto del castello al conte Gandolfino diSimone, il quale è tenuto a pagare al monastero dieci lihbre di ravennati e anconetani per l’investitura e il canoneannuo di una candela doppia, lunga quanto la porta dellachiesa (li S. Clemente di Genga. Tale canone risulta corri-

posto da Gandolfino nel 1289, nel 1293 (allorché, trovando chiusa la porta del cenobio e rifiutandosi i monaci diaprirgli, depone denaro e cera davanti alla soglia dellachiesa) e nel 1295.

Nel 1091 l’abate Monco I conferma ad Alvino di Cuziofino alla terza generazione mascolina l’enfiteusi di alcuneterre con il castello di Frassineto e la chiesa di S. Lucia perl’annuo canone di un denaro e della decima.

Nel 1104 i feudatari di Civitella, delle Sassa, di Precicchie, di Ceresola, di Serrasecca e di Valle, grossa consorteria signorile comprendente anche esponenti di una famiglia comitale, cedono, secondo la legge longobarda, i lorocastelli all’abate Raniero, rinunziando contemporaneamente ad ogni forma di patronato su S. Vittore e sul limitrofomonastero femminile di S. Salvatore di Valle. Il nuovo entereligioso viene così a costituirsi anche formalmente comesignoria feudale. L’anno successivo lo stesso abate e imedesimi feudatari stringono un patto di reciproca sicurtàcon il conte Bucco di Sifredo e la moglie Diaditta, signoridel castello di Pietrafitta.

Nel 1135 Viviano del fu Gozo dona a 5. Vittore le terree i castelli di sua proprietà nel comitato di Camerino, nellecorti di Precicchie, della Frisula e di Pietrafitta; in caso diinadempienza del contratto egli si dichiara disposto a soggiacere a rigorosa condanna nel giudizio futuro, chiedendo a Dio dì precipitarlo nel più profondo dell’inferno incompagnia di Lucifero, Erode, Nerone e Giuda il traditore.

Nel 1171 l’abate Perfetto rinnova ai conti Trasmondo,Monaldo e Ruggero l’investitura della sesta parte delcastello di Pierosara, per l’annuo tributo di tre denari lucchesi.

Nel 1210 l’abate Monco Il concede in enfiteusi a Raniero. Bruno, Favarello e Trasmondo, figli di Guelfo di Brunello, e ai loro discendenti fino alla terza generazione tuttii beni, gli uomini e i feudi nella corte di Troila (tra Fabriano e Collegiglioni).

E’ il periodo di massimo splendore, durante il quale gliabati esercitano il loro potere spirituale sul territorio di 42chiese, e quello temporale sui feudi dei dintorni, dai dlualiriscuotono tributi annuì, e sui coloni dei fondi ceduti inenfiteusi o dati a laborizio e a mezzadria, Alcuni abatinella seconda metà del secolo XI si fregiano anche deltitolo onorifico di vescovo’ (ad esempio Monco I).

Fra le chiese fondate o ricevute in donazione da S. Vittore e amministrate direttamente dai monaci o da sacerdoti secolari nominati dall’abate, ci sono quelle di 5. Angelodi Rosenga. 5. Stefano cli Genga, 5. Lorenzo di Cerreto, 5.Marcello di Argignano (ceduta dai patroni con tutti i beni:altari, campane. libri, paramenti. cimitero, parrocchiani.decime, case, terre ecc.), 5. Maria in Campo (nel 1298contesa con l’abbazia di S. Croce di Tripozzo), 5. Maria diFrasassi, 5. Paolo di Pierosara, 5. Pietro di Colcello, S.Lorenzo e S. Pietro di Moscano, S. Salvatore di Valleremita(già alle dipendenze dell’abbazia di S Maria d’Appennino), 5. Stefano cli Vallemontagnana, 5. Lorenzo di Fabriano e le pievi di 5. Maria di Albacina e di S. Clemente diGenga (in comproprietà con 5. Croce dei Conti). I rettoridelle chiese, che hanno lobhligo della residenza sottopena di scomunica, sono tenuti a corrispondere agli abatiun canone annuo in denaro o in natura (spalle di porco,

3ù611111111 IllIllIllilI III Il I

Page 18: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

capponi, focacce, grano).All’inizio del secolo XIII l’egemonia di S. Vittore inizia

ad essere contrastata dal comune di Fabriano, che staaccentuando la sua politica di espansione e di controllodel territorio, e nonostante il prestigio e la consìstenzaeconomica il monastero non ha la forza di opporsi efficacemente alla nuova realtà emergente.

E’ del 1212 l’atto con il quale l’abate Monco Il assoggetta a Todino, console di Fabriano, il castello, gli uominie il territorio di Pierosara alle stesse condizioni degli altricastellani già sottoposti al comune: agli abitanti di Pierosara è concessa la facoltà di rimanere nel castello, mentrel’abate si impegna a pagare cinque soldi lucchesi per ognifamiglia e concede al comune di costruire delle fortificazioni nell’ambito del territorio, ma non dentro Pierosara: ilconsole da parte del comune promette di rispettare i legittimi diritti dell’abbazia e dei vassalli, di conservare ilcastello e mai distruggerlo, di consegnare a ciascuna famiglia soggetta ai monastero una tavola di area edificabileentro Fabriano a patto che vi divenga abitatrice perpetua.

Anche gli abati di S. Vittore accettano la politica diinurbamento del comune e, per provvedere ai bisogni spirituali degli abitanti del “nuovo borgo” cresciuto fuori deidue castelli di Fabriano, costruiscono la chiesa di S. Biagio, alla quale Atto, vescovo di Camerino, nel 1218 riconosce il diritto di sepoltura e Filippo, altro presule camerte,nel 1232 concede giurisdizione parrocchiale, togliendo delterritorio alla chiesa di S. Nicolò. che dipendeva dal monastero di S. Croce di Tripozzo. Il fatto suscita le proteste diCompagno, abate di S. Croce, che ritiene un’intrusioneingiustificata l’insediamento dei monaci di S. Vittore nelnucleo urbano. Ma il decreto di Filippo è confermatonello stesso anno dal pontefice Gregorio IX.

Negli anni successivi i monaci di S. Vittore costituiscono a S. Biagio una piccola comunità con priore eincrementano notevolmente la propria potenza economicain Fabriano con l’acquisto, per donazioni, compravenditee permute, di case e aree edificabili. Nel 1284 la chiesa diS. Biagio, distrutta da un terremoto, deve essere riedificata; il nuovo edificio è consacrato nel 1287 da Rambotto,vescovo di Camerino.

Un altro elemento che contribuisce ad indebolire ilpotere di S. Vittore è il movimento di affrancazione. sviluppatosi rapidamente nel secolo XIII. Ad iniziare dal1249 gli abati di S. Vittore. forse anche a causa delle sempre più gravose responsabilità dei propri feudi, concedo-no la libertà a molti vassalli e servi della gleba, perdendoCosì un gran numero di uomini soggetti. In più di un caso,tuttavia, l’affrancazione, che normalmente viene Concessain cambio di beni o di denaro, dà luogo a dispute e controversie, in quanto il monastero non intende rinunziare atutti i propri diritti e cerca di barattare la libertà COtì alcuniservizi feudali. Ciò si verifica, ad esempio, nel 1287 allorché a dirimere la lite tra S. Vittore e alcuni uomini affrancati di Pierosara sono chiamati i priori delle arti del cornune di Fabriano.

I sintomi della decadenza si fanno più allarmanti nellaseconda metà del Duecento e nei primi decenni del Trecento: la perdita di incidenza spirituale, imputabile alladiminuita osservanza della regola. alla rilassatezza dei

costumi e alla prevalenza degli interessi materiali neimonaci (dediti ora anche all’attività cartaria e al commercio), i conflitti di interesse con privati cittadini, con altrimonasteri e con i castelli vicini, l’ingerenza del poterepolitico, le lotte sanguinose tra guelfi e ghibellini che provocano stragi, devastazioni e saccheggi anche nel territorio fabrianese, il lento impoverimento dovuto alle crescenti spese non coperte dalle rendite, intaccano la floridezzadell’abbazia, che inizia un lento e inarrestabile declino.

Per quanto attiene alla pratica della vita regolare, iprincipali abusi si verificano nel campo della povertà.All’inizio del Trecento risulta assai praticato dai monaci diS. Vittore il peculio privato; per reprimere tale abuso il 15giugno 1306 l’abate Grazia III ordina a tutti i suoi religiosi,sotto pena di scomunica e in virtù di santa obbedienza, dicompilare un inventano dei beni e degli oggetti in loropossesso e di consegnare nel termine di otto giorni tuttociò che supera il valore complessivo di dieci soldi.Dall’inventano, presentato il 22 giugno successivo, risultache i monaci della comunità possiedono denaro, masserizie, crediti, libri: Nascimbene di Monicuccio, ad esempio,ha nella sua cella alcuni codici liturgici, contenenti omeliee l’ufficio dei defunti, e una grammatica; Paolo di Riccioun breviario e un volume di decretali; Giacomo di Villanuccio un breviario secondo l’ordine di S. Benedetto ecinque quaderni di sequenze.

Non confacente alla povertà monastica è anche l’abbigliamento ricercato e troppo costoso: nel 1298 Paolo diRiccio, sindaco di S. Vittore, promette di pagare a Francesco di Pietro 50 libbre di ravennati e anconetani per 5braccia di panno fiorentino e milanese e per 35 braccia dipanno vergato da lui acquistati per gli “indumentidell’abate e dei monaci”.

Nel 1298, la comunità di S. Vittore, trovandosi gravatadal pesante debito di 608 libbre di ravennati e anconetanie di 160 fiorini d’oro, delibera di vendere al comune diFabriano il castello di Pierosara con tutti i beni al prezzodi 1.000 libbre (tale somma è pagata con 625 fiorinid’oro). Il contratto di compravendita viene stipulato in S.Biagio di Fabriano il 14 luglio 1298 alla presenza, in qualità di testimoni, di personaggi ragguardevoli, come Alberghetto Chiavelli e Tommaso di Fidismido, capi, rispettivamente, della fazione ghibellina e guelfa dei comune. Successivamente, allo scopo di far fronte alle spese. sonoalienate terre a Moscano, Vallemontagnana, Troila e Montegiano. una bibbia, un calice, un turibolo. una “testa vangeliorum” d’argento, una croce.

Nel 1306 S. Vittore entra in possesso di un ospedaleper i poveri, i pellegrini e i forestieri, sito presso Cerreto,ma fin dalle origini il monastero ha praticato l’ospitalità el’assistenza ai bisognosi di ogni tipo, Da un atto testameritanio del 1432, quando già l’abbazia è unita al monasteroolivetano di S. Caterina di Fabriano, l’ospedale “delleChiuse” risulta ancora esistente.

Nel 1307 l’abate Grazia III, una delle figure più eminenti e più prestigiose fra i superiori di S. Vittore, e Suppolino, abate di S. Emiliano di Congiuntoli, sono scelti daicomuni di Sassoferrato e Rocca Contrada come arbitri conpiena e assoluta potestà per dirimere le loro controversiedi confini.

III’’’

Page 19: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

111111111 Nel 1308, con Li nomina ad abate del munac di Mon—tefano Crescenzio Chiavelli, figlio di Alberghetto, succeduto a Grazia III (eletto dalla Sede Apostolica vescovo diSenigallia). S, Vittore si trova coinvolto nella lotta tra levarie [azioni fabrianesi, L’elezione del Chiavelli avviene inmodo irregolare. simoniaco (con versamento di denaroagli elettori) e anche drammatico: solo cinque monacialtri dieci tuggono, parte a S. Croce dei Conti, parte nel

castello di Genga presso Conwccio di Gandolfino), riunitinella sala del capitolo, procedono alle operazioni di voto,mentre nel chiostro del monastero controllano la situazione Casaleta e Tommaso Cliiavelli, fratelli di Crescenzio,ci )fl un drappello di armigeri. La conterma del neoelettoda parte del vicario di Camerino (la sede vescovile èvacante) viene a costare tOO libbre di ravennati e anc’one—cmi.

Il disegno politico (lei Chiavelli. ormai sufficientemente)tenhi aspirare al dominio assoluto di Fabriano. è

ouello di estendere la propria sfera di influenza anche alleistituzioni religiose. Naturalmente il comportamento (leiChiavelli, non solo in questo frangente, provoca la reazione dei Fid ismidi. che capeggiano la fazione guelfa (liFai )nano.

Le lotte di parte continuano per tutto il periodo (liLoverno di Crescenzio t 1308— 13-iS i, che si trova coinvoltoanche nell’ultimo ‘grande duello medievale tra papato eimpero. Sci imunicato nel 1320 e nel 1324 per aver parteci—pau ) alla ril e1 1k ne contr( la Chiesa, capeggiata da Lippac—

e Andrea Guzzolini da ()simo, l’abate guerriero esjfl( >niaco” di 5. \ittore. incorre nuovamente nella censuraecclesiastica nel 1328, allorché si schiera dalla parte(lellimperatore Lod vico il ilavaro e dell’antipapa Nicolò\ c )fltr() il legittimo z intefice Giovanni XXII: ne ottienel’assoluzione, insieme con due suoi monaci, nel 1331. Cre—scenzio. incorso nella scomunica anche nel 13-iS insiemeo m tutti gli abati, i priori, i pievani e i rettori delle chiese(li Fabriano e del distretto per essersi rifiutato (li pagareuna tassa imposta dal rettore della Marca, si dimettedall’ufficio. Gli subentra nel governo abbaziale il pronipote diacono Francesco Chiavelli. figlio (li Alberghetto lI eh’atello (li (ìuido Napolitano, primo vicario apostolico (liFabriano.

Frequenti scno, nel corso del Trecento, i casi di obla—zii me, cioè di persone (l’ambo i sessi che affidano se stesse e i propri beni all’abbazia, impegnandosi a praticarnel’ sservanza e la regola; in cambio la comunità assicuraagli oblati il sostentamento fino alla morte Anche se piùnumerose risultano le oblazioni maschili, non mancanocasi di donne che si offrono al monastero (li 5. \‘ittore: nel1392, ad esempio. Letizia, vedova di Angeluccio (li Guidoda Genga, promette castità e obbedienza nelle manidell’abate Giacomo e dona al monastero tutti i propribeni, riservandosi, tuttavia, l’usufrutto e la somma cli 100libbre cli ravennati per l’esercizio (li opere caritative.

Il processo (li decadenza cli 5. Vittore è accelerato nellaseconda metà del Trecento dal regime commendatario.Nel 1373 il monastero si trova in commenda del card. Pie—ti’o Stagno, il quale ne cura gli interessi materiali tramiteUfl Suo procuratoi’e laico (Matteo “(le Tancarariis’ (la Bologna ) e quelli spirituali attraverso un abate claustrale.

Nel 1577 Gregorio Nt. sospendendo la normale procedura che prevede l’elezione del superiore da parte deimonaci riuniti in capitolo, nomina abate claustrale di 5.Vittore Giacomo di Datadeo, 11 22 gennaio 1382 il capitolodell’abbazia, convocato da quest’ultimo, dà facoltà a fraGiovanni cli Bartolomeo, già monaco silvestrino ed orapriore generale di S. Lorenzo di Lavareto presso Esanatoglia, cli costruire ex noia la chiesa (li S. Caterina nel quar—tiere di Castelvecchio ch Fabriano sopra un’area posta nelterritorio della p.urocchia di S. Biagio. Nel 1397 5. Caterina, con l’annesso monastero, aderisce alla Congregazkmecli Monte Oliveto.

Nel I iOi il card. Francesco Carbone. commendatariocli 5. Vittore. concede in alfitto pm’ quattro anni l’abbazia,ridotta ormai in tristi condizioni proplel’ molo !einpoi’a seti,.pieì’i’as (pochi monaci, tetti scoperchiati, terre incolte), aChiavello Chiavelli, vicario apostolico cli Fabriano, al prezzo cli cento ducati d’oro all’anno e con l’obbligo (Iellamanutenzione e del restauro,

L’anno successivo Innocenzo \‘Il sollecitato forseanche dai Chiavelli. clecreta l’annessione cli 5. \7ittore alfiorente monastero cli 5. Caterina (li Fabriano, nella spe—i’anza che l’abbazia, ridotta a priorato olivetano, \ engariportata all’antico splendore. Contemporaneamente lostesso pontefice incorpora i possedimenti cli 5. Vittore,situati nel territorio del comune (li Fabriani ), al monasterocii S. Biagio. erigendolo in abbazia e nominandone abateGiacomo di Datadeo, già superiore della sparuta comunitamonastica cli S. Vittore, ora trasferita nel cenchio urbano,Nel 1409, in seguito alla morte (li Giacomo, Gi’egorio XIInomina abate cli 5. Biagio il monac’o silvestrino Anselmo.

Nello statuto del comune cli Fabriano dei 1-il vienesanciti.) che il potestà J»’o tempore deve provveclei’e allamanutenzione e alla ditesa dei beni di 5, Vittoi’e,

Nel li 18 con il ricorso dell’abate Anselmo e clell’uni—versità degli uomini cli Pierosara a Martino V contro lasoppressione dell’abbazia, che sarebbe stata c’ompiuta inmaniera surrettizia. con l’intervento del potere laico eall’insaputa dell’abate e dei monaci, ha inizio una lungacontroversia tra le comunità di S. Biagio e cli S. Caterina.Nel 1421, per evitare i danni d’una lite clispendiosa e cliesito incerto, i due monasteri giungono ad una transazione, suggellata solennemente cia una bolla pontificia, inforza della quale 5. Biagio rinuncia alla Sua opposizk)ne aldecreto cli unione (li Innocenzo VII del i 406 in cambio clialcuni beni in città e nelle balie (li Rocchetta e Moscano,

5, \‘ittore, trasformato in grangia o fattoria, s’iene completamente trascurato; dalle ingiurie del tempo e clall’incu—ria degli uomini si salva solo la chiesa’abbaziale, che conla soppressione napoleonica del 1810 passa alle dipen—clenze della curia vescovile e diventa chiesa suffraganeadella parrocchia cli Pierosara.

Nel 1406 l’archivio cli 5. Vittore, contenente documentidli estrema importanza per la storia e la cultura fabrianesi(particolare interesse linguistico per il “volgare” italianonella nostra zona riveste la cosiddetta “carta cli I”ahriano”del maggio 1186, proveniente appunto cia tale archivio),viene smembrato: una parte è trasferita nel monastero cli5. Biagio, sede dell’ultimo abate cli 5. Vittore (ora talemateriale è custodito nell’archivio cli Fonte Avellana ),

IIIIIIIIIIIIIIII)!!lii

Page 20: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

mentre la parte più cospicua passa al monastero di 5.Caterina.

Dopo la soppressione del 1810 il monaco l3eneclettoRosei cli Fabriano trasferisce l’archivio di S. Caterina nelpalazzo della sua nobile famiglia, allo scopo cli salvarlodalla dispersione o dalla distruzione. SuccessivamentemonS. Aurelio Zonghi ha la possibilitì di studiare il materiale e di lasciarne un regesto, oggi preziosissimo. Glicredi Rosei, infatti, hanno venduto gli originali all’americano Scheicle. che ha donato l’intera collezione alla UniversiG di Princeton (USA), dove oggi è conservata. (u. p.)

ARCH1TETI’URA Il complesso si compone di duegrandi corpi cli fabbrica posti sul lato destro del fiumeSentino; a nord è situato il tempio romanico mentre ad)riente. incontrandosi con il pei’rìo costituito dalla grande

torre difensiva si aprono i locali destinati alla vita inona—stica, chiudendo su due lati un ampio cortile recintato daun muro (li pietra.

Nello stralcio planimetrico catastale a terminenel 181-i tra l’abbazia ccl il fiume, in prossimiG del ponteromano munito (li torre cli guardia, si estende il cimitero;particolari interessanti sono inoltre la presenza cli un muli—

no ad acqua con le relative opere cli canalizzazione e la IllIllIllIllIllimitata edificazione dell’area confinante.L’attuale sviluppo urbanistico spontaneo di tutta una

serie di costruzioni, a cominciare dallo stabilimento terrnale per la cura con le acque sulfuree, hanno parzialmentecompromesso il preesistente equilibrato rapporto tra ilmonumento e la magnifica natura circostante,

Le residenze monastiche sono un’opera che risale alXIII secolo probabilmente portata a termine ristrutturancloechfici coevi alla chiesa che, ormai a ragione, viene consiclerata il prototipo di un nutrito gruppo di complessi analoghi che caratterizzano consistentemente l’arte cli stileromanico nelle Marche. In essa trovano espressione queglielementi cli rinascita architettonica tendenti alla monumen—taliG propri cli questo stile, la effettiva reinvenzione cli tecniche cli progettazione e costruzione che per 500 anni letendenze filosofiche e religiose avevano cancellato e. nonultima, la spinta al rinnovamento che investe l’ordine deibenedettini e l)ortì a quella concretezza cli sintesi formalefondata sulla essenzialiG di figLire geometriche giustappo—ste.

[I tempio dedicato a San Vittore ha una planimetria acroce greca, inscritta dove il modulo compositivo quadra—to dell’architettura romanica trova una serrata e coerente

:‘-)

t 1ì)i)c(2ria da itna/hto iIliZi() secolo .VX.

I I liii 11111 II I,

Page 21: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

composizione; le leggere disuguaglianze, non rilevabilidall’occhio umano, sono dei tutto insignificanti nella valutazione complessiva.

La tipologia planimetrica a pianta centrale deriva direttamente dall’estetica romana e trova la sua sintesi più felice a Costantinopoli durante l’impero di Giustiniano nellechiese dei SS. Apostoli e di Hagia Sofia; in particolarequest’ultima fungerà da modello per le future moscheearabe. In linea generale il tipo a basilica sarà il preferitodall’architettura cristiana d’occidente, mentre quello apianta centrale costituirà il prototipo dell’architettura cristiana d’oriente.

l.o spazio interno che si sviluppa cia queste pianimetr eè più unitario e confluisce dai vari ambienti delimitatidalle campate: la sua chmensione, ed in modo particolareper quello originato dall’impianto centralizzato rispetto altipo a basilica, si valuta con difficoltà ed in effetti la stessachiesa di San Vittore, ad onta delle dimensioni non eccezionali, dà con immediatezza una impressione di severaimponenza.

Questa caratteristica è fondamentale per una religionecome quella bizantina, scossa dalla polemica iconoclasta.che tende a creare uno spazio privo delle dimensioniumane per la casa di Dio, dissimulando le pareti conmosaici dalle sospese raffigurazioni monodimensionaliche riflettono la poca luce che entra nelle chiese. Ma iltempio di San Vittore, pur caratterizzato dalla pianta romano-bizantina, risulta essere un’espressione architettonicaoccidentale nella sua composizione formale, un romanico

Interni.

-I,

i AMBIENTI MONASTICI SEC Nt-NV ù MULINO

CORTILE INTERNO 7 TORRE SEC. XIV

CIMITERO

ORTI

2

3

4

5 PONTE ROMANO

PIANTA

8 5, \TI7ORE SEC. XI

T TORRE TESTA DI PONTE SEC. XI-XIII

I IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 22: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IlIllIllhllIllIllI

a torre-testa di ponte. Foto inizio secolo.

3articolare copertura a pennacchi nel tiburio.

371

IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIII

Page 23: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

1111111 puro che rappresenta la nuova grandezza dell’impero edel suo sistema feudale, le grandi riforme del monachesimo e la volontà di clar vita ad una architettura che esprima, oltre la forza dello spirito, anche quella terrena emateriale; concetti lontanissimi da quelli che ispirano lospazio metafisico concepito per le chiese di S. Vitale aRavenna o per 5, Marco di Venezia, anchesse a planimetria centrale.

In altre parole. quegli elementi caratteristici dell’architettura romano—bizantina, giustificati storicamentedall’appartenenza dell’area alla pentapoli di Ravenna, vengono ormai svuotati cIa! loro significato primario e reinterpretati secondo le nuove idee che, anche nell’arte e nelletecniche di progettazione e costruzione, ne determinanosignificati diversi ed originali, al punto che il gruppo dellechiese che ad essi si ispirano si caratterizzano per unostile dotato di proprie ed autonome peculiarità.

Esternamente la chiesa dedicata a San Vittore si presenta con un volume compatto costruito in conci di pietracalcarea ben squadrati, la cui forma essenziale è mossadalle linee curve delle absidi ccl ingentilita dalla scansioneverticale del panimento cli facciata, resa con lesene slanciate collegate da archetti pensili, e cIa! cilindro appenasporgente della scala a chiocciola posta a fianco del narte—

\ello spessore delle murature si aprono elegantiml )nofl )re a doppio strombo con archi a tutto sesto neltiburio. nelle ahsicli del transetto rivolto verso valle ccl in(luelle delle navate: la monof ra dell’abside centrale presenta un’ampia strombatura doppia ccl un archetto triloba—lo. che diverranno elc’nienti caratteristici anche in altreo )struzioni. l)a questo volume emerge la torre campana—rO, realizzata in epoca successiva con evidenti funzioni didifesa e. centralmente. il tiburio ottagonale sul quale poggia la cupola emisferica e nel quale il ritmo delle lesene sifa Serrato e raccordato da archetti ciechi.

Internamente, superato il nartece con volta a botte, le

cui masse danno un’impressione cli angustia. si apre uno

spazio dalle proporzioni perfettamente calibrate, dominatodalle linee tonde delle ahsicli con catini emisferici e dagliarchi a tutto sesto dì sostegno delle volte a crociera checoprono le tre navate ed il transetto,

Il tiburio che sorregge la cupola raccorda la sua formaottagonale con il quadrato della campata centrale con eleganti pennacchi; dalle monofore scende una luce uniforme su tutta la chiesa. L’area del preshiterio. leggermenterialzata cIa tre scalini, prende luce anche dalle aperturepresenti sulle lesene, risultando così le ahsidi zone climaggiore rilievo chiaroscurale.

La forze espressa dalle spesse murature esaltata dallebucatui’e. la solidità delle coperture a crociera che sostituiscono le coperture lignee paleocristiane, in altre parolequella consistenza, a volte pesante, tipica del rornanico,nel tempio cli San Vittore delle Chiuse è attenuata dallesoluzioni spaziali: la chiesa, anche se esprime compattezza nei semplici e chiari rapporti spaziali, evidenzia un eleganza che spesso viene a mancare nelle espressioni architettoniche romaniche. Così particolare attenzione vieneriposta nelle cluattro colonne costruite con conci cli pietracalcarea scfuadlrata che sorreggono gli archi a lutto sesto.sui quali poggiano le crociere e la cupola centrale cheesprimono, in assonanza con il rimanente edificio, unampio spessore. ma nel contempo le loro dimensionirisultano slanciate ed eleganti, pur nella semplicità delleforme essenziali e prive cli qualsiasi ornamento,

Su un plinto quadrangolare in blocchi cli pietra poggiala base della colonna a forma cli tronco cli cono conmodanatura a toro cuneiforme, dalla quale pirte l’elemento verticale la cui sommità termina con un c’ollarino,anch’esso cuneiforme ma realizzato in c itto con un chiarointento di spi )glia clecoi’azh )ne.

E’ proprio questa essenzialita degli elementi che riconferma l’appartenenza della chiesa alk stile roinanico delprincipio clell’XI secolo, (g. p,l.

l1IIIIIIIlIlIIIIIIIIIIIll

Page 24: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

MATEUcA ED ESANATOGLIA NELLE.TERRE DEGLI OTTONI E DEI DA VARANO

Page 25: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

PALAZZO DI ESANATOGLIAAltitudine mslni. 555. Posizione: poggio. AbitantI: 3(1989).

‘l’ERHlTORIO E’ l’insediamentc) più meridionale traquelli considerati: si trova in una piccola sinclinale internadelimitata ad \V dalle pendici del monte Cafaggio (dal cuiversante opposto si origina l’Esino) e ad E da quelle delmonte Gemmo.

Le acciue ruscellanti che scendono dai rilievi si raccolgono nel fosso di Palazzo e, dopo essere in parte sottratteper alimentare un acquedotto che rifornisce la rete idrica(li Matelica confluiscono nell’Esino appena a \‘alle cli Esa—natoglia.

Il terreno su cui sorge Palazzo è costituito dalle forma—zOfli calcaree caratteristiche delle anticlinali appenniniche:pelagiti calcaree, sotto forma di scaglia rosata e scagliabianca, e formazioni riferibili alla maiolica nella parte piùoccidentale: le due emergenze sono separate \ erso E dauna sottile fascia di depositi alluvionali recenti particolarmente visibili e appena a S dell’insediamento all’interno cli

un piccolo fondo utilizzato per coltivi a cereali cIa cui ne

emerge un’ampia zolla.La copertura vegetale, distribuita nell’area in concor

danza con i piani altitudinali, è stata notevolmente modifi

cata da interventi antropici antichi e recenti: fino ad annii(’lni il legname delle formazioni del querceto di roverella

e clell’orno—ostrieto (ancora presenti nelle zone più basse

anche se in forma degradata veniva utilizzato dalle nume

rose carbonaie delle quali permangono resti ben visibili:l’introduzione di specie non autoctone, come lo scotano e

le acacie ed i vari tentativi di rimboschimento a conifere,effettuati anche nelle zone più elevate, hanno ulterior

mente alterato la composizione del manto vegetale. Le

:iree più elevate, originariamente coperte da faggeti, sonostate ampiamente dishoscate ccl utilizzate come pascoli

per ovini e bovini anche se faggi secolari isolati o in pic

coli gruppi sono ancora un elemento caratteristico dellecime arrontondate del monte Gemmo. (m.r.g.

LINEAMENTI STORICI Numerosi sono gli studi circale caratteristiche storiche del territorio in etù medievale e

flOfl: più rari sono invece i testi in cui compaiono notizie

TOPONIIIO Come analoghi toponimi delle Marche edella Romagna, con le Jrme diminutive “palazolopalazz(u)olo, deriva dal latino medioevale ‘palatiuin “,

dimora, corte di un nobile. (i.q.)

IIltIIIIIIIIIIIIIIIIaIIIII

Page 26: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IIIWN specifiche circa Palazzo di Esanatoglia dalle sue origini ad

oggi. Validissimi risultano i contributi di studiosi come Bittarelli, Feliciangeli, Luzzatto, Peclica; Saracco Previdi eMazzalupi offrono preziosi approfondirnenti in relazione atutta la zona di Esanatoglia (di cui Palazzo oggi è frazione particolarmente circa gli insediamenti medievali: comepure determinanti SOflO i contributi offerti dal Grimaldi edal Vogel per la loro accurata analisi del più antico materiale documentario.

Oggi Palazzo vive solo delle voci (Iella natura: è daqualche anno un centro disabitato che si raggiunge salendo da Esanatoglia verso Capriglia e percorrendo per alcuni chilometri la strada che costeggia il (osso omonimo.Giustamente annota il Feliciangeli che questo è il puntopiù vicino tra l’alto Potenza e il bacino dell’Esino che inqueste zone prende vita. A suo giudizio l’antico insediamento di Esanatoglia non corrisponderebbe alla posizioneattuale ma a quella localizzabile allo sbocco del fosso diPalazzo, ove oggi è Capriglia. Il Mazzalupi, dopo aver benrilevato la posizione strategica della zona in considerazione della morfologia dei luoghi, evidenzia come essa siabaricentrica tra Camerino, Matelica, Fabriano e annota che“cluesto villaggio compare nella documentazione colnome attuale di Palazzo solo a partire dal secolo XVI”.

La stessa Esanatoglia. posta laddove trova sbocco lavallata iniziale dell’Esino nel suo punto di confluenza con(osso 5. Angelo, nel Medioevo indubbiamente assunsenotevole valore strategico; e non minore ne ebbe Palazzo,che si trova lungo una delle tre direttrìci di viahilit deicentri gi citati.

Bittarelli indica come il centro maggiore assuma unadenominazione definibile come conta;ninatio tra Aesaeed Anatolia: il fiume da sempre ha rappresentato elemento (li culto, unendo consuetudini galliche alle successiveromane per approdare ai termini di una religiosit:ì nuova,la cristiana, con una figura di donna che rifulge anche neimosaici splendidi (li S. Apollinare Nuovo cli Ravenna,

Nel periodo medievale la piebs romana, forse preromana. aggiunge lo studioso, si trasforma in “pieve”, una piccola comunitt che si regge e si amministra: ed il moltiplicarsi dei nuclei monastici intorno al .Mille caratterizzaanche la storia cli quest’area come delle vicine.

Ma per comprendere il rapporto tra questa indicazionee la localit:Ì cli Palazzo, è necessario dire che quest’ultimasembra al Mazzalupi possa essere identificata con Acnia—ìio e I ille Acuiani, non solo per la chiesa ivi esistente, eda sempre dedicata a S. Salvatore, ma per i dati contenutinegli statuti di Esanatoglia, che il Luzzatto ha pubblicato, eche danno indicazioni topografiche cli riferimento cheappaiono inoppugnabili a favore di tale identiCi: si trattadella valle e del villaggio di Palazzo.

Il più antico documento cli cui si abbia notizia, relativoal territorio di Esanatoglia. è l’atto cli fondazione delmonastero di 5’, Aìite/o infra Hostia (1015). monasteronato essendo la chiesa omonima ghì esistente: sono ilconte Atto di Attone (Ottoni cli Matelica?) e la contessaBerta cli Amezone, di origine longobarda, a permetterne larealizzazk)ne con la donazione di terreni, vigne, boschi evari edifici, E non sari il solo atto cli cui saranno benefi—ciari i benedettini l’Acquac’otta, a proposito cli insediamen—

ti religiosi, dice, facendo seguito alla citazione cli documenti per cui i farfensi sarebbero presenti nella zona findal IX secolo, che essi erano possessori cli fondi in t’alleMajana che, egli nota. “io leggo Acujana”. E che gli Ottoni matelicesi tra il 1162 e il 1166 si distinguessero per laloro potenza è indubbio: lo conferma un’antica pergamena con cui concedono ai consoli matelicesi territori ed abitanti tra il fiume Potenza ed il fosso di Rastia; sembra chefossero proprietari di montagne e colline anche verso Esanatoglia.

Il Mazzalupi annota che per la prima volta l’anticadenominazione di Acuiano compare, rivelando quindil’esistenza dell’insediamento, nel Privilegio di InnocenzoIII pro Monasterio Sancti Angeli infra Ostia: la chiesa di S.Salvatore della Valle Acujana è ben presente nell’espressione “Ecclesiam S. Salvatoris de Vallecujana”, come pure(e non siamo più nel 1198 ma nel 1233) in quella chedocumenta le decime da pagare in natura al ‘Vescovo diCamerino, in cui si dice “Santus Salvatoris n’e Valle Acuiaai dei 1111 frum, e V copp. annon, apud Plebem SanctaeAnatholiae”, riecheggiando i documenti riportati dal Turchi. A questi si affianca quanto un passaggio delle Rationes Decimarum Jtaliae indica: “DompnusJobannes rectorecclesiae 5’. Saluatoris de Vallecuiani de Sancta Anatoliaadsignavit V liht pro se et suis heneJìciis”. riferendosi alTrecento siamo a pochi anni di distanza (1283): nell’inventario dei censi dovuti alla chiesa romana, dice il Luzzatto.S, Anatolia è giù compresa tra i castra occupati dai Carnerinesi,

Ma a proposito di Palazzo, non può esser taciuta lanota che Bittarelli inserisce, parlando di Esanatoglia, nellasua ,llarca di camerino. Egli sostiene che, prima degliOttoni, il castello di Esanatoglia dovette esser possedutodai “Cavalca di Fiuminata, padroni della rocca intermediacli Palazzo” (e aggiunge poi che, quando nel 1211 “Matelica e Fabriano Strinsero una provvisoria pace, il castrum 5’,Analoliae czim tota eius carte faceva parte del distretto cliMatelica): la data del possesso dei Cavalca risalirebbe al1015, Il Feliciangeli afferma che il dominio nell’alto Potenza alla fine del Il decennio del secolo XIII fu cli una famiglia detta dei nobiles de Rocca Sancte Lticie o dominiChvalca o C’at’alca de Rocca per la frequenza del nome dibattesimo o soprannome Cavalca o Malcavallo,

I ‘n Raniero Malcavalca della Rocca risulta tra i consolipdesCi di Matelica dell’anno 1213: il fiocchi invece

sostiene che cli tale famiglia si ignora la provenienza e ladiscendenza. o almeno dei signori della Rocca di S. Lucia:ne fa risalire l’etimo a ,ilarkwald, Marcovalclo, di originenordica o longobarda; egli aggiunge che nell’archiviocomunale di Esanatoglia si conserva un documento del1180 (una pergamena mutila) con cui “un signor Malcaval(che il Turchi, a suo giudizio, completò arbitrariamente in,I[ak’a,’a/lus). figlio di Albertino. dona per i suoi peccati ein cambio solo di preghiere ad Attolino, abate cli 5’, A iigeloinfia 1-lostia, meni cli quanto gli spetta nella pieve di Esa—natoglia, con libri, campane e paramenti”, Forse imparentati con gli Ottoni, vendono loro nello stesso periodo ilcastello cli S, Maria e sono tra i primi signorotti rurali àdivenire (o almeno alcuni cli loro divennero) cittadini delcomune di \ latelica, Certo è che nel secolo Xl domina la

IIIIIIIIIIIIIIIIIIUIIIIII

Page 27: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

Rocca di S. Lucia Raniero, figlio di Malcavalca.Essi gradualmente si staccano cia Matelica e ancor più

da Fabriano, avvicinandosi a Camerino, che li annoveratra i suoi cittadini, e a Perugia. Nel 1283 vendono a Camerino per 2100 libbre di denari i diritti su Fiuminata ed inseguito altre importanti rocche; dopo che il terremoto del1279 aveva seminato devastazione e morte. Ed ancoraoggi l’edificio più significativo di Palazzo porta il loronome.

Ricorda l’Acquacotta nelle Memorie di Matelica che nel1263 i signori di Cluzano vendono per quattromila lire diRavenna al comune di Matelica. “il Castello (di S. Maria)con tutte le sue pertinenze 1. .1 e particolarmente con quella parte del territorio che si estendeva dalla cima delmonte Pero in linea retta alle Montagne di Somaregia, indipd fosso di Cafagio fino a Santanatolia, e di là al fiume diAcujano (usque in rivum acujaniY’ riservandosi il giuspadronato tanto della chiesa di 5. Maria, quanto di quella diS. Biagio e di San Salvatore della valle di Acujano, dellaVilla cioè, del Palazzo di Esanatoglia. Negli statuti di Esanatoglia, pubblicati dal Luzzatto, e risalenti al 1324, i riferimenti alle località di Palazzo (ancora indicata con la denominazione cli Acuiano) sono ricorrenti ed attestano uninsediamento umano consistente.

Il Luzzatto, nella premessa agli stessi Statuti, tracciabrevemente le vicende di Esanatoglia: nel 1303, InnocenZO III invita il podestà ed il popolo di 5. Anatolia ad aiutare Matelica dopo la distruzione operata da Camerìno: eciò fa presupporre “che il comune fosse indipendente”.Con il rafforzarsi delle realtà comunali vicine, nel 1211 ilcastruni S. tae Anaiholiae cum tota eius carte fa parte deldistretto cli Matelica; “ma al dominio oppressivo del comune vicino i castellani di S. Anatolia doveano preferire quello cli una città più lontana”, a cui erano già uniti per giurisclizione ecclesiastica sok dopo pochi anni Esanatoglia èsotto Camerino e vi resta per oltre due secoli finchè, declinato l’astro dei da Varano, rientrerà nell’orbita del Governo pontificio, in cui resterà fino all’unità d’Italia.

Essa, conferma ancora il Luzzatto, rimane soggetta “allagiurisdizione del Camerinesi” per lungo tempo; essi “viimponevano taglie, levavano soldati, esigevano multe, eapprovavano i podestà, giudici e notai, eletti da quei cli 5.Anatolia tra i cittadini cli Camerino”.

Ma, tornando agli Statuti ed alle indicazioni relative adAcujano, ecco le espressioni più significative, dedotte daitesti stessi: vi si parla cli una via quae vadit ad JbntemAcuiani /. .1 ci iendit versus Cuprilia; si stabilisce che lafonte stessa venga curata per hom ines vicinantiae a serracampi versus (Japriliatn et Acuianum et de valle acuiani;o anche per bomines contralae chiari sono i riferimentiagli bomines de Acuiano; anche la jns de Venatoriis deveesser curata per homines vallis 4cuiani; ccl il riferimentoagli abitanti della zona ccl alle loro case è palese allorchèsi parla della via quae inczpit a pede domorum i’allisAcuiani ci tendit adfinlem Cupi; essa riguarda gli bomines contratae /7 ci habitantes in villa t’allis Acuiani. Inun altro passo degli Statuti si fa riferimento anche ad alcune attività che si svolgono nella zona (e che gli abitantihanno praticato fino a vari decenni fa): sii licitum flicereva ncu m, ca rhones, cocta ai ca rbon u in ci /bca ria in in

monte Geinbi et in tota valle Acuiani.Il Mazzalupi rende noto che in una relazione anonima,

riferibile alla fine del 500 o aì primi del 600, conservatapresso l’Archivio della Curia Generalizia degli Agostinianiin Roma, è contenuta la prova che il nome è già quello diPalazzo: “Un’altra villa detta il Palazzo nella valle Acuianaquale fa circa 40 fuochi, villa antica e ricca”. Ciò trovaconferma in un documento ecclesiastico del 1592: in taledata il vescovo dì Camerino visita simplicem ecclesiamSancti Salvatoris de villa Palatii; ed il Feliciangeli, dandonotizia di un’altra visita pastorale (ma siamo ormai nel1670) dice che questa avviene in San Salvatore nella Villadi Palazzo parrocchiale.

Della villa il Mazzalupi parla come di uno dei luoghiche sorgevano più lontani dal castrum e che trova inPalazzo un caso “embiematico ed esemplare”.

“Questa villa”, egli annota, “è costituita oggi da dueparti, la più importante delle quali risulta ricavata dal vecchio Palazzo dei Cavalca. Questo si presenta tagliato longitudinalmente per una cinquantina di metri cia una viuzzaai cui lati sorgono le case della villa che risulta fortificata,viste le pareti posteriori di tali abitazioni che presentanomuri perpendicolari in pietra viva. L’altra parte della villa,invece, è addossata alla chiesa al di là del fosso”. Per lostesso studioso la variazione cia Villa de Acujano a villaPalatii, documentata fin dal 1500, si deve alla costruzionedel palatium, espressione di “sovrapposizione di edifici divaria epoca, dal XII al XVII secolo”, mentre la chiesa (ociò che di essa resta) “presenta una struttura 1Ofl anterioreal XVII secolo”.

La presenza in Esanatoglia e nella zona di numerosimaestri lombardi, rilevabile cia molti contratti cli lavororisalenti al XIV e XV secolo, unitamente alle disposizionipreviste dagli Statuti, assicura le possibilità operative e lequalità delle stesse nel settore edilizio. Ed il ventaglio dicorporazioni presenti già in Esanatoglia tra il Trecento cclil Quattrocento (giudici, notai, mercanti, muratori, maestridel legno, vasai, fabbri, calzolai, osti, macellai, barbieri, edinfine cartai) e vive nel Cinquecento, presuppongono unrapporto intenso con i centri vicini come Camerino, Matelica, Fabriano, Recanati. Alla fine del XVI secolo Esanatoglia si caratterizza “per fortissimo commercio” dovuto alanificio per pannine, di econci per corami, cartiere,

Majioliche’; “la Terra [.1 era così piena cli denaro [.1 daattrarre anche malviventi che prendono in ostaggio figli clifamiglie abbienti chiedendo un riscatto di diecimila scudi’.

Il riflesso di tutte le attività di cui sopra non possononon aver coinvolto Palazzo. Dopo la metà del Quattrocento la presenza di maestri lombardi e stranieri nella zona enel castrum, potrebbe non essere estranea alla tecnicamuraria delle volte a crocera ccl a botte o alle linee nitidedegli edifici cii Palazzo. Malgrado eventi calamitosi checolpiscono la comunità (carestia nel 1590 e 92 terremotinel Settecento, ancora carestie ed alluvioni), nel Breve ciiClemente XIII (8 luglio 1766) Esanatoglia è definita “terracospicua”.

Palazzo, centro cli interessi strategici ccl economici nelpassato. centro già nel 1960 di una Azienda di Stato, oggi,nella parte abitativa è di proprietà privata, mentre il terri—brio circostante è di pertinenza della Regione Marche: il

III”

Page 28: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I 111111 tempO ha ridato alla natura ed alle sue creature quanto

l’uomo, (la di mille anni ha goduto e plasmato Secofl

do la sua volontì e le sue esigenze; ma il Palazzo fortificato, le vie, gli edifici in pietra squadrata, la torre mozzata,le porte, meritano una ancora più completa lettura (Iellaloro storia. (mf.c.)

ASSETTO URBANISTICO li castello di Palazzo è unnucleo di poggio posto in una vallata dell’Appenninoumbro-marchigiano, dove sfrutta un rilievo del fondo valleprofondamente solcato dal torrente montano omonimo,affluente dell’Esino.

Strategicamente il sito permette il controllo della tortuosa via che da Esanatoglia conduce a Fiuminata. via chepuò essere agevolmente aggirata dall’anello che, ruotando

in senso orario a partire da Fabriano. tocca Cerreto d’Esi,Matelica, Casteiraimondo, Pioraco, Fiuminata, Campodonico, Belvedere, Cancelli, unendo tra loro queste località econvergendo sulla prima. Questo stato di fatto fa sì che,seppure Palazzo sia localizzato in una posizione chiavenella quale si scontrano e si fronteggiano gli interessi politico-militare cli tre distinte realtà comunali (Camerino,Fabriano e Matelica), il castello non assume un molo fondainentale nelle strategie delle pur agguerrite municipalit.

Allo stato attuale il nucleo è completamente disabitatoe molto del suo tessuto urbano e del patrimonio edilizio èandato perduto a causa dei crolli succedutisi recentemente. Nonostante ciò, con gli apporti che provengono dallaplanimetria catastale risalente al 1814, la morfologia urbana dell’insediamento si può assegnare in parte alla tipologia a scacchiera ed in parte a quella ad avvolgimento.

378

IIttIIIINllhIIItIIIIIIIti

Il boiojorti/icato. ,lbitazioni del tipo ‘a torre’.

[ci chicsa di S. Sali ‘atore, Le strette zie interne.

Page 29: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

— VIAI3ILITA

• FOSSO

‘‘III’’’Questa singolare situazione è determinata dalla presenza di un nucleo più antico consistente in un palazzofortificato posto sul lato meridionale dell’incasato, e dauna successiva espansione verso nord del borgo fortificato, espansione che segue l’andamento del crinale.

Altrettanto singolare risulta la posizione della chiesacastrense di 5. Salvatore, quasi contrapposta a nord delcastello; questa, costruita con solide ed alte murature inpietra scluadrata, forma, insieme ad altri ambienti, un edificio complesso con corte interna che denuncia chiariintenti di autodifesa. Il campanile, di poco più alto deirestanti manufatti, emerge solo per la parte della cellacampanaria, in epoca più tarda costruita in cotto sullabase d’angolo in pietra.

Le abitazioni sono edificate con pietra calcarea squadrata con l’uso frammisto di mattoni in cotto soprattuttonelle piattabande e negli archi di porte e finestre; lecoperture sono realizzate con falde spioventi su ordituraportante in legno e manto esterno in coppi. La tipologìadelle stesse èaschiera compatta, allineata lungo le vieinterne molto strette.

Sono tuttora ben identificabili gli edifici a torre risalentiai secoli XIV e XV. che trasformano le singole unità abitaUve in parziali elementi fortificati, ognuno dei quali apporta ulteriori contributi alle difese comuni del castello, costi—i uite dalla parte più rinforzata e dal vallo protettivo.(g.p.b.)

CHIESA

BORGO MURATO

BORGO ESTERNO

PIANTA

Page 30: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

ROCCA DEGLI OTOMAltitudine m. 661. Posizione: versante.

TERRITORIO ridosso del versante occidentale delsan \ iciflo, SU uno sperone dilhcilnwnte accessibile (li cal—:iw massiccio a contatto coro formazioni di maiolica.

domina Li vallata dcllEsino in corrispondenza di CcrretoJEi. La copertura vegetale è abbastanza integra: predo—mina no le specie del (luerceto a roverc’lla e dell’o rno—

nelle zone pi(i basse. cI&l Loggeto nell area culmi—mole: è presente inoltre un discreto castagneto. Le attiviCoagricole e la p1stori7i:1 sono praticate solo in aree marginali piuttosto ristrette, il bosco, o parte propriedo privatan arte demaniale, è governato a ceduo ed ampiamente

I tlllzzatc) anche per la raccolta delle cat:igne. (m.r.g.>

LINEAMENTI STORICI “Era la Rocca di Matclica fabbricata sul masso di un monte”. Per secoli e secoli cluestonome, nelle sue accezioni più o 10cm) antiche ( RoccaI)o,o, liii .lcionis, ‘l:’ ,S. iicini, Rocca degli Ottoni, RoccacdO), è comparso nei documenti ufficiali in cui si specificac sì nassume la storia della cittù di Matelica csome di alcunidei centri vicini (particolarmente pci’ essi riferita al periodo medievale) di Esanatoglia. di Cerreto ci’Esi. cli Albacina,

cli Collamato, di Fabriano, Essa è inscindibilmenre legataal m)me degli Ottoni I conti ( (4)nlitcs) compaiono concertezza e tra i pri1 il conte Attone gLi erso Li metadel XII secolo come signori di vasti territori tra il Potenzae lEsino: la loro l)rcI è confermata da una pergame—mi dcl I 1ù2 o del i Iéù: e ti’o tro n a espressione la loroproi’onpente personilita. Pur nella succes’iva ac cettaziorcedell’incastellainento nel comune di \Iatelica, questa famiglia finirù per dominarne a lungo la vita politica. Ciòa verdi formalmente nel 1394, anno in cui”vennero nominati Vicari della Chiesa, fino ai i 78, quando ennerodichiarati decaduti dal governo della cittadina”: è la sintesidella loro paralola di potere offerta in un recente studiocondotto da Luca Barbini su la S4inoria o/egli Ottoni. E leloro caratteristiche forse trovano piena espressione nellostemma che li rappresenta: una scacchiera rossa e biancasormontata da un’aquila nera: il tutto su campo cloro.

la S’furia popolare cli Sennen Bigiaretti, le .1 tenioriedell’,\ccluacotta. le .llemorje civili ed c’cclesiastic/?c’ dcl Razzanti, solo per citare gli storici locali, risultano co )ntinua—

mente soliecitate cia tali presenze cli cui la Rocca, datacome esistente gia nei primi documenti, nel bene e nel

IIIIIIIiIiIliIIlIiIIIIII

Page 31: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I 1H11 male, finisce con l’essere simbolo.Le più antiche pergamene dell’Archivio Comunale di

Matelica documentano il tentativo degli Ottoni, forti dellapresenza imperiale in Italia. di assoggettare la cittù chereagisce, ampliando a loro danno il suo dominio territoriale e strappando a Monco, come giù ai padre Rainalcio, iterritori che il nonno Attone si era riservatC. tra cui Colferraio (Colferrao), Poggeto (Pugito). Castiglione. a risarcimento dei danni che con la guerra la comunitù ha subito.Ma la nomina di Attone (1199) a Podestù di Osimo convince Fabriano, Cingoli, San Severino a sostenerlo controMatelica, che, pressata anche cia Camerino, subisce effettidistruttivi. cIa cui la solleva l’intervento di Innocenzo IIIche invita Esanatoglia e Fabriano a favorirne la ricostruzione, agevolata anche dalla successiva emanazione di unPrivilegio dell’imperatore Ottone IV. La vita comunaleriprende. consolidata da una transazione (1211) tra Fabria—no e Matelica: e il Feliciangeli sostiene che la Rocca domiin Actonis ivi nominata è certamente la Roccaccia “forse ilprincipale centro della forza militare degli Ottoni’”.L’Acquacotta aggiunge che “Catenaccio console di Fabriano rinunciò ai diritti che credea cli avere sui Castelli e Villeposte al di qua dei confini verso Matelica I... I particolarmente rilasciò ai Matelicani il signor Atone cli Guarnierocolla di lui Rocca e Territorio, non che gli Uomini di Poje—to Poggeto), il Castello di Colferrajo I..] il castello di 5.Natolia [.‘. ccl i rispettivi territori, annullando tutti gl’lstro—menti che a tal concordia poteano esser contrari”, lI 28giugno 1213 Attone di Guarnerio promette a Rainerio.podestù casti-i Matelice di porre sè e la sua fortezza al servizio della difesa della comunitù: promittofacere guerram

et pacem de rocca mea et de hominibus dicte roce admearn expensam et reditam.

Il Barbini conferma che “fin dal loro primo inurbarsi.gli Ottoni rivendicano per sé la difesa della Terra; dopoalcune traversie dovute soprattutto alla loro adesione ghibellina, riescono a imporsi nuovamente esercitando lacarica di capitani di guerra [‘.1 difensori della Terra 1..’] maanche protettori del Comune”. L’abile politica condottaadattandosi alle situazioni contingenti e più ricche di prospettive future permetterù loro di insediarsi e restare alvertice della vita cittadina, in una successione di anni benpiù ampia cli quella delle vicine signorie dei da Varano edei Chiavelli,

Un momento critico si registra nel 130: ma la riformadegli Statuti da parte di Egidio Albornoz, con cui rendeereditaria la carica di consigliere, favorisce il consolidarsidel loro potere. che ha solo brevi pause intermedie pci’eventi che coinvolgono zone ben più ampie (1462: unarivolta popolare vede l’intervento del papa Alessandro VIche invia Giovanni Borgia; 1502: il cardinale Farnese ePietro Perez si impadroniscono della cittù).

Nella Descritio Marchiae Anconitanae (1356). laddove citO, castelli, rocche, terre della Marca risultano diligentememe censite e catalogate. tra le villae risultano VillaRoccba, Polgeti, (llis Ferracii, in un tempo in cui a Matelica sono attribuiti” 1050 fumanti” (ML Jìmantes. Con il1357 il titolo di gonfaloniere spetta ad un Ottoni: nel 1362il pulcrum castrum di Matelica è tenuto dal nobile Francesco, figlio di Guido Ottoni: e continua ad esserlo nel 1371.

Il cardinale Anglico, vicario generale, a questo proposito,

così si esprime: “Qiio ululo ibsuiìfl posside!. nescio. credoquoti permissive et conl’enienciam”,

Potere quindi incontestato cli l’atto, anche se legittimato, La politica filopapale, che garantirà loro nel 1443 lariconferma del vicariato generale cli Santa Romana Chiesa,darù frutti sempre più consistenti, Ma l’anno 1462 vede ilmanifestarsi del malcontento popolare di cui si ignoranole cause. La Rocca vede probabilmente la morte di Francesco Ottoni, che vi è rinchiuso a seguito della sommossa.Altri Ottoni, Antonio e Alessandro, figli di Ranuccio, menoinvisi al popolo, si ritrovano alla guida della citO nelperiodo successivo; alla loro morte, i figli succedono loronel governo, secondo i termini di un accordo in cui SOflOripartiti beni e potere: “il dominio, -chiarisce il Barbini-, ècosa comune spettante a tutti ma la direzione dello stato èdi pertinenza del più anziano”: vive in questo caso diRanuccio di Antonio, il cui vicariato è confermato da unabolla cii Innocenzo III. bolla che gli Ottoni proclurrannonel 1698 nella causa contro Matelica ed in cui, dicel’Acquacotta, “pretendevano che fosse dichiarato territorioesente la tenuta delle Macere” (alla sommitù della quale sitrova la Rocca),

Nuovi accordi del 1513 tra i componenti della famigliaconfermano la Rocca delle Macere “indivisa, di comuneproprietù e dominio” (comprendendo la tenuta delleMacere), unitamente “alle sue aggiacenze, non che collearmi e artiglierie che ivi esistevano. Anzi. (proseguel’Acquacotta) essendo quel forte un rifugio alle circostanze, i fratelli ed i nepoti Ottoni contraenti l’accordo statuirono di migliorarne lo stato, Vollero perciò che i prodottidi ogni specie derivati dalle possidenze delle Macere fossero tutti erogati nelle fortificazioni e munizioni dellaRocca con divieto di distrarli in altro uso”. D’altra parteanche in precedenza (1502), durante la breve parentesi incui Alessandro Farnese è legato della Marca, allorché lospagnolo Pietro Perez si impadronisce cli Matelica (comedi Camerino e di altri centri), questi è ben consapevoledella importanza della fortezza: il Razzanti conferma cheegli si preoccupa di “togliere ogni asilo di sicurezza allisignori [.1 assalendo i vari forti esistenti in citO. e nel suoterritorio e fra gli altri E.,,] la Fortissima Rocca di Matelica,appartenente alli signori Ottoni”, Addirittura ritiene la suaconquista una garanzia necessaria per tutelare tutto il territono del Ducato di Camerino (è sempre lo storico matelicese ad affermano), “Il Perez, diffidando di viver sicuro aCamerino, fuggì di cosO con molti fanti spagnoli dirigendosi alla Rocca cli Matelica”. Con la morte cli papa Ales—sandro VI (18 agosto 1503), le fortune del Milentino inizieranno il loro declino; e la stessa Rocca, giù occupata dalPerez. ritorna “al legittimo padrone”, grazie allo schieramento cli forze dei da Varano, “molto confederati con gliOttoni” (almeno in questa circostanza), e di questi ultimi,Tornati al potere con Ranuccio, lasciano che gli succedaGiovanni, figlio cli Alessandro, E’ questo un periodo diprosperitù economica che trova espressione anche nellafioritura urbanistica della cìttù in cui prospera l’attivitù deipanni lana, Ma quando, nel 1520 a Giovanni succede ilfratello Ascanio, i contrasti caratterizzano la vita dellafamiglia, “L’oggetto delle intestine amarezza -riferisce

382

IlIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlIIII

Page 32: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

l’Acquacotta— era la Rocca delle Macere e il modo di

custodirla formava il punto della domestica controversia.Tutto il disordine l)ro’en dall’essersi di giù troppo mol

tiplicati gli Ottoni”. In effetti, all’epoca solo i maschi sono

diciassette. Alla morte di Ascanio gli succede Cesare di

Ranuzio e sembrano affacciarsi quelle “apparenze di lace”che scompaiono nel 1543, allorchè egli cessa di vivere, I

contrasti familiari divampano; ad essi si aggiunge una lite

con San Severino per i confini: quella comunitù produce

eccezione contro gli Ottoni, dichiarandoli illegittimi paclro—

rii di Matelica e proprietari della Rocca’. In questo clima

di intolleranza che proviene anche dall’esterno, Antonio,

figlio cli Cesare, e Anton Maria, figlio di Ascanio, si con

tendono il primato nella signoria; la malvagiO (li

quest’ultimo lo spinge a soprusi ed intimidazioni di ogni

genere ed a quanto i cronisti dell’epoca riassumono con

l’espressione “saggi di violenza”: tanto che è costretto alla

fuga. mentre i giudici pronunciano contro di lui sentenza

(li morte, E’ a questo punto che, ancora una volta, la

Rocca torna ad essere la chiave cli potere, E come tale è

intesa da Ranuccio Ottoni che (ed è ancora l’Acquacotta a

narrarlo), travestito da cacciatore, nel giorno 18 agosto

1547 entra con gente armata nella Rocca delle Macere e

dichiara cli impadronirsene ‘a nome di Paolo III sommo

Pontefice, spugliandone Anton Maria attuale signore del

paese”. L’intento è di proporre a capo della signoria il fratello Antonio. Ma i Matelicesi, esasperati dai soprusi edalle violenze, reagiscono. accusandoli di essersi appropriati per un cinquantennio delle pubbliche rendite senzarenderne conto alcuno, oltre che cli altre soperchierie. Ilcomune pericolo riavvicina gli Ottoni contendenti, timorosi che il popolo prenda il sopravvento. I Matelicesi siappellano al papa che invia un commissario per dirimerela grave situazione e dar corso al processo, stanti lepesanti accuse più volte reiterate. Ma tutto procede conlentezza fino alla nomina, neI 1560, di l’io IV il quale preferirù servirsi cli un nuovo commissario, Giovan BattistaDoria, Nel frattempo viene assassinato Valentino Pellegrini; l’omicidio, secondo l’Acquacotta, sarebbe cIa attribuireai partigiani degli Ottoni che vogliono far tacere una dellepiù autorevoli voci avversarie: e nel frattempo. mentre ilpapa assolve inspiegabilmente gli Ottoni dalle pene in cuierano incorsi fino a quell’epoca (1563), un altro omicidiosi verifica, nei pressi della Rocca delle Macere “nel caloredi una contesa fra Cingolani e Apirani”: lo si attribuisce “aibanditi che tenevano gli Ottoni nella Rocca”. Il papa, cheaveva riammesso gli Ottoni al vicariato. dietro comunquel’eshorso di diecimila scudi da versare alla Camera Apostolica, esasperato. ordina al commissario Doria “di dar

l’assalto alla Rocca e prendere con la forza quanti vi eranodentro rinchiusi”, Nel buio di una notte dell’anno 1503non solo gli armati ma i cittadini seguono il commissarioalla volta del forte che viene assediato: se ne intima laresa in nome del papa. Lassù è Antonio Ottoni, che vi si èrifugiato con i suoi armati e con i rinforzi avuti dai France—schini. Al fuoco si risponde con il fuoco: segue la resa.Ben triste quel giorno per chi, come Antonio, sicuro delSuo potere. ha continuato a fare della Rocca, come i suoiantenati, un inespugnabile punto di forza ove e lo attestano i coevi libri delle Rifirmanze) accedeva solo chi aves

se un ‘bollettino” (lasciapassare); ove nemmeno i compo

nenti della famiglia erano ammessi nella parte più interna,se questo non era nella volontù del signore: al massimo siconcedeva “dì accomoclarsi nelle stanze del giro fora dellaroccha”, Al castellano sono affidate le chiavi gelosamentecustodite: castellano naturalmente prescelto dagli Ottoni:consuetudini. queste. rigidamente seguite anche neidecenni precedenti Antonio, quindi, è catturato Accusatocome ribelle, sarù condannato a morte e decapitato: pocopiù tardi la morte naturale prenderù con sé anche AntonioMaria. Nel frattempo viene ordinata la demolizione delforte: tra l’aprile ed il luglio del 1564 al forte accorre gente“per rovinarlo”; “è inesplicabile l’entusiasmo con cui inostri abitanti si prestarono all’opera”, commenta l’Acqua-cotta (ove inesplicabile è da intendere anche come mesprimibile). Il forte è “del tutto atterrato tra il giorno sei, enove cli luglio”.

Ma tanto giubilo si spegne allorchè Pio IV riammette.

ancora una volta, gli Ottoni al potere. forse più per i proventi derivanti dal vicariato che per l’abilitù di Pirro Ottonie, con lui, di Rinaldo, Vincenzo, Ranuzio, Ottaviano. Federico, Giovanni Maria, Alfonso e Giulio. Unico obbligo adessi formalmente espresso: il divieto di ricostruire la Roccadelle Macere, Ma i Matelicesi si tutelano, ammaestrati dalleprecedenti amare esperienze: richiedono e ottengono dalpapa “che il popolo sia astretto a star sotto di loro se sarùdi ragione et non altramente”. Il nuovo papa. l’io V. sembra voler chiudere i contrasti tra la comunitù, gli Ottoni edi loro sostenitori ed invia il cardinale Albani per un compromesso. La sua morte (1572) e la nomina di GregorioXIII vede la reintegrazione formale di Pirro Ottoni al vicanato, purchè ci sia conciliazione tra le parti: ciò avvieneed i termini della stessa vengono accettati dal consigliogenerale. Ma l’assassinio di un importante esponente dellaparte che aveva trattato con gli Ottoni ad opera di “genteinascarata” e il sospetto che Pirro ne sia il mandante,fanno precipitare i rapporti pacifici e rmnfocolano i sospetti, Gli Ottoni sentono che il pericolo è in agguato e cercano nuove iniziative: chiedono di vendere a Giacomo lloncompagni. duca di Sora. imparentato con il pontefice. iloro diritti sopra Matelica, compresa” la Tenuta della roccadelle Macere”, Sorgono però difficoltù per la non disponibilitù alla vendita da parte di uno degli Ottoni; due annidopo, comunque, a causa del non pagamento alla ‘l’esoreria della Camera Apostolica del canone dovuto, il papadichiara gli Ottoni definitivamente decaduti dal governo diMatelica, Niccolò di Aragona, governatore generale dellaMarca, prenderù possesso della cittù a nome della SedeApostolica, Egli giunge a Matelica il 3 dicembre 1578.accolto dal tripudio generale dei cittadini” bilares et/ucIl odi”,

E’ la fine della signoria e l’inizio della fuga e della diaspora di una famiglia il cui ultimo componente si spegnerà a Roma nel 1737; secondo alcuni, invece, parte deidiscendenti, dopo una permanenza in Portogallo, ove sisarebbero imparentati con la famiglia De Carbajo. trovamodo di raggiungere il I3rasile, ove riconsolida la sua presenza e le sue fortune. Uno dei discendenti nel 1979 ègiunto a Matelica con la consorte: i tratti del volto erano

niconducibili a quelli deglì antenati: ha inoltre dimostrato

tIIIII

11111 I 111111 111111 I 11111 I I

Page 33: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I 111111111 di conoscere benissimo la pianta del palazzo Omonimo,

edificato alla fine del Quattrocento. palazzo che si affacciasulla piazza Mattei, grazie a documenti che la famiglia haportato con sé il momento dell’abbandono della cittù eche ha poi trasmesso ai discendenti. Ma è ancora la Roccaa far parlare cli sé alla fine del Cinquecento.

La comunitui matelicese conferma che essa è parte delsuo territorio; nell’Archivio Storico Comunale: alla data del5 ottobre 1594, si ritrova una Mesura delle Macere, Roccao’t loro pertiiieìitie l’incarico è dato dai magistrati gonfalo—nieri priori a “baglione de cenzi” ccl a “messer VincenzoVespa de Matelica”. Essi rilevanc la presenza cli terre arative, selvate arborate vigiliate prative e soclive I.. .1 postenel territerio di Matelica I.. .1 che ora se posecleno cia Sig.

orario bongiovannE: è invece dcl 16-tO il documento deiLimiti tra il territorio di Matelica e la possessione delle.1 lacere estratto clall’istromento fatto cia Orazio Ilongio—vannì e la Comunitui. per rogito di Francesco Procaccini. incui si stabiliscono i confini tra i terreni della Comunitui equelli della Rocca delle Macere dalla cima del monteCucco, in faccia al palazzo delle Macere, seguitando in giùalfine di detta Montagna”: e vi si annota: “Palazzo delledette Macere, nel piano detto di Coccetta”.

Risale invece alla fine del 1500 un decreto del governatore della Marca Ferdinando Farnese. sulla localizzazionedella tenuta delle Macere.

[ai Rocca appare inoltre ben illustrata in una mappacatastale, probabilmente allegata ad un revisione dei confini tra Matelica e Fabriano, databile verso la fine del Cm—duecento: le sue caratteristiche non sono certo quelle cliun rudere dopo l’abbattimento e la sua consistenza arclu—tettonica è in assonanza con la descrizione che ne fa ilRazzanti. Nei libri delle Ri/rìnanze inate/icesi a1 c/U noI ‘2 usque ad aniiiun / “28. n. -i5 si ha notizia che ili. nsigin ) incarica una delegazione cli effettuare la reco—

su un terreno che x a dalla “tenuta delle Maecrefino alla selva grossa di faggi”: zone oresso le quali si

SW O vangheggiare.Risultano presenti “legnami di qualitO cli avellane. faggi

e carpani’ . con faggi antichi di 50. 90, 100 anni di cuialc’uni periettoo cli attivare come per il passato la liberOdi legnare”. Le zone non esposte al sole danno) solo terreni ‘ineulti”:solc presso la ‘villa del Pugito” vi sono avel—Lane e faggi giovani nia non atti e buoni per le viti, Nellaptrte dell’archivio che conserva i Proce,ssi relativi al 1765,si ritrova una citazione cli Niccolò di Pierandrea, custodedella tenuta delle Macei’e, contro Giuseppe Paoletti, persc mfmnantento di I estiame. Preziosa testimonianza sullaRocc’a, la sua storia, la sua consistenza, viene dal testo Lememorie cui/i ed ecc’/esiastiche del Razzanti, databile allafine di quel ‘“00 che sembrerebbe non offrire altro chenoie sporadiche. Eccone i brani più significativi:

‘Fra la Rocca di Matelica l’abricata sul masso cli unmonte I. .1 in quella parte del territorio, che volgarmentechiamasi le Mace re, cinque miglia circa distante da Mateli—ca, posta alle falde del San Vicino per cui clenominavasi laRocca del Sanvicino, Aveva il propio Castellano ccl munitadli fortissime mura. Nonostante la sua presente decadenzaIsiamo alla fine del Settecentol. evidlentemente si rilevache doveva esser luogo quasi inespugnabile. Circondata

cia doppi gi’ossi baluardi, sorgeva in meo una torre cheserviva di ritirata per il caso che il nemico avessi penetratoli muraglioni esteriori, Dalla parte del monte era I...] guar—data cia scogli, il resto) era uno scosceso ccl inaccessibilependio che vedeva la rocca immune cia ciualunciue asse—dio. Per vie difficili e tortuose si introclucevano viveri in

caso cli necessitui né questi potevano esser noti se non apersone ben pratiche e fedeli; si vedono anche al presentevestigia cli alcune cisterne, capaci cli contener per sommi—nistrarsi molta quantifa d’acqua. Non senza ragione puòcongetturarsi che questa fortissima Rocca sia stata fabbricata fin dal secolo XII” Stranamente fino ad oggi nessuncenno) o notizia certa si è avuta sugli icleatori, sui costruttori o sulle successive manutenzioni o riattarnenti dellaRocca stessa. Nasce il giustificato sospetto che durante laloro signoria gli Ottoni mantenessero per ovvi motivi sututto la più grande riservatezza e che, fuggendo. abbiano)poi’tIto con sé i documenti relativi. impedendo che cacles—sero in mani nemiche O) estranee, Pare impossibile che icarteggi conservati nell’archivio comunale, tranne i citati,non contengano, in riferimento a ciò, alcun cenno),

Oggi di questa Rocca, che è stata oggetto) oli aspre contese e cli delitti, non restano) che pochi ruderi. tra cui unbuon tratto dlc’ll antico edificio c’on qualche’apertura. unportale ad ogiva che regge ancora il peso cicO tempo). dellaviolenza e dell’incuria degli uomini: ma bastano a docu—mentare una notevole clignitO architettonica, oltre cheun’indiscussa validit/i strategica. Intorno al 1973. l’Unescose ne è interessato, chiedendo alla comunit/m locale notiziein merito. essendo in corso una ricognizione sui castelli.Ma gli anni successivi non hanno i’egistrato niente dinuovo) so’ non il lenti) declino di quanto (e non eraè rimasto: in segiuto razziatori di nessuno) scrupolo hanno)ac’celerato tale pera . Oggi l’intera si ma è parte dei benidella comunit/m come Azienda l)emaniale (cx Azienda cliSta 9. Chi, da Matelica o da Cerreto. giunge alla trazionecli Poggeto, ai piedi della Rocca o alle Macere e, coraggio—samente. si inerpichi per ripidi sentieri fin lassù, raggiungegli speroni cli una roccia, a strapiomho sulla valle strettadietro la quale. in una breve spianata. resistono le antichemura: di IO. nelle giornate limpide, gli occhi possonoammirare quante distese, in basso, erano) visibili e control—labili a chi avesse tale posizione: dalle aspcm’itìi intorno ad

Esanatoglia, alle p otre interno a Matelica, al corsoclell’Esino fin verso Cerreto cl’Esi. La vegetazione spontanea vi ha pi’eso il sopravvento. Ed oggi, finalmente,nido oli aquile, che tutti c’hiamano Roccac’cia. gode cli unapace che nom sempre i secoli trascorsi le hanno garantino:non più assalti. vedette, armi. grida, violenza, lotte per ilpotere ma solo le voci del bosco, qualche reatiore chesfrecc’ia alto. in alcune stagioni i tagliatori cli legna checercano, in un dialogo fatto di parole essenziali, un hi’e’eristoro) alla fatio:a quotidiana. ( mIe,

ARCHr1’ErruRA La Rocca degli Ottoni nel panorama dei c:istelli presi in esame non può essere studiataapplio’anclo il modello tipologico architettonico—urbanisticoadottato per le altre emergenze dcl territorio,

l,a costruzione infatti deve \enir definita come i.in

lIIIIIII)IIIIIIIIIIIIIIII

Page 34: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

castello inteso nel significato essenziale del termine, qualeunico e grande edificio munito di mura, bastioni e torri.posto sulla vetta di un crinale roccioso con fianchi stra—piombanti ccl eretto in et. medioevale quale dimora fortil’icata di una importante famiglia feudale. Per raggiungerlaci si deve inoltrare lungo una vallata ai piedi del monte S.\‘icino, lasciando sulla destra la bella villa settecentescaposta in località “Le Macere”, caratteristica per la suaarchitettura organizzata su differenti livelli, con giardinipensili ccl una grande vasca d’acqua che nulla puo mvidiare ad una moderna piscina. Attraversata una breve golacalcarea, si apre una piccola valle interna di rara bellezza.circondata cIa un esteso bosco; cIa qui ha inizio il ripido escosceso pendio che giunge fino ai piedi del castello il

kf’:

‘I

III’’’

li bastione di guardia all’ingresso.

I ruderi a ‘strapioniho” sulla via di accesso.

I ì’ìiclerj del /ortilizi() dell dia ad o, ‘est. (di a,nbie,zti S()tte,7’(llli?i.

Page 35: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

lIIIIIIlIIIIIlIII

quale, dall’alto del precipizio roccioso, incombe su tutto ilsentiero.

Il primo impatto con la massiccia costruzione offre lavisione di un organismo architettonico formato da variambienti a livelli sovrapposti; delle possenti mura realizzate con conci di pietra calcarea di notevoli dimensioni edallo spessore di 1,50 metri, rimane solo il basamento

nella parte che, con un elemento rettangolare molto allurgato in direzione est-ovest. collega il corpo della roccafote con i resti di un fortilizio, posto sullo strapiombo di unpropaggine della roccia, formando forse un camminamerto coperto ed articolato in vari ambienti.

Sulla inuraglia si apre un varco che lascia pensare auna porta raggiungibile attraverso una rampa postasuperare l’ultimo dislivello; lasciando la torre alle spalhappare un bastione di grandi dimensioni, con un hasmento a scarpa caratterizzato da una modanatura in pieticalcarea a forma cli toro, la cui notevole raffinatezza arch

tettonica e costruttiva si ritrova anche negli angoli, reali;zati con concì perfettamente squadrati.

Il corpo di fabbrica è dotato di una feritoia, con stronbawra interna per il tiro, che domina e tiene sotto controlo la rampa d’accesso che sale incuneandosi tra il precipzio e la fortificazione. In corrispondenza sul lato opposncompare una seconda apertura con lo stipite svasato verl’esterno per lo sparo con archibugi o con piccoli cannoe quindi di fattura più tarda che si può far risalire all’mcica al XV secolo.

All’interno del castello, quanto sopravvive alle demolzioni effettuate dall’uomo ed ai crolli naturali è di difficiinterpretazione: ci si trova sospesi sullenorme arco ogiv:le, impostato dirertamente senza mensole sulla roccia masiccia, che ha una luce libera di una decina di metri;

condotti (forse scoli per le acque piovane) e contrafforti

livello del terreno si spalanca un’ampia voragine cf

La porta architravata, [a torre di avvista mento.

Page 36: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

lascia intravedere un impressionante salto nel vuoto.

Sulla sinistra si apre un ambiente a forma rettangolare

coperto da resti di una volta a botte realizzata in pietra

che introduce a sinistra ad una adiacente sala parzialmen

te demolita sulle cui pareti sono ancora visibili gli attacchi

delle volte a crociera.Saliti i pochi ruderi di una scala in muratura ed oltre—

passato un arco a tutto sesto in pietra. si schiude una serie

cli locali disposti il primo parallelamente all’ambiente

d’ingresso cci il secondo in ortogonale: sono stanze dalle

mi.irature possenti in pietra e dalla consueta forma rettan

golare con lato molto allungato.In fondo ad una delle due si apre una porta con un

solido architrave monolitico sorretto da mensole con

modanatura ad ovolo che poggiano su stipiti formati da

grandi blocchi calcarei.Sicuramente questa parte costituisce il nucleo più anti

co del castello, formato da una serie cli ambienti che

doveva sostenere l’ampia fortezza costruita al di sopra: lo

stile ed i materiali usati restano a testimonianza della corri—

sponclenza del manufatto alle norme dettate dall’architet

tura romanica, con ampliamenti successivi organizzatiintorno all’edificato originale.

Lasciato questo alle spalle infatti, e proseguendo versol’alto in direzione nord-est, nel luogo più elevato di tuttoil castello si innalza un’altra piccola torre con chiare funzioni cli avvistarnento la cui edificazione risale al XV o XvJsecolo.

Si conferma così l’ipotesi di una grande rocca chefunge cia abitazione del feudatario, posta in punto quasiinaccessibile e resa ancora più isolata e protetta dagliambienti sottostanti disposti a raccogliersi intorno al corpoprincipale e formati una cerchia difensiva ulteriore.

Tutto il complesso ricorda il modello del donjon franco-normanno. una tipologia architettonica presente nel XIIsecolo ma assai rara e della quale inoltre rimangonopochissimi esempi. facendo rimpiangere ancora cli piùl’incuria umana che ha lasciato scomparire quasi del tuttol’interessante struttura presente nel nostro territorio.(g.p.b.)

I I I 1111 Il I Il I Il I Il 1111 I III

1111111111!

I\ ‘4

Ricostruzione ideale,

Page 37: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

S. MARIA DE ROTIS

TERRITORIO I resti dell’abbazia SOf0flO sul versante interno della dorsale marchigiana, in corrispondenzadella sezione più elevata, tra i monti Mondubbio e Canfaito a nord (oltre i quali emerge la cima del San Vicino) ed imonti Lavacelli ed Argentaro a sud: l’area è molto ricca diacque ruscellanti. confluenti poi nel fosso di Braccano.(he agendo su rocce di diversa struttura e consistenzahanno disegnato un paesaggio molto vario e sempre suggestivo le cui gole mettono in comunicazione diretta,anche se oggi non molto agevole, le valli del Potenza edel Musone con quella dell’Esino.

I terreni sono fondamentalmente cli origine mesozoica;l’insediamento vero e proprio giace su un substrato di calcare massiccio formatosi da depositi di piattaforma carbonica tra la fine del Triassico e l’inizio del Giurassico: nella

zona meridionale ed occidentale emergono pelagiti calcaree (fine Giurassico. inizio Cretacico) organizzate a maiolica e separate dal calcare massiccio da formazioni di calcari diasprini anch’essi giurassidi che, incisi dal fosso diBraccano. originano la spettacolare gola di Tana: versooriente ancora pelagiti carbonatiche della formazione delBugarone circondano quelle della corniola. Diversa è lastruttura lìtologica della zona nord-orientale nella quale leazioni combinate degli agenti esogeni hanno originato edaccumulato depositi eluvio—colluviali.

Di particolare interesse è anche l’aspetto vegetazionale:a particelle coltivate a frumento e foraggio si alternano,nelle zone a maggiore accliviG, boschi a querceto di roverella e ad orno-ostrieto che, pur se periodicamente ceduati, costituiscono una significativa testimonianza dellacopertura originaria. Il sottobosco è molto ricco di spe. ie;ai margini delle zone boscate la presenza di una riccavegetazione di scotano documenta la notevole antropizzazione dell’area. I pochi tratti pianeggianti sono stati invecedishoscati ed utilizzati per pascoli secondari, come nellazona immediatamente a nord dell’abbazia: in alcuni casisono stati tentati, in tempi recenti. rimboschimenti a coni-

TO1ONIMO Da “rota” oppure dall ‘antroponimo ger—manico Roto, che, nella toponomastica di t’al d’lrno, sipresenta nella forma Roti (Valdiroti, Badia a Roti).

Il Pieri menziona ti ita nobile famiglia aretiiia “de’Roti’,fbndatrice dell’abbazia suddetta.(i. q.}

IIIIIIIIII!IIIIIIIIIIIIIII

Page 38: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

fljfl fere. Lungo gli argini dei fossi, poi, è presente una riccavegetazione ripariale. Per l’alto valore documentario e perla facilità di comunicazione con il paese di Braccano èstata prospettata l’utilizzazione di questa area a scopididattici con l’istituzione di un’Aula Verde. (m.r.g.)

LNEA&FNTISTOR1U Il monastero di Santa Mariade Rotis sorge a est del monte San Vicino, spartiacquenaturale tra la valle di San Clemente e l’alta valledell’Esino. Esso fa parte del gruppo dei quattro monasterisorti attorno al monte San Vicino: San Salvatore di VaI diCastro, la S.S. Trinità e Santa Maria di Valfocina.

Il primo documento in cui compare il nome del monastero risale al 1195, anno in cui l’abate Ubaldo comparecome testimone in un atto di concordia tra il vescovo diCamerino Atto e Martino priore dell’ordine Camaldolese.

All’inizio del 1200, nel monastero ci sono Otto monaci,compreso l’abate, un prevosto, un priore e un converso.

Sono sotto la giurisdizione di Roti i monasteri di SanClaLidio de Acquaviva, San Giovanni de Fora e San Giacomo, e le chiese dipendenti di San Savino de Clascìano,Santa Maria de Vibiano, Santa Maria de Platea e San Giovenale di Montecassiano.

All’inizio del 1200 l’abate Ubaldo concede in enfiteusi iterreni posti nelle valli di Vinano, Nubìano e Carpeneta

col parere di Matteo prevosto, Ottone priore, don Gozo,don Aibrigo, il russo, don Pietro sindico, Albrigo conversoe Sifredo fino alla terza generazione, col patto che ognianno il giorno dell’Assunzione sia pagato il canone di undenaro.

Nel 1210 vengono stipulati quattro contratti; il primoriguarda un atto tra l’abate Ubaldo e Anglo BonafeminaAlbrici, al quale viene concesso un pezzo di terra in località Nubiano per 26 soldi e il pagamento annuo di unlucenze.

Nel secondo a Giovanni e Benvenuto figli di Bonaviene concesso un pezzo di terra nelle valli di Vinano; nelterzo a Giovanni e i suoi eredi vengono affidati alcuni terreni in località Carpeneta fino alla terza generazione;nell’ultimo contratto l’abate Bonomo concede alcuni pezzidi terra a Giovanni Galeffi di Matelica.

Nel 1215 l’abate Admanìtus intende provare il diritto dipossesso su due terreni posti a Vinano e concessi in enfiteusi alcunì anni prima a Giovanni Galeffi. L’abate chiede,a nome di tutto il monastero, dieci possessioni poste inVinano, Carpeneta, Ysembardo, Valle, Montubi e Solegnano dichiarando nulli i contratti di concessione enfiteutica.

Il 15 gennaio dello stesso anno viene fissato il termineper rispondere ad un “libello” diffamatorio emesso controil Galeffi. Attraverso la deposizione di 5 testimoni si stabìlisce che i terreni appartengono al monastero di Roti, nonalla chiesa di San Pietro di Vinano; inoltre si verifica cheper più di quarant’anni era stato pagato il censo agli abatiUbaldo, Rainaldo, Pietro e Bonomo.

Il 30 novembre 1271 l’abate Admanitus assolve, secondo l’incarico conferitogli dal vescovo di Camerino, Gualtiero di San Severino, giudice e vicario di Matelica, dallascomunica in cui era incorso per via di fatto contro il chierico Vegnate e contro Ventura Petri di Costa.

Tra il 1299 - 1300 Fredovino Pasti paga per i membridel monastero, per l’abate e per il convento 17 libbre e 15soldi per le decime, una somma relativamente alta rispettoagli altri enti della zona. Per le decime furono pagate daLeva e frate Benedetto, monaci di Roti e cappellani dellachiesa di San Savino de Clasciano 18 soldi; da Jacopo eTommaso 18 soldi e 6 denari; da Ventura Galeffi XIII soldie X denari.

Il 16 maggio 1300 l’abate Crescenzio nomina suo procuratore il monaco Leva per recarsi dal vescovo di Camerino per chiedergli licenza di vendere al comune di Matelica i molini del monastero con il terreno adiacente.

Il 4 marzo 1301 lo stesso monaco ricevette la sommadi 1175 lire per la vendita del molini posti in contradamilitu de cavalieri; col denaro furono acquistati terreni evigne.

Il 9 agosto 1300 vengono stipulati altri contratti con ilComune, per la vendita dei molini.

All’inizio del XVI secolo i molini sui lungo il corsodell’Esino appartengono quasi tutti del monastero di Roti;le macine si trovano in località molendine de Rotis, rote deRoti, militu, inilitu de cavalieri.

Il 16 maggio 1300 è eletto un sindaco nel consigliogenerale del monastero per determinare i confinicoll’abbazia di Valfocina; ìl confine viene segnato con termini murati, dividendo macchine, pascoli e terreni coltivati.

Matelica: bassorilievo del secolo XI incastonato nel portaled’ingresso della chiesa di S. Francesco, provenientedall’abbazia di S. Maria de Rotis.

lI 1111111111111111 I 111111 I

Page 39: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

Il 22 agosto 1308 fra Giacomo del monastero cli San

Pietro di Gubbio e vicario generale del vescovo di Came

rino Andrea autorizza il monastero a riscuotere la somma.

che gli doveva il comune di Matelica per alcuni debiti

contratti durante la guerra con Camerino, poiché allora

non si erano potuti coltivare i terreni attorno al monaste

ro, nonostante che il vescovo Rambotto avesse destinato

la somma per la ricostruzione della chiesa crollata.

Nella stessa data il monaco Tommaso chiede ed ottie

ne da Jacopo, monaco del monastero di San Pietro di

Gubbio e vicario del vescovo di Camerino che il possesso

dei molini venduti al comune di Matelica possa essere

impiegato per pagare i debiti del monastero contratti per il

restauro della chiesa crollata durante la guerra tra Matelica

e Camerino.Nel 1311 alcuni abitanti di Matelica. Jesi. Cingoli sac

cheggiano il monastero di notte portando via libri, calici e

paramenti sacri.Tra gli abati si ha memoria di:

1195 Ubaldo 1262 Giovanni

Rubeo 1268 Crescentio

l3onorno 1346 BartolomeoRainalclo 13-i7 Nicolò

Pietro 13-+9 Antonio

Con il periodo delle commende per il monastero inizia

la decadenza. Nel 1427 abate commendatario è Gaspare

Ottoni, a lui seguirono Giovanni Dini di Fabriano, Ludovi

co dei Natimbeni, Bartolomeo Colonna, umanista e erudi

to, LTrhano Silvestri di Ancona e Calisto Amadei.

Nel 1527 il conte Ascanio Ottoni ottiene da papa Cle

mente VIII con Bolla del 30 agosto 1527 che sia elevata a

collegiata la chiesa di Santa Maria de Platea, allora sotto la

giurisdizione di Roti.Nel 185 i possedimenti del monastero producono 60

some cli frumento e di vino; la rendita che si ricava dal

taglio del bosco è di 12 scudi.Alla fine chI XVI secolo vi si celebrano ancora messe

pro det’otione et comoditate laboratorum.(a. a.)

I manufatti architettonici che comstruttura del complesso abbaziale,

utilizzato ora come casa colonica e ricovero per gli anima

li. versano attualmente in un preoccupante ed ingiustifica

to stato di abbandono.Nonostante tutto dai resti emerge chiarissima la tipolo

gia regolare e razionale dell’edificato che rispecchia le

concezioni spirituali ed umane ispirate alla regola bene

dettina, che compone gli spazi disponendo sul lato nord

la chiesa ed a sud gli ambienti monastici, composti dai

dormitori, dal refettorio, dalle sale cli lettura. dall’ampio

chiostro interno, dalla cucina e dalle stanze annesse adibi

te a dispensa.Complessivamente questi ambienti formano un paralle

lepipedo regolare. la cui struttura possente risponde parti

colarmente bene alle esigenze di difesa: l’attuale accesso,

che fa palle di un ampliamento effettuato tra il XIII ed il

XIV secolo, consente un unico ingresso all’aggregato attra

verso un grande arco formato da conci di pietra disposti a

sesto acuto, che si incunea al di sotto degli edifici per

immettere negli spazi interni attraverso un successivo arco

a forma ogivale.Questi costituiscono la parte più antica che forma il

nucleo originale dell’importante organismo monastico.

come testimoniano lo stile architettonico ed il materiale

usato per la costruzione di un altro arco, a tutto sesto ed

in conci regolari di pietra calcarea, che si apre alla sinistra

dell’ingresso, nonché la forma della stessa chiesa ad unica

navata con abside piatto rivolto ad oriente, nel quale si

schiude un’alta monofora a doppio strombo con arco a

tutto sesto.Lambiente del tempio è ridotto all’essenziale e ricoper

to da capriate in legno, elementi che fanno risalire la fon

dazione del monastero intorno ai secoli IX o X e confer

mano che S. Maria de Rotis risulta essere tra i primi inse

diamenti benedettini nell’alta Marca.Sul lato occidentale la planimetria catastale redatta nel

181-i mette in evidenza ampi orti ed una grande edificio

con manomis.sioni antiche e recenti la cui costruzione è

difficilmente databile, anche se non è rara la presenza di

queste pertinenze dai molteplici usi, ad iniziare dall’alleva

mento e dalla custodia degli animali o degli attrezzi agri

coli necessari per la coltivazione dei campi, o adibite ad

abitazioni per il personale che svolge i servizi.

‘‘l’il’’’

391

IIIlIIIIIIIIIuIIIIIIIIIII

I resti di un arco a tutto sesto.

ARQUTETURApongono la notevole

La porta di accesso del secolo XIII.

Page 40: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

L’opera costante svolta per la sensibilizzazione dell’opilione pubblica ul problema urgente della sal aguarclia di

queste grandi testimonianze architettoniche lascia sperareche concreti interventi vengano predisposti per il recupero e Li ruizione cli questi e di analoghi manufatti di interesse storico ed artistico, prima che l’incuria dell’uomocontribuisca a distruggere progressivamente ccl inesorabilmente quanto l’incessante fluire del tempo ha fino ad oggirisparmiato. (g.p.b.)

IIlIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

L ‘abside piatta COfl un ‘alta morz(ilbra a doppio strombo.

VT M31LITÀ

E1i ET)TFICIO ORIGI”ALE SEC. IX-X

• \\IPLIA’vIE\F() sEC. Xlli-XTV

3 CHIESA SEC. IX-X

PIATÀ

Page 41: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I,1.4 ABBAZIA E I CASTELH DI SASSOFERRATO

,

, 4

i ‘

4

I

t

IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 42: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

CASTAGNAAltitudine m. 410. Posizione: poggio. Abitantì: 7(1989).

ThRRITORIO L’insediamento, posto nella zona set

tentrionale del territorio comunale di Sassoferrato nei

pressi del confine con la provincia di Pesaro, sorge, come

altri castelli della zona, sulla linea di spartiacque tra Cesa

no e Misa anche se le acque che individuano a NW ed a

SE il rilievo sul quale sorge il sito appartengono intera

mente al bacino del Cesano.Il terreno è costituito essenzialmente da rocce marnose

di origine miocenica (ma anche in parte più tarde, plioce

niche) quali quelle dello Schlier nell’area SW e NE del sito

o organizzate in depositi torbiditici ed evaporitici, quali

quelle della formazione gessoso-solfifera che costituisce il

substrato della parte meridionale dell’insediamento vero e

proprio.

L’area, intensamente utilizzata da coltivi, conserva

poche tracce della vegetazione originaria che dovrebbe

essere stata formata da un’associazione riferibile al querce

io cli roverella. m.r.g.)

LINEAMENTI STORICI Castagna è uno dei castelli

più antichi del territorio sassoferratese. li toponimo appare

rer la prima olta in un documento nonantoliano del

1200. in cui. pir non facendosi il nome della località, il

suo richiamo si definisce in documenti posteriori.

Il documento riferisce di una adunanza tenuta a Sasso

ferrato alla quale partecipano sei conti e quattro signori

senza qualifica, ma rivestiti cli pari autorità; figurano inol

tre presenti Lgo degli Atti, conte di Sassoferrato e Renaldo

de Padre e Geraldo.La riunione è convocata per l’investitura dei signori a

nome e per autorità dell’abbate di Nonantola, rappresenta

to da Renaldo e Geraldo. Certamente, è da ritenere, che

uno dei conti è di Castagna. terra dipendente cia Nonanto

la. insieme a tutto il comprensorio sentinate. venduto nel

1313 agli Atti per la somma di tremila lire bolognesi.

TOPONIMO Con buone probabilitd. non (la “casta

gno “, ma dal fitonimo ‘quercia castagnola” (Quercus vir

guiana), una volta esistente in alcune parti della regione

le cui grosse ghiande, nelle cattive annate, servivano alla

popolazione rurale per conjèzionare una specie di pane.

(i. .)

lIIiIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 43: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I 11111 Con il passaggio della proprieta ai nuo’ signori, il

conte di Castagna abbandona il castello per ritirarsi nelcapoluogo e sarà difficile individuarlo fra i molti casatinobiliari che troviamo a Sassoferrato nel i +00.

Il castello non doveva presentarsi nella forma piùcomune di agglomerato abilativo circondato da mura, ma

composto dal solo edificio difensivo abitato dal conte con

casolari spa nelle vicinanze. Tale almeno appare adesso,anche se della difesa è rimasto soltanto un rudere dellatorre. Il toponimo di Castagna si ritrova in due pergamene. che riguardano atti di donazione al monastero diFonte Avellana, degli anni 1255 a 1216: riappare in altredue pergamene conservate nell’Archivio Comunale di\rcevia: nella prima del 1255 si cita Ismiduccio di Castagna. nella seconda deI 1299 si nomina un Idesmido diCastagna.

Più volte, nei documenti dell’Archivio comunale di Sas—sofd’rrato, Fincasato e denominato espressamente castello.

Agli inizi del secolo XV il dominio dei Malatesta siiene estendendo fino ai confini sassoferratesi e, nel 13+3,

Galeotto chiede ed ottiene dal pontefice Clemente VI, cherisiede ad Avignone, l’autorizzazione di poter amministrare, in nome della Chiesa, i territori occupati.

Quattro anni dopo Malatesta, fratello di Galeotto. assume la signoria di Ancona e intanto il figlio Ungaro occupalesi.

Anche il territorio sassoferratese è nelle mire espansio—nistiche dei signori riminesi. Infatti Galeotto Malatesta nel13 18 asseclia Sassoferrato, senza riuscire ad impadronirsene, sia per la resistenza dell’esercito comunale comandatodal valoroso Ungaro degli Atti, sia per le difficoltà chetrova nella naturale solidità difensiva delle mura cittadine.

l.’anno seguente Malatesta, con un forte e agguerritoesercito, occupa molti castelli, lungo la valle del Cesano, esi impadronisce anche di Sassoferrato.

Quindi dal 13+9 inizia la signoria malatestiana su tuttoil territorio sentinate, compreso anche il castello di Castagna, che va giudicata positivamente per la saggezza concui viene esercitato il potere e per le molte opere iniziatee portate a compimento, non ultimo il consolidamento delsistema difensivo.

Nel 1355, il cardinale Albornoz riforma lo Stato dellaChiesa e Sassoferrato, ormai libero comune, si dà un proprio statuto, terminato e reso esecutivo nel 1370.

Nel 1391 Antonio da Montefeltro occupa la città, maCarlo Malatesta, dopo duri scontri, riesce a sconfiggere iferetrani e a riappropriarsi del castello.

Nel secolo XV Sassoferrato si trova ripetutamente coinvolta nelle lotte delle Signorie rivali e nelle scorrerie dellecompagnie cli ventura, che, ovunque, portano distruzione,massacri e rapine.

Dopo un vano tentativo di impadronirsi di Gubbio,Braccio di Montone, nel 1418, assalta il castello cli Sassoferrato, non trova resistenza, se ne impadronisce e impone alla popolazione il pagamento di un tributo talmentealto che provoca la generale protesta, alla quale partecipail castello di Castagna.

Il capitano di ventura, olfeso da tale comportamento.lo assale, e, dopo un terribile saccheggio, lo dà alle fiamme.

Nel decennio 1 +20—14,0 le lotte interne alla famiglia

dei conti Atti turbano la vita cittadina, finché nel 1430 ilpapa Martino V concede il vicariato cli Sassoferrato peruna metà ad Atto e I fngaro cli Ermano, e, per l’altra metà,a Francesco cli Luigi degli Atti.

Nel 1433 il comune con tutti i suoi castelli cade sottolo Sforza: poi nel 1438 il territorio è occupato da Francesco Pìccinino, il quale rinnova le atrocità e i massacri diBraccio cli Montone.

Benchè ricostruita ai tempi dei Malatesta, Castagnaperde lentamente la sua importanza strategica e assumesempre più l’aspetto cli villa rurale.

L’organizzazione parrocchiale si concentra intorno allachiesa cli 5. Ermete, cIa cui dipendono quella cli S. Giovanni, che aveva il Fonte battesimale, e l’oratorio cli 5. Maria,dove aveva sede la fiorente congregazione del Sacramentoe si seppellivano i morti.

La parrocchia risulta attiva dal secolo XIII, ma la chiesa. per i continui rifacin+entì, non conserva la forma originana, comunque doveva godere cli una certa floriclezzaeconomica, se nel 1333 paga alla Santa Sede la decima insoldi ravennati 5 e denari 7 semestralmente; una sommapiuttosto alta rispetto alle chiese del capoluogo che versano cIa uno a venti soldi, in proporzione alla rendita,

Dopo l’occupazione cli Pergola cIa parte dei Francesinel 1”97, Castagna è distaccata dal territorio sassoferrateseccl inserita nel cantone pergolese nonostante la forte erisentita opposizìone dei repubblicani locali.

Da allora, pur con continue rivendicazioni da parte cliSassoferrato, il castello rimane nell’ambito della giurisclì—zione pergolese fino al 1861.

Nel 1890, con l’apertura della miniera cli zolfo nel confinante villaggio cli Cabernardi, Castagna trae notevoli vantaggi economici per le possibilità cli occupazione offertedlall’indlustria estrattiva. Cessata questa attività, vitale risorsa per tutta la zona, la conseguente emigrazione di moltefamiglie cli minatori causa l’impoverimento del piccolocastello e cli tutta l’area cli sua pertinenza. (s.t.)

ASSETI’O URBANISTICO E’ un nucleo di poggioposto sulla altura più elevata di una serie cli rilievi formanti un crinale che domina l’alta valle del Nevola. Localizzato a circa 13 chilometri cIa Sassoterrato, si pone come ilbaluardo più settentrionale nello scacchiere delle fortificazioni erette cIa questo comune.

Il tessuto urbano del castello appare poco omogeneoanche alla lettura della mappa catastale redatta nel 1814,dove risulta chiaro che l’insediamento si configura ancoracome una rocca feudale avente per nucleo il palazzo fortific to dell’antico signore locale, posto al centro cli unrecinto formato dalle mura difensive e protetto dalle ottime difese naturali. Questo si trova tangente sul lato occidentale alla bella via che corre lungo il crinale preappenninico; è su questa parte, che risulta la meno riparata, cheviene organizzato l’ingresso principale all’incasato,munendolo di una torre a guardia del lato meridionale,mentre per il resto il vallo difensivo è formato dalle acclività naturali.

Probabilmente tutto il castello ha a disposizione un

liii Il liii 11111 I I 11111111 I

Page 44: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

pomerio esterno ed un fossato alla base delle mura.All’interno le unità abitative tracciano timidamente una

tipologia a scacchiera con ampi spazi liberi, a teStllflonian—za della subalternità cli questi manufatti al nucleo Costituito dal palazzo signorile. configurandosi la fortificazioneconcepita più come avamposto di avvistamento rivolto acontrollare i territori settentrionali (li Sassoferrato. piutto—to che un vero e proprio baluardo posto a difesa del territorio.

A partire dal XIV secolo pertanto Castagna, che tuttavia

continua ad essere classificato come castello in quantoconserva inalterato il nucleo fortificato, mostra i segni diuno sviluppo edilizio finalizzato a semplice residenza pergli agricoltori dell’area. (g.p.b.)

BENI ARTISTICI Nella chiesetta cli SantErmete, laltar

maggiore si fregia cli una tela di medie dimensioni, eseguita da Gio\an Battista Salvi detto il Sassoferrato. Ed anzi necostituisce uno dei rari esemplari visibili in patria. Vi èeffigiato Cristo in croce Ira la Vergine e S. Giovanni Er’an—

ge/is/a. Nel fondo cli paese, addossata alle livide alturedell’Appennino, si snoda la teoria delle piccole case diCastagna.

Anche se nel dipinto vi risultano assenti i richiami almondo figurativo post—caravaggesco. che tanta paite ebbenel primo svolgimento del pittore. esso dovrebbe considerarsi un episocho giovanile, e comunque spettante allaprima maturità del Salvi Nella sostanziale modestia dellapittura, è dato cogliere appieno iì recupero di certa culturaraffaellesca e arcaizzante, dalla quale l’artista saprà trarre

linfe vitali e caratterizzanti per il proprio messaggio figurativo.

Oltre al cliafano Cristo crocifisso, cli chiara impostazio

ne manieristica, cli maggior significato formale risultano

essere le due gigamesche figure che lo fiancheggiano. daitoni estremamente pacati e dimessi. Ne scaturisce una pit—flira fredda e cerebrale, senza tempo. per dirla con lo Zeri,

1111111111

5iOFOTOCARTA

— VIABIt,ITA I PORTA

2 TORRE

E1I.[EI

PIANTA

MURA 1)1 CINTA

BORGO Mt IcVF()

BORGO ESTERNO

I’O\IERIO ESTERNO

()RTI

I

SEZ1O\ l

Page 45: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

c;ioi an Battista Salti detto il Sassotèrrato. Crocefissione.

e sottilmente evocativa. E nel periodare molle e cadenzatodelle vesti. parrebbe di cogliere l’eco del Domenichino edei suoi affreschi della Cappella Nolfi, nel duomo di Fano.

Nella cappellina che sapre a destra dellaltar maggiore.è una tela seicentesca raffigurante la Madonna col figlioassisa sulle nubi e in basso, inginocchiati, S. Michele e 5.Rocco. Sotto la pittura un pò sciatta e corsiva, si intuiscono doti espressive non prive di una loro impronta personale. che sottendono la presenza di una personaliG artistica di qualche consistenza.

Il clima estetico è tipico della cultura circolante nella

c;ian Giacomo Pandolfì (?, ,iiadonna e Santi.

provincia pesarese nel secondo quarto del ‘600. Vi siriscontrano apporti emiliani e autoctoni, non immemoridell’opera del Guerrieri da Fossombrone e del Ridolfi. edel riflesso delle ultime propaggini della maniera haroccesca. Il tutto è però rielaborato attraverso un’ottica menoacuta e puntigliosa. I toni grigi e pastosi, e l’accenno auna marcata tipizzazione dei visi, parrebbero accostare laspigliata paletta al mondo popolaresco e bonario delpesarese Gian Giacomo Pandolfi, in una fase ormai avanzata del suo percorso figuratìvo.(g. d.)

398

ltIttIIIiIIIIIIIIIIltItIII

Page 46: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

COLDELLANOCEAltitudine m. 390. Posizione: fondovalle. Abitanti: 32(1989).

TERRITORIO Situata nella vallata interposta tra mon

te Pianello a S e monte Gallo a . è delimitata a NW e SE

da torrenti le cui acque confluiscono nel Sentino.

E’ allocata su una base di depositi detritici quaternari

distribuiti in parte su terreni calcarei a scaglia rosata e a

scaglia bianca ed in parte su Bisciaro (anch’esso calcareo)

mentre a SW emipelagiti marnose limitano l’area. Si tratta

sempre comunque di substrati oligocenici e miocenici.

Il sito fa da confine tra la zona boscata, a NW e SE,

caratterizzata dalle formazioni dell’orno-ostrieto con inter

calati pascoli sommitali secondari, e la zona orientale.

completamente ed intensamente coltivata. (m.r.g.)

LINEAMENTI STORICI Della fortezza non rimane

che il ricordo del sito dove era collocata fino al 100.

quando viene completamente demolita. L’incuria degli

uomini, l’usura del tempo, le calamifa naturali hanno con

tribuito in modo irreparabile alla rovina.

11 sito ancora oggi si può individuare e per le scarse

tracce rimaste e per il sopravvissuto toponimo “Castella

ro”.L’agglomerato rimasto si denomìna Coldellanoce. Costi

tuisce un villaggio raccolto in un pianoro delimitato da

una valle al cui fondo, fra il verde, scorre un tortuoso tor

rente.La costruzìone del castello sul poggio viene attribuita

alla famiglia Federici, del cui feudo si impossesSano. per

volonfa di Federico Il, i Collenuccio.

Lo storico Pandolfo Collenuccio, infatti, asserisce che il

castello è donato da Federico TI, tra 1220 e il 1224, ai suoi

antenati Guerra e Monaldo, unitamente al titolo di conti,

per meriti militari e per la fedelfa al partito ghibellino.

Il Brandimarte in Piceno Annonario cita un documento

del 1226, ricordato dall’Abbondanzieri in Le scienze ravvi

i’ate in Arcet’ia. dove si legge che Federico del fu Federi

co [.1 fa comunantia con gli uomini di Rocca Contrada

sottomettendo la sua persona e i suoi beni alle stesse con

dizioni di Ugo di Mariano e Rainerio di Geremia e impe

gnandosi a portare nella detta Comunanza tutti i suoi

uomini residenti nel distretto di Rocca Contrada ad ecce

TOPONJIWO Daljìtonimo. (i.q.)

IaIlIIII,lI IlilItIllIl Il

Page 47: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IIINIIIIIII zione di quelli di ( ivalalbo e Coldellanoce’.Dal documento appare chiaro che i Federici sono i

primi signori di Colciellanoce e non è, quindi, improbabileche ne siano stati anche i fondatori. Inoltre, in base alladedizione ad Arcevia, si può dedurre che questa famigliaè schierata con la fazione guelfa, alla quale quel comuneappartiene.

Dal XIII al XV secolo la storia cli Colclellance è strettamente connessa con quella dei Collenuccio ed è quindiopportuno tracciare con una rapida sintesi le vicende diquesti nobili signori.

I primi nomi cia ricordare sono quelli cii Gentile e deisuoi figli Guerra e Monaiclo. ai quali, all’inizio dei Duecento. Federico lI dona. con il titolo di conti, il castello cliColdellanoce.

La donazione non può essere avvenuta se non dopo il1226. intatti. dal documento sopra citato, risulta che inquell’anno il feudo è ancora in possesso dei Feclerici.

Dei Collenuccio si fa menzione cli alcuni fra i più illustri rappresentanti della casata: Gentile, figlio di Guerra

1363): Giovanni, monaco e poeta che scrive in versi unavita di 5. Benedetto, un secondo Giovanni si cliinostravaloroso e feroce ghibellino. Da questi nasce Guerra,inflessibile nemico dei papato; per questa ragione è privato ciel possesso dei castello da I3enecletto XII nel 1335.

Pandolfo, figho cii Guerra, rompendo la tradizione ghibellina cieil:i famiglia, si dimostra rispettoso verso il papa,si schiera con i guelfi e addirittura imparentandosi con iconti Atti guelfi cia sempre — riottiene il dominio cii Col—dcllanoce nel 1376. per volonCi di papa Gregorio XI.

Dal 13—io al 1376 il castello si governa a regime comunale poi ritorna — come si è detto — sotto la signoria deiCollenuccio che dura fino alla conquista cli FrancescoSf )rza.

Nei primi decenni del liOO molte citG delle Marche,dell’Umbria della Romagna sono governate cia tiranni chemal sopportano l’autoriG della Chiesa o, nei casi migli( )ri.mantengono con la Chiesa appena un filo di sudditanza.ritenendosi suoi vicari.

La figura emergente tra questi vassalli è Braccio cliMontone.

Proprio con l’amicizia e l’aiuto di questi, \Iartino V1417—1431> può rientrare a Roma. ed, alfidindosi alla

forza militare e alla ahiliG di quel condottiero, riesce asottomettere Bologna.

In cambio di questi servigi il papa lascia a Braccio lavicaria cli Perugia. Assisi. l’odi. Orvieto. Terni. Spello.Rocca Contrada e Sassoferrato, la quale è oc’cupata dalletruppe del nuovo signore nel 14i.

Il dominio di Braccio a Sassoferrato si conclude forseprima del li2 1. se è vero, come si legge in un Breve diMait mo V che in data 16 gennaio 1i21, r:m ccomancla aBartolomeo cIa Vinci, cli adoperarsi in tutte le maniere perriappacmfmcam’e i conti Atti allora iii lotta tra loro, per lacustodia della Rocca e il g)verno della terra.

Nei Breve si legge incltre che il Cardinale di 5. Clemente è vicario generale del papa per la Marca Anconeta—mi cd ha la custodia della Rocca e della terra e che. daliH( mento del ricevimento dei Breve, avrebbe dovuto, a‘U:i volta, consegnare tutto a Bartolomeo da Vinci, perc’hè

ne avesse cura a nome della Chiesa e con l’impegno ciimetter pace tra i conti Atti.

Coinvolta nelle vicende sassoferratesi, Colciellanoceattraversa un periodo ciifficile nel 1433. quando FrancescoSforza viene creato marchese cIa papa Eugenio IV e nominato Gonfaloniere della Chiesa romana.

Sassoferrato si sottomette allo Sforza senza fare opposizioni e i conti Atti sono riconosciuti signori. Lo Sforzavuole sottomettere anche il castello cli Coiclellanoce e cmun fortissimo esercito lo attacca dopo averlo assediato.

Governava allora Coldellanoce Giovanni Collenuccio,figlio cli Panclolfo, che, per il suo carattere, la sua eclucazione, la sua prucienza. viene chiamato Giovanni Seneca:questi. contrariamente a quanto avevano fatto gli Atti.considerando l’azione dello Sforza gesto cli prepotenza edi usurpazione, decide cii resistere, per salvaguardare laliberG e la signoria e, nonostante le scarse e poco organizzate milizie al suo servizio. prepara una fiera opposizione.

Giovanni, oltrechè uomo di grande saggezza ccl esperienza. è un soldato cli intrepido coraggio e di sperimentata capacitl di stratega. quindi conduce cia valoroso le operazioni militari, distinguendosi nei furiosi combattimenti,fino ad essere ferito a morte.

Caduto il castello nelle mani dello Sforza. questi non lofa demolire, ma lo ciona a Luigi degli Atti e, con un atto cligenerosit:Ì, acconsente che i Collenuccio prendano la viadell’esilio.

Dopo la morte del padre. i figli di Giovanni Seneca.Monaido e Gentile si stabiliscono a Pesaro: Matteo — il piùgiovane dei tre — trova rifugio presso i Chiavelli cli Fabria—no, Qui viene iniziato agli studi umanistici per due anni,poi si trasferisce a Mantova, ove prosegue la sua formazione sotto il magistero di Vittorino da Feltre. Terminati glistudi raggiunge, su loro invito, i fratelli a Pesaro. DaiMalatesta ottiene onori e riconoscimenti. Si sposa conMargherita Fanucci ch nobile famiglia, che gli pom’ta in doteuna casa tuttora esistente in piazza Collenuccio.

Da Matteo e Margherita Fanucci nasce a Pesaro, il 7gennaio 1444, il celebre Panclolfo. Anche se questo grande personaggio non trova riscontro e riferimento nella storia del castello, merita almeno un cenno: studia a Padova.laureandosi in giurisprudenza, passa a Venezia. conscguenclovi la laurea in scienze naturali. A Ferrara sposaBeatrice C’ stabili. Tornato a Pesaro passa al servizio diCostanzo Sforza: è nominato podesG di Firenze e gode lastima di Lorenzo dei Medici. Via via si viene rivelandogrande letterato e poeta. A Ferrara, verso il 1500, è capitano cli giustizia. Durante il periodo delle sue peregrinazioni. la famiglia risiede sempre a Pesaro. Rientrato in questacitCi. per futili motivi è condannato alla prigione e inseguito è conciannato all’esilio e alla confisca di tutti ibeni.

Rifugiatosi a Ferrara. nel 1503 gli è consentita una visita ai f:mrniliari: lo Sforza. nuovamente con una futile motivazione, lo condanna a morte, l’li luglio 1504. Mentre èin carcere in attesa dell’esecuzione della conclann:i com—pane la celebre Canzone della morte.

Riprendendo la storia del castello dalla morte cli Giovanni Seneca e la dispersione della famiglia Collenuccio

iIIItIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 48: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

per volontà dello Sforza, i documenti attestano che dal1439 al 1460, Coldellanoce rimane sotto la giurisdizionedegli Atti; caduta la loro signoria, si trasforma in liberocomune appodiato a Sassoferrato.

Verso la fine del 1400. l’incremento della popolazioneimpone l’allargamento della cerchia muraria per far spazio

a nuove abitazioni. I membri del Consiglio per le scarse

disponibilità finanziarie, flOfl si trovano d’accordo sulle

decisioni da prendere. Si fa allora ricorso al comune di

Sassoferrato, che ritiene opportuno intervenire il 4 giugno

1492 con i suoi capi, i due Confalonieri, uno dei quattro

Priori, il Sindaco (economo) e un gruppo di testimoni. La

delegazione recatosi a Coldellanoce impartisce le istruzio

ni per l’ampliamento delle mura e la costruzione delle abitazioni necessarie.

A capo della sua amministrazione Coldellanoce pone il

Bailo. elettc fra gli uomini del castello, con gli stessi poteridel podestà. Nella chiesa parrocchiale di 5. Lorenzo siconservava un elenco dei candidati per tale incarico, I

Consigli maggiore e minore, le magistrature, gli ufficiali

dai Massari al segretario-cancelliere, al notaio, all’esattore(camerlengo), ai sindaci. per funzioni e attribuzioni, sonosimili a quelli degli altri castelli e comuni appodiati dellazona e vengono controllati dalla Consulta del BuonGoverno di Roma per il tramite del Commissario di Sassoferrato.

Negli atti consiliari dal 1575 al 1615 affiorano spessonotizie sulla manutenzione delle mura e dei torrioni delcastello e sulla necessità di rendere efficienti i servizidifensivi e i turni di guardia, in modo particolare neitempi di pericolo (li guerre o di transito di eserciti.

Il consiglio nel 1583 propone che ‘si rifaccia il ponte(levatoio) caduto e si riassetti il torrione e si provveda conogni mezzo perchè il castello non vada in rovina”.Un’opera di restauro delle mura è ordinata dal Commissario ai Massari del 1598. Non molti anni dopo, nel 1607, ilv1assaro Betto di Sepio (Eusebio) lamenta che si lasciaandare in rovina il Castello. Il Consigliere Battista deCecco. approvando l’osservazione del Massaro, commenta:’ Lo arengo fatto da Betto di Sepio è buono e santo!” eprecisa che il restauro deve essere eseguito a spese delcomune, con il consenso del Commissario. Qualora non cifosse questo permesso. propone di ricorrere alla SacraConsulta. Purtroppo le auspicate riparazioni non si eseguono e le mura e il castello vanno sempre più in rovina.

In rovina vanno pure le mura del paese; infatti nel1605 Pandolfo di Giacomo comanda ai Massari di ordinarea tutti i paesani, che abitano case sulle mura, di restaurarleo di cederle al comune entro 15 giorni.

Dagli atti di un Consiglio minore del 1608 si ha notiziadi continua asportazione di pietre dalle mura del castelloe del paese. Nel documento si legge: “vedendosi questopovero nostro Castello essere ormai ridotto a niente comeanche il resto del Comune si consiglia cli scrivere al Cardinale Borghese”. Sempre in quegli anni si ha notizia dellacompleta caduta della volta del granaio e della propostadi “prendere una casa a navolo”. cli rifare la scarpa delcomune per andare nel castello. Le proposte di restaurorimangono sulla carta e, via via, sia il castello come lemura comunali, vanno sempre più verso la distruzione.

che. nel 1700. è completa.Del sito non resta che il nome dell’antica fortezza, che,

ancora oggi. si chiama Castello o Castellaro,Fra le proprietà del piccolo comune si registrano un

mulino e alcuni terreni, detti “Campo del Comune” o“Campo della fonte Grande”, che sono affittati ogni dueanni al maggiore offerente. Nel libro delle entrate e delleuscite si parla di un Monte Frumentario, in attività fin dal1594, quando viene acquistato il molino dagli eredi diFabio degli Alessandri.

Vari documenti attestano che in origine quel molinoappartiene alla nobile famiglia degli Alessandri di Sassoferrato. Avendolo avuto in eredità i due fratelli Alessandroe Fabio, il primo vende la sua parte al comune e, con ilconsenso dell’altro fratello, si affitta al miglior offerente.Morto Fabio degli Alessandri nel 1593, gli eredi pretendono dal comune, per la parte del mulino di loro proprietà.metà del guadagno.

Dopo lunghe trattative, il Commissario di Sassoferratoe la Sacra Consulta il 23 febbraio 1594 ne deliberanol’acquisto per il prezzo concordato cli 225 scudi.

Il molino rimane di proprietà della Comunanza di Colclellanoce fino al 5 agosto 1934, quando all’assemblea deisoci, il Presidente Egidio Nataloni, comunica che è statovenduto ad Antonio Serafini, con tutte le formalità dilegge. La somma ricavata dalla vendita. depositata pressola Banca Popolare di Sassoferrato, in seguito, di moltodecurtata a causa del dissesto dell’istituzione, è utilizzataper l’edificazione dell’eclifìcio scolastico.

Quando nel 1816 Pio VII con motu proprio ordina aipiccoli comuni appodiati di unirsi ai più grandi. una delegazione di Sassoferrato. in accordo con la Legazione Apostolica di Macerata, ottiene l’annessione di Coldellanoce.Però per salvare i beni della piccola comunità il parrococlon Angelo Strampelli in un memoriale riesce a dimostrare che il castello non è stato mai un comune e pertantonon può rientrare nei casi previsti dal motu proprio pontificio. Secondo il memoriale dello Strampelli il cosiddettocomune di Coldellanoce è da considerarsi una pura esemplice amministrazione di beni comuni o collettivi perdelega popolare. La Legazione di Macerata accetta le tesidel memoriale e gli amministratori cli Sassoferrato nonfanno opposizione. si accontentano di annettere il soloterritorio alla propria giurisdizione (23 luglio 1818).

Con la nuova forma giuridico-amministrativa Sassof’erfato è esclusa dagli organi istituzionali della Comunanzache, frattanto prende diverse denominazioni: Comunità,poi, nel 1889. Società Collenuccio. infine, nel 1893, Comunanza ed Università di Coldellanoce. detta anche SocietàPandolfo Collenuccio.

Nel 1830 dalla Comunanza si distaccano Coccore eMandole e nel 1846 anche Aspro. La dispersione dell’unitàterritoriale è preludio del declino definitivo del castello.

Nel 1939, con la divisione dei pochi beni rimasti fra le24 famiglie originarie, l’antica istituzione si estingue. (s.t.)

ASSEITO URBANISTICO Per l’antico castello di

Coldellanoce. ora completamente scomparso, è solo pos

sibile. attraverso l’analisi storica e la morfologia dell’area.

‘‘‘III’’’’

il) I

Page 49: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

)IIIIHII formulare ipotesi sulla articolazione interna che ricalca laforma più caratteristica dell’insediamento fortificatomedioevale nel comprensorio montano,

Si ritrova infatti l’impostazione del borgo murato con lapresenza cli un nucleo fortificato (cassero) che in genere èposto al suo interno e situato nella parte più alta del poggio e maggiormente idonea alla difesa.

L’incasato. pur rispettando tale impostazione, presentauna eccezionalitù: il cassero, denominato castellaro. èesterno al borgo murato da cui risulta completamentestaccato tanto (la formare un complesso fortificato a sesta nte

L’analisi morfologica dell’area ove insiste l’attuale insediamento consente di” leggere” e comprendere l’evoluzione urbanistica della struttura più antica,

A differenza degli altri siti sui quali in questo periodosorgono i castelli dell’area, posti generalmente su poggi, lalocalitù, scelta intorno al IX secolo per la costruzione cliun primo nucleo fortificato cli Colclellanoce che risulta giùrealizzato intorno al 1200. si trova su cli un fonclovalle, inuna posizione non consueta e poco adatta per la fondazione cli un solido baluardo (li difesa.

La particolaritù invece che ha guidato la scelta deiprilm ideatori della struttura è la presenza cli profondeincisioni del terrazzo alluvionale provocate cIa due ramidel (osso Vaiellame, che delimitano un ristretto triangolocli terreno, quasi in piano e con il vertice rivolto a nordverso la confluenza cli entrambi i corsi d’acqua: ne risultapertanto una posizione strategica munita cli eccezionalidifese naturali sui due lati del triangolo costituiti pertantodai torrenti stessi e dalle alte pareti a tratti strapiombanti.

L’unico fianco cli facile accesso rimane quello dispostoa sud, nel quale ancora oggi è visibile il vallo artificialecreato appositamente per isolare la fortificazione anche ciaqciesto lato. Appare quindi chiara la posizione del castellocli Colclellanoce, la cui struttura si dimostra in linea contutti gli insediamenti dell’area montana, risultandoanch’esso edificato su un poggio creato artificialmente.

402

IIIIIiIIltII II,,.,

cp

)

o

A PRIMO 1\SFDtAMENTO-—

CI IIESA

VIABILITA i PORtA

MURA DI CiNTA 2 PORTA

BORGO MURATO 3 PONTE LE\ATOI()

I3ORGO ESTERNO

I)IFESA NVI’URALE

PIAN’lÀ

Page 50: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

l)alle poche notizie storiche si ricava che la costruzione era delimitata da alte mura più volte consolidate, e col—legata al borgo attraverso un ponte levatoio in legno.

La sua importanza strategica ed il fertile fondovallericco di acqua, comportano nel tempo l’accrescimento delpotenziale sociale ed economico richiamando sempremaggiore popolazione. La limitata superficie a disposizione all’interno delle mura castellane, unita all’impossibilitàdi edificare ulteriormente nelle immediate vicinanze, fa sìche l’ampliamento avvenga nel pianoro limitrofo.anch’esso delimitato ai due lati dai torrenti.

Nasce così il borgo che probabilmente già nel secoloXIV è fortificato con mura di cinta, isolate e protette damunite porte di accesso.

Oggi dell’antico insediamento non rimane che un piccolo nucleo di costruzioni che, con ogni probabilità, costituiva la parte centrale del borgo fortificato.

L’antica chiesa castrense, posta a nord rispetto all’abitato e dedicata a S. Lorenzo, viene demolita; la nuova, ricostruita ed ampliata nel 1853 ne rileva l’ubicazione e Iaite(Iella struttura preesistente, ancora rilevabile internamentenelle molteplici tracce degli archi in conci squadrati (lipietra calcarea. (av.)

BENI ARTISTICI L’opera più preziosa custodita nellachiesa di San Lorenzo è tipica creazione di uno dei pittoripiù vivaci e caratteristici del tardo Quattrocento umbro,Uno di quegli artisti la cui personalità si esprime con cosìestroversa e siglata parola da risultare inconfondibile tra laridda dei comprimari che battevano le vie dell’arte nellasterminata provincia italiana.

Mi riferisco a Matteo da (Jualdo, cui spetta il tritticoraffigurante la Madonna in trono col Figlio e angeli al centro, e nei laterali S. Lorenzo e S.Sebastiano. Nelle cuspidisono visibili l’Eterno Padre, 5. Michele Arcangelo e la Vergine Annunciata. E’ firmato MACTEUS DE GUALDOPINX[T, e dovette essere portato a termine in una faseormai matura della parabola del maestro, negli ultimidecenni del XV secolo. Nel dipinto, infatti, la consuetudine espressiva ha di già stemperato e svilito le forti compo

i03

III’’’

Il boigo.

Ercole Ranazzan4 Madonna del Rosario.

IllIIIIIIIiIiIaIIIIIIiii

Page 51: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

11111111111 nenti padovane, che così aspramente (e nobilmente) aveVflO caratterizzato lo stile dell’umbro nei primi anni dellasua attività, sostenendone per lungo tempo la linfa creativa.

Col trascorrere degli anni, questa tensione finirà fatalmente per sopirsi, lasciando il campo a una tematica piùmanierata e sterile, con ripetute incursioni nel mondo fantasioso e irrealistico del folignate Bartolomeo di Tommasoe nelle sfera di Benozzo Gozzoli. E questa ultima analisibene si attaglia al trittico qui esposto, in cui si accentua latendenza cli Matteo a un maggiore allungamento e stilizzazione delle figure, al punto da far pensare con arguzia alloZeri ad un “bislacco Modigliani della provincia quattrocentesca”.

Sulla parete a destra dell’entrata, entro cappellina, è unaffresco tardo-cinquecentesco con la Madonna del Rosariotra angeli, S. Domenico e s. caterina da Siena. Il reperto

presenta notevole interesse artistico, trattandosi con probabilità di una autografa testimonianza dell’arceviese Ercole Ramazzani. Purtroppo la pittura è stata compromessadall’ultimo terremoto, che ne ha pericolosamente rialzatol’arriccio. In ogni caso, la qualità del tema figurativo,anche se non eccelsa, denuncia i caratteri stilistici delRamazzani, in una fase avanzata del suo svolgimento.

Ai lati dell’altar maggiore, entro cornici d’epoca, sonodue tele con S. Giovanni Battista e S. cristoforo, improntate a un pungente espressionismo unito a un vicace,gustoso colorismo, in cui parrebbe di rintracciare l’influssodi correnti romane tardo-seicentesche.

Da segnalare, infine, anche l’attività che svolse in questa chiesa, subito dopo il 1850, un ignoto artista, al qualespettano l’affresco sulla parete sinistra e su quella ahsidale, nonchè le fresche, spigliate telette con raffigurazionidella Via Crucis. (g.d.)

404

lIaIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlIII

Page 52: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

NlONTEROSSOAltitudine m. 500. Posizione: versante. Abitanti: 76 (1989).

TEIUUTORIO Lin.diamento è lo alizzato nella partenord—orientale dell’area considerata; è dominato a \V dairilievi della dorsale umhro—marchigiana che con il fliassic—

cm del Catria (in 110) raggiungono in questo Settore una

notevole altezza; si lso a sulla linea che da Venatura con

giunge il castello con quelli di Rotondo (da cui è separato

dal monte Castellaro) e cli Castagna, lungo la chsplu iale

Sentinc)—Misa: infatti le acque ruscellanti dal ‘ ersante meri—diona le sono i ributa ne del Sa nguerone mentre quellenord—orientali influiscono nel Nevola.

L insediamento poggia direttamente sLi un substrato diorigine quaternaria costituito da depositi detritici ccl elu—\ io—colluviali recenti circondati da scaglie calcaree di origine geologica più remota (Cretacico superiore—Focene

superiore) mentre a NW prevalgono terreni caratterizzati

da scaglie marnose terziarie.

La zona, per struttura litologica e per condizioni

morfologiche, si presta ad essere ampiamente utilizzata

dal punto cli vista agricolo; le coltivazioni sia intensive che

estensis e hanno ormai sostituito quasi completamente

l’originaria copertura vegetale. (tu rg.)

IJNEAMENTI STORICI Il toponimo di Monterosso

appare. per la prima volta, in un documento di Nonantola

dell’anno 1200.I castelli sassof rratesi ricordati dai documenti sono

cinque: Sassoferrato, Rotondo, Castagna, Venatura, Monte—

rosso; maa questi si clese aggiungere anche Coldellanoce,

seppure nei confronti cli Sassoferrato goda cli quasi com

pleta autonomia, la ruttura tortihcata to meglio quello

clic resta di essa) è collocata al cli sopra del moderno

insediamento, nella localitt oggi chiamata Castellaro. I

pochi resti non consentono la ricostruzione del disegno

originario, anche perchè sono rimasti inglohati in costru

zioni clic ne hanno modificato, quasi completamente. la

TOPONIMO Dall’ag,,gettivo “russus” (corrispondente diruis, ,‘uheus, ruber), “rosso “, “rossiccio” e simili (i’ediciììche i composti coìi acqua. monte. f)O gio. terra. ecc. ),

(Id indica,’e caratteristiche rossastre del suolo ,.\on c’è.

qiiiiidi. raiiwie di peflscII’e ti/l’aiitropoiiiìno “l?ussus

Il III Il III I Il I III 1111111

Page 53: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I III INHN natura difensiva. Non ci SOflO documenti che ne descrivo—no l’impianto, sia graficamente sia letterariamente. Fino alXVII secolo Monterosso è anche indicato come “villa”, villaggio, in seguito quasi sempre, sia nei documenti ecclesiastici, come in quelli civili, fino all’unità d’italia è denominato castello.

Se la storia religiosa del luogo è abbastanza ricca clifatti e di vicende, meno lo è quella civile del castello.almeno stando alle notizie giunte fino a noi,

Le conoscenze circa le origini sono molto vaghe, ma ladata che appare nella vecchia chiesa parrocchiale. 1112. fapensare che già attorno al 1100 doveva esistere un agglomerato abitativo abbastanza consistente, per avere necessità di un edificio per il culto piuttosto vasto e architettonicamente curato.

La presenza della chiesa lascia supporre che anche ilcastello sia sorto in quel tempo, come del resto gli altricastelli del territorio sassoferratese, La chiesa appartiene almonastero cli Fonte Avellana, che gode anche di parecchieproprietà terriere, nel luogo. conservate fino al secoloXIX. Di certo il castello esiste nel 1237. come risulta ciauna erg1mena. conservata nell’Archivio storico comunalecli Arcevia, dove si parla di un Angelo cli Domenico diMonterosso, che fa atto cli castellania al console Federico.

Un documento dell’Archivio dell’abbazia cli Nonatoladà notizia cli una adunanza, tenuta nel castello di Sassoferrato, alla cluale S000 presenti sei conti e quattro signorinon dlualificati. ma cli pari autorità: “Qui ornnes rogal’e—ruìit ,ne. tabellionern zcribere quidquid D, Lo Saxiji’rratiCmes, una cum J?enaldo de Padre et f3ertrando Gerardicwnmuniter statueruni”.

Secondo il Pagnani, Rinaldo e Bertranclo sono due rappresentanti di Nonantola. il conte Ugo appartiene allafamiglia degli Atti che insieme avrebbero dovuto trattaredelle investiture dei signori a nome dell’abate di Nonantola. Certamente. lo si apprende dai documenti successivi,uno dei conti è cli Monterosso. L’abbazia ha la giurisdizione, dice ancora il Pagnani. su tutto il territorio, compreSO nel triangolo Sassoferrato-Venatura-Rotondo, La vastazona è soggetta a Nonantola, forse per donazione dellacontessa Matilde. Monterosso, essendo compresa in questo triangolo, dipende da quel feudo abbaziale, il qualevende solo nel 1313, i suoi clìritti ai conti Atti cli Sassofer—rato. per tremila lire bolognesi.

In questo tempo anche i conti cli Monterosso lasciano iloro castelli per stabilirsi nel capoluogo. Il castello. ciacluanto è dato Sapere, si conserva fino agli ultimi anni delsecolo XVII o agli inizi del secolo XVIII.

I mutamenti sociali, politici, locali, portano all’abban—dono e all’incuria delle strutture fortificate, con possibilicambi cli proprietà e con evidenti trasformazioni, Gli edifi—c’i attuali, sorti sul complesso fortilizio risalgono a quell’epoca.

Costante e attenta è la premura delle autorità comunaliper la conservazione delle strutture difensive del territorio,tanto che Sisto IV elogia i Sassoferratesi per lo zelo climo—strato e concede loro, per 12 anni, i proventi derivati cIavarie tassazioni.

Nel libro dei Consigli del 1581 si legge: “Si faccia unLibro dove si iscrivino tutti qtielli che sanno sottoposti alla

Guardia de’ Castelli”.Nel 1592 Monterosso conta ben sedici Consiglieri eleg

gibili e per il consistente numero cli abitanti ha diritto allapiù alta rappresentatività consiliare fra le fazioni sassoferratesì.

Nel 1476 il Consiglio elegge il Gualclaro e il Viario cliMonterosso: il primo ufficiale è addetto a sorvegliare sugliaffari della comunità, il secondo alla vigilanza delle strade,

Il 14 maggio 1479, nel timore di passaggi di armati, ilConsiglio ordina di organizzare la difesa dei castelli, dellefortezze e di fornire munizioni. Nell’ordinanza è compresaanche Monterosso: appena un mese dopo, lo stesso Consiglio, ordina al Podestà cli restaurare le mura dei castelli ecli tenervi le guardie.

Nel 1482 si dispone ancora d’intervenire per restaurarele more e le fortezze dei castelli cii tutto il territorio.

Il Consiglio nel 1485 lamenta la lentezza con cui procedono i lavori nelle fortifìcazioni e il papa nel 1494 ordina nuovamente cli restaurare le strutture difensive del territorio.

Durante tutto il secolo XV, la vita sociale e politica cliSassoferrato è molto travagliata a causa di molti funestiavvenimenti.

Calamità naturali, come la peste e il colera, si abbattono frequentemente sia nel capoluogo che nel contado gliatti del Consiglio le ricordano negli anni 1-i66, 1479. 1481.l’i85, 1486, 1493, 1497, 1498. Durante le epidemie si provvede alla guardia delle porte anche dei castelli, soprattuttocli quelli cli confine, per impedire l’entrata di forestieri e ildiffondersi del male.

In cluesti casi la popolazione del comune è costretta apagare le tasse straordinarie per stipencliare il medico e leguardie.

Altra perniciosa situazione per la popolazione e leautorità comunali è costituita dal passaggio degli eserciti.

Nel 1464 scorrazzano per il territorio sassoferratese isoldati del duca cli Urbino che rubano, clepredano e com—mettono “tante enormità”.

I Priori scrivono al Duca pregandolo cli allontanare letruppe”imperacchè — dicono — ogni mese se paga perquesto Comune de li ducati circa cinquanta a li soldati”.Anche la popolazione monterossese è costretta a pagaretasse a cjuesto fine, Nel 1478, cIa una lettera inviata all’arcicescovo sipOfltinO. monsignor Niccolò Perotti. dal Duca cliUrbino, si apprende che sono di passaggio Umberto Malatesta e Costanzo Sforza, personaggi che vanno accolti cclospitati COfl gli onori dovuti al loro rango.

Nel 1479 la minaccia cli eserciti nel territorio si fa piùpressante: il Consiglio allora ordina cli rinforzare tutte ledifese dei castelli. Nel maggio 1482 circolano nel territoriobande armate: si decide subito cli inviare due rappresentanti del comune a trattare con i capi dei mercenari perinvocare la loro comprensione e benevolenza, in cambiosi offrono doni, pane, vino, coppe cli grano e un castrato.

Nel luglio dello stesso anno, temendo un attacco cIaparte cii nemici. si predispone la difesa assolclando 100fanti. Le casse comunali non dispongono cli tale somma eallora si ricorre a un prestito.

Un mese dopo transitano per il territorio 13 squadre diarmati diretti a Niclastore sotto la guidia cli Roberto cIa

i 06

IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 54: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

Osin.

Nell’ottobre 1482 il conte Girolamo (della Genga?) con

le sue milizie è nel Sassoferratese. Anche questa volta persubire il minore coinvolgimento possibile ed evitare il saccheggio si portano doni per i soldati. Nel 1552 Sassoferra

io trasmette un’ordinanza papale che obbliga la vigilanzacontinua, giorno e notte, nei castelli (li Castagna. Rotondo

e Monterosso.Altro fattore di degrado della vita sociale e politica

della comunità sassoferratese, in questo secolo, sono le

continue lotte interne tra i cittadini e i signori, ma soprat

tutto nuociono alla tranquillità e allo sviluppo del paese le

lotte insorte per cupidigia cli potere, nella famiglia degli

Atti e tra i nobili.I documenti del tempo segnalano diversi omicidi e tur

bolenze che non solo preoccupano gli abitanti e le auto

rità locali, ma anche quelle centrali.

Tra gli avvenimenti più drammatici si ricordano gli

scontri armati avvenuti negli anni 1483 e 1486 e non c’è

anno che non si consumino omicidi causati da queste

discordie. Nel 1496 si nomina una commissione per rista

bilire il buon ordine nel territorio e pci’ pacificare le fazio

ni e gli animi.Nel 1421 la famiglia degli Atti attraversa un periodo (li

grave tensione per l’affermazione del potere tra vari con

tendenti.Altra questione grave sono le controversie sorte per la

definizione dei confini con i comuni viciniori: Gubbio,

‘rbino. Fabriano. Genga: queste liti coinvolgono la vita di

tutta la popolazione, e, più direttamente, dei castelli confi

nanti come Castagna e Monterosso.11 Quattrocento è il secolo delle compagnie e dei capi

tani di Ventura, uomini che esercitano l’arte della guerra,come professione. generalmente a servizio di monarchi esignori in tempo di pace. per sopravvivere. p sano da unterritorio all’altro, seminando ovi.Inque distruzionì. rapine.

crudeltà.11 territorio sassoferratese, insieme a tanti altri, nella

prima metà del secolo, subisce più volte invasioni, attacchi, saccheggi, con gravi danni per la sua stabilità socio-politica, per le sue finanze e per la sicurezza delle popolazioni, che sempre, comunclue, sono coinvolte in azioni diguerra. con perdita di uomini e cli beni.

Nel 1460 la famiglia degli Atti, in una sanguinosa rivolta popolare, viene cacciata da Sassoferrato, la città si sottomette al papa Pio Il, clichiarandosi libero comune dellaMarca di Ancona.

Da allora il castello cli Monterosso segue in tutto levicende del capoluogo. ma. via via. perdendo. per lemutate condizioni sociali, la sua importanza cli luogo strategico; si consoliderà nelle forme di villaggio, radicatonelle tradizioni sociali e religiose del passato, ma allo stesso tempo aperto alle innovazioni del progresso.

L’attribuzione cli ‘castello” continuerà ad accompagnare il toponimo cli Monterosso per i secoli XVI a XVIII edentrerà pure nei documenti ufficiali della diocesi, ma ilcomplesso architettonico fortificato va gradatamente scomparenclo quasi del tutto, per assumere nel giro di duesecoli la forma attuale. (si..)

ASSE1TO uRBANIS’flco Il castello si trova su di

un piccolo poggio alle pendici del monte Castellaro esovrasta il sistema di piccole valli e dolci colline tipico del

paesaggio interno marchigiano.

Nonostante i crolli e le trasformazioni, rimangonoancora tracce della conformazione urbanistica e costruttivacli tutto l’insediamento sorto nel secolo XIII.

Dalla mappa del catasto gregoriano del 1814 appare

chiara l’organizzazione della struttura urbana suddivisa indue parti: il borgo situato a circa cento metri verso est edil castello, che viene definito con il toponirno “torrenella mappa stessa.

E’ probabile che, esaurite le ridotte aree all’internodella costruzione più antica, e non potendo utilizzare

lIllIllIllhlI

Arco in conci di un abitazione.

Un tratto delle mura castellane.

i07

iIIIIIIIIIIIaIlIIIIIlIlIIl

Page 55: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

‘‘‘‘‘‘Il’’’

\IUR\ DJ CDTA

BORGO FSTERO

spazi esterni per le notevoli acclivitui naturali dei versanti,l’ampliamento dell’edificato sia infatti avvenuto nella zonapianeggiante più bassa, con la costruzione di un primoborgo a base quadrata con le abitazioni disposte sui lati aformare, con le stesse mura esterne, il recinto fortificato.

L’area tra i due insediamenti, 1estinta alle coltivazioni.veniva probabilmente difesa con steccati in legno posti aconfine della strada di collegamento tra i due nuclei.

Il castello di Monterosso si presenta in torma compatta.quasi circolare senza mura di cinta: il compito difensivo

iene affidato alle pareti esterne delle abitazioni che formano esse stesse il recinto fortificato. Si rilevano ancoraoggi tratti di mura muniti di speroni a scarpa in conci dipictra calcarea squadrata; in particolare sul lato est, piùprossimo all’unica strada cli accesso, sulle pareti esternedelle abitazioni si ritrovano ancora le feritoie verticaliusate per 1’ avvistamento e la difesa.

Con ogni prohahilitt è su questo lato che si apriva laporta dingresso al castello, ora scomparsa, che attraversoun passaggio coperto immetteva nell’unica corte internadelimitata cia edifici di due piani. (av.)

BENI ARTISTICI \ulla di interessante è custoditonella parrocchiale, ove si eccettui uno stenclarclino seicen(esco, appeso sulla navata destra, con la Madonna delRusario.S. Domenico e s. caterina da Siena, e intorno lescenene dei IIisteri entro piccoli tondi. Vi sOflO riecheggiati, alla lontana, i modi di Giovan Battista Salvi.

Sulla parete opposta è unaltra tela, con lo posa1iziomistico di S. C’uterina, frutto dell’attività cli un modestomestierante marchìgiano del Seicento. (g.d.)

(I

i

\/IABILITA i PORTA

a BORGO Mt RATO

2 TORRE

DJFESA NATURALE

PI.\)’TA

I

SEZIONE

IIIIIItIIIIIIIIIIlIIIIII

Page 56: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

RoTormoAltitudine m. 535. Posizione: versante. Abitanti: 65 (1989).

TERRflORIO Sulle pendici meridionali del monte

Rotondo, che costituisce l’ossatura di una piccola anticli—

nile interposta tra le propaggini settentrionali (Iella ruga

del an Vicino e (li quelle (lei monte Catria, si trova in

posizione elevata rispetto sia alla sinclinale occidentale sia

.1 quella orientale determinata dall’alto bacino del Cesano

a N e dell’alto bacino del Misa a S. Le acque ruscellanti

dal monte Rotondo e dal monte Castellaro confluiscono

nel Ne ola settentrionale e sono quindi tributarie del baci

no del Cesano.Giace su un substrato di maiolica separato ad \V. per

meZZo di una probabile faglia diretta, da terreni marnosi

riferibili allo Schlier; poco lontano, in direzione E. depositi

detritici e depositi alluvionali terrazzati antichi SOflO a con—

tatto con depositi arenacei anch’essi miocenici.

Tutta l’area è intensamente coltivata: nella zona occi

dentale rimboschimenti a conifere sono stati effettuati nel

tentativo di stabilizzare i versanti a più forte acciivitù.

(m rg.)

LINEAMENTI STORICI Scarse sono le notizie stori

che sulle origini di Rotondo.

In alcune pergamene del feudo monastico di Fonte

Avellana si parla del castello e del territorio di sua peni

nenza. In una del 1066 si legge che Pietro Damiano. dcl

comitato di Nocera, dona in enfiteusi fino alla terza gene

razione. a Gozo figlio di Guiniso. di stirpe longobarda.

vari possedimenti. tra questi, senza citano espressamente.

è compreso Rotondo. Questo toponimo (contea e castello

di Rotondo) ricorre in un contratto (li enfiteusi datato

marzo 108. in cui testualmente si legge: “ S’ansone. JIio

del!i (zr/o, secundum iioslra lege toiu,obardoni,n, dona

per la propria anima, a//Eremo di Santa Croce di I’dnte

1iviIana, tutto quel/o che possiede ud comitato di ,\ocera.

nei Jondi Isola. C’ordeìiosi. Linfrrno. i ilsanib,tcaia. le

i!eleta, Melo, SlqJfblo, C’o/e de Aibbi ci in!ìtndo Rotondo

Un’altra pergamena del maggio 1129 riferisce: Alberto.

TOPONIIO Da “rolundus”, che, con rifi?rimento alla

c’oui/òrmazione del sito, euutra in molteplici toon un .

soprattutto con/posti (con monte, co//e, ecc’. ),‘ poco proba

bile un origine antroponimica, (iq.)

lIIIIIIjÌIIIIIIIIIIIIII

Page 57: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

flfl Guido, Franco e Viviano, figli di Giovanni, con Ingraclaloro madre, donano a Fonte Avellana. per la salvezzadelle proprie anime e dei loro parenti. i beni siti in Comitato di Nocera nel fondo Rotondo in loco la Curte Vecchia.

A /eterihus eius: a primo latere lo Caste/la re de Drudo. asecuìido latere fossa de Viii de Lupo. a tertio latere Viirro—citia, a quarto latere colle de radicosa perl’eniente in

primo latere’. lI 24 maggio 1139. papa Innocenzo TI. surichiesta del priore cli Fonte Avellana. Benedetto e deisuoi monaci, conferma all’eremo tutti i suoi possedimentie diritti, comprendendovi anche la chiesa di S. Maria diRotondo, nella contea cli Nocera. Nel mese di marzo del1140, Raniero, figlio di Guido (secundum mea iex Longobardorum) fa atto (li rinuncia a favore di Fonte Avellana,di tutta la terra compresa nella contea di Nocera e defìnendone i confini, così si esprime: “a primo latere NebuiaSancti Vitorini, secundo latere Sanclo Laurencio de Cb/leAlto at tercio latere Nebula qui venit de Rotondo et quartolatere si/va de C’ava/albo pervenientem in primo latere”,

Rotondo è di nuovo citato nell’anno 1159 in un elencodegli obblighi che il castello ha nei confronti dei monacidi Fonte Avellana. Le fonti storiche non consentono cliindividuare gli antichi feudatari del castello che, quasi certamente. dovevano essere di stirpe longobarda.

Da un documento dell’abbazia di Nonantola del 1200si apprencle che il suo signore riceveva l’investituradall’abbate cli quel monastero pur non avendo su cli essoalcuna giurisdizione, perché certamente la contea cliRotondo fa parte di Sassoferrato.

Con tutta prohahiliG Rotondo sorge intorno alla metàdel XII secolo. In un atto cli castellania del 1250. conservato nell’Archivio Storico Comunale cli Arcevia, si cita qualetestimone un certo l3artolo di Rotondo.

Il castello ha una cinta muraria molto solida che, congiunta alla naturale sicurezza del sito, si colloca tra i puntistrategici di maggiore rilevanza nel vasto territorio sentinate, Tuttavia il cardinale Albornoz vuole dotarlo anche diun proprio cassero o rocca, stabilmente sorvegliato da uncontingente militare,

Non si conoscono le date precise della sua costruzione, e tantomeno i prcgettisti: non si hanno neppure notizie. dalle fonti archivistiche, cli particolari avvenimenti bellici. tuttavia, con frequenza viene riportato il toponimo. lili giugno t-C9 viene ordinato al podestà cli Sassoferratodalla legazione cli Macerata di conservare personalmentele chiavi di tutte le porte del castello e del borgo. clirestaurare le mura dei castelli e cli tenervi le guardie. Inquesta ordinanza non si parla espressamente di Rotondo.ma vi è compreso per quella parte che si riferisce allaurgenza cli consolidamento della cinta muraria e della vigilanza. Con un Breve del I7 Sisto IV ordina al legatodella Marca cli adoperarsi per sopire le discordie sortenella terra di Sassoferrato e all’arcivescovo sipontirio Niccolò Perotti di restituire la fortezza di Rotondo al predettolegato.

Negli atti coijsiliari del 14 maggio 1479 si decide dipreparare quanto occorre per la difesa delle mura e delleporte, cli rifornirsi di munizioni, cli inviare un ufficiale aRotondo e un altro a Castagna per un mese, allo scopo diprovvedere al restauro della fortezza e alla sua custodìa.

La nota rivela che in quel tempo si temono passaggi dimilizie. Nel 1480 ancora un ordine “superiore” informache il castello di Rotondo è consegnato. “per mano dinotari’ a un Sindaco del comune, In data 14 aprile 1482 sìordina cli riparare le porte. i ponti levatoi di tutti i castellie in particolare cli Rotondo. Sulla proprietà e i vari passaggi di giurisdizione, sui nomi dei feudatari, questione confusa fino a qualche decennio fa. lo storico Alberico Pagnani, sulla base di alcuni documenti, è riuscito a chiarirealmeno alcuni aspetti e così scrive: “Le origini del castellodi Rotondo si perdono nella notte dei secoli, Certo esisteva nel 1239. e più certo ancora nel 1291, quando unaBolla di Celestino III in favore della celebre Baclia diNonantola, nomina tra i possessi di lei Sassoferrato contutte le sue pertinenze”. Che cosa voglia dire questaespressione lo dichiara meglìo un documento del 1200,dell’archivio di detta abbazia, Vi si parla di un’adunanzatenuta nel castello di Sassoferrato da almeno sei conti, più

quattro signori senza qualifica, ma che discutono alla pari.“Credo — continua il Pagnani — che Rinaldo e Bertran

do siano due rappresentanti cli Nonantola per assistere algiudizio. Presidente era il conte Ugo (degli Atti) cli Sassoferrato. Questi tre dovevano decidere intorno alle investiture dei suddetti Signori a nome dell’Abate di Nonantola.Orbene la storia pcsteriore ci assicura che uno dei seiconti era conte di Rotondo. Degli altri cinque, quattroerano certamente i Conti di Sassoferrato, di Castagna, diMonterossc) e cli Venatura (C’astrum Venatoris). Da escludere Coldellanoce. che nessuna dipendenza aveva daNonantola.

•‘Che il Castello di Rotondo fosse (dopo Sassoferrato eColdellanoce) il più importante, tutta la storia di Sassofer—rato lo dimostra, Era pure dei più antichi certo più anticodi Sassoferrato. Questo sorse intorno al 1150, mentreRotondo esisteva prima del 1139, come abbiamo visto, Percluali ragioni il conte di Sassoferrato aveva fin dal 1200 lasupremazia su tutti gli altri Conti suddetti è un mistero, manon troppo oscuro. I documenti di Nonantola ci fannoben comprendere che per lo meno tutto il territorio chiuso nel triangolo Sassoferrato-Venatura-Rotondo era soggetto alla Badia di Nonantola, forse per donazione della contessa Matilde. Quindi è chiaro che la supremazia sopra la“Comunanza” ossia Confederazione delle dette Contee eravoluta dall’abbate di Nonantola. Non si può pensare a unadisposizione pontificia. poiché fino all’arrivo di EgidioAlhornoz (1355) i Conti si consideravano sottratti ad ogniesigenza temporale dei papi.

“Anche prima che comparisse la spada di Egidlio Albornoz. i conti soggetti a Nonantola avevano perdluta talesoggezione. e si erano assogettati ai conti Atti. Questoavvenne nel 1313, quando l’abbate di Nonantola vendetteai Conti Atti i suoi diritti per tre mila lire bolognesi.

‘Allora o poco dopo, i Conti dalla campagna si ritirarono nel castello di Sassoferrato, conservando il titolo nobi—liare. Erano cluei numerosi conti, che troviamo a Sassofer—rato nel quattrocento”.

Durante la prima metà del secolo XV il territorio sassoferratese è cli continuo sconvolto da disastrose vicende:passaggi e invasioni di eserciti mercenari, capitani di ventura, lotte intestine fra opposte fazioni, contrasti tra signori

•il (1

IIHIIIIIIIIIIIIIINIIIIII

Page 58: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

locali e tra tiranni e popolazione.

in questi disastrosi avveniinent Rotondo non volgeruoli rilevanti nelle operazioni belliche, tuttavia subisce le

cattive sorti (li tutte le altre localitìt del territorio sentinate.Per tutto il secolo e anche in avanti, almeno fino alla

fine dei ‘OO, il castello ha rilevanza per la sua posizione

‘trategica. tanto è vero che la sua rocca è sempre provvi

sta di armi.Nel 152 Sasoferrato ordina ai castelli di Rotondo.

Castagna. Monterosso e Coidellanoce di fare la guardia

giorno e notte, secondo il volere cli papa Giulio III, che

terne attacchi per il passaggio di truppe.Nel 1612 il Commissario di Sassoferrato invita gli uomi

del castello a restaurare le mura.Dalla fine del XVII secolo Rotondo, come anche gli

altri castelli del territorio, va perdendo importanza e il

degrado istituzionale-militare-difensivo si accompagna ad

altri fattori che ne accelerano la rovina e la totale deca

denza.Lna carta dell’Archivio storico comunale di Sassoferra—

fo del 1 riferisce che molte sono le case demolite e

fatiscenti e che le mura castellane e le strutture difensive

vanno in rovina.Il suo ultimo bagliore si accende nel 1798 durante

l’occupazione dei francesi ai quali oppone un’accanita

resistenza.Se il paese ha potuto conservare abbastanza la sua

immagine medioevale tanto da presentarsi ancora con

tutto il suo fascino che deriva dalla bellezza del luogo e

dal calore antico, delle costruzioni, della porta che raccon

ta una gloriosa storia congiunta a quella dei suoi signori.

gli Atti, il cui stemma orna l’ingresso, non altrettanto è

avvenuto per le mura, quasi completamente scomparse, e

per la Rocca, ridotta quasi ad un rudere. Sopra l’arco

d’ingresso accanto allo stemma degli Atti si legge questa

iscrizione: ANO DNI MCCCCXXII ID - X (M.A.V.) VE DNS

5 (C D) AVRELIs - Ah. IOIS (SNCS OB J1SE) 5. M. PoS

(Anno del Signore 1-i22 indizione X. mese di agosto. Il

Signor sacerdote Aurelio, sindaco dell’abate Giovanni.

pose dlrlesta lapide come segno del suo diritto),“Resasi pericolante — scrive lo storico Sergio Sebastia

nelli in Il C’aste/lo di Rotondo — per le vicine abitazioni

civili del l9S-t circa, la rocca fu restaurata a cura della

Soprintendenza ai Monumenti di Ancona, con la rilevante

spesa di lire duemilioniquattrocentomila.“Successivamente un fulmine squarciò la parte superio

re, e gli amministratori dell’epoca. anzichè provvedere al

restauro. abbatterono la porzione fatiscente. gettando le

macerie all’interno del fabbricato, Fu un errore gravissimo.

poichè il materiale inglobato lacera progressivamente le

pareti esterne, Eseguendo lavori sistematici con urgenza.la residua torre centrale ccl i ani sottostanti, potrebbero

cssere salvati,“Inoltre affiorerebbero le fondamenta dei muri cli cinta

e delle parti abbattute, ora ricoperte di terra e di vegeta

zione erbacea, Non è da escludere poi che vi siano anchedei sotterranei o cunicoli ricolmi di macerie ‘. (s.t,)

t’lIllIlfI’

Interno cieli ‘ingresso.

ASSETtO URBANISTICO [insediamento è un nu La porta torre.

(11

iIIIIIIIIIIIlIIaIlIIIIIIII

Page 59: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

cleo di versante dal quale si controlla una vasta porzionedi territorio collinare che comprende tutta l’alta valle deltorrente Nevola. Il SUO tessuto urbano si organizza hnear—mente sulla porzione di cerchio descritta dall’unico asseviario interno e la morfologia del castello si può ascriverea quella di nucleo a “ventaglio”L’impressione complessiva che si riporta ad una primaosservazione dell’intero complesso dall’inizio della vallataè che questo sia organizzato in cerchio, mentre la realtùplanimetrica è completamente diversa; in realtù, ci si trovadi fronte ad un hell’esernpio di assonanza tra i manufattiedifìcati e le peculiari caratteristiche del sito, che sonoproprio quelle cli descrivere un cerchio formato dallecurve di livello del poggio posto sul versante montano,

La rispondenza è resa possibile grazie all’uso delmodulo compositivo rettangolare delle schiere medioevaliche consente diverse soluzioni spaziali nelle quali l’elemento naturale risulta essere uno dei fattori principalinella risoluzione della composizione architettonica; lanatura e le sue caratteristiche sono nell’architettura delperiodo un elemento compositivo e non un indifferentesubstrato sul quale inserire l’opera architettonica: eccocluindli come il nome “Rotondo” risulta essere il più imme—cliato ccl indovinato per il castello, anche se di fatto questo “rotondo” non è.

Un’unica porta fortificata immette nel nucleo con unarco a tutto sesto in conci ben squadrati cli pietra calcarea;la forma e l’elemento utilizzato fanno risalire la sua origine all’XI—XlI secolo.

l,a torre sovrastante è interamente c’ostruita in pre’a—lenza con lo stesso materiale ccl alcuni conci in pietra are—nadia; solida e minacciosa si aggetta fuori dal filo delleschiere che compongono il recinto fortificato ccl appareimprovvisamente a sl’arm’are il passo di c’hi sale faticosamente lungo la ripiclissirna rampa obbligata che conduce

l2

IIHhIIulIIIIIIlIIIIIIIH

IIIIIIIIIIIIIIIIIINIIIII

VL•U3ILITÀal castello,

Sopra l’arco campeggia uno stemma in pietra dellaprima metù del XV secolo raffigurante una testa d’ariete.

vl MASC[11()

MURA 1)1 CIN’I’A CHIESA

BORGO MURATO i PORI’A-TORRE

BORGO ESTERNO 2 ROCCA DELL’ALI3ORNOZ

PIANTA

Page 60: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

simbolo della casta dei conti Atti di Sassoferrato.Nom)stante le recenti manomissioni — la porta aperta

alla sua sinistra nel 1989 e la scialbatura a cemento costi

tuiscono due esempi emblematici — il torrione risulta

ancora essere un manufatto che di

una precisa epoca storica; purtroppo è proprio l’intonaca

tura a non permettere di approfondirne ulteriormente

l’analisi.Le abitazioni a schiera addossata al fianco della monta

gna sono in pietra con evidenti restauri in cotto: realizzatesu due livelli, presentano un piano sottostante che. originariamente privo delle bucature attuali, veniva usato comedeposito e formava lo zoccolo della cinta fortificata. Ilmanufatto architettonico che emerge dal compatto tessutourbano è la torre posta sul lato sud-est del castello;costruita nella seconda metà, del XIV secolo in forma poligonale con lieve rastrematura verso l’alto, si eleva sugli

edifici che ne costituiscono la base, stagliandosi contro il

verde della vegetazione sul quale risalta maggiormente il

colore chiaro del paramento dovuto ai blocchi squadrati(li calcare massiccio. La parte superiore dopo il crollo è

stata in parte demolita per evitare ulteriori danni alle abitazioni sottostanti; le macerie sono state ammassate nelsuo interno e l’esposìzìone costante alle intemperie minac

cia pesantemente quanto dell’antica costruzione tuttorarimane.

La sua distruzione appare ormai certa. vista la pochissima sensihilit dimostrata nei confronti di strutture analoghe. anche se è tutto l’omogeneo complesso dell’insedia

mento, in parte abbandonato ed in parte soggetto ad

interventi spontanei ed impropri sulle abitazioni, che ven

gono ristrutturate come “casette per le vacanze”, che meri

ta un intervento mirato alla salvaguardia ed alla valorizza

zione. (g.p.b.)

III’’’’

413

I il I Il I Il I Il I I I 1111111 I III

tua via interna. La torre di guardia, lato sud-est,

Page 61: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

S. CROCE DEI CONTI (o di TRIPOZZO)

TERRiTORIO Sorge appena fuori di Sassoferrato, p0—

co a valle della Confluenza tra i torrenti Marena e Sangue

rone Con il Sentino, quasi sulla sponda destra di quest’ulti

mo lungo la strada che la Collega Con Castelli di Torricel—

la e cli Trinquelli posti nella parte meridionale compresa

tra il fiume stesso e il Giano. E’ protetta a sud dai Con

trafforti del monte 5. Croce dal quale si sale al Piano della

CroCe posto a 7 9 in.

GiaCe su una superfiCie di erosione operata dalle

acque fluviali che hanno originato un terrazzo alluvionale

alto sull’alveo; a sud è presente un substrato cli pelagiti

calcaree a scaglia ariegata di origine cretatico-paleogeni

ca. mentre a sud-ovest emergono depositi detritici recenti.

LINEAMENTI STORICI Scarse e frammentarie sono

le notizie sulle origini e i primi secoli di vita dell’abbazia

cli S. Croce cli Sassoferrato, detta’•• dei Conti perché fonda

ta, probabilmente nella seconda meG del secolo Xl, dagli

Atti, feudatari del luogo: tuttavia nelle carte medievali la

denominazione più frequente è quella di monastero di 5.

Croce di Tripozzo”

La mancanza di fonti d’archivio ha offerto l’opportunitù

ad alcuni studiosi, primo fra tutti lo lacobilli, cli abbondare

in ipotesi e illazioni, non sempre confortate dai documen

ti. sulle vicende iniziali dell’abbazia: del tutto prive cli fon

damento, ad esempio, sono per il Pagnani le affermazioni

dello storico folignate a proposito dell’unione cli 5. Croce

a Valclicastro nel 1285 e dell’aggregazione a Camaldoli nel

1353 per volere di Innocenzo VI.

TOP()N1i4O L ajon lino, frequeììtjssjnio nella topono—

,na.s’tica locale, ricorda il /ignum crucis ‘ tripozzo è tì)rYe

i’iconclucibile a “tre pozzi” (frinazione similare è quella

del toponimo Tribonzo” (riconducibile a pons “; meno

prohahile un aggancio a “poggi “. anche se la soluzione

“Zi” J)arrehbe attestata, per esempio nell’alternanza

Giano—Za,io. (i.q.

La zona compresa tra l’insediamento ed il fiume è

completamente antropizzata mentre verso sud a pascoli

secondari si alternano boschi cedui molto degradati che

sono le ultime testimonianze della copertura vegetale ori

ginaria. (m.r.g.)

IIIIuIIIIIIliIIIIIlIIIIII

Page 62: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

1111111111 Con l)Olla emanata (la Perugia il 6 febhraio i 2S2, Innocenzo IV pone 5. Croce sotto la diretta protezione dellaSede Apostolica, concedendo alla comunità cli poter eleggere liberamente l’abate “secondo Dio e la regola di S.Benedetto’ e dì accogliere chierici e laici desiderosi (liabbandonare il mondo l’abbazia, inoltre, viene esentatadai pagamento delle decime sui prodotti dei campi e le èconcesso di ammettere alla sepoltura monastica i fedeliche lo richiedono, fatta eccezione per gli scomunicati e ipubblici usurai: in tempo dli generale interdetto, infine, aimonaci di 5. Croce è permesso celebrare le funzioni sacre.purché la censura ecclesiastica non sia imputabile a loro.

Dal documento pontificio del 1252 risulta che l’abbaziaha alle proprie dipendenze 35 chiese nelle diocesi diCamerino, Nocera, Senigallia: 5. Pietro di Scorzano, 5.Angelo di Murazzano, S. Nicolò di Fabriano, 5. Cristoforodi Almatano. 5. Severino di Collegiglioni, 5. Maria inCampo, S Lorenzo di Trinquelli, 5. Clemente di Genga (incomproprietà con S. Vittore delle Chiuse), 5. Maria deiCorbi di Catobagli. 5. Biagio e 5. Maria di Valentana (presso San Donato). 5. Lorenzo cii Avenale, S. Pietro cli Sassoferrato, 5. Maria del Cerro, 5. Lorenzo di Fabriano, S.Angelo cli Colleponi. S. Lorenzo di Montalboddo (oggiOstra). 5. Maria “de Abhatissis” e la pieve di S. Lucia aSerra de’ Conti, ecc.

Dal 1224 i monaci di 5. Croce possiedono a Fabrianoanche l’ospedale dei Ponticelli sulla riva sinistra del Giano,nei pressi cii S. Nicolò. La chiesa annessa (S. Maria deiPiangato), dopo alterne vicende, diventerà beneficioecclesiastico di nobili famiglie fabrianesi e nel 1922 saràsconsacrata e venduta a privati.L’ampia giurisdizione parrocchiale cli 5. Nicolò, che siestende anche al contado, abbracciando un vasto territoriotra le parrocchie cii S. Venanzo. Civita, Marischio, Nebbiano, Collegìglìoni e 5. Maria in Campo. è all’origine dinumerose controversie tra l’abbazia di S. Croce e alcunienti religiosi che, con l’appoggio del comune di Fabriano,intendono inurbarsi.

NIel 1232, Filippo, vescovo di Camerino, erige a parrocchia la chiesa di S. Biagio - edificata dall’abate di S. Vittoredelle Chiuse (probabilmente Monco 11) all’inizio del secolo XIII - sottraendo del territorio a S. Nicolò. Compagno,abate di S. Croce, si appella a Roma, chiedendo la restituzione del mal tolto e la demolizione o la riduzione ad usoprofano di 5. Biagio, ma la sua protesta è vana: GregorioIX il 7 giugno 1232 conferma il decreto del presule camerte.Cinquant’anni dcpo, 5. Croce (questa volta insiemecon 5. Vittore) deve fronteggiare le mire espansionistichedegli Agostiniani, che inducono . on denaro parrocchianidi 5. Nicolò e cli 5. Biagio a ricevere i sacramenti e a farsiseppellire nella loro chiesa. Gabriele de’ Medici. cancelliere della Marca d’Ancona, affida la soluzione della controversia a Guarino, priore del capitolo di S. Venanzo. ilquale il 12 marzo 1282 esamina i 25 testimoni presentatidalle parti lese ed emana sentenza favorevole alle dueabbazie.

Per i diritti di giurisdizione sulle chiese di 5. Severinocli Collegiglioni e di S. Maria in Campo, nel 1298 sorgeuna lite tra S, Croce e 5. Vittore delle Chiuse; Giovanni,

pievano di S. Maria cli Civita, per incarico di Bonifacio VIIIdirirne la controversia, assegnando salomonicamentedue cenobi, rappresentati rispettivamente dai monaco Corrado e dall’abate Egidio, la metà dei beni e delle renditeappartenenti alle chiese contese.Tra il 1310 e il 1320 5. Croce è coinvolta in una lungalite con l’abbazia di S. Maria d’Appennino, che ha trasferito dalla collina di Cerchiano presso Civita nel territoriodella parrocchia cli 5. Nicolò la chiesa di S. Cristoforo.Lintervento del comune cii Fabriano in questa circostanzaè determinante per la soluzione della controversia a favore di 5. Maria d’Appennino.Nel periodo cli maggior floridezza spirituale dell’abbazia di Tripozzo (secoli XIII-XIV), due monaci si segnalanoper la loro santità di vita: il beato Alberto e il beato Gherarclo, i cui resti mortali sono conservati rispettivamentenella chiesa di 5. Croce e in quella di 5. Maria a Serra de’Conti. La ricognizione delle ossa del beato Alberto saràeseguita nel 1926.Nei primi decenni del Trecento durante l’aspra lottache vede protagonisti guelfi e ghibellini, fautori cli Giovanni XXII e cli Lodovico il Bavaro. Sassoferrato si schieradalla parte del re germanico e nel 1327 tenta di sottrarsiall’autorità papale eleggendo Francesco, abate di S. Croce.a governatore del comune. Giovanni )XII ordina all’abate“usurpatore”, sotto pena della scomunica, di ritornareall’obbedienza della Chiesa e incarica il rettore del ducatodi Spoleto cli riprendere il possesso del territorio sentinate.Scorrerie, devastazioni, saccheggi - triste consuntivo diquel periodo - provocano gravi danni all’economia cli 5.Croce. Decisamente poco incoraggiante è la situazionedell’abbazia se nel 1333 il rettore di 5. Maria di Catobagliversa ai collettori della decima papale, per la metà spettante al monastero, soltanto 16 soldi e 3 denari cortonesi.Nella seconda metà del secolo XIV, con la stabilitàpolitica seguita ai ripristino del potere papale nello Statopontificio ad opera del carci. Egidio Albornoz (Sassoferratonel 1348 cade sotto il dominio dei Malatesta e nel 1355dal porporato spagnolo è ricuperata alla Chiesa), il monastero di 5. Croce riacquista vitalità, prestigio e potere economico. anche attraverso diverse concessioni cli terrevescovili da parte del presule di Senigallia nel territorio diSerra de’ Conti. Contemporaneamente, però, inizia il dcclino spirituale della comunità, che, ridotta a pochi monaci,non riesce più ad assicurare un’adeguata praticadell’osservanza regolare e del culto divino, mentre gliabati si comportano alla stregua dei signori dell’epoca. 5.Croce. inoltre, deve subire le indebite ingerenze dei contiAtti, che nel 1388 riprendono il controllo di Sassoferrato edue anni ciopo cia Bonifacio IX sono nominati “vicari dellaChiesa”.

All’inizio del secolo XV l’abate Giovanni, fa costruire ilcampanile. ordina la fusione cli due grosse campane (nei1400 e nel 1412) ancora esistenti e mette lo stemma degliAtti sul castello cli Rotondo. Nel 1406 Innocenzo VII loincarica di ricuperare i beni di Valdicastro ‘illecitamentealienati” dai predecessori di Angelo, abate cli quel monastero.Nel 1448 Nicolò V cede 5. Croce con tutte le rendite aPandolfo degli Atti, fratello di Atto e Ungaro, vicari apo

:i 16

IIIIIIItIIlIIIIIIIIIIIIIII

Page 63: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

stolici di Sassoferrato. E’ l’inizio della commenda, chesegna il tramonto definitivo dell’abbazia

Nel 1453 a Pandolfo subentra Andrea de Pilis da Fano,chierico di Camera Il 31 agosto 1457 egli figura, insiemecon Stefano di Antonio da Castelletta, priore generale deiSilvestrini, fra i testimoni all’atto di acquisto (la parte deicomune (li Fabriano, per 3.500 ducati d’oro, dei beni deiChiavelli, a lungo contesi con la Camera Apostolica; ilcontratto è stipulato con il card, Rodrigo Borgia (futuroAlessandro VI). legato della Marca d’Ancona, al quale ilconsiglio di credenza il 2 febbraio 1457 ha decretato dioffrire un dono in argento del valore di 100 ducati in considerazione della di lui” insigne virtù”!

Nel 1467, morto Pandolfo, i monaci, riuniti in capitoloconventuale, eleggono abate il confratello Pietro Oliva,sotto il cui governo rifiorisce l’osservanza e la comuniG

gode (li un breve periodo (li tranquillitìc‘crso il 1475 S. Croce cade di nuovo in commenda. A

cavallo (lei secoli XV-XVT ne è abate il cardinale Girolamodella Rovere (4- 1507), il quale, al pari degli altri commen—datari, governa il monastero tramite un suo vicario. Percontrastare le defezioni dalla comuniG (nel 1500 la famiglia (li S. Croce è composta cli dieci sacerdoti, tre novizi,due servi e un fanciullo per servire le messe), ormai stanca della vita grama che è costretta a condurre a causa delgiogo commendatario, il porporato emana un decreto, conil quale proibisce ai monaci (li allontanarsi dall’abbaziasotto pena (li dieci soldi. Egli, inoltre, eleva a tredici scudiil vestiario” annuale cli ogni religioso, prescrive la recitaquol icliana dell’ufficio divino in coro e impone la celebrazione (li almeno tre messe nei giorni feriali e (li cinque inquelli festivi (pertanto, non tutti i sacerdoti (Iella comuniGcelebravano ogni giorno).

Secondo il Pagnani, nel 1515 diventa abate commendalario di S. Croce Giovanni Domenico de Cupis, vescovo cli‘Frani, gui canonico della basilica cli 5. Pietro e segretariodi Giulio Il, poi cardinale (1517), protettore della Congregazione Silvestrina (1534-1553), vescovo di Camerino(1535-1537), legato della Marca d’Ancona (1536-1539),decano del sacro collegio. Tuttavia giì il 6 dicembre 1514il de Cupis, in veste di commenclatario, concede al monaco Polidoro Valentino de Vecchi le rendite cli alcune chiese. ciipenclenti dall’abbazia.

Al de Cupis, morto nel 1553, subentra nella commenclaI card. Tiberio Crispi, protettore della Congregazicne SiI

vestrina (1553-1566), gi governatore cli Perugia, prefettocli Castel 5. Angelo, e successivamente amministratoredelle diocesi cli Nepi e Sutri. Nel 1564 la coinunitut cli 5.Croce risulta formata cIa tredici sacerdoti, due conversi, unservo e un cantore laico,

Al Crispi nel 1566 succede il cardinale Michele Bonellì,domenicano, pronipote di Pio V, comunemente chiamatoil carclinal Alessandrino. Allo scopo cli attuare il progettodi restaurazione della vita religiosa promosso dal Conciliodi Trento (1545-1563), che prevede l’abolizione della proprieG privata, il ripristino della vita comunitaria e dellaclausura, il miglioramento del noviziato e degli stuclì, nel1572 viene inviato a S. Croce un visitatore apostolico nellapersona del vescovo cli Camerino Berarclo I3ongiovanni (enon Gaetani comeafferma il Panani). Il presule riscontra

poca pratica della vita comune (la famiglia conventualerisulta formata da sei sacerdoti, due chierici e tre conversi), scarsa istruzione nei monaci, grande trascuratezzanella conservazione degli arredi sacri, gravi abusi soprattutto nel campo della poverG (peculio privato). Dagli attidella visita risulta che 5. Croce frutta all’abate 576 scudil’anno.

Al card. Bonelli subentrano altri commendatari, che siclisinteressano totalmente del bene spirituale della comuniG e della manutenzione degli edifici. In un memorialedel 1589 i monaci lamentano la mancanza di novizi e lostato di degrado della chiesa e del monastero; per gli stessi motivi nel 1601 il comune di Sassoferrato ricorre allaSede Apostolica, ma soltanto nel 1607 l’abate AntonioMaria Graziani procede al restauro del campanile pericolante. Nel 1610 gli ultimi due monaci della comuniG sonosostituiti dal commendatario Camillo Graziani, nipote deiprecedente, con quattro sacerdoti secolari.

Il cardinale Scipione Caffarelli Borghese, nipote diPaolo V, è l’ultimo commendatario di 5. Croce. Il porpra—tu, che gode delle rendite di cospicui benefici perl’ammontare annuo cli circa 150.000 scudi, nell’intento diristabilire nell’abbazia la vita monastica, nei 1613 (e non1612 come si trova in più luoghi nella monografia delPagnani) ottiene cIa Paolo V l’unione di S. Croce alla Congregazione dei Camaldolesi Cenobiti, cli cui egli è protettore. Con la bolla Super eminenti, emanata il 24 gennaio1613, il pontefice ordina che a 5. Croce sia costituita unacomuniG di almeno quattro monaci sacerdoti, uno deicluali con il titolo di priore, e cli un converso; che la“mensa” del commenclatario, ai cui procuratore o agente èriservato il ‘palazzo” della commencla con la cella vinariae le botti ivi contenute, sia distinta cIa quella della comu—nitìt, alla quale sono assegnati parte dei beni dell’abbazia(orti, vigne, prati, bosco per la legna) e le entrate cli 17chiese dipendenti, che assommano complessivamente a400 ducati d’oro l’anno (5. Maria del Cerro, 5. Clemente diGenga, S. Lorenzo cli Trinquelli, 5. Angelo cli Colleponì, 5.Maria cli Civita, ecc.); il pontefice impone, inoltre, allacomunitiì la recita diurna e notturna delle ore canoniche eobbliga il commendatario a fornire la chiesa e la sacrestiacli tutto il necessario per il culto divino (paramenti, crcci,calici, turiboli, libri liturgici, vasi sacri),

Con la soppressione innocenziana del 1652 5. Crocedeve rinunziare-alla conduzione diretta delle chiese cli 5,Maria di Civita, cli 5. Giovanni cli Rocchetta, cli 5. Lorenzocli Trinquelli e cli 5. Lorenzo cli Avenale in diocesi cliCamerino, come pure cli 5 Maria del Cerro in diocesi cliNocera Umbra: al priore, tuttavia, rimane la facoltui clinominare, d’accordo con il vescovo locale, un sacerdotesecolare in qualiG cli vicario amovibile o perpetuo.

Nel 1689 i fabbricati cli 5. Crcce risultano bisognosi clirestauro, mentre la comuniG ha debiti per scudi 273.23.

Nel 1781 un violento terremoto provoca gravi lesioni aimanufatti della zona (crolla, ad esempio, l’intera facciatadella chiesa cli 5, Giovanni cli Colle Cornacchiaro, dove siconserva il corpo del bemto Ugo degli Atti): per 5, Croce idanni sono valutati in scudi 263.

Nel periodo delle soppressioni, per ben tre volte S.Croce è colpita dalle leggi eversive: nel 1798, nei 1810,

I I I III I I I Il I III I 111111 I III

Page 64: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

lIllhllIlIlIl nel 1861.Il 18 maggio 1798 i monaci sono espulsi dal cenobio

ad opera della prima Repubblica Romana, che non asse

gna loro neppure una modesta pensione: possono rientra

re in comunità il 23 giugno dellanno successivo.Sell’agosto 1808, dopo l’annessione di Sassoferrato al

Regno Italico, S. Croce è spogliata della maggior parte

degli arredi sacri, soprattutto della suppellettile d’oro e

d’argento. Fra l’altro al monastero è requisito dalle truppe

francesi un paio di buoi, e allorché il camerlengo d.

Mariangelo Bonarelli con il servo Ubaldo Paglia si reca al

comando per chiedere il risarcimento, entrambi vengono

fucilati. Nel novembre successivo tutti i beni dì S. Croce

sono inventariati e demaniati, mentre ai monaci è assegna

ta una piccola pensione: ‘OO lire ai sacerdoti, 450 ai conversi. Nel maggio 1810, in seguito al decreto di soppressione degli istituti religiosi emanato da Napoleone il 25aprile precedente. i monaci sono costretti ad abbandonare

S. Croce: ‘ i può rimanere solo il iirroco con l’abito diprete secolare.

La Congregazione Camaldolese, rientrata in possessodel cenobio e relativi beni il 2 dicembre 1821, assegna a S.Croce una comuniG di Otto monaci (cinque sacerdoti e treconversi).

Nel 1833 il monastero è unito a Fonte Avellana, il cuiabate diventa ammninistratore di S. Croce, dove rimangono il parroco e due conversi. Dieci anni dopo il cenobioritorna indipendente con un proprio superiore.

Il decennio 1844-1854 vede l’attuazione di importantilavori di restauro nella chiesa di S. Croce, dove fra laltroviene tolto l’intonaco dalle pareti di travertino e dallecolonne di granito e vengono coperti con calce gli affreschi dell’altare del beato Alberto.

Mentre il monastero sta in pieno ricupero spirituale emateriale, sopraggiunge una nuova soppressione. Il 3 gennaio 1861 il regio commissario Lorenzo Valerio estende atutte le Marche le leggi anti ecclesiastiche piemontesi e lacomuniG, fatta eccezione per il parroco, è costretta adabbandonare per la terza volta il cenobio nell’arco dipoco più di sessant’anni (ai sacerdoti viene assegnata unapensione di lire 500. ai conversi di lire 300).

Nel 1882 S. Croce è messa in vendita con asta pubblicadal comune di Sassoferrato: i Camaldolesi Cenobiti siaggiudicano il lotto per £. 0.000. Compiuti i necessarirestauri, a S. Croce è assegnata una comunit( di sei monaci (tre sacerdoti e tre conversi) e, dal cenobio di Faenza.vi è trasferito il noviziato. Nel 1887 S. Croce diventa anche“professorio”, cioè casa di studio per le giovani leve.

Durante la prima guerra mondiale la comuniG si trasferisce a Fonte Avellana e S. Croce, offerta dai monaci peressere adibita ad ospedale militare, diventa alloggio per iprigionieri di guerra. Nel 1920 noviziato e professorioritornano a S. Croce, dove, da S. Gregorio al Celio inRoma, si trasferisce anche l’abate generale della Congregazione, Ai lavori cli ampliamento e di ristrutturazione eseguiti negli anni 1913-1914. altri se ne aggiungono nel 1924per l’accresciuto numero degli aspiranti e dei giovani professi. 1119 agosto 1926 la comunità riceve la visita del cav.Benito Mussolini.

Mentre S. Croce è in piena fioritura (la famiglia mona

stica è costituita da oltre quaranta religiosi). Pio Xl, con

bolla del 2 luglìo 1935, sopprime i Camaldolesi Cenobiti.unendone la Congregazione a quella degli Eremiti diCamaldoli. S. Croce viene chiusa e i monaci dispersi.

Nel 1937 la parrocchia annessa alla chiesa di S. Croce ètrasferita a Scorzano. (u.p.)

ARflfE1TURA L abbazia di S Croce di Sassoterrato è un complesso architettonico organizzato sulla tipologia razionale tipica dei monasteri benedettini; nonostante gli interventi e gli ampliamenti succedutisi nel corso deisecoli, che testimoniano l’importanza e le vicissitudini storiche dell’insediamento, la sua organizzazione primitiva

risulta ancora chiaramente leggibile. ad iniziare dalladisposizione della chiesa collocata sul lato nord del parallelepipedo costituito in pianta dai vari ambienti, mentre asud, intorno al chiostro, si aprono le residenze dei monacie le varie pertinenze. formando una compatta cortinamurata idonea anche alla difesa.

La chiesa è costruita in perfetto stile romanico; il suonucleo originario risale alla seconda meG del Mille emostra una planimetria su modulo quadrato che ordinauna composizione centrale a croce greca, con ahsidi perle tre navate e per il transetto, sul modello della della consorella abbazia di 5. Vittore delle Chiuse.

La facciata, er gli interventi cli rinforzo effettuati consolidi contrafforti nei secoli XIV-XV, risulta severa; è orien

Il portale.

418

Page 65: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

tata ad occidente ed ha sulla sinistra una massiccia torrecampanaria, mentre un profondo nartece con volta a botteintroduce al magnifico portale con archi a tutto sesto concentrici e leggerissimo strombo, che poggiano su pilastriniU()lYìpoSiti Con capitelli scolpiti nei quali sono delineati.con stile del primissimo romanico, due leoni stilizzati edue aquile rampanti, raffigurazioni che, legate a motivi diintreccio ed a rigidi segni di scalpello, pur nella mancanzadi plasticitù risultano tuttavia estremamente espressive.

Tutte le arcate sono scolpite: la più esterna presentaun motivo geometrico formato da triangoli e la leggeramodanatura della successiva è ornata da un intreccio e da

PIANTA

un delicato girale cli viticci. fiori e grappoli: i due archiinterni compongono sofisticate ed elaborate volute dinastri e motivi vegetali di grande effetto e di chiarainfluenza franco-longobarda: Anche la lunetta che sovrastal’ampio portale è finemente affrescata. L’interno colpisceper il suo grande equilibrio spaziale e per labile utilizzodelle colonne di granito scuro incorporate nei pilastricompositi che sostengono le volte a crociera e scandiscono le campate delle navate e del transetto; l’inserimentonella struttura di questi manufatti e di molti capitelli provenienti dalla cittù romana di Sentinum, insieme alla pianta centrale, conferiscono al tempio una scansione ordinatadegli elementi architettonici ed una serena proporzionedegli spazi che si possono ritrovare soltanto nelle chiesedel primo rinascimento italiano, rendendo testimonianzadi quanto bene gli artisti cli entrambe le epoche storichesappiano usare gli elementi classici. comprendendone laproporzione ed inserendoli organicamente nell’edificato.

I capitelli, scolpiti finemente nel bianco calcare sono dinotevole fattura e presentano complicati intrecci floreali,foglie d’acanto. bestiari e figure umane: quelli romanisono di forma composita. mentre gli altri, che ne rilevanole proporzioni e la struttura, seguendo anche lo staccoelegante del collarino, sono in puro stile romanico, risalenti alla seconda metù dellXI secolo.

Alla base i pilastri compositi poggiano su di un ampiobasamento reso più snello da una modanatura a forma ditoro.

Al centro l’originale cupola sostenuta da un tamburo.forse per motivi statici, è stata sostituita da una crociera asnelli costoloni di stile gotico. (g.p.h.)

III’

— L\BIIJTA

ORTI

FIIME

Interno.

i CAMPANII.E SEC. XV

2 \!O\.SiERO SR:. \1XII1

3 ‘1PI.IA.ME\TI SEC XI\ XV

i CIHESA SEC. XI

ifiCapitelli scolpiti.

Page 66: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

ÌIllhlHllhIII

4,

I

44

4i

ii&1: V

4’

4

4

Giovanni Antonio da Pesaro, Polittico.

+20

Page 67: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

BENI ARTISTICI La chiesa custodisce alcune notevoli pitture sulle quali si impone, per vastità e distinzioneartistica, il polittico di Giovanni Antonio cia Pesaro, Questacomplessa macchina d’altare fu a lungo riferita al pennellodi Antonio da Fabriano, ma da ultimo la critica ne ha giri—stamente riaffermato la paternità in favore del maestropesarese Nel primo registro è dipinta, al centro, la.1[adonna in trono col Bambino. attorniata da quattrosanti:S. Girolamo. S. Benedetto, 5. Steftino e S. Elena.Nella fascia superiore figurano la C,’ocfissione al centro e,nei quattro pannelli laterali, S. Gherardo, S. Pietro, S.l1berto e S. Paolo. Nelle cuspidi: S.Marco, 5. Giovanma, ilRede,itom’e. S. ,llatteo e 5. Luca, I piccoli pannelli ciuadrilo—lii che svettano sopra le guglie. ospitano Cristo nel sepolcro e quattro angeli. Nella predella si vedono effigiate seiStorie della t’era Croce, alle quali va aggiunto il pannellomediano. con 5. Gioi’anni Battista e 5. Giacomo .lfaegiore.di mano diversa e sicuramente veneta. Per un totale cliventisette scomparti.

Pur se privo cli sicuri agganci clocumentari. il grandepulittico si colloca agevolmente nella fase tarda del pittore. tra il settimo e lottavo decennio del secolo XV. Tendono a confermarlo i riflessi cli varia estrazione che l’analisiriesce in quest’opera a ravvisare, che vanno dalla conoscenza dei modi più consueti all’ultima ondata emiliana eromagnola (specie nelle deliziose storiette della preclella ).all’intrigante rapporto con l’ambiente fabrianese. soprattutto con Antonio cIa Fabriano. Altre parti dell’opera alluclo—no c m buona evidenza, a un lento stratificarsi e fondersi

di stilemi timhri e marchigiani. tra Bartolomeo cli Tommaso e il Maestro di Staffolo.

La somma cli così varie e diramate esperienze figurative si condensa in un gergo formale dolce e pausato.curiosamente trasognato e statico, in parte riscattato dallavaria e lussureggiante cromia.

Di grandi dimensioni si qualifica anche la pala cli Pietro Paolo Agabiti. raffigurante 5. Benedetto tra quattroSanti e sei monaci in preghiera. Nella preclella. tre Storiedella m’ud del santo titolare. La tavola, firmata e datata

Il’’’’

Gioi’an,u Antonio da Pesaro, lunetta. .1 tadonna col Bambino.

Pietro Paolo Agabiti, 5, Bemiedetto tra quattro Santi e seimonaci in preghiera.

Artista ,,icirchjciano .VlVsecolo..S’. Benedetto comunica uncom/i”atello.

42.1

Page 68: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

1111111111 1524, costituisce uno dei più alti raggiungimenti toccati

dal pittore, per monumentalità di visione e finitezza esecutiva.

Qui infatti l’Agabiti riesce a liberarsi da quelle pastoieformali che, per buona parte dei casi, lo tenevano relegato

ai margini del popolaresco, coi suoi personaggi traballanti

e attoniti, che l’eleganza e la luminosità del colore non

riuscivano a sollevare dai livelli di un dignitoso, pur sealtissimo, artigianato. Il soggetto, ambientato in un’ampia,pesante architettura, è riportato in un’atmosfera di incana

ta sospensione. E il tutto è riassunto e orchestrato in untono di dignitosissima solennità, che è il merito maggiore

e caratteristico di questo tuttora frainteso e male indagatopittore.

Sulla navata destra, nella seconda cappellina, è unabuona tela del tardo Seicento con 5. Benedetto che comu

nica unconfratelio. Nella parete absidale.sull’altare adestra del maggiore, è una grande tela con la Vergine del

Rosario, S.Benedetio e S. Domenico, ingenua per alcuniaspetti figurativi ma fresca e vivace di colore, di arte marchigiana del 600.

Addossato al fronte dell’altar maggiore è un raropaliotto ligneo del XVII secolo, con un Santo genujlessodinnanzi alla Vergine a all’Eterno e due Santi entro nic

chia. Sulla parete dell’abside sinistra, emergono dall’intonaco tracce di dipinti a fresco del tardo 400. Vi sono effi

giati un frammentario Cristo in croce, un grande, ieratico

5. Benedetto e una lacunosa S. Scolastica. Dai loro moditrapelano generici e svigoriti ricordi fabrianesi.

Un’altra absidiola, che s’apre stavolta sulla navata sinistra, ospita un interessante ciclo di affreschi, legati allacultura artistica fabrianese dell’ultimo Trecento. Vi si leggono, infatti, puntuali riferimenti alla tematica di AllegrettoNuzi, e però riproposti secondo un codice interpretativopiù nisticano e corrivo. Queste Storie di 5. Lorenzo fannoriandare la mente ai riquadri che compongono il notodossale con le Storie di 5. Giovanni Battista, che Francescuccio Ghissi portò a termine per qualche chiesa fabrianese, ma che oggi risultano dispersi in alcuni musei degliStati Uniti. Con ciò, non si vuole affermare un battesimodegli affreschi in favore del Ghissi, ma è certo che con lasua gracile e commossa parlata essi hanno più di unacadenza in comune.

Sul primo pilastro sinistro è affrescato un mezzo bustodi 5. Alberto, di mano assai rustica e prossima a quella cheeseguì il 5. Benedetto dipinto nell’abside sinistra, cui si èsopra accennato.

Degna di attenzione è meritevole anche la bella immagine di 5. Rocco, in terracotta invetriata, situata in una piccola nicchia aperta sulla navata, a sinistra dell’ingresso. Latradizione locale tende a riconoscervi un valido attestatodell’attività plastica di Pietro Paolo Agabiti. Da altri è inve

422

liii IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Arte italiana XVII secolo, Paliotto ligneo. Arte italiana XVII secolo, Santo.

Arte italiana XVII secolo, Santa. Arte italiana XVII secolo, La Vergine, 1 Eterno e SantoOra nte.

Page 69: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

423

lIIiIIIIIIIIiIIIIIIIIIIIII

III’’’’

S. Toni inaso predica diii na nzi a Mido o ia.

.1 rtista /ibrianese XiVsecolo S. Toni niasofri cadere I idolopagano.

A rtista jibrianese XIV secolo, Madonna dell ‘Umiltà.

ce considerato un prodotto della feconda bottega cli Mattia

Della Robbia, eseguito nella seconda meti del XV secolo.

Da segnalare, infine, l’affresco che adorna la lunetta

del portale d’ingresso, con una dolce lladonna col Figlio

tra due angeli alati. Di recente, esso haavuto un riferi

mento, assai fondato, allo stesso Giovanni Antonio da

Pesaro. (g.d.)

Page 70: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

A1 CONFINI NORD ORIENTAH

v

4IPt N4P

Page 71: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

MERGOMtitudine in. 368. Posizione: poggio. Abitanti: 302 (1989).

Su1/ci Iccise della forino ci/i//ca nierago‘ci la/cnn niec/inel a/e ‘nierci ‘. “/nciic ;niliisti-i,c (I)u

Oc’), Oli ,o /caliidos i ciiiche llera,coì. in /OOiiHìii dii/e ‘)?‘O/lìiL’ 1/ i/a/detti ultraicle lui iiidicno i/e/la crisi

1/ ‘ .‘ aiuti (iì’iC’ ‘la c’noia/la e quindi dell opera diI ‘ua/uaz’a i(iule, co/i (cilsecgieiulI iinpa/iidauuenhiL dopo le

‘‘ a a iii /)d i/in ,‘/cbe, la /0mb 1 lerago. 101 iìia ui/ala

t Iuuleou’iitc’ dal/e finiti inedioe, ‘ci/i. esclude le derlici zioi lt’l tu/)iìllifliu dci “inemiis capogatmo ì ccimiiueìu/o di l’i/e

iii aiemL/il,s’’siulemo 1uic’ce/lo chc’p/5q07’o a causa dita/e‘‘I.’u?/c’i’(/lu/ieii/(, eInno/niic’o, /iu)a cia/in cteiìiunci ,/t’/

)H1(o’ il cii//1,cs(ì — di() — ho/i’ en: altro. cjucilo cli «/7-

:111 c’I’icci applicato so/i/cuneate a ulonii /cero,ncili ai

I, i o ‘uiuciiui e cvii /diì’L/dI)nenie di//iio ne/I [tal/a uqk’0)11’ 111cl come lascia supporre la forniti a/testata l’lercinon (casi mliin 1ferac/ii), s/ finirebbe pensare ci liii Urli//luci

oi//ic O) /atjizo ami/is, per cui ,tlemarui,n, tlema/ilnu.7’ ;‘ii/niin. (i cI. I

ER..RJTORIO i, i seti,ijfleflto e l’o’to In Sini,ti’:l tiro—•t»fla ne ‘i le LII inc 1’, 1 a e ‘I cc c’Ole

\‘allenìani om oglia le acque superficiali della iona sud—orientale: I area fl( rd-occidentale b invece da cc ,nsiclerareappartenente al bacino del \lisa in cfuantc) i \ ari torrentellie O issi sI no tributari del l’osso di Colle cli Corte. Il clislivel—lo altimetnco esistente tra il castello di Mergo ed il lettocieli Esii’io e di cia a 200 in; questo l’atto determina unanote ole ac cli\ ita del ersante orientale dal quale Si domina il solco tluv iale dell’Esino dalla gola della Rossa fino aJesi ed ,ltre Situato all’esterno delle dorsali nieSoZOl( he,I abitato giace su un substrato di origine piO opleistocenicacc ‘stituit cia formazu mi prevalentemente arenacee sulle

un li l’eri sf( me operata dall’idrc )gratia su peri iciale ha disegnato un p,ieigggl( molto mossc I e variak . La zona einipiamente utilizzata dal punto di vista agrario a semina—

tivi e vigneti; la distruzione della \ egetazione arborea,presente ancora limitatamente alle aree a maggiore pendenza e lungo i lòssi, ha favorito processi molto intensi cii‘rosione e di dilav amento. (m.r.g.)

LINEAMENTI STORICI Le prime notizie del castellosi 01 issono desumere da I in d cumento del 12’ in cui si

FOPONIMO

liti

Page 72: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

I(’{ (lUI) I )nI 11)1 iii \i LI i 1I’I ‘ In onu UIl,

nr IIIJUIIJINI uì[ ‘rrtoruiì 1i uro uttin,i \krio. h r.int lJ (III r,uui, lUI’ WÌI) UI I (frUlli ro )fl11 rtipri dli

I1IILUU (i ()ILILU(LI (i(’FLUt1L). 1)01)1) (‘PI. 1110(1110 ,L (1TIl.

-FIlI)) (0 ìii0LlÌ/l I 00 10 Li 71k p,LPILI() doi triHuu. upi1 )ILILLLI 1)11011)1 LII) i iii I li Lii,IUULI) rULLIO (101 (Un

S( io 101 o I) I I /11 i iì I(I I) (ILt,l”0 (LI 71 )ILLI1L1 si rL,Lfll*( °IL(I 0 Iii \oIsitJ Il itoI

(1 ‘ll1’LflC o)IU(L1i(f(LC lft’ttdiIlOfllC lP(Jt() I crra, tanto ohoi-I OlI NLLIILO \\I oo ) o Joe I’sploiLImcnte IO I

• oPILLUI, ‘PF 11,151 ({UOsILOUL UOfl (0fltOillp1iltI nolloao 11117 t 1111,101’ J(’1)ll()fl() LttOUCrSi i Il stitUtI de la

l’Oli J)o 1101)11)01 )L)0)ì(rIIft’ 1010011110 01111 lii.

i itii o UIILU1I 1 110 1sia propri) .lero UtiucUr’ induloI l l1L1Ll 1117111 11,L (III)(’11(lOUhui Lii erri. ho noi I,iiLi,L iii L)ILII)( UL1I IIIIsiR’. i i 111.1 Li 1000i1L/il)P1i

ir I I 111111 7/10111 11 Iii (ILOFI), i S5)li0. 10)11117 III O

!k’o LI1IQUIO IL In \ Il1LI I’rUn1enI,Lno od LìoIIìotlo

III I )L1I[i 1,1 PI)LI’1l1i I 111 LIi l kLp). (IF51 ultimi15117 ;)0L ‘1 ‘11,1, 1110ml) ,LILL IL rLì IL’l \V 0’( 1)11) noili

‘1.1 0110 I liii li, Ul.I!IP •Il l1RliPl1tl) ,I1LL fIlo OLIOo tiol k’LI,nl 5 i i iJLi i ioiiiI I 1Lp1/I0Ik’ Ui

I l1I( (III) \ liii i o u1L )L(’ di (i 1li. uiul I I — i lPi4LLLLi ((111

.1 kIiI IILILI O so ‘I)’ iii i7I i nuditi 171111 PIIS1LPIILIiII1(’.

In Li 1,11 1 i 1, li j) i Lii ( l IL inno il j) LIII ,ilLi ti Ui il,L IL) L/”Ui0 li \k 117)0 (Li 0FF i O Li sui

i IL/Io )11l’ °I1 PLI I) l( 1. i 0 1111111111 LI LII 11)) ‘11111 i li OLI )I

iL I(l1’I,I lii i ROtti 011111) il (,LS1(’IIW iii 1170110 i (LIIIl) 001011 li i o U)( \Ii kI .1 7 )OL 0)0 1’

IL’ ‘iI:L(LLI,I Li “oli/UI, Lo ‘‘ns)’ OLIO) i \I’rini, o)I 1 III -I 111(1111 111151 LI 117. U’21 lii I I iiili LI UI Il

okl I i., ‘i. o I , I - i O o

,SSETrO URBAMSTICO i Ho I’ Il 1 11W Lo O IL

I’. ) , 1 ‘1/ LI’) I Il oLp,IltO i SI LII i I i 1110. (‘IL

or, I -i-i 1I1/:LLILI)’HO

i i il Il il 1’ I ‘I 7 0)

I 1 iI I I I Il’ li IL’ III 17 1 lI i il iii So ho I

I ,‘ I 0, III’ oL ‘i’ :111 1 ‘ i, III,’ 0)‘‘,

,II1 I/L,’’ Il

i il i I’ 5< 7 I I i (l’OLI 11,1 5 Il i 1 s III’’

i i I ‘I’ i I I I’ ho 71

I ,, (i I I “ (I i I’ ‘ 171 1’ I si 171

I “I I i ‘1 LIII 17 i ) i I i” ( I ,osI 1 .1(11101 I)

o, 10 I ‘,, ‘I .11 ,il)I I III I ,‘ oo.

1 ‘1 101(1 17 1 ‘S)\ (I I o’’ Il 1 Io I ‘1 1 Li Ii li I <‘II,L i 110,1 ‘oslo’ (III 20),’ Li i ,iop,i Li’ o

I o F°7’l i ‘I ;,LI,’ ‘010,’ 1 I’ i’)” il’’ i1’ It’”’’’ìI’, 00)1 01.L’o i 11,1 ‘ LI torno,

‘111 I ‘IUi,Lil) O ‘IO Lfi.l’ I i i o •I 1010l’OSSI 01,1 LIiIO’ I’hlsPUII° .1 I olsl,I I 1)171110

I lI 1111 lI ,Il i(lI,I ,L lì 1)111.

.11L1)LoL,LIIPILIF IO/nIlO (1.11) 17,1 ifl 1’ LLLrlolI I iO/il I. ‘lIti l’hill LII Li\ 01 SI 17(iLii i ri,itlo 017111710-liii loI1i I LUI lo 101111’ iI(’1711 ori17lnlìrl tl’I(( liti i 170,

711 11 110,1 ‘ IL Il I , 17rI1t,L LI -\ °LUf’iìI 51111711 O so

I’O)’PSUj di’ti’fic0lfo

Il 11101/117 i/i (lO (5501

Page 73: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IllIllIlIl’

e ( i trasferita tuori del castello, add )ssandosi in partealla cinta murata ed fi Pfl’t(( disponendisi cile sueinniediate vIcinanze. ,inclw con recenti edifici di puattroinclue piani clic mutano irriinediahilmente il rapporto

spaziale tra il castello cd il paesaggio circostante.I maiìrifatti edilizi del tipo i s biera si caratterizzano

per un interessante paramento di tacciata realizzato conpietra arenaria e con alternanza di file di conci grandion tile più soiiili.

sul punto somnutale del poggio uincr’ae la clìiea piri’ )ccIiIale, (ichi mando alla memoria situazioni spazialiiroanc tipiche della ur’aanizzazl ne nornianna d alo netiadine siuljane

a (‘nuiguia/ione (lei essIlo iirhano a ca(( hier,icon le trcite le iilcciecvali te i di[tercnti

I 1c tlliiiutriclie clic (ilsponm ne e cliicie (iellaai i a’ i nate i c Il di I’ e’ l( ‘III (il ‘t( I (I—iiik ((I in m,ci,) riiallelo su nelle cidciìl de. i

(e i>ii una a lI i’aia cs ai pia e I iìi ri [a il iìa

inra s iI iuardia cd un add gallo ‘aiiiro, essendo

aggionier ito lnr ora oiiìogeneo nella oig luI//azionei i! isti( i meclioe ilc; un i ioie Intiro (de li i \ alcnza

I lidi Olio dl iflsienic piuttosto clic in piiiicolaii iiiicrli/e ud liitcttona hc. (g.). >

cp‘

/ 4V

4

llfxnnerin iI1tL-1Ilfl.

\1

I t\O o

liii sli a ti i i

e i

io

Page 74: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

La chiesa parrocchiale, dedicata aS. Lorenzo, conserva sulla parete destra della navata unatela con la Madonna del Rosario attorniata da angeli e. inbasso, S. Domenico e S. Caterina da Siena. Nel fondo, aguisa di quinta, si accalca la folla delle “devote animucce”,tra le quali si distingue la coppia dei committenti, abbigliati di tutto punto.Nessun dubbio sulla paternità del quadro, che spettaall’arceviese Ercole Ramazzani, fecondo facitore di temidevozionali in questa banda della Marca. Molto simile, perschema compositivo, agli analoghi soggetti già visti aCastiglioni. a Coldellanoce e a San Lorenzo in Campo, latela qui esposta si impone per una più densa e smagliantetavolozza, sulla quale l’autore sembra particolarmentesolerte a versare toni vellutati e bluastri, ingentiliti dall’usocostante di biacche e di teneri rosa. Ne scaturisceunopera di esteriore ma sicura eleganza, qua e là impreziosita da godevoli inserti, quali i messali aperti ai piedidei santi e la pioggia di rose e dì gigli che costella il prato,di lottesca memoria.

In virtù della spinta emulativa mostrata dall’artista permoduli e forme divulgati in precedenza con instancabiledovizia, il dipinto tende a qualificarsi come un prodottodella sua tarda maturità, databile agli estremi decenni delXVI secolo, forse entro gli anni Ottanta.(g.d.)

lI1ll1IlIlllll

Ercole Ramazzani, Madonna del Rosario, Chiesaparrocchiale.

430

IINIINIIIIIIIIIIIIINIII

Page 75: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

isi4i1jiøi ‘i

Altitudine m. 380. Posizione: poggio. AbitantI: 223 (1989).

Le forme più antiche tramandate dai

documenti, Rosorium, Rasorium, Rosoro, Rasoro. farebbe

ro pensare ai tardo “rasorium” (dal latino parlato “rasa

re”, Connesso COfl “radere’) ad indicare luogo ove qualco

sa è stato raso. oppure più semplicemente, la natura brul

la e spoglia del sito (il suffisso -orio indica talora un

luogo). A tal proposito non è inutile ricordare l’antica

signijìcazione del participio ‘raso “, “campagna rasa “, nel

senso di spoglia di boschi.Le varianti Rosoni e Roserium, più vicine alJìtonimo

rosa “, potrebbero essere adattamenti dovuti afi4sa etimo

logia popolare. (i.q.)

E’ posta sulle colline che delimitano in

sinistra idrografica l’alveo dell’Esino nel punto in cui la

velocità della corrente diminuisce notevolmente; di conse

guenza i processi di sedimentazione prevalgono su quelli

erosivi e la valle fluviale inizia a questo livello ad ampliar

si originando la bassa pianura alluvionale. La notevole

acclività del versante orientale (il dislivello altimetrico è di

circa 250 m) consente un’ampia visuale sulle colline ester

ne fino quasi all’Adriatico. La zona nord-occidentale è

invece interessata da una serie di rilievi non molto elevati

ma ben individuati dai ruscellamenti delle acque superfi

ciali che più a nord dei Pratelli di Rosora sono tributari del

bacino del Misa.Il castello vero e proprio sorge al centro di un’area a

struttura prevalentemente arenacea di origine plio-pleisto

cenica, delimitata ad est dai depositi alluvionali che hanno

dato origine al terrazzo strapiombante quasi sull’Esino.

L’utilizzazione antropica del territorio, che risale a tempi

molto lontani, ha determinato la quasi completa scompar

sa della vegetazione originaria; in tempi recenti le coltiva

zioni intensive a vigneti ed ortaggi ed una cerealicoltura

estensiva hanno cancellato anche le ultime tracce della

copertura arborea. (m.r.g.)

La sua origine potrebbe risa

lire ad età altomedioevale, forse ai Longobardi, che in

questa zona conoscono la loro massima espansione nei

confronti dei territori controllati dai Bizantini, occupando

per qualche tempo anche la vicina Jesi. Il: castello, entrato 4

a far parte dei domini dell’abbazia di S.Elena, viene nel

1180 menzionato in un documento in cui Guglielmo e

Guarnero, rispettivamente priore e preposto del monaste

ro di S. Elena, donano l’abbazia con tutti i suoi beni

all’eremo di Camaldoli: tra i sottoscrittori del documento

c’è appunto un “Paganello de Rosora”, oramai £divenuta

“castrum”, e sul “pantanum in piano Rasorii et Sesciani

(=Scisciano); tale Santanum” era forse una zona limac

ciosa e paludosa, nei pressi del fiume. In età comunale il

castello passa sotto il controllo di Jesi, anche se nel corso

del XIII secolo, oramai divenuto comune, gode di una

certa autonomia dalla potente vicina. Più frequenti riferi

i31

lIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 76: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

Ij menti al “castrum” si hanno nel secolo successivo, quando a Jesi comincia ad affermarsi la potente famiglia deiSimonetti, in particolare Lomo, che nel giro dei alcunianni rinsalda il suo dominio su Jesi e sul contado, conquistando persino Serra San Quirico. Il figlio di Lomo, Manetto, nel 1337, come si può sapere da una relazione “sullostato della Marca Anconitana” redatta da Giovanni daPereira per conto di Benedetto XII, “occupavit cum quibusdam malandrinis castrum Rosori”. Nell’energica azione di riconquista dello Jesino al dominio della Chiesa condotta dal rettore della Marca all’inizio del 1341, Rosorarimane l’unico centro di resistenza di Lomo, finchèquest’ultimo riesce a sbaragliare le truppe inviategli controdal rettore stesso e guidate da Dalmazzino di Quagliano.Negli anni successivi Rosora torna sotto la stabile giurisdizione di Jesi, che provvede al completamento delle muranel periodo in cui le milizie di Braccio di Montone imperversàno nel contado e a Jesi, il castello rimane costantemente fedele anche durante l’occupazione del territorioiesino da parte di Francesco Maria della Rovere, duca diUrbino, nel 1517.

All’inizio del XVI secolo Rosora fa parte dello “Stato dijesi” e figura, con altri castelli dalla valle, in posizionesubalterna rispetto alla città dominante ed è sempre sottoposta al gravoso pagamento di tributi, di taglie e di imposte.

Nel suo territorio operano le Confraternite di S. Lucia edella Morte o dei Poveri, dedite ad opere di misericordia,il Monte Frumentario (che nel 1549 dispone di 17 salme digrano) e il pubblico molino, di cui si servono anche gliabitanti dei castelli vicini. A questo proposito si può ricordare che la necessità di reperire nuove terre arative e diricavare guadagni dalla vendita di legname provoca lalenta scomparsa della “Tassanaria” tra Poggio S. Marcello,Montecarotto e Rosora. così come era accaduto per leselve di Castagnola, Sterpara ed altre disseminate nellaVallesina.

Rosora partecipa al mantenimento del contingentefisso di soldati comunali con 7 uomini, numero stabilitocon ordinanza del 1623, emanata dal Governatore di Jesi;dispone di un Consiglio Generale di Castello formato di24 Consiglieri. di magistrature proprie, di un capitano e diun sigillo con stemma o arme (regolarmente depositatonella Cancelleria Priorale del Comune di Jesi) raffiguranteSan Michele Arcangelo con l’asta nella mano destra, cheva a colpire un demonio sotto i piedi, e nell’altra manouna bilancia,

Dai pochi dati demografici disponibili si ricava che nel149 Rosora conta 929 abitanti; nel l97 la popolazioneaumenta e passa a 1.025 unità. E’ questo un fattore positivo che all’inizio del XJX secolo spinge la piccola comunitàa svincolarsi dal Comune di Jesi con il quale le conteseamministrative sono piuttosto frequenti. Di questa volontàautonomistica e della fierezza di comportamento si hariscontro durante la festa di San Floriano del 4 maggio1803, quando il castello non si presenta ad offrire il Palioe a rendere omaggio a Jesi. Vi sarà costretto il 29 dellostesso mese dal Magistrato cittadino. Ma il gran rifiuto siripete nel 1807. Poi con il nuovo assetto territoriale delleMarche imposto da Napoleone, Rosora è aggregata come

comune al distretto di Jesi, dipartimento del Metauro. Infine sarà riconosciuto Comune appodiato e poi con lUnitàotterrà definitivamente la completa autonomia. (i.q.)

Il castello è un nucleo dipoggio che proietta la sua influenza strategica lungo lamedia vallata dell’Esino; il tessuto urbano è del tipo ascacchiera con ampi spazi tra i manufatti edilizi, costruiticon tipologia a schiera, e la cinta muraria.

Sul lato orientale la fortificazione difensiva addossataallo scoglio naturale si presenta possente, edificata inconci ben squadrati di pietra arenaria con un forte basamento a scarpa; lungo il perimetro interno corre unpomerio che in alcune parti si amplia fino a formare slarghi non edificati, mentre in prossimità dell’antica porta delcastello si restringe fino a passare al di sotto degli edificiattraverso un camminamento coperto da volta a botte.

L’ingresso, per arrivare al quale si deve salire lungouna doppia, ripida rampa che fiancheggia le mura, è protetto da un fabbricato, forse una torre successivamentemozzata, che poggia su un’ampia volta a botte ribassata;sull’arco della porta, realizzato a tutto sesto ed in cotto,sono ancora visibili i cardini che sostenevano i possentibattenti.

Nella parte superiore dell’edificio è situato il posto diguardia, forse munito di difesa piombante; nel corso deltempo al manufatto originale risalente al XIII secolo sonostati apportati notevoli restauri, che hanno riguardato

32

L’ingresso.

IlltHlIIIIIIIlIIIII(ItIII

Page 77: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

soprattutto l’arco a tutto sesto, a voler giudicare dallaforma e dai materiali usati, caratteristici dei secoli XV eXVI. Nel lato occidentale dell’insediamento, dove le difesenaturali sono quasi inesistenti, si erge un possente tornone cilindrico in conci squadrati di pietra arenaria, con

11111111111

I ORTOFOTOCARTA

433

Page 78: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

basamento a scarpa ornato da una leggera modanatura aforma di toro, sormontata da un motivo ornamentale geometrico prodotto dalla sovrapposizione di elementi sporgenti in bassorilievo che configurano un triangolo rovesciato dentellato, particolare assai interessante in quantoespressione di un gusto nordico-longobardo.

Tutta la struttura constituisce il perno sul quale ruota lacomposizione volumetrica del maschio che internamentesi presenta con una parete curva ad accompagnare il tracciato del pomerio, che in quel punto incontra l’ampiapiazza antistante il palazzo.

Sicuramente il torrione è stato successivamente mozzato e rozzamente ricoperto da una falda spiovente conmanto in coppi, mentre ulteriori manomissioni, soprattuttonelle bucature, ne hanno deturpato l’insieme; con ogniprobabilità questo costituisce il nucleo più antico delcastello, formato da un palazzo fortificato con al vertice lagrande torre di avvistamento e di difesa e protetto, sul latooccidentale, dalle mura e dal fossato e, su quello orientale, dalle munite ed inaccessibili difese naturali che in origine saranno state quasi sicuramente esaltate, tagliando loscoglio arenaceo per rendere più strapiombanti le scarpate.

Una successiva espansione addossata al lato meridionale si configura come borgo murato, dal quale emergonoi volumi dell’abside e del campanile della chiesa parrocchiale.

A fianco della attuale rampa che conduce al castello sipuò notare, ricavato sotto gli edifici, un singolare passaggio che, con volta a botte e due archi a tutto sesto incotto, si apre sulla via del borgo, per accedere al qualeera anticamente necessario superare questa porta, mentreil lato opposto era occupato dai fossato.

Ora purtroppo vecchie e nuove costruzioni si sonoaddossate alle mura castellane, modificando irrimediabilmente l’aspetto dell’insediamento soprattutto nel lato cheè rivolto verso la vallata dell’Esino. (g.p.b.)

BENL4RflSflQ Oltre a un im idiabile patrimonioplastico.cui si farà cerino più avanti, la chiesa parrocchialeannovera tra le varie testimonianze d’arte e di fede, unatela cinquecentesca, raffigurante S. Giovannino. Di buonamano, essa potrebbe costituire un prezioso riferimento

all’opera del raro Andrea da Jesi, coi modi del quale sembra spartire talune corrispondenze formali. Il giovanesanto è colto in un gesto dinamico, piegato verso la suadestra nell’atto di attingere alla fonte con una bacinella.Un ampio manto rosso ne avvolge tutta intorno la guizzante figura. Da destra sporge nel campo visivo il sacra-mentale agnellino. Nel fondo, oltre il cupo sperone roccioso, si apre una veduta di paese, dove una turrita abbazia staglia il suo profilo.

Un’opera intrigante e ricca di non pochi meriti figurativi, s’è detto, che consente una lettura in chiave tardo-raffaellesca, nutrita di succhi lotteschi nel vigore tonale e dispigliate desinenze nella resa anatomica del soggetto.Tutte prerogative che lasciano intendere come il suo autore affondi la propria cultura figurativa bene addentro aifatti che avevano caratterizzato la pittura marchigianaprima della metà del Cinquecento.

Tra i quali, nello specifico caso di Andrea da Jesi, nonsono da sottacere gli insistenti rimandi a quel GiulianoPresutti da Fano, che fu attivo a lungo, e a più riprese,nella stessa Jesi.

Sè accennato al fatto che nella chiesa sono conservatialcuni esemplari di sculture lignee degni di considerazione.A cominciare da un vigoroso e drammatico Crocifisso seicentesco, dall’anatomia indagata e risolta con grande acumestilistico. Nella prima cappella destra è invece un possentegruppo raffigurante la Vergine col Figlio assiso in grembo, disapore spiccatamente tardo barocco, ma con stilemi cheaffondano il ricordo in più tenaci arcaismi.(g.d.)

La struttura difensiva, lato Ovest.

Andrea daJesi (?), S. Giovanni Battista.

+34

Page 79: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

Altitudine m. 348. Posizione: poggio. Abitanti: 115 (1989).

:1

Dal latino ‘saxum” o dagli antroponimiSassius o Saxo, rispettivamente latino e germanico. (i.g.)

Localizzata su una piccola anticlinaledelimitata a SW dal fosso Venella ed a NE dal torrente Esinante, è sita in posizione elevata e, data la notevole acclività del versante, domina la bassa valle dell’Esino; in vistadi Serra San Quirico, Mergo e Rosora sul versante opposto, è posta lungo l’asse ideale che collega i castelli dellependici orientali del San Vicino (Rotorscio, Domo, Precicchie) con la zona collinare a valle della gola della Rossa.

Il terreno è geologicamente giovane dato che è costituito da depositi pliocenici come, del resto, tutta la zonadi passaggio tra le dorsali calcaree e le colline esterne.

L’area è diffusamente coltivata a seminativi fatta eccezione per le zone a maggiore pendenza nelle quali sonoancora presenti piccoli boschi a roverella molto degradati,retaggio della originaria copertura vegetale la cui distruzione ha accentuato, particolarmente nella parte orientale,processi di erosione accelerata. (m.r.g.)

Dal Colucci si ricavano leprime notizie circa l’insediamento che nel 1230, quando siaggrega a Jesi, è già strutturato in castello.

Nel 1260 viene stipulato un successivo atto di aggrega‘ione a Serra San Quirico che amplia così la propria giurisdizione su tutta l’area di pertinenza del castello, che siestende alla corte ed alle ville comprese nel territorioposto tra il castellare di Rotorscio, il torrente Esinante, ilfiume Esino ed il territorio della stessa Serra San Quirico.

Sasso accetta di essere governato secòndo le leggivigenti nel vicino comune che, a sua volta, promette dimettere a disposizione ampi spazi all’interno della città onelle immediate vicinanze per la costruzione di un interoborgo con case ed orti ad esclusivo beneficio dei nuovicittadini, impegnandosi, qualora non sia possibile costruire entro il circuito murario, a dotare le abitazioni di nuovemura entro cinque anni.

Gli abitanti di Sasso che si trasferiranno nella cittàavranno inoltre diritto all’esenzione di ogni tassa e tributi,eccettuato il palio e le spese per l’esercito, per dieci annie godranno degli stessi diritti degli abitanti di Serra sulle

4351111111 Hill,, 111111111111

Page 80: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

1111111111 terre pubbliche e comunali poste sulle montagne. Entrambe le popolazioni si obbligano a costruire un nuovo pontesull’ Esino ed a rifare la strada di collegamento tra i duenuclei. Dopo alcuni giorni l’atto viene ratificato da tutti gli80 capofamiglia di Sasso che si recano nella sede delcomune per il giuramento solenne e per la sottoscrizionedell’impegno di fedeltà:

Otto anni più tardi, nel 1268, Serra San Quirico acquista per 500 libbre di denari ravennati e anconitani ognidiritto sul castello e sugli abitanti; i venditori sono Simonetto di Ranieri e la consorte Risabella, entrambi di Jesi.

Per i secoli successivi le notizie sono assai scarse; ilnucleo fa parte integrante del territorio di Serra San Quirico, che vi costruisce una fortezza, la casa del capitano,restaurata più volte nel corso dei secoli e distrutta dal terremoto del 1741; sul finire dell’Ottocento ne erano ancoravisibili Lruderi.

La popolazione, dedita alla pastorizia ed alla fabbricazione della polvere pirica, ammonta a 415 abitanti nel1809, sale poi a 450 unità nel 1827, a 635 nel 1880 ed a669 nel censimento del 1882. (n.l.)

Nessuna traccia rimanedell’antico insediamento fortificato di Sasso.

La lettura della mappa gregoriana del 1814 dà modo diriconoscere nel nucleo un castello di poggio tangente aSud con la viabilità principale che collega l’Esino conl’entroterra e che, per probabile analogia con il vicinocastello di Domo, ha un’unica porta anch’essa rivolta aSud. La strada, che nella mappa forma un anello, indicacon buona approssimazione il tracciato del vallato checingeva anticamente le mura castellane. poi trasformato incirconvallazione.

Già nel 1814, a causa del terremoto del 1741 e dellasuccessiva demolizione dell’edificato per il recupero delmateriale edilizio, non rimanevano dell’intero nucleo fortificato che tre abitazioni ed una strada interna che dallaporta attraversava il castello. (av.)

ORTOFOTOCARTA

cp

1

VIABILITÀ

MURA DI CINTA

i PORTA

BORGO MURATO

BORGO ESTERNO

FOSSO

ORTI

PIANTA

SEZIONE

436

IIIIIIIIIIIIIIIIIIIItIIIII

Page 81: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

TE$$41I4 E’ posta immediatamente a valle dellagola della Rossa, all’inizio della pianura alluvionale esterna dell’Esino. La zona è particolarmente ricca di acque; unpò più a nord il torrente Esinante influisce nell’Esino chescorre poco lontano, nella parte occidentale, e dal qualecanali di derivazione, che originano dopo la confluenzacon il fosso della Grotta, sono interrotti da briglie e daprese; la sorgente di Gorgo Vivo ed altre di subalveo rimprnguano il fiume tanto che l’alveo non rimane mai asciutto.

La zona sulla quale sorge l’abbazia è costituita dadepositi alluvionali recenti; le aree circostanti sonoanch’esse di origine sedimentaria ma di derivazione marina e più antiche, probabilmente eoceniche, dato che sonoinclusi in esse banchi di sabbia argillosa coperti di arena-ne.

Tutta l’area è interessata da coltivazioni intensive orticole ed estensive cerealicole e foraggere; niente, o quasi,

(m.r.g.)

Secondo gli storici l’abbazia di 5. Elena è stata fondata da S. Romualdo all’inizio delsecolo XI. Tuttavia l’unico fondamento di tale affermazio-.ne è un passo della Vita del Santo, nel quale il biografo S.1Pier Damiani scrive che 5. Romualdo, prima della sua partenza per la missione in Ungheria, avvenuta nel 1010,erige un monastero “presso il fiume Esino” (cap. 39). Ladata della fondazione di 5. Elena, secondo il Pierucci, vacollocata tra il 1009 e ìl 1010.

Probabilmente anche le origini di 5, Elena, al pari diquelle di altre abbazie della zona, sono feudali: lo si arguisce dalla presenza di”patroni”, che si ingeriscono negliaffari del monastero. I patroni sono i signori del luogo(domini locfi, di origine longobarda, i quali rendono possibile con donazioni di terre, ville, castelli e chiese e conla loro protezione, il sostentamento e lo sviluppo della

TØ Dal nome della madre di Costantino e rimane della vegetazione originaria che doveva esseremoglie di Costanzo. (i.q.) costituita, dato il piano altitudinale, da querceti di roverel

la e, lungo il corso dei fiumi, da pioppeti e saliceti.

f37

Page 82: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

prima comunità monastica insediatasi nell’abbazia.S. Elena, ubicata ai confini del comitato e della diocesi

di Camerino, raggiunge ben presto un notevole sviluppoeconomico, sociale e religioso, con estesi possedimenti suuna vasta zona che abbraccia i territori dì Jesi, Serra SanQuirico, Fabriano, Osimo, Senigallia e Camerino. Secondoil privilegio con cui Innocenzo III il 20 marzo 1199 ponel’abbazia e le sue dipendenze sotto la protezione dellaSede Apostolica, 5. Elena possiede 42 chiese (S. Giovanni,5. Pietro e 5. Michele di Rosora, 5. Fabiano di Scisciano, 5.Pietro di Carpineto, 5. Lorenzo di Mergo, la canonica di 5.Angelo del Pino a Serra San Quirico, la canonica di 5.Benedetto di Frondigliosi a Castelplanio), 3 ville e alcunicastelli, fra i quali Castiglioni, la metà di quello di Scisciano e la quarta parte di quello di Sasso, ceduta, quest’ultima al comune di Serra 5, Quirico nel 1260. Inoltre l’abbazia ha vassalli e possedimenti in Massaccio, Mergo, PoggioCupro e Rosora, un palazzo e tre case a Jesi e altri beni.L’elenco di tali proprietà costituisce una testimonianzapreziosa per delineare il quadro degli insediamenti attornoai quali ruotava la vita associativa della zona, nei suoimolteplici aspetti religiosi, economici e politici, nellaseconda metà del secolo XII.

Sui vassalli (in un catasto del comune di Jesi della finedel secolo XIII sono elencati 49 capifamiglia dipendenti da5. Elena nel territorio jesino) l’abate esercita giurisdizionecivile e penale.

Nel 1250 dodici uomini del castello di Scisciano giurano dinanzi a Bertolo da Foligno, giudice e assessore delcomune di Jesi, di essere vassalli del monastero di 5.Elena e come tali di essere tenuti ai servizi usuali e obbligatori e alla consegna all’abate di un “membro” di carne edi 4 focacce nella festa di S. Stefano protomartire.

Da un atto di quietanza rilasciato dal massaro Florianodi Gozo al sindaco di 5. Elena nel 1286, risulta che l’abbazia paga annualmente al comune di Jesi, secondo il convenuto, 10 soldi ravennati e anconetani per ognuno deidodici vassalli di Scisciano. Altre quietanze per gli uominidi Scisciano sono conservate per gli anni 1304 (6 libbre),1307 (6 libbre), 1329 (10 libbre), 1333 (7 libbre di denaripiccoli), 1342 (6 libbre e 10 soldi), 1361 (9 libbre di denariveneziani).

Allo scopo di eliminare le ingerenze dei signori laici,nel luglio 1180 il priore Guglielmo con il consenso deiconfratelli e dei patroni unisce l’abbazia alla Congregazione Camaldolese. sottomettendola all’eremo di 5. Salvatoredi Camaldoli nella persona del priore Rodolfo III, elettoun mese dopo vescovo di Ancona. L’aggregazione vieneconfermata da Lucio III nel 1183. I monaci di 5. Elenadevono riconoscere l’autorità del priore di Camaldoli, chefunge anche da priore generale della CongregazioneCamaldolese, e sono costretti ad accettare l’abito, le costituzioni e le consuetudini monastiche camaldolesi. Il prioredi Camaldoli, tuttavia, nell’atto del 1180 si impegna a nonsottoporre 5. Elena ad altra chiesa o monastero e a nonalienarne i beni senza il consenso della comunità e deipatroni, i quali avrebbero difeso i diritti dell’abbazia sotto

pena di 50 libbre d’oro e l’esclusione dal regno di Dio alpari di Giuda il traditore.

L’aggregazione a Camaldoli comporta l’esenzione di S.

Elena dalla giurisdizione del vescovo diocesano, che inantecedenza aveva il diritto di confermare e benedire (e,se necessario, anche rimuovere) l’abate eletto dalla comunità, di visitare il monastero e di correggere gli abusi, dicomminare l’interdetto, di esigere tributi, di’procedere alleordinazioni dei monaci. L’unione di S. Elena alla Congregazione Camaldolese è perciò all’origine di un’aspra controversia tra Martino, priore di Camaldoli, e Nicola, abatedi 5. Elena, da una parte, e Atto, vescovo di Camerino,dall’altra. Entrambe le parti ricorrono alla Sede Apostolica.Celestino III delega a dirimere la lite Giordano, vescovo diNumana, il quale nel 1195 impone ai contendenti un compromesso, più favorevole però al vescovo diocesano cheal priore di Camaldoli. Il presule camerte riesce a conservare quasi tutti i diritti precedenti, mentre il priore diCamaldoli deve accontentarsi della facoltà di rimuoverel’abate, qualora lo ritenesse opportuno e previa informazione al vescovo.

Un’altra lite, conclusasi nel 1192, deve sostenere ilpriore di Camaldoli con Berardo, vescovo di Ancona, cheavanza delle pretese su alcuni beni di 5. Elena.

E’ certamente in seguito a tali controversie che l’abateNicola nel 1199 chiede ed ottiene da Innocenzo III per lasua comunità, dove si praticano “la regola di 5. Benedettoe le consuetudini camaldolesi”, la protezione della SedeApostolica. Da quel momento ha inizio il periodo di maggiore splendore dell’abbazia (secoli XIII-XIV).

Nell’agosto 1212, al tempo dell’abate Alberto, i vescovidi Camerino, Ancona, Senigallia, Fano e Jesi, alla presenzadel priore di Camaldoli consacrano l’attuale chiesa di 5.Elena.

Nella prima metà del Duecento la comunità monasticasi trova coinvolta nella lotta tra Gregorio IX (1227-1241) eFederico Il, incoronato imperatore da Onorio III nel 1220.Nell’ottobre 1228, in seguito alla scomunica inflitta dalpapa a Federico Il per aver interrotto arbitrariamente lacrociata più volte promessa per la riconquista di Gerusalemme, le truppe imperiali fanno irruzione nella Marcad’Ancona. Il vicario imperiale Benvenuto si reca personalmente a 5. Elena e, convocati i monaci, ordina loro di prestare giuramento di fedeltà a Federico Il. Abate e comunità accondiscendono “pro bono pacis”.

Dopo prolungate trattative, nel 1230 viene stipulata trapapa e imperatore la pace di S. Germano: Federico Ilottiene l’assoluzione dalla scomunica, ma deve rinunciarealla Marca e promettere alla curia romana il risarcimentodei danni.

Nel 1239, in seguito a ripetutè violazioni dei dirittidella Chiesa, Federico Il è nuovamente scomunicato daGregorio IX. Le città della Marca, divise, parteggiano o peril papa o per l’imperatore. Nel 1243 Benedetto, abate di S.Elena, accetta la carica di console e rettore del castello diMassaccio (oggi Cupramontana), nonostante che gli abitanti siano colpiti da interdetto per essersi schierati conFederico Il.

Nel 1244 Guido, priore di Camaldoli, invia a 5. ElenaUberto, abate di 5. Maria di Adelmo presso Volterra, inqualità di visitatore e riformatore. Gli atti della visita permettono di avere un quadro dello stato morale e materialedel monastero in quegli anni turbinosi. La vita regolare

438

Page 83: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

non risulta pregiudicata da particolari abusi: i 5 religiosi

della comunità (l’abate Benedetto e i monaci Biagio, Bar

tolo, Angelo e Simone) praticano la povertà e la castità e

svolgono bene i propri uffici; le entrate sono sufficienti,

anche se l’abbazia ha dei debiti con alcune persone per

165 libbre e 52 soldi ravennati e anconetani. Che le rendi

te dell’abbazia nel secolo XIII siano discrete è comprovato

dal fatto che nel 1299 il monaco Gregorio, cappellano di

S. Lorenzo di Rotorscio e procuratore di 5. Elena, versa 19

libbre e 10 soldi ai collettori della decima imposta da

Bonifacio VIII per recuperare la Sicilia alla Chiesa.

Nel 1260 l’abate Angelo è scelto come arbitro nella

controversia tra il monastero di S, Vittore delle Chiuse e

quello di S. Savino di Jesi per il possesso della chiesa, e

relativi beni, di 5. Pietro di Lappurano (ai confini tra Pie

rosara e Avacelli). Il compromesso proposto dall’abate di

5. Elena viene accettato da entrambe le parti.

Notevole è il prestigio degli abati di S. Elena anche

all’interno della Congregazione camaldolese se nel 1263

l’abate Angelo viene eletto dal capitolo generale, riunito

nel monastero di 5. Maria di Urano in diocesi di Forlimpo

poli, fra i nove compromissari incaricati della scelta del

nuovo priore generale. E nel 1315 l’abate Bonaventura da

Fano è chiamato addirittura a ricoprire la suprema carica

dell’Ordine.I contrasti interni verificatisi nella prima metà del Tre

cento, le indebite ingerenze della nobile famiglia dei

Simonetti di Jesi nella vita della comunità, il diminuito

numero dei monaci e altri motivi che ci sfuggono sono

all’origine della decadenza spirituale dell’abbazia, che

d’altro canto incrementa sempre di più il proprio patrimo

nio. Nel capitolo generale del 1351, infatti, S. Elena è elen

cata al quarto posto tra i monasteri “maggiori” della Con

gregazione Camaldolese; la distinzione in maggiori,

mediocri e minori, è fatta, appunto, non in base al nume

ro dei monaci o alla pratica della vita regolare, ma ai beni

posseduti, per una più equa suddivisione delle tasse da

corrispondere per le spese comuni.

L’obbligo di tenere costantemente affisso alla porta del

palazzo comunale e del cassero di Serra S. Quirico lo

stemma dell’abate di 5. Elena, attestato nel secolo XIV,

conferma il prestigio politico dei superiori del monastero,

ormai ridotti al rango di signori feudali. Forse gli abati di

5. Elena hanno esercitato anche qualche diritto di giurisdi

zione sul comune di Serra 5. Quirico, che nel 1289 cede al

monastero una parte della piazza mèrcatale, dove i mona

ci costruiscono la chiesa di 5. Maria del Mercato. Le auto

rità comunali, poi, ogni anno il 3 maggio, festa della 5.

Croce, si recavano con grande pompa a 5. Elena con un

drappello di militi per presiedere alla festa e alla fiera che

si svolgeva presso l’abbazia e per offrire doni alla chiesa.

Nel 1368 l’amministrazione comunale paga a titolo di sala

rio ai militi che hanno l’incarico di mantenere l’ordine

durante la festa 3 soldi e 6 denari, più 6 anconetani (21

soldi) per tre capretti, 22 soldi e 8 denari per un castrato e

50 soldi per una salma di vino (circa litri 70) e per il vitto.

Alla fine del Trecento a 5. Elena, priva di cura d’anime,

è rimasto solo l’abate che amministra i beni e gode le ric

che rendite del cenobio.In occasione della visita canonica del 1407, l’abate Gio

vanni, della nobile e potente famiglia fabrianese dei Chia

velli che esercita la propria influenza anche sugli enti

ecclesiastici facendo indossare la tonaca ad alcuni dei pro

pri membri, dichiara di avere con sé solo quattro familiari

secolari; la preghiera liturgica è ridotta al solo vespro nelle

principali festività; le suppellettili sacre (due calici con

coppe d’argento, un messale grande, paramenti ecc.) si

trovano nel castello di Poggio Cupro in casa del fattore

del monastero.Nel 1434 la comunità di 5. Elena è formata dall’abate

Federico Mattei da Filottrano (che ha 43 anni e si è fatto

camaldolese in tenerà età, a 13 anni), da un converso, di

nome Saulo, e da due servi: Alessio e Francesco.

Dagli atti della visita, condotta dal priore generale Pie

tro Delfino in tutti i monasteri camaldolesi nel 1481, risulta

che l’abate Angelo da Cingoli ha lasciato il monastero e

risiede con tre ragazzi aspiranti alla vita monastica in una

casa privata di Serra S. Quirico, dipendente da 5. Elena;

con essi recita l’ufficio divino privatamente, eccetto i

vespri dei giorni festivi, che vengono celebrati nella chiesa

di S. Maria del Mercato. Il visitatore ordina all’abate di

portare a termine la costruzione dell’edificio iniziato pres

so detta chiesa - essendo indecoroso coabitare in una casa

privata - di avere diligente cura delle anime, di recarsi al

capitolo generale con una cocolla meno sontuosa e di

non permettere ai novizi di portare capelli lunghi al posto

della tonsura monastica.Il papa Innocenzo VIII intorno al 1486 concede in

commenda l’abbazia di 5. Elena, con tutte le rendite, al

card. Giovanni Colonna. Il 12 marzo 1487 il porporato sti

pula, per mezzo del suo procuratore Stefano Urbani, un

contratto di affitto triennale del monastero e beni annessi

con Matteo di Giacomo da Fabriano, rettore della chiesa

di 5. Angelo del Pino in Serra 5. Quirico, e con Giovanni

di Pietro di Simone da Sasso, per 220 fiorini d’oro

all’anno. Nel 1290 il cottimo è assegnato, sempre per un

triennio, al monaco camaldolese Benedetto da Faenza per

la somma annuale di 240 fiorini d’oro, con l’impegno di

ufficiare la chiesa di S. Elena e quella di 5. Maria del Mer

cato in Serra S. Quirico.Di notevole importanza è l’inventano dei beni mobili

dell’abbazia, consegnato nel 1487 da Stefano Urbani agli

affittuari, in quanto vi sono elencati i paramenti e gli

oggetti sacri preziosi, i codici della biblioteca, i documenti

dell’archivio, gli utensili da lavoro, gli arredi.

Secondo abate commendatario di S. Elena è Lodovico

Giustini, vescovo titolare di Tripoli, che per la sua nomina

(7 marzo 1492) deve versare alla Camera Apostolica 504

fionini d’oro. Con lui e con i commendatari successivi i

priori generali camaldolesi trattano, ma senza risultato, la

ricongiunzione dell’abbazia alla Congregazione.

Nel 1746 il card. Antonio Saverio Gentili propone dì

cedere 5. Elena in enfiteusi perpetua alla Congregazione

Silvestnina per la somma annua, da versarsi in due rate

semestrali. rispettivemente il giorno della festa di 5. Gio

vanni Battista (24 giugno) e di 5. Giovanni Evangelista (27

dicembre), di 600 scudi di moneta romana o l’equivalente

in grano. L’abate generale Porfinio Tufi, con il consenso

del card. protettore Francesco Borghese, accetta l’offerta,

pensando di impiegare le rendite di S. Elena per la fonda-

439

111111111

luIININIIIaIIaIIIIIIaII

Page 84: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

zione di un monastero a Jesi. Il Gentili, tuttavia, primadella stipulazione del contratto, ritratta la proposta, stimando più vantaggioso tenere l’abbazia per sé.

Il 6 aprile 1845 S. Elena con i beni annessi viene concessa in enfiteùsi dall’abate commendatario alla famigliaPianesi di Macerata. Il 6 marzo 1897 la S. Sede uniscel’abbazia con tutte le rendite alla mensa vescovile diCamerino.

Il 21 dicembre 1922 la famiglia Pianesi riscatta l’enfiteusi, divenendone proprietaria.

Il 10 dicembre 1964 la mensa vescovile di Camerinotorna ad essere intestataria della chiesa. (u.p.)

Il complesso si presenta come ungrande parallelepipedo che si organizza con severi volumigiustapposti intorno ad ampi cortili interni, configurandosicome una fortezza nella quale gli edifici seguono ordinatamente gli assi nord-sud ed est-ovest.

Da un ingresso che tnostra ancora la presenza di unamassiccia torre di guardia con difesa piombante, si entrain un primo cortile a fronte del quale un solido edificiocomprende la residenza monastica organizzata con unpiano terra, nel quale si svolgono i normali servizi, ed unlivello superiore strettamente riservato alle vita comunitaria.

Il manufatto si dispone con il lato maggiore rivolto indirezione nord-sud, al contrario della chiesa le cui navatesono strutturate lungo una direttrice est-ovest; si formacosì a sud di questo impianto un secondo cortile piùampio dove si affaccia un edificio minore, anchesso adibito a residenza, E’ questa una tipologia classica che evidenzia come tutte le abbazie dell’area si configuranoanche come fortezza; l’uso nella organizzazione planimetrica di”modelli” fissi - quali la posizione della chiesalungo il lato nord, la localizzazione dei cortili e della residenza monastica sul lato sud - conferma ancora una voltacome questi impianti vengano realizzati secondo un progetto preciso che rispecchia gli stessi principi organizzatividell’ordine benedettino.

La chiesa, che rimane l’elemento architettonico piùimportante, presenta l’abside rivolta ad oriente e la faccia-

ta ad ovest; accanto all’ingresso la presenza dei resti diuna torre, che all’esterno mostra solidi contrafforti con unarco a tutto sesto ed un secondo ribassato, lascia ipotizzare un manufatto di notevoli dimensioni dalle chiare funzioni di difesa. Questo, disposto sul lato sinistro del prospetto principale così da creare uno slanciato volume,richiama formalmente il tipo paleo-romanico di Westwerk,in quanto la “torre occidentale” forma anche un originaleatrio.

In seguito il torrione viene mozzato e l’atrio (ammessoche la supposizione sia esatta) di conseguenza scompare;l’ingresso alla chiesa si trova così delimitato tra massiccemurature che ne esaltano la massa, nella quale si apronole bucature del campanile a vela e della finestra con arcoa tutto sesto in asse con il portale.

Quest’ultimo elemento si caratterizza con una nettacomposizione orizzontale marcata dalla linea dell’abacodel capitello sorretto da pilastrini compositi da semicolonne addossate. Le forme schiette dello stile romanico prevalgono, nella loro essenzialità architettonica, sulla scultura, anche se pregevole come in questo caso; in tutti glielementi predomina la funzione statica, nello sforzo disostenere le sovrastanhi masse di pietra arenaria con corpidi dimensioni ridotte al minimo indispensabile, comeavviene per la strombatura del portale ed anche nell’interno dell’edificato, ed esaltare, per contrasto, le ampie eslanciate crociere. Qui infatti dai pilastrini compositi partono tre archi concentrici a tutto sesto: il più esterno poggiasul capitello delle semicolonne ed è caratterizzato da unmotivo geometrico a dentelli. seguito da un secondo arcoliscio in corrispondenza tra l’angolo dei pilastro e lamodanatura a quarto di cerchio che prosegue il quarto dicolonna di raccordo tra il pilastro composito agli stipitidella porta; il tutto è unificato dall’ultimo arcone magistralmente decorato con girali di viticci, foglie e grappoli.

La porta è architravata da un monolito sul quale spiccano, ai lati di una croce greca, due felini immaginari checompongono le figure geometricamente secondo lo stilebizantino. Questo elemento dà continuità alla linea orizzontale che marca tutta la composizione della facciata,mentre la decorazione scultorea, con la presenza dei felinia guardia della croce, delle due aquile rampanti, scolpite

-140

IlIIIIIIIfIIItHIIIH1IH

L abbazia, lato Occidentale. Il cortile interno con ingresso all’abbazia.

Page 85: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

‘I

con una evidente ricerca di plasticità sui capitelli dei quarti di colonna, e degli arcangeli che sconfiggono draghi raffigurati sui capitelli interni, avvalorano l’ipotesi di un atavico ricordo di”difesa occidentale” di chiara derivazionecarolingia che rammenta Aquileia.

La chiesa è di stile romanico avanzato, in quanto presenta elementi architettonici innovativi, ma non è gotica,almeno nella concezione originaria e non prendendo inesame i singoli elementi ma “leggendo” il complesso nelsuo insieme; del resto le ‘ olte a crociera con nervature, gliarchi acuti e rampanti, nascono con il romanico pur divenendo elementi principali dello stile gotico che, mutandola loro interpretazione, tende ad una differente sintesiarchitettonica.

Così come in S. Vittore delle Chiuse gli elementi planimetrici bizantini sono combinati nella nuova sintesi elaborata dallo stile romanico, a S. Elena elementi che sarannopoi tipici dell’architettura gotica sono utilizzati ancora conun intento estetico che appartiene al romanico. Conseguentemente a questa interpretazione l’ipotesi avanzatadallo Zampetti risulta esatta e questi elementi sono “evoluzione e conquiste tecniche di carattere locale” e che dielementi di grande propulsione innovativa si tratti èindubbio, soprattutto per l’adozione di un modulo compositivo rettangolare, insolito rispetto a quello quadrato delprimo romanico.

Questa conquista è la diretta conseguenza dell’adozione di archi a sesto acuto che consentono di superare lacampata quadrata con archi a volte a tutto sesto; così lospazio della chiesa viene distribuito su tre navate, la centrale quasi doppia delle laterali, in una grande armoniarafforzata dall’altezza dei corpi minori quasi uguale aquello di centro

Lo spazio risulta imponente, severo nella poca luceche arriva dalle monofore intagliate sulla spessa muraturarealizzata in conci squadrati di pietra arenaria; una HallenKirche romanica, dove i pilastri compositi risultanosolidi, ma allo stesso tempo alti e slanciati, per seguireorganicamente le linee di forza delle volte che sono apianta cruciforme, con colonne addossate, sulle qualì unapregevole serie di capitelli romanici rivela una accurataricerca di plasticità. Dotati di un proprio valore intrinsecoanche come opera scultorea, questi elementi architettonicisono di varia fattura e sintetizzano sia il gusto nordico per

441

1111111 III liii I Il Il 111111 I

Particolare del portale. Interno.

Capitello scopito.

cp

[] ORTI 3 CORTILE D’INGRESSO

T TORRE SEC. XII

1 AMBIENTI MONASTICI

4 CORTILE INTERNO

2 AMBIENTI MONASTICI

5 AMBIENTI MONASTICI

PIANTA

6 CHIESA SEC. XI-XIII

Page 86: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

i motivi di intreccio e di modulazione geometrica, che una

rilettura di elementi classici riscontrabili nelle volute e

nelle aggraziate foglie di acanto. Caratteristiche serie di

archetti su colonnine, collarini con intrecci geometrici ed

elementi simbolici strutturano elegantemente l’echino con

una scultura più morbida, ricca e chiaroscurale e l’abaco

on motivi più leggeri dati da intrecciature nella parte

superiore e superfici piane o fasciate in quella inferiore;

non mancano infine figure simboliche, angeli, immagini

umane e bestiari. Chiude la navata centrale un’unica

ampia abside semicircolare, coperta da un catino ed illu

minata da due monofore con doppia strombatura; dellastessa forma sono le monofore laterali, sotto alle quali duebucature illuminano la cappella sotterranea.

Il presbiterìo è molto sopraelevato e contiene i localidestinati alla cripta, dove pilastrini di forma quadratasostengono essenziali capitelli cubici sui quali poggianoarchi a tutto sesto e le volte a crociera, distribuendo lospazio in sette piccole navate; il locale è stato ampiamentericostruito nel 1925. (g.p.b.)

442

IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 87: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

4:th jj:a cura di Nora Lipparoni

Non si fornisce una bibliografia esaustiva, si segnala soltantQ un insieme di fonti e di informazioniindispénsabili per penetrare nel vivo della problematica culturale e storica di una parte dell’entroterramarchigiano caratterizzata da tipologie insediativecon proprie irripetibili peculiarità.

La bibliografia è divisa in due settori: per aree storico-geografiche (ricollegabili alla ripartizione strutturale di questo volume, seconda parte) e per materiao aree disciplinari.

Il primo settore raggruppa sostanzialmente le

opere che costituiscono le basi della cultura e dellastoriografia locali, connesse ai principali epicentridella zona: Arcevia, Cerreto, Esanatoglia, Fabriano,Genga, Matelica, Sassoferrato, Serra San Quirico conle rispettive pertinenze territoriali.

Il secondo settore è selettivo ed elenca i testi ripartiti e repertoriati per gruppi di materie o discipline, con l’intento di identificare e acquisire informazioni e documentazioni su argomenti e soggetti specifici,

443I I Il 111111 IIIIIlIÌuIÌIÌIII

Page 88: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

$TO

- Arcevia ossia Roccacontrada, Senigallia, 1887.- Arcevia nel Risorgimento italiano, Senigallia, 1911.- Aspetti e problemi del Monachesimo benedettino nelle

Marche, Fabriano, 1982.- Beata Mattia Nazzarei, Matelica, 1988.- Motu proprio di Papa Pio VII concernente regolamenti

per la fabbricazione deipanni di lana, Roma, 1817.- Capitoli e Statuto dellArte della lana di Matelica con

fermati l’anno 1579, Macerata, 1674.Capitoli da osservarsi da fabbri della città di Matelica,manoscritto presso l’Archivio Storico Comunale di Matelica, 1730.

— Confutazione della dissertazione istorica del Sig. Acquacotta stampata l’anno 1728 in Fabriano, Fermo,1831.

— Di Sentinum antico Municipio romano, dattiloscrittopresso la Biblioteca Comunale Fabriano.

— Sassoferrato. Guida, Sassoferrato, 1910.— Dissertazione istorico-critica sull’istituto professato

dalla B. Mattia Nazzarei nel monastero di Santa MariaMaddalena di Matelica, Camerino, 1816.

— Editto ed altri regolamenti per la ,ftibbricazione deipanni di lana, Roma, 1818,

- Editto del Carri. Bartolomeo Pacca sulla manfritturadei panni di lana, Roma, 1820.

— La cronaca religiosa di Fabriano. Bollettino della PiaUnione della Madonna del Buon Gesjì, Fabriano, 1909-1910.

— Le Marche. Archeologia Storia Territorio. Fano. 1987.— Lettera parenetica di un cittadino sinigalliese al sig.

Abate G. Colucci, Senigallia, 1790.— Notizie storiche sopra 5. Venanzo vescovo confessore e

protettore principale del Castello di Albacina, San Severino, 1848.

— San Romualdo, ricognizione sepolcro, Fabriano, 1981.— S’tatuta decreta et re/hrrnationes coeteraque iura muni

cipalia terrae Sunctae Anatholiae, Camerino, 1552.C. ACQUACOYI’A, Il Monastero di 5. Maria Maddalena di

Matelica. Fabriano, 182$.C. ACQIJACQÌTA, Memorie di Matelica, Ancona, 183$.C. ACQUACOYFA, Il Monastero di 5. Maria Maddalena di

Matelica dalla sua Jòndazione fino al 1522, Fabriano,1828.

U. ALESSANDRONI, Storia albacinese, Fabriano, 1975.P. ALLEGRINI, Guida di Matelica, Matelica, 1987.A. AMATORI, Le abazie e i monasteri piceni notizia breve,

Camerino, 1870.R. AMBROSINI, Notjzje storiche su Albacina, Fabriano,

1880.R. AMBROSINI, Il romitaggio di Albacina, Fabriano, 1880.R. AMBROSINI, (‘enni storici sopra Tufico, Sanseverino,

1848.O. ANGELELLI, La sommossa rurale del 1854, Fabriano,

1934.O. ANGELELLI, La pià grande carestia 1591, Fabriano,

1923.O. ANGELELLI, Frasassi e dintorni, notizie storiche Fa

briano, 1924.A. ANGELUCCI, L’antico palazzo e la torre della città di

Matelica, Castelplanio, 1895.G. ANNIBALDI, 5. Benedetto e l’Esio, Jesi, 1880.A. ANSELMI, Il monte di pietà dtArcevia, Jesi, 1891.A. ANSELMI, Miscellanea storico-artistica di Sassoferrato e

dintorni, Firenze, 1905.5. ANSELMI, L’industria della lana a Matelica, in “Qua

derni storici” n. 1, Urbino, 1966.5. ANSELMI (a cura di), La provincia di Ancona. Storia di

un territorio, Bari, 1987.5. ANSELMI (a cura di), Nelle Marche centrali. Territorio

economia e società tra Medioevo e Novecento: l’areaesino-misena, voIl. 2, Jesi, 1979.

5. ANSELMI (a cura di), Il picchio e il gallo. Yèmi e materiali per una storia delle Marche Jesi, 1982.

S. ANSELMI (a cura di), Le Marche dall’unità ad oggi, Torino, 198$.

A. ANTONTETfl, Dall’antichità alle aulonomie comunali,in 5. Anselmi (a cura di), La provincia di Ancona, Storia di un territorio, Bari, 1987.

E. ARCHETTI GIAMPAOLINI, Aristocrazia e chiese nellaMarca del centro-nord tra IX eX secolo, Roma, 1987.

E. ARCHErFI, Alle origini dell’insediamento rurale sparsoe accentrato nell’alta Marca tra )l’ e XV secolo, in S. Anselmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloniche,economia del podere nella storia dell’agricoltura marchigiana, Jesi, 1985.

R. ARMEZZANI, La vita religiosa, in G. Castagnari (a curadi), La città della carta, Jesi, 1986.

A. ARTIGIANI, Notizie e /dtti pià notabili e rimarchevoliestratti dalle memorie di Matelica di C. Acquacotta, manoscritto in Biblioteca Convento S. Francesco, Matelica.

A. M. AVENALI, I rapporti fiscali tra Fabriano ed il conta-do nel secolo XVI e XVJ] tesi di laurea, Urbino, 1983-1984.

E. BALDETFI, Per una nuova ipotesi della configurazionedella Pentapoli, Ancona, 1983.

D. BALDUCCI, Memorie storiche di Cerreto d’Esi, Fabriano,1954.

L. BARBINI, La Signoria degli Ottoni, Matelica, 1988.D. BARTOLETTI, La civiltà eremitica e monastica sullAp

pennino dell’alta Umbria, Gubbio, 1987.R. BARTOLEfI (a cura di), San Romualdo, vita, icono

grafia, Fabriano, 1984.G. BATTELLI, Per una nuova lettura della ‘Descriptio

L[archiae Anconitanae’ in “Atti e Memorie” Deputazione di Storia Patria per le Marche, Ancona, 1979.

V. BELLAGAMBA - V. CAVALCOLI, I membranacei di Ma

45

IIIIIIIiIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 89: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

telica, mostra documentaria, ciclostilato, 1985.A. BELLENGHI, Istoria di due antichissime chiese non co

nosciute e latenti, Perugia, 1835.V. BENIGNI, Compendioso ragguaglio delle cose più nota

bili di Fabriano, Tolentino, 1924.P. BERGAMO, La struttura economica di Fabriano dal

1800 al 1860, tesi di laurea, Roma, 1981-1982.N. BERI, La gita di Frasassi del 1872, Fabriano, 1969.S. BIGIARETTI, Storia popolare di Matelica, Matelica,

1987.A. L. BINI, Il monastero marchigiano di S. Vittore delle

Chiuse nei secoli Xl e Xli economia società e amministrazione, tesi di laurea, Bologna, 1985.

A. G. BlOCCHI, La valle di Somaregia o Salmaregia nelladiocesi di Afocera Umbra, Fabriano, 1989.

D. BISCHI, Tavullia fra Montefeltro e Malatesti storia ecultura, in Atti del Convegno, Urbania, 1986.

A. A. BIUARELLI, Esanatoglia, in ID, La Marca di carne-vino, Camerino, 1975.

G. BOCCANERA - S. CORRADINI, Preistoria e archeologianel Camerinese, in “Studi Maceratesi”, n. 4. Macerata,1967.

M. BOLDRINI, La popolazione di Matelica nel secolo XWlMilano, 1929.

M. R. BOLDRINI, Il ritorno di Matelica al dominio direttodella Sede Apostolica, tesi di laurea, Camerino, 1984-1985.

A. BOLZONETH, Il Monte Fano e un grande anacoreta,Roma, 1906.

F. BONASERA, considerazioni geografiche sull’industriadella carta in Pioraco (Marche centrali), in Studia Pi-cena”, voI. 24, 1956.

A. BRANDIMARTE, Piceno annonario, ossia Gallia Senonia illustrato. Roma, 1825.

A. BRICCHI, Matelica i suoi abitanti il suo dialetto. Notestoriche letterarie e richerche linguistiche, Matelica,1984.

A. BRICCHI, Matelica e la sua diocesi, Matelica, 1986.T. BRIGANTI, Lettera agli Illustrissimi Signori consiglieri

di Matelica, Pesaro, 1773.S. BUSINI, Rapporti tra il comune di Fabriano ed i nobili

del contado alla fine del sec. XIII tesi di laurea, Roma,1968-1969.

L. CACCIAMANI, Alcuni aspetti di politica economicadella comunità jàbrianese nella prima metà del ‘700,tesi di laurea, Perugia, 1971-1972.

G. CACIAGLI, Il castello in Italia. Saggio d’interpretazionestorica dell’architettura e dell’urbanistica castellana,Firenze, 1979.

G. CADY-SCOÌTJ, Arcevia bozzetto storico artistico, Castelplanio, 1897.

C. CANAVARI, Gli Statuti di collamaio emanati il 22 settembre 1624, Falconara, s.d.

C. CANAVARI, a Fabriano, Sassoferrato,Pergola e territori limitrofi, Fabriano, 1956.

C. CANAVARI, Avrata dipendenza di Cerreto d’Esi e limitrofi castelli della municpalità di Fabriano, Fabriario, 1963.

C. CANAVARI, La gola di Frasassi, Milano, 1928.E. ARDELLI, Una chiesina del XII secolo nelle Marche, in

“Rassegna marchigiana”, 1929-1930.G. CASTAGNARI, Tutela e uso del territorio nell’alto Esino

secondo gli ordinamenti comunali dei secoli XIV e XV,in “Proposte e Ricerche”. n. 20, Senigallia, 1988.

G. CASTAGNARI, Dall’impresa artigiana allindustrializzazione, in ID, (a cura di), La città della carta, Jesi,1986.

G. CASTAGNARI, Funzione dei centri storici rurali oggi,Fabriano, 1978.

G. CASTAGNARI, Il monastero di S. Vittore delle Chiuse.’ricerche su un fendo comitale. in Aspetti e problemi delMonachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano,1982.

G. CASTAGNARI, Un documento in volgare del XII: ‘Lacarta di Fabriano”, Fabriano, 1973.

G. CASTAGNARI (a cura di), I protagonisti della culturastorica fabrianese. Fabriano, 1987.

G. CASTAGNARI (a cura di), La città della carta. Ambientesocietà cultura nella storia di Fabriano, Jesi, 1982.

G. CASTAGNARI (a cura di), La provincia di Macerata.A inhiente, cultura, società, Macerata, 1990.

G. CASTAGNARI - N. LIPPARONI, Agricoltura e politicatributaria a Fabriano sotto Pio V1 in “Atti e Memorie”Deputazione di Storia Patria per le Marche, Ancona,1977.

G. CASTAGNARI - N. LIPPARONI, Parco naturale dell’altoEsimo. Approccio allo studio sulle sedimentazioni storiche dell’ambiente, in “Atti e Memorie” Deputazione diStoria Patria per le Marche, vol. 92 (1987), Ancona,1989.

G. CASTAGNARI - N. LIPPARONI, Lineamenti storico-econorn ici dell’a rea appenninica fabrianese nell’alta valledellEsino, Fabriano, 1980.

D. CECCHI, La revisione dell’estimo rustico nello StatoPontificio ed in particolare nelle provincie di Ancona eMacerata, in “Studi Maceratesi”, n. 15, Macerata, 1979.

G. CECCONI, I duefratelli Lippaccio ed Andrea Guzzolinida Osimo. Notizie istoriche raccolte ed illustrate con documenti e note, Osimo, 1873.

C. CESARI, I castelli del Modenese. Ricerche storiche e tecniche di alcune costruzioni difensive pre-romane, Modena. 1906.

A. CHERUBINI, Il sistema plebano nella Vallesina, in 5.Anselmi (a cura di), Nelle Marche centrali, Jesi, 1979.

C. CIARMATORI, Arcevia e la sua t’alle nella Resistenza,Urbino, 1975.

C. CIAVARINI, Statuti di Cerreto 153 Fano, 1903.G .M. CLAUDI, S. Vittore delle Chiuse. Roma, 1982.C. CLEMENTI, Le zecche delle Marche e le loro monete. La

zecca di Matelica, 5. Severino, 1977.G. COLUCCI, Precicchie, in Antichità Picene, voI. 17,

Fermo, 1788.G. COLUCCI, Rovellone, in Antichità Picene, voi. 17,

Fermo, 1788.G. COLUCCI, Sandonato, in Antichità Piene, voi. 17,

Fermo, 1788.G. COLUCCI, Serradica, in Antichità Picene, voi. 17,

Fermo, 1788.G. COLUCCI, Torricella, in Antichità Picene, voI. 17,

Fermo, 1788.

446

IIIlI!IIlNIIllhINIIlIlII

Page 90: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

G. COLUCCI, Attidium, in Antichità Picene, voi. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Tuficum, in Antichità Picene, voi. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Busta Gallorum, in Antichità Picene, voi. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Fabriano, in Antichità Picene, voi. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Albacina, in Antichità Picene, voi. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Bastia, in Antichità Picene, voi. 17, Fermo,1788.

G. COLUCCI, Belvedere, in Antichità Picene, voI. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Cacciano, in Antichità Picene. voi. 17.Fermo, 1788.

G. COLUCCL’ Cancelli, in Antichità Picene, voi. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Castelletta, in Antichità Picene, voI. 17.Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Cerreto d’Esi, in Antichità Picene, voI. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Collamato, in Antichità Picene, voi. 17,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Domo, in Antichità Picene, voi. 17, Fermo,1788.

G. COLUCCI, Genga, in Antichità Picene, voI. 17, Fermo.1788.

G. COLUCCI, Pierosara, in Antichità Picene. voi. 2.Fermo, 1788.

G. COLUCCI. Pierosara, in Antichità Picene. voi. 24.Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Porcarella, in Antichità Picene, voi. 17.Fermo, 1788.

G. COLUCCI, S. Vittore, in Antichità Picene. voI. 2, Fermo,1788.

G. COLUCCI, Arcevia (Roccacontrada), in Antichità Picene, voi. 25, Fermo, 1788.

G. COL1JCCI, Matelica, in Antichità Picene, voi. 25,Fermo, 1788.

G. COLUCCI, Serra San Quirico. in Antichità Picene. voi,25, Fermo, 1788.

(3. COLUCCI. Delle antichità di Matelica. in Antichità Pi-cene, voi. 6, Fermo. 1788.

5. CORRADINI. L òrganizzazione ecclesiastica tnarchigiana nella fine del XII sec. (Le pievi della diocesi di C’a merino), in “Studia Picena” voi. 43, Fano. 1976.

G. CROCIONI, Rocca Cdntrada ora Arcer’ia, in “Le Marche”, anno VII, Senigailia, 1907.

G. CRUCIANI FABOZZI, Fortificazioni e insediamenti fortificati nel territorio di 6’amerino. Vicende, aspetti eproblemi, in “Studi Maceratesi”, n. 9, Macerata, 1973.

C. DE SETA, (a cura di), Storia d’Italia. fnsediamenti e territorio. Miiano, 1985.

I. DI NICOLA - R. BALDUCCI.. Fondazione del primo monastero silvestrino in Matelica. in inter Fratres” voli.32-33, Fabriano, 1983.

I. DI NICOLA - G. MENGHINI. Dalle Grotte di Frasassi aGrotta Fucile, Ancona, 1987.

I. DI NICOLA - F. POMPEI, .llontefrmno, in Dizionario

degli Istituti di Perfezione, Roma, 1980.R. FACCHINI, Memorie storiche della chiesa dei SS. Biagio

e Romualdo di Fabriano, Fabriano, 1925.G. FASOLI, Castelli e signorie rurali, in Agricoltura e

mondo rurale, pp. 531-567, Spoleto, 1966.G. FATI’ESCHI, Memorie riguardanti la serie dei duchi del

ducato di Spoleto, Camerino, 1801.B. FELICIANGELI, Di una tradizione relativa all’origine di

Albacina e Cerreto dEsi, Senigallia, 1909.11. FELICIANGELI, A proposito dell’edizione dei più anti

chi Statuti di Esanatoglia (1324), in “Chientì e Potenza”, 14 agosto-11 settembre 1910, Camerino, 1910.

B. FELICIANGELI. Di alcune rocche dello Stato di ‘amerino, in “Atti e Memorie” Deputazione di Storia Patria perle Marche, n.s. I, Ancona, 1904.

D. FERRETTI, Padre Giuseppe Antonini da Collamato,Jesi, 1968.

D. FERRETU, Il castello di Collamato, Jesi, 1970.D. FERRETH, Un castello un campanile. Collamato e la

sua parrocchia, Fabriano, 1988.D. FERRETTI, Frasassi itìnerario breve tra storia cronaca

leggenda, Monsano, 1977.D. FERRETTI, Padre Giuseppe Antonini da Collamato,

Tesi, 1968.A. FIECCONI, Luoghi Jbrtflcati e strutture edilìzie del Fa

brianese nei secoli X[-XJIi Miiano, 1975.A. FIECCONI, Case contadine e t’i/a quotidiana in alcuni

distretti della Marca di Ancona nei secoli XIJ-XV, in 5.Anselmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloni-che, economia del podere nella storia dell’agricolturamnarchigiana, Ancona. 1986.

A. FIECCONI. Insediamenti medioevali nella Vallesina, in5. Anselmi (a cura di), Nelle Marche Centrali, Jesi,1979.

A. FIECCONI, Percorsi viari nell’area del Sentino, in “Attie Memorie” Deputazione di Storia Patria per le Marche,voli. 89-91, Ancona, 1987.

R. FRANCESCHINI, Memoria presentata dalla G.M. di Arcevia sulla proposta separazione della frazione di Montale. Ancona, 1871.

D. FRANCESCONI, Serrasanquirico: le opere e i giorni,Macerata. 1969.

E. FRANCIA. Storia dell arte paleocristiana, Milano. 1969.D. GASPARI, Memorie storiche di Serrasanquirico. Roma.

1883.A. GIANANDREA, Della signoria di Francesco 5jòrza

nella Marca secondo i documenti dell’archivio fabrianese, Firenze, 1888.

A. GIANANDREA, Nuovi documenti sJbrzeschi fimbrianesi,Firenze, 1895.

C. GILI - 5. GUERRIERI, Storia di Fabriano, manoscritton. 209 presso la Biblioteca Comunale cli Fabriano, Fabriano, 1747.

I. GIORGI - U. BALZANI, Il registro di Farfri di Gregorioda Catino. Roma. 1903.

I. GIORGI - U. BALZANI. C’hroniconjàrjènse di Gregorioda C’atino, in Fonti per la Storia d’italia, Roma, 1903.

P. GIULIANI, Sugli Statuti comunali (sec. XV-XVi) di jesi,Senigallia e di alcune “Terrae et castra ‘ in 5. Anseimi(a cura di), Nelle Marche Centrali. Jesi, 1979.

111111111

447

Page 91: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

111111 11111 G. GRIMALDI, Le pergamene di Matelica (1162-1275), Ancona, 1915.

G. GRIMALDI - G. LUZZATTO, Statuti e bandi Jàbrianesidel sec. Xii] Senigallia, 1911.

G. GRIMALDI - G. LUZZATTO, Ipitì antichi ‘Libri consiliari” di Fabriano (1293-132 7), Fano, 1904.

R. GUERRIERI, Storia civile ed ecclesiastica del comune diGualdo Tadino, Gubbio, 1933.

E. IACOBILLI, Vite de santi e beati dell’Umbria e di queil4i coipi de’ quali riposano in essa provincia, con le vitedi molti servi di Dio dell’istessa, Foligno, 1661.

N. LIPPARONI, Agricoltura e civiltà contadina, in G. Castagnari (a cura di), La città della carta, Fabriano, 1986.

N. LIPPARONI, La vendita dei beni demaniali dopo l’Unitàdell’alto Esino, in s. Anselmi (a cura di), Nelle Marchecentrali, Jesi, 1979.

N. LIPPARONI, I monasteri benedettinijàbrianesi e le leggisoppressive del Regno d’italia, in Aspetti e problemi delMonachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano,1982.

N. LIPPARONI, Uomo e territorio nella storia dell’altaValle dell’Esino, in Antologia della cucina popolare,jcsi, 1986.

G. LUCARINI, Ricordi storici di Serra San Quirico. Ancona, 1929.

G. LUZZATTO, Rustici e signori a Fabriano alla fine delXII secolo, Milano, 1909.

G. LUZZATTO, Dai servi della gleba agli albori del capitalismo, Bari, 1966.

G. LUZZATFO, La pace del 5 novembre 1355 conclusa aFabriano per volontà cellAlbornoz; Roma, 1909.

G. LUZZATTO, Per la storia sociale dei comuni marchigiani, in “Le Marche’, a. VII, Senigallia, 1907.

G. LUZZATTO, I prestiti comunali e gli ebrei a Matelicanel secolo XIfl in “Le Marche”, a. VII, Senigallia, 1907.

G. LuZZATrO. Prezzi e salari nel secolo XJ[L in “Le Marche”, a. VII, Senigallia, 1907.

G. LUZZATTO. La sottomissione deifrudatari e le classi sociali in alcuni comuni marchigiani sec. XII-XIi1 in “LeMarche”, anno VI, Senigallia, 1906.

G. LUZZATTO (a cura di), Gli Statuti di 5. Anatolia del1324 e un frammento degli Statuti del comune di Matelica del sec. XIV (1358), Ancona, 1909.

J. C. MMRE VTGUER, Comuni e signorie in Umbria. Marche e Lazio, Torino, 1987.

T. V. MANCI. Da 5. Roinualdo a 5. Silvestro. Fabriano,139.

G. MANGANI - S. ANSELMI, il territorio dei beni culturali,Ancona, 1979.

O. MARCOALDI, C’onsiderazioni intorno alla popolazionedel circondano di Fabriano, Genova, 1861.

O. MARCOALDI, Guida e statistica della città e comune diFabriano, Fabriano, 1873.

O. MARCOALDI, Valdicastro cenni storici e topografìci. Fabriano. 1877.

O. MARCOALDE, intorno alla soppressione del circondanodi Fabriano nel nuovo ripartimento territoriale dellaMarche, Genova, 1869.

M. MARIANI, Francesco Sforza e la città di Fabriano(1435-1443), Senigallia, 1908.

G. MARINI, Osservazioni sopra un ‘antica pergamena relativa alla fondazione di 5. Michele Arcangelo infraOstia, Roma, 1770.

5. MARINI, Il comune di Matelica nel periodo napoleonico, tesi di laurea, Camerino, 1981-82.

C. MARIOTTI, L ‘ordine francescano in Matelica, Matelica,1909.

G. IvIARTINA, Note sul monastero delle clarisse di Matelicanel Settecento e Ottocento, in “Rivista di Storia dellaChiesa”, a. 36, Roma, 1982.

L. MASSI, Ai concittadini. Appunti di interessi locali, Arcevia, 1888.

C. MAZZALUPI. Il territorio del Castrum Sanctae Anatholiae nei secoli XI-XV in E. Saracco Previdi (a cura di),Per una ricostruzione degli insediamenti medioevalidell’entroterra della Marchia, Macerata, 1985.

G. MENGHINI. La chiesa di 5. Maria del Ponte del Piano ei monasteri silvestrini di Sassofrrrato, Sassoferrato,1982.

A. MERCATI, Sussidi per la consultazione dell’Archivio Vaticano, Cittìi del Vaticano, 1947.

J. B. MITTARELLI - A. COSTADONI, Annales camaldulenses ordinis Sancti Benedicti, voli. 9, Venezia 1755-1773.

B. MOLAJOLI, Guida artistica di Fabriano, Fabriano,1968.

R. MOLINELLI, Città e contado nella Marca pontificia inetà moderna, Urbino, 1984.

R. MOLINELLI, Istituzioni ceti e potere a lesi dal Medioevoal Novecento, in S. Anselmi (a cura di), Alle Marchecentrali, Jesi, 1979.

G. U. MONDOLFO, Gli Statuti di Esanatoglia del 1324, in‘Le Marche”, a. )U1, Senigallia, 1912.

F. MONTANI. Lettere su le origini di Fabriano, Fabriano,1922.

A. MONTIRONI - L. MOZZONI. L’oro il verde il rosso Maidica. Macerata. 1981.

CL MOSCATELLI, Municipi romani della V Regio’ Augustea: problemi storici ed urbanistici del Piceno centro-settentrionale, in “Picus”, n. 5. Roma, 1985.

M. NATALUCCI, Lotte di parte e mani/stazioni ereticalinella Marca agli inizi del secolo XIi’ in “Storia Picena”,voI. 24. Fano. 1956.

E. NICOLETTI, La battaglia dell’agro sentinate, in Antic/jità Picene, vol.7, Fermo, 1788.

F. NICOLIN1. Storia di Còilamato, manoscritto n. 139, secolo XVII. presso Biblioteca Comunale di Fabriano.

B. PACCA, Notficazioni del card. B. Pacca aiJihbricatoridei panni di lana nella città diMatelica, Roma, 1818

M. PACETfl. i (]hiai’elli signori di Fabriano. tesi di laurea,Urbino, 1972-1973.

O. PACI - G. PIGNOCCHI - M. SILVESTRINI, Schede per località: Arcevia (AN), in “Picus”. n. 5, Roma, 1985.

R. PACI, Gli insediamenti rurali nel contad iesino allafine del 200, in “Proposte e Ricerche”, n. 7, Senigallia.1981.

R. PACI, Sedimentazioni storiche nel paesaggio agrario. inS. Anselmi (a cura di), Nelle Marche Centrali, Jesi, 1979.

F. PAGLIONI - C. LIBERATI, La resistenza in Braccano diMatelica, S. Severino, 1968.

A. PAGNANI. Storia della Genga e vita di Leone Xi], Fa

liii.

Page 92: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

briano, 1964.A. PAGNANT, Storia dell’abbazia di 5. Croce dei conti di

Sassoferrato, Sassoferrato, 1968.A. PAGNANI, Storia di SassoJèrrato, vol.I, Sassoferrato,

1957.A. PAGNANI, Storia di Sassoferrato, vol.II, Sassoferrato,

1959.A. PAGNANI, La badia di Valdicastro, in “Rivista Camal

dolese”, a.II, Ravenna, 1927.A. PAGNANI, 5. Croce dei Conti, in “Rivista Camaldolese”,

aI, Ravenna, 1926.A. PAGNANI, I viaggi di 5. Francesco d’Assisi nelle

Marche, Milano, 1962.G. PAGNANI, Un trattato di alleanza stipulato tra Jesi e

Arcevia nel 1228, in S. Anselmi (a cura di), Nelle Marche Centrali, Jesi, 1979.

G. PAGNANI, Uba carta conjìnaria tra Sassoferrato e Arcevia nel 1216 a cavallo di un possesso avallanita, inStudi Avellaniti, Urbino, 1977.

G. PAGNANI, Ricerche intorno alla vita e all opera di S.Silvestro, in Atti del Convegno di studi storici VIII Centenario della nascita di 5. Silvestro, Osimo, 1977.

G. PAGNANI, Luoghi francescani delle Marche di originebenedettina, in Aspetti e problemi del Monachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano, 1982.

A. PANTALONI, Restauro della parte più antica del monastero di S. Silvestro abate, in “Inter Fratres”, a.34, Fabriano, 1984.

U. PAOLI, San Silvestro di Fabriano, antiche pergamene,Fabriano, 1984.

L. PASSERINI, Gli Ottoni di Matelica, in P. Litta (a cura di),Famiglie celebri d1talia, Milano, 1869.

S. PEDICA, Uno studio sull’antica area di Esanatoglia,Ancona, 1943.

E. S. PICCOLOMINI, Le storie del Biondo da la declinazione dell’impero di Roma insino al tempo suo, Venezia,1543.

C. PIERUCCI, L’abbazia di 5. Elena dell’Esino. Memoriestoriche e artistiche, Jesi, 1981.

C. PIERUCCI - A. POLVERARI, Carte di Fonte Avellana, inThesaurus Ecclesiarum Italiae Roma, 1972.

D. PILATI, La storia di Fabriano, Fabriano, 1983.D. PILATI, Attjdjum Mater Fabriani, Matelica, 1988.D. PILATI, Nobiltà faiyrianese stemmi e notizie di antiche

famiglie e di governatori prelati (da manoscritti di R.Sassi), Fabriano, 1989.

A. POLVERARI, Il beato Gherardo di Serra de’ C’onti, nelsettimo centenario della nascita (1280-1980), Serra de’Conti, 1980.

V. PROCACCINI RICCI, Memoria su la grotta di Frasassi,Rimini, 1978.

I. QUAGLIARINI, Iprimi Statuti ed ordinamenti comunali, in G. Castagnari (a cura di), La città della carta, Jesi,1986.

G. RABOTTI, Breviarum Ecclesiae Ravennatis (Codice Ba-varo) secoli VII-X, Roma, 1985.

C. RAMELLI, Monumenti mitriaci di Sentino anticoMunicipio romano, Fermo, 1853.

G. B. RAZZANTI, Memorie civili ed ecclesiastiche dellacittà di Matelica, manoscritto, secolo XVIII, presso la

Biblioteca Comunale di Matelica.R. ROMEI, Igu.e/ì e i ghibellini in Arcevia, Milano, 1886.A. M. ROSI, Gli aspetti della vita comunale a Fabriano in

base allo Statuto del 1415, tesi di laurea, Perugia, 1966-67.

F. SANSOVINO, Della origine e de’fasti delle famiglie illustri d’Italia, Venezia, 1582.

P. SANTINI, Arcevia, itinerario nella storia e nell’arte Arcevia, 1984.

S. ?vI. SANTONI, I ricordi storici dell’agro sentinate in etàromana, Roma, 1988.

E. SARACCO PREVIDI, Convivere nella Marchia duranteil Medioevo. Indagini e spunti di ricerca, Ancona, 1986.

E. SARACCO PREVIDI, Uomini e ambiente nella documentazione silvestrina nel secolo XJI] in Aspetti e problemi del Monachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano, 1982.

E. SARACCO PREVIDI, Urbanesimo e ruralità nel medioevo marchigiano, in “Studia Picena”, voi. 48, Fano, 1982.

E. SARACCO PREVIDI, Per una ricostruzione degli insediamenti medioevali nell’entroterra della Marchia, Macerata, 1985.

R. SASSI, Due documenti capitali su le origini del monastero di 5. Vittore delle Chiuse, Pesaro, 1930.

R. SASSI, Un abate guerriero simoniaco e mondano aitempi di Dante, Fabriano, 1926.

R. SASSI, 5. Silvestro abbate. Abbazia di Montefano, Fabriano, 1967.

R. SASSI, Albacina nella sua storia, Fabriano, 1949.R. SASSI, I ricordi romani di Fabriano, Fabriano, 1938.R. SASSI, Le pergamene di 5. Lucia di Fabriano, Fabriano,

1939.R. SASSI, Il “Chi è?”fabrianese, Fabriano, 1958.R. SASSI. liplacito di C’ancelli Fabriano, 1937.R. SASSI, Chiese dipendenti da monasteri benedettini nel

contadofabrianese, Roma, 1950.R. SASSI, C’ollamato e la peregrinatio Mariae, Fabriano,

1949.R. SASSI, Monasteri ca,naldolesi di Fabriano, Ravenna,

1927.R. SASSI, Le carte di 5. Maria dAppennino, Fano, 1929.R. SASSI, Memorie domenica ne di Fabriano, Fabriano,

1935.R. SASSI, Inventa rio dei monumenti iconograJìci di Fa

briano, Fabriano, 1933.R. SASSI, Iscrizioni medioevali del territorio fabrianese,

Fano,1931.R. SASSI, 5. Cassiano, Fabriano, 1961.R. SASSI, Stradario storico con appendici toponomastiche,

Fabriano, 1953.R. SASSI, I toponimi del territorio fribrianese derivati da

gentilizi romani, Ancona, 1949.R. SASSI, Curiosità della toponomasticafabrianese, l’abria

no, 1966.R. SASSI, Le chiese di Fabriano, Fabriano, 1961.R. SASSI, Documenti Chiavelleschi, Ancona, 1953.R. SASSI, Le carte del monastero di 5. Vittore delle Chiuse

di Fabriano, Milano, 1962.R. SASSI, Su lrigine dei conti della Genga, Fano, 1962.R. SASSI, Il giudice di Dante Podestà di Roccacontrada,

‘‘‘‘‘‘l’IN’

449

Page 93: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

flIllIlIlIl Ancona, 1958.R. SASSI, Sommario storico, in B. Malajoii, Guida artistica

di Fabriano, Genova, 1968.R. SASSI, Un documento ignoto su le origini del castello di

Serra San Quirico, Pesaro, 1930.R. SASSI, Due documenti che non esistono nella storia an

tichissima delle cartierefabrianesi, in “Atti e Memorie”

Deputazione di Storia Patria per le Marche, serie V,

voi. 7, Fabriano, 1931.R. SASSI, Immigrati dell’altra sponda adriatica a Fabria

no nel Quattrocento, in “Proposte e Ricerche”, Quader

ni, Senigallia, 1988.R. SASSI, I Conti della Genga e i C’biavelli a Roccacontra

da (Arcevia) nei secoli XIII e xiv; in “Studia Picena”,voi . 30, Fano, 1962.

R. SASSI, Documenti albornoziani nell’archivio comunaledi Rocca Contrada (Arcevia, in “Studia Picena”, voi..

28, Fano, 1960.R. SASSI, La partecpazione di Fabriano alle guerre della

Marca nel decennio 1320-1330 con documenti inediti,in “Atti e Memorie” Regia Deputazione di Storia Patriaper le Marche, serie IV, voi. VII, Ancona, 1930.

R. SASSI, Le cartiere dei monaci di Montefano, in “InterFratres”, a. 10, Detroit, 1959.

R. SASSI, Un ‘antica cartiera dei monaci di 5. Vittore sulSentino, in “Atti e Memorie” Regia Deputazione di Storia Patria per le Marche, serie V, voi. V, Ancona, 1942.

R. SASSI, Arte e storia fra le rovine d’un antico tempiofrancescano, San Francesco di VaI Povera, in “Rassegnamarchigiana”, Pesaro, 1925-1926.

R. SASSI, Chiarimenti sulle origini della cattedrale di Fabriano, un inventario di arredi sacri del secolo XI11 in“Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1917-1928.

R. SASSI, Chiese artistiche di Fabriano, 5. Lucia, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1928-1929.

R. SASSI, Chiese artistiche di Fabriano, Oratorio della carità, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1928-1929.

R. SASSI, Chiese artistiche di Fabriano, oratorio del Gonfalone in, “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1928-1929.

R. SASSI, Chiese artistiche di Fabriano, 5. Niccolò di Bari,in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1929-1930.

R. SASSI, Chiese artistiche di Fabriano, 5. Benedetto, inRassegna marchigiana”, Pesaro, 1929-1930.

R. SASSI, Tradizioni e santuari francescani nella provincia di Ancona, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro,1925-1926.

R. SASSI. intorno alle origini di S. Ansovino di Avacelli, in“Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1929.

R. SASSI, Un breviario trecentesco un ‘istituzione giubilare e le sue vicende in “Rassegna marchigiana”, Pesaro,1925-1926.

E. SCARAFONI, Profilo geografico-economico del Fabrianese e l’industria a Fabriano, tesi di laurea, Perugia,1963-1964.

D. SCEVOLINI, Dell ‘istoria di Fabriano, in G. Colucci, Antichità Picene, voi.. 17, Fano, 1792.

P. SELLA, Rationes decimarum Italiae nei secoli XII e XIVMarchia, Città del Vaticano, 1960.SOLVI, Nel centenario dell’erezione della chiesa parrocchiale di Varano, Fabriano, 1977.

G. STOPPOLONI - A. VIVARELLI, Fabriano nella preistoria e nella paleozoologia, Fabriano, 1962.

R. STOPPONI, Note storiche su due abbati silvestrini, Fabriano, 1967.

O. TURCHI, De Ecclesiae Camerinensis, Roma, 1772.C. URIELI, Jesi e il suo contado, secoli xiv-xviii; Jesi

1982.P. VACCARI, La territorialità come base dellrdinamento

giuridico del contado nell ‘Italia medievale, Milano,1963.

A. VASINA, Aspetti e problemi di storia plebana nelle Marche in “Studia Picena”, voi.. 45, Fano, 1978.

V. VILLANI, Testimonianze insediative di origine altomedioetle in un rea di confine fra Marca dAncona educato di Spoleto: alta valle del Misa, in “Studi Senigaiiiesi”, Senigallia, 1985-86.

B. WILKENS, La fauna dei livelli neolitici ed eneolitici diAttiggio, in “Picus”, n. 5, Roma, 1985.AUGUSTO ZONGHI, Rivendicazioni di proprietà comunali a Fabriano nel sec. XIII (1252-1296), Senigaiha, 1908.AUGUSTO ZONGHI, Liber Luguberrimus, Senigallia,1908.AURELIO ZONGHI, Carte diplomatiche fabrianesi, Ancona, 1872.

450

Page 94: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

— Al Vettore. Osservazioni e studi, Ancona, 1971.— Atlante storico del territorio marchigiano, Ancona,

1983.— Atti della Giunta per l’inchiesta agraria sulle condizio

ni della classe agricola, provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Pesaro e Macerata, Roma, 1883.

— Estratto dai censimenti dei biotopi di rilevante interessevegetazionale Camerino, 1971.

— Il Ginguno, Genga, 1900.— Il patrimonio vegetale delle Marche con carta della ve

getazione Falconara, 1981.— La geologia nelle Marche, Camerino, 1986.— Le Marche. Archeologia storia territorio, Fano, 1987.— Riconversione e recupero della collina interna della

montagna marchigiana, Urbino, 1986.R. ALMAGIÀ, Documenti cartografici dello Stato

Pontflcio, Città del Vaticano, 1960.G. AMADIO, Toponomastica marchigiana, voli. 6, Montai

to Marche, 1952-58.A. AMATORI, Le abbazie e i monasteri piceni notizia

breve, Camerino, 1870.B. ANSELMI, La pittura tra Quattro e Seicento, in 5. Ansel

mi (a cura di), La provincia di Ancona. Storia di unterritorio, Bari, 1987.

S. ANSELMI, Una storia dell’agricoltura marchigiana,Jesi-Ancona, 1985.

S. ANSELMI. Mezzadri e terre nelle Marche. Bologna,1978.

S. ANSELMI, L ‘agricoltura marchigiana nella dimensionestorica, in ID (a cura di), Insediamenti rurali, case coloniche economia delpodere nella storia dell’agricoltura marchigiana, Ancona, 1986.

S. ANSELMI, La selva ilpascolo l’allevamento nelle Marchedei secoli XJVe X in “Studi urbinati”, Urbino, 1975.

5. ANSELMI (a cura di), Insediamenti rurali case coloni-che economia del podere nella storia dell agricolturamarchigiana, Jesi, 1985.

S. ANSELMI (a cura di), La provincia di Ancona. Storia diun territorio, Bari, 1987.

5. ANSELMI (a cura di), Nelle Marche centrali territorioeconomia e società tra Medioevo e Novecento: l’areaesino-misena, voll.2, Jesi, 1979.

5. ANSELMI (a cura di), Il picchio e il gallo. Temi e materiali per una storia della Marche, Jesi, 1982.

5. ANSELMI (a cura di), Le Marche dall’unità ad oggi, Torino, 1988.

5. ANSELMI - G. VOLPE, Marche architettura popolare,Bari, 1977.

A. ANTONIEÌTI, Dall’antichità alle autonomie comunali,in 5. Anselmi (a cura di), La provincia di Ancona. Storia di un territorio, Bari, 1987.

E. ARCHETFI, Alle origini dell’insediamento rurale sparsoe accentrato nell’alta Marca tra X e XV secolo, in 5. An-

selmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloniche,economia del podere nella storia dell’agricoltura marchigiana, Ancona, 1986.

E. BALDETTI, L’antichità nei toponimi del Senigalliese,Senigallia, 1982.

S. BALDUCCI, I dialetti, in 5. Anselmi (a cura di), La provincia di Ancona. Storia di un territorio, Bari, 1987.

E. BARTOLI, Leggende marchigian Osimo, 1922.G BATTELLI, Per una nuova lettura della “Descriptio

Marchiae Anconitanae”, in “Atti e Memorie” Deputazione di Storia Patria per le Marche, Ancona, 1979.

R. BELLABARBA, Proverbi marchigiani illustrati, Firenze,1971.

R. BELLABARBA, Il ciclo delle vita nella campagna marcbigiana, Firenze, 1979.

E. BIONDI, Ambiente naturale e trasformazioni di origine antropica, in 5. Anselmi (a cura di), La provincia diAncona. Storia di un territorio, Bari, 1987.

V. BOLDRINI, Estate di 5. Martino poesie marchigiane,Como, 1938.

F. BONASERA, Bibliografia geografica marchigiana, Ancona, 1956.

F. BONASERA, La cartografia storica territoriale delleMarche (1561-1851) come supporto conoscitivo, Roma,1985.

F. BONASERA, Le ville storiche delle Marche, in E. Biondi(a cura di), Verde, città e territorio, Jesi, 1984.

F. BONASERA, Considerazioni geografiche sull’industriadella carta in Pioraco (Marche centrali), in “Studia Pi-cena’, voi. 24, Fano, 1956.

F. BONASERA - B. EGIDI, Fonti per lo studio geograficodelle Marche 1861 -196 Jesi, 1983.

A. BRANDIM.ARTE, Piceno annonario: ossia Gallia Senonia illustrato, Roma, 1825.

G. CASTAGNARI (a cura di), La provincia di Macerata.Ambiente, cultura, società, Macerata, 1990.

L. CASTELLANI, Tradizioni popolari della provincia diMacerata. Foligno, 1885.

L. CASTELLANI - P. SELLA, Proverbi marchigiani, Milano,1973.

A. CASTELLI, Delle storie popolari religiose nelle Marche,Jesi, 1890.

C. CATOLFI, Il quadro geografico, in S. Anselmi (a curadi). La provincia di Ancona. Storia di un territorio,Bari, 1987.

C. CATOLFI, Le comunanze agrarie nella transizione alNovecento, in 5. Anselmi (a cura di), Nelle Marche Centrali, Jesi, 1979.

V. CAVALCOLI ANDREONI, Gli archivi storici dei comunidelle Marche. Indici degli inventari, Ostra Vetere, 1986.

A. CHERUBINI, Chiesa e territorio, in S. Anselmi (a curadi), La provincia di Ancona. Storia di un territorio,Bari, 1987.

;- -,‘,

-

-ì5 1

Page 95: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

A. CHERUBINI, Il sistema plebano nella Vallesina, in S.Anselmi (a cura di), Nelle Marche centrali, Jesi, 1979.

P. COLLIVA, La popolazione della Marca nelle raccolte documentali e legislative del card. Albornoz (13574359),in “Atti e Memorie” Deputazione di Storia Patria per leMarche, Ancona, 1979.

S. CORRADINI, L’organizzazione ecclesiastica marchigiana nella fine del XIII secolo (Le pievi della diocesi diCamerino), in “Studia Picena” vol.43, Fano, 1976.

G. CROCIONI, Bibliografia delle tradizioni popolari marchigiane, Firenze, 1953.

G. CROCIONI, La gente marchigiana nelle sue tradizioni,Milano, 1951.

G. DI MODUGNO, Cento leggende marchigiane; Urbisa

glia, 1987.A. M. EUSTACCHI, Contributo allo studio delle tradizioni

popolari .marchigiane, Firenze, 1958.A. FIECCONI, Case contadine e vita quotidiana in alcuni

distretti della Marca di Ancona nei secoli Xii-XV in 5.Anselmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloni-che, economia del podere nella storia dell’àgricolturamarchigiana, Ancona, 1986.

A. FIECCONI, Le terre pubbliche e la ricolonizzazione delcontado a lesi nel secolo XJIj, in “Atti e Memorie” Deputazione di Storia Patria per le Marche, Ancona, 1979.

T. FRANCESCHINI, La Vallesina nel contesto dei dialettimarchigiani, in 5. Anselmi (a cura di), Nelle MarcheCentrali, Jesi, 1979.

P. GALANTE - A. MINETI , Le ferrovie nellAppenninoCentrale, in “Proposte e Ricerche”, n. 20, Senigallia,1988.

D. GASPARI, Fortezze marchigiane e umbre del secolo XT(Foligno, 1886.

A. GIANANDREA, Della signoria di Francesco Sforzanella Marca secondo i documenti dell ‘archivio fabrianese, Firenze, 1888.

P. GIULIANI, Sugli Statuti comunali (secolo XV-XVI) dilesi Senigallia e di alcune “Terrae et castra “, in 5. Anselmi (a cura di), Nelle Marche Centrali, Jesi, 1979.

G. LUZZATrO, Per la storia sociale dei comuni marchigiani, in “Le Marche”, a. VII, Senigallia, 1907.

J. C. MAIRE VIGUER, Comuni e signorie in Umbria, Marche e Lazio, Torino, 1987.

O. MARINELLI, Materiali per la storia della cartografiamarchigiana, in “Le Marche”, a. VII, Fano, 1902.

R. MASSA - F. PEDROTTI, Guida alla natura dell EmiliaRomagna e Marche; Verona, 1977.

M. MAURO, Castelli rocche torri cintefort/ìcate delle Marche, voli. 2, Ancona, 1985-1988.

P. MERISIO - P. ZAMPETI’I, La valle dell’Esino, Bergamo,1977.

O. MIGLIORELLI, La valle dell’Esino tra Marche settentrionali e Piceno, in P. Persi (a cura di), Conoscere le Marche, Ancona, 1985.

R. MOLINELLI, Città e contado nella Marca pont/ìcia inetà moderna, Urbino, 1984.

U. MOSCATELLI, Municipi romani della V ‘Regio” Augustea: problemi storici ed urbanistici del Piceno centro-settentrionale, in “Picus” n. 5, Roma, 1985.

M. NATALUCCI, Lotte di parte e manfestazioni ereticali

nella Marca agli inizi del secolo (I in “Studia Picena”voi. 24, Fano, 1956.

R. PACI, Il paesaggio agrario delle Marche, in Ecologia econservazione della natura, Fabriano, 1982.

R. PACI, La casa rurale: premesse questioni di metodo, inS. Anselmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloni-che; economia del podere nella storia delLagricolturamarchigiana, Ancona ,1986.

R. PACI, Nascita, sviluppo e morte della mezzadria, in S.Anselmi (a cura di), La Provincia di Ancona. Storia diun territorio, Bari, 1987.

R. PACI, Sedimentazioni storiche nel paesaggio agrario, in5. Anselmi (a cura di), Nelle Marche centrali, Jesi, 1979.

G. PAGNANI, I viaggi di San Francesco dAssisi nelle Marche; Milano, 1962.

G. B. PELLEGRINI, Appunti di toponomastica marchigiana, Ancona, 1983.

P. PERSI, Alta e bassa Vallesina: note di geografia ruralecomparata, in 5. Anselmi (a cura di), Nelle MarcheCentrali, Jesi, 1979.

P. PERSI (a cura di), Conoscere le Marche, Ancona, 1985.C. PIERUCCI, L ‘abbazia di 5. Elena dellEsino, Jesi, 1981.G. PIETRUCCI, Cultura popolare marchigiana. Canti e

testi tradizionali raccolti nella Vallesina, Jesi, 19855. PRETELLI, Abitazioni contadine nelle Marche setten

trionali dell’Ottocento, in “Proposte e Ricerche”, n. 7,Senigallia, 1981.

G. RE - A. MONTIRONI - L. MOZZOLI, Le abbazie. Architettura abbaziale nelle Marche; Ancona, 1987.

A. RICCI, Memorie storiche delle arti e degli artisti dellaMarca di Ancona, Macerata, 1834.

E. RICCI, Marche; Torino, 1929.R. ROSSINI, Insediamenti urbani: città terre castelli, in 5.

Anselmi (a cura di), La provincia di Ancona. Storia diun territorio, Bari, 1987.

E. SARACCO PREVIDI, Urbanesimo e ruralità nel Medioevo marchigiano, in “Studia Picena”, vol.48., Fano, 1982.

E. SARACCO PREVIDI, Per una ricostruzione degli insediamenti medioevali nelftntroterra della Marchia, Macerata, 1985.

P. SELLA, Rationes decimarum Italiae nei secoli XJI e XIVMarchia, Città del Vaticano, 1960.

L. SERRA, L’arte nelle Marche; voli. 2, Pesaro, 1929.G. STRAFFORELLO, La patria. Geografia dell’italia. Pro

vincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro e Urbino, Torino, 1898.

A. STRAMUCCI, L ‘arte nellAnconetano, Macerata, 1971.TAGLIAVINI, Le Marche; Milano, 1965.

G. TASSONI, Arti e tradizioni popolari, Le inchieste napoleoniche sui costumi e le tradizioni popolari nel regno,Beilinzona, 1973.

O. TURCHI, De ecclesiae camerinensis Roma, 1772.R. UGOLINI, L Appennino Camerinese. Gruppo pccidenta

le; Lucca, 1923.A. VASINA, Aspetti e problemi di storia plebana nelle Mar

che; in “Studia Picena” vol.45, Fano, 1978.C. VERDUCCI, Tipologie abitative nelle Marche meridio

nali.’ IsecoliXVIIeXVIll in “Proposte e Ricerche”, n. 7,Fano, 1981.

G. VITALETTI, Dolce terra di Marca, Milano, 1927.

452

IIIIII’IIIIIIIiIIIaIIIIII

Page 96: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

G. VITALETTI, Tradizioni carolingie e leggende spirituali,in “Archivium romanicum”, a. III, Firenze, 1919-21.

G. VITALETTI, Leggende spirituali, Lanciano, 1928.G. VOLPE, Case torri colombaie. Ascoli Piceno, 1984.

G. VOLPE, Tipologia della casa-to rre-colombata nelleMarche settentrionali: alcune considerazioni, in “Proposte e Ricerche”, n. 7, Senigallia, 1981.

F. ZUCCHI, Del vestire alla marchigiana, Firenze, 1964.

453IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlIIII

Page 97: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

i— Al Vettore. Osservazioni e studi, Ancona, 1971.— Atlante storico del territorio marchigiano, Ancona,

1983.— Bibliografia geologica e paleontologica dei dintorni di

Fabriano, Bologna, 1883.— Estratto dai censimenti dei biotopi di rilevante interesse

vegetazionale, Camerino, 1971.— il Ginguno. Genga, 1990.— Il patrimonio vegetale delle Marche con carta della ve

getazione, Falconara. 1981.— La geologia nelle Marche, Camerino, 1986.— Le Marche. Archeologia storia territorio, Fano, 1987.— Speleologia e caverne del Fabrianese, Fabriano, 1971.R. ALMAGLÀ’, Documenti cartografici dello Stato Pontifi

cio. Città del Vaticano, 1960.A. AIvIATI, Dizionario corografico dell’italia, Milano, 1878.A. ANSELMI, La corografia del ducato d’Urbino e del Pice

no, in “Le Marche”, a. VIII, Senigallia, 1908.ASSOCIAZIONE NATURALISTICA FABRIANESE, Proposte per la costituzione di riserve naturali nel bacinomontano dell’Esino, Fabriano, 1976.ASSOCIAZIONE NATURALISTICA FABRIANESE, Unparco naturale per lAlto Esino, Fabriano, 1988.

E. BIONDI, Il bacino montano dell’Esino, Bari. 1974.E. BIONDI, L ‘assetto del territorio e gli ambienti naturali

nelllta Valle dell’Esino, Fabriano, 1978.E. BIONDI, Analisi e storia dell’ambiente, in G. Castagnari

(a cura di), La città della carta, Jesi, 1896.E. BIONDI, Ambiente naturale e trasformazioni di origi

ne antropica, in 5. Anselmi (a cura di), La provincia diAncona. Storia di un territorio, Bari, 1987.

M. A. BOCCHINI VAPANI, Un’area carsica nell’alto Esino,Roma, 1971.

F. BONASERA, Bibliografia geografica marchigiana, Ancona, 1956.

F. BONASERA, La cartografia storica territoriale delleMarche (1561-1851) come supporto conoscitivo, Roma,1985.

F. BONASERA, Le comunità montane delle Marche: aspetti geografico-economici, Bologna, 1980.

F. BONASERA, Considerazioni geografiche sull’industriadella carta in Pioraco (Marche centrali), in “Studia Pi-cena’, voI. 24, Fano, ‘1956.

F. BONASERA - B. EGIDI, Fonti per lo studio geograficodelle Marche 1861-1960,Jesi, 1983.

C. CANAVARI, Una lettera dello Scarabelli sulla grotta diFrasassi e sul monte Ginguno, Bologna, 1964.

C. CANAVARI, Fra dirupi e caverne, Fabriano, 1949.C. CANAVARI. La gola di Frasassi, Milano, 1928.I. CANAVARI, La fauna dei calcari marnosi da cemento

nelle vicinanze di Fabriano (dalle Memorie di paleontologia di Mario C’anavari), Pisa, 1910.

A. CARANCINI, Il parcofluviale del Giano, in E. Biondi (a

cura di), Verde; città e territorio, Jesi, 1986.G. CASTAGNARI - N. LIPPARONI, Parco naturale dellAlto

Esino. Approccio allo studio sulle sedimentazioni storiche dell’ambiente, in “Atti e Memorie” Deputazione diStoria Patria per le Marche, voI. 92, Ancona, 1989.

C. CATOLFI, Il quadro geografico, in 5. Anselmi (a curadi), La provincia di Ancona. Storia di un territorio,Bari. 1987.

C. CATOLFI, Le comunanze agrarie nella transizione alNovecento, in S. Anselmi (a cura di), Nelle Marche Centrali, Jesi, 1979.

A. FANTINI, Stato dell’ambiente nel comune di Matelica,tesi di laurea, Camerino, 1977-78.

G. FORTUNATI BALLELLI - M. R. GERANI, Il parco naturale dell’Alto Esino strumento per l’educazioneambientale; in E. Biondi (a cura di), Verde; città e territorio, Jesi, 1984.

A. GINEVRI BLASI, La grotta di Frasassi nei Subappenninidell Italia centrale, Bologna, 1875.

P. GIUSEPPETTI, Le grotte di Fabriano Sassoferrato eGenga, Fabriano, 1922.

G. M. GUADAGNINI, Le grotte di Frasassi, Milano, 1986.M. LOMBARDI, Alta Vallesina. Esanatoglia e le sorgenti

delLEsino, in P. Persi (a cura di), Conoscere le Marche,Ancona, 1985.

G. MANGANI - 5. ANSELMI, Il territorio dei beni culturali,Ancona, 1979.

O. MARCOALDI, Valdicastro cenni storici e topografici, Fabriano, 1877.

O. MARINELLI, Materiali per la storia della cartografiamarchigiana, in “Le Marche”, a. Il, Fano, 1902.

R. ‘vLkSSA - F. PEDRO’FIi, Guida alla natura dell’EmiliaRomagna e Marche; Verona, 1977.

R. rvIASSEI, La valle di Campodonico visioni panoramiche,Roma, 1938.

P. MERISIO - P. ZAMPETTI, La valle dell’Esino, Bergamo,1977.

O. MIGLIORELLI, La valle dellEsino tra Marche settentrionali e Piceno, in P. Persi (a cura di), C’onoscere le Marche, Ancona, 1985.

G. B. MILIANI, Fabriano e dintorni, Fabriano, 1883.G. B. MILIANI, La grotta del monte Ginguno, Torino, 1882.G. MONACHESI (a cura di), Gli effetti dei terremoti del

1741-1747-1751 sul territorio della Comunità MontanaAlta Valle delLEsino, dattiloscritto, 1983.

U. MOSCATELLI, Municipi romani della V ‘R’gio’ Augustea: problemi storici ed urbanistici del Piceno centro-settentrionale, in “Picus”, n. 5, Roma, 1985.

O. PACI - O. PIGNOCCHI - M. SILVESTRINI. Schede per località: Arcevia (AV), in “Picus’, n. 5, Roma, 1985.

P. PERSI. Alta e bassa Vallesina: note di geografia ruralecomparata, in 5. Anselmi (a cura di), Nelle MarcheCentralj, Jesi, 1979.

454

Page 98: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

P. PERSI (a cura di), Conoscere le Marche. Ancona, 1985.C. PIERUCCI, L’abbazia di S. Elena dell’Esino, Jesi, 1984.L. PIGORINI, La grotta di Frasassi presso Fabriano,

Parma, 1895.V. PROCACCINI RICCI, Memoria su la grotta di Frasassi,

Rimini, 1978.M. RONCONI, Lo stato del verde pubblico a Matelica, in E.

Biondi (a cura di), Verde città e territorio, Jesi, 1986.N. ROSSI, Un decennio di dati meteorologici,. 5. Benedetto

del Tronto, 1984.E. SCARAFONI, Profilo geografico-economico del Fabria

nese e l’industria a Fabriano, tesi di laurea, Perugia, Wflf1963-1964.

G. STRAFFORELLO, La Patria. Geografia dell’Italia. Provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro e Urbino, Torino, 1898.

R. UGOLINI, LAppennino Camerinese. Gruppo occidentale, Lucca, 1923.

B. WILKENS, La fauna dei livelli neolitici ed eneolitici diAttiggio, in “Picus”, n. 5, Roma, 1985.

A. ZONGHI, Scoperte paleontologiche nella grotta delmonte Ginguno detto di Frasassi Ancona, 1872.

i il 1111111111 lii liii I lilla

Page 99: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IF41 4r ,

•$Pw— Bibliografia geologica e paleontologica dei dintorni di

Fabriano, Bologna, 1883.— Di Sentinum antico municipio romano dattiloscritto

presso la Biblioteca Comunale Fabriano, s.d.— Le Marche. Archeologia storia territorio, Fano, 1987.— Notiziario archeologico, in “Rassegna marchigiana”, Pe

saro, 1930-1931.R. AMBROSINI, Cenni storici sopra Tufico, Sanseverino.

1848.A. ANGELT.JCCI, Due lapidi romane rinvenute presso Ma

telica sulla metà del corrente secolo, in “Nuova RivistaMisena”, a. V, Arcevia, 1892.

G. BOCCANERA - S. CORRADINI, Preistoria e archeologianel Camerinese, in “Studi Maceratesi”, n.4, Macerata,1967.

L. BRECCIAROLI TABORELLI, Sentinum, la città il museo,Ancona, 1978.

L. BRECCIAROLI TABORELLI, Nuovi scavi a Sentinum(7974-1976), Sassoferrato, 1976.

T. BRIGANTI, Lettera agli illustrissimi signori consiglieridi Matelica, Pesaro, 1773.

C. CESARI, I castelli del Modenese. Ricerche storiche e tecniche su alcune costruzioni difensive pre-romane, Modena, 1906.

G. A. COLINI, Necropoli del Pianello presso Genga, dattilo-scritto presso Biblioteca Comunale Fabriano.

F. DE BOSIS, La caverna ossifera di Frasassi. Ancona,1872.

G. GAMURRINI, Tufico notizie di scavi, Roma, 1893.C. M. LERICI, I nuovi metodi di prospezione archeologica,

Milano, 1961.

M. MORETi] - A. A. BITTARELLI, Macerata e il suo territorio, archeologia e urbanistica, Macerata, 1984.

N. NEGRONI CATACCHIO, Di alcuni manufatti litici rinvenuti in località Vallemontagnana di Fabriano, Sassoferrato, 1970.

G. PACI - G. PIGNOCCHI - M. SILVESTRINI, Schede per località: Arcevia (AN), in “Picus”, n. 5, Roma, 1985.

5. PEDICA, Uno studio sull’antica area di Esanatoglia,Ancona, 1943.

D. PILATI, Attidium materFabriani, Matelica, 1988.C. RAMELLI, Lettere su l’iscrizione tuficana ed attidiate.

Roma, 1846.C. RAMELLI, Iscrizioni fabrianesi e attidiate trovate in

Nebbiano, Roma, 1850.C. RAMELLI, Iscrizioni tuficane. Fabriario. 1847.C. RAMELLI, Monumenti mitriaci di Sentino antico Muni

cipio romano, Fermo, 1853.U. RELLINI, Ricerche stratigrafiche nell bitato preistorico

cli Genga, dattiloscritto presso la Biblioteca ComunaleFabriano.

R. SASSI, I ricordi romani di Fabriano, Fabriano, 1938.R. SASSI, Iscrizioni medioevali del territorio fabrianese,

Fano. 1931.R. SASSI, I recenti scavi di Attidium, in “Rassegna marchi

giana”, Pesaro, 1922.G. STOPPOLONI - A. VIVARELLI, Fabriano nella preistoria

e nella paleozoologia, Fabriano, 1962.B. WILKENS, La fauna dei livelli neolitici ed eneolitici di

Attiggio, in “Picus”, n. 5, Roma, 1985.A. ZONGHI, Scoperte paleontologiche nella grotta del

monte Ginguno detto di Frasassi, Ancona, 1872.

456

IIIIIIIIIIIIIII’IIIIIIIIII

Page 100: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

— Architettura militare del Rinascimento nelle Marche, in“Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1933.

A. ANGELUCCI, L’antico palazzo e la torre della città diMatelica, in “Nuova Rivista Misena”, Castelplanio, 1895.

5. ANSELMI (a cura di), Insediamenti rurali case coloni-che economia del podere nella storia dell’agricolturamarchigiana, Jesi, 1985.

5. ANSELMI - G. VOLPE, Marche architettura popolare,Bari, 1977.

E. ARCHE’TTI, Dalle origini dell’insediamento rurale sparso e accentrato nell’alta Marca tra X e XV secolo, in 5.Anselmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloni-che, economia del podere nella storia dell’agricolturamarchigiana, Jesi, 1985.

L. BENEVOLO, L’arte e la città medioevale; Bari, 1976.L. BENEVOLO, Introduzione all’architettura, Bari, 1973.5. BIG]ARET1’I, Matelica e dintorni edflci e opere d’arte;

in “Picenum”, Roma, 1911.S. BIGTAREITI, Edifici ed opere d’arte in Matelica. in

“Sesto Centenario della Beata Mattia”, Matelica, 1919.D. BISCHI, Tavullia fra Montefeltro e Malatesti - Storia e

cultura, in Atti del convegno, Urbania, 1986.A. A. BI’ITARELLI, Dimore di pastori boscaioli eflilciatori

dei Sibillini, in “Proposte e Ricerche” n. 7, Senigallia,1981.

L. BOCCI, 5. Vittore. Fotografie relazione di restauri, materiale inedito presso la Biblioteca Comunale di Fabriano.

F. BONASERA, Le ville storiche delle Marche, in E. Biondi(a cura di), Verde; città e territorio, Jesi, 1984.

G. CACIAGLI, Il castello in Italia. Saggio d’inteipretazionestorica dell’architettura e dell’urbanistica castellana,Firenze, 1979.

G. CAMPAGNOLI, I castelli della Marca di Ancona, Milano, 1985.

U. CARDARELLI (a cura di), Studi di urbanistica, Bari,1979.

E. CARDELLI, Una chiesina del XII secolo nelle Marche, in“Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1929-1930.

I. CECCARINI, Composizione modulare Trento, 1989.C. CESARI, I castelli del Modenese. Ricerche storiche e tec

niche su alcune costruzioni dftnsive pre-romane; Modena, 1906.

A. CHERUBINI, Arte medioevale nella Vallesina, Jesi,1977.

P. CINCILLA, Le case rurali di un borgo murato. Casteldella Pieve; in “Proposte e Ricerche”, n. 7, Senigallia,1981.

G. M. CLAUDI, 5. Vittore delle Chiuse; Roma, 1982.G. M. CLAUDI, La rocca di Sassoferrato secolo XIV, Roma,

1985.G. M. CLAUDI - L. CATRI, La casa contadina nel Sassofrr

ratese, (secoli XIV-XVI), Sassoferrato, 1988.

457

F. CONTI, Storia dell’architettura in Occidente, Novara,1981.

G. CRUCIANI FABOZZI, Fortificazioni e insediamenti fortificati nel territorio di Camerino. Vicende, aspetti eproblemi, in “Studi Maceratesi”, n. 9, Macerata, 1973.

G. M. DE ROSSI, Torri e castelli medioevali nella campagna romana, Roma, 1969.

C. DE SETA (a cura di), Storia d’Italia. Insediamenti e territorio, Milano, 1985.

G. FASOLI, Castelli e signorie rurali, in Agricoltura emondo rurale, pp. 531-567, Spoleto, 1966.

B. FELICIANGELI, Di alcune rocche dello Stato di Camerino, in “Atti e Memorie” Deputazione di Storia Patria perle Marche, n.s. I, Ancona, 1904.

A. FIECCONI, Luoghi fortificati e strutture edilizie del Fabrianese nei secoli XI-XII1 Milano, 1975.

A. FIECCONI, Case contadine e vita quotidiana in alcunidistretti della Marca di Ancona, in 5. Anselmi (a curadi), Insediamenti rurali, case colnniche economia delpodere nella storia dell’agricoltura marchigiana, Jesi,1985.

E. FRANCIA, Storia dell’artepaleocristiana, Milano, 1969.R. FRANCOVICH, I castelli del contado fiorentino nei se

coli XII e XII Firenze, 1976.D. GASPARI, Fortezze marchigiane e umbre del secolo XV

in “Archivio Storico dell’Umbria”, Foligno, 1886.M. KIRCHMAYR, L’architettura italiana, Torino, 1972.5. MAGGI - C. ARTOCCHINI, I castelli del Piacentino, Pia

cenza, 1976.5. MALASPINA, Rocca di monte Vermine, in “A”, n. 2, Ma

cerata, 1989.F. MANCINI - W. VICHI, Castelli rocche e torri di Roma

gna, Bologna, 1959.E. MANDOLESI, Le torri di Cagliari, Roma, 1958.M. MAURO, Castelli rocche torri cinte fortificate delle Mar

che; volI. 2, Ancona, 1985-1988.A. MONTIRONI - L. MOZZONI, L’oro il verde il rosso Ma

telica, Macerata, 1981.I. MORETTI - R. STOPANI, I castelli dell’antica lega del

Chianti, Firenze, 1972.M. MORE’ITI - A. A. BITTARELLI, Macerata e il suo territo

rio. Archeologia e urbanistica, Macerata, 1984.U. MOSCATELLI, Municipi romani della V ‘Regio’ Augu

stea: problemi storici ed urbanistici del Piceno centro-settentrionale; in “Picus”, n. 5, Roma, 1985.

R. PACI, Gli insediamenti rurali nel contado iesino allafine del 2O in “Proposte e Ricerche”, n. 7, Senigallia,1981.

R. PACI, La casa rurale: premessa e questioni di metodo,in 5. Anselmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloniche; economia del podere; nella storia dell’agricoltura marchigiana, Jesi, 1985.

R. PACIARONI, Palombare e dimore rurali a San Severino

IIIIIIIIININIIIIIIIIIIII

Page 101: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

111111111111 tra XIV e XVI secolo, in S. Anselmi (a cura di), Insediamenti rurali, case coloniche, economia del podere nellastoria dell’agricoltura marchigiana, Jesi, 1985.

A. PALOMBARINI, La casa nel Maceratese, in “Proposte eRicerche”, n. 7, Senigallia, 1981.

A. PANTALONI, Restauro della parte pid antica del monastero di 5. Silvestro abbate, in Inter Fratres”, a. 34, Fabriano, 1984.

N. PEVSNER. Storia dellArchitettura europea, Bari, 1976.C. PIERUCCI. L’abbazia di 5. Elena dell’Esino. Memorie

storiche e artistiche. Jesi, 1981.5. PRETELLI, Abitazioni contadine nelle Marche setten

trionali dell’Ottocento, in ‘Proposte e Ricerche”, n. 7.Senigallia, 1981.

G. RE - A. MONTIRONI - L. MOZZOLI. Le abbazie. Architettura abbaziale nelle Marche, Ancona. 1987.

R. ROSSINI, Insediamenti urbani: cittd terre castelli, in S.Anselmi (a cura di), La provincia di Ancona. Storia diun territorio. Bari, 1987.

P. SANTINI, Arcevia. Itinerario nella storia e nell’arte, Arcevia, 1984.

E. SARACCO PREVIDI, Grange cistercensi nel territorioniaceratese: insediamenti rurali e monastici dei secoliX[I e XIIJ in “Proposte e Ricerche”, n. 7, Senigallia,1981.

E. SARACCO PREVIDI, Ancleo urbano e contado opiuttosto “Gli uomini del territorio maceratese nel secolo Xlii,n S. Anselmi (a cura di), Nelle Marche centrali, Jesi,1979.

E. SAR4CCO PREVIDI, Per una ricostruzione degli insediamenti medioevali nell’entroterra della Marchia. Ma-

cerata, 1985.R. SASSI, Intorno alle origini di 5. Ansovino di Avacelli, in

‘Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1929.M. I. SCARIN, I castelli medioevali nella Lunigiana occi

dentale, in “Annali di Ricerche e Studi. di Geografia”,1972.

G. SCATENA, Il torrione di Francesco di Giorgio Martiniin C’agli, Urbania, 1986.

G. SCHMIEDT, Le fortificazioni altomedioevali in Italiaviste dall’aereo, in Ordinamenti militari in Occidentenell’alto Medioevo, Spoleto, 1968.

S. SEBASTIANELLI. Il castello di Rotondo, Sassoferrato,1989.

L. SERRA, L’arte nelle Marche voil. 2, Pesaro, 1929.L. SERRA, Chiese romaniche nelle Marche: San Vittore di

Chiusi, in ‘Rassegna marchigiana”. Pesaro, 1922-1923.D. TALBOT RICE, Medioevo, in Architettura nei secoli, Ve

rona, 1965.C. VERDUCCI. Tipologie abitative nelle Marche meridio

nali.’ i secoli XVII e XVII4 in “Proposte e Ricerche”, n. 7,Fano, 1981.

G. VOLPE, C’ase torri colombaie. Ascoli Piceno. 1984.G. VOLPE, Tipologia della casa-torre-colom baia nelle

Marche settentrionali.’ alcune considerazioni, in “Proposte e Ricerche”. n. 7, Senigallia, 1981.

G. VOLPE - R. SAVELLI, La rocca di Fossombrone, Urbino,1979.

F. ZERI (a cura di), Storia dell’arte italiana. Inchieste suicentri minori, Milano, 1980.

F. ZERI (a cura di), Storia dell’arte italiana. Momenti diarchitettura. Torino, 1983.

1111111111 I Il III 1111111111

Page 102: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

AGKOLTURA4CONOMIA-INTRASTRUTflJRE

— Atti della Giunta per l’inchiesta agraria sulle condizioni della classe agricola, provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Pesaro e Macerata, Roma, 1883.

— Capitolato per I iffitto deifondi rustici, Ancona, 1877.— Editto di altri regolamenti per la fabbricazione dei

panni di lana, Roma, 1818.— Editto del card. Bartolomeo Pacca sulla manijdttura

dei panni di lana, Roma, 1820.— Motu proprio di papa Pio VII concernente regolamenti

per lafabbricaione dei panni di lana. Roma, 1817.— Organizzazione e sviluppo di un sistema cli comunità

montane nelle Marche Roma. 1975.— Panni lana, Fabriano, 1848.— Ricon versione e recupero della collina interna della

montagna marchigiana, Urbino, 1986.— Territorio montano e pianificazione operatitn, Milano,

1984.P. ANGELINI, Terza Italia e dintorni. Un caso di impren

ditoria marchigiana, tesi di laurea, Urbino, 1986-1987.S. ANSELMI, Una storia dell’agricoltura marchigiana,

Jesi, 1985.S. ANSELMI, Mezzadri e terre nelle Marche. Bologna,

1978.S. ANSELMI. L gricoltura marchigiana nella dimensione

storica, in ID, (a cura di), Insediamenti rurali, case coioniche, economia del podere nella storia dellgricoltura marchigiana, Jesi, 1985.

S. ANSELMI, La selva il pascolo l’allevamento nelle Marchedei secoli X[Ve XV in “Studi urbinati”, Urbino, 1975.

5. ANSELMI, L’industria della lana a Matelica, in “Quaderni Storici”, n. 1, Urbino, 1966.

S. ANSELMI (a cura di), Insediamenti rurale case coloni-che economia del podere nella storia dell’agricolturamarchigiana, Jesi, 1985.

A. ANTONELLI, L ‘allevamento del bestiame nell conomiadella Jrniglia Piersanti a Matelica, in “Studi Macerate-si”, Macerata, 1987.

A. ANTONELLI, Fabbriche della lana intra et extra moenia”aMatelica. Macerata, 1988.

A. M. AVENALI, I rapporti fiscali tra Fabriano ed il conta-do nel secolo XVI e XVI]; tesi di laurea, Urbino, 1983-1984.

A. BECCHI, L’apparato industriale della Comunità montana alta Valle dell’Esino, in Orientamento e nuove pro

Jèssionalità, Jesi, 1986.B. BELLOMARIA - L. DELLA MORA, Novità nell’uso delle

piante officinali per la zona di Matelica anche in confronto con altre zone in “Archivio Botanico e Biografi-co Italiano”, n, 61, Forlì, 1986.

P. BERGAMO, La struttura economica di Fabriano dal1800 al 1860, tesi di laurea. Roma, 1981-1982.

A. L. BINI, 11 monastero marchigiano di S. Vittore delleChiuse nei secoli XI e XII economia società e ammini

strazione tesi di laurea, Bologna, 1984-1985.E. BIONDI, Beni ambientali e nuove professionalità, in

Orientamento e nuove professionalità, Jesi, 1986.F. BONASERA, Le comunità montane delle Marche: aspet

ti geografico-economici. Bologna. 1980.L. CACCIAMANI, Alcuni aspetti di politica economica

della comunità ftbrianese nelle prima metà del ‘700,tesi di laurea, Perugia, 1971-1972.

G. CASTAGNARI, Tutela e uso dei territorio nell’alto Esinosecondo gli ordinamenti comunali dei secoli XIV e XV;in “Proposte e Ricerche”, n. 20, Senigallia, 1988.

G. CASTAGNARI (a cura di), La città della carta, ambientesocietà cultura nella storia di Fabriano, Jesi, 1986.

G. CASTAGNARI, Funzioni dei centri storici rurali oggi,Fabriano, 1978.

G. CASTAGNARI, Dall’impresa artigiana all’industrializzazione, in ID (a cura di), La città della carta. Jesi,1986.

G. CASTAGNARI - N. LIPPARONI, Agricoltura e politicatributaria a Fabriano sotto Pio 14]; in “Atti e Memorie”Deputazione di Storia Patria per le Marche, Ancona,1977.

G. CASTAGNARI - N. LIPPARONI, La rete viaria nell’areafabrianese dal Medioevo al XV secolo, in “Atti e ìvlemone” Deputazione di Storia Patria per le Marche, Voi. 89-91, Ancona, 1987.

G. CASTAGNARI - N. LIPPARONI, Lineamenti storico-economici dell’area appenninica fabrianese nell’alta Valleclell’Esino, Fabriano, 1980.

C. CATOLFI. Le comunanze agrarie nella transazione alNovecento, in S. Anselmi (a cura di), AW1e Marche Centrali, Jesi, 1979.

D. CECCHI, La revisione generale dell’estimo rustico nelloStato Font(Jìcio ed in particolare nelle provincie di Ancona e Macerata, in “Studi Maceratesi”, n. 15, Macerata,1979.

A. CIOCCI. Aspetti socio-economici della comunità inontana alta Vizlle dell’Esino. Roma. 1976.

A. COLA, La comunità montana ente di programmazione,in Orientamento e nuove professionalità, Jesi, 1986.

U. COLOMBO, Tecnologie di,frontiera e nuotA profili professionali, in Orientamento e nuove professionalità,jesi, 1986.

I. FAVARETTO, Crisi industriale e ristrutturazione manifiitturìera, in Orientamento e nuove projèssionalità.Jesi, 1986.

A. FIECCONI, Le terre pubbliche e la ricolonizzazione delcon tado a Jesi nel secolo XII]; in “Atti e Memorie” Deputazione di Storia Patria per le Marche, Ancona, 1979.

N. LIPPARONI, Agricoltura e civiltà contadina, in G. Castagnari (a cura di), La città della carta, Fabriano, 1986.

N. LIPPARONI, La vendita dei beni demaniali dopo l’Unitànell’alto Esino. in 5. Anselmi (a cura di). Nelle Marche

159

Page 103: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

IIINIIIIIIIII Cntrali, Jesi, 1979.N. LIPPARONI, I monasteri benedettini fabrianesi e le leggi

soppressive del Regno dJtalia, in Aspetti e problemi delMonachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano,1982.

N. LIPPARONI, Uomo e territorio nella storia dellAlta Valledell’Esino, in Antologia della cucina popolare, Jesi,1986.

O. MARCOALDI, Guida e statistica della città e comune diFabriano, Fabriano. 1873.

O. MARCOALDI, Intorno alla soppressione del circondanodi Fabniano nel nuovo rzpartimento territoriale dellaMarche, Genova, 1869.

G. MILIANI, Le capre e i boschi del territorio fabrianese.Fabriano, 1883.

G. B. MILIANI, Fabriano e dintorni, Fabriano, 1883.B. PACCA, Noqflcazioni del card. B. Pacca aifabbnicatori

dèipanni di lana della città di Matelica, Roma, 1818.R. PACI, Il paesaggio agrario delle Marche, in Ecologia e

conservazione della natura, Fabriano, 1982.R. PACI, Nascita, sviluppo e morte della mezzadnia, in S.

Anselmi (a cura di), La provincia di Ancona. Storia diun territorio, Bari, 1987.

R. PACI, Sedimentazione storiche nel paesaggio agrario, inS. Anselmi (a cura di), Nelle Marche 6’entrali, Jesi, 1979.

A. RISPOLI, L -inda mento demografico e produttivo dellaComunità montana alta Valle dell’Esino, in Orientamento e nuove professionalità, Jesi, 1986.

M. ROSA - G. TAMBURINI, Primi elementi per una programmazione turistico-economica dell’area di Frasassi,Modena, 1977.

E. SCARAFONI, Profilo geografico-economico del fabrianese e l’industria a Fabriano, tesi di laurea, Perugia,1963-1964.AURELIO ZONGHI, Rivendicazioni di proprietà comunali a Fabriano nel sec, XIII (1252-1296), Senigallia,1908.

460

I’IIIIIÌIIIIIIII’IIIIIIII,

Page 104: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

lA VITA RUCIØS

— Aspetti e problemi del Monachesimo benedettino nelle.llarche, Fabriano, 1982.

— Beata Mattia Nazzarei, Matelica, 1988.Confutazione della dissertazione istorica del sig. Acquacotta stampata l’anno 1728 in Fabriano. Fermo,1831.

— Dissertazio ne istorico-critica sull ‘Istituto professatodalla B. Mattia Anzzarei nel Monastero di Santa MariaMaddalena di Matelica, Camerino, 1816.

— La cronaca religiosa di Fabriano. Bollettino della PiaUnione della Madonna del Buon Gesz2, Fabriano, 1909-1910.

— San Romualdo, ricognizione sepolcro, Fabriano, 1981.C. ACQUACOTTA. Il monastero di 5. Maria Maddalena di

Matelica dalla sua Jbndazione fino al 1522, Fabriano.1828.

A. AMATORI. Le abbazie e i monasteri piceni notiziabreve, Camerino, 1870.

G. ANNIBALDI, 5. Benedetto e lEsio, jesi, 1880.R. ARI\IEZZANI, La vita religiosa, in G. Castagnari (a cura

di) La città della carta, Jesi, 1986.D. I3ARTOLETTI, La civiltà eremitica e monastica sulLAp

pennino dell’alta Umbria, Gubbio, 1987.R. BARTOLEYI’I (a cura di), San Romualdo, vita icono

grafia, Fabriano, 1984.A. BELLENGHI, Istoria di due antichissime chiese non co

nosciute e latenti, Perugia, 1835.A. L. BINI, Il Monastero ,narchigiano di 5. Vittore delle

Chiuse nei secoli XI e Xli’ economia società e amministrazione. tesi di laurea, Bologna, 1984-85.

A. G. BlOCCHI, La valle di Somaregia o Salmaregia nelladiocesi di Nocera Umbra, Fabriano, 1989.

A. BOLZONETT1. Il Monte Fano e una grande anacoreta.Roma, 1906.

A. BRICCHI, Matelica e la sua diocesi, Matelica, 1986.E. CARDELLI, O’ia chiesina del XII secolo nelle Marche, in

“Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1929-1930.G. CASTAGNARI, Il monastero di 5. Vittore delle chiuse.

ricerche su un feudo cornitale, in Aspetti e problemi delMonachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano,[982.

G. CASTAGNARI, Un documento in volgare del XII secolo:“La Carta di Fabriano”, Fabriano. 1973.

G. CECCONI. I due fratelli Lippaccio ed Andrea Guzzolinida Osimo, notizie istoriche raccolte ed illustrate con documenti e note, Osimo, 1873.

A. CHERUBINI, Il sistema plebano nella Vallesina, in S.Anselmi (a cura di), Nelle Marche centrali, Jesi, 1979.

G. COLUCCI, S. Vittore, in Antichità Picene. voi. 2. Fermo.1788.

5. CORRÀDINI, L’organizzazione ecclesiastica marchigiaìia nella fine del XIII sec. (Le pievi della diocesi di C’amerino), in “Studia Picena”, voI. 43, Fano, 1976.

I. DI NICOLA - R. BAIDUCCI, Fondazione del primo monastero silvestrino in Matelica, in lnter Fratres” voli.32-33, Fabriano, 1983.

I. DI NICOLA - G. MENGHINI, Dalle Grotte di Frasassi aGrotta Fucile. Ancona. 1987.

I. DI NICOLA - F. POMPEI, MonteJàno, in Dizionariodegli Istituti di Perfr’zione, Roma, 1980.

R. FACCHINI, Memorie storiche della chiesa dei SS. Biagioe Romualdo di Fabriano, Fabriano, 1925.

I. GIORGI - U. BALZANI. Il regesto di Far,fà di Gregorioda Calino, Roma, 1903.

I. GIORGI - U. BALZANI, Chronicon jàrfense di Gregorioda Catino, in Fonti per la Storia ditalia, Roma, 1903.

L. IACOBILLI, Vite de Santi e Beati dell’Umbria e di quelli,i corpi de’ quali riposano in essa provincia, con le vitedi molti servi di Dio dell ‘istessa, Foligno, 1661.

N. LIPPARONI. I Monasteri benedettini fabrianesi e le leggisoppressive del Regno d’italia, in Aspetti e problemi delMonachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano,1982.

T. V. MANCI, Da 5. Romualdo a 5. Silvestro, Fabriano,1939.

O. MARCOALDI. Valdicastro cenni storici e topografici, Fabriano, 1877.

C. MARIO’m. L’ordine francescano in Matelica, Matelica,1909.

G. M.ARTTNA, Note sul monastero delle Clarisse di Matelicanel Settecento e Ottocento, in “Rivista di Storia dellaChiesa”. a. 36. Roma. 1982.

G. MENGHINI. La chiesa di 5. Maria del Ponte del Piano ei monasteri silvestrini di Sassoferrato, Sassoferrato,1982.

A. MERCATI, Sussidi per la consultazione dell’Archivio Vaticano, Città del Vaticano, 1947.

J. B. MITFARELLI - A. COSTADONI, Anna/cs c’ama/dalenses ordinis Sancti Benedicti, voli. 9, Venezia, 1755-

+61

1773.A. PAGNANI. La Badia di Valdicastro. in “Rivista Camai

dolese” a. Il, Ravenna, 1927.A. PAGNANI, 5. Croce dei conti, in “Rivista Camaldolese”

a. I. Ravenna, 1926.G. PAGNANI. I viaggi di 5. Francesco d’Assisi nelle

Marche, Milano, 1962.G. PAGNANI, Ricerche intorno alla vita e all’opera di 5.

Silvestro, in Atti del Convegno di studi storici VIII Centenario della nascita di S. Silvestro, Osimo. 1977.

G. PAGNANI, Luoghi francescani delle Marche di originebenedettina, in Aspetti e problemi del Monachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano, 1982.

A. PANTALONI, Restauro della parte più antica del Monastero di 5. Silvestro Abate, in “Inter Fratres” a. 34, Fabriano, 1984.

U. PAQLI, San Silvestro di Fabriano, antiche pergamene,

I Il liii I Il IllIllIlIllIllIl

Page 105: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

1111111 Fabriano, 1984.C. PIERUCCI - A. POLVERAPJ, Carte di Fonte Avellana, in

Thesaurus Ecclesiarum Italiae, Roma, 1972.A. POLVERARI, Il Beato Gherardo di Serra de’ Cònti, nel

settimo centenario della nascita (1280-1980), Serra de’Conti, 1980.

G. RABOTTI, Breviarum Ecclesiae Ravennatis (Codice Ba-varo) secoli VII-X Roma, 1985.

G. B. RAZZANTI, Memorie civili ed ecclesiastiche dellacittà di Matelica, manoscritto, secolo XVIII, presso laBiblioteca Comunale di Matelica.

E. SARACCO PREVIDI, Convivere nella Marchia duranteil Medioevo, indagini e spunti di ricerca, Ancona, 1986.

E. SARACCO PREVIDI, Uomini e ambiente nella docuinentazione silvestrina nel secolo XIIL in Aspetti e problemi del Monachesimo benedettino nelle Marche, Fabriano, 1982.

R. SASSI, Due documenti capitali su le origini del monastero di S. Vittore delle Chiuse, Pesaro, 1930.

R. SASSI, Un abate guerriero simoniaco e mondano aitempi di Dante, Fabriano, 1926.

R. SASSI, S. Silvestro abbate. Abbazia di Montefrmo. Fabriano. 1967.

R. SASSI, Le pergamene di S. Lucia di Fabriano, Fabriano,1939.

R. SASSI, Il placito di cancelli, Fabriano, 1939.R. SASSI, Chiese dipendenti da monasteri benedettini nel

contadofabrianese, Roma, 1950.R. SASSI, C’ollamato e la peregrinatio Mariae, Fabriano,

1949.R. SASSI, Monasteri camaldolesi di Fabriano, Ravenna,

1927.R. SASSI, Le carte di S. Maria dAppennino. Fano, 1929.R. SASSI, Memorie domenicane di Fabriano, Fabriano,

1935.R. SASSI, 5. C’assiano, Fabriano, 1961.R. SASSI, Le chiese di Fabriano, Fabriano, 1961.R. SASSI, Le carte del monastero di S. Vittore delle Chiuse

di Fabriano, Milano, 1962.R. SASSI. La partecipazione di Fabriano alle guerre della

Marca nel decennio 1320-1330 con documenti inediti,in “Atti e Memorie” Regia Deputazione di Storia Patria

per le Marche, serie IV, voi. VII, Ancona, 1930.R. SASSI, Le cartiere dei monaci di Montefano, in “Inter

Fratres”, a. 10, Detroit, 1959.R. SASSI, Un ‘antica cartiera dei monaci di 5. Vittore sul

Sentino, in ‘Atti e Memorie” Regìa Deputazione di Storia Patria per le Marche, serie V, voi. V, Ancona, 1942.

R. SASSI, Arte e storia fra le rovine d’un antico tempiofrancescano. San Francesco di Val Povera, in “Rassegnamarchigiana”, Pesaro, 1925-1926.

R. SASSI, Chiarimenti su le origini della Cattedrale di Fabriano, un inventano di arredi sacri del secolo XJI1 in“Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1917-1928.

R. SASSI, Chiese artistiche di Fabriano, 5. Lucia, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1928-1929.

R. SASSI. Chiese artistiche di Fabriano, Oratorio della Carità, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1928-1929.

R. SASSI, C’hiese artistiche di Fabriano, Oratorio del Gonfalone, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1928-1929.

R. SASSI. C’hiese artistiche di Fabriano, 5. Niccolò di Bari.in “Rassegna marchigiana”. Pesaro, 1929-1930.

R. SASSI, C’hiese artistiche di Fabriano, S. Benedetto, in“Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1929-1930.

R. SASSI, Tradizioni e santuari francescani nella provincia di Ancona, in ‘Rassegna marchigiana”, Pesaro,1925-1926.

R. SASSI, Un breviario trecentesco un ‘istituzione giubilaree le sue vicende, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro,1925-1926.

P. SELLA, Rationes decimarum Italiae nei secoli XLI e XIVMarchia, Città del Vaticano, 1960.

P. SOLVI, AW centenario dellrezione della chiesa parrocchiale di Iirano. Fabriano, 1977.

R. STOPPONI, Note storiche su due abbati sjlvestrini, Fabriano, 1967.

O. TURCHI, De Ecclesiae ‘amerinensis. Roma, 1772.A. VASINA, Aspetti e problemi di storia plebana nelle Mar

che. in “Studia Picena”, n. 45, Fano, 1978.V. VILLANI, Testimonianze insediative di origine altome

dioevale in un’area di confine fra Marca dAncona educato di Spoleto: l’alta Valle del Misa, in “Studi Senigalliesi”, Senigallia, 1985-1986.

462

NhIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 106: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

‘. .,..“ 4 .‘. ..‘.‘ -‘

— Antologia della cucina popolare, Fabriano, 1987.— Antologia della poesia dialettale dell’alta valle

dell’Esino, Fabriano, 1979.O. ANGELELLI, La villa di Casafoscola leremo di monte

Gemmo ed una festa tradizionale; Fabriano, 1925.G. ANNIBALDI, La traslazione di 5. Romualdo e il culto

nell’Esio, Jesi, 1887.S. BALDUCCI, I dialetti, in S. Anselmi (a cura di). La pro

vincia di Ancona. Storia di un territorio, Bari, 1987.

E. BARIOLI, Leggende niarchigiane, Osimo, 1922.R. BELLABARBA, Proverbi marchigiani illustrati, Firenze,

1971.R. BELLABARBA, Il ciclo della vita nella campagna mar

chigiana, Firenze, 1979.V. BOLDRINI, Estate di S. Martino poesie marchigiane,

Como, 1938.A. BRICCHI, Matelica i suoi abitanti il suo dialetto. Note

storiche letterarie e ricerche linguistiche; Matelica, 1984.L. CASTELLANI. Tradizioni popolari della provincia di

Macerata, Foligno, 1885.L. CASTELLANI - P. SELLA, Proverbi marchigiani, Milano,

1973.A. CASTELLI, Delle storie popolari religiose nelle Marche,

Jesi, 1890.G. CROCIONI, Bibliografia delle tradizioni popolari mar

chigiane, Firenze, 1953.G. CROCIONI, Stornelli arceviesi, Senigallia, 1891.G. DI MODUGNO, Cento leggende marchigiane, Urbisa

glia, 1987.A. M. EUSTACCHI NARDI, Contributo allo studio delle tra

dizioni popolari marchigiane; Firenze, 1958.E. FILIPPINI, Folklorefribrianese, Bologna, 1975.E. FILIPPINI, La scuola di magia. Novellina fabrianese, in

“Archivio Storico delle tradizioni popolari” a. XV, Palermo, 1896.

E. FILIPPINI, Spzgolaturefilkloriche, Fabriano, 1899.T. FRANCESCHINI, La Vallesina nel contesto dei dialetti

marchigiani, in 5. Anselmi (a cura di). Nelle Marche

Centrali, Jesi, 1979.O. MARCOALDI, Le usanze e i pregiudizi, i giuochi de’

ftnciulli, degli adolescenti e adulti, i vocaboli piz genuin i del vernacolo, i canti popolari e i proverbi del popolo Fabrianese, Fabriano, 1877.

F. MONTANI, Lettere su le origini di Fabriano, Fabriano,1922.

M. MORICI, La leggenda di 5. Alessio a Santo Stefano diArcevia, in ‘Niccolò Tommaseo” a. Il, Arezzo, 1905.

A. MORICONI, Il rito del fidanzamento e del matrimonioa Fabriano. tesi di laurea, Padova. 1977.

F. PARRINO, La produzione in dialetto e la ricerca dialettologica nel Maceratese durante il cinquantennio p0-

stunitario, in -Studi Maceratesi”, n. 15, Macerata, 1979.G. PIETRUCCI, Cultura popolare marchigiana. Canti e

testi tradizionali raccolti nella Vallesina, Jesi, 1985.U. SANTARELLI, La Madonna del Monte Strega, Sassoferra

to, 1903.R. SASSI, Leggende popolari intorno ad una antica chiesa

di Fabriano, in “Nostre Regioni” a. Il, nn. 8-9, Ancona.TAGLIAVINI, Le Marche; Milano, 1965.

G. TASSONI, Arti e tradizioni popolari. Le Inchieste Napoleoniche sui costumi e le tradizioni popolari nel regno,Bellinzona, 1973.

G. VITALETTI, Dolce terra di Marca, Milano, 1927.G. VITALETLI, Canti popolari di Valdolmo di Sassoferrato,

in “Archivio delle tradizioni popolari”, a. XV, Palermo,1940.

G. VITALETTI, Vita sassoferratese del secolo XT4 in “Atti eMemorie” Deputazione di Storia Patria per le Marche,Ancona, 1926-1927.

G. VITALEÌTI, Tradizioni carolingie e leggende spirituali,in “Archivium romanicum”, a. III, Firenze, 1919-21.

G. VITALErn, Il poeta della strega, in “Picenum”, a. XII,Roma, 1915.

G. VITALETT’I. Leggende spirituali, Lanciano, 1928.F. ZUCCHI, Del vestire alla marchigiana, Firenze, 1964.

463

IIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIII

Page 107: liii’lamemoriadeiluoghi.regione.marche.it/attachments/article... · 2019. 3. 22. · importanti castelli del contado fabrianese e l’unico nell’area a protezione delle ville

— Inventano degli oggetti drte ditalia. Provincie di Ancona e Ascoli Piceno, Roma. 1936.

A. ANSELMI, Miscellanea storico-artistica di Sassofrrrato edintorni, Firenze, 1905.

A. ANSELMI, Momenti ed oggetti d’arte da osservarsi daun forastiere a Genga. in “Nuova Rivista Misena”. a. V,Arcevia. 1892.

B. ANSELMI, La pittura tra Quattro e Seicento, in S. Anse!mi (a cura di), La provincia di Ancona. Storia di unterritorio, Bari, 1987.

A. ANTONELLI, Il trattatello del Gilio e i dipinti di ErcoleRarnazzani nella chiesa di 5. Agostino a Matelica, in“Studia Picena”, voi. 51, Fano, 1986.

M. BALDELLI, claudio Rido(,fi veronese pittore nelle Marche. Urbania, 1977.

I. BENEVOLO, L’arte e la città medioevale, Bari, 1976.P. BERARDI, Giovanni Antonio Bellinzoni da Pesaro, Bo

logna, 1988.5. BIGIARETTI. Il museo Piersanti in Matelica. Firenze.

19r.5. BIGIARE’ITI, Iconografia del S. Crocifisso in Matelica,

Fabriano, 1915.5. BIGIARETTI, Matelica e dintorni edfìci e opere d àrte,

in Picenum”, a. VIII, Roma, 1911.5. BIGIARETTI, Il museo Piersanti in Matelica catalogo

guida, Firenze, 1917.5. BIGIARETTI, Edifici ed opere d’arte in Matelica, in

“Sesto Centenario della Beata Mattia”; Matelica. 1919.A. A. BITTARELLI, Macerata e il suo territorio. La scultura

e le arti minori, Macerata, 1986.O. CADY-SCOTFI. Arcevia bozzetto storico artistico. Ca

stelplanio, 1897.E. CALZINI, Di un quadro di Frà Fabiano da Urbino, in

“L’arte” n. 67, 1910.E. CATANI, Uno specchio etrusco nel museo Piersanti di

.ifatelica, Padova. 1981.E. CATANI. Un ‘Tondo” figurato del museo Piersanti di

Matelica e l’iconografia del mito greco della nascita diDioniso dalla coscia di Zeus. Assisi, 1986.

A. CHERUBINI, Arte medioevale nella Va/lesina, lesi.1977.

I. CHIAPPINI DI SORIO, Ercole Ramazzani. in LorenzoLotto nelle Marche. Catalogo Mostra, Ancona, 1981.

K. CHRISTIANSEN, Gentile da Fabriano, London, 1982.O. COMAI, Pietro Paolo Agabiti, Sassoferrato, 1971.O. DONNINI, La pittura dal XIII al XVIII secolo, in G. Ca

stagnari (a cura di), La città della carta. Jesi, 1986.G. DONNINI, Proposte per il maestro di C’ampodonico. in

Studia Picena”, voI. 35, Fano, 1967.O. DONNINI, catalogo della Mostra di antichi affreschi

restauratj nel Fabrianese, Urbino. 1971.O. DONNINI, La vicenda pittorica di Matteo da Gualdo, in

Gualdo Tadino. Sintesi di una città, Gualdo Tadino,

1979.O. DONNINI, L’c/fresco di Santa Maria del Piano, in “Se

stante” nn. 2-3, 1989.G. DONNINI, Un S. Silvestro di Antonio da Fabriano, in

“AntichiL). viva”, n. 5, 1977.G. DONNINI, Un affresco ed altre cose di Giovanni Anto

nio da Pesaro, in “Antichità viva’. 1979.G. DONNINI, Nuove osservazioni sul Maestro di C’ampodo

fico, in “Commentari”, a. XXII, 1971.E. FRANCIA, Storia dell’arte paleocristiana. Milano, 1969.L. GNOLI, Pittori e Miniatori dell’Umbria. Spoleto. 1923.L. GRASSI, Tutta la pittura di Gentile da Fabriano, Mila

no, 1953.C. LORENZETTI, Ignorata scultura lignea quattrocentesca

a Fabriano. in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1928-1929.

A. MARABOTTINI, Allegretto Nuzi, in “Rivista d’arte”, a.XII, 1951-1952.

G. MARCHINI. catalogo della Mostra di opere d’arte restaurate, Urbino, 1967.

O. MARCOALDI, Guida e statistica della città e comune diFabriano, Fabriano. 1873.

I). MArFEUCCI, Formazione e personalità di Ercole Rainazzani, in Atti del convegno Ercole Ramazzanì daRocca Contrada e la pittura contronijbrmata nelle Marche, Arcevia, 1989.

O. MENGHINI. La chiesa di S. Maria del Ponte del Piano ei monasteri silvestrin i di Sassoferrato, Sassoferrato,1982.

E. MICHELETFI, L òpena completa di Gentile da Fabriano,Milano, 1976.

13. MOLAJOLI. Guida artistica di Fabniano, Fabriano,1968.

O. MOLAJOLI, Note su Giovanni di C’orraduccio da Foligno, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro. 1932.

G. MOLMOLI. Alcune note sulle collezioni di arazzi a Fabriano, in “Rassegna marchigiana”, Pesaro, 1932.

B. MOLAJOLI, Opere d’arte inedite e sconosciute “Rassegna Marchigiana”. Pesaro, 1932.

A. MONTIRONI - L. MOZZONI. L’oro il verde il rosso Matelica, Macerata, 1981.

R. PACIARONI, Di una tavola commissionata al pittorematelicese Lorenzo de Caro/is detto “Giuda “, in “Notizieda Palazzo Albani”. a. VIII. Urbino. 1979.

C. PIERUCCI, L’abbazia di 5. Elena dell’Esino. Memoriestoriche e artistiche, Jesi, 1981.

E. POSSENTI. Un nuovo a/fresco del maestro’di San Biagio in c’aprile. in “Rassegna marchigiana”, Pesaro. 1932.

A. RICCI, Memorie storiche del/e arti e degli artisti dellaMarca di Ancona, Macerata, 1834.

A. RICCI, Memorie storiche delle arti e degli artisti dellaMarca dAncona, Macerata, 1834.

P. ROTONDI, Argomenti d’arte marchigiana, Fabriano,

46-1

IIIIIIIIIIIINIIIIIIIIIIII