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STORIA ECONOMICA Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche Corso di Economia aziendale Prof. MICHELE SABATINO INTRODUZIONE ALLA STORIA ECONOMICA (2)

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STORIA ECONOMICAFacoltà di Scienze Economiche e Giuridiche

Corso di Economia aziendale

Prof. MICHELE SABATINO

INTRODUZIONE ALLA STORIA ECONOMICA (2)

Guerra e crisi dell’economia mondiale (1914-1945)

Lo sviluppo economico della prima metà del XX secolo Il periodo dal 1914 al 1945 fu caratterizzato da due guerre

mondiali e dalla peggiore crisi economica del sistemacapitalistico c.d. “grande depressione”.

L’incremento del PIL fu inferiore rispetto al periodoprecedente ad eccezione della Russia. Lo scarto con gli StatiUniti dalla GB ormai divenne definitivo.

Anche l’andamento demografico pur se positivo (lapopolazione in Europa passo da 460 a 550 milioni di abitanti)cominciava a far sentire i primi segnali di arretramento.L’incremento fu essenzialmente dovuto alla crescita della vitamedia da 50 a 65 anni.

Il fenomeno della migrazione fu meno marcato del passatoanche per la legislazione restrittiva delle c.d. “quote”introdotte negli Stati Uniti. Si presentò sempre il fenomenodella migrazione interna e quello nuovo dei profughi dovutialle guerre.

Lo sviluppo economico della prima metà del XX secolo La crescita demografica favorì il fenomeno dell’urbanizzazione.

Si assistette alla riduzione della popolazione impegnata inagricoltura passando dal 50% nelle economie più arretrate al 20-30% in quelle più sviluppate (Francia, Olanda, Germania) fino al5%della GB. Inoltre, nel periodo delle due guerre aumentarono leterre messe a coltura e si sviluppò la meccanizzazione agricola con itrattori con motori a scoppio soprattutto negli Stati Uniti.

La tecnologia continuava a basarsi sul carbone anche se il petrolioaveva iniziato a prendere piede. Erano infatti aumentate leapplicazioni del petrolio come fonte di energia e nasceva l’industriapetrolchimica. L’Europa purtroppo era povera di petrolio la cuiproduzione si concentrava negli Stati Uniti, Venezuela, MedioOriente. Nacque il cartello internazionale delle c.d.”sette sorelle” tracui la Shell (Olanda), la British Petrolium e le Standard Oil (StatiUniti).

Lo sviluppo economico della prima metà del XX secolo L’elettrificazione fu l’innovazione più importante del periodo

con crescenti applicazioni nell’industria, nei trasporti e nellavita domestica.

La produzione in serie di automobili, già iniziata prima dellaprima guerra mondiale, si diffuse grazie all’intuizione di Fordsui prezzi alla vendita. Nacque l’esigenza della costruzione edell’adeguamento della rete stradale.

L’aeroplano, che aveva conosciuto una popolarità durante legrande guerra, si diffuse ai fini commerciali e di trasportonegli anni ’20 e ’30.

Infine nel campo delle telecomunicazioni fu la volta deltelefono e della radio. Comparve anche il radar e le fibreartificiali e sintetiche in sostituzione o concorrenza a quellenaturali.

Guerra e dopoguerra Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale che contrapponeva

l’Intesa (GB, Russia e Francia) con gli imperi centrali (Austriae Germania). Si aggiunsero Turchia con gli imperi mentreItalia, Giappone e Stati Uniti con l’Intesa. La guerra fu unaguerra di posizioni. I paesi europei scatenarono rivalitàpolitiche, economiche e militari già in essere nel passato.

Si trattò della prima guerra del mondo industrializzato e tuttal’economia dovette fare fronte alle necessità militari:armamenti, vettovaglie, medicinali, carburanti, ect.. Lo Statoorganizzò l’economia di guerra con organismi governativi chesi occupavano dell’intera filiera produttiva. Si calmierarono iprezzi e tutte le attività furono messe sotto controllo a scapitodella concorrenza.

La guerra decretò la fine del Gold Standard conl’inconvertibilità delle moneta per evitare la corsa aglisportelli.

La prima guerra mondiale

Guerra e dopoguerra Il problema del finanziamento della guerra fu

risolto attraverso tre metodologie:1. L’aumento dell’imposizione fiscale (soprattutto nei

paesi più ricchi);2. L’indebitamento verso il sistema bancario ei

cittadini;3. La stampa di nuova moneta grazie alla sua

inconvertibilità facendo aumentare la circolazionemonetaria.

4. Si diffusero anche i prestiti interalleati soprattuttoda parte degli Stati Uniti.

Guerra e dopoguerra Le conseguenze della guerra furono dirette, indirette

e strutturali.

Le conseguenze dirette furono l’enorme numero divittime (9 milioni) pur senza incidere sui tassi dicrescita demografica e i danni materiali delladistruzione e la sostituzione del lavoro maschile conquello femminile a causa dell’impegno degli uominiin combattimento. La guerra determinò inoltre la finedel Gold standard e un pesante intervento delloStato. Infine accelerò i processi di standardizzazionee di automazione delle fabbriche.

Guerra e dopoguerra Le conseguenze indirette furono:

1. La crisi di riconversione del 1920-21 e cioè una crisi disovrapproduzione. Le imprese dovettero riconvertirsi da una economia diguerra a una di pace. La caduta dei prezzi fece evidenziare lasovrapproduzione e molte aziende dovettero chiudere;

2. L’inflazione e l’iperinflazione. Essa fu causata dall’innalzamento deicosti della produzione, della diminuzione dell’offerta di beni masoprattutto dall’incremento della circolazione di moneta da parte delloStato per fare fronte prima alle spese di guerra e poi di ricostruzione. Ciòprovocò, soprattutto in Germania, la perdita di valore della cartamoneta,a causa di una sfrenata emissione di moneta. Il dollaro valeva 4.200marchi tedeschi. Per fare fronte all’iperinflazione il governo tedescointrodusse una moneta Rentenmark con un controvalore in marchi dimille miliardi. Concluso il risanamento si reintrodusse il marco e la suaconvertibilità. L’inflazione provocò una redistribuzione della ricchezza.

Guerra e dopoguerra L’iperinflazione convinse a ripristinare un sistema

internazionale di cambi fissi e convertibili. La Conferenzamonetaria internazionale di Genova (1922) adottò il Goldexchange standard dove a garanzia delle moneta vi era nonsolo l’oro ma anche le valute convertibili in oro. Le riservepotevano essere costituite anche da valute convertibili cioè dabanconote straniere convertibili in oro. E infine le monete nonpotevano essere cambiate in qualsiasi sportello di una bancadi emissione. La convertibilità era quindi limitata. Dal 1924al 1927 quasi tutti aderirono al Gold exchange standard con ilritorno di un sistema di cambi fissi.

Guerra e dopoguerra3. Un’altra conseguenza fu quella dei debiti da riparazione di guerra.

Gli Stati Uniti e la GB erano creditori. L’economista Keynessosteneva che tali debiti non sarebbero stati onorati perchéinsostenibili ma gli Stati europei pretesero il rimborso e inparticolare la riparazione di guerra da parte della Germania per unimporto di 33 miliardi di dollari pari al triplo del PIL tedesco. Ilpagamento dell’indennità accelerò l’inflazione e divenneinsopportabile. Francia e Belgio occuparono come risarcimento laRuhr (1923) mentre il Piano Dawes ridusse l’importo delle ratema senza successo. Successivamente il Piano Young ridusse sia ildebito che le annualità. Alla fine il Presidente americano Hooverdecise la moratoria del debito tedesco (1931).

4. Ultima conseguenza diretta fu la questione sociale aggravatodall’inflazione che aveva eroso i redditi dei più poveri. I conflittisociali in alcuni paesi sfociarono in sbocchi reazionari enell’instaurazione di regimi dittatoriali (Germania e Italia).

Guerra e dopoguerra I mutamenti strutturali riguardarono:

1. L’intervento dello Stato nell’economia era diventatopreponderante e fu difficile ritornare ad una condizione diliberalismo ciò anche a causa della depressione successiva edella seconda guerra mondiale.

2. La perdita di egemonia dell’Europa nel mondo e la presenzadi nuovi protagonisti internazionali Stati Uniti e Giappone.

3. Il frazionamento economico e politico dell’Europa con itrattai di pace. Lo smembramento dell’Impero Austro-ungarico, l’isolamento della Russia, ect..

4. La ripresa di politiche protezionistiche e neo-mercatilistecon l’inasprimento delle tariffe doganali.

La rivoluzione russa A differenza di quanto sosteneva Karl Marx sul passaggio al

comunismo dal capitalismo di uno Stato industrializzato, lagrande guerra e l’inettitudine di una classe politica feceroscoppiare la rivoluzione socialista in Russia (1917) conabdicazione dello zar Nicola II.

All’inizio, nel febbraio del 1917, la rivolta della Duma e deisoviet di operai si accordarono per la deposizione dello zar, el'istituzione di un governo provvisorio formato da menscevichi esocialisti rivoluzionari. Tuttavia il nuovo governo liberale nonriuscì a impedire l’avanzata dei bolscevichi capeggiati da Leninche iniziarono ad organizzare i primi Soviet (Consigli).

I bolscevichi conquistarono il potere con la rivoluzione di ottobre1917, scatenarono una guerra civile e conclusero una paceseparata con la Germania. Infine proclamarono la nascitadell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (1922) eavviarono la nascita di una economia pianificata in tre fasi:

La rivoluzione russa

L’Unione Sovietica IL COMUNISMO DI GUERRA (1917-1921). Il primo

periodo fu instaurato in occasione della guerra civile con imenscevichi. Il governo bolscevico nazionalizzò le varieaziende ed abolì la proprietà privata della terra con la confiscasenza indennizzo ai nobili e alla Chiesa. Le terre furono datein usufrutto ai contadini senza possibilità di vendita. Icontadini non furono contenti della riforma anche perché leassegnazioni delle terre furono di piccole entità con bassaproduttività.

Per rifornire le città i raccolti venivano sequestrati attraversola requisizione forzata dei generi alimentari. Ciò fece crollarei raccolti con nuove carestie.

L’industria e le banche furono nazionalizzate. La guerra civiledistrusse il sistema produttivo che seppe essere ricostruito exnuovo con l’utilizzo delle nuove tecnologie.

L’Unione Sovietica LA NEP – NUOVA POLITICA ECONOMICA (1921-1928) Di fronte al fallimento del comunismo di guerra Lenin decise di fare un passo

indietro. Fu liberalizzata l’agricoltura concedendo la possibilità di vendere laterra e i surplus di prodotto con il pagamento di una imposta. Si formaronodiverse tipologie di operatori: a) il proletariato rurale di braccianti; b)i contadinipoveri costretti a dare in affitto i loro piccoli appezzamenti e a lavorare comesalariati; c) i contadini medi che possedevano appezzamenti medi e infine d) ikulaki, ricchi contadini che prendevano in affitto la terra e vendevano i prodottisul libero mercato.

Il settore industriale fu diviso in due: le grandi e medie industrie allo Statomente le aziende con meno di 20 dipendenti furono restituite ai vecchiproprietari. Il commercio interno fu liberalizzato mentre quello con l’esterorimase di competenza dello Stato.

Il settore bancario vide la nascita di una nuova banca di stato Gosbankincaricato di emetter il rublo. Ad eccezione delle Casse di risparmio il sistemabancario russo fu di tipo monobanca.

L’Unione Sovietica LA PIANIFICAZIONE (1928-1941) Alla morte di Lenin si scateno la lotta per la successione tra Stalin –

propenso all’idea del comunismo in un solo stato – e Trotzkij che ritenevadi dovere esportare la rivoluzione in tutto il mondo. Nel 1928 Stalinconsiderò superato il NEP e avviò la pianificazione.

In agricoltura fu avviata la collettivizzazione delle terre con la nascita dellegrandi aziende collettive Kolchoz in forma di cooperative volontarie. Afianco a queste vi erano le grandi aziende di proprietà pubblica Sovchoz icui lavoratori erano dipendenti statali.

Le fabbriche e il commercio furono nazionalizzati e il Gosplan (Comitatoper la pianificazione di Stato) fu incaricato della predisposizione dei pianiquinquennali sia di settore che di fabbrica. Furono realizzati tre pianiquinquennali. Il quarto non fu portato a termine per lo scoppio della guerra.I Piani consentirono l’industrializzazione forzata dell’economia conl’attenzione all’industria pesante rispetta a quella dei beni di consumo. LaRussia non fu interessata dalla grande depressione. Il settore industrialepassò dal 28 al 45%.

La Crisi e la grande depressione Gli anni venti 1922-1929 sono considerati anni di espansione

dell’economia mondiale anche se ciò fu più intenso negliStati Uniti che in Europa.

Gli Stati Uniti crebbero grazie alla politica degli alti salari,delle vendite a rate e dell’aumento della produttività grazie aiprocessi di automazione e della catena di montaggio. Ilsettore trainante fu quello automobilistico (+30%) conconseguenza negli altri settore ivi incluso l’estrazione dipetrolio (+80%). Anche il settore elettrico visse un periodopositivo con la realizzazione di nuovi prodotti. I disoccupatiscesero al di sotto del 2%. Si pose il problema di esportare iprodotti malgrado la politica isolazionista degli Stati Uniti e iltimore della concorrenza europea.

La Crisi e la grande depressione La GB conobbe un periodo di crescita più lenta anche a causa

di un sistema industriale tecnologicamente obsoleto conrestrizione dei mercati tradizionali a causa di una concorrenzapiù agguerrita. Inoltre le esportazioni furono danneggiate dalritorno alla convertibilità della sterlina al valore d’anteguerra.Si trattava di ridare credibilità alla sterlina malgrado ormai ildollaro fosse diventato strumento di pagamento. La sterlinarisultò sopravvalutata con un danno alle esportazioni.

La Germania viveva il problema dell’indennizzo di guerra e iricavati delle esportazioni finivano per pagare le ratedell’indennizzo. Inoltre la perdita di parti del Paese (Alsazia eLorena) ricche di minerali danneggio l’industria. Dopo lastabilizzazione del marco i capitali esteri confluirono inGermani anche grazie a tassi di interesse più alti.

La Crisi e la grande depressione La Francia riuscì ad aumentare le esportazioni del 40% e il Pil

pro-capite del 35%. Le ragioni furono date dal recupero diAlsazia e Lorena e dalla stabilizzazione del franco ad un valorerealistico adoperato del Governo Poincaré. La produzioneindustriale aumentò anche grazie al contributo di moltilavoratori immigrati.

L’Italia profittò di questo periodo positivo con una crescitadella produzione industriale del 58%. Dopo il biennio rosso(1919-20) di occupazione delle fabbriche da parte dei lavoratoriil potere fu conquistato dai fascisti con la Marcia su Roma(1922) e l’uccisione del deputato socialista Matteotti (1924). Lacongiuntura positiva aiutò il governo a risanare il bilancio edare spazio alla libera iniziativa.

La Crisi e la grande depressione Con una bilancia dei pagamenti passiva si tentò di aumentare

la produzione di beni riducendo le importazioni. La c.d.battaglia del grano servì appunto a incrementare laproduzione di frumento. Si potenziarono le bonifiche (Latinae Sabaudia).

L’aumento delle importazioni e la domanda di valute estereper poterle pagare determinarono il deterioramento della lirarispetto alle altre monete (133 con la sterlina). A quel punto ilgoverno Mussolini tento di stabilizzare il rapporto lira-sterlina con il tentativo di raggiungere “quota 90”.L’apprezzamento della lira rese le esportazioni sconvenienti ele importazioni più vantaggiose.

Nel 1926 la Banca d’Italia fu dichiarato l’unico istituto diemissione e revocati i diritti al Banco di Napoli e al Banco diSicilia.

La Crisi e la grande depressione Alla vigilia della grande crisi la situazione mondiale

presentava una cronica sovrapproduzione a causadello sviluppo tecnologico e dalle produzioni diguerra particolarmente grave nel settore agricolo conuna discesa dei prezzi. La disoccupazione simantenne elevata mentre il commercio esteroaumento di appena il 27% mentre nel passato si eratriplicato. Infine gli Stati Uniti, malgrado ledichiarazioni del Presidente Wilson, scelsero unapolitica isolazionista, limitarono i flussi immigratoricon una politica protezionistica e non vollerosvolgere il ruolo di superpotenza.

La crisi del ‘29

La crisi del 1929 fu una crisi globale perchécoinvolse tutti i paesi industrializzati (ad eccezionedell’Unione Sovietica), tutti i settori economici edebbe effetti su tutte le categorie sociali.

La crisi si scatenò avendo un quadro di riferimentodi prezzi agricoli a ribasso e di chiusura dei trafficiinternazionali.

La crisi espose nell’ottobre 1929 con il crollo dellaBorsa di Wall Street dopo anni di speculazioni e diun numero crescente di banche e risparmiatori cheinvestivano in Borsa.

La crisi del ‘29

La crisi del ‘29 Normalmente si acquistano azioni in borsa per avere il

“dividendo” ossia la quota di utile dell’attivitàimprenditoriale. Ma spesso le quotazioni borsistiche spingonoin alto il valore delle azioni. I possessori di azioni possonorealizzare un c.d. “capital gain”, ossia guadagno sul capitaleinvestito, dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello divendita. Se il prezzo continua ad aumentare si scatena laspeculazione al rialzo fino a quando all’euforia succede ilpanico appena il valore crolla auto-alimentandosi. Tutticominciano a vendere per paura di avere delle perdite. Ilprezzo si stabilizza raggiunto il valore reale dell’azione.

La crisi del’29 L’indice dei titoli azionali di NY dal 1926 al 1929 passò da

100 a 191 fino a 381. Il 24 ottobre 1929 furono offerte 13milioni di azioni e le quotazioni scesero. Il martedì successivofurono offerte 33 milioni di titoli. L’indice scese a 198 (–48%) in pochi giorni. Intere fortune furono distrutte eparecchie banche rischiarono il fallimento. Se l’economiafosse stata sana la crisi sarebbe stata assorbita. Viceversal’economia americana e mondiale soffrivano già una crisi disovrapproduzione e di riduzione dei prezzi.

A quel punto la depressione fu molto grave e durò a lungo

La crisi del ‘29 La produzione industriale americana si dimezzò, quella automobilistica si

ridusse del 75%. I disoccupati passarono da 4,6 milioni nel 1929 a 13milioni nel 1933. La produzione agricola si ridusse ulteriormente mentrele banche non riuscirono a fare fronte alla richiesta di liquidità e fallirono.Alcune furono salvate dal governo con l’acquisto di pacchetti azionari. Fuistituito il SEC Security Exchange Commission per controllare lespeculazioni. Il PIL si ridusse del 29%.

La crisi si diffuse in altri paesi a causa degli scambi commerciali colpendol’Europa ed in particolare in modo più pesante la Germania. Laproduzione industriale calò del 39% e il PIL pro-capite del 17%. Stessacosa in Francia e in Italia e GB.

La crisi in Germania diventò una crisi bancaria. Inoltre la Germania – laRepubblica di Weimar – si presentava instabile con governi deboli e dibreve durata. Il sistema tedesco vedeva il forte legame tra banche eimprese con il condizionamento del risarcimento dei danni di guerra.Tutto ciò finì per trasmettersi dal sistema bancario all’economia reale condifficoltà anche a pagare i debiti di guerra (Moratoria Hoover). Lo Statointervenne per salvare banche e imprese ei disoccupati raggiunsero i 6milioni.

Le politiche contro la depressione All’inizio i governi adottarono le tradizionali politiche

liberiste convinti che il mercato avrebbe assorbito lacrisi autonomamente come nel passato.

Si scelsero politiche restrittive (equilibrio di bilancio eriduzione della moneta in circolazione) e politicheprotezionistiche a difesa delle proprie produzioni. GliStati Uniti con la legge Hawley-Smoot (1930) aumentò idazi. La GB aumentò le tariffe con l’istituzione dellatariffa imperiale legandosi alle proprie colonie e alBritish Commonwealth of Nations (comunità dellenazioni britanniche) sancito nel 1931 – una liberaassociazione sotto la corona di Inghilterra. Tutto ciòaggravò la situazione restringendo gli spazicommerciali. Le imprese contrassero i costi e iniziaronoa licenziare.

Negli Stati Uniti nel 1933 al repubblicano HerbertHoover successe il democratico Franklin DelanoRoosevelt che modificò la politica economicaamericana.

Le politiche contro la depressione Si diffuse la convinzione, ad opera di Keynes, che lo Stato doveva sostenere la

domanda globale di beni e sostituirsi a quella privata insufficiente. Si avviaronopolitiche di deficit spending negando la necessità del pareggio di bilancio ericorrendo all’indebitamento per la realizzazione di grandi infrastrutture utili allosviluppo dei mercati e dell’economia o per assegni familiari o sussidi didisoccupazione così da assicurare il livello minimo di consumi e fare riprenderel’offerta di beni e servizi.

A questo bisognava aggiungere il sostegno alla domanda estere attraverso lesvalutazioni competitive. Bisogna ridurre il valore della propria moneta per renderevantaggiosi i propri prodotti (un dumping occulto). Da subito Argentina, Brasile,Australia e altri iniziarono a svalutare.

La prima moneta dei paesi industrializzati a essere svalutata fu proprio la GB con lasterlina. Molti paesi avevano infatti cambiato le sterline possedute in oro riducendole riserve auree della Banca di Inghilterra. A quel punto nel 1931 la GB decretòl’inconvertibilità della sterlina lasciando fluttuare il valore della moneta. Dalsistema dei cambi fissi si passo a quello dei cambi flessibili. La sterlina si svalutòdel 30% favorendo le esportazioni. Alcuni Paesi legati alla GB depositarono le lororiserve presso la Banca di Inghilterra creando un’area sterlina il cui cambio futenuto fisso.

Le politiche contro la depressione Anche il dollaro fu svalutato e dichiarata l’inconvertibilità

rispetto all’oro (1934). Il nuovo Presidente firmò numerosiaccordi bilaterali per la riduzione delle tariffe commercialiincrementando gli scambi con l’estero.

A seguito delle svalutazioni degli Stati Uniti e della GB anchegli altri paesi europei procedettero alle svalutazioni perrecuperare competitività e attenuarono le politicheprotezionistiche a favore degli scambi internazionali. Solo laGermania, vincolati dagli accordi di pace, non svalutò.

Il Gold exchange standard durò appena dieci anni e tutte lemonete risultarono non convertibili mentre i biglietti di bancasostituirono definitivamente la moneta metallica. Nel 1936,nel tentativo di garantire la stabilità dei cambi, Francia, GB eUSA stabilivano la convertibilità solo nei confronti di altrebanche centrali.

Il New Deal Le misure di contrasto alla crisi finirono per

favorire l’intervento dello Stato nell’economia.Negli Stati Uniti – a seguito dell’elezione deldemocratico Roosevelt - l’intervento prese il nomedi New Deal (nuovo corso).

L'opposizione della Corte Suprema Nel 1935-1936 la Corte Suprema dichiaròincostituzionali diversi provvedimenti del NewDeal. In risposta Roosevelt si appellò agliamericani indicando la Corte Suprema comel'organo rappresentante i ceti più elevati che siopponeva ad una redistribuzione della ricchezza.

Il New Deal

Le Azioni principali:

Nei primi cento giorni della Presidenza Roosevelt vennero emanatiimportanti provvedimenti:

l'Emergency Banking Act che ha istituito una vacanza bancaria di alcunigiorni al fine di sondare la liquidità e la solidità degli istituti di credito eche ha assoggettato le banche al controllo dell'amministrazione federale;

l'istituzione della Federal Deposit Insurance Corporation che assicuravatutti i depositi bancari sino a 2.500 $;

la sospensione del Gold standard che comportò la svalutazione del dollaroe rese possibile il ricorso all'esportazione delle merci come sbocco per lasovrapproduzione statunitense;

l'Economy Act che introdusse il bilancio federale di emergenza; l'Agricultural Adjustment Act che attribuiva contributi in denaro a quegli

agricoltori che avessero limitato la produzione agricola in modo damettere un freno alla caduta dei prezzi che aveva costretto sul lastricomilioni di agricoltori dell'est.

Il New DealAltre importanti misure furono: l'istituzione della Tennessee Valley Authority, agenzia che impiegò milioni di

disoccupati nella costruzione di imponenti dighe al fine di sfruttare le risorse idroelettriche del bacino del Tennessee;

l'istituzione della Work Progress Administration, altra agenzia governativa chegestiva la realizzazione di importanti opere pubbliche;

l'approvazione del Wagner Act che sanciva il diritto di sciopero e dellacontrattazione collettiva;

l'approvazione del National Industrial Recovery Act che imponeva l'adozione perogni azienda di un codice di disciplina produttiva limitando la sovrapproduzione,rinunciando al lavoro nero e a quello minorile. La legge prevedeva inoltre deiminimi salariali;

l'approvazione del Social Security Act che istituiva un moderno welfare state dicui i lavoratori statunitensi erano stati sino ad allora sprovvisti.

La riforma fiscaleRoosevelt intraprese anche una riforma del sistema fiscale ed in particolar mododelle imposte dirette. Venne così modificata l'imposizione progressiva aumentandole aliquote per i contribuenti più ricchi.

Il New Deal Anche la GB incoraggiò le fusioni delle imprese e la razionalizzazione dei

settori in crisi. Per combattere la disoccupazione furono concessi incentiviper la creazione di fabbriche nelle zone depresse.

In Francia si puntò sull’incremento dei salari con gli Accordi Matignonfra imprenditori e lavoratori, promossi dal governo del fronte popolare diBlum, per la riduzione dell’orario lavorativo a 40 ore e gli aumentisalariali. A ciò si affiancò un programma di opere pubbliche.

In Germania, giunto al potere Hitler a seguito di proteste e malcontenti, ilgoverno nazista incremento la presenza dello Stato nell’economiaattraverso piani quadriennali per la realizzazioni di grandi operepubbliche. Successivamente si procedette verso l’autarchia e cioèl’autosufficienza economica. Fu stimolata la ricerca nei settori della lanasintetica, gomma e materie plastiche e infine si avviò il riamo dellaGermania.

Il New Deal in Italia In Italia l’intervento dello Stato si fece prevalente e maturò

l’idea dell’autarchia. Il regime fascista si concentrò sullabattaglia del grano e sulle grandi bonifiche in agricoltura esulla concentrazione industriale riducendo concorrenza e costidi produzione.

Le imprese erano molto legate alle banche ma purtroppoqueste ultime si trovarono sull’orlo del fallimento. Lo Statodecise di salvarle istituendo l’Istituto per la RicostruzioneIndustriale IRI che assunse le partecipazioni industrialipossedute dalle banche. Malgrado il tentativo era quello diristrutturare le industrie e rivenderle a privati investitori, comeper gli altri paesi, in Italia ciò non fu possibile e l’IRIconservò i pacchetti azionari di numerose banche e industrie.

Il New Deal in Italia L’intervento dello Stato in Italia, durante il governo fascista, prevedeva la

costituzione delle corporazioni per ogni ramo produttivo, nelle quali eranorappresentate pariteticamente imprenditori e lavoratori, sotto il controllodello Stato. Le 22 corporazioni istituite nel 1934 avevano funzioniconsultive e conciliative e altresì anche normativo. Erano vietati gli scioperidei lavoratori. L’economia corporativa non funzionò mai e finì allo scoppiodella guerra.

In definitiva in Italia, a seguito della deriva del fascismo, prese le mosse unnuovo tipo di stato, sostenuto da una massiccia propaganda governativa,guidato da una figura carismatica e volto alla salvaguardia della stabilità edel potere costituito. Caratteristiche salienti furono: il controllo governativodell'economia e della società; il valore simbolico delle grandi operepubbliche, che non solo crearono nuovi posti di lavoro, ma si imposerocome emanazioni dell'autorità statale; la forza persuasiva dei discorsi diMussolini alla radio; l'architettura monumentale; le campagne diarruolamento dei cittadini, chiamati a essere leali difensori della patria;l'esaltazione dei concetti di nazione, popolo e terra.

La seconda guerra mondialeLa seconda guerra mondiale è il conflitto che (1939-1945) ha visto confrontarsi da unlato le potenze dell’Asse e dall'altro i paesi alleati. Viene definito «mondiale» in quanto,così come già accaduto per la Grande Guerra, vi parteciparono nazioni di tutti icontinenti e le operazioni belliche interessarono gran parte del pianeta. Ebbe inizio il 1°settembre 1939 con l'invasione della Polonia da parte della Germania; terminò, l’8maggio 1945 con la resa tedesca e, il successivo 2 settembre con la resa dell‘Imperogiapponese a seguito dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.

È considerato il più grande conflittoarmato della storia, e costòall'umanità sei anni di sofferenze,distruzioni e massacri per un totaledi 55 milioni di morti. Lepopolazioni civili si trovarono,infatti, direttamente coinvolte nelconflitto a causa dell'utilizzo di armisempre più potenti e distruttive,spesso deliberatamente indirizzatecontro obiettivi non militari. Nelcorso della guerra si consumò anchela tragedia dell‘Olocausto perpetratadai nazisti nei confronti degli ebrei.

La seconda guerra mondiale La politica del riarmo fece i primi passi da parte della

Germania e dell’Italia impegnate in azioni di colonialismo(Etiopia e conquista di Austria e Cecoslovacchia) nonché disostegno alla Guerra di Spagna (1936-1939) a favore diFranco. La Germania dovette organizzare la razionalizzazionedei generi alimentari e dei prodotti agricoli.

Gran Bretagna e Francia seguirono in ritardo mentre gli StatiUniti organizzarono l’economia di guerra a supporto degliAlleati fornendo approvvigionamenti e vettovaglie. Il Sistemadella produzione fu orientato alle produzioni di guerra e laricerca scientifica avanzò rapidamente con nuove applicazioni(nailon, benzina e gomme sintetiche). Nuovi giacimenti eminiere nel mondo furono attivate.

La seconda guerra mondiale Gli accordi di Yalta

L’economia contemporanea Al termine della seconda guerra mondiale iniziò un lungo

periodo di trasformazioni che hanno dato iniziato alla terzarivoluzione industriale (terziarizzazione, ICT,globalizzazione, ect..).

Il periodo che va dal secondo dopoguerra al 2006 può esserearticolato in due periodi. Il primo di grande espansione ecrescita senza precedenti (anche sul piano della crescitademografica) e quello successivo di rallentamento dellacrescita senza però esaurirsi diversificandosi (con nuovisoggetti mondiali).

Infine fino agli anni ’80 si è in presenza di unacontrapposizione tra due modelli economici: l’economia dilibero mercato del mondo occidentale (Stati Uniti, EuropaOccidentale e Giappone) e l’economia pianificata (Bloccosovietico e Cina)

La popolazione mondiale e le grandi migrazioni La popolazione mondiale non è mai cresciuta come in questo periodo passando da

2,5 miliardi a 7 miliardi con una riduzione consistente del peso della popolazioneeuropea ad appena l’11%.

Tasso di mortalità e di natalità sono costantemente diminuiti con un regimedemografico “moderno” e con speranza di vita intorno agli 80 anni. Tutto ciò hamodificato la struttura anagrafica della società con una presenza maggiore dianziani e la necessità di sistemi previdenziali che sostengono tale struttura. Anchela struttura dei nuclei familiari si è modificata restringendosi. Tutto ciò è statopossibile grazie ai progressi della medicina (gli antibiotici) e la nascita dellamoderna chirurgia.

Ultimamente si è registrata una riduzione della crescita mondiale dellapopolazione.

Una delle conseguenze è l’urbanesimo. Lo spostamento verso le grandi città hafatto nascere metropoli e megalopoli fino a raggiungere, come per Tokyo, 30milioni di abitanti. E creando, nei Paesi in via di sviluppo, la situazione dellebidoville.

Infine le flussi migratori si sono incrementati sia all’interno dell’Europa conl’apertura delle frontiere (Germania, Belgio, Svizzera, Francia) sia versocontinenti lontani (Australia e Americhe). Infine l’Europa è diventata terra diimmigrazione.

Agricoltura e mezzi di sussistenza Successivamente alla guerra la produttività e la produzione agricola sono

aumentate con l’introduzione della macchine agricole, degli insetticidi e deifertilizzanti nonché di nuovi metodi di irrigazione.

La percentuale della popolazione impegnata in agricoltura è scesa sotto il 5%mentre le produzioni agricole sono cresciuti del 2,5% annue a livellomondiale.

Si diffuse il fenomeno dell’obesità. Nei Paesi industrializzati l’aumento delle produzioni ha visto un crollo dei

prezzi agricoli e politiche di sostegno dei prezzi attraverso dazi a tariffedoganali, sussidi agli agricoltori e barriere non tariffare (sistema delle quote,certificazioni, ect..). Vedi la Politica Agricola Comunitaria.

Nei Paesi asiatici le produzioni riuscirono a soddisfare le esigenze alimentari eanche ad esportare. Mentre nell’Unione Sovietica il regime della proprietàcollettiva e la mancanza di alimentare e l’importazione di prodotti. I Paesipoveri (Africa) andarono incontro a crisi alimentari con situazioni dimalnutrizione.

L’Industria e le tecnologie Lo sviluppo industriale è stato fortemente condizionato dai progressi della

scienza e della tecnica. La diffusione delle leghe leggere in metallurgia ha dato consistenza alle

produzioni aereonautiche, spaziali, nucleari ed elettroniche. L’industriachimica rafforzò l’utilizzo delle fibre sintetiche ed artificiali a quellenaturali. L’industria della plastica con i processi diriscaldamento/raffreddamento e degli stampi ebbe riflessi nei vari prodotti(imballaggi, auto, elettrodomestici, casalinghi, ect..) rimpiazzando illegno.

Si sviluppo il petrolchimico e l’industria elettrica. La produzione dipetrolio è passata da 700 ml di tonnellate (1955) a 3,7 miliardi (2006) conla costruzione di oleodotti. Anche l’estrazione di gas fino a 2,6 miliardi ditonnellate (2006).

L’industria automobilistica divenne il simbolo del secolo XX dandoimpulso alle costruzione di strade e autostrade. L’industria aeronautica sisviluppò attraverso l’introduzione dei turboreattori con la costruzione digrandi aereoporti. Infine l’energia nucleare attraverso l’utilizzo dellareazione a catena scaturita dalla fissione dell’atomo dell’uranio 235.

L’Industria e le tecnologie Prese avvio la conquista dello spazio con la competizione tra USA

e URSS. Il primo uomo nello spazio, attraverso la navicellaspaziale Sputinik (1958), Yuri Gagarin e dall’altro le missioni delprogramma Apollo portarono due uomini sulla luna (1969)Armstrong e Aldrin.

La tecnologia elettronica con l’introduzione dei transistor e di altrescoperte modifica l’industria e manifesta la tendenza aminiaturizzare i prodotti e i loro componenti. Nasce l’elettronica diconsumo.

All’elettronica si affianca la nascita dell’informatica e dei primimicroeleboratori (personal computer). Inizia la rivoluzioneinformatica ed elettronica anche attraverso i nuovi sistemi di ICT.

Le trasformazioni indotte dalla tecnologia diedero vita ad unanuova forma di disoccupazione c.d. tecnologia con l’introduzionedi tecnologie “labour intensive”.

La terziarizzazione Un elemento significativo dal dopoguerra ad oggi è il

processo di terziarizzazione dell’economia con lo sviluppo disocietà postindustriali. Il settore terziario infatti si estende anuovi settori e servizi: sanità e istruzione, distribuzione,trasporti, servizi pubblici e privati, informatica etelecomunicazioni, sistemi bancari e assicurativi.

Tutto ciò favorisce la presenza delle donne sul mercato dellavoro.

Il Commercio interno. Se prima la vendita era una vendita aldettaglio attraverso il c.d. negozio di vicinato, con il tempo,cominciarono a nascere i primi supermercati, solo per igenere alimentari, o anche i centri commerciali con tutte letipologie di prodotto. Negli Stati Uniti nacquero i discountper favorire il contenimento dei costi.

La terziarizzazione Il Commercio estero. Dopo la guerra si diffuse la

consapevolezza che bisognava favorire il libero commerciointernazionale. Tutto ciò fu favorito dal ripristino di unsistema di cambi fissi basato sulla convertibilità del dollaroquale moneta di pagamenti internazionale e sulla nascita dialcune organizzazioni internazionali.

Nacque il GATT General Agreement on Tariffs and Trade1947 con lo scopo di liberalizzare gli scambi.Contestualmente iniziarono a nascere organizzazioniinternazionali per favorire il commercio: Mercato ComuneEuropeo (1958) EFTA (1959), l’ASEAN (1967) e ancoraNAFTA (1994) e il Mercosur (1995).

Le organizzazioni regionali

La terziarizzazione I sistemi bancari subirono profonde trasformazioni. Le

banche estesero le loro attività e servizi anche per fare frontealle esigenze domestiche dei risparmiatori. I processi diconcentrazione bancaria proseguirono e la concorrenzainternazionale si fece sentire. Le banche aprirono filialiall’estero e divennero spesso multinazionali. Inoltre le banchefinirono per de-specializzarsi offrendo una serie molto ampiadi servizi alla clientele.

Al comparto fu il turismo che dai viaggi dei nobili GrandTour a cavallo o carrozza divenne, grazie anche alladisponibilità di tempo libero e trasporti, una nuova industria. Imovimenti furono organizzati e gestite dai c.d. Touroperators. I turisti sono passati da 25 ml di visitatori al 1950 acirca 850 ml nel 2006.

La ricostruzione Al termine del conflitto l’industria riprese a produrre e le

infrastrutture furono rapidamente ricostruite. Gli Alleati prima dellafine della guerra avevano iniziato a pensare al futuro basandosisull’idea di favorire la cooperazione internazionale e governare lecrisi di sovrapproduzione. Si svolsero numerosi incontri econferenza che diedero vita ad alcuni accordi.

Alla Conferenza di Yalta (Crimea) portò alla divisione del mondoin due zone di influenza – americana e sovietica - con la divisionedella Germania in due Repubbliche e Berlino fu divisa in 4 zone diinfluenza fino al 1961 e alla costruzione del Muro di Berlino. InEuropa scese quella che Churchill definì la cortina di ferro.

Nel 1944 furono stabiliti di Accordi di Bretton Woods; Nel 1945 fu costituita l’Organizzazione delle Nazioni Unite ONU Nel 1946 fu stipulato il GATT

L’Europa a seguito della divisione in aree di influenza

Le Nazioni Unite

Le Nazioni Unite, costituite a San Francisco, hanno come fine il conseguimento dellacooperazione internazionale in materia di sviluppo economico, progressosocioculturale, diritti umani e sicurezza internazionale. Relativamente alla sicurezzainternazionale in particolare hanno come fine il mantenimento della pace mondialeanche attraverso efficaci misure di prevenzione e repressione delle minacce eviolazioni ad essa rivolte.La sede centrale delle Nazioni Unite si trova a New York (USA).Il Consiglio di Sicurezza è l'organo delle Nazioni Unite che ha maggiori poteri. Alconsiglio viene conferita "la responsabilità principale del mantenimento della pace edella sicurezza internazionale". È costituito da quindici Stati membri, di cui cinquesono membri permanenti, mentre i restanti dieci vengono eletti ogni due anni. Imembri permanenti sono: Cina, Russia, Regno Unito, Stati Uniti d'America e Francia:hanno il diritto di veto, e possono bloccare qualsiasi decisione loro sgradita e fare inmodo che non venga discussa durante il riunirsi dell'Assemblea Generale presiedutada tutti gli Stati membri.

Gli accordi di Bretton Woods

La conferenza di Bretton Woods si tenne nel 1944 nello New Hampshire (USA),per stabilire le regole delle relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesiindustrializzati del mondo. Gli accordi di Bretton Woods furono il primo esempionella storia del mondo di un ordine monetario totalmente concordato, pensato pergovernare i rapporti monetari fra stati nazionali indipendenti.

Mentre ancora non era terminata la guerra, si preparò la ricostruzione del sistemamonetario e finanziario. Dopo un acceso dibattito, durato tre settimane, i delegatifirmarono gli Accordi di Bretton Woods. Gli accordi erano un sistema di regole eprocedure per regolare la politica monetaria internazionale.

Le caratteristiche principali di Bretton Woods erano due; la prima, l'obbligo perogni paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio adun valore fisso rispetto al dollaro, che veniva così eletto a valuta principale,consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute (1%); la seconda, ilcompito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali, assegnatoal Fondo Monetario Internazionale - FMI. Contestualmente si diede vita al nuovoGold Exchange Standard dove l’unica moneta convertibile in oro a un prezzo fissoero il dollaro (35 dollaro per 1 oncia).

Il piano istituì sia il FMI che la BIRS – Banca Internazionale per la Ricostruzione elo Sviluppo (detta anche Banca mondiale).

GATT - General Agreement of Tariffs and Trade

Il General Agreement on Tariffs and Trade (Accordo Generalesulle Tariffe ed il Commercio, meglio conosciuto come GATT) èun accordo internazionale, firmato nel 1947 a Ginevra (Svizzera) da23 paesi, per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazionicommerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione delcommercio mondiale.

In realtà l'iniziativa conclusasi con l'adozione del GATT siproponeva, inizialmente, di realizzare un progetto ben più ambizioso:l'istituzione dell'International Trade Organization (ITO)(Organizzazione Internazionale del Commercio) comeorganizzazione permanente che regolasse il commercio mondiale.

L'accordo relativo all'ITO fu effettivamente raggiunto nell'ambitodella Conferenza sul Commercio e l'Occupazione delle Nazioni Unitema rimase bloccato per la mancata ratifica americana. A seguito dellamancata istituzione dell'ITO, il GATT iniziò a funzionare, pur privodi istituzioni permanenti, anche come organizzazione.

Dal GATT al WTO Il GATT è cresciuto, nel corso degli anni, attraverso otto

diverse sessioni di negoziati (indicate col termine di "round")per la riduzione delle tariffe doganali nonché con l'aggiunta diaccordi plurilaterali tra i paesi partecipanti.

Il GATT (come organizzazione) è stato sostituito, nel 1995,dall'Organizzazione Mondiale del Commercio (WorldTrade Organization - WTO), organizzazione permanentedotata di proprie istituzioni che ha adottato i principi e gliaccordi raggiunti in seno al GATT. Quando si parla di “GATT1994" ci si riferisce all'accordo aggiornato nel 1994 a seguitodell‘Uruguay Round. Nel 2001 sono iniziati a Doha i nuovinegoziati Doha Round che si sono conclusi nel 2015.

Il Piano Marshall A seguito della Guerra il PIL di tutti i Paesi anche quelli vincitori

crollò. Gli Stati Uniti risultavano creditori dei Paesi alleati europei cheerano totalmente distrutti e privi di risorse economiche. Imporre quindiai vinti indennizzi era praticamente inutile. Inoltre la riconversione ineconomia di pace imponeva la necessità di trovare nuovi mercati per iprodotti americani.

Nel Giugno 1947 all’Università di Harvard il Generale Marshall lanciòl’idea di un piano di aiuti ai paesi europei che fu approvato dalCongresso come ERP European Recovery Programme con unaautorità di gestione ECA Economic Cooperation Administration aWashinghton. Dall’altro i Paesi europei occidentali si associaronoall’OECE Organizzazione Europea Cooperazione Economica per larichiesta e gestione degli aiuti. Furono erogati 13 miliardi di dollarifino al 1952.

Il Piano Marshall Al termine del piano la OECE

continuò ad operare attraverso laUnione europea dei pagamentiper operare, attraverso unsistema di compensazioni, aipagamenti intraeuropei. Infine altermine del piano la OECE sitrasformò in OCSEOrganizzazione per laCooperazione e lo SviluppoEconomico con l’immissione diCanada, USA, Giappone,Australia e altri paesioccidentali.

Welfare State Nell’ambito della contrapposizione tra capitalismo e

comunismo in Europa si svilupparono i nuovi sistemi diWelfare State (Stato del Benessere) dove lo Stato proseguì nelsvolgere un ruolo sempre più preponderante nella gestione dialcuni servizi.

Parallelamente si procedette ad alcune nazionalizzazioni. InFrancia la Renault. In GB le miniere di carbone e le societàelettriche. Si sviluppò un modello economico ad economiamista con la presenza di imprese pubbliche e private. InGermania le miniere di alluminio e carbone mentre in Italia leproduzioni elettriche e la nascita nel 1962 dell’ENEL Entenazionale per l’energia elettrica.

Iniziò a nascere l’idea di Programmazione economica.

La Golden Age Gli storici fanno riferimento al periodo che va dal 1950 al 1973 e che

coinvolse tutto il mondo occidentale con tassi di crescita positivi soprattuttonei paesi che avevano perso la guerra (Germania, Italia e Giappone). Talilivelli di crecsita finirono per differenziare il mondo in Primo Mondooccidentale, Secondo Mondo comunista e Terzo Mondo dei paesisottosviluppati prevalentemente afro-asiatici.

In appena 10 anni fino al 1963 i tre paesi vinti raddoppiarono il proprio PIL.Nel 1950 la GB fu superata da Svizzera, Danimarca, Canada e Australia esuccessivamente da Francia, Germania, Italia, Svezia e Giappone.

Gli Stati Uniti ormai erano la prima potenzia industriale ed economicamondiale. La contrapposizione si svolgeva con l’URSS sul piano politicoeconomico militare e con il Giappone quale vero avversario e competitoreconomico.

La crescita riguardò tutti i settori e si sviluppò il consumismo. L’agricoltura simodernizzò mentre il commercio internazionale si consolidò con i grandicontainers mentre le multinazionali iniziarono a dominare i mercati.

La Golden Age

Le ragioni della crescita:1) Disponibilità di nuove tecnologie anche a seguito dello

sforzo bellico;2) Il ruolo dello Stato divenuto soggetto programmatore e

controllore;3) La cooperazione internazionale anche a seguito delle nuove

istituzioni internazionali;4) La formazione del capitale umano con la diffusione

dell’istruzione e i programmi di alfabetizzazione;5) La disponibilità di capitali e di movimento;6) Un sistema di cambi fissi con il dollaro moneta di

riferimento;7) I bassi prezzi delle materie prime;8) I bassi salari con l’abbondanza di manodopera.

La crisi degli anni ‘70 All’inizio degli anni ’70 i tassi di crescita del 2,9% a

livello mondiale si contrassero all’1,6%. Il PIL delGiappone crollò e altresì quello dei paesi europei.L’età dell’oro era definitivamente finita. La domandaaumentò lentamente, la produzione ristagnò, ilcommercio internazionale rallentò, ladisoccupazione riprese a crescere e altresìl’inflazione assumendo percentuale registrate solo intempo di guerra.

Due eventi che segnano l’inizio del nuovo periodo:

La crisi degli anni ‘70

- Il crollo del Sistema Monetario Internazionale. Se all’inizio ilsistema aveva funzionato nella prima metà degli anni sessantala Francia cominciò a chiedere il cambio in oro dei dollarimentre gli Stati Uniti videro ridursi le riserve auree. Molti paesinon riuscivano a garantire la parità con l’oro delle propriemonete. Molte monete si svalutarono e anche il dollaro fusoggetta ad attacchi speculativi. Nel 1971 Nixon dichiaròl’inconvertibilità del dollaro e nel 1973 malgrado qualchetentativo di ritorno al Gold exchange standard fu totalmenteabbandonato con il ritorno ad un sistema di cambi flessibili.

La crisi degli anni ‘70 Il secondo evento che segnò l’inizio del nuovo periodo fu:

- Il primo shock petrolifero. Nel Medio Oriente vi era, fin dal1948, una certa instabilità a causa dello Stato di Israele e delconflitto con i palestinesi. Quando scoppiò la quarta guerraarabo-israelina nel 1973 (la guerra del Kippur) i paesiproduttori di petrolio riuniti nell’OPEC Organization ofPetroleum Exporting Countries decisero di ridurre leproduzione di petrolio per colpire i paesi che avevanoappoggiato Israele. Il prezzo del barile quadruplicò da 3 a 12dollari al barile. Si trattò di un vero shock con un aumento deicosti di importazione del greggio fortissimi. Il secondo shockpetrolifero avvenne nel 1979 a seguito della rivoluzioneiraniana con un ulteriore aumento del prezzo del barile a 30dollari.

La crisi degli anni ‘70 Gli effetti degli shock furono:1) La crescita dei costi di produzione e distribuzione dei beni2) Si venne a creare una situazione di forte inflazione che a spirale fu

favorita dalle rivendicazioni salariali e dagli aumenti dei salari conun una situazione di stagflazione e quindi di copresenza di inflazionee stagnazione economica. Contestualmente il fenomeno delladisoccupazione assunse proporzioni simili al ’29 e si rispose conflessibilità e precariato. Contestualmente le nuove tecnologie e losviluppo dei servizi riuscì solo in parte ad assorbire taledisoccupazione.

3) L’enorme quantità di dollari a disposizione dei paesi esportatori dipetrolio (petrodollari)La grande quantità di denaro fu depositata presso banche europee edamericane che finirono per prestarle ai paesi in via di sviluppo. Tuttociò finì per favorire l’indebitamento dei PVS per raggiungere nel1986 la cifra di mille miliardi di dollari. Molti PVS non furono ingrado di rimborsare i prestiti.

La crisi degli anni ‘70 La crisi diede vita ad un nuovo modello fondato dalla crescita

e sviluppo tecnologico e ma dalla mancanza di nuovaoccupazione Jobless growth.

Si passò altresì ad un modello di produzione postfordista conla sostituzione dalla catena di montaggio a produzioni piùsnelle (lean production) adatte alla diversificazione dei gustie all’utilizzo della nuove tecnologie dell’informatica. Inoltreil nuovo modello si fonda sulla flessibilità operativariducendo le scorte operando just in time.

Si organizza la produzione attraverso un sistema a rete didecentramento produttivo e di delocalizzazioni delleproduzioni. Molte funzioni finiscono per essereesternalizzate.

Gli anni dopo la crisi Contestualmente a queste trasformazioni nell’organizzazione produttiva le

correnti di pensiero keynesiane che avevano ispirato l’azione della politicaeconomica dalla crisi del’29 agli anni ’70 fu rivista da altri economistineoliberisti che proposero il ritorno ad un ruolo dello Stato più contenuto.Reagan (1981-1989) e la Thatcher (1979-1990) furono i più convintisostenitori.

I governi erano molto preoccupati dall’inflazione e quindi proposero unapolitica ispirata ai c.d. Monetaristi sul fronte dell’offerta (supply-side) piùche su quella della domanda (Keynesiani). Si favorirono quindi politichemonetarie restrittive, deregolamentazioni dei mercati, sgravi fiscali ai piùricchi per favorire gli investimenti. Tutto ciò fini per favorire nuovespeculazioni e disparità sociali. Il ruolo dello Stato si ridusse ma mai sottouna certa soglia divenuto quasi impossibile ridimensionare alcuneprestazioni sociali e regolamentari.

La ristrutturazione economica e le politiche liberiste di contrasto alla crisihanno finito per favorire i processi di globalizzazione.

La globalizzazione Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita

progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversiambiti, il cui effetto principale è una decisa convergenza economica eculturale tra i Paesi del mondo.

Il termine globalizzazione, di uso recente, è stato utilizzato daglieconomisti, a partire dal 1981, per riferirsi prevalentemente agli aspettieconomici delle relazioni fra popoli e grandi aziende. Il fenomeno inveceva inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali, tecnologici epolitici, e delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto apartire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibileaccelerazione.

Sebbene molti preferiscano considerare semplicisticamente questofenomeno solo a partire dalla fine del XX secolo, osservatori attenti allastoria parlano di globalizzazione anche nei secoli passati. Ma erano tempidiversi in cui la globalizzazione si identificava, pressoché essenzialmente,nell'internazionalizzazione delle attività di produzione e degli scambi

La globalizzazione In campo economico la globalizzazione denota la forte integrazione degli

scambi commerciali internazionali e la crescente dipendenza dei paesi gliuni dagli altri. Con la stessa parola si intende anche l'affermazione delleimprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale: in questosettore si fa riferimento sia alla produzione spesso incentrata nei paesi delsud del mondo; sia alla vendita, che vede i prodotti di alcuni marchi moltosponsorizzati in commercio in quasi tutti i paesi del mondo.

Alcuni economisti affermano che, anche per effetto della tecnologiainformatica, essa può definirsi come "uno straordinario sviluppo dellepossibili relazioni, non soltanto economico-finanziarie, pur preminenti,tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far sì che ciòche avviene in un'area si ripercuota anche in tempo reale sulle altrearee, pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelliinterpretativi dell'economia e della società non sono in grado di valutarecorrentemente, anche per la simultaneità tra l'azione ed il cambiamentoche essa produce".

Il secolo americano - L’egemonia degli Stati Uniti Gli Stati Uniti uscirono rafforzati dal secondo

conflitto mondiale e la superiorità tecnologica risultòevidente. Il PIL crebbe del 2,5% in media fino al1973. Nel mondo si diffuse lo stile di vita americano.Gli Stati Uniti erano l’unica potenza politica,militare ed economica del mondo e il dollaro assunsela funzione di mezzo di pagamento internazionale.Gli Stati Uniti svolsero la funzione di diffondere lademocrazia e la libertà, il sistema capitalistico e dimercato. Spesso però finirono, nel quadro dellaguerra fredda, per regimi e sistemi autoritari inAfrica ed America latina.

L’egemonia degli Stati Uniti L’agricoltura fece registrare il forte incremento della produttività e delle

produzioni sostenendo i redditi dei c.d. farmers. Malgrado ciò questifurono sostenuti dal governo e la sovrapproduzione di frumento fudestinata all’export.

Nel settore dell’industria si diffusero e ingrandirono le corporations enacque l’impresa multudivisione, organizzata in settori e divisioni conpropria autonomia funzionale e gestionale. Si assistette alla separazionetra proprietà e management, tra i molteplici azionisti e il managementaziendale. Si estese il mercato azionario dove investitori istituzionali(compagnie di assicurazioni, fondi pensione e fondi comuni diinvestimento) cominciarono a vendere/acquistare aziende (azioni edobbligazioni). Si svilupparono corporations nei nuovi settoridell’elettronica e dell’informatica.

A seguito della crisi degli anni ’70 si assistette ad un rallentamento dellacrescita e di inflazione.

L’egemonia degli Stati Uniti A seguito della crisi nel 1980 alle elezioni presidenziali vinse il

repubblicano Ronald Reagan. La nuova politica economica fuimprontata a promuovere politiche monetarie restrittive, de-regolamentazioni dei mercati finanziari e del credito, tagli allespese assistenziali e sgravi fiscali ai più ricchi e ancora forteincremento delle spese militari anche per contrastare il bloccocomunista.

Il cambio di rotta nelle decisioni di politica economica si èaccompagnato con il prevalere in campo universitario di tesineoliberiste, il cui principale ispiratore era l'economista diChicago e premio Nobel Milton Friedman.

L’egemonia degli Stati Uniti Si racconta in particolare che Reagan venne convinto dall'economista

Laffer che una riduzione dell'imposizione fiscale avrebbe avuto effettibenefici sia sulla crescita economica che sull'imposizione fiscale,perché un'eccessiva imposizione fiscale spingeva i lavoratori arinunciare a lavorare di più.

Alle scelte fiscali si sono aggiunte politiche di forti liberalizzazioni,scelte fortemente antisindacali, culminate nel licenziamento di migliaiadi controllori di volo in sciopero, e di forti tagli alla spesa sociale,controbilanciati tuttavia da un forte aumento della spesa pubblica perarmamenti.

Grazie al taglio della pressione fiscale, la produzione industrialeaumentò decisamente, come del resto l'occupazione. Nonostante ciò èda sottolineare l'aumento del debito pubblico, dovuto alle politiche dispesa adottate dal congresso americano. Tutto ciò fini per favorirenuove speculazioni e disparità sociali.

Reaganomics

Nonostante la crisi borsistica del 1987 aWall Street l’economia americana continuòa crescere per tutti gli anni novanta contassi del 4%.

Si procedette alla ristrutturazione delleimprese a alla delocalizzazione. Gli StatiUniti profittarono della globalizzazione edopo essere stati creditori del mondoiniziarono ad indebitarsi e ad importarecapitali ciò al fine di sostenere la crescita efinanziare il deficit della bilancia deipagamenti dovete all’aumento delleimportazioni stimolate dal grande mercatointerno.

La crisi del 2008-2009

Malgrado gli attentati delle Torri gemelle nel 2001 a New Yorkla crescita continuò sostenuta a causa della forte espansionedel credito e dallo sviluppo della finanza. Nel corso del 2007gli Stati Uniti sono entrati in una grave crisi creditizia eipotecaria che si è sviluppata a seguito della forte bollaspeculativa immobiliare (la nota vicenda dei mutui subprime atasso variabile) e del valore del dollaro molto basso rispettoall'euro e ad altre valute.

La crisi del 2007-2008

Dopo diversi mesi di debolezza e perdita di impieghi, il fenomeno ècollassato tra il 2007 e il 2008 causando il fallimento di banche ed entitàfinanziarie e determinando una forte riduzione dei valori borsistici e dellacapacità di consumo e risparmio della popolazione. A settembre 2008, iproblemi si sono aggravati con la bancarotta di diverse società legate alcredito ed alla finanza immobiliare, come la banca di investimentiLehman Brothers, le società di mutui Fannie Mae e Freddie Mac o lasocietà di assicurazioni AIG.

Il governo nordamericano è intervenuto iniettando liquidità per centinaiadi miliardi di dollari (800 miliardi) con l'obiettivo di salvare alcune diqueste società. Nel frattempo gli indici borsistici delle borse americane,specchio della salute dell'economia USA, sono letteralmente colati a piccocon perdite che dall'inizio dell'anno hanno superato il 40% del valore.

Variazioni del Prodotto interno lordo nella recessione del 2009

La Gran Bretagna La GB a seguito del conflitto mondiale si trovò in gravi

difficoltà e dovette chiedere un prestito di 5 miliardi di dollaria Stati Uniti e Canada. Il nuovo governo laburista (tra cuiquello di Beveridge propositore del Welfare State)nazionalizzò diversi settori (trasporti, telecomunicazioni,Banca di Inghilterra, gas, elettricità, siderurgia), istituì ilServizio Sanitario Nazionale, un programma di ediliziapubblica e di assistenza ai lavoratori.

Attraverso questi provvedimenti l’economia inglese riprese acrescere ma lentamente (a tassi del 2%) dimenticando diinvestire su ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica eproduttività.

La crisi petrolifera del 1973 fu particolarmente dura conscioperi dei minatori e conflitti sociali e il PIL in alcuni anniarretrò.

Margaret Thatcher

Da Primo ministro della GB s'impegnò per rovesciare il declinoeconomico che interessava il Regno Unito ormai da qualche decennio.In quanto filo-monetarista incrementò il tasso d'interesse per ridurrel'inflazione ed aumentò l'IVA, preferendo la tassazione indiretta aquella diretta; questi interventi colpirono soprattutto l'industriamanifatturiera, e la disoccupazione finì per raddoppiare in poco più diun anno. Nel 1982 l'inflazione tornò a livelli accettabili ed il tassod'interesse fu abbassato ma la disoccupazione aumentò di quattrovolte. LA GB riprese a crescere con tassi del 2,6%.

Nel 1979 il partito conservatorevince le elezioni e viene elettoprimo ministro la Sig. MargaretThatcher. La Thatcher rivestiràla carica di primo ministro pertre mandati fino al 1990.

Margaret Thatcher Dal 1984 Thatcher si impegnò nell'affrontare il potere dei

sindacati. Il sindacato dei minatori dichiarò lo sciopero adoltranza per opporsi alla chiusura di parecchie miniere. In alcunicasi gli scioperanti fecero azioni di picchettaggio, che laThatcher non esitò a reprimere. I metodi della polizia infattidurante lo sciopero furono molto contestati. Dopo un anno, ilsindacato fu costretto a cedere senza condizioni. Si impegnò aridurre l'intervento statale, soprattutto tramite un gran numero diprivatizzazioni e a favorire lo sfruttamento dei giacimentipetroliferi nel Mare del Nord.

In politica estera accentuò la sua ostilità nei confrontidell'Europa, opponendosi fermamente al progetto di crearel'Unione europea; la cosa provocò una prima spaccatura nelpartito. In seguito il Ministro dell'Economia e quello degli Esteriminacciarono le dimissioni e alla fine gli successe John Major.

La Francia Al termine del secondo conflitto la Francia presentava delle debolezze

strutturali anche dovute alle distruzioni dell’occupazione militare e allachiusura dell’economia. Tuttavia attraverso uno slancio nazionale sepperecuperare e riprendersi creando un clima di fiducia che diede vita alla c.d.Golden Age. La ricostruzione du realizzata in tempi record. Nel 1949 laproduzione era tornata ai livelli del 1939.

L’obiettivo fu la modernizzazione dell’economia sotto la guida dello Stato. Siprocedette ad alcune nazionalizzazioni nel quadro di una economia mista.Grazie a Jean Monnet si procedette alla pianificazione economica eall’approvazione dei piani quadriennali. L’agricoltura si modernizzò e lo Statofavorì l’apertura dell’economia verso l’esterno. La costruzione del mercatocomune europeo con Robert Schuman favorì questo processo. La crisipetrolifera convinse la Francia alla scelta del nucleare.

Successivamente si procedette attraverso fasi alterne tra nazionalizzazioni eprivatizzazioni. I governi socialisti di Mitterand favorirono nazionalizzazionispesa pubblica per rilanciare i consumi.

Fino a prima della crisi la Francia aveva un’economia prospera con unaagricoltura poderosa, un’industria ad altissimo livello con una forte presenzadello Stato e un sistema amministrativo e burocratico di alto livello.

La Germania La Germania totalmente distrutta dalla guerra rimase priva di un governo

fino al 1949. Gli Alleati, all’inizio, procedettero allo smantellamentodell’industria pesante e degli armamenti per impedire la ricostruzione delsistema produttivo che aveva portato a due guerre mondiali.

Gli Stati Uniti, il Regno Unito e l'Unione Sovietica si erano accordati aPotsdam su un ampio programma di decentralizzazione, trattando laGermania come una singola entità economica con alcuni dipartimentiamministrativi centrali. Questo piano si ruppe nel 1948, con l'inizio dellaGuerra Fredda. Le potenze occidentali erano preoccupate dal deteriorarsidella situazione economica nelle loro zone; il Piano Marshall di aiutieconomici americani venne esteso alla Germania occidentale, mentre unariforma valutaria introdusse il Marco tedesco e fermò l'inflazionemontante. I sovietici non concordarono con la riforma e si ritirarono, nelmarzo 1948, dal corpo governativo a quattro e diedero inizio al Blocco diBerlino nel giugno 1948, sbarrando tutte le vie di accesso terrestri tra laGermania Ovest e la città. Le potenze alleate replicarono con il "Ponteaereo per Berlino", un continuo rifornimento via aria della metàoccidentale della città. I sovietici posero fine al blocco dopo 11 mesi.

La Germania Il 23 maggio 1949, Stati Uniti, Gran Bretagna e

Francia cedettero la sovranità delle rispettive zonedi occupazione alla neocostituita RepubblicaFederale di Germania. Poco dopo, il 7 ottobre1949, l'URSS cedeva la sovranità della propriazona di occupazione alla neocostituita RepubblicaDemocratica Tedesca, in tedesco, DeutscheDemokratische Republik (sigla DDR).

La Repubblica Federale di Germania era alleata congli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia. Era unanazione capitalista occidentale ad economia dimercato e godette di una prolungata crescitaeconomica a seguito della riforma valutaria delgiugno 1948 e delle sovvenzioni statunitensidell'ERP, European Recovery Program (o PianoMarshall) (1948-1951).

La Repubblica Democratica Tedesca rimase alleatadell'Unione Sovietica ed entrò a far parte del Pattodi Varsavia alla sua costituzione (maggio 1955).Stato autoritario con un'economia centralizzata ditipo socialista, divenne ben presto la più ricca e piùavanzata tra le nazioni del blocco sovietico, mamolti suoi cittadini guardavano ad ovest per lalibertà politica e la prosperità economica.

La Germania Nel corso degli anni la Germania dell’ovest visse un vero e

proprio miracolo economico con tassi di crescita del 5%. Ilmodello tedesco fu ispirato alla economia sociale di mercatocon una incisiva presenza dello Stato, la cogestione nellegrandi imprese e una produzione orientata alle esportazioni.La Germania dell’Ovest si giovò altresì di un notevole flussodi immigrati sia dell’Est che da altri parti dell’Europa.

Anche la Germani dell’Est fino al 1973 conobbe tassi dicrecsita elevati e rappresentò uno dei Paesi del bloccosovietico più avanzati. L’industria fu orientata a quellapesante a discapito dei consumi.

La riunificazione Durante l'estate del 1989, dei rapidi cambiamenti ebbero luogo nella

Germania Est, che alla fine portarono alla Riunificazione tedesca. Unnumero crescente di tedeschi dell'est emigrava nella Germania Ovestattraverso l'Ungheria, dopo che gli ungheresi decisero di non usare laforza per fermarli. L'esodo generò richieste interne alla DDR per uncambiamento politico, e dimostrazioni di massa con centinaia di migliaiadi persone in diverse città – particolarmente a Lipsia – continuarono asvolgersi. Il 7 ottobre, il leader sovietico Michail Gorbačëv visitò Berlinoper celebrare il 40º anniversario della fondazione della DDR e fecepressione sulla dirigenza della DDR per perseguire le riforme, senzasuccesso.

Il 4 novembre, una dimostrazione a Berlino Est portò in piazza circa unmilione di abitanti. Infine, il 9 novembre 1989, il Muro di Berlino venneaperto e ai tedeschi dell'est venne consentito di viaggiare liberamente. Amigliaia si riversarono attraverso il muro e nella parte ovest di Berlino.

Il Cancelliere della Germania Ovest Helmut Kohl, delineò un piano in 10punti per l'unificazione pacifica delle due Germanie, basato su elezionilibere ad est e sull'unificazione delle due economie.

L’unificazione L'unione politica formale avvenne il 3 ottobre 1990,

eseguita tecnicamente – non senza critiche – tramitel'Articolo 23 della costituzione della RepubblicaFederale di Germania, come l'annessione ai cinqueLänder orientali ripristinati. Il 2 dicembre 1990,delle elezioni in tutta la Germania. La nuova nazionemantenne il nome Bundesrepublik Deutschland,utilizzava il "Deutsche Mark" della Germania Ovest,e il suo sistema legale e le istituzioni vennero estesea Est.

La Spagna La spagna non partecipò al secondo conflitto

mondiale avendo sostenuto una guerra civile con lavittoria di Francisco Franco e la dittatura.

Negli anni ’50 e ’60 la Spagna cominciò a crescerecon tassi elevati fino a raggiungere il 7,3% con unforte processo di modernizzazione.

La transizione democratica alla morte di Franco(1975) con la ricostituzione della monarchia e libereelezioni rafforzò la crescita economica suggellatacon l’entrata della Spagna nella CEE nel 1986.

Il Giappone Il Giappone si presentò al termine del secondo

conflitto mondiale totalmente distrutto. Le bombeatomiche di Hiroshima e Nagasaki furono l’epilogodel conflitto. La produzione agricola era crollata del40% e il PIL rappresentava appena il 12% di quelloamericano.

A partire dal 1950 al 1973 il Giappone ha vissuto ilsuo miracolo economico raggiungendo il PIL inglesee avvicinandosi a quello americano. Gli investimentie produttività crebbero vertiginosamente mentre ladisoccupazione scese e le esportazioni aumentaronodi ben 23 volte.

Il Giappone I fattori dello sviluppo economico:

1. La guerra di Corea e la divisione della Corea in due stati favorì ilGiappone in quanto testa di ponte per l’impegno militare americano;

2. L’espansione del commercio internazionale con le costanti esportazionigiapponesi negli Stati Uniti;

3. L’affidamento a tecnologie avanzate e a capitale umana qualificato;4. L’azione dello Stato che tenne i tassi di interesse bassi, ridusse le tasse

sugli utili e gli investimenti, favorì la creazione di cartelli e stabilìbarriere protezionistiche alle importazioni e infine la riforma agrariaridistribuendo terra ai contadini espropriandola a quelli passivi.

5. Il clima di collaborazione tra governo e imprese, tra imprese e traimprese e lavoratori che rientra nella tradizione confuciana di rispettodelle gerarchie. Si garantiva il lavoro ai dipendenti in cambio di fedeltàe sacrifici.

Il Giappone Il Giappone risentì molto meno di tutti della crisi del 1973. La

crescita rallentò ma mantenne livelli superiori all’Europa. Siprocedette ad una ristrutturazione produttiva conl’introduzione dei robot e la creazione di imprese “snelle”. Altermine, negli anni ’80, il Giappone era la seconda potenzaeconomica mondiale.

Negli anni ’90 il Giappone vive una crisi finanziaria ebancaria simile a quella attuale con speculazioni immobiliarie finanziarie che finiscono per produrre fallimenti e crisi diliquidità. La bolla scoppiò appunto nel 1990 e la borsa crollòdel 63%. Per combattere la crisi fu previsto un forteprogramma di lavori pubblici, interventi protezionistici eanche di dumping.

Solo nei primi anni del nuovo secolo il Giappone ha segnatomodesti dì segnali di ripresa.

Dall’economie pianificate all’economia di mercato

L’Unione sovietica e il blocco comunista

L’Unione sovietica L’URSS fu quella che subì i maggiori danni dal conflitto.

Dopo la guerra riprese la politica di pianificazione con ilquarto piano quinquennale. Anche l’URSS tuttavia visseperiodi di crescita con tassi intorno al 3,5%. Inoltre l’URSScostituì un cuscinetto di c.d. “Stati satelliti” dell’Europadell’Est accomunati dai regimi comunisti e da una economiapianificata.

Nacque il COMECON Consiglio di Mutua AssistenzaEconomica tra i paesi dell’Est con sede a Mosca e conl’obiettivo della cooperazione economica e il coordinamentodelle politiche di sviluppo. Fu in verità lo strumento dicontrollo delle economie da parte dei russi. In tal senso ilmalcontento fu evidente e numerose furono le rivolte contro ilcontrollo sovietico (Ungheria 1956 – Cecoslovacchia 1968).

La crisi degli anni ’70 non coinvolse i Paesi dell’Est.

I limiti della pianificazione Tuttavia i limiti della pianificazione centralizzata sovietica iniziarono a

essere evidenti. Il coordinamento tra diverse fabbriche e tra queste e gliapprovvigionamenti diventava complesso e con tempi spesso lunghi.Inoltre i piani quinquennali stabilivano obiettivi di quantità e non diqualità. Inoltre la previsione delle quantità spesso era inadeguata alleesigenze e si creavano sottoproduzioni rispetto alle esigenze. Inoltrenessuno stimolo era dato alle innovazioni tecnologiche con uncomplessivo arretramento delle produzioni.

I prezzi dei beni erano fissati e calmierati con aumento della capacità dirisparmio. La disoccupazione era inesistente in quanto a tutti era garantitoun impiego ma la produttività del lavoro era bassissima. Le fabbricheavevano un numero di lavoratori eccessivo.

L’agricoltura era molto debole in quanto i contadini preferivano dedicaremolto tempo ai piccoli appezzamenti a discapito delle aziende agricolecollettive dove erano impiegati. L’URSS non era quindi autosufficientesul piano alimentare malgrado gli ingenti investimenti.

Michail Gorbaciov Malgrado numerosi tentativi di riforma il sistema non riuscì a reggere e

solo Gorbaciev mise mano in modo radicale al sistema sovietico. Promosse la glasnost – trasparenza nella gestione del potere attraverso

forme più democratiche e la perestrojka – ristrutturazione attraverso latrasformazione del sistema burocratico, favorendo una certa iniziativaprivata e riducendo l’invasività dei funzionari del partito comunistanell’economia.

Tuttavia le riforme politiche avviate prima di quelle economiche e spessoin maniera disordinata finirono per favorire il crollo del sistema e la fortecontrapposizione tra conservatori e riformisti.

Inoltre in quegli anni il deficit del bilancio statale era fortemente cresciutoa causa sui di esigenze eccezionali (terremoto in Armenia, la centralenucleare di Chernobyl) sia per il mantenimento di un apparato produttivoinefficiente.

Le riforme introdotte e una minima liberalizzazione dei prezzi crearonoinflazione e disoccupazione con un crescente malcontento tra lapopolazione e l’inizio della fine.

Il crollo dei regimi comunisti Nei Paesi dell’Est il comunismo e l’economia pianificata non erano

riusciti a migliorare le condizioni di vita della popolazione e giàesistevano timide riforme di economia di mercato sia nell’agricolturache in altri settori (Polonia, Ungheria).

Le riforme avviate da Gorbaciov favorirono le forse di cambiamentonei vari paesi a cominciare dalla Polonia (Solidarnosc), Ungheria eCecoslovacchia. L’anno del cambiamento fu il 1989.

La fine dei regimi comunisti fu segnato dal crollo del Muro di Berlinoil 9 novembre 1989. Tutti i regimi comunisti caddero sotto la pressionepopolare. Alcune in modo pacifico (Bulgaria) altre con rivolte(Romania). La fine della Jugoslavia con la secessione di Slovenia eCroazia (1991) diede vita al conflitto nei Balcani.

Le riforme in URSS di Gorbaciov, dopo un fallito colpo di stato,portarono allo scioglimento dell’Unione Sovietica (1991) e alla nascitadi 15 repubbliche indipendenti.

La Comunità degli Stati Indipendenti «CSI» è unaconfederazione composta da nove delle repubbliche dell'exUnione Sovietica.

Armenia,Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan,

Turkmenistan, Uzbekistan, Georgia (ritirata nel 2009), Ucraina (ha dichiarato il ritiro)

La transizione al capitalismo La transizione all’economia di mercato fu lunga e difficile. Il passaggio da

un’economia pianificata a una di mercato non era mai stato sperimentato innessuna economia del mondo. Tra il 1990 e il 1998 il PIL della Russia diminuìdel 7%.

La conversione della più grande economia controllata dallo Stato in economiadi mercato sarebbe stata enormemente difficoltosa senza riforme politiche. Gliobiettivi da perseguire al fine di affrontare tale transizione furono individuati in(1) liberalizzazione, (2) stabilizzazione e (3) privatizzazione. Tali politiche eranobasate sul neoliberista "Washington Consensus" di IMF, Banca Mondiale eDipartimento del Tesoro statunitense.

I programmi relativi alla liberalizzazione e alla stabilizzazione dell'economiarussa furono gestiti da una c.d. "terapia shock". Nel 1992 si sancì laliberalizzazione dei commerci con l'estero, dei prezzi e della concorrenza. Irisultati della liberalizzazione, abbassando i controlli sui prezzi, portaronotuttavia a un'inflazione incontrollabile (aggravata dal fatto che la Banca Centraledecise di stampare nuova cartamoneta per finanziare il debito accumulato) e laprossima bancarotta di molte imprese russe, il cui modello di produzione erainadeguato a confrontarsi con il libero mercato globale.

La transizione al capitalismo Il processo di liberalizzazione comportò vincitori e perdenti.

Alcuni trassero dei benefici dall'aprirsi del paese allaconcorrenza, per altri fu la rovina. Tra i vincitori c'era lanuova classe di imprenditori (alcuni dei quali dediti almercato nero) che si erano formati durante la perestrojka. Mala liberalizzazione dei prezzi comportò per gli anziani e percoloro che avevano uno stipendio fisso un drastico calo dellostile e della qualità di vita.

La stabilizzazione si concretizzò in un duro regime diausterity (una severa e inflessibile politica monetaria efiscale). Il governo lasciò lievitare gran parte dei prezzi alconsumo, alzò sensibilmente i tassi di interesse, elevòdrasticamente il carico fiscale dei contribuenti e tagliòrecisamente sia ogni sussidio alle industrie e alle impresestatali che la spesa sociale.

La transizione al capitalismo Alla fine degli anni ’90 l’economia russa ha ripreso a crescere con tassi

del 7,4% riportandosi ai livelli del 1990. Ciò è stato possibile grazie aigrandi giacimenti di petrolio e gas e quindi allo sfruttamento delle materieprime. Lo Stato ha inoltre conservato alcune grandi industrie (vediGazprom) e ha ridimensionato le privatizzazioni. Malgrado la fortecrescita, soprattutto nella regione di Mosca, il PIL della Russia è il 29% diquello americano.

Anche l’Ucraina, dopo diverse riforme economiche e politiche, ha ripresoa crescere.

La transizione al capitalismo da parte dei Paesi dell’Est è stata molto piùgraduale e in presenza di economia che comunque avevano mantenutoalcuni caratteri di mercato. Fu comunque necessario ricostruire l’apparatoindustriale e bancario. L’entrata nell’Unione Europea nel 2004 e nel 2007ha rafforzato i processi di transizione al mercato. Negli ultimi anni lacrescita di questi Paesi è stato molto sostenuta (3-4%).

Il caso cinese L'economia cinese è la seconda maggiore

economia al mondo per PIL (nominale)prodotto, alle spalle degli Stati Unitianche se il PIL (nominale) pro capite ènovantasettesimo (2013).

L’impero cinese della dinastia Quingtermina dopo due guerre civili fra inazionalisti filoamericani di Chiang Kai-shek (o Jiang Jie-Shi) e i comunistidi Mao Tse-tung (o Mao Zedong) (1927-1937 e 1945-1949), intervallatedall'invasione giapponese (1937-1945),termineranno con la proclamazione dellaRepubblica Popolare Cinese di Mao, il 1ºottobre 1949, e della Repubblicanazionale cinese nell'isola di Formosa.

Il caso cineseDalla nascita dellaRepubblica Popolare, nel1949, il governo socialistaportò avanti un modello dieconomia pianificata instile sovietico.L'agricoltura vennecollettivizzata e lapianificazione centraleavvenne attraverso ladefinizione di Pianiquinquennali.La Costituzione cinese finoal 2004 non riconosceva laproprietà privata.

Il caso cinese Dopo la morte di Mao (1976), il controllo del Partito Comunista

Cinese fu preso da Deng Xiaoping, che fu il principale fautore dellacosiddetta apertura della Cina al mondo occidentale: miglioròinfatti le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, ma soprattuttonel 1978 avviò la Cina alla c.d. economia socialista di mercato, unsistema economico che avrebbe avvicinato l'economia cinese almodello capitalista, sostituendo gradualmente la pianificazionecentralizzata con un'economia liberale di mercato.

Deng avviò al contempo il programma delle "QuattroModernizzazioni" (agricoltura, industria, scienza e tecnologia,apparato militare). Le terre non furono mai riprivatizzate, maaffidate ai contadini con contratti di usufrutto pluridecennale, ilcontrollo centralizzato sui prezzi fu allentato, e venne incoraggiatala creazione di nuove imprese attraverso la liberalizzazione dialcuni settori e l'apertura agli investimenti esteri

Il caso cinese Il forte sviluppo economico cinese degli ultimi tre decenni si è basato

in larga parte sulla grande quantità di manodopera a basso costoreperibile, che ha attirato la delocalizzazione produttiva di molteimprese occidentali e giapponesi. La delocalizzazione è stataincoraggiata anche da un crescente livello delle infrastrutture e deitrasporti, da una politica governativa favorevole e, a detta di alcuni, dauna svalutazione competitiva dello yaung (Remnbi).

L'enorme sviluppo economico ha trascinato milioni di cinesi fuori dallapovertà: nel 2009 circa il 10% della popolazione viveva con meno di 1dollaro al giorno, rispetto al 64% del 1978. L'aspettativa di vita è salitaa 73 anni. La disoccupazione nelle città alla fine del 2007 era scesa al4%, mentre la disoccupazione media si attesta attorno al 10%. Alcontempo sono cresciuti notevolmente sia la fetta di popolazioneappartenente al ceto che i super ricchi. Tuttavia la crescita economica siè concentrata nelle regioni industrializzate del sud-est, contribuendo adallargare la disparità di reddito tra le diverse regioni della Cina.

Le disuguaglianze tra le nazioni L’eccezionale sviluppo delle economie occidentali ha

rafforzato il divario tra paesi ricchi e paesi poveri del mondo. Solo Stati Uniti e Europa rappresentano la gran parte della

ricchezza mondiale. L’Africa arriva ad appena il 5%. La suddivisione del mondo in Nord e Sud, in funzione del suo

sviluppo economico sociale e l'uso di questi termini per unadescrizione geopolitica venne usata pubblicamente per laprima volta da Willy Brandt, nel titolo del rapporto dellacommissione da lui presieduta sullo sviluppo internazionale,ed oggi fa parte del linguaggio delle Nazioni Unite.

Le disuguaglianze tra le nazioni Il sottosviluppo è una condizione di arretratezza sociale ed

economica in cui vive la popolazione di un paese rispetto aipaesi con sistemi economici più avanzati. I paesi poverisottosviluppati o in via di sviluppo, nelle analisi geopolitiche,erano inizialmente raggruppati nel c.d. Terzo mondo,contrapposto al Primo mondo, i paesi industrializzati adeconomia capitalista, e al Secondo mondo, i paesi a economiapianificata dell’Europa socialista.

Nel 1989, la caduta del Muro di Berlino, determinò la fine delvecchio assetto geopolitico, con la scomparsa del Secondomondo. Non essendo più evidente una tripartizione in paesicon situazioni economiche diverse, il termine Terzo mondocadde in disuso e, per parlare dei paesi poveri in via disviluppo, si preferì parlare di Sud del mondo, riferendosi allaposizione geografica della maggior parte di essi.

Le disuguaglianze tra le nazioni Si considerano come facenti parte del Sud del

mondo, tutta l’Africa, l’America Latina, l’Americacentrale, l’India, il Sud-est asiatico e molti paesi delmedio ed estremo Oriente. All’interno di tali paesisono distinguibili due tipi di Paesi sottosviluppati:quelli con risorse e quelli senza. I primi hannomaterie prime all’interno del proprio paese, chepotrebbero permettere uno sviluppo economico; isecondi, non avendo né capitali, né risorse, hannominima possibilità di sviluppo autonomoindipendente.

Human Development Index (HDI)Per avere un quadro più preciso del grado disviluppo di un paese, nel 1990 l’ONU ha introdottol’Isu, l'Indice di sviluppo umano, che si ottiene dallacombinazione di tre dati: la speranza di vita allanascita, il reddito procapite e il tasso dialfabetizzazione.

Tuttavia, esistono casi che non obbediscono a questaregola statistica. A conferma del fatto che il Redditomedio pro-capite non è sufficiente a descrivere lecondizioni di sviluppo.

http://www.worldbankgroup.org/

La decolonizzazione Come avvenne per i Paesi dell’America latina nel secolo XIX così nel

secolo XX i Paesi dell’Asia e dell’Africa ottennero l’indipendenza sullabase della Carta delle Nazioni Uniti (1945). Dopo la seconda guerramondiale le potenze europee che avevano costituito i loro imperi colonialiin Africa e Asia non furono più in grado di mantenerne il controllo, infattiil conflitto mondiale aveva indebolito i francesi e i britannici cherappresentavano le maggiori potenze coloniali. Inoltre tra le due guerreerano sorti i primi movimenti o partiti nazionalisti, che aumentarono ladiffusione del sentimento nazionale e del desiderio di indipendenzastimolato dalla lotta al nazifascismo in difesa della democrazia.

Il processo di decolonizzazione durò circa quarant’anni: in alcuni casil’indipendenza fu raggiunta per via pacifica, con trattative tra lamadrepatria e i gruppi dirigenti locali; un esempio di questo tipo didecolonizzazione è stata la Gran Bretagna, che avviò gradualmenteall’indipendenza le colonie, trasformando l’impero nel Commonwealth. Inaltri casi avvenne per via violenta con una guerra di liberazione, ed unesempio è la Francia che oppose dura resistenza ai movimenti diliberazione (Algeria e Indocina).

La decolonizzazione

La decolonizzazione La prima nazione a conseguire l’indipendenza fu l’INDIA.

Seguirono Birmania, Indonesia, Vietnam, Cambogia, Laos e iPaesi dell’africa settentrionale. Introno agli anni ’60 fu lavolta dell’Africa nera. Il Portogallo, dopo un lungo conflittoarmato, rinunciò nel 1975 a Mozambico e Angola.

Fattore decisivo per lo smantellamento degli imperi colonialifu la pressione degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica.Infatti i due vincitori del secondo conflitto mondiale eranocontrari al colonialismo. Entrambe le superpotenze in realtàavevano l’obiettivo di allargare le loro zone d’influenza efecero pesare in seguito la loro egemonia economica epolitica nei paesi dell’Africa e dell’Asia.

Le strategie di sviluppo dei PVS I Paesi in Via di Sviluppo provarono a attuare delle strategie

di sviluppo avendo come modelli il sistema dellapianificazione economica e l’economia di mercato.

Elemento significativo fu l’intervento dello Stato attraverso lanazionalizzazione di interi settori produttivi (servizi pubblici,banche, distribuzione dei prodotti, ect..) e l’adozione dimisure protezionistiche.

Le politiche di sviluppo furono orientate o:- Alla sostituzione delle importazioni con produzioni localiincentivando l’industria locale (Argentina, Brasile, Messico);- Alla promozione delle esportazioni con produzioni ad altocontenuto tecnologico (Malaysia, Taiwan, Thailandia, India,Indonesia) e che divennero i c.d. Paesi di NuovaIndustrializzazione (Newly Industrializing Countries NIC)

Le strategie di sviluppo dei PVS Un elemento comune fu il ricorso ai Debiti esteri sotto forma di Aiuti

(prestiti dei governi stranieri) o di Prestiti bancari da banche estere. L’abbondanza di denaro, depositato nelle principali banche internazionali,

dovute ai c.d. petrodollari, causò un abbassamento dei tassi di interesse. Aquesto si accompagnò anche una notevole inflazione, dovuta all'aumentodei costi di produzione per il caro-petrolio. La combinazione di tassid'interesse bassi e di inflazione alta portò ad un tasso d'interesse realenegativo. Con questa condizione, addirittura redditizia per chi s'indebita,ci fu una vera e propria corsa dei paesi del Sud del mondo a contrarredebiti con le banche occidentali. Le banche non avevano interesse a tenereferme grandi quantità di denaro liquido e così approvarono enormi prestitiai PVS senza interessarsi di come questo denaro sarebbe stato speso né dicome sarebbe stato restituito.

Il denaro in parte fu usato nel tentativo di migliorare il livello di benesseredei paesi del Terzo Mondo, ma gran parte di esso finì direttamente suiconti bancari dei dittatori locali, largamente sponsorizzati dai paesioccidentali

Le strategie di sviluppo dei PVS Nel 1978-79 i tassi di interesse iniziarono a crescere. Nel 1982 il Messico, oppresso dall'insostenibilità del debito, dichiarò

l'insolvenza. Si temette allora che la sfiducia nel sistema bancariopotesse provocare una crisi simile a quella del 1929 e quindi il ritirosimultaneo del denaro dalle banche. Per evitare ciò i governi dei paesiindustrializzati, il FMI e la Banca Mondiale decisero di concedereprestiti ai paesi debitori, a condizione che questi attuassero lecosiddette "politiche di aggiustamento strutturale": quindi, in un certosenso, gli stati debitori "pagarono" parte dei loro interessi limitando laloro sovranità. Si verificò quindi un passaggio, a volte parziale,dall'indebitamento verso privati a indebitamento verso governi ed entipubblici.

Queste "riforme strutturali" imposero misure tali da garantire larestituzione del prestito ma anche spesso resero l'economia internafacile preda dei capitali stranieri e dello sfruttamento da parte dicompagnie multinazionali delle risorse locali.

Le strategie di sviluppo dei PVS Le politiche strutturali furono improntate alla

liberalizzazione e alla privatizzazione di interi settoridell’economia. Tutto ciò ha creato situazionidifferenziate di rafforzamento di investimenti esterima anche di forte competizione di settori produttivitroppo deboli per reggere la concorrenza dei Paesiindustrializzati con evidenti problemi sociali eoccupazionali.

Negli ultimi decenni la globalizzazione ha coinvoltoi PVS. Alcuni di questi ne hanno tratto dei beneficidovuti ai nuovi flussi di investimenti esteri e allerimesse degli emigrati.

L’India L’indipendenza dell’India arrivò in

un clima di forte instabilità politicaed economica che durò almenofino alla nascita della Costituzione,nel 1950. Inoltre l’indipendenzaporta alla nascita dell’India aprevalenza induista, e al Pakistan aprevalenza mussulmana, concontinui contrasti tra i due paesi acausa della regione del Kashmir.

L’India A caratterizzare la storia dell’India indipendente, fino alla fine degli anni

Ottanta, fu la presenza di un sistema politico-economico e di un’ideologiadotati di tratti particolari: la democrazia politica; la presenza di un partito politico dominante caratterizzato da una vivace

democrazia interna; il prevalere dell’ideologia laica; un sistema economico contraddistinto dall’intervento dello stato e dal

protezionismo.

Alcuni di questi elementi furono in tutto o in parte un’eredità del periodocoloniale; altri furono una più diretta espressione delle convinzioni personali edell’azione politica del primo ministro Nehru. Ma fu solo dal 1991 che ilsistema nehruviano venne meno, sia pure con la cruciale eccezione dellademocrazia politica. Da quel momento iniziò una fase di liberalizzazioni,deregolamentazioni e di riduzione dell’intervento dello Stato nell’economia.

L’India La politica di Nehru si articolò in tre punti chiave: (1) il potenziamento

dell’intervento statale in economia, non solo aumentando il numero disettori economici di esclusiva competenza dello stato, ma soprattuttoponendo con molto rilievo l’obiettivo di creare a tappe forzatel’industria pesante di base. (2) una radicale ristrutturazione del mondorurale che si concludesse in tempi brevi con la socializzazionedell’agricoltura. (3) il protezionismo dell’industria per assicurare lacrescita dell’industria locale rispetto alla concorrenza estera.

I risultati degli investimenti nell’industria pesante avrebbero portato adun aumento della disponibilità di beni di consumo solo nel lungotermine. La politica di sviluppo voluta da Nehru ebbe quindi una seriedi limiti. Il fallimento più evidente fu la distribuzione della ricchezza,lungi dall’assumere un aspetto più egalitario, favorì in manieracrescente una minoranza della popolazione. Ancor più importante fu ilfatto che lo sviluppo pianificato relegò l’istruzione di base al ruolo diCenerentola.

L’India Dopo Nehru, Indira Gandhi, nazionalizzò il sistema

bancario, con l’opportunità di orientare il credito afavore della piccola industria e, soprattutto, delsettore rurale.

Ma è a partire dal 1991 che l’India conosce unperiodo di riforme di liberalizzazione ederegolamentazione dell’economia nonché laprivatizzazione di interi settori di proprietà pubblica.Da allora inizia un percorso ininterrotto di crescitaeconomica con tassi del 6-9%. Tuttavia ancora iproblemi legati all’uguaglianza e alla distribuzionedella ricchezza sono fortemente evidenti.

Le tigri asiatiche Le tigri asiatiche è il nome che è stato attribuito verso la fine

degli anni novanta principalmente a 4 paesi asiatici per via delloro ininterrotto sviluppo degli ultimi decenni, anche se questotermine si può riferire alla maggioranza dei mercati in rapidacrescita nell'estremo oriente. Il termine di Quattro Dragoni è statospesso usato come sinonimo di tigri asiatiche e si riferisce allestesse quattro nazioni. Questi paesi sono: Hong Kong, Singapore,Taiwan, Corea del Sud.

La definizione di tigri asiatiche con l'uso arrivò a comprendere unpo' tutte le economie emergenti del Sud Est asiatico. Talvolta allequattro economie emergenti maggiori dell'area venivanoaffiancate le così dette "Tigri minori" o "piccole tigri" ovvero altriquattro stati: Malaysia, Indonesia, Thailandia, Filippine.

La tigri asiatiche Nonostante la distanza in termini economici dalle maggiori

economie dell'area, ma tuttavia grazie al loro sviluppo neglianni novanta che le allontano dall'economia di purasussistenza, anche il Vietnam e la Cambogia saltuariamentevenivano incluse nella definizione di tigri asiatiche.

Negli anni ’90 alcune di queste economie hanno vissuto unaforte crisi a seguito di un processo troppo accelerato diliberalizzazione dei mercati finanziari e creditizi, pocatrasparenza nelle transazioni bancarie e speculazionifinanziarie.

L’Asia

I GRUPPI OMOGENEI Le Tigri asiatiche I Paesi del Medio Oriente I Grandi Stati in via di

sviluppo (Cina, India) I Paesi in ritardo di

sviluppo

L’America Latina La crisi del ’29 colpì pesantemente l’America Latina e la ripresa fu lenta grazie

solo ai consumi interni e all’intervento dello Stato. Inoltre gli Stati latino-americani perseguirono una politica protezionistica. Furono nazionalizzati settoristrategici dell’economia (minerario, servizi finanziari, ect..) e le politiche disviluppo furono orientate alla sostituzione delle importazioni. Malgrado ciò irisultati dell’industria furono modesti. Anche nel settore dell’agricoltura le riformeagrarie non riuscirono a rendere competitiva l’agricoltura.

Gli effetti negativi di queste politiche furono il deterioramento delle finanzepubbliche e l’inflazione. La situazione peggiorò infatti negli anni ’70. Il continuoindebitamento e l’aumento dei tassi di interesse rese insostenibile il debito estero.Nel 1982 il Messico dichiarò l’insolvenza con la fuga dei capitali esteri e il crollodegli investimenti.

A seguito di ciò furono avviate politiche di liberalizzazione e privatizzazione diinteri settori dell’economia. Le imprese pubbliche furono cedute a capitali localied esteri che spesso però preferirono investimenti speculativi piuttosto che dilungo termine. Il mercato azionario fu infatti caratterizzato da periodo alterni dieuforia o panico. Le politiche populistiche di deficit spending portarono ad unaumento dell’indebitamento e della stampa di nuova moneta con la crescitadell’inflazione e/o dlel’iperinflazione.

L’America Latina Negli ultimi decenni la politica protezionistica dei Paesi latino-americani è stata

abbandonata a favore di politiche di apertura al commercio internazionale.L’adesione al WTO a agli accordi GATT ha favorito l’apertura del commercio conl’aumento della loro quota di traffici.

Nel 1995 è stato costituito il MERCOSUR (Argentina, Brasile, Uruguay,Paraguay) a cui recentemente si è aggiunto il Venezuela.

L'economia sudamericana è stata caratterizzata in questi ultimi decenni da unabassa crescita e una bassa competitività rispetto ai ben più dinamici mercatiemergenti di Cina e India. Tuttavia a partire dal 2004 si è verificato un enormeaumento della crescita del PIL e anche della competitività. In America latina visono enormi differenze regionali e un'accentuata disparità nella distribuzione delreddito. La maggior parte della ricchezza è concentrata nelle mani di unaminoranza della popolazione, mentre milioni di individui sperimentano livelli diprivazione che raggiunge, in casi estremi, la povertà assoluta. Il divarioeconomico tra ricchi e poveri è considerata superiore rispetto alla media dei paesidegli altri continenti. In Venezuela, Paraguay, Bolivia e molti altri paesisudamericani, il 20% della popolazione più ricca detiene più del 60% dellaricchezza nazionale, mentre il 20% della popolazione più povera ne possiedemeno del 5%.

L’America Latina Questa realtà però non è omogenea in tutto il

Sudamerica: esiste infatti un gruppo di paesichiamati “del Cono Sud” (Argentina, Brasilemeridionale, Cile e Uruguay), che presentanoindicatori socio-economici più positivi e tassi piùelevati di sviluppo umano, tali da classificarli nellacategoria degli stati più sviluppati. I fattori cheostacolano la crescita dell'economia sudamericanasono la classe dirigente che sostiene lo status quo,le interferenze politiche di altri paesi occidentali ela minore competitività rispetto ai principalicompetitori (in primis la Cina).

L'economia sudamericana è ripartita tra leestrazioni minerarie della regione amazzonica el'agricoltura presente in quasi tutti i paesi.L'industrializzazione è ad un livello medio in varieregioni, anche se è molto forte la presenza digruppi multinazionali. L'estrazione e l'esportazionedi petrolio è importante in Venezuela, che possiedealcune delle più grandi riserve mondiali. LaBolivia si distingue per la produzione di gasnaturale.

L’Africa L’economia dell’Africa è per certi versi difficile da descrivere. Delle 54 nazioni che

formano il continente 25 appaiono tra i paesi più poveri della terra. Allo stessotempo, alcune nazioni hanno livelli di vita paragonabili a quelli occidentali(Sudafrica, Botswana). Non bisogna poi dimenticare che alcuni paesi dove lapopolazione ha un livello di vita estremamente basso, sono ricchi di risorseminerarie.

Le ragioni della povertà di molti paesi africani sono molte e complesse. Ilcolonialismo, prima, e il processo di decolonizzazione poi, hanno bloccato losviluppo naturale delle società africane, hanno spesso fatto retrocedere i processiproduttivi, hanno creato barriere al libero movimento di persone e cose. I primigoverni indipendenti hanno inoltre ceduto al dispotismo e alla corruzione rampante,aggravando la situazione e impedendo l’utilizzo delle risorse, spesso ingenti, cheavrebbero potuto dare una forte spinta allo sviluppo economico. Alcuni economistifanno inoltre notare che i processi di miglioramento economico hanno una partetecnologica facilmente acquisibile, mentre il fattore umano richiede invece tempilunghi per l’assimilazione e il mutamento. L’Africa non avrebbe avuto ancora iltempo di assimilare processi culturali tali da favorire uno sviluppo rapido.

L’Africa Con l’avvento delle indipendenze, vi era la speranza che le nuove nazioni africane

potessero giungere presto all’autosufficienza. Questo non è avvenuto, si è vistoanzi proprio il contrario. Senza un parco industriale moderno ed efficiente, conun’agricoltura per lo più votata a coprire il fabbisogno locale, con una crescitademografica senza precedenti, le economie africane sono di fatto retrocesse. Nel1970, secondo i calcoli della Banca Mondiale, il 10% dei poveri del mondovivevano in Africa. Nel 2000 questi erano cresciuti al 50%. Nello stesso periodo lacrescita degli introiti medi è stata negativa (-200 US$ per anno).

I paesi africani si sono fortemente indebitati, incoraggiati dalle istituzionifinanziarie controllate dall’ONU. I fondi non sono stati investiti per lo sviluppo, onon hanno dato i risultati sperati. Agli inizi degli anni 1990 era ormai chiaro che ipaesi africani non erano in grado di ripagare i debiti e che il servizio del debitostava bloccando la crescita dei vari paesi. Negli ultimi anni, vari paesi africani sisono visti condonare il debito verso la Banca Mondiale e verso alcuni paesioccidentali (Club di Parigi). Tuttavia la situazione rimane comunque difficile dagestire.

L’Africa: le cause del sotto sviluppo

Cause geografiche: Le barriere geografiche – il più grande e caldo deserto e la secondapiù grande foresta tropicale del mondo sono in Africa – impediscono il liberomovimento di beni e servizi.

Cause legate alla salute: La vastità dell’infezione HIV/AIDS, la difficoltà di superare ilproblema posto da malaria e tubercolosi, la poca disponibilità di personale medico edinfermieristico preparato al di fuori delle grandi zone urbane.

Cause storiche: La spartizione dell’Africa tra le potenze europee ha gravemente influitosulla mancanza di sviluppo. Molti popoli sono stati divisi fra due-tre stati. Si sonodisturbate le linee di commercio sviluppatesi negli anni e si sono anche introdotte letensioni etniche.

Le economie locali sono state organizzate verso l’esportazione di materie prime, e nonsulla loro trasformazione per la vendita di un prodotto finito. Sulla stessa linea, laproduzione di monoculture – sviluppo imposto in epoca coloniale- cotone in AfricaOccidentale, caffè e tè in Africa Orientale, hanno esposto i paesi produttori ai capricci dimercato.

Cause locali: come i processi decisionali e la disponibilità delle forze politiche arispettare la legislazione.

L’aumento demografico. Guerre: Negli ultimi 15 anni, si sono combattute più guerre in Africa che non nel resto

del mondo.

L’Africa