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Liceo Scientifico “M. G. Vida” - Cremona - Dispensa di Matematica CENNI ALL’ALGEBRA DELLE MATRICI, INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO, RISOLUZIONE DI SISTEMI LINEARI. Docente: Prof. Carlo Alberini Classi: II As - II Bs Anno Scolastico: 2010/2011

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Liceo Scientifico “M. G. Vida”- Cremona -

Dispensa di Matematica

CENNI ALL’ALGEBRA DELLE MATRICI,INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO,

RISOLUZIONE DI SISTEMI LINEARI.

Docente:Prof. Carlo Alberini

Classi:II As - II Bs

Anno Scolastico: 2010/2011

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Indice

Introduzione v

1 Cenni all’algebra delle matrici 1

1.1 Preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1.1 Particolari matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.2 Operazioni con le matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.1 Somma di matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.2 Prodotto per uno scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.3 Matrice opposta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.2.4 Prodotto di un vettore riga per un vettore colonna . . . . . . . . . 4

1.2.5 Prodotto di matrici (righe per colonne) . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.2.6 Trasposta di una matrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.3 Determinante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.3.1 Calcolo del determinante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2 Introduzione al piano cartesiano 11

2.1 Coordinate cartesiane sulla retta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.1.1 Distanza tra due punti sulla retta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.1.2 Punto medio di un segmento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2.2 Coordinate cartesiane nel piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.2.1 Distanza tra due punti nel piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.2.2 Coordinate del punto medio di un segmento . . . . . . . . . . . . . 18

2.2.3 Baricentro di un triangolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.2.4 Area di un triangolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

i

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ii INDICE

2.3 Equazione cartesiana della retta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.3.1 Casi particolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.3.2 Forma esplicita dell’equazione di una retta . . . . . . . . . . . . . . 27

2.3.3 Condizione di perpendicolarità di due rette . . . . . . . . . . . . . . 28

3 Sistemi lineari 33

3.1 Metodi risolutivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.1.1 Metodo di sostituzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.1.2 Metodo di riduzione o di addizione e sottrazione . . . . . . . . . . . 37

3.1.3 Metodo di Cramer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

3.2 Intersezione tra due rette. Condizione di parallelismo . . . . . . . . . . . . 41

Bibliografia 45

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Elenco delle figure

2.1 Esempio di retta orientata. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.2 Punto medio di un segmento AB. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.3 Definizione dei quattro quadranti del piano cartesiano. . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.4 Esempio di coordinate di un punto nel piano cartesiano. . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.5 Esempi di simmetrie assiali nel piano cartesiano e relativi cambiamenti di segno nelle

coordinate del punto trasformato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.6 Distanza tra due punti nel piano cartesiano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.7 Punto medio di un segmento nel piano cartesiano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.8 Insieme dei punti descritti dalle relazioni (2.2.2). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.9 Baricentro di un triangolo nel piano cartesiano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.10 Area di un triangolo nel piano cartesiano con un lato parallelo ad uno degli assi coordinati. 21

2.11 Area di un triangolo generico nel piano cartesiano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2.12 Schema nel piano cartesiano che visualizza l’ipotesi dell’esistenza del punto P0 6∈ r. . . . 25

2.13 Esempio di retta generica parallela all’asse x. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.14 Esempio di retta generica parallela all’asse y. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.15 Esempio di retta generica nel piano cartesiano con relative pendenze. . . . . . . . . . 29

2.16 Schema nel piano cartesiano per la condizione di perpendicolarità tra rette. . . . . . . 30

3.1 Interpretazione grafica dell’Esempio 3.1.1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

3.2 Interpretazione grafica dell’Esempio 3.1.2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

3.3 Interpretazione grafica dell’Esempio 3.1.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

iii

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Introduzione

Questa dispensa è rivolta a tutti gli studenti delle classi II As e II Bs del Liceo Scientifico

“M. G. Vida” di Cremona. In essa verranno affrontati i principali punti della teoria delle

matrici, alcune utili applicazioni delle stesse, un’introduzione al piano cartesiano e alla

risoluzione di sistemi lineari in due incognite x e y. Ci si soffermerà con un certo rigore

anche sull’interpretazione grafica di questi ultimi e delle loro possibili soluzioni nel piano

cartesiano stesso. Aspetti più operativi degli argomenti qui trattati saranno, invece,

affrontati in classe.

Il presente lavoro non è, naturalmente, sostitutivo del libro di testo, ma tutt’al più,

integrativo. Per gli esercizi si rimanda - come sempre - al libro di testo in adozione.

Prof. Carlo Alberini.

v

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vi INTRODUZIONE

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Capitolo 1

Cenni all’algebra delle matrici

1.1 Preliminari

Nel seguito si indicherà con K un qualsiasi insieme numerico: N,Z,Q o R.

Definizione 1.1.1 Si definisce matrice m × n a coefficienti in K una tabella di m · n

elementi disposti su m righe ed n colonne.

Definizione 1.1.2 Indichiamo l’insieme delle matrici a m righe ed n colonne fatte di

elementi appartenenti a K con Matm,n(K) (dove m,n ≥ 1).

Nel caso particolare in cui m = n, cioè se il numero delle righe coincide con il numero

delle colonne, diciamo che la matrice è quadrata, e scriviamo semplicemente Matn(K).

Gli elementi di una generica matrice A = (ai,j) si indicano con la notazione ai,j, dove

i è l’indice di riga e j l’indice di colonna.

Esempio 1.1.1 Sia

A =

−2

√5

14

34 0

.A è una matrice rettangolare con m = 3 righe e n = 2 colonne ad elementi in R. In questo

caso sarà A ∈Mat3,2(R). Gli elementi di A sono così identificati: a1,1 = −2, a1,2 =√5,

a2,1 = 1, a2,2 =4

3, a3,1 = 4, a3,2 = 0.

1

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2 CAPITOLO 1. CENNI ALL’ALGEBRA DELLE MATRICI

Esempio 1.1.2 Sia

A =

[−2

√5

1 0

].

A è in questo caso una matrice quadrata con m = n = 2 righe e colonne ad elementi

ancora in R. Scriviamo allora che A ∈Mat2(R).

1.1.1 Particolari matrici

Definiamo alcuni particolari tipi di matrici:

1. Matrice nulla, ovvero una matrice i cui elementi sono tutti contemporaneamente

nulli.

Ad esempio: A =

0 0 0

0 0 0

0 0 0

∈Mat3(K);

2. Matrice identica, comunemente indicata con I, è una matrice i cui elementi sono

tutti contemporaneamente uguali a 1 sulla diagonale e 0 altrove.

Ad esempio: I =

1 0 0 . . . 0

0 1 0 . . . 0... . . . ...0 0 0 . . . 1

∈Matn(K);

3. Matrici diagonali, se ai,j = 0, per ogni i 6= j, cioè sono tutti nulli gli elementi fuori

dalla diagonale principale. Osserviamo che per qualche i potrebbe essere ai,i = 0;

4. Matrici triangolari superiori, se tutti gli elementi al di sotto della diagonale

principale sono nulli.

5. Matrici triangolari inferiori, se tutti gli elementi al di sopra della diagonale

principale sono nulli.

6. Matrici scalari, se sono diagonali e ai,i = a, per ogni i;

7. Matrici simmetriche, in cui ai,j = aj,i per ogni i, j. Tale definizione è valida,

chiaramente, solo per matrici quadrate.

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1.2. OPERAZIONI CON LE MATRICI 3

1.2 Operazioni con le matrici

Definiamo, ora, le principali operazioni possibili tra matrici, utili anche per il seguito del

nostro discorso.

1.2.1 Somma di matrici

Possiamo sommare due matrici A,B ∈ Matm,n(K) se e solo se queste sono di eguale

dimensione. Tale operazione si esegue, allora, sommando componente per componente di

ciascuna matrice considerata. Ad esempio, la matrice A = (ai,j) e la matrice B = (bi,j),

per ogni i = 1 . . .m e per ogni j = 1 . . . n, se della medesima dimensione, daranno luogo

alla matrice C = A + B = (ci,j = ai,j + bi,j), di nuovo per ogni i = 1 . . .m e per ogni

j = 1 . . . n. Si avrà, pertanto, che la matrice somma sarà della medesima dimensione delle

matrici A e B.

Possiamo infine estendere la somma tra matrici per un qualsiasi numero n finito di

matrici.

Esempio 1.2.1 Date le matrici A =

−2 3

1 2

4 0

, B =

5 1

0 8

2 −3

e C =

0 −32 −10 0

,tutte appartenenti a Mat3,2(Z), la loro somma è data da:

A+B + C =

−2 31 24 0

+

5 10 82 −3

+

0 −32 −10 0

=

=

−2 + 5 + 0 3 + 1− 31 + 0 + 2 2 + 8− 14 + 2 + 0 0− 3 + 0

=

3 13 96 −3

∈Mat3,2(Z).

1.2.2 Prodotto per uno scalare

Data una qualsiasi matrice A ∈Matm,n(K), e uno scalare k ∈ K, gli elementi della matrice

k ·A sono definiti come k ·A = k · (ai,j), per ogni i = 1 . . .m e per ogni j = 1 . . . n. Anche

in questo caso la matrice risultante, k · A è della stessa dimensione della matrice A.

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4 CAPITOLO 1. CENNI ALL’ALGEBRA DELLE MATRICI

Esempio 1.2.2 Data la matrice A =

−2 3

1 2

4 0

e lo scalare 2, La matrice 2A sarà data

da:

2A = 2 ·

−2 3

1 2

4 0

=

−4 6

2 4

8 0

Alla luce dell’Esempio 1.2.2, e basandosi sulla proprietà commutativa della molti-

plicazione, vale la seguente:

Proposizione 1.2.1 Per ogni k ∈ K e per ogni A ∈Matm,n(K) si ha che k · A = A · k.

Dimostrazione.

Omessa.

1.2.3 Matrice opposta

Indichiamo con −A la matrice opposta di A ∈ Matm,n(K). La matrice −A ha come

elementi gli ooposti degli elementi di A.

Esempio 1.2.3 Sia A =

−2 3

1 2

4 0

∈Mat3,2(Z), allora A =

+2 −3−1 −2−4 0

∈Mat3,2(Z).

1.2.4 Prodotto di un vettore riga per un vettore colonna

Si definisce vettore riga una matrice composta da una sola riga, mentre si definisce vettore

colonna una matrice composta da una sola colonna.

Si definisce altresì prodotto tra un vettore riga e un vettore colonna (anche in questo

caso tra vettori della medesima dimensione) la seguente operazione:

[a1 a2 . . . an

b1b2...bn

:= a1b1 + a2b2 + . . .+ anbn.

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1.2. OPERAZIONI CON LE MATRICI 5

Osservazione 1.2.1 Attraverso questa definizione, ci accorgiamo subito che non è possibi-

le svolgere il prodotto per un vettore colonna con un vettore riga. E da questa osservazione

possiamo dedurre, come verrà tra poco enunciato, che il prodotto tra matrici non è

commutativo.

1.2.5 Prodotto di matrici (righe per colonne)

Date le matrici A ∈ Matn,r(K), B ∈ Matr,n(K), il prodotto matriciale A · B è definito

righe per colonne e restituisce una matrice quadrata di orine n.

Osservazione 1.2.2 Per poter eseguire tale operazione, il numero n delle colonne di A

deve essere uguale al numero di righe di B. Se tale condizione non viene verificata, allora

le due matrici non sono tra loro moltiplicabili.

Esempio 1.2.4 Vediamo la procedura di moltiplicazione righe per colonne attraverso il

seguente esempio:

Siano A =

[−2 3 1

1 2 0

]∈Mat2,3(K) e B =

0 1

2 2

3 0

∈Mat3,2(K).

Allora:

A ·B =

[−2 3 1

1 2 0

0 1

2 2

3 0

=

=

[���

��(−2) · 0 + 3 · 2 + 1 · 3 (−2) · 1 + 3 · 2 +���1 · 0���1 · 0 + 2 · 2 +���0 · 3 1 · 1 + 2 · 2 +���0 · 0

]=

=

[9 4

4 5

]∈Mat2(K).

Come mostra l’Esempio 1.2.4, fare il prodotto di due matrici consiste nel vedere la

prima matrice come composta da n vettori colonna, e la seconda matrice come composta

da n vettori riga. La matrice risultante avrà, pertanto, nella posizione (1, 1) il prodotto

della prima riga di A per la prima colonna di B, nella posizione (1, 2), il prodotto della

prima riga di A con la seconda colonna di B, e così via.

In generale si avrà nella posizione (i, j) il prodotto della i-esima riga di A con la

j-esima colonna di B, con i, j = 1, . . . n.

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6 CAPITOLO 1. CENNI ALL’ALGEBRA DELLE MATRICI

Osservazione 1.2.3 In generale il prodotto tra matrici non è commutativo.

Riprendendo l’esempio precedente e sviluppando il prodotto B · A si ha che:

B · A =

0 1

2 2

3 0

· [ −2 3 1

1 2 0

]=

=

�����0 · (−2) + 1 · 1 ���0 · 3 + 1 · 2 ���0 · 1 +���1 · 02 · (−2) + 2 · 1 2 · 3 + 2 · 2 2 · 1 +���2 · 03 · (−2) +���0 · 1 3 · 3 +���0 · 2 3 · 1 +���0 · 0

=

=

1 2 0

−2 10 2

−6 9 3

∈Mat3(K).

Si ha pertanto, confrontando anche il risultato ottenuto nell’Esempio 1.2.4, che

A ·B 6= B · A.

1.2.6 Trasposta di una matrice

La trasposta di una matrice A ∈ Matm,n(K), in simboli AT , è la matrice che si ottiene

scambiando le righe con le colonne della matrice di partenza A; ovvero, in simboli,

scambiando l’elemento ai,j con l’elemento aj,i per ogni i, j. Osserviamo altresì che, se

A ∈Matm,n(K), allora AT ∈Matn,m(K).

Date due matrici A,B ∈Matm,n(K), allora valgono i seguenti fatti:

Proposizione 1.2.2 La trasposizione di matrici gode delle seguenti proprietà:

a) (A+B)T = AT +BT ;

b) (AB)T = BTAT , in particolare, se k è scalare in K si ha che (kA)T = k(AT ).

c) (AT )T = A, ovvero la trasposizione di matrici è un’operazione involutoria.

Dimostrazione.

Omessa.

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1.3. DETERMINANTE 7

Proposizione 1.2.3 Se per A ∈Matm,n(K) si ha che A = AT , allora A è simmetrica.

Dimostrazione.

Omessa.

Proposizione 1.2.4 Se A ∈ Matn(K), ovvero A è matrice quadrata, è triangolare

superiore (o inferiore), allora AT è triangolare inferiore (superiore).

Dimostrazione.

Omessa.

Definizione 1.2.1 A ∈Matn(K) si dice antisimmetrica se AT = −A.

1.3 Determinante

Solo le matrici quadrate hanno determinante. Per determinante si intende uno scalare

k ∈ K associato ad ogni matrice di Matn(K). Se A ∈ Matn(K), indichiamo il suo

determinante con |A|, oppure con det[A].

1.3.1 Calcolo del determinante

Vi sono vari modi per calcolare il valore del determinante di una matrice quadrata, vediamo

i principali:

1. Se A ∈Mat1(K), cioè la matrice è formata da un solo elemento (singoletto), il suo

determinante coincide con lo stesso valore.

Se A = (a), allora |A| = a.

Esempio 1.3.1 Se A =[−3

], allora in questo caso |A| = −3.

2. Se A ∈Mat2(K) il suo determinante è dato dal prodotto degli elementi sulla diagonale

principale meno il prodotto degli altri due (ovvero cambiato di segno! ).

Se A =

[a b

c d

], allora |A| = ad− bc.

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8 CAPITOLO 1. CENNI ALL’ALGEBRA DELLE MATRICI

Esempio 1.3.2 Se A =

[1 2

−2 7

], allora in questo caso |A| = 1 · 7− (−2 · 2) =

= 7 + 4 = 11.

3. Se A ∈Mat3(K), possiamo calcolarne il determinante con la Regola di Sarrus :

(a) Accostiamo a destra della matrice la prima e la seconda colonna;

(b) sommiamo il prodotto degli elementi della diagonale principale con i prodotti

degli elementi delle sue due sovradiagonali;

(c) dalla precedente somma sottraiamo il prodotto degli elementi della diagonale

secondaria e i prodotti degli elementi delle sue due sottodiagonali;

Vediamo direttamente l’applicazione di tale regola attraverso il seguente esempio:

Esempio 1.3.3 Sia A =

1 2 0

−2 5 1

3 −2 3

, allora |A| =∣∣∣∣∣∣

1 2 0

−2 5 1

3 −2 3

∣∣∣∣∣∣1 2

−2 5

3 −2=

= (1 · 5 · 3)+ (2 · 1 · 3)+((((((((((0 · (−2) · (−2))− [���

��(3 · 5 · 0) + (−2 · 1 · 1) + (3 · (−2) · 2)] =

= 15 + 6− (−2− 12) = 15 + 6 + 2 + 12 = 35.

4. Se A ∈ Matn(K), con n ≥ 2, è diagonale, o triangolare inferiore (superiore), il

calcolo del suo determinante si riduce all’eseguire il prodotto degli elementi sulla sua

diagonale principale.

Per i determinanti valgono i seguenti fatti:

Proposizione 1.3.1 Sia A ∈Matn(K), allora si ha che:

1. |A| = |AT |;

2. se A ha una riga o una colonna interamente nulla, allora |A| = 0;

3. se A ha due righe o due colonne uguali, allora |A| = 0;

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1.3. DETERMINANTE 9

4. se A ha due righe o colonne linearmente dipendenti1, allora |A| = 0;

5. il seguente risultato prende anche il nome di Teorema di Binet: se A,B ∈

Matn(K), allora si ha che |A ·B| = |A| · |B|.

Dimostrazione.

Omessa.

1Due righe o due colonne di una matrice A ∈Matn(K), si dicono linearmente dipendenti se risultanoessere moltiplicate o divise tra loro per uno stesso scalare k ∈ K non nullo (cioè risultano tra loroproporzionali). In caso contrario si dicono linearmente indipendenti.

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10 CAPITOLO 1. CENNI ALL’ALGEBRA DELLE MATRICI

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Capitolo 2

Introduzione al piano cartesiano

È possibile ottenere la rappresentazione geometrica dei numeri reali associando a ogni

numero reale un punto di una retta, che costituisce l’immagine del numero stesso. Tale

metodo di rappresentazione, la cui idea ispiratrice è dovuta a R. Descartes (1596 - 1650),

è assai utile e corretta, ma non risolve le due questioni seguenti:

- che cosa siano i numeri reali,

- che cosa sia una retta.

Si tratta di due questioni importanti, che riguardano i fondamenti della matematica.

Nel corso dei secoli, si è cercato di risolverle con due diverse strategie, che corrispondono a

due diverse culture.

Secondo una prima via, di tipo logico, da Euclide a G. Cantor (1845 - 1918) si cercò

di fornire definizioni assiomatiche o costruttive dei numeri reali e degli enti geometrici.

Un’altra via, pragmatica, di grande efficacia, fu quella di usare numeri reali e rette

pur avendo di essi una conoscenza poco più che intuitiva. Fanno parte di questa seconda

tendenza gli usi del numero π considerato uguale a 3, 14 o la definizione di retta come

linea “senza fine né inizio”.

L’una via non esclude l’altra né l’una è sempre superiore all’altra per quanto concerne

i risultati ottenuti.

Accettata, per esempio, l’idea intuitiva di retta, facciamo vedere come, utilizzando

alcune sue proprietà già viste in precedenza, possiamo rappresentare su di essa i numeri

reali.

11

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12 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

2.1 Coordinate cartesiane sulla retta

Data una retta r, fissiamo su di essa un punto O, detto origine, un punto U e assumiamo

il segmento OU = u come unità di misura.

Il punto O divide r in due semirette (vedi Figura 2.1): diremo positiva quella che

contiene il punto U, negativa l’altra.

Si dice allora che su r è stato introdotto un riferimento o un sistema di ascisse.

Sia P un punto qualsiasi di r. Associamo al punto P un numero reale x, che chiamiamo

ascissa di P , così definito:

1. x è positivo o negativo a seconda che P appartenga alla semiretta positiva o negativa;

2. |x| è la misura del segmento OP rispetto a u.

Per indicare che P ha ascissa x scriveremo P (x). Al punto O corrisponde l’ascissa

zero.

In questo modo a ogni punto P della retta viene associato un numero reale x; viceversa,

dato il numero reale x, esiste sulla retta r un unico punto P che ha x come ascissa. Si

stabilisce così una corrispondenza biunivoca tra i punti della retta e l’insieme dei numeri

reali. Possiamo perciò parlare indifferentemente di numeri reali o di punti sulla retta reale.

Figura 2.1: Esempio di retta orientata.

2.1.1 Distanza tra due punti sulla retta

Ci occuperemo, ora, di stabilire in che modo sia possibile calcolare la distanza di due punti

su una retta in cui sia stato precedentemente fissato un sistema di riferimento.

Il discorso verterà unicamente su formulazioni di tipo geometrico - euclideo del concetto

di distanza; verranno volutamente tralasciate tutte le questioni inerenti alle distanze di

segmenti orientati.

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2.1. COORDINATE CARTESIANE SULLA RETTA 13

In questo contesto, allora, come è facile intuire, la distanza geometrica (positiva

e assoluta, ovvero uno stesso segmento AB manterrà la propria misura (positiva) in

riferimento ad una fissata unità di misura, tanto che lo si misuri da A verso B, tanto che lo

si misuri da B verso A) deve rispecchiare la misura algebrica analitica calcolata e viceversa.

Siano, dunque, A(a) e B(b) due punti sulla retta r, l’uno di ascissa a, l’altro di ascissa b.

Vale, allora la seguente:

Definizione 2.1.1 Definiamo distanza tra A e B, o misura del segmento AB, il valore

assoluto1 della lunghezza algebrica di AB, cioè:

(b− a) se b ≥ a,↗

AB = |a− b| =↘

(a− b) se b < a.

Dalla precedente definizione segue che:

OA = |a|,

quindi, geometricamente, il valore assoluto di un numero reale a rappresenta la

distanza del punto A(a) dall’origine.

2.1.2 Punto medio di un segmento

Sia M il punto medio del segmento AB (vedi Figura 2.2), con A(a) e B(b).

Poiché AM =MB, indicando con x l’ascissa di M, si ha che :

1Ricordiamo che, in generale, il valore assoluto o modulo di un qualsiasi scalare k ∈ K è dato attraversola seguente:

Definizione 2.1.2 Per ogni k ∈ K poniamo

|k| :={

k se k ≥ 0,−k se k < 0.

Il numero reale positivo |k| si chiama valore assoluto o modulo di k.

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14 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

Figura 2.2: Punto medio di un segmento AB.

x− a = b− x

da cui si ricava:

x =a+ b

2. (2.1.1)

Pertanto, l’ascissa del punto medio di un segmento è data dalla semisomma delle

ascisse degli estremi.

2.2 Coordinate cartesiane nel piano

Due rette tra loro incidenti, dette assi x e y, ciascuna dotata di un sistema di riferimento

OUx e OUy avente come origine il comune punto d’intersezione O, costituiscono un sistema

di riferimento cartesiano nel piano. Esso si indica con xOy e viene detto sistema di

riferimento cartesiano ortogonale se gli assi sono tra loro perpendicolari. L’asse orizzontale

si dice asse x o asse delle ascisse e quello verticale asse y o asse delle ordinate. Non è

restrittivo supporre che l’orientamento sia fissato come nella Figura 2.3.

Figura 2.3: Definizione dei quattro quadranti del piano cartesiano.

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2.2. COORDINATE CARTESIANE NEL PIANO 15

Sia ora P un punto qualsiasi del piano (vedi Figura 2.4); conduciamo da P le

parallele agli assi e siano P1 e P2 le loro intersezioni con l’asse delle ascisse e con quello

delle ordinate. Sia x la coordinata di P1 nel riferimento fissato sull’asse delle ascisse e y la

coordinata di P2 nel riferimento fissato sull’asse delle ordinate.

Figura 2.4: Esempio di coordinate di un punto nel piano cartesiano.

In tal modo a ogni punto P del piano rimane associata la coppia ordinata di numeri reali

(x; y). Viceversa a ogni coppia ordinata di numeri reali (x; y) corrisponde nel piano un solo

punto P, che si ottiene come intersezione delle parallele agli assi condotte rispettivamente

per i punti P1(x) sull’asse x e P2(y) sull’asse y.

Si realizza così una corrispondenza biunivoca tra i punti del piano e le coppie ordinate

(x; y) ∈ R× R = R2.

I numeri reali x e y sono le coordinate di P ; in particolare x si chiama ascissa e y

ordinata del punto P. Si osservi che in generale (x; y) 6= (y;x). Se l’unità di misura fissata

sugli assi x e y è la stessa, cioè OUx = OUy, diremo che è stato introdotto un sistema di

coordinate cartesiane monometrico, altrimenti, se l’unità di misura è diversa per i due assi,

parleremo di sistema di coordinate cartesiane dimetrico. In generale, nel nostro discorso ci

riferiremo a un sistema del primo tipo.

I due assi dividono il piano in quattro quadranti (vedi Figura 2.3): i punti del piano

appartenenti ai vari quadranti hanno le coordinate positive o negative secondo lo schema

seguente:

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16 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

Possiamo riscontrare, altresì, i seguenti fatti:

- i punti dell’asse x hanno ordinata nulla;

- i punti dell’asse y hanno ascissa nulla;

- l’origine degli assi O ha coordinate (0, 0);

- i punti appartenenti a una parallela all’asse x hanno tutti la stessa ordinata;

- i punti appartenenti a una parallela all’asse y hanno tutti la stessa ascissa;

- i punti appartenenti alla bisettrice del 1◦ − 3◦ quadrante hanno tutti le due coordinate

uguali x = y;

- i punti appartenenti alla bisettrice del 2◦ − 4◦ quadrante hanno tutti le due coordinate

opposte x = −y;

- come si vede dalla Figura 2.5, il simmetrico del punto P (a, b) :

rispetto all’asse x ha coordinate (a;−b),rispetto all’asse y ha coordinate (−a; b),rispetto all’origine O ha coordinate (−a;−b),rispetto alla bisettrice del 1◦ − 3◦ quadrante ha coordinate (b; a),rispetto alla bisettrice del 2◦ − 4◦ quadrante ha coordinate (−b;−a),

2.2.1 Distanza tra due punti nel piano

Siano P1(x1, y1) e P2(x2, y2) due punti qualsiasi del piano. Vogliamo determinare la loro

distanza d = P1P2. Dalla Figura 2.6 si ricava:

P1H = A1B1 = |x2 − x1|,

P2H = A2B2 = |y2 − y1|.

Dal Teorema di Pitagora applicato al triangolo P1HP2, segue allora che:

P1P2 =√

(x2 − x1)2 + (y2 − y1)2,

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2.2. COORDINATE CARTESIANE NEL PIANO 17

Figura 2.5: Esempi di simmetrie assiali nel piano cartesiano e relativi cambiamenti di segno nellecoordinate del punto trasformato.

Figura 2.6: Distanza tra due punti nel piano cartesiano.

In particolare, se P1 e P2 hanno uguale ordinata, y1, sarà P1P2 = |x2 − x1|, mentre se

P1 e P2 hanno uguale ascissa, x1, sarà P1P2 = |y2 − y1|.

Inoltre, la distanza di P (x; y) dall’origine è:

OP =√x2 + y2.

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18 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

2.2.2 Coordinate del punto medio di un segmento

Siano P1(x1; y1) e P2(x2; y2) due punti qualsiasi del piano e sia M(x; y) il punto medio del

segmento P1P2; siano inoltre A1(x1; 0), B1(x2; 0), M1(x; 0) le proiezioni dei punti P1, P2

e M sull’asse x e A2(0; y1), B2(0; y2), M2(0; y) le proiezioni di tali punti sull’asse y (vedi

Figura 2.7).

Figura 2.7: Punto medio di un segmento nel piano cartesiano.

Per il Teorema di Talete, i punti M1 e M2 sono rispettivamente i punti medi dei

segmenti A1B1 e A2B2. Ricordando la relazione (2.1.1) si ha che le coordinate del punto

M sono date rispettivamente dalle espressioni seguenti:

x =x1 + x2

2, y =

y1 + y22

. (2.2.1)

cioè le coordinate del punto medio di un segmento sono uguali alla semisomma delle

coordinate omonime degli estremi.

Osservazione 2.2.1 Il punto M di coordinate(x1 + x2)

2e(y1 + y2)

2, punto medio del

segmento di estremi P1(x1; y1) e P2(x2; y2), è solo uno dei punti del segmento.

Può essere allora utile chiedersi quale sia la relazione - se esiste - che lega i punti di un

determinato segmento e che li fa appartenere ad esso esclusivamente, in altre parole quale

espressione debbano avere le coordinate di un generico punto del segmento considerato per

appartenere ad esso. La risposta che debbono sottostare alle seguenti limitazioni:

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2.2. COORDINATE CARTESIANE NEL PIANO 19

x1 ≤ x ≤ x2, y1 ≤ y ≤ y2, (2.2.2)

non è esauriente. Infatti i punti P (x; y) le cui coordinate soddisfano dette disugua-

glianze non sono solo quelli del segmento, ma quelli dell’intero rettangolo avente come

opposti P1 e P2 (vedi Figura 2.8).

Figura 2.8: Insieme dei punti descritti dalle relazioni (2.2.2).

È allora utile dare la seguente definizione che introduce - dal punto di vista operativo

- un’interessante relazione di tutti i punti appartenenti ad uno stesso segmento P1P2 :

Definizione 2.2.1 Dati due punti appartenenti al piano, P1(x1; y1) e P2(x2; y2), si dice

combinazione lineare convessa di tutti i punti appartenenti al segmento di estremi P1 e P2

un punto P tale che:

P = αP1 + βP2, (2.2.3)

dove si pongono α e β numeri reali non negativi e tali che α + β = 1.

In base alle coordinate di P1 e P2, le coordinate di un generico punto P appartenente al

segmento di estremi P1 e P2, risulteranno, dalla relazione (2.2.3) e dal fatto che β = 1−α:

x = αx1 + (1− αx2), y = αy1 + (1− αy2). (2.2.4)

Per ogni valore di α ∈ [0, 1] si ottengono le coordinate (x; y) di un punto del segmento

P1P2.

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20 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

Esempio 2.2.1 I punti appartenenti al segmento di estremi P1(1; 2) e P2(3;−5) hanno

coordinate

x = α + (1− α) · 3 = 3− 2α, y = 2α− (1− α) · 5 = 7α− 5.

per α ∈ [0, 1].

2.2.3 Baricentro di un triangolo

Siano P1(x1; y1), P2(x2; y2) e P3(x3; y3) tre punti non allineati del piano e sia G = (x; y) il

baricentro del triangolo P1P2P3 (vedi Figura 2.9).

Figura 2.9: Baricentro di un triangolo nel piano cartesiano.

Ricordando che il baricentro G di un triangolo è il punto di intersezione delle mediane

e divide ciascuna di esse in due segmenti, dei quali quello che ha per estremo un vertice

del triangolo è doppio dell’altro, si ha

2 ·M3G = GP3

e quindi, per il Teorema di Talete,

2 ·H1G1 = G1K1, 2 ·H2G2 = G2K2,

da cui si ottiene:

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2.2. COORDINATE CARTESIANE NEL PIANO 21

2

(x− x1 + x2

2

)= x3 − x, 2

(y − y1 + y2

2

)= y3 − y;

le coordinate del baricentro sono quindi:

x =x1 + x2 + x3

3, y =

y1 + y2 + y33

(2.2.5)

2.2.4 Area di un triangolo

Consideriamo anzitutto il triangolo ABC della Figura 2.10, avente un lato parallelo

all’asse x. Siano A = (a1; a2), B = (b1; b2) e C = (c1; c2), con c2 = a2, i suoi vertici.

Figura 2.10: Area di un triangolo nel piano cartesiano con un lato parallelo ad uno degli assi coordinati.

Avremo

A =CA ·BH

2=

∣∣∣∣(a1 − c1)(b2 − c2)2

∣∣∣∣ .Nel caso generale, poi, possiamo sempre decomporre il triangolo dato in due triangoli

con la base parallela all’asse x, come in Figura 2.11.

Sarà, quindi, nel caso della figura,

AABC = AAMC +AMBC .

Daterminiamo ora le coordinate diM : appartenendo al segmento AB le sue coordinate

saranno, in base alle relazioni (2.2.3) e (2.2.4):

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22 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

Figura 2.11: Area di un triangolo generico nel piano cartesiano.

xM = αa1 + (1− α)b1, yM = αa2 + (1− α)b2;

dovendo essere yM = c2, si otterrà

αa2 + (1− α)b2 = c2,

da cui:

α =c2 − b2a2 − b2

e quindi

xM =c2 − b2a2 − b2

· a1 +(1− c2 − b2

a2 − b2

)· b1.

Possiamo allora ricavare l’area:

fornita da un’espressione ancora razionale delle coordinate dei vertici, ricordata più

facilmente come il valore assoluto diviso 2 del seguente determinante:

AABC =1

2

∣∣∣∣∣∣det a1 a2 1

b1 b2 1

c1 c2 1

∣∣∣∣∣∣ (2.2.6)

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2.3. EQUAZIONE CARTESIANA DELLA RETTA 23

AABC = AAMC +AMBC =CM · AK

2+CM ·BH

2=

=CM

2(AK +BH) =

CM

2|b2 − a2| =

=1

2

∣∣∣∣[(c2 − b2) · a1 + (a2 − c2) · b1a2 − b2

− c1](b2 − a2)

∣∣∣∣ ==

1

2|(c2 − b2)a1 + (a2 − c2)b1 + (b2 − a2)c1|,

2.3 Equazione cartesiana della retta

Siamo, a questo punto, interessati alla relazione che lega tutti i punti appartenenti ad una

stessa retta nel piano cartesiano. Siccome esiste un legame dei punti appartenenti ad uno

stesso segmento, ci chiediamo ora se tale relazione si possa estendere, o meno, anche alle

rette, o se non ne esista una apposita.

Dalla geometria euclidea sappiamo, poi, che dati comunque due punti del piano, per

essi, passa sempre una e una sola retta.

Tuttavia, nel piano cartesiano, per ricavare tale relazione, ovvero l’equazione cartesiana

della retta, che verrà detta equazione lineare in x e y, dobbiamo ricondurci alla relazione

(2.2.6).

Infatti, se consideriamo nel piano due punti dati, P1(x1; y1) e P2(x2; y2), e un terzo

punto P (x; y) generico, abbiamo la certezza, ad esempio, che per P1 e P2 passi una e una

sola retta (che chiameremo r), ma nulla sappiamo circa il passaggio per P (esso, infatti,

potrebbe essere o meno allineato con gli altri due).

In generale, allora, P1PP2 descrivono, nel piano cartesiano, un triangolo generico. Se

però immaginiamo che questi tre punti siano tra loro allineati potremmo dire che l’area di

tale triangolo è nulla.

Quindi, dato che tre punti del piano cartesiano non allineati tra loro definiscono un

triangolo di area A, se A = 0, è logico pensare che P1, P2 e P sono tra loro allineati. In

questo caso, allora, la retta r precedentemente definita passa anche per P.

In altre parole stiamo imponendo la cosiddetta condizione di allineamento di tre punti

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24 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

(per cui, anche in questo caso, ovviamente, passa una e una sola retta!). È da notare,

infine, che il discorso vale per ogni terna di punti comunque scelta nel piano cartesiano.

Operativamente parlando, allora, ciò si verifica imponendo che il determinante trovato

nella relazione (2.2.6) sia nullo, ovvero impostando la seguente equazione:

AP1PP2 =1

2

∣∣∣∣∣∣det x1 y1 1

x y 1

x2 y2 1

∣∣∣∣∣∣ = 0 (2.3.1)

cioè, semplificando:

det

x1 y1 1

x y 1

x2 y2 1

= 0 (2.3.2)

Mediante la regola di Sarrus, tale determinante diventa:

x1y + y1x2 + xy2 − x2y − y2x1 − xy1 = 0

Essendo, poi, le coordinate di P1 e P2 date, possiamo fattorizzare in questo modo:

x(y2 − y1) + y(x1 − x2) + (y1x2 − y2x1) = 0. (2.3.3)

Poniamo a questo punto: a = (y2 − y1), b = (x1 − x2) e c = (y1x2 − y2x1). La 2.3.3

diventa, allora,

ax+ by + c = 0 (2.3.4)

che identifica un’equazione lineare in due incognite, x e y.

Abbiamo fin qui dimostrato che tutte le coppie (x; y) con P (x; y) ∈ r sono soluzioni

dell’equazione (2.3.4).

Verifichiamo, ora, viceversa, che tutte le coppie (x0; y0) soluzioni dell’equazione (2.3.4)

sono coordinate di punti appartenenti ad r.

Procediamo, allora, dimostrando per assurdo che sia:

ax0 + by0 + c = 0

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2.3. EQUAZIONE CARTESIANA DELLA RETTA 25

con P0 6∈ r e consideriamo il punto A(x0; y1) ∈ r situato sulla parallela all’asse y

passante per P0 (come mostrato in Figura 2.12)

Figura 2.12: Schema nel piano cartesiano che visualizza l’ipotesi dell’esistenza del punto P0 6∈ r.

A causa dell’assurdo imposto, sarà anche, evidentemente,

ax0 + by1 + c = 0.

Da ciò segue che:

ax0 + by1 + c = 0 = ax0 + by0 + c,

ovvero:

ax0 + by1 + c = ax0 + by0 + c,

da cui:

b(y0 − y1) = 0,

uguaglianza che, essendo per ipotesi b 6= 0, implica che sia

y1 = y0.

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26 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

Un assurdo. Il punto P0 coinciderà, allora, con A e quindi apparterrà alla retta r, e

questa è la prova che ogni coppia (x0; y0) soluzione dell’equazione (2.3.4) rappresenta un

punto della retta.

Le due dimostrazioni riportate provano che c’è completa identità tra le coppie (x; y)

di coordinate di punti di r e le coppie (x; y) soluzioni dell’equazione (2.3.4). Proprio per

esprimere tale identità osservata diciamo che l’equazione (2.3.4) con a, b e c dati dalla

relazione (2.3.3) è l’equazione della retta r. L’equazione (2.3.4) è anche detta equazione

della retta in forma implicita.

2.3.1 Casi particolari

Nella presente sottosezione ci occuperemo di ricavare particolari equazioni di rette nel

piano cartesiano in due situazioni altrettanto particolari:

a) rette parallele all’asse x,

b) rette parallele all’asse y.

Equazione cartesiana di rette parallele all’asse x.

Nell’equazione (2.3.4), al verificarsi della seguente situazione: a = 0 e b 6= 0, si ha che:

by + c = 0⇐⇒ y = −cb.

Si ha allora che l’equazione (2.3.4) è soddisfatta per tutte le coppie (x;−cb), qualunque

sia x, le quali sono rappresentate graficamente da tutti i punti aventi ordinata −cb; tali

punti costituiscono una retta parallela all’asse x (vedi Figura 2.13), che interseca l’asse y

nel punto A = (0,−cb). Pertanto l’equazione by+ c = 0 ha come grafico una retta parallela

all’asse x.

In particolare, se c = 0 si ha l’equazione

y = 0,

che rappresenta l’asse x stesso.

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2.3. EQUAZIONE CARTESIANA DELLA RETTA 27

Figura 2.13: Esempio di retta generica parallela all’asse x.

Equazione cartesiana di rette parallele all’asse y.

Nell’equazione (2.3.4), al verificarsi della seguente situazione: a 6= 0 e b = 0, si ha che:

ax+ c = 0⇐⇒ x = − ca.

Si ha allora che l’equazione (2.3.4) è soddisfatta da tutte le coppie (− ca; y), qualunque

sia y, che sono rappresentate da tutti i punti aventi ascissa − ca; tali punti costituiscono una

retta parallela all’asse y (vedi Figura 2.14), che interseca l’asse x nel punto B = (− ca; 0).

Pertanto la retta è la rappresentazione grafica dell’equazione data.

In particolare, se c = 0 si ha l’equazione

x = 0,

che rappresenta l’asse y.

Osservazione 2.3.1 Nel caso in cui nell’equazione (2.3.4) si abbia contemporaneamente

a 6= 0 e b 6= 0 si avrà la rappresentazione grafica di una retta non parallela agli assi.

2.3.2 Forma esplicita dell’equazione di una retta

Se nell’equazione (2.3.4) si ha il termine b 6= 0, significa che la retta in questione non è

parallela all’asse y. Per questa tipologia di rette si ha allora che l’equazione (2.3.4) può

scriversi nella seguente forma:

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28 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

Figura 2.14: Esempio di retta generica parallela all’asse y.

ax+ by + c = 0⇐⇒ y = −abx− c

b,

esplicitando, così l’incognita y.

Poniamo ora

m = −ab, q = −c

b,

l’equazione (2.3.4) diventa allora:

y = mx+ q,

detta anche equazione esplicita della retta.

A questo livello si ha che m prende il nome di coefficiente angolare o pendenza e

dipende dall’angolo α, minore di un angolo piatto che la semiretta positiva dell’asse x

forma con la semiretta di r costituita dai punti di ordinata non negativa; mentre il termine

q si chiama ordinata dell’intersezione (vedi Figura 2.15).

Osservazione 2.3.2 Osserviamo che le rette che attraversano il 1◦ e 3◦ quadrante hanno

coefficiente angolare positivo, mentre quelle che attraversano il 2◦ e 4◦ quadrante hanno

coefficiente angolare negativo.

2.3.3 Condizione di perpendicolarità di due rette

Siano r ed s due rette le cui equazioni esplicite siano

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2.3. EQUAZIONE CARTESIANA DELLA RETTA 29

Figura 2.15: Esempio di retta generica nel piano cartesiano con relative pendenze.

r : y = mx+ q, s : y = m′x+ q

′.

Determiniamo le condizioni cui devono soddisfare i coefficienti angolari m ed m′ delle

due rette affinché esse siano perpendicolari.

A tale scopo, supponiamo le rette stesse perpendicolari e vediamo quale relazione

passa tra i coefficienti angolari m ed m′. Ora, poiché, se le due rette sono perpendicolari,

anche le rette parallele a esse e passanti per l’origine sono perpendicolari tra loro, conside-

riamo le rette r1 ed s1 parallele a r ed s, ma passanti per l’origine O(0; 0), di equazioni

rispettivamente

r1 : y = mx, s1 : y = m′x.

Sia poi H(x; 0) un punto dell’asse x distinto dall’origine e siano P1 e Q1 i punti di r1ed s1 aventi la stessa ascissa di H : P1(x;mx) e Q1(x;m

′x).

Applicando il secondo teorema di Euclide al triangolo OQ1P1 rettangolo per ipotesi

(vedi Figura 2.16), si otterrà

OH2= HP1 ·HQ1,

da cui si ricava

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30 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

Figura 2.16: Schema nel piano cartesiano per la condizione di perpendicolarità tra rette.

x2 = |mx| · |m′x|.

Dividendo per x2, sicuramente diverso da zero, si ha

1 = |m| · |m′ |.

Essendo r1 ed s1 perpendicolari, le ordinate di P1 e di Q1 sono discordi, quindi i

coefficienti angolari m ed m′ sono discordi, pertanto si avrà

− 1 = m ·m′ ⇐⇒ m′= − 1

m. (2.3.5)

Quindi si può affermare che se due rette sono perpendicolari il prodotto dei loro

coefficienti angolari è uguale a −1. Perciò, data la retta r di equazione

y = mx+ q

tutte le rette di equazione

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2.3. EQUAZIONE CARTESIANA DELLA RETTA 31

y = − 1

mx+ k

sono, qualunque sia k ∈ R, perpendicolari a r.

Infine, la condizione di perpendicolarità si traduce, per due rette, r e s, le cui equazioni

sono poste sotto forma implicita:

r : ax+ by + c = 0 s : a′x+ b

′y + c

′= 0,

nella relazione seguente:

−ab=b′

a′ ,

ovvero

aa′+ bb

′= 0. (2.3.6)

Data perciò la retta r di equazione

ax+ by + c = 0,

tutte le rette di equazioni

bx− ay + k = 0 (2.3.7)

ottenute dalla precedente scambiando i coefficienti di x e di y e cambiando il segno di

uno di essi, rappresentano, qualunque sia k ∈ R, rette perpendicolari a r.

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32 CAPITOLO 2. INTRODUZIONE AL PIANO CARTESIANO

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Capitolo 3

Sistemi lineari

Per sistema di equazioni intendiamo un insieme di equazioni (almeno due) di cui si cercano

le eventuali soluzioni comuni, che si indica mettendo le due equazioni una sotto l’altra e

unendole mediante una parentesi graffa; nel caso di due equazioni di primo grado nelle

variabili x e y, il sistema si dice lineare.

I sistemi lineari di cui ci occuperemo nel presente capitolo saranno costituiti da due

sole equazioni lineari in due incognite, x e y.

Esempi di sistemi lineari di questo tipo possono essere:{3x− 2y = 3−2x+ 3y = −5 , oppure

{−x+ 2y = 7−3x+ 5y = −9

Il significato di sistema è da ricercarsi, dunque, nel fatto che - attraverso opportuni

meccanismi algebrici - si vadano a cercare, o meglio calcolare, quelle coppie di numeri che

sostituite contemporaneamente a x e y rendano vere contemporaneamente le equazioni

lineari considerate. Le soluzioni di un sistema lineare di questo tipo saranno allora coppie

ordinate, in cui la prima componente è riferita a x, mentre le seconda a y.

Parallelamente a quanto visto nelle equazioni lineari in una sola incognita x, anche in

questo caso si potranno presentare tre possibilità:

a) esiste una sola coppia di numeri reali che sostituita ad entrambe le equazioni lineari in

x e y le rende contemporaneamente vere; in tal caso il sistema sarà determinato.

b) esistono infinite coppie di numeri reali che sostituite ad entrambe le equazioni lineari in

x e y le rendono contemporaneamente vere; in tal caso il sistema sarà indeterminato.

33

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34 CAPITOLO 3. SISTEMI LINEARI

c) non esiste alcuna coppia di numeri reali che sostituita ad entrambe le equazioni lineari

in x e y le rende contemporaneamente vere; in tal caso il sistema sarà impossibile.

Collegandosi al fatto che - nel piano cartesiano - le equazioni lineari in due incognite x

e y sono rappresentative di rette, risulta particolarmente utile e proficuo al nostro discorso

introdurre una interpretazione geometrica dei sistemi lineari qui trattati.

I sistemi lineari in due incognite x e y, sono allora interpretativi di rette del piano

cartesiano che - attraverso le possibili posizioni delle stesse nel piano - restituiscono o

meno alcune soluzioni.

In altre parole calcolare la soluzione di un sistema lineare in due incognite x e y

significa capire quale possa essere la posizione reciproca delle rette a cui le equazioni del

sistema stesso si riferiscono nel piano cartesiano.

Nasce allora un importantissimo parallelismo di significati algebrico - analitici che

possiamo così riassumere:

a) esiste una sola coppia di numeri reali che sostituita ad entrambe le equazioni lineari

in x e y le rende contemporaneamente vere; in tal caso il sistema sarà determinato;

allora significa che le rette a cui si riferiscono le equazioni del sistema sono tra loro

incidenti nel piano cartesiano.

b) esistono infinite coppie di numeri reali che sostituite ad entrambe le equazioni lineari in

x e y le rendono contemporaneamente vere; in tal caso il sistema sarà indeterminato;

allora significa che le rette a cui si riferiscono le equazioni del sistema sono tra loro

coincidenti nel piano cartesiano.

c) non esiste alcuna coppia di numeri reali che sostituita ad entrambe le equazioni lineari

in x e y le rende contemporaneamente vere; in tal caso il sistema sarà impossibile;

allora significa che le rette a cui si riferiscono le equazioni del sistema sono tra loro

parallele nel piano cartesiano.

Ad esempio, la soluzione di un sistema lineare (determinato) è una coppia ordinata,

che interpretata nel piano cartesiano fornisce le coordinate del punto di intersezione delle

rette associate e identificate dal sistema stesso.

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3.1. METODI RISOLUTIVI 35

3.1 Metodi risolutivi

A questo punto è necessario introdurre e dare una breve spiegazione dei metodi algebrici

più comunemente utilizzati per la risoluzione di sistemi lineari in due incognite x e y :

tratteremo ora dei metodi di sostituzione, di riduzione o di addizione e sottrazione e del

metodo di Cramer 1

3.1.1 Metodo di sostituzione

Il metodo di sostituzione si articola nei seguenti passaggi:

1. in una delle due equazioni si ricava una delle due incognite in funzione dell’altra;

2. si sostituisce l’espressione ottenuta nell’altra equazione ottenendo una equazione in

ma sola incognita;

3. si risolve l’equazione ottenuta;

4. si sostituisce il valore ottenuto nell’altra equazione e si ricava il valore dell’altra

incognita.

Esempio 3.1.1 Risolvere con il metodo di sostituzione il seguente sistema:

{x− 2y = 5

x+ y = −4 . (3.1.1)

1. in una delle due equazioni si ricava una delle due incognite in funzione dell’altra;

{x = 2y + 5

x+ y = −4 .

2. si sostituisce l’espressione ottenuta nell’altra equazione ottenendo una equazione in

ma sola incognita;

{x = 2y + 5

(2y + 5) + y = −4 .

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36 CAPITOLO 3. SISTEMI LINEARI

{x = 2y + 5(2y + 5) + y = −4 da cui:

{x = 2y + 5y = −3 .

3. si risolve l’equazione ottenuta;

4. si sostituisce il valore ottenuto nell’altra equazione e si ricava il valore dell’altra

incognita. {x = 2 · (−3)y + 5 = −1y = −3 da cui:

{x = −1y = −3 .

Il sistema è, dunque, determinato e la coppia (−1;−3) è la soluzione del sistema.

Osservazione 3.1.1 Interpretazione grafica. Tracciamo su uno stesso riferi-

mento cartesiano le rette:

r : x− 2y = 5 e x+ y = −4.

Esse si intersecano in (−1;−3), soluzione comune ad entrambe le equazioni, e quindi

soluzione del sistema (vedi Figura 3.1).

Figura 3.1: Interpretazione grafica dell’Esempio 3.1.1

1Cramer, Gabriel (Ginevra 1704 - Bagnoles - Nîmes, 1752). Matematico e filosofo svizzero, rivolse isuoi studi soprattutto alle curve algebriche e alle loro singolarità e alla risoluzione dei sistemi lineari.

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3.1. METODI RISOLUTIVI 37

3.1.2 Metodo di riduzione o di addizione e sottrazione

Il metodo di riduzione o di addizione e sottrazione consiste nel:

1. moltiplicare entrambe le equazioni per costanti non nulle in modo che i coefficienti

di una stessa variabile siano uguali (o opposti);

2. sottrarre (o sommare) membro a membro le due equazioni, ottenendo un’equazione

in una sola incognita;

3. risolvere l’equazione ottenuta, ricavando il valore di una incognita;

4. sostituire il valore ottenuto in una delle equazioni del sistema proposto contenente

entrambe le variabili e calcolare il valore dell’altra incognita.

Esempio 3.1.2 Risolvere con il metodo di riduzione o di addizione e sottrazione il seguente

sistema:

{4x+ 3y = 5

2x− 7y = −6 . (3.1.2)

1. moltiplicare entrambe le equazioni per costanti non nulle in modo che i coefficienti di

una stessa variabile siano uguali (o opposti); in questo caso è sufficiente moltiplicare

per 2 la seconda equazione per avere i coefficienti della x uguali:

{4x+ 3y = 52x− 7y = −6 =⇒

{4x+ 3y = 54x− 14y = −12 .

2. sottrarre (o sommare) membro a membro le due equazioni, ottenendo un’equazione

in una sola incognita e risolvere l’equazione ottenuta, ricavando il valore di una

incognita; in questo caso è sufficiente sottrarre membro a membro per ottenere:

4x+ 3y = 54x− 14y = −12� 17y = 17

=⇒ 17y = 17 da cui y = 1.

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38 CAPITOLO 3. SISTEMI LINEARI

3. sostituire il valore ottenuto in una delle equazioni del sistema proposto contenente

entrambe le variabili e calcolare il valore dell’altra incognita.

4x+ 3 · 1 = 5 da cui 4x = 2 ossia x =1

2.

Il sistema è, dunque, determinato e la coppia(1

2; 1

)è la soluzione del sistema.

Osservazione 3.1.2 Interpretazione grafica. Tracciamo su uno stesso riferi-

mento cartesiano le rette:

r : 4x+ 3y = 5 e 2x− 7y = −6.

Esse si intersecano in(1

2; 1

)soluzione comune ad entrambe le equazioni, e quindi

soluzione del sistema (vedi Figura 3.2).

Figura 3.2: Interpretazione grafica dell’Esempio 3.1.2

3.1.3 Metodo di Cramer

Per poter enunciare e descrivere questo metodo, è importante osservare che è possibile

scrivere un sistema lineare in forma matriciale, ovvero ricorrendo all’algebra delle matrici.

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3.1. METODI RISOLUTIVI 39

Ciò è possibile se si considerano - all’interno di un sistema - i seguenti enti algebrici tutti

scritti come matrici:

a) coefficienti delle incognite;

b) incognite;

c) termini noti,

Consideriamo il seguente esempio:

Esempio 3.1.3 Sia dato il seguente sistema lineare in due equazioni e due incognite x e

y :

{3x− 2y = 3

−2x+ 3y = −5 . (3.1.3)

Osserviamo che i coefficienti delle incognite possono essere scritti nella seguente forma

matriciale:

A =

[3 −2−2 3

]mentre le incognite possono essere scritte nella seguente altra forma matriciale:

X =

[x

y

]ed infine anche per i termini noti si ha:

B =

[3

−5

]Dunque possiamo scrivere il sistema (3.1.3) nella seguente forma matriciale, ed

invocando le prorpietà della moltiplicazione tra righe e colonne di una matrice riottenere il

sistema di partenza:

A ·X = B ⇐⇒[

3 −2−2 3

]·[x

y

]=

[3

−5

]⇐⇒

{3x− 2y = 3

−2x+ 3y = −5 . (3.1.4)

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40 CAPITOLO 3. SISTEMI LINEARI

Siamo pronti, a questo punto, per enunciare il Teorema di Cramer, dato qui per i soli

sistemi di due equazioni in due incognite, ma risultato estendibile sino alla dimensione n :

Teorema 3.1.1 (Teorema di Cramer)

Un sistema di due equazioni in due incognite, dato nella forma matriciale:

A ·X = B,

la cui matrice dei coefficienti A sia tale che det[A] 6= 0, ammette una ed una sola

soluzione: la coppia ordinata (x; y) soluzione del sistema stesso è espressa dalle seguenti

formule:

x =det[A1]

det[A], y =

det[A2]

det[A], (3.1.5)

essendo A1 e A2 le matrici ottenute da A sostituendo la prima e, successivamente, la

seconda colonna con la matrice dei termini noti B.

Dimostrazione.

Omessa.

Osservazione 3.1.3 Nel caso in cui det[A] = 0 non è possibile applicare il metodo di

Cramer per la risoluzione di sistemi lineari. In tal caso significa che il sistema lineare

considerato non ammette una ed una sola soluzione. Restano quindi due possibilità: o

tale sistema è indeterminato oppure impossibile. Sarà, allora, nella natura delle rette

rappresentative del sistema nel piano cartesiano a fornire la giusta soluzione.

Esempio 3.1.4 Risolvere con il metodo di Cramer il seguente sistema:

{2x− y = 1

3x− 2y = −1 . (3.1.6)

1. calcolare il determinante della matrice A dei coefficienti delle x e delle y, ovvero:

det[A] = det

[2 −13 −2

]= −4− (−3) = −4 + 3 = −1 6= 0

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3.2. INTERSEZIONE TRA DUE RETTE. CONDIZIONE DI PARALLELISMO 41

Per il Teorema 3.1.1, essendo det[A] 6= 0 il sistema ha una e una sola soluzione.

2. costruire le matrici A1 e A2, ottenute sostituendo la prima e, successivamente, la

seconda colonna con la matrice dei termini noti B, essendo

B =

[1

−1

]Risulta, allora, in questo caso che:

A1 =

[1 −1−1 −2

]e A2 =

[2 1

3 −1

]3. calcolare il det[A1] e il det[A2]. In questo caso risulta: det[A1] = −2 − 1 = −3 e

det[A2] = −2− 3 = −5.

4. per il Teorema 3.1.1 risulta:

x =det[A1]

det[A]=−3−1

= 3, y =det[A2]

det[A]=−5−1

= 5

Pertanto la soluzione è la coppia (3; 5)

Osservazione 3.1.4 Interpretazione grafica. Tracciamo su uno stesso riferi-

mento cartesiano le rette:

r : 2x− y = 1 e 3x− 2y = −1.

Esse si intersecano in (3; 5) soluzione comune ad entrambe le equazioni, e quindi

soluzione del sistema (vedi Figura 3.3).

3.2 Intersezione tra due rette. Condizione di paralleli-smo

Concludiamo il presente lavoro con alcune considerazioni di carattere generale che tendono

ad unire in sè aspetti matriciali, algebrici e geometrici.

Siano, allora, r ed r′ due rette del piano le cui equazioni siano

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42 CAPITOLO 3. SISTEMI LINEARI

Figura 3.3: Interpretazione grafica dell’Esempio 3.1.4

r : ax+ by + c = 0; r′: a

′x+ b

′y + c

′= 0. (3.2.1)

Le coordinate degli eventuali punti comuni a r ed r′ dovranno essere soluzioni di

entrambe le equazioni e quindi soluzioni del sistema

{ax+ by = c

a′x+ b

′y = c

′ . (3.2.2)

Sono quindi possibili tre casi, che elenchiamo:

1. Il sistema (3.2.2) è determinato, ammette cioè una e una sola coppia (x, y) soluzione:

ciò significa che r ed r′ hanno un punto comune.

2. Il sistema (3.2.2) è impossibile, cioè non ammette soluzioni: ciò significa che r ed r′

non hanno alcun punto in comune, ossia sono parallele.

3. Il sistema (3.2.2) è indeterminato, ammette cioè infinite soluzioni: ciò significa che r

ed r′ hanno infiniti punti in comune, ossia coincidono.

Esaminiamo, allora, i tre casi:

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3.2. INTERSEZIONE TRA DUE RETTE. CONDIZIONE DI PARALLELISMO 43

1. Ricordiamo che, dal Teorema di Cramer (cfr. Teorema 3.1.1), il sistema lineare

(3.2.2) ammette una e una sola soluzione se e solo se il determinante

det

[a b

a′b′

]= ab

′ − a′b 6= 0.

In tal caso esiste un solo punto comune alle rette r ed r′ .

Pertanto condizione necessaria e sufficiente affinché le due rette date nella (3.2.1)

siano incidenti è che sia

ab′ − a′

b 6= 0.

2. Se il determinante è uguale a zero, allora, esiste un numero k ∈ R con k 6=, 0 tale che

a′= ka, b

′= kb,

e il sistema (3.2.2) è impossibile, se contemporaneamente si avrà c′ 6= kc.

Pertanto condizione necessaria e sufficiente affinché le due rette date nella (3.2.1)

siano parallele è che siano proporzionali i coefficienti di x e y delle due equazioni,

cioè che si abbia:

a′= ka, b

′= kb, c

′ 6= kc. (3.2.3)

3. Se invece si ha:

a′= ka, b

′= kb, c

′= kc,

le due equazioni date nella (3.2.1) rappresentano la stessa retta, cioè le due rette

sono coincidenti.

Osservazione 3.2.1 Utilizzando la forma esplicita si può dire che le equazioni

y = mx+ q, y′= m

′x+ q

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44 CAPITOLO 3. SISTEMI LINEARI

rappresentano due rette incidenti se

m 6= m′,

e due rette parallele se

m = m′

e q 6= q′.

Le rette

ax+ by + c = 0 e ax+ by + c′= 0

sono parallele qualunque siano i valori di c e c′ .

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Bibliografia

[1] L. Ercoli, Introduzione all’algebra delle matrici Appunti dalle Esercitazioni di

Geometria I (Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia)

[2] L. Lamberti, L. Mereu, A. Nanni, “Corso di Matematica Uno”, Etas Libri, 1996.

[3] L. Lamberti, L. Mereu, A. Nanni, “Corso di Matematica Uno - Algebra 1”, Etas

Libri, 2010.

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