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Lezione 10/10/2011 Prof. Aragona Marco Cernigliaro Il messaggio è questo: il libro si legge una volta soltanto; chi legge due volte la stessa cosa sappia che contravviene al mio consiglio. Come dobbiamo studiare? Prendiamo un bel foglio bianco, sul quale dobbiamo scrivere le risposte ad un algoritmo, a delle domande prefissate: epidemiologia, cause, patogenesi, alterazioni istologiche, macroscopia e correlazioni anatomo-cliniche che sono il nostro punto di arrivo, poiché dobbiamo saperci spiegare i sintomi, a questo serve l’anatomia patologica. Stabilito che dobbiamo trattare un argomento, la prima cosa che dobbiamo fare di questo è pesarlo: quanto mi serve questa cosa che sto studiando? Se capite che non vi serve tutto, che c’è qualcosa che non funziona, siete autorizzati a “potare” l’argomento o addirittura a metterlo inizialmente da parte; subito dopo cominciamo a costruire l’algoritmo e dobbiamo fare ciò con le conoscenze che già abbiamo; alla fine scopriremo che l’anatomia patologica non porta a nuove conoscenze ma porta a sistemare in maniera più semplice e consequenziale, più logica, tutto quello che sapevate già; dopo avere fatto questo lavoro e scritto le cose elementari, prendete il libro, lo leggete una volta e annotate le cose importanti che avevamo dimenticato ad inserire nel nostro algoritmo. Si deve evitare di leggere e imparare a memoria l’anatomia patologica, questo sarebbe un suicidio; il segreto sta tutto nel ragionamento. L’importanza dell’argomento è irrinunciabile: una volta scritto il titolo della malattia, li poi noi dobbiamo capire quanto è importante quell’argomento. Dobbiamo conservare l’algoritmo perché 15 giorni prima di sostenere l’esame, riprendendo quei fogli, sebbene magari a prima vista non ci ricordiamo, ci basterà leggerli un attimo affinchè ci ritorni tutto in mente, perché sono frutto della nostra mente ben diverso da chi cerca di imparare a memoria. Oggi parliamo del rene. Robbins definisce il rene quell’organo meraviglioso capace di trasformare lo straordinario vino in urina: per fare questo lavoro, il rene è veramente impegnato: dal rene

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Lezione 10/10/2011 Prof. Aragona Marco Cernigliaro

Il messaggio è questo: il libro si legge una volta soltanto; chi legge due volte la stessa cosa sappia che contravviene al mio consiglio.Come dobbiamo studiare? Prendiamo un bel foglio bianco, sul quale dobbiamo scrivere le risposte ad un algoritmo, a delle domande prefissate: epidemiologia, cause, patogenesi, alterazioni istologiche, macroscopia e correlazioni anatomo-cliniche che sono il nostro punto di arrivo, poiché dobbiamo saperci spiegare i sintomi, a questo serve l’anatomia patologica.Stabilito che dobbiamo trattare un argomento, la prima cosa che dobbiamo fare di questo è pesarlo: quanto mi serve questa cosa che sto studiando? Se capite che non vi serve tutto, che c’è qualcosa che non funziona, siete autorizzati a “potare” l’argomento o addirittura a metterlo inizialmente da parte; subito dopo cominciamo a costruire l’algoritmo e dobbiamo fare ciò con le conoscenze che già abbiamo; alla fine scopriremo che l’anatomia patologica non porta a nuove conoscenze ma porta a sistemare in maniera più semplice e consequenziale, più logica, tutto quello che sapevate già; dopo avere fatto questo lavoro e scritto le cose elementari, prendete il libro, lo leggete una volta e annotate le cose importanti che avevamo dimenticato ad inserire nel nostro algoritmo.Si deve evitare di leggere e imparare a memoria l’anatomia patologica, questo sarebbe un suicidio; il segreto sta tutto nel ragionamento.

L’importanza dell’argomento è irrinunciabile: una volta scritto il titolo della malattia, li poi noi dobbiamo capire quanto è importante quell’argomento.

Dobbiamo conservare l’algoritmo perché 15 giorni prima di sostenere l’esame, riprendendo quei fogli, sebbene magari a prima vista non ci ricordiamo, ci basterà leggerli un attimo affinchè ci ritorni tutto in mente, perché sono frutto della nostra mente ben diverso da chi cerca di imparare a memoria.

Oggi parliamo del rene. Robbins definisce il rene quell’organo meraviglioso capace di trasformare lo straordinario vino in urina: per fare questo lavoro, il rene è veramente impegnato: dal rene passano 180 l/min, quasi ¼ della portata cardiaca, in un giorno sono quasi 1700 l dal quale il rene crea circa 1 l di urina.

Ricordiamo l’anatomia del rene: ci sono due arteriole, una ha la parete più sottile, l’altra meno sottile. Le arteriole entrano nel glomerulo, si sfioccano in capillari che si trovano immersi all’interno della matrice mesangiale. Perché ci sono due arteriole? Si tratta di una rete capillare mirabile intraarteriosa. E’ importante che sia intraarteriosa? Si, perché ci vuole una pressione adeguata per potere filtrare il plasma e solo due capillari inseriti tra due arteriole possono avere questo requisito. Il problema non è solo la filtrazione, ma che poi dobbiamo riassorbire tutto quello che ci serve e facciamo ciò attraverso altri capillari che stanno più sotto, in particolare i veri capillari tra arteriole e venule stanno attorno ai tubuli: quindi c’è una prima rete capillare, poi l’arteriola efferente in sede peritubulare si sfiocca in altri capillari che stavolta sono drenati dal sistema venoso, quindi una doppia rete capillare. E’ importante, anzi fondamentale, potere regolare quanto plasma, quanto sangue, attraversa le anse glomerulari: questa regolazione avviene perché, nell’arteriola afferente, che è più spessa, c’è un controllo “check point”, effettuato dalle cellule muscolari specializzate che si trovano nell’arteriola e che, in base al flusso di sangue, producono o meno renina che a sua volta va ad attivare il sistema RAS. Questo materiale che viene prodotto nei capillari va a finire nello spazio urinifero. Tutto ciò che filtra finirà nel lume del tubulo. E’ come una catena di montaggio: qualcosa passa nel lume del tubulo, il tubulo è lunghissimo, poi c’è l’ansa di Henle, il tubulo distale e i dotti collettori. Come nelle catene di montaggio, è fondamentale che ci sia un collegamento tra ciò che sta a valle e ciò che sta a monte perché se c’è qualche intoppo a valle bisogna subito “dire a quelli che stanno

sopra di fermarsi perché altrimenti le scatole di caponata arriveranno a dismisura e quelli non sono in grado di sistemarla nei cartoni”. Guardate dov’è il sistema di controllo: c’è una parte del tubulo distale che è strettamente addossata alla zona che si trova tra le due arteriole, la macula densa che ha appunto la funzione di trasmettere informazioni sulla situazione a valle a tutto ciò che sta a monte. Poi ci sono altre cellule, le Paul Kissen, dette anche cellule cuscinetto, che si trovano tra le due arteriole e anche’esse fanno parte dell’apparato iuxtaglomerulare, di cui non conosciamo la funzione che si trovano tra le due arteriole. Fanno parte del sistema iuxtaglomerulare: le cellule della macula densa che controllano il passaggio delle molecole, le cellule cuscinetto (cellule non granulari) e le cellule muscolari (cellule granulari) dell’arteriola efferente producenti renina.Nel glomerulo normale c’è la capsula del Bowman con i suoi foglietti viscerale, addossato ai capillari, parietale e lo spazio urinifero. Se vogliamo vedere i capillari in sez. istologica dobbiamo portarli alla periferia del glomerulo. I capillari sono sostenuti da una membrana basale; nella parte interna endoluminale c’è la cellula endoteliale e all’esterno c’è il foglietto viscerale della capsula del Bowman. Come facciamo a dire che è endotelio? perché vediamo che i nuclei stanno all’interno del capillare; invece quando vediamo i capillari con nuclei all’esterno, questi sono i nuclei del podocita. Quindi dentro abbiamo l’endotelio che si dice essere fenestrato (il prof. dice di avere l’impressione che si tratti di valutazioni dovute al fatto che vediamo le cose in microscopia elettronica dopo avere usato fissativi e sistemi di inclusione e che quindi non è detto che l’endotelio sia così fenestrato)abbiamo la membrana basale costituita da una lamina densa interna e da due lamine rare, una più interna e una più esterna (anche questo può essere un artefatto delle procedure tecniche della microscopia elettronica) e all’esterno l’elemento cellulare viscerale della capsula del Bowman, il podocita, che il prof. paragona ad una specie di polipo o ad un portiere paratutto come Buffon perché i podociti , sulla membrana basale aprono e chiudono i pedicelli a seconda della necessità (quando arrivano troppe molecole che attraversano la membrana basale, loro li chiudono dando in sezione l’impressione di essere fusi). Poi tutto attorno ci sono i tubuli, prossimali, distali e ansa di Henle.Le cellule mesangiali sono delle cellule connettivali mesenchimali che, oltre ad avere funzione di sostegno, possono riassumere caratteristiche particolari a seconda delle patologie: a volte si ricordano di essere in grado di fare i macrofagi e quindi proliferano e riescono a fagocitare; altre volte si ricordano di avere dei filamenti di actina e possono, sotto stimolo (con le prostaglandine o con i trombossani), contrarsi o allentare le loro propaggini regolando il flusso di sangue nel lume dei capillari. Il prof. ci fa vedere un’immagine in cui ci fa notare che il comportamento della membrana basale tra i podociti e l’endotelio: vedete cosa fa? Dove il lume capillare aggetta ed è in contatto con il mesangio manca la membrana basale perché, tutte le porcherie che si trovano qui devono essere facilmente accessibili alle cellule mesangiali che controllano tutto ciò che passa. Quindi la membrana basale in questa zona, non delimita completamente il lume capillare. In fondo il mesangio è un materiale simil-membrana basale particolarmente strutturato.

Cerchiamo adesso di vedere cosa può avvenire nella patologia glomerulare. Ci sono due situazioni importantissime: nella prima che venga alterato il meccanismo di permeabilità delle strutture capillari, della membrana basale, dei podociti con la conseguenza che troppe molecole attraversano la membrana basale determinando le sindromi nefrosiche (suffisso –osi in medicina significa processo degenerativo; ma ci possono essere altre realtà come la flogosi, e quando c’è la flogosi molto spesso si attiva il complemento che ha tante funzioni ma al prof. piace ricordarne una che, da studente paragonava alle cartucce dei fucili, che se sparate servono a fare dei buchi. E se il complemento viene attivato impropriamente è come sparare sulle membrane basali del glomerulo con conseguente modifica della permeabilità, stavolta non su base degenerativa, ma su base francamente infiammatoria e si parla di sindrome nefritica. Spesso le due sindromi non hanno distinzioni così nette ma ci possono essere delle patologie

caratterizzate da sovrapposizioni delle stesse. Cerchiamo di capire quali sono le condizioni che stanno alla base della patologia glomerulare: sono soprattutto legate alla patologia degli immunocomplessi. Qui può sembrare che il padre eterno abbia commesso un errore…ha creato gli immunocomplessi e non doveva farlo perché quante patologie hanno determinato gli IC; poteva trovare un’altra cosa al posto degli IC. Ovviamente scopriremo che la colpa non è quasi mai del padre eterno, ma la colpa è nostra, delle nostre abitudini di vita, di quello che respiriamo e di quello che mangiamo. Cerchiami di capire cosa può accadere. Riguardo all’IC sappiamo che sono dovuti all’aggregazione tra un antigene e un anticorpo, che formano dei complessi particolarmente strutturati e ci possono essere diverse possibilità:

- che ci sia molto Ag. e poco Ab.: in questo caso gli Ic saranno molto piccoli ed è facile che creino un danno alle membrane basali se c’è un lieve eccesso di Ag.;

- che siano in equivalenza: possono creare danno alle membrane basali;- che ci siano più Ab rispetto agli Ag: in questo caso gli IC saranno enormi e non possono

creare problemi a livello dei capillari glomerulari perché sono così grossi che i macrofagi li fagocitano immediatamente.

Il prof. da studente si chiedeva: ma quante volte nel nostro organismo capiterà che ci sarò equivalenza tra Ag. e Ab. o un lieve eccesso di Ag.?e perché la patologia glomerulare è così rara? In effetti oggi stiamo un po’ cambiando idea, perché questo meccanismo quindi prevederebbe che si formino gli IC in circolo che se sono in equivalenza o in lieve eccesso di Ag. si depositano e li nascono i problemi… Ma il prof. si chiedeva: ciò dovrebbe accadere molto più spesso; perché invece la patologia glomerulare è rara? Perché probabilmente è vera un’altra situazione: cioè gli IC non si formano in circolo, o meglio se ne formano pochi, mentre è verosimile che gli Ag. siano già in quella sede o vadano a impiantarsi a livello renale e solo successivamente l’Ab. si legherà all’Ag. E’ cosi che il meccanismo diventa accettabile: non sarà certo una cosa frequente che gli Ag. vadano a depositarsi a livello della membrana basale renale, è una cosa ben diversa. Un terzo meccanismo è quello riguardante Ab. diretti contro costituenti strutturali delle membrane basali. Quindi abbiamo queste tre possibilità che si configurano all’interno di situazioni infiammatorie con attivazione del complemento: gli Ag. si legano alle membrane basali e gli IC si formano in sede renale; oppure gli Ag. sono già costituenti delle membrane basali e ci sarà una reazione autoanticorpale; non escludiamo, anche se meno frequente di quanto non si pensasse in passato, che gli IC in equivalenza o in lieve eccesso di Ag. si formino in circolo e che poi vadano a depositarsi a livello delle membrane basali. Questi sono i tre meccanismi di base. Dobbiamo conoscere in quale parte del glomerulo si depositano gli IC: nella membrana basale, nel mesangio, nella parete dei tubuli, nella parete dei vasi? È importante saperlo perché a seconda della sede si configurano diversi quadri nosografici. Dal lume del capillare passano l’endotelio, poi devono passare la membrana basale e trovano li “Buffon” con le mani a polipo che li blocca; dove posso trovare allora gli IC?? In sede sottoendoteliale, nel contesto della membrana basale, in sede sottoepiteliale. Ma perché alcuni IC vanno oltre ed altri si fermano prima? Può dipendere dalle dimensioni, dalla carica elettrica (nella parete dei capillari ci sono tante cariche negative: per cui più gli IC sono carichi negativamente meno procedono). Quindi la dimensione e la carica faranno si che alcuni depositi saranno sottoendoteliali, altri sottoepiteliali. Poi dobbiamo sapere qual è la morfologia di questi IC: possono avere l’aspetto di piccoli granuli messi in fila l’uno accanto all’altro, ma potrebbero avere una struttura lineare detta “a fumo di sigaretta”. È importante sapere questo perché quando c’è una deposizione lineare possiamo essere sicuri (vedi sindrome di Goodpasture) che si tratti di una reazione autoanticorpale contro costituenti propri della membrana basale in cui è difficilissimo intervenire terapeuticamente; possiamo invece agire terapeuticamente in una situazione in cui il depostito è granulare poiché arrestiamo la formazione di IC e quindi l’evolvere delle lesione.

Di che tipologia di IC si tratta : saranno IgG, IgA, IgM?? Anche questo è importante per distinguere le malattie tra di loro. Nella GN post-streptococcica troviamo IgG; nel Lupus troviamo le IgA; nella schonlein-henoch trovo le IgA; se troviamo IgM non diamo loro grande peso perché di solito sono depositi aspecifici

Quindi la sede dei depositi di IC, la morfologia e la loro tipologia ci chiariranno il quadro nosografico: cioè attraverso queste alterazioni riusciremo a capire che tipo di GN si tratta; la disposizione lineare o granulare ci darà in aggiunta informazioni di tipo prognostico.

La fluorescenza è una metodica che non si usa praticamente più, tranne che per la patologia glomerulare: si tratta di utilizzare Ab marcati con fluoresceina che al microscopio si vedono ben evidenziati. Quindi noi possiamo sapere con questi Ab. dov’è localizzato l’immunocomplesso che ci interessa. Il prof. proietta un’immagine di IF tratta dal Robbins in cui di vede la differenza tra i depositi lineari di IC, a prognosi peggiore, e i depositi granulari di IC prognosticamente migliori.

Cos’è la GN sperimentale di Aiman: è qualcosa che veniva fatto nel ratto. Si prendeva il tubulo prossimale del ratto, si creavano in altri animali degli Ab contro il tubulo stesso e venivano iniettati nel ratto stesso e si scopriva che veniva fuori un GN come quella membranosa e allora ogni qual volta si parla di GN membranosa di parla di GN di Aiman.

Cosa vuol dire iperafflusso? Abbiamo visto che il rene vede attraversare i suoi glomeruli ogni giorno da circa 1700l di sangue. Se noi riduciamo il numero di glomeruli, chiede il prof., che succede? C’è una certa capacità di riserva e per un certo tempo il sangue passerà senza problemi; ma quando questi glomeruli cominceranno a ridursi gli altri riceveranno tantissimo sangue e diventeranno per certi versi ipertrofici ma questo sangue che passa con una pressione elevate può creare dei problemi: si accelerano i processi di sclerosi, dapprima focale, poi più estesa. Allora più tempo passa più si scatena un meccanismo patogenetico particolarissimo e si verrà a creare una situazione di glomerulo sclerosi focale e segmentaria. Quindi prima interveniamo nelle glorulopatie e meglio è, perché abbiamo maggiore possibilità di salvare i glomeruli. Allora è importante sapere se, morfologicamente, le lesioni sono diffuse o focali. Sono diffuse se sono interessati più di ¾ dei glomeruli, focali se sono interessati meno dei 3/4 dei glomeruli. Si parla di lesione globale se tutto il gomerulo è interessato, se invece solo alcune anse capillari del glomerulo sono coinvolte si parla di lesione segmentaria.

Tutto quello che abbiamo detto è inutile se non serve a spiegarci i sintomi, la clinica e l’evoluzione delle malattie: l’anatomia pat. per voi serve solo a questo. Cosa abbiamo detto finora? Abbiamo descritto vagamente l’organo, abbiamo concentrato la nostra attenzione sul glomerulo, abbiamo visto che ci sono le anse capillari, che queste sono sostenute dal mesangio, che c’è un sistema che regola la filtrazione. Dall’interno verso l’esterno abbiamo l’endotelio all’interno del lume capillare, la membrana basale con la lamina rara e la lamina densa, il foglietto viscerale della capsula del Bowman fatta dai podociti con i loro pedicelli, spazio urinifero, foglietto parietale. Tutto ciò che viene ultra filtrato finisce nel tubulo, che è una specie di catena di montaggio e li c’è chi lavora prendendo le cose buone e rilasciando quelle cattive. Alla fine 1.5-2 l di urina sarà il risultato e il mezzo con il quale vengono eliminate tutte le cose che non ci servono; inoltre viene regolato il sistema idro-elettrolitico e vengono prodotti anche ormoni da parte del rene.

Detto questo, quali patologie possono instaurarsi? Sono patologie soprattutto glomerulari, accanto a queste possiamo trovare patologie dei tubuli, patologie dell’interstizio e dei vasi.

PATOLOGIA DEI GLOMERULIAi glomeruli posso accadere tante cose ma noi ci concentriamo sulla patologia glomerulare che riguarda glomerulonefriti e glomerulonefrosi. Il suffisso –ite in medicina significa flogosi, quindi infiammazione con correlato deposito di IC, attivazione del complemento e conseguente danno da complemento. Il suffisso –osi significa processo degenerativo, che si materializza con un aumento della permeabilità delle membrane basali. Perché questa suddivisione?Facciamo questa suddivisione perché nel primo caso ci sono le sindromi nefritiche, nel secondo le sindromi nefrosiche. Cosa fa l’anatomopatologo? Studia i glomeruli per vedere se c’è una malattia glomerulare. La prima cosa che fa è contare quanti glomeruli sono danneggiati:

- se sono tutti danneggiati, oltre i 3/4, diciamo che c’è una glomerulopatia diffusa; - se sono danneggiati meno di ¾ dei glomeruli si parla di glomerulopatia focale.

Riguardo invece al coinvolgimento del singolo glomerulo:- se è tutto il glomerulo ad essere interessato la lesione è globale:- se solo una parte del glomerulo è interessata la lesione è segmentaria.

Questo è importante per distinguere nosograficamente queste patologie. Mi chiederò, ma quante condizioni provocano sclerosi focale e segmentaria? Scoprirò che una di queste è quella da iperafflusso ma che ne è esistono tante altre ed allora è chiaro che la sola morfologia non mi aiuta e allora… Cerco di vedere se ci sono depositi di IC e li cerco con l’IF. Cosa cerco? Ci sono questi depositi IgG, IgA, IgM, C3 e C1q? E se ci sono, dove sono? Sottoendoteliali, sottoepiteliali? E poi, una volta accertata la loro presenza, la fluorescenza è granulare o lineare? Ed ecco che così ci viene più facile capire da che tipo di malattia il soggetto è affetto e quali possono essere i risvolti terapeutici di questi diagnosi. Accanto ai depositi di Ig abbiamo scritto C3 e C1q: perché? ci servono per capire se il complemento è stato attivato per via classica o alternativa. Se trovo solo C3 è la via alternativa; se trovo C3 e C1q è la via classica. Al fine di riconoscere la patologia se abbiamo C3 C1q e IgA si potrebbe trattare di Lupus, se abbiamo solo C3 e IgA potrebbe essere una forma di schonlein-henoch.

Quindi cosa faccio io? Guardo la biopsia e..- conto i glomeruli e dico se la lesione è focale o diffusa;- guardo i glomeruli uno per uno e dico se la lesione è segmentaria o focale;- poi passo all’ IF per vedere che tipo di Ab ci sono, se sono sottoendoteliali e sottoepiteliali,

e se la fluorescenza è lineare o granulare;- vedo se è stato attivato il complemento; se si per via alternativa o per via classica?

In queste parole è compresa tutta l’anatomia patologica generale delle lesioni glomerulari.

Quindi se leggete glomerulo sclerosi focale segmentaria il medico penserà: sono interessati da sclerosi meno dei ¾ dei glomeruli, e solo una parte dell’ansa glomerulare. E già così abbiamo fatto chiarezza.

Una raccomandazione che vi faccio è quello di ricordare il nome della malattia e il suo significato: interpretare perché la malattia è stata chiamata in questa maniera.

Vedremo adesso che per ogni malattia ci porremo queste domande, le cui risposte vanno a definire schematicamente le singole patologie glomerulari.

Tutto quello che abbiamo detto non serve a nulla, se non riusciamo a spiegarci la parte clinica; lo scopo principale dell’anatomia patologica è quelli di riuscire a spiegare la parte clinica.

Quali possono essere i segni clinici di una patologia glomerulare?- Proteinuria:di norma le proteine attraverso le membrane basali non passano se non in

piccolissima quantità, ma quando ne passano tante (sopra 1 g al giorno) vuol dire che c’è un danno, un aumento della permeabilità.

- Ematuria microscopica e macroscopica (pensiamo alla cocacola): oltre a passare le proteine, attraverso le membrane basali passano i globuli rossi;

- Sindrome nefritica;- Sindrome nefrosica ;- Insufficienza renale: acuta, rapidamente progressiva, cronica.

RACCOMANDAZIONE: Sul testo Mariuzzi c’è un bellissimo capitolo sul quadro anatomo patologico dell’uremia. E’ vero che oggi con la dialisi non si arriva più a quadri simili, ma sapere che cosa può comparire sulla cute di un uremico credo che sia ancora importante. Perdeteci un pò di tempo a leggerlo (una sola volta).

Sindrome nefriticaCome si è provocata questa sindrome? Da che cosa è sostenuta? Anticorpi, complemento, danno delle membrane basali. Il complemento danneggia solo le membrane basali o fa qualche altra cosa? Il complemento, avendo funzione chemio tattica, richiama le cellule infiammatorie.Quindi la sindrome nefritica è caratterizzata da depositi di IC, si lega il complemento, vengono richiamati elementi infiammatori. La presenza del complemento danneggia la membrana basale con conseguenti proteinuria e ematuria. Queste cellule che ingorgano il lume dei capillari possono, a vostro giudizio, disturbare la circolazione del sangue che si trova nelle anse capillari? SI riduce la quantità di sangue che attraversa il rene? Senz’altro si, si riduce anche la filtrazione. Se si riduce anche la filtrazione glomerulare cosa accadrà? Il rene regola l’equilibrio idroelettrolitico, regola il pH e quindi non riuscirà più a liberarsi adeguatamente di Na e acqua: conseguenza è l’ipertensione arteriosa. Ecco allora che quando IC si depositano, e vengono richiamati per la funzione chemio tattica cellule infiammatorie, si instaura la sindrome nefritica.

- Proteinuria;- Ematuria;- < FG;- Ritenzione di Na e H20;- Ipertensione arteriosa.

Sindrome nefrosicaLa proteinuria qui sarà più marcata perché si tratta di una turba della permeabilità della membrana basale. Perché viene sottolineato il fatto che nella sindrome nefrosica la proteinuria sia maggiore di 3,5 g/die? Si usa la soglia di 3-3,5 g/die perché rappresenta la soglia di produzione di albumina da parte del fegato: è chiaro che quando viene eliminata con le urine una quantità maggiore del valore soglia, la concentrazione di albumine in circolo si abbassa. Le albumine sono molto importanti per tante funzioni, ma soprattutto perché rappresentano quella che viene definita pressione oncotica che è quella pressione che si oppone alla pressione idrostatica: quando si riduce il contenuto di albumine, perché il fegato non è in grado di rimpiazzare quelle perdute con l’urina, ecco che si instaurano degli edèmi (il prof. usa questo accento sulla seconda e). E’ chiaro che alterazioni del metabolismo proteico possono intervenire anche su quello lipidico provocando iperlipemia, alla quale può conseguire lipiduria. Tra i sintomi caratterizzanti la sindrome nefrosica abbiamo anche trombosi (perché il fegato va in tilt e inizia a produrre più fibrinogeno, a ridurre la produzione di fattore che possono intervenire nella coagulazione con il risultato finale che può esserci una maggiore facilità all’insorgenza di fenomeni trombotici) ed infezioni (perché con lo stesso meccanismo con cui si perdono le proteine, possono essere perse le Ig).

- Proteinuria >3,5 g/die;- < P oncotica;

- Edemi;- Iperlipemia;- Fenomeni trombotici;- Infezioni.

Cosa dobbiamo ricordarci della lezioni di oggi? Qual è il senso di tutto quello che abbiamo detto?

Prima di parlare di un argomento, dobbiamo avere le idee chiare sull’anatomia normale. Quanta ne dobbiamo conoscere? Quella poca che serve a capire che cosa sta succedendo nel “campo di battaglia”. Quindi hanno grande importanza l’endotelio, le membrane basali, i podociti, lo spazio urinifero, arteriola afferente, arteriola efferente, rete capillare mirabile intraarteriosa e dove vanno finire i capillari attorno ai tubuli. Esiste è un meccanismo spettacolare perché noi abbiamo zaffato il glomerulo con cellule infiammatorie e abbiamo detto che c’è una riduzione del flusso; se si riduce il flusso nell’arteriola efferente e nei capillari peritubulari arriverà meno sangue della norma . Quindi ogni qual volta che in un glomerulo nefrite c’è un intasamento delle anse capillari nel glomerulo, dobbiamo aspettarci che giù nel tubulo ci sia una sofferenza correlata, perché la nutrizione del tubulo sarà compromessa. Quindi non solo il glomerulo sarà danneggiato, ma il tubulo dipendente avrà dei problemi nutritivi. Quindi vediamo quanto è importante l’anatomia. E poi abbiamo parlato di patologia in senso generale:la prima cosa che vi raccomando è che l’anatomopatologo deve conoscere le notizie cliniche, ricordatevi di dare notizie cliniche adeguate all’anatomopatologo; se non lo fate la diagnosi per l’anatomopatologo può essere difficile.

Domande all’esame e riassuntoSe osserviamo una biopsia renale cosa guardiamo anzitutto?La prima cosa è capire se abbiamo prese il rene perché a destra qualche volta prendiamo il fegato oppure non prendiamo nulla. Se abbiamo preso il rene dobbiamo fare la conta dei glomeruli e vedere se ce n’è un numero sufficiente a fare diagnosi cercando di capire se si tratta di una lesione focale o diffusa: perché possono essere insufficienti quelli che abbiamo preso; perché (poiché le lesioni possono essere focali o diffuse) se la lesione è focale può accadere di vedere dei glomeruli apparentemente normali; perché ci sono dei glomeruli che si prendo con grande difficoltà quelli iuxtamidollari (i più profondi) e quindi la biopsia può sembrare normale quando invece probabilmente si tratta di un campionamento non adeguato.Subito dopo guardo se la lesione è globale o segmentaria.Questi elementi ci dovrebbero permettere di inquadrare la patologia. Una volta fatto questo cerco di capire se c’è una turba della permeabilità delle anse e in questo caso non dovrei trovare IC (s. nefrosica) oppure se è una sindrome nefritica quindi con gli IC, il complemento e la funzione chemio tattica che richiama nel glomerulo le cellule infiammatorie. Infatti noi nel glomerulo dei pazienti con sindrome nefritica troveremo le cellule infiammatorie, e se non troviamo queste dovremmo comunque trovare gli IC. Gli IC si cercano con l’IF: se li trovo devo vedere se si tratta di IgG, IgA, IgM; in secondo luogo devo vedere dove sono sistemati se sottoendoteliali o sottoepiteliali (e porci la domanda: perché si depositano in un posto e non nell’altro? In base alle dimensioni e alle cariche elettriche). Detto questo studierò il complemento cercando di capire se è stato attivato per via classica o per via alternativa.Cosa accade nella clinica delle glomerulonefriti? Se il danno non è molto marcato, la prima cosa che ci aspettiamo è un danno della membrana basale che si traduce nella proteinuria, sopra 1 gr di proteinuria al giorno possiamo stare sicuri che il rene ha qualche problema; se il danno è più importante avremo anche l’ematuria, micro o macroscopica. Quindi si configureranno delle sindromi: sindrome nefritica e sindrome nefrosica.

Nella sindrome nefritica gli IC richiamano cellule infiammatorie, le anse capillari sono intasate: c’è un danno alle membrane basali con conseguenti proteinuria, ematuria. Queste cellule infiammatorie “ostruiscono” i capillari e di conseguenza il FG si abbassa, causando ritenzione di sodio e acqua e quindi ipertensione.Nella sindrome nefrosica c’è un’importante variazione della permeabilità con proteinuria rilevante. Perché è così importante che la proteinuria si maggiore di 3,5 g/die? Perché questo valore indica la capacità di riserva del fegato: se perdiamo più di 3,5 g/die di proteine il fegato non è in grado di compensarne la perdita e allora la pressione oncotica diminuirà con conseguente formazione di edèmi. Alterazioni metaboliche, iperlipemia, trombosi, infezioni per perdita delle Ig configurano con la lipiduria il quadro della sindrome nefrosica. Se lasciamo passare troppo tempo quei pochi glomeruli non coinvolti, ammesso che la lesione sia globale e focale, verranno danneggiati da un iperafflusso che sarà come dare martellate all’endotelio, alle membrane basali, ai podociti e il deposito di materiale potrà dare luogo a situazioni di tipo trombotico; se questo materiale comunque passa attraverso le membrane basali, ha un effetto proliferativo e induce proliferazione e sclerosi: e allora quei glomeruli che inizialmente erano rimasti sani, cominceranno ad andare incontro a sclerosi focale e segmentaria da iperafflusso.

Marco Cernigliaro

Prof. Aragona, Anatomia Patologica, lezione del 12-10-11, Glomerulonefriti.Ragazzi ricordate la lezione precedente? Facciamo una simulazione d’esame. Qual è l’atteggiamento dell’anatomopatologo nei confronti di una biopsia renale? Cosa deve guardare? L’anatomopatologo chi è? È un medico? Io preferisco dire medico, clinico mi pare che sia chi non conosce l’anatomia patologica, non so se ci avete fatto caso: quando uno dice clinico, “è perché io mi interesso solo di una cosa …”. No ragazzi, è un medico. Io ho studiato per fare il medico di medicina generale, cioè la capacità … cioè per es: c’è un incidente per strada? Invece di scappare perché non so che fare mi fermo perché so salvarlo. C’è da fare un farmaco per salvargli la vita? O una flebo ? Non la sa fare nessuno? No io la so fare. Probabilmente non conosco il gene TP53 però se c’è da iniettargli un farmaco per salvargli la vita, lo so fare. Un medico è uno che sa fare le cose, quindi attenzione a sapere fare quelle poche cose che possono assicurare la vita del pz; se uno sa fare un massaggio cardiaco; oppure un bambino che ha deglutito una caramella: riusciamo a fargliela sputare fuori? Imparate queste cose elementari che non ci facciano avere paura nelle situazioni di emergenza. Ecco l’anatomopatologo è un medico però il pz non lo vede. Chi è che glielo deve fare vedere, il pz all’anatomopatologo? Siete voi. Voi con la richiesta clinica. Volete vedere se il medico è bravo? Ecco il medico bravo compila di persona la richiesta all’anatomopatologo perché ha l’urgenza di comunicargli alcune cose. Se non è bravo la fa compilare all’infermiere, perché non ha l’urgenza di comunicare niente perché non l’ha capito cosa deve comunicare. Questo è il primo segnale. Quindi notizie cliniche. L’anatomopatologo esamina le notizie cliniche e passa all’osservazione della biopsia cosa deve guardare?

- È adeguato il frustolo che sto vedendo?

- (Può sembrarvi strano) ma è rene?

- Concentriamo la nostra attenzione sui glomeruli.

Un’agobiopsia è un campionamento parziale. Sapere quanti glomeruli sono stati esaminati è importantissimo. Poi, una volta appurato che ci sono i glomeruli cosa dobbiamo vedere? Quanti sono danneggiati, ammesso che ci sia un danno? E, se sono danneggiati, quale parte del glomerulo? Tutto il flocculo o solo una parte? Quindi la prima domanda sarà: la lesione è focale o diffusa? Segmentaria o globale? Dopodiché cercheremo morfologicamente di indirizzarci nell’ambito delle glomerulonefriti. Poi sarà irrinunciabile procedere alla fluorescenza e quindi alla microscopia elettronica. Cosa vedremo in fluorescenza? Immunocomplessi (IC). Quindi stiamo parlando di patologie che, nella gran parte dei casi, sono legati alla presenza di IC. Usiamo degli Ab fluorescenati. Questi si legano all’IC e ci consentono di vedere se l’IC c’è, di vedere di che tipo di IC si tratta (IgG, IgA, IgM …), di capire se è stato attivato il complemento, e se sì, per via classica o per via alternativa? C3-C1q - via classica? Oppure solo C3 – via alternativa? Poi anche la microscopia elettronica ovviamente. Non ultimo, sempre nell’ambito della fluorescenza, ci chiediamo: è un deposito lineare o granulare? Perché se è un deposito granulare, debbo pensare che vi sia lì un

deposito nel filtro. Se è lineare debbo pensare a una malattia autoimmune: sindrome di Goodpasture. Sapete che le membrane basali del rene sono molto vicine, come struttura, a quelle del polmone. Ecco perché nella sindrome di Goodpasture, la lesione coinvolge entrambe i distretti.Detto questo passiamo a esaminare le singole glomerulonefriti. Cosa sto facendo? Questa lezione è una lezione informativa ma è una lezione che ho fatto per voi: ho cercato di sintetizzare gli argomenti perché sui testi la cosa è molto complessa.Glomerulonefrite proliferativa-essudativa (acuta)Guardate come la chiamiamo: suffisso –ite= flogosi, proliferativa-essudativa e fra parentesi acuta. Perché fra parentesi acuta? Non si classificano più in base al decorso le glomerulonefriti (acuta, subacuta, cronica), bensì le classifichiamo in rapporto alle alterazioni morfologiche. Perché c’è la glomerulonefrite? Deposito di IC, ne abbiamo già parlato del perché. Gli IC si formano in situ quando l’antigene è impiantato, oppure potrebbero formarsi in circolo e si depositano nel filtro renale: una volta depositati legano il complemento, si ha il danno delle membrane basali, il complemento ha anche una funzione chemio tattica, arrivano le cellule infiammatorie. Se arrivano le cellule infiammatorie si forma un essudato. L’essudato ha una componente umorale e una componente cellulare. Quindi se qui leggiamo nella definizione “essudativa” dobbiamo trovare questo essudato. Perché proliferativa? Cos’è che può proliferare? Abbiamo detto che c’è una flogosi, chemiotassi, fattori di crescita, proliferazione. Cosa può proliferare, accanto alle cellule infiammatorie, nel glomerulo che abbiamo esaminato ? Per es, le cellule del mesangio. Quindi aumenta la matrice mesangiale e aumenta il numero di cellule mesangiali. Ma ci sono anche altre cellule: capillari? Essi sono rivestiti da quali cellule? Da endotelio. Ebbene si discute se l’endotelio possa proliferare ma per comodità intellettuale diciamo di sì. Aumentano di dimensioni, le cellule endoteliali proliferano ma soprattutto quali sono le cellule che possono proliferare? Le cellule della capsula del Bowman. Vedremo, sia i podociti, ma soprattutto, in certe situazioni, le cellule parietali. E vediamola subito questa situazione essudativo-proliferativa. Quindi, algoritmo, come funzionerà l’esame? Io pongo la domanda: Glomerulonefrite proliferativa-essudativa. Lo studente deve capire se io ho il diritto di farvi questa domanda oppure no. Perché deve essere frequente, deve avere rilievo concettuale, deve essere possibile un intervento terapeutico. Non tutte le domande sono plausibili agli esami. Una volta accertato che la domanda è plausibile, seguiamo sempre lo stesso algoritmo: epidemiologia, cause, patogenesi, quadro istologico, quadro macroscopico. Tutto questo servirebbe a niente se non ci fosse la ciliegina sulla torta: dobbiamo essere, in ultima analisi, capaci di formulare correlazioni anatomo-cliniche. Questo è il senso dell’anatomia patologica: la spiegazione dei sintomi. Epidemiologia. Vi sembra frequente questa glomerulonefrite? Veniva chiamata post-streptococcica. Non è molto frequente. La diagnosi e facile e la biopsia si fa di rado. Chi colpisce? Vedremo, i bambini soprattutto, ma anche gli adulti, tuttavia, non sono esenti da questa patologia. Differenza di sesso non è fondamentale.

Eziologia. Perché si diceva post-streptococcica? Streptococchi A beta emolitici. Cosa accade? Si formano IC. Ricordate la mia perplessità. Ma le infezioni streptocicciche ne abbiamo tante, perché non tutte danno glomerulonefriti? Perché ci sono dei ceppi nefritogeni: 4, 12, 49 red lake, 1. Sono diversi. In questi casi che cosa accade? Si formano IC. La mia domanda: dove si formano? E lo studente dirà: “Probabilmente in circolo ma non è da escludere che l’antigene si impianti prima, a livello glomerulare, e poi lì si formino gli IC.” Ma se si formano in circolo, quando si depositano? Quando le situazioni stechiometriche sono adeguate, particolari. E come deve essere l’IC? In equivalenza o lieve accesso da antigene. E la mia domanda sarà: perché? Perché se c’è eccesso di anticorpo gli IC complessi sono voluminosi e vengono fagocitati prima di depositarsi; se invece l’eccesso è di antigene, gli IC sono molto piccoli ed è difficile che possano depositarsi nelle membrane basali glomerulari. E, una volta che questi IC si sono depositati, come li vedo? Cosa facciamo? La fluorescenza. Cosa vediamo? Vediamo che tipo di IC sono. E scopriamo una prima cosa: sono soprattutto IgG. E poi la domanda: ma essi legano il complemento? Certo. E come lo legano? Troviamo solo C3. Se questo C3 è depositato lì in grande quantità, in circolo ce ne sarà di più o di meno? Di meno: ipocomplementemia. E poi l’altra domanda: ma da che parte stanno, ovvero quale è la loro dimensione? Qual è la loro carica elettrica? Dove si sono depositati? In questa malattia me li aspetto in sede sottoepiteliale. E sono voluminosi, formano delle gobbe. Vengono chiamati humps. Allora, a questo punto, vedo gli IC depositati, ma cosa fanno questi IC? Abbiamo detto, hanno azione chemiotattica: richiamano cellule infiammatorie, soprattutto neutrofili. Dove li troviamo? Nel lume dei capillari. E allora cosa c’è dentro il lume di questi capillari? I neutrofili, l’endotelio ipertrofico ed iperplastico, e quindi il lume dei capillari tende ad occludersi. E se il lume dei capillari tende ad occludersi, il filtrato glomerulare che fine fa? Si riduce. Sale acqua? Trattenuta, dunque ritenzione. Che ci aspettiamo in questi soggetti? Ci aspettiamo che siano ipertesi. Ma l’IC che si depositerà nelle membrane, la danneggerà la membrana? Sì, e allora se c’è un danno ci aspettiamo che le molecole più piccole possano attraversarla, quindi proteinuria. E se il danno è un po’ più marcato passeranno anche i globuli rossi: ci siamo spiegati la sintomatologia. È una sindrome nefritica in corso di glomerulonefrite essudativo-proliferativa. Ma dicevamo prima che prolifera anche il mesangio. Allora ci potremmo chiedere se è possibile guarire da questa patologia. Guariscono quasi tutti. Se non guariscono evidentemente la parte proliferativa non regredisce tempestivamente come quella essudativa. Allora si hanno delle forme in cui c’è una proliferazione del mesangio: aumenta sia la matrice mesangiale che il numero di cellule mesangiali. Questa glomerulonefrite in cui prolifera il mesangio la chiameremmo appunto mesangio-proliferativa. Quindi guariscono nella stragrande maggioranza dei casi eccetto nelle situazioni in cui c’è una proliferazione mesangiale. Riassumiamo il tutto:

- Rara

- Bambini e talvolta anche adulti

- Faringiti streptococciche ( ma possono essere coinvolti nella patogenesi altri microrganismi)

- IC in situ (IgG)

- C3

- Ipocomplementemia

Non spendo parole sul fatto che sia post-streptococcica: sapete gli episodi di faringite o di patologia cutanea, le 2-3 settimane di tempo da questo episodio clinico e la patologia glomerulare. Sapete che le due o tre settimane sono quelle necessarie perché si formino gli IC.

- Patologia diffusa e globale: sono IC che si depositano dappertutto.

Ricordate il glomerulo normale? Spazio urinario; capsula del Bowman, cellule parietali. I capillari li vado a guardare alla periferia del glomerulo: lì si vedono meglio. I nuclei interni sono endoteliali. I nuclei esterni podocitari. Questo è un podocita, questo è una cellula endoteliale. Riuscite a distinguere questo colore rosella con qualche nucleo dentro? Ecco, questo è il mesangio. Fino a quando vedo questa struttura rosa pallido e fino a quando vedo due o tre nuclei, al massimo, vuol dire che il mesangio ha le sue dimensioni normali. E allora questo è un glomerulo normale. Ora vediamo questo altro glomerulo: guardate quanti nuclei in più. Capite perché diciamo “proliferativo”? allora cosa sono tutti questi nuclei in più? Intanto se io vado alla periferia, non riesco più a distinguere nulla. Non c’è un solo capillare beante, tanti nuclei all’interno, non riesco neppure a distinguere il mesangio, di tanto in tanto vedo delle cellule, più scure, con il nucleo fatto da tre palline ravvicinate che sono? Allora cosa sta accadendo? Abbiamo detto “essudativa” perché ci sono i neutrofili. “Proliferativa” perché questi nuclei appartengono alle cellule endoteliali, alle cellule podocitarie, e soprattutto alle cellule mesangiali. Riuscite a collegare l’occlusione dei lumi capillari con la riduzione del filtrato glomerulare? Oliguria, anuria … adesso capite perché. Diffusa e globale: la sintomatologia diventa chiara. A più forte ingrandimento ecco i neutrofili. I lumi capillari, vedete qui se ne vede appena uno con la cellula endoteliale. Tutte queste più chiare sono cellule mesangiali. Faccio la fluorescenza: questa è una IgG. Cerco di capire, appunto, se ci sono IgG. Ovviamente la risposta è sì. Lo vedete il lume di un capillare? Guardate come sono depositati. Sono depositi continui, si dice, a fumo di sigaretta: è una forma granulare, infatti vediamo tanti piccoli granuli accostati. Io qui posso dire: si sono depositati IgG. La fluorescenza, inoltre, mi conferma l’idea di una proliferativa-essudativa. Potrei, ancora, fare la microscopia elettronica: voglio vedere meglio questi IC.

Questo è il capillare normale: la cellula endoteliale che aggetta nel lume, la membrana basale, lamine rare interne ed esterne,

lamina densa al centro, endotelio fenestrato ( questo è il citoplasma che appartiene a questa cellula endoteliale ), i podociti con i pedicelli, spazio urinifero, ( mancano due parole che non si distinguono bene, minuto 31:43 ). A più forte ingrandimento: la membrana basale, le due lamine rare, podociti, diaframmi di filtrazione, endotelio fenestrato. Guardate cosa accade nella forma proliferativo-essudativa: la membrana basale è riconoscibile. Questa è una cellula endoteliale: non si vede più il lume del capillare perché è ingorgato dalla cellula endoteliale. Proliferazione -> occlusione del lume. Vedete queste strutture? Questo è il citoplasma del pericita e questi, con degli aghi all’interno, sono IC. IC sottoepiteliali così voluminosi da formare delle gobbe ( humps ). La diagnosi è conclusa glomerulonefrite proliferativo-essudativa. La clinica Una sindrome nefritica acuta, guariscono quasi tutte; se non guariscono diventano delle mesangio-proliferative. Ci dobbiamo chiedere quanti glomeruli sono interessati. E se ci accorgiamo che la sintomatologia non regredisce e resta qualche segno di danno renale, dobbiamo intervenire tempestivamente. Perché se non interveniamo tempestivamente, cosa accade? Ricordate il concetto dei glomeruli superstiti che poi diventano ipertrofici ma l’iperafflusso ne può compromettere la funzionalità e la morfologia. Glomerulopatia a minime lesioniPerché la chiamiamo a minime lesioni? Perché i glomeruli sembrano praticamente normali. Allora la domanda: perché questi subiscono una biopsia? Che tipo di sintomo può portare alla biopsia? Vedremo che sono sintomi – in fondo il sintomo è uno – legati alla proteinuria. Proteinuria selettiva: passano solo le molecole più piccole, le albumine più piccole. Allora la forma a minime lesioni ottiche, che, debbo dire è piuttosto frequente, colpisce sia i bambini, dove è più frequente ma anche gli adulti. Si caratterizza per questa proteinuria. C’è solo questo. Il danno della membrana basale a cosa è legato? Come finisce questa parola? –patia. Non finisce in –ite. Allora non ci saranno IC. Probabilmente è legato al sistema immunitario, in particolare alla parte cellulo-mediata del sistema immunitario: entrerebbero in gioco i linfociti T ( ly T ). Ma noi non sappiamo cosa avviene, di fatto. Danno della membrana basale -> proteinuria selettiva. Se passano le proteine cosa fanno i podociti? Chiudono: hanno i filamenti nei loro pedicelli. Sono dei polipi. Chiudono subito. Allora in sezione vedremo i podociti così con pedicelli, hanno chiuso? Cosa vedremo in ultrastruttura? La fusione dei pedicelli. Fluorescenza negativa. Guardiamo l’istologia: quest’ispessimento della membrana basale minimo, la fusione dei pedicelli, secondo voi si vede in istologia? No. Capite ora perché a minime lesioni ottiche. Perché il glomerulo sembra normale ma sappiamo che ha una proteinuria. Minime lesioni ottiche: istologicamente non c’è quasi nulla. Cosa fareste come terapia se c’entrano i ly T? Può bastare il cortisone ( prima dell’immunosoppressore): la sintomatologia deve regredire. Se non regredisce, può darsi che sia una lesioni minime che recidiva ma potrebbe essere anche un’altra cosa. Secondo voi questa è una lesione diffusa o focale? Diffusa. Globale o segmentaria? Globale. Se non guarisce possibilmente non abbiamo visto qualche cosa. Non abbiamo visto

probabilmente un’altra glomerulonefrite che deve essere però, per non averla vista, focale e segmentaria. Ebbene la glomerulonefrite, la glomeruloscleròsi si chiama più correttamente focale e segmentaria si pone nella diagnostica differenziale. Infatti questa glomerulonefrite focale e segmentaria, poi, più correttamente, glomeruloscleròsi focale e segmentaria interessa giusto-giusto i glomeruli iuxta-midollari. I glomeruli più difficilmente raggiungibili con l’agobiopsia. Allora, se ci accorgiamo che questa forma a lesioni minime non guarisce allora il problema può essere proprio questo: vuoi vedere che era una glomeruloscleròsi focale e segmentaria che interessava principalmente i glomeruli iuxta-midollari e non li abbiamo campionati con l’agobiopsia? Riassumiamo:

- Bambini (¾ di sindromi nefrosiche) e adulti

- Alterazioni dei ly T sospetta: ovviamente se è danneggiata la membrana basale abbiamo detto -> proteinuria selettiva

- Diffusa e globale

Come vi sembra questo glomerulo? Facciamo l’agobiopsia, guardate le cellule parietali. I capillari si vedono. L’endotelio, il podocita, ci sono i globuli rossi dentro, il mesangio è normalmente rappresentato: non più di due o tre nuclei in quest’area di colore rosa pallido. È un glomerulo normale. Minime lesioni ottiche: sappiamo che ha una proteinuria selettiva. Vogliamo una conferma della diagnosi di glomerulopatia a minime lesioni ottiche: microscopia elettronica. Guardate il mesangio, le membrane basali, l’endotelio è normale; cosa è accaduto a questo podocita? La fusione dei pedicelli: l’unico modo per porre diagnosi, solo questo ha di caratteristico. Il podocita si adagia, si distende sulla membrana basale perché non vuol far passare le proteine. Non debbono andare perdute. Clinica.

- Proteinuria selettiva.

- Risponde agli steroidi

- Guarigione o evoluzione in glomeruloscleròsi focale e segmentaria (ma questo per fortuna avviene meno spesso). Se quest’ultima avviene capirete che la prognosi è completamente diversa. Se viene guarito il soggetto con le minime lesioni ottiche, non ci sarà un reliquato anatomico. Altrimenti, la glomeruloscleròsi focale e segmentaria finirà col compromettere i glomeruli residui e, a poco a poco, col compromettere strutturalmente e funzionalmente l’organo.

Capite che nella diagnosi differenziale è importantissimo chiedersi: quanti glomeruli c’erano in quella biopsia che abbiamo considerato glomerulopatia a lesioni minime? Dice 3. Ah certo. Se diciamo 40 il discorso cambia: è più difficile che sia una focale e segmentaria. Ma con tre: vuoi vedere che non abbiamo preso quelli iuxta-midollari? Allora lì, subito, deve cambiare la nostra strategia terapeutica perché prima facciamo a controllare una focale e segmentaria e meglio è per evitare quel meccanismo da iperafflusso che può danneggiare drammaticamente il rene. E quando dico iperafflusso pensate a un’altra situazione frequente: quando l’impianto dell’uretere è anomalo cosa può accadere? Reflusso. Capite allora perché è drammatico il reflusso. Apparentemente è una sciocchezza ma se voi perdete tempo cosa accadrà nel rene? Allora dobbiamo fare diagnosi e intervenire prima possibile per evitare che, in quel caso, i reni possano essere danneggiati. È superfluo dire che, essendo bilaterale, poi i guai sono ancora più rilevanti.

Glomerulonefrite membranosa Suffisso –ite: ci deve essere una flogosi e IC. Membranosa: -osa suffisso che ci indica degenerazione. Allora c’è una discrepanza. Dici glomerulonefrite e poi scrivi –osa. Allora? –ite o –osa? Intanto diciamo che è frequente: è una delle condizioni di sindrome nefrosica più frequenti nell’adulto, colpisce anche i bambini. La proteinuria, in quanto il danno è più importante della precedente patologia, non è selettiva. Chiediamoci perché c’è questo danno. Allora glomerulonefrite perché abbiamo trovato che cosa? C’è scritto essudativo? No. Allora vuol dire che non c’è essudato. Quindi non troviamo quota umorale né i neutrofili, l’unica cosa che noi di solito vediamo. Se non ci sono i neutrofili che –ite è? È –ite perché troviamo IC e il complemento. E dove si depositano? Nella membrana basale. E cosa sono? IgG e C3. E dove li vediamo? Più spesso sottoepiteliali. Legheranno il complemento: abbiamo detto C3. Ci sarà un danno, il sistema cartuccia che buca le membrane. Come apparirà la membrana basale se ci sono IC? Ispessita. Allora capite –osa. Quando si guardava l’istologia, non si vedeva flogosi non c’erano neutrofili però c’erano le membrane basali ispessite: “Questa è una forma degenerativa” – si pensò. Si ispessiscono le membrane basali: membranosa. Glomerulopatia membranosa. Poi trovate gli IC. Glomerulonefrite membranosa. Questa è una forma globale e diffusa. Eziologia. Sconosciamo le cause, però sappiamo – forme secondarie – che ci sono alcune condizioni che possono provocare la glomerulonefrite membranosa: ricordiamo, per es, alcune infezioni virali, i farmaci, i tumori. Allora in soggetto con sindrome nefrosica o proteinuria non selettiva il nostro pensiero deve essere: “Il rene non funziona, vuoi vedere che ha una glomerulonefrite membranosa?”. E se ha una glomerulonefrite membranosa io ti debbo interrogare: l’anamnesi. Cercherò di capire se è una forma primitiva idiopatica o se è una forma secondaria. Indago. Ma cosa c’hai l’artrite reumatoide? Hai fatto dei farmaci? Come sei combinato con il virus B, C? Oppure potrebbe avere una neoplasia. Se ha una neoplasia e nessuno se n’è accorto ecco il pensiero: tu hai una proteinuria non selettiva, è una forma membranosa per me è una secondaria fino a prova contraria. Cioè mi sentirete parlare spesso di “fino a prova contraria”. Un soggetto che viene da voi al PS e ha un dolore

in aia cardiaca o presternale, quello è sempre un infarto fino a prova contraria. C’è una patologia come ipertensione, emicrania inspiegabile? Quello deve essere un aneurisma, un’emorragia fino a prova contraria. E qui il “ prova contraria” deve essere: hai una proteinuria non selettiva. Devo pensare, innanzitutto, escluso farmaci o virus, che tu possa avere un tumore. Quindi ti visito pensando che tu possa avere un tumore.Allora membrane basali ispessite. Con la fluorescenza: IgG e C3. Li vediamo in sede sottoepiteliale. La malattia è diffusa e globale. C’è un danno delle membrane basali, da qui la permeabilità è alterata e da qui la sindrome nefrosica. Cosa vedremo istologicamente? Membrane basali ispessite. Il lume dei capillari li cerco in periferia: non si vedono bene ma se le membrane basali ispessite li vedremo meglio? Sapete come dicevano i vecchi anatomopatologi? Glomeruli troppo belli. Perché con le membrane basali ispessite, il disegno veniva rettificato. Allora questo portava ai glomeruli troppo belli. In microscopia elettronica, ovviamente, le membrane basali saranno ispessite. Vedremo i depositi e i podociti “fanno da portieri”, cercano di parare: fusione dei pedicelli. Alla lunga, il danno indotto dal complemento, provocherà alterazioni proliferative. In un certo numero di casi, a poco a poco, questi glomeruli andranno in obsolescenza, diventeranno sclero-ialìni. In altra parte di soggetti, la evoluzione può essere particolarmente rapida. In altri ancora, continua lentamente nel tempo. In altri, forse, può regredire.Riassumiamo:

- Adulti (1/3 di sindromi nefrosiche hanno questa natura); anche i bambini possono essere interessati.

- Idiopatica nella stragrande maggioranza dei casi: attenzione alle secondarie -> tumori; epatite B; farmaci. Ci sono moltissime altre cause.

- Diffusa e globale.

Guardate questo disegno: il mesangio, la cellula mesangiale e la matrice, l’endotelio, la membrana basale ed eccolì qui gli IC: IgG e C3, sono granulari e sottoepiteliali. I podociti sono fusi: ecco perché le membrane si ispessiscono. I lumi dei capillari sono nettamente disegnati. Le membrane però sono ispessite. Se contate i nuclei, non sono aumentati di numero: ecco perché non è una forma proliferativa. Non ci sono neutrofili: ecco perché non è una glomerulonefrite nel senso classico. Immunofluorescenza: i granuli. Questo è, al solito, il capillare normale in microscopia elettronica, cosa vedete qui? Prima cerchiamo il lume del capillare poi il nucleo e il citoplasma della cellula endoteliale, l’endotelio è, qui, fenestrato, la membrana basale, lamina rara interna, lamina densa e qui si possono apprezzare i nostri IC. Tutti schierati qui, sotto il podocita che fuso i suoi pedicelli perché “cerca di parare queste pallonate che gli arrivano da tutte le parti”. Ma è una forma cronica? Restano lì per sempre questi IC? Di che natura sono? Proteica. Allora il podocita farà piazza pulita? Cercherà di sbarazzare tutto? Ma prima di sbarazzare noi casa

facciamo, quando abbiamo spazzatura a casa? La mettiamo nei sacchetti. Il podocita fa esattamente la stessa cosa. “Adesso prima di buttarti ti insacco”. Comincia a produrgli tutto attorno al membrana basale. Questa membrana basale si insinua tra gli IC e li circonda fino a quando, poi, dopo averli impacchettati, li degrada completamente: è chiaro che la membrana basale si ispessisce. Si può colorare la membrana basale? Da quale fibrille è costituita? Collagene, fibrille piuttosto piccole di collagene. Se io voglio colorarle uso una metodica: l’argento di Gomori. Normalmente, se faccio l’argento, coloro una linea. Ma se qui, tutto attorno, creo altra membrana basale cosa accadrà? Prima la membrana basale è così, poi con l’argento vedo una linea nera. Ma se tutto attorno questa membrana basale ha fatto questo lavoro, perché qui in mezzo ci sono IC, a un certo punto, vedrò la membrana basale che risale sotto forma di spine: spikes. Come i denti di un pettine. È membrana basale neoformata che si inserisce fra gli IC. Ebbene la glomerulonefrite membranosa si riconosce per questo. Fasi evolutive della glomerulonefrite membranosa. Dapprima, in una prima fase, gli IC sottoepiteliali. Poi il podocita tenta di impacchettarli. Comincia a formare queste spine. Poi li delimita completamente, sono impacchettati; fino a quando comincia a degradarli, li fa scomparire e permane solo l’ispessimento della membrana basale.Ecco vediamo qui: non sembra il solito glomerulo. C’è tanto nero. Se c’è tanto nero l’ho colorato con il Gomori per l’argento. Vediamo inoltre lumi dei capillari: potete apprezzare le membrane basali, questo è il nucleo della cellula endoteliale, la membrana basale, troviamo questi puntini a denti di pettine, come spine: questi sono gli spikes. Questo reperto ci fa dire è una glomerulonefrite membranosa. E alla domanda cosa sono gli spikes? Lo studente risponderà: “Membrana basale neosintetizzata nel tentativo di impacchettare i depositi di IC”. Poi alla fine avremo, ovviamente, l’ispessimento delle membrane basali. Clinica.

- Subdola.

- Proteinuria.

- Sindrome nefrosica.

- Evoluzione: Metà dei casi va in insufficienza renale. Proteinuria continua in altro quarto. In un altro quarto, forse un po’ meno, possono anche regredire.

La terapia è sempre la stessa: boli cortisonici. Se non riusciamo a bloccare dobbiamo procedere utilizzando dei farmaci più importanti (immunosoppressori). E’ chiaro che dobbiamo capire, prima di fare terapia, con che cosa ci stiamo confrontando. Con che tipo di glomerulonefrite membranosa ci confrontiamo.

Simulazione di esame Facciamo una simulazione di esame. Allora immaginate che io ponga questa domanda: glomerulonefrite membranosa. Cosa vi ho raccomandato nella precedente lezione? Attenzione al nome delle malattie. Se io dico eczema. Cos’è l’eczema? Può essere che se ci pongono questa domanda non siamo in condizione di rispondere? Verbo greco che significa bollire. È quello che accade, è come se qualcosa dentro il nostro organismo bollisse e si formano delle bolle. Ecco vedete che già nel nome c’è la malattia. Allora glomerulonefrite membranosa, potrei chiedere: perché due suffissi così contrastanti? Glomerulonefrite perché vediamo gli IC. Anche in assenza di cellule essudative, chiamiamo flogosi essudativa questa glomerulonefrite. Perché membranosa? Perché se guardiamo l’istologia abbiamo la sensazione di una lesione degenerativa. C’è flogosi? No. E cosa vediamo? Ispessimenti delle membrane basali. Quel nome: glomerulonefrite membranosa. Vedete, già qui, l’esame potrebbe quasi concludersi perché in quelle due parole, lo studente mi ha fatto capire che ha chiaro il quadro della malattia. La prima domanda che posso fare qual è? Epidemiologia. Qualche cosa la possiamo dire. Numeri non ne voglio sapere, non mi interessano. Ma ci possiamo confrontare con questa patologia? Direi di sì. Relativamente frequente. E quando ci pensiamo? Cioè quando nella nostra mente nasce l’idea? Se questo pz ha una forma membranosa, quale segno clinico? La proteinuria. E come deve essere questa proteinuria? Non selettiva. Perché se più di 3,5 grammi al giorno parliamo di sindrome nefrosica cioè di una sintomatologia conclamata. Qui, invece, vediamo solo una proteinuria: non è selettiva. Allora dal sintomo dobbiamo risalire al danno. Se noi diciamo proteinuria che danno ci può essere? Un danno della membrana basale. E se non è selettiva il danno è minimo o è marcato? Marcato. Quale condizione patologica può associarsi a un danno di questo tipo? Appunto, la glomerulonefrite membranosa. Io potrei chiedere: quale è il quadro istologico della glomerulonefrite membranosa? E qui memoria non ne dobbiamo avere, dobbiamo ragionare, se possibile. Cioè io non voglio descritte lesioni istologiche cristallizzate. Cioè questo, questo e quest’altro. Mi interessa il racconto, che sarebbe, poi, in termini nobili, l’istogenesi della lesione. Quindi voi mi dovete raccontare che cosa è accaduto. Per motivi che ci sfuggono, si depositano questi IC. Di che natura sono? Sono, soprattutto, IgG. Vedremo, che poi si differenziano in IgG e IgA, perché le IgM sono, di solito, un deposito aspecifico. E basta sapere che ci sono IgG? Cosa dovete dirmi subito dopo? Che tipo di attivazione del complemento c’è stata. E qui com’è l’attivazione? Per via alternativa. Mentre, di solito, se la via è classica, che devo pensare, a quale malattia? Al lupus eritematoso sistemico. Detto questo, se ci sono depositi di IC, che cosa ci aspettiamo che accada, oltre al danno della membrana basale? Ci aspetteremmo una funzione chemiotattica. Nella membranosa, abbiamo visto, che questa è irrilevante. Allora come possono essere i glomeruli, istologicamente? Facciamo la biopsia e vediamo i glomeruli – la lesione ricordate che è diffusa e globale – e questi glomeruli come sono? E voi potreste dirmi: “Dipende da quale fase stiamo prendendo in considerazione.” Allora, troppo belli. Benissimo perché la membrana basale è ispessita. E poi io vi potrei chiedere: ma possiamo fare qualcosa che ci dia un ulteriore conferma, cerchiamo gli spikes.

Come li vediamo? Eh perché è membrana basale neosintetizzata, se facciamo l’argento li vediamo. Vedete potrebbe sembrare una cosa troppo specialistica. A noi che ce ne importa dell’argento? Però capite la membranosa è tutta lì. La riconosciamo per questo: per l’argento e gli spikes. A che serve l’anatomia patologica? Se non ci fosse l’anatomia patologica una proteinuria sarebbe una proteinuria e tanti saluti. Se non ci fosse l’anatomia patologica un linfonodo aumentato di dimensioni sarebbe un bozzo laterocervicale e ti saluto. E naturalmente la domanda poi potrebbe essere perché si sono formati questi spikes? Si colorano come la membrana basale e cosa sta accadendo? Il podocita cerca di impacchettare gli IC. Allora, gli comincia a sintetizzare attorno questa membrana basale che risale ecco gli IC: ecco gli spikes. Poi li circonda e vengono degradati ma la membrana basale, capite, resta, in qualche misura, danneggiata da questi processi.Luca Calvaruso

LEZIONE ARAGONA 17-10-2011 MATTEO AUGUGLIAROGLOMERULOSCLEROSI FOCALE E SEGMENTARIAPrima di tutto bisogna interpretare il nome( etimologia) della malattia: Sclerosi del glomerulo focale( meno dei ¾ dei glomeruli di un rene coinvolti) e segmentaria( solo una parte del glomerulo in questione coinvolta).Il fatto che sia focale e segmentaria ci crea una certa difficoltà nell’interpretazione e può rappresentare una trappola perché può essere cosi focale da non vedere all’agobiopsia i glomeruli juxtamidollari che sono i maggiormente coivolti in questa patologia.Epidemiologia-frequente-interessa bambini e adulti (10% delle sind.nefrosiche)Eziopatogenesi-Può essere primitiva(idiopatica) o secondaria ad altre condizioni.PatogenesiI glomeruli vengono sottoposti a un carico di lavoro maggiore e quando si determina un danno questo si estrinseca morfologicamente in una GSFS. Sono presenti Immunocomplessi? Se parliamo di GSFS no, riscontriamo soltanto depositi assolutamente aspecifici di complemento e IgM intrappolati nelle zone di sclerosi (la fluorescenza è quindi NEGATIVA).In questa patologia sono ben rappresentate i processi di IALINOSI, SCLEROSI E FIBROSI. Solitamente quando parliamo di sclerosi e fibrosi non facciamo differenza TRANNE che nel rene, dove non sono la stessa cosa.IALINOSI è una trasudazione attraverso le pareti dei vasi di materiale plasmatico di colorito vitreo,omogeneo, PAS + per la presenza di glicoproteine.SCLEROSI quando nel rene si forma un materiale che ricorda la Membrana Basale formato da fibrille di collagene III e fibre reticolari e che si colorano con l’Argento di Gomori.FIBROSI quando si riscontra la presenza di connettivo maturo formato da collagene I e che si colora con la Tricromica.In sostanza la GSFS è un accumulo di materiale simil membrana basale prodotto in eccesso dalle cellule residenti del glomerulo (c. del mesangio e podociti). Troviamo quindi ialinosi,sclerosi e fibrosi con la possibilità che nell’evoluzione della patologia il collagene III (sclerosi) diventi collagene I e quindi fibrosi che rappresenta la fine morfologica del danno glomerulare (più sono i glomeruli danneggiati più facile è l’evoluzione a IR).Il glomerulo infine va in obsolescenza con perdità della funzionalità.La causa ignota provoca anche passaggio di proteine cui segue la fusione dei pedicelli e proliferazione dei podociti visibile al microscopio elettronico.IMMAGINE: Aumento della matrice mesangiale, proliferazione dei podociti e collasso dei capillari, fibrosi (si colora con la tricromica).CLINICA-Proteinuria con possibile sindr.nefrosica-Ematuria( 50% dei casi)-ipertensione (tardiva)-lenta evoluzione a IRLa GSFS è un bell’avversario perché non sappiamo a cosa è collegato: sicuramente all’iperafflusso ma nelle altre condizioni ci sfuggono i meccanismi eziopatogenetici.

NEFROPATIA DA IgA (MALATTIA DI BERGER)Epidemiologia-frequente-colpisce i giovaniPatogenesiHa una forte relazione con le infezioni delle vie aeree superiori infatti bisogna pensarci quando in un giovane con una infez. delle alte vie respiratorie compare EMATURIA.E’ caratterizzata da depositi di IgA nel mesangio associati a C3(non è una attivazione per via classica perché se troviamo C3 e C1q dobbiamo pensare al L.E.S e non alla nefropatia da IgA). Le IgA vengono fagocitate dalle c. del mesangio che vanno incontro a proliferazione, dal punto di vista morfologico quindi si avrà una Glomerulonefrite Mesangio-proliferativa fino alla obsolescenza del glomerulo. Se guardiamo infatti i glomeruli come si vede la proliferazione del mesangio? Grazie alla presenza di più di 3 nuclei di cellule mesangiali( entro 3 nuclei è la condizione normale). Oltre che nel mesangio si possono depositare anche nella membrana capillare.ClinicaFrequente in bambini-Infez. Vie respiratorie-Ematuria (macro e microscopica), molto caratteristica.-A 20 anni solo il 50% dei soggetti ha una buona funzionalità renale. Prima si pensava fosse una condizione benigna oggi non è cosi.Immagine: proliferazione del mesangio. Il lume dei capillari li vedo all’esterno del glomerulo.Immunofluorescenza: come facciamo a dire che sono depositi di IgA nel mesangio? Perché si formano dei grumi nel mesangio.Se fossero nelle membrane vedrei colorato un cerchio che corrisponderebbe alla membrana basale.In conclusione, se visitiamo un soggetto giovane con un infez. delle alte vie respiratorie con ematuria, il nefrologo fa l’agobiopsia e se riscontriamo depositi di IgA e la proliferazione del mesangio diagnostichiamo una nefropatia da IgA. Se invece è una giovane donna può essere una nefropatia da L.E.S, andiamo quindi a valutare,insieme alle IgA da LES, se è presente il C1q( nel 10% dei casi la diagnosi di lupus viene fatto sulla biopsia renale perché clinicamente non abbiamo un quadro conclamato).Non è una malattia banale perché se questa patologia non rientra si può avere a lungo andare fibrosi dei glomeruli fino all’insuff. Renale Cronica anche se in tempi lunghi. Per ultimo attenzione alle trappole perché le IgA possono essere presenti nel lupus e nella porpora di Schonlein-Henoch (oggi siamo convinti che quest’ultima e la nefropatia da IgA siamo la stessa cosa)( vedere dal libro Porpora di Schonlein-Henoch).GLOMERULONEFRITE MEMBRANO-PROLIFERATIVARagioniamo sul nome(mai dare la definizione):flogosi dei glomeruli con interessamento delle membrane basali da parte dei depositi Immunocomplessi. Ma chi prolifera? Sempre le stesse cellule ovvero mesangio, podociti forse endotelio(come nella post-streptococcica).Epidemiologia-Non è frequente-Colpisce adolescenti,più femmine che maschi

Eziopatogenesi:-Forme idiopatiche e secondarie(tumori,epatiti, ecc…)PatogenesiDeposito di Immunocomplessi di IgG o IgA, tantissimo complemento rappresentato da C3 tanto che si riscontra una caratteristica IPOCOMPLEMENTEMIA. IgG e C3 si depositano nelle membrane( dato che è membrano-proliferativa) a livello SOTTOENDOTELIALE (è la prima volta che riscontriamo depositi a questo livello). Perché li ritroviamo qui? Perché sono piuttosto voluminosi per il rapporto stechiometrico antigene - anticorpo e con cariche elettriche particolari.Se quelli sottoepiteliali venivano impacchettati dai podociti e portati via, questi depositi sottendoteliali vengono portati via dalle CELL.MESANGIALI che stanno come un portiere nella zona dove a contatto con la cellula endoteliale NON è presente membrana basale e, incuneandosi,vanno a prendere gli Anticorpi che si trovano al di sotto dell’endotelio. Quindi si interpongono tra endotelio e membrana basale tramite propaggini del citoplasma(come se fossero delle braccia) che cercano di raggiungere gli Immunocomplessi. Le cellule mesangiali a questo punto producono materiale simil membrana basale per impacchettare tali immunocomplessi;quello che si vedrà sarà la vecchia MB, il citoplasma della c.mesangiale e la nuova MB neosintezzata in rapporto con l’endotelio. Se vado a colorare con l’ argento vedrò le 2 MB,con al centro uno spazio chiaro che è rappresentato dal citoplasma della c. mesangiale, che ricordano i binari paralleli di un treno (IMMAGINE A BINARIO). Questa immagine ci fa dire che è una glomerulonefrite membrano-proliferativa di TIPO I (quadro classico). Nel tipo II il quadro istologico è uguale ma al microscopio elettronico e all’immunofluorescenza si vedono DEPOSITI LINEARI A SALSICCIOTTO SOLO DI C3 (non sappiamo perché è presente C3) .La sintomatologia è uguale.CLINICA -Sind.nefrosica (proteinuria ecc) e sindr.nefritica(per la creazione di nuova MB) si sovrappongono e prevale ora l’una ora l’altra nella sintomatologia.-ematuria-frequente evoluzione verso Insuff.Renale. (è una GN importante)Immagine: IC sottoendoteliali, fusione pedicelli, interposizione c. mesangiali con il loro citoplasma, si vedono le 2 MB, alla fine il glomerulo va in fibrosi se è troppa la produzione di sostanza simil MB fino alla obsolescenza(rapida evoluzione a IR).All’immunofluorenza:immunocomplessi a livello sottoendoteliale, nella membranoproliferativa di tipo II depositi lineari di c3.SIMULAZIONE D’ESAMELa MB nei capillari glomerulari è continua?Può sembrare una domanda di anatomia; la risposta è NO perché non è continua a livello del mesangio e non è continua perché una parte del capillare attraverso l’endotelio e la MB controlla il passaggio ma c’è un’altra parte del convenuto capillare che può essere controllata solo dal mesangio. E quindi, ha importanza questa caratteristica morfologica in patologia?e se si in quale Glomerulonefrite?Nella GNite membrano-proliferativa di tipo I. E perché giusto in quella? Perché gli immunocomplessi per via delle dimensioni e della carica possono depositarsi sotto l’endotelio. Mentre quelli sotto l’EPITELIO vengono fagocitati e distrutti dai PODOCITI, quelli sotto l’ENDOTELIO non potendo essere fagocitati dalle c.endoteliali vengono trattati dalle

C.MESANGIALI. Come fanno le c.mesangiali ad allontanare questi depositi? Cercano di impacchettarli nella MB e in morfologia si vedono esattamente 2 MB(a binario) che ha rilievo diagnostico. Come si colorano?C’è sclerosi quindi Argento, non posso colorarle con ematossilina-eosina.

Introduciamo il concetto di SEMILUNAOgni qualvolta nei capillari, dove la pressione è piuttosto è elevata(rete capillare mirabile intrarteriosa),si ha una rottura nella parete degli stessi, questi aderiscono tramite il fibrinogeno contro la parete del glomerulo; quindi foglietto viscerale e parietale si fondono tra di loro ed è questo un modo per otturare la falla. Quindi adesione del flocculo alla parete della capsula di Bowman. Ci sono però dei potentissimi fattori di crescita, per cui se i danni sono importanti e si susseguono nel tempo, cosa può accadere? Questi fattori stimolano la proliferazione delle cellule viscerali e soprattutto parietali della capsula del Bowman e allora non più un singolo strato ma questi strati si sovrappongono e finiscono col crescere nello spazio del Bowman e nel comprimere gli stessi glomeruli. In sezione vediamo il flocculo al centro e poi tutto attorno le cellule che proliferano e ci danno l’impressione di una SEMILUNA. Ecco che introduciamo il concetto di semiluna.Se noi vediamo semilune nei glomeruli le andiamo a contare perché sono un segno prognostico sfavorevole, più ne vediamo e peggio è. Queste cellule proliferano(semilune cellulari) ma alla lunga per alterazioni trofiche subentreranno fenomeni di sclerosi, semilune, fibrosi e alla fine tutto il glomerulo può essere coinvolto. Quando c’è ne sono tante l’evoluzione ovviamente verso l’IR è rapidissima. Questa condizione prende il nome di GLOMERULONEFRITE SUBACUTA RAPIDAMENTE PROGRESSIVA.Quando troviamo semilune? In tutte le GN che abbiamo preso in considerazione quando particolarmente gravi, quindi è un segno assoluto di gravità. Se ne troviamo tante diciamo GN con semilune(in sotta su??)con tutti i reperti morfologici e immunologici delle varie forme.La Sindrome di Goodpasture è una condizione che può associarsi alla presenza di semilune. Quando vediamo semilune la situazione è disperata, dobbiamo capire quale GN ci sta sotto:1) una GN autoimmune o 2) una GN di quelle che abbiamo visto fino ad ora. Possiamo trovare una sorpresa però: facciamo la fluorescenza e non troviamo nulla,negatività assoluta;questa è la 3) condizione in cui possono essere presenti semilune e dobbiamo quindi andare a cercare i C-ANCA e i P-ANCA. Questa è la terza possibilità e cioè che ci possiamo trovare di fronte a una vasculite.Allora la domanda: la GN con semilune può avere un altro nome? Si, era la GN progressivamente progressiva detta subacuta(anche se ora non si dice più subacuta perché ora c’è la dialisi e questi concetti sono stati stravolti). Altra domanda:se troviamo semilune è un segno prognosticamente sfavorevole? Si, però ne dobbiamo trovare tante( trovarne 1 o 2 ci possono preoccupare ma entro certi limiti) con in più della metà o i ¾ dei glomeruli hanno semilune la chiameremo GN con semilune.Cause? La possiamo trovare in tutte le GN quando l’evoluzione è sfavorevole. Ci sono dei quadri particolari? Si, quando ci sono Anticorpi anti-MB e vediamo depositi lineari a fumo di sigaretta. Ma sempre troviamo fluorescenza positiva? NO,e quando non la troviamo vado a cercarmi gli ANCA.Immagine con glomeruli con semilune.

Immagine di fluorescenza: potrebbe essere positiva a seconda della GN di base.(ripetizione) Forme principali: Anti MB, tutte le glomerulopatie note,vasculiti ANCA associate(immunofluorescenza negativa).

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICODiagnosi difficile clinica e di laboratorio. C’è un numero di casi in cui la diagnosi viene fatta sulla biopsia renale. Se il soggetto ha il lupus è utile eseguire una biopsia renale?Cosa vogliamo sapere? Intanto una conferma diagnostica e perché il danno renale nel lupus è fondamentale. Il rene è danneggiato nel più del 90% dei casi di lupus.Cosa vedremo nel lupus? Cosa si deposita? Si depositano IgA, ci possono essere IgG ma soprattutto IgA, e attivazione del complemento per via classica. Sintetizziamo le lesioni renali del lupus: tutti i quadri di fluorescenza che abbiamo preso in considerazione sono presenti nel lupus. È chiamo che questa prevalenza di IgA e l’attivaz. del complemento per via classica è fondamentale. Dal punto di vista morfologico che si vede nel lupus? Sintetizziamo… tutti i quadri morfologici presi in considerazione sono possibili nel lupus.Quindi facciamo la biopsia per sapere che danno c’è; c’è la possibilità che morfologicamente non vi sia nulla però vogliamo vedere anche nel mesangio ed ecco che potrebbe essere una forma mesangio-proliferativa che riconosciamo solo in fluorescenza; potremmo trovare anche delle forme più importanti proliferative globali e diffuse con necrosi dei glomeruli oppure delle forme membranose da lupus; infine andiamo a vedere quanti glomeruli sono in obsolescenza cioè quanti sono andati incontro a fibrosi perché questo è un segno di danno renale verso l’IR.Quindi caratteristica del Lupus è:-presenza contemporaneamente delle lesioni istologiche. Quindi da un lato vediamo un glomerulo sano, dall’altro uno con GN mesangio-proliferativa,uno con membrane ispessite,da qualche parte necrosi globale e segmentale oppure diffusa. Queste forme tutte insieme è un forte indizio morfologico di lupus.Immagine con GN mesangio-proliferativa, presenza di semilune e necrosi, alterazione proliferative dei capillari. Domanda d’esame: Che senso ha effettuare una biopsia renale in un soggetto con LES? Ci serve per stadiare, per sapere la prognosi di questi soggetti dato che questi soggetti possono andare incontro a IRC. Ma è cosi rilevante l’IRC nel LES? Si, perché quasi tutti hanno un danno renale morfologicamente documentabile, clinicamente si presenteranno però solo nella metà dei casi, ma noi vogliamo sapere quale è il danno. E allora quale è il danno? Tutti i quadri morfologici possono essere presenti nel LES nella stessa fase istogenetica(troviamo assieme le lesioni più disparate).Noi sappiamo quali sono le lesioni più gravi: è meglio una mesangio-proliferativa o una proliferativa necrotizzante? Una necrotizzante. Se ci sono semilune è una buona cosa? Le contiamo?Più ce n’è peggio è.Un’ulteriore conferma di LES ci arriva dall’immunofluorenza che ci mostra tutti i reperti possibili però caratteristicamente nel LES riscontriamo IgA e attivazione classica del complemento.

Lezione 19-10-11 Prof. Aragona – Anatomia Patologica Dario D'Ignoti

NEOPLASIE DELLE VIE URINARIE

Il senso di queste lezioni è anche quello di comprendere il rapporto che esiste tra le neoplasie e la clinica. L'intento fondamentale è quello di diagnosticare tempestivamente i processi neoplastici. L'unica arma che abbiamo a disposizione oggi per vincere i tumori è quella di fare diagnosi precoce. Difficilmente si può avere in altro modo successo nei confronti delle neoplasie. Qualche successo spettacolare lo registriamo, ma soprattutto in caso di neoplasie con un'elevatissima frazione di proliferazione cellulare, e queste colpiscono prevalentemente soggetti giovani. Quando entravo in questo istituto una delle prime esperienze negative è stata incontrare una ragazza di 16 anni che poi è morta per uno Yolk Sac Tumour, un tumore del seno endodermico. Ma questo avveniva 30 anni fa. Oggi di questo tumore non si muore, ma si guarisce. Ricordiamo poi come una speranza di guarigione per le leucemie sia riservata alle leucemie acute, non alle croniche.

Per il resto la nostra vita è un equilibrio biochimico. Per le cellule neoplastiche è la stessa cosa, dato che per esempio noi diamo un farmaco che, inizialmente, ha effetto ma che poi lo vede diminuire.E allora vediamo come fare per poter arrivare alla diagnosi precoce.

Neoplasie uroteliali

L'urotelio indica il rivestimento mucoso di vescica, ureteri, pelvi, parte prossimale dell'uretra. L'urotelio viene definito anche epitelio di transizione, perchè può modificare la propria morfologia in base alle variazioni di volume dell'organo che da esso è rivestito. Per esempio la vescica. Quindi parliamo di urotelio o epitelio di transizione, questo è il campo di battaglia. L'urotelio normale ha una lamina propria, con vasi capillari e cellule residenti della lamina propria. Urotelio con sei-sette strati, e sopra le cellule ad ombrello ampie che possono modificare la propria morfologia. Qui vedete più di sei-sette strati di cellule, ma sei-sette strati nucleari sono da considerare normali, e ogni volta che vediamo le cellule ad ombrello possiamo essere sicuri di trovarci davanti un reperto di normalità. Qual è il colore usuale dell'epitelio non colorato? Grigiastro, traslucido. Quindi il colore rosato del rivestimento mucosale che vediamo alla cistoscopia nasce dalla presenza del sangue che circola nel contesto della lamina propria, e questo è un elemento da prendere in considerazione.

Cominciamo ad analizzare le prime lesioni. Queste che vedete sono molto frequenti, e infatti ci si chiede spesso se esse non siano un reperto parafisiologico. Dovete conoscerle perchè ve le potrete trovare in una diagnosi istopatologica e dovrete essere in grado di interpretarle senza la necessità di consultare un testo.- Innanzitutto abbiamo l'iperplasia. Cosa è l'iperplasia? L'aumento numerico delle cellule in un determinato tessuto, ma sempre con i meccanismi di controllo attivi ed efficienti, e quindi con un meccanismo feedback attivo. Quando ci può essere un'iperplasia piana? Quando l'urotelio invece che essere stratificato in sei-sette strati, ne ha di più. E l'iperplasia nodulare? Quando l'urotelio si atteggia a formare dei noduli nel contesto della lamina propria. E se questi noduli hanno uno spazio centrale come chiamiamo questa forma di iperplasia? Iperplasia cistica. E se questo spazio centrale ha un aspetto ghiandolare, e tutto attorno però c'è urotelio (quindi un nodulo uroteliale con la parte più interna a differenziazione ghiandolare), noi diciamo che l'iperplasia è ghiandolare.Quindi trovando sulla diagnosi iperplasia piana, nodulare, cistica o ghiandolare voi sapete di cosa si tratta, e sapete che è un reperto al quale non dare particolare importanza perchè verosimilmente è un reperto parafisiologico.Questa è la parete della vescica vescica, e questo è l'urotelio. E' uguale a quest'altro? No, è avvenuta un'iperplasia piana. E qui? Qui abbiamo un'iperplasia nodulare. “Nidi di von Brunn” troverete nei testi. Qua si sta quasi cavitando, dando un'impressione di iperplasia cistica. In quest'altra immagine vediamo nidi con una differenziazione ghiandolare centrale, con l'urotelio tutto attorno: iperplasia cistica ghiandolare.

- E' evidente che l'iperplasia ghiandolare e la metaplasia ghiandolare sono talvolta difficili da distinguere, perchè sempre ghiandole troviamo. Cosa significa metaplasia? Trasformazione di un epitelio in un altro ma sempre nel rispetto delle leggi ontogenetiche. E' precancerosa la metaplasia? Assolutamente no. Per essere precancerosa cosa occorre? La

displasia. Quindi la metaplasia è una differenziazione in senso diverso, ma comunque completa. Se è anomala, e abbiamo alterazioni della differenziazione, entriamo nel campo delle displasie.La metaplasia può essere squamosa, e questo perchè vediamo epitelio squamoso. Questo reperto è molto frequente nelle donne a livello del trigono. La metaplasia ghiandolare, guardate, prevede invece la presenza di urotelio e di ghiandole mucosecernenti. Qui ricorda quasi il canale cervicale, e qui invece cosa ricorda? Cosa sono questi pallini bianchi? Sono cellule caliciformi, e allora che tipo di metaplasia è? Di tipo intestinale. E' possibile che essa si complichi con ulteriori anomalie genetiche arrivando alla displasia? E' possibile. Così come poi la displasia può ulteriormente evolversi fino alla comparsa di un adenocarcinoma intestinale. Esso deve essere distinto da un adenocarcinoma rettale che va ad infiltrare la parete della vescica in maniera estrinseca. Quindi quando vediamo un adenocarcinoma dobbiamo chiederci: è primitivo o secondario? E se è secondario lo è per infiltrazione di organi vicini o per metastasi a distanza? Queste sono le domande che ci dobbiamo chiedere sempre.

Entriamo nello specifico nel contesto delle neoplasie uroteliali, dopo aver analizzato iperplasia e metaplasia.Abbiamo detto che le neoplasie dell'urotelio sono molto frequenti. Quale età? Sono neoplasie degli adulti e degli anziani, ma talvolta colpiscono anche i giovani. Il sesso era prima legato al fumo e al sesso maschile, ma oggi questa differenza si è attenuata. Tra le cause quella principale è il fumo, appunto, ma altre ne esistono. Per quale ragione sono così frequenti? La ragione è piuttosto ovvia. Tutto ciò che è nocivo viene eliminato con l'urina e il contatto con la parete vescicale è notevolmente prolungato

Io all'esame potrei chiedervi all'esame: tumori vescicali. Cosa mi rispondete? Benigni e maligni, e poi epiteliali e connettivali. I tumori epiteliali maligni sono i carcinomi, e noi concentriamo la nostra attenzione su di essi perchè sono i più frequenti (ma non solo su questi). Il nostro ragionamento di medico nel momento in cui sospettiamo una neoplasia vescicale è fatto da queste domande: è una neoplasia della vescica o è secondaria? E se è secondaria è dettata da infiltrazione a partire da organi vicini o a distanza? E se è una neoplasia è benigna o maligna, epiteliale o connettivale? Ovviamente se queste vie di escrezione sono rivestite da urotelio, il carcinoma sarà uroteliale. E' possibile che le neoplasie uroteliali della vescica, per la loro frequenza, abbiano zone metaplastiche di differenziazione squamosa o ghiandolare. Oppure, sempre insorte su zone di metaplasia, è possibile che ci siano epidermoidali puri o degli adenocarcinomi puri. Gli adenocarcinomi insorgono sempre su zone di metaplasia? Oppure c'è una regione inusuale nella vescica? E se c'è, dove? Vi aiuto, nella cupola. Cosa c'è nella cupola? L'uraco. Possono esserci residui ghiandolari dell'uraco, e da questi origina l'adenocarcinoma. Che il momento istogenetico possa essere questo ce lo sottolinea la sede della neoplasia, e cioè l'uraco.E' importante per voi studenti ricordare tutto questo? Uroteliali, uroteliali con metaplasia, epidermoidali, adenocarcinomi... sì, è importante, perchè varia la prognosi e la aggressività della neoplasia, che è crescente. Gli uroteliali si comportano meglio di quelli con metaplasia, e questi ultimi sono meno aggressivi degli epidermoidali e degli adenocarcinomi. Quindi è importante sapere se la neoplasia è uroteliale, o se ha zone di metaplasia, o se è pura squamosa o ghiandolare.

Ipotizziamo di trovarci di fronte all'urotelio. Cosa ci dobbiamo chiedere? Se la neoplasia è papillare o piana (flat). E' importante sapere questo? Da un punto di vista cistoscopico possiamo vedere papille o neoplasie piane. In caso di papille cosa vediamo? Ricordiamo che alla cistoscopia introduciamo sempre una certa quantità di liquido. Sembra quasi di vedere delle alghe. Mentre le neoplasie piane come le possiamo vedere? Di che colore, secondo voi? Rossastre. Perchè? Queste cellule, se hanno alterazioni genetiche, stimolano un processo di neoangiogenesi. E quindi tutte le zone vellutate, pianeggianti e rossastre della parete vescicale devono essere per noi un carcinoma uroteliale in situ fino a prova contraria. Dal punto di vista prognostico, la differenza è importante. Le papille sono più organizzate, con proliferazione dell'epitelio che cresce insieme al connettivo, mentre la lesione piana non si integra con il connettivo. Quindi da un punto di vista prognostico sono peggiori le piane.

Vediamo le classificazioni delle lesioni papillari (secondo le disposizioni del 2003 della OMS):- Neoplasia uroteliale a basso potenziale di malignità (LMP)- Carcinoma uroteliale low grade- Carcinoma uroteliale high grade- Papilloma (ammesso che esista)State attenti perchè quello che vi sto dicendo sui testi non c'è, in nessuno di quelli che ci sono in giro. Ed è strano.Ricordate come funzionavano le classificazioni della OMS? Tumore ben differenziato, a medio grado, scarsamente differenziato. G1, G2, G3 (e anche eventualmente G4). Se noi consideriamo 3 elementi, cosa succede? Si innesca un meccanismo simile a una curva gaussiana: il primo e il terzo negli angoletti, e tutto il resto va nel mezzo, in G2. Si è capito che questo modo di graduare le neoplasie non andava bene. E infatti si è detto che la cosa migliore era portare avanti una graduazione a due elementi: low grade e high grade. Non si dà al patologo di sistemarsi in mezzo, gli si chiede: il tumore è low o high?

Cominciamo dal papilloma. Sono lesioni papillari rivestite da urotelio di normale spessore. Sono rarissime, e io non la diagnostico quasi mai. L'unico momento in cui lo faccio, è in un soggetto giovane, con una lesione di scarse dimensione. Ma se la stessa identica lesione la trovo in un soggetto di 70 anni mi sposto subito alla lesione a basso grado di malignità.

Guardate poi queste altre denominazioni: neoplasia uroteliale LMP, carcinoma uroteliale low grade e carcinoma uroteliale high-grade. Sapete come si chiamavano queste lesioni prima del 2003? Carcinomi uroteliali a cellule transizionali di grado primo, di grado secondo e di grado terzo. Siccome il grado primo non era mai associato a infiltrazione, ci si chiese: ma è davvero un carcinoma, questo? No. E come lo dobbiamo chiamare? Neoplasia uroteliale. Siccome non è francamente maligna, si decise di chiamarla a “basso potenziale di malignità” (LMP). Ora capite perchè si è arrivata a questa lunga denominazione, che potrebbe sembrare quasi inaccettabile (per sostituire il termine G1). Il G2 è poi diventato carcinoma low grade, mentre il G3 è diventato carcinoma high-grade.

Se io chiedo allo studente come si classificano i tumori della vescica, mi dirà: benigni e maligni, epiteliali e connettivali. I più frequenti sono i maligni epiteliali che si chiamano carcinomi uroteliali. E poi la prima cosa che mi dirà è che vogliamo sapere se è un uroteliale

puro, oppure se ci sono zone di metaplasia (squamosa o ghiandolare), oppure ancora se è epidermoidale puro o un ghiandolare puro (adenocarcinoma). Perchè lo vogliamo sapere? Perchè la prognosi peggiora man mano. E se sono carcinomi uroteliali? Vogliamo sapere se formano papille o se sono piani, perchè anche in questo caso la prognosi è differente. E poi dobbiamo ricordare il grading, secondo quelle che sono le indicazioni del 2003.Tutto quello che vi dico è importante perchè da medico di medicina generale vi confronterete con le nostre diagnosi, e se non sapete cosa significano farete una figuraccia. Queste cose più recenti sono fondamentali, perchè senza queste non capirete cosa c'è scritto nelle diagnosi.

Le neoplasie piane invece come si comportano? Iperplasia, poi può esserci displasia distinta in low e high grade, e poi c'è il carcinoma in situ. E' un modello al quale siamo abituati, perchè lo abbiamo visto in altre sedi. Ma nelle lesioni papillari cosa è successo? Nelle lesioni papillari c'era questo modello? No. Abbiamo parlato di neoplasia LMP, carcinoma low grade e high grade. Perchè non si sovrappongono questi due modelli per le lesioni piane e per quelle papillari? Cosa è cambiato tra il papillare e il piano da spostare le nostre conoscenze? In questo caso l'ignoranza mondiale degli anatomopatologi è evidentissima. Come avremmo dovuto classificare le lesioni papillari? Avremmo dovuto dire lesione uroteliale papillare aggiungendo poi: con displasia low grade, o con displasia high grade, e poi carcinoma low grade e carcinoma high grade. E avremmo capito.In realtà voi vedete come nelle lesioni piane la displasia esista, mentre nelle lesioni papillari non esiste. Ma noi sappiamo che la displasia è irrinunciabile nell'evoluzione verso una neoplasia, e per questo motivo questa classificazione è concettualmente criticabile. Ma questo è quello con il quale dobbiamo confrontarci.

Vediamo qualche immagine. Questa è la parete vescicale, questo è l'urotelio un po' iperplastico. C'è una lesione papillare con assi fibrovascolari rivestiti da urotelio. In un soggetto giovane dico papilloma, in un soggetto anziano dirò neoplasia uroteliale LMP. Il rivestimento è dato da urotelio stratificato in modo corretto e che conserva le cellule ad ombrello. Vedete quanto è soggettiva l'anatomia patologica, e quanto è diverso vedersi arrivare un dato da una macchina che vi dice: glicemia a 180.Come vi sembrano queste cellule? Diverse. Potrebbe essere a causa del taglio, ma potrebbe anche esserci una lieve anisocariosi. Se c'è anisocariosi non è più papilloma. Il più pessimista dirà neoplasia uroteliale LMP, il più ottimista papilloma. Anche la polarizzazione dei nuclei può essere diversa, e anche in questo caso l'ottimista dirà papilloma, il pessimista neoplasia uroteliale LMP. Tutto è soggettivo. Ciò che è importante è sapere la differenza pratica che c'è tra un papilloma e una neoplasia uroteliale LMP.Qui cosa vediamo? Questo è un asse vascolare e queste sono delle papille, più grossolane e irregolari delle precedenti. Questa è una neoplasia uroteliale papillare LMP. Qui siamo tutti più d'accordo nel dire che c'è perdita della polarizzazione dei nuclei, che è più evidente. Però ci sono le cellule ad ombrello.Capite quale sia il lavoro dell'anatomo-patologo, è un processo di distinzione tra buoni e cattivi.Perchè arriviamo a questa diagnosi? Le papille sono sottili e poco ramificate, lo strato superficiale è mantenuto, gli strati non sono molto elevati, c'è una modesta perdita di polarizzazione e scarsa polarizzazione. Devo decidere se è una neoplasia LMP o carcinoma low grade. I nomi sono diversi, ma le due lesioni sono molto vicine tra di loro.

In quest'altra immagine l'irregolarità dei nuclei è molto più evidente, la perdita di polarizzazione è più netta, c'è anisocariosi, in qualche punto è conservato l'epitelio di superficie con le cellule ad ombrello mentre in altri punti è perduto. L'atipismo è molto più marcato. Quindi abbiamo di fronte un carcinoma uroteliale high grade.

Ricordiamo poi come ci siano lesioni neoplastiche che hanno il 90% di zone a comportamento low grade e il 10% high grade, oppure può succedere il contrario. Come si comportano? Noi sappiamo che nell'urotelio basta anche una piccola zona di atipismo elevato per spostare la diagnosi, e quindi se trovo un 10% di zona high grade in una neoplasia che per il resto è low, faccio diagnosi di high grade.Guardiamo l'atipismo di una forma high grade. Cosa è questa? Mitosi. E questo? Apoptosi. Quando vediamo mitosi e apoptosi ci allarmiamo perchè può essere neoplasia.

E qui vedete il carcinoma in situ, con atipismo marcato, con proliferazione vascolare marcata, con tanti strati. Ma perchè qui si assottiglia? Più una cellula è maligna, meno è differenziata. E quindi cosa le manca? La capacità di ancorarsi alle cellule maligne. Quindi nel carcinoma uroteliale in situ si possono avere più file di cellule, ma talvolta esse possono ridursi, e questo significa che in quella zona la mucosa ci apparirà più rossastra. L'assottigliamento dell'urotelio nel carcinoma in situ è responsabile di una realtà con la quale abbiamo preso confidenza solo da una trentina d'anni. Prima, infatti, l'anatomopatologo guardava questo urotelio e diceva che erano alterazioni regressive da ritardata fissazione, e invece era l'assottigliamento dell'urotelio nel carcinoma in situ.Qui c'è una neoplasia solida, tra virgolette, con una differenziazione squamosa: carcinoma epidermoidale o squamoso. Qui troviamo zone solide con formazioni ghiandolari: adenocarcinoma.

Quindi le lesioni uroteliali le abbiamo distinte in papillari e piane. Per le piane abbiamo detto che tutte le lesioni note ci sono (displasia e carcinoma in situ), mentre per le papillari la displasia c'è ma non la riconosciamo.

Qui vediamo una lesione papillare con papille delicate. Dovrebbe essere carcinoma low grade. Qui invece ci sono zone più solide. Quando una papilla tende a scomparire e a diventare solida? Quando infiltra la parete. E' un high grade.

Sino ad ora non mi avete sentito parlare di infiltrazione della parete. Cosa significa? Sembra che sia difficile distinguere un low grade da un high grade, perchè gli anatomopatologi possono dire diverse cose e l'interpretazione sembra essere soggettiva. Chi di voi pensa che sia un grosso problema non riuscire a distinguere un carcinoma uroteliale low grade da uno high grade? Se sono in situ, cambia qualcosa una volta che li asporto? Non cambia nulla. Qual è il problema però? Tutte e due sono guarite. Ma da un punto di vista prognostico è la stessa cosa? Ricordate l'effetto campo. Voi siete delle cellule bravissime e io sono un agente cancerogeno. Su tutti ho un effetto deleterio, ma c'è uno di voi che mi sopporta meno ed è quello che andrà più precocemente in tilt. Si forma un clone neoplastico aggressivo che influenzerà gli altri vicini. Io li scopro e li butto fuori, ma in realtà c'è già qualcun altro che è stato influenzato e diventerà neoplastico anch'esso. Questo succede nella vescica. Sono guariti entrambi, sia low che high grade, perchè non avevano infiltrato la parete. Ma il paziente con il carcinoma high grade ha maggior rischio di veder insorgere nella vescica

un'altra neoplasia, tanto che infatti il carcinoma della vescica si dice essere una neoplasia POLICRONOTOPICA: possono formarsi più tumori e nel tempo. Il professore Pavone, quando andavamo in giro a parlare di questo, aveva una bellissima diapositiva con tanti gatti: più ne cacci, più ne arrivano. Quindi il carcinoma low grade significa minor rischio che si determini la comparsa di nuovi tumori, e il carcinoma high grade significa maggior rischio.

Quando le cose si complicano? Quando entriamo in questo nuovo capitolo. Gli urologi cadono in errore in due casi: quando chiamano le lesioni maligne uroteliomi. Il suffisso -oma indica una lesione benigna, e in particolare l'urotelioma è una lesione benigna dell'epitelio. Inoltre dagli urologi vengono messi nel contesto dei tumori superificiali: lesioni in situ, e lesioni che infiltrano la lamina propria non solo degli assi papillari, ma anche quelli sottoepiteliali. Sapete come è fatta la parete della vescica: epitelio, connettivo.. La troviamo la muscolaris mucosae? A cosa serve? E' quello strato che mantiene l'organizzazione ghiandolare e tubulare, e qui non c'è strettamente bisogno. Infatti in alcuni soggetti non c'è, in altri è scarsamente rappresentata, in altri è notevolmente rappresentata. Ricordiamoci come tutto ciò che sta sopra la muscolaris mucosae è lamina propria, tutto ciò che sta sotto è sottomucosa. Quindi, quando l'urologo dice “neoplasia uroteliale superficiale”, ci mette dentro: il carcinoma in situ, ma anche tumori che infiltrano la lamina propria, la muscolaris mucosae e che arrivano anche fino alla sottomucosa. Vi sembrano la stessa cosa? No. In realtà vengono messi insieme perchè vengono trattati tutti allo stesso modo, e cioè con chemioterapia per instillazione. Il problema per l'urologo è: la tonaca muscolare è interessata o no? Se è interessata si fa cistectomia. E' tutta una questione terapeutica, ma in realtà gli urologi stanno cambiando questa posizione, perchè capiscono che è poco accettabile.

Che roba è questa? Quando la lamina propria non è infiltrata perche si parla di pTA e pTis?pTis = tumore in situ per le lesioni pianepTA = tumore in situ per le lesioni papillariIn fondo anche il papillare è un carcinoma in situ. Correttamente dovremmo dire lesioni piane con carcinoma in situ e lesioni papillari con carcinoma in situ. Perchè si mantiene questa denominazione? Perchè un pTA è una lesione papillare e quindi più banale, mentre il pTis è piano ed è una lesione più delicata, anche da un punto di vista prognostico.

Vediamole.Questo è un carcinoma uroteliale papillare high grade. Se uno dice low o high non succede niente. Ma non dobbiamo sbagliare nel vedere se c'è infiltrazione della lamina propria. E qui come vedete la neoplasia è diventata infiltrante, e la lesione è un vero e proprio carcinoma. Ancora ancora la terapia è la stessa: instillazione di farmaci chemioterapici.Il problema è qua. Qui la neoplasia ha infiltrato la tonaca muscolare propria. Anche qui non possiamo sbagliare, perchè questo reperto significa andare a fare la cistectomia radicale. Il problema per l'anatomopatologo è quando nella tonaca muscolare c'è un gruppetto di 3-4 cellule. Cosa si fa in quel caso? Si discute insieme all'urologo per capire cosa fare.Cosa vedete qui? Fasci di tonaca muscolare. E questo straterello? La muscolaris mucosae. Quindi tutto ciò che sta tra urotelio e muscolaris mucosae è lamina propria, mentre tra la muscolaris mucosae e la tonaca muscolare propria è sottomucosa. Se il tumore raggiunge la

lamina propria o la sottomucosa faccio instillazione, mentre se raggiunge la tonaca muscolare propria faccio cistectomia.Qual è il grosso problema? Talvolta si trova un tumore esteso e nel contesto di quest'ultimo si trovano isolati fasci muscolari. La domanda è? Questi sono fasci muscolari di muscolaris mucosae o di tonaca muscolare propria. La risposta avrà un effetto terapeutico completamente differente a seconda della scelta, perchè se l'anatomopatologo dice muscolaris mucosae si farà instillazione, mentre se dice muscolare propria si farà la cistectomia.Poi ci sono i connotati più negativi: la linfoangiosi neoplastica, la malattia policronotipica.

Nella nosografia c'è un altro termine che non funziona bene: il termine “recidiva”. Spesso l'urologo dice “ci sono delle recidive”. Dobbiamo stare attenti. Se io ho un basalioma in una mano e poi me ne spunta un altro nell'altra mano, voi direste che è una recidiva? No, ovviamente. Stesso discorso vale per la vescica. Recidiva è se non ho tolto il primo e si riforma. In altri casi si deve infatti parlare di altre neoformazioni neoplastiche.

Tutto ciò che ci siamo detti ha rilievo perchè ci permette di valutare la diagnosi scritta, ma dobbiamo portarlo all'atto pratico. Quando ci insospettiamo di fronte a un paziente con patologia neoplastica urologica? Cosa dobbiamo vedere? Alla resa dei conti si tratta di lesioni papillari o di lesioni piane. Le papille sono lesione poco resistenti, con un asse fibrovascolare centrale, e possono rompersi, portando a ematuria. In un soggetto anziano, magari fumatore, con ematuria, dobbiamo sospettare una neoplasia uroteliale fino a prova contraria. Immaginate che invece non ci siano neoplasie papillari, ma il paziente racconta di episodi di cistite ricorrenti e ribelli all'uso di farmaci. Può succedere che una neoplasia sia correlata a questi episodi? Certo. Sapete che le neoplasie possono produrre sostanze che non solo favoriscono la proliferazione cellulare e la neoangiogenesi, ma anche in grado di richiamare cellule infiammatorie in loco, che quindi non dipendono da batteri (da qui il fatto che siano episodi di cistite resistenti ai farmaci). Accade solo la cistite? Se viene stimolata la neoangiogenesi possiamo vedere anche ematuria. Se poi alla cistoscopia vediamo zone vellutate e rossastre la diagnosi di carcinoma uroteliale in situ è fatta. Faremo la biopsia. Quindi attenzione all'ematuria e alle cistiti che non regrediscono con l'uso dei farmaci.

Facciamo una breve sintesi.

Vediamo cosa posso chiedere io all'esame.Una delle domande che posso porre è questa:“Possono esserci lesioni papillari nell'urotelio della vescica?”- Sì.“Esistono lesioni papillari displastiche?”, posso poi chiedere.Apparentemente è una domanda cattiva, e in effetti lo è. In realtà sto facendo l'appello, perchè se lo studente a lezione c'è stato capirà, altrimenti no. E' una domanda da 30. Voglio essere aiutato dallo studente a criticare la classificazione corrente. Lo studente può rispondere dicendo che effettivamente la displasia nelle lesioni papillari, secondo la classificazione, non c'è.“Perchè come le classifica lei le lesioni papillari?”, chiedo io. - Papilloma, neoplasia uroteliale a basso potenziale di malignità, carcinoma uroteliale low e high grade.

Quindi io dirò:“E allora la displasia non c'è? Ci può essere un tumore in cui non si sommino errori genetici?” - E lo studente risponderà che la displasia deve esistere, ma essa non è riportata nelle classificazioni.“E allora dove è nascosta?” - Lo studente risponderà: alcune di quelle che chiamiamo neoplasie uroteliali papillari LMP e alcuni carcinomi low grade probabilmente sono degli episodi di displasia. Ma ufficialmente la displasia non esiste.Altro tipo di domanda: “Tumori uroteliali”. Come voglio che rispondiate? Benigno, maligno. Epiteliale, connettivale.Altra domanda: “Le lesioni piane hanno diversità prognostica dalle papillari?” - Sì. - “Da un punto di vista morfologico c'è qualcosa che lo spiega?” - Non si integrano adeguatamente con il connettivo, mentre le papillari per crescere modulano la crescita anche del connettivo. Le piane non ne vogliono sapere. Nelle lesioni piane tutto l'iter morfologico differenziativo delle neoplasie è mantenuto: displasia low, displasia high e carcinoma in situ.

Vogliamo ora provare quale potrebbe essere un lavoro scientifico? Voi avete la mentalità giusta, e ne avete più di noi. La cosa importante è convincersi. Non vi sembra inaccettabile che per le lesioni piane ci sia la possibilità di distinguere displasia low, displasia high e carcinoma in situ, e per le papillari no? Cosa fareste? Potremmo annullare la parte connettivo, non considerarlo, e confrontare l'urotelio nelle diverse lesioni. Per esempio, displasia low e high grade, carcinoma in situ, carcinoma low e high grade. Confrontiamo le morfologie a prescindere dal fatto che le lesioni siano papillari o piane? Diversi anni quando avevamo un finalizzatore di immagini straordinario abbiamo cercato di capire se la morfologia e la morfometria di questi rivestimenti era uguale. E lo era. Le neoplasie uroteliali papillari avevano un rivestimento che era uguale alle displasie lievi; il carcinoma low grade aveva un rivestimento uguale alle displasie high grade; il carcinoma in situ aveva un rivestimento analogo al carcinoma high grade. Questo confermava che era possibile usare i dati morfologici sia in un caso che nell'altro in maniera sovrapponibile. La classificazione più logica, quindi, era quella che prevedeva la distinzione fra displasia low grade, displasia high grade e carcinoma in situ, come per tutti gli altri organi. Di fatto però la classificazione è diversa.

Alla domanda tumore dell'urotelio dobbiamo capire se è primitivo o secondario. Se è secondario bisogna capire se è per infiltrazione di organi vicini o per metastasi a distanza. Se è primitivo il pensiero è: il tumore più frequente è quello uroteliale, ma in realtà è possibile avere zone di metaplasia, o se abbiamo un tumore squamoso puro o un ghiandolare puro. Una corretta identificazione è importante perchè la prognosi è diversa. Se è uroteliale puro, dobbiamo distinguere i piani dai papillari, perchè sappiamo che la prognosi varia. Per le piane abbiamo una terminologia consueta: displasia low, displasia high e carcinoma in situ. Per le papillari ci aspetteremmo la stessa cosa, ma in realtà viene usata un'altra classificazione.

Del papilloma abbiamo accennato qualcosa.

Poi ci sono gli altri tre: neoplasia uroteliale LMP, carcinoma low grade e high grade. Queste diagnosi sono sfumate, difficili, ma in realtà a noi ci interessa fino ad un certo punto che

siano precise. Perchè se sono lesioni in situ o non infiltranti (pTis o pTA) una volta asportata la neoplasia il paziente è guarito. Ciò che è importante sapere è se si ha infiltrazione di parete. E quale parte di parete? Se c'è la muscolaris mucosae distinguiamo la lamina propria e la sottomucosa. Se è infiltrata la lamina propria o anche la sottomucosa si fa instillazione; se invece si ha infiltrazione della tonaca muscolare propria si fa cistectomia radicale. Quindi non è tanto importante distinguere il low o il high grade in situ, ma piuttosto quanto sia stata in grado di infiltrare la parete.

Cosa ci racconta il paziente? Di ematuria, oppure abbiamo un esame di laboratorio che indica ematuria. Se il paziente è anziano, e se è fumatore, abbiamo una neoplasia uroteliale fino a prova contraria. Questo può accadere in caso di presenza di papille, perchè esse sono delicate e possono rompersi. E quando dobbiamo pensare ad un carcinoma in situ, che è una specie di bomba all'interno della vescica? Quando il paziente, oltre che raccontare di ematuria, ci racconta di episodi ripetuti di cistite refrattarie ai trattamenti. Alla cistoscopia vedremo aree vellutate rossastre, perchè l'urotelio si è appiattito, c'è una neoangiogenesi e inoltre le cellule neoplastiche producono tutta una serie di citochine che richiameranno in loco cellule flogistiche che determineranno la comparsa di cistite refrattaria ai farmaci. Questo ci permette di trovare correlazione con i sintomi e i segni clinici.

Un'altra domanda può essere: “Che significa “policronotopismo?” - Le neoplasie vescicali possono essere policronotopiche, perchè possono presentarsi in numero maggiore di uno nel corso del tempo. In realtà lo studente può rispondere con due sole parole. Con una ci ho provato ma non mi è stato possibile. Quali sono queste due parole? Effetto campo. Con questa risposta lo studente mi fa capire che ha capito perfettamente la situazione, e non c'è bisogno di chiedere altro. Se qualcuno di voi riesce a rispondere con una sola parola me lo faccia sapere.

AMEDEO CATANESE

Anatomia patologica. Prof Aragona 26-10-2011Tumore alla prostataL’argomento trattato riguarda principalmente la diagnosi su ago biopsia prostatica.La prima cosa di fondamentale importanza è avere le notizie cliniche, l’anatomopatologo è per prima cosa un medico, un macroscopista, un istopatologo e quarto è anche un professionista che fa uso di metodiche particolari:istochimiche, biologia molecolare, di ultrastruttura. È chiaro che i medici devono dare le notizie cliniche che sono fondamentali. (A conferma di quello detto il prof stava studiando una lesione pigmentata istologicamente difficilissima, le notizie cliniche erano:lesione pigmentata insorta da tempo indeterminata modificata di volume nell’ultimo periodo di tempo, il prof chiama un parente che riferisce che da quando è nato non si è mai modificato. Ecco che la lesione difficilissima istologicamente perde di significato perché ad esempio un melanoma è impossibile che sia presente dalla nascita senza alcuna modificazione dimensionale. Una notizia banale diventa importantissima).Altra notizia importante è il PCA3 che è una nuova metodica che consiste nel dosaggio dell’RNA messaggero che non viene trascritto, gli si dà molto peso anche se il prof non ha la stessa impressione nella sua importanza.Altra notizia molto importante è il PSA (antigene prostatico specifico) il cui valore normale è di 2,5 ng/ml, prima il valore normale era fissato a 4 ng/ml ma la “zona grigia”andrebbe sino a 10 ng/ml. Un valore nella zona grigia, purtroppo si associa ad una quantità esagerata di ago biopsie trans

rettale alla prostata subite dal paziente. Un valore superiore ai 10 ng/ml il rischio di tumore è forte(55% dei casi). Un valore inferiore ai 2,5 ng/ml non è un valore sicuro perché potrebbe esserci un tumore alla prostata scarsamente differenziato che non produce elevate quantità di PSA.L’agobiopsia prostatica è un sottile campione, il campo è assolutamente ristretto, è come guardare dalla serratura della porta e la difficoltà diagnostica nasce anche dalla limitatezza del campione.Si va a valutare se vi sono deviazioni rispetto alla normalità ed è chiaro che bisogna conoscere l’anatomia normale della prostata. La prostata è un organo a struttura ghiandolare, le ghiandole sono tubulo-acinari ramificate che sboccano nel veru montanum (struttura uretrale). Si possono notare le papille vere perché nell’asse delle papille c’è tessuto connettivale e vasi, interposto tra le ghiandole vi è lo stroma prostatico. A più alto ingrandimento si vede il citoplasma delle cellule che è chiaro con nuclei regolari e tutti uguali tra di loro e si vedono formazioni rotondeggianti che è la “corpora amilacea” che si trovano frequentemente nella prostata. Ancora a più forte ingrandimento si vedono le cellule cubico-cilindriche con citoplasma chiaro, nuclei tutti regolari che si rassomigliano molto tra di loro, i nucleoli non sono evidenti. È importante anche andare ad individuare lo strato basale quindi vi è la presenza di un duplice strato che dà il concetto di benignità morfologica cioè ogni qual volta si vede questo duplice strato la ghiandola in questione è sicuramente benigna.Le cellule basali essendo cosi importanti devono essere identificate bene anche perché con la colorazione ematossilina – eosina sembrano non esserci ed allora si possono mettere in evidenza facendo ricorso all’immunoistochimica utilizzando:

- CK (citocheratine) 5/6, si trovano nel citoplasma;- 34 beta E12 (filamenti pesanti), presenti nel citoplasma;- P 63 presente nel nucleo.

Tutte e tre vanno bene ma di solito la preferenza è verso la citokeratina 5/6.

Atrofia ghiandolare della prostata:gli acini sono piuttosto piccoli, le papille sono più piccole anch’esse del normale, è possibile delimitare gli aggregati ghiandolari ed hanno una struttura lobulare che si avvicina molto alla struttura normale e per questo viene chiamata struttura “organoide” cioè conservano grossomodo la struttura normale dell’organo. Questa caratteristica è distintiva nei confronti delle ghiandole del cancro che crescono in maniera diffusa, in questo caso invece grossomodo rispettano l’aggregazione lobulare. A più forte ingrandimento si notano le cellule cubiche a citoplasma chiaro, si nota anche che il citoplasma assume una forma “appiattita”. I nuclei sono grossomodo simili tra di loro. Quindi i nuclei non sono atipici e il citoplasma è poco rappresentato questa è la condizione di atrofia ghiandolare e per essere sicuri che si tratti di atrofia si devono considerare le cellule basali che devono essere presenti. Si prosegue effettuando la prova istochimica con la citokeratina 5/6 e in questo caso si osserverà una positività alla prova dimostrata dalla colorazione marrone delle cellule basali. La diagnosi è atrofia ghiandolare della prostata.

Atrofia ghiandolare incompleta: in questo caso non è possibile identificare dei lobuli, la crescita è più disorganizzata, non rispetta l’atteggiamento organoide delle ghiandole, la deviazione rispetto alla struttura normale è molto marcata; sembra un adenocarcinoma con pattern 3 Gleason con piccole ghiandole infiltranti. A più forte ingrandimento si può notare il citoplasma appiattito con nuclei un po’ più irregolari rispetto all’atrofia ma il citoplasma sembra chiaramente atrofico, si effettua la citokeratina 5/6 e si vede la positività e allora non è un adenocarcinoma ma un’atrofia ghiandolare incompleta cioè un’atrofia in evoluzione verso l’atrofia ghiandolare completa.

Adenosi: il reperto sembra essere caratterizzato da ghiandole normali, ampie e dilatate con corpi amilacei al loro interno, ma accanto a queste ci sono delle piccole ghiandole, dei tubuli, il citoplasma delle cellule è chiaro. La prima domanda a cui si deve rispondere è se vi è una crescita organoide e in questo caso lo è; vi sono delle ghiandole grandi e delle ghiandole piccole, questo reperto può essere o l’effetto di una ramificazione e se fosse così le ghiandole devono avere uno

“spettro morfologico”, devono cioè esserci ghiandole di varie dimensioni tra le grandi e le piccole oppure l’altra possibilità è che siano ghiandole grandi normali e che quelle piccole siano di carcinoma pattern 3 che le sta infiltrando. La differenza è che se le ramificazioni sono tutte benigne devo trovare uno spettro dimensionale se invece è un cancro che infiltra accanto alle ghiandole grandi troverò altre piccole ma senza lo spettro dimensionale. Ad ingrandimento maggiore si osserva il citoplasma chiaro e i nuclei che sono irregolari e non si vedono le cellule basali, il sospetto è che potrebbe essere un carcinoma, ma la crescita organoide e la presenza dello spettro ci orienta verso la benignità, non si vedono le cellule basali ma si pensa fortemente che ci possano essere e ciò viene verificato dall’utilizzo della citocheratina 5/6. È una situazione benigna in cui le ghiandole proliferano, l’aspetto organoide è conservato, c’è uno spettro dimensionale dei diametri delle ghiandole, il termine adenosi deve essere tra virgolette perché è un termine sbagliato perché il suffisso “-osi” vuol dire degenerativo, in realtà adenosi si vuole riferire alla degenerazione delle ghiandole ma in questo caso il termine si sta usando in maniera differente ad indicare fenomeni proliferativi ghiandolari che possono provocare problemi di diagnostica differenziale con l’adenocarcinoma.

Adenosi sclerosante:quadro caratterizzato da ghiandole con molto stroma, sembrano proprio delle ghiandole con pattern 3 di Gleason che stanno infiltrando lo stroma, un quadro simile ci fa sospettare la presenza di adenocarcinoma, a più forte ingrandimento c’è una certa irregolarità nucleare, non si vedono le cellule basali. Questa è una vera e propria trappola per l’anatomopatologo perché esiste un processo patologico che simula il cancro senza però esserlo. Rispetto all’adenosi vi è una percentuale stromale più rappresentata quindi molto tessuto connettivale interposto, si effettua la citocheratina 5/6 e il risultato è una intensa positività. È un adenosi ma per indicare che vi è una importante quota stromale viene detta adenosi sclerosante.

Neoplasia prostatica intraepiteliale (PIN high grade): è una lesione in situ nella quale vi sono delle ghiandole che si discostano dall’aspetto delle ghiandole della prostata normale dal fatto che sono molto voluminose, hanno un aspetto cribiforme cioè con il lume attraversato da cordoni e trabecole, la presenza di moltissime papille, il citoplasma delle cellule è scuro, basofilo, ricco di reticolo ergastoplamsmatico con molti ribosomi. A più forte ingrandimento si osserva subito che la prostata non è normale, vi è una stratificazione dei nuclei, non vi è il duplice normale strato ma i nuclei sono su più strati, le papille non hanno un asse connettivale e all’interno dei nuclei si osservano voluminosi nucleoli che rappresentano la grande forza proliferante delle cellule (si dà grande peso ai nucleoli), ma lo strato basale è conservato. Le cellule sono maligne ma lo strato basale è conservato, probabilmente è un precursore dell’adenocarcinoma. Se si effettua la colorazione per la citocheratina 5/6 si osserverà la positività. Se non ci fosse stata la positività la diagnosi sarebbe stata di adenocarcinoma prostatico score di Gleason 8 cioè 4+4 perché tutto fatto da pattern 4 e si raddoppia, questa sarebbe una condizione prognosticamente molto pesante.

A questo punto si potrebbe pensare che l’importanza delle cellule basali è fondamentale e visto che si possono vedere e quando non si vedono si possono colorare, la diagnosi dovrebbe essere semplicissima, ma non è sempre così perché non tutte le ghiandole in una proliferazione possono colorarsi, alcune si colorano ed altre no. Immaginando una biopsia che per disgrazia vi sono tre tubuli che non si colorano ma appartengono ad una proliferazione ghiandolare non maligna in cui gli altri tubuli si colorano, si fa erroneamente diagnosi di adenocarcinoma. La diagnosi diviene molto difficile ed ogni volta si deve decidere se quella positività che si vede basta per dire che è benigno.

PIN high grade con focale infiltrazione dello stroma: il quadro è caratterizzato da ghiandole anormali con progressiva trasformazione in lesione infiltrante.È un giudizio assolutamente soggettivo ed il professore si comporta nel seguente modo: se le ghiandole sono vicine allora dice che sono estroflessioni tagliate trasversalmente e la lesione è in situ, ma se le ghiandole sono distanti dice che la PIN si è trasformato in adenocarcinoma infiltrante.

È un ragionamento personale che l’anatomopatolo sente di fronte al reperto istologico e non tutti gli anatomopatologi sentono la stessa cosa. Se a Pittsburg vi sono 80 anatomopatologi strutturati e a Palermo solo 8 si capisce subito che la discrepanza è nettissima.

Adenocarcinoma iperplastico della prostata:Ghiandola grande con le papille con citoplasma chiaro, c’è tutto lo spettro dimensionale da grande a piccola, lo stroma è scarsissimo, le ghiandole sono stipate tra di loro, sembrano morfologicamente normali e sembra proprio un’adenosi, a più forte ingrandimento i nuclei sono piccoli e regolari, vi è uno strato basale evidente, si deve però osservare con molta attenzione e soprattutto a il quadro a più forte ingrandimento, il quadro istologico indica un’adenosi, ma vi è qualche nucleolo prominente che non dovrebbe esserci. La cosa particolare è che in letteratura nessuno ha mai descritto con precisione di cosa si tratta “nucleolo prominente”e una risposta a questa domanda si avvicina alla risposta di Einstein riguardo all’universo cioè : “lo so, so queste cose fino a quando non me le chiedete”. È una descrizione sempre personale, ma certamente è motivo di allarme, il nucleolo non convince. Si colora con la citocheratina 5/6 e vi è la negatività assoluta. Quindi sembra un’adenosi, iperplasia ma ha i nucleoli prominenti e manca di citocheratina 5/6. È possibile l’errore, si può sbagliare perché non si osserva bene e con attenzione il quadro a maggiore ingrandimento.

Adenocarcinoma prostatico infiltrante: il quadro è caratterizzato da tubuli che infiltrano, può simulare un’atrofia della prostata incompleta dove non c’è l’organizzazione ghiandolare, a più forte ingrandimento si notano i nucleoli e quindi la diagnosi diviene semplice cioè adenocarcinoma prostatico infiltrante pattern 3, siccome è tutto così è un Gleason 6. Si effettua la colorazione con la citocheratina 5/6 vi è negatività, si notano piccole ghiandole accanto a grandi ghiandole ma senza lo spettro dimensionale quindi le grandi ghiandole normali accanto alle piccole ghiandole che stanno infiltrando. Si può colorare il preparato per la racemasi che non è assolutamente specifica però quando vi è un sospetto di cancro e qualcosa non convince si può effettuare questa tecnica aggiuntiva e quando vi è la positività la diagnosi di cancro è forte. Carcinoma a cellule schiumose: altra trappola per l’anatomopatologo, il quadro è caratterizzato da un numero maggiore di ghiandole rispetto alla norma, nuclei tutti regolari, non vi è atipia nucleare e addirittura si possono vedere delle formazioni assimilabili a corpi amilacei, sembra di vedere cellule dello strato basale, ma alla colorazione con citocheratina 5/6 non vi è positività e allora la domanda d’obbligo è la seguente: non vi sono perché abbiamo preso sfortunatamente le ghiandole prive di cellule basali ma quelle vicine sono colorate? Oppure non vi sono perché è un carcinoma? Bisogna riconoscerlo per non cadere nella trappola. In questo caso i nucleoli sono prominenti nei tre quarti della prostata, ma in un quarto di essi i nucleoli non sono prominenti e non si vede alcuna atipia nucleare e malgrado questo sono dei carcinomi prostatici. La racemasi può essere una soluzione. Per attenuare la difficoltà espressa in precedenza (le cellule basali possono non colorarsi in alcune ghiandole normali)a volte si sommano le colorazioni cioè la citocheratina 5/6 che colora i citoplasmi e la P63 che colora i nuclei,nella speranza che una delle due possa dare un segnale.Qui la diagnosi è più semplice: è una crescita solida con una qualche tendenza a formare ghiandole, i nuclei sono atipici con anisocariosi e il pattern è Gleason 4, perche ogniqualvolta c’è tendenza a formare ghiandole in aree solide il pattern è 4. Quando l’atipismo è evidente, vi sono cellule isolate, nessuna tendenza a formare ghiandole è un pattern 5, se tutto è così lo score di Gleason è 10 e rappresenta la peggiore situazione. Bisogna sempre stare molto attenti quando si vede un grande atipismo molto evidente e vi è pigmento perché potrebbe essere una vescicola seminale normale perche effettuando un’agobiopsia trans rettale, trapassa la vescicola seminale e se non si va a considerare il pigmento si può fare diagnosi di adenocarcinoma quando invece il reperto è una vescicola seminale normale.Per complicare ulteriormente le cose, talvolta la PIN high grade può presentarsi con una pigmentazione citoplasmatica e allora di volta in volta bisogna capire se è una vescicola seminale normale o una PIN high grade.

I quadri visti precedentemente riguardavano delle lesioni diffuse per dare un impatto didattico migliore, in realtà nella clinica normale si ci confronta con situazioni più sfumate in cui troviamo insieme ghiandole benigne e maligne, nuclei normali e anormali, una cosa che conferma che si tratta di adenocarcinoma cioè la presenza di un muco di colorito bluastro prodotto dalle ghiandole neoplastiche, questo è un segnale molto importante tanto che trovando queste ghiandole la diagnosi sarà di adenocarcinoma prostatico e probabilmente se il soggetto si trova in un range di età particolare subirà un intervento chirurgico pesante cioè la prostatectomia radicale.Altro forte indicatore di adenocarcinoma prostatico oltre a quello su esposto è la presenza di strutture che ricordano glomeruli renali, sono strutture dall’aspetto glomeruloide, insieme al muco bluastro determinano dei quadri inequivocabili.Lo score di Gleason:

Pattern 1 :tubuli circoscritti, piccole ghiandole accostate tra di loro con struttura organoide;Pattern 2 :se c’è in periferia la tendenza a distaccarsi; Pattern 3 :crescita infiltrante di piccole ghiandole;Pattern 4 :aree solide, cribriformi con tendenza a formare ghiandole nell’interno di questi nidi

solidi (differenziazione ghiandolare);Pattern 5 :aree soltanto solide.

Si prendono i due pattern più rappresentati e si fa lo score di Gleason, da 2 a 10.Quando si guarda un preparato istologico e si deve fare lo score di Gleason il ragionamento deve essere questo: ci sono aree solide con dei lumi ghiandolari al loro interno? Se ci sono il pattern è 4, se non le trovo vuol dire che il pattern è differente. Ma perché il ragionamento inizia dal pattern 4 e interessa cosi tanto? Perché è difficile che di questi pattern troviamo in una zona 5 e in un’ altra 1, di solito il tumore si rassomiglia, le zone si diversificano poco come pattern l’una dall’altra e allora se trovo 4 è probabile che la somma sia 7, e questo numero è molto importante nello score di Gleason dell’adenocarcinoma prostatico, è proprio il punto di passaggio. Quando si va a fare lo score è importante capire se c’è pattern 4 perché il riferimento è la distinzione solita high grade e low grade, come si sta facendo per tutti i tumori, è quindi provabilissimo che questo discorso fra qualche anno non sia più riproducibile e scompaia lo score di Gleason e che per la prostata si parli di low grade e high grade e per dire high grade dobbiamo trovare zone fra virgolette solide con una tendenza più o meno marcata a formare ghiandole nel loro interno e sono queste le zone interessanti.Mediamente arrivano 24 frustoli prostatici per ogni paziente nei vari campi della prostata e quello che si deve fare è intanto precisare se c’è la neoplasia, quale è lo score di Gleason e l’estensione della neoplasia, quanto è la superficie del frustolo interessata dalla neoplasia, considerare se le ghiandole infiltrano un tronco (“tronchicino”)nervoso che è un segno di malignità e deve essere riportato nella diagnosi perché spesso i tronchicini nervosi si trovano al di fuori dell’organo e allora se si vede l’infiltrazione neoplastica perineurale do al chirurgo un segnale cioè quello di stare attento perché il tumore può avere estensione extra-prostatica. Altra conferma ulteriore della verosimile estensione extra prostatica della neoplasia è la presenza di grasso, quando si vede tessuto adiposo e ghiandole neoplastiche accostate si deve segnalare il sospetto dell’estensione extra prostatica. Quando le cellule neoplastiche atipiche infiltrano la parete muscolare delle vescicole seminali si deve segnalare che la vescicola seminale è infiltrata dalla neoplasia e questo sposta drammaticamente il TNM.

Di tutta la lezione si deve ricordare che il lavoro dell’anatomopatologo è soggettivo, non esistono numeri e macchine che possano aiutare, si deve decidere con le nostre conoscenze e le nostre esperienze se quella lesione è benigna o maligna, le notizie cliniche sono fondamentali, e le notizie sono quelle giuste solo se si conoscono le difficoltà dell’anatomopatologo.Lo score di Gleason, low e high grade sono 2 cose molto importanti ed è high grade quando vi sono zone solide che formano ghiandole o zone solide che non formano ghiandole e riflettendo su ciò è

come dire scarsamente differenziato e come di solito scarsamente differenziato vuol dire high grade, lo score di Gleason viene sintetizzato in questa maniera. È vero che ci sono 5 pattern che fanno uno score fino a 10 ma nella mente deve esserci low e high grade e per questo si vanno a cercare le aree solide; le ghiandole che si vedono sono frutto di una ramificazione normale? Cioè hanno struttura lobulare organoide? Questo è fondamentale anche nel tumore alla mammella, se c’è sarà un tumore benigno, se non c’è è più verosimile la malignità ma a volte anche il benigno può assumere questo aspetto. Si parla di atrofia ghiandolare quando le atipie non ci sono, c’è poco citoplasma e le cellule basali sono conservate. Alla domanda “adenosi della prostata” deve seguire questo ragionamento: dall’etimologia della parola: -osi cioè processo degenerativo ma avendo studiato l’anatomia patologica sappiamo che è un nome sbagliato che indica un iperplasia, la dobbiamo conoscere perché pone il problema di diagnosi differenziale con l’adenocarcinoma, si differenziano perché queste ghiandole hanno tutto lo spettro dimensionale(man mano che si ramificano possono essere tagliate trasversalmente e vediamo tutto lo spettro) quello che invece ci allarma è il fatto di trovare accanto alle ghiandole normali piccole ghiandole senza l’aspetto dimensionale perché sono il risultato dell’infiltrazione marginale periferica da parte del carcinoma di tessuto prostastico normale.Altra domanda: la citologia della prostata è importante? La risposta è si perché il nucleo deve avere le caratteristiche solite di malignità cioè anisocariosi ,membrane irregolari e ispessite ma nella prostata contano tantissimo i nucleoli prominenti anche se ognuno ha una propria idea di cosa sia un nucleolo prominente. Ma se non troviamo atipie e nucleoli prominenti possiamo stare sicuri? No perche un quarto di cancro alla prostata possono presentarsi in questa maniera. Nella diagnosi va segnalata l’infiltrazione neoplastica paraneurale perché i tronchi nervosi più spesso si trovano al di fuori della ghiandola e trovare ciò può significare che vi è un estensione extra prostatica della neoplasia e confermare la malignità perché tutto ciò che sta dentro il contenitore biologico ha caratteristiche poco aggressive ma quando vanno fuori il comportamento diventa fortemente aggressivo. Il cancro alla prostata è stato chiamato dagli americani l’olocausto del 2000.Alla diagnosi bisogna dare peso ai sintomi clinici soprattutto relazionato alle fasce d’età. Altra cosa importante è effettuare una visita urologica nei soggetti over 50, non la determinazione del PSA perché può comportare enormi difficoltà perché sotto i 2,5 mg/ml il paziente potrebbe avere un adenocarcinoma scarsamente differenziato, sopra i 10 mg/ml è giusto preoccuparsi, tra i 2,5 e 10 mg/ml i pazienti entrano in un tunnel dal quale non escono più perché nel 25% dei casi un’agobiopsia prostatica può essere falsamente negativa e questo soggetto sarà sottoposto a ripetizione ad ago biopsie, diventa una vera tragedia. Il 70-80% dei soggetti sottoposti a prostatectomia radicale non ne avevano bisogno perché il tumore sarebbe rimasto lì e morto con il paziente, il vero problema è che non sappiamo riconoscere questi casi cioè quali sono i pazienti che hanno realmente bisogno di prostatectomia radicale. Un atteggiamento che per ora va per la maggiore è questo: se il paziente non ha disturbi clinici tutto sommato bisogna muoversi con prudenza. La questione del tumore alla prostata è molto complessa e la sensazione di disagio nell’affrontare questa problematica è uguale sia per gli anatomopatologi che per i clinici, sia per gli studenti che per i docenti.

Amedeo Catanese

Lezione di Anatomia Patologica 02/11/2011

LINFOMI

Ricordate cosa abbiamo detto nella lezione precedente?Linfoma è un termine inadeguato perché indicherebbe un processo benigno del sistema linfatico. Gli anglosassoni aggiungono l’attributo maligno. Direi che è un atteggiamento da evitare fin dove possibile. Linfoma maligno non Hodgkin è peggio ancora, perché definiamo una cosa con quello che non è. Oggi dopo questa lezione il professore Rodolico vi tratterà il linfoma di Hodgkin. Il termine adeguato sarebbe linfosarcoma. Però siccome il linfosarcoma rientrava in una classificazione:

linfosarcoma reticolo – sarcoma

ed era usato con determinati criteri morfologici oggi inaccettabili, si è preferito togliere il termine linfosarcoma dalla nosografia. In effetti sono dei linfosarcomi.Modulazione linfocitaria, vi hanno spiegato che cos’è: per esempio il piccolo linfocita B, che diventa plasmacellula lo fa trasformandosi in elementi cellulari intermedi. La plasmacellula ha tanto citoplasma, un citoplasma ampio, con un Golgi ben rappresentato, perché lì maturano le proteine, le globuline, e la cromatina è addensata perché alla plasmacellula serve soltanto qualche gene attivo. E allora come fa un piccolo linfocita a diventare una plasmacellula? Deve attrezzarsi! Ha bisogno di ribosomi nel suo citoplasma, attaccati al reticolo ergastoplasmatico. I ribosomi li produce nei nucleoli. Ecco allora che il linfocita che modula, non usiamo il termine differenziazione, fa proprio questo. Il suo citoplasma è più rappresentato, ricco di reticolo ergastoplasmatico e di ribosomi e si vedono benissimo i nucleoli nel nucleo, due o tre, di solito addossati alla membrana nucleare. Poi la cellula va modulando ulteriormente e si forma il centrocita. Ha sempre citoplasma abbondante, il nucleo non è più rotondo, ma è indentato. Se voi prendete una sfera e vi mettete la mano dentro, in sezione diventa un triangolo. Noi riconosciamo dalla forma rotondeggiante o triangolare centroblasti e centrociti. Poi l’immunoblasto, cellula con ampio citoplasma, un solo nucleolo, nucleo rotondeggiante. Vado rapidamente avanti. Man mano cerco di riprendere qualche concetto della precedente lezione.Se il linfoma è il processo linfoproliferativo maligno che interessa il tessuto linfatico e per ora concentriamo la nostra attenzione sul linfonodo, la prima cosa che dobbiamo verificare è se c’è un linfoma oppure no e questa prima tappa la facciamo soltanto utilizzando l’istologia tradizionale. Per dire che è un linfoma cosa dobbiamo vedere?Il sovvertimento architetturale. Ricordate com’è fatto il linfonodo? Capsula, vasi afferenti che arrivano nella capsula nella parte convessa; c’è un seno sottocapsulare, da qui i seni si portano verso l’ilo del linfonodo e quindi seno sottocapsulare, quelli della corticale, quelli della midollare e poi il vaso efferente che lascia il linfonodo. Nel linfonodo riconosciamo la corticale, che è la zona B con i follicoli primari se sono solo piccoli linfociti; se i linfociti modulano, stimolati cioè da un antigene, si forma il centro chiaro, follicolo secondario. Fra i follicoli vi è la paracorticale, che è la zona T. La modulazione dei linfociti T la conosciamo meno bene, sappiamo solo che esistono piccole cellule, cellule intermedie, grandi linfociti T. Riconosciamo questa zona perché è ricca di venule epitelioidi, venule con endotelio alto. Perché la venula con endotelio alto? Perché controlla il passaggio dei linfociti che ricircolano. Fenomeno del piccione viaggiatore. Sapete che i T vanno sempre in giro, come il messo viaggiatore o il messo comunale che deve consegnare un documento. Il linfocita T lo vuole fare di persona. Nella midollare troviamo soprattutto i seni con gli istiociti, che controllano tutto ciò che passa nei seni della midollare, ed è la zona in cui gli immunoblasti maturano, modulano completamente in plasmacellule. E allora se c’è un linfoma l’architettura è sovvertita, cioè non riconosciamo più la zona corticale, la paracorticale e la midollare, ma vediamo un tessuto monomorfo. Potrebbe sembrare facile, devo dirvi che invece la cosa è piuttosto complessa, perché il monomorfismo non sempre si apprezza facilmente. Soprattutto perché ci sono delle condizioni patologiche in cui può sembrare che ci sia un linfonodo sovvertito strutturalmente, mentre è solo un’impressione. E questo accade soprattutto nella mononucleosi infettiva. Tanto che gli anglosassoni con il loro senso dello humor particolarissimo dicono che una delle più temibili complicanze della mononucleosi infettiva è effettuare la biopsia. Perché c’è il rischio che l’anatomopatologo, se non è ben informato sulla situazione clinica possa porre diagnosi di linfoma. Poi quale altra possibilità può esserci? Potrebbe anche esserci una metastasi di un tumore a piccole cellule nel linfonodo e che venga scambiata per un linfoma. Morfologicamente di solito ce ne accorgiamo, ma per avere una conferma cosa possiamo fare? Dobbiamo cercare di capire se quelli sono veramente linfociti. C’è un marker comune a tutti i linfociti? CD45, detto anche antigene leucocitario comune, LCA. Quindi quel marker ci fa dire che è veramente un linfoma.

Adesso dobbiamo fare una diagnosi e la cosa ha rilievo concettuale, ma anche pratico. Perché il giudizio prognostico e l’istituzione di un’adeguata terapia possono risentire della nostra diagnosi. E allora cosa facciamo? Ovviamente se lì vi sono linfociti B e linfociti T e cellule del sistema monocito-macrofagico è chiaro che da tutti e tre questi stipiti possono prendere origine delle neoplasie. Quelle del sistema monocitario-istiocitario le trovate sui testi. Non ve le chiederò. Hanno un PUIGE (Prevalenza, Urgenza, Intervento terapeutico, Gravità, Esemplarità) molto basso. Vediamo invece gli altri. La prima suddivisione:

B T

Già questa suddivisione ci aiuta tantissimo dal punto di vista terapeutico e prognostico, perché nel B troviamo un po’ di tutto: forme a bassa aggressività, forme ad alta aggressività, oppure per chi usa un sistema a tre gradi basso, intermedio, alto grado di aggressività. I T sono invece mediamente delle neoplasie più aggressive. Quindi già la prima differenza, non solo concettuale. Ma poi i B possono risentire di una terapia. Quale? Rituximab. Va bene, ma è un farmaco diretto contro che cosa? Contro il CD20. Ecco allora che sapere se è B per noi è importantissimo e utilizziamo il CD20. Abbiamo detto che possiamo utilizzare anche il CD79a. Qual è la differenza? È che il CD79a ha uno spettro più ampio. Cioè riesce a marcare anche i pre-B, però non ha rilievo terapeutico, perché non ci dice se le cellule sono realmente sensibili al Rituximab.Oggi vedremo i linfomi B.

LINFOMI BCosa fanno i linfociti B nel linfonodo normalmente? L’abbiamo già visto: la loro è la zona corticale e sono aggregati in piccoli cumuli, follicoli linfatici. Quando arriva l’antigene opportuno questo non può incontrare il linfocita B direttamente. Ma deve essere presentato, ci vuole una raccomandazione! Chi fa sta raccomandazione? La cellula dendritica, il faccendiere di turno. Dendritica perché? Perché è come i rami di un albero. E cosa stanno attaccati ai rami dell’albero? I linfociti B. Dove si trovano queste cellule dendritiche? Nel centro del follicolo. Cosa accade quando il linfocita B riceve il segnale? Modula, il suo citoplasma si accresce. Prima centroblasto, poi centrocita, poi immunoblasto. Se il suo citoplasma si accresce i nuclei cosa fanno? Saranno distanziati l’uno dall’altro. Quindi troveremo nella parte centrale del follicolo un centro chiaro, cioè più chiaro rispetto al mantello. Quindi normalmente il linfocita B fa questo. Ora la domanda è: nei linfomi dei linfociti B possiamo vedere dei follicoli? Se è tra virgolette ben differenziato, ma voi sapete che questo termine non si usa, troveremo strutture follicolari. Altrimenti strutture diffuse, altrimenti entrambe le cose. E allora la prima cosa che dobbiamo dire è:

1. se c’è un linfoma ;

2. se il linfoma è B, quindi CD20, CD79a ;

3. se il linfoma è follicolare , diffuso o follicolare-diffuso . È importante capire se è follicolare, diffuso o follicolare diffuso? Chiaramente più sono follicolari e meglio si comportano. È chiaro che i linfomi B diffusi si comporteranno mediamente peggio dei follicolari. Basta che io possa accertare morfologicamente se è B? Se vedo follicoli sono sicuro che è B. Se mai posso chiedermi: sono follicoli reattivi o è un linfoma? Ma se vedo follicoli è chiaro che è B. Faccio CD20, CD79a. Invece diffuso potrebbe essere B, sono in grado di riconoscerlo, ma potrebbe essere T. Come faccio a capire che è un linfoma B diffuso? Quali

elementi posso trovare? Quelli normalmente rappresentati nella modulazione B. Quindi che cosa trovo? Piccoli linfociti, centroblasti, centrociti, immunoblasti variamente commisti e combinati tra di loro. Se trovo questi elementi posso dire che è un linfoma di tipo B morfologicamente. Se trovo altri elementi dirò che è un linfoma T. Ma questo lo scopriremo nella prossima lezione, come appare un linfoma T.

4. La tappa successiva è accertare la natura citologica degli elementi proliferanti. Immaginate che io trovi piccoli linfociti. Da dove hanno preso origine, dal centro chiaro o dal mantello? Dal mantello. Nel mantello quanti linfociti abbiamo individuato? Quelli della parte più interna, che possono avere nucleo rotondeggiante o piuttosto irregolare, ma sono positivi a che cosa? A CD5 e soprattutto alla ciclina D1. Se io trovo questi, con il nucleo rotondeggiante o irregolare, positivo a CD5 o alla ciclina D1 dirò che è un linfoma mantellare. Se io invece trovo piccoli linfociti, positivi a CD5 ma anche a CD23 dirò che è leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti. Se io trovo invece degli elementi ancora più esterni e vedremo poi come appaiono, la mia diagnosi sarà di linfoma marginale e lo scoprirò perché l’unico marker positivo è solo (parola che non si capisce) CD20, CD79a. Capite che la diagnosi diventa difficile. Piuttosto facile viene riconoscere centrociti e centroblasti ma per avere una conferma immunoistochimica cosa devo fare? CD10 o bcl-6.

Perché vi sto dando tutti questi caratteri morfologici e tutti questi numeri e acronimi? Perché sono le conoscenze sui linfomi. Se voi togliete questo ci resta una sola conoscenza: il linfoma è un “bozzo linfonodale”. Null’altro. Allora tutto quello che conosciamo sui linfomi è anatomia patologica.Quindi linfomi :

B T

ci stiamo interessando dei B. La prima cosa follicolare, combinato, diffuso e poi andiamo a precisare il citotipo. Vedremo che questi citotipi hanno rilievo prognostico e terapeutico. Perché insisto tanto? CD5, CD23, ciclina D1. Secondo voi avere una leucemia linfatica cronica, piccoli linfociti CD5, CD23 e avere un linfoma diffuso mantellare CD5 positivo, ciclina D1 positivo è la stessa cosa dal punto di vista prognostico e terapeutico? No. La leucemia linfatica cronica ha una prognosi tutto sommato accettabile, non si guarisce mai. Del linfoma mantellare non si guarisce, però la prognosi è tragicamente infausta. Lo diagnostichiamo quando già è esteso, la sopravvivenza è di qualche anno, 2-3 anni. Quindi è importantissimo conoscere questi markers, perché sono quelli che ci fanno porre la diagnosi. A me che cosa serve al di là del fatto concettuale di capire con che cosa ci stiamo confrontando? Che se vi arriva una diagnosi dove c’è scritto linfoma non Hodgkin diffuso mantellare e fra parentesi leggete CD5 +, CD23 -, CD10 -, il paziente vi chiederà cosa significa, e voi dovete essere pronti a dire che cosa significano quei numeri. Low grade, high grade, adesso vedremo, follicolare e diffuso, centrociti, centroblasti, mantellari, marginali, immunoblasti. Partiamo dal linfoma follicolare.

LINFOMA FOLLICOLARECostruiamoci il quadro istologico del linfoma follicolare.

Qual è la prima cosa che dobbiamo dire se è un linfoma? L’architettura è sovvertita. Allora se l’architettura è sovvertita questi follicoli dove li troviamo? Dappertutto. Quindi non più centrali o meglio nella zona corticale, ma li troviamo in tutto il linfonodo. E poi qual è il rapporto normale tra centro chiaro e mantello? Cos’è che prevarrà: il centro chiaro o il mantello? Il centro chiaro se sono follicolari. Centrofollicolari sarebbe meglio. Quindi vedete dei centri chiari espansi a spese del mantello. Tanto che i follicoli possono confluire tra di loro. I centri chiari si mettono in rapporto morfologico tra di loro. E cosa vedo in questi centri chiari? Centrociti, centroblasti, in varia proporzione. Se io trovo che i centri chiari sono costituiti da centrociti e centroblasti devo pensare che è la forma più differenziata, anche se qui non si usa, ribadisco, il termine differenziato, ma se trovo centrociti da soli è peggio. E se trovo centroblasti da soli è ancora peggio. Quindi non solo devo dire se è follicolare, ma devo precisare quali elementi ci stanno dentro. Quindi la diagnosi sarà linfoma follicolare o linfoma non Hodgkin follicolare o meglio centro follicolare:

centrocitico

centrocitico-centroblastico ,

centroblastico .

Poi fra parentesi CD10+, bcl-2 +. CD10 + o bcl-6 + mi dice che è centro follicolare.Perché bcl-2 ? Sapete che molecola è, con che cosa ha a che fare? È una molecola che ha a che fare con l’apoptosi. Normalmente il centro chiaro non ha bcl-2. Se io trovo bcl-2 vuol dire che l’apoptosi non funziona. Tanta bcl-2 l’apoptosi non funziona. Se non c’è apoptosi, suicidio programmato che vuol dire? Che le cellule aumentano di numero, ed ecco che ci siamo spiegati perché nel linfoma follicolare il meccanismo cancerogenetico interessa i centri chiari e qual è questo meccanismo. Alterazione soprattutto della morte cellulare. Se minore è il numero di cellule che vanno in apoptosi, il loro numero aumenterà. Ecco che bcl-2 ci spiega il meccanismo cancerogenetico. Ma ha anche un’importanza fondamentale. Perché abbiamo detto che i follicoli possono essere un linfoma, ma potrebbero essere un’iperplasia follicolare, a volte spiccata, ma accade. Come faccio a distinguere le due forme? Perché le iperplasie sono bcl-2 negative e i linfomi follicolari sono bcl-2 positivi. Il fatto è che ci sono delle iperplasie che possono prendere un po’ di bcl-2 e dei linfomi che possono non prendere la bcl-2. E noi dobbiamo essere in grado di sapere che il problema esiste e di riconoscere questi casi. Questo è il linfonodo. Cosa vedete in questa immagine? I follicoli sono dappertutto. Sovvertimento strutturale. Non c’è più una corticale, una paracorticale, non ci sono più i segni della midollare. Vedete quanti? Sono quasi tutti centri chiari perché i mantelli sono assottigliati. E poi qui c’è un’altra cosa che mi dice che è un linfoma. Uno studente dice: l’aspetto vacuolizzato.Prof. :vacuolizzato non è molto preciso. Voi vedete dei vacuoli, ma cosa sono in realtà? Il processo linfoproliferativo ha invaso la capsula e il tessuto adiposo pericapsulare. Ciò è segnale che non è un’iperplasia, ma che questa proliferazione sta sconfinando al di fuori del linfonodo. Se vedo questo posso dirvi che sospetto fortemente un linfoma.Ancora una volta per capire quanto è difficile l’anatomia patologica esiste un numero di casi piccolo in cui anche nell’iperplasia ci può essere l’interessamento del tessuto adiposo pericapsulare. Mantello assottigliato, qui dentro centrociti e centroblasti, a questo ingrandimento non li vedete. Se io guardo solo questo non sono in condizione di dirvi se è un’iperplasia o un tumore. E allora come capite ho bisogno di vedere tutto il campo e se resta qualche incertezza cosa faccio su questo follicolo? Bcl-2. Sapendo che mi dà una risposta indicativa non inequivocabile. Vedete? A quest’ingrandimento non so se riuscite a distinguerli. Questi nuclei sono più rotondeggianti. Questi sono più angolari. Quindi il mio giudizio quale potrebbe essere? Centrocitico, centroblastico, qua

soprattutto centrocitico. Ovviamente il linfonodo ha questo aspetto grigio biancastro, aumentato di dimensioni; questa è un’immuno CD20. Dice che i follicoli che io vedo sono CD20 positivi. Si può dire che questo è un linfoma? Solo su quest’immagine no. Quindi se io faccio diagnosi di linfoma follicolare e vedo che ci sono follicoli CD20 positivi posso cominciare la terapia con l’anticorpo specifico.Guardate qui bcl-2. Vedete che le cellule sono tutte marcate? Qui si può addirittura tentare di riconoscere il centro chiaro dal mantello. Questo è un linfoma follicolare.Abbiamo visto che un linfoma può non formare follicoli oppure può essere in parte follicolare, in parte diffuso. Se è diffuso vedete che il discorso è lo stesso. Centrociti,centroblasti o centrociti.(Penso intendesse centrocitico o centrocitico-centroblastico)Vi accorgete che manca il tipo centroblastico? Non era riportato né poco fa né in questa diapositiva. Perché? Perché fa parte di un altro tipo di linfomi, i linfomi grandi cellule B, high grade.Noi per ora stiamo vedendo linfomi low grade o di grado intermedio per chi usa una classificazione in tre gradi. I centroblastici follicolari e soprattutto diffusi fanno parte dei linfomi B a grandi cellule.

LINFOMA MANTELLARECD5 +, bcl-1 +.Perché può essere nodulare o diffuso?Perché normalmente i linfociti del mantello si aggregano in strutture follicolari.Diffuso, come gli altri linfomi follicolari.Posso riconoscere dalla sola morfologia se un linfoma è follicolare o mantellare? Tutti e due formano noduli, follicoli. Ma quale sarà la differenza? Che mentre nei linfomi centrofollicolari si espande il centro chiaro a spese del mantello, nel linfoma mantellare si espande il mantello a spese del centro chiaro. Vedete cosa è rimasto del centro chiaro? Guardate tutti i linfociti proliferanti. Sono partiti dal mantello e si espandono in questa maniera.Linfociti rotondeggianti o di morfologia irregolare. Questi sono istiociti. Ce ne sono alcuni rotondi alcuni angolati. È un linfoma mantellare, ma qualcuno potrebbe dirmi: perché non è un linfoma centro-follicolare? Ci sono gli istiociti, le cellule rotonde e i centroblasti, le cellule angolate, centrociti? Perché non è un linfoma centro- follicolare? E io non posso dirvelo morfologicamente. Cosa devo fare per capire se è centrofollicolare o mantellare? CD 10, CD 5. Cambia tutto dal punto di vista prognostico e terapeutico. Perché se è un mantellare, CD 5, ciclina D1 positivo devo usare dei farmaci chemioterapici diversi, devo usare una terapia più aggressiva e la prognosi è mediamente peggiore rispetto al follicolare, tanto che alcuni che usano il sistema a tre gradi li mettono nel gruppo degli intermedi.Ecco qui i linfociti irregolari del mantellare, qualcuno è rotondeggiante, altri angolati. E qui introduciamo un altro concetto. Sappiamo che sono B, ma come riconosco i linfociti T morfologicamente? La comparte avrà dei nuclei rotondeggianti. Altrimenti il linfocita T lo riconosco perché ha un nucleo irregolare, si dice convoluto. Perché ha un nucleo convoluto? Perché ha delle incisure, come i centrociti. Però ne ha tante incisure. E allora qual è la differenza tra il centrocita B e la cellula T?Il centrocita ha solo un’indentazione e il nucleo diventa triangolare, il linfocita T ne ha tante e quindi pur avendo le indentazioni il suo nucleo resta con un profilo vagamente rotondeggiante. Quindi nucleo triangolare: centrocita.Nucleo rotondeggiante con incisure: linfocita T. Immaginate di non avere l’immunoistochimica e di guardare solo questo. Sappiamo che è un linfoma diffuso. E ora dobbiamo capire cosa sono. Centrociti, centroblasti, linfociti T? Capite che morfologicamente è tutt’altro che semplice la diagnosi. È complessa; posso risolvere il problema se faccio CD 10, CD5, oppure un marker T: CD43 o CD3 meglio ancora.Questa è la ciclina D1.

Linfoma mantellare. Qui userò insieme al solito cocktail probabilmente anche l’adriamicina, prognosi sfavorevole, due-tre anni di sopravvivenza. LEUCEMIA LINFATICA CRONICACD5 + CD23 +. Nella leucemia linfatica cronica vediamo piccoli linfociti rotondeggianti, se io trovo nei nuclei questi corpi rossi dico che sono corpi di Dutcher. Allora il linfoma non è più una leucemia linfatica cronica, ma è un LINFOMA LINFOPLASMOCITOIDE, vedi ad esempio macroglobulinemia di Waldenström.Facciamo insieme questa diagnosi. Cosa vedete? Cosa sono questi?Intanto la struttura è sovvertita? Sì. Ho bisogno di fare l’LCA e il CD45 o capisco che è un linfoma? La struttura è sovvertita, fa follicoli. È un linfoma. Sarebbe sprecato il denaro speso per l’LCA. Questi cosa sono? Centri chiari. Prevale la crescita dei centri chiari rispetto al mantello oppure no? Studenti dicono: no.Prof: Voi dite no, ma guardate com’è il mantello: appare assottigliato. Uno studente dice: Però c’è un alone più chiaro intorno al mantello.Prof: Quindi c’è qualcosa fuori dal mantello. Cosa c’è nella parte più esterna del mantello? I linfociti marginali. Se faccio l’immuno qui trovo solo CD20+ . Non trovo né CD10, né CD5, né CD23. Quindi è un LINFOMA A CELLULE MARGINALI. Se invece di essere nel linfonodo siamo in qualunque altro tessuto dell’organismo chiamiamo questo MALT. Ecco cosa sono i Maltomi.Come faccio a riconoscere i linfociti marginali? Morfologicamente posso avere un sospetto. Questi sono centro chiaro e mantello normali. Vedete come sono? Cosa hanno di caratteristico? Il piccolo nucleo dei linfociti, ma di diverso dai soliti linfociti cosa troviamo? Citoplasma ampio e chiaro. Questo morfologicamente mi fa dire che possono essere linfociti marginali. Dove piazziamo gli altri, fatti da centroblasti e immunoblasti? Linfomi B a grandi cellule. Questi hanno una prognosi sfavorevole. Sono più aggressivi.BURKITT. Questo ve lo cercate sui testi, provate a fare un piccolo riassunto voi stessi. Ed eccoli qui: vedete che sono più aggressivi dei piccoli linfociti? Quanto citoplasma… sembra quasi come il citoplasma delle plasmacellule. Come faccio a distinguere l’immunoblasto dal centroblasto? Questo ha tre nucleoli tutti addossati alle membrane. Quindi quasi tutti centroblasti, LINFOMA CENTROBLASTICO, alto grado di aggressività. Tanto citoplasma perché tentano una modulazione in plasmacellule. Qui quanti nucleoli? Uno. LINFOMA IMMUNOBLASTICO. Anche questo high grade, ad alto grado di aggressività. Uno studente chiede del linfoma anaplastico.Prof: poi se abbiamo le idee chiare parliamo anche del linfoma anaplastico. Voglio essere sicuro che tutti abbiate capito.Ricapitoliamo. Dobbiamo conoscere sempre l’anatomia umana normale, quella che ci serve a capire la malattia, quindi il campo di battaglia. Se noi diciamo sovvertimento strutturale dobbiamo avere chiara l’idea di qual è la struttura normale, se no non possiamo dire che c’è un sovvertimento strutturale. Vogliamo ripetere assieme?In un linfonodo penetrano sulla parte convessa i vasi linfatici afferenti, incontrano la capsula, la superano e quindi si aprono nel seno sottocapsulare. Questo comunica con altri seni, tutto il linfonodo è formato così. Attraversano la midollare, fino ad uscire dall’ilo. Questi seni sono rivestiti da cellule endoteliali e cellule macrofagiche. Cellule endoteliali controllano il passaggio e i macrofagi stanno lì per fagocitare tutto quello che attraversa il lume dei seni. Attorno poi fra i seni ci sono delle fibrille reticolari perché lì devono aggrapparsi gli elementi del parenchima linfonodo. Quali sono? Istiociti, cellule dendritiche, vedrete a casa che ci sono altre cellule che nella paracorticale presentano l’antigene, non più dendritiche, ma cellule interdigitate, strettamente

imparentate con le cellule di Langherans che si trovano nell’epidermide, anche quelle presentano l’antigene. Cosa troviamo nel linfonodo? Corticale e midollare.Nella corticale i follicoli linfatici, quando stimolati antigenicamente compaiono i centri chiari. Abbiamo visto perché compaiono. Cosa troviamo nel mantello? Piccoli linfociti rotondeggianti o con un nucleo irregolare. Nel centro chiaro: centrociti, centroblasti, immunoblasti. Pochi immunoblasti. Perché nel centro chiaro pochi immunoblasti? Perché lo abbandonano immediatamente per portarsi nella midollare. Cosa faranno nella midollare? Modulano in plasmacellule. Fra i follicoli cosa troveremo? Le zone paracorticali. Sono le zone di proprietà di venule epitelioidi o ad endotelio alto e sappiamo perché. Controllano il fenomeno della ricircolazione. Meno bene conosciamo la modulazione linfocitaria T rispetto alla B. Cosa possiamo dire allo stato attuale delle conoscenze? Ci sono piccoli linfociti T; di grandezza intermedia; T a grandi cellule. Null’altro. Sovvertimento strutturale significa non riconoscere più quest’organizzazione. Perché può esserci un sovvertimento strutturale? Per un tumore del linfonodo. Ma io cosa vi ho insegnato? Dovete sempre chiedervi se è una metastasi. Se quello che è vedo non è nato lì. Me ne accorgo quasi subito. Se però è una metastasi a piccole cellule potrei non accorgermene. Ho bisogno di qualche cosa che mi confermi se è un linfoma o una metastasi a piccole cellule. Faccio un marker: CD45, Antigene leucocitario comune. Lo stesso sarebbe fare una cheratina per esempio, perché è più difficile che un linfoma sia positivo alle cheratine. Una volta accertato che è un linfoma ho bisogno di capire che linfoma è. Farò un discorso:

1) istologico,2) citologico, 3) immunoistochimico.

Se faccio un discorso istologico posso dire se è B o T? Se è B cosa devo trovare? Follicoli. A meno che non sia un diffuso. Se trovo follicoli sono certo: o centrofollicolare o degli elementi del mantello. Ma se non trovo follicoli e trovo che è diffuso può essere B o T. Cosa mi fa dire B? Sto passando alla citologia. Piccoli linfociti rotondi? B ma pure T, allora questo non mi aiuta. Se trovo centroblasti dico che è B. Se trovo centrociti dico che è B. Se trovo immunoblasti dico che è B. Però è pur vero che anche i grandi linfociti T sembrano immunoblasti. Allora posso avere difficoltà a capire se è T. Però c’è qualcosa di indiretto che mi aiuta verso T. In istologia cosa devo riconoscere nella zona? Le venule epitelioidi. Se le trovo allora posso dire che è più facile che sia T. La citologia mi può aiutare? Piccoli linfociti rotondeggianti, le cellule grandi possono sembrare degli immunoblasti, con un solo nucleolo, un nucleo vescicoloso rotondeggiante. Però quelle intermedie hanno un nucleo irregolare. Potrei avere imbarazzo: è un centrocita o un linfocita T? Il centrocita ha un nucleo angolare, il linfocita T ce l’ha vagamente rotondeggiante con delle indentazioni, così numerose che grossolanamente il profilo è rotondeggiante. Allora appurato che può essere B voglio poi una conferma.Quali markers faccio? I B sono positivi a CD79a, CD20. Preferisco il CD20 perché ha risvolti terapeutici. Se invece voglio appurare se è T cosa faccio? CD3, CD43. Perché li devo fare tutti e quattro assieme questi markers? Perché le cellule neoplastiche non leggono i libri di anatomia patologica! E allora può capitare che i B abbiano qualche marker T e viceversa. E quindi devo mettere insieme tutto il quadro per capire di che linfoma si tratta. Una volta che appuro che è di tipo B: follicolare, diffuso. Perché lo devo sapere? Perché la conoscenza ha un risvolto prognostico. Quali si comportano peggio? I diffusi. Poi voglio sapere se è centrofollicolare. E per dire che è centrofollicolare quali elementi devo trovare? Centrociti e centroblasti insieme. Quadro vicino a quello normale. È la migliore situazione.

Oppure centrociti prevalenti. Per alcuni trovare solo centrociti ha un significato prognostico peggiore, soprattutto se la lesione è diffusa. Piazzano il quadro fra gli intermedi. Centrofollicolare, ma potrebbe essere degli elementi del mantello. Se è del mantello qual è il primo linfoma che prendo in considerazione? Linfoma mantellare. Nuclei regolari rotondeggianti o irregolari CD5 positivi, bcl-1 positivi. Insisto tanto perché la clinica, la prognosi e la terapia di questo linfoma è diversa. Poi sempre dal mantello CD5 CD23 positivi, leucemia linfatica cronica o linfoma a piccoli linfociti. Quindi il linfoma marginale, che prende solo marker B. E il linfoma a grandi cellule B diffuso? Non solo diffuso, ma centroblastico o immunoblastico. Sono forme alquanto aggressive. Ora proviamo a vedere cosa posso chiedervi agli esami.È più difficile porre la domanda che non rispondere. Quando io chiedo a uno studente che ha frequentato e che mi vuole dimostrare che ha studiato, che è bravo, che è stato attento, di farsi la domanda a piacere può sembrare che gli faccio un favore, invece non è così, perché lo studente avverte immediatamente che è più difficile porsi la domanda in quelle condizioni che non dare la risposta. Tant’è che su 100 volte che chiedo la domanda a piacere solo due o tre volte ho avuto il piacere di sentirmi porre la domanda. Lo studente rifiuta perché capisce perfettamente che sta accadendo qualcosa di inatteso. È più difficile porsi la domanda che non rispondere. Però se lo studente sa porsi la domanda guardate che tutto si può esaurire con la domanda. Perché con quella domanda lo studente mi dice: ha visto che c’ero, che ho capito? E che sto cercando di identificare eventuali trappole?Fatta questa premessa cerchiamo di capire che cosa posso chiedere io. È importante conoscere l’anatomia patologica dei linfomi? O è qualcosa di specialistico di cui possiamo fare a meno? Dovremmo distinguere le due cose. Una cosa è l’anatomia patologica per il medico. Una cosa è l’anatomia patologica specialistica. Il medico deve sapere tutto quello che io vi ho detto. Lo specialista fa un’altra cosa: fa la diagnosi e applica quello che ho detto. Ma sono due cose completamente diverse. Lungi da noi l’idea che l’anatomia patologica è un insegnamento specialistico. Non è così. Assieme a Fisiopatologia e a Semeiotica credo che sia la base della comprensione dei sintomi. Allora facciamo una domanda: È importante conoscere l’anatomia patologica dei linfomi? La risposta è sì. Ma perché è imbarazzante la domanda? Perché subito dopo in poche parole mi deve far capire perché è sì. Perché abbiamo dovuto seguire questa lezione? Studente: Per spiegare ai pazienti la gravità della loro situazione.Prof: Intanto un problema concettuale. Io ho capito. Però avete visto PUIGE concettuale è messo tra i criteri minori, non si dà grande peso. Intanto questo. Ma poi ci sono altri risvolti. Prognosi e terapia. Altrimenti vi ripeto io ho solo un aumento di volume di un linfonodo, senza l’anatomia patologica. Se uno si chiede a che serve l’anatomia patologica, provate a toglierla dal capitolo linfomi e vedete cosa vi resta. Quindi prognosi e terapia. E qui potrei chiedere: terapia in che senso? Cosa dite voi? Possiamo dare una risposta? Qual è il marker fondamentale? CD20. In terapia l’importanza di avere CD20. Io potrei chiedere: ma solo per la terapia questo CD20? Oppure lo uso per fare diagnosi? Studente: Anche.Prof: Che cosa mi dice il CD20? Studente: Che si tratta di linfociti B. Prof: E copre tutto lo spettro di modulazione dei linfociti? No. E se io voglio coprire tutto lo spettro?Studente: CD79a.Capite come si prende 30?A questo punto io potrei anche fermare l’esame, perché è chiaro che lo studente ha capito, che sa, che ha conoscenza approfonditissima, perché sa la differenza fra CD79a e CD20, anche se poi sbaglia qualche altra cosa che cosa volete che cambi nel giudizio complessivo dello studente?

Poi potrei chiedere: immaginiamo di vedere assieme un preparato istologico di un linfonodo aumentato di volume. Qual è l’ordine, l’algoritmo della diagnosi? Cosa cerco innanzitutto? Cosa mi dirà lo studente? La prima cosa che cerca qual è? Di capire se c’è un sovvertimento strutturale. E io gli chiederò: cosa intende per sovvertimento strutturale?Studente: Il mancato riconoscimento delle varie zone.Prof : Cercate di rispondere con un minor numero di parole possibile. Immaginate di trovarvi in Questura. Da questo momento tutto quello che dite potrà essere rivolto contro di voi. Non riconosco più la struttura originaria. E qual era? Corticale, paracorticale, midollare. Ma solo linfomi possono provocare questo? No. Cosa potrebbero essere? Disgraziatamente iperplasie, come nella mononucleosi infettiva o metastasi. Ma tutte le metastasi? Solo quelle in cui le cellule ricordano quelle del linfoma. Quindi soprattutto metastasi di tumori a piccole cellule. Ce la faccio sempre morfologicamente? Lo studente risponderà: no. E se non ce la faccio cosa può aiutarmi? CD45 per esempio. Proviamo a costruire una classificazione dei linfomi. Io ve ne ho proposto una. Quella ufficiale, ma ciascuno di voi può avere la sua classificazione dei linfomi.Domanda di uno studente: quando non siamo certi della natura B di un linfoma andiamo comunque a ricercare tutti e quattro quei marker? Tutti e quattro assieme?Prof : Sempre. Quando invece abbiamo il sospetto B andiamo a cercare solo quelli B? Prof : no, li cerchiamo sempre di routine. Come vengono fatte le diagnosi? Noi stiamo parlando di linfomi. Cosa fa l’anatomopatologo? Non trova la diagnosi bella e pronta sul vetrino. Non è che uno guarda l’immagine e capisce cos’è. E allora è come mettersi alla lavagna e scrivere : buoni e cattivi.Quando guardiamo qualcosa mettiamo: sul lato buono ciò che orienta per la benignità, sul lato cattivo ciò che orienta per la malignità. Alla fine ricaveremo un’idea. Secondo la nostra esperienza. Se ci fate caso, è un processo indiziario. Né più né meno di quello che fa un magistrato quando non ci sono prove, ma solo indizi. Qual è la differenza tra l’anatomopatologo e il magistrato? Che se un tizio si chiama Tortora e non c’entrava niente viene lo stesso arrestato. Il magistrato però quasi sempre non paga. Se noi scambiamo Tortora, CD20 CD45 sono guai. Siccome il medico può sbagliare è un problema dello Stato. L’errore del medico non è un problema del medico, è lo Stato che deve decidere : tu sei adeguato ad occupare quel ruolo? E deve decidere lo Stato. Infatti c’è una legge dello Stato che dice che i responsabili di un’unità operativa ogni 5 anni devono essere sottoposti a controlli. Quindi la legge esiste, applichiamola. Nel momento in cui lo Stato dice che tu sei adeguato ad occupare quel ruolo è chiaro che se il medico sbaglia - chiaramente non deve essere un errore grossolano, es. non ho esaminato il pezzo e l’ho buttato via - a quel punto risponde lo Stato italiano. Come fa con un magistrato. Questo che significa? Che la nostra vita diventa una vita accettabile. In queste condizioni devo dirvi invece che non è così . Come vedete è sempre una carenza nell’applicazione della legge che già esiste. Poi c’è un’assicurazione, che dev’essere reale, sapete come funziona quella del Policlinico come tutti gli ospedali italiani? È un’assicurazione apparentemente esistente. Perché c’è una regola, che dopo che la struttura paga poi si riprende i soldi dal medico. Ora può funzionare una cosa del genere? Direi assolutamente no. E poi quali sono i rimborsi? Miliardari. Perché un danno commesso sul paziente effettivamente merita un rimborso miliardario. Ma allora al medico dobbiamo dare uno stipendio adeguato se il rischio è così elevato. Non possiamo dare al giovane uno stipendio di 3000 Euro e se sbaglia paga 5 miliardi. C’è qualcosa che non funziona. Per fortuna questa realtà sta divenendo conosciuta. Viene studiata approfonditamente, quindi questo è stato un problema nostro, ma sicuramente non sarà un problema vostro. Però io vi dico sempre attenzione: quando vi raccomando rigore lo faccio per prepararvi, perché domani in fondo il mio rigore è un primo confronto con l’irrazionalità. Immaginate che cos’è l’irrazionalità dopo. Quindi vi raccomando di essere sempre rigorosi, perché ci troviamo in questa realtà. Per voi mi auguro che possa essere un po’ diverso. Voi tutti capite che sbagliare a interpretare CD 20, CD 23, a volte può cambiare la

strategia terapeutica. L’errore può annidarsi dietro le cose più incredibili. Per esempio mettiamo le richieste le une sulle altre, e spesso dobbiamo scrivere la diagnosi nella parte posteriore. Funziona così. Immaginate che io guardo un foglio e se poi per un motivo x, invece di prendere solo una richiesta, sbadatamente ne prendo due assieme e le giro. Avrò letto il preparato e le notizie cliniche del primo e avrò segnato la diagnosi sul secondo. Ma poi ci sono altri punti: immaginate che il tecnico che non vede bene un 4 scrive un 6. Sono effettivamente lavori complessi. Poi pensate alla mole di conoscenze dell’anatomia patologica, moltiplicatela per 100 ameno rispetto alla vostra situazione e capite quanto è complicato. È veramente una realtà difficilissima. Un linfocita rotondeggiante angolato, mi sembrava rotondeggiante, era angolato, viceversa, ce n’erano di rotondeggianti e angolati, abbiamo fatto la ciclina D1 , ma era negativa, la macchina che fa automaticamente la ciclina D1 non ha erogato l’anticorpo e abbiamo detto che è ciclina D1 negativa. Il paziente ha invece un linfoma ciclina D1 positivo, è un linfoma mantellare. Perché non mi avete fatto anche l’adriamicina? Moltiplicate per 100-150 casi al giorno e capite subito qual è la portata del fenomeno. Ovviamente stiamo parlando di assistenza. Adesso faccio ricerca, sono le 14, che cosa devo fare alle 14? Esco da questa porta e dico: sono fresco, mi sono svegliato adesso, ora mi metto i panni del ricercatore e faccio ricerca. Diceva Fletcher, un famoso anatomopatologo inglese: non vogliono un anatomopatologo, vogliono Mandrake. Dovrebbe essere chiaro a tutti che questo è un posto dove si insegna. Non è un posto dove si deve fare assistenza, né è un posto dove si deve fare ricerca. Insegnamento e ricerca sono due cose completamente diverse e che vanno fatte in posti diversi. Io posso pure fare ricerca ma a voi che cosa importa se ho ricercato il gene “kx 52 nell’unghia del gatto”!?!!? Cosa cambia nel mio insegnamento? Diverso è se io ho messo a punto un programma di macroscopia per l’anatomia patologica e ho fatto un lavoro. Allora sì che è un lavoro importante. Ma io non mi sento né un ricercatore né soprattutto un ospedaliero, con tutto il rispetto per i ricercatori e gli ospedalieri. Ecco qual è il controsenso.Parla dei seminari … dice che il seminario dev’essere fatto così: la lezione deve essere onesta, deve essere fatta per noi e non per lui. Chi fa il seminario non lo deve fare per se stesso, ma lo deve fare per aiutarvi. Ognuno di voi può aiutare gli altri nello studio. Ma deve cercare di ripetere quello che io ho fatto: venire qua e non dare quantità, ma qualità. Deve cercare di semplificare la vostra fatica. Parte di voi saranno i docenti del futuro. Spero che qualcuno cerchi di rendere facili le cose difficili. L’anatomopatologo è chi rende facili le cose difficili. Lo fa per sopravvivenza, perché deve conoscere tutta la medicina. Chi è l’esperto in un campo? Chi rende difficili le cose facili. Sono due modi diversi di essere medico. Venerdì completiamo con i linfomi B. Da lunedì andremo avanti con il genitale femminile. Il prof. Rodolico tratterà i tumori dell’ovaio e noi cercheremo di capire che cosa c’entra l’HPV con il carcinoma della portio. La domanda alla quale daremo una risposta è: I vaccini sono una cosa importante? Sì. Quanto costano? Molto. Il problema è : questa barca enorme di soldi può essere investita diversamente? Fermo restando che è utile il vaccino, la domanda è: siamo sicuri che quello che spendiamo per il vaccino sia irrinunciabile? 

- PATOLOGIA ENDOMETRIALE Prof. Aragona 09/11/2011L’ endometrio oggi parliamo di questa struttura.Voi sapete che prima di completare il nostro foglio bianco con l’algoritmo cioè le mie domande, quelle che sono autorizzato a fare, quelle fuori dall’algoritmo non le debbo fare perché non sono autorizzato a farle (è una vostra carta di credito l’algoritmo), prima di cominciare dobbiamo sapere quattro cose di anatomia quelle che servono a capire dove ci troviamo e quali sono le alterazioni. Lo vogliamo sapere perché dall’istologia deriva la macroscopia e da questa il segno clinico, noi siamo qua per spiegarci i segni clinici. Tutta l’anatomia è inutile se alla fine non riusciamo a produrre questa conclusione: bisogna spiegare il segno clinico.

L’utero come lo immaginiamo? Ne abbiamo già vista una parte: “portio", orificio uterino esterno, orificio uterino interno, poi ci sono le due tube che sboccano agli angoli della cavità endometriale. L’utero cosa deve accogliere? Lo sappiamo benissimo e per far questo la parete deve essere molto spessa e riccamente muscolare perché

poi sapete che cosa accadrà in un momento bellissimo. Se l’utero è fatto così, pensate che i tumori dentro l’utero siano molto aggressivi dal punto di vista clinico? No perché all’inizio sono confinati, si trovano anch’essi all’interno di questo scrigno prezioso. Però nel momento in cui vanno fuori cosa succede? Si comporteranno in maniera fortemente aggressiva proprio perché chi va fuori dalla parete è riuscito a superarla, e ce ne vuole per potere superare la parete uterina che è estremamente spessa. E all’interno deve accogliere l’uovo fecondato e allora quale sarà la struttura? Come fa ad accoglierlo? Deve produrre qualcosa che possa servire all’uovo, deve essere un ambiente ospitale e quindi l’utero, e in particolare la mucosa, quando c’è l’uovo si trasforma. Deve essere prodotto un secreto e allora ci vogliono della ghiandole quindi c’è una mucosa ghiandolare. Ma solo questo o anche lo stroma fornisce qualcosa che trasforma? Le cellule deciduali quindi c’è la trasformazione deciduale dello stroma.La mucosa non deve essere sempre secretiva. La mucosa ci prova , vediamo se arriva l’uovo e fa i preparativi ogni volta, ogni 28 giorni mediamente. Quale sarà la sua struttura normale? Le ghiandole inizialmente saranno tubulari semplici, le cellule prive di atipia, cubiche o cilindriche con il nucleo alla base. Ma abbiamo visto che anche lo stroma può modificarsi. Perché le ghiandole si modificano? Chi glielo dice? Il messaggero è ormonale: estrogeni e progesterone. Ma se anche lo stroma che chiamiamo citogeno si modifica significa che anche lo stroma è ormono-dipendente; quindi sia le quote tubulari che quelle stromali sono ormono-dipendenti.

Chi controlla la mucosa uterina? L’ovaio. Quale parte dell’ovaio produce questi ormoni? Il follicolo che inizialmente contiene l’uovo, tutt’attorno le cellule “fanno festa” e producono estrogeni. Poi quando avviene l’ovulazione cosa fanno le cellule che rimangono? A distanza cercano di sistemare la situazione della mucosa endometriale e dopo le prime due settimane producono progesterone.Gli estrogeni a cosa servono? Hanno tante funzioni ma quelle fondamentale è che incrementano in generale l’attività mitotica, la proliferazione cellulare. Quindi capite perché possono essere molecole che se in eccesso hanno un determinato connotato di rischio. Nelle prime due settimane sotto stimolo ovarico vengono prodotti estrogeni che aumentano l’attività proliferativa. Questi tubuli all’inizio sono lì ben conformati o c’è stata qualcosa di sconvolgente prima? C’è stata una necrosi, sono le mestruazioni. Cosa rimane di questi tubuli se la mucosa va in necrosi? Gli sfondati ghiandolari. Essi bastano perché le cellule, che hanno capacità proliferativa e mitotica, si trovano proprio lì. Gran parte della mucosa va perduta ma queste cellule capaci di proliferare sotto stimolo ormonale cominciano l’attività proliferativa e si formano le ghiandole tubulari (fase proliferativa). Ma non basta che la ghiandola sia un tubulo, come deve diventare? Comincia a diventare tortuosa perché contiene più cellule, lo stroma citogeno prolifera contestualmente e dopo le due settimane arriva un altro segnale, il progesterone: non si prolifera più. Allora queste cellule cosa cominciano a produrre delle sostanze ed entriamo in fase secretiva. Queste sostanze dapprima le vediamo solo nei citoplasmi, sotto il nucleo curiosamente, tra il nucleo e la membrana basale, poi le ritroviamo anche nel lume ghiandolare. Fase proliferativa ―> Fase secretiva: nella quale le cellule dello stroma citogeno sotto stimolo ormonale si trasformano in decidua.- Se non c’è stata la fecondazione gli ormoni di colpo vanno giù. Nel momento in cui

la loro concentrazione si abbassa non sono più sufficienti a mantenere il trofismo della mucosa ed ecco che si instaura la fase mestruale. Questo è quello che avviene normalmente ed è fondamentale per capire la patologia che prenderemo in considerazione adesso.

Sui testi troverete la sequenza: iperplasia, displasia, cancro (parlo in generale dei tumori). Qui il termine displasia viene sostituito con altri. Ma se diciamo questo viene da dire che l’iperplasia è una precancerosi, se la sequenza è questa. Sui testi troverete la sequenza: iperplasia, displasia, cancro (parlo in generale dei tumori). Qui il termine

displasia viene sostituito con altri. Ma se diciamo questo viene da dire che l’iperplasia è una precancerosi, se la sequenza è questa, e noi sappiamo che non è così. Parliamo di precancerosi quando una lesione ha un rischio significativo di potersi trasformare.Allora cerchiamo di capire cosa accade nella patologia endometriale neoplastica, un cancro estremamente frequente perché legato agli estrogeni che ritroviamo in tutto quello che mangiamo e sono quelli della peggiore specie, quelli più aggressivi, non controllati. Nella carne ci sono tantissimi estrogeni ma non solo lì, nelle frutta, li troviamo un po’ dappertutto. Ma l’iperestrogenismo da cos’altro potrebbe dipendere? Chi può produrre questi estrogeni in eccesso? Il surrene è un’eccezione, soprattutto la sede di produzione è l’ovaio, in particolare il follicolo. Ma perché i follicoli dovrebbero produrre più estrogeni? Perché l’ovaio invecchia. L ‘ovaio quando è nel picco della sua attività? L’età media della maternità ai tempi andati era 14 anni, non era un’eccezione. Non dico 14 ma magari 16-17-18, quella è l’età per avere figli, non è 33-34-38-40, questa è una distorsione della nostra società che i ginecologi pagano amaramente perché diventano loro colpevoli delle gravidanze che di norma hanno decorso usuale.

Quindi l’ovaio che ha un picco, un massimo di attività ad una certa età ad un certo punto, nel periodo peri-menopausale, comincia a soffrire non è più efficientissimo, possono esserci cicli anovulatori. Questo comporta una iperproduzione di estrogeni da parte del follicolo che non sarà continua ma limitata nel tempo. Questi estrogeni aumentano l’attività proliferativa cellulare, ci sono più cellule che devono essere accolte nelle pareti ghiandolari. Non è più sufficiente che siano tubulari queste ghiandole, cominciano a ramificarsi e invece di essere delle ghiandole perfettamente parallele sono ramificate e questi tubuli sono spazialmente disorientati. Nell’iperplasia aumenta il numero di cellule però i meccanismi di differenziazione sono conservati. Ci saranno atipie nell’iperplasia? Assolutamente no, aumenta il numero di cellule che noi cogliamo attraverso un’alterata ramificazione dei tubuli delle ghiandole. Lo stroma citogeno cresce simultaneamente. Il normale rapporto ghiandole/stroma è di 1 a 1, crescono entrambi però le ghiandole hanno una certa prevalenza sullo stroma quindi tutto quello che io vi ho detto fa si che il rapporto ghiandole/stroma non superi mai il 2 a 1. questo quadro di cui abbiamo parlato viene definito endometrio proliferativo irregolare.

Vediamo cosa accade se il follicolo ooforo cessa di produrre estrogeni. Vi sembra un fatto eccezionale? È la regola del ciclo anovulatorio, dopo un po’ di tempo non produce più estrogeni, crollano gli estrogeni in circolo e allora questa mucosa va in necrosi e deve essere allontanata. Corrisponderà con il periodo delle mestruazioni? Ovviamente no. Quindi qualunque emorragia che non sia collegata col periodo delle mestruazioni si chiama in patologia ginecologica METRORRAGIA. Quindi l’iperplasia ghiandolare o meglio l’ endometrio proliferativo irregolare nel momento in cui gli estrogeni non sono più prodotti dal follicolo, in genere come conseguenza di un ciclo anovulatorio, provocano una metrorragia noi diciamo dal punto di vista istologico endometrio in sfaldamento. L’endometrio proliferativo irregolare vi sembra una lesione focale o diffusa a tutta la mucosa? È una situazione in cui aumenta in numero di cellule diffusa a tutta la mucosa. Preferiamo endometrio proliferativo irregolare proprio perché è limitato nel tempo questo quadro.

Immaginate invece se c’è una iperproduzione stabilizzata di estrogeni. Può essere più un follicolo? Cosa deve essere? Per es. un tumore ovarico che produce estrogeni e vedrete che c’è ne sono. Qui la produzione di estrogeni è costante, è continua per cui le ghiandole saranno ancora più ramificate, le

cellule non possono più essere ospitate in queste ghiandole ramificate ma tendono ad accavallarsi l’una con l’altra. Quindi se guardiamo i nuclei li vediamo pluristratificati, ancora non c’è atipica ma questa proliferazione ghiandolare è ancora più esuberante rispetto allo stroma citogeno e il rapporto supera i 3 a 1. Questo è il quadro dell’iperplasia ghiandolare endometriale che noi chiamiamo impropriamente follicolinica perché non detto che gli estrogeni siano prodotti dal follicolo ovario anzi sono più spesso tumori o la corticale del surrene; quindi iperplasia ghiandolare follicolinica, anche questa diffusa. Che modo c’è secondo voi di ospitare ancora più cellule rispetto a questo quadro di cui abbiamo parlato? Le ghiandole diventano notevolmente dilatate, diventano cistiche: si parla di iperplasia glandulo-cistica dell’endometrio.

DOMANDA: questa iperplasia glandulo-cistica si instaura su quella ghiandolare follicolinica? Primo punto: l’endometrio normale. Immaginiamo soprattutto in periodo peri-menopausale che il follicolo produca estrogeni in eccesso per un tempo circoscritto. Il fenomeno è il ciclo anovulatorio, quando il follicolo capisce che sta producendo estrogeni a vuoto non ne produce più quindi l’alterazione che si è determinata nell’endometrio va incontro a una modificazione. La produzione circoscritta nel tempo di estrogeni provoca un aumento della ramificazione ghiandolare, le ghiandole proliferano più rapidamente dello stroma citogeno, sono disorientate nello spazio e la lesione prende il nome di endometrio proliferativo irregolare.Quando gli estrogeni non sono più prodotti si ha una forma di mestruazione che però non è regolare come tempo, avviene tra 2 periodi mestruali normali e quindi è una metrorragia, viene nel periodo intermestruale. Se lo stimolo estrogenico invece perdura nel tempo, e questo può provocarlo solo una neoplasia dell’ovaio o in seconda battuta del surrene, ecco che la ramificazione diventa più marcata sempre più a spese dello stroma citogeno tanto che il rapporto supera i 3 a 1. E queste cellule non solo non riescono ad essere ospitate per cui le ghiandole si ramificano, ma nelle stesse ghiandole ramificate c’è ne sono così tante che anzicchè essere in uno strato continuo si accastellano l’una sull’altra: iperplasia ghiandolare semplice (follicolinica impropriamente) dell’endometrio. Quando neppure la ramificazione basta le ghiandole si possono dilatare a tal punto da assumere un aspetto cistico: iperplasia glandulo- cistica.

Fin qui ci sono delle metrorragie ma ancora di neoplastico non c’è nulla. E questi processi vi assicuro sono frequentissimi, primo fra tutti la metrorragia nel periodo peri-menopausale che è quasi para-fisiologico quindi ci deve preoccupare relativamente. Ma una metrorragia nell’anziana può essere il follicolo? No, e allora nell’anziana, nel periodo post-menopausale dobbiamo pensare che ci sia un tumore da qualche parte, ovario prima di tutto ma se non lo troviamo nell’ovaio sappiamo che dobbiamo andare a guardare nel surrene. Ci può essere una metrorragia nell’anziana che non sia legata ad un tumore e che non sia legata ad un’iperplasia? Cosa ci può essere nell’anziana? La mucosa endometriale che evoluzione logica può avere? L’ATROFIA cioè la mucosa è sottile quindi è più facile che si rompano i vasi sottostanti e che

provochino una metrorragia. Quindi nell’anziana per prima cosa guardiamo se ha un’atrofia con l’ecografia, se non ha un’atrofia ma la mucosa è ispessita mi devo preoccupare. Ecco che l’ecografia diventa importantissima perché possiamo stabilire qual è lo spessore della mucosa endometriale.

Ma ancora di neoplastico non c’è niente. Cosa ci vuole allora che da una fase di iperplasia, di iperestrogenismo assoluto o relativo possa passarsi a una fase di comparsa e somma di errori genetici? E qui sembra che abbiamo capito tutto perché sappiamo usare 2 acronimi PTEN e AKT (andatevi a guardare cosa sono). PTEN al solito è una chinasi che ha la funzione di oncosoppressore e una sua alterazione può liberare la via dell’AKT. Sembra questo uno dei meccanismi possibili.L’anatomopatologo è chi riesce a cogliere morfologicamente le tappe biologiche della cancerogenesi, dalla somma degli errori genetici cosa vediamo noi? Alterazioni della differenziazione documentabili morfologicamente che inizialmente non sono quelle del cancro, le abbiamo definite displasia low e high grade, mentre poi diventeranno quelle conclamate del cancro. Secondo voi queste lesioni sono diffuse o focali? C’è una cellula che ha accumulato più errori genetici delle altre e da quella cellula nasce il cancro. Quindi la lesione displastica è focale rispetto all’iperplasia in cui i meccanismi biochimici invece sono caratteristicamente diffusi. Noi troveremo in queste situazioni un’iperplasia di base e localmente qualche cosa di displastico.Qual è il primo segno di displasia? Se proliferano assieme ghiandole e stroma citogeno vuol dire che i meccanismi di feedback sono funzionanti, vivono bene assieme, dov’è il tumorale? Quando queste proliferazioni sono svincolate dai meccanismi di feedback e l’una prolifera a spese dell’altra. Ci accorgiamo che c’è una displasia perché le ghiandole sono ancora più ramificate, si avvicinano tra di loro e lo stroma citogeno sparisce. Sono più ramificate, più grandi, più irregolari con intro ed estroflessioni ed accostate tra di loro.Ci si immagina ragionevolmente di vedere comparire il termine displasia e invece nella nomenclatura mondiale compare un altro termine: iperplasia ghiandolare complessa dell’endometrio detta anche adenomatosa sui testi, ma è una displasia in realtà. È una lesione focale che si innesta su un’iperplasia semplice diffusa. Presenta ghiandole fortemente irregolari con intro ed estroflessioni ed accostate tra di loro a spese dello stroma citogeno. Non c’è atipismo significativo altrimenti si parla di iperplasia ghiandolare complessa ed atipica. L’atipismo è importante perché è l’unico dato che ci consente dire che si tratta di questa lesione. Normalmente i nuclei sono allungati, ovalari, con lo stesso contenuto di cromatina, tutti disposti perpendicolarmente alla membrana basale. Segno dell’atipia: diventano rotondi, chiari si dice con cromatina vescicolosa e il nucleolo è evidente. È l’unico segno che ci fa capire che questa non è più un’iperplasia ghiandolare complessa ma è diventata un’ iperplasia atipica. Cosa cambia? Se è solo complessa cerchiamo di risistemare la parte endocrina, se invece è atipica facciamo l’isterectomia quindi capite quanto è importante sapere che il nucleo è rotondo, chiaro e con nucleolo evidente.

Altra fase: l’iperplasia ghiandolare atipica diventa adenocarcinoma. È straordinariamente difficile capire quando l’iperplasia ghiandolare atipica è diventata adenocarcinoma. C’è qualche criterio ma non siamo tutti d’accordo, per questo gli americani hanno trovato la soluzione, ovviamente un acronimo: EIN (Endometriale Intraepitelale Neoplasia) che comprende sia l’iperplasia ghiandolare atipica sia l’adenocarcinoma in fase iniziale. L’iperplasia ghiandolare complessa è una lesione low, che si segue e si cerca di curare risistemando il profilo ormonale.L’EIN potrebbe sembrare un grosso limite, vediamo cosa cambia dal punto di vista terapeutico. Soggetto anziano, periodo post-menopausale, accertiamo che ha un adenocarcinoma endometriale facciamo l’isterectomia quindi la metrorragia era legata all’adenocarcinoma.Se invece è giovane, 20-25 anni, possiamo fare l’isterectomia? Lo vediamo poi.Iperplasia ghiandolare atipica dell’anziana, che facciamo? Gliela lasciamo? No, isterectomia. Adecarcinoma: l’isterectomia è la soluzione. Allora vedete che l’introduzione del termine EIN non cambia proprio nulla, poi accerteremo sul preparato definitivo se è solo un’iperplasia atipica o era un’adenocarcinoma.

Una giovane ragazza, 20-25 anni lo può avere un adenocarcinoma o un’iperplasia atipica dell’endometrio? No, perché ogni 28 giorni le mestruazioni allontanano le cellule che possono avere alterazioni displastiche, atipiche. Ecco perché questo è un cancro quasi soltanto del periodo post-menopausale, perché le mestruazioni allontanano tutte le cellule a rischio. E allora perché nella giovane dovrebbe esserci l’iperplasia atipica o il carcinoma dell’endometrio? Ci vuole un disordine ormonale per cui questo allontanamento con le mestruazioni diventa improbabile. E con un disordine ormonale non può avere figli, quindi guardate in quale situazione ci troviamo: ha un’iperplasia atipica o un adenocarcinoma, vuole dei figli e non li può avere, cosa facciamo? Proviamo in tutte le maniere di farle avere dei figli, però abbiamo paura dell’atipismo e allora “mettiamo la museruola alle cellule” cioè le facciamo differenziare funzionalmente, loro proliferano e noi mandiamo un segnale terapeutico: adesso cominciate a secernere cioè usiamo il progesterone. Quindi facciamo un tentativo nelle ragazze, intanto di risistemare il profilo ormonale e poi con il progesterone cerchiamo di bloccare la proliferazione cellulare. Si possono avere dei risultati eccellenti ma la pz deve essere controllatissima e se ha la fortuna di avere una gravidanza, un figlio a quel punto decidiamo di asportare, dopo opportuni controlli, l’utero.

In definitiva quindi ogni volta che ci sono delle emorragie fuori tempo, delle metrorragie che non hanno rapporto con il ciclo normale dobbiamo preoccuparci ma dobbiamo stare attenti alla fase della vita in cui ha interessato la donna.Se è nel periodo peri-menopausale pensiamo subito ai cicli anovulatori, è l’ovaio che sta facendo la sua parte finale. È necessario asportare l’utero? Possiamo intervenire terapeuticamente ma se non riusciamo a bloccare le metrorragie con la terapia diventa irrinunciabile l’isterectomia.

Una donna anziana nel periodo post-menopausale se ha una metrorragia pensiamo per prima cosa se può avere un’atrofia oppure l’endometrio potrebbe essere ispessito per 2 motivi: il primo motivo è che sia una semplice iperplasia. Nell’anziana questi estrogeni da dove arrivano? Andiamo a controllare subito l’ovaio e in seconda battuta il surrene. Secondo motivo: potrebbe essere un carcinoma endometriale e qui è inutile andare a controllare. Quindi le possibilità nell’anziana sono iperplasia o carcinoma. Facendo un’ecografia ad es. trans-vaginale vediamo se l’endometrio è atrofico o ispessito e se ispessito: è un’iperplasia o è un carcinoma? Queste sono le cause della metrorragia.Qualunque turba del ciclo mestruale in una giovane donna può rappresentare un problema e anche se non frequentissimo l’adenocarcinoma in una giovane donna, con alterazioni del profilo ormonale e turbe mestruali, può essere una possibilità. DOMANDA: cos’è il fibroma uterino? Il suffisso –OMA ci dice che è una neoplasia benigna dei fibroblasti. Ci sono fibroblasti normalmente nell’utero? C’è la mucosa, la muscolare, c’è ne saranno ma vuoi vedere che non sono fibroblasti? Sono cellule muscolari lisce e allora il titolo è sbagliato: leiomioma uterino. Mioma si capisce, leio significa liscio. Cellule muscolari lisce c’è ne sono nell’utero? Nella tonaca muscolare propria tantissime e allora è un tumore benigno della tonaca muscolare propria. Se è benigno come cresce? Come saranno i margini? Non sarà infiltrante e quindi è espansivo.Invece un tumore maligno come può essere? (attenzione c’è una trappola) Può avere crescita infiltrante? Indubbiamente si. Sui libri si dice infiltrante oppure crescita espansiva. Ma un tumore maligno può avere crescita espansiva? Contrariamente a quanto si trova su alcuni libri, si. Quindi non è vero che espansivo sta per benigno e infiltrante per maligno. Un tumore a seconda del suo grado di aggressività ha diverse modalità di crescita quindi espansivo può essere anche un tumore maligno, anzi il fatto che io vi dica qual è il carattere dei margini vi fa capire se è un low grade o un high grade.Immaginiamo che un tumore muscolare liscio abbia una crescita espansiva, prima un noduletto piccolissimo che poi va aumentando di dimensioni. Dove lo troviamo questo nodulo? Nel miometrio e crescendo può espandere il miometrio. Ma potrebbe crescere anche dove? Da parte a parte. Cosa può interessare se cresce al di sopra del miometrio? La mucosa. E se noi vediamo la rilevatezza sulla superficie mucosa come lo chiamiamo? Leiomioma sottomucoso. Se invece cresce dall’altra parte leiomioma sottosieroso. Cosa troverete sui libri che va ricordato a memoria? Che a volte, e non sappiamo da cosa prendono origine, sono addirittura penduli, cioè li vediamo sulla superficie sierosa con un loro peduncolo e stanno lì come miomi.

Algoritmo: abbiamo già detto che la definizione è sbagliata, abbiamo capito dove nascono e come crescono. Ci chiediamo sono frequenti? Colpiscono ovviamente le donne e per capire l’età dobbiamo renderci conto del perché sono cresciuti. Di solito è un’iperestrogenismo che provoca l’insorgenza di leiomiomi e allora se è così cominciamo a costruirci la macroscopia. Ne troveremo uno o più di uno? Possono essere multipli e saranno tutti nella stessa fase istogenetica o ne troveremo più piccoli e più grandi? Più piccoli e

più grandi, sottomucosi, sottosierosi. E se lo guardo cosa vedo in un leiomioma? Le cellule muscolari lisce saranno atipiche prima di tutto? No. Si aggregano a formare fascicoli regolari più o meno intersecati tra di loro. Ci vedrò necrosi in un leiomioma? No. Molte mitosi? Qualcuna la posso vedere per gli estrogeni. Ma se dovessi trovare tanta necrosi e tante mitosi mi insospettirei e allora non è più leiomioma ma un leiomiosarcoma. Purtroppo però il limite tra leiomioma e leiomiosarcoma non è netto.

Parliamo della sintomatologia: la pz potrebbe non accorgersi di avere un leiomioma? Per es. l’iperestrogenismo potrebbe provocare delle alterazioni del ciclo mestruale, quelle situazioni iperplastiche. Ma più spesso la donna cosa avverte? Questi leiomiomi, anche se lentamente, crescono fino a dare un impegno meccanico. E allora si che la pz avverte dei disturbi, si può arrivare alla diagnosi di leiomiomi e lì poi si può decidere se asportarlo o no.

Perché la diagnosi è difficile per l’anatomopatologo? Perché le atipie per i leiomiomi non contano. Possiamo avere dei leiomiomi tremendamente atipici detti leiomiomi bizzarri che se non hanno necrosi e mitosi hanno un comportamento biologico benigno. Ci possono essere invece dei leiomiomi senza evidente atipia ma quando c’è soprattutto necrosi e anche mitosi elevate ecco che il comportamento sarà maligno. Quando non riusciamo ad avere criteri precisi la nosografia mondiale ha creato un termine leiomioma a incerto potenziale di malignità. Quindi per i leiomiomi ciò che conta non è tanto l’atipismo ma la necrosi soprattutto e l’attività mitotica elevata. Se poi c’è anche atipismo il quadro si chiude. I margini: per noi è importantissimo sapere se i margini sono infiltranti o circoscritti. Quindi se si toglie un leiomioma per via endoscopica si toglie all’anatomopatologo la possibilità di stabilire se i margini sono circoscritti o infiltranti e nei casi dubbi togliere questa caratteristica può veramente mettere in imbarazzo il patologo per la diagnosi.

IMMAGINI: ovviamente il follicolo produce estrogeni, il corpo luteo progesterone (endometrio proliferativo, endometrio secretivo). Le ghiandole ospitano più cellule e infatti sono tortuose. Questo è l’endometrio normale: stroma citogeno e le ghiandole proliferanti, regolarmente distanziate grossomodo delle stesse dimensioni.Cosa è accaduto: vedete l’attività secretiva, comincia alla base della cellula e sposta il nucleo verso l’alto. Questo è il segnale che la secrezione è avvenuta cioè con un quadro così vi dico che si è formato il corpo luteo e produce progesterone. Qui è il massimo della secrezione: guardate le ghiandole come sono irregolari perché contengono più cellule e questo è il secreto intraghiandolare (fase secretiva avanzata).

Parlando di quelle lesioni, della sequenza iperplasia complessa – atipica – cancro diciamo che sono lesioni frequenti. Cancerogenesi = iperestrogenismo ed errori genetici. IPERPLASIA: semplice, glandulo-cistica, complessa (o adenomatosa), atipica. Le prime 2 sono diffuse, le altre 2 focali. Nell’iperplasia semplice segnaliamo l’endometrio proliferativo irregolare.

Guardate ci aspetteremmo dei tubuli e invece abbiamo delle CISTI. Alcune sono ghiandole dilatate, sono diventate così perché contengono più cellule. Vi sembra una situazione molto grave? Tutto sommato c’è stroma citogeno interposto quindi direi che questa è una situazione di iperplasia severa, l’accostamento non è tale da farla definire complessa perché c’è tanto stroma citogeno. Dovrò andarle a controllare una per una alla ricerca di nuclei rotondeggianti, vescicolosi e con nucleoli prominenti.

Qui le ghiandole vi sembrano più piccole o enormemente più grandi? I tubuli sono enormi, dentro hanno intro ed estroflessioni cioè queste ghiandole hanno avuto bisogno di ricevere tantissime cellule e di stroma citogeno interposto non ne abbiamo quasi niente. Questa è sicuramente un’iperplasia complessa, dobbiamo guardare però se ci sono nuclei rotondeggianti, vescicolosi e con nucleoli: se non ci sono l’utero glielo lascio, se ci sono dobbiamo fare un’isterectomia. Il problema è quando li troviamo focalmente, in alcune ghiandole, in un certo numero di cellule ma non in tutte: bisogna decidere se togliere l’utero oppure no. In un’anziana non è un problema, in una giovane può essere un problema anche perché se togliamo l’utero e non c’è necessità è una lesione gravissima.

Cosa vedete in questa ghiandola? Nuclei rotondi, chiari e nucleolati: questo è il segno che è una lesione complessa e atipica sicuramente. Può far parte di un adenocarcinoma? Qui non si vede, ma se dico EIN e la donna è in periodo post-menopausale, si potrebbe diagnosticare un’iperplasia ghiandolare complessa con aree atipiche. Se dico questo l’utero viene asportato e poi sul preparato definitivo cercheremo di capire se era solo complessa o se c’era un adenocarcinoma e quanto era esteso.

Qui vedete delle ghiandole? No, sono dei nidi irregolari con dei margini infiltranti. Si tratta di zone “solide” con una tendenza alla differenziazione ghiandolare, non sono più ghiandole. Questo è un quadro conclamato di adenocarcinoma dell’endometrio.Quindi abbiamo visto la sequenza: endometrio normale, iperplasia semplice, iperplasia complessa, iperplasia atipica, adenocarcinoma.Cosa ci dice che è vero ciò che abbiamo detto? Qui abbiamo dilatazioni cistiche, c’è lo stroma citogeno è è un’iperplasia glandulo-cistica. E qui, c’è stroma citogeno tra queste ghiandole? No, (dimmi con chi vai e ti dirò chi sei) l’adenocarcinoma è insorto su una zona di iperplasia.

Nella donna esiste anche un adenocarcinoma che insorge su mucose atrofiche che assomiglia enormemente al carcinoma sieroso-papillare dell’ovaio ed è un tumore estremamente aggressivo. Quindi fuori dalla sequenza che abbiamo visto e allora ci sono 2 modelli istogenetici nella cancerogenesi: la sequenza iperplasia – displasia – cancro, e dall’altra parte il cancro della donna anziana su mucosa atrofica sieroso-papillifero come quello ovarico.

Le 2 iperplasie ghiandolari: complessa e atipica sono delle lesioni focali inizialmente, se le lasciamo lì senza intervenire chiaramente si estenderanno. Non si fanno biopsie nell’endometrio, la diagnosi nasce dal prodotto di raschiamento, tutta la superficie viene presa in considerazione. Se si penetra con l’isteroscopio starà all’abilità dell’isteroscopista decidere dove fare i prelievi, però usualmente quando c’è una metrorragia si porta via tutto, si fa un raschiamento.

DOMANDE D’ESAME:Cos’è EIN? Qual è l’utilità di questo termine? Qual è la differenza tra iperplasia complessa ed atipica? Perché dobbiamo ricordare il concetto dei nuclei?

Cosa cambia dal punto di vista terapeutico? Cos’è una metrorragia? Quando troviamo una metrorragia qual è il ragionamento da fare? Dipende dall’età della pz. Cosa pensa nel periodo peri-menopausale?

Le mestruazioni hanno delle caratteristiche per durata, quantità. Quando le mestruazioni sono prolungate prendono il nome di MENORRAGIA e se si associano a una metrorragia: MENOMETRORRAGIA.

Prof. Aragona – 14/11/11 Salvatore Cirrincione

NEVI E MELANOMA

In questa lezione cercheremo di comprendere che cos’è il nevo, che cos’è il melanoma e quale possa essere la ricaduta pratica di queste conoscenze. Il medico di medicina generale deve sapere che questa è per l’anatomopatologo la diagnosi più difficile e cercheremo di capire perché è la diagnosi più difficile. Usualmente su che cosa si fonda la diagnosi istologica di malignità? Cosa guardiamo? Un complesso di caratteri istologici e di caratteri citologici. Il dato istologico più forte per indicare la malignità qual è? L’infiltrazione della membrana basale (non è molto corretto però per fini pratici possiamo conservare questo concetto). E l’altro carattere forte di malignità? Una serie di caratteri citologici che noi etichettiamo complessivamente col termine: “atipia”.Nelle lesioni pigmentate trovare melanociti nel derma non è segno di malignità, anzi è segno di maturazione. E allora il primo carattere lo perdiamo. Per quanto riguarda l’altro, l’atipia, vedremo che le lesioni pigmentate possono essere straordinariamente atipiche eppure essere benigne oppure possono sembrare un nevo benigno mentre sono in realtà dei melanomi. E allora questi due caratteri forti per la diagnosi di malignità nelle lesioni pigmentate non trovano posto. Ecco perché la diagnosi di melanoma è difficilissima ed ecco perché all’anatomopatologo servono i dati clinici. Noi non possiamo vedere i pz, siete voi che attraverso la richiesta di esame istologico dovete farci vedere il pz e darci quei dati clinici fondamentali per aiutarci nella diagnosi. Io potrei avere difficoltà a interpretare un nevo, a capire se è un nevo o è un melanoma, ma se il pz ce l’ha da sempre non si è modificato e se lo toglie perché è a livello della cintura e ha paura che possa essere traumatizzato o è della faccia e facendosi la barba si taglia voi capite che questa è una informazione fortissima che mi toglie ogni dubbio, così come la rapidità di crescita: quanto più veloce è la crescita tanto più debbo preoccuparmi. Ma un melanoma ha una crescita inarrestabile. Una lesione benigna anche se cresce velocemente poi si ferma. Ecco questi dati fondamentali sono per noi utilissimi ai fini della diagnosi differenziale.

Il primo problema in campo internazionale è stato questo: uno dei più grandi anatomopatologi che si è interessato di dermatopatologia, Ackerman, ha sempre messo in discussione l’esistenza del nevo displastico. Io vi chiedo: si può mettere in discussione l’esistenza del nevo displastico? Voi ora avete a disposizione tutta una serie di informazioni per potere rispondere a questa domanda. Secondo voi esiste il neo displastico o come dice Ackerman non esiste? Cosa consideriamo noi

come displasia? La somma di errori genetici che sia documentabile morfologicamente. Non potendo fare altrimenti oggi per cercare di capire quanti scalini è riuscita a salire la lesione lo dobbiamo vedere morfologicamente. Questo vale per tutti i tessuti, per tutti i tumori. Nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono tumori legati a una singola mutazione genetica, sono eccezionali. Quindi anche per un neo che si trasforma in melanoma evidentemente deve esistere la possibilità di una somma di errori genetici e oggi sappiamo che è così. Quindi la displasia esiste almeno concettualmente. Forse Ackerman ha espresso in maniera inadeguata un concetto per cui meglio non introdurre questo termine e parlare di nevi e melanomi. Ovviamente non tutti sono d’accordo ma teoricamente esiste il nevo displastico, può essere difficile diagnosticarlo cioè metterci d’accordo sui dati morfologici che consentano di identificarlo. Ripetiamo il concetto di displasia: alterazione della differenziazione documentabile morfologicamente. Poi uno dovrebbe dire che cos’è questo “documentabile morfologicamente”: presenza di atipie che però non sono ancora quelle del cancro (sennò sarebbe carcinoma). E allora il nevo displastico almeno concettualmente esiste ed è la premessa per l’insorgenza di un melanoma. Ma questa displasia su che cosa insorge? Forse anche su cellule staminali orientate in senso melanocitario ma verosimilmente colpisce il melanocita, e il melanocita come lo possiamo trovare nella cute? Isolato, disperso. Sapete quanti melanociti ci sono? Intanto loro stanno con i piedi per terra, cioè sulla membrana basale, ognuno sta a una certa distanza dall’altro, in una sezione sono a 5-6 cheratinociti basali di distanza, quindi un melanocita ogni 5-6 cellule staminali dello strato basale cheratinocitario, dico io come i leoni nella savana, cioè ognuno sta a debita distanza dall’altro. E poi cosa fanno? hanno delle propaggini, dei dendriti che si spingono tra le cellule dello strato spinoso. Per quale motivo? Perché da questi dendriti, i melanosomi, la melanina passa nelle cellule dello strato spinoso che vengono protette così dai raggi ultravioletti. E allora è chiaro che la displasia insorge su queste cellule, quindi su cute normale, su melanociti normali. E i nevi, dove ci sono più melanociti per unità di superficie? Anche lì ovviamente. E dov’è più facile che insorga? Su cute sana o dove ci sono più melanociti? E allora vedete o su cute sana o su nevo. Lì se si sommano errori genetici compare la displasia e può insorgere il melanoma. E allora è possibile che il melanoma insorga su cute normale ma può insorgere anche su nevi preesistenti, ma comunque siccome le due strade convergono su questa lesione che è irrinunciabile per risalire a questo, voi capite che la risposta è perentoria: il melanoma insorge solo su nevi preesistenti, ma nevi displastici intendo dire. Quando il clinico dice “nevo preesistente” indica un nevo che è lì da un lunghissimo periodo di tempo, significa che quel nevo è lì da tanti anni, ma sempre il melanoma insorge su nevo preesistente displastico. Quindi il percorso è: nevo/cute normale > displasia > melanoma. Noi siamo chiamati a interrompere questa sequenza. Possiamo farlo, abbiamo tantissimo tempo a disposizione, ma dobbiamo sapere che cosa fare. E la prima che dobbiamo sapere è qual è la storia biologica dei nevi. I nevi quasi tutti compaiono nei primi 20 anni di vita e poi di solito maturano. Possono rimanere tutti in una fase senza maturare ma in genere maturano. Quindi tutti i nevi compaiono nei primi 20 anni di vita, alcuni rimangono stabili e altri maturano. Se un nevo insorge al di fuori di questa età è già un segno clinico sospetto. Un nevo che insorge a 60-70 anni è qualche cosa che ci deve preoccupare: è un melanoma fino a prova contraria!

Ricordate com’è fatta la cute? C’è l’epidermide e sotto il derma. Il confine tra epidermide e derma è segnato dalla membrana basale che segue un decorso ondulato che è determinato da introflessioni dell’epidermide: creste, alternate a estroflessioni del derma: papille. I melanociti si trovano disposti nello strato basale dell’epidermide (al di sopra della membrana basale) a distanza l’uno dall’altro. Quando noi vediamo che i melanociti si accumulano più numerosi all’apice delle creste ma non si confondono tra di loro, non si congiungono, noi chiamiamo questa lesione LENTIGO SIMPLEX: questa è la fase iniziale di tutti i nevi del nostro organismo. Vedremo che queste lesioni maturano ma potrebbero rimanere così per sempre. Importante è che la storia clinica sia insorta prima dei vent’anni e che non si sia modificata nel tempo. Una caratteristica importantissima della lesione dal punto di vista macroscopico è la simmetria . Io devo dividere idealmente in due la lesione e vedere

se le due metà si somigliano, ovvero se sono simmetriche, anche se non è facilissimo perché lesioni che sembrano simmetriche in molti casi in realtà non lo sono. Quindi già interpretare la simmetria può essere molto complicato.E allora primo concetto importantissimo: SIMMETRIA.Melanociti all’apice delle creste interpapillari: LENTIGO SIMPLEX.Questi melanociti crescono lungo i raggi di una sfera, però l’epidermide è qualcosa che comprime quindi crescono lungo i raggi di un cerchio. Quindi questa lesione macroscopicamente come sarà? Piana, rotondeggiante, a limiti netti, i margini saranno evidenti, rilevati o sfumati. La lesione è regolare, uniformemente pigmentata, piccola perché è in una fase iniziale. Quindi piccola lesione pigmentata pianeggiante, rotondeggiante a margini regolari. Diagnosi? Lentigo simplex.Tutto ciò che va entro il fondello di una matita, cioè entro i 6mm, è benigno; tutto ciò che va oltre deve preoccuparci.

NEVO GIUNZIONALE: è esattamente la stessa cosa però cosa vediamo di diverso? Questi melanociti si sono aggregati tra di loro. Normalmente si aggregano i melanociti tra di loro? No. Quando si aggregano c’è qualcosa che non va. Quando almeno tre melanociti si aggregano tra loro noi chiamiamo questa lesione teca. Dove sono le teche? All’apice delle creste interpapillari. Quando al posto di melanociti isolati vediamo delle teche il nevo non è più una lentigo simplex ma diventa un nevo melanocitario giunzionale. Un nevo benigno comincia e finisce con una teca. Se io trovo delle teche dico: la lesione è ben circoscritta . E allora i criteri sono: simmetria e circoscrizione. Circoscrizione significa che sul bordo c’è una teca. Come sarà la macroscopia di questa lesione? Piana, rotondeggiante, i margini saranno ancora più netti rispetto alla lentigo, sarà uniformemente pigmentata. Cosa avrà di diverso rispetto alla lentigo visto che è la sua evoluzione? Sarà più grande. Le teche sono tutte uniformi e si rassomigliano tra di loro.

NEVO MELANOCITARIO COMPOSTO: rappresenta l’ulteriore evoluzione della lesione. Cosa è cambiato? Alla componente intraepidermica si somma la componente dermica. Il nevo sta maturando. Terzo punto importantissimo: simmetria, circoscrizione, maturazione. Cos’è la maturazione? Come sono queste teche che via via scendono più in basso? Sempre più piccole. E le cellule costituenti via via diventano più piccole e si allungano. Questa è la maturazione.Cosa avrà questa lesione dal punto di vista macroscopico-clinico di diverso rispetto al nevo giunzionale melanocitario? Comincia a rilevarsi.Guardate che cosa strana: più una lesione è pigmentata e rilevata (più somiglia a una caramella morositas) soprattutto se c’ha dei peli, più brutta è da vedere, e meno è preoccupante. Se una lesione è simmetrica, è ben circoscritta ed è matura è una lesione benigna. Cogliere questi caratteri non è così facile. Quindi nel nevo melanocitario composto la lesione è sia nell’epidermide che nel derma e si tratta di una lesione benigna.

Tappa finale della maturazione: tutte le cellule scendono nel derma, il NEVO MELANOCITARIO è solo INTRADERMICO. La lesione è simmetrica, è ben circoscritta ed è matura. Sarà ancora più rilevata rispetto al nevo composto. Quindi tutti i nevi che insorgono prima dei 20 anni hanno di solito questa storia biologica: lentigo simplex > nevo melanocitario giunzionale > composto > intradermico. Possono fermarsi in ciascuna di queste tappe e rimanere per sempre lentigo, per sempre giunzionale, per sempre composto o per sempre intradermico, purchè la loro crescita si arresti, siano comparsi prima dei 20 anni e non abbiano subito mutazioni. La storia biologica del nevo come capite è fondamentale per capire con cosa ci stiamo confrontando. Nel nevo intradermico non ci sono più melanociti isolati nell’epidermide se non quacuno e non ci sono più teche evidenti: questo è un nevo completamente maturato.

Non mi avete sentito parlare di cellule, abbiamo parlato di aspetto istologico. Ma quali sono le cellule che costituiscono un nevo? Nei casi più frequenti, quando il nevo è detto comune, ci sono tre tipi cellulari: A, B, C. Sono tre tipi che rispecchiano la maturazione. Gli A li troviamo più in alto, i B nel mezzo, i C più

profondi. Quelli A a che cosa rassomigliano? Piccole cellule con abbondante citoplasma, li paragoniamo a una piccola cellula epitelioide, ovviamente il nucleo non presenta atipie. Poi matura e diventa nevocita comune B che ricorda un linfocita, va ancora più a fondo e ricorda un fibroblasto. Quindi quando noi diciamo nevo comune non troviamo altro nella diagnosi ma noi dobbiamo pensare che ci sono nevociti A, B e C. Piccole cellule epitelioidi, altre che ricordano i linfociti, altre che ricordano i fibroblasti: è segno di maturazione citologica. Ma possiamo trovare altre cellule, per esempio cellule lentigginose con un citoplasma chiaro e un nucleo irregolare rattrappito oppure cellule epitelioidi con abbondante citoplasma eosinofilo, nucleo evidentissimo, nucleolo prominente oppure cellule fusate intensamente pigmentate. Perché vi faccio vedere questa citologia? Perché in rapporto alla citologia applichiamo un eponimo al nevo. Se ci sono nevociti A, B e C è un nevo comune, cellule lentigginose è un nevo di Clark, cellule epiteliodi è un nevo di Spitz; cellule fusate e pigmentate è un nevo di Reed. Quando io dico A B C nel nevo comune do un segnale: man mano queste cellule maturano le troviamo sempre più in profondità. I nevociti A di solito sono sempre i più superficiali, man mano scendono diventano B, da piccole cellule con abbondante citoplasma si trasformano in elementi che ricordano i linfociti fino ad andare più a fondo e sembrano fibroblasti. Ma questo non è molto importante. Importante è sapere che ci sono cellule lentigginose, epitelioidi e fusate pigmentate. E allora cose troverete nelle nostre diagnosi? Dapprima nevo, poi melanocitario, che non significa melanoma, poi metteremo l’eponimo: comune, di Clark, di Reed, di Spitz. Quindi vi diremo se è giunzionale, composto, o intradermico. Ed ecco che avete chiaro tutto il problema diagnostico e concettuale. Perché è importante ricordare Clark, Reed, Spitz? Io che cosa vi ho sempre detto? Quando c’è l’eponimo vuol dire che non ne abbiamo le idee chiare. Però perché vi sto proponendo questi nomi? Cosa abbiamo detto? Per fare diagnosi cosa conta? Non l’infiltrazione, non l’atipismo citologico, ma contano simmetria, circoscrizione e maturazione. Non posso parlare in generale di nevi e melanomi e attenermi a quei caratteri, la diagnosi sarebbe difficilissima. Tutto diventa più facile se io inquadro prima il nevo e dico nevo comune, nevo di Clark, nevo di Reed, nevo di Spitz. Una volta che gli ho messo l’etichetta utilizzare quei caratteri (simmetria, maturazione, circoscrizione) diventa molto più facile e rende molto più semplice la diagnosi differenziale. Quando io vi do un messaggio cerco di semplificare le cose, non possiamo addentrarci nello specifico sennò ci perdiamo. Poi chi sarà specialista se vuole si divertirà a farlo. Pensate che esisteranno centinaia di nevi. Infatti la nostra difficoltà diagnostica sta in questo: io posso trovare cellule lentigginose e poi mi rendo conto che accanto ci sono delle cellule che ricordano lo Spitz, atipiche. Allora mi dico: ma è uno nevo di Clark spizzoide o è un nevo di Clark dove sta insorgendo un melanoma? Qui non dobbiamo entrarci. Voi sapete che se io vi dico Clark voi dovete pensare: vede soprattutto cellule lentigginose, se vi dico Spitz vede soprattutto cellule epitelioidi, se vi dico Reed vede cellule fusate pigmentate. D’accordo? Solo questo! Tratteniamo questi nomi ripeto perché viene più facile fare la diagnosi differenziale, cioè se io dico mi sembra un nevo di Reed ci sono dei criteri per differenziare il nevo di Reed da un melanoma che simula il nevo di Reed, se io dico nevo di Spitz ci sono dei criteri un po’ diversi che rendono più facile fare la differenza con il melanoma spizzoide. Quindi nell’evoluzione del nevo noi abbiamo parlato di quadri istologici, non di citologia. Ciascuno di quei quadri istologici poi può avere la sua citologia. Quindi nell’ambito di un quadro istologico noi dobbiamo guardare la citologia per capire in quale famiglia di nevi siamo: nei nevi comuni? Nei nevi Clark? Nei nevi di Spitz? Nei nevi di Reed? Come facciamo a dirlo? Nevo comune? Vediamo nevociti A B e C. Nevo di Reed? Cellule fusate pigmentate. Nevo di Spitz? Cellule epitelioidi. Nevo di Clark? Cellule lentigginose. Poi vi dirò qual è il pattern: giunzionale, composto o solo intradermico. Quindi voi siete in grado da questo momento di potere interpretare qualunque diagnosi anatomopatologica che venga sotto i vostri occhi.Una volta che abbiamo piazzato un nevo in una famiglia la mia preoccupazione è: sei benigno o sei maligno? Simmetria, circoscrizione e maturazione sono solo alcuni dei caratteri. Io comincio a esaminare e dico: quali caratteri buoni ha questa lesione? Quali caratteri cattivi? Quali caratteri difficilmente valutabili? E alla fine la mia diagnosi sarà: complessivamente mi sembra una lesione maligna oppure complessivamente mi sembra una lesione benigna. Quindi è una diagnosi per sospetto, indiziaria. Con quello che ci siamo detti abbiamo studiato tutti i nei. Quelli eccezionali, quelli rari li trovate sui libri.Una volta asportate queste lesioni sono assolutamente guarite. Alcune di queste forme come il nevo di Spitz creano all’anatomopatologo problemi diagnostici molto più pesanti rispetto al nevo comune. Allora voi dovete sapere che se io dico nevo di Spitz ci può essere la possibilità di un margine di errore. Sempre Ackerman all’inizio del suo libro “errori nella diagnosi di nevi e di melanomi” esordisce così: non c’è anatomopatologo che si sia interessato sufficientemente a lungo di lesioni pigmentate che non abbia scambiato nella sua via almeno una volta un nevo di Spitz con un melanoma e viceversa, anzi moti hanno sbagliato più di una volta. Perché sono diagnosi tremendamente, tragicamente difficili.

Infiltrazione parcettoide??? dell’epidermide (scatter): i melanociti si staccano dalla membrana basale (io vi ho detto che i melanociti stanno con i piedi per terra, ovvero sulla membrana basale). Questo non è un buon segno, i melanociti stanno salendo, vanno in un altro posto. È un segno di alterata differenziazione, un segno di displasia. Questa è una lesione asimmetrica e con cattiva circoscrizione. Ma il punto è: è displastico o è già un melanoma? Sapete cosa si trova nei sacri testi da una decina di anni a questa parte? Che le curve della simmetria, circoscrizione e maturazione nelle lesioni displastiche sono moderate, nel melanoma sono marcate. È chiaro cos’è un nevo displastico giunzionale? È una lesione che ha moderate curve della simmetria, moderate curve della circoscrizione e moderate curve della maturazione. La fibrosi eosinofila è tipica del nevo displastico, ci aiuta nella diagnosi ed è un segnale che c’è qualcosa che non va: non ci sono cellule infiammatorie perché il nostro organismo non lo riconosce, lo ignora, ma c’è lo stesso uno sbarramento eosinofilo. Non c’è la polizia ma c’è divieto d’accesso!Il nevo displastico composto non è simmetrico, non è circoscritto, c’è una lesione parcettoide??? e ci sono turbe della maturazione.Un nevo displastico giunzionale clinicamente come immaginate di vederlo? Colpisce solo l’epidermide, quindi? Ovviamente la crescita è più veloce quindi sarà più grande, sempre sopra i 6cm (forse doveva dire mm). La lesione è asimmetrica con le teche da una parte e le cellule isolate dall’altra. Ovviamente la lesione cresce dove ci sono le cellule isolate, cresce da un solo lato. I bordi sono sfumati. È come se io faccio cadere una goccia di inchiostro per terra, il nevo displastico giunzionale si espande in questa maniera. Il nevo sarà rilevato solo da una parte, ovvero avrà una rilevatezza rotondeggiante a centro (immagine a uovo fritto). È una lesione piana con un nodulo a centro. Questo è dovuto al fatto che mentre in corrispondenza della zona piana la lesione matura normalmente e le cellule intraepidermiche scendono nel derma, in corrispondenza della zona centrale, displastica, questo non avviene. Quindi il nevo displastico è caratterizzato dalla presenza di questa zona centrale che non matura, che non ha sotto la componente dermica e che si chiama spalla. Adesso vi dico una cosa che non si trova sui libri. Voi capite che nella zona displastica della lesione le cellule proliferano (compartimento proliferativo) mentre nella zona normale le cellule maturano (compartimento maturativo). Nelle lesioni benigne compartimento maturativo e proliferativo corrispondono. Nelle lesioni displastiche c’è una sproporzione tra i due compartimenti, c’è più proliferazione. Questa sproporzione ci deve far pensare che è un nevo displastico ed è responsabile appunto dell’esistenza della spalla. La spalla è il dato morfologico che indica che il compartimento proliferativo è esuberante rispetto a quello maturativo.Cosa ci dicono in letteratura? Che se l’atipismo è focale è un nevo displastico, se l’atipismo è diffuso è un melanoma. Quindi l’altro carattere del nevo displastico è che ci può essere atipismo e che deve essere focale. Avete visto lo scatter, l’infiltrazione dell’epidermide, i melanociti che se ne vanno al di sopra. Qualcuno può pensare: ma può essere segno di melanoma?sapete cosa dice la letteratura? Che se lo scatter è nella metà inferiore dell’epidermide è un nevo displastico, se va oltre è un melanoma in situ. Dirlo a parole è facile ma immaginatevi messi lì a guardare: ma dove arriva al 40% o al 60%? Ha il nevo displastico o ha il melanoma in situ ma sempre melanoma è? Allora nevo displastico: discrepanza tra il compartimento maturativo e quello proliferativo. Cosa vediamo? La spalla. Macroscopicamente? Spesso l’immagine a uovo fritto. Ha atipie il nevo displastico? Si ma solo focali. Può esserci infiltrazione parcettoide? Si ma fino al 50%. Queste info potreste vederle scritte nella diagnosi. Perché dovete conoscere queste cose? Perché immaginate che io faccia la diagnosi di nevo displastico e poi vi scriva: scatter nella metà inferiore dell’epidermide. Voi cosa dite al pz? Guardi stia tranquillo è un nevo displastico abbiamo fatto bene a toglierlo, sappia che certe valutazioni sono assolutamente soggettive perché 40-60% è assolutamente soggettivo.Adesso vediamo la citologia del nevo displastico. Non ci sono dati citologici che ci facciano dire che una lesione è displastica. Se vediamo atipismo focale, deviazione dalla norma è displastico, ma null’altro è riportato in letteratura.Nel caso del melanoma i limiti non saranno più come quelli del nevo displastico a goccia di inchiostro, cioè sfumati, ma saranno limiti netti e irregolari, frastagliati. Siccome le cellule hanno turbe maturative non tutte hanno i pigmenti, allora la lesione apparirà variegata dal punto di vista del colore. Inoltre la lesione può non essere più a crescita orizzontale bensì a crescita verticale. Io posso avere un nido neoplastico esuberante, preponderante, che prende il sopravvento sugli altri perché in quel nido più errori genetici si sono sovrapposti, aggiunti uno all’altro e lì il segno di malignità è evidente. Allora noi diciamo che è a crescita verticale perché quella teca è più grossa delle altre che vediamo nell’epidermide. Cosa cambia?il melanoma in situ se lo asportiamo guarisce. Il melanoma a crescita orizzontale ha grandissima probabilità di guarire. Il melanoma a crescita verticale dove la teca dermica è più grande di quelle epidermiche ha grandissima

probabilità che ci siano metastasi linfonodali o per via ematogena. Alcuni misurano la crescita nel derma del melanoma (classificazione di Clark), altri la misurano in mm (Breslow), troverete sui testi di cosa si tratta. Ackerman diceva: non vi do né Clark né Breslow; Clark non ve lo da perché si fa guardando le creste interpapillari come riferimento. Queste variano in tutte le parti del nostro organismo quindi è un riferimento basso. Ma non dava neppure i mm perché lui con la sua grandissima esperienza diceva: io ho visto melanomi in cui c’erano poche cellule nel derma papillare che hanno metastatizzato e melanomi con crescita profonda che sono guariti. Quindi quando ti dico melanoma già ti ho detto tutto quello che ti serve. Non tutti la pensano così.La comparsa di questo nodulo di cellule atipiche esuberanti, prepotenti è quello che può provocare la morte del soggetto. Non esiste la citologia del melanoma. Sempre Ackerman diceva: io non guardo mai la citologia. I problemi legati alla interpretazione di questa patologia sono stati legati a questo: la definizione di nevo displastico è stata usata solo per il nevo di Clark, per gli altri si è parlato di nevi atipici (nevo di Spitz atipico, nevo di Reed atipico). Capite che questo ha creato dei problemi enormi che hanno reso difficile la comprensione di questa patologia. Ovviamente la storia non sempre documentabile è servita a complicare le cose. Capite che la collaborazione col clinico è fondamentale e che ci sono problemi di semantica perché abbiamo detto che melanoma se lo usiamo così significa solo lesione benigna, cioè melanoma è il termine che indica un nevo. Dice Robbins (anatomopatologo di Harward) che è irrazionale aspettarsi che l’uomo possa essere sempre razionale. Allora è un errore ma siccome è invalso l’uso di chiamarlo melanoma continuiamo a chiamarlo melanoma sapendo che la definizione è sbagliata.

Possibili domande all’esame:-perché è così difficile diagnosticare le lesioni pigmentate? Perché i criteri usuali non sono applicabili.-allora se non sono applicabili cosa utilizziamo per fare diagnosi? Simmetria, circoscrizione, maturazione.-cosa vuol dire simmetria? Se dividiamo idealmente la lesione in due metà le due metà sono sovrapponibili.-cosa vuol dire circoscrizione? La lesione ai bordi termina con una teca. Quindi il nevo comincia e finisce con una teca.-cosa vuol dire maturazione? Che man mano le teche scendono in basso, nel derma, sono sempre più piccole e anche le cellule sono sempre più piccole, sia nei nuclei che nel citoplasma.-cos’è un nevo displastico? qual è la prima cosa da dire? Che non tutti sono d’accordo con questa terminologia. E poi bisogna dire perché non tutti sono d’accordo. Perché non c’è concordia sulle alterazioni morfologiche, non sono univoche. Allora che cosa si può dire? Che dal punto di vista concettuale la displasia esiste ma morfologicamente può essere difficile valutarla. Per dire che è displastico il nodulo che cosa immaginiamo di vedere? Come deve essere? Asimmetrico, non circoscritto, con turbe della maturazione. Ma anche il melanoma è così. Vedete? Non c’è una risposta. Dobbiamo considerare la moderazione delle alterazioni, ma è meglio se voi nel darmi questa risposta facciate un bel sorriso. Cos’ha di caratteristico inoltre il nevo displastico? Per dire che c’è displasia cosa dobbiamo vedere di caratteristico, che ha solo lui? La spalla. E che cosa indica la spalla? Discrepanza tra il compartimento maturativo e quello proliferativo. Ma è solo un concetto istologico o lei medico può usare il concetto di spalla, di discrepanza tra i due compartimenti? Si perché è responsabile di che cosa? Che cosa vediamo? L’immagine a uovo fritto.-è importante sapere se la crescita di un melanoma è orizzontale o verticale? E quando dico che è verticale? Quando c’è una teca dermica che è più grande delle altre teche. Questo è segnale di che cosa? Che non appartengono tutte alla stessa famiglia ma lì c’è una famiglia estranea che sta crescendo in maniera sproporzionata. E dal punto di vista prognostico è importante questo?

Patologia TiroideaOggi esaminiamo la patologia tiroidea in particolare modo le lesioni che hanno la caratteristica macroscopica di nodulo , cercheremo di capire assieme che cos'è il nodulo tiroideo .Tiroide viene dal greco thireos e significa scudo poiché il suo aspetto lo ricorda un po, ha un colorito rosso bruno e una forma particolarissima .Il territorio o campo di battaglia è la regione del collo , ha una struttura follicolare, attenzione a non confondere i follicoli tiroidei con i follicoli linfatici che possiamo trovare . Per quale motivo ha questa struttura ?Perché le serve un serbatoio per accumulare la colloide.Quindi ecco che accumula questo materiale, l'ormone tiroideo,lo accumula grazie alla tireoglobulina, dove lo iodio viene inserito a livello dei residui di tiroxina formando MIT e DIT.L' aminoacido chiamato in causa è la tirosina , la tiroide quindi attacca lo iodio questo aminoacido e lo conserva come fanno i nostri contadini con l' aglio , è esattamente la stessa cosa , l' aglio è l' ormone e la tireoglobulina funge da sostegno , quando l' ormone serve la tiroide lo stacca, poiché questo è legato nel contesto di questa proteina.La funzione dell'ormone è quella di regolare il metabolismo , come la candela di una macchina, per chi è appassionato di moto...sapete come si fa a farle andare più veloci o a farle risparmiare un po di benzina ?È come la candela , la candela del motore , sapete che ha degli elettrodi che stanno ad una certa distanza l' uno dall'altro , se noi li avviciniamo la resa del motore migliora ma consumiamo un poco di più, è questo, è quando la tiroide è un momentino iperfunzionante , però se esageriamo e avviciniamo troppo i due elettrodi , ipertiroidismo, la situazione va nel campo nel campo della patologia, se invece li distanziamo un momento , cosa succede, che il motore rende un po di meno , ma funzioniamo un po dimeno, sono i tratti dell'ipotiroidismo. Quindi la tiroide puo essere paragonata essenzialmente alla candela di una macchina , poiché regola il metabolismo,una ghiandola straordinariamente importante.Ovviamente voi sapete che non è svincolata dal controllo , c'è un sistema di controllo strettissimo rappresentato dall'ipofisi , come tutte le ghiandole endocrine.L' ipofisi si trova li vicino alle strutture nervose, poiché mette in relazione il sistema nervoso con tutte le ghiandole endocrine.Cominciamo a vedere i primi esempi di patologia, una estremamente frequente oggi che colpisce molto il sesso femminile , che ha una discreta familiarità è la TIROIDITE DI HASHIMOTO.SE C'è HASHIMOTO vuol dire che non sappiamo nulla nel senso pieno del termine al punto che non sappiamo se l' anticorpo è diretto contro qualche sostanza o se quello è un fatto secondario , c'è un danno alla base e in seguito questo si libera, è l' anticorpo che viene quindi prodotto secondariamente.Oggi qualcosina l' abbiamo imparata sotto il punto di vista clinico.Sappiamo per esempio che l' anticorpo è un antitireoperossidasi questo è un anticorpo realmente importante, antitireoglobulina decisamente meno significativo.Come facciamo diagnosi dal punto di vista anatomopatologico? Cosa immaginate si possa vedere in questa tiroide se c'è un meccanismo di tipo immunitario alla base ?Se la reazione è di tipo anticorpale cosa immaginate che ci sia li presente?Vedremo una risposta B , follicoli con centri germinativi , ne troviamo tanti poiché la ghiandola risulta interessata in maniera diffusa.Trovare degli infiltrati focali linfocitari e qualche follicolo linfatico con centri chiari non vuol dire HASHIMOTO .HASHIMOTO è un interessamento diffuso della ghiandola, e riusciamo a comprendere che l' interessamento è di tipo immunitario e di tipo B perché vediamo molti follicoli, soprattuto attivati con centri chiari, questo non basta per dire HASHIMOTO ci vogliono almeno altre due cose , l' epitelio tiroideo non sta a guardare ma subisce questa presenza , la subisce e si modifica , le cellule

tiroidee assumono un citoplasma ampio eosinofilo , ricco di mitocondri e organuli citoplasmatici e vanno incontro a una trasformazione oncocitaria ed ecco il secondo punto.Il terzo, come in tutte le flogosi , la fase finale è rappresentata da fenomeni di fibrosi.Quindi se io chiedo aspetto istologica dello HASHIMOTO la risposta è : follicoli con centri chiari , trasformazione oncocitaria dell'epitelio, fibrosi, tutti e tre i reperti devono esser presenti.Questo che abbiamo detto può modificare la macroscopia della ghiandola?La ghiandola tiroidea che colore ha in sezione? la colloide come appare? Colorito brunastro, è una ghiandola endocrina ricca in vasi quindi la tiroide normale sarà rosso bruna .Ma se io ci caccio dentro tanti follicoli linfatici assumerà l' aspetto macroscopico di un linfonodo, che in sezione sarà grigio biancastro e compatto.Adesso l' HASHIMOTO è BEN CONSOCIUTO MA 40 ANNI FA SI ASPORTAVANO MOLTE TIROIDI, spesso trovandosi di fronte a questa tiroide il chirurgo pensava che si trattasse di una neoplasia.Ma dal punto di vista macroscopico questa tiroide dopo una prima fase tenderà ad aumentare di dimensione e in una fase finale tenderà a diminuire di dimensioni e di peso, questo aspetto microscopico avrà ripercussioni sintomatologiche , la paziente può non presentar alcun sintomo ma in una prima fase presenta i segni di un ipertiroidismo poi diminuisce la produzione di ormoni e paradossalmente non c'è variazione sembra quasi normale la produzione di ormone ma poi andiamo in una fase di ipofunzione. Potrebbe sovrapporsi qualcosa di preoccupante su quello che abbiamo descritto?Ci sono fenomeni proliferativi all'interno di questa ghiandola cosi come ve li ho descritti?Cos'è che prolifera?Ci sono follicoli linfatici , proliferazione B e se questa si somma ad errori genetici si va incontro ad un linfoma.Le cellule tiroidee subiscono la flogosi , ci sono fenomeni riparativi , nella stragrande maggioranza dei casi non succede niente , però cosa poterebbe accadere?Se si sommano errori genetici potrebbero evidenziarsi neoplasie di altra natura , da qui l' importanza di un controllo clinico accurato.E che cos'è il gozzo ?Un aumento di volume della ghiandola che però viene etichettato negativamente, cos'è che non deve essere questo aumento di volume, una neoplasia, ma se ci fate caso un aumento di volume che non è una neoplasia come lo chiamiamo? Iperplasia.Perché il gozzo , perché la tiroide aumenta di volume ?Perché c'è un aumento del TSH poiché il feedback si imposta a livelli diversi perchè viene prodotto meno ormone , può essere un fatto enzimatico quindi congenito, ereditario, ma potrebbero esserci altre situazioni , noi siamo rappresentanti mondiali di gozzo, carenza di iodio, il sale era importante per i romani in quanto serviva per conservare gli alimenti da qui viene la parola “Salario”.Quindi il TS H aumenta e a livello tiroideo stimola la proliferazione cellulare.La tiroide aumenta di volume , e aumenta di volume perché proliferano le cellule, ma c'è una cosa inattesa , se andiamo a guardare in una prima fase troviamo un aumento di volume delle sole cellule con follicoli conservati, gozzo parenchimatoso troverete sui testi , aumento numerico delle cellule, ma poi la seconda fase assolutamente inattesa , GOZZO COLLOIDOCISTICO, i follicoli sono più grandi della norma e strapieni di colloide.Cosa succede?Viene prodotta tireoglobulina, perché il segnale è questo , i tireociti proliferano , incrementano la loro attività , producono tanta tireoglobulina , ma manca lo iodio e quindi il colloide è inutilizzabile, da qui l' aumento delle dimensioni della ghiandola.È un organo riccamente vascolarizzato, cosa accade ai vasi situati nell'interstizio se i follicoli aumentano di dimensione? vanno incontro a turbe trofiche multifocali , fenomeni regressivi e come tali vengono riparati con una fibrosi irregolare .E le cellule che restano li intrappolate cosa fanno?

Tendono a riformare il parenchima ma siccome il sostegno connettivale reticolare è collagene anomalo ecco che questa proliferazione riparativa non sarà regolare,cominceranno a formarsi dei noduli e allora non più gozzo parenchimatoso, non più colloidocistico , ma gozzo multinodulare .Il gozzo può avere rapporti con il cancro?Ci sono fenomeni proliferativi, in quella piccola percentuale di casi in cui c'è un danno genetico , ecco che questi fenomeni proliferativi potrebbero avere un qualche rapporto.E di questi gozzi quale può associarsi maggiormente al cancro?Quello multi nodulare , perché questo è quello in fase isogenetica più avanzata in cui le alterazioni proliferative permangono nel tempo.E se di questi noduli uno diventa iper funzionante ?Si avrà il GOZZO multi nodulare TOSSICO O ADENOMA DI PLUMMER.L' ADENOMA DI PLUMMER verosimilmente non è un adenoma ma è un gozzo multi nodulare in cui c'è un nodulo multi funzionante . Parliamo adesso del nodulo tiroideo. È importante che si parli del nodulo tiroideo ?La prevalenza di questa malattia è elevata grosso modo si legge 10-8% della popolazione.Allora quale è per noi il problema se questa lesione è cosi frequente?È identificarla, ma con quale intento? Qual'è il risultato che vogliamo raggiungere?Intanto di accertarci se c'è il nodulo e poi una volta intercettato il nodulo vogliamo sapere se è possibile lasciarlo per non sottoporre 8-10 % della popolazione ad intervento chirurgico .E allora dobbiamo vedere cosa può essere un nodulo. Immaginate in un esame obiettivo di identificare un nodulo. Qual'è la prima cosa che ci dobbiamo chiedere?Grosso modo l' iperfunzionante ci siamo vicini, cosa più grossolana , se siamo nell'ambito di un gozzo multi nodulare e questo è un nodulo prevalente o se è un vero nodulo isolato.Il nodulo isolato nella tiroide ben circoscritto da una capsula fibrosa , in cui la usa struttura sia diversa dal parenchima circostante come lo chiamiamo?ADENOMA quindi qui ll problema è stabilire di fronte ad un nodulo è un ADENOMA o è un nodulo nel contesto di un gozzo multi nodulare.Quale altra indagine potremmo fare? Con l'ecografia cosa potremmo vedere?Se contiene liquidi ossia se è una formazione cistica. Immaginate l' interruzione di un vaso , stravaso emorragico, in realtà sono pseudo cisti .Dobbiamo stare attenti a qualche cosa nella parete di questa cisti?Studiare bene la parete perché se la parete è sottile e regolare cisti ci può bastare , pseudocisti , ma c'è una trappola , cosa può sembrare una pseudocisti invece è qualcosa di diverso?Questo stravaso emorragico può trovarsi anche in un tumore maligno? SI allora attenzione alla parete , se è spessa è irregolare non dovete fidarvi , cosa dobbiamo fare irrinunciabilmente ? L' AGOASPIRATO, se non vediamo atipismo possiamo dire che è una cisti .Se si riforma rapidamente il il liquido per sicurezza conviene intervenire, e se è una cisti il problema è risolto in questi termini, ma se invece è un nodulo solido , l'ecografia ci dice che è un nodulo solido e tutto attorno non c'è nulla , quindi è un adenoma, cosiddetto adenoma tiroideo.Cosa dobbiamo fare ? La scintigrafia. Questa è la soluzione, perché vogliamo vedere che cosa ? Se è caldo il nodulo, ma se è freddo sono problemi. Allora a questo punto facciamo l' ago aspirato.Cosa vogliamo veder con l' ago aspirato? Se ci sono cellule atipiche .Ma se non ci sono cellule atipiche..., solo cellule troviamo? Dobbiamo porre attenzione alla quantità di colloide. Allora se noi troviamo un nodulo , solido, caldo, con colloide , abbondante, possiamo ancora pensare di non intervenire , ma se il nodulo è freddo , ricco in cellule , cosa può essere?Può essere un adenoma. Cosa forma un adenoma nella tiroide se la struttura normale è fatta da follicoli? Adenoma follicolare. Benigno o maligno l'adenoma follicolare ? Per definizione un adenoma è benigno. Sappiate che gia in un quarto dei casi ci sono alterazioni genetiche, se è capsulato non ci sono problemi. Quando possiamo dire che è maligno , che è un carcinoma follicolare ? Cosa dobbiamo vedere? Infiltrazione della capsula, angioinvasività .

L' atipismo è importante in un tessuto endocrino? Provate a guardare a casa la fotografia di un feocromocitoma , le atipie sono mostruose, non possiamo fidarci dell'atipismo cellulare.Si legge in qualche libro anisocariosi , una certa attività mitotica , nucleoli prominenti , ma la realtà è che non ci sono caratteri forti per fare la diagnosi differenziale tra adenoma follicolare e carcinoma follicolare, serve solo infiltrazione della capsula e angioinvasività.Allora capite che la citologia non ci può mai permettere di fare la diagnosi di carcinoma follicolare però cosa ci può dire? Vediamo cellule follicolari, è un nodulo produce tanta colloide se le altre cose sono in accordo puoi anche non intervenire, se invece il nodulo è freddo , ci sono tante cellule, scarsa colloide , cosa può essere ? Adenoma follicolare o carcinoma follicolare, in citologia non te lo posso dire poiché i criteri di malignità, infiltrazione della capsula e angioinvasività, non si vedono , e allora non potendogli dire se è adenoma o carcinoma gli dirò neoplasia follicolare.Tu clinico che ti vedi arrivare questa diagnosi cosa fai? Una emitiroidectomia e porti via il nodulo, se è capsulato adenoma follicolare , se vedi l' infiltrazione della capsula e carcinoma follicolare e quantizzerai i focolai di infiltrazione della capsula studiando l'invasività.A questo punto: neoplasia follicolare, adenoma, carcinoma follicolare; ma il nodulo potrebbe essere un altra cosa , c'è un altra varietà frequentissima di neoplasia follicolare, si chiama CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE.Uno pensa che se si chiama carcinoma papillare vediamo delle papille, invece scopriamo che possono non esserci papille e che è tutto composto da follicoli.Come chiamiamo questa entità? Carcinoma papillare variante follicolare cosiddetto tumore di LINDSEY. Quand'ero studente mi chiedevo ma se non vediamo papilla perché lo dobbiamo chiamare papillare?Infatti oggi studiando le mutazioni genetiche si è visto che questa entità tumore di LINDSEY è molto più vicina ai carcinomi follicolari che a quelli papillari.Ma sono papille? Sono follicoli? e questi follicoli da cosa si diversificano dai follicoli di un carcinoma follicolare? Dai caratteri del nucleo . Il nucleo follicolare con cellule follicolari anche carcinomatose è rotondo , sono nuclei distanziati , ricchi di cromatina e i nucleoli sono evidenti, ma monomorfi , si rassomigliano tutti. Invece i nuclei del carcinoma papillare sono poveri di cromatina , vescicolosi , chiari , non più rotondeggianti e come se qualcuno li volesse prendere e li schiaccia li deforma, deformandoli restano delle linee di membrana nel contesto del nucleo , come delle incisure a chicco di caffè importantissime e poi parti di citoplasma possono introflettersi nel nucleo e sembrano degli inclusi nucleari, perchè vi sto raccontando queste cose? Perché la diagnosi di carcinoma papillare nasce da queste valutazioni, esiste perché esistono queste alterazioni nucleari che si possono vedere in citologia.E allora mentre in citologia io non posso dirvi adenoma, carcinoma follicolare in citologia posso dirvi carcinoma papillare. E cosa cambia? Si fa la tiroidectomia subtotale.Anche se è capsulato? Si anche se è capsulato. Non vi sembra una contraddizione?Interviene un COllega: “ovviamente al prima ago aspirato non posso fare diagnosi di carcinoma papillare “ - la fa alla seconda...-come stanno le cose? Perché? Esiste l' adenoma papillare? Probabilmente si ma per ora in nosografia non è prevista questa dizione e ogni volte che sentono papille o follicoli rivestiti da cellule con quei caratteri nucleari noi diciamo papillare o variante follicolare del papillare.Ma è ben capsulato! Lo stesso mi dici carcinoma? Si ti dico carcinoma papillare ben capsulato.Ma nel caso del carcinoma follicolare abbiamo fatto l' emitireoidectomia qui perché la tiroidectomia sub totale ? QUAL' è LA SPIEGAZIONE?Perché il carcinoma papillare è più spesso multifocale.Il follicolare può essere unico, il papillare è spesso multi focale.Quindi noi verosimilmente togliamo qualcosa di capsulato che non è maligno ma perchè vogliamo essere sicuri nella restante tiroide non ci sia nulla che possa avere una evoluzione sfavorevole.Chiaramente poi nel papillare possiamo avere infiltrazioni capsulari con invasività e interessamento diffuso della ghiandola.

Allora volendo riassumere di fronte ad un nodulo tiroideo cosa dobbiamo fare?È una condizione patologica che troveremo con una certa frequenza.la prima cosa che dobbiamo fare è capire se è veramente un nodulo unico o se ci troviamo nel contesto di un gozzo multi nodulare .Se è un nodulo unico il nostro impegno sarà di toglierlo o di vedere se possiamo lasciarlo?Se possiamo lasciarlo. Per lasciarlo di cosa abbiamo bisogno?Di un nodulo che funzioni e che al citologico ci sia tanta colloide.Possiamo trovare tireociti purché non abbiamo quell'atipismo nucleare.Perché se questi tireociti hanno nuclei vescicolosi , incisure a chicco di caffè (GROWS) se hanno inclusi nucleari e allora la diagnosi sarà sul citologico carcinoma papillare quindi che il chirurgo vada in sala operatoria e faccia una tiroidectomia sub totale, perchè molto spesso la lesione è multifocale.Se invece troviamo tireociti con poca colloide,ma senza le atipie nucleari del papillare , non potendo dire adenoma o carcinoma noi procediamo con l' emi tiroidectomia.Gli autori anglosassoni anche per le lesioni papillari fanno l' emitireidectomia, loro dicono che se anche interveniamo in 2 tempi questi pazienti vanno sempre meglio di quelli che hanno fatto la tiroidectomia totale o sub totale.Gli italiani dicono che non sanno operare questi pazienti e che noi siamo rappresentati mondiali di patologia tiroidea , loro hanno un numero elevato di ipo para tiroidismo e di paralisi del nervo laringeo, noi no quindi noi procediamo alla tiroidectomia , addirittura in questo senso non lasciamo nulla , perché non lasciano nulla perché hanno bisogno di sapere se ci sono altre localizzazioni e poi per la terapia che faranno vogliono che non ci sia parenchima tiroideo residuo quindi sono scelte chirurgiche.Sull' AFIT forze armate americane c'era scritto sopravvivenza a 10 anni 106% ovviamente è un errore di stampa questo la dice lunga sul comportamento delle neoplasie papillari , direi che in un soggetto giovane il carcinoma papillare non preoccupa deve essere grande in un soggetto adulto, soprattuto nei maschi, soprattuto vicino alla capsula tiroidea e se sconfina , allora li diventa più aggressivo . Per capire con che cosa ci confrontiamo dobbiamo sapere che quando il papillare metastatizza ai linfonodi non si fa la linfoadenectomia di elezione ma si toglie solo quel linfonodo clinicamente coinvolto ,il resto si lascia questa è un opzione che va per la maggiore in tutto il mondo , noi italiani siamo un po più aggressivi sotto il punto di vista chirurgico-terapeutico.Adesso vediamo qualche immagine:Voi sapete chi ha insegnato a scrivere ai greci ? I fenici che usavano un sistema sillabico.I greci utilizzarono l' alfabeto dai fenici. 40 00Mostra un immagine...questi sono follicoli...vedete quanti vasi interconnessi con l' interstizio guardate i nuclei di questi follicoli tutti in fila tutti alla base cellulare questa è una tiroide poco funzionante.Guardate questi nuclei distanziati l' uno dall'altro tutti rotondi tutti piccolini e sono blu quasi uniformemente perché contengono tanta cromatina , quadro di benignità, reperto normale.Andiamo allo HASHIMOTO vedete che non è più la tiroide che abbiamo visto fin ora residua qualche follicolo , proliferazione del parenchima e cosa vediamo qui? Un centro germinativo , io qui non posso dire che è un HASHIMOTO ma solo con questa immagine solo con un follicolo c'è una cosa che attira la mia attenzione , la colloide addensata poca colloide addensata per noi è un segno importante.Cos'è questo ? Vedete il follicolo? Mantello centro chiaro e qui tendono a formare follicoli? Vedete il nucleo con la colloide? Che colore è? Sono quelle cellule che abbiamo visto piccoline appiattite con il nucleo rotondeggiante, c'è qualcosa di diverso. Che colore prevale? Vedete quanto rosso , vuol dire che hanno tanto citoplasma , cioè è una trasformazione oncocitaria nell' ambito di una tiroidite di HASHIMOTO , follicoli e trasformazione oncocitaria.A più forte ingrandimento... questo è un centro chiaro , mantello , vi sembrano i nuclei che abbiamo visto poco fa piccolini? Questi no sono più voluminosi ma hanno tanto citoplasma attorno,

trasformazione oncocitaria; questa immagine da sola ci fa porre diagnosi di tiroidite di HASHIMOTO, il vedere le 2 cose assieme mi autorizza quasi certamente a dire che è una tiroidite di Hashimoto , questo è uno degli aspetti, non più rosso bruna ma grigio giallastro a volte addirittura grigio biancastro .E qui cosa è successo?Fibrosi , cellule infiammatorie, qualche follicolo residuo, è la sclerosi , la fibrosi chissà se alcuni casi di tiroidite lignea di Riedel non siano fasi finali di tiroidite di Hashimoto .Questa è la tiroide in fase finale non Hashimoto...vediamo il gozzo parenchimatoso, colloidocistico , multinodulare...qui si può avere l' impressione che sia un nodulo unico? Può esser un gozzo multinodulare con un nodulo prevalente... ancora colloidocistico e questo è un multinodulare classico fenomeni regressivi, fibrosi , iperplasia rigenerativa di compenso.Guardiamo l' istologia , cosa vedete? Qui è quasi normale, qui i follicoli sono dilatati , c'è uno spettro dimensionale, ma soprattuto c'è molto connettivo, non c'è più parenchima e questo sembra un nodulo , quindi sono accadute turbe trofiche , sostituzione connettivale e un nodulo rigenerativo.Potrebbe essere un nodulo iperfunzionante? Guardate questi follicoli osservate la colloide vicino alle cellule che sono tutte al bordo e guardate quest'altro...come è la colloide , vedete che è tarlata , cioè i tireociti stanno assorbendo la colloide perché devono staccare l' ormone quel poco che viene prodotto , questo è un segno morfologico di iperfunzione tutto cosi può diventare un adenoma di Plummer . Ancora iperfunzionante , e qui vedete l' atrofia di questa zona di parenchima , compressa tra i due noduli e proprio questo che porta alla fibrosi ai noduli rigenerativi e al gozzo multinodulare, questo è un gozzo colloidocistico , qui abbiamo un segno morfologico che è una colloide che non serve a niente c'è ne tanta ma è tanta tireoglobulina e non c'è ormone tanto è che le cellule non lo riassorbono.Follicoli dilatati, infiltrato infiammatorio con follicoli linfatici a centri chiari. Guardate questa immagine...io e voi a questo punto abbiamo le stesse conoscenze, la struttura non è normale i follicoli sono irregolari e dilatati e ci sono delle atipie ci sono delle papille che servono a raccogliere più cellule , quindi c'è una proliferazione cellulare, potrebbe essere un carcinoma papillare ? Una tiroidite di Hashimoto? Cosa manca? La fibrosi e la trasformazione oncocitaria, quindi abbiamo una proliferazione cellulare aumentata e follicoli con centri chiari , conoscete qualche malattia della tiroide con queste caratteristiche? Malattia di Basedow.Questi nuclei vi sembrano diversi da questi altri ? Sono gli stessi. Il carcinoma papillare invece deve avere i nuclei vescicolosi con incisure a chicco di caffè quindi non è un carcinoma papillare, allora è in' iperplasia papillare che sta li e non ci deve preoccupare più di tanto , e questa immagine ce lo dice chiaramente , iperplasia papillare, noi abbiamo un altro segno per capire che è iperplasia :ci sono follicoli nell'asse delle papille.Nodulo tiroideo :abbiamo detto che può essere una cisti, e l'adenoma è una lesione unica ben circoscritta, ben capsulata la cui struttura è diversa da quella del parenchima circostante , cosiddetto adenoma perché in un numero significativo di casi ci sono già alterazioni genetiche.Ed eccolo qua in sezione, ben circoscritto , nodulo unico , qui si vede la capsula spessa .Un adenoma follicolare , se forma follicoli come possono essere? grandi o piccoli ? Oppure non forma follicoli e forma solo trabecole . Sono tutti istotipi dell'adenoma follicolare e non hanno grande rilievo pratico tanto che neppure li segnaliamo.L'adenoma follicolare atipico significa che ci sono deviazioni rispetto alla norma, è un termine che andrebbe bandito quindi non usiamolo.Tumore a cellule di Hurtle (tedesco) Ve ne parlo perchè quando si vedevano questi adenomi con la trasformazione oncocitaria si diceva che fossero più aggressivi di un adenoma follicolare normale , normale nel senso classico , abbiamo scoperto che questo non è vero.

Se trovate adenomi oncocitari come tumori di Hurtle non preoccupatevi perchè si comporteranno come un adenoma follicolare ne più ne meno.E allora vediamolo...questa è la tiroide normale guardate la differenza, questa è la capsula , il nodulo, qui si vedono follicoli piccoli micro follicoli , macro follicoli , anche trabecole , è un adenoma follicolare , la capsula è indenne anche se sottile e quindi la diagnosi è confermata: adenoma follicolare .Qui si vede meglio la capsula, questa è la tiroide normale , qui c'è qualche follicolo piccolo , micro follicolo , ma soprattuto trabecole , è la variante trabecolare dell'adenoma follicolare .Questa è la variante trabecolare, i nuclei come sono? Distanziati scuri , quindi con tanta cromatina , lesione benigna.E qui? C'è anisocariosi? Si però è una ghiandola endocrina quindi ignoriamo. Forma follicoli? Si quindi è un adenoma follicolare, questa classificazione vale per dire carcinoma papillare? Guardate qua c'è pure un'incisura, e questo è un caso controverso che rigiudicheremo appresso.Ecco l' adenoma oncocitario ampio citoplasma eosinofilo cordoni e trabecole , si comporta come il follicolare, ancora a più forte ingrandimento le caratteristiche dell'adenoma oncocitario , citoplasma ricco di mitocondri e questa granulosità , i nuclei sono distanti l' uno dall'altro , anche se nucleolati non sono vescicolosi ne sovrapposti . Guardate l' atipismo marcato però anche se ben capsulato e senza invasività è un adenoma follicolare, il comportamento è benigno .E vediamo il carcinoma papillare...già qui che sia papillare lo possiamo dire , qua c'è qualcosa nel centro che ci può preoccupare che è questa fibrosi, cosa vediamo? Papille. Stavolta diverse da quelle sparute e isolate che abbiamo visto finora , quindi qui io sento l' urgenza di andare a guardare la citologia . Come sono le cellule?Nuclei con cromatina evidente con tendenza a sovrapporsi e poi nell'asse delle papille notiamo con un colore scuro e intenso una micro calcificazione , l' adenoma papillare della tiroide può avere micro calcificazioni. Vi serve questa notizia per la vostra pratica? Se in un nodulo tiroide vedo micro calcificazioni è un carcinoma papillare fino a prova contraria, qui si vedono meglio i nuclei vitrei cromatina dispersa, ancora con ricca tendenza alla sovrapposizione è un classico carcinoma papillare.E qui cosa vedete? È a fortissimo ingrandimento , questa può sembrare sembrare un inclusione invece è un artefatto, guardate l' inclusione , deve avere lo stesso colore del citoplasma , perchè è citoplasma incluso nel nucleo. Qui la diagnosi è di carcinoma papillare .Ricordate che vi ho accennato alla zona di fibrosi nel tumore... spesso il carcinoma papillare stimola reazioni di tipo fibrosante , infatti quando io guardo una tiroide la prima cosa che faccio è cercare le aree di fibrosi , è li che vado a stanare il mio nemico.Che ve ne pare di questa? Vi sembrano dei nuclei vescicolosi? Lo stiamo guardando dall'aereo, siamo ad una distanza notevole, pseudo papilla , carcinoma papillare ? NO è un iperplasia papillare non solo dei nuclei , ma guardate cosa c'è nell'asse: i follicoli.Vediamo il tumore di LINDSEY...non vedo papille, vedo follicoli , però i caratteri nucleari sono indiscutibili , variante follicolare del carcinoma papillare, tumore di LINDSEY.I criteri di malignità li abbiamo visti, infiltrazione capsulare e angioinvasività. Vi sembra una lesione follicolare o papillare? È una neoplasia follicolare, dobbiamo decidere , è un adenoma o è un carcinoma? Guardiamo la capsula , qui come vi sembra ? Spessa . Vi sembra infiltrata da qualche parte? adenoma follicolare.E qui? Questo è l'adenoma cosa è successo? Guardate a fungo, l'ha superata ha fatto il buco ed è passato oltre , questo è un chiaro segno di infiltrazione capsulare, carcinoma follicolare.Debbo anche quantizzare l' estensione perchè da 4 focali in su pare che si comportino peggio.E qui cosa vedo? Questa è la capsula, la lesione follicolare , ma vedo un focolaio di angiogenesi , carcinoma follicolare .

E questo? Cosa vi sembra? Questo è un vaso , dentro che ci trovo? E queste che sono? Calcificazioni, e quindi? Papille , e allora cosa sta succedendo? Invasione linfatica del carcinoma papillare tiroideo.Domanda di un collega: l'adenoma di Plummer non è un adenoma atipico?L'adenoma di Plummer oggi è ritenuto più verosimilmente un nodulo iperfunzionante prevalente nel contesto di un gozzo multi nodulare è ovvio che se lui è iperfunzionante sopprime tutti i noduli vicini, diventa prepotente e si vede solo quello , invece l' adenoma è un lesione isolata .La domanda che io potrei porvi agli esami: che cosa è un adenoma tiroideo?Voi dovete rispondere : una lesione unica ben circoscritta da una capsula la cui struttura istologica è diversa da quella del parenchima tiroideo circostante poi se qualcuno vuol fare un atto di presenza e testimoniarla dirà cosiddetto adenoma tiroideo perchè noi sappiamo che almeno nel 25% dei casi sono già presenti mutazioni genetiche .RITORNA IL COLLEGA...!: “quindi nel morbo di Basedow-Graves si va ad instaurare progressivamente un gozzo, ovviamente visto che la ghiandola è iperfunzionante non passiamo dalla fase di gozzo cistico...”Risposta: perfettamente , c'è sempre un aumento numerico degli elementi dei tireociti ma non c'è di fatto....?Noi abbiamo un imperativo mai fare diagnosi di carcinoma tiroideo nel morbo di Basedow se non ne siamo totalmente convinti altrimenti rischiamo di sopravalutare quelle papille che avete che avete visto e dire che è carcinoma papillare mentre in realtà sono solo intendi fenomeni proliferativi.Che cosa vi posso chieder agli esami?Ovviamente l' HASHIMOTO , il gozzo , ma quello che potrei chiedere è qual'è il suo comportamento nei confronti di un nodulo tiroideo e voglio sentire il vostro ragionamento che non deve essere memoria , non deve essere il ragionamento che ho fatto io, perchè non è che il mio è vero ed è indiscutibile vi ho solo dato una proposta ognuno la può adattare al suo ragionamento e ricordatevi che meno cose mi dice più io sono contento .Il nostro impegno deve essere sempre quello di distillare le conoscenze che è quello che vi insegno qui. L' altra domanda potrebbe essere a cosa serve la citologia in patologia tiroidea. La mia raccomandazione è questa: per chi non c'è stato e vuole recuperare , non ho nulla contro gli appunti ma non comprate appunti carta straccia , andate dal collega bravo e intelligente e sveglio perchè di solito è sempre il meno bravo che fa queste cose , nulla contro gli appunti ma che siano buoni.

Patologia mammaria - Lezione Aragona 23-11-11 Riccardo Calia

Oggi affrontiamo questo capitolo: patologia mammaria.

Cercheremo di esaminare le lesioni che portano al cancro mammario; quindi vedremo la sequenza che dal normale porta al cancro.

Il professore fa una digressione sullo stato della politica attuale e delle critiche che noi giovani dovremmo muovere in questo periodo così brutto del nostro paese!!!!!!!!

Mastopatia fibrocistica: che cosa ve ne pare di questa definizione? Che cosa immaginate possa avere una persona così? Masto lo comprendiamo; Patia invece è sofferenza; ma che significa? questo per adesso lasciamolo perdere.Fibrocistica? Cosa pensate ci sia in questa mammella? Fibrosi e cisti, che ci possono essere,ma tante volte non ci sono! Ma questo è un nome e lasciamolo perdere!Quale differenza pensate ci possa essere tra una mammella normale ed una affetta da cancro? Ci potrebbe essere iperplasia, fermo restando che l' iperplasia non è una pre-cancerosi! Abbiamo deciso che per pre-cancerosi ci vuole un certo rischio corposo, perché sennò avere delle mammelle sarebbe come avere una pre-cancerosi!Perché con questo nome, voi sapete oggi lo applichiamo a che cosa? All'istologia! sappiamo definire una displasia. Che cosa ci aspettiamo?se c'è displasia perché non utilizziamo questo termine? perché con il termine displasia hanno indicato in passato tutta la malattia. Si parla infatti di displasia mammaria, come la displasia dell'anca! Ora si è detto: visto che la displasia indicava la malattia, mentre oggi questo termine viene utilizzato come criterio microscopico, forse è meglio che non si utilizza più! Ed ecco perché è scomparso il termine displasia.Perché tutta questa terminologia equivoca? Avrebbero potuto chiamarla iperplasia e poi aggiungere magari iperplasia atipica. Vedremo perchè per certi versi viene fatta una confusione più totale.Quindi questa in realtà è una condizione in cui c'è iperplasia, displasia, ma siccome i termini sono stati usati impropriamente ecco i risultati!Non sappiamo come chiamare la malattia!Quindi per darle un nome? In certe condizioni c'è iperplasia ed in altre c'è displasia. D'accordo?Perché non usiamo iperplasia? Perché non viene utilizzata per indicare la displasia della mammella;e perché non utilizziamo displasia? Perché indicava tutta la malattia!Insomma basterebbe tutto questo per far capire la confusione che esiste.Quale può essere la causa che porta alla malattia? Intanto, senza voler preoccupare le colleghe, è una specie di decimazione internazionale!E allora un consiglio che vi da un vecchietto...... il medico è portato a pensare che queste patologie appartengono agli altri e mai a se stesso. Il medico fa spesso come lo struzzo,cioè è l'ultimo a farsi i controlli.Dai 20anni e al massimo dai 25 anni in su, tutte le donne sotto controllo strettissimo! Ovviamente non dico radiografie, mammografia, ma una visita accurata e soprattutto un esame ecografico. Attenzione la visita accurata in cosa consiste? Cercheremo di capirlo alla fine di tutta questa storia che cosa può essere una visita.E allora guardate intanto l'avversario! Probabilmente gli estrogeni, cosa vuol dire? C'è veramente un incremento della concentrazione? Oppure c'è uno sbilanciamento fra gli estrogeni e le molecole che li controllano? Ce lo siamo già detto tante volte: a cosa servono gli estrogeni?Gli estrogeni vanno nel lume e lì incrementano l'attività produttiva. Oggi gli estrogeni, l'abbiamo già detto in altre lezioni, sono quelli della peggior specie chimica, i più aggressivi, quelli che vengono usati per far crescere gli ortaggi o per aumentare di peso gli animali.( Io ricordo 40 anni fa, la sterilità era un problema prettamente femminile, oggi al contrario è un problema prevalentemente maschile; 40 anni fa le donne avevano le ovaie, mentre gli uomini no! Oggi comincia ad esserci un po' di confusione. È chiaro che c'è qualcosa che non va!)L'incidenza è tanto elevata.Qualche altro cancro ha un'incidenza così elevata? La prostata. Che da un punto di vista istologico assomiglia enormemente alla mammella! Ecco queste due neoplasie stanno davvero sconvolgendo l'umanità.Quindi attenzione agli estrogeni. Ma perché cosa fanno questi? Aumentano l'attività! quindi ci si immagina che ci sia un aumento del numero delle cellule, ma sempre sotto il controllo di meccanismi di feedback.Se c'è un' iperplasia è chiaro che queste cellule devono essere ospitate da qualche parte e il tessuto normale deve modificarsi.Ma qual'è la struttura normale della mammella? È un organo sempre al massimo dell'attività produttiva? No!È un organo che ci prova ogni 28 giorni, vediamo se va bene e se si può fare questa cosa! E poi ritorna alla situazione di base. E quindi come fa' con quei 15- 20 dotti galattofori? I più grossi, questi si ramificano, fino a costituire le parti terminali.

Quindi c'è sul nome di questa struttura una confusione pazzesca; io vi propongo di chiamare solo lobulo, la parte terminale e tutto sommato potremmo chiamare acini queste parti terminali che si trovano nel lobulo. Di che cosa si tratta? Sono le ramificazioni dei dotti, le ultime!Normalmente visto che la mammella ha queste funzioni cicliche,questi non sono ben sviluppati, non assumono l'aspetto caratteristico di acini, però sappiamo che sono la parte terminale e per comodità li chiamiamo acini.Però la struttura dell'organo deve essere pronta ad accettare le ramificazioni di queste strutture ghiandolari, perché durante la gravidanza, chiaramente devono accogliere più cellule e se le devono accogliere, devono essere pronte anche dilatarsi in una certa misura. Quindi il connettivo che circonda gli acini è un connettivo che deve cambiare sotto stimolazione ormonale e noi lo chiamiamo "mantellato".Quindi come riconosciamo le parti terminali? Il connettivo è di colore roseo-biancastro, perché ho connettivo ormono-dipendente che può modificarsi e accogliere la proliferazione delle cellule.C'è un altro connettivo che invece non si modifica e ha azione soltanto trofo-meccanica, quindi di sostegno e nutrimento.E allora la struttura fondamentale del parenchima mammario e il lobulo, gli acini,i duttuli e il connettivo mammario.Se guardo con attenzione il rivestimento, mi accorgo di una cosa: che cellule sono queste? Come descrivereste? Cilindriche a pseudo stratificazioni!Queste invece che sono?delle secrezioni apocrine. Quali altre ghiandole hanno un tipo di secrezione di questo tipo? quelle della cute.E allora la mammella che c'entra con queste struttura? È una ghiandola apocrina modificata!Questa immagine ha una potenza pratica notevolissima perché ci fa vedere una cosa: chiamatele come volete: staminali, germinative..... Ma vedete che c'è un duplice stato? Questo concetto è basilare: ogni qualvolta avete di fronte un duplice strato potete essere sicuri che vi trovate di fronte ad un processo......(non si sente nulla). Se questo duplice strato non è più visibile vuol dire che c'è una turba della differenziazione e maturazione, quindi che c'è una displasia o qualcosa di peggio.Cosa accade se c'è uno stimolo persistente ed un iperestrogenismo assoluto o relativo? Aumentano le cellule, e queste devono essere accolte!Cosa fanno queste parti acinari terminali?Proliferano, addirittura si ingrandiscono, per poter accogliere più cellule. Per far questo, il connettivo mantellare cosa deve fare? Diventa più edematoso e consente di ospitare questa proliferazione.Allora nel suo contesto il lobulo avrà una struttura normale? No! Sarà più grande. E come l'hanno chiamato? Adenosi. Cosa significa? Adeno significa ghiandola! Osi invece significa degenerazione. E cosa c'entra con quello che abbiamo detto? Capite che non c'entra niente; è un termine messo lì ma non si sa perché! Si chiama adenosi!!!!La mia domanda é questa: clinicamente pensate che si possa evidenziare l'adenosi? Intanto se il meccanismo è questo la lesione sarà focale o diffusa? Diffusa! E allora questi lobuli che aumentano di volume che fanno? Se facciamo un esame obiettivo che possiamo sentire? Dei noduli di piccole dimensioni che ricordano i pallini da caccia (quelli per prendere le allodole,da 10- 15, piccolissimi) ecco cosa sentiamo alla palpazione!avrò questa sensazione: pallini da caccia! La paziente che cosa ci racconta?Tensione, dei dolori mestruali, toccate i pallini da caccia ed ecco che la diagnosi è fatta:malattia fibrocistica,adenosi.Causa:iperestrogenismo assoluto o relativo.Rischio: molto basso, quasi niente, se non quello connesso con l'iperestrogenismo.Cosa accade se c'è regressione? E per esempio è lo stroma mantellare a regredire prima? Va in fibrosi! Ed ecco che nella malattia fibrocistica ci può essere la fibrosi. Ma se l' adenosi non basta ad accogliere queste cellule,gli acini aumentano ancora di dimensione, diventeranno Microcisti, o ancora più grandi macrocisti e noi possiamo vedere questo sia all'esame obiettivo che all'esame ecografico.All'esame obiettivo vedremo che i pallini da caccia diventano più voluminosi, avvolte un nodulo particolarmente voluminoso; facciamo un'ecografia e vediamo che ci sono cisti.Che cosa accade se la parete di questi elementi, acini, microcisti e macrocisti si interrompono? Il secreto fuoriesce, va nello stroma mantellare e suscita una risposta infiammatoria,flogosi! Poi siccome la ghiandola è apocrina modificata,non avremo nessuna meraviglia nel trovarla una metaplasia apocrina.

Adenosi sclerosante fibrotica? Fibrosi è quando tutto il lobulo va in fibrosi; l'adenosi sclerosante quando ce l'ha soprattutto il connettivo mantellare che intrappola le ghiandole.Perché ne facciamo una entità a parte? Perché può simulare morfologicamente un carcinoma infiltrante, ma è solo una trappola per gli anatomopatologi.

E allora cosa dobbiamo ricordare di questi nomi scritti lì? (Non rivoglio saperli a memoria ma voglio raccontata la storia!) Allora la storia è così: "ci troviamo nella mammella, la struttura della mammella è una struttura lobulare, e questi si trovano inglobati in un connettivo che ha funzione trofica e di sostegno.Come è costituito il lobulo?È La parte terminale delle ramificazioni dell'angolo duttale.Vi troviamo acini,

duttuli, e un connettivo specializzato ormone-dipendente ,lo stroma mantellare.La patologia mammaria, alterazione, mastopatia fibrocistica, come la volete chiamare è legata ad un iperestrogenismo assoluto o relativo. Vi è un aumento del numero di cellule, quindi stiamo parlando di iperplasia, d'accordo! Quindi avremo questo aumento di cellule che porterà all'adenosi, alle microcisti e macrocisti, dipende da quante cellule accoglie.Poi ci può essere una regressione del connettivo, fibrosi-adenosi-sclerosante; se c'è una interruzione della parete avremo flogosi, altrimenti metaplasia.

Domanda di una ragazza: "può ripetere cose è l'adenosi sclerosante? Noi abbiamo detto che proliferano insieme gli acini perché devono ospitarere più cellule e lo stroma mantellare perché ormone-dipendente. Ma può esserci una regressione, cioè uno dei due può regredire o se lo fanno assieme vengono sostituiti da tessuto fibroso, i lobuli spariscono e c'è una fibrosi. Ma se regredisce solo lo stroma mantellare cosa accade? Questo va in fibrosi e gli acini che si trovano lì dentro vengono strozzati, e l'impressione guardando il preparato istologico e che ci possa essere un carcinoma mammario. Perché dico questo? Come facciamo a fare la diagnosi di lesione benigna? Guardiamo, e se c'è la struttura nodulare conservata già ci facciamo un'idea e quindi avremo: una struttura organoide conservata. Cioè vedo i lobuli e questi sono in condizioni di essere idealmente contornarti con una penna, con un pennarello. Ma se io non vedo questo e non riesco più a contornarli, mi preoccupo perché la struttura è sovvertita. Che cosa è che può sovvertire la struttura? Il cancro, ma anche la fibrosi sclerosante, perché quando il connettivo mantellare diventa come quello meccanico di sostegno, io cosa vedo? Solo ghiandole messe nel connettivo, non riesco più a distinguere il mantellare da quello di sostegno e quindi avremo l'adenosi sclerosante!

Domanda: non capisco cosa inserisce la metaplasia cornea? Neppure noi! Cioè sappiamo che ci sono delle situazioni in cui l'epitelio in duplice strato assume caratteri morfologici tipici di una ghiandola.....l' Unica cosa che possiamo dire è: metaplasia cornea! Sappiamo che non ha nessun rischio connesso; quindi vedrete adesso dalle immagini (le immagini sono più forti delle mie parole) guardando capiremo che cosa significa.Immaginate di avere una penna e di dover circondare strutture globulari, le vedete? Questo è il grasso, queste connettivo di sostegno mentellare, forse un altro lobulo qui, questo è il dotto più grande.... Quindi qui comunque la struttura organica è conservata. Ma qui per esempio, vedete, la fibrosi del connettivo martellare fa perdere l'aggregazione mantellare. Cosa sono queste? Microcisti! Ecco, qui io cosa sto vedendo? Proliferazione di acini, quindi adenosi, microcisti, fibrosi, aree di adenosi sclerosante tutto un insieme per la diagnosi di malattia fibrocistica. Rischio molto basso! Che cosa ho visto all'esame obiettivo? pallini da caccia (andato su Internet a vedere tutti i tipi di pallini di piombo che vanno dall'1 al 11. Sono un cacciatore contento!)Per conferma della diagnosi di malattia fibrocistica cosa dovrei fare? Per essere sicuro? Vado a forte ingrandimento e cerco di vedere se l'epitelio è disposto in un duplice strato.Ancora questi microcisti, adenosi.... E queste? Calcificazioni nel lume della ghiandola? Ma questo è benigno o maligna? E allora le microcalcificazioni significano sempre malignità? Guardate che forma ha: piccola e rotondeggiante. (Commenta una serie di Slide e immagini dicendo sempre le stesse cose descritte!)

E allora queste lesioni da iperestrogenismo che noi incontriamo nella malattia fibrocistica essenzialmente hanno queste caratteristiche: l'adenosi, i pallini da caccia, macrocisti (pallini da caccia più grandi) e la fibrosi che da zone di addensamento alla radiografia.Allora una donna che ha senso di tensione, dolorabilità in rapporto al ciclo, in cui palpiamo queste caratteristiche, è una donna che ha bassissimo rischio di andare incontro ad un cancro mammario, almeno in queste fasi. Tutto ciò che abbiamo detto è infatti una iperplasia anche se viene chiamata malattia fibrocistica.Quindi tutti questi reperti sono evidenziabili sia all'esame clinico che radiografico. È ovvio che se c'è una macrocisti ce ne accorgiamo,la aspiriamo e li diventa piuttosto semplice.

La displasia: abbiamo detto che non esiste! Cioè la terminologia non prevede l'uso del termine displasia. Perché? Perché con displasia si intende tutta la malattia, quindi è stata abbandonata. E chiamiamo queste lesioni iperplasia duttale o globulare. Con il termine iperplasia si indicano le lesioni a rischio! Quindi guardate l'uso improprio della terminologia duttale o lobulare e uno cosa immagina? Abbiamo visto la struttura normale degli acini,dello stroma mantellare! Uno cosa pensa quando dico duttale?

La suddivisione segmentaria in tanti rami fino ad arrivare alla parte terminale del lobulo con acini e stroma mantellare.Uno che pensa se dice duttale(dotti),mentre lobulare interessa la parte terminale :acini e stroma mantellare. Tutta la patologia mammaria colpisce essenzialmente il lobulo.E allora duttale è praticamente ciò che colpisce dentro il lobulo la parte prossimale(piccoli dotti),mentre la parte più distale (viene chiamata lobulare)quindi in realtà:quali sarebbero i nomi giusti?Tutto dovrebbe essere chiamato lobulare,quello

prossimale: duttale;quello distale acinare.Quindi noi dovremmo avere lesioni lobulari e distinguere in duttalli e acinari invece no.Sono termini sbagliati ma di uso comune,ma sappiamo che però stiamo parlando quasi sempre di lesioni intralobulari. Se andiamo a guardare la citologia sia delle lesioni duttali o lobulari cosa dobbiamo trovare?Un duplice strato che è il segno della differenziazione.Ma se invece del duplice strato ne trovo fino a 4,c'è qualcosa che non va!Questa lesione viene chiamata IPERPLASIA DUTTALE LIEVE(per ora parliamo solo della duttale);se invece tutto il dotto é ripieno della proliferazione,io dirò che è IPERPLASIA DUTTALE MODERATA;se questo dotto in conseguenza alla proliferazione si dilata a dismisura, io dirò che è IPERPLASIA DUTTALE SEVERA(dotto di calibro aumentato)Domanda del proff:Un dotto ripieno da cell può essere palpato secondo voi?Se da 2 a 4 strati pensate di poter toccare qualcosa?Perfino quando questi dotti divengono grandi non c'è speranza di palparli!quindi le lesioni a rischio si inseriscono in un quadro di malattia fibrocistica.Non abbiamo modo per evidenziarli.Allora quando ce ne accorgiamo?Quando passiamo alla biopsia;ma per quale motivo siamo passati alla biopsia?Cerchiamo di vedere quale può essere la ragione.Intanto l'iperplasia lieve(vedete che non sono più 2 strati,qua ancora forse sono 2, ma qua non lo sono più, ma qui come è diventato il dotto è ricolmo quindi moderata, qui il rischio è più elevato e siamo a 2,5 volte di una donna normale.Andiamo avanti qui è grosso modo moderata ma guardate qui comincio a preoccuparmi perchè ho la sensazione che ci sia un aumento di calibro del dotto.Qui é comparsa una cosa che non mi convince:il dotto è grandissimo e c'è un certo atipismo.E allora quando nell'iperplasia duttale severa comincia a comparire un'atipia che non è ancora l'atipia conclamata del cancro, io parlo di iperplasia duttale atipica , oppure quando un dotto è per una certa parte iperplasia severa e per una parte carcinoma duttale in situ io parlerò sempre di iperplasia duttale atipica .Quindi vedete qual è la sequenza? IPERPLASIA LIEVE, MODERATA SEVERA,IPERPLASIA DUTTALE ATIPICA.Non sappiamo quali siano le alterazioni genetiche ma il rischio è elevato.Cosa c'è qui di interessante?Vedete il duplice strato,da cosa è nutrito?qui si vede la membrana basale,2 strati di cell, capillari.Questi come se la passano?È Degenerazione di cellule che vanno incontro a necrosi che seguirà il lume e se voi provate a comprimere, cosa uscirà dal lume di questo dotto?é come se fossero dei comedoni cutanei infatti vengono definiti comedoni carcinoidi. Ma a noi non interessa tanto spremere la mammella o sezionarla.Ma lì se c'è necrosi si liberano gruppi anionici e se si liberano gruppi anionici che cosa formano?Tratterranno il calcio e ricordate come era questa necrosi?Allungata e serpiginosa perchè segue il lume del dotto e le calcificazioni come saranno?allungate e serpiginose.Allora calcificazioni si , ma quali? non quelle rotondeggianti piccoline,perchè quelle ci preoccupano poco perchè solo quelle allungate e serpiginose dobbiamo pensare che sono il frutto di necrosi intraduttali e se c'è questa necrosi dobbiamo pensare che c'è proliferazione e le cellule più interne non ce l'hanno fatta e questo si che deve preoccuparci perchè merita la biopsia!Quindi capite perché si arriva alla biopsia? O perchè ci sono aree di fibrosi sospetta o di addensamenti e non riusciamo a capire se si tratta di cancro o fibrosi infiltrati.Oppure quando vediamo calcificazioni ci debbono portare alla biopsia.Uno potrebbe dire ma é facile distinguere la FORMA DI IPERPLASIA ATIPICA ed IL CARCINOMA DUTTALE IN SITU?no non è facileCapire se è un'iperplasia atipica o un carcinoma duttale in situ è complicato ed una volta hanno preso 10 esperti americani,gente che vedeva solo mammella,per analizzare una serie di lesioni complicate ma non si sono messi d'accordo una sola volta.In ogni caso ognuno diceva la sua!Ma tutto sommato che cosa cambia?Vediamo se occorre essere più precisi di quanto abbiamo detto!E' importante sapere se una lesione è duttale atipica o un carcinoma duttale in situ?Un volta che abbiamo asportato la lesione abbiamo fatto una specie di quadrantectomia, ma non è qui il problema!Ma se nella restante parte della mammella ho il cosiddetto “effetto campo” quello si che è un problema.Io ho fatto si che l'intervento possa essere terapeuticamente accettabile?La domanda é:ma quale rischio porto a questa pz?E allora le cose stanno in questi termini: Tutto ciò che è IPERPLASIA :2,5 volte rispetto ad una donna normale;IPERPLASIA DUTTALE ATIPICA: 5 volte;CARCINOMA DUTTALE IN SITU: 10 volte.Allora voi direte: “ma è difficile distinguere l'iperplasia duttale atipica dal carcinoma duttale in situ”?E' verissimo (filosofia del rischio relativo:7.5 volte ,quindi noi inquadriamo questa pz in un profilo genetico a rischio!)Se io dico che il carcinoma duttale in situ ha un rischio di 10 volte rispetto ad una donna normale, introduco un concetto che è spettacolare e di cui non avevamo idea fino a qualche anno fa.Se io dico che con il carcinoma duttale in situ c'è un rischio elevato,che cosa dico implicitamente?(dal punto di vista concettuale)Dico che tutti i carcinomi duttali diventano infiltranti?No.Lo capite dove è la novità?Solo ora cominciamo a capire che c'è gente che muore e si porta il suo carcinoma duttale in situ senza che questo

diventi manifesto!E allora guardate,carcinoma duttale,guardate la necrosi(.....),qui non c'è calcificazione, questo non lo posso palpare,ne lo posso vedere con le metodiche radiografiche.Qui cosa è successo invece?vedete la calcificazione?Questa è la sezione di un dotto ,è verosimile che poi sia serpiginosa,allungata ed irregolare e lo vedo in mammografia.Guardate quest'altra, si vede il carcinoma duttale in situ,qui siamo arrivati tardi!Guardate come è infiltrato.Ancora calcificazioni, qui vedete siamo arrivati tardissimo, questo è il dotto ,questo è il carcinoma mammario infiltrato.Ho parlato di duttale adesso dovrei parlare di lobulare.Gli studi sul carcinoma lobulare in situ sono assolutamente primordiali!Alcuni dicono: esiste un'iperplasia lobulare atipica,altri, invece,che esiste il carcinoma lobulare in situ.Altri dicono che non sappiamo riconoscere, quindi chiamiamo tutto NEOPLASIA LOBULARE IN SITU.Mentre per il duttale abbiamo:lieve, moderato,severo, iperplasia duttale atipica; per il lobulare l'unica cosa che possiamo dire è NEOPLASIA LOBULARE!Quando vedo questo quadro di piccole cellule monomorfe, penso che il cosiddetto lobulare sia acinare in realtà..Che cosa penso:che il tumore della parte più distale sarà ormone sensibile rispetto ad un duttale?Si.Se lo è,è più facile che sia positivo agli ormoni,ma è più facile che sia anche come?Se è sotto stimolo ormonale?Bilaterale!Ecco perchè è importante conservare lobulare,duttale.“FILOSOFIA DEL RISCHIO RELATIVO”Cosa dobbiamo portarci a casa?A cosa è legato il tumore alla mammella?ovviamente a errori genetici importantissimi,familiarità collocati su 2 cromosomi il 13 ed il 17(che con i loro numeri portano già sfortuna).Errori genetici:da cosa vengono evidenziati?Dall'attività proliferativa vogliamo gli estrogeni.Se c'è iperestrogenismo ma non ci sono errori genetici, tutto ciò che può capitare al massimo è una malattia fibrocistica.Però se ci sono errori genetici che si sommano allora voi capite che la sequenza comincia ad attuarsi.Gli estrogeni su cosa agiscono?Vediamo la struttura del parenchima mammario normale:capezzolo, dotti galattofori che si ramificano,segmentari,subsegmentari ed alla fine i frutti a livello terminale sono costituiti dal lobulo.Cosa troviamo dentro il lobulo?i piccoli dotti ramificati:duttuli o acini,siccome in un futuro per una gravidanza,possono ramificarsi e si ramificano perchè aumenta il numero delle cellule;il connettivo deve essere pronto a consentire questa ramificazione e allora il connettivo del lobulo naturalmente è detto mantellare.Ciò è importantissimo per l'ormono-dipendenza.Allora capite perchè nella mammella c'è un fibroadenoma?E' un tumore benigno in cui entrambe le code(?)proliferano.Quindi è un tumore in cui entrambe le code proliferano e perchè?Nel fibroadenoma deve esserci qualcosa a carico degli estrogeni che facilita la proliferazione istantanea delle code epiteliali e stromali.Allora patologie da iperestrogenismo:dobbiamo accogliere più cellule.Per farlo le parti terminali devono ramificarsi,in sezione più acini dentro il lobulo,il connettivo aumenta pure:risultato finale i lobuli sono più grossi e palperemo pallini da caccia!Questi pallini comprimono le strutture nervose,ed è il motivo per il quale la donna sente un senso di tensione e dolorabilità.Quando questo non basta diventeranno microcisti,questi acini delimitano molte cisti particolarmente voluminose,io ne ho viste da 15-18 cm.Adenosi,microcisti e macrocisti.Tutto va in regressione: fibrosi.Se va in regressione solo lo stroma mantellare,che diventa fibrotico,gli acini restano intrappolati:adenosi sclerosante,questa è importante per il patologo che può prendere una cannonata,perde le strutture organiche e dice che è un carcinoma soprattutto al microperatorio è un' adenosi sclerosante.Poi la ghiandola mammaria è una ghiandola endocrina modificata ,metaplasia apocrina.Se leggete questo termine non preoccupatevi,nessun problema.Se si rompe la parete duttale ed il secreto fuoriesce:flogosi.Perchè dobbiamo sapere queste cose?perchè la diagnosi è questa!Leggere malattia fibrocistica o alterazione fibrocistica(siamo obbligati segnare adenosi microcisti e fibrosi)E adesso leggendo questo direte:avrà visto questa cosa qui---rischio--- “signora non si preocupi la seguiamo ,la controlliamo,sistemiamo il profilo ormonale ma non c'è rischio significativo".Voi che cosa palpate?Pallini da caccia,zone di addensamento,micro e macrocisti all'eco si vedono,alla mammografia possono essere messi in evidenza.Quindi queste lesioni hanno un rischio minore le vediamo facilmente sia all'EO che a quello strumentale.Passiamo ora d una fase di incremento di rischio dove ci aspettiamo di vedere neoplasia e vedremo comparire il nome di IPERPLASIA DUTTALE LOBULARE; terminologia inadeguata perché uno pensa: Duttale(dotto fuori dal lobulo),Lobulare(acini e connettivo dentro il lobulo).Invece è tutto quasi sempre nel lobulo(DUTTALE) se interessa la parte distale(lobulare).Duttale: partiamo sempre dal presupposto che l'epitelio deve essere in duplice strato.Se noi vediamo fino a 4 strati---->c'è un'iperplasia cosiddetta IPERPLASIA LIEVE;Tutto il dotto risulta ricolmo ---->IPERPLASIA MODERATA;Il dotto aumenta in corrispondenza di questa proliferazione di calibro---->IPERPLASIA DUTTALE SEVERA.

Cosa è cambiato?aumento di rischio.E se vediamo un atipismo che è più di severa ma meno di carcinoma duttale in situ, diremo IPERPLASIA DUTTALE ATIPICA. Cosa è cambiato?Invece di 2,5 volte di rischio diremo 5 olte mentre per il carcinoma duttale in situ 10 volte.Queste sono lesioni a rischio dentro il dotto e purtroppo per noi non possono essere trattate.Che cosa possiamo vedere?Le calcificazioni ;e adesso sapete quali dvono preoccuparci di più da quelle ke devono preoccuparci meno,quindi il nostro intento è:attenzione a dare importanza ad addensamenti e calcificazioni serpiginose, allungate ed irregolari. Iperplasia lobulare atipica o carcinoma lobulare in situ è poco noto, a tal punto che tutti accorpano queste lesioni ad un termine:NEOPLASIA LOBULARE IN SITU.Anche se i termini duttale e lobulare sono sbagliati,perchè li conserviamo?Perchè le forme lobulari sono più periferiche e quindi è più facile che siano più ormonodipendenti.E questo è utile ai fini terapeutici perché spiega un maggiore incremento dei margini laterali. Cosa è la filosofia del rischio relativo? Poichè puó essere difficile distinguere l' istologia con certezza,a queste lesioni noi applicheremo un rischio relativo.Forme di iperplasia severa: 2,5; atipica: 5 volte; carcinoma duttale in situ:10 volte.Sembra facile distinguere iperplasia duttale atipica dal carcinoma duttale in situ? No, e se non è facile? 7,5 volte (tra 5e10).Come vedete in tre minuti abbiamo riassunto quelle che sono le sequenze di displasia,cancro nel carcinoma mammario.Il compito per casa è vedere se ci riuscite in 1,5 minuti,cioè ancora sono convinto che si possa sfoltire quello che abbiamo detto e deve essere sempre questo il nostro esercizio, solo questo ci consentirà di ricordare fra 20 anni. E questo vale per tutte le cose della medicina.

Domanda di esame: io potrei chiedere che cosa è questo epitelio in duplice strato? È importante perché è alla base del giudizio di(......) e fondamentale perché le cellule dello strato basale si sono comunque differenziate.Le calcificazioni sono importanti in patologia mammaria? Sì, sono importanti e perché? Sono visibili con le indagini strumentali: ecografia. E quali calcificazioni? Come possono essere? Possono essere dei piccoli pallini rotondeggianti? Dentro un acino di una adenosi? Ci preoccupiamo? No! Mentre se sono allungate e serpiginose dobbiamo pensare che siano formate dove ? Nel lume degli dotto? Perché si sono formate nel lume del dotto? Perché le cellule più interne sono andata in necrosi e ci sono andate perché dentro quel dotto c'era una proliferazione. Allora, trovare quelle calcificazioni ci farà dire: questi dotti sono ricolmi di qualcosa. Noi dobbiamo sapere da che cosa è determinata una neoplasia.Altra domanda: che senso può avere l'esame obiettivo se non si sa cosa si sta cercando? Che ci palpo a fare? Allora dee capire cosa si sta cercando, allora si che è ha senso l'anamnesi.Cosa può raccontarci la pz all'anamnesi? queste modificazioni cicliche legate agli estrogeni e come ce la spieghiamo questa dolenzia? Ci sarà compressione del connettivo trofo- meccanico dove ci staranno anche nervi, e allora se la paziente ci racconta questo, prima di visitarla cosa presumiamo?Sinceramente non ha nulla.Poi vorrei solo citarvi le parole di un famoso studioso di patologia mammaria americano gli Hugensen,un clinico che ha scritto un libro bellissimo circa una trentina di anni fa, lui è veramente un esperto e racconta la storia di una giovane donna che con la sua narrazione dice al professore:ho un problema alla mammella!e lui la interrogava, la palpava e diceva: signora non ha niente stia tranquilla!Alla quinta volta, il medico,la etichettò come isterica. La paziente ritornò dopo tre anni con un cancro mammario! lui racconta l'episodio e scrive: da quel momento ho imparato a dare sempre ascolto ai miei pazienti! Ecco è stato punito per un atto di presunzione e allora ricordatevi questo: il paziente ha sempre ragione fino a prova contraria! Prima di dire che qualcuno è un isterico pensateci bene, la raccomandazione è questa: un mal di testa deve far pensare sempre che ci sia qualcosa altro.Ricordatevi sempre quello che è uscito dal pronto soccorso con un'esofagite diagnosticata ed alla fermata dell'autobus è caduta a terra con un infarto del miocardio. Il dolore precordiale deve sempre farvi pensare ad un infarto del miocardio.Ricordatevi sempre:le cose più gravi fino a prova contraria!Ed un altra cosa:nn celate i sintomi!Il paziente mi dice: sto male (fammi passare il dolore) un dolore non fatelo passare mai se non siete sicuri della vostra diagnosi. Quando la diagnosi è accertata fate tutto quello che volete, fino a quando la diagnosi non è accertata non dovete commettere nessun errore di questo tipo. Io ricordo sempre il nostro tecnico: librescamente io leggevo che non tutti i casi di infarto hanno ECG positivo. Il il nostro tecnico aveva un dolore, a mio giudizio inconfondibile, era precordiale e radiato. Fece ECG che risultò negativo, enzimi negativi, ed era giù nello scantinato che spostava scatoloni, ed io dissi: che stai facendo? fermati,siedit! l'indomani gli enzimi salirono alle stalle;aveva avuto l'infarto del miocardio.Quindi sempre attenzione a questa valutazione, dobbiamo essere prudenti!e l'ultima raccomandazione che è veramente importante e nasce da 40 anni di esperienza a contatto con i pazienti (io forse appartengo a medici che hanno conoscenze di cose di ogni genere e moderne). Ma se io dovessi fare il medico, lo rifarei con caratteristiche diverse. Vorrei essere uno di quei medici che ho conosciuto, che sapevano pochissime cose,ma le sapevano così bene che erano così bravi nella parte pratica, che si rendevano veramente utili.Quindi la raccomandazione è sempre questa: possiamo conoscere tutti i farmaci del mondo,ma se non

sappiamo iniettarli è una conoscenza persa! Se noi non sappiamo come si fa a far sputare una caramella ad un bambino che se l'è cacciata nei bronchi,non siamo dei buoni medici.Se vediamo un ragazzo che dopo un incidente con la moto è per terra con un'emorragia irrefrenabile e non sappiamo cosa fare: non siamo dei buoni medici. Però guardate che se uno non ci pensa prima, succede che scappa perché non sa cosa fare! E anche se lo sa la preoccupazione è tale che, anche se lo sa ,poi dice che sta arrivando il 118.Allora a casa tornando, dimenticate geni, oncogeni, citocheratina 19 ,eccetera. E scrivete cosa fare se trovate uno per terra con un emorragia irrefrenabile; cosa devo fare se mi trovo a mare e c'è un annegato e gli devo salvare la vita. Se voi questa preghiera la fate ogni sera a casa, allora non scapperete e saprete cosa fare immediatamente.Viene voglia di prestare soccorso! So come si fa, ecco mi presento! Quindi la raccomandazione è questa: poche cose ma fatte bene, questo mi sento di dirvi dopo quarant'anni. La cosa che più mi è piaciuta è stata vedere un prelievo del primario in pediatria e con molta disinvoltura ha preso il bambino , lo ha messo a testa in giù e ha fatto il prelievo dalle carotidi. Allora ho detto questo è un medico: colui che sa fare!

Giorno 28-11-2011, professore Aragona! Paola Chirco

I TUMORI OSSEIOggi affrontiamo questo argomento piuttosto interessante: tumori ossei. Se la mia domanda è “Tumori Ossei” come si comincia? COLLEGA: sono tumori del connettivo…PROFESSORE: qua un altro ragionamento dobbiamo fare. Quale può essere? Si può far precedere tutto da un’altra riflessione. Se voi pensate alla struttura normale dell’osso, quindi è un tumore Dell’osso o è un tumore Nell’osso? Cos’ha di così straordinario l’osso? COLLEGA: è in continuo rinnovamento…PROFESSORE: Intanto la sua plasticità, tessuto durissimo ma capace di modificarsi. Poi c’ha un’altra cosa. Dal punto di vista del ragionamento fisico l’osso è realmente uno spettacolo. In fisica ve l’hanno spiegato come funziona il giochino? Cos’è più resistente: una struttura cava come l’osso o una struttura compatta? L’osso è molto più resistente di una struttura compatta. Già il primo “miracolo”. Ma il secondo è che poi dentro ci mette delle cose importantissime. Questo è davvero uno degli organi più straordinari.E allora… Tumore dell’osso o tumore nell’osso, poi abbiamo detto che sono tumori connettivali… E poi sono benigni o maligni e infine, mi fà piacere che qualcuno l’abbia ricordato, possono essere primitivi o metastatici.

TUMORI RARIESPERIENZA LIMITATA

Per fortuna sono tumori rari. Però la rarità porta con sé un’altra realtà. Siamo poco esperti su queste neoplasie. C’è qualche centro che vede più tumori ossei ma l’esperienza è davvero limitata. E il fatto dell’ esperienza limitata rappresenta un problema perché queste neoplasie spesso coinvolgono bambini e adolescenti.

PREVALENZA: BAMBINI E ADOLESCENTIDIFFICOLTA’ DIAGNOSTICHE: straordinari risvolti terapeutici

Le difficoltà diagnostiche sono insite con l’organo, con il tessuto. Ma se ci fate caso sono strettamente connesse con la scarsa esperienza. E anche questo è un grosso problema perché se pensate che sono bambini e adolescenti, i risvolti terapeutici possono essere straordinari, soprattutto in passato quando si procedeva all’amputazione. Era un intervento per le lesioni maligne piuttosto frequente e se fate il conto: adolescenti, ragazzini, 10-12-14 anni con un osteosarcoma l’amputazione era qualcosa di davvero imbarazzante dal punto di vista diagnostico e dal punto di vista medico.

APPROCCIO DIAGNOSTICO MULTIDISCIPLINAREE ora affrontiamo un concetto che è assolutamente importante. La diagnosi è multidisciplinare. Il clinico, il radiologo e l’anatomopatologo devono formulare una diagnosi che sia in sintonia. Nessuno dei tre può tirarsi indietro, meno che meno l’anatomopatologo. E allora le notizie cliniche e il comportamento della neoplasia documentato radiologicamente sono indispensabili per la diagnosi anatomopatologica. Solo il radiologo ci potrà dire come si comporta un tumore nei confronti dei tessuti circostanti. Devo dire che c’è una certa reticenza nel completare le diagnosi da parte del radiologo, ma il radiologo deve sapere che questo suo giudizio è irrinunciabile. Deve dire quello che gli sembra: la crescita è aggressiva, infiltrante nei confronti dei tessuti circostanti o la crescita è espansiva. E allora:CLASSIFICAZIONE

- TUMORI DELL’OSSO- TUMORI NELL’OSSO

TUMORI DELL’OSSO: quali cellule costituiscono l’osso? Cellule connettivali, ci saranno cellule staminali totipotenti, alcune differenziate in senso osteo- e condrogenetico. E cosa faranno? Tessuto connettivo, vasi ma poi tessuti propri dell’organo e quindi cartilagine e tessuto osseo (consiglio del

prof: rivedere la struttura della cartilagine e del tessuto osseo: osteoide, osso intrecciato, osteone, canali di Havers, corticale, midollare, epifisi, metafisi, diafisi. Almeno questo si deve recuperare!). Quindi:

TUMORI OSTEOGENETICITUMORI CONDROGENETICI

E i tumori che si trovano dentro l’osso? Una cosa l’avete già detta: tessuti molli, gli Americani li chiamano così “soft tissue”, ovviamente tessuto emopoietico, patologia di questo tessuto e altri tumori che hanno una istogenesi poco nota. E mi riferisco soprattutto al TUMORE DI EWING e al TUMORE GIGANTOCELLULARE delle ossa. Riassumendo:TUMORI NELL’OSSO

SCONOSCIUTI EMOPOIETICI SOFT TISSUE

E allora vediamo il primo gruppo: TUMORI OSTEOGENETICI, affronteremo queste tre entità: OSTEOMA OSTEOIDE OSTEOBLASTOMA OSTEOSARCOMA

I primi due sono strettamente imparentati tra di loro. Vediamo quelli cartilaginei. TUMORI CONDROGENETICI:

OSTEOCONDROMA CONDROMA CONDROBLASTOMA FIBROMA CONDROMIXOIDE CONDROSARCOMA CONDROSARCOMA MESENCHIMALEIl CONDROBLASTOMA e il FIBROMA CONDROMIXOIDE sono particolarmente rari. L’osteocondroma è una esostosi osteocartilaginea. Di fatto ci interesserà la differenziale tra condroma e condrosarcoma.I TUMORI NELL’OSSO ve l’ho già detto:

TUMORE DI EWING TUMORE A CELLULE GIGANTI

OSTEOMA OSTEOIDELesione non molto frequente, dolorosa (soprattutto dolore notturno), localizzata nella metafisi delle ossa lunghe in giovani maschi. Radiologicamente si vedono i “Nidus”. Ma cos’è un nidus? È una zona circoscritta da tessuto osseo sclerotico e all’interno piuttosto radiolucente, radiotrasparente. Ha una caratteristica, questo dolore cede con l’aspirina. Ecco… quando noi vediamo tutte queste cose insieme: un giovane, dolore soprattutto di notte, dò l’aspirina e passa, radiograficamente si vede il Nidus, possiamo essere quasi certi di essere di fronte ad un osteoma osteoide, lesione benigna. E da che cosa è fatto?ISTOLOGIA: abbiamo visto che cellule staminali si differenziano, formano trabecole ossee, quindi osteoide e trabecole ossee e questo osteoide è circondato come le trabecole ossee da osteoblasti e osteoclasti. Gli osteoblasti formano l’osteoide e le trabecole, gli osteoclasti riassorbono. Quindi abbiamo nell’osteoma osteoide: il nidus, la lesione ben circoscritta, le trabecole di osteoide e tessuto osseo, osteoblasti e osteoclasti. Ovviamente tra le trabecole, tessuto connettivale e vasi. Da una cellula totipotente, benigna ancora, senza carattere di aggressività, si ha una differenziazione in questi tessuti.Il professore commenta delle immagini di tessuto osseo normale: vedete un nidus, è un osso trabecolare, con trabecole molto spesse, di osso maturo, e trabecole estremamente sottili. Importante distinguere il Nidus. Da che cosa è fatto il tumore? Trabecole di osteoide, qualche lacuna ossea all’interno quando và maturando, osteoclasti sono quelli più grandi plurinucleati, le cellule giganti, quelle più piccoline sono osteoblasti, poi c’è tessuto connettivale e vasi. Quindi trabecole di osteoide e di osso più maturo, intrecciato. E allora: cellula staminale, tessuto fibrovascolare e

cominciano a differenziarsi, formano osso. Dapprima le trabecole di osteoide, quasi tutto osso proteico, poco mineralizzato poi man mano diventa osso più maturo, come nelle trabecole ossee normali troviamo osteoblasti e osteoclasti. I nuclei sono scuri, diversi tra di loro, c’è ipercromia, c’è tanto DNA, e anisocariosi. Verrebbe da pensare che c’è un alto grado di malignità in questa immagine. Sappiamo che queste alterazioni nucleari sono ancora nell’ambito della benignità. Ma c’è una cosa che non deve essere presente: la contemporanea differenziazione cartilaginea. Se io trovo accanto a questi tessuti cartilagine, allora devo allarmarmi. Questo è un reale atipismo e potrei trovarmi di fronte ad un osteosarcoma.

OSTEBLASTOMASempre benigno, più colpite le diafisi delle ossa lunghe sempre in giovani maschi. Può vedersi un Nidus. ISTOLOGIA: è simile all’ osteoma osteoide. Alcuni fanno la differenza con le dimensioni, sotto i 2cm sopra i 2cm. Diciamo che sono imparentati ma il vero osteoma osteoide deve avere le caratteristiche che vi ho detto io, meglio se piccolo, sotto i 2 cm. Troverete sui libri che esiste l’osteoblastoma borderline aggressivo, qualche volta metastatizzante. Di che cosa si tratta? Evidentemente la diagnosi è difficile, quelle che sembravano atipie ancora compatibili con la benignità, verosimilmente appartenevano già ad un osteosarcoma. Non c’è la cartilagine? Potrebbe essere così focale la differenzazione cartilaginea da non averla colta. Comunque osteoma osteoide e osteoblastoma strettamente imparentati. Esistono dei criteri per differenziarli, soprattutto le dimensioni. Questi tumori non devono avere cartilagine nel loro contesto.Il prof commenta un’immagine: c’è tanta matrice, trabecole di osteoide, non si vedono bene osteoblasti e osteoclasti ma non c’è cartilagine. E allora vediamo la terza entità degli osteogenetici:

OSTEOSARCOMAMaligno, colpisce le ossa grossolanamente disposte attorno al ginocchio, quindi la parte distale del femore e la parte prossimale della tibia e del perone.Cosa avrà di diverso dai precedenti? Ritorniamo alla cellula staminale: somma errori genetici e comincia a proliferare in maniera anomala. Ricorda però che cosa deve fare. A quali tessuti deve dare vita? Al tessuto connettivale, vasi, cartilagine, tessuto osseo, osteoide e trabecole più mature. E allora devo trovare insieme tutti questi tessuti. Se io trovo cartilagine, osteoide, osso maturo allora la diagnosi a quella localizzazione sarà di osteosarcoma. Ma mi deve aiutare il clinico, mi deve aiutare il radiologo che mi dovrà dire che il tumore cresce infiltrandosi, espandendosi a spese dei tessuti circostanti. Dalla triade di questi giudizi viene fuori la diagnosi di osteosarcoma.DOMANDA DI UN COLLEGA: l’incidenza è uguale in maschi e femmine?RISPOSTA DEL PROF: è maggiore nei maschi.Altra risposta ad un altro intervento: l’osteoide è il primo abbozzo di una trabecola ossea. L’osso deve avere la sua impalcatura proteica ma poi ci vuole l’idrossiapatite, la deposizione del calcio. L’osteoide è matrice proteica scarsamente calcificata, anzi priva di calcificazioni. Poi man mano dovrebbe maturare con le calcificazioni e con la strutturazione in osso compatto, in lamelle ossee. Quindi tessuto fibroconnettivale, cartilagine, trabecole di osteoide ci fanno porre la diagnosi di osteosarcoma. Ma sempre insieme si trovano tutte queste varietà di tessuti e nella stessa proporzione? A volte prevale il tessuto fibroso, altre volte l’osteoide, altre volte la cartilagine. E sui testi troverete: osteosarcoma prevalentemente fibroblastico, prevalentemente condroblastico oppure osteoblastico. Quindi troviamo un atipismo che interessa tutte le strutture, quella connettivale, quella osteoide e quella condrogenetica.INTERVENTO DI UN COLLEGA: benigni quindi non c’è dolore?RISPOSTA DEL PROF: Abbiamo detto che è proprio il segno clinico. Dovete pensare che sono tumori che in qualche misura compromettono le terminazioni nervose e quindi è un dolore da compressione, ma è molto caratteristico. Nell’osteoma osteoide la diagnosi si fa perché la lesione è dolorosa. È vero che in un osteosarcoma in fase avanzata il dolore sarà molto più marcato.

Commento ad un’immagine: vediamo tessuto connettivale lasso, cellule atipiche, osteoide e addirittura osso più maturo, perché si vedono pure le lacune ossificare. Possiamo dire che è un osteosarcoma solo su questa immagine? No, perché manca la cartilagine. Un po’ posso insospettirmi perché vedo cellule atipiche che non hanno rapporto con le trabecole, sono isolate nel connettivo e questo mi preoccupa un attimo ma non posso fare diagnosi. Allora cosa faccio? Chiedo: dove è localizzata la lesione? Quanti anni ha il pz? Qual è il quadro radiografico? Come si comporta questo tessuto nei confronti dell’osso circostante o dei tessuti “molli” connettivali che circondano l’osso? Questo mi aiuta tantissimo. Quello che faccio sicuramente è fare altre sezioni, perché dobbiamo essere sicuri che in altre zone non ci sia cartilagine. Se la lesione è ben circoscritta, il ragazzo è adolescente, è colpito il ginocchio, ecco questo quadro io… spero che non mi capiti! Sarebbe una diagnosi davvero complessa!Altre immagini: -c’è osteoide, non ci sono lacune ossee, gli osteociti non si vedono nelle loro lacune, c’è atipismo, ipercromia, anisocariosi e queste cellule sono distaccate dalle trabecole. Ma anche qui non vedo cartilagine;-qui c’è la cartilagine; ci sono cellule connettivali staminali indifferenziate, cominciano a formare un po’ di tessuto connettivo e vasi, un abbozzo di calcificazione, cartilagine. Ecco, trovare questo mi fa dire che è un osteosarcoma. Immaginate quando questo deve essere fatto all’esame intraoperatorio. Immaginate che dall’altra parte ci sono tutti quelli che vogliono sapere, in passato oggi meno, se amputare o meno la gamba ad un ragazzino;-questo sembra osso normale: trabecole, alcune hanno al centro un altro colore. Sono osteoide e iniziale mineralizzazione. Alcune trabecole sono mature, tessuto adiposo intertrabecolare. Sembra osso normale ma è un maledettissimo osteosarcoma estremamente ben differenziato. Non c’è cartilagine almeno su questo campo.INTERVENTO DI UN COLLEGA: la diagnosi si fà su base clinica?RISPOSTA DEL PROF: su base anatomopatologica! Vediamo se capite cosa può essere che mi fa nascere il sospetto che sia una lesione maligna.COLLEGA: ci sono adipociti. PROF: quelli ci sono normalmente, è il midollo giallo. Vi sembra monomorfo l’aspetto? È spazialmente ordinato? Guardate questa zona come è esuberante rispetto alle altre! Questo mi può far nascere il sospetto. Certo che se è ragazzino, attorno al ginocchio, l’osso è eroso attorno alla neoplasia questo aspetto mi porta a dire che è un osteosarcoma ben differenziato.Quindi… ci sono le lacune e all’interno degli spazi chiari, qui restano intrappolati gli osteociti. C’è poi l’osteoide, che nel centro è andata incontro a calcificazione. Si ha una riorganizzazione spaziale dell’osso e si cominciano a vedere le lacune osteocitarie. Quindi c’è osteoide che calcifica e ci sono trabecole ossee mature. Tutto attorno c’è tessuto adiposo. Possono esserci cellule emopoietiche in un rapporto di 1:1. Linea mieloide, eritroide, megacariocitica. Elementi che normalmente popolano il midollo osseo. Sono cellule con nucleo molto ampio e alla colorazione con ematossilina eosina sono bluastre perché prevalgono i nuclei.DOMANDA DI UN COLLEGA: ma il fatto che ci sia mineralizzazione attorno l’osteoide maturo che significa?PROF: significa che è un osteosarcoma ben differenziato. E allora cosa si dovrebbe fare? Essere meno aggressivi. Cioè l’amputazione in blocco, oppure il raschiamento energico potrebbe già essere sufficiente. Sono decisioni tragicamente impegnative. Vogliamo sintetizzare un attimo quanto detto finora? Tumori ossei: dell’osso o nell’osso? Se sono nell’osso tutti i tumori dei tessuti molli possono presentarsi all’interno dell’osso. Ovviamente siccome contiene anche midollo emopoietico, in certi distretti possiamo vedere nell’osso tutti i tumori del sistema emopoietico. Poi ci sono dei tumori particolari. Ne abbiamo due ad istogenesi poco conosciuta: tumore di Ewing e quello a cellule giganti. Affrontiamo il capitolo dei tumori dell’osso. Potremmo dire primitivo o metastatico. Tumori dell’osso: c’è una cellula staminale orientata in senso osteogenetico che deve produrre

tessuto fibrovascolare, cartilagine e poi questa matura in osso. Normalmente questa è la struttura dell’osso. Se c’è una neoplasia questa cellula può differenziarsi in un senso piuttosto che in un altro. E allora attenzione alla differenziazione: osteogenetica, condrogenetica, combinata. Abbiamo visto quella osteogenetica: cosa fa questa cellula staminale benigna? Fa l’impalcatura fibrovascolare e poi tenta di fare osso. Dapprima saranno trabecole di osteoide più o meno calcificate, poi più o meno osso maturo. Cosa troviamo attorno le trabecole? Osteoblasti e osteoclasti. Questo è l’aspetto istologico delle lesioni istogenetiche benigne. E noi ne conosciamo due: osteoma osteoide e osteoblastoma. Questa proliferazione dell’osteoma osteoide prima piccola, sotto i 2 cm è fatta prevalentemente da trabecole di osteoide bordate da osteoblasti e osteoclasti. Come si vedrà in radiografia? Il nidus! Clinicamente: lesione dolorosa, soprattutto la notte, che cede con l’aspirina. Tutte queste cose messe assieme ci fanno dire che è un osteoma osteoide. L’osteoblastoma è strettamente imparentato. Immaginate di vedere anche cartilagine, questa differenziazione simultanea fa pensare, con un quadro clinico e radiologico particolare, ad un osteosarcoma. Ovviamente ci sono le atipie, stavolta non sono le pseudoatipie di un osteoblasto o di un osteoclasto. Sono atipie vere. Ma nell’osteosarcoma sempre ci sono le atipie? Purtroppo no. Quando sono estremamente ben differenziati le atipie possono essere impercettibili. Questo è il quadro istologico dei tumori ossei osteogenetici. Vediamo quelli condrogenetici cioè quelli che formano cartilagine.Viene da chiedersi: e in quelli che formano cartilagine ci può essere osteoide, trabecole ossee? Noi ci aspettiamo di trovare e invece non troviamo, non c’è osteoide. Nei tumori condrogenetici non ci deve essere né osteoide né trabecole ossee. E lei (riferendosi ad un collega) giustamente ha sottolineato una cosa importante chiedendo: cosa cambia? Perché uno lo chiamiamo osteosarcoma e c’è sia osteoide sia cartilagine e l’altro condrosarcoma e c’è soltanto cartilagine? Cambia la clinica perché solo nei giovani si trova l’osteosarcoma con tutti e tre i tessuti maligni rappresentati. Il condrosarcoma è invece un tumore del soggetto adulto, anziano e non ha mai osteoide. Questo ci fa tenere separate le due neoplasie.

OSTEOCONDROMANoi chiamiamo questo “osteocondroma”, se finisce in –OMA e non ci sono paroline interposte vuol dire che è benigno. Viene chiamata anche “esostosi osteocartilaginea”. Questo non è un vero tumore. Che cos’è? È una neoformazione, forse una malformazione che ricorda perfettamente l’ossificazione metafisaria. Quindi trovate la cartilagine a colonne e questa cartilagine a colonne matura. Ovviamente questa lesione è al contrario, cioè vediamo una protuberanza, un cappuccio cartilagineo più esterno che và proliferando e una ossificazione ordinata al di sotto di questo cappuccio. E allora: se voi alla radiografia vedete una protuberanza ossea, con le strutture ossee lamellari parallele e ordinate e sopra un rivestimento cartilagineo potete porre diagnosi di osteocondroma, neppure tumore benigno ma addirittura probabilmente una malformazione. Ricordate come avviene l’ossificazione normale? Andate a rivederle queste cose. Viene esattamente ripetuta: cartilagine a colonne ossifica, vengono riassorbite le ossificazioni di queste colonne e poi sopra trovate un cappuccio cartilagineo. Questo prolifera sempre di più, quindi questa protuberanza si accresce, ma la maturazione è ordinatissima. Ecco perché è più una malformazione che un vero tumore. Questo può bastare come ISTOLOGIA. Il prof proietta delle immagini e commenta: questa è la protuberanza asportata, la sezioniamo e cosa vediamo? Trabecole ossee. Questa bluastra è la cartilagine, vedete è distribuita a cappuccio, cioè ognuno sta nella sua zona. Un osteosarcoma ve l’immaginate così o con tutti i tessuti disordinatamente disposti? È ovvio. Questo ordine spaziale ci fa capire che è una lesione benigna, malformativa. Addirittura a più forte ingrandimento si vedono solo le trabecole ossee, sono organizzate e hanno questo colore bluastro perché stanno calcificando. Qui c’è la cartilagine sovrastante, a cappuccio. Altra immagine: l’osso maturo e la cartilagine, questo è tessuto fibrovascolare.

E veniamo invece ai veri tumori condrogenetici:

CONDROMABenigno, qualsiasi età e sesso. Predilige le ossa di mano e piede. Perché è importante che predilige queste ossa? Abbiamo detto che nei tumori condrogenetici viene prodotta solo cartilagine. Come faccio a capire se è un condroma o un condrosarcoma secondo voi? Cosa posso guardare per dire se è benigno o maligno? Che guarda normalmente l’anatomopatologo? Le atipie cellulari. Quindi la domanda è: ci sono delle atipie particolari che mi fanno dire se è maligno o benigno? Quando il condrosarcoma è aggressivo è facile, ma quando è low grade, a basso grado di malignità è un dramma, è una delle diagnosi più difficili per l’anatomopatologo. Io posso trovare un tumore cartilagineo con atipismo modesto eppure invece di dire condrosarcoma low grade, dico “condroma”. Quindi posso trovare atipismo modesto e invece di dire condrosarcoma low grade faccio diagnosi di “condroma” a patto che il tumore colpisca soggetti in giovane età, mentre abbiamo visto che il condrosarcoma è dell’adulto e dell’anziano, e poi deve essere localizzato a livello di mani e piedi. Se c’è un atipismo modesto in mano e piedi io lo ignoro e dico lo stesso “condroma”. Ma cosa mi serve ancora per essere sicuro che è condroma? Chi è che mi deve dare qualche altra informazione? Il radiologo, che mi deve dire che non interessa nella crescita le strutture circostanti, che non erode l’osso circostante. Se ho tutte queste cose ignoro l’atipismo modesto di mani e piedi. DOMANDA DI UN COLLEGA: che dimensioni ha questo tumore?RISPOSTA DEL PROF: variabile.COLLEGA: ma questo non influenza la diagnosi?PROF: no, qui non influenza. È chiaro che se è un tumore molto voluminoso, di 10-15 cm…COLLEGA: ma in questi lesioni esistono fenomeni di neoangiogenesi?PROF: quelli sempre, nel tessuto fibrovascolare che si trova tra i nidi di cartilagine. È sempre la cellula staminale orientata che fa connettivo, vasi e cartilagine. Non fa osso se no è un osteosarcoma. Ma questo connettivo e questa cartilagine possono essere in proporzione variabile. Infatti avete visto: condroma e poi c’era accanto quello raro: fibroma condromixoide. E che cos’è? È un tumore in cui c’è condro- (ha detto proprio così!!) ma c’è tanto tessuto fibroso e mixoide.ISTOLOGIA: la cartilagine è ben differenziata e priva di atipie. Le cellule sono piccole e mononucleate in una matrice cartilaginea. E guardate, scrivetelo maiuscolo: ASSENZA DI PERMEAZIONE DELL’OSSO CIRCOSTANTE. Il prof commenta un’immagine: questo è connettivo, questa è cartilagine. Queste cellule sono piccole, mononucleate. Ma vi sembrano tutte uguali fra di loro o c’è una certa variazione dimensionale? Un po’ c’è. E allora la domanda è: è un condroma o è un condrosarcoma low grade? Intanto non c’è osso in questa immagine quindi posso escludere che sia un osteosarcoma ma voglio sapere: quanti anni ha questo soggetto? Da dove l’avete preso questo tessuto? Cosa ha detto il radiologo? Il radiologo potrebbe avere l’impressione di una lesione ben circoscritta eppure potrebbe essere comunque un condrosarcoma low grade.

CONDROBLASTOMALesione benigna, blastoma che vuol dire? Un po’ più indifferenziato, un po’ più immaturo. Anche questa è una massa dolorosa, ben circoscritta soprattutto nelle epifisi delle ossa lunghe in giovani maschi. Questa è rara, è una curiosità. Bastano pochissimi concetti su questa neoplasia.Cosa vediamo?ISTOLOGIA: condroblasti, più o meno calcificati, osteoclasti, cartilagine, non ci sono atipie. Potreste dire: ma allora è un condroma? Come fa a dire condroBLASTOMA? Cos’ha questa cellula condroblastica di diverso? Guardate com’è fatta:commento all’immagine: questa è cartilagine e questi sono i condroblasti. Non sono condrociti, ma sono elementi più immaturi che formano dei tappeti. Questo riscontro mi fa dire condroblastoma. Allora in due parole, cos’è un condroblastoma? È un condroma dove troviamo condroblasti. I condroblasti tendono a formare meno cartilagine, sono cellule più indifferenziate. Può bastare questo per voi.

E poi di caratteristico guardate cos’hanno queste cellule meno differenziate. Tutto attorno c’hanno come una rete, una calcificazione a rete particolarissima pericellulare. Trovare queste cellule con questa calcificazione ci fa dire che è un condroblastoma. Ma perché vi sto parlando di questo? Se io non v’avessi detto questo, l’avreste avuto il sospetto che questa è una lesione maligna? Sappiamo adesso che quando troviamo queste cellule con queste calcificazioni, sono cellule immature ed è un condroblastoma, a patto che la clinica sia quella che abbiamo descritto e che il radiologo ci dica che non erode l’osso circostante.

FIBROMA CONDROMIXOIDELo abbiamo già accennato. Quindi… tessuto fibroso, mixoide, cartilagineo. Un’altra entità, le due curiosità sono queste.ISTOLOGIA: è un condroma con tessuto fibroso e aree mixoidi.Il prof proietta un’immagine e dice: questa è cartilagine, fibroma condromixoide, queste sono aree fibrose. Qua c’è qualche area mixoide. Fibroma condromixoide benigno.Guardiamo il:

CONDROSARCOMAMaligno, grandi ossa dello scheletro, soprattutto maschi adulti e anziani, interessa la parte assìle. Condrosarcoma high grade, vediamo delle atipie che sono fuori discussione. Il problema è il condrosarcoma low grade. Quando le atipie sono modestissime e dobbiamo decidere se è ancora un condroma o un vero condrosarcoma low grade, se sono interessati mani e piedi, soggetto giovane, senza erosione dell’osso circostante posso ignorare le atipie lievi, modeste. Altrimenti devo fare diagnosi di condrosarcoma low grade.ISTOLOGIA: neoplasia cartilaginea con atipie. Questa volta le cellule possono essere binucleate, anisocariosi evidente, ipercromia. Manca osteoide altrimenti sarebbe un osteosarcoma. Permeazione dell’osso circostante.Commento alle immagini: vediamo osteoblasti, osteociti nelle lacune, cartilagine, guardate l’ anisocariosi, le cellule plurinucleate, più cellule in una lacuna cartilaginea. Questa è cartilagine fortemente atipica. Se io non riconosco questa trabecola come normale dico che è un osteosarcoma, se io la riconosco come normale dico che è un condrosarcoma.Altra immagine: anche qui le atipie sono piuttosto evidenti, condrosarcoma high grade.Ulteriore immagine: qui invece le atipie non ci sono, è cartilagine. Vi sembra un osso normale vicino al tumore? La cartilagine è ben differenziata, invade e distrugge: PERMEAZIONE DELL’OSSO CIRCOSTANTE. Qui anche se il radiologo mi dice che i margini di crescita sono espansivi, non erode l’osso circostante, io pongo diagnosi di condrosarcoma low grade, perché vedo la permeazione dell’osso circostante.DOMANDA DI UN COLLEGA: come si fa a dire che quest’ osso è infiltrato?RISPOSTA DEL PROF: la cartilagine sta crescendo tra le trabecole e le sta via via incorporando nel tumore. Questa è la permeazione dell’osso circostante, segno inequivocabile di aggressività.Scorrono delle immagini e il prof commenta: queste sembrano corna di alce!! Sapete come si chiamava questo tumore dove i vasi assumevano la forma a corna d’alce? Era l’emangiopericitoma: i periciti che proliferano. Si pensava che fosse questa l’istogenesi. Adesso l’emangiopericitoma non esiste più, sono aree emangiopericitomatose nel contesto di vari tumori. Quando li troviamo nel condrosarcoma diciamo che è un condrosarcoma mesenchimale. Ecco cos’è il condrosarcoma mesenchimale. E allora riassumiamo un attimo:con questa lezione abbiamo affrontato tutti i tumori ossei. A casa due parole sul tumore di Ewing e il tumore a cellule giganti. Come poteva essere chiamato il tumore a cellule giganti se ci troviamo nell’osso? Osteoblastoma. Per tanto tempo ci si chiese: ma è un osteoblastoma questo tumore? Sono macrofagi trasformati e infatti poi si disse che non è un osteoblastoma ma sono istiociti giganti, cellule giganti e allora lo chiamiamo ISTIOCITOFIBROMA DELL’OSSO. Oggi verosimilmente sappiamo che non sono né l’una né l’altra cosa. Però a voi non interessa. E allora quale domanda potremmo fare? Una domanda potrebbe essere:

Ma perché la diagnosi è multidisciplinare dei tumori ossei?RISPOSTA: perché la diagnosi istologica può essere ardua!

E il clinico ci può dare delle buone informazioni?RISPOSTA: fondamentali!

Il radiologo può essere reticente o dovrà esporsi in prima persona?RISPOSTA: si dovrà esporre e ci dovrà dire come si comporta il tumore nei confronti dell’osso circostante.

Tumori condrogenetici?RISPOSTA: per prima cosa vediamo che sono tumori che prendono origine da una cellula staminale orientata in senso osteogenetico. E allora questa cellula cosa farà? Qui potete introdurre il concetto: dipenderà dal grado di mutazioni genetiche. E allora mettiamo che sia benigno, cosa farà questa cellula staminale? Deve produrre tessuto fibrovascolare ma soprattutto cartilagine. Se ci sono queste strutture chiameremo questo tumore “condroma”! E qui potrebbe esserci la domandina per capire se devo darvi 28 o 30:

Ma sempre mature sono queste cellule? Stiamo parlando del condroblastoma, quello con la rete di calcio attorno le cellule. Queste cose citologiche così raffinate non le ho mai chieste. Lo chiedo per sapere che non deve essere scambiato con qualcosa di aggressivo. Sono cellule apparentemente aggressive, perché poco differenziate, ma con la rete di calcio devo pensare al condroblastoma.

Altra domanda:

ma è importante l’atipismo nel condroma? Le atipie nel condroma… è facile? RISPOSTA: Possono essere marcate e lo chiamiamo condrosarcoma high grade e il problema non si pone. Qui sapete quale può essere il problema? Che è così high grade, così mesenchimale che a volte mi può sfuggire che è un condrosarcoma.

Questa neoplasia così poco differenziata è un condrosarcoma, cioè viene dall’osso, o viene da qualche altra parte? Mi posso aiutare con l’immunoistochimica? I condrociti sono S100 POSITIVI, come gli elementi del tessuto nervoso. Se faccio l’ S100 ed è nell’osso, è probabile che sia un condrosarcoma high grade. Ma il problema sta dall’altra parte: discriminare un condroma da un condrosarcoma low grade. Qual è il dato più forte? Prima: CLINICA! Se un giovane ha una lesione osteolitica delle mani e dei piedi è un condroma fino a prova contraria, a meno che l’anatomopatologo in tutta la sua diagnosi non aggiunga PERMEAZIONE DELL’OSSO CIRCOSTANTE! E allora voi direte: condrosarcoma low grade.

Ci può essere nelle mani e nei piedi un condrosarcoma low grade? Purtroppo si.

In un tessuto anziano quando vedo tessuto cartilagineo faccio questo ragionamento: è un condrosarcoma fino a prova contraria.Vedete… non do una reale prevalenza alle lesioni. Faccio una diagnosi di comodo. Quindi se io vedo un adulto-anziano, scheletro assile anche se il radiologo mi dice che non vede molto interessamento dell’osso circostante io dico: è un condrosarcoma fino a prova contraria. Guardo, cerco di capire se è cartilagine, se non lo capisco faccio un S100 e a quel punto decido. Mi tocca di capire se è low grade o high grade. L’anziano può avere un condrosarcoma low grade.

Possono esserci anche tumori cartilaginei apparentemente poco atipici ma che mi fanno porre diagnosi di condrosarcoma low grade. Facciamo il caso specifico: di vedere un adulto, scheletro assile anche se l’osso non è interessato, con qualche focolaio di permeazione dell’osso periferico, anche se non vedo atipie io faccio diagnosi di condrosarcoma low grade. Lo stesso vale per l’osteosarcoma, perché io ho parlato

dell’entità del bambino, ma purtroppo esistono una serie di osteosarcomi che interessano la sede paraosteale, periosteale, soprattutto il paraosteale in cui noi vediamo tessuto connettivo privo di atipie e trabecole ossee mature. Ma che cosa mi fa dire “osteosarcoma”? La sede! Quindi io so che in quella sede la maturità non mi deve ingannare. Certo comincerò a chiedere al clinico qual è il quadro radiologico, come si è comportato il tumore nei confronti dell’osso sottostante. Capite qual è il discorso?!

Ci lasciamo con un esempio banale: se voi prendete il mio cervello e lo esaminate, solo in un punto vi può sembrare Alzheimer. Così se noi usciamo dal lato dell’aula dove non passano mai a pulire, può sembrare Napoli. Le atipie sono esattamente la stessa cosa: vanno considerate in un contesto. Perché il paragone con l’Alzheimer? Perché l’Alzheimer è questo, non riusciamo a liberarci della spazzatura. Cioè normalmente la spazzatura si accumula nei nostri neuroni, nel pz con Alzheimer si accumula in quantità elevate.

(Lezione del 5/12/11 prof. Aragona)

Quest’ultima sarà una lezione riassuntiva; è stata una delle prime e ora la utilizzeremo come una delle ultime.TRASFORMAZIONE NEOPLASTICA. Che cosa può significare? Sono le alterazioni morfologiche caratteristiche delle neoplasie.Qui vedete uno striscio vaginale: guardate le cellule superficiali, le cellule intermedie. Distinguiamo il nucleo delle cellule intermedie. Guardate la disposizione dei nuclei. Abbiamo uno striscio vaginale normale e questo invece è un carcinoma. Le alterazioni morfologiche nucleari prendono il nome di trasformazione neoplastica.Adesso ci immetteremo in un campo che richiede quasi doti acrobatiche da parte dell’anatomo-patologo. Qual è questo campo complesso e difficile? È quello degli acronimi….CINETICA CELLULARE. Cos’è che ci siamo detti tante volte? Un tessuto è fatto da un certo numero di cellule; perché quel numero di cellule? Perché chi faceva le cose per bene ha deciso che quello era il numero giusto ; ma ha deciso di più : quante se ne dovevano formare e quante dovevano morire, quindi l’equilibrio deve essere perfetto nella proliferazione cellulare, altrimenti si crea uno scompenso. Se sono più quelle che si formano rispetto a quelle che muoiono, aumenta il numero di cellule e quindi? Iperplasia. Se invece ne muoiono di meno, cosa accade? Aumenta il numero di cellule perché ne muoiono di meno; quindi se ne formano uno stesso numero, ma ne muoiono di meno. Deve essere assolutamente bilanciato questo rapporto.Vediamo la PROLIFERAZIONE CELLULARE. È controllata, assolutamente controllata. Ma da che cosa? Da due meccanismi, uno pro e uno contro: protoncogeni e oncosoppressori. La proliferazione cellulare può aumentare per una delle due cose, o perché aumenta l’attività dei protoncogeni, o perché diminuisce quella degli oncosoppressori. Lo stesso vale per l’APOPTOSI. Vi sono fattori che la favoriscono e fattori contrari. In natura nulla vien lasciato all’equilibrio semplice. Ricordatevi della chimica: nelle reazioni chimiche da una parte vi sono delle sostanze, dall’altra ve ne sono delle altre, comincia la reazione e poi si raggiunge un equilibrio. Il nostro organismo è fatto da reazioni di equilibrio chimico, tantissime. Ma questo da solo basta? Cioè, se tutto fosse lasciato all’equilibrio chimico, così, meccanico, materiale, si avrebbe il corpo umano? No. Infatti tutti gli equilibri chimici sono controllati da enzimi; permettono reazioni dove il ΔG non è favorevole. Non c’è una sola reazione chimica che non sia controllata dagli enzimi. Senza enzimi è inevitabile che il più grosso finisca per fagocitare il più piccolo e , a un certo punto, il più grosso non avrà più niente da fagocitare… vi sono molti controlli, non solo gli enzimi…nel nostro corpo vi sono molti sistemi di controllo. È tutto assolutamente regolato.È importante il danno del DNA? Immaginate se il collega sciagurato ci porta la chiave con i virus, lo odieremo a vita. E grossomodo è quello che succede quando si guasta il DNA. La prima cosa che viene da pensare è : questo DNA non è fatto bene, perchè si può guastare. Ma non è così, perché nel nostro organismo vi sono moltissimi geni riparatori, “sarti bravissimi”. Il sistema di riparazione c’è sempre, ma siamo così sciagurati da superbombardare il nostro DNA. I danni irreparabili riguardano che cosa? I punti deboli sono : protoncogeni, oncosoppressori, apoptosi, geni riparatori.Che cos’è il cancro? È una somma di errori genetici. Questo fatto non è per noi importante soltanto dal punto di vista concettuale. Se c’è una somma di danni noi dobbiamo sapere che ci vuole tempo perché si sommino, e se ci vuole tempo, significa che noi abbiamo tempo a disposizione per tagliare la corda in un punto qualsiasi. Il nostro intento di medici deve essere questo: adesso tagliamo la corda e facciamo finire queste alterazioni genetiche a gambe per aria. Deve essere questo il nostro intento: capire dove si taglia.TEORIA UNICELLULARE DELLA CANCEROGENESI: c’è una cellula che ha preso più errori delle altre. Cosa succede se noi la togliamo? Almeno un’altra muterà. Questo si chiama EFFETTO CAMPO. Allora l’altro impegno nostro quale deve essere? Una volta tolta la neoplasia ( es. colon, superficie dell’intestino tenue pari a quella di un campo da tennis) si segue il paziente.CANCRO-CINETICA: la proliferazione cellulare neoplastica è svincolata da ogni controllo (“proliferazione asociale”) l’aumento delle cellule maligne avviene per:

- Aumento proliferazione (es. leucemia linfatica Acuta) o per- Riduzione dell’apoptosi (es. leucemia linfatica Cronica) o per- Entrambi i meccanismi

Questo concetto ha un risvolto pratico notevolissimo. Noi che farmaci abbiamo oggi? Per interferire nel primo caso (LLA) o nell’altro (LLC)? Abbiamo farmaci più efficaci nei confronti della LLA.È vero che la LLC ha lunghe sopravvivenze, ma la possibilità di guarire è bassa. Nella LLA possiamo invece farcela; si, il paziente può morire, ma può anche salvarsi. I successi terapeutici in caso di Leucemia Linfoblastica sono oggi straordinari; la chemioterapia nei bambini con tumori aggressivi consente quasi al 100% ottimi risultati terapeutici.JAK: “just another kinases”FATTORI DI CRESCITA (FGF, SIS) la cellula se li produce da sola i fattori di crescita, li utilizza e si accresce (“si prepara il pranzetto e se lo mangia pure!”)RECETTORI HER2: è un protoncogene. È una cellula che ha un “sacco di teste e di bocche”. Questo vale per il k mammario ad esempio, dove l’Her2 ha tantissime bocche. HERCEPTINA: farmaco anti-HER2.RAS: recettore- fattore di crescita. MODELLO CHIAVE-SERRATURALa meta dei K del colon sono Ras+. Non serve molto studiare il fattore di crescita (es. EGFR per il K colon), ma la serratura (cioè RAS) che è comune a tutte le porte.

APC : gene coinvolto nel K del colonCADERINA: molecola che segnala la possibilità/impossibilità di accrescersi alla βcatenina. Il sistema caderina-βcatenina-gene APC è alterato nel K del colon, si ha un segnale anomalo e si forma la massa neoplastica. Qual è la funzione del sistema? la caderina dice alla βcatenina che c’è spazio per proliferare.pRB: se fosforilata, il DNA si aprep53: è un freno cellulare (oncosoppressore), serve a riparare le cellule. La macchina per essere riparata si deve fermare; lo stesso per una cellula.GENI RIPARATORI: BRCA, hmSH2TELOMERASI: ogni cellula è caricata per vivere un certo periodo di tempo. I telomeri si accorciano sempre più. Le telomerasi regolano questo meccanismo; se va in tilt, la cellula prolifera indefinitamente in maniera incontrollata.BCL-2 (antiapoptosi): nel linfoma follicolare non aumenta il numero di cellule, ma si riduce l’apoptosi. Non può essere un’iperplasia follicolare, perché in questo caso non c’è BCL2Proteomica-genomica: è possibile testare contemporaneamente più marker cellulari con la metodica del Microarray.Quanto impiega un punto di massa piccolissima a diventare quanto una mela? E una mela a diventare quanto tutto l’universo? Contrariamente a quanto si pensi, perché un punto di massa infinitesima diventi una mela occorre un sacco di tempo, mentre, affinché un mela diventi quanto l’universo, occorre poco.I tumori impiegano tantissimo tempo prima di raggiungere le dimensioni di 1 cm. Dopo di che crescono velocissimamente. Che medici dobbiamo essere? Quelli che scoprono mele? O che guardano l’universo?DIAGNOSI PRECOCE: quanto tempo abbiamo a disposizione?C’è molto tempo a disposizione tra la formazione di un epitelio iperploliferato (es. colon) e la formazione di K! Si hanno a disposizione ANNI, non sempre, ma nella maggior parte dei tumori.Da normale ad adenoma: 5-10 anni.Da adenoma a metastasi: 3-5 anniBisogna intervenire prima (alimentazione, stile di vita, abitudini alla defecazione*…) > “se non puoi fare il nuovo, fai almeno l’utile” (Cicerone).* Quando è regolare, si evita l’eccessiva stasi delle feci, quindi si riduce il tempo di esposizione della mucosa a sostanze potenzialmente tossiche.

Esplorazione digito-ano-rettale: è importantissima. Permette la diagnosi precoce della maggior parte dei tumori, soprattutto quelli più brutti che sono proprio quelli “ a portata di dito” perché possono migrare facilmente per via linfatica. Se non ce ne accorgiamo, il paziente è costretto all’ano preternaturale, che è un dramma.

Seminario di Enrico Fileccia: 12-12-11MALATTIA DI ALZHEIMER

Prima di addentrarci nella malattia di Alzheimer bisogna fare delle piccole precisazioni sulle differenze tra invecchiamento cerebrale fisiologico e demenza.Con l’avanzare dell’età si osservano delle alterazioni nel SNC dell’uomo sia funzionali che morfologiche: tra le alterazioni funzionali vi sono alterazioni dei riflessi posturali, alterazioni del ritmo sonno- veglia, ecc. Da un punto di vista morfologico, con l’avanzare dell’età (e quindi non stiamo parlando di patologia) si osservano riduzione della massa cerebrale e reperti microscopici quali ammassi neuro fibrillari e placche senili. Queste ultime sono anche caratteristiche microscopiche della malattia di Alzheimer. Le alterazioni da un punto di vista morfologico presenti in un cervello di un anziano e in quello affetto da demenza di tipo Alzheimer (ma questo discorso vale anche per altre forme di demenza) sono simili non solo di tipo qualitativo ma anche quantitativo. In parole povere, riscontriamo in entrambi le stesse lesioni, la differenza sta nella quantità, sono molto più presenti nel cervello affetto da malattia di Alzheimer.Per demenza, invece, si intende una definizione clinica: è una condizione clinica caratterizzata da deficit della memoria e dei processi cognitivi. I processi cognitivi comprendono il linguaggio,la capacità di estrazione, il pensiero critico, quindi alterazioni in grado di alterare le attività lavorative e sociali del soggetto.

Cause più frequenti di demenza- Alzheimer ( 50% dei casi) (è la causa principale nel mondo occidentale,ma non la sola)- D.vascolare (10- 20 % dei casi) (si sospetta sulla base dell’anamnesi perché spesso il pz

ha una storia di ipertensione, diabete o addirittura anche di fibrillazione atriale)- Dem. Corpi Lewy (abbastanza frequente,associata a M. di Parkinson da un punto di vista

microscopico)- Alcolismo- Farmaci

6° decade DFT (demenza fronto – temporale) e Alzheimer : prima dei 60 anni la frequenza della DFT è uguale a quella dell’Alzheimer, mentre dopo i 70 anni l’Alzheimer è la malattia più frequente. La DFT in una fase iniziale si presenta alla nostra osservazione con alterazioni comportamentali molto evidenti (il pz ha comportamenti bizzarri, è ipergeloso, ossessionato dal cibo ) mentre la memoria, almeno nella fase iniziale, tende ad essere risparmiata.

Dare una definizione completa di questa malattia è abbastanza superficiale, potremmo definirla come una condizione clinica associata a demenza, in cui le alterazioni morfologiche si riscontrano anche nel cervello di una persona anziana non affetta da demenza, con la sola differenza della quantità (non è cosa da poco perché è responsabile della sintomatologia clinica!). per stressare ancora di più questo concetto basta considerare i dati epidemiologici. EpidemiologiaPrevalenza popolazione over 80 anni = 40% (questo dato mostruoso, quasi 1 ogni due persone sopra gli 80anni, sottolinea la continuità fisiologica/ parafisiologica / patologica di queste lesioni)

F:M = 2:1 (non si è ancora capito il motivo, perché non è correlato alla produzione di estrogeni)Rischio > per:

Età ( sotto i 50 anni è eccezionale, tra 50 e 65 anni è possibile ma raro)Familiarità ( crom. 21, 19, 14, 1 )Basso livello di istruzione

EZIOPATOGENESI Ereditarietà Aut. Dom. 5-10% (ESORDIO PRECOCE) ApoE ε4 (forme familiari a esordio TARDIVO) Alterazioni α secretasi / β secretasi PS1 e PS2

Quello che si sa su questa malattia e sulla sua sintomatologia clinica si deve agli studi fatti sulle forme familiari, per quanto queste siano solo il 5-10 %. Un ruolo principale lo ha una proteina transmembrana neuronale chiamata APP, il cui acronimo sta per proteina precursore dell’amiloide. Essa, e in particolare il suo catabolismo, è alla base della patogenesi della malattia. La processazione dell’APP può seguire due vie, entrambe si concludono con l’attività proteolitica della gamma secretasi. La gamma secretasi è un enzima ad attività proteolitica che esiste in due isoforme: pen e aph .Essa scinde la proteina a livello della sua porzione tramsmembrana vicino all’estremità carbossi- terminale. Ciò che determinerà la formazione di un catabolita finale tossico è l’attività del primo enzima deputato alla fase iniziale di processazione. L’enzima in questione può essere l’alfa secretasi o la beta secretasi. L’alfa secretasi è responsabile della cosiddetta via non amiloidogenica che porta a un prodotto catabolico finale non tossico per i neuroni circostanti. Questo perché l’attività proteolitica di questo enzima si estrinseca a livello di una porzione della proteina non troppo vicina all’estremità N- terminale e quindi il taglio successivo della gamma secretasi porterà ad un prodotto catabolico più piccolo, facilmente metabolizzabile dalla gamma secretasi.Viceversa la beta secretasi taglia la proteina nella parte più esterna (a livello della regione N-terminale), per cui il prodotto finale avrà dimensioni maggiori. Questo prodotto è il peptide beta amiloide ( peptide Aβ ). Più peptidi beta amiloide poi si aggregheranno determinando il danno neuronale nelle cellule nervose adiacenti. La presenza di attività della beta secretasi, di per se non è patologica. Ciò che fa la differenza nello sviluppo della malattia è l’equilibrio tra l’attività dell’alfa e della beta secretasi: in tutti noi vi è attività di entrambi, ma solo quelli in cui vi è una netta prevalenza dell’attività della beta sull’alfa secretasi poi svilupperanno clinicamente la malattia.Sui meccanismi coinvolgenti l’allele ε4 dell’ApoE non si sa quasi nulla.

MACROSCOPIA Atrofia cerebrale Dilatazione spazi ventricolari (IDROCEFALO EX VACUO: non si ha un’aumentata

produzione del liquor o un’ostruzione al suo deflusso, semplicemente si ha riduzione del parenchima cerebrale circostante agli spazi ventricolari)

Allargamento dei solchi cerebrali: è conseguenza dell’atrofia cerebrale,cioè per la riduzione del parenchima si allargano solchi e scissure.

Un aspetto fondamentale della malattia è l’atrofia delle regioni ippocampali, ben visibile alla RM.

MICROSCOPIAConsideriamo sempre che tali aspetti microscopici si riscontrano anche nel cervello di una persona anziana , solo in minor numero.

Placche senili : secondo le teorie odierne sarebbe la lesione principale, responsabile poi di lesioni secondarie. Sono costituite da un core di aggregati di beta amiloide, nel cui contesto si osserva una reazione definita neuritica, dove gli assoni appaiono distrofici. Questa è semplicemente l’espressione morfologica del danno neuronale dato dal prodotto catabolico. Si ritrovano nel contesto della placca anche citochine proinfiamamtorie, α1- antichimotripsina, proteine del complemento e apolipoproteine. Perifericamente alla placca si ritrovano astrociti e cellule della microglia a delimitare la lesione. Le placche diffuse sono considerate precursori delle placche senili perché hanno le medesime caratteristiche, tuttavia è assente la reazione neuritica. Per cui sono accumulo extracellulare di peptide beta amiloide prima che da un punto di vista morfologico sia apprezzabile il danno neuronale.

Grovigli neuro fibrillari intracellulari : non sono extracellulari come le placche, ma intracellulari. Sono costituiti da accumulo della proteina TAU, in forma iperfosforilata, si tratta di una proteina assonale associata ai microtubuli che ne facilita l’assemblaggio. Altre componenti sono l’ubiquitina e la MAP 2 (anch’essa proteina che contribuisce all’attività dei microtubuli). I microtubuli si ritrovano nel citoscheletro, sono fondamentali per il trasporto di sostanze all’interno della cellula. Quindi alterazioni micro tubulari portano a

disfunzione dei neuroni e conseguentemente a danno degli stessi). I filamenti costituiti da proteina TAU si ritrovano anche negli assoni che attraversano la sostanza grigia colpita, sotto forma di filamenti del neuropilo, per cui dal punto di vista strutturale sono identici a quelli appena descritti.

Angiopatia amiloide : è più caratteristica di malattia rispetto alle due precedenti, perché si riscontra meno frequentemente nei soggetti sani anziani. Si accumula amiloide nei vasi. Si vede nella sezione di tessuto istologico che è positiva al rosso congo. Ricordiamo che per amiloide si intende qualsiasi struttura secondaria proteica che si può accumulare che è positiva alla colorazione rosso congo e che mostra una caratteristica birifrangeza verde mela alla luce polarizzata.

Corpi Hirano : accumulo di materiale eosinofilo contenente soprattutto actina all’interno dei neuroni, soprattutto nelle cellule piramidali dell’ippocampo

Degenerazione granulo- vacuolare: si intende un alone chiaro all’interno del neurone (nel libro dice meglio che si tratta di vacuoli piccoli chiari, ciascuno contenente un granulo) Anche questo è più frequente nell’ippocampo.

Queste ultime due sono meno comuni e sono caratteristiche diffuse della malattia di Alzheimer.

ZONE MAGGIORMENTE SENSIBILILe zone maggiormente colpite sono: ippocampo, area entorinale e corteccia peririnale (queste zone sono correlate con il deficit della memoria, che all’inizio è a medio e breve termine; In realtà si è visto che la lesione in queste zone è connessa alla perdita dell’orientamento spazio temporale, perché sono state scoperte regioni fondamentali per la codifica dello spazio intorno all’animale), corteccia paraippocampica e amigdala (lesioni in queste due zone,in particolare l’amigdala, sono coinvolte in una fase precoce, iniziale della malattia, paradossalmente più precoce rispetto al deficit della memoria. Sappiamo infatti che almeno all’inizio il deficit della memoria è quasi sottovalutato dal pz stesso. L’amigdala è il centro di integrazione emozionale per eccellenza nell’encefalo, e lesioni in essa fanno si che il soggetto non possa integrare a livello del sistema limbico le percezioni e le esperienze vissute. Questo è responsabile della perdita di motivazioni e di interessi del soggetto in fase inziale ), nucleo basale di Meynert (la sua degenerazione è correlato alla degenerazione del quadro clinico, cioè al declino cognitivo, e su questo aspetto morfologico si basa il razionale della terapia, in particolare per l’uso di inibitore delle colinesterasi centrali, questo per aumentare la disponibilità di acetilcolina e ridurre la sintomatologia), sistemi monoaminergici del tronco cerebrale (sarebbe connesso alla depressione presente nel 30-40% dei pz), neocorteccia (prevalentemente aree associative) che è progressivamente coinvolta ed è responsabile del deficit cognitivo, non si sa bene per quale motivo il lobo occipitale viene risparmiato.

Due RMN a confronto mostrano: una di persona anziana e una di persona con malattia di Alzheimer. L’RMN dell’anziano mostrerà: allargamento di solchi e scissure, secondarie ad atrofia cerebrale, ma le aree nel lobo temporale laterale, ippocampali ,area entorinale e corteccia peririnale sono trofiche, quindi normali. L’RMN del soggetto con malattia mostrerà: oltre alle alterazioni morfologiche molto meglio evidenziabili, atrofia delle regioni del lobo temporale.CLINICATre fasi:

Iniziale: iniziale deficit della memoria, calo di interesse più rilevante. Media: aggravamento dei sintomi iniziali, alterazioni marcate della memoria e

dell’orientamento spazio- temporale. I pz cominciano a non essere più autosufficienti. Avanzata: i pz passano gran parte del loro tempo a letto e quando sono in grado di

deambulare vagano senza alcuna consapevolezza di dove sono.

TERAPIAInibitori colinesterasi : rivastigmina , galantamina, donezepil

Antagonisti NMDA (forme medio- avanzate) : memantinaTerapia di supporto: SSRI (40% dei pz depressi). E’ fondamentale!Valutare uso a basse dosi di neurolettici atipici ( quetiapina, olanzapina, risperidone ) all’insorgenza (comune col progredire della malattia) di disturbi psicotici e agitazione psicomotoria.

Note del professore: non sappiamo tutto su questa patologia (già il fatto che ci sia l’eponimo la dice lunga!) Si sa comunque che alla base c’è un “accumulo di spazzatura” di cui non riusciamo a liberarci. È opportuno chiedersi prima di tutto se questo “accumulo” avviene prima o dopo alcune alterazioni, è possibile per esempio che l’amiloide sia la causa del danno oppure che questa si accumuli a seguito di un danno neuronale (non si sa se il danno da secretasi venga prima o dopo). Di certo i meccanismi implicati sono moltepliciPuò sembrare che siano coinvolte maggiormente alcune aree rispetto ad altre, se il pz presenta sintomi relativi più rilevanti. In realtà, però, la RMN dimostra un danno diffuso dell’encefalo. Infatti l’encefalo risente in toto della presenza di lesioni, per quanto queste siano più accentuate in una zona più che in un’altra.Il limite tra il parafisiologico e il patologico è minimo. Identificare il pz con malattia di Alzheimer precocemente è fondamentale! E’ una malattia che non coinvolge solo il pz ma tutta la famiglia. In conclusione:non sappiamo molto di questa malattia. E’ una malattia dell’invecchiamento.

Seminario di Giuseppe Garbo. 12-12-11SCLEROSI MULTIPLA Nel caso della sclerosi multipla non abbiamo un eponimo, di conseguenza possiamo ragionare sul nome sulle conoscenze anatomiche e sul meccanismo dell’infiammazione per fare un quadro della malattia. La SM fa parte delle malattie demielinizzanti del SNC, il danno è preferenzialmente alla mielina con relativo risparmio dell’assone.Etimologia: Scleròsi: deriva dal greco e significa indurimento (gliosi reattiva). Quindi possiamo immaginare lesioni di consistenza più dure rispetto al resto del parenchima.Multipla: numerosi focolai di demielinizzazione disseminati e a più livelli del SNC come il midollo spinale e il cervelletto (quindi avremo lesioni costituite da placche multiple e da qui il nome scleròsi a placche).Anatomia:

Glia : riveste i neuroni, costituita da tessuto con funzione trofo-meccanica e di difesa per i neuroni. Astrociti Oligodendrociti : rivestono più di un assone con la mielina producendo più di una guaina. Sono il

bersaglio della risposta autoimmune che si verifica nella SM. Microglia : macrofagi residenti che svolgono anche la funzione di APC.

Epidemiologia: Frequenza: è la più comune delle malattie demielinizzanti, prevalenza 1/1000 (A Palermo sono affetti, da tale patologia, dai 6.000 ai 10.000 sogg). Età: si manifesta ad ogni età, ma l’esordio in genere si ha fra i 20 e i 50 aa; Sesso: come tutte le patologie su base autoimmune predilige il sesso F. F:M=2:1.Eziopatogenesi:Come tutte le patologie su base autoimmune, presenta una eziologia multifattoriale: predisposizione genetica + fattori ambientali (si è ricercata una eventuale causa virale ma ancora senza evidenze certe). Il danno sarà dato da una risposta autoimmunitaria diretta contro le componenti della guaina mielinica:

Cell. residenti: Linf. B residenti e Microglia.

Cell. Non residenti: Linf. T e Monociti che attraversano la BEE a seguito dell’aumento di permeabilità vascolare indotta dall’infiammazione.

Morfologia:Vedremo lesioni ben circoscritte grigio – biancastre, grigio – rosastre in base all’età, infatti potremo “datare” le placche confrontandole tra di loro, per capire qual è più precoce e quale più tardiva. Le placche sono evidenti al taglio ed alla risonanza magnetica nella quale risulteranno ipercaptanti.Localizzazione preferenziale delle placche:

Agli angoli dei ventricoli laterali, dove spesso ritroviamo piccole vene centrali. Questa localizzazione non è, affatto, casuale. Stiamo parlando di una reazione infiammatoria, quindi, le cellule provenienti dal circolo sanguigno si andranno a disporre nei territori ricchi venule e che permettono l’arrivo in loco di cellule infiammatorie .

Corpo calloso. Sostanza bianca di cervelletto e midollo spinale.

Patogenesi:Cosa succede nella placca?Stiamo parlando di un’infiammazione, quindi, distingueremo una fase essudativa ed una proliferativa. La prima tappa è la fase acuta che prenderà il nome di “placca acuta attiva”, seguirà una “placca cronica attiva” ed oltre a queste due forme potremo riconoscere una “placca cronica inattiva”.Placca acuta attiva: flogosi essudativa ed attivazione oligoclonale di alcuni cloni autoreattivi di Linf. B residenti che producono Ig contro gli oligodendrociti (Grigio – rosee). L’infiammazione si accompagnerà ad iperemia e aumento della permeabilità.

1. Placca cronica attiva : alterazione BEE e danno alla guaina mielinica mediato da monociti e Linf. T. Macrofagi residenti PAS + (ricchi di residui necrotici lipidici, dati dalla disfunzione della mielina). Avremo riduzione degli oligodendrociti con assoni ancora conservati (grigio rosea). La riduzione degli oligodendrociti metterà in mostra i macrofagi che circondano l’assone con la perdita della mielina che circondava la fibra nervosa. Questo processo, se protratto per lungo tempo, potrà portare alla formazione di cavitazioni.

2. Placca cronica inattiva : al termine dell’infiammazione le cell. Infiammatorie cominciano a scomparire lentamente e gli astrociti tentano di rimediare alla perdita di mielina con una proliferazione reattiva (grigio biancastra). Questo fenomeno prende il nome di Gliòsi. Il termine gliòsi và “preso con le pinze” poiché non dobbiamo pensare ad una degenerazione ma ad un’iperplasia reattiva.

Nota del professore: la cosa più facile è pensare ad una patogenesi immunitaria. Tantissimi anni fa si scoprì che con i vaccini alcuni soggetti morivano, all’autopsia si rilevava mielite perivenosa con infiltrati linfocitari. Nell’encefalo di soggetti morti per SM si notò la stessa base morfologica quindi si pensò che la malattia potesse derivare direttamente dalla somministrazione dei vaccini. Non è una teoria del tutto sbagliata perché ci fa capire che alla base abbiamo l’infiammazione.Classificazione delle lesioni:Nella “Classificazione di Lucchinetti” le lesioni attive della SM possono essere suddivise in 4 tipi:

Tipo 1: demielinizzazione e presenza di citochine, prodotte dai macrofagi. Tipo 2: presenza di Ig e complemento. Tipo 3: non presenta Ig e complemento e presenta perdita iniziale di glicoproteine associate alla

mielina; la demielinizzazione è associata a disfunzione degli oligodendrociti e loro apoptosi diffusa. Tipo 4: apoptosi degli oligodendrociti soltanto centrale.

Le lesioni di tipo 1 e 2 sono associate alla presenza di una vena al centro della placca, fenomeno che ci fa pensare allo “stravaso” di tipo infiammatorio. Le lesioni di tipo 3 e 4 sono associate ad apoptosi dell’oligodendrocita. L’assone non sempre risente del danno.

Descrizione dell’immagine: Gli oligodendrociti circondano l’assone. I Linf. B residenti e con le Ig mediano un tipo di danno alla glia. La microglia va a stimolare, richiamandoli dal torrente circolatorio, i Linf. T ed insieme mediano il danno. Questo è il quadro di una placca cronica attiva, quando scompaiono le cellule infiammatorie si determinerà un’iperplasia dell’astrocita.Tramite la colorazione CD68 si mette in evidenza la presenza di macrofagi che digeriscono la guaina mielinica.Il danno è dato dalla perdita della mielina.Conseguenze del danno: Per conoscere il corrispettivo clinico dobbiamo mettere in evidenza le funzioni fisiologiche della mielina. Teoria saltatoria dell’impulso nervoso:La mielina é segmentale, quindi ci sono piccole aree o "nodi" che non sono mielinizzate. Gli ioni passano dentro e fuori gli assoni e generano corrente elettrica. Questa corrente é condotta lungo il nervo e "salta" da un nodo all'altro (“conduzione saltatoria”). Sono la velocità e l'efficienza con le quali questi impulsi nervosi sono condotti che consentono l'esecuzione di movimenti armonici, rapidi e coordinati con poco sforzo conscio. In un individuo sano la velocità di conduzione è di 100 m/s, in un individuo affetto dalla sclerosi multipla la velocità scende gradualmente a 5 m/s.La consistente perdita della guaina mielinica provoca un ritardo della conduzione dell'impulso elettrico (nervoso) attraverso gli assoni dei neuroni.

Sintomi: L’esordio è correlato a Neurite ottica (o di “Devic”): caratterizzata da deficit visivi e diplopia.In base alla localizzazione delle placche avremo una sintomatologia molto diversa.Se ci sarà interessamento del tronco encefalico si presenteranno problemi a carico dei nervi cranici (nucleo oculomotore) con oftalmoplegia, atassia e nistagmo. Se interessa il cervelletto avremo turbe

dell’equilibrio e della coordinazione dei movimenti. Lesioni del midollo spinale daranno deficit sia sensitivi che motori a tronco e arti (parestesie ecc.), oltre che difficoltà nel controllo delle funzioni sfinteriali della vescica (tratto sacrale del midollo spinale).Non si tratta di sintomi specifici. La molteplicità delle placche determina il vastissimo quadro sintomatologico (quasi “soggettive”, dice il professore). Possiamo evidenziare turbe dell’umore, depressione. Segni precoci possono essere, oltre alla compromissione dei nervi ottici, cadute involontarie (il pz non è in grado di dire come sia caduto).Segni:

Segno di Babinsky: positivo. Questo segno è fisiologico nell’infanzia e patologico nell’adulto. Si presenta con apertura a ventaglio delle dita del piede a seguito di stimolazione plantare.

Segno di Lhermitte : una sensazione di scossa elettrica che percorre la colonna vertebrale e gli arti inferiori in seguito a flessione del collo. Questo segno è abbastanza tipico ma presente in una percentuale ridotta dei pazienti.

Varianti cliniche: Benigna 10% : una o più recidive con remissione completa. Non seguita da reliquati. Non avremo

una disabilità a lungo termine. SM-RR (RECIDIVANTE REMITTENTE) 30-40% : sintomi che compaiono e scompaiono con recupero

totale o parziale. Può evolvere nella variante SM-SP. SM-SP (SECONDARIAMENTE PROGRESSIVA) 25-30% : progressione dei deficit anche nei periodi tra le

ricadute. In questa variante non abbiamo delle acuzie e delle recidive che si traducono in un recupero delle funzioni ma abbiamo anche una degenerazione senza acuzie e recidive. Quindi col tempo il pz anche senza accorgersene (data la gradualità del danno) perderà delle funzioni neurologiche importanti.

SM-PP (PRIMARIAMENTE PROGRESSIVE) 10-15% : i deficit si accumulano in modo graduale senza un vero e proprio attacco. Questa forma è più debilitante perché si raggiunge in meno tempo.

Variante Maligna 5% : disabilità completa in settimane o mesi.

Diagnosi: La clinica è peculiare e FONDAMENTALE per la diagnosi, si manifesta tramite la multifocalità delle

lesioni e dei sintomi ad esse correlati. RM con mdc . Le placche risulteranno ipercaptanti a causa dell’iperemia. Elettroforesi del liquor . Tramite l’elettroforesi vedremo l’aumento di concentrazione di IgG, che

rispecchierà l’attivazione oligoclonale dei Linf. B. (fortemente indicativo).Prognosi:Invalidante ma non mortale, sopravvivenza media superiore a 30aa.Si può avere morte in pazienti con disabilità gravi per infezioni vescicali o polmonari (ab ingestis). Si tratta di una malattia sociale. È drammatica soprattutto se insorge in soggetti giovani a causa dell’estrema invalidità che determina.

Terapia:Non essendo una malattia mortale la terapia verte sull’arresto della progressione, quindi, riconoscere la placca il prima possibile ed evitare che se ne formino di nuove.Negli episodi acuti si usano corticosteroidi.Per prevenire le ricadute farmaci immunosoppressori: azatioprina, metotrexate, ciclofosfamide.Sono in via di sperimentazione farmaci in grado di bloccare il passaggio di Linf. T dalla BEE.

Seminario sull’ictus

I termini aulici utilizzati per definire questa patologia rispecchiano la storia della medicina, attraverso le lingue che hanno dominato le scienze nel corso dei secoli, poiché si passa dal greco apoplessi, al latino ictus, all'inglese stroke, che significano tutti allo stesso modo "colpo" e in particolare stroke termine inglese molto duro, forte, pieno di consonanti utilizzato per enfatizzare questa condizione clinica improvvisa determinata dall’abolizione delle funzioni cerebrali con perdita di coscienza, dei sensi ma con relativa conservazione della circolazione e del respiro. Questa curiosità ci riesce a far percepire quanto sia stata importante e quanto lo sia tuttora questa patologia, importante sia perché è un’emergenza medica che può causare danni permanenti neurologici sino alla morte del paziente che per i numeri di questa patologia e cioè la terza causa di morte del mondo occidentale, in Italia è la prima causa di disabilità e la seconda causa di demenza. Bisogna distinguere l’ictus dal TIA, queste entità cliniche hanno la stessa origine, cioè la genesi di accidente cerebro-vascolare ma è determinante andare a vedere per quanto tempo i sintomi neurologici sono presenti nell’ictus maggiore di 24 h, nel TIA minore di 24h. Questo riferimento temporale, uno spartiacque, è un dato convenzionale,preso come limite che inquadra la reversibilità nel caso del TIA e l’irreversibilità del processo nel caso di ictus.

Etiologicamente distinguiamo ictus di origine ischemica data dalla ipoperfusione del tessuto cerebrale(80%) e di origine emorragica data dalla rottura di un vaso(20%) la differente eziologia comporta una differenza nella sintomatologia (quando è ischemico la possibile paralisi avviene più lentamente, il soggetto si vede paralizzare gli arti ad esempio, nell’emorragico è molto più repentino), vi è differenza nella diagnostica(alla TAC l’insulto ischemico è invisibile nelle prime 12-14 ore, mentre se presente sangue e quindi l’emorragia è visibile come una zona di iperdensità) il sangue è bagiano anche nei confronti della TAC;nella prognosi(l’ictus emorragico tende a peggiorare, nell’ischemico molto spesso i sintomi migliorano), nella terapia.Bisogna sempre conoscere il campo di battaglia e soprattutto i punti deboli, l’encefalo è un organo molto particolare.Lo sappiamo dall’anatomia, unico organo con due peduncoli vascolari e fornito di una complessa anastomosi arteriosa a formare un eptagono che determina la costanza del flusso cerebrale nonostante le fluttuazioni fisiologiche della pressione sistemica (circolo di Willis)determinante per il corretto funzionamento delle cellule nervose,tramite questo meccanismo INSIEME ALLA VASO-MOTION determina una fine autoregolazione tanto che il cervello non vede l’escursione della pressione sisto-diastolica ( con l’età o per il continuo “martellamento”di una pressione troppo alta questa autoregolazione viene mano a mano a diminuire determina un maggiore rischio che il flusso ematico diminuisca a livelli anossici per il non adeguato innesco delle variazioni del tono arteriolare, così accade ad esempio che la riduzione della gittata produce riduzione del flusso cerebrale solo se l’autoregolazione è inefficiente e questi soggetti sono esposti ad un danneggiamento cronico. La vascolarizzazione dell’encefalo in generale è distinguibile in una superficiale a bassa pressione cortico-sottocorticale che dipende dalle 3 grandi arterie cerebrali e una corrente arteriosa profonda ad alta pressione destinata ai nuclei grigi della base e a zone profonde che dipende sia dai rami comunicanti che rami collaterali della basilare. Tra questi due territori vi è una zona di frontiera cioè a cavallo delle due vascolarizzazioni come dei posti di minore resistenza, INOLTRE VI SONO ZONE A CIRCOLAZIONE TERMINO TERMINALE (TALAMO, GANGLI DELLA BASE, MIDOLLO SPINALE) questo insieme al deterioramento dell’autoregolazione dell’anastomosi sono i punti deboli della circolazione del cervello. Lo sappiamo dall’istologia: i neuroni sono delle vere e proprie centrali elettriche e per questo hanno bisogno di moltissima energia e per fare ciò la resa migliore è data da un metabolismo aerobico, i neuroni li possiamo paragonare ad una macchina da formula uno che ha bisogno di strutture particolari ma anche di carburanti particolari per andare al massimo. Ma se da un lato le macchine da formula uno sono lo sviluppo dei migliori studi ingegneristici cosi come i neuroni sono lo sviluppo di studi evoluzionistici hanno la caratteristica di essere molto performante ma nello stesso tempo di essere poco resistenti.Quale che sia la causa (ipossia respiratoria o ipossia da basso flusso), è la carenza di ossigeno alle cellule la causa del danno, più che la mancanza di substrati metabolici. quando il flusso è interrotto, la sopravvivenza del tessuto a rischio dipende da:

Entità e velocità di riduzione del flusso Area interessata e sua estensioneDurata dell’interruzionePresenza ed eventuale sviluppo di circoli collaterali

Bisogna anche ricordare che esiste una vera e propria gerarchia del SNC per quel che riguarda la suscettibilità alle lesioni (vulnerabilità selettiva), sia fra le cellule(neuronigliaastrociti in ordine di

sensibilità)sia fra le varie aree del cervello (vulnerabilità topografica). È sufficiente un arresto del flusso cerebrale di 8-10 secondi per produrre perdita di coscienza ed entro pochi minuti 4-8 si producono gravi ed irreversibili lesioni cerebrali.

L’ictus ischemico a sua volta può essere distinto in ictus globale dato da ipoperfusione generalizzata e ictus focale data da ipoperfusione localizzata.

L’ictus focale che è quello a cui siamo maggiormente interessati in questo seminario vista la stretta relazione con la FA.Esso consegue alla riduzione o all’arresto del flusso ematico a un’area cerebrale localizzata dovuta a varie patologie dei grossi vasi come l’occlusione su base embolica o trombotica, o dei vasi minori come nelle vasculiti.La maggior parte di occlusioni trombotiche sono causate da aterosclerosi, la biforcazione aortica, l’origine dell’arteria media e a ciascuna delle estremità dell’arteria basilare sono quelle più frequentemente colpite.L’embolia cerebrale riconosce molte cause. La sorgente principale è data dai trombi murali cardiaci dati da infarti miocardici o FA, oppure anche importanti sono i frammenti di materiale trombotico che si possono staccare da formazioni murali arteriose, più spesso dalle placche ateromatosiche delle carotidi, o comunque da emboli di differente natura quali grassosi o gassosi.Un’importante particolare hanno in questo caso i circoli collaterali(molto di più di quanto visto nell’ischemia globale, dove il flusso è uniformemente diminuito), a questo scopo risultano efficacemente attrezzate le aree circostanti al poligono di Willis, ma anche la superficie encefalica e invece sono insufficienti le aree profonde e i nuclei della base.

In linea generale dopo l’ostruzione si può assistere all’insorgenza di un infarto che in base alle caratteristiche può essere bianco o rosso, successivamente arriverà la microglia e gli astrociti e se il focolaio è piccolo ci sarà una cicatrice, se questa è grande ci sarà una cisti apoplettica che nelle pareti ha depositi emosiderinici (è una pseusocisti cioè una cavità neo formata non rivestita da epitelio).Riprendendo la similitudine fatta il seminario scorso circa la spazzatura presente nel nostro cervello, se essa è poca il sistema la mette in un sacchetto (di fibrina)formando la cicatrice, la cisti apoplettica invece la possiamo paragonare ad una discarica abusiva bonificate nel cui terreno non crescerà nulla.È dunque possibile fare una classificazione degli infarti in base al loro aspetto macroscopico.L’infarto emorragico(rosso)è determinato da un’embolia che occlude un vaso e danneggia tutte le strutture a valle , anche quelle vascolari. A seguito della lisi dell’embolo si ha una riperfusione della zona danneggiata, ma il sangue fuoriesce dai vasi distrutti e forma un infarcimento della zona necrotica. L’aspetto è quello di emorragie petecchiali multiple talvolta confluenti.L’infarto non emorragico( bianco)spesso fa seguito a trombosi e non si verifica in esso un fenomeno di danneggiamento dopo la riperfusione. Le modificazioni istologiche sono molto simili, l’unica cosa in meno rispetto all’emorragico è che nell’emorragico vi è stravaso e riassorbimento ematico.

- Durante le prime 6 ore dopo il danno irreversibile, la zona non è macroscopicamente distinguibile da quelle sane.

- Nell’arco di 48 ore il tessuto diventa pallido, soffice e rigonfio e la giunzione tra corticale e sostanza bianca scompare. La distinzione tra tessuto interessato e tessuto sano è poco evidente, poiché sia la zona interessata che quella sana circostante sono interessate da edema.

- Dal secondo giorno il tessuto è gelatinoso e friabile e il confine tra area interessata e quella sana circostante diventa netto a causa della riduzione dell’edema in quest’ultima zona. È in questo periodo che si possono osservare recuperi delle capacità inizialmente perse.

- Dal decimo giorno inizia una riparazione del tessuto necrotico, che va incontro a liquefazione e viene in parte rimosso. Rimane una cavità a contenuto liquido rivestita da tessuto fibroso di colore grigio scuro. La cavità è detta cisti apoplettica ed è un reperto comune che indica la presenza di pregresse emorragie. Essa si verifica come sequela dell’infarto emorragico o dell’emorragia parenchimale, ma non dell’infarto bianco. Per questo l’infarto emorragico è anche detto infarto cistico.

Dal punto di vista istologico si osservano varie fasi:- 0-12 ore sofferenza ischemica ed edema, sia vasogenetico che citotossico, i caratteri tintoriali tipici

della sostanza grigia e bianca sono persi. Le cellule della glia sono rigonfie ed inizia la disgregazione delle fibre mieliniche.

- 12-48 ore :progressivo aumento e successiva normalizzazione della migrazione in sede dei pmn e successivamente comparsa di fagociti monocitari,

- 2-3 settimane successive:comparsa di istiociti dell’avventizia e microglia attivata. I macrofagi, che appaiono carichi dei prodotti di degradazione della mielina e del sangue possono persistere per anni nel focolaio della lesione. Con il progredire della liquefazione della lesione, le cellule gliali reattive

vanno incontro a processi di proliferazione e sviluppano una rete di processi protoplasmatici che avvolgono la zona lesa.

- Alcuni mesi: nella parete della cavità i processi degli astrociti formano una densa rete di fibre gliali, commiste a capillari neoformati e poche fibre connettivali perivascolari.

L’ictus globale avviene per una riduzione generalizzata della perfusione cerebrale come nell’arresto cardiaco, nello shock, ma anche nelle ipotensioni gravi e a questo proposito bisogna stare molto attenti ad abbassare troppo la pressione di un paziente iperteso perché si potrebbero creare iatrogenicamente infarti multipli simultanei in varie sedi.È questo l’esempio solito degli ictus cerebrali da rammollimento che compaiono in soggetti che hanno avuto un infarto miocardico. Vengono infatti chiamati infarti emodinamici o infarti a prati di riso, ricordando il meccanismo di riempimento dei prati di riso, per cui se il canale di irrigazione è stenosato, gli ultimi campi, o le parti più lontane di questi non riescono ad essere irrigate, in questi casi le zone di rammollimento ischemico sono le zone terminali dell’albero vascolare cerebrale. È detta anche “legge dell’ultimo prato”di Schneider(sebbene il rammollimento possa verificarsi in tutti i territori encefalici, si riscontra con maggiore frequenza nelle zone irrorate da vasi a decorso terminale.

Macroscopicamente l’encefalo si presenta rigonfio, con le circonvoluzioni ispessite e solchi ristretti. La superficie di taglio mostra una scarsa demarcazione tra la sostanza grigia e la sostanza bianca.Microscopicamente le modificazioni istologiche possono essere distinte in 3 categorie:

- precoci:insorgono da 12 a 24 h dopo l’insulto e comprendono le alterazioni neuronali acute, caratterizzate all’inizio da micro vacuolizzazioni, poi eosinofilia del citoplasma ed infine picnosi nucleare( La picnosi è un processo degenerativo del nucleo di una cellula, che avviene in condizioni di morte cellulare per necrosi o apoptosi. Il nucleo si riduce progressivamente in volume e diviene sempre più intensamente colorabile aumentando la sua basofilia: la riduzione del volume indica perdita di materiali nucleari, e condensazione della cromatina residua. La picnosi è solitamente seguita da carioressi (frammentazione del nucleo) e cariolisi (digestione del DNA da parte di specifiche endonucleasi). e cario ressi.

- Subacute che si verificano da 24h a due settimane e sono date da necrosi tissutale, comparsa di macrofagi, proliferazione vascolare e gliosi reattiva

- Fase della riparazione caratterizzata dalla scomparsa di tutto il tessuto necrotico, perdita della normale organizzazione strutturale del SNC e gliosi.

Correlazioni anatomo-clinicheLa condizione clinica che risulta da un accidente cerebro-vascolare ha una grande variabilità e dipendono come abbiamo precedentemente detto dai 4 punti,in linea generale un embolo a provenienza cardiaca ha dimensioni maggiori di quelli a provenienza carotidea e le conseguenza sono differenti:l’embolia di origine cardiaca di solito è devastante, mentre quella di origine carotidea più facilmente può dare luogo a piccoli eventi ischemici che possono anche essere risolti con la lisi del trombo(TIA).Ad essere maggiormente colpita è l’arteria cerebrale media con conseguente emiparesi, afasia e disturbi sensoriali. Quando è l’arteria cerebrale anteriore ad essere colpita si avrà emiparesi, afasia motoria e abulia, se è interessata la posteriore si avrà sindrome talamica , emianopsia e alessia.Terapia Nel trattare l’ictus abbiamo una finestra temporale molto ristretta, il nostro obiettivo è fermare il passaggio tra danno reversibile e irreversibile(necrosi)OGNI SECONDO CHE PASSA è UN NUMERO X DI CELLULE NEURONALI CHE IRRIMEDIABILMENTE MUORE. In aiuto ci possono venire la semeiotica e i parenti,l’anamnesi diventa molto importante. Nella prime fasi l’unica tecnica che ci potrebbe aiutare è l’RM diffusionale ma non è possibile averla per vari motivi. Quindi davanti a noi ci presenta un dubbio Amletico (essere o non essere) perché tra trattare un ictus ischemico ed emorragico c’è molta differenza e spesso la sintomatologia è sovrapponibile. Forse una distinzione è che nell’ictus ischemico il paziente è come se assistesse alle varie tappe dell’ictus mentre di solito ciò non succede in quello emorragico.La terapia dell’ictus ischemico focale è, se si riconosce precocemente, e si presuppone che la sua natura sia un trombo si usano trombolitici. La loro somministrazione deve essere effettuata entro le 3 ore perché potrebbe determinare un danno da riperfusione e cioè un danno in cui i neuroni si vedono investiti da una quantità di ossigeno eccessiva che porta alla formazione di ROS che alterano i conponenti cellulari.

Se si presuppone che l’ostacolo sia un embolo se il danno è piccolo e quindi si avrà un piccolo sintomo neurologico si attua una terapia anticoagulante con l’eparina per impedire la formazione di altri coaguli, nel caso in cui il danno è grave non optiamo per la terapia anticoagulante perché il rischio emorragico è elevato e si effettua una terapia di conservazione che tende a diminuire il metabolismo dei neuroni per rallentare il danno ipossico con ipotermia o altri farmaci.