LEZIONI DI DIRITTO PENALE · LEZIONI DI DIRITTO PENALE (DOTT. CARRA) (Possibile testo consultabile...

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LEZIONI DI DIRITTO PENALE (DOTT. CARRA) (Possibile testo consultabile è il “Manuale di diritto penale” di Cadoppi e Veneziani casa editrice CEDAM) Il diritto penale rappresenta una branca delle regole che disciplinano i rapporti tra gli individui. L’esigenza di regolamentazioni ha dato vita al diritto, che è un insieme di norme giuridiche. Le norme giuridiche sono precetti: ordini o divieti. I diritti si dividono in: TRIBUTARIO, UBBLICO (organizzazioni degli organismi sopraindividuali e dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione) e infine SOCIETARI (branca del diritto civile). Il diritto penale è caratteristico del fatto che le norme di cui si compone hanno una incisività diversa rispetto a tutte le altre norme, perché prevedono sanzioni decisamente gravi. La norma si può suddividere in Precetto (imperativo di non omettere o di non fare) e in Sanzione (ovvero la prevista punizione). Ad esempio l’art. 575 c.p. (Omicidio): Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Ancora l’art. 423 c.p. (Incendio): Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni. La disposizione precedente si applica anche nel caso d’incendio della cosa propria, sa dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica. I divieti ci sono anche nel diritto civile, ad esempio alla conclusione di un contratto, dal quale ne derivi un inadempimento di una clausola dello stesso è prevista una sanzione meramente risarcitoria (sanzione pecuniaria). Nel caso invece delle norme penali la sanzione si caratterizza per la gravità, infatti viene detta PENA, che sarebbe la limitazione in via diretta o indiretta della libertà personale. Per quanto riguarda la forma diretta la norma menzione in maniera esplicita la reclusione, che il Giudice deve comminare all’imputato, per accertata violazione. La forma indiretta si ha invece nel momento in cui venga applicata sanzione pecuniaria in via esclusiva o aggiuntiva.

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  • LEZIONI DI DIRITTO PENALE (DOTT. CARRA)

    (Possibile testo consultabile è il “Manuale di diritto penale” di Cadoppi e Veneziani casa

    editrice CEDAM)

    Il diritto penale rappresenta una branca delle regole che disciplinano i rapporti tra gli

    individui. L’esigenza di regolamentazioni ha dato vita al diritto, che è un insieme di norme

    giuridiche. Le norme giuridiche sono precetti: ordini o divieti.

    I diritti si dividono in: TRIBUTARIO, UBBLICO (organizzazioni degli organismi

    sopraindividuali e dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione) e infine SOCIETARI

    (branca del diritto civile).

    Il diritto penale è caratteristico del fatto che le norme di cui si compone hanno una

    incisività diversa rispetto a tutte le altre norme, perché prevedono sanzioni decisamente

    gravi.

    La norma si può suddividere in Precetto (imperativo di non omettere o di non fare) e in

    Sanzione (ovvero la prevista punizione).

    Ad esempio l’art. 575 c.p. (Omicidio): Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con

    la reclusione non inferiore ad anni ventuno.

    Ancora l’art. 423 c.p. (Incendio): Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione

    da tre a sette anni. La disposizione precedente si applica anche nel caso d’incendio della

    cosa propria, sa dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica.

    I divieti ci sono anche nel diritto civile, ad esempio alla conclusione di un contratto, dal

    quale ne derivi un inadempimento di una clausola dello stesso è prevista una sanzione

    meramente risarcitoria (sanzione pecuniaria).

    Nel caso invece delle norme penali la sanzione si caratterizza per la gravità, infatti viene

    detta PENA, che sarebbe la limitazione in via diretta o indiretta della libertà personale.

    Per quanto riguarda la forma diretta la norma menzione in maniera esplicita la reclusione,

    che il Giudice deve comminare all’imputato, per accertata violazione.

    La forma indiretta si ha invece nel momento in cui venga applicata sanzione pecuniaria in

    via esclusiva o aggiuntiva.

  • Per quanto riguarda il traffico di stupefacenti vengono annoverate sia pene detentive che

    pecuniarie.

    La multa o ammenda legittimano lo Stato, in caso di inadempimento, a recludere lo stesso

    trasgressore per un periodo proporzionale alla entità della pena (ovviamente si tratta della

    limitazione di libertà personale, ovvero la libertà controllata).

    Norme penali si possono trovare anche nel codice civile, nel D.Lvo 152/06, etc.

    La differenza fondamentale tra la sanzione amministrativa e la multa è appunto la

    cumulabilità delle sanzioni senza prevista privazione della libertà.Le condotte assunte in

    violazione delle norme assumono il termine di REATO.

    Il reato va quindi sezionato in tutte le sue componenti.

    I principi costituzionali che disciplinano il diritto penale sono collocabili nel contesto delle

    norme costituzionali.

    Non tutte le norme hanno la stessa dignità, perché vanno collocate in una scala gerarchica.

    Tra l’art. 1 della Costituzione Italiana e l?ordinanza Sindacale del Comune di Fidenza c’è

    una notevole differenza di portata.

    La Costituzione Italiana si divide in due parti:

    1. principi fondamentali, ovvero diritti e doveri dei cittadini;

    2. organizzazione strutturale dello Stato italiano, ovvero tutte le figure costituzionali

    come il Presidente della Repubblica, il Parlamento; sono anche annoverate le

    modalità di esecuzione.

    Per ciò che concerne il diritto penale abbiamo determinate norme costituzionali dirette

    all’Autorità Giudiziaria, cioè dettano i principi ai quali il diritto penale deve ispirarsi.

    Il meccanismo di espulsione della norma incostituzionale prevede il vaglio della stessa da

    parte della Corte Costituzionale.

    L’art. 27 della Costituzione dice che : La responsabilità penale è personale. L’imputato non

    è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in

    trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del

    condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari

    di guerra.

    Nel diritto civile l’erede che accetta il testamento e l’eredità del de cuius, ne accetta anche

    i debiti.

    Il proprietario di un bene usato per cagionare danni risponde delle condotte di terzi dal

    punto di vista civile.

  • PRINCIPI COSTITUZIONALI:

    ⇒ Principio di legalità art. 25 2° comma Cost.: Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una

    legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere

    sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

    Esistono diverse fonti di Norma Giuridica. L’art. 25 fa riferimento solamente alle Leggi

    Nazionali, ovviamente ciò è riferito al diritto penale.

    Solamente il legislatore e cioè il Parlamento è autorizzato ad emanare leggi penali, in

    quanto unico organo eletto direttamente dai cittadini italiani e a rappresentanza diretta.

    Il principio di legalità comporta il corollario della riserva di legge.

    Il livello più basso della gerarchia delle fonti è occupato dalla CONSUETUDINE, ovvero la

    regola che si forma senza una rilevanza scritta, ma viene ugualmente ritenuta obbligatoria

    dai consociati, perché reiterata nel tempo.

    In particolari settori la prassi viene acquisita come norma, utilizzata per dirimere questioni

    che non siano penali. In particolar modo può risultare utile per accertare questioni inerenti

    la proprietà di un bene.

    Esiste una eccezione riguardo la possibilità di legiferare, ovvero in particolari situazioni di

    urgenza anche il Governo Italiano è autorizzato a legiferare.

    La separazione dei Poteri è così distinta:

    ⇒ IL POTERE LEGISLATIVO appartenete al Parlamento;

    ⇒ IL POTERE ESECUTIVO esercitato dal Governo;

    ⇒ IL POTERE GIUDIZIARIO esclusivo del sistema Giudiziario. I provvedimenti esecutivi emanati dal Governo, ovvero dai diversi Ministri ai vertici dei

    Dicasteri, danno vita alle norme.

    Anche il potere esecutivo ha la possibilità di legiferare con alcuni provvedimenti di legge,

    ovvero i DECRETI LEGGE e i DECRETI LEGISLATIVI, questi ultimi on creano alcun

    problema di costituzionalità, perché sono un adempimento del potere esecutivo ad una

    delega del Parlamento.

    Ad esempio il c.p.p. e alcune leggi penali speciali sono veri e propri decreti legislativi. Il

    Parlamento attraverso la legge delega indica i principi ai quali si deve ispirare il potere

    esecutivo nel disciplinare una determinata materia.

    Se il Governo non seguisse le regole dettate dal Parlamento incorrerebbe in un “eccesso

    di delega”.

  • Il DECRETO LEGGE è emanato dal Governo ed entra in vigore immediatamente ai sensi

    dell’art. 77 Cost.: Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti

    che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e

    d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con

    forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche

    se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti

    perdono efficacia sin dell’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla

    loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti

    sulla base dei decreti non convertiti.

    Il D.L. è una norma provvisoria e immediata, che necessita di conversione in legge entro

    sessanta giorni dalla sua emanazione, altrimenti cessa di avere efficacia ex nunc.

    PRINCIPIO DI LEGALITÁ RISERVA DI LEGGE ASSOLUTA o RELATIVA.

    Nei Paesi anglosassoni (Common Law) la legge si forma attraverso il precedente.

    Spesso il Parlamento si trova nella necessità di prevedere una determinata

    regolamentazione attraverso principi guida, quindi i diversi aspetti applicativi vengono

    delegati ai Ministri competenti per materia, ovvero il Parlamento legifera solamente per

    quanto si attiene alla norma penale.

    In ultima istanza vi è la Corte di Cassazione impegnata nel dare uniformità

    all’interpretazione delle leggi.

    La riserva di Legge Assoluta viene rispettata nel momento in cui prevede sia il precetto

    che la sanzione.

    La riserva di Legge Relativa demanda ad organo diverso il precetto.

    Esempio l’art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità) c.p.: Chiunque non

    osserva un provvedimento dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica

    o d’ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto

    fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro. (Articolo che presenta seriproblemi di

    costituzionalità).

    PRINCIPIO DI LEGALITÁ:

    ⇒ IRRETROATTIVITÁ

    ⇒ TASSATIVITÁ

    ⇒ OFFENSIVITÁ

  • Le pene detentive brevi, inferiori ai sei mesi, possono essere convertite in pene pecuniaria

    (38 euro per ciascun giorno), nel qual caso l’individuo interessato non abbia mai

    commesso alcun tipo di reato.

    LEZIONE N. 2

    Il Principio di irretroattività viene novellato dall’art. 2 comma 1 del c.p.: “Nessuno può

    essere punito per un fatto che, secondo le legge del tempo in cui fu commesso, non

    costituiva reato”.

    La nostra Costituzione inoltre ha stabilito che le sanzioni penali debbano tendere alla

    RIEDUCAZIONE del condannato, con trattamenti detentivi che siano quantomeno umani.

    Quindi il nostro diritto penale è costituzionalmente educativo.

    Lo stesso ergastolo viene considerato incostituzionale da diversi giuristi, perché la

    prospettiva non prevede alcuna libertà futura per il condannato, quindi alcun tipo di

    rieducazione.

    La Corte Costituzionale ha ritenuto l’ergastolo costituzionale, in quanto anche questo di

    tipo di condannati hanno la possibilità di uscire dal carcere beneficiando di penealternative

    e di permessi premio.

    I Principi del diritto penale sono tre:

    ⇒ IRRETROATTIVITÁ;

    ⇒ TASSATIVITÁ;

    ⇒ OFFENSIVITÁ. Principio di irretroattività trova la sua espressione più forte nell’art. 25 della Cost., secondo

    il quale non si possono estendere i poteri punitivi di leggi entrate in vigore dopo il

    compimento del fatto stesso.

    L’art. 635 (Danneggiamento): “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o

    in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui, è punito, a querela della persona offesa,

    con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro. La pena è della reclusione

    da sei mesi a tre anni e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso:

    1. con violenza alla persona o con minaccia;

    2. da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero,

    ovvero in occasione del delitto previsto dall’art. 331;

    3. su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto o su cose di

    interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel

    perimetro dei centri storici, o su altre delle cose indicate nel n. 7 dell’art. 625;

    4. sopra opere destinate all’irrigazione;

  • 5. sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero

    su vivai forestali destinati al rimboschimento”.

    Il destinatario della norma deve essere messo in grado di conoscere i divieti e i suoi diritti.

    Chiunque tiene una condotta, che non è prevista come lesiva da qualche legge, non può

    essere punito per quanto strana possa risultare, perché quella condotta sarà da ritenersi

    lecita.

    Il principio di irretroattività tutela dall’arbitrio del potere legislativo.

    Lo stesso principio è disciplinato dall’art. 2 del c.p.

    L’art. 1 c.p. (Reati e pene: disposizione espressa di legge) riprende l’art. 25

    Cost.:”Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto

    come reato dalla legge,n né con pene che siano da essa stabilite”.

    Così come il legislatore può introdurre nuovi tipi di reato, può anche decidere di abrogarne

    altri, come ad esempio il delitto di plagio.

    Anche l’emissione di assegni a vuoto non determina più sanzioni di tipo penale, ma

    solamente più amministrative e bancarie.

    Il legislatore si è chiesto se siano corrette due condotte diverse per reati differenti.

    EMISSIONE DI ASSEGNI A VUOTO

    ABROGATO 02.04.06 20.05.06 20.07.06

    CONDOTTA LECITA 3 MESI DI RECLUSIONE

    CAIO TIZIO

    01.01.06

    Il nostro sistema ritiene che la punizione per Tizio sia ingiusta, quindi cesserà di avere

    efficacia; dopo l’abrogazione di un articolo penale verrà prevista la cessazione di efficacia

    anche delle punizioni precedenti.

    L’art. 2 comma 2 c.p.: ”Nessuno può essere punito per un fatto, che secondo la legge

    posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli

    effetti penali” (Abolitio criminis).

    Il plagio costituisce una sorta di induzione psicologica, cioè una forzatura, è stato eliminato

    perché si è ritenuto violasse il Principio di Tassatività.

  • Il legislatore può modificare il trattamento sanzionatorio di un reato o inasprendolo, come è

    stato per le lesioni o l’omicidio colposo sul lavoro, o alleggerendolo, come per il reato di

    diffamazione, che oramai viene punito solamente con pene pecuniarie.

    Di regola la norma sfavorevole, cioè quella più punitiva, non agisce in maniera retroattiva,

    mentre quella favorevole si.

    La stessa regola si applica al variare del trattamento sanzionatorio.

    01.01.06

    TIZIO CAIO 589 C.P.

    595 C.P. 02.04.06 20.05.06

    NUOVA PUNIZIONE

    20.07.06 STESSA

    PUNIZIONEE

    NORMA PIÙ FAVOREVOLE SOLO PECUNIARIA

    3 MESI DI RECLUSIONE CONDOTTA LECITA

    INASPRIMENTO DA 1 ANNO A 3 ANNI

    Legenda:

    Art. 595 c.p. (Diffamazione): “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente,

    comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino

    a un anno o con la multa fino a 32 euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto

    determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 12065

    euro. Se l’offesa è recata col mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della

    reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro (Commi così

    modificati da ultimo dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689). Se l’offesa è recata a un

    Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una

    Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.

    Art. 589 c.p. (Omicidio colposo): “Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è

    punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione

    delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli

    infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Nel caso di morte di

    più persone, ovvero di morte di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe

    infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena

    non può superare gli anni dodici” (Articolo così sostituito dalla Legge 11 maggio 1966, n.

    296).

  • DIFFAMAZIONE

    21.06.06

    MULTA RECLUSIONE

    Continuerà a scontare la pena chi è stato condannato con sentenza irrevocabile, perché

    l’articolo è rimasto penale. La condotta in questo caso rimarrà illecita.

    Art. 2 comma 3 c.p.: “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono

    diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo he sia stata

    pronunciata sentenza irrevocabile”.

    Ci sono leggi che modificano soltanto il limite della pena, nelle sanzioni penali il legislatore

    adotta una forbice, ovvero un minimo ed un massimo.

    RICETTAZIONE (ART. 648 C.P.)

    3 ANNI

    6 ANNI 8 ANNI

    2 ANNI

    L’art 648 c.p. recita nel seguente modo: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di

    procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti

    da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare,

    è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da 516 euro a 10329 euro. La

    pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a 516 euro, se il fatto è di

    particolare tenuità. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore

    del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero

    quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto” (Articolo così

    modificato da ultimo dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689 e ultimo comma così

    modificato da ultimo dalla Legge 9 agosto 1993, n. 328).

    Se il legislatore volesse aumentare il minimo e diminuire il massimo, chi ha avuto in

    precedenza un passaggio in giudicato non può più variare la propria pena.

    In questo caso risulta difficile stabilire la norma più favorevole per il reo; deve valutare

    quale è la pena più favorevole nel caso concreto.

    Il passaggio in giudicato può avvenire dopo tre gradi di appello, oppure immediatamente al

    primo grado se non vi è ricorso.

  • Ci sono leggi penali che sono previste con una data di scadenza, in questo caso il

    legislatore stabilisce di vietare un preciso comportamento per un determinato periodo.

    Questo tipo di leggi dette “eccezionali” sono previste ai sensi dell’art. 2 comma 4 c.p.: “Se

    si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi

    precedenti”.

    Per i D.L. si vengono a creare alcuni problemi, perché emanato da Governo con la

    prescritta necessità di essere confermato entro 60 giorni.

    L’art. 644 (Usura) c.p.: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’art. 643, si fa dare o

    promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di

    denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la multa da 3098 a

    15493 euro. Alle stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto

    dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o

    promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario. La legge stabilisce il

    limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi,

    anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle

    concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano

    comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero

    all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà

    economica o finanziaria. Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene

    conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per

    imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Le pene per i fatti di cui al primo e

    secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:

    1. se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di

    intermediazione finanziaria mobiliare;

    2. se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali

    o proprietà immobiliari;

    3. se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;

    4. se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale

    o artigianale;

    5. se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla

    misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di

    applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l’esecuzione.

    Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell’art. 444 del codice di

    procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la

  • confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro,

    beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo

    pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della

    persona offesa dal reato alle restrizioni e al risarcimento dei danni”.

    L’art. 2 comma 5 c.p. distingue tra fatti pregressi e concernenti: “Le disposizioni di questo

    articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto –

    legge e nel caso di un decreto – legge convertito in legge con emendamenti” (La Corte

    Costituzionale, con sentenza 22 febbraio 1985, n. 51, ha dichiarato l’illegittimità

    costituzionale di questo comma .

    SFAVOREVOLE

    FAVOREVOLE

    Durante il periodo in cui vige il D.L. si applicano le norme più favorevoli previste dallo

    stesso.

    Principio di tassatività: preserva dall’arbitrio del potere giudiziario, ad esempio per una

    norma che prevede la punizione per atti di maleducazione, ogni giudice potrebbe utilizzare

    un criterio di attuazione diverso.

    Le norme penali devono stabilire con precisione assoluta e con certezza ciò che integra la

    condotta vietata, cioè il reato è la violazione di un precetto, che dovrà essere preciso.

    Il soggetto dovrà sempre capire quale è la condotta che preveda la comminazione di una

    pena. La ratio di questo principio è quella di non permettere al giudice di legiferare.

    Inoltre nel nostro ordinamento vige il “divieto di analogia” della norma penale, quindi è

    vietato al giudice di sostituirsi al legislatore nella estensione della norma penale;

    nonostante tutto il codice penale ammette l’analogia in “bonam partem”, ovvero il reo può

    invocare l’applicazione di normative analoghe più favorevoli, cosa che non può essere

    fatto in “malum patem”, come previsto dalla Costituzione.

  • Il plagio era l’unico caso di violazione al principio di tassatività previsto dalla Costituzione,

    perché non veniva fatto riferimento nella norma ad elementi scientifici, ma era previsto

    solo il bisogno da parte dei giudici di riconoscere un annullamento della personalità.

    La fattispecie oggi è punita seguita altre norme e criteri come le lesioni, la violenza

    psicologica, etc.

    Art. 378 c.p. (Favoreggiamento Personale): “Chiunque, dopo che fu commesso un delitto

    per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel

    medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di

    questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni. Quando il delitto commesso è quello

    previsto dell’art. 416 – bis, si applica , in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a

    due anni. Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di

    contravvenzioni, la pena è della multa fino a 516 euro. Le disposizioni di questo articolo si

    applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha

    commesso il delitto”; questo articolo dimostra un concetto chiaro ed analitico.

    L’art. 380 c.p. (Patrocinio o consulenza infedele): “Il patrocinatore o il consulente tecnico,

    che rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della

    parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all’Autorità Giudiziaria, è punito con la

    reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a 516 euro. La pena è aumentata:

    1. se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria;

    2. se il fatto è stato commesso a danno di un imputato.

    Si applicano la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore a 1032 euro, se il fatto

    è commesso a danno di persona imputata di un delitto per il quale la legge commina

    l’ergastolo ovvero la reclusione superiore a cinque anni”.

    Art. 61 c.p. (Circostanze aggravanti comuni): “Aggravano il reato quando non ne sono

    elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:

    1. l’avere agito per motivi abietti o futili;

    2. l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per

    conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la

    impunità di un altro reato;

    3. l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento;

    4. l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;

    5. l’aver profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la

    pubblica o privata difesa;

  • 6. ‘avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto

    volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura

    o di carcerazione, spedito per un precedente reato;

    7. l’avere, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio,

    ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal

    reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;

    8. l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;

    9. l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a

    una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di

    culto;

    10. l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un

    pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto

    ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato

    estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;

    11. l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero

    con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di

    ospitalità”.

    L’art. 62 c.p. (Circostanze attenuanti comuni): “Attenuano il reato, quando non ne sono

    elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti:

    1. l’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;

    2. l’avere reagito in stato di ira, determinato de un fatto ingiusto altrui;

    3. l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni

    o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è delinquente

    o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza;

    4. l’avere, nei delitti contro il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un

    danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di

    lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di

    speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso e pericoloso sia di speciale

    tenuità;

    5. l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del

    colpevole, il fatto doloso della persona offesa;

    6. l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di

    esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio

    e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato

  • spontaneamente ed efficacemente per eliminare o attenuare le conseguenze

    dannose o pericolose del reato”.

    Esistono due termini differenti per identificare le frasi complete interne di un articolo:

    comma o capoverso, infatti si può indifferentemente dire art. 2, co 5° c.p., come art., 4°

    cpv c.p.

    Siamo arrivati a determinare adesso il Principio di Offensività, che non si trova

    esplicitamente espresso nelle norme penali, ma è parte integrante della giurisprudenza.

    Questo principio sta a significare che il diritto penale può punire solo condotte le quali

    offendano i BENI GIURIDICI.

    Occorre quindi che il bene tutelato dalla norma penale sia stato effettivamente leso.

    Si può ricondurre questo principio all’art. 13 Cost. (Libertà personale): “La libertà

    personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o

    perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per

    atto motivato dell’Autorità Giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi

    eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di

    pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati

    entro quarantotto ore all’A.G. e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto

    ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e

    morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. LA legge stabilisce i

    limiti massimi della carcerazione preventiva”; infatti lo Stato interviene attraverso l’A.G. per

    diminuire la libertà personale di un individuo solamente se questo ha attentato

    precedentemente un bene giuridico tutelato dalla Costituzione.

    Art. 52 c.p. (Difesa legittima): “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato

    costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di

    una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

    Il principio di offensività si basa anche sul comma 2° dell’art 49 c.p. (Reato supposto

    erroneamente o reato impossibile): “La punibilità è altresì esclusa quando, per l’inidoneità

    dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di esse, è impossibile l’evento dannoso o

    pericoloso”.

    Lacunosa è invece la norma che di disciplina la violenza sessuale, la quale non prevede

    una scala di gravità, infatti all’art. 609 bis c.p. (Violenza sessuale): “Chiunque, con

    violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti

    sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi

    induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

  • 1. abusando della condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al

    momento del fatto;

    2. traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra

    persona.

    Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.

    LEZIONE N. 3

    Il REATO è una condotta che deve essere retribuita con una pena. I reati sono

    contraddistinti in due fattispecie diverse:

    • DELITTI: sono caratterizzati da una condotta molto grave e sono i reati trattati

    dall’art. 1 fio all’art. 649 del c.p. Le sanzioni previste sono di tre tipi:

    1. ERGASTOLO: pena detentiva perenne;

    2. RECLUSIONE: pena detentiva caratterizzata da un periodo di reclusione

    determinato;

    3. MULTA: pena pecuniaria.

    • CONTRAVVENZIONI: sono previste per tipologie di condotta meno grave rispetto

    ai delitti e sono annoverati nel c.p. dall’art. 650 all’art. 734 bis. Le pene previste per

    le contravvenzioni sono di due tipi:

    1. ARRESTO: privazione della libertà personale non superiore ai due anni;

    2. AMMENDA: pena pecuniaria inferiore alla multa, che può trasformarsi in

    limitazione della libertà personale in caso di inadempienza (1gg. ogni 38 euro

    insoluti).

    Ai sensi di quanto sopra esposto l’art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità)

    c.p. funzione quale spartiacque tra i delitti e le contravvenzioni; tale differenza è

    importante per definire il capo di imputazione, conoscere i termini di prescrizione, che

    sono inferiori nelle contravvenzioni, ma soprattutto perché alcuni delitti sono perseguibili

    solo a querela di parte, mentre le contravvenzioni sono perseguibili esclusivamente

    d’ufficio.

    Come esempio si può citare l’art. 638 (Uccisione o danneggiamento di animali altrui) c.p.:

    “Chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che

    appartengono a altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della

    persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro. La pena è

    della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso

  • su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o

    equini, anche non raccolti in mandria. Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili

    sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno”.

    ELEMENTI COSTITUTIVI: esistono diverse teorie, tra le quali possono essere citate

    1. TEORIA DIPARTITA, che individua due elementi costitutivi, cioè l’elemento

    soggettivo e l’elemento oggettivo;

    2. TEORIA TRIPARTITA, che aggiunge un terzo elemento costitutivo l’antigiuridicità.

    L’ELEMENTO OGGETTIVO prevede una condotta, un evento ed un nesso eziologico

    (rapporto di causalità).

    La CONDOTTA è un’attività posta in essere dal “soggetto attivo” nei confronti del

    “soggetto passivo”.

    Le condotte possono essere attive od omissive, un esempio è rappresentato dall’art. 575

    (Omicidio) c.p., che prevede per “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la

    reclusione non inferiore ad anni ventuno”, morte cagionata sia da azioni sia da omissioni.

    L’obbligo giuridico è un elemento importante per individuare determinate condotte

    omissive, come ad esempio una madre che non dia alimenti al proprio figlio.

    Gli EVENTI di possono suddividere in due tipologie:

    1. NATURALISTICI, che devono essere strettamente connessi ad una condotta per un

    rapporto di causalità;

    2. GIURIDICI, i quali non sono necessariamente lesivi nei confronti di soggetti passivi,

    come possono essere le omissioni d’atti d’ufficio o la mancata trasmissione del

    referto all’A.G. da parte dei medici. Queste condotte sono prevalentemente di tipo

    omissivo.

    TEORIE:

    1. CONDICIO SINE QUA NON, teoria detta anche condizionalistica. Devono ritenersi

    causa di un evento tutte quelle condotte senza le quali quel evento non si sarebbe

    verificato. Il limite risulta essere individuabile nell’infinità di concause presenti nella

    vita di ogni giorno; tali concause vengono limitate nel momento in cui viene posto

    un limite oggettivo. Occorre quindi contemperare la portata di questa teoria con dei

    limiti. Questa teoria non è stata adottata dal nostro c.p., che all’art. 40 (Rapporto di

    causalità) recita così: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla

    legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del

    reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento,

    che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Infine l’art. 41

  • (Concorso di cause) c.p. “Il concorso di cause preesistenti o simultanee o

    sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non

    esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento. Le cause

    sopravvenute escludono il rapporto di causalità, quando sono state da sole

    sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione

    precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per

    questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa

    preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”;

    2. CAUSALITÁ ADEGUATA, esatto contrario della teoria precedente, infatti risponde

    dell’evento solamente colui che ha posto in essere la condotta capace di causare

    l’evento più grave nei confronti del soggetto passivo, ma soprattutto l’evento finale;

    3. CAUSALITÁ UMANA.

    Art. 586 (Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto) c.p.: “Quando da un fatto

    preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la

    morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’art. 83, ma le pene

    stabilite negli art. 589 e 590 sono aumentate”.

    LEZIONE N. 4

    ELEMENTO SOGGETTIVO: affinché vi sia un reato è necessario che sussista la volontà

    di agire. Es. artt. 581 (Percosse) c.p.: “Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva

    una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la

    reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro. Tale disposizione non si applica

    quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza

    aggravante di un altro reato”, 582 (Lesione personale) c.p.: “Chiunque cagiona ad alcuno

    una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito

    con a reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti

    giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 583 e 585, ad

    eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell’ultima parte dell’art. 577, il delitto è punibile a

    querela della persona offesa” e infine 590 (Lesioni personali colpose) c.p.: “Chiunque

    cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi

    o con la multa fino a 309 euro. Se la leone è grave la pena è della reclusione da uno a sei

    mesi o della multa da 123 euro a 619 euro, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a

    due anni o della multa da 309 euro a 1239 euro. Se i fatti di cui al precedente capoverso

  • sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di

    quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della

    reclusione da due a sei mesi o della multa da 206 euro a 619 euro; e la pena per lesioni

    gravissime è della reclusione a sei mesi a due anni o della multa da 619 euro a 1239 euro.

    Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per l più grave

    delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può

    superare gli anni cinque. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi

    previsti nel primo e nel secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione

    delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o

    che abbiano determinato una malattia professionale”.

    DOLO: è la figura principale dell’elemento psicologico del reato. Esso si compone di due

    elementi:

    1. RAPPRESNTATIVO: conoscenza, che è l’elemento costitutivo del reato, e

    rappresentazione della realtà.

    2. VOLITIVO: volontà di compiere l’azione illecita.

    Ad esempio, se denuncio una persona innocente, credendo nella sua colpevolezza, non

    commetto reato di calunnia, perché viene a mancare l’elemento oggettivo, cioè l’effettiva

    consapevolezza dell’innocenza della persona accusata.

    Un altro esempio può essere il furto, che risulta essere doloso nel momento in cui appago

    il desiderio di possedere un oggetto sottraendolo al suo legittimo proprietario.

    Il reato deve essere distinto in due fattispecie:

    1. reati con un vento di tipo giuridico;

    2. reati con un evento di tipo materiale.

    Il dolo invece si distingue in:

    1. DOLO GENERICO: come può essere un omicidio, che non risulta essere previsto

    dalla determinazione di una particolare volontà a commetterlo. L’elemento oggettivo

    rimane sempre quello di cagionare la morte di un uomo, ma la finalità

    condeterminerà da sola l’insorgenza del reato penale;

    DOLO SPECIFICO: come il furto, che ha quale elemento oggettivo la volontà di

    sottrarre un oggetto altrui al fine di trarne profitto. Quindi il fine determina la

    commissione o meno del reato. Un altro esempio potrebbe essere la truffa ai sensi

    dell’art. 640 (Truffa) del c.p., reato commesso da chi pone in essere raggiri o artifici

    al fine di trarne un ingiusto profitto. Se il profitto non fosse ingiusto il reato sarebbe

    meno grave rispetto alla truffa, quindi differente.

  • Per contrapporre le due fattispecie di dolo si può osservare la differenza che

    intercorre tra il sequestro di persona ai sensi dell’art. 605 (Sequestro di persona)

    c.p., che risulta essere un dolo di tipo generico prevedendo la privazione della

    libertà personale, e il sequestro di persona a scopo di lucro ai sensi dell’art. 630

    (Sequestro di persona a scopo di estorsione) c.p., che si configura come dolo

    specifico producendo un ingiusto profitto, che potrebbe anche essere un profitto

    psicologico.

    2. DOLO DIRETTO e DOLO INDIRETTO (detto anche eventuale):differiscono per la

    volontà o meno di commettere un determinato tipo di reato, esempio è la morte

    causata dal lancio di un masso da un cavalcavia. Nelle due fattispecie di dolo

    cambia il rapporto che vi è nella psiche dell’agente, tra la volontà e la commissione

    dell’illecito. Il dolo indiretto si pone in essere quando il soggetto non prende di mira

    l’evento effettivamente verificatosi, ciononostante si verifica una situazione

    imprevedibile che favorisce il verificarsi di una condotta molto più grave. Per

    completezza bisogna comunque affermare che l’agente aveva valutato l’ipotesi che

    si verificasse un evento indesiderato.

    La condanna per il dolo indiretto sarà più lieve rispetto a quella per il dolo diretto.

    I delitti e le contravvenzioni sono differenti dal punto di vista dell’elemento soggettivo. I

    delitti sono puniti solamente se commessi con dolo, fatte salve alcune fattispecie più gravi

    dove il soggetto attivo può essere punito anche a titolo di colpa, se espressamente

    prevista dal legislatore.

    Ad esempio l’omicidio viene contraddistinto ai sensi degli artt. 589 e 575 del c.p. in

    “Omicidio coposo” ( “ Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la

    reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme

    sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul

    lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Nel caso d morte di più persone,

    ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena

    che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo,

    ma non può superare gli anni dodici”) e “Omicidio”.

    Il danneggiamento, invece, può essere punito solo se doloso ai sensi dell’art. 635

    (Danneggiamento) del c.p.

    Le contravvenzioni vengono punite indifferentemente, senza distinzione retributiva, sia che

    vengano commesse a titolo doloso, sia che vengano commesse con colpa.

  • LEZIOE N. 5

    Elemento soggettivo: dolo – colpa – preterintenzione.

    Per essere puniti per un delitto o una contravvenzione bisogna aver compiuto un reato

    quantomeno con colpa.

    La colpa viene distinta secondo quattro tipologie diverse, che si suddividono tra le colpe

    GENERICHE e quelle SPECIFICHE.

    Le colpe di tipo generico sono tre:

    1. IMPRUDENZA, chi cagiona un evento a causa di una condotta carente delle

    normali regole di prudenza; inoltre il soggetto è consapevole di ciò che accade;

    2. NEGLIGENZA, superficialità o meglio ancora incapacità, da parte del soggetto

    agente, di seguire la condotta tipica del consociato medio; quindi il soggetto non si

    rende affatto conto di ciò che accade;

    3. IMPERIZIA, mancanza di particolare conoscenze utili allo svolgimento di attività

    particolari, come per esempio quella chirurgica.

    La colpa generica non viene specificata con artt. di legge appositi.

    La colpa specifica si verifica quando il legislatore, conoscendo alcune situazioni di

    potenziale pericolo, prevede regole particolari.

    Se tali regole non vengono osservate e l’agente mette in atto un evento lesivo contro tali

    regole, egli sarà passibile di colpa specifica.

    Ad esempio la Legge 626/96, che disciplina la sicurezza sul posto di lavoro.

    A volte la colpa generica e quella specifica possono sovrapporsi.

    Un’altra importante suddivisione può essere fatta per COLPA COSCIENTE e COLPA

    INCOSCIENTE.

    Nella fattispecie di colpa incosciente il soggetto agente non vuole il configurarsi di un reato,

    ma soprattutto non lo prevede.

    Invece per la colpa cosciente il soggetto agente prevede la possibilità che si verifichi

    l’evento, ma lo esclude sulla base della sua abilità; un esempio può essere quello del

    lanciatore di coltelli che erroneamente uccide la sua partner.

    La colpa cosciente si distingue, in maniera impalpabile, dal dolo eventuale, dove il

    soggetto agisce nell’indifferenza più totale; un esempio può essere individuato nel pirata

    della strada che, attraversando un incrocio con il semaforo rosso, travolge ed uccide

    qualcuno.

  • L’ultima forma prevista per l’elemento soggettivo è la preterintenzione, reato commesso

    oltre l’intenzione, a differenza del dolo che viene commesso con intenzione e della colpa

    commessa contro l’intenzione.

    Ai sensi dell’art. 43 (Elemento psicologico del reato) c.p. la condotta è voluta, ma varia

    l’evento: “Il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso,

    che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del

    delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od

    omissione; è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione

    deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o

    contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si

    verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi,

    regolamenti, ordini o discipline. La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da

    questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste

    la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico”.

    Due sono gli artt. che trattano specificatamente la preterintenzione, cioè l’omicidio

    preterintenzionale e l’aborto preterintenzionale.

    La preterintenzione è più grave della colpa, ma meno del dolo.

    Nel caso di omicidio il soggetto agente provoca la morte del soggetto passivo attraverso

    una condotta lesiva caratterizzata da percosse, etc.

    La pena comminata per questo tipo di reato si pone nella mediana tra la pena prevista per

    l’omicidio doloso e quella per omicidio colposo. Infatti manca la volontà di uccidere e la

    morte si verifica per errore o a causa di una fatalità.

    L’evento morte viene collegato all’agente in condizioni più gravi rispetto alla colpa, perché

    l’azione compiuta, in questo caso le percosse, è già di per sé una condotta delittuosa. La

    pena prevista è di 10 – 11 anni di reclusione, come previsto dal Titolo III – Del reato, negli

    artt. 41(Concorso di cause: Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute,

    anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di

    causalità fra l’azione od omissione e l’evento. Le cause sopravvenute escludono il

    rapporto di causalità quando siano state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal

    caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si

    applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando

    la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.“), 42

    (Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità

  • obiettiva: “Nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge

    come reato, se non l’ ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito

    per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ ha commesso con dolo, salvi i

    casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. La legge

    determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come

    conseguenza della sua azione od omissione. Nelle contravvenzioni ciascuno risponde

    della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.”) e 43

    del c.p. La condotta preterintenzionale si compone di una parte dolosa sommata ad una

    seconda parte detta di responsabilità soggettiva.

    Un tempo esistevano numerose fattispecie di reato punibili per una responsabilità

    oggettiva, oggi ritenuta incostituzionale. Infatti i reati dovranno sempre essere imputati ad

    un soggetto, a differenza di quanto avviene nel civile. Un esempio di responsabilità

    oggettiva attuale è quella prevista dall’art. 57 (Reati commessi col mezzo della stampa

    periodica: “Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di

    concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul

    contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo

    della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è

    commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un

    terzo.”) c.p., combinato con gli artt. 595 (Diffamazione: “Chiunque, fuori dei casi indicati

    nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è

    punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni (€ 1032,91).

    Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino

    a due anni, ovvero della multa fino a lire quattro milioni (€ 2065,83). Se l’offesa è recata

    col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico,

    la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un

    milione (€ 516,46). Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o

    ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono

    aumentate.”) e 596 bis (Diffamazione col mezzo della stampa: “Se il delitto di diffamazione

    è commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell’articolo precedente si applicano

    anche al direttore o vice - direttore responsabile, all’editore e allo stampatore, per i reati

    preveduti negli artt. 57, 57-bis e 58”.) del c.p., che prevedono quale responsabile del reato

    di diffamazione a mezzo stampa il direttore o il vice direttore della stessa. La prima cosa

    che un giudice deve accertare è il collegamento tra l’azione e l’evento di un agente.

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a57#a57http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a57bis#a57bishttp://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a58#a58

  • Piccolo inciso: il legislatore abroga con legge, mentre la Corte Costituzionale dichiara

    illegittima una norma per incongruenza con la Costituzione.

    LEZIONE N. 6

    ANTIGIURIDICITÁ: elemento negativo del reato. Affinché vi sia un reato non deve

    sussistere un elemento giustificativo. Qualora non ricorresse un elemento giustificativo il

    giudice potrà emettere una sentenza di colpevolezza, giustificandone le motivazioni.

    Antigiuridicità significa, quindi, un vero e proprio contrasto con le norme dell’ordinamento.

    Vi sono alcuni eventi posti in essere da agenti costretti a determinarli, per esempio non è

    imputabile di sequestro il direttore di un istituto circondariale, oppure la denuncia stessa

    nei confronti di un soggetto può essere definita secondo due alternative differenti, prima

    che venga la stessa definita come veritiera: calunnia o denuncia.

    Le cause di giustificazione, qualora incorrano, fanno venir meno l’antigiuridicità del

    comportamento ritenuto criminoso, persiste solamente la condotta che è irrilevante per il

    reato penale.

    Le cause di giustificazione non possono essere invocate dall’agente, se le stesse non

    sono previste esplicitamente nel codice penale. In questo caso l’onere della prova ricade

    sull’agente stesso.

    Esigenza cautelare: pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove, pericolo di

    reiterazione del reato.

    Il P.M. deve invece trovare l’elemento oggettivo e l’elemento soggettivo per poter imputare

    un reato all’agente, facendo così ricadere l’onere della prova su di sé.

    Esistono cause giustificanti generali espresse nel codice penale ed altre specifiche

    disseminate sia nel codice penale sia in altre leggi ordinarie, ad esempio esistono

    discriminanti speciali per le ingiurie rivolte contro un soggetto che ha compiuto un fatto

    illecito, oppure ingiurie reciproche tra due soggetti.

    Le scriminanti sono citate negli artt. 50 (Consenso dell’avente diritto): “Non è punibile chi

    lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente

    disporne”;

    51 (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere): “L’esercizio di un diritto o

    l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della

    pubblica Autorità, esclude la punibilità.

    Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’Autorità del reato risponde

    sempre il pubblico ufficiale (c.p.357) che ha dato l’ordine.

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a357#a357

  • Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia

    ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.

    Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun

    sindacato su la legittimità dell’ordine”;

    52 (Difesa legittima): “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto

    dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa

    ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”;

    53 (Uso legittimo delle armi): “Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti,

    non e punibile il pubblico ufficiale (c.p.357) che, al fine di adempiere un dovere del proprio

    ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica,

    quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una

    resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di

    naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina

    a mano armata e sequestro di persona.

    La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal

    pubblico ufficiale, gli presti assistenza.

    La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l’uso delle armi o di un altro mezzo

    di coazione fisica”;

    54 (Stato di necessità): “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto

    dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona,

    pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia

    proporzionato al pericolo (55).

    Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al

    pericolo.

    La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di

    necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla

    persona minacciata risponde chi l’ ha costretta a commetterlo (611; 2045 c.c.)” c.p.

    Piccolo inciso art. 635 (Danneggiamento) c.p.: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o

    rende, in tutto o un parte, inservibili cose mobili (c.p.624 n.2) o immobili altrui è punito, a

    querela della persona offesa (c.p.120-126), con la reclusione fino a un anno o con la multa

    fino a lire seicentomila (€ 309,87) (c.p.649).

    La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d’ufficio, se il fatto è

    commesso:

    1) con violenza alla persona o con minaccia;

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a357#a357http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a55#a55http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a611#a611http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a624#a624http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a120#a120http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a126#a126http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a649#a649

  • 2) da datori di lavoro un occasione di serrate, o da lavoratori un occasione di sciopero

    (c.p.502, 506), ovvero un occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e

    333;

    3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su altre delle

    cose indicate nel n. 7) dell’art. 625;

    4) sopra opere destinate all’irrigazione;

    5) sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi selve o foreste, ovvero su

    vivai forestali destinati al rimboschimento”.

    Il consenso deve essere valido, cioè deve essere fornito da una persona capace di

    disporre dei propri diritti; ad esempio le persone anziane con problemi di coscienza della

    realtà non possono prestare il loro consenso. Qualora un soggetto riuscisse ad ottenere il

    consenso di persone incapaci di intendere, commetterebbe il reato definito come

    circonvenzione di incapace.

    Il consenso deve provenire dal titolare del diritto ed è ritrattabile o revocabile. Esistono

    alcune fattispecie di consenso non esplicito, presunto o tacito, come può avvenire per un

    soggetto incosciente trattato mediante la chirurgia d’urgenza.

    Il consenso deve riguardare un diritto disponibile, dal momento che non tutti i diritti sono

    disponibili, come può esserlo la libertà sessuale, la proprietà, etc, ma non lo sarà

    sicuramente il diritto alla vita. Quindi l’eutanasia, secondo il sistema normativo italiano, è

    configurabile come omicidio di consenziente, quindi reato.

    Altresì esistono diritti come la disponibilità fisica, che risulta essere libero a seconda delle

    circostanze, ad esempio nel gioco del calcio la frattura del perone di un giocatore non sarà

    rubricabile come lesioni colpose.

    Al contrario il consenso, da parte di un soggetto, ad ottenere lesioni permanenti non è

    valido ai sensi dell’art. 5 (Atti di disposizione del proprio corpo) codice civile: “Gli atti di

    disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente

    della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al

    buon costume”; in questo caso si risponderà di lesioni permanenti gravi.

    L’art. 51 c.p. prevede due ulteriori cause di giustificazione: l’esercizio di un diritto e

    l’adempimento di un dovere.

    Le cause di giustificazione servono ad ovviare all’adempimento di un obbligo, che può

    derivare da due fonti diverse: dalla legge o dall’ordine dell’autorità.

    Mentre la norma di legge è prevista per tutti, l’ordine dell’autorità è diretta verso il singolo

    individuo.

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a502#a502http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a506#a506http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a330#a330http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a331#a331http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a333#a333http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a625#a625

  • Gli ordini possono essere legittimi o illegittimi; sono legittimi quelli che contengono i

    requisiti formali previsti dalla legge, viceversa sono illegittimi gli ordini che non integrano

    tutte e norme del c.p.p.

    Esistono due tipologie di illegittimità: formale e sostanziale.

    L’illegittimità formale si può osservare quando vi sono lacune nella forma (ad esempio un

    atto adottato da un organo, che manca dei requisiti necessari).

    L’illegittimità sostanziale è quella osservabile nella sostanza dell’atto stesso.

    Il soggetto che obbedendo ad un ordine commette astrattamente un reato viene

    giustificato se l’ordine è legittimo.

    Viene anche giustificato il soggetto che obbedisce ad un ordine dotato di legittimità

    formale, ma carente della legittimità sostanziale.

    LEZIONE N. 7

    Nel momento in cui il giornalista si limita a riportare un fatto, senza generalizzare la

    persona oggetto di indagine e omette commenti aggressivi, non fa altro che svolgere

    l’attività di cronista.

    L’art. 51 c.p. esprime il principio di non contraddittorietà, quindi riporta per iscritto il

    principio per il quale il sistema non può concedere un diritto per poi punirlo.

    Quando la condotta integra un reato, ma è tenuta all’interno di un sistema permissivo

    decade il concetto di antigiuridicità.

    LEGITTIMA DIFESA: art. 52 c.p.

    Modificata e integrata l’anno scorso della difesa legittima domiciliare, la legittima difesa

    viene posta in essere quando il soggetto commette il fatto per difendere un proprio o altrui

    diritto da un’imminente offesa. Tra la legittima difesa e l’offesa deve intercorrere il concetto

    di proporzionalità. La legittima difesa è generica, mentre lo stato di necessità si applica

    solamente alla tutela della persona.

    La lesione del diritto del soggetto offeso è giusta solo se il soggetto colpito stava tenendo

    un comportamento ingiusto.

    Chi si avvale della legittima difesa deve giustificare il proprio comportamento dimostrando

    il pericolo e l’imminenza, ovvero l’offesa deve essere in itinere.

    Inoltre vi deve essere anche l’inevitabilità del pericolo.

    Quando il soggetto aggredito ha una scelta alternativa alla replica deve percorrerla.

  • Commodus discessus = fuga, cioè quando vi sia possibilità di fuggire, questa deve essere

    scelta, salvo alcune eccezioni, ad esempio per i soggetti investiti di qualifiche da pubblico

    ufficiale devono rispondere ai soprusi in modo fermo e non con la fuga.

    Se il pericolo è esaurito, lo stesso non è più imminente.

    La proporzionalità deve essere relativa anche ai mezzi utilizzati e ai diritti offesi.

    La legittima difesa, se non siamo incorsi in colpa, viene applicata se l’agente la ritiene

    sussistente.

    Anche chi ha dato origine ad un pericolo nei propri confronti, iniziando con una condotta

    illegittima, potrà invocare la legittime difesa.

    La legittima difesa si applica in bonam partem, cioè è considerata una scriminante.

    L’art. 53 disciplina un altro tipo di scriminante qual è l’uso legittimo delle armi, inquadrabile

    nell’esercizio di un diritto o nell’adempimento di un dovere per i soggetti legittimati a

    reprimere condotte illecite.

    Spesso le persone devono essere costrette a vivere secondo il diritto.

    La cosa importante è che l’uso delle armi sia legittimato dal tentativo di impedire la

    commissione dei reati gravi, in linea di massima dal sequestro in poi.

    Problematico è stabilire la legittimità dell’uso in caso di inseguimento, caso in cui l’uso

    delle armi deve essere una condotta residuale.

    Questo articolo si applica anche al privato richiesto dall’agente di polizia.

    Lo stato di necessità è un caso di difficile comprensione.

    L’aggressione dell’onorabilià e dell’immagine può essere ritenuta un grave danno alla

    persona, anche se i veri danni gravi sono quelli commessi contro: vita, incolumità fisica e

    libertà sessuale.

    LEZIONE N.8

    Stato di necessità, ai sensi dell’art. 54 (Stato di necessità) c.p., “Non è punibile chi ha

    commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal

    pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente

    causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo (55).

    Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al

    pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di

    necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a55#a55

  • persona minacciata risponde chi l’ ha costretta a commetterlo (611; 2045 c.c.)”, ha quali

    elementi essenziali:

    1. proporzionalità;

    2. imminenza del pericolo;

    3. autotutela (riduttiva rispetto alla legittima difesa). Non viene contemplato quindi il

    concetto di patrimonio, inoltre non può essere cagionato da una terza persona, che

    commetta un reato;

    4. inevitabilità.

    A differenza della legittima difesa, il pericolo non deve essere causato dalla stessa

    persona che invoca lo stato di necessità.

    Lo stato di necessità è una causa di giustificazione, che soffre di carenza, perché non

    possono invocarlo gli individui ai quali siano assegnati particolari compiti di istituto (vigili

    del fuoco, bagnini, etc.).

    Il legislatore ha previsto che, in favore di chi subisce l’azione, potrà essere richiesto un

    indennizzo; questa è l’unica causa di giustificazione per la quale sia previsto un ristoro, da

    non confondersi con il risarcimento, previsto solamente per i fatti illeciti.

    CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE – SCRIMINANTI PUTATIVE: le cause di giustificazione

    operano anche se, non esistenti in concreto, erano ipotizzate dall’agente nel momento in

    cui ha commesso il fatto. Queste scriminanti putative o supposte operano sempre in

    favore dell’agente, quando l’errore sia eccepibile da tutti.

    Quando invece l’errore in cui incorre l’agente è addebitabile solamente alla sua personalità,

    non è prevista alcuna scriminante, ma il soggetto risponderà di un errore colposo, ai sensi

    dell’art. 59 (Circostanze non conosciute o erroneamente supposte) c.p.: “Le circostanze

    che attenuano (62, 62-bis, 114) o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente

    anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti.

    Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui

    conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.

    Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non

    sono valutate contro o a favore di lui.

    Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste

    sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la

    punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.

    Se viene commesso un delitto per il quale non è prevista la fattispecie colposa, nel

    momento in cui viene meno la condizione di dolo, non viene commesso alcun reato.

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a611#a611http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a62#a62http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a62bis#a62bishttp://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a114#a114

  • Un esempio di reato per il quale non è prevista fattispecie colposa è quello definito dall’art.

    635 (Danneggiamento) c.p.: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o un

    parte, inservibili cose mobili (c.p.624 n.2) o immobili altrui è punito, a querela della

    persona offesa (c.p.120-126), con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire

    seicentomila (€ 309,87) (c.p.649).

    La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d’ufficio, se il fatto è

    commesso:

    1) con violenza alla persona o con minaccia;

    2) da datori di lavoro un occasione di serrate, o da lavoratori un occasione di sciopero

    (c.p.502, 506), ovvero un occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e

    333;

    3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su altre delle

    cose indicate nel n. 7) dell’art. 625;

    4) sopra opere destinate all’irrigazione;

    5) sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi selve o foreste, ovvero su

    vivai forestali destinati al rimboschimento”.

    Lo stesso discorso si applica alle attenuanti.

    L’eccesso colposo, ai sensi dell’art. 55 (Eccesso colposo) c.p. “Quando, nel commettere

    alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti

    stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le

    disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto

    colposo”, prevede l’esistenza concreta di una situazione di pericolo, ma l’elemento che

    non viene rispettato è la proporzionalità tra offesa e difesa. Nella fattispecie si configura

    l’ERRORE IN ABILITÁ, cioè quando l’errore si pone nella fase concomitante all’azione.

    L’ERRORE EMOTIVO, invece, non è una causa di giustificazione putativa, perché la

    situazione vissuta dall’agente viene viziata da un errore interpretativo; in questo caso i

    limiti della causa di giustificazione non viene letta correttamente dall’agente (ad esempio

    l’agente uccide pensando di essere in pericolo, male interpretando gli eventi).

    TENTATIVO: perché sussista un illecito penale non è necessario che l’agente commetta

    un reato, ma è sufficiente il tentativo.

    Affinché vi sia il tentativo, gli atti non devono essere equivoci, ma soprattutto la condotta

    deve essere nociva degli altrui diritti fondamentali.

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a624#a624http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a120#a120http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a126#a126http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a649#a649http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a502#a502http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a506#a506http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a330#a330http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a331#a331http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a333#a333http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a625#a625http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a51#a51http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a52#a52http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a53#a53http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a54#a54

  • A tal proposito l’art. 56 (Delitto tentato) c.p., “Chi compie atti idonei, diretti in modo non

    equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o

    l’evento non si verifica (c.p.49 n.2).

    Il colpevole di delitto tentato è punito: (con la reclusione da ventiquattro a trenta anni se

    dalla legge è stabilita per il delitto la pena di morte) ; con la reclusione non inferiore a

    dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo e, negli altri casi, con la pena stabilita per il

    delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

    Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti

    compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

    Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato,

    diminuita da un terzo alla metà”, è espressamente dedicato al delitto tentato e non al reato,

    quindi non sono previste contravvenzioni tentate.

    Due sono gli elementi fondamentali: Devono sempre accompagnarsi

    insieme

    1. idoneità degli atti;

    2. non equivocità degli atti.

    INESISTENZA IN RERUM NATURA: mancanza di un elemento essenziale che può far

    configurare il reato impossibile.

    LEZIONE N. 9

    La desistenza volontaria ed il recesso attivo sono due istituti riscontrabili nell’art 56 del c.p.

    e più precisamente sono citati nel 3° e 4° comma.

    Le desistenza volontaria è l’interruzione dell’azione criminosa, a causa da una scelta

    volontaria operata dall’agente stesso.

    L’agente, che in questo caso non ultimerà il progetto criminoso, non risponderà

    assolutamente di delitto tentato, ma esclusivamente dei delitti prodromici commessi, come

    ad esempio le minacce, ai sensi dell’art. 612 (Minaccia) c.p.: “Chiunque minaccia ad altri

    un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa (c.p.120-126), con la multa fino

    a lire centomila (€ 51,65).

    Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’art. 339, la pena è della

    reclusione fino a un anno e si procede d’ufficio”.

    Per scelta volontaria intende una libera scelta effettuata dall’agente e non necessitata.

    Per poter beneficiare dell’istituto della desistenza volontaria non è necessario il pentimento

    dell’agente.

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a49#a49http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a120#a120http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a126#a126http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a339#a339

  • Diverso dalla desistenza volontaria, che determina l’impunità del soggetto, è il recesso

    attivo, infatti la prima può essere esercitata solamente prima del compimento dell’azione.

    Nel caso in cui venisse cagionata l’azione, ma l’agente stesso tentasse di impedirne

    l’evento causale (come ad esempio la morte della vittima) si potrebbe invocare il recesso

    attivo.

    I reati si differenziano in diverse categorie: principalmente in reati semplici e circostanziati,

    questi ultimi prevedono le aggravanti e le attenuanti.

    Le circostanze del reato possono essere viste come elementi accessori del reato, possono

    ricorrere o meno, ma non sono essenziali affinché sussista il reato.

    Le circostanze sono specificazioni del reato, sono eventi che tendono a specificare la

    gravità del reato, facendo sì che il giudice applichi condanne proporzionali alla gravità del

    reato.

    Le circostanze si dividono in:

    • comuni, ai sensi degli artt. 61 (Circostanze aggravanti comuni), 62 (Circostanze

    attenuanti comuni) e 62 bis (Attenuanti generiche) del c.p., si applicano a tutti i tipi

    di reato: ” Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze

    aggravanti speciali , le circostanze seguenti:

    1) l’avere agito per motivi abietti o futili;

    2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per

    conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la

    impunità di un altro reato;

    3) l’avere nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento;

    4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;

    5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare

    la pubblica o privata difesa;

    6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto

    volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura

    o di carcerazione (296 c.p.p.), spedito per un precedente reato;

    7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio,

    ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal

    reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;

    8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;

  • 9) l’avere commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti

    a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di

    un culto;

    10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale (c.p.357) o una persona

    incaricata di un pubblico servizio (358), o rivestita della qualità di ministro del culto

    cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o

    consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o

    del servizio;

    11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero

    con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di

    ospitalità”; “Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o

    circostanze attenuanti speciali (15, 68), le circostanze seguenti:

    1) l’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;

    2) l’avere reagito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;

    3) l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di

    riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è

    delinquente o contravventore abituale (c.p.102-104) o professionale (c.p.105), o

    delinquente per tendenza (c.p.108);

    4) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio,

    cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità,

    ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o

    l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento

    dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;

    5) l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del

    colpevole, il fatto doloso della persona offesa;

    6) l’avere, prima del giudizio (492 c.p.p.), riparato interamente il danno, mediante il

    risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi,

    prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 56,

    adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le

    conseguenze dannose o pericolose del reato”; “Il giudice, indipendentemente dalle

    circostanze prevedute nell’art. 62, può prendere in considerazione altre circostanze

    diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse

    sono considerate in ogni caso, ai fini della applicazione di questo Capo, come una

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a357#a357http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a358#a358http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a15#a15http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a68#a68http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a102#a102http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a104#a104http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a105#a105http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a108#a108http://www.perrupato.it/codici/testo_proc_pen.htm#a492http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a56#a56http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a62#a62

  • sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze

    indicate nel predetto art. 62”;

    • speciali, che sono applicabili solo a determinate fattispecie di reato, ad esempio le

    lesioni personali ai sensi dell’art. 582 c.p.:

    1. malattia superiore ai 40 gg. GRAVEpericolo di vita

    indebolimento permanente

    GRAVISSIMA2. malattia insanabile

    Un’altra distinzione operabile sulle circostanze è la differenza che intercorre tra:

    • circostanze ad effetto comune, che determinano un aumento o una diminuzione di

    pena operati sulla pena base;

    • ad effetto speciale, che determinano un aumento o una diminuzione della pena in

    modo autonomo rispetto alla principale. Possono anche prevedere l’applicazione di

    pene pecuniarie o accessorie.

    Le aggravanti e le attenuanti devono tenere conto anche delle condizioni personali delle

    vittime, necessitano quindi di soggettività.

    Ad esempio l’art. 625 (Circostanze aggravanti) c.p., rubrica tutte le circostanze aggravanti

    del furto (art. 624 – Furto – c.p.: “Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui,

    sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la

    reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire trecentomila (€ 154,94) a un milione

    (€ 516,46) (c.p.625, 626, 649). 1[112]

    Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni

    altra energia che abbia un valore economico.

    Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle

    circostanze di cui agli articoli 61, n.7) e 625”). Il furto semplice si può solamente ottenere

    attraverso la somma delle aggravanti e delle attenuanti. Il furto aggravato è perseguibile

    d’ufficio.

    Le GENERICHE sono circostanze comuni introdotte dal legislatore nel 1944, per

    contemperare la severità del codice Rocco.

    Coloro che delinquono per la prima volta o hanno situazioni familiari o di vita disagiate

    possono beneficiare di una riduzione di pena fino ad un terzo.

    Occorre innanzi tutto operare una comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti.

    http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a62#a62http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a625#a625http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a626#a626http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a649#a649http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a61#a61http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a625#a625

  • Se il giudice ritiene che le aggravanti si equivalgano, quanto a disvalore sociale, e siano

    compensate da una o più circostanze attenuanti, che annullano o compensano le

    aggravanti, applicherà la pena prevista solamente per il reato base.

    Se il giudice ritiene che siano prevalenti le aggravanti, applicherà solamente queste.

    Se infine riterrà prevalenti le attenuanti, non terrà conto delle aggravanti.

    Il giudice deve tenere conto delle motivazioni che lo hanno portato ad assumere tale

    decisione finale.

    Le cause di giustificazione operano a favore del reo anche se putative.

    Solo le circostanze attenuanti si applicano se ritenute sussistenti dal reo, non anche le

    circostanze aggravanti.

    Le cause di giustificazione si applicano anche se non erano conosciute dall’agente.

    Per le circostanze vige il principio del favor rei.

    Quando un reato è commesso da più persone bisogna distinguere due tipologie diverse di

    circostanza:

    1. soggettive, che attengono ad una qualifica personale dell’agente (ad esempio un

    pubblico ufficiale);

    2. oggettive, riguardanti il fatto in sé (condotta, gravità, finalità, condizioni del soggetto

    passivo, etc.).

    Le circostanze soggettive non si stendono ai compartecipi, mentre le circostanze oggettive

    vengono applicate nei confronti di tutti i complici.

    Il concorso di reati si verifica quando l’agente, mediante una sola azione od omissione,

    ovvero con più azioni od omissioni, pone in essere l’esecuzione di più reati.

    Il concorso si distingue in:

    1. formale, quando più reati vengono commessi insieme con una sola azione od

    omissione;

    2. materiale, quando più reati vengono commessi mediante più azioni od omissioni.

    Tale tipologia di concorso si verifica anche per azioni od omissioni reiterate nel

    tempo, ovvero quando si realizzano diversi reati con più azioni od omissioni.

    Per il legislatore è più grave il concorso materiale rispetto a quello formale.

    La conseguenza sanzionatoria per il concorso formale deve essere applicata individuando

    il reato più grave e la pena prevista, aumentando così la pena per ogni reato ulteriore,

    senza superare però il triplo della pena iniziale.

    L’istituto del reato continuato, nonostante la terminologia utilizzata, individua una serie di

    reati tutti tra loro correlati da un medesimo disegno criminoso.