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L'EXPORT DELLE IMPRESE AGROALIMENTARI CERTIFICAZIONI PER L'ESPORTAZIONE INTRODUZIONE Torino 29 maggio 2013 Cuneo 30 maggio 2013

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L'EXPORT DELLE IMPRESE AGROALIMENTARI

CERTIFICAZIONI PER L'ESPORTAZIONE

INTRODUZIONE

Torino 29 maggio 2013

Cuneo 30 maggio 2013

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Sommario

PREMESSA .............................................................................................................................................. 3

CONSIDERAZIONI GENERALI ......................................................................................................... 3

Gli scandali e le sofisticazioni alimentari e il fenomeno dell’agropirateria .............. 6

I tempi degli investimenti ............................................................................................................ 7

I PRINCIPI GENERALI DELL’ESPORTAZIONE VERSO PAESI TERZI PER I PRODOTTI

AGROALIMENTARI .............................................................................................................................. 7

LE FONTI PRINCIPALI DI INFORMAZIONI PER L’ESPORTAZIONE VERSO PAESI TERZI

PER I PRODOTTI AGROALIMENTARI .......................................................................................... 8

DOCUMENTI DI SPEDIZIONI CONSIDERAZIONI GENERALI (CENNI) ............................. 9

DAZI ................................................................................................................................................... 10

CAMPIONATURE (cenni) ........................................................................................................... 10

IL CERTIFICATO DI ORIGINE ................................................................................................... 10

IL CERTIFICATO DI ANALISI ................................................................................................... 11

IL CERTIFICATO SANITARIO ................................................................................................... 12

IL CERTIFICATO FITOSANITARIO ......................................................................................... 12

LA CERTIFICAZIONE GLUTEN FREE .................................................................................... 13

LA CERTIFICAZIONE BIOLOGICA .......................................................................................... 13

IL CERTIFICATO HALAL ............................................................................................................ 14

PROCEDURA PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI ISCRIZIONE IN LISTE DI

ABILITAZIONE ALL'ESPORTAZIONE DI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE .............. 16

IL TRATTAMENTO E LA MARCHIATURA DEGLI IMBALLAGGI IN LEGNO ................. 18

APPROFONDIMENTI PER SETTORI MERCEOLOGICI DI CARATTERE GENERALE . 19

Approfondimento vino e derivati del vino ......................................................................... 19

Approfondimento altri alcolici (cenni birra) ..................................................................... 19

Approfondimento carni e prodotti a base di carne ......................................................... 19

Approfondimento latticini e formaggi ................................................................................. 20

Approfondimento miele ............................................................................................................ 20

Approfondimento pasta ............................................................................................................. 21

Approfondimento riso ................................................................................................................ 21

Approfondimento salse, sughi, conserve, sottoli e sottaceti. ...................................... 21

Approfondimento dolciumi ...................................................................................................... 22

Approfondimento cioccolato ................................................................................................... 22

Approfondimento ortofrutta ................................................................................................... 24

Approfondimento caffè .............................................................................................................. 24

Fonti ....................................................................................................................................................... 24

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PREMESSA Il documento è frutto di analisi e confronto dei dati forniti dalle fonti ufficiali, dati che talvolta risultano in contrasto tra loro; è stato quindi compiuto ogni sforzo per valutare attentamente l’affidabilità, la completezza e l’aggiornamento delle fonti. Bisogna comunque tenere in conto che gli aggiornamenti possono essere frequenti o riguardare alcuni aspetti peculiari (es. specifici ingredienti per i prodotti elaborati, blocco delle esportazioni a seguito di uno scandalo o di sofisticazione alimentare, ecc.). In virtù di quanto sopra, il presente documento viene fornito esclusivamente a fini informativi e non costituisce riferimento alcuno per contratti e/o impegni di qualsiasi natura; è opportuno comunque verificarne l’esattezza con l’importatore e lo spedizioniere. Nella presente trattazione non sono stati considerati i dazi doganali, che subiscono variazioni frequenti, talvolta anche su base stagionale – si vedano comunque per dettagli aggiuntivi i dati riportati nello specifico paragrafo. L’aggiornamento del documento è al mese di maggio 2013.

CONSIDERAZIONI GENERALI L’aumento del potere d’acquisto nei Paesi in sviluppo conseguenza dell’aumento del reddito e del numero di famiglie a duplice reddito, sta modificando stili di vita, abitudini di consumo ed il settore alimentare (sia sul fronte della produzione interna che delle importazioni). Sono diversi i fattori che contribuiscono a queste modifiche; sono individuabili alcuni filoni:

• canali distributivi

• abitudini alimentari

• status sociale Per quanto concerne i “canali distributivi” sono individuabili come distintivi i seguenti fattori:

• sviluppo dei canali distributivi (sia in quantità che in varietà) con la progressiva evoluzione delle formule di commercio: vengono superate quelle tradizionali, che prevedono la vendita dei generi alimentari deperibili presso i mercati rionali, in favore dell’acquisto di prodotti non deperibili con formule distributive di stampo occidentale, anche se in molti Paesi sussiste ancora la tradizione di fare la spesa tutti i giorni, mettendo insieme gli ingredienti che occorrono a cucinare uno o due pasti

• riconoscimento dell’offerta di prezzi competitivi e migliori condizioni igienico-sanitarie offerte dalla grande distribuzione

• potenziamento del sistema logistico (trasporti, magazzini, attrezzature, catena del freddo, ecc.)

• riduzione delle imposte sull’importazione di alcuni prodotti e semplificazione nel rilascio delle licenze di importazione (è il caso ad esempio della Cina).

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Per ciò che riguarda le “abitudini alimentari” si segnalano come fattori rilevanti:

• ampliamento della dieta

• riconoscimento del valore nutrizionale e salutare di alcuni alimenti della tradizione mediterranea (es. olio di oliva e vino)

• introduzione di alimenti precedentemente sconosciuti alla gastronomia locale

• aumento del consumo di pasti fuori casa (ristoranti, fast food e self service)

• aumento del consumo di prodotti raffinati e pronti per l’uso, ma al contempo anche di prodotti biologici (Brasile)

• potenzialità del mercato dei prodotti dietetici, per chi soffre di intolleranze e prima infanzia (anche se tali prodotti potrebbero essere soggetti a procedure di ingresso specifiche)

• sensibilizzazione crescente nei confronti di sistemi di lavorazione e conservazione in grado di garantire la sicurezza alimentare

• rilevante crescita del settore dei servizi di ristorazione che comprende alberghi, ristoranti, fast food, catering aereo e ristorazione istituzionale, come ospedali e scuole. La stragrande maggioranza del settore della ristorazione si basa sulla cucina locale e gli ingredienti sono di provenienza locale, ma siccome l'economia cresce, le possibilità circa merci importate sono, conseguentemente, in crescita.

• in molti Paesi asiatici, ha una forte valenza cultura mangiare fuori ed il consumo di alimenti con la famiglia e gli amici. La maggior parte dei rapporti d'affari hanno anche una forte componente di mangiare fuori e quasi tutte le trattative d'affari e riunioni comportano ospitalità intorno a un pasto.

• presenza di un mercato locale fatto di immigrati (in Brasile la popolazione di origine italiana è pari a 25-30 milioni).

• rilevante aumento della presenza della comunità internazionale (sia per motivi di turismo che di business) che richiede prodotti provenienti dai Paesi di origine

Infine, lo “status sociale” comporta:

• l’ostentazione del proprio status avviene prevalentemente attraverso la frequentazione di luoghi prediletti per la degustazione e l’offerta di regali in ambito alimentare (cioccolato, vino, ecc.)

• “valore di status” attribuito agli alimenti di origine mediterranea e più in generale, europea

• le città costiere (Cina in particolare) caratterizzate da un maggior benessere, mostrano importanti segnali di occidentalizzazione dei costumi; la popolazione benestante è, in termini assoluti, così numerosa che anche una relativamente piccola percentuale rappresenta un importante cluster di clienti

• il flusso turistico di ritorno favorisce la conoscenza e diffusione dei prodotti alimentari esteri (tra cui quelli italiani)

• tutti i settori del Made in Italy godono di un’immagine forte e di grande qualità e il consumatore dei paesi BRIC dimostra una vera e propria passione per i prodotti italiani; infatti c’è la percezione complessiva di un Sistema Paese, e la grande tradizione enogastronomica italiana viaggia di pari passo con la moda, l’arredamento e più in generale con l’immagine di lusso associata al nostro Paese

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• sviluppo di politiche di internazionalizzazione volte a promuovere e a far apprezzare i prodotti di eccellenza del “Made in ..” tramite la costituzione in loco di poli di attrazione (es. esperienza della Università del caffè di Trieste, promossa da una nota torrefazione triestina con sedi a Shangai, San Paolo, Bangalore)

• affermazione della ristorazione italiana, fattore determinante per l’affermarsi della cucina italiana in Paesi dove sono presenti debolezze strutturali che non favoriscono l’esportazione agro-alimentare (caso della Russia) e conseguente tendenza a frequentare ristoranti-simbolo delle grandi cucine (in primis italiana e francese)

• sempre più frequenti viaggi all’estero, della popolazione locale, spesso in strutture ricettive di qualità, compiuti dai cittadini benestanti dei Paesi oggetto della presente indagine, che permettono loro di conoscere nuovi modelli e formule enogastronomiche ed offrono il contatto con la “vera cucina italiana.

• la scelta di una confezione che richiama il gusto e la tradizione del nostro Paese; l’importanza della confezione è sottolineata da molti analisti di marketing (ad esempio, a molti consumatori non piace la tradizionale confezione in plastica della pasta)

Ne consegue che gli acquisti di prodotti agroalimentari di origine mediterranea e più in generale europea sono andati progressivamente aumentando. Ovviamente questo fenomeno è molto più accentuato nei grandi agglomerati urbani. Il fenomeno ha tre impatti:

• le imprese locali si orientano verso la produzione di alimenti di gusto europeo, in nuovi stabilimenti in cui sono rispettati i principi della sicurezza alimentare

• le multinazionali realizzano impianti di produzione nei paesi emergenti per prodotti che coniugano le tradizioni occidentali con il gusto locale

• aumento delle importazioni di prodotti “finiti”, ovvero già confezionati e pronti per il consumo, dai paesi di grande tradizione agroalimentare.

Bisogna comunque tenere conto di alcune considerazioni di carattere generale per penetrare in maniera efficace i mercati in esame:

• nei Paesi oggetto della pubblicazione il livello medio di reddito tra popolazione urbana e rurale differisce anche di 10 volte

• lo sviluppo crescente del fenomeno denominato “Italian Souding” ovvero l’imitazione dei prodotti agroalimentari italiani nel mondo, altera la competizione, per immissione sul mercato di prodotti con costi e prezzi più bassi dei prodotti di qualità italiana

• alcuni Paesi (ad esempio, la Cina e l’India) considerano la cucina come l’espressione dell’identità locale, fortemente tipizzata e regionalizzata; quindi sono poco disposti a modificare le proprie abitudini alimentari; il forte legame della popolazione locale con le tradizioni gastronomiche, tipico delle cucine “forti e connotate” rende difficile immaginare che possa affermarsi (come invece è successo in altri mercati) un certo modello alimentare a livello di massa

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• nelle aree urbane, a differenza di quelle rurali, il consumo di cibi pronti e di prodotti di origine occidentale è enormemente più elevata,per quanto, in presenza di una cucina fortemente connotata, sempre in misura ridotta

• a seguito di scandali e sofisticazioni alimentari, ogni Paese definisce una lista di prodotti la cui commercializzazione è vietata fino alla revoca dell’embargo, lista che è in continua evoluzione

• in tutti i Paesi analizzati, trattandosi di aree geografiche molto estese e tenendo conto della continua evoluzione della normativa e dalla scarsa conoscenza delle caratteristiche dei prodotti agroalimentari importati, esiste una forte differenza fra le norme scritte e la prassi applicativa quotidiana, nonché tra i vari attori deputati ai controlli; l’ampia discrezionalità nella interpretazione delle norme genera, di conseguenza, pratiche, comportamenti e tempistiche diversi a seconda dei punti di ingresso dei prodotti, delle categorie merceologiche, ecc..; inoltre, negli Stati Federali (es. Brasile ed India) la normativa può variare da Stato a Stato

• risultano elementi di ostacolo all’ingresso del prodotto di esportazione le barriere tariffarie, le restrizioni sanitarie (talvolta imposte in tempi brevissimi e senza alcun avviso), divieti assoluti per l’introduzione di alcuni alimenti, sistemi di autorizzazioni frammentari e stratificati, nonché livelli alti di corruzione che si possono registrare in talune circostanze/Paesi

• i canali distributivi sono ancora insufficienti ad assicurare condizioni ottimali di trasporto e conservazione dei prodotti

• grandi catene alberghiere italiane, supporto importante per la diffusione dei prodotti, sono scarsamente presenti nei Paesi considerati dalla analisi

• Quando un settore raggiunge una determinata “massa critica”, la concorrenza si realizza con:

o introduzione/creazione di prodotti innovativi o riorganizzazione della filiera (razionalizzazione, integrazione, ecc.)

Infine, se è pur vero che il peso della marca, gli investimenti pubblicitari importanti e la razionalizzazione della distribuzione sono elementi importanti per l’affermazione di un prodotto/marchio, le produzioni locali, che distinguono il settore alimentare italiano, sono conosciuti ed apprezzati. In termini generali, quindi, nei Paesi oggetto dell’indagine, si stanno formando solo in questi anni importatori e distributori professionali in grado di offrire un vero e proprio servizio di partnership alle imprese interessate all’esportazione; in altri casi gli importatori, che non trovano remunerativo supportare una azienda che esporta limitate quantità di prodotto, si limitano ad un’assistenza superficiale, facendo sostenere all’esportatore tutti i costi di entrata nel mercato.

Gli scandali e le sofisticazioni alimentari e il fenomeno dell’agropirateria

Gli scandali alimentari e le sofisticazioni alimentari hanno colpito tutti i Paesi, alcuni di questi hanno avuto risonanza mondiale.

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Si tratta, comunque, di una percentuale irrilevante, anche se gli echi sono stati molto forti. A quanto sopra si aggiunge il fenomeno dell’agropirateria di cui l’Italia è spesso vittima (in qualche caso anche artefice), unitamente ad altri Paesi europei a grande vocazione agroalimentare, dato che a livello mondiale non esiste una vera difesa dei prodotti italiani certificati e garantiti.

I tempi degli investimenti

In conseguenza a ciò i primi significativi risultati economici importanti si ottengono dopo 2-3 anni dall’avvio del rapporto sul mercato estero; questo scoraggia le piccole e piccolissime imprese; la scelta di strategie di investimento minimo porta a risultati modesti ed annacquati nel tempo. I prodotti europei e, quelli italiani in particolare, godono comunque di una ottima reputazione e bisogna sempre tenere presente che si tratta del Sistema Paese di cui il settore alimentare è una delle componenti sia pure di grande rilevanza.

I PRINCIPI GENERALI DELL’ESPORTAZIONE VERSO PAESI TERZI PER I PRODOTTI AGROALIMENTARI Il commercio internazionale dei prodotti agroalimentari si deve porre l’obiettivo di:

• garantire la sicurezza degli alimenti

• prevenire la diffusione tra i Paesi di malattie di piante ed animali È quindi necessario conoscere i luoghi di produzione ed il loro stato fitosanitario, riducendo le spedizioni di prodotti alimentari a rischio o provenienti da Paesi ed aree geografiche che possono presentare dei rischi. Ovviamente quanto sopra si applica anche ai prodotti esportati dall’Italia verso Paesi terzi. Per poter esportare dei prodotti dall’Italia verso altri Paesi è necessario che i prodotti alimentari soddisfino i Regolamenti (CE) 854/2004 e 882/2004; tale controllo è di competenza di diversi soggetti (Servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione (SIAN) che è il servizio che si occupa di vigilanza sulle aziende alimentari e di nutrizione, ASL, organi competenti di Regioni e Provincie autonome, Ministero della Salute, ecc.). Tali regolamenti non devono essere rispettati solo dal produttore del bene, ma anche da tutta la catena (logistica, imballaggi, confezionamento, ecc.). Alle autorità sanitarie spetta la verifica del rispetto, da parte di tutti i soggetti coinvolti nel processo che permette al prodotto alimentare di giungere sulla nostra tavola, della normativa cogente e dare disposizioni e sanzioni nei casi in cui tali regolamenti non fossero rispettati (si pensi, ad esempio alle normative di recente introduzione relative alla tracciabilità delle carni). Le regole per la produzione di una alimento che possano essere considerati sicuri è regolamentato, a livello internazionale, dal Codex Alimentarius (www.codexalimentarius.org) organismo internazionale coordinato dalla FAO (Organizzazione mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura) e dall’WHO (World Health organization).

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Nell’ambito del Codex Alimentarius sono definiti, tra gli altri:

• le procedure di base per minimizzare (in tutta la catena alimentare) il rischio dei pericoli microbiologici, fisici e chimici: si tratta delle procedure HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point)

• gli standard internazionali di carattere generale (come ad esempio quello relativo al “Congelamento rapido del pesce eviscerato e non eviscerato”)

• la gestione della lista ufficiale degli additivi alimentari (GSFA)

• la determinazione del limite massimo di principi attivi in campo veterinario e pesticidi (MRLs)

• guide tematiche (come ad esempio “Sistemi di certificazione ed ispezione per l’importazione ed esportazione degli alimenti”).

L’organizzazione intergovenativa World Organisation for Animal Health (OIE www.oie.int) si occupa del miglioramento della salute degli animali a livello mondiale; essa è riconosciuta come ente di riferimento da parte della WTO. Il rispetto di tali regolamenti è una condizione indispensabile, ma in molti casi e per molti Paesi non è sufficiente. Ogni Paese emana delle norme specifiche sulla importazione di determinati prodotti, talvolta queste norme sono volte alla tutela del consumatore (si pensi alle limitazioni vigenti in merito al commercio di prodotti contenenti OGM), in altri casi alla creazione di barriere a difesa delle produzioni locali. Inoltre le norme sono in continua e costante evoluzione anche sulla base di fattori come l’andamento climatico (che può determinare condizioni anomale rispetto al raccolto), l’innovazione tecnologica, i tassi di cambio, politiche di ritorsione, ecc.

LE FONTI PRINCIPALI DI INFORMAZIONI PER L’ESPORTAZIONE VERSO PAESI TERZI PER I PRODOTTI AGROALIMENTARI La normativa relativa all’esportazione verso i Paesi Terzi è in costante evoluzione, le motivazioni sono molteplici e se da un lato è rilevante il peso sempre maggiore nella applicazione di standard internazionali sulla sicurezza alimentare, dall’altro l’entrata dei Paesi nel WTO ed il progresso scientifico e tecnologico sono responsabili di un impianto crescente di norme e vincoli che impongono i Paesi Terzi all’importazione di prodotti agroalimentari. Inoltre, la normativa potrebbe non riguardare esclusivamente il prodotto agroalimentare (ingredienti, composizione, additivi,ecc.), ma anche il sistema di imballaggio e di distribuzione. Infine, divieti, sia pure temporanei possono essere introdotti in tempi rapidissimi a seguito di scandali e di sofisticazioni alimentari. È quindi necessario essere costantemente aggiornati sulla evoluzione della normativa; tra le fonti principali di informazione, a livello nazionale, si segnala:

• Ministero della salute (www.salute.gov.it)

• Regioni

• Camere di commercio ed altre istituzioni/aziende ad esse collegate

• Camere di commercio italiane nei paesi di riferimento

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• Ambasciate italiane nei paesi di riferimento A livello europeo il sito di riferimento è http://madb.europa.eu/madb/ “Exporting from the EU - what you need to know” (reperibile anche su google parole chiave: "Market Access Database").

Il sito1 (sezione Export from EU) riporta per i vari settori merceologici (non solo

agroalimentari) e per i vari Paesi di esportazione il valore dei dazi e delle tasse2. Sono fornite inoltre, informazioni aggiornate sui certificati sanitari, fitosanitari ed altri certificati richiesti dai vari Paesi. I siti istituzionali di tali soggetti, sia pure con un grado diverso di livello di approfondimento e tempistiche di aggiornamento sono fonti certe ed attendibili. Talvolta, peraltro, il problema può essere rappresentato da informazioni ormai obsolete, accanto a quelle aggiornate, che non sono state rimosse e che generano quindi inevitabili confusioni. Ovviamente anche gli intermediari ed interlocutori commerciali, i consorzi di riferimento, nonché società di servizi che hanno sviluppato specifiche esperienze su determinati mercati e/o settori merceologici, possono fornire informazioni aggiornate e tempestive in merito alle procedure da seguire ed alle eventuali restrizioni.

DOCUMENTI DI SPEDIZIONI CONSIDERAZIONI GENERALI (CENNI) In termini generali per la documentazione relativa alla spedizioni si suggerisce di:

• evitare cancellazioni

• informarsi sulle politiche locali in termini di variazioni ammesse tra le indicazioni di peso e di valore riportate sulle fatture, sulle licenze di importazioni ed il peso reale della merce

• è preferibile che i documenti di accompagnamento alla spedizione siano concordati in fase di contratto e conformarsi, successivamente a quanto concordato nell’ordine, contratto o lettera di credito

• sono previsti documenti e procedure specifiche, di norma varianti semplificate delle procedure e registrazioni standard, per introduzione temporanea di prodotti in un paese (ad esempio per partecipazione a fiere, eventi, congressi, campioni commerciali, circuiti diplomatici); la trattazione non descrive tali specifiche situazioni.

1 L’aggiornamento del data base è praticamente giornaliero

2 La procedura da seguire è la seguente:

• cliccare su “applied tariff database”;

• inserire il Paese e la voce doganale della merce (prime 4-6 cifre); si ricorda che le prime 6 cifre della voce doganale sono

comuni a tutti i Paesi che hanno adottato il sistema armonizzato di classificazione e di denominazione delle merci; le

ulteriori cifre, costituiscono aggiunte attuate dal Paese di esportazione della merce (le quali, di conseguenza,

normalmente non coincidono con la codifica Ue;

• cliccare sui singoli codici numerici (in carattere blu) della tariffa.

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DAZI

Come anticipato in premessa, la presente pubblicazione non tratta la tematica dei dazi; al fine di appurare il trattamento daziario nei vari Paesi di importazione dei prodotti dall’Unione Europea, il sito di riferimento è http://madb.europa.eu/madb/ “Exporting from the EU - what you need to know” (vedi paragrafo precedente). In termini generali, a seconda delle merci oggetto di importazione o di esportazione, vengono applicati dazi secondo due modelli:

• ad valorem (situazione maggiormente frequente) - determinato applicando l'aliquota prevista in tariffa al valore della merce oggetto di importazione o di esportazione

• dazi specifici; per alcune merci - determinato moltiplicando l'importo in denaro previsto in tariffa per la specifica misura (peso, quantità, volume, etc.) fatta riscontrare dalla merce.

CAMPIONATURE (cenni)

L'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 83 del 3 aprile 2003 offre dei chiarimenti sul trattamento IVA applicabile alle cessioni aventi ad oggetto i campioni gratuiti. Un campione si caratterizza per i seguenti elementi caratterizzanti:

• deve trattarsi di "campioni" ceduti gratuitamente

• il valore unitario deve essere di importo non significativo

• i beni devono essere contrassegnati in modo esplicito. Ulteriori informazioni sono reperibili, in particolare relativamente agli aspetti fiscali al sito: www.mglobale.it/Temi/Iva/Cessioni/Invio_di_campioni_gratuiti_allestero.kl Il tema della spedizione delle campionature può essere approfondito anche consultando i siti degli spedizionieri internazionali.

IL CERTIFICATO DI ORIGINE

Per l’esportazione di alcuni prodotti l’importatore può richiedere il “Certificato di origine”; tale richiesta potrebbe essere imposta dalla normativa vigente nel Paese destinatario della merce o essere una richiesta specifica dell’importatore a maggiore tutela del bene acquistato. Anche i prodotti agroalimentari non si sottraggono a questa pratica. Il Certificato di origine ha la finalità di provare l’origine delle merci esportate sulla base della documentazione probatoria e/o di dichiarazioni rese dalle imprese che esportano; esso non attesta l’esportazione delle merci. Il documento ha valore di “dichiarazione sostitutiva di atto notorio”, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 e quindi sono rilasciati di fronte ad un pubblico ufficiale e, conseguentemente, il dichiarante è soggetto a responsabilità penale nel caso di atti falsi o dichiarazioni mendaci. I certificati sono rilasciati dalla Camera di Commercio (alcune offrono il servizio anche in via telematica) sul cui territorio l’impresa ha la sede legale o una sede operativa. Possono essere anche rilasciati dalla Camera di Commercio ove si trova la merce da spedire all’estero; in questo caso occorre una autorizzazione preventiva da parte della Camera competente per territorio. La dichiarazione deve essere resa dal rappresentante legale

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(come risulta dalla posizione del Registro imprese) o da un procuratore. Inoltre, non può essere addebitata alla Camera di Commercio emittente la responsabilità per eventuali discrepanze tra il Certificato di origine regolarmente emesso e le condizioni fissate dal cliente. Essi possono essere utilizzati come documenti giustificativi per il rilascio di ulteriori certificati di origine rilasciati da altre Camere di Commercio. I formulari del Certificato di origine sono provvisti di un numero di serie e sono composti da:

• n. 1 originale su carta arabescata color seppia

• n. 3 copie gialle

• n. 1 richiesta di rilascio su carta rosa Questi documenti si presentano come:

• fascicolo continuo composto da fogli copiativi;

• fogli gialli separati per ulteriori copie. Essi sono disponibili in più lingue, italiano, inglese, francese e spagnolo. Di norma, il modulo arabescato del Certificato di origine viene utilizzato quale originale, le copie redatte e rilasciate conformemente all’originale hanno lo stesso valore. Viene quindi rilasciato un solo originale per spedizione. Il Certificato di origine è valido dalla data di rilascio da parte della Camera di Commercio. La validità è illimitata purché i dati riportati nel certificato non abbiano subito delle variazioni rispetto a quanto dichiarato; un lasso di tempo troppo ampio tra la data riportata sul certificato e quella di utilizzo potrebbe creare problemi con l’importatore. Il rilascio del Certificato di origine a spedizione già avvenuta è consentito solo a seguito di richiesta scritta e corredata da adeguate motivazioni da parte del rappresentante legale dell’impresa esportatrice e dietro la presentazione di documenti che attestino l’origine della merce e l’avvenuta spedizione. Ovviamente la richiesta deve essere fatta ai sensi dell'art. 47 del D.P.R. 445/2000, e non deve essere stato precedentemente richiesto altro Certificato per la medesima spedizione. Nei siti delle Camere di Commercio sono disponibili informazioni dettagliate per la compilazione del documento, analisi di casi specifici, ed il fac-simile del Certificato di origine. Ulteriori informazioni reperibili nei siti delle CCIAA (www.mo.camcom.it/documenti_camcom/documenti/cert_estero/certificati_origine/istruz_co.pdf)

IL CERTIFICATO DI ANALISI

Certificato che attesta l’effettuazione di test da parte di un laboratorio competente nel Paese di origine del prodotto (in alcuni casi può essere richiesto che il laboratorio sia di un ente specifico, o accreditato presso un Ministero locale o in Italia presso l’ente di accreditamento dei laboratori ACCREDIA – www.accredia.it,), oppure presso un laboratorio situato presso il Paese di destinazione della merce. I test possono riguardare caratteristiche del prodotto o dell’imballo (fisiche, chimiche, microbiologiche, ecc.). Il certificato, firmato, di norma contiene informazioni in merito a:

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• riferimenti del laboratorio che ha effettuato l’analisi

• riferimenti del tecnico che ha effettuato l’analisi

• data della analisi

• origine delle merci

• descrizione dei campioni e delle loro caratteristiche

• risultati dei test

• ulteriori indicazioni (es. rispetto di determinate normative o metodologie di analisi, se richiesto dal committente)

IL CERTIFICATO SANITARIO

Per esportare animali vivi e prodotti da loro ottenuti, alimenti e mangimi, i produttori devono fornire garanzie igienico-sanitarie alle autorità dei Paesi importatori attraverso dei certificati sanitari che accompagnano le merci. Tali certificati sono rilasciati dalla ASL competente sul territorio secondo format che sono definiti dai vari Paesi anche in funzione della categoria di prodotto. Nel sito del Ministero della Salute (www.salute.gov.it) sono disponibili, per i vari Paesi con i quali sono stati stipulati accorsi, i format dei certificati per:

• Animali vivi

• Prodotti animali non destinati al consumo umano

• Carni e prodotti a base di carne

• Latte e prodotti a base di latte

• Altri alimenti di origine animale (es. prodotti dell’industria ittica, miele)

• Mangimi

Le garanzie sono stabilite dal Paese importatore sulla base delle proprie normative

sanitarie nazionali e rispetto delle regole internazionali fissate dagli Standards Setting

Bodies (OIE e FAO – si veda paragrafo relativo al Codex Alimentarius).

Si tratta quindi di un piano di controlli, che riguarda l’intera catena produttiva (dalla

materia prima al prodotto confezionato) definito a valle di una negoziazione tra le parti

(Autorità veterinarie/sanitarie del Paese importatore e Autorità veterinarie/sanitarie

Italiane o dell’Unione Europea).

IL CERTIFICATO FITOSANITARIO

Il certificato fitosanitario è rilasciato dagli Ispettori fitosanitari del Consorzio Fitosanitario, per delega regionale. La richiesta di ispezione del materiale destinato all’esportazione deve essere richiesta con anticipo (di norma 10 giorni) in modo da permettere di effettuare e documentare i controlli necessari. Il certificato, di norma, riporta i dati:

• esportatore e destinatario

• mezzo di trasporto

• punto in entrata nel Paese destinatario

• numero e natura dei colli oggetto della spedizione

• giorno previsto per la spedizione

• denominazione del prodotto (compreso il nome botanico latino nel caso di piante o semi)

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• Paese di origine del prodotto

• indicazioni relative a marchi e lotti. Il certificato è corredato della ricevuta di pagamento della tessera fitosanitaria. I controlli sono effettuati sulla base delle procedure del Paese importatore. Una volta ottenuto il parere favorevole viene rilasciato il certificato che attesta anche che la merce è esente da organismi da quarantena. Per la Regione Piemonte i riferimenti del servizio sono reperibili al sito www.regione.piemonte.it/agri/area_tecnico_scientifica/settore_fitosanitario/personale.htm.

LA CERTIFICAZIONE GLUTEN FREE

Per la certificazione “Gluten Free Spiga Barrata” (Grain Crossed) la AIC (Associazione Italiana Celiachia) rilascia (dall’ottobre 2012) le concessioni internazionali per il territorio europeo (Unione Europea più Norvegia e Svizzera) secondo un preciso disciplinare che prevede sia la verifica ed approvazione di ogni etichetta che audit periodici presso tutti gli stabilimenti produttivi interessati. (www.celiachia.it/public/bo/upload/norme/D_LGS_111_92.pdf). Ogni prodotto licenziatario è contraddistinto da un codice da affiancare al logo della Spiga Barrata. Per l’ambito extraeuropeo, è necessaria la certificazione rilasciata dal CUK (Associazione Celiachia Inglese www.coeliac.org.uk ) che è stata la prima Associazione a registrare il logo Spiga Barrata e l’unica che ha una registrazione internazionale valida al di fuori dell'Europa. La licenza Global Crossed Grain ha valenza annuale e devono essere forniti:

• i certificati di prova per tutti i prodotti oggetto della richiesta secondo il metodo R5-sandwich ELISA (Mendez method) rilasciato da un laboratorio accreditato UKAS o riconosciuto equivalente fuori dal Regno Unito

• Il fatturato annuo totale di glutine produce al di fuori dei paesi di cui sopra Nuovi prodotti possono essere aggiunti in qualsiasi momento durante l'anno.

LA CERTIFICAZIONE BIOLOGICA

Molti Paesi hanno sviluppato degli standard interni per la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici, come ad esempio:

• UE REGOLAMENTO (CE) N. 834/07 DEL CONSIGLIO del 28 giugno 2007

• Giappone – Norme JAS Organic (Japan Agriculture Standard)

• Stati Uniti – NOP (National Organic Program)

• Canada - OPR (Canada's Organic Products Regulations)

• Cina - China Organic Product Certification Mark Le regole sanitarie, di norma si basano su quelle applicate per i prodotti di origine non biologica.

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A livello internazionale non è disponibile uno standard che vale per tutti i Paesi ed un sistema di mutuo riconoscimento, anche se alcuni Paesi stanno operando per identificare una matrice comune al fine di facilitare l’immissione sul mercato di prodotto biologico e, al contempo, tutelare i consumatori. Diversi enti di certificazione del prodotto biologico, tra cui anche enti italiani, hanno gli accreditamenti (riconoscimento) a fronte di standard in vigore in altri Paesi. Nel sito www.organic-bio.com/it/etichette sono reperibili i riferimenti dei più importante enti operanti a livello internazionale. L’Unione Europea ha realizzato accordi di mutuo riconoscimento con Argentina, Australia, Brasile, Nuova Zelanda, Costa Rica, India, Svizzera e Stati Uniti. Per gli Stati Uniti, ad esempio, la procedura prevede che per i prodotti europei sarà necessario un certificato di importazione negli Stati Uniti da parte di un ente accreditato. Le etichette dovranno riportare, oltre quanto previsto di norma, il nome dell’ente accreditato, (USA o UE) e riportare il logo biologico (USDA O UE) In merito ai requisiti di informazione al consumatore, le etichette dovranno recare il nome dell’ente accreditato di certificazione (USA o UE). www.ams.usda.gov/AMSv1.0/NOPTradeEuropeanUnion

IL CERTIFICATO HALAL

Il concetto di Halal (lecito) si contrappone a quello di Haram (illecito), termine che nel Corano identifica alimenti e bevande che un musulmano non può assolutamente consumare. I prodotti con la certificazione Halal sono considerati leciti in quanto garantiscono sull’origine di ogni singolo ingrediente/componente e sulla filiera di produzione del prodotto che viene acquistato ed utilizzato, garantendone l’aderenza alle prescrizioni religiose. In alcuni paesi, inoltre, la certificazione Halal rappresenta un requisito doganale imprescindibile per l’ingresso di certi prodotti e per la loro successiva commercializzazione. In termini generali, le procedure di certificazione Halal ricordano quelle della certificazione per i prodotti biologici e per i prodotti Kosher. Le certificazioni Halal si dividono in:

• certificazioni volontarie, da applicare a quei prodotti per cui non esistono specifiche prescrizioni

• certificazioni obbligatorie, necessarie per i paesi in cui la vendita è preclusa a prodotti non certificati in base ai requisiti stabiliti dagli organismi preposti, presso i quali è necessario che l'ente certificatore sia accreditato.

Laddove è richiesta la certificazione obbligatoria, ai prodotti certificati viene garantito il superamento dei controlli doganali, semplificando quindi i processi di import/export. Opportunità per le aziende del settore agroalimentare

Questa certificazione, da un lato consente alle imprese italiane che esportano prodotti alimentari di raggiungere anche i mercati di fede islamica (in cui sta crescendo sia il potere

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d’acquisto sia l’attenzione alla cura della persona) dall’altro contribuisce all’integrazione della sempre più numerosa comunità islamica residente nel nostro Paese. Ai prodotti con la certificazione Halal sono, inoltre, sensibili anche i consumatori che, pur non essendo di fede mussulmana, sono interessati al consumo di prodotti per cui sia garantita una produzione in conformità con aspetti ambientali ed ecologici. Caratteristiche di un alimento Halal

Le indicazioni di base, non esaustive, per la certificazione Halal, sono molto numerose e non esiste un disciplinare condiviso universalmente. Tali indicazioni si riferiscono sia agli ingredienti che ai metodi di fabbricazione.

Gli ingredienti

Affinché un alimento sia considerato Halal, non devono essere contenuti questi ingredienti:

• derivati da suini e più in generale di aminali non permessi dalla religione musulmana

• derivati da animali permessi dalla religione musulmana, ma non macellati secondo il rituale prescritto, o morti prima della macellazione

• alcol etilico, sostanze inebrianti o qualsiasi sostanza ritenuta dannosa per la salute

• provenienti da organismi geneticamente modificati (OGM). Inoltre:

• gli ingredienti ammessi non devono venire a contatto con prodotti derivati da ingredienti non permessi o alcool

• anche i conservanti, gli additivi e le varie sostanze presenti all’interno dei prodotti devono essere Halal

• esistono altri prodotti considerati potenzialmente “illeciti”, ma in questo caso il divieto di usufruirne dipende dalla scuola di diritto islamico a cui si fa riferimento.

Per la valutazione dell’idoneità degli ingredienti in molti casi è sufficiente il possesso dei certificati dei fornitori, confermanti che le materie prime utilizzate sono Halal.

La filiera di produzione

La certificazione Halal comporta che tutta la filiera di produzione debba essere Halal:

• deve essere evitato anche il solo contatto con prodotti impuri

• in caso di contaminazione l’intero ciclo di produzione deve essere sanificato

• le procedure di igienizzazione e sanificazione della filiera devono essere rigorose e documentate (il riferimento sono le normative HACCP)

• i prodotti igienizzanti e sanitizzanti, utilizzati sulle linee di produzione e confezionamento non devono avere alcool tra i loro componenti.

Per un’impresa che opera nel settore alimentare si aprono quindi due possibilità:

• creare un’apposita linea per i prodotti Halal con linee di produzione dedicate

• programmare la produzione Halal subito dopo la sanificazione degli impianti. Scelta dell’ente di certificazione

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Per ottenere la certificazione Halal è necessario rivolgersi a un ente di certificazione tra i moltissimi presenti sia in Italia sia nei paesi che hanno rilevanti scambi con nazioni di fede islamica. Le normative a cui gli enti di certificazione fanno riferimento sono però diversificate e non tutte sono accettate dai consumatori o dalle procedure doganali dei Paesi di destinazione. A complicare la situazione si registra la sostanziale limitazione, e in alcuni casi assenza, di riconoscimenti reciproci tra enti o tra Paesi. Per poter scegliere l’ente di certificazione più adatto alle proprie esigenze, e la società di consulenza che meglio può supportare il conseguimento del marchio Halal, è bene considerare questi criteri:

• individuare i prodotti da certificare in base al paese di destinazione (o almeno all’area geografica), privilegiando enti e società di consulenza che possano vantare una specifica esperienza e riconoscimento nel territorio di riferimento, anche in relazione alla vigente scuola di diritto islamico

• tenere conto di accordi di partnership con associazioni di categoria

• considerare anche le indicazioni provenienti dalle Camere di Commercio italiane presenti nei paesi di destinazione.

PROCEDURA PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI ISCRIZIONE IN LISTE DI ABILITAZIONE ALL'ESPORTAZIONE DI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE Per alcuni Paesi devono essere attivate procedure specifiche (Liste Ufficiali) per l’esportazione di prodotti di origine animale. Tra i vari Paesi per cui queste procedure sono state definite figura la Cina, il Brasile e la Federazione Russa. In particolare, la procedura prevede che ogni stabilimento di produzione deve presentare una domanda (firmata dal responsabile dello stabilimento) per ogni Paese Terzo nel quale intende esportare, oltre alla documentazione specifica che i vari Paesi richiedono. Inoltre deve essere allegato il parere dell’ufficio veterinario della ASL competente che dovrà:

• accertare che i requisiti specifici, per la categoria merceologica richiesti da ogni singolo Paese, siano stati soddisfatti;

• attestare, tramite un verbale di sopralluogo, che nello stabilimento di produzione siano applicate le procedure di sanificazione e le HACCP

In particolare, le “Procedure di pulizia e sanificazione delle superfici a contatto SSOP per gli stabilimenti in lista per l’esportazione verso gli USA e GHP per gli stabilimenti in liste per l’esportazione verso altri Paesi Terzi” richiedono quanto di seguito riportato (fonte Ministero della Salute www.salute.gov.it):

• Lo stabilimento deve avere un programma scritto

• La procedura deve includere pulizie e sanificazioni preoperative delle attrezzature, degli utensili e di tutte le superfici destinate a venire a contatto con gli alimenti e la verifica delle condizioni di pulizia e di funzionamento prima di iniziare la produzione ; le attrezzature e gli utensili devono essere elencati

• La procedura deve includere sanificazioni operative, cioè prevedere le situazioni operative nelle quali determinate superfici di tavoli, utensili ed altre attrezzature

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devono essere sanificate durante le operazioni di produzione o essere escluse dall’impiego

• La procedura deve indicare la frequenza delle operazioni di pulizia e di verifica

• La procedura deve identificare le persone responsabili per l’implementazione ed il mantenimento delle attività di pulizia e sanificazione e di verifica

• I registri/documenti relativi a queste procedure, e ad ogni azione correttiva adottata devono essere mantenuti su base giornaliera

• Le procedure definite ed il Piano HACCP devono essere datate e firmate dalla persona che ha competenza generale sullo stabilimento.

Mentre, per quanto concerne l’applicazione delle procedure “HACCP Analisi dei pericoli e monitoraggio dei punti critici di controllo” deve essere verificato quanto segue:

• Lo stabilimento deve avere per ogni prodotto un diagramma di flusso che descrive ed elenca tutte le fasi del processo ed il percorso dell’alimento dalla materia prima al prodotto finito

• L’analisi deve includere la destinazione d’uso del prodotto o l’uso previsto a livello di consumatore

• Lo stabilimento deve aver condotto per ogni fase del processo un’analisi dei pericoli che include tutti i probabili pericoli microbiologici, fisici e chimici (che comprende il piano Haccp scritto per ogni prodotto ove l’analisi dei pericoli abbia evidenziato uno o più pericoli, elenco dei CCP per ogni pericolo identificato)

• Il piano Haccp specifica per ogni CCP o il parametro di controllo preso in considerazione; o il limite critico individuato per la misurazione del parametro; o le procedure di monitoraggio; o la frequenza del monitoraggio effettuato in corrispondenza del CCP

• Il piano Haccp deve prevedere azioni correttive per le non conformità riscontrate (superamento del limite critico) in fase verifica del monitoraggio e le azioni preventive riguardo alla possibile ripetizione delle non conformità

• Il piano Haccp deve essere verificato periodicamente sulla base di molteplici risultati del monitoraggio

• Il piano Haccp deve elencare le procedure adottate dallo stabilimento per verificare che il piano sia implementato e funzionante efficacemente, nonché la frequenza di queste procedure di verifica

• Il sistema di mantenimento delle registrazioni del piano Haccp deve documentare il monitoraggio dei CCP e deve includere le registrazioni con i valori reali misurati

• Per ogni partita lo stabilimento deve garantire la rintracciabilità e la documentazione del monitoraggio dei CCP, compresa l’avvenuta adozione di eventuali azioni correttive, (ad esempio per l’esportazione verso gli USA tale documentazione costituisce il pre-shipment review - verifica pre-spedizione)

Il format dei vari documenti e le specifiche richieste di ogni Paese sono riportarti nel sito del Ministero della Salute (www.salute.gov.it).

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Per quei Paesi per i quali non sono previsti requisiti aggiuntivi, è necessario disporre esclusivamente della certificazione veterinaria (riferimenti reperibili nel sito del Ministero della salute - sezione “Veterinaria internazionale”). Si suggerisce, comunque, di contattare l’Ufficio dei Rapporti internazionali (riferimenti reperibili nel sito del Ministero della salute - sezione “Direzione Generale per i Rapporti con l'Unione Europea e per i Rapporti Internazionali”) e/o gli interlocutori commerciali per valutare che non siano state avviate trattative specifiche di cui non vi siano ancora riferimenti disponibili. Infine, vi possono essere dei casi in cui le richieste del Paese Terzo siano limitate ad una attestazione di libera vendita sul territorio della UE, in questo caso è sufficiente il certificato della ASL competente, che, in base al proprio piano di controllo ordinario, la rilascia, per gli stabilimenti registrati, a fronte del Regolamento CE 852/2004 o riconosciuti a fonte del Regolamento CE 853/2004.

IL TRATTAMENTO E LA MARCHIATURA DEGLI IMBALLAGGI IN LEGNO Al fine di proteggere il patrimonio forestale e dell'ambiente dall'aggressione da parte di parassiti sono stati definiti gli standard internazionali ISPM ("International Standards for Phytosanitary Measures") -15 per il "materiale da imballaggio in legno (wood packaging material). Si intende con questo termine ogni tipo di materiale di origine vegetale utilizzato per l'imballaggio (www.fao.org). Lo Standard prevede che gli imballaggi di legno grezzo debbano essere trattati (trattamento termico - HT o trattamento di fumigazione con bromuro di metile - MB o altra trattamento approvato) e, successivamente, certificati con il marchio IPPC/FAO. In UE il trattamento con MB non è più permesso. Per la lista degli elementi che deve essere presente nel marchio IPPC/FAO si faccia riferimento, ad esempio, alle pubblicazioni di CONLEGNO Consorzio Servizi Legno Sughero (www.conlegno.org). Alcuni Paesi accettano imballi in legno che non recano l’apposizione del marchio IPPC/FAO, nel qual caso, di norma, è necessaria la presentazione del certificato fitosanitario. Qualora gli imballi non presentino né la marcatura né il certificato fitosanitario, le autorità doganali possono sottoporre a trattamento il materiale di imballaggio a spese dell'importatore. L'ISPM-15 si applica solo agli imballaggi in legno grezzo utilizzati nel commercio internazionale; quindi non ha valore per gli imballi realizzati integralmente da prodotti a base di legno (compensati, pannelli truciolati, ecc) in virtù del processo produttivo al quale sono stati sottoposti (elevate temperature e pressioni, presenza di collanti). Le spedizioni che utilizzano esclusivamente imballaggi realizzati interamente da prodotti a base di legno, possono essere corredate da una specifica dichiarazione di “No solid/raw wood packing material” compilata dall'esportatore. Per le ragioni di cui sopra si suggerisce di evitare anche imballi realizzati con altri derivati di origine vegetale (es. paglia per imballo delle casse in legno). In termini generali riguardo agli imballaggi è opportuno che questi:

• siano in grado di proteggere la merce anche da condizioni ambientali più rigide di quello che sia ragionevole attendersi

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• siano facilmente apribili per le ispezioni ed i controlli ed al contempo prevengano eventuali manomissioni

• siano dotati di regge (metallo o plastica) per evitare la sottrazione parziale dei colli

• siano idonei ai mezzi di trasporto utilizzati; imballaggi non idonei possono essere causa di esonero delle responsabilità del vettore in fase di trasporto.

• di norma devono riportare: nome e indirizzo del produttore, paese di origine, nome e tipo del prodotto, istruzioni per la manipolazione del collo; in alcuni casi è richiesta anche la data di produzione ed il numero del lotto.

APPROFONDIMENTI PER SETTORI MERCEOLOGICI DI CARATTERE GENERALE

Approfondimento vino e derivati del vino

Le normative che valgono per l’importazione del vino non sono sempre le medesime che sono previste nel caso di importazione di altri alcolici; infatti in caso di importazione di vini aromatizzati o vini liquorosi (es. vermouth, vini con titolo alcolometrico compreso tra il 15% ed il 22%) o altri preparati a base di vino; in tal caso, corrispondendo a codici doganali diversi da quelli associati al vino, va verificato, con l’importatore, se sono assoggettati alla normativa specifica per il vino o a quelle delle bevande alcoliche.

Approfondimento altri alcolici (cenni birra)

L’esportazione di birra artigianale prevede, di norma, il rispetto della normativa definita per i prodotti alcolici in generale. Quindi vanno presentati, a meno di indicazioni diverse fornite dall’importatore, i medesimi documenti richiesti per il vino, tenere presente anche le seguenti indicazioni.

• Cina – etichettatura: contenuto estratto (per esempio malto o frutta); per le bevande spiritose aromatizzate gli aromi utilizzati; nel caso di prodotti con gradazione alcolica superiore al 10% non è richiesta la data di scadenza

• Federazione Russa -etichettatura: denominazione del prodotto e, per la birra, la categoria; titolo alcolometrico %vol. espresso per la birra come contenuto minimo; elenco ingredienti, compresi additivi e coloranti, per la birra occorre precisare la fonte vegetale per la produzione del malto;

• India - La birra è uno dei pochi prodotti per cui è ammesso l’imbottigliato in contenitori di latta

Approfondimento carni e prodotti a base di carne

Tra i settori più regolamentati in termini di esportazione, a livello internazionale, c’è quello delle carni; sono definite regole volte a limitare la commercializzazione sia in relaziona alle specie animali sia alle aree geografiche di produzione. La regolamentazione può riguardare sia il prodotto (e quindi tutta la sua filiera) sia il processo di produzione (attraverso la verifica/ispezione dello stabilimento di produzione). L’esportazione dall’Italia e più in generale dall’Europa di carni (bovine, caprine ed ovine) è limitata a seguito degli effetti correlati alla encefalopatia spongiforme bovina (BS,

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comunemente indicata come”mucca pazza”) appartenente al gruppo delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE). L’esportazione di carni suine e dei prodotti a base di carni suine è invece, di norma, sottoposta a meno vincoli sia pure in presenza, sul nostro territorio, di casi di Peste Suina Africana (registrata in Sardegna) e della Malattia vescicolosa dei suini (casi regolarmente registrati in Campania e Calabria, ed occasionali al Centro ed al Nord) che registrano conseguentemente restrizioni temporanee o sospensioni per i prodotti originari da tali aree geografiche. Conseguentemente, con lo scopo di dare ulteriori garanzie al consumatore, i prodotti a base di carne cruda devono avere periodi di stagionatura prolungati, mentre quelli a base di carni cotte devono sottostare a trattamenti specifici. Per quanto concerne l’adeguatezza del processo produttivo, quando richiesta, questa di norma è affidata alle competenti autorità locali (ASL); in alcuni casi si registrano verifiche periodiche anche da parte di ispettori inviati da organi di sicurezza alimentare di Paesi Terzi (Stati Uniti, Brasile, ecc.).

Approfondimento latticini e formaggi

Anche nel caso dei latticini e formaggi, come per la carne, le verifiche richieste possono riguardare sia il prodotto (e quindi tutta la sua filiera) sia il processo di produzione (attraverso la verifica/ispezione dello stabilimento di produzione).

Approfondimento miele3

Per quanto riguarda gli aspetti di esportazione del miele esso rientra nella macrocategoria della Apicoltura, miele ed altre produzioni minori di origine animale (lumache, rane, ecc.). Trattandosi di prodotto di origine animale, i laboratori di produzione e lavorazione del miele.. sono soggetti al rilascio, da parte della ASL competente delle autorizzazioni, sia nel caso di attività a carattere permanente che temporaneo (Reg. CE 2074/2005). Non sono previste liste riconosciute per i siti produttivi (come avviene ad esempio per gli stabilimenti per la lavorazione della carne e del latte). Quindi i documenti di accompagnamento, da produrre a cura del produttore, oltre all’autorizzazione, sono quelle richieste per gli altri prodotti che non presentano altre particolari criticità). Nel dettaglio i documenti specifici richiesti per il miele (codice doganale 0409 fonte madb.europa.eu/madb/) sono quelli di seguito riportato; dalla lista sono esclusi i documenti da produrre a carico dell’importatore locale. BRASILE

• Documento attestante che i prodotti alimentari di origine animale da importare e la loro etichettatura sono state registrate dal servizio di ispezione dei prodotti di origine animale (DIPOA)

• Autorizzazione sanitaria (rilasciata dalla ASL)

3 Il miele non è sviluppato nelle successive schede Paese, per tqle motivo vengono riportati in questa sede i dati

relativi al prodotto

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• Certificato di analisi CINA

• Documento che conferma che gli esportatori stranieri di prodotti alimentari sono stati registrati con l'Amministrazione generale per la supervisione della qualità, ispezione e quarantena della Repubblica popolare cinese (AQSIQ).

• Autorizzazione sanitaria (rilasciata dalla ASL) INDIA

• Autorizzazione sanitaria (rilasciata dalla ASL).

FEDERAZIONE RUSSA

• Certificato Gost-r

• Permesso veterinario di importazione - documento che permette l'importazione effettiva di merci soggette a controllo veterinario. Richiesto solo se contenenti organismi geneticamente modificati o integratori alimentari biologicamente attivi o additivi alimentari.

• Autorizzazione sanitaria (rilasciata dalla ASL)

Approfondimento pasta

Le paste si dividono in paste secche e ripiene (es. ravioli); per le paste ripiene trattandosi di prodotti elaborati e nei quali possono essere presenti: sostanze chimiche, additivi, coloranti e conservanti; nonché derivati del latte e della carne, è importante verificarne a priori l’ammissibilità in base alla normativa locale.

Approfondimento riso

Per quanto concerne il riso non sono individuati elementi rilevanti; lo sviluppo di risotti pronti (con l’aggiunta di prodotto ingredienti disidratati) è piuttosto limitato, anche se con un trend positivo di crescita. Per gli ingredienti aggiunti valgono le stesse considerazioni riportate per le paste ripiene.

Approfondimento salse, sughi, conserve, sottoli e sottaceti.

La conservazione degli alimenti vegetali è un’attività molto diffusa in Italia e rappresenta uno dei prodotti caratteristici del nostro Paese (es. conserve e sughi pronti) I prodotti dell’industria conserviera possono aver subito una trasformazione base (es. conserve), sia aver subito trasformazioni più elaborate (es. sottolio e sottaceto). Le produzioni sono costituite prevalentemente da ortaggi, il resto da frutta e legumi. Fanno parte di questo comparto un’ampia varietà di preparazioni:

• conserve di ortaggi sott’olio, sottaceto, in salamoia e sottosale;

• sottaceti dolci (sweet sour pickles);

• salse e sughi;

• frutta allo sciroppo;

• confetture e marmellate;

• succhi e nettari di frutta

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L’esportazione di salse, sughi ed altri prodotti elaborati è uno dei comparti rilevanti per l’esportazione del prodotto agroalimentare italiano. In particolare, quello delle conserve e dei succhi vegetali è quello che manifesta i volumi maggiori, ma è anche significativa quelle delle preparazioni a base di frutta (confetture e marmellate). Per quanto riguarda l’etichetta considerare, nelle preparazioni con una componente liquida, di indicare anche il peso del prodotto sgocciolato. Valgono per l’esportazione le medesime cautele da considerare per le paste ripiene. Per i prodotti con presenza di aceto approfondire con l’importatore specifiche esigenze in materia di etichettatura in considerazione alla presenza di derivati del vino.

Approfondimento dolciumi

Il termine dolciumi contempla una amplissima varietà di prodotti (cioccolato, prodotti da forno, gelati, preparati, ecc.). L’export dolciario ha mostrato un andamento costantemente crescente negli anni, mantenendo una posizione di tutto rilievo all’interno dell’industria alimentare italiana, confermandosi, nella graduatoria generale, al secondo posto dopo il vino. Data la varietà dei prodotti considerati possono essere diverse le normative di riferimento; in particolare si segnala che:

• trattandosi di prodotti elaborati e nei quali possono essere presenti: sostanze chimiche, additivi, coloranti e conservanti è importante verificarne a priori l’ammissibilità in base alla normativa locale; da considerare anche che i dolciumi possono contenere anche derivati del latte ed è quindi importante, anche in questo caso, verificarne a priori l’ammissibilità in base alla normativa locale

• un ulteriore problema all’esportazione, può essere rappresentato da quei prodotti che per la normativa comunitaria sono considerati prodotti composti (es. gelato) e quindi disciplinati dal Regolamento (CE) 852/2004, mentre in Paesi Terzi sono soggetti, a causa della provenienza di origine animale di alcuni alimenti, alla certificazione veterinaria

• nella maggior parte dei Paesi, la sostituzione del burro di cacao con altri grassi vegetali è consentita in quantità maggiore di quanto sia previsto dalla normativa Comunitaria

Approfondimento cioccolato

Con il termine cioccolato, secondo la normativa europea, si intende un prodotto contenente una percentuale di burro di cacao non inferiore al 35%. Fra le varie tipologie di cioccolato: cioccolato base, cioccolato bianco, cioccolato al latte, cioccolato al latte con nocciole, cioccolato fondente, cioccolato extra-fondente, cioccolato amaro, cioccolato gianduia. Secondo la classificazione degli specialisti di marketing, il mercato del cioccolato comprende in tutto 4 grandi segmenti: tavolette di cioccolato, confezioni di cioccolatini, barrette al cioccolato, cioccolatini venduti a peso. Sul mercato si vanno anche affermando prodotti particolari come: cioccolato per vegetariani, senza glutine, per diabetici, biologico, ecc.

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A testimonianza del successo del prodotto, nelle sue varie forme, alcuni grandi produttori hanno fondato vere e proprie Scuole del cioccolato; tra queste, una storica società franco-belga del settore ha aperto la “Chocolate Academy”, che offre corsi pratici e teorici per artigiani del cioccolato: pasticcieri, panettieri e ristoratori. Il programma di studi comprende lezioni di ogni livello sulla lavorazione del cioccolato, sulle sue tecniche e applicazioni - dalla tempra, fusione, ricopertura e scultura per decorazioni e gli aromi. Le sedi sono nelle principali città del mondo, tra cui Suzhan – Cina, Mumbai e Mosca. I target dei prodotti dolciari di importazione, con significativa presenza di cioccolato, sono consumati da una percentuale rilevante della popolazione urbana; i consumi si differenziano in base alla qualità:

• media (produzione di massa) – teenager acquisto per consumo diretto; adulti consumo per i figli

• alta (produzione artigianale) – adulti fascia benestante acqui I produttori italiani che hanno impiantato fabbriche di produzione, si sono affermati, nel giro di pochi anni,come uno dei protagonisti del mercato, con una produzione di alta gamma e con quote di crescita importanti e maggiori (in termini %) della concorrenza. Nel mercato del cioccolato, le condizioni doganali incidono sulla formazione ed il valore della domanda; esse riguardano, ovviamente, qualsiasi merce importata, ma riguardo all’importazione di materie prime e prodotto finito, l’attenzione al cioccolato da parte delle dogane è rilevante.

Le tecniche per la promozione del prodotto

Uno dei metodi più efficaci per conquistare il cliente di tutte le fasce, rimane l’assaggio, che aumenta decisamente le vendite nei casi di effettiva alta qualità del prodotto. Una tecnica usata dalle multinazionali è quella del lancio di numerosi nuovi prodotti, solo una parte dei quali poi si affermerà. E’ una tecnica dispendiosa ma fa leva sulla propensione dei consumatori di cioccolato a sperimentare nuovi prodotti e rafforza la fedeltà al marchio. Infine, un’altra tecnica utilizzata, in periodi di crisi, è quella di rivedere le politiche di prezzo, proponendo confezioni di peso e costo ridotto (sacchettini venduti a peso piuttosto che le confezioni in cartone).

Approfondimento India ed Estremo Oriente

In oriente (in particolare India ed Estremo Oriente) il cioccolato è sconosciuto alla tradizione gastronomica. Sulla scia del favore che incontrano i prodotti di gusto occidentale il cioccolato, così come il vino, sta acquistando un valore culturale (status symbol), anche come regalo, sia tra privati che utilizzato dalle aziende; ovviamente, il consumo di cioccolato riguarda soprattutto le aree urbane. Consigli per entrare nel mercato:

• fissare una chiara strategia: i marchi stranieri sono sinonimo di qualità, gusto e per questo detengono il controllo di quasi tutto il mercato cinese ed indiano; i nuovi marchi stranieri devono focalizzarsi sul target e sulle proprie caratteristiche per costruire tutta l'immagine del marchio.

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• diversificare la produzione: non chiudersi nella routine, ma costantemente innovarsi nei tipi e nelle forme di cioccolato, altrimenti i produttori cinesi ed indiani presto saranno concorrenti alla pari.

Etichettatura

In termini generali, con l’eccezione dell’Europa e Nord America, non esistono significative regolamentazioni per l’etichettatura del prodotto. Quindi, in termini generali, non sono state rilevate particolari indicazioni da apporre sull’etichetta. Si consiglia, comunque di basarsi sul modello di etichetta previsto dalla normativa europea, con le integrazioni previste dai singoli Paesi. Da approfondire i casi di prodotto con valenza dietetica (senza zucchero, gluten free, biologico, ecc.) che potrebbe essere soggetto a normativa particolare si vedano anche gli approfondimenti specifici).

Approfondimento ortofrutta

Anche per i prodotti di origine vegetale non sono regolamentati accordi specifici con Paesi Terzi e non ci sono particolari problemi per l’esportazione. Alcuni vincoli possono essere posti in merito alla presenza e/o livello di fitofarmaci, nonché di organismi nocivi per l’ecosistema del Paese destinatario. Questo può rappresentare un problema per l’esportazione; infatti i limiti di tolleranza per i principi attivi accettati dalla normativa comunitaria contestualmente alla applicazione delle buone pratiche per la fabbricazione ed alla dichiarazione di assenza di parassiti, potrebbero non essere compatibili con quelli posti in alcuni Paesi bloccando, di fatto l’esportazione. Conseguentemente, i prodotti ortofrutticoli destinati a paesi non appartenenti alla Unione Europea devono essere sottoposti a controllo fitosanitario, nei casi in cui la legislazione fitosanitaria del Paese di riferimento lo richieda.

Approfondimento caffè

Una delle fonti più autorevoli in materia di esportazione di caffè è rappresentata dalla guida “Coffee Exporter's Guide” pubblicata da “The International Trade Centre (ITC)” che è una agenzia con sede a Ginevra collegata al World Trade Organization and the United Nations. Essa rappresenta una delle fonti di informazione più complete e neutrali in merito al commercio del caffè; l’ultima edizione disponibile (la 3^) è del 2011. La guida è acquistabile al costo di US$70 in formato cartaceo o scaricabile gratuitamente in formato pdf (http://www.intracen.org/The-Coffee-Exporters-Guide---Third-Edition/).

Fonti Per la predisposizione della suddetta guida sono stati consultati documenti, svolte ricerche sul WEB e ricercate informazioni al fine di garantire informazioni attendibili ed aggiornate. Tra i principali siti consultati, si segnalano: ec.europa.eu/food/index_it.htm - Commissione europea per la sicurezza alimentare

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www.agenziadelledogane.it www.bric.ubibanca.com www.cibus.it www.codexalimentarius.org www.confindustria.it www.efsa.europa.eu/it - Autorità europea per la sicurezza alimentare www.globus.cameradicommercio.it www.ice.gov.it www.mercatiaconfronto.it - Sito promosso da Unioncamere e Mondimpresa www.mglobale.it www.oie.int www.regione.piemonte.it www.salute.gov.it/sicurezzaAlimentare www.unioncamere.it

www.celiachia.it

Siti specifici relativi ai prodotti oggetto dell’indagine o ai mercati di interesse tra questi siti sia di istituzioni che siti di operatori commerciali (spedizionieri ed importatori qualificati, fornitori di servizi di consulenza, ecc.). Siti delle Camere di Commercio italiane Siti delle Camere di Commercio italiane nel mondo Siti delle ambasciate italiane