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Lezione 19.2.010 Diritto U.E. Avv. Vito Rubino - Ricercatore di Diritto U.E. Facoltà di Giurisprudenza, Università del Piemonte Orientale [email protected]

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Lezione 19.2.010Diritto U.E.

Avv. Vito Rubino - Ricercatore di Diritto U.E.Facoltà di Giurisprudenza, Università del Piemonte Orientale

[email protected]

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Argomento della lezione:

Il diritto comunitario dinanzi al giudice nazionale edinanzi al giudice comunitario. Efficacia diretta eapplicabilità diretta delle norme comunitarie”;

“La violazione del diritto comunitario da partedello stato: dalla la procedura di infrazioneall’azione di risarcimento danni contro lo stato”;

“Cenni in materia di ricorsi diretti contro gli atticomunitari”

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Atti comunitari e loro efficacia.

Casi pratici.

Conseguenze della mancata trasposizione delledirettive nell’ordinamento interno;

casi pratici

Cenni alle impugnazioni dirette degli atti comunitari.Legittimazione attiva e procedura.

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IGli atti nell’ordinamento

dell’Unione europea

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A) PROFILI GENERALI.

L’ordinamento dell’Unione europea, come tutti gli ordinamenti giuridici, è provvisto diun suo SISTEMA DI FONTI.

Nella classificazione teorica si rinviene una distinzione fra

> FONTI PRIMARIE : Trattati

> FONTI INTERMEDIE: Principi generali del Diritto

> FONTI SECONDARIE: atti di diritto derivato

Non si tratta in realtà di una classificazione contenuta nei Trattati: questi, semmai, nellariorganizzazione successiva alla entrata in vigore del Trattao di Lisbona (1.12.09) prevedono cheil Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea(TFUE) abbiano “lo stesso valore giuridico”.

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A) PROFILI GENERALI.

La gerarchia tra questi diversi atti può comunque essere ricavata da un insieme diconsiderazioni logiche e da elementi normativi contenuti nei Trattati stessi:

A) SUI TRATTATI:

1) i Trattati costituiscono la fonte primaria dell’ordinamento dell’Unione perché da essil’Unione, e per essa le sue istituzioni, traggono la legittimazione ed il potere(sovranità) di regolare autonomamente determinati ambiti con effetti giuridici neiconfronti degli Stati membri ed in determinati casi dei c.d. “singoli”;

2) l’art. 263 co. 2 TFUE include esplicitamente fra i vizi di legittimità degli atti didiritto materiale derivato la “violazione dei Trattati e di qualsiasi regola di dirittorelativa alla loro applicazione

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A) PROFILI GENERALI.

B) SUI PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO:

Sono un insieme di fonti eterogenee, accomunate dal fatto di trarre la loro giuridicità dalTUE (cui sono, evidentemente, sottoposti). Si pongono al di sopra degli atti di dirittomateriale derivato, in quanto espressione di valori giuridici superiori che devono essererispettati nell’esercizio dell’attività normativa ed amministrativa nell’Unione.

Si classificano in

Principi generali di diritto dell’Unione , e.g.

> principio di NON DISCRIMINAZIONE > ART. 18 TFUE (e.g. elaborazionegiurisprudenziale sulla parità uomo-donna nell’ambito del diritto del lavoro);

> principio di LIBERA CIRCOLAZIONE > ART. 21 TFUE (e.g. elaborazionenormativa e giurisprudenziale del principio e.g. dir. 2004/38 CE)

etc.

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A) PROFILI GENERALI.

B) SUI PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO:

Principi generali del diritto comuni agli ordinamenti degli Stati membri:

Incompletezza dell’ordinamento comunitario: alcuni principi, pur essendo pienamenteparte dell’ordinamento comunitario, vengono ricavati attraverso l’analisi delleesperienze giuridiche nazionali.

Art. 340 2° co TFUE > “ In materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deverisarcire, conformemente ai principi generali comun i ai diriotti degli Stati membri, idanni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni”

E.G.

principio dello stato di diritto, di legalità, della certezza del diritto, del legittimoaffidamento etc.

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A) PROFILI GENERALI.

B) SUI PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO:

Principi attinenti la protezione dei diritti fondam entali:

sono attualmente sanciti dall’art. 6 TUE, a norma del quale “l’Unione riconosce i diritti,le libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europeadel 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stessovalore giuridico dei Trattati. (…)

par. 2= L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei dirittidell’uomo e delle libertà fondamentali (…).

Par. 3 = I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per lasalvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalletradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione inquanto principi generali”

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO:

possono essere:

> atti legislativi > direttive, regolamenti, decisioni

> atti legislativi delegati> previsti dal nuovo art. 290 TFUE

> atti esecutivi > di natura amministrativa.

A) ATTI LEGISLATIVI = art. 288 TFUE

“Per esercitare le competenze dell’Unione le istituzioni adottano regolamenti, direttive,decisioni, raccomandazioni e pareri. Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio intutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La direttivavincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salvarestando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi. La decisione èobbligatoria per tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto neiconfronti di questi. Le raccomandazioni ed i pareri non sono vincolanti”.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

I regolamenti hanno CARATTERE NORMATIVO:

�l’art. 288 TFUE li pone al primo posto nell’elenco degli atti;�Il 2° co. Art. 288 definisce i regolamenti con gli attributi tipici di un attonormativo: portata generale, efficacia diretta, natura vincolante.

A) PORTATA GENERALE: Art. 288 TFUE: “ il regolamento ha portata generale”È l’elemento che consente di distinguere i regolamenti da tutti gli altri atti comunitarielencati nell’art. 288 TFUE.Si sostanzia nel fatto che a differenza delle DECISIONI (atti amministrativi) ilregolamento si RIVOLGE AD UN NUMERO INDETERMINATO DI SOGGETTI,INDIVIDUATI ASTRATTAMENTE E NEL LORO COMPLESSO(cfr. sentenza 14.12.1962, cause riunite 16 e 17/62, Confederation Nationale desproducteurs de fruits et legumes)

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

L’indicazione determina alcune conseguenze:

� PROBLEMA DELLO “SMASCHERAMENTO ”=Anche se un atto reca la denominazione di “regolamento” può, in realtà essere INTUTTO O IN PARTE una DECISIONE. Ove infatti il “regolamento” prendesse inconsiderazione posizioni individuali e soggettive dovrebbe essere considerato unadecisione per il principio della PREVALENZA SULLA FORMA

“ la Corte non può arrestarsi alla denominazione ufficiale dell’atto, bensì deve tenereconto in primo luogo del suo oggetto e del suo contenuto” (cfr. sentenza 14.12.1962cit.)

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

2)PROBLEMA DELLE CATEGORIE DI DESTINATARIAnche se un regolamento si occupa di aspetti relativi a specifiche categorie didestinatari può conservare la sua portata generale e la sua natura normativa.Esempio: regolamenti sulle O.C.M.Sentenza 11.7.1969 causa 6/68, Zuckerfabrik Watenstedt

Il Caso:Impugnazione di un regolamento in materia di fissazione dei prezzi dello zucchero bianco e deiderivati. La ricorrente contestava la natura di “regolamento” della norma per il fatto che,rivolgendosi di fatto ad una categoria ben specifica di produttori agricoli, i suoi destinatari eranoindividuabili.La decisione della Corte:“ la disposizione di cui trattasi stabilisce il regime dei prezzi di un prodotto, e, come conseguenza,i diritti e gli obblighi degli acquirenti e dei venditori, ivi compresi i produttori. Tale disposizioneha portata generale (…) essa si applica a situazioni determinate oggettivamente, implica effettigiuridici per categorie di persone considerate in modo generale ed astratto e riguarda laricorrente unicamente in vista della sua qualità di venditrice di zucchero di barbabietola grezzo,senza alcun’altra spiegazione. (…) La natura di regolamento di un atto non viene poi meno ovesia possibile determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità deidestinatari in un determinato momento, purché la qualità di destinatario dipenda da unasituazione obiettiva di diritto o di fatto, definita dall’atto, in relazione con la sua finalità”.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

B) OBBLIGATORIETA’: Art. 288 TFUE “ il regolamento (…) è obbligatorio intutti i propri elementi (…)”.

È la seconda caratteristica distintiva dei regolamenti e si sostanzia nel fatto che ilregolamento può regolare direttamente tutti i rapporti cui si rife risce, a differenzadella direttiva che invece fissa degli obiettivi da raggiungere ma necessita di unaattuazione da parte degli Stati. Quindi, in forza di questo requisito, le NORME POSTEDAI REGOLAMENTI DEVONO ESSERE RISPETTATE NELLA LOROINTEREZZA DA TUTTI I DESTINATARI.

Il carattere GIURIDICAMENTE COMPLETO distingue, dunque, il regolamentoda:�Le direttive, in quanto i suoi contenuti sono interamente vincolanti, e l’atto puòregolare direttamente ed in modo completo i rapporti giuridici presi in considerazione.La sua efficacia non dipende da un atto esterno che lo completi;�Le raccomandazioni, in quanto l’obbligatorietà crea effetti vincolanti nei confrontidei destinatari.

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C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

B) OBBLIGATORIETA’: Art. 288 TFUE “ il regolamento (…) è obbligatorio intutti i propri elementi (…)”.

ATTENZIONE! Sebbene il regolamento abbia la capacità di regolare in modo esaustivola materia che ha ad oggetto, non è infrequente che si esprima in termini generali,demandando le sue declinazioni applicative a norme di attuazione. Una simileeventualità non toglie al regolamento il suo carattere normativo e obbligatorio.

C) DIRETTA APPLICABILITA ’ : Art. 288 TFUE “ il regolamento (…) èdirettamente applicabile in ciascuno degli Stati membri ” .È l’ultima delle tre caratteristiche del regolamento descritte dall’art. 249 TCE, ma, percerti aspetti, anche la più significativa, perché sottolinea la stretta compenetrazione fral’ordinamento comunitario e quello nazionale.Conseguenze:A) Impossibilità della trasformazione dell’atto da parte degli Stati membri.La questione è stata assai dibattuta in dottrina, a motivo della diversità degliordinamenti e della natura “internazionale” delle disposizioni comunitarie.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

La CGE si è mostrata cauta nell’escludere l’una o l’altra ipotesi.

�Sentenza18.6.1970, causa 74/69 Hauptzollamt Bremen

“gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie per adattare le proprie disposizionilegislative, regolamentari ed amministrative in modo che le disposizioni del presenteregolamento possano avere effettiva applicazione a decorrere dal 1° luglio 1962 (…) va escluso,salvo disposizione contraria, che questi ultimi possano adottare, allo scopo di garantirnel’applicazione, provvedimenti intesi a modificarne la portata o a completarne le disposizioni”

La CGE si preoccupa che gli Stati non MODIFICHINO i contenuti degli atti, non escludeche possano in qualche misura darvi attuazione

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

La CGE si è mostrata cauta nell’escludere l’una o l’altra ipotesi.

�Sentenza 10.10.1973, causa 34/73, F.lli Variola

“ l’efficacia diretta del regolamento implica che la sua entrata in vigore e la sua applicazione neiconfronti degli amministrati non abbisognano di alcun atto di ricezione nel diritto interno. Unsimile atto normativo potrebbe nascondere agli amministrati la natura comunitaria di una normagiuridica, e per ciò stesso sminuire la competenza della Corte a pronunciarsi su qualsiasiquestione di interpretazione del diritto comunitario o di validità degli atti emanati dalleistituzioni della Comunità”

La CGE si preoccupa di evitare che attraverso il “recepimento” venga sottratto il controllogiurisdizionale della Corte e magari introdotte delle differenze rispetto al testo autentico

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

Il fatto che gli Stati tendenzialmente non debbano interferire con l’efficacia diretta deiregolamenti mediante adozione di norme di recepimento non significa che gli stessi non possano(anzi, per certi aspetti debbano) adottare disposizioni di “adattamento” dell’ordinamentonazionale alla disciplina del regolamento.

ES. reg. 882/04 CE – d.lgs. 193/07.

B) ATTRIBUZIONE IMMEDIATA DI DIRITTI AI SINGOLI

È il secondo aspetto dell’efficacia diretta dei regolamenti sancita dall’art. 249 TCE: i singolipossono valersene IN TUTTE LE SEDI E NEI CONFRONTI DI CHIUNQUE per otteneretutela dei diritti in esso sanciti

E.g.: regolamento sui ritardi aerei 261/2004 CE>> controversie fra privati.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

C) PORTATA TERRITORIALE

È l’ultima questione connessa all’efficacia diretta. In linea di principio, posto che l’art. 288 TFUEfa espresso riferimento agli Stati membri, l’ambito di efficacia dei regolamenti coincide con ilterritorio stesso degli Stati, e, dunque, della comunità.

Cfr. sentenza 16.2.1978, causa 61/77, Commissione c.Irlanda ,

Controversia sull’estensione delle acque marittime irlandesi in ordine all’applicazione di unregolamento.

La CGE afferma che “l’ambito geografico delle norme di diritto comunitario è definito dallasomma dei territori europei degli Stati membri, e, quindi, qualsiasi modifica che uno Statomembro apporti all’estensione della propria giurisdizione costituisce, al tempo stesso, unamodifica dei confini del mercato comune”.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

C) PORTATA TERRITORIALE

Il fatto che la portata territoriale coincida con i confini degli Stati membri non esclude,comunque, che i regolamenti possano esplicitamente prevedere una limitazione della loroefficacia ad alcuni ambiti territoriali specifici:

Cfr. sentenza 13.3.1968 causa 30/67, Industria Molitoria Imolese

�Un regolamento comunitario fissava i prezzi d’intervento derivati per il grano tenero nei centridi commercializzazione di Bologna ed Ancona.�La ricorrente contestava la natura di “regolamento” della norma, osservando come la suaefficacia fosse anche territorialmente limitata.

La CGE afferma che la natura dell’atto è quella del regolamento.“questa affermazione non può essere infirmata dal fatto che l’art. 2 prevede dei prezzid’intervento derivati variabili a seconda dei centri di commercializzazione, e che per ciascunodi detti prezzi, tale disposizone ha un’efficacia limitata alle zone enumerate negli allegati A e B(…) Le disposizoni (…) non riguardano gli interessi di determinate persone, designate oidentificabili, bensì incidono sugli interessi di categorie di consumatori e di intermediariastrattamente considerate e caratterizzate unicamente dalla loro partecipazione al mercato deiprodotti agricoli di cui trattasi”.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

Il procedimento di adozione dei regolamenti non differisce da quello delle altre norme

REQUISITI DI FORMA:

�Obbligo di MOTIVAZIONE (ART. 296 TFUE):

“ Gli atti giuridici sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni,richieste o pareri previsti dai trattati”.

La “motivazione” si trova in apertura del regolamento, nei c.d. “considerando introduttivi”L’obbligo di motivazione è tuttavia stato valutato con una certa larghezza dalla Corte di giustiziaC.E.

a) cfr. Sentenza 13.3.1968 , causa 5/67, W. Beus: “ i limiti dell’obbligo di motivare, sancitodall’art. 190 (ora 253) del Trattato, dipendono dalla natura dell’atto. Nella fattispecie si tratta diun regolamento, cioè di un atto destinato ad avere applicazione generale, la cui motivazione puòlimitarsi a indicare la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e gli scopigenerali che si propone. Non si può quindi pretendere ch’essa specifichi i vari fatti, taloramolto numerosi e complessi, in vista dei quali il regolamento è stato adottato, né, a fortiori,ch’essa ne fornisca una valutazione più o meno completa”.

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Il procedimento di adozione dei regolamenti non differisce da quello delle altre norme

REQUISITI DI FORMA:

�Obbligo di MOTIVAZIONE (ART. 296 TFUE):

Addirittura in alcune pronunce la CGE mette in dubbio la necessità stessa della motivazione purse sancita dall’art. 253 TCE:

b) Sentenza 23.2.1978, causa 92/77, An Bord Bainne Cooperative “ la motivazione di un attonormativo può risultare non soltanto dal suo testo, ma altresì dall’insieme delle normegiuridiche che disciplinano la materia in questione”.

IN CONCLUSIONE:

1= negli atti NORMATIVI l’obbligo di motivazione è attenuato, in funzione della loroportata ed ampiezza;2= in alcuni particolari situazioni la motivazione si può dedurre dal contesto in cui l’atto èsorto.

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Il procedimento di adozione dei regolamenti non differisce da quello delle altre norme

REQUISITI DI FORMA:

2) OBBLIGO DI INDICARE LA “ BASE GIURIDICA ” PER L’ADOZIONE :

Si tratta di una “specificazione” dell’obbligo di motivazione, su cui tuttavia la CGE si è mostrataparticolarmente rigida.

La “base giuridica” serve, infatti, per CONSENTIRE IL CONTROLLO GIURISDIZIONALEDELLA LEGITTIMITA’ DEGLI ATTI, nonché per consentire ai PRIVATI di conoscere lecondizioni entro cui il Legislatore comunitario ha adottato l’atto.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

Il procedimento di adozione dei regolamenti non differisce da quello delle altre norme

REGIME LINGUISTICO

Il Trattato non specifica in che lingua debbano essere redatti i regolamenti.La loro portata generale impone la pubblicazione di questi atti in tutte le lingue della Comunità(>> diritti linguistici – parità; principio di certezza del diritto= conoscibilità).

NUMERAZIONE e PUBBLICAZIONE

I regolamenti vengono numerati progressivamente per ciascun anno, pubblicati nella GazzettaUfficiale dell’Unione europea (G.U.U.E.), serie L.

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C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

ENTRATA IN VIGORE

Ai sensi dell’art. 254 T.C.E. i regolamenti (così come le decisioni e le direttive) hanno un periododi “vacatio” di 20 giorni, salva diversa entrata in vigore specificata nei regolamenti stessi.

La CGE, tuttavia, pur in assenza di esplicite norme del Trattato, ha specificato i limiti del poteredelle istituzioni di modificare la data di entrata in vigore dell’atto.

�POTERE DI DIFFERIRE L ’ENTRATA IN VIGORE = deve essere legato ad esigenzespecifiche.

Cfr. sentenza 13.12.1967, causa 17/67, Max Neuman: “ il Trattato lascia all’istituzione cheadotta il regolamento la cura di precisarne la data di entrata in vigore (…) quest’ultimaautonomia concessa agli autori del regolamento non implica però l’esclusione di ogni controllogiurisdizionale, specie per quanto riguarda l’eventuale effetto retroattivo; se fosse possibiledisporre senza motivo l’entrata in vigore immediata, la certezza del diritto ne verrebbepregiudicata”.

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C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: i REGOLAMENTI

ENTRATA IN VIGORE

2) POSSIBILITA ’ DI ADOTTARE REGOLAMENTI “ RETROATTIVI ” =

viene in linea generale esclusa dalla C.G.E. pur in assenza di una esplicita indicazione in tal sensonel Trattato.

Infatti un simile divieto può ricavarsi dai principi comuni degli Ordinamenti nazionali, ed èquindi riconducibile alle REGOLE DI DIRITTO RELATIVE ALLA APPLICAZIONE DELTRATTATO cui si riferisce il 2° comma dell’art. 230 T.C.E.

In alcuni casi, tuttavia, ANCHE LA CGE HA AMMESSO LA POSSIBILITA’ DI UNAEFFICACIA RETROATTIVA DELLA NORMA, finalizzata a salvaguardare determinatiinteressi generali: E.G. >> regolamento 649/73 O.C.M. VINO, in cui gli importi compensativiprendevano effetto a partire da eventi accaduti tre settimane prima della pubblicazione delregolamento

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Avv. Vito Rubino - Ricercatore di Diritto U.E. Facoltà di Giurisprudenza, Università del Piemonte Orientale

A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: le DIRETTIVE

CARATTERI GENERALI DELLE DIRETTIVE

L’ART. 288 T.F.U.E. cita, fra gli atti ad effetto vincolante, anche le DIRETTIVECOMUNITARIE, affermando che

“LA DIRETTIVA VINCOLA LO STATO MEMBRO CUI E’ RIVOLTA PER QUANTORIGUARDA IL RISULTATO DA RAGGIUNGERE , SALVA RESTANDO LACOMPETENZA DEGLI ORGANI NAZIONALI IN MERITO ALLA FO RMA ED AIMEZZI ”.

Si tratta di atti meno “invasivi” dei regolamenti, che hanno la propria “ratio” nell’opportunità(ed in alcuni casi nella necessità) di lasciare agli Stati dei margini di discrezionalitàoperativa in relazione al perseguimento degli obiettivi comunitari.

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A) PROFILI GENERALI.

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CARATTERI GENERALI DELLE DIRETTIVE

La definizione dell’art. 249 evidenzia le caratteristiche dell’atto:

•PORTATA INDIVIDUALE :

A differenza dei regolamenti le direttive non si rivolgono erga omnes, ma sono dirette AI SOLISTATI MEMBRI , CHE NE SONO GLI UNICI DESTINATARI.

Ciò non significa che le direttive non possano distinguersi in DIRETTIVE GENERALI eDIRETTIVE INDIVIDUALI , a seconda che siano rivolte A TUTTI GLI STATI oppure ad unnumero RIDOTTO di questi.

Si tratta però NON DI PORTATA, BENSI’ DI CARATTERE DELLA DIRETTIVA.

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CARATTERI GENERALI DELLE DIRETTIVE

B) OBBLIGATORIETA ’ LIMITATA :

A differenza dei regolamenti le direttive non sono obbligatorie in ogni loro elemento, ma soloNELL’OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE .

Spetterà ad ogni singolo Stato membro individuare i mezzi più idonei per il raggiungimento delloscopo ed attuarli prima della scadenza del termine assegnato dalle direttive stesse.

Nella prassi, tuttavia, si assiste spesso alla emanazione di direttive estremamenteparticolareggiate, che lasciano poco spazio all’azione degli Stati membri. In questo caso il“recepimento” dovrà essere inteso esclusivamente come trasposizione pressoché letterale dei suoicontenuti nell’ordinamento nazionale.

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CARATTERI GENERALI DELLE DIRETTIVE

C) EFFICACIA MEDIATA :

A differenza dei regolamenti le direttive non sono direttamente applicabili negli ordinamentinazionali, ma necessitano di essere RECEPITE dagli Stati con appositi atti perché i lorocontenuti diventino vincolanti anche per i privati.

NE CONSEGUE CHE PRIMA DEL RECEPIMENTO IL PRIVATO NON E’ TENUTO ARISPETTARE LA DIRETTIVA .

La libertà lasciata agli Stati non significa che gli stessi siano completamente svincolati da ogniobbligo: devono provvedere a porre in essere tempestivamente tutte le attività necessarie alrecepimento, CON I MEZZI PIU’ IDONEI a garantire il risultato

(> leggi preferibili agli atti amministrativi, perché questi ultimi sono modificabili dalla P.A.).

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CARATTERI GENERALI DELLE DIRETTIVE

REQUISITI FORMALI:

Le direttive, al pari dei regolamenti, debbono recare la BASE GIURIDICA su cui sono stateadottate, nonché le MOTIVAZIONI (= CONSIDERANDO INTRODUTTIVI).

Vengono pubblicate in G.U.U.E. serie L, ma, visto il loro carattere individuale, possono ancheessere NOTIFICATE AI DESTINATARI.

In questo caso il termine per adempiere e quello per proporre le impugnazioni per il destinatariodecorrono dalla data di notifica.L’eventuale adempimento tardivo o il mancato adempimento costituiscono violazione del dirittocomunitario e possono essere sanzionati mediante procedura di infrazione

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CARATTERI GENERALI DELLE DIRETTIVE

ATTENZIONE!

Esistono dei casi in cui le direttive, pur non essendo ancora state recepite, possono dispiegarenegli ordinamenti nazionali “effetti utili” per gli interessati, che possono essere fatti valere anchein sede giudiziale.

Si tratta di situazioni particolari, caratterizzate dal fatto che un soggetto di diritto interno possafare appello ad una fonte estranea al ns. ordinamento per tutelare un proprio diritto.

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

1° IPOTESI: OBBLIGHI MERAMENTE NEGATIVI.

È evidente come in questo caso IL RISULTATO PROPRIO DELLA DIRETTIVA (NONFACERE) NON IMPLICA L’ADOZIONE DI ALCUNA MISURA DA PARTE DELLOSTATO MEMBRO INTERESSATO.

Non sarà necessaria alcuna norma interna per garantire l’efficacia del divieto contenutonella direttiva.

Esempio: sentenza 4.12.1974, causa 41/74, Van Duyn.

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

IL PROBLEMA DELL’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

Il caso:

La Direttiva 64/221 CEE prevedeva che i provvedimenti di ordine pubblico relativi allacircolazione delle persone fossero adottati solo in relazione al comportamento personaledell’interessato. (cfr. art. 3 n. 1).La CGE era chiamata a stabilire se la norma in questione potesse essere direttamente efficacenegli ordinamenti nazionali, tanto da poter essere invocata dai singoli.

La decisione della Corte:

“ esigendo che i provvedimenti di ordine pubblico siano adottati esclusivamente inconsiderazione del comportamento personale dell’interessato, l’art. 3 n. 1 della direttiva 64/221intende limitare il potere discrezionale che le leggi interne normalmente concedono alleautorità competenti in materia d’ammissione e d’espulsione degli stranieri. L’obbligorisultante dalla norma testé citata è assoluto ed incondizionato; esso non richiede, inoltre, perla sua stessa natura, alcun provvedimento di attuazione da parte (…) degli Stati membri”

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

2° IPOTESI: DIRETTIVE CHE RIBADISCANO OBBLIGHI GIA ’ CONTENUTI NEITRATTATI E GIA ’ PRODUTTIVI DI EFFETTI IMMEDIATI

Si tratta di direttive volte esclusivamente a chiarire la portata ed i tempi di attuazione ditali obblighi. L’efficacia diretta viene quindi “mu tuata” dalla portata e dalla natura dellanorma principale che esse intendono specificare.

Esempio: sentenza 17.12.1970, causa 33/70, SACE

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVEIl Caso:Al fine di conseguire l’effettiva libertà di circolazione delle merci la Commissione aveva adottato ladecisione 66/532 con la quale, accelerando i termini previsti dal Trattato, aveva imposto la scadenza del 1°luglio 1968 per l’eliminazione di tutti i dazi e le tasse di effetto equivalente fra gli Stati membri. Si trattava didecidere se la direttiva 68/31 CEE, che imponeva allo Stato italiano un termine perentorio entro il qualedoveva eliminare i diritti amministrativi riscossi sulle merci importate, fosse direttamente invocabile daiprivati (= efficacia diretta).La decisione della Corte:Il combinato disposto degli art. 9 e 13 n. 2 implica, al più tardi a partire dalla fine del periodo transitorio(…) un divieto chiaro e preciso di riscuotere dette tasse, cui non si accompagna alcuna riserva degli Stati insubordine alla sua attuazione ad un atto positivo di diritto interno (…). Esso è perfettamente idoneo, per lasua stessa natura, a produrre direttamente effetti nei rapporti giuridici fra gli Stati membri e i loro cittadini.Di conseguenza a partire dalla fine del periodo transitorio dette disposizioni attribuiscono ai singoli, perquanto riguarda il complesso delle tasse d’effetto equivalente cui si riferiscono, dei diritti che i giudicinazionali devono tutelare (…). La fissazione, da parte della Commissione, in forza della decisione 66/532 diuna data anteriore alla fine del periodo transitorio non ha modificato sotto alcun aspetto la naturadell’obbligo imposto agli Stati membri dagli artt. 9 e 13 n. 2. Questo obbligo è quindi atto a produrre effettidiretti, come li avrebbe prodotti alla fine del periodo transitorio. La direttiva 68/31, il cui scopo è diimpartire ad uno Stato membro una data limite per l’adempimento di un obbligo comunitario nonriguarda solo i rapporti fra la Commissione e detto Stato, ma implica conseguenze giuridiche che possonoessere fatte valere dagli altri Stati membri interessati (..) e dai singoli, qualora, per sua natura, ladisposizione che sancisce detto obbligo sia direttamente efficace, come lo sono gli artt. 9 e 13 n. 2”.

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

3° IPOTESI: EFFICACIA “ VERTICALE ” DELLE DIRETTIVE

È senz’altro l’ipotesi più complessa, anch’essa di creazione giurisprudenziale.

Perché possa parlarsi di “efficacia verticale” delle direttive occorre che:

� Esista una direttiva estremamente dettagliata (tecnica), tanto da non lasciare agli Statimembri che la devono recepire margini di discrezionalità; = SUFFICIENTE PRECISIONE EDINCODIZIONATEZZA;

� La direttiva abbia contenuti tali da costituire un vero e proprio “diritto” in favore deisingoli;

� Il termine di trasposizione sia già scaduto e lo Stato membro non abbia provveduto alrecepimento.

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3° IPOTESI: EFFICACIA “ VERTICALE ” DELLE DIRETTIVE

Allorquando i requisiti elencati sono tutti presenti il privato che vi abbia interesse PUO’INVOCARE LA DIRETTIVA A PROPRIO VANTAGGIO CONTRO LE PRETESE DELLOSTATO INADEMPIENTE (VERTICALITA’ = rapporto fra privato e pubblicaamministrazione), AZIONANDO IN GIUDIZIO IL DIRITTO DA ESSA PORTATO COME SESI TRATTASSE DI UNA NORMA GIA’ PERFETTA.

COME SI E’ PERVENUTI A QUESTO RISULTATO??La CGE si trovava di fronte al problema di garantire EFFETTIVITA’ al diritto comunitario ancheper quelle norme che non avessero, come i regolamenti, efficacia immediata negli ordinamentinazionali. In questo caso la “collaborazione” dei privati era fortemente limitata dall’efficacia soloindiretta delle norme in questione.

>> PER GARANTIRE L’OBBLIGATORIETA’ NEI CONFRONTI DEGLI STATIOCCORREVA RENDERE IN QUALCHE MISURA UTILIZZABILI QUESTEDISPOSIZIONI.

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3° IPOTESI: EFFICACIA “ VERTICALE ” DELLE DIRETTIVE

1° passaggio= L’EFFICACIA VERTICALE E’ UN RIFLESSODELL’OBBLIGATORIETA’ DELLE DIRETTIVE.

In una prima fase la CGE ancora l’effetto verticale delle direttive alla loro natura obbligatoria pergli Stati, prevista dall’art. 249 T.C.E.

Cfr. sentenza 19.01.1982 causa 8/81, Becker: “non si può negare ai singoli il diritto di farvalere quelle disposizioni che, tenuto conto del loro specifico oggetto sono atte ad essere isolatedal contesto ed applicate come tali. Questa garanzia minima, a favore degli amministrati lesidalla mancata attuazione della direttiva, deriva dal carattere vincolante dell’obbligo impostoagli Stati membri dall’art. 189 (ora 249) terzo comma del Trattato. Quest’obbligo sarebbe resodel tutto inoperante qualora fosse consentito agli Stati membri di annullare, con la loroomissione, anche gli effetti che talune disposizioni di una direttiva sono atte a produrre inforza del loro contenuto”.

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

3° IPOTESI: EFFICACIA “ VERTICALE ” DELLE DIRETTIVE

L’enucleazione dei tre presupposti per riconoscere l’efficacia verticale delle direttive è il fruttodell’elaborazione giurisprudenziale del principio:

SUFFICIENTE PRECISIONE :Sentenza 19.11.1991, cause riunite C-6/90 e C 9/90, Francovich:

Per stabilire se la direttiva abbia “efficacia verticale” occorre verificare se le sue disposizionisono sufficientemente precise sotto tre aspetti: la determinazione dei beneficiari della garanziastabilita da detta disposizione, il contenuto di tale garanzia, e, infine, l’identità del soggettotenuto alla garanzia”.

Nella vicenda la CGE perviene ad una soluzione negativa in quanto la norma invocata lasciavaaperta la possibilità di porre la garanzia sull’insolvenza dei datori di lavoro a carico dello Stato odi un fondo costituito con i contributi dei datori di lavoro.

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

2° passaggio= L’EFFICACIA VERTICALE E’ UNA SANZIONE A CARICO DEGL ISTATI INADEMPIENTI

Nell’evoluzione successiva della giurisprudenza CGE la Corte sembra preoccuparsi meno dellagiustificazione formale dell’efficacia in questione, ed indica l’effetto diretto come una sorta di“sanzione” a carico degli Stati inadempienti.

Cfr. sentenza 5.4.1979, causa 148/78, Ratti: “ lo Stato membro che non abbia adottato, entro itermini, i provvedimenti di attuazione imposti dalla direttiva non può opporre ai singolil’inadempimento, da parte sua, degli obblighi derivanti dalla direttiva stessa”.

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

ATTENZIONE!

L’efficacia descritta è solo “verticale”, ossia nei confronti dello Stato nelle sue diversearticolazioni. Non è invece prevista alcuna efficacia c.d. “orizzontale” nelle controversie frai privati.

E.g.: sentenza 14.7.1994, Faccini Dori, causa C-91/92

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

Il CasoLa signora Faccini Dori, consumatrice, invocava il proprio diritto di recesso per un acquisto di unbene di consumo effettuato fuori dai locali commerciali del venditore (tentata venditadomiciliare). La direttiva 85/577 CEE che introduceva questo diritto non era ancora statatrasposta nell’ordinamento italiano, sicché il Giudice conciliatore aveva rinviato alla Corte digiustizia una serie di quesiti pregiudiziali relativi all’applicabilità della direttiva in unacontroversia fra privati.La decisione della CorteSecondo la CGE estendere la giurisprudenza relativa all’efficacia diretta delle direttive inattuateall’ambito dei rapporti tra singoli significherebbe riconoscere in capo alla Comunità il potere diemanare norme che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a carico di questi ultimi,mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti.

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IL PROBLEMA DELL ’EFFICACIA DELLE DIRETTIVE

CHE RIMEDI RESTANO DUNQUE AL PRIVATO IN QUESTO CASO?

�OBBLIGO DI “ INTERPRETAZIONE CONFORME ” :

Il Giudice nazionale è obbligato ad interpretare il diritto interno in modo tale da renderlo il piùpossibile conforme al diritto comunitario.

L’obbligo è strettamente connesso a quello di leale collaborazione (art. 10 T.C.E.), DI CUICOSTITUISCE UNA SPECIFICAZIONE.

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Cfr. sentenza 10.4.1984, causa 14/83, von Colson,Il caso:La signora Von Colson lamentava una discriminazione basata sul sesso in sede di selezione del personale daassumere e chiedeva se una direttiva comunitaria che imponeva l’assunzione o il risarcimento del dannopotesse essere invocata direttamente dal privato. Chiedeva poi se la norma potesse essere limitata, come dainterpretazione giurisprudenziale tedesca, al solo rimborso delle spese sostenute per presentare lacandidatura o dovesse contemplare anche la perdita subita a causa della discriminazione.La soluzione della Corte:La CGE respinge l’ipotesi di efficacia verticale, anche a causa della natura non incondizionatadella norma, ma stabilisce che l’interpretazione giurisprudenziale tedesca che limita al solorimborso delle spese di candidatura il risarcimento del danno patito per la discriminazione non èconforme alla direttiva. Ne consegue che, in forza dell’art. 10 T.C.E. anche gli organigiurisdizionali nazionali “nell’applicare il diritto nazionale, in particolare la legge nazionaleespressamente adottata per il recepimento della direttiva 76/207 CEE, devono interpretare ilproprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, onde consentire ilrisultato contemplato dall’art. 189 3° co. (…) spetta al giudice nazionale dare alla legge adottataper l’attuazione della direttiva, in tutti i casi in cui il diritto nazionale gli attribuisce un marginediscrezionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle esigenze del dirittocomunitario.

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Successivamente l’obbligo di interpretazione conforme è stato esteso anche a disposizioni precedenti alladirettiva:

Cfr. sentenza 13.11.1990 causa C- 106/89, MarleasingIl caso:La controversia vedeva contrapposta la Marleasing SA ad altre società per l’annullamento dell’attocostitutivo di una società spagnola in quanto privo di causa.La società convenuta di cui si chiedeva l’annullamento dell’atto costitutivo si difendeva, fra l’altro,invocando una direttiva in cui erano tassativamente elencati i casi di nullità delle società per azioni e dovenon si trovavano gli elementi addotti dalla Marleasing a sostegno della propria pretesa. La soluzione della Corte:La CGE ricorda anzitutto come le direttive non trasposte non possano essere invocate in giudizi fra privati inquanto non possono creare obblighi a carico dei singoli.

Tuttavia “l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questacontemplato, come pure l’obbligo loro imposto dall’art. 5 del Trattato, di adottare tutti i provvedimentigenerali o particolari atti a garantire l’adempimento a tale obbligo valgono per tutti gli organi degli Statimembri, ivi compresi, nell’ambito della loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne consegue chenell’applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alladirettiva, il giudice nazionale deve applicare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopodella direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art. 189,terzo comma, del Trattato

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2) RISARCIMENTO DEL DANNOOve la strada dell’interpretazione conforme non fosse in alcun modo praticabile al privato che vedesseingiustamente sacrificato un proprio diritto per effetto dell’inadempimento dello Stato resta la possibilità dichiedere a quest’ultimo il risarcimento del danno subito ove ricorrano determinate condizioni:

Cfr. sentenza 5.3.1996, causa C-46/93, Brasserie du Pecheur:Il ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni allo Stato tedesco per avergli inibito la vendita della propriabirra (francese) in Germania siccome non rispondente alla normativa tedesca di prodotto.La Commissione aveva promosso un’azione di infrazione conclusasi con sentenza di accertamentodell’inadempimento della Germania agli obblighi portati dalla disciplina sulla libera circolazione delle merci.Lo Stato tedesco negava il diritto al risarcimento del danno in quanto questo era limitato alla violazione diobblighi contenuti in direttive non trasposte o in norme prive di efficacia diretta.La soluzione della Corte:“la piena efficacia delle norme comunitarie sarebbe messa a repentaglio se i singoli non avessero lapossibilità di ottenere un risarcimento ove i loro diritti fossero lesi da una violazione del diritto comunitario.Ricorre una ipotesi di tal genere allorché un singolo che sia rimasto vittima della mancata attuazione di unadirettiva e si trovi nell’impossibilità di far valere direttamente davanti al giudice nazionale determinatedisposizioni di quest’ultima, per via del loro carattere non sufficientemente preciso ed incondizionato, intentaun’azione di risarcimento danni contro lo Stato inadempiente per violazione dell’art. 189 TCE terzo comma(249). In siffatta ipotesi il risarcimento è diretto a rimuovere le conseguenze dannose causate ai beneficiari diuna direttiva dalla mancata attuazione di quest’ultima da parte di uno Stato membro. Tale è, inoltre, il casodi una lesione di un diritto direttamente conferito da una norma comunitaria che i singoli possono, perl’appunto, invocare dinanzi ai giudici nazionali. In tale ipotesi il diritto al risarcimento costituisce ilcorollario necessario dell’effetto diretto riconosciuto alle norme comunitarie la cui violazione ha dato origineal danno subito.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: le DIRETTIVE

2) RISARCIMENTO DEL DANNO

La CGE ha anche puntualmente stabilito le tre condizioni per poter accedere al risarcimentodel danno:

�La norma comunitaria violata deve essere diretta a conferire diritti ai singoli danneggiati;�La violazione della norma deve essere sufficientemente grave e manifesta;�Tra la violazione ed il danno deve esistere un nesso di causalità diretto

Cfr. sentenza Francovich cit.

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Avv. Vito Rubino - Ricercatore di Diritto U.E. Facoltà di Giurisprudenza, Università del Piemonte Orientale

A) PROFILI GENERALI.

Attenzione!La Responsabilità dello Stato sussiste anche per il caso di violazione del diritto comunitario da parte dellamagistratura.

Caso: KoblerCausa: C-224/01, SENTENZA CGE 30.9.2003

Il Caso:Il sig. Kobler cittadino tedesco veniva assunto dal 1986 presso l’Università di Innsbruck comeprofessore universitario.Il 26.2.1996 chiedeva l’integrazione del proprio stipendio con l’indennità speciale di anzianità diservizio prevista dalla legislazione nazionale austriaca per i professori universitari in ruolo da piùdi 15 anni in università nazionali. Il Kobler sosteneva che, benché egli non avesse ancoramaturato i 15 anni presso l’Università di Innsbruck, a tale anzianità si poteva pervenirecumulando i periodi di servizio svolti all’estero a quelli svolti in Austria. In base al principio dinon discriminazione l’assegno integrativo era, dunque, dovuto.Il giudice amministrativo austriaco respingeva tuttavia il ricorso sostenendo che l’indennità inquestione costituiva un premio di fedeltà che giustificava obiettivamente una deroga alledisposizioni di diritto comunitario relative alla libera circolazione dei lavoratori, nonostante laCGE si fosse già pronunciata sul punto in senso difforme.

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A) PROFILI GENERALI.

Attenzione!

Il giudizio della CGE:La CGE viene chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale dal giudice adito dal Kobler perottenere il risarcimento del danno.Punti della decisione:•La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario sussiste anche laddovel’errore sia imputabile ad un giudice nell’esercizio delle sue funzioni. Infatti il concetto di Statoai fini comunitari è quello internazionalistico, considerato nella sua unità senza che rilevi lacircostanza che la violazione sia imputabile al potere legislativo, amministrativo ogiudiziario.•L’efficacia delle norme comunitarie sarebbe rimessa in discussione se i singoli non potesseroottenere il risarcimento del danno causato da un giudice nell’esercizio delle sue funzioni,specialmente se organo di ultima istanza avverso le cui decisioni non sia proponibile alcunaulteriore impugnazione.•L’autorità di cosa giudicata non è messa in discussione dalla possibilità di ottenere unrisarcimento danni, perché l’oggetto delle due fattispecie è diverso: l’accertamento dellaresponsabilità dello Stato non comporta che la sentenza passata in giudicato debba esseremodificata (>> salvaguardia del principio di certezza del diritto)•L’indipendenza della magistratura non è toccata dalla responsabilità dello Stato, perché arispondere non sarebbe il magistrato che ha adottato la decisione, ma lo Stato stesso.

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A) PROFILI GENERALI.

Attenzione!

Il giudizio della CGE:Le condizioni di responsabilità dello Stato vanno comunque parametrate alla specificità dellasituazione.Alle condizioni classiche:-norma giuridica violata preordinata a conferire dei diritti ai singoli;- sussistenza di una violazione grave e manifesta;-Esistenza di un nesso causale diretto fra violazione dell’obbligo e danno subito dai soggetti lesiSe ne aggiungono alcune altre:La violazione grave e manifesta va valutata tenendo in considerazione la specificità dellafunzione giurisdizionale nonché le legittime esigenze di certezza del diritto. Pertanto l’erroredel magistrato deve essere MANIFESTO con riferimento al DIRITTO VIGENTE.L’accertamento del dato deve quindi tenere conto di-GRADO DI CHIAREZZA E PRECISIONE DELLA NORMA VIOLATA ;-CARATTERE INTENZIONALE DELLA VIOLAZIONE;-SCUSABILITA’ DELL’ERRORE.In ogni caso si considerano accertate le condizioni soprastanti quando sul punto sia presenteuna giurisprudenza costante della CGE.

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A) PROFILI GENERALI.

ULTERIORI IPOTESI DI RESPONSABILITA’ DELLO STATO PERINADEMPIMENTO:

Responsabilità per violazione del diritto comunitario da parte della magistratura.

Caso: Traghetti del Mediterraneo S.p.A. in liquidazione c. Stato ItalianoCausa: C-173/03, SENTENZA CGE 13.6.2006

Il Caso:Nel 1981 l’impresa di trasporti marittimi Traghetti del Mediterraneo (TDM) cita in giudizio laTirrenia Navigazione dinnanzi al Tribunale di Napoli per ottenere il risarcimento del danno che, asuo avviso, la concorrente le aveva arrecato a causa della sua politica dei prezzi bassi sul mercatodel cabotaggio marittimo tra l’Italia continentale e le isole della Sardegna e della Sicilia per ilconseguimento di sovvenzioni pubbliche.La TDM sostiene che il comportamento contestato costituisca concorrenza sleale ed abuso diposizione dominante, vietata dal T.C.E.La domanda di risarcimento è respinta in tutti e tre i gradi di giudizio. Il Liquidatore della societàha quindi citato in giudizio la Repubblica italiana sostenendo che le pronunce, fra cui da ultimoquella della Corte di Cassazione, hanno violato il diritto comunitario sia per errori diinterpretazione della normativa europea, sia per la violazione dell’obbligo di disporre il rinviopregiudiziale da parte della Corte di Cassazione.

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A) PROFILI GENERALI.

La decisione della Corte.

•La responsabilità dello Stato sussiste in relazione a qualsiasi ipotesi di violazione del dirittocomunitario, qualunque sia l’organo di tale Stato la cui azione od omissione ha dato origine allatrasgressione.

•La responsabilità nel caso di specie deve essere comunque assoggettata ad interpretazionerigorosa per fare salvo il principio di certezza del diritto. Quindi sussiste solo qualora l’organogiurisdizionale abbia violato in modo manifesto il diritto vigente.

•La responsabilità può anche riguardare errori che vengano commessi nell’ambitodell’interpretazione della norma o della valutazione dei fatti, contrariamente a quanto previstodalla ns. legge 117/88 sulla responsabilità dei magistrati;

•La violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale in ultimo grado è fonte di responsabilitàquando poggi su presupposti erronei o comunque non sufficientemente certi.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: le DECISIONI

LE DECISIONIL’ultimo tipo di atti tipici vincolanti elencato nell’art. 249 T.C.E. è costituito dalle DECISIONIche, secondo la norma, sono “obbligatorie in tutti i propri elementi per i destinatari dalle stessedesignati.

La caratteristica fondamentale della decisione è la PORTATA INDIVIDUALE , cioè lariferibilità ai soli destinatari, siano essi gli Stati membri o dei soggetti privati. Laddove sianorivolte a soggetti privati le decisioni hanno NATURA DI ATTI AMMINISTRATIVI , in quantocostituiscono espressione di un potere amministrativo individuale.

Anche le decisioni, come gli altri atti vincolanti, devono essere motivate, sebbene lagiurisprudenza abbia limitato il requisito alla necessità di indicare la “prospettiva” in cui sonostate adottate anche eventualmente mediante richiami ad altre norme. Vengono notificate aidestinatari, ma possono anche essere pubblicate in GUUE serie L. La numerazione è condivisacon le direttive.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: le DECISIONI

LE DECISIONIAnche per le decisioni si pone il problema dell’efficacia negli ordinamenti nazionali, posto chel’art. 249 T.C.E. si limita a dichiararle obbligatorie in tutti i loro elementi per i destinatari, manon si esprime in ordine agli effetti generali o nei confronti dei terzi.

La soluzione del problema varia a seconda della tipologia della decisione:

�DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI DEGLI STATI MEMBRI = sono a tutti glieffetti equiparabili alle direttive, solo che a differenza di queste non lasciano ai destinatarimargini di discrezionalità visto il tenore della loro obbligatorietà.

In dottrina si è quindi evidenziato come i casi di propagazione dell’efficacia anche neiconfronti di soggetti terzi possano essere simili ai casi di efficacia delle direttive negliordinamenti nazionali: DECISIONI MERAMENTE NEGATIVE; DECISIONI CHERIPRENDONO OBBLIGHI GIA’ CONTENUTI IN ALTRE NORME SELF-EXECUTING;DECISIONI DETTAGLIATE.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: le DECISIONI

LE DECISIONIEsempio: sentenza 6.10.1970 causa 9/70, Grad

Il caso:Le parti controvertevano sull’interpretazione dell’art. 4 della decisione del Consiglio 13 maggio1965, relativa all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia di concorrenza nei trasportiferroviari , su strada e per vie navigabili e sull’art. 1 della prima direttiva del Consiglio datata11.4.1967 in materia di armonizzazione delle legislazioni nazionali sulle imposte sul giro d’affari.

Il giudice chiedeva alla CGE se la decisione, in combinato disposto con la direttiva, potesseavere effetti diretti azionabili davanti alla giurisdizione nazionale anche da soggetti terzi.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: le DECISIONI

LE DECISIONI

La decisione della Corte:“La norma secondo cui le decisioni sono obbligatorie in tutti i loro elementi per il destinatario fasorgere il problema del se l’obbligo derivante da una decisione possa essere fatto valere soltantoda una istituzione comunitaria nei confronti del destinatario, oppure possa essere fatto valere daqualsiasi soggetto interessato al suo adempimento. Sarebbe in contrasto con la forzaobbligatoria attribuita dall’art. 189 T.C.E. alla decisione l’escludere, in generale, la possibilitàche l’obbligo da essa imposto sia fatto valere dagli eventuali interessati.In particolare, nei casi in cui le autorità comunitarie abbiano, mediante decisione, obbligato unoStato membro o tutti gli Stati membri ad adottare un determinato comportamento, la portatadell’atto sarebbe ristretta se i singoli non potessero far valere in giudizio la sua efficacia e se igiudici nazionali non potessero prenderlo in considerazione come norma di diritto comunitario.Gli effetti di una decisione possono non essere identici a quelli di una disposizione contenuta inun regolamento, ma tale differenza non esclude che il risultato finale, consistente nel diritto delsingolo di far valere in giudizio l’efficacia dell’atto, sia lo stesso nei due casi”.

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A) PROFILI GENERALI.

C) ATTI DI DIRITTO DERIVATO: le DECISIONI

2) DECISIONI RIVOLTE AI SINGOLI = sono direttamente efficaci negli ordinamentinazionali per il loro carattere amministrativo. La loro adozione è di regola affidata allaCommissione, mentre i destinatati potranno ricorrere direttamente alla CGE per impugnarle oveviziate.La maggior parte di decisioni di questo tipo sono adottate in materia di concorrenza, ove laCommissione, oltre a poter emanare autonomamente decisioni, ha anche la possibilità dicomminare sanzioni nei confronti dei singoli.In questo caso ai sensi dell’art. 256 T.C.E. le decisioni costituiscono TITOLO ESECUTIVO neiconfronti del destinatario. Tuttavia per l’esecuzione le istituzioni comunitarie dovranno ricorrerealle AUTORITA’ NAZIONALI COMPETENTI.La procedura prevede, infatti, che l’istituzione comunitaria procedente debba domandareall’Autorità nazionale designata l’apposizione di una formula esecutiva sul titolo, nonchéchiedere all’organo competente ai sensi della vigente procedura civile nazionale, l’esecuzionedell’atto.L’eventuale opposizione sarà celebrata davanti al Giudice nazionale dell’esecuzione, ma larichiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo dovrà essere chiesta esclusivamente allaCGAnche in questo caso la giurisprudenza in materia di impugnabilità degli atti ex art. 230 T.C.E. haricavato la possibilità per i terzi di impugnare la decisione nei limiti in cui possano dimostrare uninteresse specifico (> partecipazione o avvio del procedimento)

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A) PROFILI GENERALI.

2) IL CONTRASTO FRA DIRITTO COMUNITARIO E DIRITTO I NTERNOL’analisi degli atti delle istituzioni ha evidenziato come non di rato le fonti comunitarie possanoentrare in conflitto con le fonti interne precedenti o successive.Si pone, dunque, il problema di individuare l’efficacia e la portata del diritto comunitario percomprendere quale soluzione possa essere data ai casi di conflitto accertato.

1° IPOTESI: CONFLITTO FRA UNA NORMA COMUNITARIA ED U NA NORMAINTERNA SUCCESSIVA.

In questo caso la soluzione del problema va individuata nella PREVALENZA DEL DIRITTOCOMUNITARIO SULLA NORMATIVA INTERNA (c.d. “PRIMATO”).Il principio del primato si lega a due aspetti:

�La cessione di ambiti di sovranità da parte degli Stati con la sottoscrizione del Trattato, el’impossibilità conseguente di “riappropriarsi” di questi ambiti mediante adozione di normeinterne in contrasto con quelle comunitarie

�La necessità di garantire l’efficacia diretta alle norme comunitarie, che non può essereraggiunta se si consentisse agli ordinamenti nazionali di introdurre disposizioni in contrasto conle norme comunitarie

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A) PROFILI GENERALI.

A cedere di fronte al diritto comunitario sono le norme DI QUALUNQUE RANGO: sianoesse di carattere AMMINISTRATIVO, LEGISLATIVO o anche COSTITUZIONALE. Incaso contrario l’efficacia del diritto comunitario varierebbe A SECONDA DELLA FONTEINTERNA UTILIZZATA DAL LEGISLATORE NAZIONALE, il ch e è evidentementeincompatibile con quanto abbiamo evidenziato prima.

Esempio: sentenza 15.7.1964, causa 6/64, COSTA C. ENELIl governo italiano sosteneva l’inammissibilità della questione pregiudiziale posta dalGiudice di Milano, affermando che questo sarebbe stato tenuto ad applicare comunque ladisposizione interna.

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A) PROFILI GENERALI.

La CGE respinge la tesi affermando che l’integrazione del diritto comunitario nell’ordinamentointerno di ciascuno Stato membro “ha per corollario l’impossibilità per gli Stati di far prevalere,contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocità, un provvedimentounilaterale ulteriore, il quale pertanto non potrà essere opponibile all’0rdine comune. Sel’efficacia del diritto comunitario variasse da uno Stato all’altro, in funzione delle leggi interneposteriori, ciò metterebbe in pericolo l’attuazione degli scopi del Trattato (…) Scaturito da unafonte autonoma il diritto originato dal Trattato non potrebbe, in ragione della sua specificanatura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio caratterecomunitario e senza che ne risulti scosso il fondamento stesso della comunità”(...)Un atto statale successivo al Trattato con esso incompatibile “sarebbe del tutto privo diefficacia”.

L’affermazione del PRINCIPIO DI PREVALENZA per via giurisprudenziale ha poi visto laCorte impegnata nella definizione delle ricadute del principio stesso.In particolare la CGE ha dettagliato le MODALITA’ attraverso le quali tale principio DEVETROVARE APPLICAZIONE NEGLI ORDINAMENTI NAZIONALI:

Cfr. sentenza 9.3.1978, causa 106/77, Simmenthal.

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A) PROFILI GENERALI.

Cfr. sentenza 9.3.1978, causa 106/77, Simmenthal.

Il caso:La ricorrente chiedeva la restituzione di alcune imposte applicate all’importazione della carnebovina per controlli sanitari, ritenute tasse di effetto equivalente ad un dazio doganale.

Le norme interne che istituivano i diritti erano tuttavia successive alla conclusione dei Trattati. IlPretore si domandava, quindi, se toccasse a lui disapplicarle in sede giudiziale, o non fossepiuttosto compito del Legislatore rimuoverle dal sistema mediante abrogazione formale.

La soluzione della Corte:“ Il giudice nazionale, incaricato di applicare nell’ambito della propria competenza ledisposizioni di diritto comunitario,ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme,disapplicando all’occorrenza di propria iniziativa qualsiasi disposizione contrastante dellalegislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativao mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”.

Nella sentenza la CGE sembra poi spingersi anche oltre, individuando con alcuni passaggi unasorta di “rapporto gerarchico” fra le norme interne e quelle comunitarie.

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A) PROFILI GENERALI.

“ le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili,hanno l’effetto nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri non solo di rendere ipsoiure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizionecontrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche- in quanto dette disposizioni edetti atti fanno parte integrante, con RANGO SUPERIORE RISPETTO ALLE NORMEINTERNE, dell’ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri- diimpedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nella misura in cui questi sianoincompatibili con norme comunitarie”.

L’impostazione, rigettata dalla ns. Corte Costituzionale nella sentenza Granital, è statasuccessivamente oggetto di revisione da parte della stessa CGE, che ha affermato comel’approvazione di norme interne successive in contrasto con norme comunitarie non le rende diper sé inesistenti.

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A) PROFILI GENERALI.

Il problema del CONTRASTO fra norme interne e norme comunitarie è stato affrontatoanche dalla giurisprudenza della nostra Corte Costituzionale con un percorsoparticolarmente travagliato.

PRESUPPOSTO DI PARTENZA: la nostra Corte Costituzionale ritiene che l’unico modoper rendere inapplicabile una legge in vigore è la DICHIARAZIONE DIINCOSTITUZIONALITA’.

Pertanto la nostra Corte si preoccupa di cercare un appiglio attraverso il quale poteraffermare che la norma interna in contrasto con quella comunitaria èINCOSTITUZIONALE.La ricerca della soluzione giuridica non è semplice, perché l’ORDINE DI ESECUZIONE delTrattato è stato dato in Italia con legge ORDINARIA. Il contrasto con le norme comunitarie nonpuò, pertanto, essere ricondotto ad incostituzionalità in modo immediato (cfr. sentenza 7.3.1964n. 14, Costa c. Enel, ove la C.C. conclude affermando che il Trattato e le altre norme comunitariehanno valenza di legge ordinaria nel ns. ordinamento, e sono quindi cedevoli rispetto alla normainterna successiva. = CONTRASTO CON GIURISPRUDENZA CGE).

1° SOLUZIONE= AGGANCIO ALL’ART. 11 COST.Art. 11 Cost. It.: “L’italia (…) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, allelimitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia frale Nazioni: promuove e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo”.

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A) PROFILI GENERALI.

Il problema del CONTRASTO fra norme interne e norme comunitarie è stato affrontatoanche dalla giurisprudenza della nostra Corte Costituzionale con un percorsoparticolarmente travagliato.

PRESUPPOSTO DI PARTENZA: la nostra Corte Costituzionale ritiene che l’unico modoper rendere inapplicabile una legge in vigore è la DICHIARAZIONE DIINCOSTITUZIONALITA’.

Pertanto la nostra Corte si preoccupa di cercare un appiglio attraverso il quale poteraffermare che la norma interna in contrasto con quella comunitaria èINCOSTITUZIONALE.La ricerca della soluzione giuridica non è semplice, perché l’ORDINE DI ESECUZIONE delTrattato è stato dato in Italia con legge ORDINARIA. Il contrasto con le norme comunitarie nonpuò, pertanto, essere ricondotto ad incostituzionalità in modo immediato (cfr. sentenza 7.3.1964n. 14, Costa c. Enel, ove la C.C. conclude affermando che il Trattato e le altre norme comunitariehanno valenza di legge ordinaria nel ns. ordinamento, e sono quindi cedevoli rispetto alla normainterna successiva. = CONTRASTO CON GIURISPRUDENZA CGE).

1° SOLUZIONE= AGGANCIO ALL’ART. 11 COST.Art. 11 Cost. It.: “L’italia (…) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, allelimitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia frale Nazioni: promuove e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo”.

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A) PROFILI GENERALI.

Sentenza 30.10.1975 n. 232, I.C.I.C.La Corte, riconoscendo che la conclusione dei Trattati è riconducibile all’art. 11 Cost.,afferma che il Legislatore DEVE RISPETTARE LE LIMIT AZIONI DI SOVRANITA’COSI’ ACCETTATE evitando di approvare norme in contrasto con i Trattati e le normederivate.

Unica conseguenza: posto che le norme in contrasto sono così dichiarateINCOSTITUZIONALI il giudice di merito non può disap plicarle autonomamente, ma devesempre rivolgersi alla Corte (IN ITALIA IL SINDACAT O DI COSTITUZIONALITA’ E’ACCENTRATO).

L’intervento della sentenza della CGE Simmenthal ha spinto successivamente la nostra CorteCostituzionale a rivedere nuovamente la propria posizione:

Sentenza 8.6.1984 n. 170, Granital:La Corte afferma che le norme comunitarie non possono essere assimilate a norme interne,perché non fanno parte dello stesso ordinamento.Pertanto il problema del loro conflitto con le norme interne non deve essere risolto mediantedeclaratoria di incostituzionalità, bensì alla luce della ripartizione delle competenze. Laddovel’ordinamento comunitario interviene con proprie norme la competenza nazionale “si ritrae”,lasciando così la materia regolata ESCLUSIVAMENTE dalle norme comunitarie.

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A) PROFILI GENERALI.

Il giudice ha il compito di: 1) verificare se la materia è di competenza comunitaria; 2)eventualmente risolvere la questione alla luce delle sole norme comunitarie.“ il giudice italiano, senza dare importanza all’aspetto cronologico, accerta se la normativascaturente da tale fonte regola il caso sottoposto al suo esame e ne applica di conseguenza ildisposto, con esclusivo riferimento al sistema dell’ente sopranazionale, cioè al solo sistema chegoverna l’atto da applicare e di esso determina la capacità produttiva”. (TEORIA DUALISTA,IN CONTRAPPOSIZIONE CON LA TEORIA MONISTA DELLA CGE)Nell’accennata impostazione della Corte Costituzionale residuano due sole ipotesi in cui ilgiudice non può disapplicare la norma interna:�NORMA COMUNITARIA CONTRARIA AI PRINCIPI FONDAMENTAL IDELL ’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE E AI DIRITTI DELL ’UOMO

Cfr. sentenza 27 dicembre 1973 n. 183, Frontini:

“è da escludersi che le limitazioni di sovranità accettate in conformità dell’art. 11 Cost. possanocomunque comportare per gli organi della C.E.E. un inammissibile potere di violare i principifondamentali del nostro ordinamento costituzionale o i diritti inalienabili della persona umana”.Di conseguenza, “qualora dovesse darsi all’art. 189 TCE una sì aberrante interpretazione (…)sarebbe sempre assicurata la garanzia del sindacato giurisdizionale di questa Corte sullaperdurante compatibilità con i predetti principi fondamentali”.

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2) NORMA DI LEGGE DIRETTE AD IMPEDIRE IL RISPETTO D EI PRINCIPIFONDAMENTALI DEL TRATTATOSi tratta di tutte quelle disposizioni nazionali che si assumono costituzionalmente illegittime, inquanto dirette ad impedire o pregiudicare la perdurante osservanza del Trattato in relazione alsistema o al nucleo essenziale dei suoi principi.

= CASI DI PARTICOLARE GRAVITA’ E CON LA COMPROVATA INTENZIONE DIIMPEDIRE IL RISPETTO DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DEL TRATTATO.

La Corte dovrebbe, in questo caso, sanzionare il comportamento del Legislatore per violazionemanifesta dell’art. 11 Cost. Si tratta di una ipotesi che non si è ancora mai verificata.

ATTENZIONE!

Con la riforma del Titolo V della Costituzione IL PRINCIPIO DEL PRIMATO DELDIRITTO COMUNITARIO SU QUELLO INTERNO HA TROVATO UN A ESPLICITACONSACRAZIONE NEL NUOVO TESTO DELL ’ART. 117 COST. 1° CO., CHE COSI’RECITA:

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto (…) dei vincoliderivanti dall ’ordinamento comunitario.

Page 68: Lezione 19.2.010 Diritto U.E. - Sintresis s.r.l. - Homepage · l’art. 288 TFUE li pone al primo posto nell’elenco degli atti; Il 2° co. Art. 288 definisce i regolamenti con gli

Avv. Vito Rubino - Ricercatore di Diritto U.E. Facoltà di Giurisprudenza, Università del Piemonte Orientale

A) PROFILI GENERALI.

La nuova formulazione dell’art. 117 Cost non ha comunque modificato gli approdigiurisprudenziali precedenti, nel senso che IL GIUDICE NAZIONALE RESTAOBBLIGATO DIRETTAMENTE ALLA DISAPPLICAZIONE, SENZA NECESSITA’ DIPASSARE ATTRAVERSO IL GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA’ IN VIAINCIDENTALE.

Piuttosto l’art. 117 Cost. rappresenta oggi il parametro di costituzionalit à naturale dellenorme di cui si discuta davanti alla Corte l’eventuale contrasto con il diritto comunitario:

Esempio: sentenza 3.11.2005, Presidenza del Consiglio dei Ministri c. Regione Abruzzo, suuna legge regionale che in materia di zootecnia introduceva deroghe alla disciplinacomunitaria sulla blue tongue.