Libro sala 2015

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a cura di Esserci comunicazione; soggetti: Carlo Scheggia traduzioni: Constance De La Mothe, Elena Di Giovanni, Franziska Kurth; racconto fotografico delle prove: Alfredo Tabocchini

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Macerata Opera Festival51. Stagione Lirica 2015

Direttore artistico Francesco Micheli

Nutrire l’anima

Giuseppe Verdi

Rigoletto

Pietro Mascagni

Cavalleria rusticana

Ruggero Leoncavallo

Pagliacci

Giacomo Puccini

La Bohème

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a cura diEsserci comunicazione

soggettiCarlo Scheggia

traduzioniConstance De La Mothe, Elena Di Giovanni, Franziska Kurth

racconto fotografico delle proveAlfredo Tabocchini

si ringrazianoVeronica Antinucci, Riccardo Benfatto, Andrea Compagnucci, Mauro De Santis,

Franziska Kurth, Luciano Messi, Paola Pierucci, Stefano Ruffini, Gianfranco Stortoni

Tutti i diritti sono riservati ai rispettivi autori

Impaginazione e Stampa MacerataLuglio 2015

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Presentazione 7

Nutrire l’Anima di Vito Mancuso 11

Rigoletto 13Il Duca di Mantova: un dongiovanni? di Umberto Curi 17Atto primo 27Atto secondo 41Atto terzo 47

Cavalleria rusticana e Pagliacci 61Dalla tradizione al tradimento di Giancarlo Ricci 65Atto unico 81Prologo 95Atto primo 97Atto secondo 105

La Bohème 113La malattia flessibile. I giovani e il futuro negato di Diego Fusaro 117Quadro primo 127Quadro secondo 141Quadro terzo 155Quadro quarto 163

In a time laps 175Nutrire l’Anima. Festa marchigiana da Sesto Bruscantini a Giacomo Leopardi 177Macerata Festival Off 179Amici dello Sferisterio 183

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Nutrire il pianeta, energia per la vita.

Abbiamo preso molto sul serio il motto dell’Esposizione Universale che si svolge quest’anno a Milano e lo abbia-mo fatto nostro: l’Arte, la Musica, il Teatro sono per lo spirito necessità primarie non meno del cibo per il corpo.Con Expo l’Italia diventa luogo d’appuntamento per tutto il pianeta, e il nostro Paese un palcoscenico immenso.Eppure ogni sera la nostra lingua e la nostra musica invadono i teatri, da Sydney a San Francisco, da BuenosAires a Tokyo tramite il linguaggio che da sempre fa parlare italiano al mondo intero: l’Opera. Onore dunque alprimo vero esperanto che ha fatto innamorare di noi tanti stranieri.Uno spirito italiano aleggia questa estate sul palcoscenico dello Sferisterio, a partire da capolavori composti damusicisti tutti nostrani; in tali opere il cibo è presente in forme diverse e molto significative: il simposio orgia-stico di Rigoletto, la convivialità di Pagliacci, la Mensa eucaristica del Venerdì Santo in Cavalleria rusticana el’inedia cronica dei bohèmiens.Sono classici immortali del grande repertorio operistico, capaci però al loro debutto di scombussolare le regoledel gioco: da quel momento nulla poteva essere come prima. È un omaggio all’inesauribile capacità di rinno-varsi propria di un linguaggio come l’opera che, pur colmo di “canoni” e “convenienze”, non smette di esserecontemporaneo.Sentiamo una naturale affinità allo spirito dell’Esposizione Universale perché, sin dalla nascita del MacerataOpera Festival, esercitiamo un’attenzione tutta speciale alla ricerca: è il Festival Off, luogo di sperimentazionein cui la grande lingua del melodramma viene fatta risuonare e vivere in luoghi non ortodossi, in compagnia dia-lettica con i più svariati mezzi di comunicazione, dai nuovi media all’antica arte della narrazione.Perché? Perché abbiamo ancora bisogno di lei, cara vecchia Opera, nel pieno di questo mondo globalizzato e inperenne accelerazione, per sapere chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.Nel frattempo la Signora ama villeggiare d’estate a Macerata, quintessenza della dolce vita, incanto della terramarchigiana, meraviglia del Bel Paese, l’Italia.

Francesco Micheli

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Il concetto di anima è stato coniato dalla mente per descrivere il fenomeno della vita, ovvero ciò che distingue gli enti“animati” dagli enti “inanimati”. Dire “anima” equivale quindi a dire “vita”, e nutrire l’anima equivale a nutrire la vita.La vita dell’essere umano però è una realtà composita: è corporea, psichica e spirituale. La vita umana fiorisce al meglionell’armonia tra le sue diverse manifestazioni.

Vito Mancuso

TEATRO LAURO ROSSI16 luglio - ore 21.00

Lectio Magistralis

Nutrire l’AnimaVito Mancuso

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SFERISTERIO17, 25, 31* luglio, 9 agosto - ore 21.00Anteprima giovani 14 luglio - ore 21.00

Giuseppe Verdi

RigolettoLibretto di Francesco Maria Piave

Rappresentante CASA RICORDI, Milano

Vladimir Stoyanov RigolettoJessica Nuccio Gilda

Celso Albelo Il Duca di MantovaGianluca Buratto SparafucileNino Surguladze Maddalena

Leonora Sofia GiovannaMauro Corna Monterone

Alessandro Battiato MarulloGiacomo Medici Il Conte di Ceprano

Rachele Raggiotti La Contessa di CepranoIvan Defabiani Matteo Borsa

Vladimir Mebonia Usciere di corteSilvia Giannetti Paggio della Duchessa

Direzione Francesco Lanzillotta Regia Federico Grazzini

Scene Andrea Belli Costumi Valeria Donata Bettella

Luci Alessandro VerazziMaestro del coro Carlo Morganti

Assistente alla regia Barbara Di LietoAssistente alle scene Carlotta Orioli

Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”

Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei”

* serata con audio descrizione in collaborazione con Unione Italiana Ciechi e Museo Tattile Statale Omero

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Direttore di scena Giacomo BenamatiDirettore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni

Vocal coach Simone SavinaMaestro di sala Elisa Cerri

Altro maestro di sala Claudia ForesiMaestri di palcoscenico Chiara Cirilli, Adamo Angeletti, Marta Marrocchi

Maestro alle luci Francesca PivettaMaestro ai sopratitoli Daniele Gabrielli

Mimi Fabio Prieto Bonilla, Luca Cattani, Andrea Fugaro, Elisa Gallucci, Fabrizio Lombardo, Massimiliano Mastroeni, Valerio Napoli

Figuranti Sofia Boschi, Elisa Carletti, Lucia Marinsalta, Aurora Monachesi, Francesca Pierri, Yuliya Popova

Direttore di palcoscenico Mauro De Santis

Responsabile allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi

Scenografo realizzatore Serafino BotticelliCapo macchinista Secondo Caterbetti

Capo elettricista Fabrizio GobbiResponsabile sartoria Simonetta Palmucci

Responsabile vestizioni Maria Antonietta LucarelliCapo attrezzista Emanuela Di Piro

Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabile parrucco Serena MercantiResponsabile trucco Raffaella Cipolato

Coordinatrice personale di sala Caterina OrtolaniFotografo Alfredo Tabocchini

Scene Spazio Scenico, Roma - Laboratori del Macerata Opera FestivalAttrezzeria Laboratori del Macerata Opera Festival

Costumi Sartoria Teatrale Arrigo, Milano - Santi, Brescia Maschere Francesco Givone, Scandicci (Fi)

Calzature C.T.C. Pedrazzoli, Milano Parrucche Audello, TorinoIlluminotecnica Stas, Terni Fonica AMService, Macerata

Sopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e Università di Macerata

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Il Duca di Mantova: un dongiovanni?

Umberto Curi 1

1. Sono talmente numerosi i punti di convergenza, o se nonaltro di assonanza, fra il Rigoletto e il Don Giovanni diMozart-Da Ponte, da far sembrare perfino scontato l’acco-stamento fra i due melodrammi. “Costringono” ad avvicina-re le due opere una pluralità di elementi marginali o estrin-seci: la regione di provenienza dei librettisti, FrancescoMaria Piave e Lorenzo Da Ponte, entrambi veneti; la riscrit-tura che essi realizzano di un testo precedente (Le roi s’a-muse di Victor Hugo, nel primo caso, il libretto del DonGiovanni di Giovanni Bertati, e prima ancora la pièce diTirso da Molina, nel secondo caso); l’esito tragico dellavicenda, annunciato fin dalle prime battute del preludio diVerdi e nei quattro “terribili” accordi con cui si apre l’ou-verture di Mozart. Si potrebbe altresì aggiungere a quellicitati, un ulteriore motivo, per certi aspetti perfino inquie-tante. Soprattutto nella versione molieriana, il testo riguar-dante le imprese di Don Giovanni è stato pesantementeattaccato e macroscopicamente manomesso dalla censura,fino al punto da poter dire che nella sua versione originaleesso non è mai stato pubblicato. Una sorte per molti aspet-ti simile è toccata anche all’opera verdiana, se è vero che illibretto originariamente redatto da Piave, col titolo La male-dizione, aveva incontrato critiche aspre e, su taluni punti,incrollabili, da parte della censura austriaca, in vista dellaprima rappresentazione programmata al Teatro La Fenice di

Venezia. Ma inducono soprattutto a istituire un confrontoaspetti ben più rilevanti, intrinseci alla filigrana concet-tuale delle “storie” poste alle base delle due opere.Il primo e più appariscente motivo di condivisione è certa-mente il tema della seduzione. Per dirla in grande sintesi,si potrebbe affermare (ma, come si vedrà fra breve, questaaffermazione, se non adeguatamente specificata, può risul-tare fuorviante) che il Duca di Mantova è un dongiovanni.Il manifesto del suo approccio alle donne è ovviamente laballata del primo atto, Questa o quella, raccordata al cele-bre pezzo del Terzo atto (uno fra i più famosi dell’intera pro-duzione verdiana), nel quale si proclama che La donna èmobile, quasi che l’asserita irrimediabile volubilità delladonna possa offrire una giustificazione, o almeno un’atte-nuante, alla spregiudicatezza con la quale il Duca arricchi-sce incessantemente la “lista” delle sue imprese amorose. In realtà, se si approfondisce l’analisi, senza lasciarsiinfluenzare da giudizi sommari e puramente superficiali,le analogie fra i due personaggi maschili finiscono qui.Come altrove ho cercato di dimostrare in maniera ben piùanalitica, la figura di Don Giovanni (almeno nelle tre ver-sioni “classiche” che costituiscono l’archetipo del mito,vale a dire Tirso, Molière e Mozart-Da Ponte) è del tuttoirriducibile allo sbiadito e infine insignificante stereotipodel “cacciatore di gonnelle”, o di coatto del sesso, cheinvece tanta negligente letteratura ha cercato di accredi-tare. Non si comprenderebbe l’enorme e universale suc-cesso tributato alla vicenda del “dissoluto punito”, peroltre due secoli sempre al primo posto negli incassi e nelnumero di repliche, in tutte le diverse versioni, in tutti iteatri di Europa, se davvero il protagonista potesse essereassimilato alla sbiadita espressione del seduttore seriale.Né – anticipando un passaggio sul quale si tornerà frabreve – potrebbe risultare verosimile, e dunque capace disuscitare l’immedesimazione dello spettatore, la storia diun personaggio che venga inghiottito vivo all’inferno (apensarci, la punizione più atroce che si possa immagina-re), “soltanto” per avere sedotto alcune donne, fosseroesse anche “mille e tre”.

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1 Per un approfondimento dei temi qui soltanto accennati, rimando aciò che ho scritto nel corso degli ultimi vent’anni su argomenti analo-ghi: La cognizione dell’amore. Eros e filosofia, Feltrinelli, Milano1997; Filosofia del Don Giovanni, Bruno Mondadori, Milano 2002;Don Giovanni. Variazioni sul mito, Marsilio, Venezia 2006; Miti d’a-more, Bompiani, Milano 2009; Passione, Raffaello Cortina Editore,Milano 2013.

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Altrove va piuttosto individuata la grandezza sulfurea diDon Giovanni. Nel suo ergersi a baluardo della ragione con-tro la superstizione, della libertà contro il dispotismo, del-l’indomabile spirito della ricerca contro l’accomodante ipo-crisia del conformismo. Soprattutto dalle pagine della com-media di Molière (grande testo “filosofico” del Seicentoeuropeo) emerge un personaggio che ha l’ambizione di pro-porsi come l’Anticristo, non solo e neppure soltanto perchéirrida la concezione cristiana dell’amore come agape, maanche e soprattutto perché intende travolgere nella deva-stante energia corrosiva della sua critica i fragili idola, suiquali è costruita la società del suo tempo. Libertino è, cer-tamente, Don Giovanni. Ma lo è nel senso “tecnico” del ter-mine, come seguace e insieme antesignano di un movimen-to di pensiero radicalmente antidogmatico, insofferente diogni vincolo, refrattario ad ogni pretesa autorità. E la suafilosofia si esprime compiutamente in quel memorabile pas-saggio della pièce di Molière, in cui egli indica quali siano– e non altri – i suoi “articoli di fede”: «Io credo che duepiù due fa quattro, e che quattro più quattro fa otto». Nulladi meno – e dunque fiducia nelle potenzialità euristichedella nascente scienza sperimentale. Ma insieme anchenulla di più – nessuna “apertura” al soprannaturale e all’in-verificabile essendo ammessa.La nozione “classica” dell’erotismo è attraversata da unmovimento febbrile che ne trasforma la costituzione origi-naria, cancella ogni accezione meramente “sentimentale”,e consente di parlare dell’amore con la stessa fredda preci-sione con la quale Galilei descrive la caduta dei gravi,Keplero le orbite dei pianeti, Hobbes la genesi contrattua-listica dello Stato, Machiavelli l’Arte della guerra, Quesnaye Smith le relazioni fra gli agenti della produzione. Molièrepartecipa al movimento del libertinage érudit, mediante una“rivoluzione copernicana” che sottrae l’homo amans allasubalternità rispetto a qualsiasi trascendenza, e ne fa inve-ce il protagonista attivo di un’“impresa” concepita e realiz-zata sul piano della più rigorosa immanenza. L’economiapolitica è figlia di questa temperie culturale, di questoapproccio filosofico, in quanto condivide l’assunto dell’in-

trinseca “bontà” degli appetiti umani, del carattere comun-que positivo degli impulsi soggiacenti all’“individualismoproprietario”.Perché questo accada, affinché l’amore possa essere inte-gralmente laicizzato, e più ancora ricondotto al livello difenomeni analizzabili iuxta propria principia, e la figura deldissoluto punito, o del sacrilego beffatore, possa più appro-priatamente essere identificata con quella di AlessandroMagno, è necessario smascherare l’ingannevole verità delsapere tradizionale, sbarazzarsi di ogni superstiziosa cre-denza, relativa ad entità soprannaturali, recidere ogni resi-duo legame religioso.Rispetto alla pur diabolica grandezza di Don Giovanni, bendiversa è la tempra del Duca di Mantova, mediocre figuradi “libertino” nel senso volgare del termine, privo dellospessore umano e della carica emblematica del “giovanecavaliere estremamente dissoluto”, immortalato da Mozart eDa Ponte. Se la seduzione di cui è protagonista DonGiovanni coincide con quel complessivo deragliamento, dicui dice l’etimo della parola, perché conduce fuori, rispettoalla strada maestra della morale, nel personaggio di Piaveessa compare in una maniera molto più vicina all’uso cor-rente, nella forma di un’opportunistica utilizzazione delpotere connesso alla propria condizione di privilegio.Ne è conferma indiretta, ma non meno significativa, quellasorta di “autorappresentazione” proposta nel Primo Atto,alla quale già si è accennato. In apparenza, si tratta di unaripresa del tema del “catalogo”, sviluppato nel melodram-ma mozartiano. Ma le differenze sono talmente profonde darendere pressoché irrilevanti le analogie. Dichiarando diconsiderare “pari” “questa e quella”, il Duca di Mantovasposta sul piano del godimento fisico quello specifico “pia-cere”, che invece il Tenorio prova per il solo fatto di “porrein lista”. Al numero “dispari” del “milletre”, virtualmenteaperto ad un costante aggiornamento, dove la massimavoluttà è nell’incremento numerico, si contrappone un“pari” che riconduce l’eros ad una dimensione riduttiva-mente sessuale.Risulta infine impossibile, ove si proceda oltre una conti-

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guità superficiale, riconoscere nella coppia Duca-Rigolettouna “variante” della relazione che lega Don Giovanni al suoservo. Fra costoro, infatti, sussiste un rapporto che va benal di là di “ruoli” prestabiliti, e tende piuttosto a configura-re nell’insieme un’immagine unitaria. Che lo si considericome il “doppio” del suo padrone, ovvero che lo si assumacome l’“altra faccia” del Cavaliere di cui è al servizio, o chesi giunga al punto di considerarlo come l’autentico – perquanto occulto – oggetto del desiderio di Don Giovanni, unfatto resta comunque confermato. Il servo, si tratti del tir-siano Catalinon, del molieriano Sganarelle o del dapontia-no Leporello, è figura che letteralmente rimanda a DonGiovanni. In una certa misura, lo “spiega”. Ce ne rendeintelligibile la condotta. Ci svela di lui ciò che altrimentiresterebbe nascosto.Nettamente diverso è il rapporto che intercorre fra il Ducae Rigoletto – a cominciare dal rovesciamento della prioritàdei personaggi, dove il protagonista è il buffone (difficileritrovare nella tradizione drammaturgica una figura di giul-lare che faccia altrettanto poco ridere, come il deforme per-sonaggio verdiano), mentre l’aristocratico agisce come com-primario. A ciò si aggiunga l’asimmetria strutturale delsistema delle relazioni triangolari includenti anche Gilda,nel segno della rottura di ogni reciprocità: la giovane donnasi immola per salvare la persona amata, proprio dopo aver-la sorpresa in effusioni amorose con un’altra donna, mentreRigoletto involontariamente condanna a morte la figlia cheavrebbe voluto sottrarre alla cupidigia del Duca.

2. Ma l’elencazione delle molte differenze sussistenti fra idue “modelli” di seduzione, incarnati da Don Giovanni edal Duca di Mantova, talmente profonde da rendere perfinoincommensurabile l’uno rispetto all’altro, non si esauriscecon ciò che si è fin qui schematicamente enunciato. Benpiù importante e denso di implicazioni è uno scarto, alquale si è in precedenza solo accennato. Si potrebbe com-pendiarlo in una formula, utile se non altro per entrare piùdirettamente in argomento. A differenza di Don Giovanni,colpito da una punizione severissima, il Duca di Mantova

non è chiamato a rendere conto della sua condotta immora-le. È, dunque, un dissoluto impunito.Si può facilmente intuire fino a che punto questa differenzaincida in profondità nello sviluppo della storia. Non si trat-ta, infatti, di qualcosa che possa essere confinato nell’epi-logo della vicenda. Al contrario, l’esito finale – presagitogià dall’inizio in entrambi i melodrammi – influisce sul-l’andamento complessivo e sul significato generale degliavvenimenti.La regola inflessibile, ricorrente costantemente nelle ver-sioni classiche del mito di Don Giovanni, è quella che tro-viamo icasticamente enunciata nell’archetipo di Tirso:«Quien tal hace, que tal pague!» – «Chi fa questo, paghiquesto», e ripresa quasi letteralmente da Mozart-Da Ponte(«Questo è il fin di chi fa mal e dei reprobi la morte alla vitaè sempre ugual»). La legge del taglione, il principio delcontrappasso domina incontrastato la narrazione riguardan-te il Tenorio. La pena che a lui viene inflitta è “proporzio-nale” alla colpa. Né è possibile immaginare che egli possasottrarsi in extremis alla sanzione, magari attraverso il pen-timento. Ne è conferma indiretta, ma non meno significati-va, il fatto che in alcune versioni ottocentesche (quale quel-la di José Zorrilla, ad esempio), nelle quali si assiste al fina-le ravvedimento del protagonista, tutta la storia assume unaconfigurazione poco convincente, e comunque tale da nonsuscitare alcun coinvolgimento “patetico” dello spettatore.Un dissoluto che, giunto al momento della resa dei conti, siumili e si penta, perde ogni carica intensamente antagoni-stica, scolorisce e decade a personaggio pavido e imbelle,incapace di reggere il confronto con la grandiosità dei temiche pure egli sembrava aver evocato.È talmente centrale, nella tradizione dongiovannesca, ilnesso colpa-punizione, da costituirsi come principale ele-mento per la decifrazione della personalità del protagonista.Se – come ho cercato di dimostrare altrove – Don Giovanniè irriducibile alla figura del seduttore compulsivo, del col-lezionista erotico, è proprio perché a lui è riservata unacolpa atroce. Dalla gravità della pena possiamo – a ritroso– comprendere quale fosse davvero la sua colpa. Poiché

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non è immaginabile pena più atroce di quella di essereinghiottiti vivi all’inferno, evidentemente la colpa che talepena intende remunerare deve essere di pari “grado” e rile-vanza. Non, dunque, la “semplice” seduzione, ma l’oltrag-gio alla divinità, la bestemmia, la temeraria rivendicazionedel ruolo di Anticristo, la sfida nei confronti dei presuppo-sti religiosi e culturali, sui quali è costruita la società delsuo tempo.Come è stato sottolineato, già a partire dal Nietzsche dellaGenealogia della morale, e poi (in un contesto sostanzial-mente differente), in numerosi scritti, da Paul Ricoeur, afondamento di questo modo di concepire la relazione colpa-pena resta una convinzione di fondo, fortemente debitrice auna visione cosmologica generale, secondo la quale la colpadeve essere intesa come una vulnerazione, che deve essere“rimediata”, mediante l’irrogazione di una pena. Ove que-sta non intervenga, o non sia proporzionalmente adeguata aciò che si è commesso, la ferita è destinata a restare aper-ta. L’ordine cosmico, infranto o violato dalla colpa, deveessere reintegrato attraverso un “movimento” uguale e con-trario, capace di “risanare” l’organismo naturale o socialecontaminato. Di qui la necessità e l’inevitabilità della pena.Di qui la valenza filosofica generale – e non soltanto ridut-tivamente “contabile” – di un intervento che sanzioni coluiche si renda responsabile di un turbamento dell’equilibrioesistente.In questa prospettiva (per quanto qui solo sommariamenterichiamata), si comprende perché, a differenza della sorteriservata a Don Giovanni, la cui punizione in tutte le ver-sioni è proposta come ineludibile, il Duca di Mantova possa“cavarsela” senza subire il contraccolpo delle sue azioni.Perché “troppo umane”, squallide, perfino miserabili, sonole sue colpe, prive di ogni grandezza antagonistica, man-canti di ogni carica autenticamente blasfema. Se il Tenorioaffronta e sfida il Cristo, proprio sul punto più qualificantedel messaggio evangelico, vale a dire l’agape, l’amore per lecreature come tramite per l’amore per il Creatore, e con ciòsi espone anche alla pena atroce di “ritornare” in quell’in-ferno da cui proviene, il Duca di Mantova è immerso in una

dimensione totalmente antieroica, dimessa, senza alcunrilievo superomistico. A pagare, alla fine, nell’opera diVerdi sarà il personaggio fra tutti più innocente – l’unicafigura del tutto incolpevole – sulla quale si scarica tutta lanegatività della maledizione.

3. Come è noto, il testo elaborato da Francesco Maria Piavericalca, talora da vicino (soprattutto nel Primo Atto), il dram-ma teatrale di Victor Hugo, intitolato Le roi s’amuse. Oltre ainomi dei personaggi, le innovazioni principali introdotte dallibrettista veneto non sono tali da modificare in manierasignificativa la struttura narrativa del testo originale. Ladiretta derivazione del Rigoletto dal dramma francese haspesso indotto a concentrare l’attenzione dei commentatoripressoché esclusivamente sulle analogie e sulle differenzeintercorrenti fra le due opere, trascurando un aspetto tutt’al-tro che marginale, quale è l’influenza di motivi classici –della classicità greco-latina – nella costruzione della tramadel melodramma. Se ne trova una traccia evidente nel temadello scambio fatale fra le persone (Gilda che prende il postodel Duca), nella figura del “doppio” (lo stesso Rigoletto lo è,rispetto al Duca, da un lato, e al Conte di Monterone, dal-l’altro, nella forma della catastrofe conclusiva). Fra questispunti, un ruolo assolutamente centrale è svolto dalla male-dizione scagliata dal signore di Monterone nei confronti delDuca di Mantova e del buffone di corte. Questo ruolo èperaltro apertamente riconosciuto dallo stesso Verdi in unalettera inviata al librettista: «Il titolo deve essere necessari-amente La Maledizione di Vallier [più tardi, Monterone],ossia per esser più corto, La Maledizione. Tutto il soggetto èin quella maledizione che diventa anche morale. Un infelicepadre che piange l’onore tolto alla sua figlia, deriso da unbuffone di corte che il padre maledice, e questa maledizionecoglie in una maniera spaventosa il buffone, mi sembramorale e grande, al sommo grande».Sovente ricorrente nelle tragedie attiche della seconda metàdel V secolo avanti Cristo, la maledizione non compare maicome un semplice espediente per lo “scioglimento” del“nodo” tragico. Ben più complesse e profonde sono le moti-

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vazioni che ne sono alla base. Da un lato, infatti, la maledi-zione agisce come giuntura fra le dimensioni temporali, inquanto è parola pronunciata nel presente (o nel passato),riguardo a ciò che accadrà in futuro. Il tempo “a venire” siconfigura in tal modo non come un’arbitraria e casuale suc-cessione di eventi, ma come “compimento” dei tempi, comerealizzazione di ciò che è stato pronunciato. Da questaprospettiva, la maledizione condivide la medesimarelazione al tempo del fato: come esso è fatum, dal latinofari, cioè “la parola che è stata detta” (nel passato, ma cheriguarda ciò che avverrà in futuro), altrettanto si può dire aproposito della maledizione.Ma vi è un altro e non meno importante aspetto dellamaledizione che rende ragione delle parole indirizzate daVerdi a Piave. Essa implica, infatti, una relazione decisivacol piano del soprannaturale, a cui si demanda un “renderegiustizia”, altrimenti eluso ove ci si limiti al rispetto dellenorme del diritto positivo. Soverchiato dal potere del Ducadi Mantova, e quindi anche dalla legge da costui imposta, ilsignore di Monterone può conseguire il “giusto” risarci-mento per i torti subiti, affidandosi semplicemente alpotere, solo apparentemente inerme, della “parola detta”.Dove non giunge, e anzi si arresta, la giustizia terrena, lìinterviene – inesorabile – la giustizia, ammantata di mis-tero, che appartiene ad un dominio trascendente, rispetto alpiano delle miserie umane.Come accade anche nel teatro greco classico (un esempiofra tutti: l’“Edipo re” di Sofocle), la maledizione non cor-risponde ad una generica vendetta, né ha la forma di unaritorsione postuma. Essa orienta il corso degli avvenimentiin modo che essi, alla fine, appaiano riconducibili a misuradi razionalità. Di qui il paradosso: ciò che appare comeun’invocazione sprovvista di ogni reale effettualità si rivelacome imprescindibile fattore di riequilibrio, come tramiteper l’imposizione di una “misura” altrimenti negletta. Comescrive Verdi, insomma, la maledizione «diventa anchemorale», perché ad essa è affidato il compito di ristabilireuna gerarchia di valori altrimenti sovvertita dall’abuso delpotere del Duca.

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SOGGETTO

ATTO IIl Duca di Mantova, nel corso di una festa a Palazzo Ducale,confida al cortigiano Borsa il proprio interesse per una fan-ciulla incontrata casualmente al tempio e corteggia la con-tessa di Ceprano, esprimendo con una ballata la propriamorale libertina. Intanto Rigoletto, buffone di corte, scher-nisce il conte di Ceprano. Alla fine delle danze il cavaliereMarullo rivela ad altri cortigiani che Rigoletto si reca tuttele notti a casa di una presunta amante e insieme decidonodi rapirla per tirare una burla al perfido buffone di corte. Improvvisamente giunge il conte di Monterone che accusail Duca di avere oltraggiato l’onore della figlia e Rigoletto loirride. Mentre viene imprigionato dalle guardie, Monteronelancia al Duca e al beffeggiatore Rigoletto una terribilemaledizione. Sulla strada di casa, di notte, Rigoletto incontra Sparafucileche si presenta come un sicario d’onore. Rigoletto lo allon-tana ma prende nota del suo nome. Tornato a casa abbrac-cia la figlia Gilda e prega la governante Giovanna di veglia-re su di lei. Ma Gilda, tenuta nascosta da Rigoletto, è statagià avvicinata dal Duca che si è presentato in chiesa comeun povero studente di nome Gualtiero Maldè, ed è addirit-tura entrato in casa con la complicità di Giovanna. Nellevicinanze, Marullo sta organizzando con alcuni cortigiani ilrapimento di quella che pensano essere l’amante diRigoletto, ma in verità è la figlia. Imbattutisi proprio nelbuffone, giungono perfino a chiedergli di collaborare nellaloro impresa. Bendato, tiene ferma la scala d’accesso alverone: quando tutti sono partiti, Rigoletto capisce cosa èaccaduto.

ATTO IINel proprio palazzo il Duca lamenta la scomparsa di Gilda.

Quando i cortigiani lo mettono al corrente che hanno rapitol’amante di Rigoletto, il Duca comprende cosa è accaduto e,felice, si apparta con lei. Nel frattempo è giunto Rigolettoche, in cerca della figlia, viene sbeffeggiato dai cortigiani.Saputo che Gilda è nella stanza del Duca, supplica dispe-rato i cortigiani di ridargli la figlia, ma è lei stessa a rag-giungere il padre e a confessargli l’onore perduto. Mentrepassa Monterone condotto al patibolo, Rigoletto giura ven-detta.

ATTO IIIIl giullare ha condotto Gilda davanti all’osteria diSparafucile, dove il Duca sta corteggiando Maddalena,sorella del sicario, cantando un elogio all'amore libertino.Rigoletto vuol far capire alla figlia chi sia veramente l’uo-mo, ma Gilda ne rimane sempre innamorata. Il buffone dicorte ha incarico Sparafucile di uccidere il Duca e nel frat-tempo dà ordine alla figlia, vestita da uomo, di partire perVerona. A mezzanotte Rigoletto tornerà all’osteria per pren-dere il sacco entro cui Sparafucile avrà messo il cadaveredel Duca. Gilda però capisce il piano, ascoltando di nasco-sto Sparafucile e Maddalena che, invaghitasi anch’essa delDuca, cerca di convincere il fratello a non uccidere il nobi-le, ma la prima persona che sarebbe entrata nella locanda.Gilda, mentre fuori infuria una tempesta, si offre al sacrifi-cio. A mezzanotte Rigoletto ritira il sacco, ma ode echeg-giare il canto del Duca. Incredulo, lo apre e scopre la figliamorente. Nello straziante finale, Gilda svela i motivi chel’hanno spinta a sostituirsi al Duca per salvarlo e spira,chiedendo perdono al padre. A Rigoletto non resta che urla-re: «Ah, la maledizione».

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SYNOPSIS

ACT IDuring a ball at his Palace, the Duke of Mantua tells hisretainer Borsa that he fancies a young girl he met by chanceat the church. In the meantime, he flirts with CountessCeprano and sings a ballad that celebrates his licensiouslifestyle. Rigoletto, the Duke’s jester, mocks CountCeprano. At the end of the dances, Marullo informs his fel-low courtiers that Rigoletto has a lover whom he visits everynight. The men agree to kidnap her to make fun of the courtjester. All of a sudden, Count Monterone appears andaccuses the Duke of seducing his daughter. Rigolettolaughs at him. As the guards lead him away, Monteroneplaces a terrible curse upon the Duke and the jester whowas mocking him.On his way home, later in the night, Rigoletto meetsSparafucile, a professional killer. Rigoletto then movesaway from him having taken note of his name. Once athome, he hugs his daughter Gilda and asks her nurseGiovanna to keep a close watch on her. However, althoughRigoletto has always meant to hide her, Gilda has alreadybeen approached by the Duke, who appeared in the churchas a poor student named Gualitero Maldè. He also managedto get into Rigoletto’s house with Giovanna’s help. Marullohimself is nearby with a few courtiers, planning to kidnapRigoletto’s daughter whom they think is the jester’s lover.As they bump into the jester, they even ask him to help. Heis duped into wearing a blindfold and holds a ladder toaccess the balcony. When all are gone, Rigoletto realizeswhat has just happened.

ACT IIIn his palace, the Duke fumes over Gilda’s abduction. Ashis coutiers reveal they are keeping Rigoletto’s lover, the

Duke rejoices and goes off to reach her. Rigoletto soonarrives, looking for Gilda, but the courtiers mock him forchasing her lover. As he finds out that the young girl is inthe Duke’s private room, he desperately begs the courtiersto set his daughter free. She soon joins her father andreveals that she has been dishonoured. As Monteronepasses by, on his way to be executed, Rigoletto swearsvengeance.

ACT IIIRigoletto takes Gilda in front of Sparafucile’s inn, where theDuke is flirting with the killer’s sister Maddalena andsinging in praise of women’s fickleness. Rigoletto wishes tomake his daughter see the Duke’s true nature, but sheremains deeply in love. The jester entrusts Sparafucile withthe Duke’s murder, he orders his daughter to disguise as aman and leave for Verona. At midnight, Rigoletto is due toreturn to the tavern and collect a sack with the Duke’s deadbody. Gilda finds out about this evil plan by overhearingSparafucile and Maddalena, the latter also in love with theDuke. Maddalena tries to persuade his brother not to killthe Duke but whoever would enter the inn first. A storm isbrewing, Gilda decides to sacrifice herself. At midnightRigoletto collects the sack but he hears the Duke singingfrom afar. He opens the sack and is shocked to see hisdaughter dying. In the final moments, Gilda reveals thereasons behind her choice and dies begging his father forforgiveness. Rigoletto is left alone crying “Ah, lamaledizione!”

24 Rigoletto

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DIE HANDLUNG

ERSTER AKTDer Herzog von Mantua erzählt während eines Festes im herz-öglichen Palast einem seiner Höflinge namens Borsa, dass ihneine junge Frau interessiert, die er zufällig am Tempel getrof-fen hat. Gleichzeitig flirtet er mit der Gräfin von Ceprano,wobei er ihr beim Tanz seine recht ausschweifendeMoralvorstellung darlegt. Der Hofnarr Rigoletto, verhöhnt der-weil ihren Ehemann, den Graf von Ceprano. Nach dem Tanzenthüllt Marullo den anderen Höflingen, dass Rigoletto sichNacht für Nacht zum Haus seiner angeblichen Geliebtenbegibt und zusammen beschliessen sie, die Frau zu entführen,um dem Narren einen Streich zu spielen. Da taucht plötzlichder Graf Monterone auf, der wütend den Herzog anklagt dieEhre seiner Tochter geschändet zu haben. Rigoletto macht sichüber ihn lustig und während Monterone von den Wachen fest-genommen wird, verflucht er den Herzog und den Hofnarrenmit furchterregenden Worten. Auf dem Weg nach Hause trifftRigoletto in der Nacht Sparafucile, der sich als Auftragskillervorstellt. Rigoletto merkt sich seinen Namen. Zu Hause ange-kommen umarmt er seine Tochter Gilda und bittet seineHaushälterin Giovanna auf die junge Frau aufzupassen. Ohnees ihrem Vater zu erzählen, hat Gilda allerdings den Herzogkennengelernt. Er hatte sich ihr in der Kirche als ein armerStudent, namens Gualtiero Maldè vorgestellt. Mit Hilfe vonGiovanna ist er sogar schon ins Haus von Rigoletto und Gildagekommen. Ganz in der Nähe bereitet sich Marullo mit seinenFreunden auf die Entführung der Frau vor, die sie für dieGeliebte Rigolettos halten, die aber in Wirklichkeit seineTochter ist. Als der Narr zufällig zu ihnen stösst, bitten sie ihnsogar, ihnen zu helfen – spielerisch verbinden sie ihm dieAugen und bitten ihn die Leiter zu halten, über die sie auf denBalkon des Hauses steigen. Als alle weg sind und er sich dieAugenbinde abnimmt, begreift er sofort, was passiert ist.

ZWEITER AKTDer Herzog ist in seinem Palast und klagt darüber Gilda nichtmehr zu finden. Als die Höflinge ihm erzählen RigolettosGeliebte entführt zu haben, begreift auch der Herzog was pas-siert ist und geht glücklich zu Gilda, um mit ihr allein zu sein.Unterdessen ist auch Rigoletto im Palast und auf der Suchenach seiner Tochter wird er von den Höflingen böse verspottet.Als ihm nun klar wird, dass Gilda mit dem Herzog in dessenGemächern ist, fleht er die Höflinge verzweifelt an, ihm seinenTochter wiederzugeben. Diese kommt allerdings alleine ausden Räumen des Herzogs und gesteht ihrem Vater, ihre Ehreverloren zu haben. An ihnen vorbei wird Monterone auf denSchaffott geführt und Rigoletto schwört Rache.

DRITTER AKTRigoletto hat Gilda vor das Wirtshaus von Sparafucile geführt,in dem der Herzog Maddalena den Hof macht und ihr einStändchen auf die Vorzüge der freien Liebe vorträgt.Maddalena ist die Schwester des Killers Sparafucile. Rigolettomöchte, dass seine Tochter begreift wer dieser Mann wirklichist – sie ist und bleibt allerdings hoffnungslos verliebt.Rigoletto trägt Sparafucile auf, den Herzog zu töten undbefiehlt seiner Tochter, als Mann verkleidet, nach Verona zureisen. Um Mitternacht wird Rigoletto zum Wirtshaus zurük-kkehren und den Sack an sich nehmen, in den Sparafucile dieLeiche des Herzogs gepackt haben wird. Als Gilda zufällig einGespräch zwischen Sparafulice und Maddalena hört, begreiftsie den Plan. In dem Gespräch fleht Maddalena, die ihrerseitsin den Herzog verliebt ist ihren Bruder an, diesen nicht umzu-bringen, sondern einfach den erst Besten der ins Wirtshauseintreten wird. Während ein starkes Unwetter ausbricht, opfertsich Gilda und geht ins Wirtshaus. Um Mitternacht kommtRigoletto, um den Sack abzuholen, hört aber im Hintergrundden Herzog singen. Ungläubig macht er den Sack auf und ent-deckt seine sterbende Tochter. Mit letzter Kraft gesteht sieihrem Vater, warum sie den Herzog retten wollte – Rigolettobleibt nichts anderes als den herzzerreissenden Schrei: „Ach,der Fluch“ auszustossen.

25Soggetto

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SSUUJJEETT

ACTE ILors d’une fête donnée au Palais Ducal, le Duc de Mantoueconfie à l’un de ses courtisans Borsa son vif intérêt pour unejeune fille aperçue par hasard à l’église. En même temps, ilcourtise la comtesse de Ceprano exprimant par le biaisd’une ballade sa propre morale libertine. Pendant ce temps,Rigoletto, le bouffon de la cour, nargue le comte deCeprano. Au terme des danses, le chevalier Marullo révèleà d’autres courtisans que Rigoletto se rend toutes les nuitschez une prétendue maîtresse. Ensemble, ils décident del’enlever pour jouer un mauvais tour au perfide bouffon dela cour.Soudain, le comte de Monterone fait irruption et accuse leDuc d’avoir outragé l’honneur de sa fille. Rigoletto le tour-ne en dérision. Alors qu’il est arrêté par les gardes,Monterone lance au Duc et à un Rigoletto railleur sa terri-ble malédiction.En rentrant chez lui de nuit, Rigoletto se fait accoster parSparafucile qui se présente en tueur à gages venu sauverson honneur. Rigoletto l’éloigne mais note quand mêmeson nom. Une fois chez lui, il embrasse sa fille Gilda etordonne à sa gouvernante Giovanna de veiller sur elle.Mais Gilda que Rigoletto tenait bien cachée a déjà fait laconnaissance du Duc, venu se présenter à l’église commeétant un pauvre étudiant du nom de Gualtier Maldè.D’ailleurs, celui-ci a même pu pénétrer dans la maisongrâce à la complicité de Giovanna. Dans les alentours,Marullo et plusieurs autres courtisans s’apprêtent à réali-ser leur projet d’enlèvement de celle qu’ils croient être lamaîtresse de Rigoletto mais qui, en réalité, est sa fille.Croisant justement le bouffon, ils vont même jusqu’à luidemander de collaborer à leur entreprise. Les yeux ban-dés, Rigoletto tient solidement l’échelle qui leur permet

d’accéder au balcon: quand tous sont partis, il comprendfinalement ce qui est arrivé.

ACTE IIDans son palais, le Duc se lamente de la disparition deGilda. Lorsque les courtisans lui racontent qu’ils ont enle-vé la maîtresse de Rigoletto, le Duc comprend ce qui vientd’arriver et tout heureux s’écarte avec elle. Rigoletto arriveen même temps; il cherche sa fille mais se fait bafouer parles courtisans. Ayant appris que Gilda se trouve dans l’ap-partement du Duc, fou de désespoir, il implore les courti-sans de lui rendre sa fille mais c’est elle qui vient retrouverson père et lui avoue avoir perdu son honneur. Lorsquepasse Monterone que l’on conduit à l’échafaud, Rigolettojure qu’il se vengera.

ACTE IIILe bouffon mène Gilda devant l’auberge de Sparafucile. Al’intérieur, le Duc est en train de courtiser Maddalena, lasoeur de Sparafucile, tout en chantant une éloge à l’amourlibertin. Rigoletto veut faire comprendre à sa fille qui est enréalité cet homme mais Gilda en est toujours amoureuse.Alors, le bouffon de la cour charge Sparafucile de tuer le Ducet ordonne en même temps sa fille, travestie en homme, departir pour Vérone. Rigoletto reviendra à minuit à l’aubergechercher le sac où Sparafucile aura introduit le cadavre duDuc. Cependant, Gilda comprend ce qui se trame car elleécoute en cachette ce que se disent Sparafucile etMaddalena. Cette dernière, elle-même éprise du Duc, tentede convaincre son frère d’épargner le gentilhomme et de tuerà sa place la première personne qui se présentera à l’auber-ge. Alors que dehors la tempête fait rage, Gilda décide de sesacrifier. A minuit, Rigoletto retire le sac mais il entend lavoix du Duc chanter au loin. Ne parvenant pas à y croire, ilouvre le sac et découvre sa fille mourante. Dans leurs adieuxdéchirants, Gilda révèle à son père les raisons qui l’ont pous-sée à se sacrifier à la place du Duc pour lui sauver la vie etexpire en lui demandant pardon. Il ne lui reste plus qu’à hur-ler: “Ah, la maledizione” (“Ah, la malédiction”).

26 Rigoletto

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CCeellssoo AAllbbeelloo

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GGiiaaccoommoo MMeeddiiccii,, IIvvaann DDeeffaabbiiaannii,, AAlleessssaannddrroo BBaattttiiaattoo

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Atto primo

DucaDella mia bella incognita borghese toccare il fin dell’avventura voglio.

BorsaDi quella giovin che vedete al tempio?

DucaDa tre mesi ogni festa.

BorsaLa sua dimora?

DucaIn un remoto calle; misterioso un uom v’entra ogni notte.

BorsaE sa colei chi sia l’amante suo?

DucaLo ignora.

BorsaQuante beltà!... Mirate.

DucaMa vince tutte di Cepran la sposa.

BorsaNon v’oda il conte, o Duca...

DucaA me che importa?

BorsaDirlo ad altra ei potria...

DucaNé sventura per me certo saria. Questa o quella per me pari sono a quant’altre d’intorno mi vedo; del mio core l’impero non cedo meglio ad una che ad altra beltà. La costoro avvenenza è qual dono di che il fato ne infiora la vita; s’oggi questa mi torna gradita, forse un’altra, doman lo sarà. La costanza, tiranna del core, detestiamo qual morbo crudele, sol chi vuole si serbi fedele; non v’ha amor, se non v’è libertà. De’ mariti il geloso furore, degli amanti le smanie derido; anco d’Argo i cent’occhi disfido se mi punge una qualche beltà.

DucaPartite! Crudele!

Contessa di Ceprano Seguire lo sposo m’è forza a Ceprano.

DucaMa dee luminoso in corte tal astro qual sole brillare. Per voi qui ciascuno dovrà palpitare. Per voi già possente la fiamma d’amore inebria, conquide, distrugge il mio core.

29

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Contessa di Ceprano Calmatevi...

RigolettoIn testa che avete, signor di Ceprano?

Rigoletto Ei sbuffa! Vedete?

Borsa e Coro Che festa!

RigolettoOh sì!..

BorsaIl Duca qui pur si diverte!...

Rigoletto Così non è sempre? Che nuove scoperte! Il giuoco ed il vino, le feste, la danza, battaglie, conviti, ben tutto gli sta. Or della Contessa l’assedio egli avanza, e intanto il marito fremendo ne va.

MarulloGran nuova! Gran nuova!

Borsa e CoroChe avvenne? Parlate!

Marullo Stupirne dovrete...

Borsa e CoroNarrate, narrate...

MarulloAh, ah!... Rigoletto...

Borsa e CoroEbben?

MarulloCaso enorme!...

Borsa e CoroPerduto ha la gobba? Non è più difforme?

Marullo Più strana è la cosa! Il pazzo possiede...

Borsa e CoroInfine...

Marullo Un’amante!

Borsa e CoroUn’amante! Chi il crede?

Marullo Il gobbo in Cupido or s’è trasformato...

Borsa e CoroQuel mostro? Cupido! Cupido beato!

DucaAh, più di Ceprano importuno non v’è!La cara sua sposa è un angiol per me!

Rigoletto Rapitela.

Duca È detto; ma il farlo?

30 Rigoletto

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RigolettoStasera.

DucaNon pensi tu al conte?

RigolettoNon c’è la prigione?

Duca Ah no!

Rigoletto Ebben... s’esiglia.

DucaNemmeno, buffone.

Rigoletto Allora... allora la testa...

Conte di Ceprano (Oh l’anima nera!)

Duca Che dì, questa testa?...

Rigoletto È ben naturale! Che far di tal testa? A cosa ella vale?

Conte di Ceprano Marrano!

Duca Fermate!

Rigoletto Da rider mi fa.

Borsa, Marullo e CoroIn furia è montato!

Duca Buffone, vien qua.

Borsa, Marullo e CoroIn furia è montato!

DucaAh sempre tu spingi lo scherzo all’estremo.

Conte di Ceprano Vendetta del pazzo! Contr’esso un rancore di noi chi non ha?

Rigoletto Che coglier mi puote? Di loro non temo.

Duca Quell’ira che sfidi, colpir ti potrà...

Conte di Ceprano Vendetta! In armi chi ha core doman sia da me.

Borsa, Marullo e CoroMa come?

Rigoletto Del Duca il protetto nessun toccherà.

Conte di Ceprano A notte.

Borsa, Marullo e CoroSì. Sarà.

31Atto primo

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Borsa, Marullo, Conte di Ceprano e CoroVendetta del pazzo! Contr’esso un rancore pei tristi suoi modi di noi chi non ha? Vendetta! Sì, a notte sarà. Sì vendetta!

Duca, Rigoletto Tutto è gioia, tutto è festa!

Tutti: Tutto è gioia, tutto è festa; tutto invitaci a godere! Oh guardate, non par questa or la reggia del piacere!

Monterone Ch’io gli parli.

Duca No!

Monterone Il voglio.

Borsa, Rigoletto, Marullo, Ceprano e CoroMonterone!

Monterone Sì, Monteron... la voce mia qual tuono vi scuoterà dovunque.

Rigoletto Ch’io gli parli. Voi congiuraste, voi congiuraste contro noi, signore; e noi, clementi invero, perdonammo... qual vi piglia or delirio, a tutte l’ore di vostra figlia a reclamar l’onore?

Monterone Novello insulto! Ah sì, a turbare sarò vostr’orgie... verrò a gridare fino a che vegga restarsi inulto di mia famiglia l’atroce insulto! E se al carnefice pur mi darete spettro terribile mi rivedrete, portante in mano il teschio mio, vendetta a chiedere al mondo, a Dio.

DucaNon più, arrestatelo.

Rigoletto È matto!

Borsa, Marullo, Ceprano Quai detti!

Monterone Oh, siate entrambi voi maledetti!

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroAh!

Monterone Slanciare il cane al leon morente è vile, o Duca... e tu, serpente, tu che d’un padre ridi al dolore, sii maledetto!

Rigoletto (Che sento! Orrore!)

Duca, Borsa, Marullo, Ceprano e CoroOh tu che la festa audace hai turbato, da un genio d’inferno qui fosti guidato; è vano ogni detto, di qua t’allontana

32 Rigoletto

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va, trema, o vegliardo, dell’ira sovrana tu l’hai provocata, più speme non v’è, un’ora fatale fu questa per te.

Rigoletto (Orrore!)

Rigoletto (Quel vecchio maledivami!)

SparafucileSignor?...

Rigoletto Va’, non ho niente.

Sparafucile Né il chiesi... a voi presente un uom di spada sta.

Rigoletto Un ladro?

Sparafucile Un uom che libera per poco da un rivale, e voi ne avete...

Rigoletto Quale?

Sparafucile La vostra donna è là.

Rigoletto (Che sento!) E quanto spendere per un signor dovrei?

Sparafucile Prezzo maggior vorrei...

Rigoletto Com’usasi pagar?

Sparafucile Una metà s’anticipa, il resto si dà poi...

Rigoletto (Dimonio!) E come puoi tanto sicuro oprar?

Sparafucile Soglio in cittade uccidere, oppure nel mio tetto. L’uomo di sera aspetto una stoccata, e muor!

Rigoletto (Dimonio!) E come in casa?

Sparafucile È facile... m’aiuta mia sorella... per le vie danza... è bella... chi voglio attira... e allor...

Rigoletto Comprendo...

Sparafucile Senza strepito... è questo il mio strumento, vi serve?

Rigoletto No... al momento...

33Atto primo

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Sparafucile Peggio per voi...

Rigoletto Chi sa?...

Sparafucile Sparafucil mi nomino...

Rigoletto Straniero?

Sparafucile Borgognone...

Rigoletto E dove all’occasione?...

Sparafucile Qui sempre a sera.

Rigoletto Va’!

Rigoletto Pari siamo!... Io la lingua, egli ha il pugnale! L’uomo son io che ride, ei quel che spegne!... Quel vecchio maledivami!... O uomini!... O natura!... Vil scellerato mi faceste voi! Oh rabbia!... Esser difforme!... Esser buffone! Non dover, non poter altro che ridere! Il retaggio d’ogni uom m’è tolto... il pianto! Questo padrone mio, giovin, giocondo, sì possente, bello, sonnecchiando mi dice: fa’ ch’io rida, buffone... forzar mi deggio, e farlo. Oh, dannazione!

Odio a voi, cortigiani schernitori! Quanta in mordervi ho gioia!Se iniquo son, per cagion vostra è solo... ma in altr’uom qui mi cangio! Quel vecchio maledivami! Tal pensiero perché conturba ognor la mente mia? Mi coglierà sventura! Ah no, è follia!

Rigoletto Figlia!

Gilda Mio padre!

Rigoletto A te dappresso trova sol gioia il core oppresso.

Gilda Oh quanto amore!

Rigoletto Mia vita sei! Senza te in terra qual bene avrei?

Gilda Voi sospirate! Che v’ange tanto? Lo dite a questa povera figlia... se v’ha mistero... per lei sia franto... ch’ella conosca la sua famiglia.

Rigoletto Tu non ne hai...

Gilda Qual nome avete?

Rigoletto A te che importa?

34 Rigoletto

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Gilda Se non volete di voi parlarmi...

RigolettoNon uscir mai.

Gilda Non vo’ che al tempio.

Rigoletto Or ben tu fai.

Gilda Se non di voi, almen chi sia fate ch’io sappia la madre mia.

Rigoletto Deh non parlare al misero del suo perduto bene... ella sentia, quell’angelo, pietà delle mie pene... solo, difforme, povero, per compassion mi amò. Ah morìa! Le zolle coprano lievi quel capo amato... sola or tu resti al misero... Dio, sii ringraziato!...

Gilda Quanto dolor!... Che spremer sì amaro pianto può? Padre, non più, calmatevi... mi lacera tal vista... il nome vostro ditemi, il duol che sì v’attrista?

Rigoletto A che nomarmi?... È inutile!...

Padre ti sono, e basti... me forse al mondo temono, d’alcuni ho forse gli asti... altri mi maledicono...

Gilda Patria, parenti, amici voi dunque non avete?

Rigoletto Patria!... Parenti!... Amici! Culto, famiglia, patria, il mio universo è in te!

Gilda Ah se può lieto rendervi, Gioia è la vita a me! Già da tre lune son qui venuta, né la cittade ho ancor veduta; se il concedete, farlo or potrei!

Rigoletto Mai!... Mai!... Uscita, dimmi unqua sei?

Gilda No.

Rigoletto Guai!

Gilda (Ah! Che dissi!)

Rigoletto Ben te ne guarda! (Potrian seguirla, rapirla ancora! Qui d’un buffone si disonora la figlia, e se ne ride... orror!) Olà?

35Atto primo

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Giovanna Signor!

Rigoletto Venendo, mi vede alcuno? Bada, di’ il vero...

GiovannaAh no, nessuno.

Rigoletto Sta ben... la porta che dà al bastione è sempre chiusa?

Giovanna Ognor si sta!

Rigoletto Veglia, o donna, questo fiore che a te puro confidai; veglia attenta, e non sia mai che s’offuschi il suo candor. Tu dei venti dal furore ch’altri fiori hanno piegato lo difendi, e immacolato lo ridona al genitor.

Gilda Quanto affetto!... Quali cure! Non temete, padre mio. Lassù in cielo, presso Dio veglia un angiol protettor! Da noi stoglie le sventure di mia madre il priego santo; non fia mai divelto o franto questo a voi diletto fior.

Rigoletto Alcun v’è fuori...

Gilda Cielo! Sempre novel sospetto!

Rigoletto Alla chiesa vi seguiva mai nessuno?

Giovanna Mai.

Duca(Rigoletto!)

RigolettoSe talor qui picchian guardatevi da aprire!

GiovannaNemmeno al Duca...

RigolettoMeno che ad altri a lui! Mia figlia addio!

Duca(Sua figlia!)

GildaAddio, mio padre.

GildaGiovanna, ho dei rimorsi...

GiovannaE perché mai?

GildaTacqui che un giovin ne seguiva al tempio.

36 Rigoletto

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GiovannaPerché ciò dirgli? L’odiate dunque cotesto giovin, voi?

GildaNo, no, ché troppo è bello e spira amore...

Giovanna E magnanimo sembra e gran Signore.

GildaSignor né principe io lo vorrei; sento che povero più l’amerei. Sognando o vigile sempre lo chiamo, e l’alma in estasi gli dice t’a...

DucaT’amo! T’amo, ripetilo sì caro accento, un puro schiudimi ciel di contento!

GildaGiovanna?... Ahi misera! Non v’è più alcuno che qui rispondami!... Oh Dio!... Nessuno!

DucaSon io coll’anima che ti rispondo... ah due che s’amano son tutto un mondo!...

GildaChi mai, chi giungere vi fece a me?

DucaSe angelo o demone che importa a te? Io t’amo...

GildaUscitene.

Duca Uscire!... Adesso!... Ora che accendene un fuoco istesso!... Ah inseparabile d’amore il Dio stringeva, o vergine, tuo fato al mio! È il sol dell’anima, la vita è amore, sua voce è il palpito del nostro core... e fama e gloria, potenza e trono,umane, fragili qui cose sono. Una pur avvene sola, divina, è amor che agli angeli più ne avvicina! A dunque amiamoci, donna celeste, d’invidia agli uomini sarò per te.

Gilda(Ah de’ miei vergini sogni son queste le voci tenere sì care a me!)

DucaChe m’ami, deh ripetimi!

GildaL’udiste.

DucaOh me felice!

Gilda Il nome vostro ditemi... saperlo a me non lice?

Ceprano (Il loco è qui...)

DucaMi nomino...

Borsa (Sta ben...)

37Atto primo

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Duca Gualtier Maldè... studente sono... e povero...

GiovannaRumor di passi è fuore...

GildaForse mio padre...

Duca(Ah cogliere potessi il traditore che sì mi sturba!)

GildaAdducilo di qua al bastione... or ite...

DucaDi’: m’amerai tu?...

GildaE voi?

DucaL’intera vita... poi...

GildaNon più... non più... partite!

Duca e Gilda: Addio, addio... speranza ed anima sol tu sarai per me. Addio, addio... vivrà immutabile l’affetto mio per te.

GildaGualtier Maldè!... Nome di lui sì amato,

scolpisciti nel core innamorato! Caro nome che il mio cor festi primo palpitar, le delizie dell’amor mi dêi sempre rammentar! Col pensiero il mio desir a te sempre volerà, e fin l’ultimo sospir, caro nome, tuo sarà.

BorsaÈ là.

CepranoMiratela...

CoroOh quanto è bella!

MarulloPar fata od angiol.

CoroL’amante è quella di Rigoletto!

Rigoletto(Riedo!... Perché?)

BorsaSilenzio... all’opra... badate a me.

Rigoletto(Ah da quel vecchio fui maledetto!) Chi va là?

BorsaTacete... c’è Rigoletto!

38 Rigoletto

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CepranoVittoria doppia!... L’uccideremo...

BorsaNo, ché domani più rideremo...

MarulloOr tutto aggiusto...

RigolettoChi parla qua?

MarulloEhi Rigoletto?... Di’?

RigolettoChi va là?

MarulloEh non mangiarci!... Son...

RigolettoChi?

MarulloMarullo.

RigolettoIn tanto buio lo sguardo è nullo.

MarulloQui ne condusse ridevol cosa... torre a Ceprano vogliam la sposa.

Rigoletto(Ahimè respiro!..) Ma come entrare?

Marullo(La vostra chiave!) Non dubitare! Non dee mancarci lo stratagemma... ecco le chiavi...

RigolettoSento il tuo stemma. (Ah terror vano fu dunque il mio!) N’è là il palazzo... con voi son io.

MarulloSiam mascherati...

RigolettoCh’io pur mi mascheri; a me una larva?

MarulloSì, pronta è già. Terrai la scala...

RigolettoFitta è la tenebra...

MarulloLa benda cieco e sordo il fa.

Borsa, Marullo, Ceprano e Coro Zitti, zitti moviamo a vendetta, ne sia colto or che men l’aspetta. Derisore sì audace, costante a sua volta schernito sarà!... Cheti, cheti, rubiamgli l’amante, e la corte doman riderà. Zitti, zitti, cheti, cheti,attenti all’opra.

39Atto primo

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GildaSoccorso, padre mio...

Borsa, Marullo, Ceprano e Coro Vittoria!...

Gilda Aita!

Rigoletto Non han finito ancor!... Qual derisione!... Sono bendato!... Ah!... La maledizione!!

40 Rigoletto

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GGiiaannlluuccaa BBuurraattttoo

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LLeeoonnoorraa SSooffiiaa

SSiillvviiaa GGiiaannnneettttii,, RRaacchheellee RRaaggggiioottttii

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Atto secondo

DucaElla mi fu rapita! E quando, o Ciel?... Ne’ brevi istanti, prima che il mio presagio interno sull’orma corsa ancora mi spingesse! Schiuso era l’uscio!... E la magion deserta! E dove ora sarà quell’angiol caro? Colei che prima potea in questo core destar la fiamma di costanti affetti?... Colei sì pura, al cui modesto sguardo quasi spinto a virtù talor mi credo! Ella mi fu rapita! E chi l’ardiva?... Ma ne avrò vendetta lo chiede il pianto della mia diletta! Parmi veder le lagrime scorrenti da quel ciglio, quando fra il dubbio e l’ansia del sùbito periglio, dell’amor nostro memore, il suo Gualtier chiamò. Ned ei poté soccorrerti, cara fanciulla amata, ei che vorria coll’anima farti quaggiù beata; ei che le sfere agl’angioli, per te non invidiò.

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroDuca, Duca?

DucaEbben?

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroL’amante fu rapita a Rigoletto.

Duca Come? E donde?

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroDal suo tetto.

Duca Ah, ah! Dite, come fu?

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroScorrendo uniti remota via, brev’ora dopo caduto il dì, come previsto ben s’era in priarara beltà ci si scoprì. Era l’amante di Rigoletto, che, vista appena, si dileguò. Già di rapirla s’avea il progetto, quando il buffon vêr noi spuntò; che di Ceprano noi la contessa rapir volessimo, stolto, credé; la scala, quindi, all’uopo messa, bendato, ei stesso ferma tené. Salimmo, e rapidi la giovinetta a noi riusciva quindi asportar. Quand’ei s’accorse della vendetta restò scornato ad imprecar.

Duca (Cielo! È dessa la mia diletta!) Ma dove or trovasi la poveretta?

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroFu da noi stessi addotta or qui.

Duca(Ah, tutto il ciel non mi rapì!)

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(Possente amor mi chiama, volar io deggio a lei; il serto mio darei per consolar quel cor!Ah sappia alfin chi l’ama, conosca alfin chi sono, apprenda che anco in trono ha degli schiavi amor).

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroOh qual pensier or l’agita, come cangiò d’umor!)

Marullo Povero Rigoletto!

Rigoletto La rà, la rà, la la, la rà, la rà, la rà, la rà la rà, la la,la rà, la rà.

Coro Ei vien! Silenzio.

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroOh buon giorno, Rigoletto!

Rigoletto (Han tutti fatto il colpo!)

Ceprano Ch’hai di nuovo, buffon?

Rigoletto Ch’hai di nuovo, buffon?Che dell’usato più noioso voi siete.

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroAh! ah! ah!

Rigoletto La rà, la rà, la la la rà, la rà, la rà, la rà. (Ove l’avran nascosta?)

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroGuardate com’è inquieto!

Rigoletto La rà, la rà, la rà, la rà, la rà, la rà, la rà, la rà, la rà,la rà, la rà.

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroSì! Sì! Guardate com’è inquieto!

Rigoletto Son felice che nulla a voi nuocesse l’aria di questa notte!

Marullo Questa notte?

Rigoletto Sì... oh fu il bel colpo!

Marullo S’ho dormito sempre!

Rigoletto Ah, voi dormiste!... Avrò dunque sognato!La rà, la rà, la la, la rà, la rà, la rà, la la.

Borsa, Marullo, Ceprano e Coro(Ve’, ve’ come tutto osserva!)

Rigoletto(Non è il suo.) Dorme il Duca tuttor’?

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroSì, dorme ancora.

44 Rigoletto

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Paggio Al suo sposo parlar vuol la Duchessa.

MarulloDorme.

Paggio Qui or or con voi non era?

Borsa È a caccia...

Paggio Senza paggi? Senz’armi?...

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroE non capisci che per ora vedere non può alcuno?...

Rigoletto Ah! Ella è qui dunque! Ella è col Duca!

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroChi?

Rigoletto La giovin che stanotte al mio tetto rapiste... ma la saprò riprender! Ella è la...

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroSe l’amante perdesti, la ricerca altrove!

Rigoletto Io vo’ mia figlia!

Borsa, Marullo, Ceprano e CoroLa sua figlia!

Rigoletto Sì, la mia figlia... d’una tal vittoria... che? Adesso non ridete? Ella è la... la vogl’io... la ridarete! Cortigiani, vil razza dannata, per qual prezzo vendeste il mio bene? A voi nulla per l’oro sconvienema mia figlia è impagabil tesor! La rendete! O se pur disarmata questa man per voi fora cruenta; nulla in terra più l’uomo paventa, se de’ figli difende l’onor. Quella porta, assassini, m’aprite! Ah! voi tutti a me contro venite!... Tutti contro me!... Ah!... Ebben, piango... Marullo... Signore, tu ch’hai l’alma gentil come il core, dimmi tu dove l’hanno nascosta?... È là? Non è vero?... Tu taci!.. Ohimè! Miei Signori... perdono, pietate... al vegliardo la figlia ridate... il ridarla a voi nulla ora costa, tutto al mondo è tal figlia per me. Pietà, Signori, pietà.

Gilda Mio padre!

Rigoletto Dio! Mia Gilda!... Signori... in essa... è tutta la mia famiglia... non temer più nulla, angelo mio... fu scherzo!... Non è vero? Io che pur piansi or rido... e tu a che piangi?

Gilda Ah l’onta, padre mio!

45Atto secondo

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Rigoletto Cielo! Che dici?

Gilda Arrosir voglio innanzi a voi soltanto...

Rigoletto Ite di qua, voi tutti!Se il Duca vostro d’appressarsi osasse, ch’ei non entri gli dite! E ch’io ci sono!

Borsa, Marullo, Ceprano e Coro(Coi fanciulli e coi dementi spesso giova il simular. Partiam pur, ma quel ch’ei tenti non lasciamo d’osservar. )

Rigoletto Parla... siam soli...

Gilda (Ciel dammi coraggio!) Tutte le feste al tempio mentre pregava Iddio, bello e fatale un giovine offriasi al guardo mio... se i labbri nostri tacquero, dagl’occhi il cor parlò. Furtivo fra le tenebre sol ieri a me giungeva... sono studente e povero, commosso mi diceva, e con ardente palpito amor mi protestò. Partì... il mio core aprivasi a speme più gradita, quando improvvisi entrarono color che m’han rapita,

e a forza qui m’addussero nell’ansia più crudel.

Rigoletto Ah! (Solo per me l’infamia a te chiedeva, o Dio! Ch’ella potesse ascendere quanto caduto er’io... ah presso del patibolo bisogna ben l’altare!... Ma tutto ora scompare... l’altare si rovesciò!) Piangi! Piangi fanciulla, piangi.Scorrer fa’ il pianto sul mio cor.

Gilda Padre, in voi parla un angiol per me consolator!

Rigoletto Compiuto pur quanto a fare ci resta,lasciare potremo quest’aura funesta.

Gilda Sì

Rigoletto (E tutto un sol giorno cangiare potè!)

Un usciereSchiudete! Ire al carcere Monteron dee.

Monterone Poichè fosti invano da me maledetto, né un fulmine o un ferro colpisce il tuo petto, felice pur anco, o Duca, vivrai!

46 Rigoletto

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Rigoletto No, vecchio t’inganni! Un vindice avrai!

Rigoletto Sì, vendetta, tremenda vendetta di quest’anima è solo desio... di punirti già l’ora s’affretta, che fatale per te tuonerà. Come fulmin scagliato da Dio, te colpire il buffone saprà.

Gilda O mio padre, qual gioia feroce balenarvi negl’occhi vegg’io!...Perdonate, a noi pure una voce di perdono dal cielo verrà.(Mi tradiva, pur l’amo, gran Dio! Per l’ingrato ti chiedo pietà!)

47Atto secondo

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EElliissaa GGaalllluuccccii,, MMaauurroo CCoorrnnaa

Page 49: Libro sala 2015

Atto terzo

RigolettoE l’ami?

Gilda Sempre.

RigolettoPure tempo a guarirne t’ho lasciato.

Gilda Io l’amo!!

Rigoletto Povero cor di donna! Ah il vile infame!...Ma ne avrai vendetta, o Gilda!

Gilda Pietà, mio padre...

Rigoletto E se tu certa fossi ch’ei ti tradisse, l’ameresti ancora?

Gilda Nol so... ma pur m’adora!

Rigoletto Ebben, osserva dunque!

Gilda Un uomo vedo.

Rigoletto Per poco attendi.

Gilda Ah padre mio!

Duca Due cose, e tosto...

Sparafucile Quali?

Duca Una stanza e del vino...

Rigoletto (Son questi i suoi costumi!)

Sparafucile (Oh il bel zerbino!)

Duca La donna è mobile qual piuma al vento, muta d’accento e di pensiero. Sempre un amabile leggiadro viso, in pianto o in riso, è menzognero. È sempre misero chi a lei s’affida, chi le confida mal cauto il core! Pur mai non sentesi felice appieno chi su quel seno non liba amore!

49

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Sparafucile È là il vostr’uomo... viver dee o morire?

Rigoletto Più tardi tornerò l’opra a compire.

Duca Un dì, se ben rammentomi, o bella, t’incontrai... mi piacque di te chiedere, e intesi che qui stai. Or sappi che d’allora sol te quest’alma adora.

Gilda Iniquo!

Maddalena Ah, ah! E vent’altre appresso le scorda forse adesso? Ha un’aria il signorino da vero libertino...

Duca Sì?... Un mostro son...

Gilda Ah padre mio!...

Maddalena Lasciatemi, stordito.

Duca Ih, che fracasso!

Maddalena Stia saggio.

Duca E tu sii docile,

non farmi tanto chiasso! Ogni saggezza chiudesi nel gaudio e nell’amore... la bella mano candida!

Maddalena Scherzate voi, signore.

Duca No, no.

Maddalena Son brutta!

Duca Abbracciami!

Gilda Iniquo!

Maddalena Ebbro!

Duca D’amor ardente!

Maddalena Signor, l’indifferente, vi piace canzonar?

Duca No, no, ti vo’ sposar.

Maddalena Ne voglio la parola...

Duca Amabile figliuola!

50 Rigoletto

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Rigoletto E non ti basta ancor?

Gilda Iniquo traditor!

Duca Bella figlia dell’amore, schiavo son de’ vezzi tuoi; con un detto sol tu puoi le mie pene consolar! Vieni e senti del mio core il frequente palpitar.

Maddalena Ah! ah! Rido ben di core, chè tai baie costan poco, quanto valga il vostro gioco, mel credete, so apprezzar. Sono avvezza, bel signore ad un simile scherzar.

Gilda Ah così parlar d’amore a me pur l’infame ho udito! Infelice cor tradito, per angoscia non scoppiar.

RigolettoTaci, il piangere non vale; ch’ei mentiva sei sicura... taci, e mia sarà la cura la vendetta ad affrettar. Pronta fia, sarà fatale, io saprollo fulminar.

M’odì!... Ritorna a casa... oro prendi, un destriero, una veste viril che t’apprestai,

e per Verona parti... sarovvi io pur doman...

Gilda Or venite...

Rigoletto Impossibil!

Gilda Tremo!

Rigoletto Va’!

Rigoletto Venti scudi hai tu detto? Eccone dieci; e dopo l’opra il resto. Ei qui rimane?

Sparafucile Sì.

Rigoletto Alla mezzanotte ritornerò.

Sparafucile Non cale. A gettarlo nel fiume basto io solo.

Rigoletto No, no, il vo’ far io stesso.

Sparafucile Sia!... Il suo nome?

Rigoletto Vuoi saper anche il mio? Egli è Delitto, Punizion son io.

51Atto terzo

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Sparafucile La tempesta è vicina!... Più scura fia la notte.

Duca Maddalena?

Maddalena Aspettate... mio fratello viene...

Duca Che importa?

Maddalena Tuona!

Sparafucile E pioverà tra poco.

DucaTanto meglio! Tu dormerai in scuderia... all’inferno... ove vorrai.

Sparafucile Oh, grazie.

Maddalena(Ah, no, partite.)

Duca (Con tal tempo?)

Sparafucile (Son venti scudi d’oro.) Ben felice d’offrirvi la mia stanza... se a voi piace tosto a vederla andiamo.

Duca Ebben! Sono con te... presto, vediamo!

Maddalena Povero giovin! Grazioso tanto! Dio, qual notte è questa!

Duca Si dorme all’aria aperta! Bene, bene!... Buona notte.

Sparafucile Signor, vi guardi Iddio.

Duca Breve sonno dormiam... stanco son io.

Maddalena È amabile invero cotal giovinotto.

Sparafucile Oh sì, venti scudi ne dà di prodotto.

MaddalenaSol venti?... Son pochi!... Valeva di più.

Sparafucile La spada, s’ei dorme, va’... portami giù.

Gilda Ah più non ragiono!... Amor mi trascina!... Mio padre, perdono... qual notte d’orrore! Gran Dio, che accadrà?

Maddalena Fratello!

52 Rigoletto

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Gilda Chi parla?...

Sparafucile Al diavol ten va...

Maddalena Somiglia un Apollo quel giovine... io l’amo... ei m’ama... riposi... nè più l’uccidiamo.

Gilda Oh cielo!

Sparafucile Rattoppa quel sacco!

Maddalena Perchè?

Sparafucile Entr’esso il tuo Apollo, sgozzato da me, gettar dovrò al fiume...

Gilda L’inferno qui vedo!

Maddalena Eppure il danaro salvarti scommetto, serbandolo in vita.

Sparafucile Difficile il credo.

Maddalena Ascolta... anzi facil ti svelo un progetto. De’ scudi già dieci dal gobbo ne avesti? Venire cogl’altri più tardi il vedrai... uccidilo e, venti allora ne avrai, così tutto il prezzo goder si potrà.

Gilda Che sento! Mio padre!

Sparafucile Uccider quel gobbo!... Che diavol dicesti! Un ladro son forse? Son forse un bandito?Qual altro cliente da me fu tradito?Mi paga quest’uomo... fedele m’avrà

Maddalena Ah, grazia per esso.

Sparafucile È d’uopo ch’ei muoia...

MaddalenaFuggire il fo adesso!

GlidaOh buona figliola!

SparafucileGli scudi perdiamo

MaddalenaÈ ver!

SparafucileLascia fare...

MaddalenaSalvarlo dobbiamo.

SparafucileSe pria che abbia il mezzo la notte toccatoalcuno qui giunga, per esso morirà.

MaddalenaÈ buia la notte, il ciel troppo irato,nessuno a quest’ora da qui passerà.

53Atto terzo

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GildaOh qual tentazione!... Morir per l’ingrato!...Morire... e mio padre!... Oh cielo, pietà!

Sparafucile Ancor c’è mezz’ora...

Maddalena Attendi, fratello...

Gilda Che? Piange tal donna!... N’è a lui darò aita!... Ah s’egli al mio affetto divenne rubello, io vo’ per la sua gettar la mia vita...

Maddalena Si picchia!

Sparafucile Fu il vento...

Maddalena Si picchia, ti dico!

Sparafucile È strano!... Chi è?

Gilda Pietà d’un mendico; asil per la notte a lui concedete.

Maddalena Fia lunga tal notte!

Sparafucile Alquanto attendete.

Maddalena Su, spicciati, presto, fa l’opra compita: anelo una vita coll’altra salvar!

Sparafucile Ebbene... son pronto, quell’uscio dischiudi; più ch’altro gli scudi mi preme salvar!

Gilda Ah presso alla morte, sì giovine, sono! Oh ciel, per quegl’empi ti chieggo perdono! Perdona tu, o padre, a quest’infelice!... Sia l’uomo felice ch’or vado a salvar.

MaddalenaSpicciati!

SparafucileApri!

MaddalenaEntrate!

GildaDio!Loro perdonate!

Rigoletto Della vendetta alfin giunge l’istante! Da trenta dì l’aspetto di vivo sangue a lagrime piangendo, sotto la larva del buffon! Quest’uscio è chiuso! Ah, non è tempo ancor! S’attenda!Qual notte di mistero! Una tempesta in cielo!In terra un omicidio! Oh come invero qui grande mi sento!Mezzanotte!

54 Rigoletto

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Sparafucile Chi è là?

Rigoletto Son io!

Sparafucile Sostate. È qui spento il vostr’uomo!

Rigoletto Oh gioia! Un lume?

Sparafucile Un lume?... No, il denaro!Lesti all’onda il gettiam!

RigolettoNo! Basto io solo.

Sparafucile Come vi piace... qui men atto è il sito... più avanti è più profondo il gorgo... presto, che alcun non vi sorprenda... buona notte.

Rigoletto Egli è là!... Morto! Oh sì! Vorrei vederlo! Ma che importa!... È ben desso! Ecco i suoi sproni!... Ora mi guarda, o mondo!Quest’è un buffone, ed un potente è questo! Ei sta sotto i miei piedi! È desso! Oh gioia! È giunta alfine la tua vendetta, o duolo! Sia l’onda a lui sepolcro, un sacco il suo lenzuolo! All’onda! All’onda!

DucaLa donna è mobile qual piuma al vento, muta d’accento e di pensier...

Rigoletto Qual voce! Illusion notturna è questa!No, no! Egli è desso! Maledizione! Olà! Dimon! Bandito! Chi è mai, chi è qui in sua vece?Io tremo! È umano corpo!...

Rigoletto Mia figlia! Dio! Mia figlia! Ah, no! È impossibil! Per Verona è in via!Fu vision! È dessa!Oh mia Gilda! Fanciulla... a me rispondi! L’assassino mi svela... olà? Nessuno!.. Nessun! Mia figlia? Mia Gilda? Oh mia figlia!

Gilda Chi mi chiama?

Rigoletto Ella parla! Si muove!... È viva!... Oh Dio! Ah, mio ben solo in terra... mi guarda, mi conosci...

Gilda Ah... padre mio!..

Rigoletto Qual mistero!... Che fu? Sei tu ferita? Dimmi...

Gilda L’acciar... qui... qui mi piagò...

Rigoletto Chi t’ha colpita?

Gilda V’ho l’ingannato! Colpevole fui! L’amai troppo! Ora muoio per lui!

55Atto terzo

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Rigoletto (Dio tremendo! Ella stessa fu colta dallo stral di mia giusta vendetta!) Angiol caro, mi guarda, m’ascolta... parla, parlami, figlia diletta!

Gilda Ah, ch’io taccia!... A me... a lui perdonate!... Benedite... alla figlia... oh mio padre!Lassù in cielo, vicina alla madre... in eterno per voi pregherò.

Rigoletto Non morir... mio tesoro, pietade... mia colomba... lasciarmi non dêi...se t’involi qui sol rimarrei... non morire, o qui teco morrò!...

Gilda Non più... a lui... perdonate... mio padre... addio!

Rigoletto Gilda! Mia Gilda!... È morta!Ah! La maledizione!

56 Rigoletto

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SFERISTERIO18, 24 luglio, 2*, 8 agosto - ore 21.00

Anteprima giovani 15 luglio - ore 21.00

Pietro Mascagni

Cavalleria rusticanaLibretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci

Edizioni Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali. Milano

Anna Pirozzi SantuzzaRafael Davila Turiddu

Alberto Gazale AlfioElisabetta Martorana Lola

Chiara Fracasso Lucia

Ruggero Leoncavallo

PagliacciLibretto di Ruggero Leoncavallo

Edizioni Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali. Milano

Anna Pirozzi Nedda / ColombinaRafael Davila Canio / Il Pagliaccio

Marco Caria Tonio / TaddeoPietro Adaini Beppe / Arlecchino

Giorgio Caoduro Silvio

Direzione Christopher FranklinRegia Alessandro TaleviScene Madeleine Boyd

Costumi Manuel PedrettiLuci Alessandro Verazzi

Maestro del coro Carlo MorgantiMaestro del coro di voci bianche Gian Luca Paolucci

* serata con audio descrizione in collaborazione con Unione Italiana Ciechi e Museo Tattile Statale Omero

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Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”

Coro di voci bianche Pueri Cantores “D. Zamberletti”Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei”

Direttore di scena Luisella CaielliDirettore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni

Vocal coach Simone SavinaMaestro di sala Cesarina Compagnoni

Maestri di palcoscenico Marta Marrocchi, Sabrina Scaramelli, Manuela BellucciniMaestro alle luci Francesca Pivetta

Maestro ai sopratitoli Daniele GabrielliAssistente direttore di scena Ermelinda Suella

Mima (Cavalleria rusticana) Marta Negrini

Figuranti Jacopo Brambatti, Carlo Alberto Patrignoni, Marco Pupilli, Andrea Taviani

Direttore di palcoscenico Mauro De Santis

Responsabile allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi

Scenografo realizzatore Serafino BotticelliDecoratrice di scena Stefania SbarbatiCapo macchinista Secondo Caterbetti

Capo elettricista Fabrizio GobbiResponsabile sartoria Simonetta Palmucci

Responsabile vestizioni Maria Antonietta LucarelliCapo attrezzista Emanuela Di Piro

Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabile parrucco Serena MercantiResponsabile trucco Raffaella Cipolato

Coordinatrice personale di sala Caterina OrtolaniFotografo Alfredo Tabocchini

Scene Laboratori del Macerata Opera Festival - Chiediscena, Lanciano (Ch)Attrezzeria Laboratori del Macerata Opera Festival

Le lavorazioni di artigianato artistico in ferro in scena sono di Stefano Bellesi e Massimilano Lauri,i cappelli di Rosa Di Chiara, le tazze di Donatella Fogante, le decorazioni di Un soffio d’Arte di Rodica Cristina Roibu

Costumi Sartoria Teatrale Arrigo, Milano Calzature Sacchi, Firenze Parrucche Audello, Torino

Illuminotecnica Stas, Terni Fonica AMService, MacerataSopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e Università di Macerata

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intorno al senso dell’uomo immerso nelle leggi inconosci-bili dell’universo. Di fatto, il tradimento, lungo secoli di letteratura e di poe-sia, avviene sempre nel momento in cui l’amore nella suaideale compiutezza pare realizzarsi. L’oggetto d’amore, cheappariva a portata di mano e romanticamente raggiungibile,non è più là dove sembra mostrarsi: irrompe da un’altraparte, con un altro volto e un altro nome. E con un altrocorpo che presentifica un mistero irriducibile e altrettantoincontenibile nell’accendere pulsioni e passione. Ci trovia-mo dinanzi a un’altra illusione o al proseguimento, sottomentite spoglie, della stessa illusione? Domanda insoppor-tabile per gli umani. Talmente insopportabile che tutto puòaccadere, pur di metterla a tacere. Pur di nascondere ocamuffare quella lontana ferita che rischia ogni volta, gra-zie all’illusione, di riaprirsi e di sanguinare. Più saggio rifu-giarsi dietro una maschera? Forse: «Vesti la giubba e infa-rina la faccia...».L’aggettivo “rusticana” (abbinato a cavalleria) la dice lunga:indica un appello irrinunciabile al sangue, ai corpi, alla vitadella terra. È anche un appello alla semplicità, al senso dicomunità e di appartenenza, alla concretezza delle pulsionie degli appagamenti. La novella di Verga, da cui è ispiratal’opera di Mascagni, è notevole in tal senso. “Rusticano”,nella poetica verista, allude ulteriormente a una sorta disaggezza che immediatamente sa ritrovare dove le feriteumane si trovano inscritte e incise nella carne. E allora, innome della dignità, il sangue scorre e il dramma si muove,inesorabile, verso il suo compimento finale. La dignità“rusticana” è anche paradossalmente quella di giocarsi lavita o la morte pur di difendere le proprie ferite. Infine l’ur-lo: «Hanno ammazzato compare Turiddu!».La prospettiva aperta, e drammaticamente spalancata, deltradimento lascia apparire due momenti fondamentali deldivenire: conservazione e trasformazione. Sempre di amoresi tratta (così si suppone) ma di un amore che si lacera per-ché abbandona il miraggio che sembrava quasi raggiunto eimprovvisamente si rivolge altrove, con rinnovato impulso.L’amore qui si divide, si frammenta, insegue i fili aggrovi-

Dalla tradizione al tradimento. Note su la Cavalleria rusticana e i Pagliacci

Giancarlo Ricci

Ed è così che, volenti o nolenti, nel cuore del dramma del-l’amore pulsa il tradimento. Curiosa faccenda. Perché sem-pre il tradimento si svolge sul filo di una metafora: è sem-pre qualcos’altro, richiama la stessa questione (l’amore) masi rivolge ad Altro, chiama in causa l’Altro. Il tradimento,altra faccia dell’amore, dimostra che il volto della passioneè mutevole, non giunge a consegnarsi all’oggettività, nonriesce a trovare o a raggiungere quell’ideale identità di cuisi nutre il sogno d’amore. Eppure il tradimento è sempre talmente vero, terribil-mente vero, che i due autori della Cavalleria rusticana edei Pagliacci, usano il proscenio, a inizio spettacolo,come se la vicenda si svolgesse sulla soglia della scenateatrale. Come se il crudo racconto della cronaca nonpotesse far parte della rappresentazione. Insomma, negliemblemi più significativi del dramma verista, la finzionedell’opera rischia di scivolare fuori, di uscire dal teatro edalle partiture musicali e di incarnarsi nella realtà. C’èdel troppo insomma, e il pubblico occorre ne sia informa-to. Può trattarsi di finzione nella finzione o addirittura fin-zione di finzione, ma la forza di questo dispositivo è ingrado di interrogare la modernità al punto da farla vacil-lare: è la realtà ad avere la struttura della finzione o è lafinzione ad abitare la realtà? La realtà tradisce le aspet-tative o sono i nostri desideri a tradire la realtà, ossia anegarla fino a misconoscerla? Labirinti dell’inganno edell’ingannarsi. Qui si apre il gioco infinito in cui realtà efinzione si rincorrono, si sfiorano ma non si raggiungonomai. Siamo inghiottiti in una gigantesca mise en abyme. Ineffetti molta letteratura novecentesca e contemporanea,non solo teatrale, si dibatte in questo paradossale dilem-ma che talvolta diventa un’interrogazione antropologica

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gnano. Vive là dove i corpi si dibattono per la vita, fino allamorte. Tra la vita e la morte, dunque. Il celebre Prologo aiPagliacci di Leoncavallo rappresenta il manifesto teoricodel melodramma verista. A sipario calato, prima dello spet-tacolo, Tonio avvisa il pubblico che l’opera riguarda quello«squarcio di vita» che «al vero si ispira». E che la rappre-sentazione si approssima a quel “nido di memorie” chegiace in fondo all’anima. Ma ecco il nodo che obbliga aun’irriducibile constatazione: «Dunque, vedrete amar sìcome s’amano gli esseri umani; vedrete de l’odio i tristi frut-ti. Del dolore gli spasimi, urli di rabbia, udrete, e risa cini-che!». Se pensiamo alla data di quest’opera, il 1892, nonpossiamo fare a meno di accorgerci che proprio in queglianni, anno più anno meno, su un altro scenario, SigmundFreud inventava la psicanalisi. La inventava a partire pro-prio da “come si amano gli esseri umani”, dall’ambivalen-za dell’amore, dall’impasto pulsionale e sintomatico tra rab-bia e desiderio, tra odio e “risa ciniche”. In definitiva possiamo azzardare che l’uomo moderno, qua-lora non tenga conto dell’inconscio (“un nido di memorie”),si espone a diventare pagliaccio - zimbello direbbe Lacan -pronto a errare, a ingannarsi, a credersi padrone dellascena, mentre è soltanto parte inconsapevole di uno scena-rio ben più vasto e ampio. Da qui in poi, i malintesi si mol-tiplicano, dilagano. Per esempio: non possiamo fare a menodi amare perché non possiamo fare a meno di amarci. Il nar-cisismo non perdona, tira brutti colpi, talvolta mortali.Crediamo di amare ma vogliamo solo amarci o essere amati.E ancora un volta il sangue scorre. Ecco Santuzza, nella Cavalleria Rusticana, tradita daTuriddu per un’antica fiamma, Lola. Il tradimento è sempreun tradimento della memoria. Sotto le braci, un’antica fiam-ma, per ciascun soggetto, non si spegne, nella notte dellamemoria. Constatazione che la psicanalisi legge nel sensoche ogni l’incontro con un nuovo oggetto d’amore in realtàè sempre un ritrovamento. Che sia tale, solo dopo ce neaccorgiamo. Ma è sempre troppo tardi: il possente senso deldestino che sia la Cavalleria rusticana sia i Pagliacci met-

gliati del desiderio, si inganna e al contempo ingannal’Altro. Cerca conferme sconfermando se stesso. Cercal’Altrove muovendosi nella stessità. Il tradimento, in defi-nitiva, è questo corpo a corpo dell’amore con se stesso, coni propri volti irriconoscibili, sfuggenti, inammissibili. Piùcerchiamo di afferrare l’essenza dell’amore e più si diventa“pagliacci”, esposti cioè al ridicolo miraggio di una possi-bile realizzazione. Dunque amore e tradimento non sono così contrapposticome sembrerebbe a prima vista. Ugualmente accade adaltri termini che irrompono, abbondantemente, nelle tramedella Cavalleria rusticana o dei Pagliacci: gelosia, invidia,ritorsione, offesa, vendetta. Temi che irrompono e si mesco-lano, quasi fossero personaggi indispensabili. Eppure nel-l’amore, inconsapevoli, si attua un tradimento relativo aqualcosa che non ricordiamo più. Eppure nel tradire rinno-viamo l’amore. «Odio e amo», declamava il poeta Catullo.La sua lirica vibrava alta e lacerante per il tradimento insa-nabile perpetrato dalla sua amata. Non c’è amore senza tra-dimento, confermerebbero tanto Mascagni quantoLeoncavallo. Certo, più antico l’odio dell’amore, annotavaFreud. Il tradimento, fratello della gelosia, possiamo consi-derarlo come l’irruzione, nell’amore, di un frammento diodio. Incollocabile, vagabondo, inatteso, questo frammentoesprime un tratto insopportabile che fa di tutto pur di sal-vare l’amore. Il tradimento vorrebbe salvare l’amore a tuttii costi. Anche a costo dell’amato cui è assegnata la partedell’ostacolo, dell’impedimento, dell’oggetto abbandonato,deietto. Il mondo immaginario dell’amore non può ammet-tere alcuna perdita così come il desiderio non sopporta cheil proprio oggetto si allontani, svanisca, si assenta. L’amore tesse costantemente una sorta di trucco: più forte èl’impedimento più intensa è la forza dell’attrazione. Piùl’oggetto d’amore si allontana, più struggente il canto dellasua lontananza. L’amore cortese ha celebrato questa lonta-nanza del corpo a favore della passione del desiderio.L’amore non è adatto a essere realizzato, affermava JacquesLacan. Vive infatti nel mondo della passione, del patire,dell’urlo e del sangue, come Mascagni o Leoncavallo inse-

Cavalleria Rusticana e Pagliacci66

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Dalla Tradizione al tradimento 67

tono in scena potrebbe riassumerci con un “è sempre trop-po tardi”. L’altrove, l’inconscio, l’oggetto come miraggio, lanostra stessa passione che patisce un desiderio irrealizza-bile sono sempre coniugati in un ritardo temporale impos-sibile da sanare. Se l’uomo è soggetto all’amore è sempre inritardo nell’accorgersi della trama che questo tesse a nostrainsaputa. L’amore infatti è cieco. E i suoi dardi saettanoimpazziti.Difficile ammettere che il tradimento possa essere un(nuovo) miraggio con cui continuiamo a ingannarci. Infattil’alterità che ora scopriamo in un altro oggetto era già lì aportata di mano, incarnata nello stesso oggetto che adessoabbandoniamo. L’oggetto è sempre già Altro, incarna in séun’alterità inconsumabile. È contraddistinto da un infinito.Pensarlo come finito, delimitato, oggettivato, identico a sésignifica pensarlo come oggetto morto o mortifero.Per aggiungere altri paradossi, qualche riflessione sullaparola tradimento si impone, dato che possiede inaspettata-mente una fecondità inaudita. Il verbo tradire (dal latinotradere), reca con sé il significato di consegnare, di tra-smettere, per esempio un ordine precostituito, un sistemapreesistente. In tal senso tradire presuppone, in una logicaparticolare, il dramma del passaggio dal vecchio al nuovo,dall’antico all’attuale, dalla tradizione all’innovazione.Chiama in causa, in definitiva, un concetto di identità inte-so come apertura che ammette una differenza. Non si trattadi un’identità che si chiude in se stessa, che si difende e siprotegge. Tradire, in tal senso, riguarda l’incessante pro-cesso di trasformazione in cui è immerso il soggetto, cosìcome ogni essere vivente. Ogni trasformazione è anche untradimento, ma è un tradimento che si svolge nel nomedella tradizione. Il dramma dei tradimenti messi in scena nella CavalleriaRusticana e nei Pagliacci possono essere letti anche comela crisi di un sistema di valori comunitari: la dignità, la leal-tà, l’appartenenza al ceto, attaccamento alla propria terra,alla propria storia. Radici simboliche che nutrono i perso-naggi, li animano e li spingono alle estreme conseguenze. Inquesta prospettiva l’unico, vero, tradimento è quello che

smentisce la nostra soggettività, il nostro modo di sentire, dipensare e di vivere. Il vero tradimento è quello che sovver-te la nostra identità, la sconfessa o la misconosce. Il piùgrande tradimento è quello di tradire noi stessi. (A benvedere anche qui i paradossi non mancherebbero). Intanto, al di là del melodramma verista, dei personaggi,dei duelli fra traditori e traditi, delle tinte violente dellapassione amorosa, qualcosa ci interroga radicalmente.Freud lo aveva indicato accostando tre parole strettamentecongiunte: tradizione, traduzione, tradimento. Non è forsein questo nodo che ciascun soggetto, che lo voglia o meno,rimane impigliato da quando giunge al mondo? E forse mai,nel corso della sua vita, può esentarsi dal fare i conti conquesta triade in cui ciascun termine implica l’altro.

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MMaarrttaa NNeeggrriinnii,, AAnnnnaa PPiirroozzzzii

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Santuzza, esasperata, gli urla la sua maledizione: «A te lamala Pasqua, spergiuro!».Al sopraggiungere di compar Alfio, Santuzza, sconvolta,gli svela la tresca di Turiddu con sua moglie, e l’uomo, confurore contenuto, giura di vendicare il suo onore.Terminata la funzione, un gruppo di uomini si soffermaall’osteria mentre Turiddu invita gli amici a un brindisipasquale. Offre da bere a compar Alfio che declina mala-mente l’invito: tutti ammutoliscono. Le donne invitanoLola ad andare a casa. Turiddu stringe in un abbraccioAlfio e gli morde, secondo un’antica liturgia rusticana, l’o-recchio destro. Alfio replica che si intenderanno bene.Il rituale della sfida è concluso, l’appuntamento è imme-diato, negli orti vicini, appena fuori dal paese. Prima diseguire il rivale, Turiddu invoca la madre, chiedendo lasua benedizione, come il giorno in cui partì soldato. Lapovera donna non sa rendersi conto di quell’improvvisacommozione, ma Turiddu non le lascia il tempo di doman-dare, dice d’essere alterato dal troppo vino bevuto e laimplora, se mai non dovesse tornare, di fare da madre aSantuzza, che resterebbe sola al mondo dopo che lui l’hadisonorata. Poi la bacia ripetutamente e fugge verso lacampagna.Il dramma si compie in un attimo. Dai vicoli si ode unindistinto mormorio e subito il grido straziante di unadonna che accorre sulla piazza: «Hanno ammazzato com-pare Turiddu!».

SOGGETTO CAVALLERIA RUSTICANA

ATTO UNICOSicilia, fine ’800. A sipario chiuso, Turiddu intona unaserenata – una siciliana – a Lola, la ragazza che amava, alsuo ritorno trovata sposa a compar Alfio, un carrettierebenestante.Santuzza, amante di Turiddu, sospetta che l’uomo sia tor-nato ad amoreggiare con Lola e lo va a cercare a casa,dove trova mamma Lucia che le dice di lasciare in pacesuo figlio e che al momento è a Francofonte a prendere ilvino. Santuzza replica che non è vero perché è stato vistoin paese e Lucia intuisce la verità. Così invita la donna aentrare in casa per parlare senza farsi sentire da nessuno,ma nel frattempo giunge compar Alfio che, accompagnatoda un gruppo di compaesani, inneggia euforico e felicealla vita errabonda e libera del carrettiere che, ogni sera,è atteso a casa dalla fedele moglie.Le persone si ritrovano nella piazza per partecipare allaprocessione pasquale, che si conclude in chiesa con lafunzione solenne. Santuzza, scomunicata per la sua rela-zione scandalosa con Turiddu, non può entrare nel tempioe ferma mamma Lucia, rivelando il suo disperato amore ela sua difficile situazione di donna sedotta solo per conso-lazione. Turiddu infatti è innamorato di Lola. MammaLucia entra in chiesa, angosciata da un triste presenti-mento.Rimasta sola, Santuzza affronta Turiddu che si sta avvici-nando, ma lui non vuole ascoltarla. Prima mente sulleassenze da casa e sui suoi incontri con Lola, poi si oppo-ne alle contestazioni della donna con arroganza. Lo scon-tro è momentaneamente interrotto dal passaggio di Lolache intona uno stornello provocante dedicato a Turiddu.Entrata in chiesa riprende il confronto tra i due amantisempre più drammatico e dai toni accesi, fino a quando

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After mass, a group of men stop at the inn, while Turidduinvites his friends to toast to Easter. He hands a drink toAlfio, who nastily rejects it. All the other men remain silent.The women invite Lola to head home. Turiddu holds Alfioin his arms and, in line with an ancient countryside tradi-tion, he bites Alfio’s ear. Alfio tells him they will under-stand each other very well.The challenge is set and a meeting is soon arranged, in thenearby gardens at the outskirts of the village. Before fol-lowing his rival, Turiddu calls for his mother’s blessing,which he previously received when he joined the army. Themiserable woman doesn’t realize what his son is thinking,and before she can ask any question he tells her he is toodrunk to think straight and begs her to take care ofSantuzza, should he never return. Santuzza would otherwisebe alone in the world, since he dishonoured her. He thenkisses his mother several times and runs away into thecountry. The tragedy is soon consumed: voices can be heard from thevillage streets, followed by a woman’s desperate cry:“Turiddu has been killed!”

SYNOPSIS

ONE ACTSicily, late 19th century. The curtain is closed and Turiddusings a serenade – a “Sicilian” – for Lola, the young womanhe was in love with, now married to the wealthy carter Alfio.Santuzza, on the other hand, is Turiddu’s lover. She holds asuspect that the man is back to flirting with Lola. She goeslooking for him, reaches his home and finds his motherLucia, who asks her to leave her son alone. He is inFrankfurt to collect wine. Santuzza tells Lucia that it cannotbe true, as Turiddu has been seen in town. Lucia starts see-ing the truth and she invites Santuzza inside, to talk pri-vately. Alfio comes around soon after, with a group of fellowvillagers, praising euphorically his own free life as a carter,who each night returns to his faithful wife. People gather in the main square for the Easter procession,to be followed by mass inside the church. Santuzza, cast outof the religious community because of her affair withTuriddu, cannot enter the church and stops Lucia on herway inside, to avow her desperate love and her feelingexploited, seduced, just as a replacement. Turiddu is clear-ly in love with Lola. Lucia enters the church with a sad fore-boding. Alone, Santuzza decides to face a reluctant Turiddu, who iswalking in her direction. He first lies about his absencefrom home, then arrogantly refuses the woman’s allegations.Their quarrel is interrupted by Lola, who passes by andsings a sensual song to Turiddu. Once Lola is inside thechurch, the two lovers fight again, more violently, untilSantuzza loses control and curses her lover by saying: “Mayyour Easter be cursed, you traitor!” As Alfio arrives, Santuzza, now desperate, tells him allabout Turiddu and Lola’s affair. Alfio keeps his cool butswears to revenge his honour.

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Soggetto 71

Völlig aufgelöst schleudert Santuzza ihm schliesslich einenFluch entgegen.Da taucht Alfio, Lolas Ehemann auf und Santuzza erzähltihm aufgewühlt von der Beziehung zwischen seiner Frauund Turiddu. Mit eisigen Worten schwört Alfio seine Ehrezu rächen.Nach der Messe geht eine Gruppe von Männern in dieDorfkneipe und Turiddu spricht einen österlichenTrinkspruch aus. Er bietet auch Alfio zu trinken an, dieserlehnt allerdings unwirsch ab. Stille tritt ein. Die Frauen for-dern Lola auf, nach Hause zu gehen. Turiddu geht auf Alfiozu, umarmt ihn und beisst ihn ins rechte Ohr – eine typi-sche sizialinsiche Herausforderung zum Duell, woraufhinAlfio ihm antwortet, sie werden sich sehr gut verstehen.Das Ritual der Herausvorderung ist beendet, man wird sichsofort in den nahe liegenden Gärten ausserhalb der Dorfestreffen. Bevor er seinem Rivalen folgt, beschwört Turidduseine Mutter ihn zu segnen – genau so wie sie es getanhatte, als er als Soldat eingezogen wurde. Die arme Fraubegreift ihn nicht, aber Turiddu gibt ihr keine Zeit ihn zuverstehen. Es sagt ihr, er habe wohl zu viel getrunken undfleht sie an, sich um Santuzza wie eine Mutter zu kümmern,falls er nicht zurück kommen sollte. Santuzza würde sonstallein auf der Welt sein, weil er sie entehrt habe. Daraufhinumarmt und küsst er seine Mutter und folgt Alfio.Das Drama nimmt seinen Lauf, in den Gassen hört man einGemurmel und kurz darauf den herzerschütternden Schreieiner Frau, die laut schluchzend mit den Worten “Turridoist getötet worden” auf den Marktplatz gelaufen kommt.

DIE HANDLUNG

Sizilien, Ende des 19.Jahrhunderts. Man hört aus demHintergrund Turiddu eine Serenade für Lola singen, in dieer verliebt war und die während einer Abwesenheit von ihmden wohlhabenden Kutscher Alfio geheiratet hat.Santuzza, die jetzt mit Turiddu zusammen ist, befürchtet,dass dieser wieder Lola den Hof macht und sucht ihn beiihm zu Hause. Dort findet er dessen Mutter, Mama Lucia,die sie bittet ihren Sohn in Ruhe zu lassen und sagt, er seiein Francofonte, um dort Wein zu holen. Santuzza antwortetihr, dass das nicht stimme. Turiddu seie im Dorf gesehenworden und Lucia begreift die Wahrheit. Sie bittet Santuzzains Haus, um ihr alles zu erzählen, ohne von den Nachbarngehört zu werden. In der Zwischenzeit kommt Alfio miteinigen Freunden, die fröhlich über das schöne Leben derKutscher singen, die jeden Abend von ihren treuen Frauenzu Hause erwartet werden.Die Dorfbewohner versammeln sich auf dem Marktplatz fürdie Osterprozession, die in der Kirche mit dem Hochamtendet. Santuzza ist wegen ihres skandalösen Verhältnisseszu Turiddu exkommuniziert worden und darf nicht in dieKirche eintreten. Sie hält Mama Lucia auf, um dieser vonihrer verzweifelten Liebe und ihrer schrecklichen Situationzu erzählen - um sich trösten zu lassen. Turiddu ist tat-sächlich in Lola verliebt. Mama Lucia geht besorgt und miteiner bösen Vorahnung in die Kirche.Alleingeblieben tritt Santuzza Turiddu in den Weg der zurKirche kommt, aber nicht mit ihr sprechen will. VonSantuzza aufgefordert zu sagen wo er war, lügt er und wider-setzt sich ihren Anschuldigungen auf arrogante Art undWeise. Die beiden werden von Lola unterbrochen, die vor-beikommt und ein provokantes Liedchen über Turidduanstimmt. Als diese endlich in der Kirche ist, wird derStreit zwischen den beiden immer lauter und dramatischer.

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SUJET

ACTE UNIQUESicile, fin XIXe. Derrière le rideau encore tiré, Turidduentonne une sérénade – une chanson sicilienne – qu’iladresse à Lola, la jeune fille qu’il aimait et qu’il retrouve àson retour mariée à compère Alfio, un aisé charretier.Santuzza, la maîtresse de Turiddu, soupçonne son amantd’être revenu pour flirter avec Lola. Elle va le chercherchez lui mais n’y trouve que mamma Lucia qui lui enjointde laisser son fils tranquille et lui apprend qu’il est parti àFrancofonte chercher du vin. Santuzza rétorque que ce n’estpas vrai puisqu’il a été vu dans le village. Lucia pressent lavérité, aussi invite-t-elle la jeune femme à entrer dans lamaison pour qu’elles puissent se parler sans que personnene les entende. Au même moment compère Alfio survient,accompagné par un groupe de villageois. Celui-ci euphori-que et heureux chante les joies de la vie errante et libre ducharretier qui tous les soirs rentre chez lui attendu par safidèle épouse.Les villageois se retrouvent sur la place pour prendre partà la procession de Pâques qui se termine à l’église par unemesse solennelle. Santuzza, excommuniée en raison de sarelation scandaleuse avec Turiddu, ne peut y entrer. Ellearrête mamma Lucia et lui révèle son amour désespéré et lasituation difficile où elle se trouve en femme séduite parpure consolation. Turiddu est en effet amoureux de Lola.Mamma Lucia pénètre à son tour dans l’église, tenaillée parun triste pressentiment.Restée seule, Santuzza affronte Turiddu qui s’approchemais celui-ci ne veut pas l’écouter. Il commence par mentirsur ses absences de chez lui et sur ses rencontres avec Lola.Puis il s’oppose avec arrogance aux reproches de la jeunefemme. Leur altercation est momentanément interrompuepar le passage de Lola qui entonne un refrain provocant

qu’elle dédie à Turiddu. Une fois cette dernière entrée dansl’église, la confrontation entre les deux amants prend un tonde plus en plus dramatique et s’envenime, jusqu’à ce queSantuzza, excédée, hurle sa malédiction: “A te la malaPasqua, spergiuro!” (Que Pâques te porte malheur, infâme).Lorsque compère Alfio réapparaît, Santuzza, effondrée, luirévèle la liaison entre Turiddu et sa femme. Ce dernier rete-nant sa colère jure de venger son honneur.La messe est maintenant terminée et un groupe de villa-geois s’arrête dans une taverne. Turiddu invite ses amis àboire pour fêter Pâques. Il offre également un verre à com-père Alfio qui décline méchamment l’invitation: tout lemonde se tait. Les femmes invitent Lola à rentrer chez elle.Turiddu serre Alfio dans ses bras et suivant une ancienneliturgie campagnarde, lui mord l’oreille droite. Alfio répondqu’ils sauront s’entendre.Le rituel du défi est maintenant conclu; le rendez-vous estpris pour tout de suite dans les vergers voisins, juste à lasortie du village. Avant de suivre son rival, Turiddu invoquesa mère et lui demande sa bénédiction, comme lors de sondépart en tant que soldat. La pauvre femme n’arrive pas àcomprendre la soudaine émotion éprouvée par son fils,celui-ci ne lui laissant même pas le temps de poser desquestions. Il lui dit d’être troublé par l’excès de vin et l’im-plore, si jamais il ne revenait pas, de devenir une mère pourSantuzza, seule au monde après qu’il l’ait déshonorée. Ill’embrasse ensuite à plusieurs reprises et s’enfuit vers lacampagne.Le drame se consomme en un instant. Un murmure indi-stinct monte des ruelles, très vite accompagné par le cridéchirant d’une femme qui accourt sur la place: “Hannoammazzato compare Turiddu!” (On a tué Turiddu).

72 Cavalleria rusticana

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AAllbbeerrttoo GGaazzaallee

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GGiioorrggiioo CCaaoodduurroo PPiieettrroo AAddaaiinnii

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la promessa di Nedda, ma senza vedere il volto dell’uomoche fugge. Pazzo di disperazione, leva il coltello su Nedda, imponen-do di rivelargli il nome dell’amante. Nedda gli resiste ementre Canio sta per colpirla accorre Peppe a trattenerlo,scongiurando di desistere. Ora la gente sta uscendo dallachiesa, meglio rimandare tutto, lo spettacolo deve comin-ciare. Occorre simulare, insinua Tonio, mentre la furia diCanio si placa.

ATTO SECONDOIl pubblico gremisce festosamente il baraccone, tra glispettatori c’è anche Silvio. Lo spettacolo comincia: Peppe(Arlecchino), Nedda (Colombina), Tonio (Taddeo) e Canio(Pagliaccio) sono gli interpreti della commedia.L’intreccio amoroso della storia sembra ripercorrere ladrammatica situazione del pomeriggio, con Colombina cherespinge Taddeo e flirta con Arlecchino, all’insaputa diPagliaccio.Durante la rappresentazione Canio, piano piano, si imme-desima nel ruolo del Pagliaccio tradito fino a identificarsicompletamente col personaggio. Nedda-Colombina intui-sce l’ambiguità degli accenti di Canio mentre il pubblicosegue partecipe, senza sospettare il dramma che si staconsumando sulla scena. Canio, senza più freni, travolgela convenzione teatrale e costringe la donna a confessareil nome dell’amante. Anche il pubblico, adesso, avverteconfusamente che sta avvenendo qualcosa d’insolito.Canio vuole sapere il nome, urla un’ultima volta e poiaccoltella Nedda che cade in ginocchio, invocando ilnome di Silvio. Questi si precipita sgomento sulla scena eCanio gli affonda la lama nel cuore. Tonio si volta verso ilpubblico e annuncia cinicamente: «La commedia è fini-ta!».

SOGGETTO PAGLIACCI

PROLOGOTonio si presenta, come portavoce dell’autore, per mostra-re la poetica dell’arte: i sentimenti, le passioni, le lacrimenon sono pura finzione, ma possono essere autentiche.Questo prologo può essere considerato come il manifestodel melodramma verista.

ATTO PRIMOMontalto, un villaggio della Calabria, intorno al 1865. Suuno spiazzo, alle porte del paese, durante un caldo pome-riggio di mezz’agosto, festa dell’Assunta, alza le tende unteatrino da fiera. Fra squilli di tromba e colpi di grancas-sa arriva il carro dei comici sul quale Canio annuncia ilgrande spettacolo serale.Intanto Tonio, il factotum gobbo della compagnia, cercacon galante premura di aiutare Nedda a scendere dalcarro, ma Canio, marito geloso, lo caccia via, schiaffeg-giandolo. Tonio giura di fargliela pagare, mentre fra ilpubblico qualcuno avanza insinuazioni scherzose sullagalanteria dell’uomo. Canio non sta allo scherzo e replicastizzito, affermando che vita e teatro sono due cose moltodiverse e che se Nedda lo tradisse, la commedia finirebbein tragedia.Nedda ripensa con inquietudine alla gelosia del marito,mentre Tonio che la stava spiando, le fa una pateticadichiarazione d’amore. La donna lo respinge, mentre luicerca di baciarla: lei, arrabbiata, minaccia di riferire tuttoa Canio e lo colpisce con una frusta per allontanarlo.Nello stesso momento giunge Silvio, l’amante di Nedda,che invita la donna a fuggire con lui. Nedda lo richiamaalla prudenza, implora di non tentarla ma poi cede allasuadente insistenza di Silvio. Tonio ha visto tutto e corread avvisare Canio che sopraggiunge in tempo per cogliere

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Pagliacci76

demands that she says the fugitive’s name. Nedda refuses,and right when Canio is about to hit her Peppe arrives andstops him, asking him to change his mind. People are filingout of the church, everything has to be postponed, the showis about to begin. “We have to playact”, says Tonio, whileCanio’s rage fades out.

SECOND ACTThe theatre is packed with a cheerful crowd, Silvio isamong them. The show begins: Peppe (Harlequin), Nedda(Columbine), Tonio (Taddeo), and Canio (Pagliaccio), arethe protagonists on stage. The love story of the play seemsto reflect real life, with Columbine rejecting Taddeo whileflirting with Harlequin, and Pagliaggio who ignores it all.As the show unfolds, Canio progressively turns intoPagliaccio, until complete identification. Nedda-Columbineperceives the ambiguity in Canio’s actions while the audi-ence follows closely, unaware of the tragedy unfolding onstage. Losing control, Canio upturns theatrical conventionsand forces Nedda-Columbine to reveal her lover’s name.The audience realizes something unusual is happening.Canio insists on having the name, he cries one last time andthen stabs Nedda, who falls on her knees calling Silvio’sname. The latter runs onto the stage and Canio stabs himright on his heart. Tonio turns to the audience as he cyni-cally announces that “The comedy is over”.

SYNOPSIS

PROLOGUEAs the author’s spokesman, Tonio announces the poetics ofarts: feelings, passions and tears are no mere fiction, theycan be real. This prologue is a sort of manifesto of Veristmelodrama.

FIRST ACTMontalto, a village in Calabria, Southern Italy, around theyear 1865. It is a hot mid-august afternoon, the Assunta isbeing celebrated. In an open space on the outskirts of thevillage a travelling theatre is set up. Trumpets and drumsaccompany the cart with the comedians and Canio, who isannouncing the evening show. In the meantime Tonio, the company’s hunched jack-of-all-trades, gallantly helps Nedda get off the cart, but her jeal-ous husband Canio tells him off and slaps him. Tonio swearsrevenge, whereas someone from the audience makes fun ofthe man’s gallantry. Canio does not accept the jokes andreplies furiously, stating that performing and living are notthe same thing, and if Nedda were unfaithful the comedywould end in tragedy. Nedda expresses her fears of her hus-band’s jealousy while Tonio, who spies on her, clumsilydeclares his love. Nedda rejects him, but Tonio tries to kissher anyway. Nedda threatens to tell Canio and hits Toniowith a whip to chase him away.Silvio, Nedda’s lover, appears soon after. He asks thewoman to run away with him. Nedda suggests to be cautiousand begs him not to tempt her. She then gives in to hischarming requests while Tonio, who was spying on them,runs off to summon Canio. Nedda’s husband arrives just intime to hear his wife’s promise, although he does not man-age to see the man’s face as he runs off. Mad with rage, Canio points his knife at Nedda and

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Soggetto 77

gibt dann aber seinem Drängen nach. Tonio, der die Szenebeobachtet hat, läuft zu Canio und erzählt ihm, was er gese-hen hat. Dieser kommt sofort, kann allerdings nicht dasGesicht des fliehenden Silvios erkennen. Wild vorVerzweiflung bedroht er Nedda mit einem Messer undbefiehlt ihr, den Namen des Mannes zu nennen. Nedda hältihm stand und während Canio nun auf sie einstechen will,kommt Beppe auf die Szene und versucht Canio zurück zuhalten. Im gleichen Augenblick kommen die Dorfbewohneraus der Kirche. Es ist besser alles zu verschieben und zuschauspielern, in der Haffnung das sich die Wut Canios legt.

ZWEITER AKTFröhlich-festlich füllt das Publikum das Strassentheater.Unter ihnen befindet sich auch Silvio. Die Vorstellungbeginnt: Beppe (Harlekin), Nedda (Colombina), Tonio(Taddeo) und Canio (Bajazzo) sind die Schauspieler derKomödie. Die Verwicklung der Liebesgeschichte desStückes scheint die Ereignisse des Nachmittags wider zuspiegeln, mit Colombina, die Taddeo zurückweist und dannhinter dem Rücken von dem Bajazzo mit dem Harlekin flir-tet. Während der Vorstellung identifiziert Canio sich lang-sam aber sicher mit dem betrogenen Bajazzo. Nedda-Colombina beginnt zu ahnen, was die Doppeldeutigkeit derAkzente von Canio bedeuten, während das Publikum ganzin der Geschichte aufgeht, ohne etwas von dem Drama, dasssich auf der Bühne abspielt, zu merken. Da zwingt derinzwischen zügellose Canio die Frau den Namen desLiebhabers preis zu geben, wobei er sämtliche Regeln desTheaterspiels bricht. Natürlich merkt jetzt auch dasPublikum, dass etwas ungewöhnliches geschieht. Caniowill den Namen wissen, schreit ein letztes Mal und erstichtdann Nedda, die sterbend den Namen von Silvio ruft.Dieser stürzt entsetzt auf die Bühne und Canio sticht ihmsein Messer ins Herz. Tonio dreht sich zum Publikum umund kündigt zynisch an: “Die Komödie ist beendet” .

DIE HANDLUNG

PROLOGTonio stellt sich vor, als seie er der Autor dessen, was ersagt. Er besingt di Poesie der Künste. Gefühle,Leidenschaft, Tränen können durchaus authentisch sein.Dieser Prolog wird auch als das Manifest des Verismusangesehen.

ERSTER AKTMontalto, ein Dorf in Kalabrien um 1865. An einem heis-sen Nachmittag schlagen die Künstler eines kleinenStrassentheaters ihre Zelte auf einem Platz an den Torendes Ortes auf. Es ist Himmelfahrt. Unter Trompetenklangund Paukenschlag kommt der Theaterwagen mit Canio, derdie abendliche Vorstellung lautstark ankündigt.In der Zwischenzeit bemüht sich Tonio, das buckeligeFaktotum der Kompanie, mit galanten Gesten Nedda ausdem Wagen zu helfen. Deren eifersüchtiger Mann Canioverscheucht ihn allerdings mit Ohrfeigen. Tonio schwört,dies Canio heim zu zahlen und aus dem Publikum ertönenbelustigte Andeutungen über die Galanterie der Männer.Canio versteht allerdings keinen Spass und antwortetgereizt, dass das Leben und Theater zwei unterschiedlicheDinge seien und dass die Komödie zur Tragödie würde, fallsNedda ihn betrügen sollte.Beunruhigt denkt Nedda an die Eifersucht ihres Mannes,während Tonio, der sie heimlich beobachtet hatte, ihr eineleidenschaftliche Liebeserklärung macht. Die Frau wehrtihn ab, als er versucht, sie zu küssen. Ärgerlich droht sieihm, alles Canio zu erzählen und schlägt ihn mit einerPeitsche, um ihn zuück zu drängen.Im selben Moment kommt Silvio, der Liebhaber Neddas,der sie bittet mit ihm zu fliehen. Nedda fleht ihn inständigan vorsichtig zu sein und sie nicht in Versuchung zu führen,

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SUJET

PROLOGUETonio se présente comme étant le porte-parole de l’auteurvenu montrer la poétique de l’art: les sentiments, les pas-sions, les larmes ne sont pas une pure fiction mais peuventêtre authentiques. Ce prologue peut être considéré commeétant le manifeste du mélodramme vériste.

PREMIER ACTEUn village de Calabre, Monfalto, aux alentours de 1865. Surune esplanade aux portes du village, lors d’un après-midiensoleillé de la mi-août, le jour de la fête de l’Assomption,une troupe de théâtre ambulant monte sa baraque.Accompagné de grands coups de clairon et de roulementsde tambour, le char des comédiens apparaît. Canio yannonce le grand spectacle du soir.Pendant ce temps-là, Tonio, le bossu homme à tout faire dela troupe tente avec galant empressement de faire descen-dre Nedda du char. Canio, en mari jaloux, le chasse en legifflant. Tonio jure qu’il la lui paiera alors que dans la foule,fusent des insinuations enjouées sur sa galanterie. Canio necomprenant pas la plaisanterie, répond irrité que la vie et lethéâtre sont deux choses bien distinctes et que si Neddadevait le tromper, la comédie finirait en tragédie. Inquiète, Nedda se remémore la jalousie de son mari pen-dant que Tonio, qui était en train de l’épier, lui fait une déc-laration d’amour pathétique. Elle le repousse alors quecelui-ci tente de l’embrasser: furieuse, elle menace de toutraconter à Canio et avec un fouet le frappe pour l’éloigner. Au même moment Silvio, l’amant de Nedda, fait son appari-tion. Il invite la jeune femme à fuir avec lui. Nedda le rap-pelle à la prudence, l’implore de cesser de l’induire en ten-tation mais finit par céder aux tendres avances de Silvio.Tonio a tout vu et court prévenir Canio. Celui-ci arrive juste

à temps pour surprendre la promesse de Nedda mais nepeut parvenir à apercevoir le visage de l’homme qui s’en-fuit.Fou de désespoir, il brandit un couteau sur Nedda en l’ex-hortant à lui révéler le nom de son amant. Nedda lui résiste.Alors que Canio est sur le point de la frapper, Peppeaccourt pour le retenir, en le suppliant de renoncer à songeste. Les gens sortent maintenant de l’église, mieux vauttout remettre à plus tard car le spectacle doit commencer. Ilfaut maintenant simuler, insinue Tonio, alors que s’apaise lafureur de Canio.

DEUXIÈME ACTELe public se presse joyeusement dans la baraque foraine,Silvio est parmi les spectateurs. Le spectacle commence:Peppe (Arlequin), Nedda (Colombina), Tonio (Taddeo) etCanio (Pagliaccio) sont les interprètes de la comédie.L’intrigue amoureuse de l’histoire semble reparcourir la sit-uation dramatique survenue dans l’après-midi: Colombinarepousse Taddeo et flirte avec Arlequin à l’insu dePagliaccio.Au fil de la représentation, Canio s’identifie peu à peu dansle rôle de Pagliaccio, pauvre mari trompé, jusqu’à ne faireplus qu’un avec le personnage. Nedda-Colombina pressentl’ambiguïté des accents de Canio alors que le public quiprend part au spectacle ne soupçonne aucunement ledrame qui est en train de s’accomplir sur la scène. Canio,déchaîné, enfreint toute convention théâtrale et oblige safemme à avouer le nom de son amant. Le public ressentconfusément maintenant que quelque chose d’insolite esten train de se produire. Canio veut que ce nom lui soitrévélé, hurle une dernière fois, puis poignarde Nedda quitombe à genoux en prononçant le nom de Silvio. Ce dernierse précipite affolé sur la scène mais Canio lui enfonce lalame en plein coeur. Tonio se tourne vers le public etannonce cyniquement: “la commedia è finita!” (“la comédieest finie”).

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CCoorroo ddoonnnnee

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EElliissaabbeettttaa MMaarrttoorraannaa

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Cavalleria rusticanaAtto unico

TuridduO Lola ch’ai di latti la cammisasi bianca e russa comu la cirasa,quannu t’affacci fai la vucca a risu,biato cui ti dà lu primu vasu!Ntra la porta tua lu sangu è sparsu,e nun me ‘mporta si ce muoro accisu...e s’iddu muoru e vaju mparadisusi nun ce truovu a ttia, mancu ce trasu.

DonneGli aranci olezzanosui verdi margini,cantan le allodoletra i mirti in fior;tempo è si mormorida ognuno il tenerocanto che i palpitiraddoppia al cor.

UominiIn mezzo al campotra le spiche d’orogiunge il rumoredelle vostre spole,noi stanchiriposando dal lavoroa voi pensiam,o belle occhi-di-sole.A voi corriamocome vola l’augelloal suo richiamo.

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DonneCessin le rusticheopre: la Vergineserena allietasidel Salvator;tempo è si mormorida ognuno il tenerocanto che i palpitiraddoppia al cor.

SantuzzaDite, mamma Lucia...

LuciaSei tu? Che vuoi?

SantuzzaTuriddu ov’è?

LuciaFin qui vieni a cercareil figlio mio?

SantuzzaVoglio saper soltanto,perdonatemi voi, dove trovarlo.

LuciaNon lo so, non lo so,non voglio brighe!

SantuzzaMamma Lucia, vi supplico piangendo,fate come il Signore a Maddalena,ditemi per pietà dov’è Turiddu...

LuciaÈ andato per il vinoa Francofonte.

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Cavalleria rusticana 82

i sonagli squillino,è Pasqua ed io son qua!

LuciaBeato voi, compar Alfio,che siete sempre allegro così!

AlfioMamma Lucia,n’avete ancoradi quel vecchio vino?

LuciaNon so;Turiddu è andatoa provvederne.

AlfioSe è sempre qui!L’ho visto stamattinavicino a casa mia.

LuciaCome?

SantuzzaTacete.

AlfioIo me ne vado,ite voi altre in chiesa.

CoroRegina coeli laetare -Alleluja!Quia quem meruisti portare... -Alleluja!Resurrexit sicut dixit -Alleluja!

SantuzzaNo! L’han visto in paesead alta notte.

LuciaChe dici?Se non è tornato a casa!Entra!

SantuzzaNon posso entrare in casa vostra.Sono scomunicata!

LuciaE che ne saidel mio figliolo?

SantuzzaQuale spina ho in core!

AlfioIl cavallo scalpita,i sonagli squillano,schiocchi la frusta. Ehi là!Soffi il vento gelido,cada l’acqua o nevichi,a me che cosa fa?

CoroO che bel mestierefare il carrettiere,andar di qua e di là!

AlfioM’aspetta a casa Lolache m’ama e mi consola,ch’è tutta fedeltà.Il cavallo scalpiti,

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Atto unico 83

Andate o mamma,ad implorare Iddio,e pregate per me.Verrà Turiddu,vo’ supplicarloun’altra volta ancora!

LuciaAiutatela voi,Santa Maria!

TuridduTu qui, Santuzza?

SantuzzaQui t’aspettavo.

TuridduÈ Pasqua,in chiesa non vai?

SantuzzaNon vo.Debbo parlarti...

TuridduMamma cercavo.

SantuzzaDebbo parlarti.

TuridduQui no! Qui no!

SantuzzaDove sei stato?

TuridduChe vuoi tu dire?A Francofonte!

Santuzza, Lucia e CoroInneggiamo,il Signor non è morto!Ei fulgenteha dischiuso l’avel,inneggiamal Signore risortooggi ascesoalla gloria del ciel!

LuciaPerché m’hai fattosegno di tacere?

SantuzzaVoi lo sapete, o mamma,prima d’andar soldato,Turiddu aveva a Lolaeterna fé giurato.Tornò, la seppe sposa;e con un nuovo amorevolle spegner la fiammache gli bruciava il core:m’amò, l’amai.Quell’invidia d’ogni delizia mia,del suo sposo dimentica,arse di gelosia...me l’ha rapito...priva dell’onor mio rimango:Lola e Turiddu s’amano,io piango, io piango!

LuciaMiseri noi,che cosa vieni a dirmiin questo santo giorno?

SantuzzaIo son dannata.

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CChhiiaarraa FFrraaccaassssoo

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Atto unico 85

TuridduNo!

SantuzzaAssai più bellaè Lola.

TuridduTaci, non l’amo.

SantuzzaL’ami...oh! Maledetta!

TuridduSantuzza!

SantuzzaQuella cattiva femminati tolse a me!

TuridduBada, Santuzza,schiavo non sonodi questa vanatua gelosia!

SantuzzaBattimi, insultami,t’amo e perdono,ma è troppo fortel’angoscia mia.

LolaFior di giaggiolo,gli angeli bellistanno a mille in cielo,ma bello come luice n’è uno solo.Oh! Turiddu, è passato Alfio?

SantuzzaNo, non è ver!

TuridduSantuzza, credimi.

SantuzzaNo, non mentire;ti vidi volgergiù dal sentier...e stamattina, all’alba,t’hanno scortopresso l’uscio di Lola.

TuridduAh! Mi hai spiato?

SantuzzaNo! Te lo giuro,a noi l’ha raccontatocompar Alfio,il marito, poco fa.

TuridduCosi ricambil’amor che ti porto?Vuoi che m’uccida?

SantuzzaOh! Questo non lo dire.

TuridduLasciami dunque, lasciami;invan tenti sopireil giusto sdegnocolla tua pietà.

SantuzzaTu l’ami dunque?

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Cavalleria rusticana 86

SantuzzaSì, resta, resta,ho da parlarti ancora!

LolaE v’assista il Signore,io me ne vado.

TuridduAh! Lo vedi,che hai tu detto?

SantuzzaL’hai voluto, e ben ti sta!

TuridduAh! Per dio!

SantuzzaSquarciami il petto!

TuridduNo!

SantuzzaTuriddu, ascolta!

TuridduVa’!

SantuzzaNo, no, Turiddu,rimani ancora.abbandonarmidunque tu vuoi?

TuridduPerché seguirmi,perché spiarmisul limitarefin della chiesa?

TuridduSon giunto ora in piazza,non so...

LolaForse è rimastodal maniscalco,ma non può tardare.E voisentite le funzioni in piazza?

TuridduSantuzza mi narrava...

SantuzzaGli dicevo che oggi è Pasquae il Signor vede ogni cosa!

LolaNon venite alla messa?

SantuzzaIo no, ci deve andar chi sadi non aver peccato!

LolaIo ringrazio il Signore,e bacio in terra!

SantuzzaOh, fate bene, Lola...

TuridduAndiamo, andiamo...qui non abbiam che fare.

LolaOh! Rimanete...

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Atto unico 87

Lola v’adorna il tettoin malo modo!

AlfioAh! Nel nome di Dio,Santa, che dite?

SantuzzaIl ver. Turiddumi tolse l’onore,e vostra moglielui rapiva a me!

AlfioSe voi mentite,vo’ schiantarvi il core!

SantuzzaUso a mentireil labbro mio non è!Per la vergogna mia,pel mio dolorela triste veritàvi dissi, ahimè!

AlfioComare Santa,allor grato vi sono...

SantuzzaInfame io sonche vi parlai cosi!

AlfioInfami loro:ad essi non perdono,vendetta avròpria che tramonti il dì.Io sangue voglio,

SantuzzaLa tua Santuzzapiange e t’implora;come cacciarlacosì tu puoi?

TuridduVa’, ti ripetova’, non tediarmi,pentirsi è vanodopo l’offesa!

SantuzzaBada!

TuridduDell’ira tua non mi curo!

SantuzzaA te la mala Pasqua, spergiuro!

SantuzzaOh! Il Signore vi manda,compar Alfio.

AlfioA che punto è la messa?

SantuzzaÈ tardi ormai, ma per voi,Lola è andata con Turiddu!

AlfioChe avete detto?

SantuzzaChe mentre correteall’acqua e al ventoa guadagnarvi il pane,

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Atto unico 89

nel bicchiere scintillantecome il riso dell’amante;mite infonde il giubilo!Viva il vino ch’è sinceroche ci allieta ogni pensiero,e che annega l’umor nero,nell’ebbrezza tenera.

TuridduAi vostri amori!

LolaAlla fortuna vostra!

TuridduBeviam!

CoroBeviam! Rinnovisi la giostra!

AlfioA voi tutti salute!

CoroCompar Alfio, salute.

TuridduBenvenuto!Con noi dovete bere,ecco, pieno è il bicchiere.

AlfioGrazie, ma il vostro vinoio non l’accetto,diverrebbe velenoentro il mio petto.

TuridduA piacer vostro!

all’ira m’abbandono,in odio tuttol’amor mio finì...

UominiA casa, a casa,amici, ove ci aspettanole nostre donne,andiam.Or che letiziarasserena gli animisenza indugio corriam.

DonneA casa, a casa,amiche, ove ci aspettanoi nostri sposi,andiam.Or che letiziarasserena gli animisenza indugio corriam.

TuridduComare Lola,ve ne andate viasenza nemmeno salutare?

LolaVado a casa:non ho visto compar Alfio!

TuridduNon ci pensate,verrà in piazza.Intanto, amici, qua,beviamone un bicchiere.

Turiddu e CoroViva il vino spumeggiante,

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90 Cavalleria rusticana

vi saprò in coreil ferro mio piantar!

AlfioCompare,fate come più vi piace,io v’aspetto qui fuoridietro l’orto.

TuridduMamma,quel vino è generoso, e certooggi troppi bicchierine ho tracannati...vado fuori all’aperto...ma prima voglioche mi beneditecome quel giornoche partii soldato...e poi... mamma, sentite,s’io non tornassi...voi dovrete fareda madre a Santa,ch’io le avea giuratodi condurla all’altare.

LuciaPerché parli così, figliuol mio?

TuridduOh! Nulla!È il vino che mi ha suggerito!Per me pregate Iddio!Un bacio, mamma!Un altro bacio... addio!

LuciaTuriddu? Che vuoi dire?Turiddu!Santuzza!...

LolaAhimè! Che mai sarà?

DonneComare Lola,andiamo via di qua.

TuridduAvete altro a dirmi?

AlfioIo? Nulla.

TuridduAllora sono agli ordini vostri.

AlfioOr ora?

TuridduOr ora.

AlfioCompare Turiddu,avete morso a buono...c’intenderemo bene,a quel che pare!

TuridduCompar Alfio!Lo so che il torto è mio;e ve lo giuronel nome di Dioche al par d’un canemi farei sgozzar,ma s’io non vivo,resta abbandonata...povera Santa!Lei che mi s’è data...

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91Atto unico

SantuzzaOh! Madre mia!

DonneHanno ammazzato compare Turiddu!

TuttiAh!...

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AAnnnnaa PPiirroozzzzii

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95

PagliacciPrologo

TonioSi può? Si può?Signore! Signori! Scusatemise da sol mi presento. Io sono il Prologo.Poiché in scena ancorle antiche maschere mette l’autore,in parte ei vuol riprenderele vecchie usanze, e a voidi nuovo inviami.Ma non per dirvi come pria«Le lacrime che noi versiam son false!Degli spasimi e de’ nostri martirnon allarmatevi!» No!L’autore ha cercato invece pingerviuno squarcio di vita.Egli ha per massima sol che l’artistaè un uomo, e che per gli uominiscrivere ei deve. Ed al vero ispiravasi.

Un nido di memorie in fondo a l’animacantava un giorno, ed ei con vere lacrimescrisse, e i singhiozzi il tempo gli battevano!Dunque, vedrete amar sì come s’amanogli esseri umani, vedrete de l’odioi tristi frutti. Del dolor gli spasimi,urli di rabbia, udrete, e risa ciniche!E voi, piuttosto che le nostre poveregabbane d’istrïoni, le nostr’anime

considerate, poiché siam uominidi carne e d’ossa, e che di quest’orfanomondo al pari di voi spiriamo l’aere!Il concetto vi dissi... or ascoltatecom’egli è svolto.Andiam. Incominciate!

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RRaaffaaeell DDaavviillaa

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97

Atto primo

Uomini e DonneSon qua! - Ritornano. Pagliaccio è là! -Tutti lo seguono, grandi e ragazziai motti, ai lazzi applaude ognun. -Già fra le strida i monelliIn aria gittanoi lor cappellifra strida e sibili diggià. -Ed egli serio saluta e passae torna a battere sulla gran cassa.

RagazziEhi, sferza l’asino, bravo Arlecchino!

CanioItene al diavolo!

PeppeTo’! Birichino!

La follaEcco il carretto! Indietro... arrivano...che diavolerio! Dio benedetto!

TuttiViva Pagliaccio!

Evviva! Il principesei dei pagliacci!I guai discaccitu col lieto umore!Evviva!Ognun applaude ai motti, ai lazzi... ed ei, ei serio saluta e passa... viva! Viva Pagliaccio! Evviva Pagliaccio, t’applaude ognun!

CanioGrazie...

La follaBravo!

CanioVorrei...

La follaE lo spettacolo?

CanioSignori miei!

La follaUh! Ci assorda! Finiscila!

CanioMi accordan di parlar?

La folla Con lui si dée cedere,tacere ed ascoltar!

CanioUn grande spettacoloa ventitré oreprepara il vostr’umilee buon servitore!

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98 Pagliacci

Vedrete le smaniedel bravo Pagliaccio;e com’ei si vendicae tende un bel laccio.Vedrete di Toniotremar la carcassa,e quale matassad’intrighi ordirà.Venite, onoratecisignori e Signore.A ventitré ore!

TuttiVerremo, e tu serbaciIl tuo buon umore.A ventitré ore!

CanioVia di lì.

DonnePrendi questo, bel galante!

RagazziCon salute!

TonioLa pagherai! Brigante!

Un contadinoDi’, con noi vuoi tu bevereun buon bicchiere sulla crocevia?Di’, vuoi tu?

CanioCon piacere.

PeppeAspettatemi...anch’io ci sto!

CanioDi’ Tonio, vieni via?

TonioIo netto il somarello. Precedetemi.

Un altro contadinoBada, Pagliaccio, ei solo vuol restareper far la corte a Nedda.

CanioEh! Eh! Vi pare?...Un tal gioco, credetemi,è meglio non giocarlo con me, miei cari;e a Tonio, e un poco a tutti or parlo!Il teatro e la vita non son la stessa cosa;no... non son la stessa cosa!E se lassù Pagliacciosorprende la sua sposacol bel galante in camera,fa un comico sermone,poi si calma od arrendesiai colpi di bastone!Ed il pubblico applaude, ridendo allegramente!Ma se Nedda sul serio sorprendessi...altramente finirebbe la storia,com’è ver che vi parlo!Un tal gioco, credetemi,è meglio non giocarlo!

NeddaConfusa io son!

ContadiniSul seriopigli dunque la cosa?

CanioIo? Vi pare! Scusatemi!Adoro la mia sposa!

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99Atto primo

RagazziI zampognari!

I vecchiVerso la chiesa vanno i compari.

ContadiniEssi accompagnano la comitivache a coppie al vespero se n’va giuliva.

ContadineAh! Andiam. La campanaci appella al Signore!

CanioMa poi ricordatevi!A ventitré ore!

CoroDin, don, suona vespero,ragazze e garzon,a coppie al tempioci affrettiam! Din, don, diggià i culmini,il sol, vuol baciar.Le mamme ci adocchiano,attenti, compar!Din, don, tutto irradiasidi luce e d’amor.Ma i vecchi sorveglianogli arditi amador!Din, don, suona vespero,ragazze e garzon,le squille ci appellanoal tempio. Din don.

NeddaQual fiamma avea nel guardo!

Gli occhi abbassai per tema ch’ei leggesseil mio pensier segreto.Oh! S’ei mi sorprendesse...brutale come egli è! Ma basti, or via.Son questi sogni paurosi e fole!O che bel sole di mezz’agosto!Io son piena di vita, e, tutta illanguiditaper arcano desìo, non so che bramo!Oh! Che volo d’augelli, e quante strida!Che chiedon? Dove van? Chissà?La mamma mia, che la buona venturaannunziava, comprendeva il lor cantoe a me bambina così cantava:«Hui! Stridono lassù, liberamentelanciati a vol come frecce, gli augel.Disfidano le nubi e il sol cocente,e vanno, e vanno per le vie del ciel.Lasciateli vagar per l’atmosfera,questi assetati di azzurro e di splendor:seguono anch’essi un sogno, una chimera,e vanno, e vanno fra le nubi d’or.Che incalzi il vento e latri la tempesta,con l’ali aperte san tutto sfidar;la pioggia, i lampi, nulla mai li arresta,e vanno, e vanno sugli abissi e i mar.Vanno laggiù verso un paese stranoche sognan forse e che cercano invan.Ma i boemi del ciel seguon l’arcanopoter che li sospinge... e van! E van!»

NeddaSei là? Credea che te ne fossi andato!

TonioÈ colpa del tuo canto.Affascinato io mi beava!

NeddaAh! Ah! Quanta poesia!

Page 100: Libro sala 2015

TonioNon rider, Nedda!

NeddaVa’, va’ all’osteria!

TonioSo ben che difforme, contorto son io;che desto soltanto lo scherno o l’orror.Eppure ha’l pensiero un sogno, un desìo,e un palpito il cor!Allor che sdegnosa mi passi d’accanto,non sai tu che pianto mi spreme il dolor!Perché, mio malgrado, subito ho l’incanto,m’ha vinto l’amor!Oh! lasciami, lasciami or dirti...

NeddaChe m’ami?Hai tempo a ridirmelostasera, se il brami!Facendo le smorfiecolà sulla scena!

TonioNon rider, Nedda.

NeddaPer ora tal pena ti puoi risparmiar!

TonioNedda? Nedda? No! È qui che voglio dirtelo!E tu m’ascolterai,che t’amo, e ti desidero,e che tu mia sarai!

NeddaEh! Dite, mastro Tonio!

La gobba oggi vi prude, o una tiratad’orecchi è necessariaal vostro ardor?

TonioTi beffi? Sciagurata!Per la croce di Dio, bada che puoipagarla cara!

NeddaMinacci? Vuoiche vada a chiamar Canio?

TonioNon prima ch’io ti baci!

NeddaBada!

TonioOh, tosto sarai mia!

NeddaMiserabile!

Tonio Per la Vergin pia di mezz’agosto,Nedda, lo giuro, me la pagherai!

NeddaAspide! Va’! Paura non mi fai!Io t’ho compreso. Hai l’animosiccome il corpo tuo difforme, lurido!

SilvioNedda!

NeddaSilvio, a quest’ora, che imprudenza...

Pagliacci100

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SilvioNedda, Nedda, rispondimi:se è ver che Canio non amasti mai,se è ver che t’è in odioil ramingar e il mestier che tu fai,se l’immenso amor tuo una fola non è,questa notte partiam! Fuggi, fuggi, con me!

NeddaNon mi tentar! Vuoi tu perder la vita mia?Taci, Silvio, non più! È deliro, è follia!Io mi confido a te, a te cui diedi il cor.Non abusar di me, del mio febbrile amor!Non mi tentar! E poi chissà! Meglio è partir.Sta il destin contro noi. È vano il nostro dir!Eppure dal mio cor strapparti non poss’io,vivrò sol dell’amor ch’hai destato al cor mio!

SilvioNo, più non m’ami!

TonioAh! T’ho colta, sgualdrina!

NeddaSì, t’amo! T’amo!

SilvioE parti domattina?E allor perché, di’, tu m’hai stregato,se vuoi lasciarmi senza pietà?Quel bacio tuo perché me l’hai datofra spasmi ardenti di voluttà?Se tu scordasti l’ore fugaci,io non lo posso, e voglio ancor,que’ spasmi ardenti, que’ caldi baci,che tanta febbre m’han messo in cor!

SilvioAh, bah! Sapea ch’io non rischiavo nulla.Canio e Peppe da lunge alla tavernaho scorto! Ma prudenteper la macchia a me nota qui ne venni.

NeddaE ancora un poco in Tonio t’imbattevi!

SilvioOh! Tonio il gobbo!

NeddaIl gobbo è da temersi!M’ama... or qui me’l disse, e nel bestialdelirio suo, baci chiedendo,ardia correr su me!

SilvioPer Dio!

NeddaMa con la frustadel cane immondo la foga calmai.

SilvioE fra quest’ansie in eterno vivrai?Decidi il mio destin,Nedda, Nedda rimani!Tu il sai, la festa ha fine parte ognun domani.Nedda, Nedda!E quando tu di qui sarai partitache addiverrà di me, de la mia vita?

NeddaSilvio!

Atto primo 101

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Pagliacci102

NeddaFuggi!Aitalo, Signor!

CanioVile, T’ascondi!

TonioAh! Ah! Ah!

NeddaBravo! Bravo il mio Tonio!

TonioFo quel che posso!

NeddaÈ quello che pensavo!

TonioMa di far assai meglio non dispero.

NeddaMi fai schifo e ribrezzo.

TonioOh, non sai comelieto ne son!

CanioDerisione e scherno!Nulla! Ei ben lo conosce quel sentier.Fa lo stesso; poiché del drudo il nomeor mi dirai.

NeddaChi?

CanioTu, pel Padre Eterno!

NeddaNulla scordai, sconvolta e turbata m’haquesto amor che nel guardo ti sfavilla.Viver voglio a te avvinta, affascinata,una vita d’amor calma e tranquilla.A te mi dono: su me solo impera.Ed io ti prendo e m’abbandono intera.

Nedda e SilvioTutto scordiam!

NeddaNegli occhi mi guarda! Baciami!

SilvioTi guardo, ti bacio!Verrai?

NeddaSì. Baciami.Sì, mi guarda e mi bacia!

Nedda e SilvioSì, ti guardo e ti bacio;t’amo, t’amo!

TonioCammina adagio e li sorprenderai.

SilvioAd alta notte laggiù mi terrò.Cauta discendi e mi ritroverai.

NeddaA stanotte, e per sempre tua sarò!

CanioAh!

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Atto primo 103

il ganzo tornerà. Di me fidatevi.Io la sorveglio. Ora facciam la recita.Chissà ch’egli non venga a lo spettacoloe si tradisca! Or via! Bisogna fingereper riuscir.

PeppeAndiamo, via, vestitevi,padrone. E tu batti la cassa, Tonio.

CanioRecitar! Mentre preso dal delirionon so più quel che dico e quel che faccio!Eppur... è d’uopo... sforzati!Bah, sei tu forse un uom?Tu se’ Pagliaccio!Vesti la giubba e la faccia infarina.La gente paga e rider vuole qua.E se Arlecchin t’invola Colombina,ridi Pagliaccio, e ognun applaudirà!Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;in una smorfia il singhiozzo e il dolor...ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto!Ridi del duol che t’avvelena il cor!

E se in questo momento qui scannatanon t’ho già, gli è perché, pria di lordarlanel tuo fetido sangue, o svergognata,codesta lama, io vo’ il suo nome. Parla!

NeddaVano è l’insulto, e muto il labbro mio.

CanioIl nome, il nome, non tardare, o donna!

NeddaNo, no, nol dirò giammai.

CanioPer la Madonna!

PeppePadron! Che fate! Per l’amor di Dio!La gente esce di chiesa e a lo spettacoloqui muove; andiamo, via, calmatevi!

CanioLasciami, Peppe. Il nome, il nome!

PeppeTonio,Vieni a tenerlo. Andiamo, arriva il pubblico!Vi spiegherete. E voi di lì tiratevi.Andatevi a vestir. Sapete, Canioè violento, ma buon!

CanioInfamia! Infamia!

TonioCalmatevi, padrone. È meglio fingere;

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MMaarrccoo CCaarriiaa

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105

Atto secondo

DonnePresto, affrettiamoci,svelto, compare,ché lo spettacolodêe cominciare.Cerchiam di metterciben sul davanti.

TonioAvanti, avanti! Si dà principio,avanti, avanti!Pigliate posto! Su!

UominiVeh, come corronole bricconcelle!Accomodatevi,comari belle.O Dio che correreper giunger tosto qua!Avanti, avanti!

TuttiVia su spicciatevi, incominciate.Perché tardate? Siam tutti là!

La follaIncominciate!Perché tardar!Suvvia questa commedia!Facciam rumore!

Diggià suonar ventitré ore!Allo spettacolo ognun anela! Ah!S’alza la tela!Silenzio. Olà.

Colombina (Nedda)Pagliaccio mio maritoa tarda notte sol ritornerà.E quello scimunito di Taddeoperché mai non è ancor qua?

Arlecchino (Peppe)O Colombina, il tenerofido Arlecchinè a te vicin!Ver te chiamando,e sospirando, aspetta il poverin!La tua faccetta mostrami,ch’io vo’ baciarsenza tardarla tua boccuccia.Amor mi cruccia e mi sta a tormentar!O Colombina schiudimiil finestrin,ché a te vicin,di te chiamandoe sospirando è il povero Arlecchin!A te vicin è Arlecchin!

Colombina (Nedda)Di fare il segno convenuto appressal’istante, ed Arlecchino aspetta!

Taddeo (Tonio) È dessa! Dèi, come è bella!Se a la rubellaio disvelassil’amor mio che commuove sino i sassi!Lungi è lo sposo,

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perché non oso?Soli noi siamoe senza alcun sospetto!Orsù. Proviamo!

Colombina (Nedda)Sei tu, bestia?

Taddeo (Tonio)Quell’io son, sì!

Colombina (Nedda)E Pagliaccio è partito?

Taddeo (Tonio)Egli partì!

Colombina (Nedda)Che fai così impalato?Il pollo hai tu comprato?

Taddeo (Tonio)Ecco, vergin divina!Ed anzi, eccoci entrambi ai piedi tuoi!Poiché l’ora è suonata, o Colombina,di svelarti il mio cor! Di’, udirmi vuoi?Dal dì...

Colombina (Nedda)Quanto spendesti dal trattore?

Taddeo (Tonio)Uno e cinquanta. Da quel dì il mio core...

Colombina (Nedda)Non seccarmi, Taddeo!

Taddeo (Tonio)So che sei purae casta al par di neve!E ben che dura ti mostri,ad obliarti non riesco!

Arlecchino (Peppe)Va’ a pigliar fresco!

Taddeo (Tonio)Numi! S’aman! M’arrendo ai detti tuoi.Vi benedico! Là, veglio su voi!

Colombina (Nedda)Arlecchin!

Arlecchino (Peppe)Colombina! Alfin s’arrendaai nostri prieghi amor!

Colombina (Nedda)Facciam merenda.Guarda, amor mio, che splendidacenetta preparai!

Arlecchino (Peppe)Guarda, amor mio, che nettaredivino t’apportai!

Colombina (Nedda) e Arlecchino (Peppe)L’amore ama gli effluviidel vin, de la cucina!

Arlecchino (Peppe)Mia ghiotta Colombina!

Colombina (Nedda)Amabile beon!

Arlecchino (Peppe)Prendi questo narcotico,dallo a Pagliaccio pria che s’addormenti,e poi fuggiam insiem!

Colombina (Nedda)Sì, porgi.

106 Pagliacci

Page 107: Libro sala 2015

Taddeo (Tonio)Attenti!Pagliaccio è là tutto stravolto, ed armicerca! Ei sa tutto. Io corro a barricarmi!

Colombina (Nedda)Via!

Arlecchino (Peppe)Versa il filtro ne la tazza sua.

Colombina (Nedda)A stanotte... e per sempre io sarò tua.

CanioNome di Dio! Quelle stesse parole!Coraggio! Un uomo era con te.

NeddaChe fole!Sei briaco?

CanioBriaco! Sì, da un’ora!

NeddaTornasti presto.

CanioMa in tempo! T’accora,dolce sposina?Ah! Sola io ti credeae due posti son là.

NeddaCon me sedea Taddeo che là si chiuseper paura.Orsù, parla!

TonioCredetela. Essa è pura!E abborre dal mentir quel labbro pio!

CanioPer la morte!Smettiamo! Ho dritto anch’iod’agir come ogni altr’uomo. Il nome suo!

NeddaDi chi?

CanioVo’ il nome dell’amante tuo,del drudo infame a cui ti désti in braccio,o turpe donna!

NeddaPagliaccio! Pagliaccio!

CanioNo! Pagliaccio non son; se il viso è pallidoè di vergogna, e smania di vendetta!L’uom riprende i suoi dritti, e ’l corche sanguina vuol sangue a lavar l’onta,o maledetta! No, Pagliaccio non son!Son quei che stolido ti raccolseorfanella in su la viaquasi morta di fame, e un nome offrìati,ed un amor ch’era febbre e follia!

DonneComare, mi fa piangere!Par vera questa scena!

UominiZitte laggiù!Che diamine!

107Atto secondo

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SilvioIo mi ritengo appena!

Canio Sperai, tanto il delirioaccecato m’aveva,se non amor, pietà, mercè!Ed ogni sacrifizioal cor, lieto, imponeva,e fidente credevapiù che in Dio stesso, in te!Ma il vizio alberga solne l’alma tua negletta:tu viscere non hai...sol legge è ‘l senso a te!Va’, non merti il mio duol,o meretrice abbietta,Vo’ ne lo sprezzo mioschiacciarti sotto i piè!

La follaBravo!

NeddaEbben, se mi giudichidi te indegna, mi scaccia in questo istante.

CanioAh! Ah! Di meglio chiederenon dêi che correr tosto al caro amante.Se’ furba! No! Per Dio! Tu resteraie il nome del tuo ganzo mi dirai!

NeddaSuvvia, così terribiledavver non ti credea!Qui nulla v’ha di tragico.Vieni a dirgli, o Taddeo,che l’uom seduto or dianzi a me vicino

era... il pauroso ed innocuo Arlecchino!

CanioAh! Tu mi sfidi! E ancor non l’hai capitach’io non ti cedo? Il nome, o la tua vita! Il nome!

NeddaNo, per mia madre! Indegna esser poss’io,quello che vuoi, ma vil non son, per Dio!Di quel tuo sdegno è l’amor mio più forte.Non parlerò. No, a costo de la morte!

Contadini e contadineFanno davvero?Seria è la cosa?Seria è la cosa e scura!Zitti, zitti laggiù!

SilvioIo non resisto più! Oh la strana commedia!

PeppeBisogna uscire, Tonio! Ho paura.

TonioTaci, sciocco!

CanioIl nome! Il nome!

NeddaNo!

SilvioSanto diavolo!Fa davvero...

CanioA te! A te! Di morte negli spasimi lo dirai!

108 Pagliacci

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La folla e Peppe Che fai? Ferma! Ferma!

NeddaSoccorso! Silvio!

SilvioNedda!

CanioAh! Sei tu! Ben venga!

La follaGesummaria!

CanioLa commedia è finita!

109Atto secondo

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DDaavviidd CCrreesscceennzzii

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SFERISTERIO26 luglio, 1*, 7 agosto - ore 21.00

Anteprima giovani 23 luglio - ore 21.00

Giacomo Puccini

La BohèmeLibretto di Giuseppe Giacosa e Luigi IllicaRappresentante CASA RICORDI, Milano

Carmela Remigio MimìArturo Chacón-Cruz Rodolfo Larissa Alice Wissel Musetta

Damiano Salerno MarcelloAndrea Porta Schaunard

Andrea Concetti CollineAlessandro Pucci Parpignol

Antonio Stragapede BenoîtGiacomo Medici Alcindoro

Roberto Gattei Sergente dei doganieriGianni Paci Doganiere

Giovanni Di Deo Un venditore

Direttore David CrescenziRegia Leo Muscato

Scene Federica ParoliniCostumi Silvia AymoninoLuci Alessandro Verazzi

Maestro del coro Carlo MorgantiMaestro del coro di voci bianche Gian Luca Paolucci

Regista assistente Alessandra De Angelis

Fondazione Orchestra Regionale delle MarcheCoro Lirico Marchigiano “V. Bellini”

Coro di voci bianche Pueri Cantores “D. Zamberletti”Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei”

* serata con audio descrizione in collaborazione con Unione Italiana Ciechi e Museo Tattile Statale Omero

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LLeeoo MMuussccaattoo

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Direttore di scena Mauro De SantisDirettore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni

Vocal coach Simone SavinaMaestro di sala Meri Piersanti

Maestri di palcoscenico Chiara Cirilli, Sara ZampettiMaestro alle luci Melissa MastrolorenziMaestro ai sopratitoli Daniele Gabrielli

Assistente direttore di scena Ermelinda Suella

Mimi Paolo Andrenucci, Giuseppe Lorenzo Badagliacca, Andrea Bassi, Flaminia Candelori, Antonio Mattia Fersini, Mauro Losapio,Simone Mandolini, Mariangela Massarelli, Marta Negrini, Daniela Pecchia, Raffaella Tricarico, Urszula Wojtkowiak

Figuranti Franco Bury, Chiara D’Abramo, Paolo Stortini

Direttore di palcoscenico Mauro De Santis

Responsabile allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi

Scenografo realizzatore Serafino BotticelliCapo macchinista Secondo Caterbetti

Capo elettricista Fabrizio GobbiResponsabile sartoria Simonetta Palmucci

Responsabile vestizioni Maria Antonietta LucarelliCapo attrezzista Emanuela Di Piro

Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabile parrucco Serena MercantiResponsabile trucco Raffaella Cipolato

Coordinatrice personale di sala Caterina OrtolaniFotografo Alfredo Tabocchini

Scene Chiediscena, Lanciano (Ch) - Laboratori del Macerata Opera FestivalAttrezzeria Laboratori del Macerata Opera Festival

Costumi SlowCostume, Roma - Sartoria Nori, Bracciano (Rm) - Sartoria del Macerata Opera FestivalCalzature Pompei 2000, Roma Parrucche Audello, TorinoIlluminotecnica Stas, Terni Fonica AMService, Macerata

Sopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e Università di MacerataHanno collaborato alla realizzazione delle scene gli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Macerata

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AAlleessssaannddrraa DDee AAnnggeelliiss

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La malattia flessibile. I giovani e il futuro negato.

Diego Fusaro

Nell’opera di Puccini La Bohème ci troviamo di fronte aun gruppo di giovani artisti che hanno sposato un modo divivere libero dalle convenzioni sociali, che però licostringe a vivere un disagio quotidiano dovuto alla man-canza di punti fermi e soprattutto alla carenza economi-ca. Il bohemien è infatti colui che non rinuncerebbe maialla sua libertà di costruire la propria esistenza secondociò che più lo rende felice, scelta ovviamente coraggiosa.Sopportare il disagio quotidiano è poca cosa rapportato alsenso di libertà. Oggi come allora però l’uscire dal sistema sociale, soprat-tutto per un giovane, è molto pericoloso e spesso condu-ce l’illusione giovanile a naufragare contro gli scoglidella realtà. Almeno gli artisti della Bohème potevanosperare in una vita diversa, mentre i ragazzi di oggi sonoletteralmente disperati, spinti dal mercato e dalla politicaa non credere più in un possibile futuro diverso.Paradossalmente la libertà nella nostra società si è ridot-ta a dismisura, nonostante la percezione soggettiva siaesattamente opposta: possiamo fare tante più cose, manon riusciamo a scegliere liberamente. La sopravvivenzainfatti della società capitalistica e del mercato globale èpossibile solo se il singolo diviene manipolabile a talpunto da indirizzare la propria esistenza su obiettiviimposti dal mercato e non dal proprio libero arbitrio.Come ho cercato di chiarire e argomentare nel mio studioIl futuro è nostro. Filosofia dell’azione (Bompiani, 2014),siamo palesemente al cospetto di un’ingegneria antropo-logica che, manipolando senza sosta il “parco umano”,aspira a espropriare i giovani della stabilità esistenzialee lavorativa indispensabile per progettare e per costruireliberamente il futuro. L’encomio, ovunque dilagante, di

una gioventù illimitata si rivela esso stesso funzionalealla precarizzazione lavorativa ed esistenziale. Il giovani-lismo è, da questo punto di vista, tra i massimi nemici deigiovani. Per un verso, l’encomio dei giovani è la verniceche occulta la gerontocrazia dilagante della nostra socie-tà, in cui la gioventù è costantemente elogiata se si pre-sta alle funzioni più inutili e oscene (spettacolarizzazionedei corpi e delle prestazioni fisiche, dalle “veline” ai cal-ciatori) e, insieme, tenuta a distanza da ogni ruolo dirilievo, nella cultura come nella politica.Per un altro verso, se oggi si è considerati “diversamentegiovani” fino a cinquant’anni, questo accade perché si èidealmente precari fino al termine della propria attivitàlavorativa sia nella vita sociale, sia in quella affettiva,incapaci cioè di stabilizzare la propria esistenza nelletradizionali forme familiari (non a caso continuamenteirrise come istituzioni borghesi del passato) e lavorative(il posto fisso e stabile, garantito e, dunque, tale da ren-dere possibile la stabile progettazione di un futuro). Ilpresente integralmente reificato neutralizza ogni residuoelemento dell’eticità borghese di stampo hegeliano e,insieme, ogni anelito marxiano all’emancipazione media-ta dal trascendimento dello stato di cose. La stessa distruzione della famiglia che si sta oggi verifi-cando con intensità sempre crescente si inscrive in que-sto orizzonte. Se la famiglia comporta, per sua natura, lastabilità affettiva e sentimentale, biologica e lavorativa,la sua distruzione risulta pienamente coerente con il pro-cesso in atto di precarizzazione delle esistenze. Anche inquesto, per inciso, il pensiero hegeliano si rivela disso-nante rispetto al presente: Hegel, infatti, teorizza la sta-bilità professionale e quella affettiva di tipo familiarecome fondamento dell’eticità, là dove il capitalismo spe-culativo dissolve entrambe. Più precisamente, rimuoven-do la stabilità lavorativa tramite il precariato, rende, difatto, impossibile il costituirsi del nucleo familiare. Inquesto senso, con le sue battaglie contro la famiglia tra-dizionale, la sinistra non ha smesso di lavorare per il redi Prussia, assecondando la dinamica stessa del mercato

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e della sua logica di sviluppo antiborghese. Come sugge-rito da Massimo Recalcati, la famiglia odierna, quandoancora esista, è disordinata e stratificata, priva di unnucleo e strutturata secondo le forme più eteroclite: dallegravidanze affidate a una persona esterna alla coppia alleadozioni nelle coppie omosessuali, dalle separazionisempre crescenti all’inseminazione artificiale. Secondo quanto ho tentato di dimostrare nel mio saggioMinima mercatalia. Filosofia e capitalismo (Bompiani,2012), l’ultracapitalismo flessibile e precario è per suastessa natura “giovanilistico”, data la difficile compatibi-lità delle fasce non giovani con la nuova logica flessibile.Quest’ultima ha rapidamente creato un nuovo modelloumano, l’homo precarius (l’“uomo flessibile” di cui haparlato Sennett) per il quale instabilità, rischio e incer-tezza sono integrati nella vita quotidiana: e questo secon-do un’unione, mai sperimentata prima, di disorganizza-zione anomica e di controllo capillare che coincide, defacto, con la fine di quello che è stato definito “capitali-smo organizzato”.La larvata teleologia della logica di precarizzazione èorientata alla trasformazione – mediante l’inedita “elabo-razione forzata di un nuovo tipo umano”, per impiegare laformula utilizzata da Gramsci in relazione all’americani-smo – della precarietà in una dimensione naturale, inmodo che tutto (dal lavoro alla professione, dai rapportisentimentali a quelli esistenziali) diventi flessibile e pre-cario. La disarticolazione delle due istituzioni borghesidella scuola e della famiglia – promossa dalla strutturacapitalistica e santificata dalla sovrastruttura di sinistra epostmoderna – si inscrive in questa logica e, di più, nesegna il compimento. Il sogno inconfessato dei giovani disintegrati nella strut-tura e integrati nella sovrastruttura, contrari ideologica-mente alla famiglia e concretamente impossibilitati acostruirne una, è sempre più spesso il libero accesso allafruizione delle merci più ricercate che il sistema immet-te nel circuito della circolazione. In forza della loro dis-integrazione strutturale, non sono nelle condizioni di

potersele permettere; per via della loro integrazionesovrastrutturale, non sono in grado di contestare l’aliena-zione generale, ossia la cifra del mondo storico che ridu-ce il senso dell’esistenza all’unidimensionalità reificatadella forma merce. L’immaginario dei giovani è coloniz-zato dal monopolio imperialistico della cultura americanae dell’occidentalismo senza coscienza infelice, negli stilidi vita come nei programmi televisivi e nelle canzonirigorosamente in lingua inglese che, sulle frequenze ditutte le radio, saturano le loro orecchie e ottundono leloro menti.Quando non sia anestetizzata dal sensibilmente sovrasen-sibile del mondo ridotto a merce, la coscienza politica deigiovani è completamente colonizzata da passioni la cuiunica funzione è quella di mantenerli a distanza di sicu-rezza dalla possibile consapevolezza della vera contrad-dizione del presente, della violenza di cui sono quotidia-namente vittime. Infatti, i due poli alternativi e segreta-mente complementari dell’antifascismo rosso e dell’anti-comunismo nero saturano l’immaginario politico dei gio-vani, ottundendone la capacità critica e rendendoli ciechidinanzi alle contraddizioni capitalistiche, sempre invisi-bili nello scontro delle fazioni apparentemente opposte. Ilnemico è identificato con il ritorno possibile e sempre inagguato dei totalitarismi del passato, mai con quelle leggidel mercato e con quel dispotismo dell’economia che pri-vano le nuove generazioni del futuro, del lavoro e delladignità. È sempre accaduto che, come nelle lotte di classe, anchei conflitti tra le grammatiche fossero asimmetrici: il voca-bolario e la lingua dei dominati sono sempre stati subal-terni rispetto a quelli dei dominanti. Mai, tuttavia, la sub-alternità strutturale dei dominati era stata accompagnatacosì fedelmente da quella sovrastrutturale. Mai era acca-duto, nell’intera storia umana, che una guerra venissecondotta sulle carte militari fornite direttamente dalnemico.In conclusione, ritornando alla storia raccontata nellaBohème, vorrei sottolineare come la libertà del giovane

118 La Bohème

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non può sopravvivere al di fuori delle regole della socie-tà, come appunto l’opera ci suggerisce. La società avreb-be il compito di mettere regole utili agli uomini per rag-giungere la loro autorealizzazione, mentre oggi sono lepersone che vengono usate da chi “ordina” la società. Edato che le cose sono peggiori rispetto al tempo in cui sisvolgono i fatti della Bohème, se i protagonisti hannoincontrato un brutto epilogo, come possiamo finire noi? Èper questo che non bisogna perdere il coraggio e capireche la libertà va conquistata non con un atto di forza checi pone fuori dalla società, ma con un impegno serio ecostruttivo per cambiare la società stessa.

119La malattia flessibile. I giovani e il futuro negato.

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SOGGETTO

QUADRO PRIMOParigi. Nella soffitta dove vivono, Rodolfo e Marcello cer-cano di riscaldarsi bruciando un manoscritto di Rodolfo.Arrivano anche Colline, il filosofo della compagnia, eSchaunard, un musicista che ha avventurosamente guada-gnato qualche soldo. Gli amici decidono di festeggiare lavigilia di Natale al ristorante Momus, ma arriva Benoît, ilpadrone di casa venuto a reclamare l’affitto. Costui, costret-to a bere dagli inquilini, si lascia andare a confidenze sullesue infedeltà coniugali e viene cacciato dai giovani che sifingono indignati. I quattro amici escono, ma Rodolfo siattarda. Sente bussare alla porta: è Mimì, una giovaneinquilina del palazzo che domanda al vicino di riaccender-le il lume spentosi per le scale. Mimì si sente male: è ilprimo sintomo della tisi e Rodolfo la rinfranca con un po’ divino accanto al fuoco. Quando la giovane sta per andarse-ne, si accorge di aver smarrito la chiave della stanza; uncolpo d’aria spegne la sua candela e quella del giovane.Inginocchiati sul pavimento, al buio, i due iniziano a cer-carla; Rodolfo la trova, la nasconde in tasca e prende la pic-cola mano di Mimì. Gli amici dalla strada protestano perl’attesa che si prolunga. Rodolfo li assicura che presto liraggiungerà e stringe Mimì in un abbraccio. I due giovaniescono scambiandosi parole d’amore.

QUADRO SECONDOTra la folla del Quartiere Latino, davanti al Momus, Collinee Schaunard fanno acquisti, mentre Rodolfo e Mimì cam-minano felici. Solo Marcello è triste: la bella Musetta lo haabbandonato per rincorrere nuovi amori. Al caffè di Momusi giovani, dopo la presentazione di Mimì, ordinano la cenae appare intanto Musetta, seguita da un ricco anzianoammiratore, Alcindoro de Mitonneaux. La bella giovane,

allontanato con un pretesto il vecchio amante, civetta conMarcello che non riesce a resisterle e i due fuggono con gliamici unendosi alla folla che segue la banda militare elasciando i conti da pagare ad Alcindoro.

QUADRO TERZOAlla Barriera d’Enfer, Mimì, pallida e sofferente, parla conMarcello: la vita con Rodolfo è diventata impossibile per lecontinue liti. Dal cabaret esce Rodolfo che ha passato lanotte ospite dell’amico. Mimì si nasconde e può ascoltare ladolorosa confessione di Rodolfo a Marcello. L’uomo sa chela giovane è morente per la tisi e avrebbe bisogno di cure edi una casa calda, perciò è necessaria la separazione. Latosse e i singhiozzi tradiscono la sua presenza e Rodolfo lastringe amorosamente tra le braccia.Al colloquio dei due amanti, che si allontanano dopo ladecisione di rinviare a primavera l’addio, si intreccia unserio litigio tra Musetta e Marcello, divorati dalla gelosia:anch’essi si separeranno.

QUADRO QUARTORodolfo e Marcello, ormai separati dalle giovani, pensanocon dolorosa nostalgia ai giorni belli dell’amore. GiungonoColline e Schaunard con una magra cena: pane e un’aringa.Arriva anche Musetta, con voce rotta, dicendo che Mimì siè accasciata sfinita per le scale. Ella è tornata morente nelluogo della sua felicità. Circondata dal calore degli amici edell’amato Rodolfo ricorda con tenerezza i momenti delprimo incontro, dell’inizio dell’amore. Adagiata sul guan-ciale, Mimì muore silenziosamente tra la disperazione del-l’amato.

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with Marcello. The latter can’t resist her and they run awaytogether with the rest of the group, joining the crowd gathe-red behind a marching military band and leaving Alcindoroto pay the bill.

ACT THREEAt the Barrière d’Enfer Mimì, pale and suffering, talks toMarcello. Her life with Rodolfo is miserable, as a conse-quence of their endless fights. Rodolfo, who has spent thenight with his friend, emerges from the cabaret. Mimì hidesand listens to Rodolfo’s painful confession to Marcello. Heknows Mimì is dying of consumption and she needs treat-ment and a warmer house to live. Therefore, they cannot butpart. Overwhelmed by sobs and coughs, Mimì can no longerhide from Rodolfo. He takes her in his loving arms and theyvow to wait until spring before they separate. At the sametime, Musetta and Marcello argue and storm out on eachother, consumed by jealousy. They also resolve to part soon.

ACT FOURRodolfo and Marcello, both left without a woman, talknostalgically about the good old days with their lost loves.Colline and Schaunard join them with a meagre meal: breadand one herring. Musetta also comes in, desperatelyannouncing that Mimì has fallen ill on the stairs. About todie, she has wanted to come back where she had found hap-piness. Surrounded by her friends and her beloved Rodolfo,she tenderly recalls their first meeting, the very beginningof her love. Resting on the pillow, Mimì passes away quitely.Rodolfo desperately cries out her name.

122 La Bohème

SYNOPSIS

ACT ONEParis. In their garret, Rodolfo and Marcello try to keepwarm by burning one of Rodolfo’s manuscripts. They arejoined by Colline, the group’s philosopher, and Schaunard,a musician who has incredibly managed to make somemoney. They decide to celebrate Christmas Eve at theMomus cafè when Benoît, their landlord, turns up to collectthe rent. Forced to drink by his tenants, he tells them of hisflirtations and they throw him out of the flat in mock indi-gnation. All four friends are about to leave the flat, butRodolfo decides to stay behind. There is a knock on thedoor: it is Mimì, a young neighbour who asks Rodolfo torelight her candle which has gone out on the stairs. Mimìfeels unwell: the first symptoms of her consumption appear.Rodolfo helps her recover by offering her some wine by thefire. As she is about to leave, she discovers she has droppedher key. Both their candles are blown out as they kneel onthe floor to look for the key. In the darkness, Rodolfo findsit, hides it in his pocket and takes Mimì’s little hand.Meanwhile, the three friends in the street call out onRodolfo to hurry; he says he is about to join them and takesMimì in his arms. The two declare their love and leave theflat together.

ACT TWO In the busy Quartier Latin, right in front of the Momus cafè,Colline and Schaunard buy from street vendors whileRodolfo and Mimì walk happily together. Marcello is sad:beautiful Musetta has left him for some new lover. Once inthe cafè, Mimì gets introduced to Rodolfo’s friends and theyall order food. Meanwhile Musetta appears, followed by theelderly, wealthy Alcindoro de Mitonneaux. The charminggirl manages to send her old lover away and she then flirts

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Alcindoro de Mitoneaux im Schlepptau, einem reichen, älte-ren Verehrer. Die schöne Musetta befreit sich unter einemVorwand von ihm und kokettiert mit Marcello, der ihr nichtwiderstehen kann. Die beiden schließen sich ihren Freundenan, die ausgelassen hinter der Blaskappelle herziehen undüberlassen die Rechnung des Momus Alcindoro.

3. BILDAn der Schranke von Enfer spricht Mimì, bleich underschöpft mit Marcello über ihre ständigen Streitereien mitRodolfo, die den beiden das Leben unerträglich machen. Indiesem Moment kommt Rodolfo aus dem Kabarett gleich inder Nähe, er hat die Nacht bei seinem Freund geschlafen.Mimì versteckt sich und kann die, für sie schmerzhaftenWorte Rodolfos hören. Dieser weiß, daß Mimì Schwindsuchthat und dringend ärztlicher Pflege und eines warmen zuHauses bedarf. Daher muss er sich von ihr trennen. IhrSchluchzen und ihr Husten verraten Mimì und Rodolfoschließt sie liebevoll in seine Arme. Das Gespräch der bei-den, die beschließen, ihren Abschied in den Frühling zu ver-legen, wird öfters vom lautstarken Streit Musettas undMarcellos übertönt, die von Eifersucht zermürbt auchbeschließen, sich zu trennen.

4. BILDRodolfo und Marcello, die inzwischen von ihren Freundinnengetrennt leben, denken sehnsüchtig an die schönen Tage derLiebe zurück. Da treffen auch Colline und Schaunard ein –sie haben ein mageres Abendessen organisiert: trocken Brotund einen Hering. Da kommt auch Musetta, die aufgeregt denFreunden erzählt, Mimì sei auf der Treppe zu ihnen hoch inOhnmacht gefallen. Als sie den Tod herannahen spürte, woll-te sie unter ihren Freunden, am Ort ihres größten Glücks sein.Von den Freunden und ihrem geliebten Rodolfo umgeben,erinnert sie sich noch einmal an ihre erste Begegnung. Zurentsetzten Verzweiflung Rodolfos, stirbt Mimì.

123Soggetto

DIE HANDLUNG

1. BILDParis. In ihrer Dachwohnung verbrennen Rodolfo undMarcello ein Manuskript Rodolfos, um sich ein wenig amFeuer zu erwärmen. Auch Colline, der Philosoph der Rundeund Schaunard treffen ein. Schaunard ist ein Musiker, dersich auf abenteuerliche Weise ein bisschen Geld zusammenverdient hat. Die Freunde beschließen Heilig Abend imRestaurant Momus zu feiern. Sie werden allerdings vonBenoît, dem Vermieter aufgehalten, der seine Miete einklagt.Zum Trinken aufgefordert, lässt er sich zu Trauseligkeitenüber seine Untreue in der Ehe hinreißen. Sich ganz empörtstellend, schmeißen die vier Freunde ihn aus der Wohnung. Rodolfo erledigt noch ein paar Dinge, während seine Freundeschon einmal voraus gehen. Es klopft an der Tür. Es ist Mimì,eine Nachbarin, die Rodolfo bittet, ihr Feuer für ihr Licht zugeben, das ihr im Treppenhaus ausgegangen ist. Mimì hateinen Schwächeanfall, Rodolfo versucht ihr zu helfen. Als diejunge Frau später gehen möchte, merkt sie, dass sie ihrenZimmerschlüssel verloren hat. Da löscht ein Windzug dieKerzen der jungen Leute aus. Beide suchen auf den Knientastend den Fussboden nach dem Schlüssel ab. Rodolfo fin-det ihn, versteckt ihn in seiner Tasche und nimmt MimìsHände zwischen die seine. Die Freunde rufen Rodolfo von derStraße. Dieser versichert ihnen er komme gleich und umarmtMimì. Die beiden verlassen, eng umschlungen, die Wohnung.

2. BILDVor dem Momus im Quartier Latin mischen sich Rodolfo undMimì unter die Leute, während Colline und Schaunard einpaar Einkäufe tätigen. Nur Marcello ist traurig. Die schöneMusetta hat ihn verlassen, um neuen Liebschaften nachzu-laufen. Mimì wird den Freunden vorgestellt und die jungenLeute setzten sich ins Momus. Da erscheint auch Musetta mit

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présentation de Mimì, commande à dîner. Apparaît alorsMusetta, suivie par un riche et vieil admirateur, Alcindorode Mitonneaux. La jolie jeune femme, ayant éloigné sonvieil amant avec un prétexte, batifole avec Marcello, qui nepeut lui résister. Les deux amoureux s’enfuient avec leursamis en s’unissant à la foule qui suit l’orchestre militaire,laissant payer l’addition à Alcindoro.

ACTE TROISIÈMEA la Barrière d’Enfer, Mimì, pâle et souffrante discute avecMarcello: la vie avec Rodolfo est devenue impossible àcause de leurs disputes incessantes. C’est alors que ducabaret sort Rodolfo qui a passé la nuit chez un ami. Mimìse cache et peut ainsi écouter la douloureuse confession deRodolfo à Marcello. L’homme sait que la jeune femme esten train de mourir de la tuberculose et qu’elle aurait besoinde soins et d’une maison chaude c’est pourquoi la sépara-tion est nécessaire. La toux et les sanglots de Mimì trahis-sent sa présence et Rodolfo l’enlace amoureusement. A laconversation des deux amants, qui s’éloignent après avoirpris la décision de reporter leurs adieux au printemps, s’en-tremêle une grave querelle entre Musetta et Marcello, dévo-rés par la jalousie. Eux-aussi vont se quitter.

ACTE QUATRIÈMERodolfo et Marcello, désormais séparés des deux jeunesfemmes, se remémorent les beaux jours de l’amour avecdouleur et nostalgie. Colline et Schaunard les rejoignentavec un maigre souper: du pain et du hareng. SurvientMusetta qui explique, la voix brisée, que Mimì s’est effon-drée, épuisée, dans l’escalier. Mourante, cette dernière estrevenue dans le lieu qui a fait son bonheur. Enveloppée parla chaleur de ses amis et de son bien-aimé Rodolfo, ellerepense avec tendresse à leur première rencontre, à la nais-sance de leur amour. Allongée sur l'oreiller, Mimi meurt ensilence au grand désespoir de l'être aimé.

124 La Bohème

SSUUJJEETT

ACTE PREMIER Paris. Dans le comble dans lequel ils vivent, Rodolfo etMarcello tentent de se réchauffer en brûlant un manuscritde Rodolfo. Sur ces entrefaites arrivent Colline, le philoso-phe de la troupe, et Schaunard, un musicien qui a auda-cieusement réussi à gagner quelques sous. Les amis déci-dent de célébrer la veillée de Noël au restaurant Momus.Mais arrive Benoît, le propriétaire, qui vient réclamer leloyer. Ce dernier, forcé à boire par les locataires, se laissealler à quelques confidences sur ses infidélités conjugaleset se fait finalement chasser par les jeunes garçons qui fei-gnent d’être outrés. Les quatre amis sortent mais Rodolfos’attarde. Il entend frapper à la porte: c’est Mimì, une jeunelocataire de l’immeuble qui demande à son voisin de luiréparer la lumière cassée dans l’escalier. Mimì se sent mal,c’est le premier symptôme de la tuberculose et Rodolfo laragaillardit avec un peu de vin au coin du feu. Quand lajeune fille est sur le point de partir, il réalise qu’il a perdula clé de la chambre. Un courant d’air éteint sa bougie etcelle de la jeune fille. A genoux dans l’obscurité, les deuxcommencent à la chercher. Rodolfo la trouve, la cache danssa poche et se saisit de la petite main de Mimì. Dans la rue,les amis se plaignent de l’attente qui se prolonge. Rodolfoleur assure qu’il les rejoint très vite et serre Mimì dans sesbras. Les deux jeunes gens sortent en s’échangeant desmots d’amour.

ACTE DEUXIÈMEEn face du Momus, parmi la foule du Quartier Latin,Colline et Schaunard font des achats tandis que Rodolfo etMimì se promènent, heureux. Seul Marcello est triste: labelle Musetta l’a abandonné pour chasser de nouveauxamants. Au café de Momus, les jeunes hommes, après la

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AArrttuurroo CChhaaccóónn--CCrruuzz

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DDaammiiaannoo SSaalleerrnnoo,, AAnnddrreeaa CCoonncceettttii,, AAnnddrreeaa PPoorrttaa

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Quadro primo

MarcelloQuesto Mar Rosso - mi ammollisce e assideracome se addosso - mi piovesse in stille.Per vendicarmi, affogo un Faraon!Che fai?

RodolfoNei cieli bigiguardo fumar dai millecomignoli Parigie penso a quel poltronedi un vecchio caminetto ingannatoreche vive in ozio come un gran signore.

MarcelloLe sue rendite onesteda un pezzo non riceve.

RodolfoQuelle sciocche foresteche fan sotto la neve?

MarcelloRodolfo, io voglio dirti un mio pensier profondo:ho un freddo cane.

RodolfoEd io, Marcel, non ti nascondoche non credo al sudore della fronte.

MarcelloHo diacciatele dita quasi ancora le tenessi immollategiù in quella gran ghiacciaia che è il cuore di Musetta...

RodolfoL’amore è un caminetto che sciupa troppo...

Marcello... e in fretta!

Rodolfo... dove l’uomo è fascina...

Marcello... e la donna è l’alare...

Rodolfo... l’una brucia in un soffio...

Marcello... e l’altro sta a guardare.

RodolfoMa intanto qui si gela...

Marcello... e si muore d’inedia!...

RodolfoFuoco ci vuole...

MarcelloAspetta... sacrifichiam la sedia!

RodolfoEureka!

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MarcelloTrovasti?

RodolfoSì. Aguzzal’ingegno. L’idea vampi in fiamma.

MarcelloBruciamo il Mar Rosso?

RodolfoNo. Puzzala tela dipinta. Il mio dramma,I’ardente mio dramma ci scaldi.

MarcelloVuoi leggerlo forse? Mi geli.

RodolfoNo, in cener la carta si sfaldie l’estro rivoli ai suoi cieli.Al secol gran danno minaccia...è Roma in periglio...

MarcelloGran cor!

RodolfoA te l’atto primo.

MarcelloQua.

RodolfoStraccia.

MarcelloAccendi.

Rodolfo e MarcelloChe lieto baglior!

CollineGià dell’Apocalisse appariscono i segni.In giorno di vigilia non si accettano pegni!Una fiammata!

RodolfoZitto, si dà il mio dramma.

Marcello... al fuoco.

CollineLo trovo scintillante.

RodolfoVivo.

CollineMa dura poco.

RodolfoLa brevità, gran pregio.

CollineAutore, a me la sedia.

MarcelloPresto. Questi intermezzi fan morire d’inedia.

RodolfoAtto secondo.

MarcelloNon far sussurro.

CollinePensier profondo!

128 La Bohème

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MarcelloGiusto color!

RodolfoIn quell’azzurro - guizzo languentesfuma un’ardente - scena d’amor.

CollineScoppietta un foglio.

MarcelloLà c’eran baci!

RodolfoTre atti or voglio - d’un colpo udir.

CollineTal degli audaci - I’idea s’integra.

TuttiBello in allegra - vampa svanir.

MarcelloOh! Dio... già s’abbassa la fiamma.

CollineChe vano, che fragile dramma!

MarcelloGià scricchiola, increspasi, muore.

Colline e MarcelloAbbasso, abbasso l’autore.

RodolfoLegna!

MarcelloSigari!

CollineBordò!

TuttiLe dovizie d’una fierail destin ci destinò.

SchaunardLa Banca di Franciaper voi si sbilancia.

CollineRaccatta, raccatta!

MarcelloSon pezzi di latta!...

SchaunardSei sordo?... Sei lippo?Quest’uomo chi è?

RodolfoLuigi Filippo!M’inchino al mio Re!

TuttiSta Luigi Filippo ai nostri pie’.

SchaunardOr vi dirò: quest’oro, o meglio argento,ha la sua brava storia...

MarcelloRiscaldiamoil camino!

CollineTanto freddo ha sofferto.

129Quadro primo

Page 130: Libro sala 2015

SchaunardUn inglese... un signor... lord o milordche sia, voleva un musicista...

MarcelloVia!Prepariamo la tavola!

SchaunardIo? Volo!

RodolfoL’esca dov’è?

CollineLà.

MarcelloQua.

SchaunardE mi presento.M’accetta: gli domando...

CollineArrosto freddo!

MarcelloPasticcio dolce!

SchaunardA quando le lezioni?...Risponde: «Incominciam...Guardare!» (e un pappagallo m’addita al primo piano),poi soggiunge: «Voi suonarefinché quello morire!».

RodolfoFulgida folgori la sala splendida.

MarcelloOr le candele!

SchaunardE fu così:suonai tre lunghi dì...allora usai l’incantodi mia presenza bella...affascinai l’ancella...gli propinai prezzemolo!...Lorito allargò l’ali,Lorito il becco aprì,da Socrate morì!

CollinePasticcio dolce!

MarcelloMangiar senza tovaglia?

RodolfoUn’idea...

Colline e MarcelloIl «Costituzional!»

RodolfoOttima carta...Si mangia e si divora un’appendice!

CollineChi?!...

SchaunardChe il diavolo vi porti tutti quanti!Ed or che fate?No! Queste cibariesono la salmeriapei dì futuri

130 La Bohème

Page 131: Libro sala 2015

tenebrosi e oscuri.Pranzare in casail dì della vigiliamentre il Quartier Latino le sue vieaddobba di salsicce e leccornie?Quando un olezzo di frittelle imbalsamale vecchie strade?

Marcello, Rodolfo e CollineLa vigilia di Natal!

SchaunardLà le ragazze cantano contenteed han per eco ognuna uno studente!Un po’ di religione, o miei signori:si beva in casa, ma si pranzi fuori.

BenoîtSi può?

MarcelloChi è là?

BenoîtBenoît!

MarcelloIl padrone di casa!

SchaunardUscio sul muso.

CollineNon c’è nessuno.

SchaunardÈ chiuso.

BenoîtUna parola.

SchaunardSola!

BenoîtAffitto!

MarcelloOlà!Date una sedia.

RodolfoPresto.

BenoîtNon occorre. Vorrei...

SchaunardSegga.

MarcelloVuol bere?

BenoîtGrazie.

Rodolfo e CollineTocchiamo.

BenoîtQuestoè l’ultimo trimestre.

MarcelloNe ho piacere.

BenoîtE quindi...

SchaunardAncora un sorso.

131Quadro primo

Page 132: Libro sala 2015

BenoîtGrazie.

I quattroAlla sua salute!

BenoîtA lei ne vengoperché il trimestre scorsomi promise...

MarcelloPromisi ed or mantengo.

RodolfoChe fai?...

SchaunardSei pazzo?

MarcelloHa visto? Or via,resti un momento in nostra compagnia.Dica: quant’anni ha,caro signor Benoît?

BenoîtGli anni?... Per carità!

RodolfoSu e giù la nostra età.

BenoîtDi più, molto di più.

CollineHa detto su e giù.

MarcelloL’altra sera al Mabil...

BenoîtEh?!

MarcelloL’hanno coltoin peccato d’amore.

BenoîtIo?

MarcelloNeghi.

BenoîtUn caso.

MarcelloBella donna!

BenoîtAh! Molto.

SchaunardBriccone!

CollineSeduttore!

RodolfoBriccone!

MarcelloUna quercia!... Un cannone! Il crin ricciutoe fulvo.

RodolfoL’uomo ha buon gusto.

MarcelloEi gongolava arzillo, pettoruto.

132 La Bohème

Page 133: Libro sala 2015

BenoîtSon vecchio, ma robusto.

Colline, Schaunard e RodolfoEi gongolava arzuto e pettorillo.

MarcelloE a lui cedea la femminil virtù.

BenoîtTimido in gioventù,ora me ne ripago... è uno svagoqualche donnetta allegra... e... un po’...Non dico una balena,o un mappamondo,o un viso tondoda luna piena,ma magra, proprio magra, no e poi no!Le donne magre sono grattacapie spesso... sopraccapi...e son piene di doglie,per esempio... mia moglie...

MarcelloQuest’uomo ha mogliee sconce voglieha nel cor!

Gli altriOrror!

RodolfoE ammorba, e appestala nostra onestamagion!

Gli altriFuor!

MarcelloSi abbruci dello zucchero.

CollineSi discacci il reprobo.

SchaunardÈ la morale offesa che vi scaccia!

BenoîtIo di...

Rodolfo, CollineSilenzio!

BenoîtMiei signori...

TuttiSilenzio!...Via signore! Via di qua!... e buona sera a Vostra signoria.Ah! Ah! Ah! Ah!

MarcelloHo pagato il trimestre.

SchaunardAl Quartiere Latino ci attende Momus.

MarcelloViva chi spende!

SchaunardDividiamo il bottino!

Rodolfo e SchaunardDividiam!

133Quadro primo

Page 134: Libro sala 2015

MarcelloLà ci sono beltà scese dal cielo.Or che sei ricco, bada alla decenza!Orso, ravviati il pelo.

CollineFarò la conoscenzala prima volta d’un barbitonsore.Guidatemi al ridicolooltraggio d’un rasoio.

Marcello, Schaunard e CollineAndiamo.

RodolfoIo restoper terminar l’articolodi fondo del «Castoro».

MarcelloFa presto.

RodolfoCinque minuti. Conosco il mestiere.

CollineTi aspetterem dabbasso dal portiere.

MarcelloSe tardi, udrai che coro!

RodolfoCinque minuti.

SchaunardTaglia corta la coda al tuo Castoro!

MarcelloOcchio alla scala. Tientialla ringhiera.

RodolfoAdagio!

CollineÈ buio pesto.

SchaunardMaledetto portier!

CollineAccidenti!

RodolfoColline, sei morto?

CollineNon ancor!

MarcelloVien presto!

RodolfoNon sono in vena.Chi è là?

MimìScusi.

RodolfoUna donna!

MimìDi grazia, mi si è spento il lume.

RodolfoEcco.

MimìVorrebbe...?

134 La Bohème

Page 135: Libro sala 2015

RodolfoS’accomodi un momento.

MimìNon occorre.

RodolfoLa prego, entri.Si sente male?

MimìNo... nulla.

RodolfoImpallidisce!

MimìIl respir... quelle scale...

RodolfoEd ora come faccio?...Così!Che viso da malata!Si sente meglio?

MimìSì.

RodolfoQui c’è tanto freddo. Segga vicino al fuoco.Aspetti... un po’ di vino...

MimìGrazie...

RodolfoA lei.

MimìPoco, poco.

RodolfoCosì?

MimìGrazie.

Rodolfo(Che bella bambina!)

MimìOra permettache accenda il lume. È tutto passato.

RodolfoTanta fretta?

MimìSì.Grazie. Buona sera.

RodolfoBuona sera.

MimìOh! Sventata!La chiave della stanzadove l’ho lasciata?

RodolfoNon stia sull’uscio; il lume vacilla al vento.

MimìOh Dio! Torni ad accenderlo.

RodolfoOh Dio!... Anche il mio s’è spento!

MimìE la chiave ove sarà?...

135Quadro primo

Page 136: Libro sala 2015

RodolfoBuio pesto!

MimìDisgraziata!

RodolfoOve sarà?

MimìImportuna è la vicina...

RodolfoMa le pare?...

MimìImportuna è la vicina...

RodolfoCosa dice, ma le pare!

MimìCerchi.

RodolfoCerco.

MimìOve sarà?...

RodolfoAh!

MimìL’ha trovata?...

RodolfoNo!

MimìMi parve...

RodolfoIn verità...

MimìCerca?

RodolfoCerco!

MimìAh!

RodolfoChe gelida manina!Se la lasci riscaldar.Cercar che giova? Al buio non si trova.Ma per fortuna è una notte di luna,e qui la luna l’abbiamo vicina.Aspetti, signorina,le dirò con due parolechi son, che faccio e come vivo. Vuole?Chi son? Sono un poeta.Che cosa faccio? Scrivo.E come vivo? Vivo.In povertà mia lietascialo da gran signorerime ed inni d’amore.Per sogni, per chimeree per castelli in arial’anima ho milionaria.Talor dal mio forziereruban tutti i gioiellidue ladri: gli occhi belli.V’entrar con voi pur oraed i miei sogni usatie i bei sogni miei

136 La Bohème

Page 137: Libro sala 2015

tosto son dileguati.Ma il furto non m’accora,poiché vi ha preso stanzala dolce speranza!Or che mi conoscete,parlate voi. Chi siete?Vi piaccia dir?

MimìSì.Mi chiamano Mimì,ma il mio nome è Lucia.La storia miaè breve. A tela o a setaricamo in casa e fuori...son tranquilla e lietaed è mio svagofar gigli e rose.Mi piaccion quelle coseche han sì dolce malìa,che parlano d’amor, di primavere,di sogni e di chimere,quelle cose che han nome poesia...lei m’intende?

RodolfoSì.

MimìMi chiamano Mimì,il perché non so.Sola, mi foil pranzo da me stessa.Non vado sempre a messa,ma prego assai il Signore.Vivo sola, solettalà in una bianca cameretta:guardo sui tetti e in cielo;ma quando vien lo sgelo

il primo sole è mioil primo bacio dell’aprile è mio!Germoglia in un vaso una rosa...foglia a foglia la spio!Cosi gentileil profumo d’un fiore!Ma i fior ch’io faccio, ahimè, non hanno odore.Altro di me non le saprei narrare.Sono la sua vicinache la vien fuori d’ora a importunare.

SchaunardEhi! Rodolfo!

CollineRodolfo!

MarcelloOlà. Non senti?Lumaca!

CollinePoetucolo!

SchaunardAccidential pigro!

RodolfoScrivo ancor tre righe a volo.

MimìChi sono?

RodolfoAmici.

SchaunardSentirai le tue.

137Quadro primo

Page 138: Libro sala 2015

MarcelloChe te ne fai lì solo?

RodolfoNon sono solo. Siamo in due.Andate da Momus, tenete il posto,ci saremo tosto.

Marcello, Schaunard e CollineMomus, Momus, Momus,zitti e discreti andiamocene via.Momus, Momus, Momus, il poetatrovò la poesia.

RodolfoO soave fanciulla, o dolce visodi mite circonfuso alba lunarin te, vivo ravvisoil sogno ch’io vorrei sempre sognar!Fremon già nell’animale dolcezze estreme,nel bacio freme amor!

MimìAh! Tu sol comandi, amor!...(Oh! Come dolci scendonole sue lusinghe al core...tu sol comandi, amore!...)

MimìNo, per pietà!

RodolfoSei mia!

MimìV’aspettan gli amici...

RodolfoGià mi mandi via?

MimìVorrei dir... ma non oso...Se venissi con voi?

RodolfoChe?... Mimì?Sarebbe così dolce restar qui.C’è freddo fuori.

MimìVi starò vicina!...

RodolfoE al ritorno?

MimìCurioso!

RodolfoDammi il braccio, mia piccina.

MimìObbedisco, signor!

RodolfoChe m’ami di’...

MimìIo t’amo!

RodolfoAmore!

MimìAmor!

138 La Bohème

Page 139: Libro sala 2015

AAnnttoonniioo SSttrraaggaappeeddee

Page 140: Libro sala 2015

LLaarriissssaa AAlliiccee WWiisssseell,, GGiiaaccoommoo MMeeddiiccii

Page 141: Libro sala 2015

Quadro secondo

VenditoriAranci, datteri! Caldi i marroni!Ninnoli, croci. Torroni! Panna montata!Caramelle! La crostata! Fringuelli,passeri! Fiori alle belle!

La follaQuanta folla! Su, corriam! Che chiasso!Stringiti a me. Date il passo.

Dal caffèPresto qua! Camerier! Un bicchier!Corri! Birra! Da ber! Un caffè!

VenditoriLatte di cocco! Giubbe! Carote!

La follaQuanta folla, su, partiam!

SchaunardFalso questo Re!Pipa e corno quant’è?

CollineÈ un poco usato...ma è serio e a buon mercato...

RodolfoAndiamo.

MimìAndiamo per la cuffietta?

RodolfoTienti al mio braccio stretta...

MimìA te mi stringo...Andiamo!

MarcelloIo pur mi sento in vena di gridar:chi vuol, donnine allegre, un po’ d’amor!Facciamo insieme a vendere e a comprar!

Un venditorePrugne di Tours!

MarcelloIo dò ad un soldo il vergine mio cuor!

SchaunardFra spintoni e testate accorrendoaffretta la folla e si dilettanel provar gioie matte... insoddisfatte...

Alcune venditriciNinnoli, spillette!Datteri e caramelle!

VenditoriFiori alle belle!

CollineCopia rara, anzi unica:la grammatica Runica!

141

Page 142: Libro sala 2015

SchaunardUomo onesto!

MarcelloA cena!

Schaunard e CollineRodolfo?

MarcelloEntrò da una modista.

RodolfoVieni, gli amici aspettano.

VenditoriPanna montata!

MimìMi sta bene questa cuffietta rosa?

MonelliLatte di cocco!

VenditoriOh, la crostata!Panna montata!

Dal caffèCamerier!Un bicchier!Presto, olà!Ratafià!

RodolfoSei bruna e quel color ti dona.

MimìBel vezzo di corallo!

RodolfoHo uno zio milionario. Se fa senno il buon Dio,voglio comprarti un vezzo assai più bel!

MonelliAh! Ah! Ah! Ah!

Sartine e studentiAh! Ah! Ah!...

BorghesiFacciam coda alla gente!Ragazze, state attente!Che chiasso! Quanta folla!Pigliam via Mazzarino!Io soffoco, partiamo!Vedi il Caffè è vicin!Andiamo là da Momus!

VenditoriAranci, datteri, ninnoli, fior!

RodolfoChi guardi?

CollineOdio il profano volgo al par d’Orazio.

MimìSei geloso?

RodolfoAll’uom felice sta il sospetto accanto.

SchaunardEd io, quando mi sazio,vo’ abbondanza di spazio...

142 La Bohème

Page 143: Libro sala 2015

MimìSei felice?

MarcelloVogliamo una cena prelibata.

RodolfoAh, sì, tanto!E tu?

MimìSì, tanto!

Studenti e sartineLà da Momus!Andiamo!

Marcello, Schaunard e CollineLesto!

ParpignolEcco i giocattoli di Parpignol!

RodolfoDue posti.

CollineFinalmente!

RodolfoEccoci quiquesta è Mimì,gaia fioraia.Il suo venir completala bella compagnia,perché son io il poeta,essa la poesia.

Dal mio cervel sbocciano i canti,dalle sue dita sbocciano i fior;dall’anime esultantisboccia l’amor.

Marcello, Schaunard e CollineAh! Ah! Ah! Ah!

MarcelloDio, che concetti rari!

Colline«Digna est intrari»

Schaunard«Ingrediat si necessit»

CollineIo non dò che un «accessit»!

ParpignolEcco i giocattoli di Parpignol!

CollineSalame!

Bambine e ragazziParpignol, Parpignol!Ecco Parpignol, Parpignol!Col carretto tutto fior!Ecco Parpignol, Parpignol!Voglio la tromba, il cavallin,il tambur, tamburel...voglio il cannon, voglio il frustin,... dei soldati il drappel.

SchaunardCervo arrosto!

143Quadro secondo

Page 144: Libro sala 2015

MarcelloUn tacchino!

SchaunardVin del Reno!

CollineVin da tavola!

SchaunardAragosta senza crosta!

MammeAh! Razza di furfanti indemoniati,che ci venite a fare in questo loco?A casa, a letto! Via, brutti sguaiati,gli scappellotti vi parranno poco!A casa, a letto,razza di furfanti, a letto!

Un ragazzoVo’ la tromba, il cavallin!...

RodolfoE tu, Mimì, che vuoi?

MimìLa crema.

SchaunardE gran sfarzo. C’è una dama!

Bambine e ragazziViva Parpignol, Parpignol!Il tambur! Tamburel!Dei soldati il drappel!

MarcelloSignorina Mimì, che dono rarole ha fatto il suo Rodolfo?

MimìUna cuffiettaa pizzi, tutta rosa, ricamata;coi miei capelli bruni ben si fonde.Da tanto tempo tal cuffietta è cosa desïata!...Egli ha letto quel che il core asconde...ora colui che legge dentro a un cuoresa l’amore ed è... lettore.

SchaunardEsperto professore...

Colline... che ha già diplomi e non son armi primele sue rime...

Schaunard... tanto che sembra ver ciò ch’egli esprime!...

MarcelloO bella età d’inganni e d’utopie!Si crede, spera, e tutto bello appare!

RodolfoLa più divina delle poesieè quella, amico, che c’insegna amare!

MimìAmare è dolce ancora più del miele...

Marcello... secondo il palato è miele, o fiele!...

MimìO Dio!... L’ho offeso!

144 La Bohème

Page 145: Libro sala 2015

RodolfoÈ in lutto, o mia Mimì.

Schaunard e CollineAllegri, e un toast!...

MarcelloQua del liquor!...

Mimì, Rodolfo e MarcelloE via i pensier, alti i bicchier!Beviam!

TuttiBeviam!

MarcelloCh’io beva del tossico!

Rodolfo, Schaunard e CollineOh!

MarcelloEssa!

Rodolfo, Schaunard e CollineMusetta!

BottegaieTo’! - Lei! - Sì! - To’! - Lei! - Musetta!Siamo in auge! - Che toeletta!

AlcindoroCome un facchino...correr di qua... di là...no! No! Non ci sta...non ne posso più!

MusettaVien, Lulù!Vien, Lulù!

SchaunardQuel brutto cosomi par che sudi!

AlcindoroCome! Qui fuori?Qui?

MusettaSiedi, Lulù!

AlcindoroTali nomignoli,prego, serbatelial tu per tu!

MusettaNon farmi il Barbablù!

CollineÈ il vizio contegnoso...

MarcelloColla casta Susanna!

MimìÈ pur ben vestita!

RodolfoGli angeli vanno nudi.

MimìLa conosci! Chi è?

145Quadro secondo

Page 146: Libro sala 2015

MarcelloDomandatelo a me.Il suo nome è Musetta;cognome: tentazione!Per sua vocazionefa la Rosa dei venti;gira e muta soventie d’amanti e d’amore.E come la civettaè uccello sanguinario;il suo cibo ordinarioè il cuore... mangia il cuore!...Per questo io non ne ho più...passatemi il ragù!

Musetta(Marcello mi vide...non mi guarda, il vile!Quel Schaunard che ride!Mi fan tutti una bile!Se potessi picchiar,se potessi graffiar!Ma non ho sottomanoche questo pellican!Aspetta!)Ehi! Camerier!Cameriere! Questo piattoha una puzza di rifritto!

AlcindoroNo, Musetta...zitta zitta!

Musetta(Non si volta.)

AlcindoroZitta! Zitta! Zitta!Modi, garbo!

Musetta(Ah, non si volta!)

AlcindoroA chi parli?...

CollineQuesto pollo è un poema!

Musetta(Ora lo batto, lo batto!)

AlcindoroCon chi parli?...

SchaunardIl vino è prelibato.

MusettaAl cameriere!Non seccar!Voglio fare il mio piacere....

AlcindoroParla pianparla pian!

Musetta... vo’ far quel che mi pare!Non seccar.

SartineGuarda, guarda chi si vede,proprio lei, Musetta!

StudentiCon quel vecchio che balbetta...

146 La Bohème

Page 147: Libro sala 2015

Sartine e studenti... proprio lei, Musetta!Ah, ah, ah, ah!

Musetta(Che sia gelosodi questa mummia?)

AlcindoroLa convenienza...il grado... la virtù...

Musetta... (Vediam se mi restatanto poter su lui da farlo cedere!)

SchaunardLa commedia è stupenda!

MusettaTu non mi guardi!

AlcindoroVedi bene che ordino!...

SchaunardLa commedia è stupenda!

CollineStupenda!

RodolfoSappi per tuo governoche non darei perdono in sempiterno.

SchaunardEssa all’un parlaperché l’altro intenda.

MimìIo t’amo tanto,e son tutta tua!...Ché mi parli di perdono?

CollineE l’altro invan crudel...finge di non capir, ma sugge miel!...

MusettaMa il tuo cuore martella!

AlcindoroParla piano.

MusettaQuando men vo soletta per la via,la gente sosta e mirae la bellezza mia tutta ricerca in meda capo a pie’...

MarcelloLegatemi alla seggiola!

AlcindoroQuella gente che dirà?

Musetta... ed assaporo allor la bramosiasottil, che da gli occhi traspirae dai palesi vezzi intender saalle occulte beltà.Così l’effluvio del desìo tutta m’aggira,felice mi fa!

Alcindoro(Quel canto scurrilemi muove la bile!)

147Quadro secondo

Page 148: Libro sala 2015

MusettaE tu che sai, che memori e ti struggida me tanto rifuggi?So ben: le angoscie tue non le vuoi dir,ma ti senti morir!

MimìIo vedo ben...che quella poveretta,tutta invaghita di Marcel,tutta invaghita ell’è!

AlcindoroQuella gente che dirà?

RodolfoMarcello un dì l’amò.

SchaunardAh, Marcello cederà!

CollineChi sa mai quel che avverrà!

RodolfoLa fraschetta l’abbandonòper poi darsi a miglior vita.

SchaunardTrovan dolce al pari il laccio...

CollineSanti numi, in simil briga...

Schaunard... chi lo tende e chi ci dà.

Colline... mai Colline intopperà!

Musetta(Ah! Marcello smania...)

AlcindoroParla pian!Zitta, zitta!

Musetta(Marcello è vinto!)Sò ben le angoscie tuenon le vuoi dir.Ah! Ma ti senti morir.

AlcindoroModi, garbo!Zitta, zitta!

MusettaIo voglio fare il mio piacere!Voglio far quel che mi par,non seccar! Non seccar!

MimìQuell’infelicemi muove a pietà!

Colline(Essa è bella, io non son cieco,ma piaccionmi assai piùuna pipa e un testo greco!)

MimìT’amo!Quell’infelice mi muove a pietà!L’amor ingeneroso è tristo amor!Quell’infelice mi muove a pietà!

RodolfoMimì!

148 La Bohème

Page 149: Libro sala 2015

È fiacco amor quel che le offesevendicar non sa!Non risorge spento amor!

Schaunard(Quel bravaccio a momenti cederà!Stupenda è la commedia!Marcello cederà!)Se tal vaga persona,ti trattasse a tu per tu,la tua scienza brontolonamanderesti a Belzebù!

Musetta(Or convien liberarsi del vecchio!)Ahi!

AlcindoroChe c’è?

MusettaQual dolore, qual bruciore!

AlcindoroDove?

MusettaAl pie’!

MarcelloGioventù mia,tu non sei morta,né di te morto è il sovvenir!

MusettaSciogli, slaccia, rompi, straccia!Te ne imploro...laggiù c’è un calzolaio.

AlcindoroImprudente!

Schaunard e Colline, poi RodolfoLa commedia è stupenda!

MarcelloSe tu battessi alla mia porta,t’andrebbe il mio core ad aprir!

MusettaCorri presto!Ne voglio un altro paio.Ahi! Che fitta,maledetta scarpa stretta!

AlcindoroQuella gente che dirà?

MusettaOr la levo...

AlcindoroMa il mio grado!

MusettaEccola qua.

MimìIo vedo benell’è invaghita di Marcello!

AlcindoroVuoi ch’io comprometta?Aspetta! Musetta! Vo’.

MusettaCorri, va, corri.Presto, va! Va!

149Quadro secondo

Page 150: Libro sala 2015

MusettaMarcello!

MarcelloSirena!

SchaunardSiamo all’ultima scena!

Rodolfo,, Schaunard e CollineIl conto?

SchaunardCosì presto?

CollineChi l’ha richiesto?

SchaunardVediam!

Rodolfo e CollineCaro!

MonelliLa Ritirata!

Sartine e studentiLa Ritirata!

Colline,, Schaunard e RodolfoFuori il danaro!

SchaunardColline, Rodolfo e tuMarcel?

MarcelloSiamo all’asciutto!

SchaunardCome?

RodolfoHo trenta soldi in tutto!

Colline, Schaunard e MarcelloCome? Non ce n’è più?

SchaunardMa il mio tesoro ov’è?

MusettaIl mio conto date a me.Bene!Presto, sommatequello con questo!Paga il signor che stava qui con me!

Rodolfo, Marcello, Schaunard e CollinePaga il signor!

CollinePaga il signor!

SchaunardPaga il signor!

Marcello... il Signor!

MusettaE dove s’è sedutoritrovi il mio saluto!

Rodolfo, Marcello, Schaunard e CollineE dove s’è sedutoritrovi il mio saluto!

150 La Bohème

Page 151: Libro sala 2015

BorghesiLa Ritirata!

MonelliS’avvicina per di qua!?

Sartine e studentiNo, di là!

MonelliS’avvicinan per di là!

Sartine e studentiVien di qua!

Borghesi e venditoriLargo! Largo!

RagazziVoglio veder! Voglio sentir!Mamma, voglio veder!Papà, voglio sentir!Vo’ veder la Ritirata!

MammeLisetta, vuoi tacer?Tonio, la vuoi finir?Vuoi tacer, la vuoi finir?

Sartine e borghesiS’avvicinano di qua!

La folla e i venditoriSì, di qua!

MonelliCome sarà arrivatala seguiremo al passo!

MarcelloGiunge la Ritirata!

Marcello e CollineChe il vecchio non ci vedafuggir colla sua preda!

Marcello,, Schaunard e CollineQuella folla serratail nascondiglio appresti!

Mimì, Musetta, Rodolfo, Marcello, Schaunard e CollineLesti, lesti, lesti!

VenditoriIn quel rullio tu sentila patria maestà!

La follaLargo, largo, eccoli qua!In fila!

La folla e i venditoriEcco il Tambur Maggior!Più fier d’un antico guerrier!Il Tamburo Maggior! Gli Zappator, olà!La Ritirata è qua!Eccolo là! Il bel Tambur Maggior!La canna d’ôr, tutto splendor!Che guarda, passa, va!

Rodolfo, Marcello, Schaunard e CollineViva Musetta!Cuor birichin!Gloria ed onor,onor e gloriadel quartier latin!

151Quadro secondo

Page 152: Libro sala 2015

La folla e i venditoriTutto splendor!Di Francia è il più bell’uom!Il bel Tambur MaggiorEccolo là!Che guarda, passa, va!

152 La Bohème

Page 153: Libro sala 2015

CCoorroo PPuueerrii CCaannttoorreess,, AAlleessssaannddrroo PPuuccccii

Page 154: Libro sala 2015

AAnnddrreeaa PPoorrttaa,, GGiiaannffrraannccoo SSttoorrttoonnii

Page 155: Libro sala 2015

Quadro terzo

SpazziniOhè, là, le guardie!... Aprite!... Ohè, là!Quelli di Gentilly!... Siam gli spazzini!...Fiocca la neve... ohè, là!... Qui s’agghiaccia!

DoganiereVengo!

Voci interneChi nel ber trovò il piacernel suo bicchier,ah! D’una bocca nell’ardor,trovò l’amor!

MusettaAh! Se nel bicchiere sta il piacer,in giovin bocca sta l’amor!

Voci interneTrallerallè...Eva e Noè!

LattivendoleHopplà! Hopplà!

DoganiereSon già le lattivendole!

CarrettieriHopplà!

LattivendoleHopplà!Buon giorno!

Contadine- Burro e cacio!- Polli ed uova!- Voi da che parte andate?- A San Michele!- Ci troverem più tardi?- A mezzodì!

MimìSa dirmi, scusi, qual’è l’osteria...dove un pittor lavora?

SergenteEccola.

MimìGrazie.O buona donna, mi fate il favoredi cercarmi il pittoreMarcello? Ho da parlargli. Ho tanta fretta.Ditegli, piano, che Mimì lo aspetta.

SergenteEhi, quel panier!

DoganiereVuoto!

SergentePassi!

MarcelloMimì?!

MimìSon io. Speravo di trovarti qui.

155

Page 156: Libro sala 2015

MarcelloÈ ver. Siam qui da un mesedi quell’oste alle spese.Musetta insegna il canto ai passeggeri;io pingo quel guerriersulla facciata.È freddo. Entrate.

MimìC’èRodolfo?

MarcelloSì.

MimìNon posso entrar.

MarcelloPerché?

MimìO buon Marcello, aiuto!

MarcelloCos’è avvenuto?

MimìRodolfo m’ama. Rodolfo m’amami fugge e si strugge per gelosia.Un passo, un detto,un vezzo, un fior lo mettono in sospetto...onde corrucci ed ire.Talor la notte fingo di dormiree in me lo sento fisospiarmi i sogni in viso.Mi grida ad ogni istante:non fai per me, prenditi un altro amante.

Ahimè! In lui parla il rovello;lo so, ma che rispondergli, Marcello?

MarcelloQuando s’è come voi non si vive in compagnia.Son lieve a Musetta ed ella è lievea me, perché ci amiamo in allegria...canti e risa, ecco il fiord’invariabile amor!

MimìDite bene. Lasciarci conviene.Aiutateci voi; noi s’è provatopiù volte, ma invano.Fate voi per il meglio.

MarcelloSta ben! Ora lo sveglio.

MimìDorme?

MarcelloÈ piombato quiun’ora avanti l’alba; s’assopìsopra una panca.Guardate...che tosse!

MimìDa ieri ho l’ossa rotte.Fuggì da me stanottedicendomi: È finita.A giorno sono uscitae me ne venni a questavolta.

MarcelloSi desta...s’alza, mi cerca... viene.

156 La Bohème

Page 157: Libro sala 2015

MimìCh’ei non mi veda!

MarcelloOr rincasate...Mimì... per carità,non fate scene qua!

RodolfoMarcello. Finalmente!Qui niun ci sente.Io voglio separarmi da Mimì.

MarcelloSei volubil così?

RodolfoGià un’altra volta credetti morto il mio cor,ma di quegli occhi azzurri allo splendoresso è risorto.Ora il tedio l’assale.

MarcelloE gli vuoi rinnovare il funerale?

RodolfoPer sempre!

MarcelloCambia metro.Dei pazzi è l’amor tetroche lacrime distilla.Se non ride e sfavillal’amore è fiacco e roco.Tu sei geloso.

RodolfoUn poco.

MarcelloCollerico, lunatico, imbevutodi pregiudizi, noioso, cocciuto!

Mimì(Or lo fa incollerir! Me poveretta!)

RodolfoMimì è una civettache frascheggia con tutti. Un moscardinodi Viscontinole fa l’occhio di triglia.Ella sgonnella e scopre la cavigliacon un far promettente e lusinghier.

MarcelloLo devo dir? Non mi sembri sincer.

RodolfoEbbene no, non lo son. Invan nascondola mia vera tortura.Amo Mimì sovra ogni cosa al mondo,io l’amo, ma ho paura, ma ho paura!Mimì è tanto malata!Ogni dì più declina.La povera piccinaè condannata!

MarcelloMimì?

MimìChe vuol dire?

RodolfoUna terribil tossel’esil petto le scuotee già le smunte gotedi sangue ha rosse...

157Quadro terzo

Page 158: Libro sala 2015

MarcelloPovera Mimì!

MimìAhimè, morire!

RodolfoLa mia stanza è una tanasquallida...Il fuoco ho spento.V’entra e l’aggira il ventodi tramontana.Essa canta e sorridee il rimorso m’assale.Me, cagion del fatalemal che l’uccide!Mimì di serra è fiore.Povertà l’ha sfiorita;per richiamarla in vitanon basta amore!

MarcelloChe far dunque?Oh, qual pietà!Poveretta!Povera Mimì!

MimìO mia vita!Ahimè! È finita!O mia vita! È finita!Ahimè, morir!

RodolfoChe? Mimì! Tu qui?M’hai sentito?

MarcelloElla dunque ascoltava?

RodolfoFacile alla pauraper nulla io m’arrovello.Vien là nel tepor!

MimìNo, quel tanfo mi soffoca!

RodolfoAh, Mimì!

MarcelloÈ Musettache ride.Con chi ride? Ah, la civetta!Imparerai.

MimìAddio.

RodolfoChe! Vai?

MimìD’onde lieta uscìal tuo grido d’amore,torna sola Mimìal solitario nido.Ritorna un’altra voltaa intesser finti fior.Addio, senza rancor.- Ascolta, ascolta.Le poche robe aduna che lasciaisparse. Nel mio cassettostan chiusi quel cerchiettod’or e il libro di preghiere.Involgi tutto quanto in un grembiale

158 La Bohème

Page 159: Libro sala 2015

e manderò il portiere...- Bada, sotto il guancialec’è la cuffietta rosa.Se... vuoi... serbarla a ricordo d’amor!...Addio, senza rancor.

RodolfoDunque è proprio finita?Te ne vai, te ne vai, la mia piccina?!Addio, sogni d’amor!...

MimìAddio, dolce svegliare alla mattina!

RodolfoAddio, sognante vita...

MimìAddio, rabbuffi e gelosie!

Rodolfo... che un tuo sorriso acqueta!

MimìAddio, sospetti!...

MarcelloBaci...

MimìPungenti amarezze!

RodolfoCh’io da vero poetarimavo con carezze!

Mimì e RodolfoSoli d’inverno è cosa da morire!

Soli! Mentre a primaverac’è compagno il sol!

MarcelloChe facevi, che dicevipresso al fuoco a quel signore?

MusettaChe vuoi dir?

MimìNiuno è solo l’april.

MarcelloAl mio venirehai mutato colore.

MusettaQuel signore mi diceva:ama il ballo, signorina?

RodolfoSi parla coi gigli e le rose.

MarcelloVana, frivola, civetta!

MusettaArrossendo rispondeva:ballerei sera e mattina.

MarcelloQuel discorso asconde mire disoneste.

MimìEsce dai nidi un cinguettio gentile...

MusettaVoglio piena libertà!

159Quadro terzo

Page 160: Libro sala 2015

MarcelloIo t’acconcio per le festese ti colgo a incivettire!

Mimì e RodolfoAl fiorir di primaverac’è compagno il sol!Chiacchieran le fontanela brezza della sera.

MusettaChé mi gridi? Ché mi canti?All’altar non siamo uniti.

MarcelloBada, sotto il mio cappellonon ci stan certi ornamenti...

MusettaIo detesto quegli amantiche la fanno da mariti...

MarcelloIo non faccio da zimbelloai novizi intraprendenti.

Mimì e RodolfoBalsami stende sulle doglie umane.

MusettaFo all’amor con chi mi piace!

MarcelloVana, frivola, civetta!

MusettaNon ti garba? Ebbene, pace.ma Musetta se ne va.

MarcelloVe n’andate? Vi ringrazio:or son ricco divenuto. Vi saluto.

Mimì e RodolfoVuoi che spettiamla primavera ancor?

MusettaMusetta se ne vasì, se ne va! Vi saluto.Signor: addio!Vi dico con piacer.

MarcelloSon servo e me ne vo!

MusettaPittore da bottega!

MarcelloVipera!

MusettaRospo!

MarcelloStrega!

MimìSempre tua per la vita...

RodolfoCi lasceremo...

MimìCi lasceremo alla stagion dei fior...

160 La Bohème

Page 161: Libro sala 2015

Rodolfo... alla stagion dei fior...

MimìVorrei che eternodurasse il verno!

Mimì e RodolfoCi lascerem alla stagion dei fior!

161Quadro terzo

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CCaarrmmeellaa RReemmiiggiioo,, AArrttuurroo CChhaaccóónn--CCrruuzz

Page 163: Libro sala 2015

Quadro quarto

MarcelloIn un coupé?

RodolfoCon pariglia e livree.Mi salutò ridendo. To’, Musetta!Le dissi: - e il cuor? - «Non batte o non lo sentograzie al velluto che il copre».

MarcelloCi ho gustodavver!

Rodolfo(Loiola, va! Ti rodi e ridi.)

MarcelloNon batte? Bene! Io pur vidi...

RodolfoMusetta?

MarcelloMimì.

RodolfoL’hai vista?Oh, guarda!

MarcelloEra in carrozzavestita come una regina.

RodolfoEvviva!Ne son contento.

Marcello(Bugiardo, si strugge d’amor.)

RodolfoLavoriam.

MarcelloLavoriam.

RodolfoChe penna infame!

MarcelloChe infame pennello!

Rodolfo(O Mimì tu più non torni.O giorni belli,piccole mani, odorosi capelli,collo di neve!Ah! Mimì, mia breve gioventù!E tu, cuffietta lieve,che sotto il guancial partendo ascose,tutta sai la nostra felicità,vien sul mio cuor!Sul mio cuor morto, poich’è morto amor.)

Marcello(Io non so come siache il mio pennel lavoried impasti coloricontro la voglia mia.Se pingere mi piaceo cieli o terre o inverni o primavere,

163

Page 164: Libro sala 2015

egli mi traccia due pupille neree una bocca procace,e n’esce di Musettae il viso ancor...e n’esce di Musettail viso tutto vezzi e tutto frode.Musetta intanto godee il mio cuor vil la chiamae aspetta il vil mio cuor...)

RodolfoChe ora sia?E Schaunard non torna?

MarcelloL’ora del pranzo di ieri.

SchaunardEccoci.

RodolfoEbben?

MarcelloEbben?Del pan?

CollineÈ un piatto degno di Demostene:un’aringa...

Schaunard... salata.

CollineIl pranzo è in tavola.

MarcelloQuesta è cuccagnada Berlingaccio.

SchaunardOr lo sciampagnamettiamo in ghiaccio.

RodolfoScelga, o barone;trota o salmone?

MarcelloDuca, una linguadi pappagallo?

SchaunardGrazie, m’impingua.Stasera ho un ballo.

RodolfoGià sazio?

CollineHo fretta.Il Re m’aspetta

MarcelloC’è qualche trama?

RodolfoQualche mister?

SchaunardQualche mister?

MarcelloQualche mister?

CollineIl Re mi chiamaal Minister.

164 La Bohème

Page 165: Libro sala 2015

Rodolfo, Schaunard e MarcelloBene!

CollinePerò...vedrò... Guizot!

SchaunardPorgimi il nappo.

MarcelloSì, bevi, io pappo!

SchaunardMi sia permesso al nobile consesso...

Rodolfo e CollineBasta!

MarcelloFiacco!

CollineChe decotto!

MarcelloLeva il tacco!

CollineDammi il gotto!

SchaunardM’ispira irresistibilel’estro della romanza!...

Gli altriNo!

SchaunardAzione coreograficaallora?...

Gli altriSì! Sì!...

SchaunardLa danzacon musica vocale!

CollineSi sgombrino le sale...Gavotta.

MarcelloMinuetto.

RodolfoPavanella.

SchaunardFandango.

CollinePropongo la quadriglia.

RodolfoMano alle dame.

CollineIo dètto!

SchaunardLallera, lallera, lallera, là.

RodolfoVezzosa damigella...

165Quadro quarto

Page 166: Libro sala 2015

MarcelloRispetti la modestia.La prego.

SchaunardLallera, lallera, lallera, là.

CollineBalancez.

MarcelloLallera, lallera, lallera.

SchaunardPrima c’è il «Rond».

CollineNo, bestia!!

SchaunardChe modi da lacchè!

CollineSe non erro,lei m’oltraggia.Snudi il ferro.

SchaunardPronti.Assaggia.Il tuo sangue io voglio ber.

CollineUno di noi qui si sbudella.

SchaunardApprestate una barella.

CollineApprestate un cimiter.

Rodolfo e MarcelloMentre incalzala tenzone,gira e balzaRigodone.

MarcelloMusetta!

MusettaC’è Mimì...c’è Mimì che mi segue e che sta male.

RodolfoOv’è?

MusettaNel far le scalepiù non si resse.

RodolfoAh!

SchaunardNoi accostiamquel lettuccio.

RodolfoLà.Da bere.

MimìRodolfo!

RodolfoZitta, riposa.

166 La Bohème

Page 167: Libro sala 2015

MimìO mio Rodolfo!Mi vuoi qui con te?

RodolfoAh! Mia Mimì,sempre, sempre!

MusettaIntesi dire che Mimì, fuggitadal Viscontino, era in fin di vita.Dove stia? Cerca, cerca... la veggopassar per viatrascinandosi a stento.Mi dice: «Più non reggo...muoio! lo sento...voglio morir con lui! Forse m’aspetta...m’accompagni, Musetta?...»

MarcelloSst.

MimìMi sento assai meglio...lascia ch’io guardi intorno.Ah, come si sta bene qui!Si rinasce, ancor sento la vita qui...no! Tu non mi lasci più!

RodolfoBenedetta bocca,tu ancor mi parli!

MusettaChe ci avete in casa?

MarcelloNulla!

MusettaNon caffè? Non vino?

MarcelloNulla! Ah! Miseria!

SchaunardFra mezz’ora è morta!

MimìHo tanto freddo!...Se avessi un manicotto! Queste mie maniriscaldare non si potranno mai?

RodolfoQui nelle mie! Taci!Il parlar ti stanca.

MimìHo un po’ di tosse!Ci sono avvezza.Buon giorno, Marcello,Schaunard, Colline... buon giorno.Tutti qui, tutti quisorridenti a Mimì.

RodolfoNon parlar, non parlar.

MimìParlo piano,non temere, Marcello,date retta: è assai buona Musetta.

MarcelloLo so, lo so.

MusettaA te, vendi, riportaqualche cordial, manda un dottore!...

167Quadro quarto

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RodolfoRiposa.

MimìTu non mi lasci?

RodolfoNo! No!

MusettaAscolta!Forse è l’ultima voltache ha espresso un desiderio, poveretta!Pel manicotto io vo. Con te verrò.

MarcelloSei buona, o mia Musetta.

CollineVecchia zimarra, senti,io resto al pian, tu ascendereil sacro monte or devi.Le mie grazie ricevi.Mai non curvasti il logorodorso ai ricchi ed ai potenti.Passâr nelle tue taschecome in antri tranquillifilosofi e poeti.Ora che i giorni lietifuggîr, ti dico: addio,fedele amico mio.Addio, addio.Schaunard, ognuno per diversa viamettiamo insiem due atti di pietà;io... questo!E tu...lasciali soli là!...

SchaunardFilosofo, ragioni!È ver!... Vo via!

MimìSono andati? Fingevo di dormireperché volli con te sola restare.Ho tante cose che ti voglio dire,o una sola, ma grande come il mare,come il mare profonda ed infinita...Sei il mio amore e tutta la mia vita!

RodolfoAh, Mimì,mia bella Mimì!

MimìSon bella ancora?

RodolfoBella come un’aurora.

MimìHai sbagliato il raffronto.Volevi dir: bella come un tramonto.«Mi chiamano Mimì,il perché non so...».

RodolfoTornò al nido la rondine e cinguetta.

MimìLa mia cuffietta...ah!Te lo rammenti quando sono entratala prima volta, là?

RodolfoSe lo rammento!

168 La Bohème

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MimìIl lume si era spento...

RodolfoEri tanto turbata!Poi smarristi la chiave...

MimìE a cercarlatastoni ti sei messo!...

Rodolfo...e cerca, cerca...

MimìMio bel signorino,posso ben dirlo adesso:lei la trovò assai presto...

RodolfoAiutavo il destino...

MimìEra buio; e il mio rossor non si vedeva...«Che gelida manina...se la lasci riscaldar!...»Era buioe la man tu mi prendevi...

RodolfoOh Dio! Mimì!

SchaunardChe avvien?

MimìNulla. Sto bene.

RodolfoZitta, per carità.

MimìSì, sì, perdona,ora sarò buona.

MusettaDorme?

RodolfoRiposa.

MarcelloHo veduto il dottore!Verrà; gli ho fatto fretta.Ecco il cordial.

MimìChi parla?

MusettaIo, Musetta.

MimìOh, come è bello e morbido! Non piùle mani allividite. Il teporele abbellirà...sei tuche me lo doni?

MusettaSì.

MimìTu, spensierato!Grazie. Ma costerà.Piangi? Sto bene...pianger così, perché?

169Quadro quarto

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Qui.. amor... sempre con te!Le mani... al caldo... e... dormire.

RodolfoChe ha dettoil medico?

MarcelloVerrà.

MusettaMadonna benedetta,fate la grazia a questa poverettache non debba morire.Qui ci vuole un riparoperché la fiamma sventola.Così.E che possa guarire.Madonna santa, io sonoindegna di perdono,mentre invece Mimìè un angelo del cielo.

RodolfoIo spero ancora. Vi pare che siagrave?

MusettaNon credo.

SchaunardMarcello, è spirata...

CollineMusetta, a voi!Come va?...

RodolfoVedi?... È tranquilla.

Che vuol direquell’andare e venire,quel guardarmi così...

MarcelloCoraggio!

RodolfoMimì... Mimì!...

170 La Bohème

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GGrruuppppoo MMiimmii

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SFERISTERIO19 luglio - ore 21.00

In a time lapseLLuuddoovviiccoo EEiinnaauuddii

Concerto per pianoforte, archi, percussioni ed elettronica

in collaborazione con AMAT

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SFERISTERIO6 agosto - ore 21

Nutrire l’AnimaFesta marchigiana da Sesto Bruscantini a Giacomo Leopardi

Serata di beneficienza in favore diSerata di beneficienza in fa ore divSerata di beneficienza in faSerata di beneficienza in fav

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SFERISTERIO6 agosto - ore 21.00

Nutrire l’AnimaFesta marchigiana da Sesto Bruscantini a Giacomo Leopardi

conCelso Albelo

Alfonso AntoniozziLorenzo Di Bella

con la partecipazione diElisa Di Francisca

Fisorchestra MarchigianaJunior Band “Notaio Augusto Marchesini”

Cori e gruppi folkloristici delle Marche

la collaborazione diCarlo Cambi e Andrea Foresi

conduceFrancesco Micheli

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Marta AlessandriniMaria Francesca AlfonsiSara AnselbiPier Paolo ArmelliniRosanna ArmelliniAnna AscoliMarco Ascoli MarchettiValentina BaioniFrancesco BaldantoniSilvio Roberto BanderaFausto Barboni Carlo Baroni Giuseppina Battaglioni Raffaele Belardinelli Mario Belloni Giovanni Beni Rachele Beni Giacomo Berdini Roswita Bertelsons Beatrice Biagiotti Giuliano Bianchi Fernando Bianchini Marco Bragaglia Alberto BrinatiManuel BrogliaJolanda BrunettiGiampaolo BugariFranco BuryAnnalisa CacciaBruno CardeaFrancesco CalcioniMaria Letizia Campetella Romano Carancini Iginia Carducci Letizia Carducci Loredana Caricato

Andrea Carratore Paolo CarrattaNicola Donato Mario Cela Lorella CesettiFrancesca ChiavariLetizia CiappiWalfrido CicconiLuca CiminiFrancesca Cipolloni Vittorio Ciuffoletti Andrea CiuffolettiFlavio CorradiniLinda CrociNicola De CamillisPierfrancesco De LucaAnnalisa Del MonteElena Di GiovanniNicola Di MonteGrazia Di PettaBartolomeo Di PierroFederica DonatiMarco FalcioniGiuseppe FalcoMarco FelicianiAlessandro FelizianiGian Nicola FerrantiGiancarlo FiammelliLinda FiorelliFiorella FiorentiniRosanna FossaFederica FrontoniAnnalisa GaleazziElena GattafoniAntonella GazzariGianluca GentiliAlvaro Germani

Romina GermaniViviana GiacominiDaniela GianfredaPierfrancesco GiannangeliIgor GiostraAdolfo GuzziniManuela GuzziniAnna GuzziniIrena Luiza KejkaRosaria Annalisa IntontiMarcello La MatinaBeatrice la RenaLuigi LacchèEmanuela LalisciaOlimpia LeopardiAndrea LibenziPaolo LucianiSandro LucianiAlessandra ManuzziIrene ManziGalileo ManziFabio MarcelliFrancesca MarchettiPaolo MargioneTania MariucciMichela MariucciAlberto MarzialiMarina MasieroSergio MassiPaolo MastrogiovanniSara Mataloni Paolo MatcovichMarzio MerliLuciano MessiLuigi Minnucci Sereno Gerardo Molinari

Albo Amici dello Sferisterio

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Pietro Molini Mario MontalboddiStefania MonteverdeOrietta MontironiUmberto MorettiRita NasiTommaso NebbiaLoredana PaciPaola Pagnanelli Dante PagnanelliSerenella PagnaniniMarina PallottoIvano Palmucci Maria Cristina PasqualiPaola PasseriElisabetta PasseriniCesare PellegriniRobertino PerfettiAntonio PettinariNicola PezoneFabio PierantoniGiorgio PiergiacomiMaria Laura PierucciPiergiorgio PietroniRiccardo PietroniFederica PignottiAndrea PiscopoFiorenzo PrincipiElena ProkopenkoPaolo Quagliani Francesca QuaglianiMauro RagnoniLaura RanieriFloriana RanieriMauro RagnoniCecilia Regini

Martina RomanoMaria Sabina RommozziLucia RosaFrancescopaolo RosselliFabiola Rossi Riccardo RoveroniSara SacchiFerruccio SalimbeniGiovanna SalvucciMiria SalvucciSilvia SantarelliGiuliana Santi SimoncelliSimonetta SantucciMaria Paola ScialdoneCarla ScipioniLucia SerafiniAlessandro SeriSimone Settembri Sergio SgarbiLuana SpernanzoniIlaria SpendianiCarlo Maria SquadroniSimone StacchiottiCarmela StellaPatrizia SughiMaria Rosanna TaleviLisa TalocchiAlessandra Tamburrini Ettore TamosMorena TerziStefania TibaldiNazzareno TiseniGiuseppe TrivelliniCarla TroianiPierluca TrucchiaSimone Vallesi

Orietta VarnelliAndrea VenturinoMaurizio VerducciElisa VitaliSimona VolponiMichela Zuppone

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AAlleessssaannddrroo VVeerraazzzzii

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SSiimmoonnee SSaavviinnaaMMeerrii PPiieerrssaannttii

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Associazione Arena SferisterioMacerata Opera Festival

Direttore ArtisticoFrancesco Micheli

Consiglio d’Amministrazione

PresidenteRomano Carancini

VicepresidenteAntonio Pettinari

ConsiglieriRaffaele Berardinelli

Flavio Corradini Nicola Di Monte

Luigi Lacchè Fiorenzo Principi

Orietta Maria Varnelli Walfrido Cicconi

(Società Civile dello Sferisterio)

Assemblea dei sociRomano Carancini

Rappresentante Ente Socio Fondatore Comune di MacerataAntonio Pettinari

Rappresentante Ente Socio Fondatore Provincia di Macerata

Collegio dei Revisori dei ContiGiorgio Piergiacomi Presidente

Fabio Pierantoni - Carlo Maria Squadroni

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Direttore dell’organizzazione tecnico-artistica e della produzioneLuciano Messi

AmministrazioneMaria Sara Rastelli

Contabilità ed EconomatoRoberta Spernanzoni - Rosa Silvestri

SegreteriaPaola Pierucci

Paola Cavalletti collaboratrice

Rapporti istituzionaliMauro Perugini

Segreteria artisticaFranziska Kurth

Direttore di palcoscenicoMauro De Santis

Direttore musicale di palcoscenicoGianfranco Stortoni

Assistente di produzioneRiccardo Benfatto

Assistente alla direzione artisticaLuisa Costi

Promozione e comunicazioneEsserci Comunicazione

Andrea Compagnucci responsabileCarlo Scheggia comunicazione istituzionaleVeronica Antinucci - Domenico Dialetto

Ufficio StampaMarco Ferullo responsabile - Andrea De Mauro

Pubbliche relazioniAngela Tassi

Progetti specialiPatrizia Sughi

Illustrazioni e graficaFrancesca Ballarini

Servizi di biglietteriaAMAT

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Resp. allestimento e servizi di palcoscenicoEnrico Sampaolesi

Consulente logistica e magazziniGiorgio Alici Biondi

Scenografo realizzatoreSerafino Botticelli

Ufficio tecnico allestimentiFrancesco Lozzi

MacchinistiSecondo Caterbetti capo macchinistaFederico Montemarani resp. Teatro Lauro RossiAngelo BoccadifuocoLeandro BrunoFrancesco CervigniSandro De LevaFranco Di PrèMarco GagliardiniRoberto PetritoliMario RossettiAlfredo RossiFederico RossiAntonio SantagadaGennaro SantoGiuseppe Cesca aiuto macchinistiFilippo Gallo aiuto macchinistiRuben Leporoni aiuto macchinisti

GruistaEmin Aliu

Aiuti tecniciMauricio Cesar Pasquali capo squadraClaudio DonatiAndrea Paolo Gentilini Christos KagiasMarco Maggi Mauro PettinariStefano ProsperiSauro TartariDaniele Caruso aiuto orchestraRoberto Tabocchini aiuto orchestra

AttrezzistiEmanuela Di Piro capo attrezzistaFederica BianchiniLuigi CandiceJohara CariddiAndrea ContiPaolo CopparoniDaniele Pettorossi

Aleksandr ProskurinAlessandro Prosperi

ElettricistiFabrizio Gobbi capo elettricistaLudovico Gobbi consolleClaudio BellagambaStefano CallimaciLorenzo CaproliFederico CaterbettiGustavo FedericiMarco GentiliLaura PiccioniRoberto ValentiniOlmo Callimaci aiuto tecnico palcoscenico

SartoriaSimonetta Palmucci responsabileMaria Antonietta Lucarelli resp. vestizioniElisabetta Seu assistente resp. sartoriaRoberta Fratini tagliatriceMaria DignaniGiuseppina GiannangeliSilvia LuchettiLuciana MicozziPierina MorettiGiulia PacciDaniela PatacchiniGemma TassoGiulia Ciccarelli aiuto sartaElisa Ciammella aiuto sartaKatia Corvatta aiuto sartaEleonora Mancini aiuto sartaLucia Staffolani aiuto sartaCaterina Santochirico aiuto sarta

ParrucchieriaSerena Mercanti responsabilePatrizia CastellettiMassimiliano CiferriMonica MariniGloria MelagraniPaola PieriniAnna Maria Cavalieri aiuto parrucchieraMusazadeh Mohammad aiuto parrucchiere

TruccoRaffaella Cipolato responsabileSara Croci assistente resp. truccoAmbra BellottiGlenda ConsortiMara Del GrossoAndrea MontaniCristina Pallotta

Federica Castrico aiuto truccatriceGraziana Fasino aiuto truccatriceBeatrice Livi aiuto truccatriceLucia Longhi aiuto truccatriceHisako Mori aiuto truccatrice

FoniciFabio AlfonsiFranco AlfonsiMarco Del GobboAlice Gentili

Coordinatore del personale di salaCaterina Ortolani

MediciMarco SigonaCristian Tranà

Servizio prevenzione e protezioneGiorgio Meschini RSPPGiorgio Domizi ASPPCarlo Gualco medico competente

Sopratitoli e audiodescrizioniElena di Giovanni responsabileDaniele Gabrielli sopratitoliFrancesca Raffi audio desc. e percorsi tattili

Collaboratore graficaEmilio Antinori

Collaboratori Esserci ComunicazioneLetizia Coccia, Sofia Fazi, Gianluca Marone, Andrea Mazzanti, Martina Romano, Leonardo Serboni, Maurizio Verducci

Hanno collaborato al Macerata Opera Festival gli studentidell’Accademia di Belle Arti di Macerata:Ester Baleani, Maddalena Ciminelli Nur, Manuela Di Mattia, Giulia Gazzani, Lodovico Gennaro, Alina Lipotchi, Nicola PavlidiEnrico Pulsoni Docente tutor

Master Opera Academy VeronaEnrico Bertolotti, Federik Boni, Sabrina Caponi, Nathalie Gendrot, Luca Mazzei, Angela Toso

Page 201: Libro sala 2015

OOrrcchheessttrraa FFiillaarrmmoonniiccaaMMaarrcchhiiggiiaannaa

Violini PrimiAlessandro Cervo **Giannina Guazzaroni *Lavinia TassinariElisabetta SpadariLisa Maria PescarelliCristiano PulinPaolo StrappaRoberta Di RosaLaura CalamoscaStefano CorradettiI ElisaOlena LarinaSilvia Stella Sabina Morelli

Violini SecondiSimone Grizi *Laura BarcelliBaldassarre CirinesiSimona ContiAndrea PoliSandro CapraraSergio MorellinaGisberto CardarelliAndrea EspostoJacopo CacciamaniLudovica Lorenzini

VioleLadislao Vieni *Massimo AugelliCristiano Del PrioriClaudio CavallettiLorenzo AnibaldiAndrea PomeranzFabio CappellaLaura PennesiCostanza Pepini

VioloncelliAlessandro Culiani *Antonio ColocciaGabriele BandiraliNicolino ChirivìElisabetta CagniDenis BurioliFederico Perpich

Giuseppe FranchellucciElena Antongirolami

ContrabbassiLuca Collazzoni *Andrea DeziMarco CempiniMichele MantoniDavid PadellaCarlo Alberto Pucci

FlautiFrancesco Chirivì *Francesco Cavallo

OttavinoSaverio Salvemini

OboiFabrizio Fava *Giovanni Pantalone

Corno ingleseMarco Vignoli

ClarinettiDanilo Dolciotti *Paolo Fantini *Luigino Ferranti

Clarinetto BassoGabriele Bartoloni

FagottiLuca Franceschelli *Giacomo PetrolatiFrancesco Bellagamba

CorniDavid Kanarek *Giovanni CacciaguerraRoberto QuattriniAlessandro Fraticelli

TrombeGiuliano Gasparini *Manolito RangoMario Bracalente

TromboniEugenio Gasparrini *Diego CopponiCarlo Piermartire

TubaDavid Beato

ArpaMargherita Scafidi

TimpaniAdriano Achei*Deny Mina *

PercussioniAlessandro CarliniDeny MinaValerio MarcantoniAdriano Achei

Ispettore d’orchestraMichele Scipioni

Direttore artisticoFabio Tiberi

*prime parti**spalla dei violini primi

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CCoorroo LLiirriiccoo MMaarrcchhiiggiiaannoo““VV.. BBeelllliinnii””

Tenori I - IISante AlosiEnzo BoccaneraMichele BocchiniRoberto BrugliaGiovanni CaritàGuido CarmenatiAndrea CutriniGiovanni Di DeoLuigi FrancioliniGiacomo GandagliaStefano GrassoniNenad KoncarSimone LollobattistaLuca ManciniAlberto MartinelliDavid MazzoniAlfonso MendolaMassimo MorosettiFrancesco PesaresiAlberto PiastrelliniAlessandro PucciAndrea ReginelliCarlo Velenosi

Baritoni-BassiAlen AbdagicFranco Di GerolamoRoberto GatteiStefano GennariLuca GiorginiGiorgio GrazioliClaudio ManninoLoris ManoniVladimer MeboniaAlessandro MendutoGianni PaciAndrea PistolesiAlessandro RossiTim SarrisRoberto ScanduraAlberto SignoriFrancesco Solinas

SopraniGigliola BarchiesiDenise BigaLucia CaggianoValentina ChiariRaffaela Chiarolla

Catia CursiniIrene D’AngeloAngela De PaceAnnalisa Di CiccioLinda FerrariLoreta FerriniDoriana GiuliodoroMargherita HibelSilvia MarcelliniAlessandra MolinelliAdriana PalmeseCinzia PasquinelliEmilia RussoElisabetta SantarelliFlavia Votino

Mezzi-ContraltiMonica AstolfiSara BaciocchiFiorella BarchiesiAnnamaura BarigelliManuela Di MartinoPaola IncaniMonica ManferdiniElena MarinangeliRossella MassariniOlga SalatiRita Stocchi

PresidenteRoberto Gattei

PPuueerrii CCaannttoorreess ““DD.. ZZaammbbeerrlleettttii””

Gian Luca Paolucci Maestro

Federica BattilàGiada BiscontiFederica BurattiSara CacchiarelliHelena CakerriAlessandro CeresaniElisa CeresaniRachele CesettiBeatrice CippitelliSofia CippitelliAlessandro DeziLaura FioraniEleonora FrancesconiCaterina FroccaniElisa Giulia GamanBernadette GarbugliaDorotea LeonoriPetra LeonoriPietro MarangoniDenis NikaMargherita PaolucciMartina PaolucciAlessio PerucciCaterina PiergiacomiEmily SeguraClarissa SilvestrelliIlenia SilvestrelliFederica UlisseVeronica Valeri

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CCoommpplleessssoo ddii ppaallccoosscceenniiccooBBaannddaa ““SSaallvvaaddeeii””

ClarinettistaLorenzo CiavattiniFabrizio Del GobboAnna Maria Di IulioSilvia LanariFederico MorosiSimona Tisba

CornistaSabrina BarboniRiccardo MoglieAntonio Riccobelli

FlautistaElisa ErcoliMarta MontanariLucia PaccamiccioMarica Tittarelli

OboeFabrizia Broglia

PercussionistaMarco GermaniAndrea Piermartire

TrombettistaMario BiancucciDevid BurestaMarco GasparriniGiovanni PellegriniFederico PeruginiYuri Valenti

TrombonistaAndrea MarconiLuca MorresiNiccolò Serpentini

TubistaPasquale Latocca

ArpistaMonica Micheli

ViolinistaSilvia BadaloniDaniela CarliniGiorgia ManciniPaolo Moscatelli

Mauro NavarriSilvia PizzarulloGiovanni Verducci

ViolistaDaniela CorradiniPaola Del Bianco

VioloncellistaChiara Burattini

ContrabbassistaGiacomo Gradozzi

Responsabile logisticaFederico Gasparrini

MMaasscchheerree ee ssoorrvveegglliiaannttii

Elisabetta AngeliniFederica BarcaglioniGianluca BocciFederica CarliniMatteo CompagnucciValentina Di MascioDaniela DomiziAngela FaniniMarina FaraboliniStefano FermanelliCinzia GiacominiValentina GironellaAlison GuerreroErica InnocenziMarta InnocenziDaniele LatiniGiulia MaponiEleonora MercuriM. Ester MontecchiariLorenzo PaciaroniSara Eugenia PalazzettiEmiliano PennacchiettiRiccardo PersichiniSimone PettinariEnrico PigliacampoJenifer PisanoAlice PizzichiniCecilia RossiLuca SalarisMarta SenigagliesiClaudia SerraniFederica SeveriniSimone SimonettiFrancesco SopranziGiulia SpinaAlex StizzaEleonora TobaldiIlaria TobaldiMartina TobaldiRebecca ValeriMartina VecchiEleonora VincenzettiMalgorzata Katarzyna Wegrzecka

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Preziosa come un diamante As precious as a diamond

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