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IL CINQUECENTO La letteratura artistica Michelangelo Michelangelo Dott.ssa Francesca Andrea Mercanti

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IL CINQUECENTOLa letteratura artistica

Michelangelo Michelangelo

Dott.ssa Francesca Andrea Mercanti

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Frontespizio dell’edizione torrentiniana delle Vite (1550)

Frontespizio dell’edizione giuntina delle Vite (1568)

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Ritratto di Giorgio Vasari tratto dalle Vite (edizione giuntina, 1568)

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Nasce ad Arezzo nel 1511 da una famiglia di artigiani ceramisti – professione che esercita inizialmente anche

lo stesso Giorgio – da cui deriva il cognome “Vasari”.Fu discepolo di umanisti, abile pittore e architetto, nel

rispetto dell’ideale del suo tempo.I suoi capolavori di pittura (affreschi nella Sala Regia del

Vaticano e allegorie del Palazzo Vecchio di Firenze) ci dimostrano che egli era uno dei massimi esponenti del dimostrano che egli era uno dei massimi esponenti del

manierismo italiano. In qualità di architetto invece cura la costruzione degli Uffizi, della Casa dei Cavalieri di Santo Stefano a Pisa e

di casa sua ad Arezzo: esempi di perfezione rinascimentale toscana.

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Giorgio Vasari, Autoritratto, 1566-1568 circa, olio su tavola, Firenze, Galleria degli

Uffizi.

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Giorgio Vasari a Palazzo Vecchio a Firenze

Allegorie del Valor militare e dell’Onore, 1555 – 1572.

Allegorie della Sicurtà e della Vittoria, 1555 – 1572.

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Le due fotografie della diapositiva precedente, sono entrambe tratte

dalla Fototeca Zeri di Bologna.Si tratta di due albumine su carta Si tratta di due albumine su carta realizzate dopo il 1860 (ma prima

del 1920) dalla casa fotografica Brogi.

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Vite de' più eccellenti

pittori, scultori e

architettori italiani, da architettori italiani, da

Cimabue insino a' tempi

nostri

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Il Vasari stesso ci racconta come nacque il suo capolavoro, all’interno della sua autobiografia, alla fine della seconda edizione: durante una

riunione serale a casa del cardinale Alessandro Farnese a Roma nel 1546.

In realtà l’interesse di Vasari per queste cose In realtà l’interesse di Vasari per queste cose deve necessariamente essere nato in

precedenza, poiché proprio nella dedica a Cosimo I V evidenzia che il suo trattato gli

richiese una preparazione di dieci anni.

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Nel 1550 uscì la prima edizione, stampata dall’editore Torrentino, composta da 3 parti in 2 volumi.

Questa è opera di un solo getto e, malgrado alcune manchevolezze, è di grado superiore rispetto alla seconda

edizione.Tratta solo le vite di artisti già defunti o quelle la cui parabola

artistica è ormai compiuta e visibile nel suo insieme, rispettando così la tradizione della storiografia dell’arte fiorentina.

Solo la vita di Michelangelo Buonarroti fa eccezione, poiché egli Solo la vita di Michelangelo Buonarroti fa eccezione, poiché egli è il grande eroe del tempo di Vasari, avendo già raggiunto

l’immortalità in vita.Tutta l’opera tende a questo punto culminante, e in esso trova

compimento.L’ impressione infatti è quella di una struttura architettonica

molto rigida ma comunque organica e coerente, caratteristiche che invece non si troveranno più nella seconda edizione.

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Nel 1568 l’editore Giunti stampa la seconda edizione. Sono passati 18 anni e Vasari ha visto e imparato molto, ha visitato

luoghi che prima non conosceva (come Assisi e l’ Italia Settentrionale).

Apporta molte correzioni e aggiunte (34 nuove biografie solo per il ‘500, poiché considera in un’apposita sezione anche i viventi)

cercando di dare alla sua opera delle prospettive più ampie.Usa nuove fonti come ritratti degli artisti da lui disegnati e

disegni. Aggiunge inoltre la sua autobiografia, che però appare disegni. Aggiunge inoltre la sua autobiografia, che però appare lacunosa, frammentaria, poco precisa e senza anima.

Migliora lo stile e l’espressione a danno però della fresca naturalezza della precedente versione.

Va perduta l’ardita architettura della prima edizione, diventando poco chiara e unitaria.

Il Vasari ha lavorato coprendo di aggiunte e di cancellature i fogli di stampa di un unico esemplare e, alla luce di questa prassi, si

spiegano molte rappezzature, sviste gravi e ripetizioni.

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L’architettura della sua opera è tripartita: le tre parti delle Vite corrispondono ai tre periodi del Rinascimento (le tre grandi maniere)

Il primo comprende i principi, l’infanzia e la timida liberazione dalle ombre del Medioevo. Sono qui nominati artisti da Cimabue, i Pisani, Giotto, Arnolfo fino

alla fine del ‘300.Il secondo è quello della gioventù, della preparazione: da Jacopo della Quercia,

Masaccio, Donatello, Ghiberti e Brunelleschi sino alla fine del ‘400. Durante questa fase si raggiunge il massimo realismo grazie a studi di anatomia e

prospettiva e soprattutto alla regolarità che porta alla perfezione dello stile, ma tuttavia le opere rimangono fredde e rigide, il pittore rappresenta solo ciò che

vede e non aggiunge nulla di più.tuttavia le opere rimangono fredde e rigide, il pittore rappresenta solo ciò che

vede e non aggiunge nulla di più.Infine il terzo periodo conduce al pieno sviluppo, è il tempo della fioritura e

della maturità, che culmina nell’ “età dell’oro” rappresentata dai grandi nomi di Giorgione, Tiziano, Andrea del Sarto, ma soprattutto dalla triade Leonardo,

Raffaello e Michelangelo , considerato come il più grande artista ancora vivente di tutti i tempi, di fronte al quale persino gli antichi devono inchinarsi.

Questo periodo raggiunge la perfezione del disegno, la “perfetta maniera” basata sulla totale libertà di trattamento del modello naturale, il lavoro è

libero, vincolato solo da determinate regole artistiche.

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Questa triplice divisione dello svolgimento storico si ripete nel processo della storia del mondo. Alla

“maniera antica” dell’antichità segue la “maniera vecchia” ovvero il punto più basso del Medioevo, e la

“maniera moderna”.Il progresso della maniera antica si svolge a sua volta in 3 momenti e in 3 patrie distinte: Egitto, Grecia, Roma.3 momenti e in 3 patrie distinte: Egitto, Grecia, Roma.

Va anche detto che dopo Michelangelo, Vasari ravvisa come una decadenza, che porta a un quarto periodo,

quello manierista, di cui lui stesso come artista fa parte.

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FONTI Vasari si è servito con intelligenza della maggior parte della letteratura dell’arte esistente prima di lui, nella seconda edizione più che nella prima, e soprattutto con maggiore coscienza storica; infatti ora nomina molte fonti che prima aveva

adoperato senza citare o sotto vaghe indicazioni.Fonti dirette sono i Commentari del Ghiberti, il Libro di bottega del vecchio

Cennini e il Romanzo del Filarete.Vasari dimostra anche di fare largo uso della più antica guida di Firenze (scritta

dall’ Albertini nel 1508) e della biografia di Michelangelo del Condivi (1553).Si serve anche della letteratura storica (es. la Cronaca Longobardorum, Si serve anche della letteratura storica (es. la Cronaca Longobardorum,

cronache locali di Firenze, Siena e Venezia e le Storie Fiorentine di Giovi e Matteo Villani).

Si serve anche di lettere di artisti inserendole nel suo lavoro come quelle del Salviati e alcune di Raffaello .

Si servì delle tradizioni orali grazie alle sue estese conoscenze. Intervistò gli artisti contemporanei e i loro cari (amici, allievi padri ecc): ad esempio

Francesco da San Gallo gli fornì materiale sul fratello Giuliano, Palladio su Fra Giocondo da Verona, il Bronzino sul Pontormo ecc.

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Il fine storico che si era posto è coscientemente programmatico e dominato da intenzioni artistiche.

Cerca infatti di rappresentare la vita degli artisti nella sua totalità e di mettere d’accordo gli avvenimenti

esteriori con la loro attività produttiva. Questo porta a una forte trama moralistica.

Nella scelta dei ritratti Vasari non sempre si preoccupa Nella scelta dei ritratti Vasari non sempre si preoccupa che siano rispondenti al reale, ma si accontenta di una visualizzazione concreta del personaggio di cui narra.È continuamente preoccupato del “rilievo” dei suoi

personaggi e riferisce per questo aneddoti poco sicuri o tradizioni errate purchè vivi e pittoreschi.

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Ritratto di Michelangelo Buonarroti tratto dalle Vite di Giorgio Vasari (edizione giuntina, 1568)Come si è detto, Michelangelo Buonarroti è l’artista che Giorgio Vasari considera all’apice dello sviluppo dell’arte del suo tempo, dopo il quale c’è solo la dopo il quale c’è solo la decadenza.

Ebbe una vita molto lunga (nacque nel 1475 e morì nel 1564), fatto che gli permise di lavorare per molti papi e molti sovrani.

Fu pittore, scultore, architetto e poeta.

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I Buonarroti di Firenze facevano parte del patriziato fiorentino. Nessuno in famiglia aveva fino ad allora intrapreso la carriera artistica, un'arte

"meccanica”(cioè un mestiere che richiedeva sforzo fisico) poco consona al loro status, ricoprendo piuttosto incarichi nei pubblici uffici.

Dopo il trasferimento da Caprese, suo paese natale, a Settignano e dopo una formazione umanistica piuttosto generica, nel 1487 Michelangelo finalmente

approdò alla bottega di Domenico Ghirlandaio, artista fiorentino tra i più quotati dell'epoca.

Sembra ormai quasi certo che Michelangelo fu mandato a bottega proprio dal padre a causa dell'indigenza familiare : la famiglia aveva bisogno dei soldi

dell'apprendistato del ragazzo, al quale così non poté essere data un'istruzione padre a causa dell'indigenza familiare : la famiglia aveva bisogno dei soldi

dell'apprendistato del ragazzo, al quale così non poté essere data un'istruzione classica.

Manifestò un forte interesse per i maestri alla base della scuola fiorentina, soprattutto Giotto e Masaccio, copiando direttamente i loro affreschi nelle

cappelle di Santa Croce e nella Brancacci in Santa Maria del Carmine.Ancora molto giovane, Michelangelo iniziò a frequentare il giardino di San

Marco, una sorta di accademia artistica sostenuta economicamente da Lorenzo il Magnifico in una sua proprietà nel quartiere mediceo di Firenze, dove si

trovava una parte delle vaste collezioni di sculture antiche dei Medici, che i giovani talenti, ansiosi di migliorare nell'arte dello scolpire, potevano copiare.

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Madonna della Scala,

1491 circa, Casa Buonarroti, Firenze

Riprendendo la tecnica dello stiacciato, l’artista crea un'immagine di tale monumentalità da far pensare alle steli classiche.

La figura della Madonna, che La figura della Madonna, che occupa tutta l'altezza del rilievo, si staglia vigorosa, tra notazioni di vivace naturalezza, come il Bambino è assopito di spalle e i due putti, sulla scala da cui prende il nome il rilievo, occupati nell'insolita attività di tendere un drappo.

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Dopo i primi lavori del 1490 – 1492, in seguito alla morte di Lorenzo il Magnifico (che lo aveva avvicinato

agli ambienti del neoplatonismo) Michelangelo continuò a lavorare per i Medici, in particolare per

Piero.Con l’avvento di Savonarola, temendo di essere

coinvolto nei disordini, quale possibile bersaglio poiché coinvolto nei disordini, quale possibile bersaglio poiché protetto dai Medici, fuggì dalla città di nascosto e si recò prima a Venezia e poi a Bologna (1494 – 1495), dove ebbe modo di maturare grazie alla scoperta di

nuovi esempi, diversi dalla tradizione fiorentina, che lo influenzarono profondamente.

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Dopo un breve ritorno a Firenze, Michelangelo approda a Roma per

quello che sarà il suo primo quello che sarà il suo primo soggiorno romano (1496 – 1501)

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Bacco, 1497, marmo, Museo nazionale del Bargello, Firenze.Commissionata dal cardinale Raffaele Riario, la statua evoca il mito pagano di Bacco, qui rappresentato come un "giovane dio ebbro", che barcolla sostenendo una coppa mentre dietro di lui un piccolo satiro, seduto su un tronco.

La figura è resa in maniera naturalistica con La figura è resa in maniera naturalistica con un modellato fluido che evidenzia gli attributi di un'acerba virilità sensuale, e con effetti illusivi e tattili nel marmo che rendono l'opera in grado di gareggiare con i modelli della scultura ellenistica. La posa a contrapposto è vivace e sciolta, il volto espressivo, la sensualità evidente.

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Pietà, 1498, Basilica di San Pietro, Roma

Venne commissionata dal cardinale francese Jean de Bilhères de La Groslaye, ambasciatore di Carlo VIIIpresso papa Alessandro VI, che desiderava forse adoperarla per la propria sepoltura.

Il gruppo, fortemente innovativo rispetto alla tradizione scultorea delle Pietà tipicamente nordica, venne Pietà tipicamente nordica, venne sviluppato con una composizione piramidale, con la Vergine come asse verticale e il corpo morto del Cristo come asse orizzontale, mediate dal massiccio panneggio. La finitura dei particolari venne condotta alle estreme conseguenze, tanto da dare al marmo effetti di traslucido e di cerea morbidezza.

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Nel 1501, Michelangelo decide di rientrare a Firenze.rientrare a Firenze.

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David, 1501 – 1504, Gallerie dell’Accademia, Firenze.

Il 16 agosto del 1501 l'Opera del Duomo di Firenze gli affidò ad esempio una colossale statua del David da collocare in uno dei contrafforti esterni posti nella zona absidale della cattedrale. Si trattava di un'impresa resa complicata dal fatto che il blocco di marmo assegnato era stato precedentemente sbozzato da Agostino di Duccio nel 1464 e da Antonio Rossellino nel 1476, col rischio che fossero stati ormai asportati porzioni di marmo indispensabili alla buona conclusione del lavoro.marmo indispensabili alla buona conclusione del lavoro.

L'artista affrontò il tema dell'eroe in maniera insolita rispetto all'iconografia data dalla tradizione, rappresentandolo come un uomo giovane e nudo, dall'atteggiamento pacato ma pronto a una reazione, quasi a simboleggiare, secondo molti, il nascente ideale politico repubblicano. I fiorentini riconobbero immediatamente la statua come un capolavoro; così anche se era nata per l'Opera del Duomo, la Signoria decise di farne il simbolo della città e come tale venne collocata nel luogo col maggior valore simbolico: piazza della Signoria.

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A Firenze, oltre al David, Michelangelo realizzò una

Madonna col Bambino per il mercante di panni fiammingo mercante di panni fiammingo

Alexandre Mouscron per la sua cappella familiare a Bruges (1503)

e una serie di tondi.

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Madonna con il Bambino, 1503-1505 circa, marmo, Chiesa di Nostra Signora, Bruges

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Tondo Taddei, 1504-1506 circa, Royal Academy ofArts, Londra

Commissionato da Taddeo Taddei, si tratta di un'opera dall'attribuzione incerta, dove spicca l'effetto non-finito, presente nel trattamento presente nel trattamento irregolare del fondo, dal quale le figure sembrano emergere (forse un omaggio all'indefinito spaziale e all'avvolgimento atmosferico di Leonardo).

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Tondo Doni , 1503-1504 circa, tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze

I protagonisti sono grandiose proporzioni e dinamicamente articolati, sullo sfondo di un gruppo di ignudi. I colori sono audacemente vivaci, squillanti, e i corpi trattati in maniera scultorea ebbero un effetto folgorante sugli artisti folgorante sugli artisti contemporanei. Evidente è qui il distacco netto e totale dalla pittura leonardesca: per Michelangelo la migliore pittura è quella che maggiormente si avvicina alla scultura, cioè quella che possedeva il più elevato grado di plasticità possibile.

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Tra l'agosto e il settembre 1504, gli venne commissionato un monumentale affresco per la Sala Grande del Consiglio in Palazzo Vecchio che doveva

decorare una delle pareti, alta più di sette metri. L'opera doveva celebrare le vittorie fiorentine, in

particolare l'episodio della Battaglia di Cascina, vinta contro i pisani nel 1364, che doveva andare a fare

pendant con la Battaglia di Anghiari dipinta da pendant con la Battaglia di Anghiari dipinta da Leonardo sulla parete vicina.

Michelangelo fece in tempo a realizzare il solo cartone, sospeso nel 1505, quando partì per Roma, e

ripreso l'anno dopo, nel 1506, prima di andare perduto.

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Aristotele da Sangallo , Copia del cartone della Battaglia di Cascina di Michelangelo, 1542 , Holkham

Hall, Norfolk

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Leonardo da Vinci, Studio della testa di un guerriero per il cartone della Battaglia di Anghiari

Peter Paul Rubens, Copia del cartone della Battaglia di Anghiari di Leonardo

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Michelangelo è chiamato inoltre a progettare, dal 1507, il tamburo della

chiesa di Santa Maria del Fiore.

Dal 1505 al 1513 Michelangelo èDal 1505 al 1513 Michelangelo ènuovamente a Roma, per un secondo

soggiorno, durante il quale è attivo per Papa Giulio II (per la cui tomba farà

ben tre progetti).

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La volta della Cappella Sistina (1508-1512)Sistina (1508-1512)

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Ipotesi restitutiva della Cappella Sistina prima dell’intervento di Michelangelo

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La prestigiosa impresa, la ridecorazione della volta della Cappella Sistina, venne commissionata da Giulio II .

A causa del processo di assestamento dei muri, si era infatti aperta, nel maggio del 1504, una crepa nel soffitto della cappella rendendola inutilizzabile per molti mesi; rinforzata con catene poste nel locale

sovrastante da Bramante, la volta aveva bisogno però di essere ridipinta. L'impresa si dimostrava di proporzioni colossali ed estremamente complessa, ma avrebbe dato a Michelangelo

l'occasione di dimostrare la sua capacità di superare i limiti in un'arte l'occasione di dimostrare la sua capacità di superare i limiti in un'arte quale la pittura, che tutto sommato non sentiva come sua e non gli era congeniale. L'8 maggio di quell'anno l'incarico venne dunque accettato

e formalizzato.Il ciclo di affreschi completava iconologicamente le Storie di Gesù e di

Mosè realizzate da un team di pittori (tra cui Botticelli, Ghirlandaio e Perugino) nel 1481-1482, al tempo di Sisto IV; Michelangelo dipinse infatti sulla volta le storie dell'umanità "ante legem", cioè prima che

Dio inviasse le Tavole della Legge a Mosè.

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Michelangelo decorò tutto il registro superiore delle pareti con sedici lunette (di cui due distrutte per far spazio al Giudizio Universale, nel 1537-1541) che incorniciano gli archi delle finestre e che si trovano sopra la serie dei ritratti

dei primi pontefici entro nicchie (opera dei frascanti quattrocenteschi), ai lati delle finestre stesse.

Per quanto riguarda la volta vera e propria essa è composta innanzitutto da otto vele sopra le lunette dei lati maggiori e quattro pennacchi, agli angoli, sulle lunette dei lati minori e su quelle d'estremità nei lati maggiori. Vele e lunette presentano le quaranta generazioni degli Antenati di Cristo, riprese

dal Vangelo di Matteo.Ai lati delle vele si trovano i troni dei Veggenti (Profeti e Sibille) entro una finta Ai lati delle vele si trovano i troni dei Veggenti (Profeti e Sibille) entro una finta

impaginazione architettonica, che comprende plinti con putti-cariatide a monocromo e, negli spazi triangolari ai lati delle punte delle vele, coppie di

Nudi bronzei; nella parte inferiore dei pennacchi, sotto l'ipotetico basamento su cui stanno appoggiati i troni, si trovano dei putti che reggono targhe coi

loro nomi: essi sono su superfici curve che finiscono ai lati delle lunette.La fascia centrale della volta è riempita infine con nove Storie della Genesi, inquadrate dalla continuazione delle membrature architettoniche ai lati dei

troni, sulle quali sono seduti giovani "ignudi", che reggono ghirlande con foglie di quercia, allusione al casato del papa Della Rovere.

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Il tema generale degli affreschi della volta è il mistero della Creazione di Dio, che raggiunge il culmine nella

realizzazione dell'uomo a sua immagine e somiglianza. Con l'incarnazione di Cristo, oltre a riscattare l'umanità dal peccato originale, si raggiunge il perfetto e ultimo

compimento della creazione divina, innalzando l'uomo ancora di più verso Dio. In questo senso appare più

chiara la celebrazione che fa Michelangelo della chiara la celebrazione che fa Michelangelo della bellezza del corpo umano nudo.

Inoltre la volta celebra la concordanza fra Antico e Nuovo Testamento, dove il primo prefigura il secondo, e

la previsione della venuta di Cristo in ambito ebraico (con i profeti) e pagano (con le sibille).

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STORIE DELLA GENESII nove riquadri centrali mostrano Storie della Genesi, disposte in ordine cronologico partendo dalla parete

dell'altare.

Separazione della luce dalle tenebre

Creazione degli astri

Separazione della terra dalle acqueSeparazione della terra dalle acque

Creazione di Adamo

Creazione di Eva

Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre

Sacrificio di Noè

Diluvio Universale

Ebbrezza di Noè

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Creazione degli astri

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Creazione di Adamo

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PROFETI e SIBILLENella teologia rinascimentale le sibille, sebbene appartenenti al

mondo pagano, erano spesso associate ai profeti, poiché si ritenevano a pieno titolo partecipi della rivelazione divina, nella misura in cui Dio aveva desiderato, e capaci di annunciare la venuta di Cristo nelle loro

profezie. Zaccaria

Gioele

Sibilla DelficaSibilla Delfica

Sibilla Eritrea

Isaia

Ezechiele

Sibilla Cumana

Sibilla Persica

Daniele

Geremia

Sibilla Libica

Giona

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Sibilla Delfica

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Sibilla Cumana

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Giona

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STORIE DELL’ANTICO TESTAMENTONei pennacchi angolari si trovano quattro scene bibliche, che si riferiscono ad altrettanti eventi

miracolosi a favore del popolo eletto.

Giuditta e OloferneGiuditta e Oloferne

Davide e Golia

Punizione di Aman

Serpente di bronzo

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ANTENATI DI CRISTOGli Antenati di Cristo si trovano lungo le sedici lunette (due distrutte, quindi oggi quattordici) e le otto vele.

Essi rappresentano le quaranta generazioni anteriori a Gesù secondo l'elenco del Vangelo di Matteo e Gesù secondo l'elenco del Vangelo di Matteo e

simboleggiano la speranza e l'attesa dell'Incarnazione e della redenzione senza l'illuminazione divina dei

Veggenti.

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Tra 1516 e 1524, Michelangelo è nuovamente a Firenze per rispondere alla chiamata di Giovanni de Medici, figlio di Giovanni de Medici, figlio di

Lorenzo il Magnifico, eletto Papa come Leone X.

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LAVORI NELLA CHIESA DI SAN LORENZOIn occasione di un viaggio del papa a Firenze nel 1516, il pontefice

decise allora di indire un concorso per realizzare una facciata per la chiesa di San Lorenzo, a cui parteciparono Giuliano da Sangallo,

Raffaello, Andrea e Jacopo Sansovino, nonché Michelangelo stesso, su invito del papa.

Il progetto di Michelangelo, per il quale vennero eseguiti numerosi disegni e ben due modelli lignei (uno è a oggi a Casa Buonarroti) prevedeva una struttura a nartece con un prospetto rettangolare.

Per ospitare degnamente i resti dei due cugini, nonché quelli dei fratelli Magnifici Lorenzo e Giuliano, rispettivamente padre e zio di Leone X, il papa maturò l'idea di creare una monumentale cappella

funebre, la Sagrestia Nuova, da ospitare nel complesso di San Lorenzo. L'opera venne affidata a Michelangelo prima ancora del definitivo annullamento della commissione della facciata . La morte di Leone

sospese il progetto solo per breve tempo, poiché già nel 1523 venne eletto suo cugino Giulio, che prese il nome di Clemente VII e confermò

a Michelangelo tutti gli incarichi.

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La Biblioteca Laurenziana (1530 – 1534), annessa alla chiesa di San Lorenzo, venne interamente progettata dal Buonarroti: nella sala di

lettura si rifece al modello della biblioteca di Michelozzo in San Marco, eliminando la divisione in navate e realizzando un ambiente con le

mura scandite da finestre sormontate da mezzanini tra pilastrini, tutti con modanature in pietra serena. Disegnò anche i banchi in legno e forse lo schema di soffitto intagliato e pavimento con decorazioni in

cotto, organizzati in medesime partiture. Il capolavoro del progetto è il cotto, organizzati in medesime partiture. Il capolavoro del progetto è il vestibolo, con un forte slancio verticale dato dalle colonne binate che

cingono il portale timpanato e dalle edicole sulle pareti.[ Solo nel 1558 Michelangelo fornì il modello in argilla per lo scalone,

da lui progettato in legno, ma realizzato per volere di Cosimo I de' Medici, in pietra serena]

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Nel 1534 Michelangelo lasciò Firenze per recarsi a Roma, dove lo

attendevano le commesse degli eredi di Papa Giulio II.eredi di Papa Giulio II.

L’artista non mise mai più piede nella sua città.

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Il Giudizio Universale

(1534-1541)(1534-1541)

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Realizzato tra il 1535 e il 1541 per decorare la parete dietro l'altare della Cappella Sistina (Musei Vaticani, Roma), si tratta di una delle più grandiose rappresentazioni della parusia, ovvero dell'evento dell'ultima venuta alla fine dei tempi del Cristo per inaugurare il Regno di Dio, nonché di un capolavoro dell'arte

occidentale in generale.L’affresco è commissionato da Clemente VII, il cui desiderio era di legare anche il proprio nome all'impresa della Sistina, come

avevano fatto i suoi maggiori predecessori: Sisto IV e le Storie di avevano fatto i suoi maggiori predecessori: Sisto IV e le Storie di

Mosè e di Cristo dei pittori fiorentini quattrocenteschi (1481-1482), Giulio II e la volta di Michelangelo stesso (1508-1512),

Leone X e gli arazzi di Raffaello (1514-1519 circa).Non si sa quando l'artista accettò l'incarico ufficialmente, ma nel

settembre del 1534 egli partì da Firenze per Roma, ma pochi giorni dopo, il 25, il papa moriva: pensando che la commissione

fosse destinata a cadere nel vuoto, Michelangelo tralasciò il Giudizio e si dedicò ad altro.

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Il nuovo papa, Paolo III Farnese, confermò invece l'incarico a Michelangelo.Intanto doveva essere sistemata la parete: dovevano essere tamponate due

finestre e doveva essere costruita una "scarpa" di mattoni che fosse inclinata leggermente verso l'interno. Il Giudizio rappresentò il primo intervento

"distruttivo" nella storia della Cappella, stravolgendo l'originale impostazione spaziale e iconografica, che si era delineata nei precedenti apporti fino ad

allora sostanzialmente coordinati.La distruzione dovette essere una decisione tormentata, come testimonia la

presenza ancora delle cornici originarie nei primi disegni preparatori, ma alla fine necessaria per disporre interamente della parete e annullarla

nell'astrattezza spaziale del cielo sconfinato.nell'astrattezza spaziale del cielo sconfinato.Alcuni schizzi (uno al Museo Bonnat di Bayonne, uno a Casa Buonarroti e uno al British Museum) chiariscono la genesi dell'opera. Michelangelo partì dallo studio di precedenti iconografici tradizionali distaccandosene rapidamente: il motivo dell'ascesa dei beati si sviluppò infatti in un groviglio di corpi come in

una violenta lotta, simile alla zuffa dei dannati che, nella zona inferiore, vengono spediti in Inferno. Agli ordinati Giudizi della tradizione, egli oppose

una composizione estremamente più dinamica, basata su moti concatenati o contrastanti, sia di singole figure che di gruppi.

L'opera venne terminata nel 1541 e scoperta la vigilia di Ognissanti, la stessa nottata in cui, nel 1512, erano stati rivelati gli affreschi della volta.

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Il Giudizio, sebbene volutamente strutturato evitando la tradizionale composizione molto bella dell'immagine in ordini sovrapposti, è comunque divisibile, per comodità

di trattazione, in tre zone fondamentali:

Gli angeli con gli strumenti della Passione in alto nelle lunette

Il Cristo e la Vergine tra i beati

La fine dei tempi, con gli angeli che suonano le trombe dell'Apocalisse, la resurrezione dei corpi, l'ascesa al cielo

dei giusti e la caduta dei dannati all'Inferno

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Particolare del Cristo Giudice

La figura prevalente è la figura ellittica, come la mandorla di luce in cui è inscritto il Cristo, i gruppi angelici o il risultato complessivo delle spinte di salita e di discesa, salvo alcune eccezioni, come lo schema piramidale dei santi ai piedi di piramidale dei santi ai piedi di Cristo giudice.

Dallo stile appare una visione grandiosa dell'umanità, un'idea di "uomo-eroe" che grandeggia anche nel peccato. Michelangelo si richiama quindi al concetto di antropocentrismo proprio del Rinascimento.

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Angeli con gli strumenti della Passione

Lunetta destra Lunetta sinistra

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Il primo anello

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Secondo l'iconografia tradizionale, l'anello di beati più vicino a Cristo era in genere riservato agli Apostoli sui troni delle dodici

tribù d'Israele, elemento eliminato da Michelangelo che sintetizzò anche la Deesis (la Vergine e san Giovanni che

intercedono ai lati di Cristo) nella sola Vergine.Attorno alle due figure centrali si dispone una prima, turbinosa

corona di santi, patriarchi e apostoli, composta da innumerevoli figure che sono collegate l'un l'altra in una fitta sequenza di gesti e scorci, fino a perdersi in profondità nell'orizzonte. Non si tratta e scorci, fino a perdersi in profondità nell'orizzonte. Non si tratta

però di giustapposizione casuali, ma tutto si ricollega a ritmi precisi, fatti di simmetrie interpretate con libertà e dinamismo.

Tutte le figure principali partecipano attivamente ed emotivamente al Giudizio, con le espressioni del volto, con gesti delle mani e delle braccia, che affiorano in primo piano ora per affermare o interrogare o implorare, oppure ripiegate al petto e

al volto a manifestare angoscia, timore o sconvolgimento.

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Il secondo anello

La seconda corona è composta da martiri, confessori della Chiesa,

vergini e altri beati.

Lato destro Lato sinistro

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Nel gruppo di sinistra si vedono quasi esclusivamente donne, le vergini, le sibille e le eroine dell'Antico Testamento. Tra le

numerose figure di questa schiera sono scarse e poco documentabili le proposte di identificazione. Si coglie soprattutto un senso dinamico delle figure, con alcune della fascia inferiore che vengono aiutate a salire in quella superiore, proseguendo quel moto ascensionale che, nella fascia inferiore, riguarda da

questo lato i beati. I volti sono caratterizzati intensamente, questo lato i beati. I volti sono caratterizzati intensamente, mentre i gesti e le attitudini mostrano un'eccitazione ben

maggiore rispetto alle figure della corona centrale.

Il gruppo di destra è composto da martiri, confessori e altri beati, con una preponderanza di figure maschili.

In questo gruppo si contano almeno ottanta personaggi.

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Fine dei tempi

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La fascia sottostante è a sua volta suddivisibile in cinque parti: al centro gli angeli con le trombe e i libri che annunciano la fine dei

tempi, il risveglio dei morti, in basso a sinistra, la salita degli eletti, in alto a sinistra, la cacciata dei dannati, in alto a destra e

l'inferno in basso a destra.L'insieme è quindi governato da un doppio vortice verticale,

ascendente e discendente, che continua anche nei gruppi soprastanti delle schiere paradisiache. Il rarefarsi della folla di corpi, rispetto alla zona soprastante, fa sì che i vari gruppi si

staglino più drammaticamente sullo sfondo azzurro, generando corpi, rispetto alla zona soprastante, fa sì che i vari gruppi si

staglino più drammaticamente sullo sfondo azzurro, generando la sensazione di uno spazio immenso.

Tra le fonti usate da Michelangelo per rappresentare demoni e dannati ci furono le stampe tedesche e fiamminghe e,

sicuramente, la Divina Commedia di cui fu appassionato lettore. La sua rappresentazione dell'inferno non è comunque una pedissequa illustrazione di Dante, dal quale si distacca con

numerose licenze

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Annuncio della fine dei

tempi

Sotto la figura di Cristo giudice si vedono undici angeli, ancora privi di ali, che, composti in uno spazio per lo più ovale, annunciano la fine dei tempi, risvegliando i morti con le trombe dell'Apocalisse e mostrando all'umanità che si mostrando all'umanità che si risveglia i libri profetici delle Sacre Scritture che si avverano oppure i libri in cui sta scritta la vita passata di ognuno. Molto note sono queste figure di idealizzata bellezza, rese con estrema espressività soprattutto quelli che suonano: hanno infatti le guance gonfie di fiato e strabuzzano gli occhi per la fatica.

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Resurrezione dei corpi

Più sotto si vede un antro popolato di figure diaboliche. A sinistra di esso avviene la resurrezione dei corpi in una landa desolata; essi escono dai sepolcri e recuperano la propria corporeità, in atteggiamenti che ben esprimono un faticoso risveglio dal torpore degli abissi e ritorno alla coscienza. Si vedono uomini che affiorano dalla terra, altri che spingono su i lastroni di roccia che coprono il sepolcro, altri ancora che escono coprono il sepolcro, altri ancora che escono da crepacci, talvolta vestiti, talvolta nudi, talvolta a metà della trasformazione composti ancora dal solo scheletro.

Straordinaria è la ricchezza inventiva nelle singole composizioni: alcuni risorti diventano subito soccorritori per gli altri, sollevando al cielo chi non ha ancora riacquistato piena coscienza, con una serie di atteggiamenti che richiamano temi iconografici come le Deposizioni o i Compianti su Cristo morto.

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Salita degli eletti

La parte soprastante è occupata da un gruppo di eletti che ascendono verso le schiere dei santi. Alcuni volano, altri sembrano sospinti o rapiti da una forza incontrollabile, altri ancora sono aiutati da angeli e altri beati in vari modi: trascinati in volo, spinti, caricati, tirati per le braccia, issati con corde, che qualcuno ha letto come un rosario,simbolo antiluterano di preghiera.qualcuno ha letto come un rosario,simbolo antiluterano di preghiera.

Nella rappresentazione dei corpi in movimento Michelangelo attinse a tutta la sua inarrivabile fantasia, scegliendo attitudini dinamiche sempre diverse, con scorci che mostrano tutte le "difficultàdell'arte”.

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Discesa dei dannati

Sul lato opposto la scena è bilanciata dalla zuffa dei dannati che, lottando contro la loro condanna, sono respinti inesorabilmente verso l'inferno.

Si tratta di uno dei punti più dinamici e violenti dell'intera rappresentazione, con grappoli di figure che sono in lotta ora affiorando nel primo piano, investiti da una luce incidente, ora investiti da una luce incidente, ora scompaiono nello sfondo in penombra. Gli angeli picchiano coi pugni i reprobi, mentre i demoni li trascinano verso l'abisso con ogni modo.

In alcuni casi alcuni attributi manifestano la colpa.

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Inferno

In basso a destra, infine, si trova la rappresentazione dell'Inferno, sullo sfondo di un cielo rosso di fiamme. A sinistra Caronte a colpi di remo insieme ai demoni percuote e obbliga a scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente. È evidente in questa parte il riferimento questa parte il riferimento all'Inferno della Divina Commedia

di Dante.

Ancora una volta l'artista concentra la propria attenzione sul corpo umano, sulla sua perfezione celeste e sulla sua deformazione tragica. Indescrivibile è il tumulto, il groviglio di corpi, la disperata gestualità e i volti esterrefatti, come maschere bestiali e raccapriccianti.

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San Bartolomeo reca in

mano la sua pelle: in essa è stato riconosciuto l'autoritratto anamorfico di Michelangelo.

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A questi stessi anni risale anche un abbozzo per un cavallo destinato forse a un monumento equestre, che risulta

completato il 12 ottobre, commissionato nel 1537 dal duca d’Urbino Francesco Maria I della Rovere. L'artista però si rifiutò di inviare il progetto al duca, poiché insoddisfatto.

Dalla corrispondenza si apprende anche che entro i primi di luglio Michelangelo gli aveva progettato anche una saliera.

Al 1538 si data la ristrutturazione di piazza del Campidoglio, centro dell'amministrazione civile romana fin dal Medioevo e in stato di degrado, riqualificata con il trasferimento della

statua equestre di Marc'Aurelio, simbolo dell'autorità imperiale e per estensione della continuità tra la Roma

imperiale e quella papale.L’impresa è commissionata da Papa Paolo III.

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Piazza del Campidoglio in una stampa di Étienne Dupérac (1568)

Tenendo conto delle preesistenze vennero mantenuti e trasformati i due edifici esistenti realizzando di conseguenza la piazza a pianta trapezoidale con sullo sfondo il palazzo dei Senatori, dotato di palazzo dei Senatori, dotato di scala a doppia rampa, e delimitata ai lati da due palazzi: il Palazzo dei Conservatori e il cosiddetto Palazzo Nuovo costruito ex novo, entrambi convergenti verso la scalinata di accesso al Campidoglio.

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Copia della Crocifissione per Vittoria Colonna di Marcello Venusti

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Databile al 1541 e forse dispersa, oppure mai dipinta è la Crocifissione per Vittoria Colonna. Di quest'opera ci restano solamente alcuni disegni preparatori di incerta

attribuzione, il più famoso è senz'altro quello conservato al British Museum, mentre buone copie si

trovano nella concattedrale di Santa Maria de La trovano nella concattedrale di Santa Maria de La Redonda e alla Casa Buonarroti. Inoltre esiste un'opera attribuita a Michelangelo, sulla base di un testamento

di un conte viterbese datato al 1725, esposta nel Museo del Colle del Duomo di Viterbo.

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Cappella Paolina (1542-1550)1550)

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Conversione di Saulo (1542-1545) Martirio di San Pietro (1545-1550)

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Dal 1542 Paolo III gli commissionò quella che rappresenta la sua ultima opera pittorica, dove ormai anziano lavorò per quasi dieci anni, in contemporanea ad altri impegni. Il papa Farnese, geloso e seccato del fatto che il luogo ove la celebrazione di Michelangelo

pittore raggiungesse i suoi massimi livelli fosse dedicato ai papi Della Rovere, gli affidò la decorazione della sua ai papi Della Rovere, gli affidò la decorazione della sua

cappella privata in Vaticano che prese il suo nome (Cappella Paolina).

Michelangelo realizzò due affreschi, lavorando da solo con faticosa pazienza, procedendo con piccole "giornate", fitte di interruzioni e pentimenti.

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La vecchiaia

La serie delle PietàLa serie delle Pietà

(1550-1555 circa)

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Pietà Bandini (o Pietà dell'Opera del

Duomo), 1550 circa, Museo dell’Opera del Duomo Firenze

Opera destinata alla sua tomba e abbandonata dopo che l'artista frantumò, in un accesso d'ira due o tre anni più tardi, il braccio e la gamba sinistra del Cristo, spezzando anche la mano della Vergine. Fu in seguito Tiberio Calcagni a ricostruire il braccio e rifinire la Maddalenalasciata dal Buonarroti allo stato di non-finito: il gruppo costituito dal Cristo sorretto dalla il gruppo costituito dal Cristo sorretto dalla Vergine, dalla Maddalena e da Nicodemo è disposto in modo piramidale con al vertice quest'ultimo; la scultura viene lasciata a diversi gradi di finitura con la figura del Cristo allo stadio più avanzato.

Nicodemo sarebbe un autoritratto del Buonarroti, dal cui corpo sembra uscire la figura del Cristo: forse un riferimento alla sofferenza psicologica che lui, profondamente religioso, portava dentro di sé in quegli anni.

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Pietà Rondanini, 1550 circa, Civiche Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco, Milano

Michelangelo nel 1561 donò la scultura al suo servitore Antonio del Francese continuando però ad apportarvi modifiche sino alla morte; il gruppo è costituito da parti condotte a termine, come il braccio destro di Cristo, e da parti non finite, come il torso del Salvatore parti non finite, come il torso del Salvatore schiacciato contro il corpo della Vergine quasi a formare un tutt'uno. Successivamente alla scomparsa di Michelangelo, in un periodo imprecisato, questa scultura fu trasferita nel palazzo Rondanini di Roma e da questi ha mutuato il nome. Attualmente si trova nel Castello Sforzesco, acquistata nel 1952 dalla città di Milano da una proprietà privata.