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L’Europa in 12 lezioni di Pascal Fontaine Unione europea Documentazione europea

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L’Europa in 12 lezionidi Pascal Fontaine

Unione europea

Documentazione europea

La presente pubblicazione è edita nelle lingue ufficiali dell’Unione europea: danese, finnico, francese, greco,inglese, italiano, olandese, portoghese, spagnolo, svedese e tedesco ma anche in ceco, estone, lettone, lituano,maltese, polacco, slovacco, sloveno e ungherese.

Il presente opuscolo, insieme ad altre brevi e chiare spiegazioni sull’UE, è disponibile al seguente indirizzo Internet:europa.eu.int/comm/publications

Commissione europeaDirezione generale della Stampa e della comunicazionePubblicazioniB-1049 Bruxelles

Manoscritto terminato in novembre 2003

Una scheda bibliografica figura alla fine del volume.

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2003

ISBN 92-894-6785-1

© Comunità europee, 2003Riproduzione autorizzata

Printed in Belgium

STAMPATO SU CARTA SBIANCATA SENZA CLORO

L’Europa in 12 lezioni

di Pascal Fontainegià collaboratore di Jean Monnet

e professore all’Institut d’études politiques di Parigi

Illustrazioni di Mario Ramos

Indice

1 Perché un’Unione europea

2 Le grandi tappe storiche

3 L’allargamento

4 Come funziona l’Unione

5 Che cosa fa l’Unione

6 Il mercato interno

7 L’unione economica e monetaria e l’euro

8 Verso una società dell’informazione e della conoscenza

9 L’Europa dei cittadini

10 L’Europa delle libertà, della sicurezza e della giustizia

11 L’Unione europea nel mondo

12 Un futuro per l’Europa

Cronologia dell’integrazione europea

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1 Perché un’Unione europea

La pace

L’idea di un’Europa unita è stata a lungoappannaggio di una stretta cerchia di filoso-fi e visionari. Victor Hugo vagheggiava gli«Stati Uniti d’Europa» con spirito pacifista eumanista. Ma gli ideali ottocenteschi furonotragicamente smentiti dagli eventi bellici cheprostrarono l’Europa nella prima metà del XXsecolo.

Dopo la seconda guerra mondiale, la resi-stenza e la sconfitta dei regimi dittatoriali,nasce una nuova speranza e con essa ladeterminazione a stemperare gli odi e gliantagonismi nazionali in una pace duratura.Statisti coraggiosi come Konrad Adenauer,

Winston Churchill, Alcide de Gasperi eRobert Schuman hanno saputo guidare ipopoli d’Europa, fra il 1945 e il 1950, versouna nuova era. L’Europa occidentale avrebbeavuto un nuovo ordine improntato a interes-si e valori comuni e nuovi trattati avrebberogarantito il rispetto della legge e l’ugua-glianza fra i popoli.

Il 9 maggio 1950, ispirandosi a un’idea diJean Monnet, il ministro francese degliAffari esteri Robert Schuman propose dicreare la Comunità europea del carbone edell’acciaio (CECA). Le materie prime dellaguerra passavano così sotto il controllo diun’autorità comune, l’Alta Autorità, che congrande senso pratico e altissimo valore sim-

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bolico fece del carbone e dell’acciaio stru-menti di riconciliazione e di pace.

Tale idea generosa e audace ebbe grandesuccesso. Per oltre mezzo secolo gli Statimembri delle Comunità europee avrebberocollaborato pacificamente. Nel 1992 il trat-tato di Maastricht ha consolidato e poten-ziato le istituzioni comunitarie creandol’Unione europea (UE) che oggi conosciamo.

L’Unione europea si è molto adoperata per lariunificazione tedesca dopo la caduta delmuro di Berlino nel 1989. Quando poi l’im-pero sovietico è crollato nel 1991, i paesidell’Europa centrale e orientale, liberati dalgiogo decennale del Patto di Varsavia, hannonaturalmente optato per il campo dellenazioni democratiche occidentali.

La sicurezza

L’Europa del XXI secolo deve tuttavia affron-tare un nuovo problema, quello della sicu-rezza. La soluzione è tuttaltro che scontata.Ogni singolo passo avanti nello sviluppomondiale porta con sé rischi e opportunità.L’UE deve provvedere alla sicurezza di quin-dici (presto venticinque) Stati membri; devecollaborare in modo costruttivo con le regio-ni appena fuori dei suoi confini, Nord Africa,Balcani, Caucaso, Medio Oriente. I tragicieventi dell’11 settembre 2001 a New York eWashington mostrano quanto sia fragile l’e-sistenza umana di fronte al fanatismo e allasete di vendetta.

Le istituzioni dell’UE hanno avuto un ruolocentrale nel processo di invenzione e attua-zione di un sistema che ha regalato pace eprosperità a una regione così vasta comel’Europa. Ma l’Unione deve anche tutelare isuoi interessi militari e strategici, d’accordocon i suoi alleati fra cui la NATO e mediantela definizione di un’autentica politica euro-pea di sicurezza e difesa (PESD).

Sicurezza interna e sicurezza esterna sonodue facce della stessa medaglia. Per lottarecontro il terrorismo e la criminalità organiz-zata occorre cioè che le forze dell’ordine ditutti gli Stati membri tessano legami diintensa collaborazione. Fra le nuove sfidedell’Europa, la creazione di uno spazio dilibertà, di sicurezza e di giustizia in cui i cit-tadini abbiano pari accesso alla giustizia esiano uguali difronte alla legge esige unacooperazione rafforzata fra i governi e pre-suppone che organi come Europol, l’ufficioeuropeo di polizia, possano assumere unruolo più attivo ed efficace.

La solidarietà economica e sociale

L’Europa si è costruita in funzione di obietti-vi politici ma trae dinamismo e successodalle fondamenta economiche su cui poggia:il mercato unico, cui partecipano tutti gliStati membri, e la moneta unica, che hacorso legale in dodici degli attuali quindicimembri.

Per garantire la crescita economica e farfronte alla concorrenza delle grandi econo-mie mondiali, i paesi europei, il cui pesodemografico è sempre minore su scala glo-bale, devono restare uniti. Nessuno Statomembro dell’UE è sufficientemente forte perlanciarsi da solo sul mercato globale. Leimprese europee hanno inoltre bisogno dispazi più ampi dei singoli mercati nazionaliper conseguire economie di scala e procac-ciare nuovi clienti. L’UE si è pertanto adope-rata per la creazione di un mercato unicoeuropeo rimuovendo gli antichi ostacoli agliscambi e sollevando gli operatori economicida inutili oneri burocratici.

L’Europa della libera concorrenza non puòtuttavia prescindere dall’Europa della solida-rietà, della gente comune. Concretamente,quando alluvioni o altre calamità naturali siabbattono sui nostri paesi, il bilanciodell’Unione stanzia fondi di assistenza per lepopolazioni colpite. Il vasto mercato euro-peo, con i suoi 380 milioni di consumatori,deve inoltre giovare a un numero massimo dioperatori economici e sociali. I fondi struttu-rali della Commissione europea promuovonoe sostengono per l’appunto l’intervento diStati e regioni volto a colmare i divari di svi-luppo. Il bilancio dell’Unione e i prestiti dellaBanca europea per gli investimenti (BEI) con-tribuiscono infine a sviluppare le infrastrut-

ture di trasporto in Europa (autostrade, treniad alta velocità), rompendo l’isolamentodelle regioni periferiche e incentivando gliscambi transeuropei.

Agire insieme per promuovere un modello europeo di società

Le società postindustriali europee diventanosempre più complesse. Il tenore di vita conti-nua a crescere ma persiste il divario fra ricchie poveri che rischia peraltro di aumentarecon l’adesione degli ex paesi comunisti. Èpertanto indispensabile che gli Stati membricollaborino e affrontino insieme le proble-matiche sociali.

Sul lungo periodo, tutti i paesi dell’Unionegodranno dei frutti della cooperazione.Mezzo secolo di integrazione europea inse-gna che l’unione davvero fa la forza: èindubbio infatti che l’Unione europea hamolto più peso economico, sociale, tecnolo-gico, commerciale e politico finanche dellasomma artimetica dei suoi membri.

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Il motivo? Perché l’Unione è la prima poten-za commerciale del mondo e ha quindi unruolo determinante nei negoziati internazio-nali; perché usa tutta la sua forza commer-ciale e agricola nell’ambito dell’Orga-nizzazione mondiale del commercio e perattuare il protocollo di Kyoto sull’inquina-mento atmosferico e i cambiamenti climati-ci; perché ha saputo varare importanti inizia-tive al vertice di Johannesburg sullo svilupposostenibile nell’agosto 2002; perché prendeposizione su questioni sensibili per il cittadi-no quali la tutela dell’ambiente, le fonti rin-novabili di energia, il principio di precauzio-ne nella sicurezza alimentare, gli aspetti eticidella biotecnologia, la protezione delle spe-cie minacciate.

Il vecchio adagio «L’unione fa la forza» haancora senso per gli europei. L’Europa traevigore dalla capacità di agire di comuneaccordo in virtù di decisioni assunte da isti-tuzioni democratiche: il Consiglio europeo, ilParlamento europeo, il Consiglio dell'Unioneeuropea, la Commissione europea, la Corte digiustizia e la Corte dei conti.

L’Unione intende promuovere i valori umani-tari e il progresso sociale, conferendo all’in-dividuo un ruolo da protagonista e non già divittima del processo di globalizzazione ecambiamento tecnologico che sta rivoluzio-nando il mondo. Le forze del mercato o l’a-zione unilaterale di un unico paese nonbastano a colmare le esigenze dell’umanità.

L’Unione propugna una visione umanista eun modello sociale che la stragrande mag-gioranza dei cittadini sente proprio. I dirittidell’uomo, la solidarietà sociale, la libertàd’impresa, l’equa condivisione dei frutti dellacrescita economica, il diritto a un ambientetutelato, il rispetto delle diversità culturali,linguistiche e religiose, un’armoniosa combi-nazione di progresso e tradizioni costituisco-no per gli europei un patrimonio di valoricomune.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unioneeuropea, proclamata a Nizza il 7 dicembre2000, sancisce tutti i diritti attualmentericonosciuti dai quindici Stati membri e dailoro cittadini. Diversi per cultura e tradizioni,gli europei sono tuttavia uniti da questopatrimonio di valori che li distingue dal restodel mondo.

Il trattato di Maastricht enuncia per la primavolta un principio essenziale per il funziona-mento dell’Unione, il «principio della sussi-diarietà». L’UE e le sue istituzioni intervengo-no soltanto se e nella misura in cui l’azioneeuropea è più efficace di quella nazionale olocale. Il fine è evitare un’inutile ingerenzadell’Unione nella vita dei suoi cittadini.L’identità europea è un bene prezioso, dapreservarsi in quanto tale. Confonderla conl’uniformità sarebbe un errore inviso a tutti.

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L’Unione europea è il frutto del lavoro diquanti, uomini e donne, si adoperano con-cretamente per la costruzione di un’Europaunita. Non esiste al mondo altra organizza-zione in cui un gruppo di paesi esercitino atal punto, tutti insieme, la sovranità in setto-ri d’importanza cruciale per i cittadini. L’UEha creato la moneta unica e un mercatounico dinamico affinché persone, merci ecapitali possano circolare liberamente e gra-zie al progresso sociale e a una concorrenzaleale fa in modo che tale mercato comunevada a vantaggio dei più.

Le fondamenta costituzionali di tale edificiosono:

• il trattato di Parigi che istituisce laComunità europea del carbone e dell’ac-ciaio (CECA) nel 1951;

• i trattati di Roma che istituiscono laComunità economica europea (CEE) e laComunità europea dell’energia atomica(CEEA o Euratom) nel 1957.

2 Le grandi tappe storiche

I trattati istitutivi sono stati poi modificati:

• dall’Atto unico europeo nel 1986;

• dal trattato sull’Unione europea aMaastricht nel 1992;

• dal trattato di Amsterdam nel 1997;

• dal trattato di Nizza nel 2001.

I trattati hanno instaurato stretti legami giu-ridici fra gli Stati membri. La legislazionedell’Unione si applica direttamente al citta-dino europeo cui conferisce diritti specifici.

Creando un mercato comune del carbone edell’acciaio i sei paesi fondatori (Belgio,Francia, Germania, Italia, Lussemburgo ePaesi Bassi) intesero anzitutto garantire lapace fra i vincitori e i vinti della secondaguerra mondiale, associandoli e inducendolia cooperare in un quadro istituzionale comu-ne improntato al principio dell’uguaglianza.

I sei Stati fondatori decisero allora di costrui-re una Comunità economica europea (CEE)introducendo un mercato comune per unavasta gamma di prodotti e servizi. I dazidoganali furono definitivamente aboliti il 1oluglio 1968 e già negli anni Sessanta furonoistituite le politiche comuni, prime fra tuttela politica agricola e quella commerciale.

L’avventura fu un tale successo cheDanimarca, Irlanda e Regno Unito decisero diaderire alla Comunità. Il primo allargamentodel 1973 portò gli Stati membri da sei a novee introdusse nuovi compiti e politiche comu-ni: la politica sociale, la politica ambientale ela politica regionale, per la cui attuazione fucreato nel 1975 il Fondo europeo per lo svi-luppo regionale (FESR).

Agli inizi degli anni Settanta emerge lanecessità di armonizzare le singole economiee con essa l’idea di un’unione monetaria. Nelcontempo, gli Stati Uniti decidono di porrefine alla convertibilità del dollaro in oroinaugurando un periodo di grande instabilità

monetaria sui mercati mondiali, aggravatadagli shock petroliferi del 1973 e del 1979.Con il Sistema monetario europeo (SME)introdotto nel 1979, i tassi di cambio si sta-bilizzano e gli Stati membri cominciano aattuare politiche di rigore, riuscendo così amantenere legami di solidarietà reciproca e adisciplinare le loro economie.

Nel 1981 entra a far parte delle Comunità laGrecia, seguita dalla Spagna e dal Portogallonel 1986. Urge allora introdurre programmistrutturali, come i primi programmi integratimediterranei (PIM), per ridurre il divario disviluppo economico fra i dodici Stati mem-bri.

Nel frattempo la Comunità economica euro-pea assume un ruolo prominente sulla scenainternazionale siglando, fra il 1975 e il 1989,una serie di convenzioni (Lomé I, II, III e IV)per il commercio e l’aiuto allo sviluppo con ipaesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (icosiddetti ACP), culminate nell’accordo diCotonou del giugno 2000. È grazie a questistrumenti che l’Europa, prima potenza com-merciale del mondo, si afferma a livello glo-bale al punto da mirare, in ultima analisi,all’istituzione di una politica estera e di sicu-rezza comune.

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Agli inizi degli anni Ottanta la recessionemondiale alimenta in Europa una corrente di«europessimismo». Nel 1985 la Commissioneeuropea, allora presieduta da JacquesDelors, pubblica un libro bianco foriero dinuove speranze. La Comunità decide infattidi completare il mercato comune europeoentro il 1o gennaio 1993. Sancisce tale ambi-zioso obiettivo l’Atto unico europeo cheviene firmato nel febbraio del 1986 ed entrain vigore il 1o luglio 1987.

L’assetto politico del continente subisce unaradicale trasformazione con la caduta delmuro di Berlino nel 1989, la riunificazionetedesca del 3 ottobre 1990, la democratizza-zione dei paesi dell’Europa centrale e orien-tale liberatisi dal controllo sovietico e l’im-plosione dell’Unione Sovietica nel dicembredel 1991.

Anche le Comunità europee sono in pienaevoluzione. Gli Stati membri aprono le trat-tative per elaborare un nuovo trattato che ilConsiglio europeo (capi di Stato e di gover-no) adotterà a Maastricht nel dicembre 1991.Il «trattato sull’Unione europea» entra invigore il 1o novembre 1993 e la CEE diventapiù semplicemente la «Comunità europea»(CE). Integrando nel sistema comunitario unregime di cooperazione intergovernativa pertaluni settori, il nuovo trattato crea l’Unioneeuropea (UE) e impartisce agli Stati membriuna serie di ambiziosi obiettivi: l’unionemonetaria entro il 1999, la cittadinanzaeuropea e nuove politiche comuni; la politi-ca estera e di sicurezza comune (PESC) e lasicurezza interna.

Il dinamismo europeo e l’evoluzione geopoli-tica del continente convincono altri tre paesiad aderire all’Unione. Il 1o gennaio 1995l’Austria, la Finlandia e la Svezia diventanoparte integrante di un’Unione di quindicimembri che muove passi sinceri verso il suopiù spettacolare obiettivo: introdurre ununico conio, l’euro, in sostituzione delle sin-gole monete nazionali. Dal 1o gennaio 2002le euromonete e le eurobanconote hannolibero corso nei dodici paesi dell’area dell’eu-

ro (detta anche «zona euro»). La monetaunica assurge così allo status di valuta inter-nazionale di riserva, alla stregua del dollaro.

Il mondo entra nel XXI secolo e gli europeidevono affrontare insieme le molteplici sfidedella globalizzazione. L’economia mondiale sitrasforma sotto l’impulso delle nuove tecno-logie rivoluzionarie e l’esplosione di Internet,la società si disgrega e si moltiplicano gliscontri fra culture diverse.

Nel marzo 2000 il Consiglio europeo decidela cosiddetta «strategia di Lisbona».L’obiettivo è fare dell’economia europea unconcorrente atto a confrontarsi sui mercatiglobali con colossi come gli Stati Uniti o ipaesi di recente industrializzazione. Ciò pre-suppone che tutti i settori siano aperti allaconcorrenza, che sia dato ampio spazioall’innovazione e all’investimento e che isistemi scolastici ed educativi siano in gradodi rispondere alle esigenze della società del-l’informazione.

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Le riforme diventano tanto più urgentiquanto più aumenta la pressione sugli Statimembri delle spese pensionistiche e delladisoccupazione. L’opinione pubblica chiedeai governi, con insistenza crescente, di trova-re una soluzione pratica ed equa a questeproblematiche.

Siamo alla metà degli anni Novanta, l’Europadei Quindici si è da poco costituita che giàdodici nuovi paesi bussano alla sua porta.Presentano domanda di adesione le exdemocrazie popolari del blocco sovietico(Bulgaria, Polonia, Repubblica ceca,Romania, Slovacchia e Ungheria), tre statibaltici dell’ex Unione Sovietica (Estonia,Lettonia e Lituania), una repubblica dell’exIugoslavia (Slovenia) e due paesi mediterra-nei (Cipro e Malta).

Spinta dal desiderio di stabilità sul continen-te e dall’impulso di estendere a tali giovanidemocrazie i benefici dell’unificazione euro-pea, l’UE si prepara a un allargamento dalleproporzioni inaudite. I negoziati per l’adesio-ne dei paesi candidati iniziano aLussemburgo nel dicembre 1997 e a Helsinkinel dicembre 1999. Con dieci paesi dell’ade-sione tali negoziati si concludono il 13dicembre 2002 a Copenaghen. Si delinea cosìl’Europa dei Venticinque, che sarà tale solonel 2004 nell’attesa di ampliarsi ancora edaprirsi a nuovi paesi europei nei prossimianni.

Oltre mezzo secolo di integrazione europeaha profondamente segnato la storia del con-tinente e la mentalità dei suoi abitanti. Igoverni degli Stati membri sanno tutti, indif-ferentemente, che l’era della sovranitànazionale assoluta è finita e che soltanto l’u-nione delle forze e la concezione di un«destino oramai condiviso» (per citare ilpreambolo del trattato CECA) permetterannoalle vecchie nazioni di progredire sul pianoeconomico e sociale e continuare ad influiresul destino del mondo.

Il metodo comunitario, che dosa sapiente-mente interessi nazionali e interessi comuni-tari nel rispetto delle diversità nazionali purpromuovendo l’identità dell’Unione, mantie-ne tutto il suo valore originario. Concepitoper sormontare gli antagonismi secolari escongiurare il senso di superiorità e il ricorsoalla forza nei rapporti fra gli Stati, tale meto-do ha permesso all’Europa democratica elibertaria di restare coesa per tutto il periododella guerra fredda. La fine dell’antagonismoEst/Ovest e la riunificazione politica ed eco-nomica del continente sono una vittoria perl’ideale europeo, un ideale di cui i popolid’Europa hanno più che mai bisogno.

L’Unione europea ha una risposta alla globa-lizzazione e l’attinge direttamente dall’enor-me patrimonio dei valori europei. L’Unioneeuropea ha la migliore «polizza assicurativa»per un futuro di pace e di libertà.

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Copenaghen, un summit storico

Il Consiglio europeo di Copenaghen del 13dicembre 2002 inaugura una delle fasi stori-che più ardite dell’unificazione europea. Neldecidere l’adesione di altri dieci paesi a par-tire dal 1o maggio 2004, l’Unione europeanon si espande soltanto geograficamenteaccrescendo la sua popolazione, ma riunificasoprattutto un continente dilaniato, ponen-do fine alla divisione che dal 1945 separa ilmondo libero dal mondo comunista.

Questo quinto allargamento ha una dimesio-ne politica e morale. Paesi europei per appar-tenenza geografica, per cultura, storia easpirazioni come Cipro, la Repubblica ceca,l’Estonia, l’Ungheria, la Lettonia, la Lituania,Malta, la Polonia, la Slovacchia e la Sloveniapossono infine ricongiungersi con la famigliademocratica europea e concorrere al grandedisegno dei padri fondatori. I trattati di ade-sione firmati ad Atene il 16 aprile 2003 con-sentono ai popoli dei nuovi Stati membri dipartecipare alle elezioni europee del giugno2004 nella loro nuova qualità di cittadinidell’Unione.

3 L’allargamento

Il lungo cammino verso l’adesione

La storia di questo particolare allargamentorisale al 1989, quando crolla il muro diBerlino e cala la cortina di ferro.Repentinamente, l’Unione istitusce il pro-gramma di assistenza finanziaria Phare peraiutare le giovani democrazie a ricostituirsieconomicamente e per agevolare il processodi riforme politiche. Il 22 giugno 1993 ilConsiglio europeo di Copenaghen dà l’accor-do «affinché i paesi associati dell’Europacentrale e orientale che lo desiderano diven-tino membri dell’Unione europea». Sonoquindi fissati tre criteri principali cui devonoconformarsi i nuovi paesi prima dell’adesione:

• criterio politico: avere raggiunto una sta-bilità istituzionale tale da garantire lademocrazia, lo Stato di diritto, il rispettodei diritti umani nonché il rispetto e latutela delle minoranze;

• criterio economico: esistenza di un’econo-mia di mercato funzionante e capacità difar fronte alle pressioni concorrenziali ealle forze di mercato all’internodell’Unione;

• terzo criterio ovvero la capacità di applica-re l’acquis comunitario, assumendo gliobblighi connessi con l’adesione all’UE, tracui il perseguimento dell’obiettivo dell’u-nione politica, economica e monetaria.

Sulla base delle raccomandazioni dellaCommissione e dei pareri del Parlamento, ilConsiglio europeo di Lussemburgo deldicembre 1997 e quello di Helsinki deldicembre 1999 aprono i negoziati con i diecipaesi dell’Europa centrale e orientale, conCipro e Malta.

Il trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997e il trattato di Nizza del 26 febbraio 2001mirano a consolidare l’Unione e a semplifi-

carne i processi decisionali prima dell’allar-gamento.

I negoziati con i dieci paesi candidati si con-cludono a Copenaghen il 13 dicembre 2002.Gli accordi stabiliscono i meccanismi e iperiodi di transizione necessari affinché inuovi Stati membri possano onorare tutti gliobblighi legati all’adesione. Il lavoro cheattende i nuovi parlamenti e le istituzionirecentemente ricostituite è di dimensionisovraumane: ciascun paese dovrà recepire,ma anche fare applicare, i 26 000 atti giuri-dici di cui consta l’acquis comunitario, perun totale di circa 80 000 pagine. Solo questosforzo immane e la solidarietà attiva deiQuindici permetterà di garantire il regolarefunzionamento del mercato interno e il con-seguimento degli obiettivi politicidell’Unione.

Perché l’allargamento non degeneri in unamera associazione di libero scambio, l’Unionesi prefigge di potenziare la coesione internae di garantire che una così vasta famiglia dinazioni funzioni con la dovuta efficacia. LaConvenzione sul futuro dell’Unione europea,presieduta da Valéry Giscard d’Estaing,nasce per l’appunto per elaborare una costi-tuzione a beneficio di una nuova Unione di25 membri. I lavori della Convenzione si con-cludono nel giugno 2003 e già il 20 giugno ilConsiglio europeo di Salonicco dichiara ilprogetto di trattato costituzionale unabuona base di lavoro per la successiva confe-renza intergovernativa.

I nuovi Stati membri hanno partecipato atti-vamente ai lavori della Convenzione. Ciascunpaese dovrà designare un commissario cheassumerà l’incarico dal 1o maggio 2004, datain cui entrano in vigore i trattati di adesione.Dopo le elezioni europee del giugno 2004, ilneo-eletto Parlamento europeo voterà lanuova Commissione che entrerà in carica il1o novembre 2004.

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Stando alle parole del presidente RomanoProdi, l’Unione ha onorato l’impegno assun-to nei confronti dei paesi candidati metten-do fine alle ingiustizie e alle brutalità del XXsecolo, al totalitarismo e alla guerra fredda.Non solo, l’Unione propone una nuova filo-sofia delle relazioni internazionali: unità emolteplicità, comunità di valori e differenzesaranno ancora di più i suoi tratti costitutivi.«L’Europa stessa, la sua storia recente, è ilriconoscimento delle identità e delle diffe-renze; l’Europa allargata sarà il primo tenta-tivo di costruire un nuovo tipo di cittadi-nanza su scala continentale e sarà il piùforte moltiplicatore dei diritti dei cittadini edella potenza degli Stati» (discorso dinanzi alParlamento europeo a Strasburgo del 6novembre 2002).

I 75 milioni di nuovi cittadini guadagnano inmedia il 40 % del reddito dichiaratonell’Europa dei Quindici. Per questo, gliaccordi di adesione contemplano un’assi-stenza finanziaria di 10 miliardi di euro nel2004, 12,5 miliardi nel 2005 e 15 miliardi nel2006. Tale aiuto dovrebbe permettere alleeconomie dei nuovi paesi, alcune delle qualiin forte espansione, di mettersi progressiva-mente al passo. L’integrazione fra i Dieci e iQuindici è tuttavia già ampiamente raggiun-ta grazie alla liberalizzazione degli scambidecisa negli anni Novanta e alle riformeinterne intraprese dai governi dei paesi can-didati.

Per i nuovi entranti sono previsti 40 miliardidi euro a carico del bilancio dell’Unione dal2004 al 2006. Le somme assegnate andrannoagli aiuti regionali e strutturali, un quartosarà consacrato alla politica agricola comune(PAC) e il saldo sarà riservato per la moder-nizzazione delle amministrazioni o la sicu-rezza delle centrali nucleari. L’accordo finan-ziario, concluso dall’Unione con i Dieci nuovia Copenaghen nel dicembre 2002, rispetta imassimali imposti fino al 2006 dal Consiglioeuropeo di Berlino del marzo 1999.

Fin dove si dice Europa

Ai 25 paesi dell’Unione allargata e ai suoi454 milioni di cittadini dovrebbero aggiun-gersi nel 2007 i bulgari e i rumeni, se tutto vasecondo i piani convenuti a Copenaghen.Proprio nella capitale danese il Consiglioeuropeo ha rammentato la decisione presa aHelsinki nel 1999 in base alla quale «laTurchia è uno Stato candidato destinato adaderire all’Unione in base agli stessi criteriapplicati agli altri Stati candidati». Se ilConsiglio europeo del dicembre 2004 deci-derà, sulla scorta di una relazione e di unaraccomandazione della Commissione, che laTurchia soddisfa i criteri politici diCopenaghen, l’Unione europea avvierà senzaindugio i negoziati di adesione con laTurchia.

La Turchia è paese membro della NATO e delConsiglio d’Europa, associato all’Unione dal1964 e candidato all’adesione dal 1987.Ponte naturale fra oriente e occidente, laprospettiva che integri l’UE pone seriedomande su quali siano i confini ultimidell’Unione: se basta osservare i criteri poli-tici ed economici di Copenaghen per presen-tare domanda di adesione e avviare i nego-ziati, allora anche i paesi dei Balcani occi-dentali — l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, laCroazia, l’ex Repubblica iugoslava diMacedonia e la Serbia e Montenegro —potranno fare domanda quando ricorrerannole condizioni di stabilità politica e adempi-ranno i criteri di Copenaghen.

In effetti, è nell’interesse dell’Unione favori-re la stabilità delle regioni appena fuori deisuoi confini. La dinamica è tale che a ogniallargamento le frontiere esterne si allunga-no e dilatano un po’. Nel 2004 l’Unione con-finerà con la Bielorussia e l’Ucraina e la suafrontiera con la Russia sarà più lunga; inevi-tabilmente con questi paesi dovrà intensifi-care la cooperazione regionale e transfronta-liera per i trasporti, l’ambiente, la sicurezza

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interna e la lotta contro l’immigrazione clan-destina e la criminalità internazionale.

Questa strategia, se attuata con sapienza,potrebbe quindi applicarsi anche alle relazio-ni con i paesi della riva meridionale delMediterraneo? Domande come questa ali-

mentano il dibattito sul significato ultimo diessere europei e sugli obiettivi dell’integra-zione e degli interessi dell’UE in una prospet-tiva globale. È tempo ormai che l’Europariscriva e potenzi gli accordi preferenzialicon il suo immediato vicinato, in un’ottica dicondivisione quanto più ampia.

Le grandi tappe del quinto allargamento

19 dicembre 1989: è istituito il programma Phare per fornire assistenza finanziaria e tecnica ai paesidell’Europa centrale e orientale..

3 e 16 luglio 1990: si candidano Cipro e Malta.

22 giugno 1993: il Consiglio europeo di Copenaghen stabilisce i criteri di adesione.

31 marzo e 5 aprile 1994: si candidano l’Ungheria e la Polonia.

1995: si candidano la Slovacchia (21 giugno), la Romania (22 giugno), la Lettonia (13 ottobre), l’Estonia (24 novembre), la Lituania (8 dicembre) e la Bulgaria (14 dicembre).

1996: si candidano la Repubblica ceca (17 gennaio) e la Slovenia (10 giugno).

12 e 13 dicembre 1997: il Consiglio europeo di Lussemburgo decide di varare il processo di allargamento.

10 e 11 dicembre 1999: il Consiglio europeo di Helsinki conferma l’avvio di negoziati con i dodici paesi can-didati. La Turchia è dichiarata «Stato candidato destinato ad aderire all’Unione».

13 dicembre 2002: conclusi gli accordi di adesione con dieci paesi candidati per il 1o maggio 2004.

16 aprile 2003: firma dei dieci trattati di adesione ad Atene.

1o maggio 2004: l’Unione europea accoglie i nuovi dieci Stati membri..

Dicembre 2004: sarà deciso se avviare i negoziati di adesione con la Turchia.

2007: il Consiglio europeo di Copenaghen fissa al 2007 l’adesione di Bulgaria e Romania.

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Più di una confederazione di Stati ma nonesattamente Stato federale, l’Unione euro-pea è un’entità assolutamente inedita e sto-ricamente unica. Il sistema politico su cuipoggia è in costante evoluzione da oltre cin-quant’anni. Gli Stati membri che hanno fir-mato i trattati di Parigi e di Roma negli anniCinquanta e i trattati di Maastricht,Amsterdam e Nizza negli anni Novanta con-sentono a limitazioni della sovranità nazio-nale a favore di istituzioni comuni che rap-presentano sia gli interessi nazionali chequelli comunitari.

I trattati costituiscono il cosiddetto dirittoprimario da cui trae origine il vasto corpus diatti giuridici («diritto derivato») aventi inci-denza diretta sulla vita quotidiana degli

europei. Parliamo in particolare dei regola-menti, delle direttive e delle raccomandazio-ni.

Queste leggi, insieme con le politichedell’Unione, sono frutto delle decisioniassunte nell’ambito di un triangolo istitu-zionale che collega il Consiglio rappresen-tante gli Stati membri, il Parlamento rappre-sentante i cittadini e la Commissione, organoindipendente e garante degli interessi gene-rali dell’Unione. Premessa necessaria affin-ché tale triangolo funzioni a dovere è lastretta collaborazione e la fiducia fra le treistituzioni. «Per l’assolvimento dei loro com-piti e alle condizioni contemplate dal presen-te trattato il Parlamento europeo congiunta-mente con il Consiglio, il Consiglio e la

4 Come funziona l’Unione

Commissione adottano regolamenti e diretti-ve, prendono decisioni e formulano racco-mandazioni o pareri» (articolo 249 del tratta-to CE).

Il Consiglio

Il Consiglio dell’Unione europea è l’istituzio-ne decisionale principale dell’Unione. In ori-gine «Consiglio dei ministri», oggi più comu-nemente detto il «Consiglio», è presieduto aturno da ciascuno Stato membro per unsemestre (da gennaio a giugno e da luglio adicembre), secondo un ordine prestabilito.Esso riunisce i ministri dei quindici paesi aseconda dei problemi all’ordine del giorno:affari esteri, agricoltura, industria, trasporti,ambiente ecc., per un totale di nove compo-sizioni distinte. Il Consiglio «Affari generali erelazioni esterne» assolve le funzioni di pia-nificazione e coordinamento dei lavori.

Prepara i lavori del Consiglio il Comitato deirappresentanti permanenti (Coreper), costi-tuito dagli ambasciatori degli Stati membri eassistito da gruppi di lavoro composti dafunzionari delle amministrazioni nazionali. Illavoro amministrativo è invece affidato a unsegretariato generale di stanza a Bruxelles.

Il Consiglio condivide con il Parlamentoeuropeo il potere legislativo e il potere dibilancio. Esso conclude, a nome dellaComunità, gli accordi internazionali preven-tivamente negoziati dalla Commissione.Secondo i trattati il Consiglio delibera amaggioranza semplice dei membri che locompongono, a maggioranza qualificata oall’unanimità.

Per le decisioni importanti come l’adesione diun nuovo Stato, la modifica dei trattati ol’attuazione di una nuova politica comune, ilConsiglio deve deliberare all’unanimità.

Nella maggior parte dei casi il Consiglio deci-de a maggioranza qualificata, la propostapassa cioè solo se raccoglie un determinatonumero di voti. Il voto degli Stati membri èponderato sulla base della loro popolazione ecorretto a favore dei paesi meno popolati.Fino al 1o maggio 2004, ai voti è attribuita laseguente ponderazione:

• Germania, Francia, Italia, Regno Unito 10• Spagna 8• Belgio, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo 5• Austria, Svezia 4• Danimarca, Finlandia, Irlanda 3• Lussemburgo 2

Totale 87

La soglia della maggioranza qualificata è fis-sata a 62 voti su 87 (pari al 71,3 %).

Per sei mesi dal 1o maggio 2004, data in cuii nuovi Stati membri entreranno a far partedell’UE, si applicheranno disposizioni transi-torie. Dal 1o novembre 2004, il numero divoti sarà suddiviso come segue:

• Germania, Francia, Italia, Regno Unito 29• Spagna, Polonia 27• Paesi Bassi 13• Belgio, Grecia, Portogallo,

Repubblica ceca, Ungheria 12• Austria, Svezia 10• Danimarca, Finlandia, Irlanda,

Lituania, Slovacchia 7• Cipro, Estonia, Lettonia, Lussemburgo,

Slovenia 4• Malta 3

Totale 321

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L’Europa in 12 lezioni

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Saranno necessari 232 voti (pari al 72,3 %)per raggiungere la maggioranza qualificata.Inoltre:

• la decisione dovrà essere approvata dallamaggioranza degli Stati membri (ovvero, intaluni casi, dai due terzi);

• ciascuno Stato membro potrà esigere laconferma che i voti a favore rappresentinoil 62 % della popolazione totale dell’UE.

Il Consiglio europeo

Il Consiglio europeo trae origine dalla con-suetudine dei leader politici dei paesi dell’UE(i cosiddetti «capi di Stato e di governo») diriunirsi regolarmente. Iniziata nel 1974 e isti-tuzionalizzata dall’Atto unico europeo nel1987, tale prassi si rinnova in media quattrovolte l’anno. Il Consiglio europeo si riuniscesotto la presidenza del capo di Stato o digoverno che presiede il Consiglio dell’Unionee annovera, come membro di diritto, il presi-dente della Commissione. Dinanzi ogniConsiglio europeo si esprime anche il presi-dente del Parlamento europeo.

Data la sempre maggiore incidenza degliaffari europei nella vita politica degli Statimembri, è un bene che ai presidenti e primiministri sia data l’opportunità di riunirsi eaffrontare insieme i grandi temi dell’attualitàpolitica europea. Con il trattato diMaastricht, il Consiglio europeo diventa l’or-gano deputato a dare l’impulso necessarioall’Unione e a sciogliere i nodi a maggiorevalenza politica che i ministri non siano riu-sciti a dirimere in sede di Consigliodell’Unione europea.

Il Consiglio europeo è oggi un grande even-to mediatico grazie alla notorietà dei suoimembri e alla rilevanza pubblica delle que-stioni trattate. Esso discute temi di attualitàinternazionale nell’intento primo di mettere

a punto una politica estera e di sicurezzacomune (PESC) che rifletta l’azione unitariadella diplomazia europea.

Il Consiglio europeo è l’organo squisitamen-te politico dell’Unione. Alcuni Stati membrivorrebbero farne il governo d’Europa, affi-dando a uno dei suoi membri il compito dirappresentare l’UE sulla scena internazionale.Resta da stabilire se questa figura istituzio-nale nuova, il «mister Europa», debba esseredesignata dal Consiglio europeo o sia auto-maticamente rivestita dal presidente dellaCommissione. Per il momento, l’unico misterEuropa è l’alto rappresentante per la politicaestera e di sicurezza comune istituito daltrattato di Amsterdam, che accentra anche lefunzioni di segretario generale del Consiglio.Javier Solana è stato nominato nel 1999.

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L’Europa in 12 lezioni

1999-2004 2004-2007 2007-2009

Bulgaria – – 18

Belgio 25 24 24

Repubblica ceca – 24 24

Danimarca 16 14 14

Germania 99 99 99

Estonia – 6 6

Grecia 25 24 24

Spagna 64 54 54

Francia 87 78 78

Irlanda 15 13 13

Italia 87 78 78

Cipro – 6 6

Lettonia – 9 9

Lituania – 13 13

Lussemburgo 6 6 6

Ungheria – 24 24

Malta – 5 5

Paesi Bassi 31 27 27

Austria 21 18 18

Polonia – 54 54

Portogallo 25 24 24

Romania – – 36

Slovenia – 7 7

Slovacchia – 14 14

Finlandia 16 14 14

Svezia 22 19 19

Regno Unito 87 78 78

Totale (massimo) 626 732 786

Il Parlamento

Il Parlamento europeo è l’assemblea rappre-sentativa di tutti i cittadini dei paesi membridell’Unione e partecipa, nella sua qualità diorgano eletto, al processo legislativo. Dal1979, ogni cinque anni i deputati europeisono eletti a suffragio universale diretto.

Fino alle elezioni europee del 2004, ilParlamento europeo consterà di 626 membri.Con i successivi allargamenti dell’Unione, ilnumero dei rappresentanti eletti aumenteràe in ogni Stato membro sarà fissato (perpaese in ordine alfabetico secondo la dicitu-ra originale) come segue:

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I deputati europei si riuniscono in sedutaplenaria (tornata) a Strasburgo. Alcune tor-nate supplementari si tengono a Bruxelles.17 commissioni parlamentari preparano ilavori delle sedute plenarie prevalentementea Bruxelles, dove si riuniscono anche talunigruppi politici. Il segretariato generale risie-de a Lussemburgo.

Il Parlamento europeo esercita con ilConsiglio la funzione legislativa secondo treprocedure normative, oltre la semplice con-sultazione:

• la «procedura di cooperazione» è istituitadall’Atto unico europeo del 1986: ilParlamento europeo emenda le proposte didirettiva e regolamento presentate dallaCommissione e invita quest’ultima a tenerconto del suo parere;

• dal 1986 il «parere conforme» delParlamento è indispensabile per deciderel’adesione di nuovi Stati membri, ratificaregli accordi di associazione con paesi terzi estipulare accordi internazionali. Il parereconforme è richiesto per altre materieimportanti come la procedura elettoraleuniforme;

• il trattato di Maastricht del 1992 introdu-ce la «procedura di codecisione». IlParlamento condivide, in condizioni diassoluta parità, il potere decisionale con ilConsiglio in settori importanti come lalibera circolazione dei lavoratori, il merca-to interno, la ricerca e sviluppo tecnologi-co, l’ambiente, le reti transeuropee, l’istru-zione, la cultura, la salute, la protezione deiconsumatori. Il Parlamento può, in questisettori, respingere integralmente (solo amaggioranza assoluta dei suoi membri) la

posizione comune del Consiglio e la proce-dura legislativa è conclusa. La possibilitàaltrimenti riservata al Consiglio di convo-care il comitato di conciliazione è soppres-sa.

Il trattato di Amsterdam e il trattato diNizza hanno rispettivamente aggiunto altri23 e 7 settori cui si applica la procedura dicodecisione.

Il Parlamento e il Consiglio sono i due ramidell’autorità di bilancio, è loro competenzacioè discutere e adottare il bilanciodell’Unione presentato dalla Commissione. IlParlamento ha anche la facoltà di respingereil bilancio e lo ha fatto più volte in passato,e in questo caso la procedura comincia dac-capo. Il Parlamento ha ampiamente usato diquesti poteri per influenzare le politichecomunitarie, sebbene sfugga al suo control-lo una porzione importante delle spese agri-cole.

Centro propulsore delle politiche comunita-rie, luogo privilegiato di dibattito e incontro,crogiuolo delle sensibilità politiche e nazio-nali, il Parlamento europeo è fonte naturaledi numerosissime iniziative. I protagonisti deldibattito parlamentare sono i gruppi politici.Fra i principali ricordiamo il gruppo del par-tito popolare europeo (democratico-cristia-no) e democratici europei (PPE-DE) e il grup-po del partito del socialismo europeo (PSE).

Il Parlamento ha fornito un importante con-tributo alla Carta dei diritti fondamentalidell’Unione europea proclamata nel dicem-bre 2000 e alla Convenzione europea istitui-ta a seguito del Consiglio europeo di Laekendel dicembre 2001.

Il Parlamento europeo esercita, da ultimo, uncontrollo democratico sull’intera attivitàdell’Unione. Può esigere le dimissioni in bloc-co della Commissione con una «mozione dicensura» (approvata a maggioranza di dueterzi dei voti espressi) e verifica l’attuazionedelle politiche comunitarie e l’applicazionedella legislazione grazie soprattutto alle rela-zioni della Corte dei conti e mediante inter-rogazioni scritte e orali al Consiglio e allaCommissione. Il presidente in carica delConsiglio europeo riferisce inoltre alParlamento sulle decisioni assunte dai leaderpolitici dell’Unione.

Pat Cox è presidente del Parlamento europeodal 2002.

La Commissione

La Commissione europea è un’istituzionecardine del sistema comunitario. Fino al 1omaggio 2004 è composta da un collegio di20 membri (due per Francia, Germania,Regno Unito, Italia e Spagna e un membrociascuno per gli altri paesi), nominati percinque anni di comune accordo dagli Statimembri, dopo il voto di approvazione delParlamento europeo.

Dal 1o maggio 2004, con l’adesione dei nuoviStati membri sarà designato un solo commis-sario per paese.

La Commissione gode di un’autonomia poli-tica totale. Essa agisce nel solo interessegenerale dell’Unione e non riceve istruzionida nessun governo o organismo degli Statimembri. Custode dei trattati, vigila sull’ese-cuzione dei regolamenti e delle direttiveadottate dal Consiglio e può adire la Corte digiustizia per esigere il rispetto del dirittocomunitario.

La Commissione ha il monopolio dell’iniziati-va legislativa e la libertà di intervenire in unqualsiasi momento per trovare un compro-messo in sede di Consiglio o fra il Consiglio eil Parlamento.

Organo esecutivo dell’UE, garantisce l’esecu-zione delle decisioni del Consiglio in relazio-ne, per esempio, alla politica agricola comu-ne. È inoltre competente per la gestione dellepolitiche comuni (ricerca e tecnologia, aiutoallo sviluppo, politica regionale ecc.) e neamministra il bilancio.

La Commissione risponde del suo operatodinanzi al Parlamento europeo che può cen-surarla e esigerne le dimissioni in blocco.Posto di fronte a una mozione di censura delParlamento, il 16 marzo 1999 il presidenteJacques Santer ha dovuto rassegnare ledimissioni per l’intero collegio. RomanoProdi è diventato presidente della nuovaCommissione per il mandato 1999-2004.

La Commissione si avvale di una strutturaamministrativa composta da 36 direzionigenerali (DG) e servizi con sede perlopiù aBruxelles e Lussemburgo. Rispetto ai segreta-riati delle normali organizzazioni internazio-nali, possiede risorse finanziarie proprie ed èpertanto molto più autonoma.

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L’Europa in 12 lezioni

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La Corte di giustizia

La Corte di giustizia delle Comunità europee,con sede a Lussemburgo, è composta daquindici giudici (uno per Stato membro) eotto avvocati generali. Nominati di comuneaccordo dai governi degli Stati membri perun mandato rinnovabile di sei anni, offronotutte le garanzie di indipendenza. Compitodella Corte è assicurare l’osservanza del dirit-to europeo e la corretta interpretazione eapplicazione dei trattati.

In proposito, la Corte può giudicare unoStato membro colpevole di non ottemperareagli obblighi cui è tenuto in forza dei tratta-ti, annullare una norma di diritto comunita-rio giudicata illegittima, constatare median-te il ricorso per carenza che il Parlamentoeuropeo, il Consiglio o la Commissione sianovenuti meno all’obbligo di decidere.

La Corte di giustizia è inoltre l’unico organocompetente a pronunciarsi, su istanza delgiudice nazionale, sull’interpretazione deitrattati e sulla validità e interpretazione diuna norma comunitaria. In caso di dubbi, ilgiudice nazionale può, e talvolta deve, rivol-gersi alla Corte per un parere. Questo sistemagarantisce al diritto comunitario un’inter-pretazione uniforme e un’applicazione omo-genea in tutta l’Unione.

I trattati inoltre autorizzano esplicitamentela Corte a verificare che gli atti comunitaririspettino i diritti fondamentali ed estendo-no tale competenza a settori quali la libertàe la sicurezza personale.

Nel 1989 è stato affiancato alla Corte unTribunale di primo grado, composto da ungiudice per Stato membro e competente apronunciarsi sui ricorsi proposti dalle perso-ne fisiche e giuridiche avverso le decisionidelle istituzioni comunitarie o sui litigi fra leistituzioni e i loro funzionari.

La Corte dei conti

Istituita nel 1977, la Corte dei conti europeasi compone di un cittadino per paesedell’Unione, nominato per un mandato di seianni con decisione unanime degli Statimembri previa consultazione del Parlamentoeuropeo. La Corte dei conti esamina la legit-timità e la regolarità delle entrate e dellespese dell’Unione e accerta la sana gestionefinanziaria del bilancio dell’UE. Può control-lare ogni organismo o individuo che gestiscao riceva fondi comunitari ed eventualmenteadire la Corte di giustizia.

Il Comitato economico e socialeeuropeo

Il Comitato economico e sociale europeo(CESE) è un’assemblea consultiva. I suoimembri sono rappresentanti delle varie com-ponenti socioeconomiche della «società civi-le organizzata», nominati per quattro annidal Consiglio dell’Unione. Suo compito fon-damentale è formulare pareri destinati alletre grandi istituzioni. Il CESE è consultatoobbligatoriamente prima dell’adozione didecisioni in svariati campi (occupazione,Fondo sociale europeo, formazione profes-sionale ecc.) ma può esprimersi anche di suainiziativa.

Il Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni è la più giovanedelle istituzioni comunitarie. Istituito daltrattato sull’Unione europea, è composto darappresentanti delle collettività regionali elocali nominati dal Consiglio per un manda-to quadriennale. È consultato dallaCommissione e dal Consiglio nei casi previstidal trattato ma può formulare pareri anchedi sua iniziativa.

La Banca europea per gli investimenti

La Banca europea per gli investimenti (BEI)ha sede a Lussemburgo. Concendendo presti-ti e garanzie a progetti di investimento nelleregioni più svantaggiate e per il rafforza-mento della competitività delle piccoleimprese, la BEI concorre all’integrazione, allosviluppo equilibrato e alla coesione econo-mica e sociale degli Stati membri.

La Banca centrale europea

La Banca centrale europea (BCE), con sede aFrancoforte, ha il compito di gestire l’euro ela politica monetaria dell’Unione (maggioriinformazioni al capitolo 7 «L’unione econo-mica e monetaria e l’euro»).

Sono queste dunque le istituzioni e questi gliorgani su cui poggia l’intero edificio euro-peo. Per mantenersi efficace e al passo coitempi, il meccanismo decisionale che lo ali-menta deve però rinnovarsi. Per questo ilConsiglio europeo di Laeken del dicembre2001 ha voluto la Convenzione europea, perproporre agli Stati membri un nuovo model-lo di gestione adatto a un’Unione europeaallargata. La sfida è duplice:

• anzitutto, gli allargamenti dei prossimidecenni dovrebbero portare a 30, forse 35il numero totale degli Stati membri. Avràancora senso parlare di unanimità in unConsiglio smisurato senza il rischio di para-lizzare il sistema decisionale? Chi gover-nerà l’Unione e chi parlerà a suo nome nelmondo? Dove si fermeranno i suoi confini,se è vero che il Consiglio d’Europa (che nonè un’istituzione dell’UE) consta attualmen-te di 45 membri fra cui la Russia, laTurchia, l’Ucraina e i paesi caucasici?

• in secondo luogo, i cittadini dell’Unionevogliono partecipare più attivamente alladefinizione delle politiche comuni ma siscontrano con un sistema decisionale sofi-sticato e complesso, troppo distante dallaloro quotidianità. Da qui, la necessità diuna costituzione europea che distinguachiaramente le competenze e le responsa-bilità delle istituzioni e organi dell’UE atutti i livelli, regionale, nazionale e euro-peo.

Semplificare l’Europa, renderla più traspa-rente e democratica, portarla ai suoi cittadi-ni, in gergo inventare una nuova «governan-ce europea»: la Convenzione con i suoi 105membri rappresentanti i governi degli Statimembri e dei paesi candidati, i parlamentinazionali, il Parlamento europeo e laCommissione, sotto la presidenza dell’ex pre-sidente francese Valéry Giscard d’Estaing,ha cercato per l’appunto di colpire questoobiettivo presentando nel giugno 2003 unprogetto di costituzione. Testo d’importanzacapitale per il futuro dell’Unione, la costitu-zione è alla base della conferenza intergo-vernativa (CIG) apertasi il 4 ottobre 2003 econtinuerà ad alimentare il dibattito politicointorno alle elezioni europee del giugno2004.

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Verso una costituzione per l’Europa

Al vertice di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, il Consiglio europeo ha accolto con favore ilprogetto di trattato costituzionale presentato da Valéry Giscard d’Estaing, presidente dellaConvenzione. I capi di Stato e di governo definiscono il testo «una buona base su cui avviarela conferenza intergovernativa» nell’ottobre 2003. Il progetto propone in particolare:

• che il presidente del Consiglio europeo sia eletto a maggioranza qualificata per un manda-to di due anni e mezzo rinnovabile una volta;

• che il presidente della Commissione sia eletto dal Parlamento europeo a maggioranza deimembri che lo compongono su proposta del Consiglio europeo, «tenuto conto delle elezio-ni del Parlamento europeo»;

• che sia nominato un ministro degli Affari esteri dell’Unione. Questi deve essere nel contem-po membro del Consiglio europeo e uno dei vicepresidenti della Commissione;

• che la Carta dei diritti fondamentali sia parte integrante del trattato;

• l’attribuzione della personalità giuridica all’Unione;

• l’estensione del voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio;

• che siano potenziate la funzione legislativa e la funzione di bilancio del Parlamento euro-peo;

• una più chiara ripartizione delle competenze dell’Unione e degli Stati membri;

• che gli Stati membri concorrano a garantire il rispetto del principio della sussidiarietà.

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L’Europa in 12 lezioni

5 Che cosa fa l’Unione

Gli autori del trattato di Roma affidaronoalla Comunità economica europea il compito«di promuovere, mediante l’instaurazione diun mercato comune e il graduale riavvicina-mento delle politiche economiche degli Statimembri, uno sviluppo armonioso delle atti-vità economiche nell’insieme della Co-munità, un’espansione continua ed equili-brata, una stabilità accresciuta, un miglio-ramento sempre più rapido del tenore di vitae più strette relazioni tra gli Stati che adessa partecipano».

Tutti questi obiettivi sono stati ampiamenterealizzati grazia alla libera circolazione dellepersone, delle merci, dei servizi e dei capitalie grazie alla politica di concorrenza leale fra

imprese e di protezione degli interessi deiconsumatori attuata dall’Unione. Nel 1993viene creato il mercato comune e nel 2002ha corso legale l’euro. Perché il beneficio siadi tutti, settori economici e regioni d’Europa,tali nuovi sviluppi richiamano il sostegno dinuove politiche strutturali, che l’Unione siimpegna a finanziare e attuare direttamente.La solidarietà europea diventa allora unaforma avanzata di «coesione economica esociale», di tutto quel complesso cioè dimisure e azioni dirette a ridurre il divario trale regioni più ricche e quelle più svantaggia-te. Nella pratica, ha assunto la forma di unapolitica regionale e di una politica sociale lacui importanza cresce al ritmo degli allarga-menti dell’Unione.

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L’azione regionale

La politica regionale dell’Unione europea èfondata sulla solidarietà finanziaria: unaparte del bilancio dell’UE è devoluta alleregioni e ai ceti sociali più deboli. Nel perio-do 2000-2006 i trasferimenti saranno pari a213 miliardi di euro. Gli interventi sonodestinati soprattutto allo sviluppo delleregioni arretrate, alla riconversione econo-mica e sociale di zone industriali, ai disoccu-pati di lunga durata e all’inserimento profes-sionale dei giovani, alla modernizzazionedelle strutture agricole e allo sviluppo rurale.

Gli interventi sono effettuati da fondi speci-fici — il Fondo europeo di sviluppo regionale(FESR), il Fondo sociale europeo (FSE), loStrumento finanziario di orientamento dellapesca (SFOP) e la sezione orientamento delFondo europeo agricolo di orientamento e digaranzia (FEAOG) — e vengono ad integrare etalvolta spronano gli investimenti di privati,autorità pubbliche e regionali.

Perché il sostegno arrivi là dove è più neces-sario, l’Unione ha definito tre obiettivi prio-ritari:

• l’obiettivo n. 1 promuove lo sviluppo delleregioni il cui prodotto interno lordo (PIL)pro capite (ricchezza prodotta divisa per ilnumero di abitanti) non supera il 75 %della media UE. Gli aiuti (135 miliardi dieuro) corrispondono ai due terzi deglistanziamenti per la politica regionale nel2000-2006 e interessano una cinquantinadi regioni in cui vive il 22 % della popola-zione dell’UE. Il fine ultimo è favorire ildecollo delle attività economiche dotandotali regioni di quelle infrastrutture di basedi cui sono ancora prive, favorendo l’af-flusso di investimenti e provvedendo allaformazione delle risorse umane;

• l’obiettivo n. 2 sostiene la riconversioneeconomica e sociale nelle zone con proble-mi strutturali, siano esse aree industriali,rurali, urbane o dipendenti dalla pesca;

• l’obiettivo n. 3 è sconfiggere la disoccupa-zione mediante la modernizzazione deisistemi di formazione e l’incremento del-l’occupazione.

Perseguono questi obiettivi anche iniziativecomunitarie specifiche come Interreg, per lacooperazione transfrontaliera, transnaziona-le e interregionale, e Urban, per lo svilupposostenibile delle città e dei quartieri degra-dati.

Oltre ai fondi strutturali esiste il Fondo dicoesione costituito nel 1993 per il finanzia-mento di grandi progetti per l’ambiente e itrasporti in paesi dell’UE il cui PIL pro capiteè inferiore al 90 % della media comunitaria.Fino ad oggi i quattro Stati membri menoprosperi beneficiari del fondo sono statiGrecia, Portogallo, Irlanda e Spagna.

Gli interventi strutturali finanziati dall’UEhanno contribuito così, al pari delle azionidegli Stati membri volte a soddisfare i crite-ri dell’unione economica e monetaria, al rag-giungimento della «convergenza» fra le eco-nomie europee.

Estensione della politica strutturaleai nuovi Stati membri

Con la futura adesione dei Dieci la coesioneeconomica e sociale sarà messa a dura provaconsiderato il forte ritardo di sviluppo dialcune delle nuove regioni. L’Unione allarga-ta risulterà inevitabilmente meno omegeneae saranno necessari notevoli sforzi di adatta-mento strutturale e regionale.

Per preparare i paesi dell’Europa centrale eorientale all’adesione è stata concepita unastrategia globale che si avvale di tre «stru-menti» principali. Il programma Phare con-corre al consolidamento istituzionale deipaesi candidati, al loro sviluppo regionale esociale e alla ristrutturazione industriale conuna dotazione per il periodo 2000-2006 di10,9 miliardi di euro. ISPA (strumento strut-

turale di preadesione) sostiene lo sviluppodelle infrastrutture nei settori dei trasporti edell’ambiente e dispone di 7,2 miliardi dieuro. Sapard contribuisce all’ammoderna-mento dell’agricoltura e allo sviluppo ruralecon 3,6 miliardi di euro. Con l’ingresso deipaesi candidati nell’Unione, agli strumenti dipreadesione subentreranno i programmi deifondi strutturali e i progetti del Fondo dicoesione.

La dimensione sociale

La politica sociale dell’Unione intende cor-reggere gli squilibri più manifesti. Il Fondosociale europeo (FSE) è stato istituito nel1961 per migliorare le possibilità di occupa-zione dei lavoratori, promuovendone lamobilità professionale e geografica. Nel2003 il bilancio dell’Unione ha allocato alFSE stanziamenti per 4,8 miliardi di euro.

L’aiuto finanziario non è tuttavia l’unicoaspetto della dimensione sociale comunita-ria. Da solo non basta a risolvere tutti i pro-blemi legati alla recessione e al ritardo di svi-luppo di alcune regioni. I fattori principali diprogresso sociale restano pur sempre la cre-scita economica, la cui dinamica trova ali-mento primo in adeguate politiche naziona-li ed europee, e una legislazione che garanti-sca ai cittadini un nucleo di diritti fonda-mentali. Sanciscono tali diritti anzitutto itrattati (si pensi al principio di parità di retri-buzione fra uomini e donne per lo stessolavoro), ma anche le direttive sulla protezio-ne dei lavoratori (igiene e sicurezza sul postodi lavoro) e sulle norme di sicurezza essen-ziali.

Nel dicembre del 1991 il Consiglio europeo diMaastricht ha adottato la «Carta comunita-ria dei diritti sociali fondamentali dei lavora-tori» comprendente dodici principi basilari:libera circolazione, equa retribuzione,miglioramento delle condizioni di lavoro,protezione sociale, libertà di associazione econtrattazione collettiva, formazione profes-sionale, parità di trattamento tra uomini edonne, informazione, consultazione e parte-

cipazione, protezione sanitaria e sicurezzanell’ambiente di lavoro, protezione dell’in-fanzia e degli adolescenti, delle personeanziane e dei disabili. Nel giugno 1997 adAmsterdam, la Carta è stata integrata ai trat-tati ed è applicabile in tutti gli Stati membri.

La politica occupazionale

Nell’ultimo decennio del XX secolo i cittadinidell’Unione hanno chiesto con insistenza aigoverni degli Stati membri una politica piùattiva sul fronte dell’occupazione. Come pre-tendere che gli europei nutrano fiducia neibenefici e nel futuro della costruzione euro-pea quando ancora nel 1997 il tasso di disoc-cupazione superava il 10 % della popolazio-ne attiva europea?

Il trattato di Amsterdam introduce un nuovocapitolo sull’occupazione e innalza la crea-zione di posti di lavoro a priorità della politi-ca economica dell’Unione. Già al Consiglioeuropeo di Lussemburgo del 20 e 21 novem-bre 1997 i leader degli Stati membri defini-scono una strategia comune volta a rinvigo-rire le singole politiche nazionali. La strategiapromuove la formazione professionale, lacreazione di nuove imprese e il miglioramen-to del «dialogo sociale» (le relazioni fra lavo-ratori e datori di lavoro); delinea orienta-menti a favore dell’occupazione la cui attua-zione è oggetto di regolare verifica da partedegli Stati membri e delle istituzioni europeesecondo una procedura comune di valutazio-ne dei risultati.

Nel marzo 2000 il Consiglio europeo diLisbona potenzia la «strategia diLussemburgo» conferendole un obiettivostrategico globale molto ambizioso per ilnuovo decennio, che andrà sotto il nome di«strategia di Lisbona»: «Diventare l’economiabasata sulla conoscenza più competitiva edinamica del mondo, in grado di realizzareuna crescita economica sostenibile connuovi e migliori posti di lavoro e una mag-giore coesione sociale» (cfr. il capitolo 8«Verso una società basata sull’informazione esulla conoscenza»).

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Il finanziamento delle politiche comuni

Nel marzo 1999 il Consiglio europeo diBerlino raggiunge un accordo globalesull’Agenda 2000, quadro generale dellefinanze dell’Unione per il periodo 2000-2006. Scopo dell’accordo è dotare l’Unionedei mezzi necessari per attuare le sue politi-che e prepararsi all’allargamento.

Un ulteriore obiettivo è rispondere agliimperativi della disciplina di bilancio e rassi-curare il contribuente circa l’uso corretto edefficiente delle finanze pubbliche europee. Ilmassimale globale delle «risorse proprie»(gettito proveniente dall’IVA e da un contri-buto degli Stati membri calcolato sul pro-dotto interno lordo) è fissato all’1,27 % delPIL dell’Unione per il periodo 2000-2006.

Grazie alla disciplina di bilancio, l’Unionedovrebbe provvedere al costo dell’allarga-mento fino al 2006 senza venir meno allepolitiche di solidarietà già avviate o ipoteca-re eventuali iniziative future. Il bilancio tota-le dell’Unione per il 2003 non raggiunge i100 miliardi di euro, importo di gran lungainferiore al massimale convenuto a Berlino.

La riforma della politica agricola comune

Al vertice di Berlino, sempre nell’ambitodell’Agenda 2000, il Consiglio europeo hadeciso la riforma della politica agricolacomune (PAC) per contenere i costi dell’agri-coltura europea e promuoverne la competiti-vità.

Gli obiettivi della PAC fissati dal trattato diRoma sono ampiamente adempiuti: la popo-lazione rurale ha raggiunto un tenore di vitaequo, i mercati sono stabili, i prezzi ragione-voli e le strutture agricole moderne. Altriprincipi introdotti successivamente hannodato ottimi risultati: il consumatore godedella sicurezza degli approvvigionamenti e i

prezzi delle derrate agricole sono stabili, alriparo dalle fluttuazioni del mercato mon-diale.

Con la modernizzazione dei metodi produtti-vi e la competitività crescente del settoreagricolo, le campagne si sono però spopola-te e la comunità rurale è passata dal 20 % ameno del 5 % della popolazione attivadell’Unione; la produzione è andata crescen-do oltre il fabbisogno, generando forti ecce-denze produttive a carico del bilancio comu-nitario; gli aiuti agli agricoltori a titolo dellaPAC rappresentano ancora nel 2002 45,4miliardi di euro, ossia il 40 % del bilanciodell’Unione.

Vittima del suo stesso successo, la politicaagricola comune ha dovuto rivedere obietti-vi e metodi. L’asse centrale della riforma, ini-ziata con l’Agenda 2000, consiste nel separa-re gli aiuti dal volume della produzione(«regime di pagamento unico»), nell’incenti-vare produzioni di qualità che coniughinol’offerta con la domanda e nell'abbandonarei metodi di coltivazione intensiva che nuoc-ciono all’ambiente.

La riforma sta dando i primi frutti: la produ-zione agricola è calata. L’Unione europea èuno dei più grandi esportatori e importatorimondiali di generi alimentari. Essa promuovemetodi di produzione sicuri, in grado di for-nire prodotti di qualità, contribuire alla sal-vaguardia delle risorse e del patrimonionaturale e alla bellezza del paesaggio; inve-ste la comunità rurale di una nuova missio-ne, garantire una certa attività economica inogni zona agricola mantenendo la diversitàdei paesaggi europei. Tale diversità e la capa-cità di vivere in armonia con la terra, il rico-noscimento di una «civiltà rurale» sono ele-menti importanti dell’identità europea.

Per la Commissione europea che gestisce laPAC, gli interessi dei produttori e dei consu-matori dovrebbero essere ancora più conver-genti. Il consumatore ha diritto a un’alimen-tazione di qualità conforme ai requisiti di

sanità pubblica. Politiche carenti in materiadi sicurezza e salute degli animali sono perl’appunto all’origine negli anni Novanta e neiprimi 2000 del diffondersi in Europa dellaBSE, o encefalopatia spongiforme bovinacomunemente conosciuta come morbo dellamucca pazza, e dell’afta epizootica. Contro ilcontagio può in questi casi solo l’embargocommerciale totale.

Nel 2002 la Commissione presenta nuoveproposte che permettano all’Unione di averevoce in capitolo nella definizione delle rego-le dell’Organizzazione mondiale del commer-cio (OMC-WTO), privilegiando la qualità deglialimenti, il principio di precauzione e ilbenessere degli animali. L’Unione si è anchedotata di una nuova politica della pesca cheriduca le sovraccapacità della flotta pesche-reccia, protegga le risorse ittiche e l’ambien-te marino e fornisca sostegno finanziario aquanti devono abbandonare il settore.

Lo sviluppo sostenibile

Pensate per lo sviluppo del grande mercatointerno, le politiche dell’Unione si sono gra-dualmente diversificate fino ad abbracciareaspetti della vita quotidiana che pongonoreali sfide alla società: la tutela dell’ambien-te, la salute pubblica, i diritti dei consumato-ri, la concorrenza e la sicurezza dei trasporti,l’istruzione e l’accesso alla cultura.

Vi sono problemi che, trascendendo ladimensione nazionale, richiedono un’azioneconcertata e pertanto trovano nell’ambitocomunitario gli strumenti legislativi e finan-ziari necessari per una soluzione efficace. Insettori come la salute e la tutela dei consu-matori il trattato di Amsterdam ha conferitoall’Unione molti più poteri perché rispondaalle preoccupazioni della gente comune.

Tale rispondenza fra l’azione delle istituzionieuropee e l’opinione pubblica è quanto maievidente nel campo della tutela ambientale.La gente ha capito che l’inquinamento nonconosce confini, che le ricchezze naturalivanno protette e ciascuno ha diritto a unavita sana e sicura. Di conseguenza, l’Unione èintervenuta con misure molto specifiche econcrete ora contro l’inquinamento atmo-sferico e i gas a effetto serra che assottiglia-no lo strato dell’ozono, ora per il trattamen-to e la gestione delle acque reflue, il control-lo dei prodotti chimici, la riduzione delrumore causato dai veicoli ecc.

Ma tutelare l’ambiente non significa soltan-to inasprire le leggi. L’Unione europea prov-vede anche al finanziamento di progetti eaiuta le imprese e i settori economici aconformarsi alla legislazione ambientale.

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L’Europa in 12 lezioni

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Nell’agosto 2002 si è tenuto a Johannesburgil vertice mondiale dell’ONU sullo svilupposostenibile. Per prepararsi all’appuntamentoil Consiglio europeo di Barcellona si è riunitonel marzo dello stesso anno e ha affidatoall’Unione il compito prioritario di conferirealla sua politica di sviluppo sostenibile unadimensione planetaria. Gli obiettivi sonoraggiungere al più presto lo 0,7 % del PIL inmateria di assistenza ufficiale allo sviluppo,la conservazione e la gestione sostenibiledelle risorse naturali e ambientali, unagovernance ambientale internazionale e ilrafforzamento delle capacità e della coope-razione tecnologica.

La sfida è enorme e gli interrogativi molte-plici: come promuovere l’indispensabile cre-scita economica dei paesi in via di svilupposenza rovinare l’ambiente? Come gestire lerisorse idriche? Come accedere alle fontisostenibili di energia? Come salvare l’Africadalla fame e dalle malattie? Ancora unavolta, più della semplice somma delle azionidegli Stati membri può l’azione concordatadegli europei.

L’innovazione tecnologica

I padri fondatori avevano intuito chel’Europa, per garantirsi un futuro prospero,deve mantenere un ruolo di leader mondialenel settore della tecnologia. Consci deglienormi vantaggi derivanti da una ricercacomune europea, nel 1958 affiancarono allaCEE la Comunità europea dell’energia atomi-ca (Euratom) per la gestione comune dell’e-nergia atomica ad uso civile. L’Euratomdispone di un Centro comune di ricerca (CCR)composto da nove istituti ripartiti su quattrositi: Ispra (Italia), Karlsruhe (Germania),Petten (Olanda) e Geel (Belgio).

Per tenere il passo con un’innovazione tecni-co-scientifica sempre più incalzante, la ricer-ca europea si è dovuta diversificare cercandola massima contaminazione fra ambientiscientifici e di ricerca, esplorando nuovimetodi di finanziamento e moltiplicando leapplicazioni industriali. L’azione comune èdestinata a integrare i programmi nazionalidi ricerca, promuove progetti che raggruppa-no laboratori di paesi diversi, finanzia laricerca fondamentale in settori come lafusione termonucleare controllata, fonte dienergia potenzialmente inesauribile per ilXXI secolo (programma JET, Joint EuropeanTorus), e la ricerca e lo sviluppo tecnologicoin settori strategici come l’elettronica el’informatica, esposti a una dura concorren-za internazionale.

Nel giugno 2002, l’Unione ha adottato ilsesto programma quadro di ricerca e svilup-po tecnologico per il periodo 2002-2006 che,con un bilancio di 17,5 miliardi di euro,finanzia una serie di progetti intesi ad asso-ciare migliaia di ricercatori in tutti gli Statimembri.

Il programma quadro intende anche stimola-re la ricerca e incrementare la spesa naziona-le portandola dall’attuale 1,9 % al 3 % delPIL. I settori prioritari di intervento sono lescienze della vita (genetica e biotecnologie),la lotta contro le malattie gravi, le nanotec-nologie, l’aeronautica e lo spazio, i sistemisostenibili per la produzione di energia, ilmutamento climatico e l’ecosistema.

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L’articolo 2 del trattato di Roma stabilisceche è compito della Comunità «promuovere(…) uno sviluppo armonioso delle attivitàeconomiche nell’insieme della Comunità,un’espansione continua ed equilibrata, unastabilità accresciuta, un miglioramentosempre più rapido del tenore di vita e piùstrette relazioni tra gli Stati che ad essa par-tecipano».

Per realizzare questo obiettivo due erano imezzi complementari a disposizione: aprirele frontiere in modo da permettere la liberacircolazione delle persone, dei beni e dei ser-vizi, oppure organizzare la solidarietà fra gliStati membri istituendo politiche comuni estrumenti finanziari.

Il 1o gennaio 1993 il mercato comune èdichiarato completato ma il progetto restaincompiuto. Perché non sono bastati qua-rant’anni, se nel luglio 1968, diciotto mesiprima del previsto, dazi e tariffe doganalierano già soppressi? Semplicemente perché èmolto più semplice armonizzare le tariffedoganali che il regime fiscale; perché lediscipline che governano mestieri e profes-sioni sono diverse da un paese e l’altro e per-ché il protezionismo celato di inizi anniOttanta insieme con il moltiplicarsi deglistandard tecnici hanno paradossalmentecontribuito alla compartimentazione deimercati nazionali.

6 Il mercato interno

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Gli shock petroliferi del 1973 e del 1980 pro-vocarono infatti una recessione economicatale che alcuni Stati membri particolarmen-te colpiti decisero di proteggere i loro merca-ti da una concorrenza mondiale sempre piùforte.

Nel 1985, però, la Commissione pubblica,sotto la presidenza di Jacques Delors, unlibro bianco davvero sorprendente. LaComunità ha le carte in regola per costituireun unico mercato di oltre 300 milioni di con-sumatori ma sono troppi gli ostacoli. La dia-gnosi è nota: il costo di questa inefficienza,il «costo della non Europa», quello delleinterminabili file alle frontiere, degli ostaco-li tecnici agli scambi, della compartimenta-zione degli appalti pubblici si aggira intornoai 200 miliardi di euro.

Il libro bianco ha un effetto detonatore. GliStati membri, firmando l’Atto unico europeonel febbraio del 1986, stabiliscono e accetta-no le fasi e il calendario dei circa 270 prov-vedimenti necessari per il completamentodel mercato interno entro il 1993. I risultatisi sono susseguiti: imprenditori, professioni-sti e sindacati hanno spontaneamente anti-cipato la scadenza adattando le loro strate-gie alle nuove regole del gioco, sono affluitisui mercati molti più prodotti e servizi e i cit-tadini hanno potuto circolare liberamente inEuropa, anche per lavoro.

Il «circolo virtuoso» innescato da una cre-scente libertà di circolazione, dalla concor-renza e dalla crescita economica è diventatoirreversibile. Una dopo l’altra crollano lefrontiere fisiche, fiscali e tecniche, sebbenesussistano ancora disaccordi in settori parti-colarmente sensibili come l’armonizzazionedella fiscalità sul risparmio.

Perché persone, merci, servizi e capitali pos-sano circolare nel mercato interno in regimedi effettiva libertà occorrono regole chegarantiscano una concorrenza leale. Compitofondamentale della Commissione è accertareche tali regole siano rispettate. Può accaderecosì che la Commissione irroghi sanzioniall’impresa o allo Stato membro che violil’articolo 81 del trattato CE per cui «sono (…)vietati tutti gli accordi tra imprese (…) cheabbiano per oggetto o per effetto di impedi-re, restringere o falsare il gioco della concor-renza all’interno del mercato comune» o l’ar-ticolo 82 che vieta «lo sfruttamento abusivoda parte di una o più imprese di una posi-zione dominante sul mercato comune». Ilpotere della Commissione in questo campo ètale da impedire persino un’operazione fraimprese che rischi di danneggiare il mercatointerno. La Commissione esercita inoltre uncontrollo sugli aiuti pubblici alle imprese,conosciuti anche come «aiuti di Stato».

Tempo di bilanci

Il bilancio è nell’insieme soddisfacente.Questi i risultati sino ad oggi:

• apertura dei mercati nazionali degli appal-ti pubblici a seguito di un inasprimentodelle norme in materia di trasparenza econtrolli per gli appalti di forniture e lavo-ri;

• soppressione delle disparità fiscali grazieall’introduzione di talune norme comuni inmateria di fiscalità indiretta, imposta sulvalore aggiunto (IVA) e accise;

• liberalizzazione dei mercati dei capitali edei servizi finanziari;

• armonizzazione delle disposizioni naziona-li in materia di sicurezza e inquinamento ericonoscimento del principio dell’equipol-lenza fra norme nazionali e sistemi di cer-tificazione;

• rimozione degli ostacoli tecnici (equivalen-za delle qualifiche professionali) e fisici(controllo alle frontiere) alla libera circola-zione delle persone, mediante provvedi-menti come la direttiva del novembre 1997sulla professione di avvocato che ne rendepiù agevole l’esercizio in tutta l’Unioneeuropea;

• creazione di un ambiente propizio allacooperazione industriale grazie all’armo-nizzazione del diritto delle società e al rav-vicinamento delle legislazioni in materia diproprietà intellettuale e industriale (mar-chi e brevetti).

Eppure, la libertà di circolare è lungi dall’es-sere totale. Miriadi di ostacoli si frappongo-no ancora al desiderio di risiedere in un altropaese o di esercitarvi talune attività. LaCommissione ha intrapreso iniziative a favo-re della mobilità dei lavoratori, disponendoin particolare che i diplomi e le qualifiche

conseguiti in uno Stato membro siano rico-nosciuti in tutti gli altri (equipollenza).

Il mercato interno esiste e funziona insom-ma, ma è ancora in piena evoluzione ed èancora ampio il margine per i miglioramenti.L’avvento dell’euro nella vita quotidiana deiconsumatori il 1o gennaio 2002 ha giovatoalla trasparenza e stimolato la concorrenza:d’ora in poi è possibile confrontare diretta-mente i prezzi di un prodotto in ben dodicipaesi dell’Unione.

I lavori in corso

Procede la liberalizzazione dei servizi, cherappresentano la fetta più grossa del prodot-to interno lordo dell’Unione europea, ma aritmi diseguali.

Nelle telecomunicazioni i prezzi sono calatisensibilmente. A fine 2001 le chiamate alunga distanza costavano l’11 % in menorispetto al 2000 e il 45 % in meno rispetto al1998.

Si sta costituendo il mercato comune delgas naturale e dell’elettricità, ma la venditadell’energia resta un settore alquanto sensi-bile. Tale mercato deve infatti garantire aiconsumatori un accesso universale all’ap-provvigionamento energetico a prezziabbordabili.

Nel novembre 2000 la Commissione ha pre-sentato un documento di discussione («libroverde») in cui abbozza una politica europeadell’energia. L’obiettivo è diversificare lefonti di energia e garantire la sicurezza degliapprovvigionamenti. Se l’Unione non prov-vede nel giro di 20 o 30 anni al massimo, siritroverà a dover importare il 70 % del suofabbisogno energetico, contro l’attuale 50%. Per il 45 % delle importazioni di petrolio,l’UE dipende infatti dal Medio Oriente e peril 40 % del gas naturale dalla Russia.

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L’Europa in 12 lezioni

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I paesi europei sono peraltro interdipendentiin campo energetico e solidali nell’impegnodi ridurre le emissioni di gas a effetto serra econtrastare il cambiamento climatico. Unodegli obiettivi dell’Unione è sviluppare ener-gie nuove e rinnovabili come i biocarburanti,in modo da raddoppiare, dal 6 al 12 %, ilcontributo delle fonti pulite al fabbisognoenergetico globale entro il 2010.

La politica dei trasporti assolve il dupliceobiettivo di diminuire il consumo di energianell’UE — e salvaguardare l’ambiente natu-rale — e rispondere alla domanda crescentedi mobilità delle persone e delle merci in unmercato interno senza frontiere.Attualmente, il trasporto su strada veicola inEuropa il 50 % circa delle merci e l’80 % deipasseggeri. In alcune città, letteralmentecongestionate dal traffico, l’inquinamentoatmosferico raggiunge livelli preoccupanti.Per questo, l’Unione ha in programma dipotenziare il trasporto fluviale e ferroviario esoprattutto di liberalizzare quest’ultimo. Taleobiettivo implica l’armonizzazione dellenorme tecniche che disciplinano l’uso dellarete ferroviaria e il diritto per gli operatoriconcorrenti di accedere ai servizi ferroviarinazionali. Urgono misure anche a favore deitrasporti aerei: ogni giorno attraversano icieli d’Europa circa 25 000 aerei, ciascuno deiquali risponde a una miriade di sisteminazionali di controllo del traffico aereo, contutti i ritardi, le congestioni e la frustrazione

dei passeggeri che ne conseguono. LaCommissione propone pertanto di fonderetutti i sistemi in un «cielo unico europeo».

Progredisce anche la liberalizzazione dei ser-vizi postali dell’UE, in particolare per impul-so della Commissione e del Parlamento, sol-levando la problematica più ampia e politicadei cosiddetti «servizi di interesse generale».Il trattato di Amsterdam annovera fra i valo-ri comuni dell’Unione l’importanza dei servi-zi di interesse economico generale il cuicompito è colmare le carenze del mercato.Tutti devono poter accedere a servizi di base,come l’erogazione di acqua, elettricità, lecure mediche e i servizi postali, a prezziabbordabili. Tale opportunità è soprattuttopremessa di coesione economica e sociale. Leistituzioni dell’UE stanno elaborando unanormativa che renda compatibili le regoledella concorrenza stabilite dal trattato e l’e-sigenza di mantenere i servizi di interessegenerale a elevati livelli di prestazione. Unavolta di più l’Unione dimostra di perseguireun «modello di società» per i suoi cittadini.

Gli sforzi per completare il mercato interno siconcentrano attualmente su settori tradizio-nalmente riservati ai cosiddetti «operatoristorici». La progressiva apertura alla concor-renza di questi mercati dovrebbe crearenuovi posti di lavoro e rafforzare la competi-tività dell’economia europea.

Il 1o gennaio 2002 l’euro diventa monetacorrente per oltre 300 milioni di europei. Frail trattato di Maastricht che nel febbraio1992 sancisce il principio di una monetaunica europea e l’immissione in circolazionedelle euromonete e delle eurobanconote indodici paesi dell’Unione sono trascorsi solodieci anni, un lasso di tempo straordinaria-mente breve se si considera che l’operazionenon ha eguali nella storia mondiale.

L’euro ha sostituito monete che sono stateper molti dei paesi interessati simboli e stru-menti centenari di sovranità nazionale. Ilnuovo conio ha contribuito notevolmente alprocesso di unificazione economica

dell’Europa e al senso di appartenenza deicittadini europei a un’unica identità. Conl’euro in tasca possono ormai viaggiare eacquistare pressoché ovunque nell’Unione,senza problemi di cambio.

Come nasce l’idea di una moneta unica euro-pea? Già nel 1970 il rapporto Werner, dalnome del primo ministro lussemburghese,proponeva una convergenza fra le monete ele economie dell’Europa dei Sei. Un primopasso in tal senso è compiuto soltanto nelmarzo 1979 con l’introduzione del Sistemamonetario europeo (SME). Obiettivo delloSME era cercare di contenere le variazioni dicambio fra le monete degli Stati membri, fis-

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7 L’unione economica e monetaria e l’euro

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sando loro margini di fluttuazione che anda-vano dal 2,25 al 6 %. Il sistema fu tuttaviaminato da una serie di crisi legate all’instabi-lità del dollaro e alla debolezza di alcunevalute, preda di speculatori soprattutto neiperiodi di grande tensione internazionale.

La necessità di un’area di stabilità monetariadiventa impellente con il progredire del mer-cato interno. La logica dell’Atto unico euro-peo, firmato nel febbraio 1986, implicava laconvergenza delle economie europee e unariduzione delle fluttuazioni dei tassi di cam-bio. Come pretendere che il mercato unico,fondato sulla libera circolazione di persone,merci e capitali, funzioni a dovere se lemonete, potenzialmente svalutabili, rischia-no di conferire vantaggi competitivi all’una oall’altra economia nazionale, falsando cosìgli scambi e la concorrenza?

Nel giugno 1989, al Consiglio europeo diMadrid la Commissione presieduta daJacques Delors presenta un piano e uncalendario per la realizzazione dell’unioneeconomica e monetaria (UEM). Il piano èstato in seguito integrato nel trattato firma-to a Maastricht nel febbraio 1992, che fissauna serie di criteri cui dovranno conformarsigli Stati membri per entrare nell’UEM. Essisono improntati al rigore della disciplinaeconomica e di bilancio: riduzione dell’infla-zione, dei tasssi d’interesse, del disavanzopubblico (3 % del PIL), del debito pubblico(60 % del PIL) e stabilità dei cambi.

Con dei protocolli allegati al trattato, laDanimarca e il Regno Unito si sono riservatiil diritto di non passare alla terza fasedell’UEM (introduzione dell’euro) pur rispon-

dendo ai criteri prescritti (clausola dell’op-ting-out). La Danimarca ha inoltre confer-mato, con un referendum, l’intenzione dinon partecipare all’euro e anche la Svezia hamanifestato perplessità al riguardo.

Occorreva trovare il modo di garantire la sta-bilità della nuova moneta, poiché l’inflazionemina la competitività dell’economia e lafiducia dei consumatori e riduce il potered’acquisto. Per questo motivo è stata istitui-ta una Banca centrale europea (BCE) consede a Francoforte, dotata di uno status ditotale autonomia e con la missione di agiresui tassi di interesse per mantenere il valoredell’euro.

Riunitosi a Amsterdam nel giugno 1997, ilConsiglio europeo ha adottato due impor-tanti risoluzioni:

• la prima, conosciuta come «patto di stabi-lità e di crescita», impegna gli Stati mem-bri ad attenersi a una disciplina di bilancio,esercitando un controllo reciproco e multi-laterale che precluda la possibilità di disa-vanzi eccessivi;

• la seconda riguarda la crescita economicae impegna solennemente gli Stati membrie la Commissione a fare in modo che l’oc-cupazione continui ad occupare un postodi prim’ordine fra le priorità politichedell’Unione.

Nell’ambito di una terza risoluzione sul coor-dinamento delle politiche economiche, ilConsiglio europeo di Lussemburgo deldicembre 1997 decide che «i ministri degliStati partecipanti all’area dell’euro possono

riunirsi in modo informale per discutere suquestioni connesse con le competenze spe-cifiche che condividono in materia di mone-ta unica». Tale importante decisione dei capidi Stato e di governo dei Quindici apre cosìla via a un processo di intensificazione deilegami fra i paesi che hanno adottato l’euro,destinato a trascendere la mera unionemonetaria per investire anche le politichefinanziarie, di bilancio, sociali e fiscali.

La progressiva realizzazione dell’UEM haagevolato l’apertura del mercato unico, con-solidandolo. A dispetto di una situazionemondiale assai precaria (attentati terroristici,crisi dei mercati finanziari, guerra in Irak), lazona euro ha goduto della stabilità e dellapredicibilità necessarie agli investitori e aiconsumatori. La fiducia dei cittadini europei

nell’euro ha trovato conferma nel buon esito,sorprendentemente rapido, del processo diimmissione delle monete e banconote ineuro nella prima metà del 2002. Gli europeipossono oggi paragonare i prezzi da un paeseall’altro, viaggiare e acquistare con grandefacilità.

L’euro è diventato la seconda valuta mondia-le per importanza ed è in procinto di diven-tare, come il dollaro, una moneta di riserva epagamento internazionale. Cresce semprepiù il ritmo di integrazione dei mercatifinanziari della zona euro, con conseguentifusioni non solo fra mediatori di borsa maanche fra borse valori. L’Unione europea hastabilito un piano d’azione per i servizifinanziari da attuarsi entro il 2005.

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Il calendario dell’euro

7 febbraio 1992: firma del trattato di Maastricht

Il trattato sull’Unione europea e l’unione economica e monetaria viene concluso a Maastrichtnel dicembre 1991, firmato nel febbraio 1992 ed entra in vigore nel novembre 1993. Secondoil nuovo trattato, le monete nazionali cederanno il passo alla moneta unica se ricorrerannocerte condizioni economiche. Il più importante dei «criteri di Maastricht» è la sostenibilità dellafinanza pubblica: il disavanzo pubblico non deve superare il 3 % del prodotto interno lordo(PIL) e il debito pubblico non deve essere superiore al 60 % del PIL. Gli altri criteri prevedonola stabilità a lungo termine dei prezzi, dei tassi di interesse e dei cambi fra le valute parteci-panti.

Gennaio 1994: nasce l’Istituto monetario europeo

Con l’Istituto monetario europeo (IME) vengono introdotte nuove procedure di controllo diret-te a promuovere la convergenza economica.

Giugno 1997: il patto di stabilità e crescita

Il Consiglio europeo di Amsterdam adotta il «patto di stabilità e crescita» e il nuovo meccani-smo di cambio (SME II) che collega all’euro le valute degli Stati membri non appartenenti all’a-rea dell’euro. Viene anche approvato il disegno delle monete metalliche in euro.

Maggio 1998: undici paesi si qualificano per l’euro

Dal 1o al 3 maggio 1998 i leader politici dell’Unione si riuniscono a Bruxelles per stabilire qualipaesi presentano i requisiti per entrare a far parte della zona euro e fissano irrevocabilmentei tassi di cambio fra le monete partecipanti.

1o gennaio 1999: nasce l’euro

Il 1o gennaio 1999 la moneta unica subentra alle monete degli 11 paesi partecipanti (Austria,Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogalloe Spagna; la Grecia adotta l’euro il 1o gennaio 2001) e la Banca centrale europea subentraall’IME, assumendo la responsabilità di una politica monetaria oramai definita e attuata ineuro. Il 4 gennaio 1999 si inaugurano le operazioni di cambio in euro al tasso di 1,18 dollaricirca. Inizia così il periodo di transizione che durerà fino al 31 dicembre 2001.

1o gennaio 2002: introduzione di monete e banconote

Il 1o gennaio 2002 entrano in circolazione le banconote e le monete metalliche in euro. Iniziaun breve periodo di doppia circolazione durante il quale vengono progressivamente ritirate lebanconote e le monete nazionali. Dal 28 febbraio 2002 solo l’euro ha corso legale.

Verso gli inizi dell’ultimo decennio del seco-lo scorso le economie e il modus vivendidegli abitanti di tutto il pianeta, non solod’Europa, cominciano a trasformarsi sottol’effetto di due grandi cambiamenti. In primoluogo la globalizzazione, ovverossia un’inter-dipendenza crescente fra le economie delmondo e l’emergere di una «economia globa-le»; in secondo luogo la rivoluzione tecnolo-gica con la comparsa di Internet e dellenuove tecnologie dell’informazione e dellacomunicazione.

La rivoluzione tecnologica scoppia negli StatiUniti e l’economia USA ne è la principalebeneficiaria. Servendosi di Internet per leoperazioni, le imprese americane hannomigliorato efficienza e produttività. Dal1995 al 2001 l’economia USA è cresciuta a

un tasso medio del 3,5 % l’anno, contro il 2,4% dell’economia europea. In Europa, il PILpro capite rappresenta il 69 % di quello ame-ricano e la produttività del lavoro si situa al78 % rispetto ai valori USA.

I leader politici dell’Unione hanno alloracompreso che era necessario modernizzareradicalmente l’economia europea per mante-nersi competitivi nei confronti degli USA edegli altri grandi protagonisti mondiali.Riunitosi a Lisbona nel marzo 2000, ilConsiglio europeo ha conferito all’Unione unnuovo obiettivo strategico: «Diventare l’eco-nomia basata sulla conoscenza più compe-titiva e dinamica del mondo, in grado di rea-lizzare una crescita economica sostenibilecon nuovi e migliori posti di lavoro e unamaggiore coesione sociale».

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8 Verso una società dell’informazione e della conoscenza

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Il Consiglio europeo ha quindi convenutouna strategia globale per il raggiungimentodi questo obiettivo. La «strategia di Lisbona»congloba azioni dirette a promuovere laricerca scientifica, l’istruzione, la formazioneprofessionale, l’accesso a Internet e le opera-zioni on line. Ma anche la riforma dei siste-mi europei di previdenza sociale. Tali sistemisono in grado di fornire la stabilità necessa-ria per gestire i mutamenti strutturali, maoccorre modernizzarli perché siano sosteni-bili e fruibili anche per le generazioni future.

Ogni anno, in primavera, si riunisce ilConsiglio europeo per accertarsi dei progres-si compiuti nell’attuazione di questa strate-gia.

Su richiesta del Consiglio la Commissione hapresentato il piano d’azione eEurope 2005volto a promuovere servizi, applicazioni econtenuti sicuri basati su un’infrastruttura «abanda larga» ampiamente disponibile. Entroil 2005 l’Europa si dovrà dotare di servizipubblici on line moderni, di un’amministra-zione elettronica (eGovernment), di servizi diapprendimento elettronico (eLearning) e diservizi di telesalute (eHealth). Gli utilizzatoridovranno ovunque poter inviare a prezzicompetitivi dati, messaggi vocali e immaginivideo su linee ad alta velocità o tramite col-legamenti satellitari che garantiscano nelcontempo la tutela della vita privata.

Manca ancora molto, però, prima chel’Europa possa dispiegare tutto il suo poten-ziale elettronico e le sue imprese e i cittadini

accedano a una rete di telecomunicazioni e auna vasta gamma di servizi on line poco one-rosi e di rango mondiale. Tutte le scuoledell’Unione, per esempio, devono essere col-legate a Internet e tutti gli insegnanti devo-no essere capaci di utilizzarlo. Occorre inol-tre una normativa europea che disciplini ilcommercio elettronico, i diritti d’autore, ipagamenti elettronici e la vendita a distanzadi servizi finanziari.

Fra gli obiettivi di Lisbona figura anche ladefinizione di uno spazio europeo dellaricerca e dell’innovazione, in cui una retetranseuropea ad altissima velocità per lecomunicazioni scientifiche elettroniche col-leghi gli istituti di ricerca e le università, lebiblioteche scientifiche, i centri scientifici eprogressivamente le scuole. Occorrerà inoltrerimuovere gli ostacoli alla mobilità dei ricer-catori e adottare iniziative per attrarre e farrimanere in Europa i talenti per una ricercadi alta qualità.

Le piccole e medie imprese (PMI) sono laspina dorsale dell’economia europea. Troppospesso però la loro competitività e il lorodinamismo dipendono da regole e regola-menti vincolanti e differenti a seconda deipaesi. La strategia di Lisbona prevede perl’appunto che sia elaborata una carta euro-pea per le piccole imprese e sia dato soste-gno all’avviamento di imprese ad alto conte-nuto tecnologico e alle microimprese.

Le persone, invece, sono la principale risorsadell’Europa e su di esse vanno imperniate le

politiche dell’Unione. L’UE riconosce l’impor-tanza dell’istruzione e della formazione pertutto l’arco della vita, la necessità di impara-re diverse lingue e possedere competenzetecnologiche. La mancanza di personale qua-lificato costituisce un ostacolo alla diffusio-ne dei servizi di telecomunicazione e diInternet. In proposito, l’Unione promuove lamobilità di studenti, docenti e ricercatorimediante i programmi comunitari esistenti(Socrates, Leonardo, Gioventù) e il riconosci-mento delle qualifiche e dei periodi di studioe formazione.

Per finire, la strategia di Lisbona affronta unproblema quanto mai attuale e sensibile: l’in-vecchiamento della popolazione e le graviimplicazioni sull’occupazione, sul finanzia-mento dei sistemi nazionali di previdenzasociale e delle pensioni in particolare. Il tassodi occupazione è basso in Europa e insuffi-ciente la partecipazione al mercato del lavoro

di donne e anziani. La disoccupazione strut-turale di lungo periodo è endemica in certezone dell’Unione e restano marcati gli squili-bri regionali in materia di disoccupazione.

Il Consiglio europeo di Lisbona ha quindideciso l’obiettivo di portare il tasso di occu-pazione da una media del 61 % nel 2000 al70 % entro il 2010 e di aumentare nello stes-so periodo il numero delle donne occupatedal 51 % al 60 %. Nell’intento di affrontareanche le conseguenze dell’invecchiamentodemografico, il Consiglio europeo diBarcellona del marzo 2002 esorta i governidell’Unione a «ridurre gli incentivi al prepen-sionamento dei singoli lavoratori e l’intro-duzione di regimi di prepensionamento daparte delle imprese» e aggiunge: «Entro il2010 occorrerebbe aumentare gradualmentedi circa 5 anni l’età media effettiva di cessa-zione dell’attività lavorativa nell’Unioneeuropea».

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Europa dei popoli o Europa dei mercati?L’unificazione del continente muove da unavisione politica, quella dei padri fondatori, edalla preoccupazione di garantire che maipiù l’Europa sarebbe stata messa a ferro e afuoco da guerre fratricide. Optando però perla carta dell’efficienza e decisi a gettare lebasi di una costruzione solida, i promotoridella Comunità hanno preso la via più prag-matica della solidarietà in svariati settori: ilcarbone e l’acciaio, il mercato comune, lapolitica agricola, la concorrenza ecc.

È nata così l’Europa che alcuni hanno defini-to dei «tecnocrati», quella cioè che funzionagrazie ad esperti, economisti, funzionari. Ma

il progetto visionario delle origini non sareb-be mai diventato realtà senza il sostegno e lavolontà politica delle istituzioni comunitarie.

L’Europa di tutti i giorni

Molti degli obiettivi dei trattati sono statiraggiunti con l’eliminazione di tutte quelleregole e norme, dazi doganali e vincoli fisca-li che da sempre ostacolavano in Europa l’at-tività delle persone e la circolazione dellemerci, dei capitali e dei servizi. Il mercatounico dispensa quotidianamente vantaggi ebenefici a tutti i cittadini, che non sempre sene rendono conto: possibilità di consumare

9 L’Europa dei cittadini

un’ampia gamma di prodotti, prezzi tenuti afreno da un ambiente competitivo, politicadi protezione dei consumatori e tutela del-l’ambiente, standard tecnici armonizzatisulla base dei criteri più efficienti.

Allo stesso modo, gli abitanti delle regioniperiferiche beneficiano di fondi strutturalicome il Fondo europeo di sviluppo regionalee gli agricoltori hanno per decenni usufruitodei meccanismi di sostegno dei prezzi delFEAOG (Fondo europeo agricolo di orienta-mento e di garanzia).

Quasi tutte le spese a carico del bilanciodell’Unione, pari a circa 100 miliardi di euronel 2003, sono destinate ad azioni che hannoun impatto diretto sulla vita quotidiana deicittadini.

Fin dall’entrata in vigore del trattato di Romanel 1958, il legislatore europeo si è adopera-to per garantire la libera circolazione deilavoratori, la libera prestazione dei servizi e ildiritto di stabilimento per l’esercizio diun’attività autonoma. Tutti i cittadinidell’Unione, indipendentemente dalla citta-dinanza, sono liberi di cercare lavoro in unaltro Stato membro e non è tollerata nessu-na discriminazione in tal senso. Con una seriedi direttive sono state armonizzate le normeche disciplinano l’esercizio delle professioniin Europa. Questo ingrato lavoro di armoniz-zazione legislativa ha permesso il riconosci-mento reciproco dei titoli di studio per l’e-sercizio delle professioni di medico, infermie-re, veterinario, farmacista, architetto, inter-mediario di assicurazioni ecc.

Ma poiché erano ancora tante le attivitàdisciplinate da regolamenti nazionali diversi,il 21 dicembre 1988 gli Stati membri hannoadottato una direttiva relativa a un sistemagenerale di riconoscimento dei diplomi diistruzione superiore. Essa si applica a tutti icorsi universitari di una durata minima di treanni e si basa sul principio della fiducia reci-proca nella validità dei sistemi nazionali diistruzione e formazione professionale.

Il primo diritto del cittadino europeo è quin-di quello di circolare liberamente, lavorare erisiedere ovunque nell’Unione, che il trattatodi Maastricht sancisce nel capitolo sulla cit-tadinanza.

A esclusione dei settori prerogativa dei pub-blici poteri (polizia, esercito, affari esteriecc.), tutti i servizi pubblici — sanità, istru-zione — sono aperti ai cittadini provenientidagli altri paesi dell’Unione. Cosa c’è di piùnaturale che assumere un teacher britannicoper insegnare l’inglese a studenti di Roma oper un giovane francese tentare un concorsoper entrare nell’amministrazione belga?

Eppure, l’europeo non è soltanto un consu-matore o un protagonista della vita econo-mica e sociale, è anche e soprattutto un cit-tadino dell’Unione e in quanto tale gode dispecifici diritti politici. Grazie al trattato diMaastricht ogni cittadino dell’Unione, qua-lunque sia la cittadinanza, ha il diritto divoto e di eleggibilità alle elezioni comunali ealle elezioni del Parlamento europeo nelloStato membro in cui risiede. Tale principio èsancito dall’articolo 17 del trattato diAmsterdam, che recita: «È cittadinodell’Unione chiunqua abbia la cittadinanzadi uno Stato membro. La cittadinanzadell’Unione costituisce un complementodella cittadinanza nazionale e non sostitui-sce quest’ultima».

I diritti fondamentali

Il trattato di Amsterdam segna un passo dagigante nella difesa dei diritti fondamentali.Esso instaura un meccanismo per la sospen-sione dei diritti dello Stato membro che violitali principi. Sempre ad Amsterdam si è volu-to estendere il principio di non discrimina-zione applicandolo, oltre alla cittadinanza, alsesso, alla razza, alla religione, all’età e alletendenze sessuali; e si è voluto anche raffor-zare il principio della parità fra uomini edonne.

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In ultimo, il trattato di Amsterdam migliorala politica di trasparenza dell’Unione e lecondizioni di accesso ai documenti ufficialidelle istituzioni europee.

L’impegno dell’Unione europea a favore deidiritti dei suoi cittadini trova conferma aNizza, nel dicembre del 2000, con la procla-mazione solenne della Carta dei diritti fon-damentali dell’Unione europea. Ha elabora-to la Carta una convenzione composta daparlamentari europei e nazionali, da rappre-sentanti dei governi nazionali e da un mem-bro della Commissione. Essa consta di seicapitoli — Dignità, Libertà, Uguaglianza,Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia — e 54articoli scandenti i valori fondamentalidell’Unione europea e i diritti civili, politici,economici e sociali dei suoi cittadini.

I primi articoli riguardano la dignità umana,il diritto alla vita, all’integrità della persona,la libertà di espressione e di coscienza. Ilcapitolo «Solidarietà» è un’innovazione inquanto raggruppa diritti economici e socialicome:

• il diritto di sciopero;

• il diritto all’informazione e alla consulta-zione dei lavoratori;

• il diritto di conciliare vita familiare e vitaprofessionale;

• il diritto alla protezione della salute, allasicurezza sociale e all’assistenza sociale.

La Carta promuove l’uguaglianza fra uominie donne e introduce diritti come la protezio-ne dei dati, il divieto delle pratiche eugene-tiche e della clonazione riproduttiva degliesseri umani, la tutela dell’ambiente, i dirittidel bambino e degli anziani, il diritto a unabuona amministrazione.

L’Europa dei cittadini prefigura una qualcheforma di Europa politica la cui esatta natura

è però tutta da definire: quali valori infatti equali ambizioni i popoli d’Europa sono dispo-sti a condividere in un’Unione europea dialmeno 25 membri?

L’Europa della cultura e dell’istruzione

Il senso di appartenenza, il sentirsi europeinon nascono per artificio ma derivano dauna coscienza culturale comune che l’Europaha ormai il dovere di coltivare alla stessastregua della dimensione economica.

I programmi educativi e di formazione avvia-ti dall’Unione attraverso Erasmus (mobilitàdegli studenti universitari), Comett (istruzio-ne e formazione nel campo delle tecnologie)e Lingua (insegnamento delle lingue stranie-re) hanno mosso i primi passi in tal senso.Oltre 1 milione di studenti ha potuto fre-quentare corsi universitari all’estero grazie alprogramma Erasmus.

L’Unione si è prefissata di dare al 10 % deisuoi studenti l’opportunità di trascorrere unanno accademico in un altro paese europeo.Per questo però occorre che siano aumenta-ti i fondi comunitari a favore dell’istruzione.I nuovi programmi Socrates, Leonardo daVinci e Gioventù promettono risultati inquesto senso.

La direttiva Televisione senza frontiere pro-muove la distribuzione dei programmi televi-sivi prodotti in Europa, che assumono unaquota prioritaria nei palinsesti delle emitten-ti europee, rafforza le misure di protezionedei minori, sostiene le produzioni indipen-denti e disciplina la pubblicità televisiva e letelevendite.

Il programma quadro Cultura 2000 per ilperiodo 2000-2004 ha lo scopo di intensifi-care la cooperazione fra gli attori culturali(creatori, promotori, emittenti, reti e istitu-zioni culturali).

Il programma Media Plus (2001-2005) per losviluppo, la distribuzione e la promozionedelle opere audiovisive europee è volto arafforzare l’industria audiovisiva europearendendola più competitiva rispetto all’im-mane produzione americana e promuovendola distribuzione in Europa di film e program-mi europei.

Un senso di appartenenza

L’Europa dei cittadini è un concetto recentis-simo e perché diventi realtà occorrerà ancheche si moltiplichino i simboli dell’identitàcomune: il passaporto europeo nato nel1985, l’inno europeo (la Nona sinfonia diBeethoven) e la bandiera europea (una coro-na di dodici stelle dorate su sfondo blu). Lapatente europea viene rilasciata in tutti gliStati membri dal 1996.

Dal 1979 l’elezione diretta del Parlamentoeuropeo instaura un legame immediato dilegittimità democratica fra il processo diunificazione e il volere popolare. L’Europademocratica cresce con l’ampliarsi del ruolodel Parlamento, la creazione di veri e propripartiti politici europei e la partecipazione deicittadini al processo decisionale attraverso leorganizzazioni non governative e altre asso-ciazioni.

L’avvento dell’euro il 1o gennaio 2002 pro-duce un impatto psicologico maggiore. Lamaggior parte dei cittadini europei gestisceconti bancari in euro e il fatto che i prezzi

dei beni di consumo e dei servizi sianoespressi in un’unica moneta consente un raf-fronto diretto e una maggiore trasparenzadel mercato. L’abolizione dei controlli allefrontiere interne dei paesi Schengen (chehanno sottoscritto cioè gli accordi diSchengen e il cui numero dovrebbe progres-sivamente aumentare) infonde già nei citta-dini il sentimento di appartenere a uno spa-zio geografico unificato.

Perché l’Unione sia vicina ai suoi cittadini, iltrattato sull’Unione europea ha creato unanuova figura: il Mediatore, ovvero l’ombud-sman della tradizione nordica, è eletto dalParlamento europeo per la durata della legi-slatura e ha il compito di ricevere le denun-ce contro la cattiva amministrazione degliorgani e delle istituzioni dell’UE. Può ricorre-re al Mediatore qualsiasi cittadinodell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuri-dica che risieda o abbia la sede sociale in unoStato membro. Il Mediatore procede alleindagini e cerca una soluzione amichevoleche soddisfi il ricorrente.

Un ulteriore importante legame fra le istitu-zioni e i cittadini risiede nella prassi collau-data della petizione al Parlamento europeo,che può esperire qualsiasi cittadino, personafisica o giuridica residente nell’Unione.

«Noi non coalizziamo Stati, ma uniamouomini», scriveva Jean Monnet nel 1952.Guadagnare la fiducia dei cittadini nell’idea-le dell’unificazione resta tuttora il compitopiù arduo per le istituzioni europee.

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I cittadini europei hanno il diritto di vivereliberamente, senza tema di persecuzioni oviolenze, in qualsiasi angolo dell’Unione.Eppure, la criminalità internazionale e il ter-rorismo sono fra i principali motivi di preoc-cupazione per l’Europa odierna.

Tali sfide esigono un’azione rapida e con-giunta a livello europeo perché ora più chemai, con l’allargamento e le nuove dimensio-ni assunte dalla sicurezza interna, l’Unioneha bisogno di una politica comune in mate-ria di giustizia e affari interni.

Una siffatta prospettiva non era contempla-ta dal trattato che istituisce la Comunità

europea. L’articolo 3 del trattato di Roma silimitava ad affermare che l’azione dellaComunità comporta «misure riguardanti l’in-gresso e la circolazione delle persone». Colpassare del tempo, però, ci si è resi conto chela libera circolazione è tale solo se ciascunogode, ovunque nell’Unione, della stessa tute-la e dello stesso accesso alla giustizia. Perquesto motivo i trattati originali sono stativia via modificati dall’Atto unico europeo,dal trattato sull’Unione europea (trattato diMaastricht) e dal trattato di Amsterdam.

10 L’Europa delle libertà, della sicurezza e della giustizia

Libertà di circolare

La libera circolazione delle persone e la con-seguente abolizione dei controlli alla frontie-re interne dell’Unione pongono seri problemidi sicurezza agli Stati membri. Diventa quin-di necessario introdurre misure di sicurezzacompensative che potenzino i controlli allefrontiere esterne dell’UE e intensifichino lacollaborazione fra le autorità giudiziarie e dipolizia impegnate nella lotta contro la crimi-nalità internazionale, poiché questa può,come tutti, muoversi indisturbatanell’Unione.

Libertà, sicurezza e giustizia sono di fatto treconcetti intimamente connessi. Non hamolto senso essere liberi se si vive in unambiente insicuro, privati di un sistema giu-diziario equo di cui tutti possano fidarsi.

Il 15 e 16 ottobre 1999, il Consiglio europeosi incontra a Tampere in riunione straordina-ria per esaminare l’intera questione dellagiustizia e degli affari interni. Converrà unprogramma chiaro e ambizioso che in ses-santa punti deve permettere di trasformarel’Unione europea in uno «spazio di libertà, disicurezza e di giustizia» entro il 2004.

I principali temi del summit, i cosiddetti«capisaldi di Tampere», sono:

• una politica comune in materia di asilo emigrazione;

• un autentico spazio di giustizia europeo;

• la lotta contro la criminalità a livellodell’Unione;

• un’azione esterna di maggiore incisività.

Una delle iniziative più importanti volte adagevolare gli spostamenti all’internodell’Unione è l’accordo intergovernativo chela Francia, la Germania, i Paesi Bassi, il Belgioe il Lussemburgo concludono nel 1985 aSchengen, cittadina lussemburghese di fron-tiera. L’accordo abolisce i controlli sulle per-sone — indipendentemente dalla cittadi-nanza — alle frontiere fra gli Stati membri,armonizza i controlli alle frontiere esternedell’UE e introduce una politica comune deivisti.

Nasce così uno spazio senza frontiere inter-ne, denominato «spazio Schengen». Ai valichidi frontiera di tale area, i cittadinidell’Unione devono presentare soltanto lacarta d’identità o il passaporto.

Oggi, l’acquis di Schengen — ossia l’accordodi Schengen del 1985, la relativa convenzio-ne di applicazione del 1990 e tutto il dirittoda essi derivato — costituisce parte inte-grante dei trattati e lo spazio Schengen si èespanso. Dal marzo 2001, applicano integral-mente le disposizioni dell’acquis tredici paesi(Austria, Belgio, Danimarca, Francia,Finlandia, Germania, Grecia, Italia,Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagnae Svezia), insieme all’Islanda e alla Norvegia.

Lungi dal voler erigere una fortezza, il com-plesso di queste misure ha il duplice obietti-vo di agevolare l’ingresso legale e la liberacircolazione nell’Unione e contrastare condeterminazione le attività criminali delleorganizzazioni che sfruttano gli esseriumani.

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Politica di asilo e immigrazione

L’Europa è fiera della sua lunga tradizione diaccoglienza e dell’ospitalità che da sempreoffre ai rifugiati in fuga da pericoli e perse-cuzioni. I governi dell’Unione affrontanooggi il problema impellente di come gestire,in uno spazio senza frontiere interne, l’af-flusso crescente di immigrati legali e clande-stini.

I governi dell’UE hanno deciso di armonizza-re le relative regole sull’esame delle doman-de d’asilo, in modo da costituire un corpus dinorme fondamentali, uniformemente rico-nosciuto in tutta l’Unione. A Tampere si sonoprefissati di adottare una procedura comunein materia di asilo e uno status uniforme percoloro che hanno ottenuto l’asilo, valido intutta l’Unione, e di garantire loro diritti eobblighi analoghi a quelli dei cittadinidell’UE. La portata di tali diritti e obblighivarierà a seconda della durata del soggiornolegale nell’Unione.

Lotta contro la criminalità internazionale

Per una politica d’asilo e immigrazione soste-nibile occorre però predisporre una gestionedei flussi migratori, controlli adeguati allefrontiere esterne e mezzi efficienti di lottacontro l’immigrazione clandestina. È inoltrenecessario uno sforzo di coordinamento percombattere le organizzazioni di criminali cuifanno capo le reti di immigrazione clandesti-na, tratta e sfruttamento di esseri umani,donne e bambini in primo luogo.

La criminalità organizzata è sempre più sofi-sticata, si avvale regolarmente delle retieuropee o internazionali per le sue attività e

ha già dimostrato di poter colpire con estre-ma brutalità ovunque nel mondo.

Su queste premesse è nato il sistema diinformazione Schengen (SIS), un complessoarchivio comune a tutti gli Stati membridello spazio Schengen in cui sono centraliz-zate informazioni concernenti le personericercate o poste sotto sorveglianza e i vei-coli o gli oggetti ricercati, per esempio idocumenti d’identità, e cui possono attinge-re le forze dell’ordine o le autorità giudizia-rie competenti.

Uno dei metodi migliori per risalire ai crimi-nali è seguire le tracce dei proventi di reato.Per questo motivo, e per tagliare i fondi alleorganizzazioni criminali, l’Unione sta pro-mulgando leggi sulla prevenzione del rici-claggio di denaro sporco.

Il progresso più spettacolare sul fronte dellacooperazione fra le forze dell’ordine è l’isti-tuzione di Europol. L’Ufficio europeo di poli-zia, fondamentalmente un centro di coordi-namento di polizia, è pensato e realizzato nel1995 per svolgere attività di intelligence eportare a termine complessi studi (raccolta,analisi e diffusione di informazioni) sulleattività criminali svolte in più Statidell’Unione. Le sue competenze abbraccianovari settori dell’attività criminale: narcotraf-fico, commercio di auto rubate, tratta dellepersone, immigrazione clandestina, sfrutta-mento sessuale di donne e bambini, porno-grafia, falsificazione, traffico di scorieradiottive e nucleari, riciclaggio di denarosporco, terrorismo e contraffazione dell’euro.

Verso uno spazio giudiziario europeo

Attualmente, coesistono nell’Unione oltrequindici ordinamenti giudiziari diversi, cia-scuno all’interno delle rispettive frontierenazionali. Per chi vive in un paese di cui nonha la cittadinanza, ricorrere a un sistemagiuridico estraneo per risolvere problemifamiliari, per esempio, o professionali, puòessere assai difficile. Perché la legge siauguale per tutti in Europa, la giustizia devesemplificare, di certo non rendere ancora piùcomplicata la vita dei cittadini.

Esistono programmi europei che agevolano icontatti fra gli operatori della giustizia degliStati membri. Il programma Grotius promuo-ve la conoscenza reciproca degli ordinamen-ti giuridici e giudiziari degli Stati membri e lacooperazione giudiziaria con iniziative diformazione, informazione, studi e scambi fragiudici, avvocati e notai. Il programmaFalcone ha moltiplicato gli scambi fra giudi-ci, procure, forze di polizia e servizi doganaliimpegnati nella lotta contro la criminalitàorganizzata.

Ma è Eurojust la punta di diamante dellacooperazione operativa contro le forme gravidi criminalità. Questa unità di cooperazionegiudiziaria permanente presta assistenza alleautorità nazionali competenti, migliorandol’efficacia delle indagini e delle azioni penaliche investono più di uno Stato membro.

La cooperazione fra i giudici di paesi diversipuò arenarsi però sulla definizione divergen-te di una certa figura di reato. Siccome né la

criminalità internazionale né il terrorismoconoscono frontiere, l’Unione ha deciso diattuare, poco a poco, una politica penalecomune. Urge infatti istituire un quadrocomune di lotta contro il terrorismo, cheoffra ai cittadini un elevato livello di prote-zione e intensifichi la cooperazione interna-zionale in questo settore.

Il trattato di Amsterdam del 1997 «comuni-tarizza» settori tradizionalmente propri dellacooperazione fra i governi dell’UE — l’asilo el’immigrazione, la cooperazione giudiziariacivile e commerciale, i controlli alle frontiereesterne (visti) — trasferendoli dal metodointergovernativo all’ormai collaudato e pro-vatamente efficace «metodo comunitario». Iltrasferimento è tuttavia prudente e subordi-nato a condizioni: un periodo transitorio dicinque anni, la Commissione condivide ildiritto d’iniziativa con gli Stati membri, ledecisioni sono prese all’unanimità, ilParlamento europeo è informato e consulta-to, la Corte di giustizia ha competenze limi-tate.

Un unico settore — ultimo baluardo dellasovranità nazionale — è ancora amministra-to con metodo intergovernativo: la coopera-zione di polizia e giudiziaria in materia pena-le. Secondo il trattato di Maastricht, ilConsiglio coordina l’azione degli Stati mem-bri che a loro volta condividono il diritto d’i-niziativa della Commissione.

A Tampere, i leader politici degli Stati mem-bri hanno auspicato che lo spazio di libertà,di sicurezza e di giustizia fosse istituito entroil 2004.

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11 L’Unione europea nel mondo

Sullo scacchiere mondiale, l’Unione europeaè una delle massime potenze economiche,commerciali e monetarie. Questo giganteeconomico resta però, secondo alcuni, un«nano della politica». Come sempre, la veritàsta nel mezzo. L’Unione europea svolge unruolo preponderante nei vari consessi inter-nazionali, l’Organizzazione mondiale delcommercio (OMC-WTO), gli organismi spe-cializzati dell’ONU, i summit mondiali sul-l’ambiente e lo sviluppo.

Eppure, gli Stati membri sono ancora lungidal costituire un fronte unico, diplomatico epolitico, rispetto a tematiche planetariecome la pace e la stabilità, il terrorismo, ilMedio Oriente, le relazioni con gli Stati Uniti,

il ruolo del Consiglio di sicurezza dell’ONU.Per di più, nei paesi europei le forze armatecontinuano a impersonificare il concetto disovranità nazionale, sicché i sistemi di difesarestano saldamente nelle mani dei governinazionali e interagiscono unicamente nel-l’ambito di alleanze come il Patto atlantico(la NATO).

Una politica di difesa comune in nuce

La politica estera e di sicurezza comune(PESC) e la politica europea di sicurezza e didifesa (PESD) sono previste dal trattato diMaastricht e dal trattato di Amsterdam e

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L’Europa in 12 lezioni

definiscono gli obiettivi dell’Unione nel set-tore della difesa. Su queste premesse,l’Unione ha edificato il suo «secondo pila-stro», vale a dire l’insieme di settori politicicui si applica il metodo intergovernativo conil conseguente ruolo marginale dellaCommissione e del Parlamento. Le decisionisono prese per consenso e gli Stati membripossono astenersi.

Questo era, nel 2003, l’assetto politico-stra-tegico dell’Unione europea.

• Con l’adesione pressoché simultanea allaNATO e all’UE delle ex democrazie popola-ri europee e una politica russa sempre piùimprontata alla pace e al riavvicinamentoal mondo occidentale si conclude oltremezzo secolo di guerra fredda.

• Il continente europeo si riunifica nellapace e si moltiplicano le cooperazioni fra ipaesi per la lotta alla criminalità interna-zionale, alla tratta degli esseri umani e alriciclaggio del denaro sporco. L’Unioneconclude accordi di partenariato con igrandi vicini, la Russia e l’Ucraina, che nonhanno nessuna prospettiva, almeno amedio termine, di aderire al progetto euro-peo.

• Gli Stati membri dell’UE, per conformarsi aitrattati e istituire una politica europea disicurezza e di difesa, si riuniscono nelConsiglio europeo di Helsinki del dicembre1999 e fissano un obiettivo primario: esse-re in grado entro il 2003 di schierare rapi-damente, nell’arco di sessanta giorni, emantenere per almeno un anno, forze mili-tari autonome di 60 000 effettivi, provvistedi elementi di supporto aereo e navale.Questa forza di reazione rapida, lungi dalcostituire un esercito europeo, si componedi contingenti delle forze armate naziona-li. L’istituzione in seno al Consiglio di nuovi

organi politici e militari permanenti, comeil Comitato politico e di sicurezza (CPS), ilComitato militare (CM) e lo Stato maggio-re (SM) dell’Unione europea con sede aBruxelles, dà all’Unione lo strumento poli-tico-militare necessario per assolvere icosiddetti compiti di Petersberg («missioniumanitarie e di soccorso, attività di man-tenimento della pace e missioni di unità dicombattimento nella gestione di crisi,comprese le missioni tese al ristabilimentodella pace»).

• Gli Stati Uniti mettono a disposizionedell’Europa, per le azioni militari cui essistessi non partecipano, alcuni mezzi logi-stici della NATO (comando e controllo,intelligence, comunicazioni e trasportostrategico).

• Le vere capacità di difesa e dissuasione,come le testate nucleari francesi e britan-niche, restano sotto stretto controllonazionale. Mano a mano che le tecnologiemilitari diventano più sofisticate e costose,aumenta la necessità di una cooperazionefra i governi dell’UE nella fabbricazionedegli armamenti. Se per di più le forzearmate europee dovranno intervenire con-giuntamente in un conflitto esterno,occorrerà provvedere alla standardizzazio-ne e all’interoperabilità dei sistemi.

• Gli attentati di Washington e New Yorkdell’11 settembre 2001 e gli attacchi terro-ristici che da allora seminano morte epanico nel mondo intero hanno modifica-to profondamente l’assetto strategico. Glieuropei cooperano di più alla ricerca diinformazioni che permettano di prevenireeventuali attentati e, sul piano globale,estendono tale cooperazione oltre i limitidelle alleanze classiche con gli Stati Uniti,a tutti quei paesi che operano in nomedella democrazia e dei diritti umani.

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Di fronte a un paesaggio strategico cosìmutevole, l’Unione europea sta cercando ilgiusto mezzo, un giusto equilibrio, fra lediverse tradizioni nazionali in materia dipolitica di sicurezza e di difesa.

«Chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?»

Fra i nodi sul futuro dell’Europa che laConvenzione presieduta da Giscard d’Estaingsi è proposta di sciogliere, uno dei più com-plessi è quello della presidenza dell’Unione.Per farsi sentire nel mondo, l’Europa ha biso-gno di una voce e di un volto. Alcuni Statihanno lanciato l’idea di un presidente delConsiglio europeo che rappresenti l’Europa ene porti la voce sulle questioni di politicainternazionale, dal mandato più lungo del-l’attuale semestre della presidenza europea.Ai suoi tempi Kissinger si chiedeva: «Chi devochiamare se voglio parlare con l’Europa?».Qualcuno che risponde, finalmente ci sareb-be.

Restano tuttavia ancora molti punti insospeso: chi nominerebbe il «presidentedell’Unione»? Quali sarebbero i suoi effettivipoteri? Cosa diventerebbe l’alto rappresen-tante per la PESC? Il presidente avrebbepoteri sullo Stato maggiore dell’Unione esulla forza di reazione rapida? A quali con-trolli democratici sarebbe sottoposto? Primadi decidere, dovrebbe ottenere il consenso ditutti i membri del Consiglio europeo? Qualisarebbero le relazioni con il presidente dellaCommissione e con il commissario incaricatodelle relazioni esterne?

Il trattato di Amsterdam aveva già tentato diistituire una procedura che rendesse più fles-sibile la politica estera e di sicurezza comu-ne: la «cooperazione rafforzata» consente aun numero limitato di Stati membri, deter-minati e capaci, di realizzare un’azione alla

quale altri Stati non desiderano partecipareperché tradizionalmente neutrali, per esem-pio. Questa soluzione apparentemente prag-matica ha il difetto di minare la coesionedell’insieme comunitario e la sua credibilitànel mondo se la politica estera dell’Unionediventa un prodotto di «geometria variabile».Inoltre, aumenterebbe il rischio di dissocia-zione fra le politiche interne dell’UE (merca-to interno, concorrenza, unione economica emonetaria, sicurezza interna) e le sue politi-che esterne (commercio, aiuto allo sviluppo,diplomazia e politica di difesa).

Quel che conta per il futuro è che gli europeiagiscano uniti, secondo un’unica politicachiara e visibile a tutti. E che gli Stati mem-bri dell’UE abbiano una sola voce e una solarisolutezza nel difendere i loro interessi mag-giori e siano fermamente solidali nel tutela-re il destino dei loro popoli.

Un’Europa aperta sul mondo

Il completamento del mercato interno nel1993 ha un forte impatto sulla politica com-merciale dell’UE: scompaiono gradualmentele restrizioni alle importazioni che gli Statimembri avevano mantenuto per anni e fini-sce anche la distribuzione interna delleimportazioni «sensibili» di automobili, pro-dotti elettronici, tessili e acciaio. La neocosti-tuita Organizzazione mondiale del commer-cio diventa, su impulso dell’Europa, un con-testo permanente per la soluzione delledivergenze commerciali su base multilate-rale.

Il livello medio ponderato dei dazi doganaliUE sui prodotti industriali in ingresso è infe-riore al 5 %. L’Unione stabilisce nuove rego-le con i suoi partner per il commercio dei ser-vizi e dei prodotti agricoli. Le discussioni sul-l’agricoltura mettono chiaramente in luce ledivergenze fra i produttori delle due spondedell’Atlantico. Mantenendo un fronte unicodurante i negoziati, l’Unione è riuscita adifendere efficacemente la posizione di cia-scuno dei suoi membri.

Con un mercato interno di 373 milioni diconsumatori (quasi mezzo miliardo dopo l’al-largamento) e un reddito medio relativa-mente alto, l’Unione è un partner particolar-mente attraente per gli esportatori dei paesiterzi. Blocco commerciale unico, può avva-lersi ormai della sua influenza per esigere ilrispetto delle regole del gioco e garantireuna concorrenza leale e pari condizioni diaccesso reciproco ai mercati.

Un partner importante nel mondo industrializzato

Per gli Stati Uniti, la nuova Europa in costru-zione è nel contempo un alleato di cui con-divide i valori e un concorrente tecnologicoe commerciale. L’alleanza strategica che uni-sce numerosi paesi dell’Unione e gli StatiUniti nell’ambito del Patto atlantico (NATO)ha contribuito a mitigare i conflitti commer-ciali relativi ai prodotti agricoli, all’acciaio eall’industria aerospaziale.

Verso la fine del XX secolo, eventi capitaliquali la fine della guerra fredda rivoluziona-no la geografia internazionale e gli alleati sitrovano nella necessità di ridefinire il legametransatlantico. La cooperazione euro-ameri-cana ha bisogno di nuovi obiettivi e deve

coordinare gli sforzi per affrontare nuovirischi, legati alla proliferazione nucleare, alterrorismo internazionale, alla criminalitàinternazionale e al narcotraffico. Sul pianocommerciale e degli investimenti, l’Unioneeuropea è il partner principale degli StatiUniti e l’unico con cui questi abbia relazionistabili. L’Europa deve tuttavia tener testa auna certa tendenza del Congresso americanoa decidere unilateralmente, minacciando gliinteressi europei nel mondo.

Le relazioni tra l’UE e i paesi mediterranei

A un braccio di mare dall’Europa, sulla spon-da meridionale del Mediterraneo, giaccionopaesi con cui l’Unione intrattiene legami sto-rici e culturali, tradizionali scambi migratorie relazioni dal grande potenziale. Questipaesi sono partner importantissimi perl’Unione che ha scelto di condurre una poli-tica di integrazione regionale.

I vicini mediterranei sono fra i primi ad averinstaurato speciali relazioni economiche ecommerciali con l’Unione. Nel novembre1995 si tiene a Barcellona un’importanteconferenza cui partecipano i 15 Stati mem-bri dell’UE e i paesi che si affacciano sulMediterraneo (eccetto la Libia, l’Albania e ipaesi dell’ex Iugoslavia). La conferenza diBarcellona lancia ufficialmente il nuovo par-tenariato euromediterraneo che si articola intre parti:

• una prima diretta alla creazione di «unospazio comune di pace e stabilità» definitopartenariato politico e di sicurezza, basatosoprattutto sul controllo degli armamentie la soluzione pacifica delle controversie;

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• una seconda che punta ad instaurare «unazona di prosperità condivisa» attraverso ilpartenariato economico e finanziario e lacreazione di una zona di libero scambioentro il 2010, nel pieno rispetto delledisposizioni del WTO. I prodotti potrannoallora circolare fuori dazio e il mercatotransmediterraneo diventerà la zona dilibero scambio più grande del mondo con isuoi 800 milioni di consumatori;

• una terza, il partenariato nei settori socia-le, culturale e umano.

L’Unione europea ha stanziato finanziamentiper un totale di 5,3 miliardi di euro a favoredei paesi del Mediterraneo, da erogarsi nel-l’ambito del programma MEDA sul periodo2000-2006.

L’Africa

Le relazioni fra l’Europa e l’Africa subsaharia-na sono fra le più antiche: già il trattato diRoma nel 1957 faceva delle ex colonie e ter-ritori d’oltremare di taluni Stati membri degliassociati. Il processo di decolonizzazioneavviato negli anni Sessanta ha trasformatoquesto legame in un’associazione di tipodiverso, fra paesi sovrani.

L’accordo di Cotonou, che prende il nomedalla capitale del Benin dove fu concluso nelgiugno 2000, segna l’inizio di una nuova fasedella politica di sviluppo dell’Unione euro-pea. Tale accordo che lega l’Unione europeaai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico(ACP) è quanto di più ambizioso e vasto si siamai concluso fra paesi sviluppati e paesi in

via di sviluppo. Esso subentra alla convenzio-ne di Lomé, firmata nella capitale del Togonel 1975 e successivamente aggiornata aintervalli regolari.

L’obiettivo fondamentale dell’accordo restalo stesso della convenzione: «Promuovere eaccelerare lo sviluppo economico, culturale esociale degli Stati ACP e approfondire ediversificare le loro relazioni [con l’Unioneeuropea e gli Stati membri] in uno spiritod’intesa reciproca e di solidarietà».

Di durata ventennale, l’accordo ha carattereestremamente operativo e flessibile. In essoviene definita una prospettiva che, integran-do istanze politiche, commerciali e di svilup-po, si divide in tre settori interdipendenti:dialogo politico, commercio e investimenti ecooperazione allo sviluppo. Di respiro piùampio rispetto alla convenzione di Lomé,introduce nuove procedure per combatterela violazione dei diritti umani.

L’Unione europea propone condizioni com-merciali più eque (accordi preferenziali) aipaesi meno sviluppati. 39 di questi sonoparte dell’accordo e potranno, dal 2005,esportare liberamente sul mercatodell’Unione ogni tipo di prodotto.

L’accordo dispone di una dotazione finanzia-ria di 13,5 miliardi di euro per un periodo disette anni, somma alla quale si aggiungonogli importi non impegnati (9,5 miliardi dieuro) dai precedenti esercizi finanziari delFondo europeo di sviluppo (FES) e 1,7 miliar-di di euro prestati dalla Banca europea pergli investimenti.

«Giorno verrà in cui (…) voi tutte, nazioni delcontinente, senza perdere le vostre qualitàpeculiari e la vostra gloriosa individualità, vifonderete strettamente in una unità supe-riore e costituirete la fraternità europea (…).Giorno verrà in cui non vi saranno altricampi di battaglia all’infuori dei mercatiaperti al commercio e degli spiriti aperti alleidee. Giorno verrà in cui i proiettili e lebombe saranno sostituiti dai voti (...)».

Doveva trascorrere oltre un secolo prima chela profezia di Victor Hugo, pronunciata nel1849, da utopia diventasse realtà. Due guer-re mondiali e innumerevoli altri conflittidovevano ancora falciare milioni di vite in

Europa e più volte sarebbe andata persa ognisperanza. Oggi, all’alba del XXI secolo, le pro-spettive sono più rosee ma restano le diffi-coltà e le sfide, pur diverse.

L’allargamento dell’Unione a venticinqueStati membri si è realizzato entro le scaden-ze stabilite dalle istituzioni europee, cosicchéoggi, come ha detto un politico dei nuoviStati membri, la storia e la geografia europeafinalmente coincidono. Fra il 2007 e il 2015l’Unione continuerà ad estendersi ma dovràanche stabilire, d’accordo con l’opinionepubblica, le sue frontiere ultime, geografi-che, politiche e culturali.

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12 Un futuro per l’Europa

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L’Unione europea si fonda su un patto franazioni sovrane, determinate a condividereuno stesso destino e rinunciare a parte dellaloro sovranità per dare ai loro popoli ciò a cuipiù tengono: la pace, la sicurezza, la demo-crazia partecipativa, la giustizia e la solida-rietà. Questo patto si rafforza e rinnova sututto il continente: mezzo miliardo di uomi-ni e donne decidono di vivere nel rispettodella legge e in armonia con valori secolariche gravitano intorno all’uomo e alla suadignità.

La rivoluzione tecnologica sta trasfigurandoil mondo industrializzato e con esso la vitadegli europei. Nascono nuove sfide le cuidimensioni oltrepassano le frontiere tradizio-nali. Non esiste nazione né politica naziona-le che possa gestire da sola, con efficacia,tematiche come lo sviluppo sostenibile, letendenze demografiche, la crescita economi-ca e la solidarietà sociale, l’etica e il progres-so mondiale delle scienze della vita.L’inquinamento degli oceani per il naufragiodelle petroliere o il rischio di incidentinucleari come Chernobyl impongono misuredi prevenzione collettiva che tutelino il«bene comune europeo» e lo trasmettano,integro, alle generazioni future.

L’Unione europea allargata è parte di unmondo in rapida e radicale evoluzione, tut-tora in cerca di nuovi equilibri. Nulla di quelche accade sugli altri continenti le è estra-neo: recrudescenza del fervore religioso nelmondo islamico, epidemie e fame in Africa,unilateralismo in America del Nord, banca-rotta in America latina, esplosione demogra-fica e economica in Asia, delocalizzazioneindustriale globale. L’Europa non può con-

centrarsi solo sul suo sviluppo, deve ancheessere parte del processo di globalizzazione.E sebbene possa, a ragione, farsi vanto dellasua politica commerciale, è ancora lungi dal-l’esprimersi coralmente e dall’assolvere unruolo credibile sullo scacchiere internaziona-le.

Le istituzioni dell’UE hanno grandi meriti madevono comunque adeguarsi per far fronteai compiti sempre più numerosi di un’Unionein espansione. Con l’aumentare degli Statimembri, aumenta anche la minaccia delleforze centrifughe e di un’implosione delsistema. Le prospettive a breve dei singoliinteressi nazionali non possono compromet-tere gli interessi superiori, a lungo termine,dell’Unione. I protagonisti di questa avven-tura senza precedenti hanno pertanto l’enor-me responsabilità di agire in modo che ilmeccanismo istituzionale continui a funzio-nare con efficacia. Ogni importante riformadell’attuale sistema comunitario deve garan-tire il rispetto della pluralità e della diversitàculturale e linguistica d’Europa, sua massimaricchezza, e investire il processo decisionale.La ricerca sistematica dell’unanimità porteràinevitabilmente alla paralisi, poiché sarà datodi funzionare soltanto a un sistema politico egiuridico basato sul voto di maggioranza e sucontrolli ed equilibri (checks and balances).

Il progetto di costituzione presentato dallaConvenzione propone per l’appunto unasemplificazione dei trattati e la maggioretrasparenza del sistema decisionale. Il citta-dino europeo deve sapere chi fa cosa inEuropa per sentirsi coinvolto e partecipe,sostenere l’integrazione europea e prendereparte alle elezioni del Parlamento europeo. Iltesto stabilisce con chiarezza i poteri e lecompetenze dell’Unione, degli Stati membrie delle autorità regionali e sancisce che l’in-tegrazione europea trae legittimità dallavolontà dei cittadini e degli Stati d’Europa di

costruire un futuro comune, laddove lo Statoresta l’ambito privilegiato e legittimo in cuisi esplicano le sue priorità.

La costituzione segna un nuovo passo fonda-mentale di un processo che ha indotto popo-li e nazioni a unirsi per agire. Non è datosapere però se sia l’ultimo, il passo definitivoche esaurisce il progetto maestoso dei padrifondatori. La struttura politica dell’Europadovrà forse evolvere di nuovo e ancora primache se ne compia il destino.

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19487-11 maggioSi tiene all’Aia il congresso del Movimentoeuropeo: oltre mille delegati provenienti dauna ventina di paesi europei discutononuove forme di cooperazione in Europa. Siesprimono a favore di una «Assemblea euro-pea».

194927 e 28 gennaioA seguito del Congresso dell’Aia viene istitui-to il Consiglio d’Europa, con sede aStrasburgo.

Quello stesso anno inizia la redazione dellaconvenzione europea dei diritti dell’uomo.Firmata a Roma nel 1950, entra in vigore nelsettembre del 1953.

Poco a poco quasi tutti i paesi europei diven-tano membri del Consiglio d’Europa.

19509 maggioRobert Schuman, ministro francese degliAffari esteri, propone, in una dichiarazioneredatta in collaborazione con il suo amico econsigliere Jean Monnet, di mettere l’insiemedella produzione franco-tedesca di carbone edi acciaio sotto una comune Alta Autorità,nel quadro di un’organizzazione alla qualepossono aderire gli altri paesi europei.

Cronologia dell’integrazione europea

Il 9 maggio 1950 nasce l’Europa unita e que-sta data viene scelta per celebrare ogni annola «Giornata dell’Unione europea».

195118 aprileSei paesi — Belgio, Francia, Germania, Italia,Lussemburgo e Paesi Bassi — firmano a Parigiil trattato che istituisce la Comunità europeadel carbone e dell’acciaio (CECA), che entrain vigore il 23 luglio 1952 per un periodo dicinquant’anni.

19551o e 2 giugnoRiuniti a Messina, i ministri degli Affari este-ri dei Sei decidono di estendere l’integrazio-ne europea a tutta l’economia.

195725 marzoFirma a Roma del trattato che istituisce laComunità economica europea (CEE) e deltrattato che istituisce la Comunità europeadell’energia atomica (Euratom). Entrano invigore il 1o gennaio 1958.

19604 gennaioPer iniziativa del Regno Unito, viene firmatala convenzione di Stoccolma che istituiscel’Associazione europea di libero scambio(EFTA), cui aderiscono diversi paesi europeiche non sono membri della CEE.

196230 luglioEntrano in vigore i regolamenti istitutividella politica agricola comune (PAC).

196314 gennaioIl generale de Gaulle annuncia in una confe-renza stampa che la Francia opporrà il vetoall’adesione del Regno Unito alla Comunitàeuropea.

20 luglioA Yaoundé viene firmato un accordo d’asso-ciazione tra la CEE e 18 Stati africani.

19658 aprileFirma a Bruxelles del trattato di fusione degliesecutivi delle tre Comunità, che istituisceun unico Consiglio e un’unica Commissione.Entrerà in vigore il 1o luglio 1967

196629 gennaioCompromesso di Lussemburgo. Dopo unalunga crisi politica, la Francia torna ad occu-pare il suo posto al Consiglio contro il man-tenimento del voto all’unanimità ogni qual-volta sia in gioco l’interesse vitale di unoStato membro.

19681o luglioCon 18 mesi di anticipo vengono aboliti gliultimi dazi doganali sul commercio intraco-munitario dei prodotti industriali e vieneintrodotta la tariffa doganale comune.

19691o e 2 dicembreAl vertice dell’Aia i capi di Stato e di gover-no decidono di spingere oltre il processo diintegrazione europea.

197022 aprileFirma a Lussemburgo del trattato che per-mette il finanziamento progressivo delleComunità mediante un sistema di «risorseproprie» ed estende i poteri del Parlamentoeuropeo.

197222 gennaioLa Danimarca, l’Irlanda, la Norvegia e ilRegno Unito firmano a Bruxelles i trattati diadesione alle Comunità europee.

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24 aprileIstituzione del «serpente» monetario: i Sei siimpegnano a limitare al 2,25 % lo scartomassimo di fluttuazione fra le loro valute.

19731o gennaioEntrano a far parte delle Comunità europeela Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito (laNorvegia oppone un referendum negativo).Gli Stati membri diventano nove.

19749 e 10 dicembreAl vertice di Parigi, i capi di Stato e di gover-no decidono di riunirsi tre volte l’anno nelConsiglio europeo, approvano le elezioni delParlamento europeo a suffragio universalediretto e concordano l’istituzione del Fondoeuropeo di sviluppo regionale.

197528 febbraioFirma a Lomé di una convenzione (Lomé I)tra la CEE e 46 Stati dell’Africa, dei Caraibi edel Pacifico (ACP).

22 luglioFirma di un trattato che estende i poteri delParlamento europeo in materia di bilancio eistituisce una Corte dei conti europea. Il trat-tato entra in vigore il 1o giugno 1977.

19786 e 7 luglioVertice di Brema. La Francia e la Germaniapropongono di rilanciare la cooperazionemonetaria con la creazione di un Sistemamonetario europeo (SME) che subentri alserpente monetario. Lo SME diventa operati-vo il 13 marzo 1979.

197928 maggioFirma degli atti di adesione della Grecia alleComunità.

7 e 10 giugnoPrime elezioni a suffragio universale direttodei 410 membri del Parlamento europeo.

19811o gennaioLa Grecia diventa il decimo Stato membrodella Comunità europea.

198428 febbraioÈ adottato Esprit, programma strategicoeuropeo di ricerca e sviluppo nel settore delletecnologie dell’informazione.

14 e 17 giugnoSeconda elezione del Parlamento europeo asuffragio universale diretto.

19857 gennaioJacques Delors diventa il nuovo presidentedella Commissione (1985-1995).

12 giugnoFirma dei trattati di adesione della Spagna edel Portogallo.

2-4 dicembreConsiglio europeo di Lussemburgo. I Dieciconcordano di modificare il trattato di Romae dare nuovo impulso al processo di integra-zione europea elaborando un «Atto unicoeuropeo». Sono poste le premesse per lacreazione del mercato unico entro il 1993.

19861o gennaioLa Spagna e il Portogallo aderiscono alleComunità europee che constano così di 12Stati membri.

17 e 28 febbraioFirma a Lussemburgo e all’Aia dell’Atto unicoeuropeo che entra in vigore il 1o luglio 1987.

198715 giugnoInizia il programma Erasmus per gli studentiche intendono proseguire gli studi in altripaesi d’Europa.

198915 e 18 giugnoTerza elezione del Parlamento europeo a suf-fragio universale diretto.

9 novembreCrollo del muro di Berlino.

9 dicembreIl Consiglio europeo di Strasburgo decide diconvocare una conferenza intergovernativaper accelerare le tappe finali dell’unione eco-nomica e monetaria.

199019 giugnoFirma dell’accordo di Schengen per l’elimina-zione dei controlli alle frontiere fra i paesimembri delle Comunità europee.

3 ottobreUnificazione della Germania.

14 dicembreIniziano a Roma le due conferenze intergo-vernative sull’UEM e l’unione politica.

19919 e 10 dicembreIl Consiglio europeo di Maastricht adotta untrattato sull’Unione europea che pone le pre-messe per una politica estera e di sicurezzacomune, una cooperazione maggiore nei set-tori della giustizia e degli affari interni e lacreazione di un’unione economica e moneta-ria comprendente una moneta unica. La coo-perazione intergovernativa in questi settorisi aggiunge al sistema comunitario esistentee crea l’Unione europea (UE). La CEE diventa«Comunità europea» (CE).

19927 febbraioIl trattato sull’Unione europea viene firmatoa Maastricht ed entra in vigore il 1o novem-bre 1993.

19931o gennaioEntra in vigore il mercato unico europeo.

19949 e 12 giugnoQuarta elezione del Parlamento europeo.

24 e 25 giugnoConsiglio europeo di Corfù: vengono firmatigli atti di adesione dell’Austria, dellaFinlandia, della Svezia e della Norvegia.

19951o gennaioL’Austria, la Finlandia e la Svezia diventanoStati membri dell’Unione europea (referen-dum negativo della Norvegia). L’UE consta di15 membri.

23 gennaioAssume le funzioni la Commissione presiedu-ta da Jacques Santer (1995-1999).

27 e 28 novembreSi svolge a Barcellona la conferenza eurome-diterranea che avvia il partenariato fra l’UE ei paesi della sponda sud del Mediterraneo.

199716 e 17 giugnoIl Consiglio europeo di Amsterdam adotta untrattato che conferisce all’UE nuove compe-tenze.

2 ottobreFirma del trattato di Amsterdam che entra invigore il 1o maggio 1999.

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199830 marzoSi inaugura il processo di adesione all’Unioneeuropea dei nuovi paesi candidati. Sonointeressati Malta, Cipro e dieci paesidell’Europa centrale ed orientale.

3 maggioIl Consiglio europeo di Bruxelles decide che11 Stati membri — Austria, Belgio, Finlandia,Francia, Germania, Irlanda, Italia,Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo eSpagna — soddisfano le condizioni necessa-rie per l’adozione della moneta unica dal 1ogennaio 1999. Sarà in seguito il turno dellaGrecia.

31 dicembreAdozione dei tassi di conversione fissi e irre-vocabili tra ciascuna delle valute partecipan-ti all’euro.

19991o gennaioInizia la terza fase dell’UEM: l’euro diventa lamoneta ufficiale di 11 Stati membri e vieneintrodotto sui mercati finanziari. La Bancacentrale europea (BCE) è oramai responsabi-le della politica monetaria dell’Unione che èdefinita e attuata in euro.

24 e 25 marzoIl Consiglio europeo di Berlino adotta le pro-spettive finanziarie 2000-2006 nell’ambitodell’Agenda 2000.

3 e 4 giugnoIl Consiglio europeo di Colonia incarica unaConvenzione composta dai rappresentantidei capi di Stato e di governo dell’UE e dalpresidente della Commissione di redigere unaCarta dei diritti fondamentali.

Javier Solana è nominato «alto rappresen-tante per la politica estera e di sicurezzacomune» (PESC).

10 e 13 giugnoQuinta elezione del Parlamento europeo.

15 settembreAssume le funzioni una nuova Commissionesotto la presidenza di Romano Prodi (1999-2004).

15 e 16 ottobreIl Consiglio europeo di Tampere decide lacostituzione nell’UE di uno spazio di libertà,di sicurezza e di giustizia.

10 e 11 dicembreIl Consiglio europeo di Helsinki, dedicatoprincipalmente all’allargamento, dichiaraufficialmente la Turchia «Stato candidatodestinato ad aderire all’Unione» e decide diavviare i negoziati di adesione con gli altri 12paesi candidati.

200023 e 24 marzoIl Consiglio europeo di Lisbona elabora unanuova strategia dell’Unione per promuoverel’occupazione, la riforma economica e lacoesione sociale in un’economia fondatasulla conoscenza.

7 e 8 dicembreA Nizza il Consiglio europeo concorda sultesto di un nuovo trattato che riforma ilsistema decisionale dell’UE nella prospettivadell’allargamento. I presidenti delParlamento, del Consiglio europeo e dellaCommissione proclamano la Carta dei dirittifondamentali dell’Unione europea.

200126 febbraioFirma del trattato di Nizza che entra in vigo-re il 1o febbraio 2003.

14 e 15 dicembreIl Consiglio europeo di Laeken adotta unadichiarazione sul futuro dell’Unione, dandola stura alla grande riforma dell’UE, e convo-ca una Convenzione per preparare una costi-tuzione europea. Valéry Giscard d’Estaing neè il presidente.

20021o gennaioImmissione in circolazione dei biglietti emonete in euro.

31 maggioI quindici Stati membri ratificano simulta-neamente il protocollo di Kyoto, accordomondiale sulla riduzione dell’inquinamentoatmosferico.

21 e 22 giugnoIl Consiglio europeo di Siviglia trova unaccordo per una politica comune in materiadi asilo e immigrazione.

13 dicembreIl Consiglio europeo di Copenaghen decideche 10 paesi candidati (Cipro, Estonia,Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblicaceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) pos-sono aderire all’Unione per il 1o maggio2004.

L’adesione della Bulgaria e della Romania èrimandata al 2007.

Inoltre, se il Consiglio europeo del dicembre2004 deciderà, sulla base di una relazione edi una raccomandazione della Commissione,che la Turchia soddisfa i criteri politici diCopenaghen, l’Unione europea avvierà inegoziati di adesione con la Turchia.

200316 aprileSono firmati ad Atene i trattati di adesionetra l’Unione europea e Cipro, l’Estonia, laLettonia, la Lituania, Malta, la Polonia, laRepubblica ceca, la Slovacchia, la Slovenia el’Ungheria.

10 luglioLa Convenzione sul futuro dell’Europa si con-clude con l’adozione di un progetto di trat-tato costituzionale.

4 ottobreSi apre la conferenza intergovernativa (CIG)per redigere un nuovo trattato comprensivodi una costituzione europea.

20041o maggioCipro, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania,Malta, la Polonia, la Repubblica ceca, laSlovacchia, la Slovenia e l’Ungheria entranoa far parte dell’Unione europea.

10 e 13 giugnoSesta elezione del Parlamento europeo.

2007Data stabilita dal Consiglio europeo diCopenaghen nel 2002 per l’adesione dellaBulgaria e della Romania.

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L’Europa in 12 lezioni

A che cosa serve l’Unione europea? Perché e come è nata e come funziona? Che cosa ha fattosino ad oggi per i suoi cittadini e quali sono le nuove sfide che l’aspettano? Ora che si espan-de per unire venticinque o anche trenta paesi, in quale modo dovrà cambiare? Nell’era dellaglobalizzazione, può competere con le altre grandi economie, potrà continuare a svolgere unruolo importante sulla scena mondiale?

A queste e ad altre domande Pascal Fontaine, professore universitario emerito ed esperto degliaffari europei, tenta di dare una risposta in un appassionante volumetto. Chiaro e godibile,L’Europa in 12 lezioni è il seguito di 10 lezioni sull’Europa, pubblicazione di successo dello stes-so autore.

Commissione europea

L’Europa in 12 lezioni

Serie Documentazione europea

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee

2003 — 62 pagg. — 16,2 x 22,9 cm

ISBN 92-894-6785-1

Altre informazioni sull’Unione europeaInformazioni in tutte le lingue dell’Unione europea possono essere ottenute via Internet sul server

Europa (http://europa.eu.int).

Disseminati in tutta Europa esistono centinaia di centri di informazione sull’UE. Potete trovare

l’indirizzo del centro più vicino a voi consultando il sito: europa.eu.int/comm/relays/index_it.htm

EUROPE DIRECT iè un servizio che risponde alle vostre domande sull’Unione europea. Potete contattare

questo servizio sia telefonicamente componendo il numero verde unico 00 800 6 7 8 9 10 11 [o, da

un paese che non fa parte dell’UE, il numero (32-2) 299 96 96] sia per posta elettronica al seguente

indirizzo: europa.eu.int/

Per ottenere informazioni e pubblicazioni sull’Unione europea in lingua italiana, rivolgersi a:

Altre rappresentanze e uffici della Commissione europea e del Parlamento europeo si trovano negli Statimembri dell’Unione europea. Delegazioni della Commissione europea si trovano anche in altri paesi delmondo.

RAPPRESENTANZEDELLA COMMISSIONE EUROPEA

Rappresentanza in ItaliaVia IV Novembre, 149I-00187 RomaTel. (39) 06 69 99 91Fax (39) 06 79 16 58/79 36 52Internet: http://europa.eu.int/italiaE-mail: [email protected] richiedere le pubblicazioni:CIDEVia IV Novembre, 149I-00187 RomaTel. (39) 06 69 99 92 27/30Fax (39) 06 67 86 159E-mail: [email protected]

Rappresentanza a MilanoCorso Magenta, 59I-20123 MilanoTel. (39) 024 67 51 41Fax (39) 024 81 85 43Internet: www.uemilano.itE-mail: [email protected]

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Ufficio di MilanoCorso Magenta, 59I-20123 MilanoTel. (39) 024 81 86 45Fax (39) 024 81 46 19Internet: www.europarl.itE-mail: [email protected]

L’Unione europea

Stati membri dell’Unione europea

Stati membri nel maggio 2004

Paesi candidati Situazione 2003

A che cosa serve l’Unione europea? Perchée come è nata e come funziona? Che cosaha fatto sino ad oggi per i suoi cittadini equali sono le nuove sfide che l’aspettano?Ora che si espande per unire venticinque oanche trenta paesi, in quale modo dovràcambiare? Nell’era della globalizzazione,può competere con le altre grandi econo-mie, potrà continuare a svolgere un ruoloimportante sulla scena mondiale?

A queste e ad altre domande PascalFontaine, professore universitario emerito ed esperto degli affari europei,tenta di dare una risposta in un appassionante volumetto. Chiaro e godibi-le, L’Europa in 12 lezioni è il seguito di 10 lezioni sull’Europa, pubblicazionedi successo dello stesso autore.

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1 16

NA-46-02-662-IT-C

ISSN 1017-4818

ISBN 92-894-6785-1

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