Lezione VI: Concorrenza perfetta (o quasi perfetta)

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IO: VI Lezione (P. Bertoletti) 1 Lezione VI: Concorrenza perfetta (o quasi perfetta) Gli esempi di mercati perfettamente competitivi sono rari (più dei monopoli; ex: alcuni mercati agricoli), ma la vera domanda è quanto buono sia questo modello come prima approssimazione del funzionamento di un mercato. 5 sono le ipotesi a base del modello: • 1) Atomicità: molti competitori piccoli rispetto al mercato e perciò tra di loro individualmente irrile-vanti;

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Lezione VI: Concorrenza perfetta (o quasi perfetta). Gli esempi di mercati perfettamente competitivi sono rari (più dei monopoli; ex: alcuni mercati agricoli ), ma la vera domanda è quanto buono sia questo modello come prima approssimazione del funzionamento di un mercato. - PowerPoint PPT Presentation

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Lezione VI: Concorrenza perfetta (o quasi perfetta)

• Gli esempi di mercati perfettamente competitivi sono rari (più dei monopoli; ex: alcuni mercati agricoli), ma la vera domanda è quanto buono sia questo modello come prima approssimazione del funzionamento di un mercato.

• 5 sono le ipotesi a base del modello:• 1) Atomicità: molti competitori piccoli rispetto al

mercato e perciò tra di loro individualmente irrile-vanti;

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Concorrenza perfetta – ipotesi modello base

• 2) Prodotto omogeneo;• 3) Perfetta informazione: i consumatori e i

produttori conoscono tutti i prezzi;• 4) Simmetria tecnologica: tutti i produttori

hanno accesso alla medesima tecnologia;• 5) Perfetta libertà di entrata nel e uscita

dal mercato.

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Conseguenze:Le assunzioni (1)-(3) implicano che ciascuna impresa percepisca la propria curva di domanda come perfetta-mente elastica:

p

q

p D

p p —> D > k = capacità produttiva dell’impresa, assunta “piccola”

p > p —> D = 0

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Perciò le imprese si comportano da price taker.

Nell’ipotesi che massimizzino i profitti, sul merca-to vigerà un unico prezzo, p*, con:

p* = Ci’(qi*)

per ogni impresa i, e D(p*) = i qi*. Tali condizio-ni assicurano che:

Ci’(qj*) = Cj’(qj*)

per ogni coppia di imprese i e j, e perciò che i costi a livello dell’industria siano minimizzati: vale per-tanto una condizione di efficienza paretiana (nella distribuzione della produzione), dato il numero delle imprese.

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In effetti, se anche le condizioni (4) e (5) sono soddisfatte:

nell’equilibrio di lungo periodo (LP) del mer-cato varranno anche la condizione di profitto nullo e dunque prezzo uguale al(l’unico) punto di minimo della curva di costo medio:

i* = 0, p* = Minq CU(q) = CU(qi*) ,

ovvero sarà assicurata l’efficienza paretiana (statica) nel funzionamento del mercato (il numero delle imprese sarà quello ottimale).

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Si rammenti inoltre che, nel LP:

• L’equilibrio (nella concettualizzazione mar-shalliana) è ottenuto come limite “asintoti-camente stabile” di un processo di entrata o uscita;

• Il numero delle imprese attive, n, è endoge-no.

• Se tutte le imprese hanno la medesima cur-va di CU “a U”:

• n* = D(p*)/qi*.

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Equilibrio di LP: continuazione

• Se invece vi sono rendimenti costanti di scala, la dimensione delle imprese e la loro numerosità di equilibrio rimangono indeterminate.

• Si noti infine che l’equilibrio concorrenziale di lun-go periodo del mercato NON è compatibile con la presenza di (prevalenti) economie o di diseconomie di scala, poiché i profitti non potrebbero essere nulli (in particolare, nel primo caso saremmo in presenza di un monopolio naturale; nel secondo, la configu-razione efficiente richiederebbe un numero infinito di imprese di dimensione trascurabile).

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In molti mercati, le cose appaiono andare in modo piuttosto diverso rispetto a quanto previsto dal mo-dello di concorrenza perfetta.

• In particolare, sembrano robusti i seguenti “fatti stilizzati”:

• 1) i tassi di profitto delle imprese sono diversi e ta-li rimangono nel LP (Mueller, 1986);

• 2) entrate e uscite su di un mercato avvengono contemporaneamente, con un tasso di variazione netto che è di un ordine di grandezza inferiore ri-spetto ai tassi lordi (Tab. 6.1, p. 115);

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Fatti stilizzati: continuazione

• 3) la dimensione delle imprese che entrano o esco-no da un mercato è molto più ridotta di quella me-dia delle imprese che vi operano. Inoltre sono le imprese più recenti e più piccole che escono, ma anche quelle che crescono di più.

• 4) la distribuzione per dimensione delle imprese è più o meno la stessa in tutti i paesi a parità di set-tore (indipendentemente dalla dimensione degli stati, e quindi della domanda: la Fig. 6.1, p. 117, si riferisce al settore manifatturiero).

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Il Processo di Selezione Competitiva(Jovanovic, 1982)

Un modello simile alla concorrenza perfetta ma più realistico si ottiene:

1) mantenendo le ipotesi (1)-(3) di atomicità, per-fetta informazione sui prezzi e prodotto omoge-neo;2) assumendo che le imprese paghino un costo ir-recuperabile per entrare sul mercato;3) ipotizzando che le imprese abbiano costi diver-si, e inizialmente non pienamente noti neppure a loro.

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Le precedenti ipotesi implicano che:a) le imprese decidono di entrare nel mercato se si aspettano ex post un profitto almeno superiore al costo di entrata. Tuttavia non escono immediata-mente se ottengono un profitto (non troppo) infe-riore alle aspettative (siccome i costi sostenuti non posso essere recuperati);b) in ogni periodo le imprese, che sono price taker, fissano la loro produzione in modo che il prezzo sia uguale al valore che si attendono per il loro costo marginale:

p = E{Ci’(qi)}dove E è l’operatore “valore atteso”.

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c) una volta entrate, le imprese “scoprono” gradualmente il loro effettivo livello di effi-cienza, facendo crescere la loro produzione oppure riducendola sino a poi uscire effet-tivamente dal mercato;

d) in pratica, una serie di “belle scoperte” accompagna la loro crescita, mentre l’uscita è l’effetto di una serie di “docce fredde”.

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Questa variante del modello di concorrenza è in grado di spiegare:

1) la differente profittabilità delle imprese;

2) la coesistenza di processi d’entrata e usci-ta;

3) la dimensione ridotta in entrata e uscita;

4) La distribuzione della dimensione delle imprese (dovuta banalmente alla distri-buzione dei costi marginali).

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• Si noti che, a causa del comportamento price taking delle imprese, il modello pre-vede che sia le scelte di produzione che quelle di entrata e uscita dal mercato effet-tuate dalle imprese sulla base delle loro a-spettative siano efficienti (in termini attesi: neppure un ipotetico pianificatore potrebbe fare meglio sulla base delle stesse informa-zioni).

• L’intuizione per questo risultato è la stessa della concorrenza perfetta: in assenza di e-sternalità il mercato funziona “bene”.

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La Concorrenza Monopolistica(Chamberlin, 1933)

Questa variante del modello competitivo prevede che le imprese sia atomistiche (e che come tali non si influenzino direttamente) ma producano prodot-ti differenziati per varietà (ex: settore abbiglia-mento, prodotti per la casa, piccola ristorazione, mobili, etc.).Ciascuna impresa fronteggia una curva di doman-da “residuale” (derivabile da quella di mercato) negativamente inclinata (dunque non perfetta-mente elastica), ed è perciò dotata di potere di mercato (è price maker).

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Breve periodo (BP)

qBP e pBP indicano le scelte ottime di breve periodo per una singo-la impresa; BP=(pBP - CU(qBP ))qBP > 0.

r’(q) è il ricavo marginale associato alla domanda individuale d(p);

p

0 q

pBP

CU(qBP)

d(p)

qBP

C’(q)CU(q)

r’(q)

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Si noti che pBP > CU(qBP):

• Perciò, data la libertà di entrata che il modello assume, nuove imprese entreranno (ad occupare nicchie di mercato libere), facendo diminuire la domanda individuale “residua” della singola im-presa (se il profitto di BP fosse stato negativo, al-cune imprese sarebbero uscite, facendo aumentare la domanda individuale).

• In un equilibrio di mercato di LP con libertà d’entrata il profitto deve essere nullo.

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Equilibrio di Lungo periodo

qLP e pLP indicano le scelte ottime di lungo periodo; LP=(pLP - CU(qLP ))qLP = 0.

p

0 q

pLP

d(p)

qLP

C’(q)CU(q)

r’(q)

q*

C’(qLP )

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Si noti che la condizione = 0 (soddisfatta nel LP) non implica efficienza. Infatti:

(a) pLP > C’(qLP), ovvero c’è inefficienza allocativa, dovuta al potere di mercato, dato il

numero delle imprese;

(b) pLP > Minq CU(q) = CU(q*), ovvero se vi fossero meno imprese esse potrebbero produrre e

vendere q* > qLP al prezzo C’(q*) = CU(q*) (la domanda individuale dovrebbe a tal fine passare per il punto di coordinate (q*, CU(q*)).

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Efficienza/Inefficienza

• In conseguenza del punto (b) si dice tradizional-mente che un’industria in concorrenza mopolistica produce in condizioni di eccesso di capacità pro-duttiva (qLP < q*).

• Tuttavia bisogna ricordare che siamo in presenza di prodotti differenziati. Perciò il suddetto eccesso potrebbe essere giustificato dal gusto dei consu-matori per la varietà (in altre parole, la riduzione di varietà necessaria per far diminuire i costi uni-tari potrebbe avere un costo eccessivo in termini di “surplus del consumatore”).

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• Inoltre la differenziazione di prodotto potrebbe essere “fittizia”, in quanto dovuta alle tecniche di marketing piuttosto che radicata nelle preferenze dei consumatori (ex: shampoo, detersivi, etc.): in tal caso gli elementi di inefficienza identificati sa-rebbero senz’altro reali.

• Si noti che un mercato di concorrenza perfetta può essere visto come caso limite di un mercato di concorrenza monopolistica in cui la differenzia-zione di prodotto è così minima da dar luogo ad una curva di domanda individuale perfettamente elastica.

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La terza parte del testo di Cabral studia i mercati oligopolistici.

• Ovvero il caso di poche grandi imprese che interagiscono strategicamente tra di loro.

• La differenza con le forme di mercato studiate sin qui la fanno appunto gli aspetti strategici, assenti a fortiori nel caso del monopolio e per ipotesi di atomicità negli altri casi esaminati.

• La Tab. 6.2, p. 126, riassume le differenze.

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