Libro Tibetano Bardo Thodol

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la morte e l'esperienza post - mortem

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  • L . U .T.Ce n t r o St u d i t e o S o f i C i H.P. B l avat S k y

    la morte e leSPerienza PoStmortem

    IL LIbro TIbeTano deI MorTI

    (Bardo Todol)e la TeosofIa

    r

  • Conoscenza spirituale e visione misticaCollana a cura di Leonardo SoLa

    Bardo Todol

    Il testo della liberazione di s nelludireLibro tibetano dei morti

    Riprodotto in proprio.Edizione no-profit fuori commercio.

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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  • 5Premessa(*)Il problema della morte incombe sulla mente degli

    animi pensosi perci interessante vedere come le di-verse religioni immaginino quali siano le situazioni in cui il morituro o il morto venga a trovarsi.

    Nel Buddhismo si parla sempre di rinascita, deter-minata nella sua durata e nella sua specie, dal Karma (il risultato o la proiezione delle azioni buone o cattive che abbiamo compiuto in vita).

    Rinascendo portiamo in noi leredit del passato che deve maturarsi e, maturando, esaurirsi; tuttavia oltre che esaurire in parte o in tutto tale eredit, noi vivendo accu-muliamo altro karma. Le nostre esistenze si svolgono cos in un tempo indefinito, come una catena di causeeffet-ticause da noi stessi generata (e subita) che raffigura il nostro ininterrotto divenire, cio il samsra (vedi disegno e spiegazione relativa).

    (*) Sintesi tratta da Il Libro Tibetano dei Morti a cura di GIUSEPPE TUCCI. Integrazioni, commenti e note e a cura di LEONARDO SOLA.

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    La catena causale dellautocondizionamentoPratityasamutpda

    coproduzione condizionata, catena karmica dellesistenza, ovverossia le cause dei condizionamenti che ci rendono prigionieri di una vita separata.

    I dodici anelli o nessi causali della catena intendono spiegare come si svolge loriginarsi della vita: si pu leggere in due maniere a secon-da che si parta dalle origini o dalla considerazione dello stato attuale in cui uno si trova. Nesso causale significa che ogni modo di essere presuppone uno precedente che ne la condizione necessaria, ed uno seguente che ne la conseguenza o leffetto.

    Alla base di tutto c lanello (nidna) della avidy, la nescienza (non consapevolezza o ignoranza dellessenza reale) della situazione in cui ogni essere si trova in virt del Karma.

    Vengono poi come conseguenza gli agenti cooperanti (samskra) o componenti karmiche che da ogni modo di essere derivano e sono di fatto il motore della vita (fattori ereditari, tendenze, impulsi, auto-matismi consci o inconsci); li segue il vijnna, la conoscenza di-

    IGNORANZA

    COMPONENTIKARMICHE

    COSCIENZA

    SEPARATIVA

    NOMEe FORMA

    SEDE DEI

    SEI SENSI

    sa yatana

    CONTATTO

    SENSAZIONEDESIDERIO

    ATTACCAMENTO

    ESISTENZA

    KARMICA

    NASCITA

    DECADIMENTOe MORTEj ra-marana

    N

    I

    RV A

    N

    ASA

    S RAIO

    ILLUSORIO

  • Premessa

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    scriminante e dicotomica (coscienza duale), una funzione di manas, la mente; in virt di vijnana prendiamo atto dei nostri sensi e delle varie sensazioni che da questi derivano e ci determina il namarupa (nomeforma) che d un nome alle cose che la coscienza percepisce sotto la-spetto con il quale si presentano, e questo il momento condizionante il seguente sadyatana: i sei (sad) organi di senso (i 5 ordinari pi la mente, il rajah re dei sensi), ivi compresa la percezione (samjna), che condizionano il contatto (sparsa) con gli oggetti che cadono sotto la sensazione.

    Questo stato di contatto, causa a sua volta la vedan, cio la risposta psichica, o mentale o sentimentale nei riguardi di quegli oggetti.

    Questo stato condiziona il seguente, cio la trishn (tanha, in pali) il vivo desiderio (brama) di entrare con essi in contatto; ecco dunque il presupposto della appropriazione (upadna), lattaccamento a tali oggetti; tutto ci suscita il bhava, lo stato di esistenza, linserirsi nel tempo come oggetto vivente (lio empirico) o esistenza karmica. Appena questo si attua, le conseguenze sono inevitabili: cio la jati, ossia la nascita in quale che sia forma di esistenza (nascita in una qualsiasi situazione karmica), ma la nascita accompagnata inesora-bilmente da corrompimento (nulla permanente, anicca), decadenza (jara) e quindi dalla morte (marna); tutto questo genera dukkha, dolo-re, sofferenza, insoddisfazione, inquietudine, etc.

    I primi due momenti o anelli (avidy e samskra) riguardano la vita passata, la quale condiziona la presente (gli anelli da 3 a 10). Questultima, bhava, a sua volta causa dei due ultimi (1112) che si riferiscono alla vita futura (jati e jaramarana)

    Questo trovarsi noi nel tempo e nello spazio, nella mol-teplicit e soggetti a tale causalit, lesplicazione di una forza immanente nella Coscienza Cosmica (equiparata a una Luce incolore e splendente) che per sua immanen-te mutazione diventa, per cos dire, altro da s o si autoli-mita. Perci il Karma ha un principio che per trascende ogni spiegazione razionale.

    Il perch di questo trapasso dallAtemporale al tempo, della Buddhit (primigenia, immota e inaltera-

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    bile Luminosit) o Corpo(*) di Potenzialit assoluta (Dharmakya, sanscrito; Ciokiu, tibetano), allesistente nello spaziotempo (e nella causalit e molteplicit kar-mica) rimasto rimarr sempre un quesito al quale nessuna soddisfacente risposta potr mai darsi.

    Se il Karma ha un inizio, esso pu per avere una fine. Per i buddhisti del piccolo veicolo o Hinayana, tale fine sarebbe leffetto di una prassi, di un distacco dal mondo e della conoscenza e dellattuazione della parola del Buddha (Dharma); per i Buddhisti seguaci del gran-de veicolo (Maha-yana) e delle scuole cosiddette gnosti-che (Yogachara, Vajrayana o Tantrayana), il termine del Karma sarebbe invece il risultato di esperienze pi com-plesse, di ritrovare quel Corpo di Potenzialit assoluta nel corso di questa vita, del dissolversi (nirvana, dalla ra-dice verbale nir- spegnere, estinguere) in esso (sia pure per pochi istanti) del nostro Io empirico, creazione della nostra mente duale (vedi Appendice 1) in virt di tremendamente complessi drammi iniziatici, i quali per cos dire ci sollevano, anche se per pochi momenti, da questo essere nel tempo, nella atemporalit.

    Nel momento della morte, secondo gli insegnamen-ti di queste scuole tantriche, tali esperienze, se corret-tamente e chiaramente evocate, agirebbero come forza salvifica. Allora si compirebbe immediatamente il salto (lexcessus) dal divenire allEssere, dal tempo allAtem-porale, il quale , per noi, il Vuoto (sunyat, vacuit) poich non spiegabile a parole n definibile in concetti mentali: una situazione limite, al di l e al di fuori di qualsiasi processo razionale.

    Tuttavia, sempre secondo tali insegnamenti, il lungo cammino del dramma iniziatico salvifico necessitereb-(*) Corpo nel senso di una unit-totalit, un insieme organico e coerente di principi, aspetti e funzioni energetico-coscienziali, inte-grati.

  • Premessa

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    be, per essere operante, di sostegni meditativi, di simbo-li coadiutori espressi per immagini e liturgie; ma tutte le immagini (come quelle che si vedono nei templi e nelle cappelle) sulle quali ci si concentra, non sono autentiche realt (anche se tali possono apparire al popolo non ini-ziato), cio non esistono in s: sono solo momentanee ap-parenze che ci renderebbero pi agevole ascendere dal visibile allinvisibile, da ci che ha forma a ci che al di l (para) di ogni forma.

    Tali immagini suscitano liturgie che sommuove-rebbero le forze del nostro complesso psicofisico (lio empirico, samsrico) e trarrebbero dal suo travaglio, pos-sibilit nuove che eliminerebbero del tutto tale sistema complesso che in ultimo svanirebbe nellUnica Realt atemporale il Nirvna (da nir- spegnersi, dellio samsa-rico): come una zattera, la quale, passati allaltra riva del fiume, pi non serve e si abbandona

    In questi insegnamenti si parla di tre Corpi:

    1. Il Corpo della Potenzialit Assoluta, la Coscienza Luminosa (Ci-kiu, Dharmakaya).

    2. Il Corpo di cofruizione (Samboghakaya): le immagi-ni delle divinit che ci appaiono o che noi possiamo trarre come figuranti personificazioni (pacifiche o terrificanti) di particolari momenti dellascesi sal-vifica dal nostro stesso pensiero (prima che que-sto si affondi nel tuttonulla o Vuoto; oppure an-cora: supposti riflessi di divinit che regnerebbero beate nei paradisi. Apparizioni o stati mentali che gli Iniziati dovranno trascendere.

    3. Infine, il Corpo apparizionale (Nirmanakaya o Mayavirupa), vale a dire i singoli Buddha che sono quello stesso Corpo di Potenzialit Suprema fat-tosi persona umana e Verbo (Avatra) per rivelare

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    alle creature la Verit salvatrice: insegnare come dal Qui si possa di nuovo ritrovare il L indefinibile.

    Gli iniziatiadepti sono coloro che sarebbero capaci di risolversi nel Corpo della Potenzialit assoluta (Ci-kiu, Dharmakaya); i profani sono coloro che, trascinati nel corso del tempo per secoli o millenni sarebbero tutta-via capaci di diventare anchessi Iniziati. Vi sono tutta-via delle creature che pur avendo pienamente attuato il Corpo della Potenzialit assoluta rimandano a tempo indefinito il loro riassorbimento in Quello e restano(*) fra le creature che vivono e soffrono per essere ad esse, gui-da, maestro ed esempio.

    Sono questi i Bodhisattva che per libera scelta si sa-crificano a restare nel tempo (spazio, causalit, moltepli-cit) per insegnare (interiormente) a chi sia desideroso di ascoltarli e di seguirli, la via interiore della salvazione.

    Queste sono le premesse, ridotte allessenziale, del Grande Veicolo e del Veicolo della Gnosi esposto nei Tantra: di questultimo fa parte il testo del Bardo Todol di cui ci occuperemo.

    I Tantra (letteralmente: strumento per tendere, te-laio), sono di molti e svariati gruppi, adattandosi luno o laltro di tali gruppi alla preparazione o alla maturit psicologica (frutto dellevoluzione karmica) delle singole persone, al predominare di certe tendenze o passioni in loro. A questo riguardo si deve dire che le scuole tantrika non impongono assolutamente alcuna subitanea, violen-ta repressione delle passioni umane; questa coercizione ignota nel Buddhismo. Le brame e le passioni di fatto sono una presenza inevitabile, altrimenti non saremmo nel divenire, nel samsra, ma queste non devono essere (*) Invisibili, nel loro Corpo Apparizionale, Mayavirupa o Veste Nirmanakaya. Cfr. La Voce del Silenzio III Frammento nota a pie pagina.

  • Premessa

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    violentemente respinte, conculcate, represse, perch ci a nulla gioverebbe, anzi sarebbe dannoso; bisogna su-blimare la loro forza, quella energia deve essere dirot-tata (convertita, dirigerla in direzione opposta).

    Persino questo corpo, il (nama)-rupa (nome-forma): il nostro corpo fisico, ma soprattutto, i corpi sottili, che tante correnti mistiche hanno umiliato, disprezzato, considerati impuri, si sostiene che possano essere re-denti, poich la revulsione da questo allaltro piano non sarebbe possibile senza di essi, preziosi e meravigliosi strumenti che lo yoga (di cui i Tantra fanno la propria leva) trans-muterebbe fino a farne qualche altra cosa di com-pletamente diverso: il cosiddetto Corpo di Diamante (Vajra che poi lo stesso Corpo della Potenzialit as-soluta).

    Gli accenni, contenuti nel Bardo Todol (impropria-mente chiamato Libro tibetano dei morti), a folle di divi-nit, simboliche, non reali, sarebbero puramente un sus-sidio per il riconoscimento finale del nostro vero essere, per raggiungere la consapevolezza che tutto ci che noi vediamo, ascoltiamo, percepiamo, pensiamo soltanto immaginazione psichica: il solo reale quella Luceco-scienza pura, di una luminosit splendente, uguale, sen-za ombra di colorazione. Si sostiene che chi alla morte la riconosce per quello che , salvo(*); chi invece non la riconosce se ne allontana sempre di pi, fino a che fatal-mente discende verso una nuova nascita psichica e, in ultimo, fisica: cio sprofonda in un mare ondoso di pen-

    (*) Il fotismo (dal greco phos, luce) uno degli elementi pi importanti di tutto il processo di salvazione buddhista. Lequivalente luceco-scienza era gi presente nelle Upanishad in India, e nel Buddhismo del Grande Veicolo si insister sempre sulla CoscienzaLuce: prabhsvaramcittam. Paralleli si trovano nella tradizione misterica egizia e greca, nella metafisica della luce di Plotino e nella gnostica Sopha luminosa pleromatica.

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    sieri, fantasie, immaginazioni, intensamente colorate di paure, ansie, perfino terrori

    Il Libro dei morti tibetano (il cui titolo piuttosto inappropriato) un documento molto importante per i problemi che esso pone, soprattutto dal punto di vista psicologico.

    La lettura di questo testo consigliabile sia seguita dalla lettura di Teoria e pratica del mandala di Giuseppe Tucci (Roma 1969); infatti, i simboli espressi in forma di divinit, dei vari momenti del bardo, sono tradotti nella iconografia tibetana in forma di mandala(*).

    Le analisi cui il Buddhismo tantrico, specialmente quello tibetano, ha sottoposto i vari momenti della vita umana, possono avere un grande interesse scientifico e psicologico. La gnosi tantrica buddhista tibetana ha come oggetto non una persona estranea, come potrebbe essere un paziente di uno psicanalista, ma parte da un esame acuto di ci che avviene in noi medesimi, eseguiti da osservatori attenti a ci che noi siamo, delle nostre possibilit, delle energie che sono latenti in noi e che con esercizi pazienti e sagaci possiamo portare alla luce e forse anche guidare.

    Si pensi a quanto i tibetani hanno scritto sul sogno, al formidabile controllo delle proprie passioni e moti, ai modi di controllare il respiro (e di utilizzare corretta-mente il prana), alla maniera di suscitare visioni e stati religiosi che potrebbero sembrare a primo aspetto aber-ranti e miracolosi: si tratta di esperienze che derivano comunque da una conoscenza quanto mai approfondita, delle energie e delle forze che giacciono sopite in ciascu-no di noi

    (*) Si veda, sempre del Tucci, La religione del Tibet, in cui le complica-zioni della dommatica e la multiforme variet delle esperienze della gnosi tibetana, sono state brevemente riassunte.

  • 13

    APPENDICE 1

    Natura del s samsarico (lIo empirico) e del nirvna.

    Il Buddha insegna che se tutto nel samsra imper-manente: (anicca, prima caratteristica dellesistenza) ed anche imperfetto e soggetto a conflitto e quindi a do-lore (dukkha: seconda caratteristica dellesistenza) esso pure privo di qualunque sostanza duratura, cio pri-vo di un io o s proprio (anatta, terza caratteristica dellesistenza). Questo concetto valido anche per il no-stro Io empirico e perfino per il nirvna. Il nirvna non uno stato assoluto opposto al samsra, alla sfera del dive-nire e irriducibilmente separato da questa. Da un punto di vista psicologico, samsra, la sfera della coscienza con-dizionata (della mente ordinaria o dell Io empirico) e nirvna, la sfera della coscienza libera, pura (ripulita cio dai residui delIo empirico), sono come i due poli di unUnica Coscienza (Alaya termine introdotto dalla scuola mistica Yogachara), di fatto due modi di vivere la medesima esistenza, cio la nostra stessa vita, la quale espressione nel tempo, nello spazio, nella molteplicit e soggetta a causalit, della Vita Una, indivisa e indivisi-bile. Nirvna lestinzione dellillusione mentale della realt di un s separato la consapevolezza dellunit indivisa di tale CoscienzaVita e lesistenza vissuta come riflesso di tale consapevolezza; samsra invece la stes-sa esistenza condotta nellidea di una coscienza separa-ta, divisa, che si muove nei meandri dellIo empirico, diviso e frammentato dalla nostra mente dualistica, nel mondo interiore creato in noi da questa stessa mente.

    la mente che crea lillusione di un tale Io e del mondo separati, ma anche nella mente e attraverso di essa, ripulita dai propri residui che oscurano la visio-

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    ne luminosa e unitaria, che si pu esplicare la coscien-za nirvnica. Entrambi questi poli coesistono nellessere umano. Questa coesistenza il paradosso dellIdenti-tAlterit del SedellAltrodaS, o del SedellIo, quali due centri focali che caratterizzano la vitaelamorte dellellisse umano, luno, fuoco reale, laltro, vir-tuale.

    Da quanto appena detto appare evidente che non ci pu essere una sostanza separata dalla proprie quali-t, un pensatore distinto dallattivit del pensiero, uno che soffre distinto dalla sofferenza, un santo distinto dalla santit, un dio distinto dal tutto universale

    Questo significa che il soggetto che percepisce, agi-sce, esperimenta inseparabile dalle attivit e dai mezzi di percezione e di azione. Non potrebbero manifestarsi, cio essere in esistenza, gli uni senza laltro e viceversa.

    Ma non-separazione nella manifestazione non si-gnifica che lorgano la funzione, oppure che il soggetto che la attiva la funzione (sarebbe come dire che il gui-datore il mezzo guidato); o ancora, non significa che il cervello con le sue attivit biochimiche e neurologiche la stessa cosa della mente o psiche o della coscienza o del pensiero, o che il corpo fisico la stessa cosa dellanima e/o dello spirito; non significa che la coscienza condizio-nata dellio empirico (secondo lo schema della figura di pag 2) la stessa di Alaya o coscienza libera. Significa semplicemente che i due poli non possono manifestar-si separati, come non pu esistere un pensatore che non pensa.

    Il Buddhismo ci mostra che la nostra esistenza, cos come tutto nelluniverso manifestato, un flusso kar-mico continuo (samsra), una sequenza di causeeffet-ticause e la direzione di questo flusso , momento per momento, la risultante di tutti i samskhra. Lestinzione o

  • Appendice 1

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    il consumarsi, lo spegnersi (nir-) di tutti questi, rea-lizza laltro polo, il nirvna, laltra sfera della medesima esistenza e predispone la coscienza del S ora libero, alla trascendenza infinita e assoluta del Paranirvna, loltre Nirvna (o Parabrahman, l oltre Brahman, secondo i ve-dantini). Il nirvna dunque non una condizione o stato assoluto della coscienza post mortem, oltre lesistenza, ma la nostra stessa esistenza fisica sulla terra, vissuta ora nella condizione di coscienza pura, liberata, o chia-ra consapevolezza del mondo esterno come del nostro mondo interiore.

    Tornando al nostro Io empirico, (il fuoco virtuale della coscienza nel samsra), non dunque qualcosa di immutabile (come neppure lo il nirvna, come s detto), di permanente, di sostanziale, di eternamente uguale a se stesso, ma un fatto karmico. In ogni istante lIo em-pirico infatti il risultato della azione delle caratteristi-che della nostra personalit e della loro interazione, in costante mutamento, sotto la spinta incessante della leg-ge di causaeffetto o Karma (kr- agire, creare).

    Lestinzione, consapevole e completa, del condi-zionamento dovuto a tali componenti karmiche (samskra), realizza la liberazione della mente dallidea di una coscienza divisa, separata e condizionata che si autoriproduce allinfinito in modo automatico in un cir-colo vizioso o catena del condizionamento di s. Tale liberazione, realizza in vita il nirvna ossia la condizione della coscienza che ha ottenuto lilluminazione (bodhi), la visione chiara o consapevolezza della realt o verit, in una parola la buddhit, e perci non pi condizionata (Alaya vijnana).

    Lidea di un Io empirico separato, sostanziale e permanente che nasce in modo automatico dallattivit di una mente non controllata, (la mente il maggiore dei

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    nostri sensi) un falso concetto che scompare quando il potere della coscienza liberata, pura, non duale, del S nirvanico (laltro polo) diviene egemone su di essa.

    In ultima analisi, che cos lIo empirico, dal cui condizionamento dovremmo liberarci o che dovremmo estinguere? LIo empirico una parola che riassume la coscienza che abbiamo di noi stessi in associazione con un corpo fisico, con una mente, con le altre esistenze con cui siamo in rapporto, etc, etc. LIo non esisterebbe se non avessimo memoria del nostro passato, se con potes-simo associarlo alle nostre esperienze e se non lo vedes-simo sempre in rapporto con un non-Io.

    unimmagine che formiamo di noi stessi, per di pi selettiva e quindi parziale, perch comprende solo quanto ricordiamo (o preferiamo ricordare) e tutto ci si dissolve come unincrespatura effimera sulla super-ficie di una coscienza pi vasta E non lIo empi-rico che si reincarna. Ogni Io, nasce una volta e poi scompare per sempre. Una prossima rinascita vedr un Io completamente nuovo che si costruir sulla base di nuove memorie, di nuove esperienze e nuove relazioni e costruir perci una nuova maschera (personalit) sul volto della nostra vera ed eterna Identit: lEgoS.

    Dovremmo renderci consapevoli (vedere chiara-mente) che quanto chiamiamo Io (lIo empirico) non soggetto, bens oggetto di coscienza, poich noi lo pensiamo. Il vero soggetto, quello che ci permette di dire Io qualcosa che mai potr divenire oggetto di coscienza separata. perci pura Coscienza (Alaya vijna-na, laltro polo).

    LIo empirico ovviamente non esiste al di fuori del samsra (il campo della nostra mente duale). Perci, iden-tificandoci con esso, come normalmente avviene, noi ri-maniamo prigionieri del samsra e ne viene eclissata la

  • Appendice 1

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    nostra pura coscienza di essere, sostituita dalla coscien-za di essere questo o quello.

    In altre parole, per via di questo Io empirico noi crediamo illusoriamente, cio ci immaginiamo, di es-sere elementi dello schema, del samsra, vale a dire, ele-menti limitati, perituri, fonte di frustrazione e di dolore, come chiaramente ci indica la formazione automatica e continua della catena dellautocondizionamento. lIo empirico dunque la sede dellerrore (errore=errare) ed lerrore stesso.

    certo possibile e desiderabile che lIo evolva nella direzione dellaltro polo, quello della Coscienza nirvnica, divenendo cio pi puro, pi nobile, pi uti-le, pi accettabile socialmente. Ma un Io che desideri divenire migliore per s, nel proprio interesse e agisca in tal senso, ancora un Io non consapevole che cerca di perpetuare s stesso, e si tratta dunque ancora di un moto egocentrico e quindi tuttaltro che virtuoso, che ci mantiene nel samsra, pur se messo in atto per mezzo di questa o quella pratica o disciplina spirituale

    Occorre invece agire in modo totalmente disinteres-sato, senza essere desiderosi di raggiungere mete o risul-tati personali (il karma yoga che indica la BhagavadGit) e, in tale spirito, vegliare su noi stessi, osservare cio lIo in modo spassionato, s da constatarne per scoper-ta vera e diretta (consapevolezza), la natura di oggetto, la sua natura composita, condizionata ed effimera, il suo appartenere al mondo delle apparenze; s da realizzare che lIo empirico costituisce lidentit provvisoria di una singola vita, una proiezione limitata ed effimera del nostro vero essere, uno strumento a nostra disposizione (tale realizzazione consapevole il Jnana-yoga della Git).

    In realt, non vi nulla che lIo possa fare per dis-sipare la propria oscurit, se non aprirsi a una Luce che

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    gi accesa da sempre, s da renderne possibile linter-vento verticale (Gnosi, Illuminazione, Bodhi) che lo aiuti a riconoscere la natura illusoria dellesistenza samsarica. Ci che attua questapertura e permette il dispiegarsi di questo intervento il donarsi completamente e consa-pevolmente dellIo a questa Luce (il Bhakti-yoga della Git).

    Lesperienza non libera n arricchisce la mente, come invece generalmente pensiamo, e questo perch, fino a quando l esperienza rafforza colui (lIo empi-rico) che la prova vi sar necessariamente conflitto. Una mente condizionata nel fare esperienze non fa che raf-forzare il proprio condizionamento, perpetuando cos, contraddizione e sofferenza. Soltanto per la mente che capace di comprendere tutte quante le vie di s stessa (consapevolezza), lesperienza pu essere un fattore di liberazione.

    C una rivoluzione che dobbiamo fare se vogliamo sottrarci, e sot-trarre quanto pi possibile esseri, allangoscia, ai conflitti e alle fru-strazioni da cui siamo afferrati. Questa rivoluzione deve cominciare non con le teorie o le ideologie, ma con una radicale trasformazione della nostra mente.

    JIDDU KHRISHNAMURTI

    E pertanto, cari discepoli, la ricompensa per la Santa Vita, non co-stituita dalle elemosine, dallonore, dalla fama, neppure dalla Virt dellOrdine, n dalla beatitudine del samadhi, n dalla tranquilli-t interiore, bens dalla ferrea, inalterabile Liberazione della Mente. Questo, cari discepoli lo scopo della Santa Vita, questa la meta principale, questo il fine. Liberare la mente, rendondola consapevole [della falsa concezione di un s separato].

    Madhyamika Nikaya, MahaSaropatta Sutra

    ** *

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    IL LIBRO TIBETANO DEI MORTI(Bardo Todol)

    E LA TEOSOFIA

    La morte e lesperienza post-mortem

    INTRODUZIONE Helena Petrovna Blavatsky e il Buddhismo

    Madame Blavatsky, il cui nome strettamente le-gato al Movimento Teosofico che, come noto, inizi a New York nel 1875 con la formazione della Societ Teosofica, non nascose mai la sua grande simpatia per il Buddhismo, specialmente per la sua etica cos univer-sale e la sua positiva influenza nei confronti dei popoli asiatici.

    I suoi maestri (chiamati dai loro discepoli Ind Mahtma Grandi Anime) vivevano oltre la catena dellHimalaya e viaggiavano liberamente nel Tibet so-stando in vari luoghi e monasteri come Shigatse (Tashi Lhunpo), Phari Jong, Nganglaring Tso, Toling, etc.

    Il loro venerato Guru, chiamato MahaChohan, che si rivolse ai Teosofi Europei attraverso uno dei suoi disce-poli, parlava come un Buddhista: Noi, gli umili discepoli dei perfetti Lama e pi di una volta, lo stesso Buddha viene citato con rispetto nelle Lettere dei Mahtma: Il no-stro grande Buddha, il maestro di tutti gli adepti () raggiun-se () il grado pi elevato di adepto che luomo possa sperare su questo pianeta. (Mahatmas Letters to A.P. Sinnett, pag 43)

    Tuttavia, come osservato dalla stessa Mme Blavatsky (Thosophie et Bouddhisme, Le Lotus, sett. 1888) la Societ Teo-sofica rifiut molto energicamente non solo in manie-ra formale di essere sta creata per divulgare gli inse-

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    gnamenti del Buddha, precisamente perch il Buddhismo odierno necessita di una rigenerazione e di spogliarsi di tutte le superstizioni e deviazioni che lo hanno invaso come una pian-ta parassita. Perci la cosa pi saggia da fare, continua H.P.B., andare diritti alle radici, alle fonti pure e infallibi-li, da dove il Buddhismo stesso trasse la sua potente linfa in quanto, sicuramente, c una dottrina esoterica dietro la forma esteriore del Buddhismo delle chiese e delle sette.

    Secondo H.P. Blavatsky linsegnamento (sapienza) segreto era stato trasmesso dal Buddha stesso solo ai suoi Arhat e questi essendo sati iniziati nella segreta saggez-za (Budha, Gupta (o Guhya) Vidy), portarono le loro istru-zioni e la loro scienza al di l dellHimalaya, dove la dottrina segreta ancora oggi insegnata.

    Tenendo presente questa ultima informazione da-taci da H.P.B., forse saremmo stimolati a volgere subito la nostra attenzione al Lamaismo tibetano, pensando di poter raggiungere in tal modo il nocciolo essenziale del Buddhismo, e in effetti, tutte le numerose sette e Scuole con cui potremmo venire in contatto (dallarrivo in Oc-cidente di cos tanti Lama eruditi, fuggiti dal loro paese invaso dalla Cina) appartengono alla scienza mistica al-tamente elaborata del Tantrayana (Veicolo Tantrico). La sua cos tanto lodata saggezza cos come il suo sistema di iniziazione potrebbero indurci a pensare che questi con-tengano lultima parola degli insegnamenti del Buddha.

    Vedremo che non proprio cos. Il buon senso stesso deve suggerirci di essere molto prudenti. I numerosi libri e trattati considerati sacri dai praticanti delle varie sette tibetane non dovrebbero essere presi tutti come Vangelo, in quanto alcuni potrebbero contenere errori umani ed esagerazioni. Daltronde, un punto di grande importanza deve essere ricordato: la Sapienza Segreta cui allude H.P.B., in nessun modo potrebbe essere diver-

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    sa da quella comunicata dai Mahtma teosofici, i quali la condividevano con i loro Guru e con altri iniziati che vivevano in Tibet, tra i quali lo Shaberon di ThanLa definito il pi grande dei nostri adepti viventi (Mahatmas Letters, p. 20). Questa Fratellanza di Adepti non appartie-ne ad alcuna setta (Existenxce of Himalayan Mahatmas, nel The Theosophist vol. V, dic. 1883, p. 98). In definitiva, essi non erano dei buddhisti lamaisti. I loro insegnamenti erano quelli della antica ReligioneSaggezza universale, alla quale H.P.B. si riferisce considerandola la dottrina arcaica ArianaCaldeaTibetana (Reclassification of Principles in The Theosophist, vol. VIII, agosto 1887, pp. 6515), la quale prece-de di molto il Buddhismo storico.

    Per le ragioni appena citate, dobbiamo dunque as-pettarci delle differenze, anche notevoli, tra la Teosofia dei Mahatma e i vari e diversi insegnamenti offerti dalle sette buddhiste tibetane. Nonostante tali differenze che andremo presto a indicare, la Teosofia e il Lamaismo condividono lo stesso generoso ideale di compassione attiva, tipico dei Bodhisattva.

    Lesperienza del morente e la vita post-mortem

    Proprio su questo importantissimo argomento della morte e dellaldil abbiamo lopportunit di comparare le idee delle due dottrine transhimalayane: quelle della Teosofia e quelle del Bardo Thodol. Questultimo cono-sciuto in Occidente come Il Libro Tibetano dei Morti e fu per la prima volta presentato in buon inglese nel 1927, dal Dr. W.Y. EvansWenz, da una traduzione in inglese del suo maestro tibetano, il Lama Kazi Dawa Samdup. Con il passare degli anni, questo Libro diventato molto popolare e oggi sono disponibili delle nuove traduzioni

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    fornite di commentari e note per il lettore moderno (vedi Bibliografia).

    Gi Carl Gustav Jung attir lattenzione del pubblico verso il Bardo Todol.

    Nella sua analisi sui contenuti del Libro, il grande psicoanalista cred di rintracciare, nella successione del-le visioni postmortem descritte nellantico testo, il com-parire degli archetipi dallinconscio.

    Tale elogio di Jung accrebbe il credito che il Libro aveva ed oggi divulgato da molti entusiasti sostenitori. Uno di loro, il Lama Anagarika Govinda, nella sua pre-fazione ad una successiva traduzione, invita i suoi lettori a vedere nel Bardo Thodol le fondamenta di una conoscen-za psicologica che appartiene () allintera umanit. Senza esitare dichiara: noi consideriamo gli insegnamenti del Bardo Thodol un lavoro prezioso che fa parte della letteratura universale come la Bibbia, il Corano, le Upanishad, lo YKing, il TaoTeKing, etc.

    Queste affermazioni ci appaiono decisamente esa-gerate, anche perch, questa grande pubblicit tende a porre il Libro nella mente delloccidentale come una de-scrizione autentica e indiscutibile della morte e della esi-stenza postmortem, nellintervallo che precede una nuo-va incarnazione.

    La cosa pi curiosa che n Mme Blavatsky, n i suoi Maestri dissero una sola parola che alludesse al Bardo Thodol durante gli anni 1880, quando attivamente si op-posero allo Spiritismo, allo scopo di spiegare ci che ve-ramente accade al momento della morte e dopo di que-sta.

    Riguardo a questo fatto la letteratura teosofica in-corpora una variet coerente di insegnamenti, dai quali un modello esplicativo omogeneo pu essere tratto sulla

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    base di un approccio psicologico della vita delluomo, pri-ma e dopo la morte.(*)

    Il confronto che qui di seguito offriremo con quel-lo del Libro Tibetano dei morti, porta in superficie alcuni punti simili, ma anche, come si detto, delle innegabili linee di divergenza, specialmente per quanto riguarda la successione degli immediati eventi postmortem.

    Riguardo a questi stati, le prove che possono esse-re tratte dalle fonti sperimentali sono piuttosto scarse e spesso inaffidabili, anche se noi oggi abbiamo a dispo-sizione informazioni preziose grazie alle testimonianze registrate dalle persone salvate dalla morte, che ebbero la cosiddetta esperienza ravvicinata con la morte (NDE: Near Death Experience,).

    Sembra che questi pazienti abbiano raggiunto il limite massimo della vita: ci che hanno da dirci pu essere comunque rilevante per la nostra discussione e verr preso in considerazione.

    Alcune parole sul Bardo Todol

    In Tibet esiste una leggenda che riguarda questo Libro, il quale sembrerebbe essere stato scritto in origi-ne dal grande Padmasambhava che giunse in Tibet pro-veniente dallIndia, nellVIII secolo della nostra era (1). Questo misterioso mago-yogi, come si potrebbe definire, collabor a rendere stabile linstaurarsi del Buddhismo oltre la Grande Catena Nevosa dellHimalaya. Narrano altre leggende che egli abbia nascosto in luoghi e posti diversi, dei documenti importanti chiamati in tibetano

    (*) Oltre alle Mahatmass Letters, fonti importanti di informa-zione sono La Chiave della Teosofia e vari articoli di H.P.B. e di W.Q. Judge (cofondatore della Societ Teosofica) e gli Esoteric Writings di T. Subba Row.

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    terma = tesori nascosti. Dopo un certo numero di anni o addirittura di secoli, degli scopritori ispirati da so-gni, visioni, rivelazioni psichiche, chiamati terton avreb-bero rintracciato tali tesori facendoli conoscere allo scopo di aiutare lumanit. (2)

    Nel nostro caso, un uomo chiamato Karmalingpa, nel XIV secolo avrebbe ritrovato addirittura la prima stesura del Bardo Todol di Padmasambhava (3). Di fatto, Karmalingpa lo redasse probabilmente in una forma pi consistente, assemblandolo in libri e capitoli, e lo consegn a disce-poli scelti. Da quel momento pass attraverso un certo numero di Lama appartenenti a varie scuole e sette, per poi giungere a noi come testo fondamentale della anti-ca setta non riformata dei Nyingmapa. Sembra tuttavia che esistano diverse versioni dello stesso testo, usate da altre sette in Tibet, come quella semiriformata dei Kagyupa (berretti rossi) e quella dei Ghelukpa (ber-retti gialli) fondata da Tsonkhapa, il grande Riformatore del Lamaismo.

    Il fatto indubbio che il Bardo Thodol, non appartie-ne n al Kangyur n al Tangyur, le due enormi raccolte di opere che costituiscono il famoso Canone del Buddhismo Tibetano. Tuttavia, essendo un opera attribuita a Pa-dmasambhava che introdusse le dottrine buddhiste tantri-che in Tibet, sicuramente segue il Tantrayana (il Veicolo Tantrico) il quale insegna il rapido e persino violento cammino verso la liberazione dalla ruota delle rinascite (il doloroso samsra) con laiuto di mezzi peculiari che aggiungono alla disciplina tradizionale individuale del dharma del Buddha, luso di meditazioni specifiche, vi-sualizzazioni, posizioni, rituali, formule sacre, mantram, mandala, etc.

    Lo scopo specifico del Bardo Thodol sarebbe quello di effettuare la liberazione (dol) del principio cosciente

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    del moriturodefunto, attraverso lascolto, ludire (Tho) durante lo stato di transizione o intermedio (Bardo = tra i due) sperimentato in un periodo di tempo definito, cio con un inizio e una fine (49 giorni).

    Nel nostro caso verranno presi in considerazione tre bardo:

    1. Chikha bardo: il bardo del momento della morte che include lintero processo della morte.

    2. Chonyid bardo: dopo la morte, il bardo della Realt in s, momento in cui il principio cosciente del defun-to messo a confronto con le visioni delle Divinit Pacifiche e Maligne, le quali emergono dalla sua stessa mente, essendo delle creazioni soggettive.

    3. Sidpa bardo: Il bardo del divenire cio il periodo che conduce alla rinascita in uno dei sei mondi del samsra.

    Poich queste esperienze del bardo possono essere vissute in uno stato di incertezza, di difficolt e di an-sia, assolutamente indispensabile accompagnare il morente, durante il suo viaggio. Un Lama (pi o meno erudito, in certo casi perfino ignorante) legger perci il Bardo Thodol nellorecchio della persona che si suppone in ascolto, anche settimane dopo la sua morte. La carat-teristica originale di questo Libro proprio quella di una guida durante il viaggio dellanima inesperta verso il suo cammino, lungo i sinistri passaggi della vita dopo la morte, in particolare dopo molte settimane di tentativi falliti per ottenere la sua emancipazione.

    Ovviamente il Bardo Thodol rivolto alla gente Tibe-tana, sovente uomini o donne semplici, imbevuti di cultura popolare, oscurata da strane credenze e da su-perstizioni; pi raramente rivolto ai devoti iniziati alle

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    dottrine segrete e alla pratiche di un Lama erudito. Non potrebbe certo interessare uno Yogi Perfetto.

    La Teosofia invece si indirizza allintera razza uma-na del nostro pianeta, offrendo delle spiegazioni filoso-fiche ed etiche di cui c un immenso bisogno in questa odierna epoca di transizione in cui stiamo vivendo.

    Da ora in avanti esamineremo gli insegnamenti principali del Libro e quelli della Teosofia, riguardanti ogni stadio (o bardo) per poter cos estrarre e paragona-re le grandi linee di entrambi i modelli nella loro logica descrizione per quanto riguarda gli eventi che ci atten-derebbero quando moriamo.

    NELLORA DELLA MORTE

    Il bardo nel morente Chikabardo

    Secondo lInduismo, nella tradizione delle Upanishad (cfr. ad esempio, la Brihadaranyaka Up.), come per il Buddhismo in generale e come per la moderna Teosofia, la morte non mai immediata (Niente pu essere improv-viso in natura non c nulla del genere nemmeno una morte violenta, cos H.P.B. in Iside Svelata).

    La morte sopraggiunge solo alla fine di un processo ben ordinato durante il graduale ritiro di tutte le ener-gie vitali che avevano sostenuto le attivit organiche e sensoriali, ed il loro finale riassorbimento nei grandi Elementi creatori del cosmo.

    Invece, nella sua prima parte (cio nel Chika bardo), il Bardo Thodol, insegnando come assistere una persona morente segue questo schema generale: indica le sensa-zioni specifiche provate dal morente, dando cos unidea

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    dei passi successivi del processo che conduce alla morte finale.

    Secondo un punto di vista teosofico classico, gli ele-menti costitutivi delluomo, sono riassorbiti nellordine inverso di quello seguito dalla natura nel processo della nascita.

    Dallelemento terrestre allo spazio (kasha), dalla forma aggregata (rupaskandha) fino alla coscienza per-sonale (vijnana), la disintegrazione di un essere terreno segue un programma ben preciso, per infine lasciare, dopo lultimo passaggio della morte, solo una specie di corpo mentale (in tibetano: ghyu-lu) dotato di una co-scienza particolare che ora passer alle fasi seguenti del dopo vita.

    Quando ci si rende conto che un uomo sta morendo, lassistenza del Lama si renderebbe allora necessaria. Se tuttavia la persona in questione uno yogi completo, pu essere lasciato solo, in quanto conosce il cammino verso lilluminazione(*).

    Se un laico, o un semplice praticante tantrico, il Lama deve adattare il suo linguaggio e il suo metodo per poter aiutare la persona morente a raggiungere lestrema esperienza nelle condizioni migliori.

    Se lindividuo a conoscenza della tecnica del powa, la quale induce il trasferimento del principio cosciente di una persona verso la sfera luminosa dellalta divinit, il Lama la ripeter con il moribondo.

    Se non la conosce, il Lama tenter di metterlo in pra-tica per il bene del morente.

    Questi mezzi trascendentali possono comunque non raggiungere lo scopo desiderato, allora meglio che il

    (*) Gi nella BhagavadGit (VIII, vs. 810) si ritrova un esem-pio della tecnica del perfetto morente.

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    Lama proceda solo con la semplice lettura del testo del Bardo Thodol.

    Quando il respiro sta per cessare, la persona viene girata sul lato destro, per paura che la sua forza vitale venga dispersa attraverso canali sbagliati.

    Cos egli pu lasciare il corpo passando per la cro-ce della testa, un punto (zona della fontanella) consi-gliato anche dallInduismo. questo il momento in cui il morente dovrebbe rimanere calmo e vigile. Si lasci che egli diriga il suo pensiero verso lideale di compassione inse-gnato dal Buddha, si lasci che ricordi le sue pratiche di devo-zione e gli insegnamenti del suo Lama.

    Ora unesperienza suprema starebbe per essere affrontata, quale un raggio bianco e trasparente che rappresenta la Chiara Luce della Realt Pura (Dharmata). Questa Luce illuminerebbe il campo della coscienza come un rapido lampo, o come unalba luminosa, duran-te ore, perfino giorni, secondo il grado di purezza rag-giunto dalla persona. Questa Luce Chiara (Osc in tibe-tano), il morente dovrebbe riconoscerla come lestrema essenza della coscienza, brillante e piena di beatitudine per s stessa, non come un oggetto mentale che sveglia lattrazione o la repulsione della stessa mente. E queste-sperienza priva di ogni forma vuoto puro che per il morente sarebbe la manifestazione del Buddha eterno e primordiale, lAdibuddha, in cui tutte le dualit (sogget-tivaoggettiva, positivanegativa, maschilefemminile, etc.) sono fuse in una Unit.

    Nel Tantrismo, tale manifestazione del Buddha chia-mata Samantabhadra (il Bene totale), di solito rappresen-tato in unintima unione sessuale con la sua controparte femminile, Samantabhadri. Questa coppia primordiale o PadreMadre (YabYum, in tibetano), vuole rappresenta-re le coppie indissolubili: come la Luce RadiosaVuoto,

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    la SaggezzaCompassione, etc. Naturalmente il puro Buddhismo non ammette un Dio personificato, n maschio n femmina, n androgino.

    Se il morente in grado di riconoscere questa Luce e di identificare il proprio principio cosciente che Vuoto nella sua natura essenziale con lessenza di questa Realt brillante, immediatamente raggiunger lo stato di Perfetta illuminazione. Diventerebbe un Buddha al livello pi alto. E ci significa Liberazione, luscita dal Ciclo delle rinascite o samsra.

    Secondo il nostro Libro, questo momento supremo offre unopportunit speciale al morente. Perfino se un uomo ha creato in vita degli impedimenti karmici che non gli hanno mai permesso di vedere e riconoscere tale Luce, ora, seguendo le istruzioni del BardoThodol reci-tate dal Lama che lo assiste, egli pu essere liberato im-mediatamente da ogni legame karmico, perch in quel momento il karma sarebbe impotente, e la Luce Chiara sopraffarrebbe la sua influenza. Ecco perch necessa-rio ripetere con diligenza il testo delle meraviglie che pu salvare un uomo che sta morendo.

    Poco tempo dopo, al sopraggiungere della morte, una seconda opportunit si dice venga data, nella forma di una seconda Luce Chiara e questultima opportunit va afferrata con gli stessi mezzi, prima di entrare nel bar-do seguente.

    Qualche analogia pu esserci tra il Chika Bardo e il famoso passaggio della Brihadaranyaka Upanishad (IV, 3,36 e IV, 4,2) ricordando come, nel morente i poteri dei sensi si allontanano dai rispettivo organi per essere fusi in uno, nella regione del Cuore. Poi, il punto del Cuore si illuminer e quello splendore, il s, se ne andr ().

    Quali che siano le differenze dottrinali tra lantica Upanishad e il pi recente Bardo Thodol chiaro che anche

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    per lInduismo, durante lultimo momento della propria esistenza, la coscienza personale delluomo incontra una piena luce. Nella Bhagavad Git (VIII, 910) lo yogi mo-rente diretto a meditare sul Supremo il Sostenitore originario di tutta la vita, pi sottile del sottile, Esso ha il colore del sole (dityavarnam) oltre qualsiasi oscurit per fondersi infine in quella Suprema Realt. In verit, la descrizione di questultimo (la cui forma va oltre qualsi-asi concezione mentale) non sembra allontanarsi dallAdi-buddha di cui si parla nel Tantrayana.

    Anche ai giorni nostri, coloro che hanno avuto una esperienza di contatto ravvicinato con la morte, par-lano di una meravigliosa esperienza di una luce chia-ra, luminosa come il sole, ma non accecante per la vista. Tuttavia, nei loro racconti, non parlano di alcun incontro con un tipo di Realt Assoluta Impersonale nella quale il loro Io terrestre dovrebbe fondersi: essi fanno piut-tosto allusione ad una Presenza ben disposta, calda, con un amore immenso, la quale pu apparire a volte come una Persona spirituale che sembra sapere tutto su di loro, invitandoli a passare in rassegna ogni loro pensiero e ogni loro azione.

    In questo caso, va ricordato che tali persone gene-ralmente non avevano mai ricevuto in precedenza alcu-na educazione spirituale, appartenevano a tutti i livelli sociali ed erano sole nel loro viaggio interiore. Non eb-bero bisogno di nessun aiuto esterno per raggiungere il nocciolo delle loro visioni, che erano perfettamente com-prensibili, nel loro dialogo senza parole con la misterio-sa Presenza.

    Se si aggiunge che, a questo relativo stadio spiritua-le, avevano perso qualsiasi contatto con la terra, quindi non potevano udire quello che le persone intorno a loro dicevano, si portati a concludere che, eccezion fatta per

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    lallusione alla luce, una concreta distanza separa gli in-segnamenti e le dichiarazioni del Bardo Thodol da ci che i nostri moderni testimoni hanno sperimentato nel loro incontro con la morte.

    Circa un secolo in anticipo sulla storia, tocc ai Maestri di Mme Blavatsky ed ai loro discepoli, presentare la necessaria base psicologica per spiegare il significato e il contenuto di tali esperienze.

    Il morente secondo la Teosofia: un approccio trans personale(*)

    Nella principale opera di H.P. Blavatsky, La Dottrina Segreta, pi di una pagina dedicata agli insegnamen-ti esoterici del Buddhismo. In verit, in parallelo con il Bardo Thodol, si trova postulato che nel profondo di ogni creatura senziente ci sia una Coscienza Radice che va oltre tutte le forme e ogni dualit un primordiale Adibuddha che deve essere consciamente reintegrato da tutti gli esseri nel corso della loro evoluzione.

    La Voce del Silenzio (pubblicata da Mme Blavatsky nel 1889) richiama questo fatto allattenzione del discepolo, molte volte:

    Allinterno del tuo corpo, tabernacolo delle tue sensazioni, cerca nellImpersonale lUomo Eterno; e avendolo trovato, volgi lo sguar-do allinterno: tu sei Buddha.

    Ovviamente, il Karma e la reincarnazione sono evi-denziati in maniera uguale nella Teosofia, per regolare

    (*) Per una completa analisi di questo tema, vedasi: JeanLouis Simons: A nineetenthcentury explanatory scheme for the interpretation of neardeath experience: the transpersonal model of death as presented in Madame Blavatskys Theosophy.

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    il progresso del pellegrino umano sul suo cammino, sia attraverso la vita che attraverso la morte.

    Nonostante questo e anche se partono da principi generali simili, la linea esplicativa teosofica alla fine di-verger notevolmente da quella del Bardo Thodol, quando tratta del momento della morte.

    Secondo i Maestri di H.P.B., questa esperienza apre allio personale del morente, la faccia nascosta e lumi-nosa del suo Essere interiore, il suo superiore alter ego, che costituisce il suo profondo nucleo di identit, di fatto il fulcro individualizzato in ogni uomo dellUnica Coscienza universale. In Teosofia, questo centro della individualit (dal latino individuus = indivisibile) viene generalmente chiamato Ego Superiore delluomo, il suo S completo, distinto dal suo s parziale o Io em-pirico strettamente vincolato al corpo fisico. Questo Ego Individuale Superiore quello che funge da filo permanen-te (Sutrtma = animafilo) tra unincarnazione e laltra e che porta con s la promessa della liberazione finale dai legami che causano la rinascita.

    Arricchito dallesperienza integrata delle sue prece-denti incarnazioni, questo Ego trans personale n uomo, n donna sostiene, come se fosse una radice spirituale vivente, tutte le personalit maschili o femminili in cui esso periodicamente si reincorpora.

    Al momento della morte, perfino quando qualco-sa della luce splendente di Adibuddha pu essere rifles-so attraverso questo Ego Superiore, difficilmente si pu dire che il morente si trovi faccia a faccia con quella Fondamentale e Impersonale Ultima Realt. Alle paro-le dellEvangelo di Giovanni (I, 18) Nessun uomo ha mai visto Dio, H.P.B. aggiunge in Iside Svelata (i, XVII) che quanto una persona pu percepire di Dio limma-gine di una luce accecante che vede riflessa nello specchio con-

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    cavo della sua anima Pi pulito lo specchio pi luminosa sar limmagine.

    Il processo del morire, ossia il ritirarsi dellanima e dellenergia vitale (prana) dallinvolucro esteriore chia-mato corpo, segue un programma definito e regolato dalle Leggi naturali.

    Lanima, ossia la coscienza personale delluomo, deve passare dalla stessa strada da cui venne allincar-nazione terrena.

    Perci, per il morente, il viaggio verso la morte una specie di itinerario ben definito, indicato schemati-camente da H.P.B., nei seguenti termini:

    in articulo mortis () lintelligenza gradualmente effettua la sua ulti-ma fuga prima attraverso la via della coscienza psichica e infine attra-verso quella della coscienza spirituale

    (Memory in the Dying, Lucifer, Oct. 1889).

    Le visoni sul letto di morte, gli incontri immagina-ri con i genitori morti o con gli amici, etc., sono fra le esperienze riportate dalla coscienza a livello psichico. Quando raggiunge il livello spirituale pi alto, la per-sonalit entra, come dire, nella sfera magnetica del suo luminoso, permanente SEgo.

    Poi, secondo la Teosofia, e conformemente con i mo-derni rapporti degli incontri ravvicinati con la morte (NDE), la coscienza del morente si isola completamente da ogni percezione sensoriale.

    Ne consegue che per la grande maggioranza delle persone, la lettura del Bardo Thodol non sarebbe di nes-sun aiuto in questultimo momento della vita.

    Inoltre deve essere ben compreso che questo iso-lamento naturale della coscienza del morente, non an-drebbe disturbato per nessun motivo, in quanto luomo

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    sta ora vivendo lesperienza pi speciale della sua esi-stenza

    Nelle parole di H P B:

    Al momento solenne della morte ogni uomo, perfino quando la morte improvvisa, vede tutta la sua vita appena conclusa passargli davan-ti, in tutti i pi minuti dettagli. () Questo istante sufficiente per mostrargli la completa catena di cause che sono state attive durante la sua vita. Ora vede e capisce come realmente , senza ladulazione o lautoillusione. Pu leggere la propria vita come uno spettatore che getta lo sguardo nellarena che sta abbandonando; sente e conosce la giustizia di tutta la sofferenza che lo ha sopraffatto.

    (La Chiave della Teosofia).

    In questo stato di perfetta lucidit, di suprema con-sapevolezza, LIo personale si unisce all Ego Superiore individuale e relativamente Onnisciente (ivi). A questo li-vello, oltre i limiti della spazio e del tempo terreni, dove la serie completa degli eventi passati potrebbe essere collocata in un solo istante Presente, il morente pu an-che percepire qualcosa delle sue passate incarnazioni e di quelle che verranno.

    Questa trascendente visione che offre una valutazio-ne oggettiva dellintero sforzo di una vita, culmina nella chiara percezione della quintessenza di tutte le imma-gini psichiche e delle energie prodotte e messe in moto durante la nostra esistenza, qualcosa di paragonabile al-lultimo accordo di una sinfonia. Le caratteristiche delle esperienze postmortem delluomo saranno in armonia con la qualit e lintensit di questo ultimo accordo che come la risultante di tutte le note suonate nel corso dellintera sinfonia della nostra vita.

    Solo quando questo lavoro solenne terminato, lul-tima frontiera sar attraversata senza possibilit di ritor-no. Perci la Teosofia offre unidea, serena e potente ad

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    un tempo, riguardo alla morte, la quale non dovrebbe infonderci nessuna paura:

    La morte, per il nostro Ego spirituale, vista sempre come una libera-trice e unamica.

    (La Chiave della Teosofia)

    Al contrario di quanto viene espresso nel Bardo Thodol questa un tipo di esperienza che compiuta an-che se il morente privo di istruzioni appropriate: questa straordinaria visione si offre allocchio interiore delluo-mo che non pu evitarla in quel momento. il risultato di un processo naturale, cui nessuno sfugge, come viene spiegato dai Maestri di H P B:

    Nessun uomo muore pazzo o incosciente, come asseriscono certi fisio-logi. Perfino un folle o una persona colpita dal delirium tremens avr il suo istante di lucidit perfetta al momento della morte, anche se non pu riferirlo a coloro che sono presenti. (Lettere dei Mahatma)

    Qualcuno potrebbe sorprendersi del fatto che il Libro Tibetano dei Morti, considerato da alcuni un vero trattato esoterico, non dica nulla riguardo a questa esperienza estrema che spetta ad ogni individuo della famiglia umana, con pochissime eccezioni (il caso di perfetti Yogi).

    L ESPERIENZA DEL POSTMORTEM

    Il Bardo della Realt o Chonyid BardoNon essendo riuscito ad afferrare le opportuni-

    t offerte dal Chikha bardo, la persona appena morta, entrerebbe nel primo stadio della vita dopo la morte. Generalmente, nellattraversare la soglia della morte, la

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    persona appena morta cadrebbe in una specie di sveni-mento che dura tre o quattro giorni.

    Quando riprende coscienza non si renderebbe to-talmente conto di quanto le sia successo; non conscia di essere morta, vagherebbe per i luoghi che le erano fa-migliari, cercando di comunicare con i vivi, etc. tutto ci in vano. tempo allora che il Lama le legga il Bardo Thodol e la aiuti in questa situazione confusa e stressante dato che nuove possibilit per la sua liberazione le si presenterebbero.

    Qui dobbiamo postulare nei confronti di questo Libro, due punti importanti, riconosciuti come fatti reali dal Lama.

    Primo: Il principio cosciente sopravviverebbe alla perdita della sua forma fisica senza alcuna alterazio-ne; a questo punto nel suo corpo mentale, godrebbe di sensi percettivi raffinati, acquisendo cos la capacit di muoversi coprendo ogni distanza al battere di un ciglio; inoltre non essendo tuttavia abituato alla nuova vita, ca-dr facilmente preda della confusione e dello sgomen-to tuttavia questo stato cos poco equilibrato aumen-ter la sua voglia di ascoltare con maggiore attenzione le istruzioni che gli vengono date; perci considerando che lo spirito sarebbe nove volte pi conscio della sua precedente condizione di incarnato(*), le possibilit sono di gran lunga maggiori perch il defunto venga appro-priatamente guidato, per trovare il suo cammino verso la beatitudine.

    Per prima cosa egli deve capire che essendo mor-to non avrebbe alcun interesse a vagare invisibile per

    (*) Questa distribuzione di poteri extra allentit personale che si suppone sopravviva allo shock della morte, fu postulata an-che dallo Spiritismo del XIX secolo. Questo punto fu chiara-mente confutato dalla Teosofia.

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    la terra e non dovrebbe rimpiangere nulla; al contrario, deve essere pronto ad affrontare le visioni del Bardo che stanno per apparirgli, come solide opportunit per otte-nere la liberazione.

    Secondo. Essendo incatenato dal suo Karma alla ruota della trasmigrazione, il defunto ha ancora una possibilit per sfuggirgli, se solo metter in pratica le preziose istruzioni del Libro dei morti.

    Gli verrebbe in tal modo concessa una tregua di 49 giorni, della quale dovrebbe avvantaggiarsi, perch ora litinerario post-mortem su cui deve muoversi definitiva-mente tracciato: spinto dalle forze karmiche di gravit, che acquistano sempre pi forza col passare del tempo, il suo cammino seguirebbe una specie di curva discendente, dal punto pi alto del suo primo incontro con la Chiara Luce (nel Chikha Bardo), attraverso vari e predeterminati stadi successivi, gi fino al punto in cui la rinascita nel nostro mondo di illusioni, sar inevitabile.

    Tuttavia, ad ogni stadio rappresentato simbolica-mente da ogni giorno dei 49, vissuto nel Chonyid bar-do il viaggiatore verrebbe messo a confronto con due strade: una che d accesso alla libert immediata, laltra che conduce alloscurit e alla schiavit.

    Dopo giorni e settimane di prove fallite, mentre la luce della Realt si affievolisce sempre di pi, il defun-to correrebbe il rischio di sprofondare nei mondi infimi della rinascita fra gli animali, tra i demoni, etc.

    Simbolicamente, se un karma irrimediabile lo con-danna al destino peggiore, succeder che, nello spazio di 49 giorni (7 settimane), egli completer in breve tempo lintero processo ontologico cosmologico, che fece evol-vere la gran variet di mondi e di esseri, dal livello ide-

  • Il Libro Tibetano dei Morti e la Teosofia

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    ale dellAssoluto, gi fino alla forma pi bassa della vita materiale(*).

    Per quanto riguarda il nostro confronto con la Teo-sofia, non qui necessario approfondirci molto nella analisi di tutte le ricche visioni, pacifiche o terribili, che ora attenderanno il defunto nel Chonyid bardo. suffi-ciente indicare la tendenza generale e il significato che sta alla base di queste esperienze, nella loro successione ordinata.

    Durante i primi 5 giorni di questo bardo, il campo di coscienza del defunto si riempir con delle visioni impo-nenti di luce accecante unite a dei suoni poderosi, men-tre dei personaggi di divina ispirazione (DhyaniBuddha, Bodhisattva) appariranno a turno sulla scena. (4).

    Che il defunto riconosca saggiamente queste visioni come delle semplici proiezioni della propria mente e che iden-tifichi in esse la presenza della Realt nascosta e senza forma. (Chonyid Bardo).

    La descrizione di queste visioni infatti simbolica e molto complessa. Sicuramente un noniniziato non po-trebbe decifrare il significato di queste immagini stu-pende di splendenti Dhyani Buddha, con il loro seguito di Bodhisattva e di loro attendenti, ognuno dei quali in stret-to amplesso con la sua controparte femminile, seduto su di un animale mitologico, in posizione yoga, portando un emblema mistico nella propria mano destra, etc., etc. Per fortuna queste immagini sono piuttosto familiari ai Tibetani; per molto tempo sono state dipinte sui muri dei monasteri, o su tessuti vari in rotoli, detti tangka, in

    (*) Queste Sette Settimane ci ricordano che anche Siddhartha Gautama impieg un periodo di tempo uguale per meditare sotto lalbero Bodhi, ma lo fece per coprire lo stesso sentiero nella direzione opposta, cio dai livelli pi bassi a quelli pi elevati, fino allillumina-zione suprema che lo rese un perfetto Buddha.

  • La morte e lesperienza post-mortem

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    forma di mandala (5), famose espressioni dellarte tantri-ca tibetana.

    Poich mandala di questo tipo sono frequentemen-te usati dagli studenti tantrici per le loro meditazioni e per le loro cerimonie rituali, ne consegue che la fami-liarit acquisita con tali magiche figure dagli adepti del Tantrayana, aumenterebbe la loro possibilit di essere liberati nellaldil.

    Che cosa accadr il sesto giorno? E il settimo?Secondo il Bardo Thodol, tutte le precedenti divini-

    t pacifiche verranno ora viste nello stesso momento. insieme ai Guardiani dei cancelli che ispirano grande timore e alcun altre divinit non meno impressionanti. E lultimo giorno di questa prima settimana apparir la quintuplice schiera di Vidyadharas (le Divinit che hanno la Conoscenza) con innumerevoli bande di esseri spa-ventosi.(6)

    Tutto questo accadrebbe mentre il Lama deve aiuta-re il defunto a mantenere il suo equilibrio nonostante le terrificanti apparizioni, le fiamme accecanti della luce, i suoni tuonanti che fanno scuotere e tremare i mondi. Il povero defunto, minacciato dal potere del suo cattivo karma, calorosamente invitato ad abbandonare il fasci-no delle luci vuote che lo guidano e ad affidarsi al lumi-noso splendore; ripetendo con il Lama le sincere preghie-re indirizzate alle Deit compassionevoli:

    Possano esse salvarmi dalle terribili imboscate del bardo e pormi nei puri Regni del paradiso.

    Lottavo giorno segna la discesa delle Divinit Ma-ligne (7). Quando il defunto raggiunge i livelli inferiori della scala discendente del bardo, il potere delle illusio-ni karmiche aumenta e gli ostacoli che si frappongono

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    al raggiungimento della sua liberazione richiedono dei metodi pi drastici per essere abbattuti. Le terrificanti apparizioni delle deit, vanno intese come delle semplici metamorfosi di Divinit Pacifiche del ciclo precedente.

    Ora c un bisogno pi urgente di strappare il velo delle illusioni e di rompere le catene dellignoranza. Soggetto alle paurose prove di terribili visioni, da vero incubo, il defunto trover la propria salvezza in una vigorosa emersione della coscienza atta ad allontana-re ogni terrore, sforzando la sua mente a riconoscere la vera Realt, sotto queste manifestazioni prodotte dal suo principio pensante.

    evidente che, senza lassistenza di un Lama atten-to e preparato, il povero viandante nel bardo, avrebbe poca speranza di attraversare la terribile muraglia delle apparizioni psichiche e di trovare il suo cammino ver-so il Paradiso di Amitabha, il Buddha della Luce senza Confini.

    Qua e l, nel Libro dei Morti tibetano si trovano del-le promettenti dichiarazioni di questo genere:

    Se il defunto ascolta queste istruzioni, pu essere certo di venire libe-rato.

    che raggiungono il loro culmine proprio in questo capi-tolo con:

    Eccetto la liberazione effettuata con lascolto, non c nessun altro aiu-to possibile.

    Perfino colui che colpevole dei 5 imperdonabili crimini, che normalmente, conducono allinferno (par-ricidio, matricidio, luccisione di un santo Arhat, lingiu-

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    ria verso Buddha, causare uno scisma nella comunit buddhista), sar sicuramente liberato se ascolter il mes-saggio di salvezza.

    Ne consegue il dovere di divulgare ampiamente gli insegnamenti del Bardo Thodol, tra gli esseri viventi, in quanto alla morte, poich

    la liberazione sar ottenuta semplicemente credendo in ci che si udir.

    Infine, siamo invitati a vedere in questo Libro dei Morti tibetano La quintessenza di tutto il Dharma. Parrebbe perci meglio seguire uneducazione di tipo tantrico, in cui lindividuo riconoscerebbe le divinit del bardo, piuttosto che essere un uomo di alta disciplina re-ligiosa, un abate o un esperto di metafisica, che non ab-bia mai saputo delle divinit della dottrina mistica dei Lama

    Felice sar il pi semplice dei Tantrika, per quanto volgare, rozzo e immorale egli sia stato, e perfino incapace di praticare gli insegnamenti tantrici, in quanto la liberazione sar sua se non nutrir alcun dubbio e non interpreter erroneamente queste dottrine.

    Anche se la sua vita stata dissipata, alla sua morte si crede che apparir almeno uno dei segni miracolosi che sono la prova evidente della sua liberazione per esempio, le perle colorate che rimarrebbero tra le ceneri del suo corpo cremato!

    La semplice pratica etica della regola monastica o il profondo studio della filosofia (o entrambi) non salve-rebbe nessuno dalle tremende attrazioni del bardo: scos-

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    so dalla paura e dalla difficolt dellimpresa, luomo sci-voler di nuovo verso i mondi della rinascita.

    Ora, dopo diversi giorni passati nellinfernale zona del Chonyid bardo, il defunto potrebbe perdere i sensi e svenire per la paura! Allora un nuovo bardo scender su di lui, il bardo del divenire o Sidpa bardo, che lo con-durr alla reincarnazione.

    Normalmente in questo Sidpa bardo, lerrante princi-pio cosciente del defunto, privo di aiuto, non potr pi sfuggire al proprio destino karmico, specialmente dopo quanto stato profondamente segnato col suo Giudizio: in quel momento tutte le azioni della sua vita dovranno essere contate: le buone azioni con dei sassolini bianchi, le cattive, con quelli neri. A questo punto imbrogliare non avr pi senso, perch Yama il Signore della Morte dichiara: Consulter lo specchio del Karma.

    Quando la sua colpa sar resa evidente, il povero colpevole sar vittima di ripetute torture, la descrizione delle quali, curiosamente richiama alla mente le terribili prove di iniziazione descritte nelle tradizioni sciamani-che (7).

    Ovviamente il principio cosciente del defunto so-pravviver a queste allucinazioni, ma il suo destino ver-r fissato definitivamente, a meno che, come al solito, qualche Lama non lo aiuti

    Lesperienza post-mortem alla luce della Teosofia.

    Durante le stesso periodo che va dalla morte fino al momento in cui il potere del karma passato si ristabilisce per condurre a una nuova incarnazione, la Teosofia in-dica una logica concatenazione di eventi psicologici, che differiscono ampiamente dalle precedenti descrizioni

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    del Bardo Thodol, nonostante alcune evidenti similitudi-ni.

    Soprattutto, lintero processo della vita dopo la morte regolato dal Karma, su cui nessuno pu interferire. Il defunto entra ora in un mondo di effetti: se non riusci-to a diventare un Buddha cosciente durante la propria vita terrena, non sar certo in grado di raggiungere quel livello in un altro mondo: ci sarebbe un miracolo e i miracoli, come insegn lo stesso Buddha, non esistono. Tutto soggetto alla Legge.

    Inoltre, essendo la nostra esperienza postmortem controllata perfettamente dalle leggi della nostra natura spirituale, non vi pu essere il timore che lentit coscien-te non trovi il suo giusto cammino e quindi possa essere sviata se non assistita da un agente esterno.

    Altrettanto importante lestinzione della coscienza personale che accade non appena la fiamma lascia lo stoppi-no quando si spegne (Mahatmas Letters) sotto lo shock cau-sato dalla morte. Questo accade nella maggior parte dei casi, escludendo gli yogi e i veri esperti in magia. Come regola (9), questa coscienza delluomo personale non rie-merger prima che molto tempo sia passato e, va aggiun-to, in condizioni molto speciali.

    La Teosofia nega la possibilit di una comunicazione cosciente con un defunto su di una base personale (eccet-to forse che nelle prime ore dopo la sua morte).

    Il Bardo Thodol invece, afferma di poterlo guidare per settimane su questa stessa base: in quanto il protetto del Lama non nientaltro che lentit personale senza pi i suoi strumenti fisici. Si risveglierebbe 3 o 4 giorni dopo la morte, con tutte le sue eccentricit psichiche, le sue paure, le sue emozioni, le sue memorie, perfino con la propria intelligenza a la propria forza di volont. Questo uomo personale sopravvissuto, verrebbe chiamato per

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    nome, invitato ad essere vigile, a ripetere le preghiere propiziatorie per ottenere la sua liberazione. Pu essere paragonato a un relitto, sballottato dalla corrente del suo cattivo karma, e il compassionevole Lama, sulla spiag-gia, prover a salvarlo con le sue istruzioni verbali fino a quando limpotente vittima della sua stessa ignoranza si immerger infine in un a nuova incarnazione.

    Per tutto il periodo rester sempre e solo un s perso-nale che godrebbe di una elevata capacit della propria coscienza di tipo personale.

    La Teosofia porta invece la nostra attenzione sulluo-mo permanente e transpersonale (Ego Superiore) che sta dietro alla sua personalit effimera terrestre. Questo Ego Superiore rivela qualcosa della propria luce e la propria onniscienza alla coscienza del morente, nella esperienza estatica della morte.

    A questo punto, lintera avventura postmortem, tender a preservare nellindividualit immortale del SEgo, il racconto integrale dellesperienza umana fatta dal suo s parziale e limitato, imprigionato in un cor-po di carne. Perci il cammino ideale della Coscienza Individuale, non sar una curva discendente, come sug-gerisce il Bardo Thodol, ma una traettoria ascendente, dai livelli terreni fino ai campi Celesti di amore e di ideazio-ne illimitati.

    E questo accade praticamente ad ogni uomo e ad ogni donna che muore.

    La logica di questo modello transpersonale del-la vita dopo la morte implica, una volta che la persona si liberata dal suo corpo fisico, che luomo interiore e permanente, dovr anchegli gettare via lo strumento psicomentale (e astrale = linga sharira) che us per co-municare con il mondo esterno. Questo perch i veicoli fisici e psichici meccanici attraverso i quali la persona-

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    lit si era manifestata, non sono pi utilizzabili dallEgo Superiore, che dispone di un suo apparato di strumenti per sentire, per pensare ed agire.

    Ma poich leconomia della natura esige che il pe-riodo dopo la morte sia veramente fecondo, lEgo deve as-similare il luminoso raccolto della sua ultima persona-lit, prima di ritornare a una nuova incarnazione una necessit a cui nessuno pu sfuggire, eccetto che le rare eccezioni degli Yogi Perfetti e dei Buddha.

    Tenendo presente queste linee generali, anche in Teosofia possibile descrivere vari bardo termine che pu essere ritrovato anche nella letteratura teosofica ma a partire solo dal 1882 e che significa semplicemente sta-to intermedio, di transizione che coinvolgono diversi tipi di esperienza.

    Il bardo delleliminazione della personalit psichi-ca

    A partire dalla prima morte, quella fisica, per arrivare alla seconda morte, quella astrale e psichica, questo pro-cesso copre un tempo variabile, da poche ore a diver-si mesi secondo la qualit spirituale delluomo. Questo intervallo culmina nella seconda morte come stato chiaramente indicato da Plutarco in uno dei suoi miti escatologici (cfr. De facie quae in orbe lunae Moralia 940-945).

    Il bardo della gestazione spirituale che pu du-rare anche molto tempo, proporzionalmente allammon-tare di ricchezza umana che sar assimilata nel bardo successivo, quello della Grande Beatitudine. Il termi-ne gestazione stato proposto per suggerire che nella matrice delEgo Superiore viene elaborato gradualmente un nuovo essere, che pu essere considerato come una

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    replica idealizzata della personalit terrestre che fu, ma questa volta priva delle sue caratteristiche egoistiche in-feriori, dellio empirico, insomma, unimmagine pura, in armonia con le vibrazioni del Puro Ego Superiore. Una analogia pu essere data dalla lenta metamorfosi di una crisalide destinata a dare la vita a una farfalla.

    Il bardo della Grande Beatitudine o Devachan, come chiamato in Teosofia. Il termine stato preso in prestito dal tibetano devacien ma con un significato dif-ferente(*). Questo stato ideale di astrazione soggettiva lontano da tutte le influenze e le suggestioni terrene; in questa condizione si realizza una specie di intensa co-munione tra lEgo transpersonale, lEgo Superiore, e per cos dire, la faccia luminosa della sua ex personalit subli-mata.

    Chiusa nella propria sfera, ma libera da ogni costri-zione, la coscienza di tale Ego si fonde, o meglio, entra in risonanza armonica, con le migliori creazioni ideali del suo alter ego terreno, quando questultimo agisce sot-to sua ispirazione.

    Il grandioso potere di Ideazione dellEgo Spirituale, risuscita in toni gloriosi tutte le generose energie e le im-magini dellultima esistenza, tutto loro di quegli istanti in cui il cuore e lintelligenza erano uniti in un impulso comune ad incarnare i valori universali che rendono no-bile lessere umano lamore, il sacrificio di s, la giusti-zia, la rettitudine, la creativit del pensiero, lautentica

    (*) Nella tradizione exoterica Buddhista generalmente usato per indicare il Paradiso Occidentale di Amitbha (Amithyaus), mentre in Teosofia indica uno stato puramente soggettivo di beatitudine cosciente, che va oltre le restrizioni dello spazio e del tempo terreni. Devacien vuol dire beato, in sanscrito sukhavati.

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    emozione artistica anche se sulla terra attuati in ma-niera umile e imperfetta.

    Si dice che questa meditazione piena di beatitudine, pur tuttavia ancora una esperienza mayavica come preci-sa H.P.B. ne La Chiave, pu durare per lumanit in gene-rale da un minimo di 10 giorni fino a 15 secoli.

    Ulteriori spiegazioni dovrebbero essere aggiunte a questo schematico approccio, per poter dare unidea pi completa del modello teosofico della vita dopo la morte.

    Tuttavia per il nostro confronto con il Bardo Thodol i seguenti punti saranno sufficienti.

    Anche per la Teosofia, tutte le immagini percepite sono una produzione soggettiva, basata sulla memoria. Secondo le parole di Mme Blavatsky:

    Dopo la morte, davanti agli occhi spirituali dellanima, comincia una rappresentazione che segue un programma appreso e molto spesso in-consciamente composto da noi stessi. (La Chiave della Teosofia).

    Naturalmente niente tratter lessere che raggiun-ge questo stato di beatitudine del devachan dal vedere Cristo, se egli era un cristiano, o le compassionevoli di-vinit del pantheon Buddhista, se in vita egli era loro de-voto, ma queste immagini meravigliose saranno confor-mi alle immagini create e costruite da lui stesso, quando era ancora in vita.

    Deve essere tenuto presente che questa esperienza paradisiaca non riservata solo alleletto o ai pochi che hanno praticato una tecnica segreta di liberazione: essa nella logica della Legge della Vita. La Teosofia insiste che se lesistenza terrestre deve dare dei frutti durevoli per luomo consapevole della propria evoluzione, egli deve di conseguenza digerire e metabolizzare ogni briciola della sostanza nutritiva attraverso una profonda medi-

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    tazione che pu essere solo beatifica dato che viene effet-tuata nella sfera luminosa dellUomo permanente.

    Un primo abbozzo di tale condizione della coscien-za gi suggerito nelle descrizioni moderne delle perso-ne che hanno sperimentato un incontro ravvicinato con la morte, quando parlano della loro gioia inesprimibi-le allentrare nella luce, durante la fase cruciale della loro esperienza.

    Non c dunque quasi nessuna creatura umana sulla terra, anche se priva di una salda fede religiosa, la cui coscienza non possa ottenere, a quel livello, la sua parte di completa felicit. sufficiente che uno abbia dato un po damore ai suoi cari o abbia nutrito un po di rispet-to verso la Natura o dato un contributo di benessere al gruppo sociale cui apparteneva, o anche solo abbia cre-duto in qualche modo nellesistenza di una qualsiasi vita dopo la morte, affinch questa beatitudine cosciente nel postmortem si realizzi comunque.

    evidente che questo tipo di esperienza soggettiva ineffabile, necessita di un completo isolamento allinterno della coscienza, entro il suo centro interiore, oltre ogni possibile disturbo che possa giungere dallesterno.

    Da ci consegue la spiegazione razionale della neces-sit della separazione da e delleliminazione, nel nostro primo bardo, dellintero complesso astrale, o personali-t psichica, quel meccanismo psicomentale (Kamama-nascorpo astrale) usato in vita per soddisfare le necessit mondane dellIo empirico personale.

    Va notato, tuttavia che, affinch la gestazione alche-mica (che avviene nel nostro secondo bardo) sia real-mente feconda, deve operare su di un materiale di prima qualit spirituale.

    Perci, il distacco e leliminazione della personalit psichica, non risulta da una semplice espulsione compiuta

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    dallUomo permanente del suo meccanismo psicoastra-le, con tutta la massa dei suoi contenuti; questa espulsio-ne coinvolge una specie di esame, dellintera massa delle immagini e delle energie psichiche, racchiuse nella sfera della personalit terrena: in qualche modo, il poderoso polo magnetico del SEgo trans personale, deve attrarre e preservare nella sua sfera tutti gli elementi che sono omogenei alla sua stessa natura, mentre lautoma perso-nale trattiene nella propria sfera tutto ci che resta nella sfera vitale, gli impulsi e le memorie concentrate intorno al polo inferiore dellio terrestre e separato, in disfaci-mento progressivo (Kamarupa).

    Secondo la Teosofia, questo grande esame di tutti gli aspetti viventi e dinamici nascosti nel cuore e nella mente di un essere incarnato, una specie di combatti-mento mortale, una suprema battaglia, che ha ispirato tutti i miti, espressi nelle religione esoteriche, del famoso Giudizio dei Morti.

    Deve per essere ben capito che la questione non sta nel fatto se lanima terrena fu buona o cattiva, e quindi meritevole di andare in Paradiso o allInferno. Dovremmo piuttosto dire che, in questo momento cru-ciale, il polo luminoso e spirituale dellessere umano, prova a riunire e a tenere per se stesso quelli che dovreb-bero essere chiamati i suoi possedimenti legittimi, sim-bolicamente: il frutto del talento, di cui parla lEvangelo nellomonima parabola, prestato al momento della nasci-ta (di ogni rinascita) al suo servo terrestre, per la durata della sua vita. Lentit astrale invece, il servo stolto, che condannata ad essere infine espulsa come un cadave-re di natura psichica, tenta attraverso un certo istinto di conservazione, di attirare su di s tutta la vitalit possi-bile e cerca di opporsi resistendo, alla sua imminente e naturale disfacimento e dislocazione dei suoi elementi

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    nei regni inferiori, questo fatto che deve essere chiama-to metempsicosi. Da tutto ci scaturisce lidea della batta-glia metaforica.

    Comunque sia, resta, un punto essenziale in questa particolare sfera della vita postmortem, sovente chia-mata, Kama loka (lett. luogo loka, latino locus, del desi-derio kama), quando le energie non pi controllate del desiderio e del pensiero tendono a sorgere di nuovo, di solito non c nessuna coscienza personale attiva che os-servi, in una agonia fatta di paura, le procedure della battaglia che porter alla morte astrale, come luomo non stato il testimone cosciente dei processi organici ineren-ti alla sua morte fisica. Inoltre, escluse poche eccezioni, il bilancio spirituale di ogni esistenza non mai com-pletamente nullo: per lUomo reale resteranno sempre e comunque alcuni germi luminosi che cresceranno e fio-riranno nella sua meditazione devachanica.

    Lesperienza devachanica, unica nel suo genere e secondo la Teosofia la sua dinamica implica varie fasi che descrivono un arco ascendente. Per la coscienza de-vachanica dapprima come un sogno ispirato da imma-gini terrestri, poi gradualmente procede verso visioni di carattere pi universale, per avere infine accesso a una specie di fusione estatica che va oltre ogni possibile de-scrizione.

    Dovrebbe apparire ovvio che il nostro teosofico bardo della Grande Beatitudine non pu essere illimitato nel tempo tutto ci che ha avuto un inizio, avr una fine, prima o poi, su qualunque piano o sfera dellesse-redivenire poich dipende dalla quantitqualit di energie psichiche create sulla terra.

    Quando queste sono infine sublimate, assimilate ed esaurite, il SEgo umano abbandona lamata libert ce-

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    lestiale per obbedire di nuovo alla gravitazione terrestre, per una nuova nascita.

    Dopo molti secoli di riposo e di oblio nei confronti delle nostre preoccupazioni terrestri, arricchiti dalloro della precedente esperienza, dovremo ora affrontare le conseguenze del nostro Karma passato, buono o cattivo, su questo pianeta, dove tutto quel karma fu creato, vita dopo vita.

    Ritorniamo ora al Bardo Thodol tibetano nella sua ul-tima fase.

    LA FINE DELLA VITA DOPO LA MORTE

    Il Sidpa bardo o il (possibilmente) evitabile ritor-no alla nascita

    Prima dellepisodio del Giudizio da parte di Yama, il Signore della morte, il nostro defunto uscirebbe dai suoi incontri con le Divinit Maligne in uno stato di tre-menda confusione, si dice attorno alla quarta settimana della sua prova.

    Se a questo punto potesse usare i suoi poteri eccezio-nali, dissipando le illusioni mentali, sarebbe salvo.

    A qualsiasi costo il suo Lama dovr riprendere la propria posizione di guida per illuminarlo in questo momento critico, poich a questo punto, giungerebbe la tempesta karmica, con le sue grida di vendetta.

    Luomo cerca di fuggire terrorizzato in quanto da-vanti ai suoi occhi si aprono degli enormi abissi pronti a inghiottirlo che non sono altro che le immagini dei tre veleni, la rabbia, la brama e la stupidit, che condurreb-bero ai mondi inferiori.

    Solo al culmine del suo dolore, il defunto si rende-rebbe conto finalmente che morto. Immediatamente

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    sopraffatto da una violenta brama di possedere di nuo-vo un corpo.

    questo il momento in cui il Lama dovrebbe avver-tirlo contro quella spaventosa lusinga. Lascer che sop-porti senza essere distratto in uno stato di rassegnazio-ne e la liberazione sar di nuovo a portata di mano. Per quanto terrificante sia questa prova, si crede che ci sar sempre una maniera saggia di trasformarla in qualcosa di buono: attraverso lesperienza della vacuit essenziale di tutte le forme, la persona diventerebbe un Buddha.

    Dopo lincontro con il Re Yama, il Signore della Morte, verr il momento in cui le luci dei sei mondi (loka) della rinascita (deva=dei; uomini; asuras=titani; spiriti bramosi=pretas; animali; dmoni) brilleranno sul defun-to: poi, una di queste comincer a brillare distintamente su di lui, indicandogli cos il luogo dove rinascer, effet-to del potere del suo karma. Tuttavia sembra che, grazie alle istruzioni che il lama gli fornisce, egli possa evitare questo tipo di rinascita karmica obbligatoria e ottenere cos, comunque, la Perfetta Illuminazione. Se il principio pensante del defunto non riesce a mettere in pratica que-sta arte estremamente profonda, come la definisce il testo del Bardo Thodol, gli sar data la possibilit di scegliere se rinascere come un dio o come uomo, e anche in tale condizione, andare a rinascere in un continente dove il Dharma rispettato.

    Infine, quando tutti i tentativi si sono dimostrati fallimentari, resta unultima possibilit: la chiusura della porta dellutero. Cinque efficienti modi vengono proposti dal Lama che legge dal testo del Bardo per questo tipo di contraccettivo interiore.

    Ad esempio, si dice che quando il defunto vedr i suoi futuri genitori uniti nellamplesso damore, li do-vr considerare spassionatamente come se fosse il suo

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    Lamaguru che abbraccia la sua controparte femminile, adorandoli. Che egli si guardi anche dalle emozioni il-lusorie, come lattrazione e la repulsione. Osservando i futuri genitori e lunione del maschile con il femminile, potrebbe provare infatti una forte gelosia nei confronti della madre e un forte odio per il padre: questa sarebbe una porta aperta per dare origine a una rinascita ma-schile. Al contrario una forte repulsione verso la madre ed un amore verso il padre causerebbero la rinascita come femmina. Passaggi simili a questo nel Bardo Thodol sono stati considerati con profondo interesse da alcuni psicoanalisti. Forse che gli antichi saggi tibetani hanno messo il dito sulle radici prenatali del famoso complesso di Edipo?

    Ovviamente lapplicazione di questi metodi richie-derebbe un potere di auto controllo fuori del comune e unaltrettanto forte capacit di auto concentrazione sul-le Verit Eterne del Buddhismo, ma attraverso laiuto di un Lama e grazie a un ardente appello alle Divinit Compassionevoli, o alla invocazione del defunto al suo personale yidam (divinit tutelare) o ad Avalokiteshwara stesso, il Signore Compassionevole, la desiderata libera-zione pu essere ottenuta quasi in extremis.

    Infine, con le ultime raccomandazioni fatte dal Lama al defunto, alla sua famiglia e a tutti i viventi che do-vrebbero essere consapevoli del valore senza pari di tale Libro, il Bardo Thodol conclude con unennesima afferma-zione della propria eccellenza:

    Perfino i Buddha dei Tre PeriodiNon poterono trovare alcuna dottrina che trascendesse questa.

    Secondo la Teosofia invece, il ritorno al mondo non viene deciso in un clima di paura e di inquietudine, come se lessere fosse perseguitato dalle furie del Destino nelle

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    sinistre nebbie dellaltro mondo. Come stato indicato in precedenza, questo ritorno segue una curva natura-le, dal punto pi alto raggiunto dal SEgo, fino al pi basso, quello del livello fisico, passando attraverso la zona intermedia del piano astrale, dove vengono riuni-ti i materiali (skandha) necessari per costruire la nuova personalit astrale e psichica. Qui il nuovo karma regna indisturbato.

    Limmaginare che lEgo possa lamentarsi o provare a sfuggire alle conseguenze del proprio karma o scegliere da solo questa o quella incarnazione pi favorevole, si-gnifica attribuirgli i sentimenti e le tendenze di un uomo terreno, assolutamente sconosciute allEgo transpersonale in questo stadio. Fino ad ora, tutta la quintessenza del-la sua ultima personalit terrena stata assimilata e in-tegrata alla somma della ricchezza spirituale acquisita dallEgo Superiore attraverso una lunga serie di rein-carnazioni e questo Ego Superiore non effettua assolu-tamente del calcoli personali. I piccoli uomini di questo nostro pianeta non devono preoccuparsi del suo destino: Esso ristabilir il proprio contatto con il nostro mondo, proprio nel punto in cui convergeranno le potenti linee del karma passato.

    Secondo la Teosofia, la reincarnazione ha luogo solo su questa terra e nel regno umano, non esiste il timore e il rischio di rinascere come animali, etc.

    Eccetto rare eccezioni, bambini morti prima di aver raggiunto let della ragione, trascorrono molti secoli prima che avvenga la prossima incarnazione. Il Lama che recit il Bardo Thodol non ci sar pi quando il suo protetto rinascer

    Perci, ogni azione, intentata coscientemente allo scopo di impedire la reincarnazione di unanima, quan-do karmicamente inevitabile e necessaria, un atto di

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    magia nera, puro e semplice; nonostante tutti i suoi pote-ri, nessun uomo saggio oserebbe interferire con il karma in simile modo o dando le istruzioni per questo scopo.

    La Teosofia non insegna che lUomo permanente sce-glie lui le condizioni della nuova incarnazione (andreb-be contro il decreto del karma). La Teosofia insegna che al momento della nascita del nuovo bambino, lEgo ha una visione prospettica della sua imminente esistenza: questultima si rivela nellesatta continuit di tutte le precedenti. Ed assolutamente certo che questa sar vis-suta con tutte le ulteriori forze acquisite dallEgo durante la sua esperienza postmortem.

    CONCLUSIONISe una delle funzioni principali della reincarnazione

    quella di offrire lopportunit necessaria al progresso individuale (e collettivo) riguardante il nostro risveglio spirituale, la Teosofia afferma positivamente che tale progresso non tanto il risultato di memorie distinte e di esperienze accumulate durante la vita di ogni perso-nalit, quanto la profonda e naturale integrazione del-la sua essenza pi pura, negli intimi tessuti del SEgo permanente: questa metamorfosi di e