Libretto Umbria 2015

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Valle Reana, agosto 2015 pag. 1 Strada di Collerollea, 15, 05100 Terni, Tel. 0744 300708 Mercoledì 26

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Valle Rea�na, agosto 2015 pag. 1

Strada di Collerolle�a, 15, 05100 Terni, Tel. 0744 300708

Mercoledì 26

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11.00 $%%,2/ $ MONTEPULCIANO (parcheggio bus in piazza Nenni - circa 40 € giorno) con gli ascensori si arriva nella zona traffico limitato all’interno dei Giardini Poggio Fan� con le classiche panchine e nessun divieto di mangia�o

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Mercoledì 26 agosto

COLONNA DEL MARZOCCO

In un piccolo slargo troviamo la Colonna del

Marzocco che reca in alto il leone fioren�no che vi fu posto nel 1511 in sos�tuzione della lupa senese, a tes�monianza del defini�vo assogge�amento della ci�à a Firenze, dopo i 26 anni di dominazione della Repubblica se-nese.

Sul fondo dell’aRgua piazze�a Savonarola, sta la chiese�a di San Bernardo, grazioso tempie�o barocco, a forma ovale, di Andrea Pozzo (1642-1709); all’altare maggiore una terraco�a invetriata raffigurante l’Adorazio-ne, forse di Andrea della Robbia (1435-1525).

LA TORRE DELL’OROLOGIO DI PULCINELLA ... è un (veramente) originale orologio (funzionante) sito in piazza Michelozzo, ovvero a metà della lunghissima via di Gracciano. La leggenda vuole che fu un vescovo di Napoli (ma non si sa chi fosse ed a Montepulciano non c’è mai stato un vescovo nato a Napoli od in Campania) a porla lì dove oggi la si vede. Non sono no� altri par�colari e questa è solo una

leggenda. La statua di Pulcinella è di legno

con rives�mento ed abi� in lamiera.

DUOMO

Il Duomo, sorto sul luogo dell’an�ca Pieve di

Santa Maria, fu ere�o fra il 1592 e il 1630 su disegno di Ippolito Scalza. La facciata di muro grezzo, che non è mai stata completata, si eleva sopra una gradinata e presenta tre por-tali e tre finestre. All’angolo sinistro avanza il campanile dell’an�ca Pieve, opera incompiuta della seconda metà del ‘400; si osservino i fianchi, belli nella loro semplicità. L’interno, di linee armoniose, è a croce la�na divisa da pilastri in tre navate. La navata centrale, con volta a bo�e è definita da al� pilastri che inquadrano gli archi di collegamento con le navate laterali. Sul lato interno della facciata a destra del

portale mediano troviamo la statua del vescovo Francesco Piendibeni (morto nel 1435), a sinistra la statua giacente di Bartolomeo Aragazzi, segretario di Mar�no V, questo sarco-fago faceva parte di un grande sepol-cro, il "Cenotafio Aragazzi" realizzato da Michelozzo, scomposto e disperso

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nel 1600, poi nel 1815 ritrovato. Altri fram-men� del Cenotafio sono ora visibili in varie par� della chiesa, al monumento apparteneva anche il gradino marmoreo sopra l’altare maggiore dove è scolpito un fregio di puR che sorreggono ghirlande e due statue a gran-dezza naturale. Nella prima cappella della navata di sinistra un Fonte Ba0esimale, esempio di scultura senese del XIII sec., opera di Giovanni di Ago-s�no, proveniente dall’an�ca Pieve. Il dossale dell’altare è un’opera in terraco�a policroma di Andrea della Robbia raffigurante l’Annun-ciazione e qua�ro San�, al centro è inserita una Madonna col Bambino, bassorilievo mar-moreo della maniera di Benede0o da Maiano, ai la� sono due statue, i San� Pietro e Paolo, di scuola senese del XIV sec., a�ribui� a Tino da Camaino. Nella seconda cappella San Girolamo, di autore ignoto. Nella terza cappella una tela di Andrea del Sarto raffigurante San Sebas�ano. Nella quarta cappella Santa Caterina delle Ruote, opera di auto-re ignoto. Sul pilastro tra la quarta e la quinta cappella, troviamo una piccola tavola rappresentante una Madonna col Bambino di Sano di Pietro

da Siena (1406-1481).Nella quinta cappella una tela con San Francesco Saverio, di autore ignoto. Nella sesta cappella un’opera di scuo-la senese del ‘500 raffigurante la Madonna di San Mar�no. A sinistra del presbiterio, nella cappella Samuelli, una Deposizione di scuola fiamminga. Nella navata destra, subito dopo la porta di ingresso, troviamo la prima cappel-la de�a "del Crocifisso". Nella seconda cap-pella una tela di Angelo Righi raffigurante San Giorgio (1603), e sull’altare una Madonna col

Bambino del XVIII sec. Nella terza cappella un fondo oro di scuola senese, il Redentore ed una tela della Madonna col Bambino e San Giuseppe, di ignoto. Nella quarta cappella Sant’Agnese e San Domenico. Nella quinta

cappella una tela raffigurante l’Annunciazio-ne, di ignoto. Nell’ul�ma, troviamo un altare di marmo policromo del Mazzuoli di Siena (1683). A destra del presbiterio, nella Cappel-

la del Sacramento, una tela di Luigi Adenolli da Milano(1830).

L’opera principale della Ca�edrale è la pala posta sopra l’altare maggiore e il magnifico triRco dell’Assunzione di Taddeo di Bartolo

del 1401. Al centro la Vergine che sovrasta

gli Apostoli. A sinistra i San7: Giovanni Ba9-

sta, Donato, Michele Arcangelo, Francesco,

Stefano, Domenico, Lorenzo, Agos7no, Anto-

nio. Nella parte destra le Sante: Lucia, Cateri-

na delle Ruote, Maria Maddalena, Agata,

Orsola, Mus7ola e infine Santa An7lia che sorregge fra le mani la ci�à di Montepulciano.

In alto, al centro, l’Incoro-nazione della Vergine, a sinistra 1‘Arcangelo Ga-briele e a destra l’Annun-ziata. Nei qua�ro pilastrini troviamo dodici do�ori della Chiesa. Nella predel-la, di grande rilievo ar�s�-co, sono raffigurate nove scene della Passione: l’en-

trata in Gerusalemme, la Cena, il Bacio di Giuda, l’ascesa al Calvario, la Crocefissione, la Deposizione, la Sepoltura, la Resurrezione, i Pellegrini di Emmaus. A destra dell’altare maggiore, sul pilastro, troviamo un ciborio go�co in marmo della maniera giovanile di Lorenzo di Pietro de�o il Vecchie�a (1412-1480).

PALAZZO COMUNALE

Il Palazzo Comunale è un austero edificio a tre piani di cui l’ul�mo coronato da cammina-mento di ronda merlato. Al di sopra si eleva la torre a due piani di merli. Interessante il pa-norama che si abbraccia dalla sommità della torre, esteso dal Monte Amiata a Siena, al Trasimeno, al Monte Subasio. La costruzione risale alla seconda metà del ‘300; una recente ipotesi a�ribuisce la facciata a Michelozzo, cui

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sarebbe stato commissionato il disegno nel 1424. L’edificio, rives�to in traver�no, è di gusto fioren�no.

CHIESA DI SANTA MARIA DEI SERVI

La Chiesa di Santa Maria dei

Servi è il primo Santuario dedi-cato alla Vergine Maria e la più an�ca chiesa di Montepulciano arrivata fino a noi. La chiesa risale al Trecento senese, anche se la torre campanaria in laterizi è se�ecentesca. Della chiesa originaria, oltre alla facciata, poco rimane in quanto la ri-stru�urazione curata dall'archi-te�o gesuita Andrea Pozzo tra '600 e '700 l'ha trasformata in una chiesa barocca su unica navata con un altare centrale.. Dopo questa ristru�urazione la Chiesa di Santa Maria dei Servi è diventata un vero museo religioso con al suo interno opere di primaria grandezza. Tra questa la principale è la Madonna della Santoreggia, una rara pi�ura su pietra. I Padri servi� (da chi il nome della Chiesa in Santa Maria dei Servi) arrivarono a Montepul-ciano nel lontano 1262. Erano senza una chie-sa e, dopo aver u�lizzato provvisoriamente la perduta Chiesa del Rifa�o, il Beato Bonaven-tura Bonaccorsi nel 1306 edificò una nuova chiesa che fu consacrata nel 1355. Ma il Conte Mauro, con inspiegabile furia sacrilega, la fece demolire. Di questa chiesa si salvò solo questa immagi-ne della Madonna messa in salvo dalla Beata Margherita Funari, che la portò nella sua cel-la. Dopo due anni, il giorno dell'Assunzione di Maria, avvenne il miracolo: tu�a la popolazio-ne vide in cielo questa l'immagine di Maria avvolta nella luce per poi scendere nel luogo ove i Poliziani riedificarono l'a�uale chiesa. Pertanto questa immagine è più an�ca della chiesa che la ospita. La Madonna della Santoreggia prende il nome

della fragranza dell'erba Santoreggia, perché questo odore a lungo rimase sul luogo ove la sacra immagine si posò. Oltre alla Madonna della Santoreggia in Santa Maria dei Servi si trova la "Madonna col Bam-

bino" a�ribuita alla scuola di Duccio di Buoninsegna In questa chiesa, dai tan� stucchi bianchi, ogni altare ha un affresco.

TEMPIO DI SAN BIAGIO - CHIESA

S.MARIA delle GRAZIE

Uscendo da Montepulciano da

Porta Grassi, seguendo la strada per Chianciano poi a destra lun-go il Viale della Rimembranza, si raggiunge, in discesa, il Santua-rio dedicato alla Madonna di San

Biagio situato alle pendici del colle di Montepulciano. Esem-

plare costruzione del cinquecento toscano fu edificato da Antonio da Sangallo il Vecchio sui res� dell’an�ca pieve di San Biagio nel 1518 -

1545. Ha un impianto di �po centrale, sormontato da una cupola impostata su una terrazza e un tamburo classico e abside semicircolare. Con questo �po di pianta Antonio da Sangallo il Vecchio realizza uno dei modelli più interes-san� di edificio religioso, traducendo la lezio-ne rinascimentale del Bramante in una com-pa�a monumentalità di masse archite�oni-che, esempio des�nato a trovare rapida diffu-sione negli ambien� toscani. Le soluzioni decora�ve e plas�che rivelano una tensione e una libertà che già sono manieris�che. L’e-sterno è tu�o in traver�no cara�erizzato, al primo ordine, da un sistema di lesene doriche poste agli angoli e uno pseudo-ordine supe-riore che inquadra pare� spar�te da specchia-ture. Superiormente un �mpano triangolare con occhio centrale si ripete su tuR qua�ro i la�. Nell’ordine inferiore grandi portali sono sor-monta� da �mpani triangolari fortemente agge�an�. Nell’ordine superiore esteso l’uso di modanature.

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Il fronte rivolto a Nord è fian-cheggiato da due campa-nili isola� ma vicini alla facciata, così

da trovar posto nei quadra� dei bracci della croce: il campanile di destra, incompiuto, si leva fino all’altezza dei capitelli, il campanile di sinistra si presenta di originalissime forme rinascimentali e negli ordini sovrappos� dori-co, ionico, corinzio e composito, i primi tre applica� a ripiani quadra�, il quarto su o�a-gono sormontato da un tamburo sempre o�agonale, su cui si imposta la cuspide pira-midale.

CHIESA di S.AGNESE ARIA delle GRAZIE

La chiesa di S. Agnese venne ere�a dal 1306 per volere della stessa santa poliziana Agnese Segni. Essa, però, sul finire del '600 fu radical-mente ristru�urata. La facciata conserva il portale trecentesco mentre le altre par� or-namentali vennero realizzate nel '900. La torre campanaria in ma�oni risale agli inizi del '700. L'interno a navata unica conserva un affresco trecentesco con la "Madonna col Bambino" della scuola di Simone Mar�ni, un "Crocifisso" in legno di scuola renana del '200, "San Michele Arcangelo sconfigge il demonio" di Francesco Curradi (fine '500), un affresco con la "Madonna del la�e" di scuola senese della metà del '400. Sull'altare maggiore si conserva il corpo della santa domenicana. Nella sagres�a e nei locali del santuario sono contenute numerose tes�monianze della santa.

Agnese Segni nacque il 28 gennaio 1268 a Gracciano, piccolo borgo nei pressi di Monte-pulciano. Agnese senc fin da piccola il fascino delle cose spirituali e durante una visita con i suoi familiari a Montepulciano vide le suore del "sacco", chiamate così per il rus�co sacco

che ves�vano. nove anni chiese di essere ammessa in convento dove fu subito accolta. A Montepulciano restò solo il tempo necessa-rio per la formazione religiosa di base. Nel 1233, gli amministratori del castello di Proce-no, feudo orvietano (oggi in provincia di Viter-bo), si recarono a Montepulciano per chiede-re l'invio di alcune suore nel loro territorio e Agnese fu tra le prescelte. Agnese, seppur molto giovane, fu nominata superiora del monastero, per le sue do� di umiltà e il gran-de amore per la preghiera, per lo spirito di sacrificio (per quindici anni visse di pane ed acqua) e per l'ardente amore verso Gesù Eu-cares�a. A Proceno Agnese riceve�e dal Si-gnore il dono dei miracoli: gli ossessiona� venivano libera� solo al suo avvicinarsi, mol�-plicò in più occasioni il pane e mala� gravi riacquistarono la salute. Ma nei ven�due anni che restò a Proceno non mancarono le tribo-lazioni: gravi sofferenze fisiche la tormentaro-no per lunghi periodi. Nella primavera del 1306 fu richiamata a Montepulciano, dove fa iniziare la costruzione di una chiesa, come chiestogli da Maria in una visione avuta alcuni anni prima in cui la Vergine le donò tre picco-le pietre a questo scopo. E' un'altra visione, questa volta di san Domenico, che spinge Agnese a fare ado�are alle sue suore la regola di sant'Agos�no e ad aggregarsi all'ordine domenicano per l'assistenza religiosa e la cura spirituale. Ormai in punto di morte Agense rincuorava le consorelle invitandole a ralle-grarsi perché per lei era giunto il momento dell'incontro con Dio, ciò avvenne il 20 aprile 1317. I fra� e le suore domenicane volevano imbalsamare il corpo di Agnese e per questo mo�vo furono invia� dei signori a Genova per acquistare del balsamo, ma ciò non fu neces-sario: dalle mani e dai piedi della santa s�llò infaR un liquido odoroso che impregnò i panni che coprivano il corpo della santa e ne furono raccolte alcune ampolle. L'eco del miracolo, richiamò numerosi ammala�, che desideravano essere un� dall'olio miracoloso.

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Giovedì 27 agosto

GRECCIO

CENTRO STORICO

Greccio sorge nella parte occidentale della Provincia di Rie�, a 705 mt. s.l.m., alla sini-stra del fiume Velino e domina dall'alto la vasta e lussureggiante pianura rea�na. E' situato a mezza costa della boscosa catena dei Mon� Sabini edificato su speroni di roccia, in un luogo quasi impossibile. Ci si arriva a�raverso una strada che dalla provinciale per Terni si inerpica per circa tre km. Dista 15 km da Rie�, 25 km da Terni 90 km da Roma, 70 km da L’Aquila. E' una stazione clima�ca, frequentato centro di villeggiatura es�-va che vanta una sorgente di acqua salutare "Fonte Lupe�a".

Greccio fu fondato, secondo la tradizione, da una colonia o famiglia greca, fuggita o esiliata dalla patria in seguito a guerre e distruzioni che innamoratasi della amenità del luogo e della comodità di difesa naturale che offriva, ci si stabilì. Da qui il nome Grecia, Grece, Grecce ed infine Greccio. Le prime no�zie certe risalgono al X°- XI° sec. quando i fram-mentari possedimen� dell'Abbazia di Farfa

vennero riuni� e si procede�e all'incastella-mento delle cur�s. Il monaco benedeRno Gregorio da Ca�no (1062-1133) fa riferimen-to alla località di Greccio (curte de Greccia) nella sua opera "Regesto Farfense". Dai res� degli an�chi fabbrica� si rileva che Greccio divenne un castello medievale for�ficato circondato da muraglie e prote�o da sei torri

for�lizie.

Ebbe a sostenere fiere lo�e coi paesi confinan� e subì la distruzione ad ope-ra delle soldatesche di Federico II nel 1242. Nel XIV° sec. è più volte ricorda-to nello statuto municipale di Rie� e nelle carte dell'ar-

chivio della ca�edrale, come sede di podestà.

Subì alterne vicende fino al 1799 quando fu di nuovo distru�o e saccheggiato ad opera dell’ esercito napoleonico.

Il borgo è circondato da stupendi boschi di querce ed elci che offrono al visitatore l'op-portunità di lunghe passeggiate su sen�eri sicuri e sugges�vi, fino alla cima del Monte Lacerone a 1204 mt. s.l.m.. Qui San France-sco d'Assisi, era solito ri�rarsi in preghiera e

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meditazione in una capanna prote�a da due piante di carpino. In questo stesso luogo, nel 1792, per volontà popolare, venne costruita una cappellina commemora�va a Lui dedica-ta, "la Cappelle�a".

L'an�co Borgo Medievale che gode di un oR-mo panorama, conserva parte della pavimen-tazione del vecchio castello ( XI sec. circa ) e tre delle sei torri di cui la maggiore trasforma-ta nel XVII° sec. in Torre Campanaria. La chie-sa parrocchiale dedicata a San Michele Arcan-gelo sorge a fianco della torre campa-naria sulla sommità di una scenografica scalinata e risale al XIV° sec.. La chiesa, a una navata, venne ricavata da una parte del castello e, anche se distru�a e ricostruita più volte, conserva

all'interno pregevoli opere del XV°-XVI° sec.. Interessan� le due cappelle latera-li, dedicate a San Antonio da Padova e alla Madonna Immacolata con tele e affre-schi del XV°-XVI° sec. Nella piazza, si trova la Chiesa di S. Maria del Giglio del 1400 anch'essa a una navata; ha un altare centrale e due altari laterali, con stuc-chi di scuola romana con influssi di Carlo Fon-tana. L'altare maggiore conserva all'interno di uno stucco, un affresco del primo qua�rocen-to, che rappresenta la Vergine col Bambino e Angeli. Altri luoghi interessan�, oltre alla diruta chie-sa di Santa Maria, oggi restaurata e des�nata a Museo Internazionale del Presepio, ai res� delle an�che torri, ad una delle porte d'in-gresso, la Cappellina dedicata a San France-sco, con il sasso sul quale era solito salire per predicare e il luogo da cui, secondo la tradi-

zione, fu lanciato il �zzone ardente che rese pubblico il luogo designato per la costruzione dell'a�uale Santuario. IL MUSEO DEI PRESEPI

A soli 100 metri dal centro storico di Greccio, sorge l'importante Museo della Na�vità. Il Museo è stato realizzato grazie ad un sa-piente recupero dell'an�ca chiesa di S. Maria, risalente al XIII secolo e di un altro edificio storico oramai dirocca�. Il nuovo Museo dei Presepi ospita le espres-

sioni ar�s�che di tu�e le culture, su questo tema che è ormai patrimonio dell'umanità intera. La varietà dei prese-pi espos�, espressi-ve interpretazioni dell'evento della na�vità sono filtrate dall'anima degli ar�s� contempora-nei e res�tuite agli spe�atori so�ofor-ma di creazioni e sculture che suscita-no nuove emozioni. Nei pressi del mu-seo è possibile am-

mirare una statua di San Francesco alta 5 metri realizzata dal maestro siciliano Santo Paolo Guccione e Guido Carlucci. SANTUARIO DEL PRESEPE

Greccio: la nuova Betlemme "Francesco ama-va l'eremo di Greccio, dove i fra� erano vir-tuosi e poveri, e aveva una predilezione an-che per gli abitan� di quella terra per la loro povertà e semplicità. Perciò si recava spesso a riposare e soggiornare là, aRrato inoltre da una celle�a estremamente povera e isolata, dove il padre santo amava raccogliersi." Leg-genda Perugina, 34, in Fon� Francescane. Edi�o Minor, Assisi, Movimento Francescano, 1986 Incassato nella roccia, come un nido

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d'aquila, l'eremo di Greccio è una straordina-ria fusione di archite�ura e natura. I confini delle costruzioni si perdono nei boschi rigo-gliosi di lecci che accolsero le solitarie ascesi di Francesco. La presenza di San Francesco Il Santuario è noto in tu�o il mondo per essere stato scelto dal Poverello di Assisi come tea-tro di uno dei momen� più al� e lirici della sua esistenza: la prima rievocazione della Na�vità di Betlemme della storia del Cris�a-nesimo, avvenuta nella no�e di Natale del 1223. San Francesco amò teneramente gli abitan� del borgo di Greccio e fu legato da profonda amicizia con Giovanni Velina, forse feudatario del luogo. Il signore locale sosten-ne il Santo nel suo proge�o di rappresentare la Nascita del Bambino. La leggenda avvolge la nascita dell'eremo. Secondo un racconto popolare Francesco chiese a un bambino del borgo di lanciare un �zzone per stabilire il luogo del convento. Dalle porte del paese il �zzone giunse fino allo sperone di roccia dove oggi sorge il Santuario La tradizione popolare vuole che sopra l'a�uale convento, tra i bo-schi a più di mille metri, nel 1209 Francesco stesso abbia ere�o una capanna per le sue meditazioni. Il luogo fu denominato Monte San Francesco e nel 1712 vi fu dedicata al Santo una cappella Al di là della leggenda, la prima presenza di Francesco a Grec-cio accertata stori-camente risale al 1223. Una presen-za precedente è probabile ma non documentata. Dopo lo straordi-nario evento del Natale del 1223, il Santo fu protago-nista di tan� episodi significa�vi che ebbero luogo a Greccio. Ques� episodi hanno una collocazione cronologica precisa: dal tardo se�embre del 1224, dopo le s�mmate, al 1226. In quell'anno Francesco, a soli sei mesi dalla morte, parc per Siena e non rivide più la

sua amata Valle Rea�na. La storia del Santua-rio La fraternità di Greccio crebbe in ampiezza da molto presto, subito dopo il 1223 vi fu un rapido sviluppo insedia�vo con l'erezione di vari ambien�. InfaR, negli ul�mi anni di vita di Francesco vi si cos�tuì una piccola comuni-tà. Solo Greccio tra gli insediamen� rea�ni ebbe durante la vita del Santo delle costruzio-ni dedicate esclusivamente ai fra�. Grazie alla tes�monianza di Tommaso da Celano è possi-bile stabilire la datazione della chiesa di San Francesco, edificata sopra la cappella di San Luca dove Francesco rappresentò il Presepe. Nella prima biografia del Santo, la Vita Prima, a proposito dell'edificio Tommaso dice: "Oggi quel luogo è consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedica-ta una chiesa ad onore di San Francesco". Egli individua così un arco cronologico che va dalla canonizzazione di Francesco (16 luglio 1228) al 25 febbraio del 1229, quando fu presentata la Vita Prima. Gli edifici oggi esi-sten� sono sta� data�, in base alle loro ca-ra�eris�che costruRve, al XV sec. e a�ribui� a maestranze locali. Pochi anni dopo il San-tuario è protagonista di un evento rilevante: l'11 agosto del 1246 parte proprio dall'eremo la famosa Le�era di Greccio. Leone, Angelo e Rufino, i tre compagni di Francesco, la scrisse-ro come introduzione alla cosidde�a Leggen-

da dei tre compa-gni, una biografia del Santo. Non tuR gli studiosi concor-dano nel ritenere auten�co il docu-mento, un dato però non sfugge: quando i tre esten-sori della le�era vollero raccogliere

tes�monianze su San Francesco si ri�rarono a Greccio, segno della costante e forte presen-za della memoria del Santo in quell'eremo. A circa un decennio dalla Le�era, la storia dell'eremo venne segnata dalla presenza di un grande intelle�uale: Giovanni da Parma.

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Generale dell'Ordine, dotato di una forte tensione spirituale, Giovanni da Parma fu so�oposto a processo nel 1257 da parte dei suoi confratelli per aver aderito alle do�rine ere�che di Gioacchino da Fiore. Scelse allora di ri�rarsi a Greccio, dove rimase per circa trent'anni. Fu, negli ul�mi anni di vita, un punto di riferimento per il movimento degli Spirituali e per Uber�no da Casale, che lo venne a trovare a Greccio. Ciò ha fa�o assu-mere al Santuario un posto par�colare nella tormentata storia del Francescanesimo degli esordi. Un altro evento di grande importanza nella vita del convento si verificò nel 1373: Greccio, le altre comunità eremi-�che del Rea�no e quelle delle Marche e dell'Umbria, o�ennero il per-messo di sceglie-re il proprio con-fessore. Iniziò così il processo di adesione del Santuario al gran-de movimento dell'Osservanza, il movimento nato in seno all'Ordine France-scano e affermatosi nel XV sec. ad opera di San Bernardino da Siena e San Giovanni da Capestrano che spingeva a una vita asce�ca rigorosa. I luoghi e l'arte Un ampio piazzale introduce agli ambien� conventuali e regala ai visitatori un panorama di rara bellezza che abbraccia l'intera Valle Santa. Il cuore del Santuario è la piccola cappella del Presepe, costruita nella gro�a che secondo la tradizio-ne vide la rievocazione della Na�vità da parte di Francesco. So�o la mensa dell'altare si conserva la roccia che, secondo la tradizione, ospitò il simulacro del Bambino durante la rievocazione voluta da Francesco. Sopra l'al-tare un affresco qua�rocentesco rievoca a destra la Na�vità del Signore. La Vergine è colta nell'in�mo gesto di alla�are il Bambino

alla presenza di San Giuseppe. Sulla sinistra si stende la rievocazione della Na�vità voluta da Francesco a Greccio: il Santo, in ves� di diaco-no, è inginocchiato al centro della scena da-van� al Bambino, alle sue spalle il popolo grecciano assiste al miracolo. L'affresco è a�ribuito all'anonimo Maestro di Narni del 1409. Fuori dalla cappella s'incontrano due affreschi: una Na�vità, di scuola umbro-marchigiana e un San Giovanni BaRsta. Dalla cappella del Presepe si accede al nucleo più an�co del convento: il refe�orio dei fra�, il dormitorio, la cella di San Francesco e il pulpito di San Bernardino. Il refe�orio ospita

gli umili res� del lavabo e del ca-nale per lo scari-co che servivano ai fra� per lavare le stoviglie. Il camino è stato costruito nel Novecento. Il dormitorio è cos�tuito da un ambiente lungo 7 m e largo circa 2 m, qui vissero i primi fra�. Alla

fine del dormitorio s'incontra la piccolissima cella scavata nella nuda roccia nella quale Francesco riposava. Si visita poi la sugges�va chiesa di San Francesco, della prima metà del Duecento. L'ambiente è coperto da una volta a bo�e decorata da un cielo stellato e dall'im-magine del Beato Giovanni da Parma. Interes-san� gli arredi: gli stalli del coro, il leggio e il supporto ligneo girevole della lanterna che illumina le pagine del libro corale. Sopra l'al-tare si trova un dipinto del XVI sec. di scuola umbra che rappresenta la Deposizione tra San�. Sulla parete di sinistra si trova un affre-sco trecentesco con San Francesco e un Ange-lo che gli annuncia la remissione dei pecca�. Sopra l'affresco si conserva il pregevole tondo qua�rocentesco raffigurante la Madonna col Bambino, a�ribuito a Biagio d'Antonio. Nell'o-

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ratorio aRguo, sopra l'altare, composto da un'austera mensa, è conservata la copia tre-centesca del ritra�o di San Francesco, esegui-to secondo la tradizione nel 1225, un anno prima della morte del Poverello. Secondo la tradizione locale il ritra�o sarebbe stato com-missionato dalla nobile romana Jacopa dei Se�e Soli, amica e prote�rice del Santo. Fran-cesco, dal volto sofferente, si deterge gli occhi tormenta� dalla grave malaRa che funestò i suoi ul�mi anni. Il Santuario ospita anche il dormitorio di San Bonaventura, ere�o secon-do la tradizione durante il periodo in cui Bo-naventura fu Generale dell'Ordine (1260-1270). A�raverso uno stre�o corridoio in legno si accede a quindici piccole celle an-ch'esse di legno. In ques� ambien� semplici e di grande sugges�one i fra� vissero per seco-li, fino al 1915, quando si spostarono al piano superiore. La prima cella a destra ospitò, se-condo la tradizione, due fra� straordinari: San Bonaventura, da cui la costruzione prende il nome, e San Bernardino da Siena. Uscendo dal convento e inoltrandosi nel bo-sco si trova la gro�a che ospitò i ri�ri spiritua-li di San Francesco: una gro�a naturale che fu sistemata con tavole e gra�cci per accogliere il Poverello. Nel corso del Trecento vi fu ere�a una cappella ornata da un dipinto che riproduce la scena del trapasso di Francesco. Dopo il terremoto del 1948 la cappella fu restaurata. A pochi passi è situata la gro�a del beato Giovanni da Parma, che qui si ri�rò per trentadue anni (1257-1289) in soli-tudine e penitenza dopo essere stato accusato di adesione alle teorie ere�che di Gioacchino da Fiore. Il sen�ero che conduce a questa gro�a porta anche alla cosidde�a Roccia del Tizzo, il luogo in cui cadde secondo la leggenda il �zzone lanciato per decidere l'erezione del convento. Lo stesso sen�ero

porta a una loggia quasi sospesa nel vuoto che regala un panorama indimen�cabile. Dal piazzale si accede alla chiesa della Vergine Immacolata, edificata nel 1959 su proge�o dell'archite�o Carlo Alberto Carpiceci. All'in-terno si conservano due presepi novecente-schi, memoria devota della prima rievocazio-ne della Na�vità voluta da Francesco. Il pri-mo, opera dello scultore Lorenzo Ferri, è rea-lizzato in legno; il secondo, in terraco�a, fu realizzato da Luigi Venturini. La presenza di Francesco nel Santuario di Greccio nel raccon-to dire�o delle fon� Il Pa�o con i lupi a Grec-cio raccontato dall'Anonimo Rea�no Quando egli dimorava nell'eremo di Greccio, gli abi-tan� di quel luogo erano vessa� da molteplici malanni: branchi di lupi rapaci divoravano non soltanto gli animali, ma anche le persone; la grandine regolarmente, ogni anno, deva-stava campi e vigne. Durante una predica, l'araldo del vangelo disse a quella popolazio-ne tanto affli�a: "A onore e lode di Dio onni-potente, mi faccio garante davan� a voi che tuR ques� flagelli scompariranno; a una con-dizione però: che mi pres�ate fede e abbiate compassione di voi stessi; dopo una confes-sione sincera, dovete fare degni fruR di peni-tenza. Vi avverto anche che, se sarete ingra� verso i benefici di Dio e ritornerete al vomito, il flagello si rinnoverà, si raddoppierà la pena

e più terribile infieri-rà su di voi l'ira di Dio". Alla esortazio-ne di Francesco gli abitan� fecero peni-tenza e d'allora ces-sarono le stragi e si allontanarono i peri-coli; lupi e grandine non causarono più danno. Anzi, fa�o

ancor più notevole, se capitava che la grandi-ne cadesse sui campi confinan�, come si avvi-cinava al loro territorio, là si arrestava, oppu-re deviava in altra direzione. I lupi osservaro-no il pa�o fa�o con il servo di Dio; né più osarono violare le leggi della pietà, infierendo

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contro uomini che alla pietà si erano conver�-�: Ma solo fino a quando gli abitan� restaro-no fedeli ai paR promessi e non trasgrediro-no, da empi, le piissime leggi di Dio. FONTECOLOMBO: il Sinai francescano "Il monte della Regola, monte Ranierio [l'a�uale Fontecolombo], è stato riempito dal Signore di divina dolcezza, consacrato al sapore melli-fluo della sua presenza, in mezzo al festoso stuolo dei bea�. È divenuto un nuovo Sinai, dove, sentendolo tuR, fu data la legge. Un altro monte Carmelo, dove l'anima di France-sco si intra�eneva e conversava con il Signo-re. Fontecolombo è il monte che dobbiamo salire a piedi scalzi, perché è un luogo vera-mente santo". Anonimo Rea�no, Actus Bea� Francisci in Valle Rea�na, II, 57- 60, a c. di A. Cadderi, Assisi, Edizioni Porziuncola, 1999. Nella parte più nascosta di un bosco di lecci secolari, sulla costa del verdissi-mo Monte Rai-niero, si adagia il Santuario di Fon-tecolombo. Come ci dice l'Anonimo Rea�no è il Sinai francescano, è, infaR, il monte scelto da France-sco per s�lare la Regola defini�va del suo Ordine. Qui tu�o è sacro: gli edifici e il bosco stesso, perché racchiude il Sacro Speco, la gro�a naturale in cui Francesco scrisse la Regola del suo Ordine. La presenza di San Francesco Fontecolombo è il secondo luogo della Valle Santa, dopo Poggio Busto-ne, che vide la presenza di Francesco. La tradizione indica la prima presenza del Santo a Fontecolombo nel 1217. Francesco è sicura-mente tes�moniato a Fontecolombo tra la primavera e l'estate del 1223, intento alla redazione della Regola defini�va da lasciare

ai suoi fratelli. Probabilmente la Regola ven-ne stesa in una gro�a sopra la quale oggi sorge la cappella di San Michele. Si tra�a della Regola Bollata, che fu so�oposta all'ap-provazione di Onorio III il 29 novembre del 1223. La presenza di Francesco a Fonteco-lombo è legata anche alla cura della terribile malaRa agli occhi che lo afflisse alla fine della sua vita. Proprio a Fontecolombo subì una terribile operazione per guarire dalla malaRa: gli vennero incise con un ferro tu�e le vene dall'orecchio al sopracciglio. Le pagi-ne delle fon� francescane che ci narrano l'operazione sono intrise di un alto senso lirico. Sono profondamente ispirate nel nar-rare l'arrivo del medico, il dialogo di France-sco con il fuoco con il quale il medico scalda-va il ferro, l'emozione e la fuga dei fra� all'ini-zio del terribile intervento, e il miracolo che

permise a Fran-cesco di non sen�re dolore. La malaRa di Francesco agli occhi e la cura che riceve�e a Fontecolombo La malaRa di Francesco può forse essere iden�ficata con il morbo egiziano, in termini scien-�fici coniunc�vi-�s trachomato-

sa, una malaRa di origine virale contra�a nella missione in Egi�o del 1220. La malaRa si manifestò in forma ancor più grave per lo stato anemico e linfa�co del Santo, dovuto alle frequen� febbri malariche e ai duri digiu-ni che Francesco s'imponeva. Inoltre, il Pove-rello era res�o a farsi curare per il suo pro-fondo rigore asce�co. Quando la malaRa si acu�zzò fu assai difficile convincere France-sco ad avvalersi del sostegno della medicina. Insiste�ero i fra� a lui più prossimi senza successo. Frate Elia, vicario dell'Ordine, gli

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ordinò di acce�are le cure, ma fu solo con l'intervento del Cardinale Ugolino che Fran-cesco si arrese. Il Cardinale gli ordinò di veni-re a Rie�, dove si trovava un medico di valore nella cura degli occhi. La storia del Santuario Francesco si fermò a Fonteco-lombo per la presenza di una cappellina dedi-cata alla Vergine, che nel XVIII sec. venne denomi-nata Santa Maria Maddalena. I boschi che ospitarono Francesco e l'umile cappella erano proprietà dell'Abbazia di Far-fa, l'edificio forse serviva come rimessa d'a�rezzi e come punto di presidio per salva-guardare i diriR dei monaci farfensi. A pro-posito del possesso da parte dell'Abbazia di Farfa lo studio dei documen� ha permesso di formulare le seguen� ipotesi: il monte che ospita l'eremo venne ceduto dai monaci di Farfa per qualche tempo a un chierico di nome Rainiero, di qui la denominazione di Monte Rainiero. Secondo una tradizione popolare il cambiamento di nome da Monte Rainiero a Fontecolombo è dovuto a France-sco stesso "per la presenza di una fonte di acqua fresca e limpida", dove si abbeverava-no tante colombe bianche. Per la datazione dell'insediamento francescano viene in sup-porto l'analisi delle stru�ure archite�oniche: i rilievi sulla cappella dedicata alla Beata Ver-gine, nota dal Seicento come cappella della Maddalena, propongono una datazione alla prima metà del XIII sec. La Vita Seconda di Tommaso da Celano conferma questa data-zione. Nello scri�o si cita per la prima volta l'insediamento di Fontecolombo, a tes�mo-niare che la presenza stabile nel Santuario ebbe luogo prima del 1246-1247, periodo di redazione della biografia. Troviamo successi-vamente citato l'eremo in un a�o notarile del

1297 riguardante una donazione al convento di 40 soldi da parte di un certo Nicola Cece di Apuleggia per l'acquisto di tonache. Dopo gli anni della presenza di Francesco il Santuario

visse anni di grande prosperi-tà alterna� a periodi di diffi-coltà. Il 1373 fu un anno di svol-ta; a Fonteco-lombo, alle altre comunità eremi-�che del rea�-no, a quelle umbre e marchi-giane, la curia

romana fece una serie di concessioni che condurranno, di lì a poco, Fontecolombo nel solco del movimento dell'Osservanza, il movi-mento nato in seno all'Ordine Francescano e affermatosi nel XV sec. ad opera di San Ber-nardino da Siena e San Giovanni da Capestra-no che spingeva a una vita asce�ca rigorosa. Con l'adesione all'Osservanza inizia un perio-do felice di sviluppo. Fontecolombo fu un luogo chiave nella storia dell'Osservanza. Di qui parc un altro movimento, interno all'Os-servanza stessa: la cosidde�a Più Stre�a Osservanza, nata dall'inizia�va del frate spa-gnolo Stefano Molina e volta a un forte rigo-re asce�co. A ques� e ad alcuni fra� venne concesso, nel 1519, il permesso di vivere a Fontecolombo. Il Santuario divenne così lo scrigno della Regola, che veniva osservata in modo streRssimo. I luoghi e l'arte.

L'insediamento francescano sorse nei pressi di un castrum molto importante dal punto di vista sociale ed economico: Sant'Elia Rea�no. Le fon� francescane riferiscono con grande abbondanza di par�colari gli episodi avvenu� nel Santuario, ma non ci perme�ono di rica-vare una datazione sicura delle stru�ure. L'analisi archite�onica perme�e di far risalire la cappella dedicata prima alla Vergine e poi alla Maddalena alla prima metà del XIII sec.

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Un'importante descrizione del Santuario al tempo della presenza di Francesco è traman-data dal cosidde�o Anonimo Rea�no, un francescano rea�no che descrisse le vicende di Francesco probabilmente nei primi anni del XIV sec. L'Anonimo racconta di abitazioni fa�scen� ada�ate da San Francesco a resi-denza dei fra�. Per farsi un'idea di come fos-sero stru�urate le abitazioni si può guardare alla vecchia casa colonica unita al convento: i servizi erano disloca� al piano inferiore, men-tre due celle, il refe�orio e la cucina erano al piano superiore. Dopo la morte di Francesco l'edificio venne ampliato con la costruzione di altre dodici celle. La chiesa grande del con-vento fu consacrata il 19 luglio del 1450 dal Cardinale Nicolò di Cusa, diocesi di Treviri, e dedicata ai San� Francesco e Bernardino da Siena. L'edificio è improntato alla semplicità, pur avendo subito mol� rimaneggia-men� tra cui il rifacimento del por�co ul�mato nel 1940. L'inter-no, a navata unica, è coperto a capriate. Il coro ligneo risale al XVII sec., al di sopra la finestra è chiusa da una vetrata con la raffi-gurazione di San Francesco e la visione della composizione della Regola Lungo la parete destra si trovano due pregevoli sculture li-gnee del Seicento. Una raffigura la Crocifis-sione con Francesco inginocchiato ai piedi di Cristo. Nell'altra scultura, un altorilievo, si celebra l'episodio miracoloso della Conferma della Regola da parte del Signore che prece-de�e la Conferma del pontefice. La chiesa ha subito diverse trasformazioni pur non per-dendo la sua originaria impronta. La prima trasformazione avvenne nel 1644 con il pro-lungamento del coro. Successivamente furo-no aperte le finestre del presbiterio e, nel

1712, fu aggiunto un nuovo ambiente alla sacres�a. Modifiche alle finestre e al rosone furono apportate nel XX sec. Cinque vetrate della chiesa vennero donate ai francescani nel 1925 dal celebre cantante lirico MaRa BaRs�ni. I soggeR delle vetrate raffigurano a par�re dalla prima a destra dell'entrata: l'offerta del luogo del Santuario a San France-sco, segue il dono del mantello da parte di Francesco alla donna di Posta. A sinistra della porta di accesso è riprodo�a la scena dell'o-perazione agli occhi di Francesco, segue un episodio di Francesco con gli uccelli. Sopra il portale la vetrata narra gli even� del Presepe di Greccio. La lune�a del portale conserva un dipinto con la Madonna col Bambino e ai la�

San Francesco e San Ludovico da Tolosa. Estrema-mente sugges�-vo il chiostro posto a destra della chiesa, a�orno al quale si dispongono gli edifici conven-tuali. Durante il XV sec., fu ere�o il cosidde�o Conven�no che

comprendeva: il dormitorio, il refe�orio e la cucina. Nello stesso secolo al convento fu annessa una fabbrica di panni dove erano confeziona� i sai dei fra�. Al XVI sec. risale la parte del convento denominata for�lizio, comprendente o�o camere. Negli anni '80 del Seicento si costruì l'a�uale foresteria e il dormitorio sovrastante. Dallo spiazzo an�-stante il convento si accede a un sen�ero che inizia con un cancello sul quale sono riportate le parole dell'Esodo "Togli� i calzari dai piedi, poiché santa è la terra dove tu stai". Il sen�e-ro accoglie qua�ordici edicole con la Via Crucis in maiolica, opera di scuola napoletana databile al 1745. Lungo il sen�ero si trovano nell'ordine: il Romitorio di san Francesco, la chiesa della Beata Vergine e il Sacro Speco. Il

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cosidde�o Romitorio di San Francesco è sta-to riscoperto nel 1947 ed è rimasto sostan-zialmente immutato, tranne due modifiche del XV e XVIII sec. Segue la Chiesa della Beata Vergine, de�a anche della Maddalena. Gli storici che hanno studiato la stru�ura mura-ria dell'edificio hanno rintracciato formule che rimandano ai primi decenni del XIII sec.: l'arco dell'abside a sesto acuto poggiante su mensole quadrate e gli affreschi ospita� nel ca�no. La facciata, in origine a capanna, fu modificata nel tardo Duecento. Sul corona-mento orizzontale si erge la campanella, con la quale, secondo la tradizione, France-sco chiamava a raccol-ta i fra� per la preghie-ra. Nella piccola abside è collocato un affresco in caRvo stato di con-servazione con Cristo in trono, la Vergine col Bambino a destra e una raffigurazione quasi illeggibile a sini-stra. Lungo la parete destra vi sono due affreschi databili tra XIV e XV sec. raffigu-ran� una Santa d'in-certa iden�ficazione, forse Santa Cunecon-da, e Santa Maria Maddalena. L'altra parete accoglie un affre-sco seicentesco con Santa Chiara. Durante il restauro del 1921 è venuto alla luce, in una finestrella, il disegno in rosso del Tau, che la leggenda popolare vuole della mano di Fran-cesco stesso. Dopo la chiesa della Maddalena si visita l'Oratorio di San Michele, un ambien-te a metà tra la gro�a e la cappella. L'orato-rio ingloba il Sacro Speco: la spaccatura nella roccia stre�a e lunga che ricorda un sepolcro. Si tra�a del luogo più sacro dell'eremo: tra le rocce una semplice croce in legno ricorda la presenza di San Francesco. La fenditura del

Sacro Speco si sarebbe originata, secondo la tradizione popolare, con il terremoto che accompagnò la morte di Cristo. Nella gro�a avvenne la sofferta redazione della Regola dell'Ordine da parte di Francesco. La scri�ura dove�e avvenire durante la cosidde�a qua-resima di San Michele, come ricorda la deno-minazione dell'oratorio. Sopra la porta della cappella di San Michele si legge un'iscrizione che ricorda la visita di papa Sisto IV nel 1476. All'interno l'oratorio ospita sull'altare una raffigurazione in rame con San Francesco che

riceve la Regola dal Signore, opera del XVIII sec. dovuta al frate Emanuele da Como. Dopo la chiese�a di San Michele si visita la gro�a di frate Leo-ne, qui la tradizione locale vuole che Leone, quando il Signore apparve a Francesco per la-sciargli al Regola, alzò la testa e lasciò sulla roccia l'orma del cranio.

Più avan�, prote�o da un recinto, si trova il ceppo del leccio che vide

l'apparizione del Signore al Poverello. L'albe-ro cede�e so�o il peso delle abbondan� nevicate dell'inverno del 1622. Il suo legno fu usato nel 1645 da Giovanni da Pisa per scol-pire la scena dell'apparizione del Signore a Francesco, oggi nella chiesa grande del con-vento. Risalendo sullo spiazzo che precede il convento si giunge alla Fonte delle colombe, da cui il Santuario trae il nome. Si a�raversa un sen�ero circondato da una natura straor-dinaria, rimasta inta�a dalla presenza di Francesco fino ad oggi. Il sen�ero è punteg-giato da tre cappelle: una dedicata all'Ascen-

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sione di Cristo, una a Sant'Antonio da Pado-va, l'ul�ma, nei pressi della quale è la fonte, è de�a cappella della Regole�a. Nelle prime due cappelle, ere�e nel XVIII sec., sono collo-cate delle formelle in terraco�a con episodi della vita di Francesco svol�si nel rea�no. Nell'ul�ma cappella, risalente al XVII sec., sono conservate sei formelle in terraco�a.

POGGIO BUSTONE

Poggio Bustone e l'inizio della missione di pace di Francesco

"Buon giorno, buona gente!"

Così Francesco salutò secondo la tradizione gli abitan� di Poggio Bustone quando, per la prima volta, giunse nel borgo alle pendici degli Appennini. È Luca Wadding, importante storico francescano del seicento, a raccontar-ci l'arrivo di Francesco a Poggio Bustone nel 1209, narrandoci di un Francesco e dei suoi compagni perseguita� in patria e alla ricerca di un luogo ospitale, che trovarono proprio in Poggio Bustone. Inerpicandosi sulla strada che conduce fino all'eremo si riscopre tu�a la semplicità e la le�zia di questo saluto, in una natura che somiglia ancora a quella che Fran-cesco vide e amò. Il Santuario è circondato dai boschi verdeggia� e apre lo sguardo su un panorama che ha del mis�co: la Valle Santa e la sua parte se�entrionale con la splendida

Riserva dei laghi Lungo e RipasoRle. La pre-senza di San Francesco I più an�chi agiografi di Francesco indicano nei pressi di Poggio

Bustone la prima meta del Santo nella Valle Rea�na. Francesco sostò in ques� luoghi, raccogliendosi in preghiera in una gro�a solitaria tra i boschi. Qui ebbe la visione che gli confermò il perdono per i pecca� giovanili. Qui gli fu prede�a un'espansione prodigiosa per il suo Ordine ed ebbe la predizione in base alla quale da Poggio Bustone sarebbe par�ta la sua missione di pace. Come sempre nella consuetudine di Francesco, il precario alloggio che trovò era poco distante dal pae-se di Poggio, così da perme�ergli di predica-re alla gente del borgo. L'altra tes�monian-za della presenza di Francesco a Poggio Bu-stone riguarda una pubblica confessione di Francesco. Una folla si radunò presso l'eremo per ascoltare la predica del Poverello che stupì tuR mor�ficandosi e confessando di aver mangiato cibi condi� con lardo durante la quaresima. Le fon� che riportano ques� episodi non fanno nessun cenno alle date in cui si verificarono, rendendo impossibile una precisa collocazione cronologica.

La storia del Santuario

Secondo la tradizione la chiesa del Santuario, dedicata a San Giacomo, appartenne all'Ab-bazia di Farfa, che la donò ai fra� minori nel 1217. Il luogo donato ai Francescano aveva una posizione strategica per favorire la predi-cazione: vicino a Rie� e sulle vie percorse dai

pastori per scollinare verso le regioni vici-ne. Dunque l'eremo di Poggio Bustone, dopo la presenza dire�a del Poverello, divenne un centro aRvo e vitale già dalla prima metà del Duecento, anche se di questa prima fase restano pochi ricordi archite�onici. Gli studiosi, in effeR,

datano il complesso conventuale all'inizio del XIV sec. L'eremo conobbe momen� di forte crescita alterna� a momen� di stallo, che

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giunsero fino al semiabbandono o all'abban-dono. Tra la fine del Trecento e il Qua�rocen-to il Santuario visse un periodo di grande floridità, grazie all'adesione al movimento dell'Osservanza, il movimento nato in seno all'Ordine Francescano e affermatosi nel XV sec. ad opera di San Bernardino da Siena e San Giovanni da Capestrano che spingeva a una vita asce�ca rigorosa. Una data centrale è il 1373, quando Poggio, insieme alle comu-nità eremi�che del Rea�no, delle Marche e dell'Umbria, o�enne il permesso di scegliere il proprio confessore. Così iniziò il processo di adesione all'Osservanza.

I luoghi e l'arte

Lo scri�o, databile agli esordi del XIV sec., del cosidde�o Anonimo Rea�no, un frate rea�no di cui non conosciamo purtroppo il nome, narra dell'esistenza di due romitori: uno su-periore, in cui il Santo fu rimesso di tuR i suoi pecca�, e uno inferiore. Il romitorio superiore può essere iden�ficato con la chie-se�a incassata so�o una massa rocciosa e nasco-sta dal bosco. Al tempo di Francesco era una semplice gro�a, la prima costruzione risale agli inizi del XIV sec. e ado�a la �pologia a navata uni-ca coperta da volta a bo�e. Nell'edificio si dis�nguono due epoche: la parte trecentesca che circonda l'altare e un'al-tra risalente al XVII sec. La scoperta di questo ambiente, che forse cos�tuì il primo insedia-mento francescano, è avvenuta nel 1947. Il romitorio inferiore è invece l'a�uale chiesa e convento di San Giacomo. All'eremo superio-re si giunge a�raverso un comodo sen�ero immerso in un bosco di roverelle, aceri e carpini, circa trenta minu� di cammino per giungere in un luogo incantato e reso santo dalla presenza di Francesco. Lungo il sen�ero

furono ere�e intorno al 1650 sei cappelle a ricordo di miracoli avvenu� sul luogo e tra-manda� dalla tradizione popolare. La prima cappella custodisce la pietra sulla quale il Santo appoggiò il breviario mentre stava per sopraggiungere una tempesta: appena pog-giato il libro la pietra si sciolse come cera. La seconda cappella fu edificata sul luogo in cui Francesco si sede�e poggiando le spalle a una pietra sulla quale rimase impressa l'im-pronta del suo cappuccio ancora oggi visibile. La terza cappella custodisce l'orma del gomi-to del Santo, la quarta è dedicata all'appari-zione del demonio e alle impronte che lasciò sulla pietra. La quinta conserva l'impronta del piede di Francesco, la sesta l'impronta di un angelo. Portandosi verso l'eremo inferiore, nei pressi del piazzale del convento, sorge il Tempio Vo�vo realizzato da Carlo Alberto Carpiceci a ricordo della missione di pace cui il Santo diede inizio proprio da Poggio Busto-

ne. A lato dell'ingresso sono incise le parole che Francesco lasciò ai disce-poli "Andate carissimi a due a due per le diverse plaghe della terra an-nunziate agli uomini la pace". All'interno si con-serva la statua del Pove-rello realizzata da Loren-zo Ferri. La chiesa del convento, accessibile dal piazzale, è dedicata a San Giacomo Maggiore. Davan� si apre il por�co ricostruito nel 1951 su

proge�o dell'archite�o Alberto Carpiceci. La chiesa fu ere�a nel XIV sec. e più volte rima-neggiata. Nel corso del XVII sec. vennero aperte due cappelle, una dedicata a Sant'An-tonio da Padova, la seconda a San Francesco. L'ul�mo intervento è stato realizzato dopo il terremoto del 1948. Austero è l'interno della chiesa, a navata unica con copertura a capria-te, l'abside è invece coperto da un'elegante volta a crociera. Le modalità realizza�ve di

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alcuni elemen� archite�onici (mensole e costoloni) hanno suggerito agli studiosi una datazione ai primi decenni del XIV sec.

Lungo la parete destra una tavola del XV sec. raffigura la Vergine col Bambino e San Giu-seppe. Sempre sulla stessa parete, durante i restauri del 1948, è stato rinvenuto un affre-sco seicentesco che raffigura un pontefice tra San Francesco e Sant'Antonio da Padova. Alle loro spalle vi è l'interessante raffigurazione del castello di Poggio Bustone che ci per-me�e di ricostruire l'an�co asse�o urbanis�-co del borgo: circondato da mura, dominato dalle torri e dal campanile e dotato di due porte di accesso. Sulla destra della chiesa è collocato il chiostro a�orno al quale si svilup-pa il convento. Della primi�va costruzione resta un por�che�o con pilastri e colonnine o�agonali, oggi inglobato nel chiostro. Su una parete del chiostro si conserva un dipin-to con la Madonna col Bambino, pregevole e raffinata opera di scuola sud umbra del XV sec. Interessante la vista al refe�orio dei pellegrini, ornato da due dipin� seicenteschi: l'Ul�ma Cena e l'Immacolata tra San France-sco e Santa Chiara.

La presenza di Francesco nel Santuario di Poggio Bustone nel racconto dire�o delle fon�

Si accusa d'Ipocrisia

Una volta, intorno a Natale, si era radunata molta folla per la predica presso l'eremo di Poggio. Francesco esordì a questo modo: "Voi mi credete un uomo santo e perciò siete venu� qui con devozione. Ebbene, ve lo con-fesso, in tu�a questa quaresima, ho mangia-to cibi condi� con lardo". E così più di una volta a�ribuì a gola, ciò che invece aveva concesso alla malaRa.

Tommaso da Celano, Vita Seconda, XCIV, 131, in Fon� Francescane. Edi�o Minor, Assi-si, Movimento Francescano, 1986

Previsioni di Francesco

Un giorno mentre dimorava nell'eremo supe-

riore di Poggio, in provincia di Rie�, e ripen-sava con amarezza al suo passato, si senc pervaso dalla gioia dello Spirito Santo che lo rassicurò che gli erano sta� pienamente ri-messi tuR i pecca�.

Nello stesso romitorio un'altra volta, rapito fuori di sé e sommerso totalmente in una luce meravigliosa che dilatava gli orizzon� del suo spirito, vide con perfe�a lucidità l'avvenire suo e dei suoi figli. Dopo l'estasi, ritornò dai fra� e disse loro: "Siate for�, ca-rissimi, e rallegratevi nel Signore; non voglia-te essere tris�, perché siete in pochi, e non vi faccia paura la mia e vostra semplicità; poi-ché, come il Signore mi ha mostrato con una visione veri�era, Dio ci farà diventare una grande mol�tudine e la sua benedizione ci farà crescere in mol� modi".

Anonimo Rea�no, Actus Bea� Francisci in

Valle Rea�na, VIII, 17-20, a c. di A. Cadderi,

Assisi, Edizioni Porziuncola, 1999

La monumentale Porta in bronzo verde, ope-ra di Antonio Maraini, fu collocata nel 1931; in occasione del Giubileo dell’anno 2000 fu collocata la nuova Porta Santa in bronzo dorato, dello scultore Enrico Manfrini.

LUCIO BATTISTI - I GIARDINI DI MARZO

La graziosa ci�adina di Poggio Bustone, bor-go in provincia di Rie� arroccato su un colle che si affaccia sulla vallata del rea�no, deve la sua notorietà in par�colar modo per aver dato i natali all’ama�ssimo cantante e musi-cista Lucio BaRs�.

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I Giardini di Marzo, un parco dedicato alla memoria dell’indimen�cato ar�sta, prende il nome da una delle canzoni più famose del cantante. Ed è proprio su una piazze�a ter-razzata del parco, che si erge la statua bron-zea di Lucio BaRs�, opera del famoso sculto-re Manuel Campus.

Manuel Campus, nato nel 1928 a Domus De Maria, vive e opera a Bazzano Inferiore di Spoleto, in provincia di Perugia. Affermatosi pres�ssimo nel campo dell’arte ha trovato la sua prima dimensione nella ceramica, inse-rendosi quasi subito a livelli internazionali ed è stato autore di numerose opere apprezzate in tu�o il mondo.

La statua, inaugurata il 9 se�embre del 1999, immortala il cantante con la sua amata chi-tarra in mano. Meta di pellegrinaggio di fans e curiosi, i Giardini di Marzo è un luogo par�-colarmente sugges�vo, per la flora variegata e per la meravigliosa vista che si gode sulla valle so�ostante.

CASCATE DELLE MARMORE

La Cascata delle Marmore è un'opera ar�fi-ciale di sistemazione idraulica dovuta ai Ro-mani; il fiume Velino, infaR, si allargava negli anni preceden� il 290 a.C. in una vasta zona di acque stagnan�, paludose e malsane. Allo

scopo di far defluire queste acque, il console Curio Dentato fece scavare un canale che le convogliasse verso la rupe di Marmore, e da lì le facesse precipitare, con un balzo com-plessivo di 165 metri, nel so�ostante alveo del fiume Nera. Lo spe�acolare salto della Cascata delle Marmore ha ispirato poe� ed ar�s� di ogni periodo storico:

Virgilio nell' "Eneide", Cicerone e G. Byron nel "Childe Harolds Pilgrimage". Da circa 50 anni le acque della cascata sono u�lizzate per alimentare la centrale idroele�rica di Galleto. Di conseguenza la cascata si può ammirare solo negli orari riporta� nella ta-bella so�ostante. Fu proprio grazie alla ric-chezza di queste acque ed alla loro energia, che fu possibile il sorgere, a Terni, di indu-strie siderurgiche, ele�rochimiche ed ele�ri-che.

Sulle origini della cascata c'è una leggenda: una ninfa di nome Nera si innamorò di un bel pastore: Velino. Ma Giunone, gelosa di que-sto amore, trasformò la ninfa in un fiume, che prese appunto il nome di Nera. Allora Velino, per non perdere la sua amata, si ge�ò a capofi�o dalla rupe di Marmore. Questo salto, des�nato a ripetersi per l'eternità, si replica ora nella Cascata delle Marmore.

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Venerdì 28 agosto

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La bellissima ci�à umbra presenta numerosi monumen� e bellezze che la rendono un'im-portante meta turis�ca del centro Italia.

Spoleto è una bellissima ci�adina dell’Umbria situata in provincia di Perugia e sorge a 396 metri sul livello del mare. Il comune conta circa 38.000 abitan�, deR spole�ni. Nella storia la ci�à è stata abitata fin dalla preisto-ria ed è stata sede del Ducato di Spoleto. Per la bellezza dei suoi vicoli è stata usata spesso

come set cinematografo; di recente ha fa�o da cornice alla fic�on di Rai 1: Don Ma�eo 9. Mol�ssime sono le manifestazioni che si svol-gono a Spoleto, sicuramente l’evento più importante è il Fes�val dei Due Mondi. Si tra�a di una rassegna di livello internazionale che propone spe�acoli di prosa, danza, con-cer� e mostre.

I primi due luoghi di interesse che troverete sono il Teatro Romano, risalente al I secolo d.C. e il Museo Archeologico Statale: all’inter-no ospita reper� che illustrano la storia della

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ci�à dalla protostoria al periodo tardo an�co e una sezione dedicata al territorio della Valnerina in epoca preromana e romana. Procedete la visita passeggiando lungo Corso Mazzini, proseguendo su Via W. Tobagi, arri-verete in Piazza della Signoria. Prendendo la scalinata di destra, arriverete in Piazza del Duomo, alzate gli occhi e ammirate la bellissi-ma Ca0edrale di Santa Maria Assunta, sorta nel 1067 sui res� di una chiesa del IX secolo d.C. Al suo interno, di notevole interesse sono gli affreschi del Pinturicchio nella Cap-pella del vescovo Eroli, mentre di Filippo Lippi sono quelli nell'abside della navata centrale. Il Duomo è sicuramente fra i monu-men� più belli della ci�à. La vostra passeg-giata prosegue lungo la scalinata che condu-ce a Via A. Sappi, sulla vostra destra trovere-te la chiesa di Sant’Eufemia, situata e visita-bile all’interno del cor�le della residenza arcivescovile; questa bellissima chiesa in s�le romanico è la parrocchia della fic�on di Don Ma�eo 9. Salendo per Via Sappi giungerete in Piazza del Campello, da dove inizia la pas-seggiata panoramica, de�a anche “giro della rocca”, che circonda la sommità del colle Sant'Elia, su cui sorge la splendida Rocca

Albornoz. La fortezza venne edificata negli anni sessanta del XIV secolo, per volontà di papa Innocenzo VI. La rocca possiede sei possen� torri e due cor�li interni; inoltre, al suo interno, è presente il Museo nazionale del ducato di Spoleto dove sono conservate numerose tes�monianze altomedievali. Pro-seguendo la passeggiata panoramica, potrete ammirare e a�raversare lo spe�acolare Pon-

te delle Torri, lungo 230 metri e alto ben 82. Si tra�a di un acquedo�o di epoca romana – longobarda; esso viene considerato un'ano-malia per la sua epoca di costruzione dato che in quel periodo furono rare le opere di uso civile di una tale maestosità. Il ponte congiunge il colle Sant’Elia con il Monteluco dove è presente il For7lizio dei Mulini e dove hanno inizio numerosi sen�eri naturalis�ci. Vale la pena a�raversarlo! Riscendendo toc-cherete Piazza del Mercato, successivamente

su Via dell’Arco di Druso ammirerete l’omo-nimo arco di epoca romana precisamente ere�o nel 23 d.C. e l’Arco di Monterone. Infine scendete per Piazza Fontana e vi ritro-verete in Piazza della Libertà, luogo in cui ha avuto inizio questa fantas�ca visita a Spoleto

DUOMO

La stru�ura originaria della ca�edrale risale alla fine del 1100, quando si procede�e alla ricostruzione degli edifici distruR nel 1155 da

Federico Barbarossa (S. Maria del Vescovato e S. Primiano). Di S. Primiano si è conservata la cripta so�o all‘a�uale Cappella delle Reli-quie. Interven� successivi sono sta� effe�ua-� con l’aggiunta di un por�co di s�le rinasci-mentale fra il 1491 e il 1504 e col rifacimento degli interni nel 1600. Fu consacrata da Papa Innocenzo III nel 1198 e terminata fra il 1216 e 1227. L‘a�uale facciata ha ampliato la pree-sistente, ed è stata completata intorno al 1200. Il rosone centrale, del XII secolo, è al centro di un quadrato che negli angoli ha i simboli dei qua�ro Evangelis�. Esso, a sua volta, sormonta una galleria cieca di cinque colonnine e due telamoni. Il por�co aggiunto nel 1491-1504 da Ambrogio di Antonio Ba-rocci da Milano e Pippo di Antonio da Firen-ze, è composto da cinque archi, coi pulpi� laterali. Il campanile è del XII secolo, è co-struito in grandi conci squadra�, in parte provenien� dalle preceden� stru�ure. L’in-terno è a tre navate e sei campate, con co-lonne a capitello corinzio. Ospita fra le tante

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opere di grande pregio ar�s�co un affresco con Madonna e San� del Pinturicchio, e nel transe�o destro la tomba del pi�ore Filippo Lippi, che, insieme ai suoi seguaci, realizzò gli affreschi “Presepio”, “L‘Annunciazione”, la “Dormi�o” e “L‘Incoronazione della Vergine”. In un ulteriore intervento del XIX secolo, Giuseppe Valadier, l‘archite�o di Piazza del Popolo e del Pincio a Ro-ma, creò gli altari e le porte. Nella nicchia della navata sinistra è stata collocata una delle opere più importan� del Duomo di Spoleto: il “Crocifisso”, pergamena dipinta appli-cata su tavola, di Alberto So�o (1187). Proviene dalla Chiesa dei Ss. Gio-vanni e Paolo.

s. PONZIANO

Il complesso è dedicato al Santo Patrono di Spoleto, che si festeggia il 14 Gennaio. Pon-ziano era di famiglia agiata, e visse ai tempi dell’Imperatore Marco Aurelio, durante la quale si ebbero le c.d. “persecuzioni fabia-ne”, dal nome del giudice Fabiano. La chiesa a tre navate e tre absidi fu edificata nel XII secolo in s�le romanico. Ha poi subìto, fino al 1788, pesan� rimaneggiamen� interni, in par�colare alla fine del XVIII secolo, ad opera del Valadier. Nell’XI secolo fu monastero benedeRno e nel 1392 ospitò una comunità religiosa femminile so�o la regola di San Benede�o. Nel XVI secolo arrivarono le Cla-risse. Nel 1860 il complesso diventò di pro-prietà del Comune di Spoleto. Nel 1899 fu ceduto a priva�. Successivamente fu res�tui-to alle monache e dal 1905 è abitato dalle Canoniche Regolari Lateranensi di Sant’Ago-s�no. Vi si accede da un arco in cui è raffigu-rato il santo stesso armato e a cavallo. Nella chiesa sono conserva� tre an�chi sarcofaghi e nella sala capitolare è conservato un gran-de affresco datato 1482 che rappresenta la

Madonna con il Bambino tra i San� Bene-de�o e Ponziano. Il campanile proviene dalla trasformazione di una torre di avvistamento che era in posizione assai strategica a con-trollare il diver�colo della Via Flaminia ed, eventualmente, il le�o del torrente. La fac-ciata è disegnata da archeR pensili che si

ritrovano nel �mpano. Il portale, riquadrato da una cornice. Manca del rosone, delle teste del grifone, dell’aquila e del leone, che furono rubate. La colonna di sinistra è stata ricostrui-ta durante lavori di consoli-damento e restauro negli anni 80, volutamente con materiale moderno, per non ingannare con un finto an�co. Ogni anno, in occa-sione della sua festa il cra-nio di San Ponziano viene portato in Duomo per le

adorazioni. E’ leggenda che nel monastero si senta allora il pianto delle monache defunte, dovuto alla mancanza del loro Santo.

S. PIETRO

Questa chiesa, di chiaro s�le romanico, luogo di sepoltura di mol� vescovi, si erge all’in-gresso sud di Spoleto, fuori le mura, al co-spe�o della Rocca e del Ponte. Vi si accede salendo una larga e maestosa scalinata, co-struita nel 1600. La prima edificazione è pro-babilmente del 419 d.C., su ordine del vesco-vo Achileo. Ques� riportò da Roma delle reliquie appartenen� alle catene di S. Pietro in Vincoli e le custodì in San Pietro extra moenia. Nel dodicesimo secolo l’ampliamen-to e nel 1329 l’incendio da parte dei ghibelli-ni, in occasione di una delle tante ba�aglie ci�adine. La ricostruzione procede�e in più fasi, fino a concludersi nel XV seco-lo. L’interno segue lo schema a tripla navata, con archi a tu�o sesto. Verso la fine del di-ciasse�esimo secoli gli interni furono rifaR in s�le barocco. La facciata, a qua�ro spioven�,

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ospita tre portali e tre rosoni, ed è divisa da lesene e cornici a formare una serie di riqua-dri. Vi sono i simboli dei qua�ro Evangelis� agli angoli. La parte superiore, incorniciata da sei formelle, è sormontata da un �mpano con la statua di San Pietro. Le par� laterali della facciata, più basse, sono in due ali ag-giunte in un periodo successivo. All’esterno di San Pietro v’è la chiese�a di San Silvestro recentemente restaurata e risalente al XIV secolo.

SANTA EUFEMIA

Per visitare la Chiesa di Sant'Eufemia, la cui zona absidale, ornata da archeR pensili e lesene, guarda la scalinata che porta a piazza Duomo, è necessario a�raversare il cor�le del palazzo arcivescovile.

L'interessante edificio romanico del XII seco-lo nasconde al di là di una semplice e al tem-po stesso austera facciata, decorata da una sola bifora, un interno a tre navate divise da colonne e pilastri polis�li illuminate da mo-nofore di s�le romanico lombardo. Il pro-spe�o a due spioven� sopraeleva� al centro è �pico della prima archite�ura romanica spole�na con portali a rincassi concentrici e archeR rampan�. Il par�colare forse di mag-gior interesse ar�s�co è però rappresentato dalla zona dei matronei a causa della grande rarità di questa �pologia costruRva nel terri-torio umbro.

La Basilica di S. Eufemia sorge all’interno del Palazzo Arcivescovile, la cui area era occupa-ta dalla residenza dei Duchi Longobardi, co-me ricordano i documen� dei secoli VIII e IX. La prima no�zia del monastero di S. Eufemia e dell'annessa chiesa risale al secolo X, quan-do la badessa del Monastero di S. Eufemia, chiese al monaco benedeRno Giovanni Cas-sinese di scrivere la vita di S. Giovanni Arcive-scovo di Spoleto.

L'interno, pur nella esiguità degli spazi, colpi-sce per la giustezza di ritmi e di proporzioni: le colonne e i pilastri, spesso o�enu� con elemen� di spoglio provenien� da edifici

classici ed alto medioevali, scandiscono le tre navate; la presenza di matronei, è stata posta in relazione con la tradizione secondo cui Sant'Eufemia occupò l'area dell'an�ca resi-denza regia e ducale dove, sul �po della cap-pella pala�na di Aquisgrana, esistevano i matronei.

SPELLO

Spello è come un libro prezioso composto da tante pagine da sfogliare con calma e deside-rio di bellezza. Partendo dalla parte meridio-nale (la zona di “Borgo”) per salire fino alla Porta dell’Arce (il “Belvedere”), si ripercorre visivamente la storia di un luogo in cui si respirano le an�chissime presenze umbre, romane, medievali e rinascimentali. L´entrata per Porta Consolare era l´ingresso principale già al tempo dell’insediamento romano nella parte più a valle, in corrispon-denza della strada che si stacca dalla Via Flaminia. La Porta si apre nella cerchia mura-ria augustea ed è a tre fornici e sormontata da tre statue di epoca repubblicana rinvenu-te nell´area dell´Anfiteatro. E’ affiancata da

una Torre medievale sulla cui sommità cam-

peggia una pianta di olivo, simbolo di pace e del più �pico prodo�o locale, l’olio. La maestosa porta romana ci introduce nel popo-lare Ter-ziere Porta Chiusa, uno dei tre quar�eri (gli altri sono Mezota e Posterula) in cui dal me-dioevo è suddivisa Spello. Incassate nei vicoli streR e fiori� si notano le case-torri, che u�lizzano nelle murature la pietra calcarea rosa e bianca estra�a dal vicino Monte Suba-sio. Percorrendo Via Consolare, all’imbocco con

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Via S. Angelo incontriamo la Cappella Tega, una piccola aula con volta a crociera affresca-ta, dove splende un’intensa Crocifissione di Niccolò Alunno del 1461. Poco oltre la catena che divide Porta Chiusa dal Terziere Mezota, sulla destra appare la

chiesa principale del paese, S. Maria Maggio-

re, nota già nell´XI sec. ma terminata nel 1285 (dal XII sec. è Collegiata). L´intervento seicentesco (1644) ne ha allungato il corpo originario e sos�tuito la facciata che conserva nel portale i fregi romanici. L´interno è una vera galleria d´arte, a cominciare dalla Cap-pella Baglioni affrescata nel 1501 dal Pinturic-chio, pi�ore umbro celebre per il suo senso decora�vo, festoso e cortese: sulle pare� sono rappresentate le scene dell´Annunciazione, della Na�vità, della Di-sputa di Gesù coi Do�ori, mentre nelle vele della crociera compaiono le figure di qua�ro Sibille. A destra, nella cornice archite�onica dipinta, c’è l´autoritra�o del pi�ore. Sempre del Pintoricchio c’è una meravigliosa Madon-na con Bambino che si aggiunge ad altri affreschi, opera della sua scuola. E abbiamo inoltre due affreschi del Perugino sui ter-minali del coro ligneo (1520). Il pavimento in maiolica di Deruta è cinquecentesco.

ARguo alla chiesa, Palazzo dei Canoni-

ci ospita la Pinacoteca Civica. Tra gli odori della buona cucina e i profumi dei balconi fiori� giungiamo alla chiesa romanica S. An-drea, di cui si ammirano la ghiera a treccia del portale e l’altare trecentesco, oltre agli affreschi del Qua�rocento e alla tavola dipin-ta da PintUricchio con i suoi aiutan� (Madonna con Bambino e San�, 1508). Al cuore della ci�à si arriva da Via Cavour dove sono concentrate le più an�che bo�e-ghe ricche dei prodoR locali. Eccoci quindi

in Piazza della Repubblica, un po’ frammen-taria a causa delle molte manomissioni, che hanno coinvolto anche il Palazzo Comunale. La parte originaria del XIII sec. corrisponde al loggiato di sinistra ad archi ogivali, cui si ap-poggia la fontana cinquecentesca di Papa Giulio III. Nel Palazzo si conserva un impor-tante reperto romano, il Rescri�o di Costan�-no (330 circa d. C.) che concedeva privilegi alla ci�à. Il lato lungo della piazza è chiuso dalla Rocca Baglioni (1358) trasformata in residenza di famiglia da Adriano Baglioni a par�re dal 1572. A lui si deve l’asse�o “moderno” della piazza che sul finire del XVI sec. assume sembianze rinascimentali sul �po delle “ci�à ideali” allora in voga. In piaz-za merita uno sguardo anche la piccola Chie-sa di S. Filippo, opera se�ecentesca del Pier-marini. Da Via Garibaldi, passando accanto a Palazzo Cruciani (XVII-XVIII sec.), il maggio-re edificio privato, oggi sede del Comune, si

arriva a Piazza Mazzini, dove sorge la seconda Collegiata, San Lorenzo, edificata nel XII sec. e poi trasformata nel 1540. Anche qui trovia-mo opere notevoli, co-me la se�ecentesca Cappella del Sacramen-to, forse del Piermarini, e le tarsie cinquecente-

sche del coro. A Via Giulia termina il Terziere Mezota e inizia la passeggiata verso la parte alta del paese a�raverso il Terziere Pusterola. Sull´incrocio con Via Arco di Augusto si nota-no i res� di Porta Romana, che si apriva lungo la cinta augustea. Oltre il Teatro Civico Suba-sio di fine Se�ecento, si percorre l’arteria principale della parte nord del paese, Via Giulia, con i suoi scorci, le piazze�e e vicoleR deliziosi come Via Fontanello e Borgo del Teatro. La passeggiata prosegue fino all’Ora-torio di S. Biagio, sede di un ospedale re�o da laici (1430). Al termine della via, chiusa dalle mura trecentesche, s´inserisce il Com-

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plesso delle Clarisse (chiesa e convento, 1320). La breve salita di Via Cappuccini im-me�e, a�raverso ciò che resta dell’an�ca Porta dell´Arce, nella parte più alta di Spello, chiamata il Belvedere. Grandi blocchi di pie-tra appartenen� a edifici romani tes�monia-no la storia millenaria del luogo. Costeggia� i muri del Convento dei Cappucci-ni, si scende per la ripida Via Torre di Belve-dere verso S. Mar�no, edificio di culto di origine romanica (XII sec.), e ci ritroviamo al Terziere di Mezota. Resta da percorrere Via delle Mura Vecchie per giungere alla monumentale Porta Vene-re, di età augustea, la cui elegante stru�ura a tre fornici è esaltata dalle Torri di Properzio, dedicate al poeta la�no di cui Spello si con-tende i natali con Assisi, ma che probabil-mente non sono romane bensì ma del XII sec. Da qui si esce dalla cinta muraria romana e si raggiungono i res� dell´Anfiteatro Romano (I secolo d.C.) e la Chiesa di S. Claudio, che ha mantenuto intaR i puri e primi�vi cara�eri romanici de�a� dalla sobrietà francescana. Percorrendo all´esterno il tra�o delle Mura Augustee ritorniamo a Porta Consolare, dove era iniziato il nostro i�nerario. Abbiamo an-cora negli occhi l’incanto di stradine quali Via Porta Chiusa, Via Borgo della Fortezza, Via S. Ercolano, dove ba�e forte il cuore dell’Um-bria – e dell’Italia – più bella.

FONTI DEL CLITUNNO

La Storia

Hai mai veduto le Fon� del Clitunno? Se non ancora, e credo di no, altrimen� me ne avres� parlato, valle a vedere.

"Io l'ho viste da poco e mi rammarico di averlo fa�o troppo tardi".

Così scriveva Plinio il Giovane a un amico e il suo consiglio è valido ancora oggi.

Le Fon� del Clitunno come le vediamo oggi

sono diverse da quelle del Primo secolo, ai tempi di Plinio. Un violento terremoto, nel 444 cambiò la faccia della zona e, probabil-mente, fu la causa del ridimensionamento del fiume Clitunno, fino ad allora navigabile.

La sistemazione delle Fon� del Clitunno come le vediamo oggi è dovuta all'opera paziente di Paolo Campello della Spina che tra il 1860 e il 1865 tolse la terra per creare lo spazio per il laghe�o e provvide a far crescere la vegetazione che ancora oggi cara�erizza le Fon� del Clitunno, qualche anno dopo Giosue Carducci scrisse l'ode barbara Alle Fon� del Clitunno.

Il passaggio del poeta è ricordato oggi da una stele dello scultore torinese Leonardo Bistolfi con uno scri�o di Ugo OjeR.

Ma già qualche anno prima George Byron, in pellegrinaggio in Italia, era passato sulle rive del Clitunno e vi aveva lasciato traccia della sua vena poe�ca. E sempre ai tempi di Augu-sto il poeta imperiale per eccellenza, Virgilio, aveva riportato a proposito del parco la cu-riosa leggenda dei buoi che, immergendovisi, sarebbero diventa� ancora più candidi.

Una leggenda che ha a che fare con il mito del dio Clitunno, divinità che affonda le sue radici nella religiosità preromana e forse ha origini autoctone. Quel che è certo è che fu

celebrato in epoca im-periale e ci sono tes�-monianze della presenza dell'imperatore Caligola che avrebbe frequenta-to i “clitunnali” feste in onore del Dio che si tenevano in primavera.

Più a valle, a circa un chilometro, si trova il Tempie�o del Clitunno, opera a cavallo tra la

fine dell'impero e gli albori dell'epoca cris�a-na. Nei secoli sono rimaste le tes�monianze, su questo piccolo anomalo capolavoro di archite�ura, del Palladio, del Piranesi e del

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Vanvitelli.

BEVAGNA

Bevagna è al centro della Valle umbra, alle spalle Assisi con il suo carico di forte spiritua-lità, davan� Spoleto, capitale della cultura contemporanea, la musica, il teatro, la danza. Bevagna è anche al centro del percorso che va da Firenze a Roma, non lontano dalla via Francigena, lo stesso percorso che per secoli ha visto poe�, le�era�, ar�s� e filosofi, viag-giare per il Bel Paese alla ricerca di arte, sto-ria e paesaggi. Bevagna, an�ca Mevania, capitale delle tribù umbre, al centro di vie di terra e di vie d’acqua…..nel suo nome “ci�à che sta nel mezzo” una realtà an�ca e mo-derna.

A�raversata dall’importante consolare roma-na Flaminia e circondata dalle acque, il Cli-tunno, il Timia, il Teverone…..Bevagna è uno scrigno prezioso carico di gemme, un luogo in cui il tempo rallenta, offrendo sugges�oni ed atmosfere in cui il viaggiatore può sen�rsi protagonista e non solo spe�atore…l’arte e la storia, il racconto delle pietre e il racconto degli uomini, gli an�chi mes�eri e i prodoR della terra…

MONTEFALCO

Per la sua incantevole posizione geografica, sul ver�ce di un ameno colle (473 mt.), che si erge al centro delle valli del Clitunno, del Topino e del Tevere, la ci�à è stata definita "Ringhiera dell'Umbria". Celebre altresì per gli affreschi delle sue chiese, che ne fanno un punto di riferimento essenziale per la cono-scenza della pi�ura umbra. Inoltre i suoi san-tuari rappresentano, nel turismo religioso, una tappa importante, ancora quasi tu�a da scoprire, della spiritualità umbra.

Dove l’arte incontra dolci colline, dove fre-schi dipin� di più di seicento anni di vita in-contrano i sapori gastronomici �pici della cultura italiana, ecco come si presenta la Ci�à di Montefalco. Su questo colle assolato hanno soggiornato pi�ori e poe�, san� e

poli�ci: a Montefalco Benozzo Gozzoli, pi�o-re fioren�no del primo rinascimento italiano, ha illustrato la vita di San Francesco d’Assisi creando un ciclo di affreschi capace di fare scuola per la pi�ura a seguire, Herman Hesse ha passeggiato per le sue cara�eris�che stra-dine cercando un par�colare da fermare nel tempo, vergini fanciulle si sono votate al Signore nel chiuso dei molteplici monasteri, come Santa Chiara della Croce, e un autore-vole sindacalista del novecento, Bruno Buoz-zi, vi è stato confinato suo malgrado. Così pensieri e vite si sono intreccia� per secoli entro le mura della Ci�à, accendendo spiri� nuovi, calmandone altri, ma sempre cercan-do di fare cultura.

Monumento nazionale dal 1872 la Chiesa di

San Francesco rappresenta il cuore del Com-

plesso Museale di Montefalco, uno spazio che non ci si può perme�ere di non visitare, in quanto a�orno a questo centro pulsante si dispongono altre preziose raccolte d’arte che è possibile ammirare seguendo un percorso che conduce dapprima alla pinacoteca, quin-di alla chiesa, di seguito alla cripta con le an�che can�ne dei fra� minori conventuali e la sezione del materiale archeologico e infine

agli spazi dedica� alle mostre d’arte contem-poranea. Un percorso fisico di scale e corridoi che è sicura metafora del percorso storico incarnato dall’intero complesso.

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TERNI

Terni è una ci�à dell'Umbria, capoluogo del-la provincia omonima. Centro prevalente-mente industriale, Terni può considerarsi un'oRma base logis�ca per visitare i bellissi-mi dintorni, �pici del paesaggio umbro. Nel territorio comunale, a soli 8 km dal centro ci�adino, si trova la famosa Cascata delle Marmore, una delle cascate più alte d'Euro-

pa, creata dagli an�chi Romani con uno sbar-ramento nel 271 a.C.. Terni è anche nota per essere la ci�à di San Valen�no, patrono degli innamora�, le cui spoglie sono custodite nella basilica a lui dedicata.

La ci�à si distende al centro di un ampia pia-nura per cui si presta ad essere percorsa e scoperta a piedi, accanto agli an�chi palazzi ed alle chiese del centro storico si possono scoprire le tes�monianze della sua storia industriale e le bellezze naturalis�che che cara�erizzano i dintorni.

Cenni storici

Ci�à dalla storia millenaria come tes�monia-to dalla vasta necropoli venuta alla luce du-rante gli scavi di sbancamento per la costru-zione dell'Acciaieria alla fine dell'800, un vas�ssimo complesso di tombe a incinerazio-ne e ad inumazione con sepolture datate a par�re dal X secolo a.C.. Era uno dei centri principali centri degli Umbri, centro spirituale e poli�co dell'etnia dei Naharki, la popolazio-

ne stanziata lun-go le sponde del fiume Nera. Con la conquista di Nequinum (oggi Narni) nel 299 a.C. da parte delle armate di Roma inizia la romanizzazione

del territorio, la ci�à viene riba�ezzata Inte-ramna Nahars e diviene un importante muni-cipium, a�raversato dalla Via Flaminia. Luogo natale dell'imperatore Tacito e di suo fratello Annio Floriano, la tradizione locale vuole che Terni sia la patria anche dello storico Tacito a cui è dedicata la principale arteria ci�adina.

L'evangelizzazione porta alla cos�tuzione della diocesi di cui San Valen�no, oggi patro-no della ci�à e degli innamora�, cos�tuisce uno dei primi vescovi. Con la crisi dell'Impero e le conseguen� invasioni barbariche la ci�à viene saccheggiata più volte dalle orde bar-

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bariche e sogge�a a progressivo abbandono e spopolamento. Terni entra nell'orbita del Ducato longobardo di Spoleto, divenendo ci�à di confine con la vicina Narni, che rima-ne in mano ai bizan�ni. In questo periodo inizia la vacanza della sede vescovile che sarà sogge�a alterna�vamen-te a Narni e a Spoleto. Nel 742 avviene, nella Basilica di San Valen�no, lo storico incontro tra il Re longobardo Liutpran-do e il Papa Zaccaria, con il quale il re res�tuisce al papa le ci�à so�ra�e al controllo del Ducato Romano, divenendo uno degli aR che consolida-rono il potere papale sull'Italia centrale.

Il centro della ci�à an�ca è cos�tuito da Piazza della Repubblica dove si affaccia il Palazzo della Biblioteca Comunale, già Palazzo Comunale e Palazzo Apostolico, nella versione archite�onica di fine o�ocento che sfoggia una moderna torre in vetro ed acciaio al posto quella o�ocentesca distru�a dai bombardamen�, al piano terra è un am-pia sala voltata go�ca, ricordo dell'an�co Palazzo del Podestà, sulla piazza si affacciano inoltre il vecchio Palazzo delle Poste, realizza-to negli anni 20 del Novecento dall'arch. Cesare Bazzani e l'an�co Caffè Pazzaglia, aperto nel 1913 da Spartaco Pazzaglia, un tempo fornitore della Casa Reale. Dalla piaz-za inizia Corso Tacito aperto, a fine o�ocen-to, nell'an�co tessuto urbano per collegare il centro della ci�à con la stazione ferroviaria, oggi è la via dei negozi più elegan� e di inte-ressan� archite�ure novecentesche come la Palazzina Alterocca di C. Bazzani, l'elegante Palazzo Montani- Leoni, che ospita la fonda-zione Carit, sede di mostre ed esposizioni d'arte e la Casa Chitarrini opera di M. Ridolfi, uno dei maestri dell'archite�ura del Nove-cento italiano. Il Corso si conclude nell'ampia

Piazza Tacito fulcro delle ci�à moderna dove spicca la cara�eris�ca fontana, realizzata nel 1935 dall'archite�o Ridolfi, la piazza è domi-nata dalle archite�ura di rappresentanza come il monumentale Palazzo del Governo, opera dell'arch. C. Bazzani e la ex sede della

Banca d'Italia. Ai la� del nuovo corso si sviluppa l'an�co centro urbano imperniato sugli assi che furono dell'an�co im-pianto urbano di origine umbra e poi romana, Via Roma e Corso Vec-chio seguono l'anda-mento del vecchio car-do, mentre Via Cavour e Via Garibaldi quello del vecchio decumano. Lungo ques� assi sono sorte le residenze più rappresenta�ve delle

famiglie nobiliari ci�adine ed ancora i quar-�eri a�orno racchiudono l'atmosfera della ci�à an�ca, i vicoli tortuosi a�orno a Piazza Clai sono quelli che meglio racchiudono l'ani-ma medievale della ci�à, mentre il quar�ere Duomo rappresenta quello più rappresenta�-vo della ci�à an�ca, dove sono i res� dell'An-fiteatro Romano e lo storico giardino de La Passeggiata Tra le archite�ure civili spic-ca Palazzo Spada, oggi sede comunale, un monumentale edificio cinquecentesco con interessan� decorazioni ad affresco realizzate da pi�ori fiamminghi. Tra gli altri palazzi sono degli di nota Palazzo Manassei, Palazzo Gaz-zoli, Palazzo Carrara, Palazzo Giocosi. Tra le archite�ure religiose spiccano l'an�ca roton-da di San Salvatore, la monumentale Chiesa di San Francesco, l'an�ca Ca�edrale di Santa Maria Assunta, la piccola Chiesa di Sant'Alò, la doppia chiesa di San Lorenzo.

Terni non è solo la ci�à dell’acciaio! Terni è anche la ci0à di San Valen7no, prote�ore degli innamora� di tu�o il mondo. La sua basilica, che ne custodisce le spoglie, è meta

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con�nua di pellegrinaggi, mentre ogni anno l'intera ci�à dedica importan� even� al San-to Patrono, che culminano nella festa del 14 febbraio. Passeggiando per il centro è possi-bile notare l’alternanza di edifici moderni, costrui� dopo i pensa� bombardamen� subi-� durante la Seconda Guerra Mondiale, a quelli decisamente più an�chi. Il più an�co monumento della ci�à è San Salvatore, un edificio di culto composto da un corpo circo-lare a cupola cilindrica, chiuso da arcate, forse risalente all'epoca paleocris�ana (potrebbe essere stato costruito su di un precedente edificio romano). All'interno troviamo affreschi della prima metà del XII secolo d'influsso senese e nell'abside una Crocifissione di scuola umbra dei primi del '500.

Altro monumento sacro nel centro storico di Terni è la Chiesa di San Francesco. Inizialmen-te ad una navata, ad imitazione della basilica di Assisi, la chiesa è stata successivamente ampliata e conserva notevoli opere d'arte come la cappella Paradisi affrescata con le scene del Giudizio Universale di Bartolomeo di Tommaso.

Del periodo romano sono ancora visibili traR di mura e i res� dell'Anfiteatro romano, uno dei complessi più sugges�vi della ci�à. Ere�o nel 32. d.C. per ordine di Fausto Liberale, durante il regno di Tiberio l’anfiteatro poteva ospitare fino a 10.000 persone. Della stru�u-

ra originaria sono ancora visibili par� di opus re�culatum in bloccheR bicolori e l'ellisse originaria, mentre delle gradinate non resta nulla. A�ualmente è scoperto per 2/3 del perimetro, essendo una parte occupata dalla Chiesa del Carmine, immersa nel parco ci�a-dino La Passeggiata, dove potrete sostare per una breve pausa nel verde prima di accedere alla Ca�edrale.

Il Duomo della ci�à, dedicato a Santa Ma-ria Assunta ricostruito nel XVII secolo, con-serva, so�o il por�co che lo precede, un bel portale romanico a rilievi (XII secolo) e un secondo portale go�co. Nella bella piazza della Repubblica è situato il Palazzo Comuna-

le, ricostruito a fine '800 in forme rinasci-mentali. Piazza Europa è dominata da Palazzo Spada, residenza dell'omonima famiglia, imponente edificio a due piani e un mezzani-no, ritenuto l'ul�ma opera di Antonio da Sangallo il Giovane, morto in ci�à nel 1546.

Piazza Tacito, altro punto cardinale del cen-tro ci�à, ospita edifici �pici dell'archite�ura del Ventennio e uno dei monumen� più ca-ra�eris�ci di Terni: la Fontana, opera dei due

architeR Ridolfi e Fagiolo (1932). Un enorme pennone in lega inossi-dabile, realizzato dalle Acciaierie di Terni, si erge sopra una stru�ura circolare, da cui sgorga un velo d’acqua che compie un piccolo salto, che ricorda quello della Ca-scata delle Marmore.

La basilica di San Valen7no è uno dei monumen� religiosi della ci�à di Terni. Il primo edificio risale al IV secolo, e fu costruito sopra la tom-ba del mar�re San Valen�no, pres-so un'an�ca necropoli paleocris�a-na. Fu distru�a nel VI secolo dai

Go�, e ricostruita poi nel VII secolo in due fasi dis�nte, la prima tra il 625 e il 632 e la seconda tra il 642 e il 648, quando la ges�o-ne dell'edificio fu affidata ai BenedeRni. Nel 742 la Basilica fu teatro dello storico incontro tra il re longobardo Liutprando e papa Zacca-

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ria. Il luogo d'incontro fu scelto dal sovrano dei Longobardi proprio per la presenza della salma del santo che si diceva avesse proprie-tà taumaturgiche. In quell'incontro Liutpran-do donò alla Chiesa di Roma diverse ci�à, tra le quali Sutri. L'a�uale edificio risale però al XVII secolo, quando so�o il pon�ficato di Paolo V vennero iniziate con successo le ri-cerche delle reliquie del santo nel luogo in cui sorgevano le prime chiese. La nuova basili-ca fu ul�mata nel 1618 quan-do vi furono trasla� i res� del corpo del santo ospita� nel fra�empo nella ca�edrale di Terni. Nel 1625, in occa-sione di una visita dell'Arciduca Leopoldo d'Austria, costui si fece carico, prima di ripar-�re, per le spese della costruzione di un nuo-vo altare maggiore in marmo che venne com-pletato nel1632. Dietro l'altare maggiore si trova il coro con la cosidde�a confessione di San Valen�no, ovvero un altare, costruito proprio sopra la tomba del mar�re, al centro del quale si trova un dipinto risalente al XVII secolo che celebra il mar�rio del santo. Chi era San Valen�no? Il santo mar�re nasce a Terni intorno al 175 d.C e diviene il primo vescovo della ci�à nel 197 d.C. per l'inves�-tura di Papa Feliciano.

La storia e la leggenda

Per la tradizione San Valen�no è l'autore di numerosi miracoli ma sopra�u�o si guada-gna l'appella�vo di Santo prote�ore degli innamora� o "santo dell'amore" quando celebra il matrimonio fra il legionario romano Sabino ed una giovane cris�ana Serapia. San Valen�no muore il 14 febbraio 273 d.C. per ordine del prefe�o romano Placido Furio durante le persecuzioni ordinate dall'impera-

tore Aurelio. La sua colpa è quella di aver sos�tuito con un sacramento religioso cris�a-no l'an�co rito pagano della festa della fer�li-tà, i Lupercalia, consacrato al dio Lupercus. La sua vita dedita all'apostolato, e nobilitata dal mar�rio, indusse nel 1644 i ci�adini a procla-marlo Patrono di Terni. Ma la notorietà inter-nazionale di San Valen�no si deve alla leg-genda, nata nei paesi anglosassoni, secondo

la quale egli fosse solito donare ai giovani suoi visitatori un fiore del suo giardino. Tra due di ques� giovani nac-que un amo-re che portò ad un unione tanto felice

che molte altre coppie seguirono il loro esempio, a tal punto da indurre il Santo a dedicare un giorno dell'anno ad una benedi-zione nuziale generale.

Ancora oggi nella Festa della Promessa prima i fidanza� giun� a Terni da mezzo mondo si scambiano un voto d'amore, poi gli sposi che hanno raggiunto il ven�cinquesimo o il cin-quantesimo anno di matrimonio possono rinnovare l'impegno del loro legame.

Altre fon� fanno risalire ad even� diversi la qualifica del Vescovo a Santo dell'amore; per alcuni addiri�ura il fa�o è assolutamente casuale essendo la conseguenza di una dona-zione che Papa Paolo II alla metà del 1400 aveva elargito alle donne nubili proprio il 14 febbraio. L'a�uale Basilica di San Valen�no fu costruita nel 1605 sui res� di preceden� templi, e con�ene opere di un certo interes-se, in par�colare nella cripta. A�orno alla Basilica si concentrano ogni 14 febbraio i festeggiamen� per il giorno di San Valen�no, con il tradizionale mercato, le manifestazioni ed i premi.

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La Festa di San Valen7no

Ogni anno durante il mese di febbraio Terni rende omaggio a San Valentno, patrono della ci�à, con una cornice di appuntamen� cultu-rali, riflessivi, di festa, ma anche liturgici vol� a tenere insieme la dimensione religiosa delle celebrazioni del Santo e quella civile delle inizia�ve ispirate alla forza evoca�va dello stesso.

LA VERNA

Il Santuario francescano della Verna, situato a pochi chilometri da Chiusi della Verna (provincia di Arezzo), all'interno del Parco Nazionale delle Foreste Casen�nesi, Monte Falterona e Campigna, è famoso per essere il luogo in cui San Francesco d'Assisi avrebbe ricevuto le s�gmate il 14 se�embre 1224]. Costruito nella parte meridionale del monte Penna a 1128 metri di altezza, il Santuario – des�nazione di numerosi pellegrini – ospita numerose cappelle e luoghi di preghiera e raccoglimento, oltre a diversi pun� di note-vole importanza religiosa.

Nell'agosto 1921 papa Benede�o XV elevò la chiesa al rango di basilica minore.

Come indica il suo stesso nome, il santuario sorse proprio sopra un luogo di culto della an�ca dea Laverna, questo fa�o viene a�e-stato dalla tes�monian-za di Padre Salvatore Vitale, un erudito fran-cescano del Seicento: « Della causa perché questo Sacro Monte fu chiamato Laverna.

Questo sacro Monte, per tradizione di memo-ria an�chissima si sa, e per mol� Autori, che fu nominato Laverna per un Tempio di Laverna, Dea gen�lica di ladroni quivi edificato, e fre-quentato da mol� cras-

satori e ladri che stavano dentro al folto bo-sco che lo veste; e spesse, profonde ed or-rende caverne e burroni, dove sicuri dimora-vano per spogliare e predare li viandan�...» L'an�co culto pagano della dea Laverna, che dà il nome anche al comune di Chiusi della Verna, era indirizzato come prote�rice dei rifugia�, degli anfraR e dei nascondigli, �pici di questo territorio montano; dello stesso significato era l'an�co culto pagano del dio della montagna Pen, da cui deriverebbe al-tresì il nome Appennino e il nome del monte Penna, presso il quale sorge

Un Serafino appare a San Francesco che rice-ve le s�gmate sul monte della Verna, luogo in cui sorgerà l'omonimo Santuario. (Domenico Beccafumi, olio e tempera, 1537).

La Verna è il più famoso dei conven� del Casen�no, e uno dei luoghi più rilevan� del francescanesimo. La fondazione di un primo nucleo eremi�co risale alla presenza sul luo-go di San Francesco, che nella primavera del 1213 incontrò il Conte Orlando di Chiusi della Verna, il quale, colpìto dalla sua predicazio-ne, volle fargli dono del monte della Verna che successivamente divenne luogo di nume-rosi e prolunga� periodi di ri�ro. Negli anni successivi sorsero alcune piccole celle e la chiese�a di Santa Maria degli Angeli (1216-

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18). L'impulso decisivo allo sviluppo di un grande convento fu dato dall'episodio delle s�mmate (1224), avvenuto su questo monte, predile�o dal santo come luogo ideale per dedicarsi alla meditazione. L'ul�ma visita di Francesco al monte avvenne nell'estate del 1224. Vi si ri�rò nel mese di agosto, per un digiuno di 40 giorni in preparazione per la festa di san Michele e, mentre era assorto in preghiera, riceve�e le s�mmate. Da allora la Verna divenne un suolo sacro. Papa Alessan-dro IVla prese so�o la protezione papale, nel1260 vi fu ere�a e consacrata una chiesa, alla presenza di san Bonaventura e di nume-rosi vescovi.

Pochi anni dopo venne ere�a la Cappella delle S�mmate, finan-ziata dal conte Simone di BaRfol-le, vicino al luogo ove era avvenuto il miracolo. Una cappella più an�-ca, Santa Maria degli Angeli, co-struita nel 1218 per san Francesco da Orlando, è raggiungibile dalla sacres�a della chiesa mag-giore, iniziata nel 1348 ma rimasta incompiu-ta fino al 1459. Da quest'ul�ma i fra� che risiedono alla Verna si recano in solenne processione due volte al giorno (alle 14 e a mezzano�e) verso la cappella delle S�mma-te. Nella solennità delle s�mmate (17 se�em-bre) e anche in altre occasioni, molte comu-nità parrocchiali dei dintorni o fedeli e turis� provenien� da più lontano si recano a visita-re ques� luoghi, e i fra� sono organizza� per ricevere ed accogliere circa 2000-3000 pelle-grini.

Il convento venne parzialmente distru�o da un incendio nel XV secolo ed in seguito re-staurato; nuovi restauri si ebbero nei tre

secoli successivi. Nel 1810 e nel 1866 i fra� ne vennero temporaneamente espulsi a se-guito delle soppressioni degli ordini religiosi.

Fu il primo nucleo del sito, voluta dire�a-mente nel 1216 dallo stesso San Francesco, riprendendo la semplicità di Assisi, così come il nome, dedicato all'evento dell'apparizione mariana al santo, avvenuto nello stesso an-no. Il conte Orlando aiutò quindi a finanziare l'impianto originario, ma fu soltanto a par�re dal 1250, per volere del cardinal Rainaldo da Segni e di Papa Innocenzo IV, che la chiese�a si ampliò nella dimensioni a�uali, per esser quindi consacrata soltanto nel 1260.

Na7vità coi san7

Essa viene intro-do�a da un basso por�cato situato a destra della Basili-ca Maggiore, ed alla quale si acce-de a�raverso il portone. Il basso por�cato com-prende anche due ingressi al conven-to e una sale�a, oggi adibita a merca�no, adia-

cente ad un passaggio verso il bosco della frazione Beccia.

L'interno della cappella si presenta ad aula unica, suddivisa in due par� da un tramezzo. Ristru�urata ed ampliata dopo il 1250, con-servò della stru�ura primi�va soltanto la campana del 1257, presente sul campanile�o a vela.

Al suo interno, troviamo, sulle pare�, due tele del pi�ore fioren�no Ferdinando Folchi del 1877, raffiguran� una l'incontro tra San Francesco e il conte Orlando Catani presso la rocca di San Leo nel Montefeltro, quando quest'ul�mo dona il sacro Monte della Verna al frate l'8 maggio 1213, l'altra raffigurante l'evento della dedicazione della chiese�a a

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Santa Maria degli Angeli.

L'Assunta

Ai due la� del tramezzo sono posiziona� due rilievi in terraco�a invetriata, uno raffiguran-te la Na�vità con San Francesco e San'Anto-nio, l'altro il Cristo in Pietà tra la Vergine e San Giovanni, entrambe opere di Andrea col figlio Luca II Bartolomeo de�o "Il Giovane" Della Robbia; entrambe queste due opere sono datate tra il 1490 e il 1493.

Passando oltre il tramezzo, si può ammirare, sopra l'altare, il grazioso dossale, sempre in terraco�a invetriata, raffigurante l’Assunta che dona la sua sacra cintola a San Tommaso, tra i San� Gregorio, Francesco e Bonaventu-ra. Tale gesto affonda nella classica tradizio-ne cris�ana, che si diffuse in Toscana sopra�u�o nel X secolo. Il rilievo è a�ribuito al solo Andrea della Rob-bia, realizzato in-torno al 1488.

Quadrante

Il Quadrante è il piazzale lastricato del belvedere esterno, da cui è possibile accedere a tuR i luoghi visi-tabili del Santuario; circondato da un muro di pietra, deve il suo nome alla meridiana, l'oro-logio solare inciso sulla parete del campanile della Basilica. Nel piazzale è presente una grande croce di legno, piantata nella roccia, oltrepassata la quale è possibile osservare il sugges�vo panorama della valle del Casen�-no (sono visibili, tra l'altro, anche i res� del castello del Conte Orlando di Chiusi).

A sinistra si trova invece il pozzo della fore-steria: si tra�a di una cisterna del XVI secolo che veniva u�lizzata per pellegrini e ospi�, un valido esempio di archite�ura spontanea,

opera dei fra� e delle varie maestranze che nel corso del tempo vi lavorarono.

An�stante al piazzale, vi è il loggiato della Basilica maggiore; so�o il loggiato di destra, terminato nel 1536 ma completamente rico-struito nel secondo dopoguerra, è presente un Crocifisso che abbraccia San Francesco, copia in bronzo tra�a da una tela del-lo spagnolo Murillo ed opera di Vincenzo Rosignoli, donato alla Verna nel 1888 da pa-pa Leone XIII. Lo stesso ar�sta eseguì, nel 1903, la statua in bronzo raffigurante San Francesco con un fanciullo, posta al cancello d'ingresso dell'intero complesso religioso.

Basilica maggiore

La costruzione della Basilica maggiore fu iniziata a ridosso della chiese�a Santa Maria degli Angeli soltanto nel 1348, grazie al contributo del conte Tarlato di Pietramala, e ter-minata molto do-po, nel 1509, gra-zie al contributo dell'Arte della Lana di Firenze). Prospiciente al piazzale del Qua-

drante, la Basilica fu dedicata alla Madonna Assunta, e consacrata nel 1568, quindi più volte rimaneggiata negli anni successivi. Essa è introdo�a dal por�co rinascimentale, che si prolunga sul fianco destro fino quasi al cam-panile, e presenta un impianto a croce la�na a navata unica, con volte a crociera.

All'interno, troviamo altri importan� rilievi in terraco�a invetriata; sulla parete di destra, vicino al portone d'ingresso, la Madonna del Rifugio (ovvero Madonna in trono con il Bam-bino tra i San� Onofrio, Antonio abate, Maria Maddalena e Francesco), opera dei bo�egai di Andrea Della Robbia, e datata 1500-1510.

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Sempre proseguendo sul lato destro, si apre la piccola cappella delle Reliquie, risalente al 1635, dove sono conserva� il saio del santo, al centro in alto un residuo del suo sangue, più altre reliquie custodite so�o vetro.

Proseguendo sempre sulla destra, si trova la seconda uscita della chiesa, quindi la cappella frontale della Na�vità, che conserva l'omoni-ma opera di Andrea Della Robbia datata 1479. Ancora più avan�, vicino al presbiterio e all'ingresso della sagres�a, fu quindi ricava-ta ancora una piccola cappella laterale, volu-ta dal principe Piero Ginori Con� (cappella Ginori, appunto) sul finire del XIX secolo, consacrata dal vescovo Emanuele Mignone nel 1939, e sul quale spicca il secondo organo a canne.

Dietro il presbiterio si trova il coro, composto da due file di stalli in noce che nella parte centrale presentano tarsie raffiguran� Santa Maria Assunta, San Lorenzo e il Beato Gio-vanni, opera novecentesca di fra Leonardo Galiber� da Legnaia. Di qualità è il bancone del 1509, intarsiato da Piero di Zanobi. Sui due la� del presbiterio vi sono le due figure di San Francesco e Sant'Antonio abate (1475-80 circa).

La cappella laterale a sinistra del presbiterio, proprio dietro l'organo semplice, è invece dedicata all' Ascensione di Gesù, con l'imponente ope-ra omonima in terraco�a invetriata, di Andrea Della Robbia e il figlio Luca II Bartolomeo de�o Il Giova-ne, eseguita nel 1480. Tor-nando indietro sul lato sini-stro della chiesa, la cappella frontale gemella con il co-lonnato è dedicata all' An-nunciazione, e conserva l'opera omonima di Andrea della Robbia, datata 1475. Proseguendo ancora indie-tro verso l'ingresso, la cap-pella San Michele, che con-

serva le spoglie del beato Giovanni della Ver-na (o da Fermo), frate del XIII secolo al quale apparve Cristo presso il luogo della cappella del faggio, una piccola costruzione in pietra nel bosco sovrastante il Santuario.

Organo a canne

Nella basilica si trova l'organo a canne Tam-burini opus 300 inaugurato nel 1926. Restau-rato ed ampliato nel 1951 e successivamente nel 1967 dalla di�a Cav. Giuseppe Zanin di Camino al Tagliamento (UD) portando i regi-stri da 62 a 90 e le canne da 3000 a 5700. Operazioni sullo strumento sono state ese-guite anche dagli stessi eredi di Tamburini e dalla di�a Pinchi di Foligno (nuova consolle). Esso è a trasmissione ele�rica ed ha due consolle, entrambe con qua�ro tas�ere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note. Sopra l'ingresso della cappella Ginori è la meravigliosa cassa lignea che a suo tem-po conteneva un interessante organol 1586a�ribuito a Onofrio Zeffirini di Cortona, e che con�ene le canne della quarta tas�era (Eco espressivo

Corridoio delle S7mmate

Uscendo dalla parte destra del por�co rina-scimentale della Basilica Maggiore, si trova dapprima il passaggio sul retro del Convento, connesso al sen�ero pavimentato che condu-

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ce al piccolo parcheggio nel bosco, quindi, a�raverso un arco su di un secondo por�co, si trova l'accesso al corridoio delle S�mmate, totalmente coperto.

Qui si può ammirare su una piccola cappella aperta, dedicata al conte Checco di Montedo-glio e contenente una Pietà tra i san� Giovan-ni Evangelista, Ma-ria Maddalena, Francesco, Michele Arcangelo, Antonio da Padova e Girola-mo, un rilievo in maiolica dipinta, opera dello scultore San� Buglioni e dei suoi aiu�, databile 1525-1532 circa. A�raverso il passag-gio ad arco si acce-de quindi aal Corri-doio delle S�mmate, interamente coperto, edificato tra il 1578 e il 1582.In questo corri-doio si svolge, dal 1431, la giornaliera proces-sione dell'ora nona. Il corridoio fu affrescato con alcuni episodi della vita di San Francesco; tra�asi di dicio�o riquadri, che furono realiz-za� da Baccio Maria Bacci in due tempi, tra il 1929 e 1962, in sos�tuzione degli affreschi seicenteschi di frà Emanuele da Como, già rinnova� nel 1840 da Luigi e Giovanni Ade-mollo, la cui opera è ancora visibile negli ul�mi tre riquadri. A circa metà del corridoio, si trova, sulla destra, una porta di accesso all'esterno dove giace il "le�o" di San France-sco. Si tra�a di una piccola gro�a, dove il santo si accingeva a riposare sulla nuda terra; a causa della razzìa della stessa terra della gro�a nel corso degli anni, da parte di turis� e affini, fu successivamente posta una griglia ferrata di protezione sopra la terra stessa.

Il lato sinistro del corridoio è costeggiato da un sen�ero esterno pavimentato e parallelo, al quale si accede ad altri luoghi di preghiera e di meditazione del santo come, ad esem-pio, il sasso spicco.

Proseguendo quindi tu�o il corridoio fino in fondo, si giunge quindi all'an�co Romitorio, quindi all'accesso della cappella delle S�m-mate.

Cappella delle S7mmate

Al fondo del Corridoio delle S�mmate, si giunge a un'ae-ra cara�erizzata da vari piccoli locali; sulla parte destra si apre la Cappella Loddi, con il passaggio verso l'an�co romito-rio. Più avan�, si accede alla sale�a de�a Cappella della Croce, con a sinistra l'orato-

rio di Sant'Antonio, la cappella di S. Bonaven-tura e di S. Sebas�ano (quest'ul�ma che si affaccia sull'esterno del precipizio), mentre sulla sinistra la cappella della Madonna della Scala.

Più in fondo, si accede alla famosa sale�a della cappella delle S�mmate, il cuore del santuario, che fu ere�a sul luogo dell'evento miracoloso, intorno al 1263, a navata unica e coperta da volta a crociera. Sul pavimento, è segnalato da una lapide il luogo dove sarebbe avvenuto il miracolo delle S�mmate. Sopra la porta è un tondo di bo�ega di Andrea della Robbia e allievi di bo�ega con la Madonna con Bambino benedicente, del 1480-1485.

Sulla parete di fondo, è posta una monumen-tale pala cen�nata, sempre in terraco�a inve-triata, raffigurante la Crocifissione, fra angeli, con ai piedi la Madonna, San Giovanni San Francesco e San Girolamo dolen�, eseguita nel 1481 da Andrea della Robbia. Nei pressi della Cappella, dimorò per alcuni mesi nel 1230 anche San Antonio da Padova.

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Foresta Monumentale de La Verna

Di grande interesse naturalis�co è la Foresta Monumentale de La Verna la quale è giunta fino ai giorni nostri anche grazie alla sapiente opera dei Fra� Francescani che l'hanno cura-ta nei secoli, in una perfe�a armonizzazione tra uomo e natura. Il bosco principale è rap-presentato dalla consociazione Abete Faggio, con esemplari che raggiungono i 50 metri di altezza e diametri fino a 180 cm. Nella zona nord-ovest del Santuario è presente la fagge-ta pura. La Foresta è cara�erizzata anche da una straordinaria ricchezza botanica e dalla presenza di una numerosa fauna selva�ca che annovera qua�ro specie di ungula�, il Cervo, il Daino, il Capriolo e il Cinghiale, oltre al loro predatore naturale, il Lupo. Sono pre-sen� anche numerose specie di uccelli, tra cui i rapaci Gufo Reale e Falco Pellegrino. Da sempre uno dei luoghi di culto più conosciu� ai devo� del santo di Assisi,La Verna ha recentemente fa�o parlare di sé perché i suoi fra� francescani sono sta� chiama� a servire la messa di inizio pon�ficato di Papa Francesco nel marzo2013. Il san-tuario è situato nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casen�nesi, Monte Falterona e Cam-pigna, e a pochissimi km dal paese di Chiusi, che negli anni è diventato un centro turis�co ben a�rezzato: per visitare questa zona tra�enendosi più a lungo, ci sono alcuni hotel e un campeggio, tu�o rigorosamente nel rispe�o della natura e dell'ambiente, e non manca nemmeno la possibilità di soggiornare nella foresteria del convento.

La storia del santuario inizia nel 1213, quan-do Francesco ebbe in dono dal conte Ca�ani, colpito dalla sua predicazione, il "crudo sasso

tra Tevero et Arno", uno sperone di roccia calcarea a picco sulla valle circostante. La costruzione degli edifici in muratura inizia l'anno dopo: tra essi degni di nota sono la chiesa di S.Maria degli Angeli, la più an�ca del complesso, arricchita da terraco�e inve-triate e un semplice coro ligneo, e la Basilica, al cui interno e possibile ammirare due bellis-sime terraco�e di Andrea della Robbia e la cappella delle reliquie, che custodisce oggeR usa� da San Francesco.

A lato della Basilica, il corridoio delle S�mma-te - affrescato con la storia della vita del san-to - ci introduce ai luoghi nevralgici del fran-cescanesimo: si accede alla sugges�va gro�a in cui Francesco riposava, su un le�o di pie-tra, e alla cappella delle S�mmate, ere�a nel punto in cui avvenne il miracolo. Altre cap-pelle si susseguono fino ad arrivare al precipi-zio in cui secondo la leggenda il diavolo tentò

di far precipitare Francesco: vi tro-verete a cammina-re in un passaggio stre�o, da un lato la roccia e dall'al-tro uno strapiom-bo da cui si gode un panorama me-raviglioso sulla valle; spe�acolare ma non se soffrite di ver�gini

Ritorna� nella piazza principale del complesso (il cosidde�o Quadrante), una scala conduce al fondo di una gola circondata da imponen� rocce: qui si trova il famoso Sasso Spicco, un enorme masso che sporge da un'altra roccia; sembra sospeso sul nulla, sfidando le leggi della fisi-ca, ma in realtà si regge per contrappeso della parte che non si vede; so�o questo masso San Francesco amava meditare sulla Passione di Cristo.

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PREGHIERE DI SAN FRANCESCO

Commento al Pater noster di San Francesco d'Assisi

San�ssimo Padre nostro: Creatore, Redentore, Consolatore e Salvatore nostro.

Che sei nei cieli: negli Angeli e nei san�, illuminandoli a conoscere che tu, Signore, sei lu-

ce; infiammandoli ad amare, perché tu, Signore, sei amore; inabitando in essi, pienezza della

loro gioia, poiché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale viene ogni bene, senza il

quale non vi è alcun bene.

Sia san�ficato il tuo nome: si faccia più chiara in noi la conoscenza di te, per poter vedere

l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, i ver�ci della tua maestà, le pro-

fondità dei tuoi giudizi .

Venga il tuo regno: affinché tu regni in noi per mezzo della grazia e tu ci faccia giungere al tuo

regno ove v’è di te una visione senza ombre, un amore perfe�o, un’unione felice, un godi-

mento senza fine.

Sia fa�a la tua volontà come in cielo così in terra: affinché � amiamo con tu�o il cuore , sem-

pre pensando a te; con tu�a l’anima, sempre desiderando te; con tu�a la mente, orientando a

te tu�e le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore. E con tu�e le nostre forze,

spendendo tu�e le nostre energie e sensibilità dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore

e non per altro; e affinché amiamo il nostro prossimo come noi stessi, trascinando tu1 con

ogni nostro potere al tuo amore godendo dei beni altrui come dei nostri e compatendoli nei

mali e non recando offesa a nessuno.

Dacci il nostro pane quo�diano: il tuo dile�o Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi og-

gi: a ricordo e a riverente comprensione di quell’amore che ebbe per noi, e di tu�o ciò che per

noi disse, fece, e pa5.

E rime1 a noi i nostri debi�: per la tua

ineffabile misericordia, in virtù della passio-

ne del Figlio tuo e per l’intercessione e i

meri� della bea�ssima Vergine Maria e di

tu1 i tuoi san�.

Come noi li rime1amo ai nostri debitori: e

quello che noi non sappiamo pienamente

perdonare, tu, Signore, fa che pienamente

perdoniamo, sì che, per amor tuo, si possa

veramente amare i nostri nemici e si possa

per essi, presso di te, devotamente interce-

dere, e a nessuno si renda male per male, e

si cerchi di giovare a tu1 in te.

E non ci indurre in tentazione: nascosta o

manifesta, improvvisa o insistente.

E liberaci dal male: passato, presente e

futuro. Amen.

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Valle Rea�na, agosto 2015 pag. 40

Lodi di Dio Altissimo

Tu sei santo, Signore Dio unico,

che compi meraviglie.

Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei al�ssimo.

Tu sei Re onnipotente, tu Padre santo,

Re del cielo e della terra.

Tu sei Trino e Uno, Signore Dio degli dei,

Tu sei bene, ogni bene, sommo bene,

Signore Dio, vivo e vero.

Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine Tu sei sicurezza. Tu sei quiete. Tu sei gaudio e le�zia. Tu sei speranza nostra. Tu sei gius�zia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra sufficiente ricchezza. Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine. Tu sei prote�ore. Tu sei custode e difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei refrigerio. Tu sei speranza nostra. Tu sei fede nostra . Tu sei carità nostra. Tu sei completa dolcezza nostra. Tu sei nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

Preghiera davanti al Crocifisso

O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede re�a, speranza certa, carità perfe�a e umiltà profonda. Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen.