L'identità del gruppo in formazione

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1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO di Mariangela Raffaglio OBIETTIVI Dalle linee guida per la formazione generale dei giovani in servizio civile nazionale. “Si tratta di un modulo/laboratorio nel quale il formatore, utilizzando tecniche formative, lavorerà alla definizione di unidentità di gruppo dei volontari che esprimono le loro idee sul servizio civile, le proprie aspettative, le motivazioni e gli obiettivi individuali Questo modulo, dato il suo contenuto, dovrebbe essere propedeutico a tutti gli altri moduli(in neretto nel testo). La sottolineatura delle linee guida, tra l’altro l’unica di tutto il testo che riguarda i moduli, evidenzia come l’obiettivo di questo spazio formativo non sia solo quello di costituire il gruppo, ma soprattutto di costituirlo in funzione del successivo percorso. L’obiettivo generale è quindi: creare le premesse perché il corso di formazione generale risulti efficace ai fini della realizzazione del progetto e della crescita personale dei volontari. Nella convinzione condivisa che gli atteggiamenti non s’insegnano, questo modulo è propedeutico a che il volontario apprenda le conoscenze, le capacità e i comportamenti atti alla costruzione e allo sviluppo di atteggiamenti “utili” alle finalità del servizio civile e del progetto. Con la selezione abbiamo individuato il gruppo di giovani, tra quelli che hanno presentato domanda, più idoneo a ricoprire il ruolo di volontario del servizio civile nazionale in quel preciso progetto e in una ben determinata sede di attuazione, con la formazione miglioriamo e affiniamo questo lavoro di compenetrazione fra le aspettative del giovane e quelle dell’ente; questo modulo fornisce al formatore gli strumenti con i quali è più opportuno operare e consente di scegliere fra la gamma di possibilità che possono essere sviluppate a partire dagli indirizzi delle linee guida, quelle che meglio si adattano all’identità del gruppo. L’ultima cosa che vale la pena di chiederci prima di proseguire è: perché è così importante definire il gruppo? Per diversi motivi, molti dei quali tracciano una linea di demarcazione netta tra gli obiettivi perseguibili con la formazione a distanza e quelli con la formazione in aula. La dimensione collettiva svolge, infatti, una funzione indispensabile per l’apprendimento, il gruppo con la sua molteplicità di prospettive, di punti di vista, di emozioni, di energie, di conoscenze, diventa una sorta di laboratorio in cui si sviluppano le differenti dialettiche e un luogo in cui ricerca e verifica avvengono e si sviluppano con la dinamica di processo spontaneo e naturale. La presenza del gruppo facilita il lavoro del formatore ma soprattutto quello di apprendimento dei singoli corsisti perché esiste una stretta interrelazione tra il settore cognitivo e quello affettivo/emotivo, creare uno spazio di “benessere” rappresentato dal gruppo e dalle sue relazioni sicure, favorisce l’apprendimento. CONTENUTI I contenuti di questo modulo devono essere definiti in funzione dei successivi, cioè nel lavoro della costituzione del gruppo occorre mettere le basi delle riflessioni successive e degli apprendimenti futuri; per questo la scelta, di quelli che chiameremo genericamente giochi d’aula, può essere

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1.

L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

di Mariangela Raffaglio

OBIETTIVI

Dalle linee guida per la formazione generale dei giovani in servizio civile nazionale.

“Si tratta di un modulo/laboratorio nel quale il formatore, utilizzando tecniche formative, lavorerà

alla definizione di un’identità di gruppo dei volontari che esprimono le loro idee sul servizio civile,

le proprie aspettative, le motivazioni e gli obiettivi individuali … Questo modulo, dato il suo

contenuto, dovrebbe essere propedeutico a tutti gli altri moduli” (in neretto nel testo).

La sottolineatura delle linee guida, tra l’altro l’unica di tutto il testo che riguarda i moduli, evidenzia

come l’obiettivo di questo spazio formativo non sia solo quello di costituire il gruppo, ma soprattutto

di costituirlo in funzione del successivo percorso.

L’obiettivo generale è quindi: creare le premesse perché il corso di formazione generale risulti

efficace ai fini della realizzazione del progetto e della crescita personale dei volontari.

Nella convinzione condivisa che gli atteggiamenti non s’insegnano, questo modulo è propedeutico a

che il volontario apprenda le conoscenze, le capacità e i comportamenti atti alla costruzione e allo

sviluppo di atteggiamenti “utili” alle finalità del servizio civile e del progetto.

Con la selezione abbiamo individuato il gruppo di giovani, tra quelli che hanno presentato domanda,

più idoneo a ricoprire il ruolo di volontario del servizio civile nazionale in quel preciso progetto e in

una ben determinata sede di attuazione, con la formazione miglioriamo e affiniamo questo lavoro di

compenetrazione fra le aspettative del giovane e quelle dell’ente; questo modulo fornisce al formatore

gli strumenti con i quali è più opportuno operare e consente di scegliere fra la gamma di possibilità

che possono essere sviluppate a partire dagli indirizzi delle linee guida, quelle che meglio si adattano

all’identità del gruppo.

L’ultima cosa che vale la pena di chiederci prima di proseguire è: perché è così importante definire il

gruppo?

Per diversi motivi, molti dei quali tracciano una linea di demarcazione netta tra gli obiettivi

perseguibili con la formazione a distanza e quelli con la formazione in aula.

La dimensione collettiva svolge, infatti, una funzione indispensabile per l’apprendimento, il gruppo

con la sua molteplicità di prospettive, di punti di vista, di emozioni, di energie, di conoscenze, diventa

una sorta di laboratorio in cui si sviluppano le differenti dialettiche e un luogo in cui ricerca e verifica

avvengono e si sviluppano con la dinamica di processo spontaneo e naturale.

La presenza del gruppo facilita il lavoro del formatore ma soprattutto quello di apprendimento dei

singoli corsisti perché esiste una stretta interrelazione tra il settore cognitivo e quello

affettivo/emotivo, creare uno spazio di “benessere” rappresentato dal gruppo e dalle sue relazioni

sicure, favorisce l’apprendimento.

CONTENUTI

I contenuti di questo modulo devono essere definiti in funzione dei successivi, cioè nel lavoro della

costituzione del gruppo occorre mettere le basi delle riflessioni successive e degli apprendimenti

futuri; per questo la scelta, di quelli che chiameremo genericamente giochi d’aula, può essere

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effettuata tra la vastissima gamma di possibilità, optando per quelli che permetteranno

successivamente, al formatore di riprendere l’esperienza del gioco per commentarlo di nuovo

aggiungendovi riflessioni in funzione dell’argomento che si sta trattando o delle conoscenze che il

gruppo deve acquisire.

Un esempio per tutti, molti giochi d’aula consentono di sperimentare il significato e l’importanza

dell’esistenza e del rispetto delle regole, in altri è possibile misurare la propria aggressività o

sperimentare la forza della mediazione e il ruolo della comunicazione, il percorso formativo

contempla moduli in cui si parlerà di doveri, di regole da rispettare e moduli sulla difesa non violenta,

la gestione dei conflitti, il problem solving; saranno le occasioni in cui riprendere il debriefing di

alcuni giochi fatti in precedenza.

In questo modulo formativo non è necessario che il formatore enfatizzi questi aspetti, in questo

momento le situazioni create dai giochi hanno un’altra funzione, quella di aiutare il gruppo ad

amalgamarsi, ma successivamente lo stesso formatore o un altro facente parte del team, potrà tornare

sull’esperienza invogliando i volontari a riflettere e confrontarsi su aspetti, sensazioni, stati d’animo

che non erano stati approfonditi prima o magari neppure presi in considerazione perché non funzionali

all’attività di quel momento.

Primo incontro – dove sono capitato e con chi sono capitato?

- Conoscere il formatore e i membri del gruppo.

- Conoscere le regole

- Il contratto formativo

- Le attese

a) Si parte con un saluto e con l’auto presentazione, il nome, non serve il cognome, e pochi altri

elementi: da dove vengo, quel è il progetto di servizio civile ho scelto e la sede, perché ho scelto di

aderire al servizio civile, qual è la colonna sonora di questo momento (quale musica sto ascoltando.)

Le presentazioni partono o si chiudono con il formatore che dirà come vuole essere chiamato e perché

ha scelto di fare il formatore di volontari del SCN, qual è il suo rapporto con l’ente presso cui i

volontari svolgeranno il loro servizio.

Si può chiedere ai partecipanti di scrivere il nome con cui vogliono essere chiamati su un tesserino

distribuito in precedenza e di appuntarselo così da favorire la conoscenza reciproca.

b) Vengono presentate le regole che devono essere rispettate da tutti e vengono scritte su di un

cartellone appeso alle pareti, se il gruppo è pronto può collaborare al perfezionamento di questo

decalogo comportamentale o si può scegliere di completarlo successivamente ogni volta che qualcuno

individua una regola nuova che sarebbe bene osservare.

Con l’occasione possono essere presentati anche altri cartelloni bianchi in attesa di essere riempiti.

c) Il contratto formativo può essere presentato anche attraverso un power point e ai ragazzi deve

essere dato un riassunto, in particolare, richiamandosi alle linee guida, è bene spiegare anche qual è

il ruolo della formazione all’interno del percorso di servizio civile.

Di solito a questo punto sono pochissimi i commenti e più facile che il tema venga ripreso nelle

lezioni successive.

d) Infine si conclude con le aspettative del gruppo, queste, insieme alle preoccupazioni, possono esser

attaccate con dei post it, distribuiti ai volontari, a due cartelloni, però è bene, soprattutto per il lavoro

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di valutazione del formatore, somministrare un questionario d’ingresso, anonimo così non crea

tensione, che contenga anche la richiesta di esplicitare le aspettative e le ansie.

I post it appesi, una volta diventati anonimi, possono essere commentati e condivisi dal gruppo,

qualche volontario può essere incaricato di riunire le frasi simili trascrivendole con dei colori

direttamente sui cartelloni così da averle ben visibili durante tutto il percorso.

Secondo incontro – provo a capire chi sei

- Costruire un contatto con gli altri

- Raccontare se stessi

- Esprimere un giudizio

a) Adesso non sono più i volontari che si presentano, ma è il gruppo che fa le domande e intervista,

di seguito, tra i suggerimenti pratici vengono spiegati brevemente alcuni giochi d’aula che si prestano

a questo passaggio.

b) Ogni volontario prova a dire di sé qualcosa in più che riguarda una sfera più intima e la percezione

che ha di se stesso, per esempio attraverso la costruzione del poster personale che andrà ad arricchire

le pareti dell’aula. (vedi consigli pratici).

c) Gioco del ti dico cosa penso di te. (vedi consigli pratici).

Terzo incontro – proviamo a lavorare insieme.

Questo incontro vedrà calendarizzati una serie di giochi d’aula che sono funzionali a questo percorso

formativo, se il gruppo che va costituendosi avesse da seguire percorsi dai contenuti e dalle finalità

diverse i giochi andrebbero individuati seguendo criteri diversi.

Quando per ragioni di tempo e di distribuzione del calendario questo incontro non è possibile tenerlo

la costruzione del gruppo può continuare a svilupparsi anche durante le lezioni successive,

semplicemente il formatore o i formatori devono fare una valutazione a priori e utilizzare al meglio

il tempo disponibile, immaginando il percorso formativo come un tutt’uno che si sviluppa

armoniosamente integrando e sovrapponendo i diversi moduli quando è possibile.

Il gruppo stesso può determinare il ritmo, ci sono gruppi che a questo punto sono già in grado di

assumersi compiti rilevanti e consentono al formatore di andare oltre; altri , invece, che necessitano

ancora di qualche cura.

Nei consigli pratici non verranno presentati esempi di giochi d’aula da utilizzare in questa fase e in

quelle successive perché già presenti all’interno di altri moduli, ma è bene, visto che esistono manuali

che ne contengono diverse decine, che il formatore ne conosca qualcuno e che sia pronto ad utilizzarli

secondo il gruppo che ha di fronte, del clima dell’aula e delle necessità del calendario.

Quarto incontro – non lasciarmi!

- Ricordiamo tutte le belle cose che abbiamo fatto insieme

- Scambiamoci un regalo

- Il mio augurio per te

- Ci vediamo il….

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Immaginiamo che la verifica generale venga fatta in un altro momento, riserviamo questo spazio alla

convivialità, anche se tutta l’ultima giornata formativa deve essere organizzata in funzione

dell’imminente separazione.

a) Proviamo a far dire ai ragazzi quali sono stati i momenti più belli, quelli vissuti più intensamente,

quelli in cui si sono sentiti meglio, ma anche quelli che vorrebbero dimenticare. Il gruppo è ormai

costituito e si parla anche di avvenimenti che qualche giorno prima si sarebbero taciuti.

b) I ragazzi, avvertiti, hanno portato un regalo, non deve essere un regalo comperato, né un oggetto

di valore, ma un oggetto simbolico, va bene anche una foglia, un sasso, un disegno, una fotografia,

importante è la motivazione con cui lo si dona e la persona individuata per ricevere quel particolare

dono; se il formatore partecipa, deve portare anche lui il suo dono, ovviamente uno solo, la regola

vale anche per lui, se non partecipa non può accettare quelli dei volontari.

c) Lo scambio di auguri per l’anno di servizio che inizia può essere fatto in diversi modi, dal più

classico per cui ogni volontario scrive il suo augurio a tutto il gruppo, a quello in cui ognuno prepara

diversi bigliettini per i compagni a cui tiene di più fino a un modo un po’ spiritoso che viene suggerito

nella parte pratica e che sdrammatizza il momento, ma verifica i rapporti e le percezioni del gruppo.

Anche il formatore deve lasciare un augurio, può decidere come farlo, ma non deve sottrarsi.

A questo punto è molto divertente riprendere il gioco “la prima impressione”.

d) Bisogna assolutamente fissare una data per il prossimo incontro, non deve essere un addio, ma un

arrivederci, nei consigli pratici vengono dati dei suggerimenti, se non se ne può adottare nessuno, nè

inventarne altri basterà fissare la data del primo monitoraggio, saranno tutti più rassicurati

E infine, non è obbligatorio, ma ci sta molto bene un momento di festa.

METODOLOGIA

Quanto detto in precedenza è prescrittivo di un metodo di lavoro che deve distinguere il formatore

del servizio civile nazionale; in particolare a questa figura professionale è richiesta una maggiore

flessibilità e in questo modulo questa capacità di adattamento e d’improvvisazione è ancor più

evidente e necessaria.

Il gruppo dei volontari non viene quasi mai costituito a tavolino ma si auto-costruisce, i partecipanti

hanno in comune alcuni elementi come la giovane età, il desiderio di misurarsi su un progetto di

servizio civile, ma sono eterogenei rispetto a molti altri elementi determinati nella costruzione del

gruppo, per esempio il livello culturale.

Quindi la diversità deve essere assunta dal formatore e condivisa col gruppo come una ricchezza e

un’opportunità e non come una criticità o una limitazione.

Riferendosi a questo specifico modulo il metodo non può essere che quello del laboratorio in cui tutti

i partecipanti collaborano sulla base delle loro conoscenze, ma soprattutto della loro esperienza,

perché mentre le conoscenze sono un elemento di distinzione, l’esperienza amalgama e uniforma.

La capacità di adattare il ritmo formativo al gruppo è ancor più importante se si considera che il

gruppo una volta costituito si muove con una vita propria, i procedimenti innescati avanzano in

maniera automatica e al formatore spetta il compito di governarli e sfruttarli per le sue finalità.

L’agenda formativa complessiva, non può essere definita prima di aver sviluppato questo primo

modulo, si può scrivere un calendario, ma i contenuti e i metodi possono essere individuati solo in

linea di massima, sarà il gruppo man mano che si costituisce a dettare il resto.

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Da ultimo questo modulo, valorizza e motiva l’impiego di tecniche che in alcune circostanze non

sono ben accolte da tutti i volontari, occorre tenere presente che si tratta di giovani che hanno appena

terminato l’esperienza scolastica o che ancora la stanno vivendo da studenti universitari e che sono

quindi abituati e predisposti a sequenze didattiche centrate sulla teoria e sulla lezione frontale, in una

fase iniziale in cui sono molto elevate le difese personali e l’atteggiamento è guardingo, modelli e

sequenze formative così diverse da quelle abituali possono disorientare.

Raramente, ma capita, ci sono ragazzi che non vogliono partecipare a qualche gioco, il formatore

deve assicurare da subito che chi vuole può astenersi, pur restando in aula, se non verranno espressi

giudizi e ci si asterrà dal fare commenti che scoraggino la partecipazione e siano discutibili dal punto

di vista relazionale, sarà il tempo a fare il suo lavoro.

L’importante è che tutti comprendano sempre il senso di quello che si sta facendo e che le regole

stabilite e illustrate diano a tutti un senso di sicurezza e di discrezione rispetto a quello che viene detto

e agito.

Un buonissimo strumento sono i cartelloni, le pareti dell’aula dovrebbero esserne ricoperte e questi

fogli che da bianchi diventano variopinti segnano il procedere dei lavori, ma non solo, il cartellone

bianco con semplicemente un titolo o neppure quello, può risultare utile per quei volontari che

faticano a esprimersi; su un cartello si può scrivere quello che non si ha il coraggio di dire, si può

scrivere senza essere visti, si può scrivere cose che appartengono ad altri, ma che in quel momento

sentiamo di condividere.

Indicativamente potrebbe esserci il cartellone delle attese, quello delle preoccupazioni, un paio di

cartelloni su cui chi vuole alla fine della giornata scrive “cosa mi porto via di bello oggi” e “cosa

butto nel cestino”; un cartellone con “consigli per il futuro” che sicuramente non verrà riempito i

primi giorni e altri cartelloni bianchi su cui i ragazzi e il formatore possono scrivere quello che

vogliono.

Di solito scrivono cose belle, in qualche caso anche bellissime, se l’aula è usata alternativamente da

più gruppi questi cartelloni diventano anche il luogo di battute goliardiche, anche se ogni gruppo deve

rigorosamente rispettare quelli degli altri.

Quasi mai capita di dover intervenire e richiamare ad un uso corretto e rispettoso.

Le scritte sui cartelloni sono uno strumento di osservazione delle dinamiche del gruppo, se si vuole

che i volontari li usino bene bisogna che il formatore sia un buon promotore dell’uso, condividendo

qualcosa di personale e commentando quello che viene scritto nei giorni successivi.

Io mi affeziono molto a questi cartelloni e non potendo conservarli tutti li fotografo, uno di cui sono

particolarmente orgogliosa da qualche anno mi fa compagnia nel mio studio.

AGENDA

Prima di definire l’agenda parliamo di tempi, fughiamo l’idea che questo modulo “ruba” tempo utile

agli altri e in fondo non “insegna” niente, ma vediamolo come lo strumento d’ingresso, come tutte

quelle operazioni che compiamo da quando ci avviciniamo alla macchina con le chiavi fino a quando

uscita dal garage, la macchina, è in grado di muoversi sulla strada per portarci la dove noi sappiamo

di voler arrivare.

Quanto tempo?

Se il riferimento sono le 30 ore di formazione generale obbligatorie e si considerano tutti gli argomenti

che devono essere trattati, il tempo è poco.

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Non è facile, se non impossibile scrivere un’agenda formativa contenuta nelle trenta ore, sarebbe bene

ragionare almeno su quaranta o qualcuna di più; certo il numero dei partecipanti al gruppo determina

in qualche modo anche la tempistica, ma preferisco non pensare a un gruppo costituito da meno di

12/15 persone e ovviamente non più delle venticinque prescritte, perché indipendentemente dalle

prescrizioni superare i 20/25 elementi significa mettersi in condizioni di lavoro difficili e poco

produttive, in particolare in un modulo come questo dove la struttura è “laboratoriale”.

Un accorgimento è di sfruttare i tempi vuoti, partendo dal dato che la formazione residenziale la fanno

in pochi, rimane, però, la possibilità di organizzarla su giornate intere e utilizzare il pranzo insieme,

il post pranzo, gli intervalli per lavorare sul gruppo, per consolidarlo e soprattutto per osservarlo.

L’ultima osservazione è di mantenere il ritmo formativo in sintonia con la crescita del gruppo, con il

suo sviluppo, con la sua vita; la vita di un gruppo assomiglia, infatti, al percorso di vita naturale, ci

sono delle fasi da rispettare a cui si possono far corrispondere, compiti, aspettative, prestazioni.

La non corrispondenza fra i compiti e lo sviluppo del gruppo genera una sua frantumazione se non

una morte precoce, perché anche il gruppo, vedremo poi, muore, ma deve morire di morte naturale

esauriti i suoi compiti.

Anticipare i tempi è come mettere su una bicicletta un bambino che non sa pedalare o reggersi in

equilibrio; tutti possono imparare ad andare in bicicletta a condizione che vengono rispettati i tempi.

Quali sono le fasi di sviluppo di un gruppo?

La tabella sottostante cerca di definirle e mette ognuna di queste in relazione al sentire dei singoli

partecipanti, alle tensioni e alle criticità a cui il formatore deve fare attenzione e ai compiti assegnabili,

l’equilibrio tra questi elementi è il segreto di un buon percorso; di seguito vedremo per ogni fase cosa

è possibile scrivere nell’agenda formativa.

Ovviamente una tabella semplifica, non banalizza il percorso che qui appare discontinuo e segnato

da momenti netti e differenti, nella realtà non è così, il percorso di crescita è armonioso e progressivo,

per tornare al bambino che va in bicicletta tra il momento in cui gira circospetto intorno a quello che

gli appare come un nemico da domare e quello in cui sa pedalare spedito ci sono una serie di tentativi

e di fasi intermedie, la tabella, nel caso dell’andare in bicicletta, si limita a osservare il prima e il

dopo, così con il nostro gruppo fissa l’attenzione e l’osservazione limitatamente ad alcuni punti di

partenza e arrivo.

Anche i componenti di un gruppo non seguono tutti lo stesso percorso maturando

contemporaneamente sentimenti e aspettative, anche in questo caso la tabella si limita a creare

corrispondenze di massima.

Tab.1.1 Fasi di sviluppo

Fasi di sviluppo Sentimenti dei

membri

Criticità Attività

Costituzione/identificazione Ansia, insicurezza,

timore a esprimersi.

Sovraesposizione

Elementi che si

isolano.

Eccessiva

appropriazione di

spazi e tempi.

Conoscenze e

competenze dei

componenti

Analisi delle

attese.

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Sviluppo e

riconoscimento delle

leadership.

Appropriazione

degli spazi, tempi

e risorse.

Rafforzamento dei

legami/maturità

Ricerca del

confronto,

rilassatezza, senso di

appartenenza.

Gestione del potere.

Eccesso di

convivialità.

Sviluppo di

protagonismi.

Sviluppo dei temi

formativi.

Lavoro di analisi e

di sintesi.

Sviluppo di

progettualità

Separazione Delusione, senso

d’inutilità, angoscia.

Eccesso di razionalità

Mancanza di cura.

Sottostima

dell’emotività che

caratterizza questa

fase.

Analisi del

percorso.

Valutazione dei

risultati.

Trasferimento

dell’esperienza.

Simulazione del

“dopo”

Dalla tabella si evince subito la scansione temporale:

- la prima fase corrisponde al modulo in cui si cura la costituzione del gruppo e la sua identità;

- la seconda è quella in cui vengono sviluppati tutti gli altri moduli formativi previsti dal corso;

- la terza che, deve posta alla fine del percorso formativo, è quella in cui si verifica

l’apprendimento complessivo, si cura e arricchisce di significati il momento dell’addio, si da

“il mandato” ai giovani ormai investiti a pieno titolo del loro ruolo di volontari del servizio

civile nazionale.

Valutiamo adesso velocemente i diversi passaggi della crescita e proponiamo la scrittura di un’agenda

formativa articolata su sei/otto ore e in cui si sviluppano le fasi uno e tre; nella sezione esempi pratici

verranno suggeriti alcuni strumenti applicabili alle diverse situazioni.

Nella prima fase, soprattutto all’inizio, ricordiamo che molto spesso i giovani s’incontrano per la

prima volta, il gruppo non c’è ancora, non si può ancora parlare di stato d’animo del gruppo, ma

prevalgono le emozioni soggettive e il formatore sente di aver e di fronte non un gruppo ma singole

persone.

In genere prevale un sentimento di attesa e di vigilanza, si percepisce nell’aria una tensione che va

progressivamente stemperandosi man mano che il gruppo si amalgama, nei primi momenti di questa

fase prevalgono due atteggiamenti che ogni ragazzo gioca in funzione delle sue esperienze precedenti

e che, quindi, non devono spingere il formatore a giudizi e valutazione affrettati: gli audaci e i

timorosi.

Gli uni sviluppano un eccesso di attivismo e i secondi tendono a rimanere passivi e a subire l’irruenza

dei primi; un buon gruppo però è costituito e si costituisce con entrambe le componenti. Gli “audaci”

tenderanno a monopolizzare e ad appropriarsi di tempo e spazio, del tempo con una loquacità non

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

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richiesta, non indispensabile e non sempre costruttiva, dello spazio con un’invasione e un

superamento dei confini culturalmente accettati.

I “timorosi”, invece, giocando la strategia che ritengono vincente, perché sperimentata, manterranno

un atteggiamento di sospensione del giudizio, di attesa dell’evento, al contrario degli audaci

interverranno meno di quanto sia logico aspettarsi mantenendo uno spazio personale e un’intimità

non violabile dagli altri componenti del gruppo.

Visivamente questa fase si caratterizza con un’aula composta, ognuno tiene in ordine la sua roba,

borse, cappotti, sciarpe vengono tenuti vicino, i ragazzi siedono in maniera rigida, quasi nessuno si

siede in maniera “svaccata”, vengono rispettati gli spazi individuali, se inavvertitamente ci si tocca si

chiede scusa.

Anche il linguaggio in questo momento è ancora formale, sono pochi quelli che si rivolgono al

formatore in modo confidenziale, ovviamente gli “arditi” non corrispondono a questi canoni, ma nella

mia esperienza di formatrice di servizio civile e non, sono sempre stati prevalenti i “timorosi”, quelli

che con prudenza aspettano un momento prima di lanciarsi.

Il formatore deve fare in modo di traghettare il gruppo fuori da questo momento nel più breve tempo

possibile, cercando un equilibrio tra i diversi atteggiamenti, i compiti che possono essere assegnati

devono contenere bassa difficoltà e a bassa conflittualità per consentire a tutti di raggiungere gli

obiettivi, deve fornire indicazioni chiare che orientino e facciano comprendere il susseguirsi della

proposta formativa, deve dichiarare le aspettative minime che l’ente ha nei confronti dei giovani a lui

assegnati, deve illustrare il contratto formativo, deve fare proposte di laboratori e giochi d’aula che

favoriscano la conoscenza reciproca, l’auto presentazione, i resoconti esperienziali.

Particolare attenzione va posta all’opportunità di porre tutti i partecipanti in condizioni paritetiche

attraverso il racconto di esperienze personali, tutti ne hanno e tutti possono scegliere quali raccontare

tra quelle che ritengono di poter condividere indipendentemente dal loro livello culturale.

Quest’atteggiamento sicuro e pragmatico esorcizzerà eventuali fantasmi e darà l’avvio alla

costruzione del gruppo esercitando una sorta di freno nei confronti degli individui più arditi e una

funzione di stimolo nei confronti di quelli che tendono a porsi ai bordi.

Evitando tutte quelle dinamiche che creano conflittualità un po’ caratteristiche della formazione

sociale si fa in modo che gradatamente tutti entrino a far parte del gruppo trovando il loro posto.

Questa fase evoca un po’ l’immagine di un puzzle che si compone solo grazie al contributo di tutti i

pezzi e per ogni pezzo che resta fuori rimane un vuoto.

In un gruppo ben costituito la cui formazione è stata particolarmente curata si svilupperanno

facilmente competizioni, discussioni e battaglie, miranti a raggiungere i migliori risultati senza che

scattino schermaglie e sopraffazioni più da capo branco che da leadership positive e il lavoro fatto in

questa fase andrà a grande vantaggio delle successive, là dove alla lezione frontale sarà preferita la

compartecipazione e la condivisione dei saperi e delle esperienze; vale la pena ricordare che in molti

dei moduli successivi vengono aperte discussioni sui convincimenti valoriali ed etici per i quali gli

spazi rassicuranti del gruppo sono elementi indispensabili a garantire un lavoro produttivo.

Non è poi così vero che tutti i ragazzi che scelgono il servizio civile hanno chiaro il significato di

questa scelta è l’abilità del formatore, capace di sfruttare le esperienze di alcuni, che li porta alla

consapevolezza e alla profonda condivisione di un obiettivo comune.

Se questa fase viene posta, come dovrebbe, all’avvio della formazione nell’arco di mezza giornata la

tensione iniziale si è abbassata i sorrisi sono più frequenti i volontari incominciano a chiamarsi per

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nome; dopo la prima pausa caffè/sigaretta qualcuno cambia posto in regione di un’improvvisa

necessità di rapporto.

Prende l’avvio la costruzione dei rapporti interpersonali partendo da quelli che si ritengono più

affidabili, nascono le prime coppie, i primi gruppetti, le prime simpatie, il linguaggio si fa meno

formale, le sedute più morbide, qualcuno azzarda le battute.

Ancora un paio d’ore e il gioco è fatto, l’ideale a questo punto è andare a pranzo insieme.

Attenzione però, se il formatore si rilassa questo è il momento in cui qualcuno nella sfrenata ricerca

di rapporti potrebbe tentare la trasgressione, tentare di violare qualche regola spiegata giusto poco

prima, cercare di “pesare” il formatore.

Tutto fa parte di questo gioco e non diventa un problema nella misura in cui tutto viene tenuto sotto

controllo, il formatore deve consentire a tutti di esprimersi e di sentirsi a proprio agio, per farlo

occorre definire con chiarezza spazi e tempi e difenderli costantemente.

Il gruppo a questo punto vuole anche “pesare” se stesso e arriva allora il momento di aprire una

discussione, offrire un gioco d’aula, una simulata in acquario in cui creare l’occasione per prese di

posizione personali o di sotto gruppi.

Attenzione deve essere posta a dosare gli elementi che possono introdurre conflittualità, perché se è

vero che la conflittualità è una caratteristica dei gruppi è anche vero che se nasce in una fase di

costituzione non farà che agevolare le “vittorie” degli “arditi” che avanzano a testa bassa chiudendo

in un angolo quelli che sono già costituzionalmente tendenti all’auto esclusione.

Quest’aspetto va condiviso con gli altri formatori, se sono previsti, perché a questo punto è evidente

che siamo arrivati al momento in cui si avviano altri moduli formativi il cui contenuto principale non

è la formazione e l’identificazione del gruppo, ma che sul gruppo ugualmente agiscono.

Tutta la seconda fase illustrata nella tabella coincide, infatti, con la formazione vera e propria, la

stesura del calendario deve considerare le dinamiche che si sono sviluppate all’interno delle aule e

deve ordinare le lezioni sulla base dei loro contenuti in relazione al gruppo e non solo o

esclusivamente sulle disponibilità dei formatori, mantenendo sempre una’attenzione alla cura dei

rapporti personali tra i diversi componenti dl gruppo e alle dinamiche relazionali.

Un’ultima osservazione, non strettamente e unicamente legata a questo modulo, che rischia di

etichettare chi scrive come “vecchia bachettona”, riguarda la presenza di giovani maschi e femmine

all’interno del gruppo, lungi da me pensare di fare gruppi omogenei per sesso, l’apporto ne sarebbe

mortificato in modo irreparabile, ma l’atteggiamento degli “arieti arditi” e delle “pecorelle timide”,

che non necessariamente corrisponde al sesso, viene agito anche attraverso giochi di seduzione o

possono venir usati linguaggi o agiti comportamenti troppo disinibiti che risultano gravemente

insopportabili ai soggetti più timidi e che alimentano tensioni sotterranee destinate a sfociare in

un’eccessiva conflittualità appena se ne presta l’occasione.

Quindi, anche a questo e alle dinamiche che questo dato scatena, deve prestare attenzione il formatore

già impegnato a seguire mille altre sfumature.

Stiamo ora osservando lo scorrere della formazione che dura necessariamente qualche giorno e con

il passare del tempo il gruppo incomincia percepire la sua fine, molto spesso, infatti, anche se

l’apprendimento ha fatto leva sul gruppo, i ragazzi si ritroveranno a svolgere il servizio in piccolissimi

gruppi se non da soli, quanto maggiore sarà stata la funzione che il formatore ha attribuito allo

“strumento” gruppo, tanto più difficile sarà lasciarsi per i suoi elementi.

Un formatore che ha già avuto esperienza sa che anche visivamente si colgono gli effetti di questa

separazione e che sono tanto più forti quanto più il gruppo si è costituito, quindi, quanto più un gruppo

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

10

avrà “dato di sé” durante il percorso formativo tanto più il formatore dovrà sentirsi “moralmente”

impegnato a guidarne lo scioglimento.

I volontari prendono progressivamente coscienza della fine dell’esperienza formativa e del fatto che

non possono trasferirla integralmente nella quotidianità, sarà il formatore con la sua abilità che aiuterà

il gruppo a capire che se non può essere trasferita la dimensione del gruppo possono essere trasferite

le abilità e i saperi acquisiti ed è attraverso questi che il gruppo sopravvive e se ne esalta la funzione.

Il gruppo incomincia a presentare una progressiva difficoltà a impegnarsi in lavori razionali

preferendo la convivialità e il coinvolgimento emotivo, ma fortunatamente il percorso formativo

consente di trattare i diversi temi secondo un calendario che può tenere in considerazione questa

scansione.

Anche in questa fase sono agiti dai componenti il gruppo comportamenti diversi che vanno dai

“depressi” che pigolano ipotizzando situazioni di abbandono all’insegna del “non ci vedremo più” a

quelli che ostentano spavalderia e che con estrema razionalità valutano l’esperienza e ipotizzano il

futuro.

Un metodo che aiuta può essere quello di trascrivere su un cartellone tutto il calendario formativo

con tutte le lezioni e cancellare ogni volta quelle tenute; i volontari si abituano così a vedere il tempo

che passa e a stimare quello che resta.

L’ultima fase di questo modulo, collocata nell’ultima giornata e che può prevedere un appuntamento

successivo, vedi nella parte “esempi pratici”, deve evitare di assegnare ai corsisti compiti troppo

impegnativi e concentrarsi, invece, sulla conclusione, senza fratture, dell’esperienza formativa, gli

altri moduli presenti in quest’ultima giornata devono tener conto di quest’aspetto e devono avere già

esaurito quei compiti che richiedono un forte impegno razionale e cognitivo.

CRITICITA’

Per ragioni di spazio potrà risultare una semplice elencazione di errori che potrebbero essere meglio

verificati con chi ha già avuto esperienza di formazione.

Premessa.

Sbagliare, con tutte le accezioni che questo termine può avere, questo modulo significa

compromettere tutta la formazione dei volontari e rendere difficile il compito dei formatori che si

cimenteranno sugli altri moduli.

Il gruppo

La dimensione collettiva non sempre è desiderata da tutti gli elementi del gruppo, molte persone

legano la dimensione del gruppo ai momenti ludici e di convivialità e preferiscono immaginarsi o

proiettarsi in solitudine quando devono riflettere intorno a temi valoriali o apprendere e approfondire

conoscenze importanti.

Riassumendo, ci sono volontari che farebbero volentieri a meno del gruppo e, d’altro canto, formatori

che del gruppo colgono solo l’aspetto economico o di efficienza, cioè si risparmia in termini

d’impegno, tempo, fatica e danaro se si parla a un gruppo invece che a una o pochissime persone.

Partendo dalle due situazioni illustrate, cioè da un contesto in cui non è ben compresa e ben condivisa

la funzione del gruppo con le sue potenzialità, l’intero percorso formativo rischia di trasformarsi in

un grande rito conviviale all’insegna del “dobbiamo diventare tutti amici”.

Eterogeneità del gruppo

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

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Il gruppo in questo caso non è “naturale”, se non per il fatto che tutti i partecipanti hanno presentato

domanda di adesione al servizio civile, ma il formatore si accorgerà presto che le motivazioni e le

aspettative personali sono diverse, molti giovani s’incontrano per la prima volta e per la prima volta

s’impegna a capire qual è la motivazione più profonda che li ha portati fino lì; come già detto questa

è una ricchezza, ma anche una criticità.

Quest’aspetto non va mai banalizzato, né il formatore deve sottovalutarlo all’insegna del “basta la

mia esperienza”.

Le fantasie sul gruppo

Tutti i formatori preparando la formazione fanno un lavoro di fantasia sul gruppo che dovranno

formare e spesso proiettano sul gruppo le loro aspettative, questo va bene per trovare lo sprint d’avvio,

ma non deve diventare una cornice o una gabbia troppo stretta in cui il formatore cerca di far entrare

a forza le persone che ha di fronte.

Spazi disponibili

I formatori fortunati possono scegliersi l’aula, tutti gli altri si adattano agli spazi disponibili, ma il

gruppo per costituirsi ha necessità di colonizzare e appropriarsi dello spazio e per farlo ha bisogno di

uno spazio che si adatti a quest’operazione. Ho fatto esperienza di formazione dei volontari in diversi

luoghi e sempre di più mi sono convinta dell’importanza dell’aula e dello spazio circostante, di come

sia importante visitarli prima e prepararli ad accogliere il gruppo; se oltre alle fantasie sul gruppo il

formatore fa anche le fantasie sull’aula, rischia di scrivere un percorso formativo che funziona solo

nella sua testa.

ESEMPI /CONSIGLI PRATICI

Premessa

Scelta dell’aula sufficientemente spaziosa, con pochi arredi, isolata dove si possa anche fare un po’

di rumore, quando serve, con la possibilità di colonizzarla a mano a mano che passa il tempo con i

segni tangibili della propria presenza.

Possibilità di spostare gli arredi, la cattedra in questa fase non deve essere frapposta tra formatore e

giovani, per la verità non è nemmeno necessaria, le sedie devono poter essere spostate così che quando

serve tutti possono guardarsi in faccia o in altre circostanze formare gruppi di lavoro.

Può essere utile avere qualche tavolo non grande, posto ai bordi dell’aula e la possibilità di proiettare

su un telo o su un muro bianco.

Mettere a diposizione dei volontari: carta, pennarelli e tutti i materiali che servono per le esercitazioni.

Far trovare l’aula accogliente, con le sedie disposte in cerchio, magari con una bella immagine

proiettata, con i cartelloni già appesi al muro pronti ad accogliere i pensieri, sulle sedie può essere

messo un messaggio di benvenuto, magari fatto scrivere dai volontari che sono stati in servizio nello

stesso ente.

Organizzarsi in modo da entrare, la prima volta, tutti insieme nell’aula.

Macchina fotografica: strumento indispensabile da usare con discrezione nei primi momenti per non

imbarazzare, ma senza ritegno nei giorni successivi, sicuramente qualche ragazzo porterà la sua e alla

fine le fotografie o i filmini montati, diventeranno uno dei più bei ricordi di questa esperienza. Le

frasi scritte sui cartelloni e opportunamente fotografate possono diventare il commento.

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

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Esempio di test d’ingresso

- Una cosa che so fare bene …………………………………………………………………

- Un valore che m’interessa promuovere in quest’anno di servizio civile…………………..

- Un’abilità professionale che penso di acquisire……………………………………………

- Tre capacità che so di avere nella gestione delle relazioni…………………………………

- Tre difficoltà che so di avere nella gestione delle relazioni………………………………..

- Una cosa in cui vorrei migliorare ………………………………………………………….

- Come m’immagino tra un anno ………………………...…………………………………

- Descrivi in sette parole un volontario del servizio civile senza usare la parola: volontario.

Vengono suggerite alcune proposte di giochi d’aula che possono essere realizzati in un’aula qualsiasi,

a condizione che i ragazzi possano spostare le sedie, se la stagione lo permette, il gruppo è pronto e

si dispone di uno spazio all’aperto, i giochi possono essere diversi e per alcuni versi più coinvolgenti,

non sono descritti qui ma facilmente reperibili nei manuali specialistici.

La scelta è caduta su giochi che non richiedono materiali o preparazioni particolari così che tutti

possano utilizzarli, si può fare di meglio avendo a disposizione tempo e materiali; ovviamente ogni

formatore dalla traccia trova poi il modo migliore per adattare il gioco al suo gruppo. Esistono anche,

giochi molto veloci che possono risultare riempitivi di tempi morti o strumenti per ritrovare il giusto

clima di lavoro e sono giochi che non hanno bisogno di discussione, ma che sviluppano solo l’aspetto

ludico; altri che invece, come già detto in precedenza possono essere ripresi in funzione di argomenti

trattati successivamente.

Poster personale

- Obiettivo: Parlare di sè

- Materiali: Fogli bianchi A4- post it – nastro adesivo

- Tempo: dipende dal numero dei partecipanti, non meno di un’ora.

- Svolgimento: per velocizzare le operazioni ai partecipanti viene distribuito in foglio già

suddiviso come nell’immagine, oppure il formatore lo disegna su una lavagna e i partecipanti lo

riportano sul loro foglio.

Scrivi il tuo nome

Disegna il tuo avatar Cinque aspetti del mio carattere che penso mi

torneranno utili in quest’anno di SCN.

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

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Acquista dagli altri partecipanti tre aspetti che

non possiedi, scrivi anche da chi li hai

acquistati.

La tua musa ispiratrice rispetto al SCN Scegliti un nome di battaglia

- I partecipanti devono riempire tutti i riquadri tranne quello a fondo azzurro, quando hanno finito,

appendono il foglio alla parete e quando tutti i fogli sono appesi in una specie di “mercante in

fiera” i partecipanti girano leggendo cosa hanno scritto gli altri e decidono cosa comprare

indicando da chi l’hanno comprato, si possono distribuire tre post it così è più facile scrivere.

- Conclusione: i poster vengono commentati, tutti, qualcuno, in parte o per intero, dipende dal

numero dei partecipanti e dal tempo, è importante commentare qualcosa per ognuno dei

partecipanti senza però esprimere giudizi.

- In aspetto che evidenzia il sorgere dei primi leader, è l’emergere di soggetti che hanno

“venduto di più”; importante è anche osservare quali sono i “talenti” acquistati più

frequentemente.

Il mio nome

Obiettivo: Migliorare la conoscenza dei componenti il gruppo.

Materiali: Nessuno

Tempo: dipende dal numero dei partecipanti.

Svolgimento: A turno seduti in cerchio ognuno dice il suo nome, perché i suoi genitori l’hanno

chiamato così, se lo sa, e come si trova a vivere con quel nome, nel caso non fosse contento, può dire

come vorrebbe chiamarsi.

Debriefing: Non è necessario

Intervista

Obiettivo: Migliorare la conoscenza del gruppo, imparare a rispondere a domande che riguardano se

stessi.

Materiali: Nessuno

Tempo: dipende dal numero dei partecipanti, non meno di un’ora.

Svolgimento: Dividere il gruppo in due parti e disporre le sedie in due file, una di fronte all’altra, su

una siederanno i giornalisti, sull’altra gli intervistati. Al via del formatore i giornalisti potranno

rivolgere delle domande alla persona che hanno davanti, dopo 5/7 minuti il formatore ferma il gioco,

i giornalisti scalano di un posto e intervitano per altri 5/7 muniti la nuova persona che hanno davanti.

L’operazione si ripete ancora una volta, i giornalisti possono prendere appunti durante le interviste.

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

14

Alla fine ogni giornalista ha intervistato tre persone diverse e ogni persona è stata intervistata da tre

giornalisti diversi.

Ognuna delle persone intervistate a turno si pone al centro del cerchio che si sarà formato spostando

le sedie e i tre giornalisti che l’hanno intervistato parlano di lei per un tempo concordato di cinque

minuti al massimo.

Se c’è tempo sufficiente, si ripete questo passaggio invertendo i ruoli.

Debriefing: Gli intervistati raccontano i lori stati d’animo, come si sono visti rappresentai, quali sono

le domande che non avrebbero voluto e che temevano potessero essere poste, quali sono le domande

che avrebbero desiderato. Anche i giornalisti possono fare lo stesso lavoro rispetto a se stessi.

Intervista (versione più breve)

Quando il gruppo è molto numeroso o quando il tempo è poco, il gioco può essere trasformato in

un’intervista a due. Si formano coppie, meglio tra due persone che non si conoscono, e

alternativamente per 5/7 minuti vengono giocati i due ruoli d’intervistato e intervistatore. Allo stop,

a turno, ognuno parlerà della persona intervistata per un numero di minuti fissato 2/3, dicendo quello

che ricorda o quello che l’ha colpito.

Intervista pilotata

Obiettivo: Migliorare la conoscenza del gruppo, rispondere a domande che riguardano se stessi.

Materiali: Nessuno

Tempo: mezz’ora

Svolgimento: Formare gruppi di quattro persone e disporle sedute a croce con i gruppi un po’ distanti

fra loro, il formatore dirà delle frasi che devono esser completate o porrà delle domande, a cui tutti i

componenti di ogni gruppo, a turno ma molto velocemente, devono dare una risposta a turno

condividendola con il gruppo, non con tutta l’aula.

Le domande che il formatore pone devono essere regolate anche sul grado d’integrazione che il

gruppo ha raggiunto e possono andare da:

- Di che segno sei? Qual è il tuo colore preferito? Cosa vorresti che tua madre ti preparasse per

cena questa sera? Se potessi partire subito, comprerei il biglietto per…Ho vinto 25 euro con

un gratta e vinci esclamo…

A domande più personali:

- Mi arrabbio veramente quando mi dicono…. Detesto mio padre quando…. Non vorrei

assolutamente assomigliare a…..Il mio desiderio più grande…

Debriefing: Viene svolto tra i vari gruppi, i componenti condividono tra loro emozioni, pensieri, cose

che vogliono aggiungere a risposte che hanno dato senza avere il tempo di riflettere.

La prima impressione

Questo gioco funziona bene se viene proposto entro la prima mezza giornata, bisogna evidenziarne

subito lo scopo un po’ burlone e verrà poi riutilizzato nell’ultimo incontro per ridere insieme,

praticamente il gioco si svolge in due fasi distinte.

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

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Obiettivo: Migliorare la conoscenza, riflettere sul significato del pre giudizio.

Materiali: Nessuno tranne la scheda sottostante. Le righe devono essere qualcuna in più ma non

molte in più, dei partecipanti e devono contenere anche un certo numero di affermazioni negative.

Mi sembra un tipo simpatico

Ma chi si crede di essere!

Penso che diventeremo amici

Si veste in modo strano

E’amore a prima vista

Se non la smette, gli dico qualcosa

Non lo sopporto già più

Spero di finire in gruppo con lui/lei

Tempo: in questa fase mezz’ora, un po’ di più nella seconda.

Svolgimento: viene distribuita a tutti una scheda preparata tenendo conto delle indicazioni, in ogni

riga della colonna di sinistra ogni partecipante scrive il nome di un componente del gruppo

attribuendogli in questo modo un giudizio scaturito appunto dalla prima impressione. I fogli, su cui i

partecipanti hanno scritto il loro nome o meglio un simbolo che permetta di riconoscere il proprio,

vengono piegati e consegnati al formatore che li custodirà in una busta chiusa.

Durante l’ultimo incontro la busta viene aperta, ognuno recupera il proprio foglio e nella colonna di

destra rimasta bianca, scrive, come la prima volta il nome di uno dei partecipanti, confermando il

giudizio o cambiandolo.

Debriefing: Chi vuole e solo per la parte che vuole, commenta il primo giudizio, l’eventuale conferma

o il motivo del cambio o della conferma.

Di solito e in ogni caso ci si diverte.

Ti dico chi sei

La valutazione sull’opportunità di utilizzare questo gioco è lasciata al formatore, occorre tener

presente che può generare tensione e magari ansia in alcune persone.

Obiettivo: Migliorare la conoscenza, riflettere sul significato del pre giudizio.

Materiali: Nessuno.

Tempo: dipende dal numero dei partecipanti.

Svolgimento: Disposti in cerchio i partecipanti a turno si alzano in piedi e indicandolo col dito dicono

al vicino di destra "tu per me sei…" e aggiungono un giudizio.

Debriefing: I partecipanti dicono quali sono le sensazioni e i timori che hanno provato sia quando

sono stati oggetto del giudizio sia quando hanno dovuto esprimerlo.

Il sasso

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

16

Obiettivo: Aiutare la costruzione del gruppo attraverso la condivisione di sensazioni, creare un clima

rilassato e accogliente.

Materiali: Sassi quasi uguali, tanti quanti sono i partecipanti.

Tempo: dipende dal numero dei partecipanti, un’ora almeno.

Svolgimento: I partecipanti seduti in cerchio prendono da un sacchetto o da un cesto un sasso a loro

scelta. Quello scelto diventa il loro sasso che devono imparare a riconoscere dalla forma, dal tatto dal

colore; vengono formate delle coppie che si scambiano il sasso e a occhi chiusi devono imparare a

riconoscerlo distinguendolo da quello del compagno.

Vengono unite due coppie formando un gruppo di quattro e si ripete lo scambio del sasso con le prove

di riconoscimento.

I sassi vengono ritirati e il formatore fa passare un sasso alla volta tra le mani dei partecipanti che le

tengono dietro la schiena, quando qualcuno ritiene di aver in mano il suo sasso lo trattiene anziché

passarlo ai compagni.

Discussione: Non è un gioco che richiede una discussione particolare, il formatore deve calibrare i

tempi anche in funzione della capacità che i partecipanti dimostrano nell’identificazione del loro

sasso. Spesso il gioco non finisce perché alcuni sassi non vengono riconosciuti e altri invece contesi,

il formatore deve scegliere di chiuderlo prima che si creino frustrazioni o si trasformi in una

“cagnara”.

In mancanza di un sasso possono essere utilizzati altri oggetti che siamo abbastanza simili, ma che

abbiano qualche piccola differenza, per esempio è difficilissimo fare questo gioco se si utilizzano

arance o frutti troppo uguali.

Il sasso (ulteriore sviluppo)

Si può chiedere ai volontari di trattenere il sasso, di depositarlo in un luogo definito o di riportarlo

all’ultimo incontro.

Il formatore dopo aver disposto tutti in cerchio, chiederà a ogni volontario di consegnare il sasso a un

compagno cui deve chiedere scusa per uno sgarbo commesso durante la formazione in una sorta di

gioco simbolico di riconciliazione come strumento per togliersi i “pesi” e alleggerire l’animo.

Il sasso (ulteriore sviluppo)

Come prima, il sasso viene ripreso, per utilizzarlo in funzione del “mi tolgo un sasso dalla scarpa”.

I volontari seduti in cerchio, a turno, si tolgono “ il sasso” dicendo qualcosa che fino a quel momento

avevano taciuto e tenuto per sé.

Il mio augurio

Da proporre in conclusione

Obiettivo: Facilitare il congedo, verificare la coesione del gruppo.

Materiali: Foglietti binachi.

Tempo: dipende dal numero dei partecipanti.

Svolgimento: Disposti in cerchio i partecipanti scrivono su un foglietto un augurio per l’avvio del

servizio civile “pratico” pensando a un compagno cui vogliono dedicarlo. Il foglietto viene piegato

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

17

in quattro e posato a terra al centro del cerchio; a turno i partecipanti si alzano, vanno a prendere un

foglietto a caso e leggono quello che c’è scritto.

Il gruppo cerca di individuare il volontario a cui è diretto, chi si riconosce come autore può intervenire

e spiegare perché e a chi l’ha scritto, ma non necessariamente, la non obbligatorietà a svelarsi, se

spiegata in anticipo, favorisce una maggiore libertà di espressione.

Debriefing: non è necessario.

L’augurio del formatore

Anche il formatore lascerà un suo augurio al gruppo, il riferimento può essere il viaggio, che

comprende elementi come il partire, il camminare, il lasciarsi, la scoperta, i compagni di viaggio, gli

incontri, il punto d’arrivo, il ritorno; qualche anno fa l’agenda che l’Ufficio nazionale regala ai

volontari era incentrata sul tema del viaggio e conteneva spunti interessanti per preparare

presentazioni in power point, filmati in movie maker, cartelloni o altro, anche le poesie si prestano

per questo lavoro.

Infine il formatore o qualche volontario possono proporre lavori costruiti con le fotografie scattate e

le frasi scritte sui cartelloni.

Strappare l’agenda formativa dopo averla firmata.

Il formatore trascrive su un cartoncino formato A4 l’agenda formativa del gruppo o stampa una foto

del gruppo sempre su un formato A4; tutti i volontari firmano sul retro del foglio e di seguito ognuno

ne strappa un pezzettino da conservare come ricordo di questo momento.

Un “ricordo più elegante” ma meno gradito ai volontari, può essere un segnalibro per ogni

partecipante su cui il formatore ha scritto una frase, un pensiero, qualsiasi altra cosa che il gruppo

riconosca come proprio, poi tutti li firmano sul retro così che a ognuno resti il ricordo.

Le tre sedie

Da proporre in conclusione

Obiettivo: Facilitare il congedo, verificare il clima dell’aula.

Materiali: uno sgabello senza sponda, una sedia da cucina e una poltroncina imbottita.

Tempo: dipende dal numero dei partecipanti.

Svolgimento: il formatore spiega che lo sgabello, la sedia e la poltroncina rappresentano tre possibilità

di sedersi in maniera più o meno comoda. I partecipanti a turno si alzano dalla loro sedia e scelgono

dove sedersi tra le tre possibilità poste di fronte a tutti; con la loro scelta indicano come si sono sentiti

durante il percorso formativo; possono anche commentare la scelta; anche il formatore partecipa.

Debriefing: non è necessario

Appuntamento successivo

Di solito con un minimo di coordinamento, i volontari riescono a chiudere la giornata con un

momento di festa, ognuno porta qualcosa ed è fatta, al formatore il compito di fissare un

appuntamento successivo, può anche essere il primo incontro di monitoraggio, ma anche un momento

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

18

ufficiale di consegna dei volontari ai loro operatori locali di progetto se la formazione è stata posta

tutta all’inizio o entro il primo mese, mese e mezzo di servizio; infine si può scegliere di presentare i

volontari alla comunità in cui opereranno invitando figure istituzionali delle comunità.

Se opportunamente “sfruttati”, momenti come questi possono diventare modi con cui promuovere il

servizio civile nel territorio.

BIBLIOGRAFIA

Vopel K.W - Manuale per animatori di gruppo – Elle Di Ci Leumann

Rosenfeld D. – Psicoanalisi e gruppi – Borla

Di Maria F. Lo Verso G.- La psicodinamica dei gruppi – Cortina

Vopel K.W- Giochi interattivi - Elle Di Ci Leumann

Bateson Z. - Ecologia della mente – Adelphi

Bruner J. – La cultura dell’educazione – Feltrinelli

Funaro S. Latella R. – Niente da riparare… - Exorma

Manes S. - 83 giochi psicologici per la conduzione dei gruppi – Franco Angeli

Caritas - Manuale di peacebuilding – SEPM

Boal A. – Il poliziotto e la maschera – La meridiana

Borgato R. – Un’arancia per due (giochi d’aula ed esercitazioni per formare alla negoziazione)

- Franco Angeli

Luperini R. – Giochi d’aula - Franco Angeli

FILMOGRAFIA

Dei titoli indicati ovviamente non è utilizzabile l’intera pellicola sia per ragioni di tempi sia perchè

non sempre coerente con il tema trattato, possono invece essere utilizzati con successo spezzoni o

brevi sequenze che il formatore deve selezionare e saper individuare al momento opportuno. Accanto

ad ogni titolo vengono indicate, al di là del messaggio che il regista si propone di veicolare alcuni

spunti suscitati dalla selezione di brevi sequenze.

La ciudad – David Riker (bisogno di condividere col gruppo gli eventi e le emozioni)

Alla luce del sole – Roberto Faenza (educare, formare, modello formativo)

Tarzan di gomma – Soeren Kragh - Jacobsen (c’è sempre qualcosa che uno sa fare!)

Basta guardare il cielo - Peter Chelsom (il gruppo, crescere, relazione di aiuto)

Primavera, estate, autunno inverno e ancora primavera – Kim Ki – Duk (il ruolo del maestro)

TESTI

A proposito di servizio civile come esperienza dai contenuti educativi nei confronti delle giovani

generazioni: “ il gruppo rappresenta il luogo in cui avvengono gli scambi emozionali, cognitivi,

culturali che determinano un contesto educativo che muta col mutare delle persone che ne fanno

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

19

parte. La fatica dell’educatore è cercare di modulare linguaggi e pratiche sempre in relazione al

contesto e alle persone con cui lavora e con cui s’incontra. Lui stesso non sarà sempre uguale, non

saranno sempre uguali le proposte, gli stimoli, le strategie, le attese che caratterizzano il suo

intervento. Il gruppo è anche la risorsa a cui tutti possono attingere, che dà sostegno e sostanza a

ogni evento e come tale va rispettato, pur assicurando al singolo le sue specificità” (Funaro S. Latella

R.)

A volte la magia succede e i cartelloni servono, questo è il pensiero che Oriana Marzani, una

volontaria, ha lasciato alla fine del suo percorso formativo.

“Sono stati giorni intensi e delicati.

Tiepidi e materni.

Giorni di lacrime inaspettate e virtù esternate.

Giorni di dolci scoperte, parole frementi e anime palpitanti.

Le prime nebbie la mattina e il sole che riflette stupefatte goccioline appena nate.

Alberi umidi e un profumo morbido d’autunno tutto intorno.

Il riscaldamento acceso e il suo tepore indugiante.

Giorni di parcheggi lontani e strade progressivamente familiari in compagnia di persone così

stranamente vicine e sorridenti.

Inaspettate.

Grazie, davvero.

Perchè il fatto di essere lì, in quella stanza dai soffitti altissimi e tutti quegli spifferi e quei muri

spogli e gelati mi ha fatto sentire a casa.

E condividere uno scopo è quanto di più bello possa accadere.

O forse semplicemente avere la possibilità di condividere, fossero soltanto soffitti, muri o spifferi.

Però in quell’aula si sentiva il calore di tutti, e tutti -con una risata, un silenzio, uno sguardo, una

parola, un sorriso, un brusio, un raffreddore, una pausa, un caffè, una sigaretta- hanno contribuito

alla magia.

Orchestrata da mani sapienti, è vero.

Ma pur sempre una magia… (Oriana – Commossa)

In quest’ottica il formatore deve sentirsi investito anche da un ruolo educativo.

Dalla “Gallina volante” di Paola Mastrocola

…ci sono i pastori e ci sono i maestri e sono due cose ben diverse e se uno è in un modo non può

essere nell’altro. I pastori sono gli insegnanti che tengono la classe come un gregge e stanno attenti

a che tutte le pecore ci siano e li seguano, e se ne perdono una, o la aspettano anche mesi o tornano

subito indietro a riprendersela trascinandosi tutte le altre, poi la accarezzano sulla testa, le

asciugano la lana e la rimettono al suo posto. Ai pastori non importa niente dove si arriva, tanto non

devono andare da nessuna parte: l’importante è tenere insieme il gregge.

Il maestro invece è uno che insegna quel che sa che deve insegnare, e chi lo segue bene e chi non lo

segue non importa, fatti suoi. Lui va diritto dove deve andare, intanto perché sa dove deve andare, e

1. L’IDENTITA’ DEL GRUPPO

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poi perché se facesse una deviazione anche piccola potrebbe non arrivare più dove deve e questo

sarebbe grave; la sua strada è lunga e difficile, quindi non può distrarsi mai, nemmeno per vedere

chi c’è e chi non c’è, certo il rischio è che può capitargli di arrivare solo alla meta e questo gli

spiacerebbe proprio tanto.

Lo so che sembra più simpatico il pastore, ma ti piacerebbe essere una pecora che poi nella vita non

sa fare niente da sola e ha sempre bisogno del gregge?

Almeno col maestro, quei pochi che lo seguono, fosse anche uno solo, arrivano in un posto dove poi

saranno individui, in grado di farsi al loro strada, almeno si presume …

Dedicata ai volontari e ai formatori

“Forse ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo” (Aristotele.)

“Qualunque cosa tu possa fare o sognare di fare, incominciala. L’audacia ha in sé genio, potere e

magia. Incominciala adesso” (J. W. Von Goethe)