Lettere dal Brasile

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DON RENZO ROSSI LETTERE DAL BRASILE a cura di Matteo Del Perugia Editrice Fiorentina Società

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«Piove! Quasi tutti andranno a letto. Ma c’è un piccolo gruppetto che aspetterà fino alle due di notte! Non si può deluderlo! Ed ecco, sulla nostra bicicletta, con l’altoparlante a pile a tracolla, di bairro in bairro, ad annunciare la nascita di Gesù, scendendo e salendo per i viottoli immersi nel buio e pieni di fango. Non si incontra anima viva per la strada. Ma quel piccolo gruppetto aspetta, crede al Natale, eppure che gioia, amici miei!! Gli angeli ridevano alle mie spalle!!» (Don Renzo Rossi, lettera del 1968)

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DON RENZO ROSSI

LETTERE DAL BRASILE

a cura di Matteo Del Perugia

Editrice FiorentinaSocietà

Don Renzo Rossi

Lettere dal Brasilea cura di

Matteo Del Perugia

Editrice FiorentinaSocietà

© 2012 Società Editrice Fiorentinavia Aretina, 298 - 50136 Firenze

tel. 055 [email protected]

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isbn 978-88-6032-219-7

Proprietà letteraria riservataRiproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata

Le foto nel presente volume sono tratte dagli archivi privati di don Renzo Rossi, Mario Giubbi e Lorenzo Lisci,

che hanno gentilmente concesso il diritto alla pubblicazione

Finito di stampare

nell’aprile 2012da Tipografia Monteserra (Vicopisano - Pi)

Questo volume è stampato su carta ecologicaFabriano Bioprima

Book da100 gr

Indice

7 Credere veramente in Dio e in un mondo migliore di Silvano Piovanelli

11 Introduzione di Matteo Del Perugia

lettere dal brasile

15 Prima lettera dal Brasile

21 Gli Alagados

23 Lettera di Pasqua

33 Lettera d’estate

39 Lettera di Natale

45 Lettera di primavera

61 Lettera di settembre

71 Lettera di Pasqua

81 Lettera di “tre anni dopo”

91 Lettera di maggio

105 Lettera di Natale

115 Lettera “speciale” dal Brasile

119 Dopo il ritorno, lettera agli amici

121 Lettera straordinaria per l’alluvione

125 Lettera dopo l’alluvione

137 Lettera di fine estate (sette anni dopo)

147 Lettera del venticinquesimo

159 Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutta la creazione!

163 Dieci anni dopo

169 Una giornata in carcere

193 Lettera dell’amicizia dopo 14 anni di Brasile

203 Continuo il mio cammino con gioia piena

testimonianze

209 Don Renzo, un uomo innamorato di Dio di Mauro Barsi

213 Osservazioni e caratteristiche dell’attività missionaria diocesana di Sergio Merlini

219 Il ruolo di don Alfredo Nesi nella diffusione delle lettere dal Brasile di Matteo Del Perugia

Credere veramente in Dio e in un mondo migliore

Chi legge queste lettere – le lettere di don Renzo Rossi dal Brasile – fa sicuramente la stessa esperienza che ho fatto anch’io: sente che dentro vi palpita il cuore, con grande forza.

Don Renzo non scrive per dovere o per rispondere a un impegno preso con se stesso. Scrive assecondando il bisogno di stare in comu-nicazione e condividere con gli altri la propria esperienza.

Ecco perché afferma: «lo scrivere per me è il divertimento più grande».Scrive avendo dinanzi agli occhi tutte le persone che ha incontra-

to in Italia nei primi diciassette anni del suo sacerdozio (1948-1965): «vorrei scrivere a tutti, uno per uno, personalmente. La mia lettera è, nelle intenzioni e nel cuore, una lettera personale».

Questa confidenza personale, che è caratteristica del suo modo di porsi in relazione ed emerge in tutta la corrispondenza, viene talvolta anche sottolineata. Come quando, al quinto anno della esperienza brasiliana, avverte: «Questa è una lettera intima, personalissima. Il valore dell’amicizia mi è apparso qui in Brasile più grande e più in-tenso di quanto non credessi. Mai sono stato felice come ora. Eppu-re i primi due anni sono stati terribili sul piano sia della solitudine, sia del dover ricominciare tutto da capo. Ringrazio Dio perché ce l’ho fatta, a volte ho avuto veramente paura di non farcela. Ecco, ve lo confesso sinceramente, il vostro aiuto è stato determinante. Non lo ringrazierò mai abbastanza di essere fiorentino!».

Quante volte il canto del cuore gli uscirà spontaneo per ripetere: «Sono veramente sereno, in piena forza. Non dico che a volte non

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mi sia difficile accettare la realtà attuale, specie quando penso al mio “vecchio mondo”, ma dico che il Signore è tanto buono e mi dona continuamente tanta pace e tanta gioia per avergli detto di sì»; «Lui continua a riempirci della sua grazia. Nello stesso tempo aumenta per me la gioia di essere in Brasile»; «mi sento ogni giorno più feli-ce di essere prete in questa epoca meravigliosa e difficile, con tanti problemi nuovi, con tante prospettive piene di bene»; «non avrei mai creduto che si potesse essere tanto felici come preti! La mia vita è stata misurata soprattutto dalla gioia. Dopo 25 anni sento di non aver rischiato nulla, la gioia ha superato qualsiasi immaginazione».

Una gioia strettamente legata all’amicizia: «non mi sono mai pen-tito di essermi consacrato: proprio nel rinunziare ad un amore par-ticolare il cuore si allarga e diventa possibile essere di tutti ed amare tutti senza appartenere a nessuno. È qui, mi sembra, il segreto delle tantissime amicizie che il Signore mi ha donato».

Amicizie antiche, custodite ed alimentate anche a distanza, ma che non impediscono, anzi aiutano ad allargare il cuore a «questa gente – dice – che ci entra sempre più nel sangue e nel cuore, con-tinuando a scoprirne i lati buoni». E avvertendo il bisogno non solo di servire i poveri, ma di essere come loro, fino a mettersi, dopo un’alluvione, a riparare case di fango di famiglie poverissime, fino a «sentirsi quasi colpevoli di fronte a tanto dolore e a tanta nudità».

E fino a fargli dire, dopo lunga riflessione e preghiera: «ho scelto per sempre il Brasile» e, nell’autunno del 1981, dopo sedici anni di Bahia, «continuo il mio cammino con gioia piena». Pur nelle diffi-coltà della contestazione generale, pur nell’impegno di una ricerca di autenticità nel mondo dei poveri, pur nel costatare posizioni di rottura e nuove impostazioni di fede. «Tutto questo – confessa – non mi toglie la pace interiore, fiducioso nell’amore di Dio, ma la ricerca non è per questo meno dolorosa».

«L’essenziale – ci dice – è restare lì, essere dove Dio ci vuole, è cercare insieme alla gente, imparando da loro a non scoraggiarsi mai, a credere veramente in Dio e in un mondo migliore». «Allora, più tu scendi vicino agli ultimi, più ti scopri vicino a Dio. Ecco perché l’incontro con i prigionieri politici del presidio militare di San Paolo segnerà – dice espressamente don Renzo – uno dei giorni più belli della mia vita e del mio sacerdozio».

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È facile cogliere in questa “seconda giovinezza” – «ancora più bel-la della mia prima giovinezza», confida don Renzo – il desiderio acuto di trasmettere alla sua Chiesa e alla sua Firenze, di cui si sente orgogliosamente figlio, la passione della missione, l’attenzione affet-tuosa per imparare anche dagli altri ad affrontare le grandi sfide del Vangelo nel nostro tempo, ed insieme, «ogni giorno più urgente e struggente, il bisogno della contemplazione e della preghiera».

Queste lettere, pubblicate oggi, possono soffiare sulla fiamma qualche volta un po’ smorta della nostra fede, farci crescere nell’im-pegno ancora troppo debole di donare amicizia affinché la nostra gioia sia piena, e far palpitare, come diceva La Pira, la nostra speranza contro ogni speranza.

Card. Silvano Piovanelli

Introduzione

Quando mi sono capitate sottomano le copie originali delle “lettere dal Brasile”, fin dal primo momento mi sono reso conto che erano importanti; non potevo lasciare da parte una storia della chiesa fio-rentina così bella e intensa.

Una storia che continua ancora oggi, come permane l’amicizia che don Renzo mantiene con una grande quantità di persone con le quali ha condiviso quei momenti cosi drammatici e intensi.

Don Renzo Rossi, nato a Firenze nel 1925, entra in seminario a tredici anni e fin da seminarista sogna di partire in missione. Verrà ordinato sacerdote nel 1948 e nel corso degli anni svolgerà il suo ser-vizio nelle parrocchie di Montelupo, S. Gervasio, Brozzi, Vicchio del Mugello, Rifredi (con don Franci e mons. Facibeni) e infine al Porto di Mezzo a Lastra a Signa. Insieme alla sua attività parrocchiale porta avanti una presenza nelle fabbriche di Firenze (Italgas, Fiat, Officine delle Ferrovie a Porta a Prato). Nel 1964 chiese di partire missionario per l’India o in Africa ma inizialmente la sua richiesta non venne accolta. L’anno successivo il card. Florit gli indica il Brasile come destinazione per la sua missione, in quanto alcuni vescovi brasiliani avevano sollecitato personalmente il vescovo per l’invio di sacerdoti fiorentini. Nelle favelas di Salvador Bahia inizia la sua attività nella parrocchia di N.S. di Guadalupe, e negli anni successivi girerà per i grandi stati del Brasile a portare conforto ai prigionieri politici a seguito della dittatura militare (1970-1982). Tornerà definitivamente a Firenze nel 1997.

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Le “lettere dal Brasile” sono delle vecchie fotografie che aprono un album di ricordi della storia personale e comunitaria; nella prima lettera (scritta dopo appena quaranta giorni) don Renzo, seduto in riva al mare, ci saluta in modo affettuoso in portoghese, forse voleva sentirsi già brasiliano! Ma queste lettere non sono solo un diario, sono una continua riflessione sul suo operato, un ripensare a voce alta alle vicende quotidiane e ai grandi interrogativi che il conte-sto storico (siamo negli anni ’60) provocava; infatti torna sempre martellante quella domanda: «come è possibile l’evangelizzazione se prima non c’è una elevazione umana?».

Quelle che ho trascritto sono l’insieme delle lettere di don Renzo (ventidue in sedici anni) ridotte e riassunte rispetto alle originali. Visto che per lui era una gran gioia scrivere, non si è affatto rispar-miato e se dovessimo ristamparle per intero, ci vorrebbero almeno due volumi. Spero comunque di esser riuscito a lasciare integro lo stile tipico di don Renzo, amichevole, intenso e soprattutto gioioso. Il suo scrivere in modo confidenziale ci permette, anche a distanza di trentacinque anni, di sentirsi coinvolti nella vita quotidiana di quella comunità.

L’ampiezza di queste lettere non mi ha permesso di riportare gli scritti degli altri missionari in Brasile: infatti dopo le prime sette, scritte interamente da don Renzo, le successive comprendevano an-che scritti di don Sergio Merlini, don Paolo Tonucci e Maria Grassi. L’occasione del quarantesimo del premio assegnatogli dal Comu-ne di Firenze (novembre 1972-novembre 2012) all’intera comunità fiorentina in Brasile, potrebbe essere l’occasione per pubblicare gli scritti omessi adesso.

L’augurio che posso fare a ogni lettore è quello di sentirsi chiama-to in causa da questa storia, una storia di vera amicizia, di grande gioia, di fede autentica.

Matteo Del Perugia

Nonostante l’intenzione, don Renzo non è riuscito a correggere il mio lavoro di riduzione pur essendone favorevole; quindi mi assumo la re-sponsabilità di eventuali errori e omissioni.

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Prima lettera dal Brasile

Salvador Bahia, 8 dicembre 1965

Carissimi,ormai da quaranta giorni sono in Brasile, nel famoso Nord Est e

precisamente a Salvador, nello stato di Bahia.Sono dunque un prete brasiliano, anche se nel cuore mi sento

sempre fiorentino.Ancora non ho iniziato il mio lavoro di apostolato. In questi pri-

mi tempi ho seguito un corso di preparazione alla futura attività ed ho cercato di imparare la lingua portoghese. Tra due giorni andrò a Nazaré, una parrocchia dell’interno, per acquistare un po’ di pratica pastorale, tenendo conto degli usi e costumi brasiliani. Ai primi di gennaio sarò inviato finalmente nel campo di lavoro a me assegnato, precisamente Guadalupe, alla periferia di Salvador.

Sono sereno ed in pace, in perfetta salute ed allegro e quando mi prende un po’ di nostalgia mi difendo a base di parolacce (in fioren-tino!).

Veramente non pensavo di rivolgermi a tutti gli amici con una lettera circolare, essa mi appare strana, quasi un atto di vanità, tan-to per far parlare di me! Ma due sono i motivi che mi spingono a scrivervi. Prima di tutto sono contento di dar notizie di me ai tanti amici sparsi un po’ dovunque ed ai quali per mancanza di tempo non avrei mai potuto rivolgermi personalmente. L’amicizia per me è sacra e la considero come uno dei doni più belli che Dio abbia fatto al mio sacerdozio. In tal modo ho l’occasione di dare a tutti voi il mio saluto affettuoso e la certezza che vi ricordo sempre con gioia. E

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poi don Nesi dice che posso fare un po’ di bene partecipando ad altri il mio impegno interiore. Lui afferma che se Dio mi ha chiamato ad essere presente con il mio sacerdozio in tanti ambienti, dalle varie parrocchie alle officine, dal Porto di Mezzo alla Fiorentina, ho il do-vere, ora che ho iniziato un nuovo cammino, di mantenere i contatti per aiutare gli altri a dire di “sì” al Signore.

Ed allora ecco che, dopo lunga riflessione, mi son deciso a scriver-vi. Dopotutto, in questo momento ho abbastanza tempo a disposi-zione e poi, tra pochi giorni è Natale! Scrivo pensando a ciascun di voi in particolare, accettate questa lettera con semplicità, come un gesto di affettuosa amicizia.

Cominciamo dalle cose più spicciole, il clima; qui a dicembre è estate. Fa un gran caldo, temperato però dal vento che viene dal mare. Le scuole sono già terminate da una settimana. E penso a voi immersi nel freddo dell’inverno. Provate se vi riesce a dormire a fine-stra aperta e con il solo lenzuolo! Il cibo è buono, ma tutto diverso dalla cucina toscana, sempre a base di riso e fagioli!

A Rio de Janeiro dove sono sbarcato il 29 ottobre ho visitato le famose favelas, è una situazione indescrivibile; una delle esperienze più sconvolgenti del mio sacerdozio. Per tre ore sono stato tra loro ed ho incontrato la più terribile miseria umana, la fame nera, le ma-lattie, le capanne di legno o di alluminio, i tanti bambini nudi con i loro occhi meravigliosi. E lì accanto i grattacieli di Rio, contrasto stridente e accecante tra ricchezza e miseria. E non crediate che si tratti di un piccolo gruppo, a Rio esistono più di cento favelas con circa 10.000 abitanti l’una, per un totale di quasi un milione di per-sone. Pensate inoltre che tra quella povera gente non ci vive né un prete né un medico.

Da Rio sono risalito per circa 1.800 chilometri viaggiando in pul-lman per 34 ore continuamente. Tra continui saliscendi nel verde dei monti e delle pianure, sono arrivato a Salvador. E così durante il viaggio ho conosciuto un altro aspetto del Brasile; la vita di provin-cia, la vita dei piccoli villaggi dell’interno, un mondo tanto diverso dal mondo italiano!

Da Salvador poi, per seguire un corso di preparazione, sono sta-to trasferito nell’isola di Itaparica, in una posizione incantevole dal punto di vista naturale, ma avvolta ugualmente in tanta miseria.

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Nell’isola ci sono villaggi con migliaia di abitanti, lontani da ogni grado di civiltà.

Domenica, per esempio, ho celebrato la Messa a S. Amaro di Batù, paese di 4.000 persone, dove non abita il prete e viene celebra-ta la Messa soltanto ogni quindici giorni. Naturalmente miseria e la fame hanno qui dominio assoluto.

Il 17 Novembre ho visitato a Salvador, città moderna, pur con la sua ricca storia di ex-capitale del Brasile, gli “alagados”. Sono rimasto senza fiato! Una situazione peggiore di quella delle “favelas” di Rio. Impossibile fare la descrizione precisa, la realtà supera ogni fantasia.

Sono stato a visitare la parrocchia dove io ed un altro sacerdote italiano inizieremo ai primi di gennaio il nostro lavoro a “Nostra Si-gnora di Guadalupe”, una zona di circa 80.000 abitanti. Non esiste Chiesa parrocchiale, c’è soltanto una cappella (grande la metà della Chiesa del Porto di Mezzo). E naturalmente non c’è la canonica. Per noi due ci saranno soltanto due piccole stanze, una per ricevere le persone e per mangiare, l’altra per i nostri letti. Ma non vi preoccu-pate, siamo allegri e tutto è grazia. I preti di Salvador ci hanno detto che la zona di “Guadalupe”, dopo quella degli “alagados”, è la più povera di Salvador.

La diocesi è composta di quasi due milioni di abitanti e ha appena 64 preti, quasi la metà di questi supera i 60 anni, esistono parrocchie di 40.000 persone senza prete e con una Messa celebrata soltanto la domenica. E penso a tanti parroci italiani con quattrocento anime. La frequenza alla Chiesa è minima, appena il 5% della popolazione è avvicinata dal prete. Specialmente alla periferia, la maggior parte delle unioni matrimoniali e dei funerali avvengono senza la presenza del sacerdote.

Esistono in Brasile problemi di natura pastorale veramente ter-ribili, inimmaginabili nella nostra Italia. Eppure il popolo è vera-mente buono. Non esistono forme di anticlericalismo, ma solo una tremenda ignoranza religiosa, causata dalla mancanza di assistenza spirituale. C’è qui una bontà naturale, un desiderio di comprensio-ne che aprono al futuro grandi possibilità di bene, purché ci siano apostoli, preti e laici, disposti a donarsi totalmente. Attualmente la chiesa come realtà viva è in pratica assente, nonostante che i preti di quaggiù siano veramente generosi e lavorino con intelligenza, ma la

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loro presenza è insufficiente per dare al popolo il senso della chiesa come madre.

Due aspetti colpiscono immediatamente chi arriva nel nord est del Brasile, la grande ricchezza e la grande miseria, l’ingiustizia so-ciale tremenda con una fame ed una povertà non misurabili statisti-camente. Ma quel che in un certo senso è ancora più terribile è che il popolo, eccetto un piccolo gruppo di giovani che fa sul serio ma che per ora non ha in mano alcun strumento politico, non avverte il peso morale della ingiustizia sociale a cui è sottoposto; vive e lascia vivere, quasi con un senso di fatalismo. Inoltre, per la situa-zione politica del Brasile, chi parla più forte di ingiustizia è tacciato di comunismo (accusa che è rivolta tanto spesso anche ai Vescovi brasiliani!).

Ecco dunque le mie prime impressioni! Dopo quaranta giorni mi rendo conto che ho fatto bene a venire in Brasile. La scelta del Car-dinale di Firenze, dopo aver dato il suo consenso alla mia partenza per le Missioni, è stata giustissima. È qui il mio posto! Penso, al bene che avrei potuto fare a Firenze, in parrocchia, nelle officine ed in altri ambienti, ma è solo una tentazione. Prima di tutto sono convinto che è il Signore che fa tutto (noi siamo solo poveri strumenti nelle sue mani) e poi del bene da fare ce n’è enormemente di più quaggiù.

Dappertutto è Chiesa! Sono infatti venuto qui in Brasile non per spirito di avventura né per scontentezza ma per una lenta matura-zione dei mio sacerdozio. La decisione di partire missionario si è svi-luppata in me da alcuni anni ed è diventata chiarissima nel silenzio della mia parrocchia di Porto di Mezzo, a quaranta anni c’è, a volte, una seconda chiamata del Signore.

E così Lui mi ha fatto l’immenso dono di chiamarmi di nuovo. Ed io gli ho detto di sì, ecco qui, niente di speciale, soltanto un sì.

Ma ora basta davvero! Forse vi annoio! non so, ma resta il fat-to che ora, dopo questa lunga chiacchierata, sono più contento. Vi sono tanto vicino, cari amici, e vi ricordo con gioia e con affetto.

Prego per voi affinché nella vostra realtà quotidiana, siate capaci di dire sempre di si qualunque cosa Egli vi chieda, rinnovando ogni giorno il vostro impegno di bene.

Nel giorno di Natale vi penserò in modo particolare. Anche voi ricordatevi di me, di questo prete bischero, trapiantato in Brasile,

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che vi vuole un gran bene e che è venuto quaggiù anche per voi. Che Gesù Bambino vi accarezzi e metta tanta pace nel vostro cuore!

Salutissimi ai vostri cari e alle vostre famiglie. Ricordo tutti, uno per uno.

Até logo e o Senhor vos acompanhe!!!Un abbraccio fraterno

Renzo Rossi, prete

pietra di paragone

Si tratta di testi che ripropongono al vasto pubblico esperienze significative, memorie nasco-ste, testimonianze, biografie, documenti e approfondimenti sul pensiero e l’opera di uomini che nel loro impegno quotidiano (civile, politico, religioso) hanno avvertito come cruciale la domanda sul significato della loro esistenza.

Piero Bargellini, Il miracolo di Firenze. I giorni dell’alluvione e gli “angioli del fango”, con un testo di Lelia Cartei Bargellini, 2006

Edoardo Martinelli, Don Lorenzo Milani. Dal motivo occasionale al motivo profon-do, con il testo integrale della Lettera ai giudici, 2007

Giorgio La Pira. I miei pensieri, a cura di Riccardo Bigi, con una testimonianza di Giulio Andreotti, 2007

Silvano Piovanelli, Don Giulio Facibeni. «Il povero facchino della divina provviden-za», 2008

Don Divo Barsotti. Il cercatore di Dio. Dieci anni di interviste, a cura di Andrea Fagioli, presentazione di Camillo Ruini, 2008

Rolando Perri, Presenze femminili nella vita di don Lorenzo Milani. Tra misoginia e femminismo ante litteram, 2009

Alberto Migone, Testimoni nel quotidiano, a cura di «Toscana Oggi», introduzione di Andrea Fagioli e Romanello Cantini, 2010

Mario Bertini, Don Carlo Zaccaro: la fantasia dell’amore, Profilo biografico, interviste, testimonianze, presentazione di Mario Graev, 2011

Andrea Bellandi, Francesco Mininni, Roberto Benigni. Da «Berlinguer ti voglio bene» alla «Divina Commedia»: il percorso di un comico che si interroga su Dio, a cura di Riccardo Bigi, 2011

Antonio Miscio, I Salesiani di don Bosco a Firenze (1881-2011), 2011Silvano Nistri, Elia Dalla Costa, prefazione di Giuseppe Betori, 2011Pierfrancesco Amati, Don Mario Boretti, 2012