LETTERA DEL PARROCO - parrocchie.it file/segno_dic2018.pdf · in un mostruoso puzzle. Credo che si...

22
LETTERA DEL PARROCO Cari fratelli e care sorelle nel Signore, il Natale si avvicina e tutti siamo presi dal suo fascino, perché cele- brare la nascita di un bimbo, che è il Figlio di Dio, è mistero che ac- comuna l’umanità intera: a ogni madre e padre che tengono in brac- cio il proprio bimbo, infatti, brillano gli occhi, si allarga il cuore e so- gnano, sognano mondi e universi meravigliosi… È il tempo della speranza che fiorisce come il calicanto, il gelsomino, la violetta del pensiero e la più nota stella di Natale. Viene proprio da ringraziare con le parole di San Francesco l’Altissimo, Onnipotente Buon Signo- re che ci regala, anche in inverno, profumi e colori. È il Vangelo della terra donato a tutti coloro che hanno naso per sentire, occhi per ve- dere: cosa per nulla semplice, infatti, San Francesco scrisse il Canti- co delle Creature solo al termine della sua vita e questo deve farci lungamente pensare. In queste settimane sto girando per le case del nostro quartiere per incontrarvi e portare la Benedizione del Signore a tutti. Un gesto semplice, ma molto significativo, anzi, oserei dire evangelico: il Si- gnore sta davanti alla tua porta, bussa, desidera entrare proprio da te, nella tua casa, che, se gli apri, diventa anche la sua. Non gli im- porta com’è la tua casa: con te condividerà la gioia e la sofferenza per accendere la speranza proprio lì dove tu abiti. Portare la benedi- zione del Signore vuol dire poter essere un segno del desiderio di Dio di incontrarvi, che per me è una grande grazia, e al contempo Leggiamo insieme la Parola pag. 4 Un canto per il presepe pag. 8 Cresime 2018 pag. 9 “Adorazione dei Magi” al museo diocesano pag. 11 Gruppi di ascolto della Parola di Dio nelle case pag. 13 Ci hanno parlato… Oscar Romero profeta, pastore e martire pag. 6 In questo numero: Parrocchia Angeli Custodi Via Pietro Colletta 21, Milano www.parrocchie.it/milano/angelicustodi [email protected] Anno 2018, numero 12 - mese di dicembre Per inviare suggerimenti, lettere e articoli scrivere a: [email protected]

Transcript of LETTERA DEL PARROCO - parrocchie.it file/segno_dic2018.pdf · in un mostruoso puzzle. Credo che si...

LETTERA DEL PARROCO

Cari fratelli e care sorelle nel Signore,

il Natale si avvicina e tutti siamo presi dal suo fascino, perché cele-

brare la nascita di un bimbo, che è il Figlio di Dio, è mistero che ac-

comuna l’umanità intera: a ogni madre e padre che tengono in brac-

cio il proprio bimbo, infatti, brillano gli occhi, si allarga il cuore e so-

gnano, sognano mondi e universi meravigliosi… È il tempo della

speranza che fiorisce come il calicanto, il gelsomino, la violetta del

pensiero e la più nota stella di Natale. Viene proprio da ringraziare con le parole di San Francesco l’Altissimo, Onnipotente Buon Signo-re che ci regala, anche in inverno, profumi e colori. È il Vangelo della

terra donato a tutti coloro che hanno naso per sentire, occhi per ve-dere: cosa per nulla semplice, infatti, San Francesco scrisse il Canti-

co delle Creature solo al termine della sua vita e questo deve farci lungamente pensare.

In queste settimane sto girando per le case del nostro quartiere per

incontrarvi e portare la Benedizione del Signore a tutti. Un gesto semplice, ma molto significativo, anzi, oserei dire evangelico: il Si-

gnore sta davanti alla tua porta, bussa, desidera entrare proprio da te, nella tua casa, che, se gli apri, diventa anche la sua. Non gli im-

porta com’è la tua casa: con te condividerà la gioia e la sofferenza

per accendere la speranza proprio lì dove tu abiti. Portare la benedi-

zione del Signore vuol dire poter essere un segno del desiderio di

Dio di incontrarvi, che per me è una grande grazia, e al contempo

Leggiamo insieme la Parola pag. 4

Un canto per il presepe pag. 8

Cresime 2018 pag. 9

“Adorazione dei Magi” al museo diocesano pag. 11

Gruppi di ascolto della Parola di Dio nelle case pag. 13

Ci hanno parlato… Oscar Romero profeta, pastore e martire pag. 6

In questo numero:

Parr

occh

ia A

ngel

i Cus

todi

V

ia P

ietr

o C

olle

tta 2

1, M

ilano

w

ww

.par

rocc

hie.

it/m

ilano

/ang

elic

usto

di

ange

licus

todi

mi@

alic

e.it

Ann

o 20

18, n

umer

o 12

- m

ese

di d

icem

bre

Per inviare suggerimenti, lettere e articoli scrivere a: [email protected]

anche accogliere ciascuno di voi come segno di Dio per me, un’altra grande grazia. Pen-

so che sia questo il motivo vero della mia fatica: aprire la porta a Dio è cosa seria per

me e per voi.

Nel frattempo cerco di mantenere i consueti impegni e soprattutto di prendere in mano

la liturgia delle diverse celebrazioni del Natale, perché Natale non è solo la nascita di

Gesù, ma anche quanto viene dopo.

E dopo viene S. Stefano, S. Giovanni evangelista, i Santi Innocenti, la Circoncisione

(ovvero il primo gennaio, che è anche la Giornata della Pace), l’Epifania e il Battesimo

del Signore, ultima festa che chiude il tempo natalizio. Beh, ce ne sarebbe da meditare

e da dire, perché l’impressione, ma è molto più di una semplice impressione, è che il Na-

tale offuschi tutto il resto. Se a Natale, infatti, quasi tutti vanno a messa, per gli altri

giorni le cose non stanno così e lo sappiamo bene: siamo ostaggi di vacanze, viaggi, vi-

site ai parenti, celebrazioni di fine e inizio anno e quant’altro. Certo, la frequenza alla

messa è solo un indicatore dello stato di salute della nostra fede e la parrocchia non è

un monastero, ma qualche interrogativo e riflessione circa la qualità e lo spessore della

nostra coscienza cristiana mi pare pertinente. La liturgia è maestra di vita, cibo solido e sorgente d’acqua viva per il credente, che mosso dallo Spirito si sfama e si disseta lì co-

me non potrebbe fare da nessun’altra parte. Lascio a ciascuno di voi la scelta coraggiosa di guardare in faccia, fino in fondo, il Mi-

stero di Dio fatto uomo: prima o poi sarà da fare. E come spunto condivido volentieri con voi un testo che ho scritto qualche anno fa per la rivista Il gallo circa la festa dei Santi

Innocenti Martiri. *Pochi giorni dopo Natale la liturgia della Chiesa, in Oriente come in Occidente, celebra

la festa dei Santi Innocenti Martiri. A essere franchi e schietti non so quanti cristiani ne

siano veramente al corrente, se vadano in chiesa anche in quel giorno (dopo le fatiche

notturne e diurne del Natale…), se siano interiormente disposti a entrare in questo mi-

stero, che è tremendo e fascinoso: la tragica morte di bimbi innocenti “che senza parlare

confessarono col sangue il tuo Figlio, Salvatore del mondo” (Orazione dopo la comunio-

ne). Eppure la liturgia, che è la fonte e la culla della vita spirituale, ci conduce qui dove

la vita del Figlio di Dio incrocia tragicamente la vita di diversi figli di uomo: non si può,

quindi, far finta di niente e voltarsi dall’altra parte. E confesso che questa festa mi met-

te sempre a disagio, perché c’è qualcosa che rimane sospeso, in attesa di una risposta: è il dolore di quelle madri cui la violenza di Erode ha strappato i figli. “Rachele piange i

suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più” (Mt 2, 18), sono le parole

con cui si conclude la lettura evangelica del giorno e quel punto seguito dalla proclama-

zione Parola del Signore! mi cade addosso e pesa come una montagna. Il dolore incon-

solabile di quelle madri mi sembra un giavellotto scagliato contro il cielo: un urlo senza

fine né fondo che ti toglie la parola e a ragione.

Pagina 2

Pagina 3

E in quell’urlo risuonano le urla di tanti uomini e donne che lungo l’anno ho raccolto

dentro e fuori il confessionale e che mi hanno trapassato l’anima come una spada a

doppio taglio: per chi urla così non c’è e non ci sarà più Natale. Questa è la verità incon-

fessabile in un tempo di letizia come il Natale e che quando prende voce e diventa paro-

la dice: “Perché l’angelo del Signore apparve in sogno solamente a Giuseppe? Perché

Dio non ha mosso un dito per mio figlio?…il sangue di mio figlio…perché?”.

Credo che non sia sufficiente dire che Dio non c’entra perché la colpa è solamente di

Erode, dell’uomo malvagio, che non manca mai purtroppo sulla scena di questo mondo.

Credo che sia iniquo dire che è il disegno di Dio ignoto a noi poveri umani, la sua imper-

scrutabile volontà, che poi un giorno tutto sarà chiarito e andrà a posto, come se si po-

tesse dare una ragione alle urla di quelle madri e immaginare che Dio componga tutto

in un mostruoso puzzle.

Credo che si debba custodire quell’urlo, contro il cielo e senza fine, dell’innocente, per-

ché vaccina per sempre la nostra fede dall’ideologia e la conserva umana ovvero di uo-

mini che vivono su questa terra nell’attesa del compimento.

In fondo, a Natale è solo iniziata la storia di un uomo che è il Figlio di Dio e che sulla croce lancerà il suo urlo da innocente contro il cielo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab-

bandonato?”. E se Lui l’ha fatto, allora quelle madri (e ogni uomo) ne hanno tutto il dirit-to.

Che cos’è, infine, il Natale?

Forse il più bel regalo di Natale è proprio questo interrogativo che ci cade addosso dopo aver visto e sentito le lacrime e l’urlo di Rachele. E forse la risposta sta nel mantenere aperta e viva la domanda.

Buon Natale! Don Guido

Pagina 4

Lo scorso incontro di redazione, come talvolta accade, è incominciato con la lettura dei brani del-la liturgia della festa di Santo Stefano che sarà ce-lebrata appena dopo Natale. Con il martirio di Stefano (26 dicembre) e la strage degli Innocenti (28 dicembre) il calendario liturgico “apre” alla morte e indirettamente alla passione di Gesù. Abbiamo letto tre brani (le due letture e il Vange-lo), forse non troppo legati tra loro e che ci han-no messo un po’ in difficoltà nel commento indivi-duale, ma che nel seguito cerchiamo di riassume-re. Il primo brano ripercorre il martirio di Stefano dalla sua accusa fino alla sua uccisione. Stefano è icona di Gesù. Come successe a Gesù, così succe-de a Stefano: i sacerdoti lo accusano di pronuncia-re parole blasfeme e con la complicità di falsi te-stimoni lo condannano a morte. Il racconto di Stefano purtroppo non fa dormire sonni tranquilli poiché allora, come oggi, tanti cri-stiani e non solo, in diverse parti del mondo, sono perseguitati, imprigionati, massacrati e condannati a morte senza processo. Ma ancor più evidente è quanto i falsi testimoni e i traditori siano quasi sempre una componente essenziale nell’uccisione di persone innocenti e quanto sembrino muovere i fili di qualsiasi epoca storica. Stefano, durante la sua uccisione, conserva la fede fino alla fine, combatte la sua battaglia fissando il cielo, mentre, di contro, i sacerdoti furibondi di-grignano i denti. L’uno e gli altri sembrano raffigu-rare il bene e il male anche negli atteggiamenti corporei e nelle loro azioni. Ci è sorta subito una domanda: io sarei in grado

di fissare il cielo e di resistere fino in fondo da-vanti ad una condanna a morte a causa del mio credere, dei miei ideali? La prima lettura ancora ci ha offerto qualche al-tro interrogativo e spunto di riflessione: la Parola di Dio e il Vangelo sovvertono le usanze, sono anticlericali e la religione non è quindi obbedienza a delle regole o a dei precetti, ma è essere fedeli alla “legge di Gesù” che è amore, giustizia e acco-glienza verso gli altri. La seconda lettura ribadisce ancora una volta che la Scrittura è il fondamento del cristiano a cui ri-ferirsi per essere discepoli di Gesù e a cui riferirsi per perseguire la giustizia e “combattere” la buo-na battaglia. E la Scrittura deve essere sempre presente e co-stante nella vita di tutti i giorni, nei momenti op-portuni e anche in quelli non opportuni, per su-perare l’indifferenza degli uomini e per superare l’indifferenza che, spesso, la circonda. Il Vangelo di Matteo, oltre a sottolineare il dove-re civico di ogni cittadino di pagare le tasse, sot-tolinea ancora una volta la chiamata alla libertà del Vangelo: Gesù, facendosi uomo e nostro fra-tello, ci rende liberi, così che l’unico tributo che dobbiamo pagare è l’amore fraterno. Bizzarro è anche l’episodio della moneta presente nella bocca del pesce nella parte finale del brano di Vangelo, intesa come una metafora del fatto che Gesù ha già pagato per noi con la sua morte in croce e che dunque, come figli di Dio, non ab-biamo più nulla da pagare.

Leggiamo insieme la Parola

Fabrizio Favero

Lettura degli Atti degli Apostoli 6, 8 – 7, 2a; 7, 51 – 8, 4 In quei giorni. Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronun-ciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scri-bi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quin-di falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la

Pagina 5

Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato». E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo. Disse allora il sommo sacerdote: «Le cose stanno proprio così?». Stefano rispose: «Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito San-to. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguita-to? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascina-rono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un gio-vane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad ecce-zione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola. Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 3, 16 – 4, 8 Carissimo, tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buo-na. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manife-stazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammo-nisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu pe-rò vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero. Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Lettura del Vangelo secondo Matteo 17, 24-27 In quel tempo. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi ri-scuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e pren-di il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e con-segnala loro per me e per te».

Pagina 6

Un vescovo inciampato nella miseria «Ma io non sapevo!» questa riconoscente e turba-ta esclamazione di una signora nel gruppo degli ascoltatori sintetizza il clima della serata nella sala Don Peppino dello scorso 22 ottobre dedicata a Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, as-sassinato mentre celebrava la messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza e ricono-sciuto santo il 14 ottobre. Ce ne parlava Alberto Vitali, prete e responsabile per la pastorale dei migranti della diocesi di Milano, appassionato e appassionante studioso di monsignor Romero. Chi volesse conoscere i dettagli della vicenda per-sonale di Oscar Arnulfo Romero, la sua personali-tà, la sua formazione, chi gli è stato amico e chi avversario, la qualità della sua fede e la fedeltà al popolo nel quale ha sentito la parola del Signore, troverà ampia soddisfazione proprio nel volume di Alberto Vitali, Oscar A. Romero pastore di agnelli e lupi, edizioni Paoline 2017, pp 330, 20,00€. A noi don Alberto ha presentato la figura dell’ar-civescovo martire soprattutto per ricordarci che il cristianesimo non si esaurisce in chiesa, cambia la vita ed è un rischio: se fosse accolto non solo nel culto, ma informasse il modo di pensare e di agire di chi è convinto di credere, vivremmo in una società meno violenta e meno ingiusta. I santi non si riconoscono dall’aureola che gli viene di-pinta nei santini dove sono ritratti sorridenti e benedicenti, ma dalla fedeltà al Cristo, magari fra dubbi e timori, contraddizioni e conversioni. I riferimenti al presente in Italia e oltreoceano sono inquietanti e don Alberto non li lascia in ombra. La figura di Oscar Romero viene inquadrata nella storia, nella politica, nell’economia del Salvador, dove un popolo, come molti altri latinoamericani, è costretto alla miseria da una dittatura che nega dignità e libertà massacrando decine di migliaia di persone senza risparmiare i preti. Né, purtroppo, le cose sono migliorate dopo il martirio dell’arci-vescovo.

Il giovane Romero nasce e cresce nel Salvador da dove i superiori del seminario lo inviano a Roma per studiare e per un’opportuna immersione nel cattolicesimo romano, fatto di disciplina e di de-vozione, di anticomunismo e diffidenza per qua-lunque iniziativa ostile al potere, tanto più se, co-me nel caso del Salvador, rappresentato da per-sonaggi dichiaratamente cattolici. Per difficoltà nel rientro in America, a causa della guerra, don Oscar sarà consacrato prete a Roma: al ritorno in patria si trova fra i pochi membri onesti del corrotto clero salvadoregno e questo determina per il giovane prete subito incarichi di responsa-bilità: a cinquantatre anni, apprezzato e stimato, schierato con i conservatori, arriverà la consacra-zione episcopale. Come ha sempre fatto in tutti gli incarichi, anche da vescovo Romero dedica personalmente tempo e risorse ai poveri, senza tuttavia perdere fiducia nei ricchi latifondisti, nel governo e senza chiedersi se la diffusa miseria nel Salvador fosse riconducibile a qualche responsa-bilità. Vescovo di Santiago, una delle regioni più povere del Salvador, Romero, come dichiara lui stesso, «inciampa nella miseria del suo popolo». Osser-vando le condizioni della gente, ripensa alla famo-sa espressione di Helder Camera, brasiliano arci-vescovo di Recife e fra i più dinamici padri conci-liari: «Quando do da mangiare ai poveri dicono che sono un buon cristiano; quando mi chiedo perché ci sono i poveri, mi dicono che sono co-munista». Il credente cristiano non può ignorare la realtà, non può chiamarsi estraneo ai problemi dell’ambiente in cui vive: deve essere capace di ricredersi e trovare il coraggio per la coerenza fino alla croce, anche quando gli viene meno il sostegno della sua chiesa. Romero riconosce nel popolo la sorgente della rivelazione che non può tradire. Qualche anno prima, nel 1968 la conferenza epi-scopale latino americana si riunisce a Medellin, in Colombia, dove, alla presenza di Paolo VI - pro-clamato santo proprio insieme a Romero - si

Ci hanno parlato…

Oscar Romero pastore, profeta e martire (a cura di Ugo Basso)

Pagina 7

discute della cosiddetta teologia della liberazione, posizione molto avanzata di un gruppo di giovani preti e laici cattolici latinoamericani sostenitori dell’impegno politico per la liberazione dei popoli oppressi dalle oligarchie nazionali che si reggono con l’appoggio degli Stati Uniti. Questa posizione di denuncia e di lotta è fortemente osteggiata dal-la gran parte dell’episcopato latinoamericano e dal Vaticano, per una certa tolleranza di azioni violen-te nella lotta per la liberazione e qualche condivi-sione dell’analisi marxista della società, ma soprat-tutto per la preoccupazione di alienarsi i latifondi-sti e gli industriali locali, da secoli clericali e mol-to generosi nei confronti della chiesa. Vescovo dei lupi e degli agnelli, Romero prende le distanze dai teologi della liberazione e non si op-pone alla reazionaria oligarchia salvadoregna: su queste posizioni viene nominato arcivescovo della capitale del Salvador, San Salvador. La rivelazione della intollerabile violenza operata dall’esercito e dalla Guardia nazionale sarà il mar-tirio dell’amico gesuita padre Rutilio Grande a po-chi mesi dalla nomina ad arcivescovo, ma non cre-de ancora che si tratti di una repressione sistema-tica e organizzata contro il popolo fino a quando, ospite di un amico industriale, scopre che il sala-rio dei dipendenti è inferiore al minimo sindacale e devono sottostare a ordini disumani senza pos-sibilità di opposizione. Rifiuta l’automobile che gli viene regalata e non accetta di risiedere in episco-pio: il vescovo non può risiedere in un palazzo quando i contadini salvadoregni non hanno casa. Don Milani diceva che non può neppure parlare dei poveri chi non è povero come loro. In una visita in Vaticano lo stesso pontefice gli rac-comanda prudenza, in sostanza di non prendere posizione contro la violenza del potere; ma ormai Romero decide in autonomia, secondo il vangelo. La relazione di don Alberto ricostruisce con emo-

zionata partecipazione gli ultimi mesi della vita dell’arcivescovo dopo la conversione: prima i poveri, prima anche delle disposizioni dei supe-riori. L’arcivescovo raccoglie personalmente cadaveri massacrati di preti, sostiene in giudizio contadini denunciati per opposizione al regime, valendosi della competenza dell’avvocato Marianela Garcia Villas che sarà a sua volta assassinata, a quaranta-quattro anni, e, istallando una potente antenna radio, presto fatta distruggere, diffonde le sue omelie in cattedrale in cui, con la chiarezza del vangelo, denuncia i responsabili delle ingiustizie sociali e delle violenze. È la voce dei senza voce con cui firma la propria condanna: il regime non può accettare che ai militari cattolici sia chiesto di obiettare e di non eseguire gli ordini contro Dio. Il 23 marzo supplica gli ufficiali di cessare la repressione, il 24 è assassinato su ordine di Ro-berto D'Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore. La morte dell’arcivescovo, assassinato sull’altare, suscita grande emozione nel mondo non solo cat-tolico: Il suo funerale, a cui il papa partecipa con un delegato, riunisce nella piazza della cattedrale un numero immenso di cittadini fra i quali una bomba uccide almeno cinquanta persone, senza che sia mai comunicato un bilancio ufficiale. Il processo per la beatificazione va a rilento e co-nosce opposizioni sia nell’episcopato latinoameri-cano, sia in Vaticano: non sarebbe possibile rico-noscere un martirio di cui siano responsabili agenti cattolici e non “in odio fidei”. Martire sa-rebbe solo chi viene ucciso per la sua fede, non per le azioni: ma le scelte che sono costate la vita a Romero sono tutte ispirate proprio dalla sua fede. Sarà la determinazione di papa Francesco a riconoscere il martirio di Romero e a proclamar-ne la santificazione.

Pagina 8

Ottobre era quasi al termine e nulla ispirava la nostra immaginazione a sviluppare un tema per il presepe dell‘imminente Natale. La proposta di leggere un canto della nostra anti-ca tradizione, messo in repertorio dal coro per la notte di natale, ci ha aperto uno scenario incanta-to, luminoso e carico di emozioni. Quanno nascette ninno, composto nel dicembre 1754 da Alfonso Maria de’Liguori come pastorale e prima nella parlata napoletana, proprio perché il testo fosse compreso dai fedeli stessi. I versi ma-nifestano l’esuberante calore e amore della fede popolare nell’immaginario tipicamente parteno-peo. Lo avevamo sentito più volte, ma mai ci eravamo soffermati a riflettere sui colori che la poesia esprime. Con lo spirito disposto all’ascolto, si apre l’imma-gine su un angolo della terra in cui sarebbe bello poter vivere: un angolo tinto da mille sfumature, in cui aleggia un’aria leggera, luminosa, profuma-ta…. una pace! come quando ci si trova a passeg-giare in un bosco, si raggiunge la cima di una montagna, o in barca al largo con il mare in bo-naccia.

Ma a godere di questa pace non si è soli, c’è la vita, ossia il modello di vita che Gesù ci ha dona-to con l’esempio e nel comandamento dell’amore verso il prossimo predicato nel vangelo dove l’uomo è fratello all’uomo in un mondo senza li-miti ne ostacoli ne confini, ne conflitti, da molti atteso: un mondo di LUCE che si accende ogni anno con la nascita di Gesù…o Ninno.

La luce che Gesù ha portato nel mondo vince la cecità dell’uomo, La luce che ci offre il mondo è una luce artificiale. Forse forte, più forte di quella di Gesù. Forte come un fuoco di artificio, come un flash della fotografia. Sta a noi saper discer-nere quale luce viene da Dio.

È questo il senso della riflessione proposta da Papa Francesco durante la messa celebrata la mattina di qualche anno fa.

Gesù è una luce mite, è una luce tranquilla, è una luce di pace. È come la luce della notte di Natale: si offre e dà pace. La luce di Gesù è una luce che viene nel cuore.

Un canto per il Presepe

P&F

Quanno nascette Ninno

Quanno nascette Ninno a Bettlemme Era nott'e pareva miezo juorno

Maje le stelle - lustre e belle - se vedetteno accossí: E a cchiù lucente

Jett'a chiammà li Magge all'Uriente

Co tutto ch'era vierno, Ninno bello, Nascetteno a migliara rose e sciure

Pe 'nsí o ffieno sicco e tuosto Che fuje puosto - sott'a Te,

Se 'nfigliulette, E de frunnelle e sciure se vestette.

No 'nc'erano nnemmice pe la terra,

La pecora pasceva co lione; Co' o caprette - se vedette

L'urzo e o vitiello E co' lo lupo 'npace o pecoriello.

Se rrevotaje nsomma tutt'o Munno,

Lu cielo, a terra, o mare, e tutt'i gente. Chi dormeva - se senteva

'Npiett'o core pazzeà Pe la priezza;

E se sonnava pace e contentezza.

Guardavano le ppecore i Pasturi, E n'Angelo sbrannente cchiù d'o sole

Comparette - e le dicette: No ve spaventate no;

Contento e riso La terra è arreventata Paraviso.

Pagina 9

Veglia I nostri 27 ragazzi di prima media e un’adulta il 27 e il 28 ottobre sono stati impegnati per la veglia sabato e per la messa con la celebrazione del rito domenica. Rispetto ad altre veglie cui ho partecipa-to ,quest'anno mi è sembrata più coinvolgente per i genitori e per i ragazzi che avevano ognuno un compito preciso. Dopo il rito del fuoco, svoltosi sul sagrato, ac-compagnato da quattro letture e dall'organo suo-nato da un papà, i cresimandi sono entrati nel bat-tistero dove, mentre sentivano un soave profumo di bergamotto, hanno ricevuto un lumino acceso e l'hanno messo sull'altare presso il cero pasquale. A seguire c'è stata la benedizione dei ragazzi .Due genitori hanno portato crisma ed evangelario all'altare e un altro ha letto 1 cor.15,1-5 . Si è quindi svolta la presentazione dei sette doni dello spirito santo: alcuni hanno recato, facendoli ben vedere ad uno ad uno dei simboli: 1.SAPIENZA: sale 2.INTELLETTO: lente di ingrandimento 3.CONSIGLIO: bussola 4.FORZA: pesi 5. SCIENZA: fonendoscopio 6.PIETA': pane e acqua 7.TIMOR di DIO: rosario altri invece hanno spiegato il significato del dono.Il parroco ha letto brani biblici inerenti. Dopo di ciò c’è stata la lettura di 1 Cor.12, lettu-ra che a me piace molto perché ricorda che "Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; di-versità di ministeri, ma uno solo è il Signore che opera tutto in tutti".... come infatti il corpo pur essendo uno ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte ,sono un sol corpo, così anche Cristo.... ora voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ciascuna per la sua parte." A questo punto i ragazzi sono andati dai genitori a ritirare un mattone di cartone da loro costruito con su scritta un’opera di misericordia corporale

o spirituale da loro scelta. Questo gesto a significare che per vivere il vange-lo occorre edificare la chiesa in un mondo nuovo (la cresima è il sacramento che fa maturare nella fede). Insieme la proclamazione di rinuncia a Satana, poi il Credo. A conclusione il Magnificat (anima mea Domi-num) e dopo la benedizione un altro canto adatto a chi intraprende un cammino spirituale e chiede al Signore di stargli accanto. I cresimandi sono stati attenti e con loro anche i genitori hanno mostrato contentezza per questo gesto e per l'impegno messo.

Paola Tufigno

Messa e rito L'indomani mattina ci ha svegliato una pioggia in-tensa che ha impedito di fare come di solito la processione dalla sala don Peppino alla Chiesa. I cresimandi si sono disposti sull'altare a semicer-chio. Le letture erano quelle della prima domenica do-po la dedicazione, come da calendario liturgico. Per quanto riguarda i canti si è tenuto conto del valore del sacramento e del percorso fatto dai ragazzi: tra gli altri si è scelto il noto inno allo Spi-rito Santo (Discendi Santo Spirito) e il salmo 8 che i fanciulli hanno imparato per la prima comu-nione. Nel complesso tutto si è svolto in un clima di se-renità, raccoglimento, ordine e semplicità. Una nota singolare (per noi catechiste) è stato constatare che al vescovo (sua Eminenza Giusep-pe Merisi) i ragazzi non sempre rispondessero come gli avevamo insegnato. Il vescovo ha ben chiarito alcuni punti e che cosa significhi Confermazione. Ci siamo rese conto che i ragazzi erano proprio emozionati: dov’erano finite la spavalderia e l’in-differenza che a volte saltavano fuori? La loro età attraversa alti e bassi e a volte dicono cose che non ci devono "spaventare" come: "se fosse per me io non verrei a catechismo, ma i miei genitori mi mandano".

Cresime 2018

Pagina 10

Altri si sono sempre dimostrati curiosi in questo percorso di iniziazione cristiana e speriamo che i semi buttati possano fruttificare. Insieme con Silvana, Giovanna, Simona, ricordo Fausta e suor Luisa che per un po' hanno seguito questi adolescenti. Ringraziamo tutti quelli che hanno contribuito a rendere questa celebrazione una festa della comu-

nità: il Vescovo, il parroco, il servizio di acco-glienza, i chierichetti, Edvige, il coro, i ragazzi, i genitori, i padrini, le madrine, chi ha abbellito l’al-tare e la chiesa, chi ha procurato il bergamotto e anche nonni, tate e fratelli che spesso hanno ac-compagnato i bambini, ora cresciuti, all'ora di ca-techismo.

Paola Tufigno e C.

CALENDARIO DICEMBRE 2018

Giovedì 13 Tombolata … natalizia Durante questo piacevole pomeriggio in amicizia festeggiamo i compleanni degli amici nati nei mesi di novembre e dicembre.

TUTTI GLI INCONTRI SI SVOLGONO NELLA SALA DON PEPPINO ALLE ORE 15.30

Gli incontri riprendono, dopo la pausa natalizia, giovedì 10 gennaio 2019

Pagina 11

Sabato 24 novembre noi catechiste del gruppo di IV elementare siamo andate al Museo Diocesano di Milano con i nostri bambini e i loro genitori per ammirare un capolavoro “L’adorazione dei magi”, realizzata da Paolo Caliari detto il Veronese negli anni della sua maturità artistica, fra il 1573 e il 1575, per la cappella Sacra Spina della chiesa do-menicana di Santa Corona a Vicenza, dove si tro-va tuttora. Questo grandioso dipinto, coi suoi 3,20 metri d’altezza e 2,34 di larghezza si distingue per la sontuosità pittorica e la qualità cromatica che sono di fatto la cifra distintiva dello stile di Veronese ma la brillantezza dei colori è anche il risultato del restauro realizzato nel 2014. L’opera sarà ospite del Museo Diocesano fino al 20 gen-naio 2019. Una delle scene evangeliche maggiormente rap-presentate dall’arte della storia di Cristo è pro-prio il momento in cui i Re Magi, guidati dalla stel-la cometa, dal lontano Oriente giungono a Bet-lemme portando doni a Gesù Bambino appena nato. La tradizione ci dice che i Magi erano uomini di scienza, di cultura; uomini appassionati della veri-tà, astronomi che scrutavano il cielo. Ricercavano, quindi, la verità con una ricerca che era animata dal rigore della loro ragione, dalla saggezza della loro esperienza di vita, da un’intensa e affascinante “curiosità” intellettuale e spirituale. Non si va alla ricerca di Dio senza prendere una decisione, senza fare un taglio, sradicandosi dal contesto rassicurante del piccolo universo che ci è proprio, per aprirsi al rischio della ricerca del divino. Il viaggio di ogni vero cercatore di Dio va dal proprio Oriente - e dunque dagli abissi del proprio cuore, dalle domande più profonde che ci abitano - verso la “città di Davide” (Luca 2,11), il luogo della rivelazione divina: “Nato Gesù a Bet-lemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalem-me” (Mt 2,1). Veronese vuole condurre anche noi dal bambin Gesù, ci rende partecipi del viaggio e ci invita a prepararci al cammino che ci porterà dal dono

per eccellenza che Dio ha fatto all’umanità, Suo Figlio. Sono davvero i tre Magi i protagonisti del dipinto, spiccano in primo piano, riccamente abbigliati con stoffe preziose, che rimandano all’attività del committente, il ricco mercante di tessuti vicenti-no Marcantonio Cogollo, ritratto nel personaggio barbuto alle spalle del re moro. Questo re, vesti-to con un mantello di velluto blu indaco e pellic-cia di ermellino, con in mano un dono prezioso, è ancora lontano dal bambino ma è concentrato, guarda umilmente verso il basso e si inchina al mistero. Il numero tre attribuito ai re Magi per alcuni indi-cherebbe l’omaggio a Gesù Cristo delle tre parti del mondo allora conosciute: l’Africa l’Asia e l’Eu-ropa. Anche le loro diverse età rappresentavano i diversi periodi della vita dell’uomo: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Al centro della scena, domina la figura del re con il manto rosso di preziosa cocciniglia, portata a Venezia dal lontano Messico, abito tipico delle alte cariche veneziane dell’epoca rinascimentale che, con un movimento avvitato, chiude un cer-chio ideale intorno alla Madonna con il Bambino, composto da san Giuseppe e dal re col mantello giallo inginocchiato. È questo sapiente dai capelli bianchi con il manto dorato indossato dal doge di Venezia, il primo a portare l’omaggio al Re dei Giudei, e si inginocchia davanti a quella creatura nata a Betlemme, baciando il piedino di Gesù. Maria gli porge suo figlio, con quello sguardo cari-co di dolcezza che racchiude emozioni profonde e consapevole accettazione degli eventi straordi-nari a cui è stata chiamata. Anche Giuseppe os-serva, con l’aria di chi si sta sforzando di capire cosa sta succedendo. Paggi e servitori, anch’essi elegantemente vestiti, cosi come i cagnolini tipici del repertorio verone-siano, trasformano l’evento sacro quasi in una festa cinquecentesca, su cui si affacciano curiosi l’asino e il bue -

“Adorazione dei Magi” al museo diocesano

Maria Laura Villa

Pagina 12

In alto, nella danza di angeli e cherubini, lo squar-cio delle nubi in cielo da dove filtra un potente fascio di luce che si concentra sul Verbo incarna-to. Il sì di Maria, posta sotto una colonna di mar-mo a sottolineare la sua importanza nella storia della Chiesa, ha permesso di trasformare la luce della stella cometa, che solo i Magi hanno saputo osservare e seguire, nell’ingresso della Luce vera nella storia. È l’umile capanna di legno della Sacra Famiglia, di cui si intravedono le travi, che sorregge l’intera struttura: quello che è accaduto in quella capanna non era mai accaduto in nessun tempio pagano, in nessun palazzo di marmo. Nel dipinto si intravede un lungo corteo, stanno arrivando tanti uomini da ogni parte ma solo i Ma-gi guardano Gesù, con attenzione, meraviglia, ri-spetto, umiltà, dopo essersi preparati a lungo, aver scelto gli abiti migliori, aver affrontato un viaggio lungo e faticoso. Umiltà e stupore adorante sono i due atteggia-menti fondamentali della preghiera, espressione e nutrimento della fede: con l’umiltà confessiamo il nostro niente; con l’adorazione ci lasciamo colma-

re dal tutto di Dio. Vivere una simile esperienza genera il bisogno di rispondere all’amore con l’a-more, offrendo a Dio i doni del nostro cuore. I magi offrono doni e Maria offre Suo figlio Gesù, il dono più prezioso; I Magi ci hanno portato lì, con lo sguardo abbiamo seguito il loro cammino, curiosi e desiderosi anche noi di affacciarci alla soglia di una storia che salva perché anche a noi Maria porga il bambino. Ecco la proposta di Avvento che è stata fatta ai nostri bambini impegnati poi in un’attività labora-toriale: come mi sto preparando ad incontrare Gesù? Posso mettermi in viaggio verso Gesù sen-za pensare ai pericoli, alla lunghezza della strada, al tempo che impiegherò, proprio come hanno fatto i Magi? Riesco a pensare non solo ai doni da ricevere ma anche da offrire a chi mi è vicino? Riprenderemo certamente questo discorso nei nostri incontri del mercoledì e invitiamo tutta la nostra comunità a mettersi in cammino con noi e con i Magi che hanno saputo guardare lontano con coraggio e fiducia, che hanno affrontato la fatica della ricerca e alla fine hanno raggiunto la loro meta: l’incontro con Gesù.

“E siamo venuti per adorarlo” (Matteo 2, 2).

http://www.arte.it/opera/adorazione-dei-magi-5844

Pagina 13

Mercoledì 14 novembre si è tenuto il secondo incontro dell’ascolto della Parola di Dio nelle case sull’Esodo intitolato “LIBERI per SERVIRE – Il do-no della legge (Esodo 14-40)”. Lo leggiamo con l’aiuto del teologo Luca Crippa e di Suor Maristel-la dell'Annunciazione. Leggiamo il testo (Es 15,1-27) 1Allora Mosè e gli israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: «Voglio cantare al Signore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare. 2Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia sal-vezza. È il mio Dio: lo voglio lodare, il Dio di mio pa-dre: lo voglio esaltare! 3Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome. 4I carri del faraone e il suo esercito li ha scagliati nel mare; i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mar Rosso. 5Gli abissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra. 6La tua destra, Signore, è gloriosa per la potenza, la tua destra, Signore, annienta il nemico;7 con sublime maestà abbatti i tuoi avversati. scateni il tuo furore, che li divora come paglia. 8AI soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono le onde come un argine, si rappresero gli abissi nel fondo del mare. 9IL nemico aveva detto: "Inseguirò, raggiungerò, sparti-rò il bottino, se ne sazierà la mia brama; sfodererò la spada, li conquisterà la mia mano!". 10Soffiasti con il tuo alito: li ricoprì il mare, sprofondarono come piom-bo in acque profonde.11Chi è come te fra gli dei, Si-gnore? Chi è come te, maestoso in santità, terribile nelle imprese, autore di prodigi? 12Stendesti la destra: li inghiottì la terra. 13Guidasti con il tuo amore questo popolo che hai ri-scattato, lo conducesti con la tua potenza alla tua santa dimora. 14Udirono i popoli: sono atterriti. L'ango-scia afferrò gli abitanti della filistea. 15Allora si sono spaventati i capi di Edom, il panico prende i potenti di Moab; hanno tremato tutti gli abi-tanti di Canaan. 16Piombino su di loro paura e terrore; per la potenza del tuo braccio restino muti come pie-tra, finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo, che ti sei acquistato. 17Tu lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua ere-dità, luogo che per tua dimora, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato. 18Il

Signore regni in eterno e per sempre!». 19Quando i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi ca-valieri furono entrati nel mare, il Signore fece tornare sopra di essi le acque del mare, mentre gli israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare. 20Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un tamburello: dietro a lei uscirono le donne con i tamburelli e con danze. 21Maria intonò per loro il ritornello: «Cantate al Signore, perché ha mirabil-mente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare!». 22Mosè fece partire Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto senza trovare acqua. 23Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, per-ché erano amare. Per questo furono chiamate Mara. 24Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Che cosa berremo?». 25Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell'acqua e l'acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. 26Disse: «Se tu darai ascolto alla voce del Signore, tuo Dio, e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orec-chio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t'infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!». 27poi arrivarono a Elìm, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l'acqua. La volta precedente abbiamo visto il momento dell’attraversamento del mar Rosso, come il Si-gnore di fatto abbia combattuto per Israele. Que-sto passaggio del mar Rosso è un chiaro riferi-mento all’esperienza del battesimo. Come con il passaggio del mare, Israele passa dalla schiavitù alla libertà e c’è una nuova nascita, così col Batte-simo rinasciamo alla vita di Cristo. Nella parte iniziale del testo si descrive la grande lode, la grande gioia del popolo che loda Dio per questo passaggio dalla schiavitù alla libertà e nella secon-da parte come Israele si trova davanti ad una nuova difficoltà. Se la volta precedente la difficol-tà era il mare, la morte davanti e dietro l’esercito egiziano, questa volta è il deserto e la sete. Pos-siamo dire che in questo episodio si passa dalla

Gruppi di ascolto della Parola di Dio nelle case

Carlo Favero

Pagina 14

preghiera e dalla lode per arrivare di nuovo al la-mento e alla lamentazione. Qui è necessario fare un ragionamento sulla datazione di questo capito-lo, perché nell’ultima parte dell’inno, dal versetto 14 in poi vengono descritte le terre che verranno riprese e le popolazioni che incontreranno alla fine della marcia nel deserto. Gli ultimi versetti parlano già di Gerusalemme e del Tempio. Quindi non solo questi versetti sono stati elaborati e ag-giunti ma, come ipotizzano molti studiosi, tutto il capitolo è stato scritto almeno dopo il completa-mento del tempio di Salomone 960 A.C.(Salomone1001-931 A.C. regnò dal 970 al 931). Continuiamo a commentare il libro dell’Eso-do non solo per concludere il percorso iniziato l’anno scorso, ma soprattutto perché in questa vicenda dell’Esodo ci siamo tutti, noi stessi nella nostra vita siamo Israele, che erriamo per raggiun-gere la Terra Promessa e nelle vicende della no-stra vita possiamo toccare con mano questa pre-senza amorevole di Dio. Del testo letto vorrei soffermarmi su due punti; uno nell’inno e l’altro nel lamento degli israeliti. Nell’inno che il capitolo XV ci ha presentato è detto:” È il mio Dio”. Quel “è il mio Dio” Dio è proprio mio, come quando diciamo è mia moglie, è mio marito; è mio mi appartiene. Qui Israele dice è il mio Dio, guarda cosa ha fatto, lo voglio lodare, lo voglio esaltare. Siccome è il mio Dio, allora appartengo a lui e ogni bene che mi dona e mi offre è un modo per partecipare a questa vit-toria, a questo dono immenso che continuamente Lui mi dà. Appartenere vuol anche dire dipendere, questo lo vediamo bene da coniugi, diciamo mia moglie, mio marito, non come possesso ma come dipendenza e simbiosi uno dall’altro. La stessa co-sa è con Dio, quindi dipendere da Dio, affidarsi e fidarsi di Lui, è una speranza, è una bellezza, è consolante sapere che alla fine la mia vita è nelle mani di Dio. Che alla fine la mia vita non finirà ne-gli abissi, ma ha una prospettiva di un futuro per-ché Lui è il Signore della vita. Significa anche avere degli spazi per curare una spiritualità, la mia ani-ma. Allora come mi approccio alla preghiera? Quando nella nostra comunità preghiamo con questo inno: “Voglio cantare al Signore…”,che si recita nelle solennità, lo vivo leggendo solo delle parole e delle formule, o faccio mio quello che recito perché diventi un ringraziamento dell’azio-ne che Dio compie nella mia vita?

L’altro episodio è il repentino cambiamento del popolo nei confronti di Dio e di Mosè nel mo-mento della prova. Sono nel deserto hanno sete Nel deserto se non hai acqua muori. Quest’aria bollente che ti brucia, non hai un momento di fiato e di ristoro, hai bisogno di acqua per so-pravvivere. Arrivano a Mara, ma l’acqua non è potabile. Il popolo non si abbandona a Dio, di-mentica tutto quello che ha visto, dimentica la potenza e la protezione avuta fin qui, dimentica la dimostrazione di potenza di Dio contro gli Egizia-ni. Non si rivolge a Dio ma si rivolta contro Mosè al limite della bestemmia:” ci hai portato nel deser-to per morire” È come se ci fosse una spaccatura tra il tempo della lode e il tempo della sofferenza. Sembra quasi che gl’israeliti si siano dimenticati di quello che 3 o 4 giorni prima avevano celebrato. Mosè agisce da fedele, si affida a Dio, invoca il Signore; lui lo ha imparato bene: dinnanzi alle dif-ficoltà, alle situazioni difficili Mosè invoca Dio. Stupisce che il popolo, testimone di quell’evento prodigioso che è stato il passaggio del mare in quel modo non pensi di affidarsi a Dio. Questo ci dice che la fede di questo popolo è ancora all’ini-zio, subito prevale il lamento, il disappunto, non la lode, l’invocazione, la preghiera di domanda. C’è stata una preghiera di lode, all’inizio del capi-tolo, adesso Mosè fa una preghiera di domanda a Dio, di supplica e si affida. Sembra quasi che Dio debba ancora meritarsi la fiducia di questi uomini. Allora Dio dice a Mosè di prendere il legno di quella pianta e metterlo nell’acqua amara e l’ac-qua diventa dolce e il popolo può bere. Poi alla fine del percorso, nell’ultimo versetto, addirittura Dio fa trovare un’oasi, versetto 27, “poi arrivarono a Elìm, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l'acqua”. Addirit-tura dodici sorgenti, una per ogni tribù, Dio ave-va risolto il problema della sete. Quindi Dio offre acqua, frutta, ombra, oasi. Questo è un invito alla fiducia. Se tu ti abbandoni a Dio, se ci si affida a Lui, Lui agisce, prima o poi interviene per adesso e per il futuro. La Storia e la nostra vita sono nel-le mani di Dio. Un proverbio popolare dice” Dio scrive diritto sulle righe storte degli uomini!” Se si ha veramente fede si può toccare con mano queste cose, magari al momento non ce ne rendiamo conto, di quello che ci accade, ma se ripensiamo ai fatti della vita, guardando anche agli anni addie-tro, ci rendiamo conto che quella volta … magari eravamo confusi, frastornati, addolorati per quel-lo che era accaduto, poi le cose si sono risolte.

Pagina 15

Dio guida la storia, entra nella vita delle persone ed entra anche attraverso dei volti di chi ci sta accanto che sono persone da scoprire. Questi i due atteggiamenti: da una parte la pre-ghiera e l’affidamento, dall’altra il lamento che di-venta anche mormorazione. Mormorare, come dice spesso anche Papa Francesco, è il peccato più comune delle nostre comunità, perché mormora-re non è come dicono i bambini parlare sottovo-ce, ma vuol dire parlare in tono malizioso, lagnar-si, protestare, esprimere malcontento a mezza voce, dire maldicenze su colpe e peccati altrui ve-ri o presunti e poi da qui scivolare nella calunnia. Ecco allora la mormorazione e il lamento nella vita. In genere sono atteggiamenti sterili non por-tano frutto, mentre l’affidarsi a Dio, la preghiera, l’aprirsi all’ascolto della parola di Dio, riconoscer-si nelle mani di Dio come creatura ma anche co-me figli, è l’atteggiamento giusto. Ma Dio quale popolo ha scelto! dodici tribù sparse, dodici grup-petti un po' scalcagnati, scelti rispetto a nazioni

potentissime come l’Egitto, i Filistei, i babilonesi; c’erano popoli più istruiti e più sapienti. No! Dio è andato a scegliere quei poveretti. Dio è fatto così, ha un debole per chi è “ultimo” e riesce a tramutarlo in un popolo non più nomade, sbanda-to, ma in un popolo con una giurisdizione, una città stabile, un tempio, una legislazione. Gli ridà dignità, ma tutto questo nasce dall’atteggiamento di affidamento, di preghiera. Chi prega si mantie-ne aperto, umile e disponibile al Signore. Questo è il requisito importante per permettere a Dio di agire per il nostro bene. Chi non prega si illude di tenere la sua vita nelle proprie mani; si chiude all’amore di Dio, pensa di salvarsi da solo! Papa Francesco ce l’ha ripetuto. Se andate a prendere la GAUDETE ET EXSULTATE, l’ultima esortazio-ne apostolica sulla santità, ai numeri 47 e 62 Papa Francesco dice che chi crede di salvarsi da solo, perché pensa di farsi una fede fai-da tè, non i fa proprio nulla. È Dio che opera, è Dio che agisce. Dio non ragiona come noi, la storia la vede in un altro modo.

GRUPPI DI ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO NELLE CASE I prossimi incontri si svolgeranno: Mercoledì 12 Dicembre 2018 h. 21.00 Mercoledì 16 Gennaio 2019 h. 21.00 Mercoledì 20 Febbraio 2019 h. 21.00 Mercoledì 8 Maggio 2019 h. 21.00 Mercoledì 5 Giugno 2019 h. 21.00 FAMIGLIE OSPITANTI: Balboni via Muratori, 46/4 tel. 02 5464508 Vangelisti via Colletta, 21 tel. 02 55189978 Gli incontri sono sempre aperti a tutti, anche a chi non ha partecipato agli incontri precedenti

Pagina 16

NATALE 2018 E SUD SUDAN

Con riferimento alla richiesta di proporre un progetto da sostenere nel periodo di Avvento e Na-tale 2018, abbiamo pensato di dare acqua potabile alle famiglie dei villaggi limitrofi al nostro centro di Moroyok in periferia di Juba. Si tratta di famiglie che, fuggendo dai loro villaggi a causa della continua violenza, si sono ac-campate fuori dalla città di Juba, su un territorio arido e disabitato senza casa né servizi. Cercano di sopravvivere durante questa difficile crisi economica del paese. Vivendo in periferia, riescono a fare qualche lavoretto come spaccare pietre e venderle nel mercato edile locale, fare carbone o semplicemente vendere legna da ardere. Se in città tutto ha un costo molto elevato, compresa l’acqua potabile, qui in periferia anche una pozza d’acqua può garantire l’esistenza. Così sono sorti i villaggi di Jondoro e Kor Ramla lungo alcune pozze d’acqua non certo pulite. La nostra comunità ha fatto l’esperienza di portare bambini in età scolare all’ospedale perché malati, e scoprire che erano affetti da Bilarzia (parassita presente nelle acque contaminate), cosa molto comune qui. Vogliamo contribuire a scavare un pozzo per queste famiglie, consapevoli che questo sarà un grande aiuto per loro. Vorremmo riuscire a dare un pozzo anche alle famiglie di Kor Ramla, non appena sarà possibile aprire un sentiero percorribile dal camion con la trivella. Vi mando due foto di un pozzo fatto quest’anno in un’altra zona insieme alla gratitudine della gente consapevole che quest’acqua possa dare un buon incentivo al villaggio per una vita più di-gnitosa. Le famiglie stanno ora dialogando con il governo locale affinché i terreni su cui si sono accampati vengano loro assegnati legalmente e possano rimanervi. Speriamo che ciò si possa concretizzare, e non succeda invece che il governo ci speculi, come spesso succede. Per vostra informazione: un pozzo costa circa 8.000 dollari. Grazie.

Bro. Peppo Redaelli

Pagina 17

SCUSATE IL DISTURBO

Si avvicina il Natale e per me sarà il terzo da consigliere. Da quello del 2016 la mattina del 25 dicembre è all’insegna della solidarietà. In un ampio locale al piano terra di via degli Etruschi, dove una volta c’era la mensa per gli operai dell’Istituto delle case popolari, c’è la sede del comi-tato degli inquilini del quartiere Molise-Calvairate-Ponti, a cavallo tra le parrocchie del nostro de-canato di S. Eugenio e S. Pio V. In quello spazio si ritrovano per il pranzo di Natale tante persone sole ma anche famiglie con bambini. Si ritrovano lì cristiani, musulmani, atei, anziani, bambini e malati di mente e a tutti la presidente del Comitato ricorda la nascita di Gesù come il motivo ve-ro della festa che mantiene un importante valore anche civile. Una vera lezione di cittadinanza contro ogni deriva consumistica del Natale! Io ascolto e osservo e così facendo imparo che se un bambino viene al mondo è per farci tutti bambini perché troppe volte noi adulti abbiamo il cuore indurito, atrofizzato, impermeabile a sentire qualsiasi umanità, solidarietà, fraternità. Nonostante le ignoriamo, quelle persone ci insegnano cosa significhi integrazione, che è vivere insieme senza incomprensioni, venendosi incontro da ambedue le parti. Frequentando quel luogo e molti altri ho scoperto i tanti Gesù bambino che ancora oggi vengono alla luce nelle grotte contemporanee della nostra città. Nascono nelle case popolari, magari occupate, nei campi rom, nelle baracche di fortuna, dalle giovanissime figlie dei quartieri popolari o da coraggiose madri che incinte hanno attraversato il deserto e, vedendolo per la prima volta, il mare. Una somala durante l’inverno di due anni fa diede alla luce un bellissimo bambino proprio qui in via Muratori, durante il periodo di ospitalità in Cascina Cuccagna, chiedendone, in un primo tempo, anche il battesimo alla nostra comunità. E come i diffamati pastori furono i primi a venerare Gesù, ripenso a tutti i pastori di oggi che andranno a rendere omaggio al Bambino come Pietro, quel padre rom che arrivò a Mila-no dalla Romania nel dicembre del 2009 ma non aveva soldi e allora fu “ospitato” da un cono-scente in una tenda da campeggio piantata in qualche ex area dismessa della città. Nella tenda stavano in tanti e stretti, ma almeno provavano a stare al caldo e la mattina presto via a cercare un lavoro alla giornata per scaricare merci o altro. Quell’inverno, prima di Natale, per tutta una notte scese abbondante la neve e la mattina si svegliò con il telo della tenda sulla faccia, piegata sotto al peso. Me lo raccontò appena ci conoscemmo ad una preghiera organizzata dalla Comuni-tà di S. Egidio all’antica chiesetta di Nosedo, nei campi dietro al Corvetto. Una storia di riscatto per quella famiglia che oggi vive in appartamento e ha trovato il lavoro ma non si scorda le fati-che e l’emarginazione da cui proviene e forse per questo i figli fanno volontariato alla casa di ri-poso comunale di via dei Cinquecento. Anche quest’anno la mattina di Natale sarò là in via degli Etruschi e mi meraviglierò ancora nel guardare la sfilata di umanità entrare da quella piccola porticina di legno a difesa del freddo esterno e ripenserò a tutti i Gesù bambino ed i pastori che abitano la nostra città e che non vo-gliamo vedere ma da cui possiamo imparare. Oggi, anche per loro non c’è posto nell’albergo. Giacomo Perego Consigliere Municipio 4 Comune di Milano

Pagina 18

PROGETTO GEMMA

Pagina 19

PRESEPE VIVENTE 2018 

 

la nascita di Gesù raccontata dall’asino  

DOMENICA 16 DICEMBRE ORE 15.30  Si parte dall’is tuto delle suore Mantellate di via Vasari 16 e, percorrendo le vie del quar ere, 

giungeremo alla gro a della Na vità 

 

 

Coro Parrocchiale Angeli Custodi 

 

UNA COMETA SU UNA MANGIATOIA 

Concerto di Natale 

Sabato 15 dicembre 2018 ‐ ore 21.00 

Chiesa degli Angeli Custodi 

Via Colle a, 21 ‐ Milano 

Ingresso libero

Pagina 20

Gli Angeli raccontano… (a cura di Roberta Marsiglia)

Il Bambino di Betlemme

(liberamente tratto da Fonti Francescane)

Certamente tutti sapete cos’è un presepio (si può dire anche “presepe”, è la stessa cosa). Molti di voi lo fanno in casa (come anche l’albero), tutti gli anni, quando sta per arrivare Na-tale. Un bimbo di II elementare l’ha definito “il modellino della nascita di Gesù”. E infatti è così: il presepe che tutti abbiamo in casa è “un modellino”, ed è composto da tante statuine ognuna delle quali rappresenta un personaggio: Gesù Bambino, sua mamma Maria, il papà Giuseppe, l’asino con il bue, gli Angeli canterini, i pastori con le loro pecore, i Re Magi coi doni e i cammelli, e tutte le persone del villaggio di Betlemme (il falegname, il fabbro, il pa-nettiere, i musici etc…). Tante piccole e belle statuine che scaldano il nostro cuore, immerse in un piccolo villaggio di campagna e colline, sotto un bel cielo stellato dove spicca, splen-dente, la stella cometa. Ma il primo Presepe della storia, non era un modellino e non era composto da statuine. Lo sapevate? Era animato da persone vere (e animali veri)! Era un Presepe Vivente! Che idea stravagante! Chi può averla avuta? Certo un uomo molto creativo! Accadde così: Francesco d’Assisi (che non era ancora Santo, ma già aveva una grande immaginazione) si trovava in un piccolo borgo del Lazio, vicino Rieti e avvicinandosi Natale, si sentì improvvisa-mente assalito dalla nostalgia per la cittadina di Betlemme che aveva visitato qualche tempo prima. In quel paesino (che si chiamava Greccio), aveva un amico di nome Giovanni che co-nosceva bene e sapeva che se gli avesse dato un incarico l’avrebbe sicuramente svolto con impegno. Così lo chiamò e gli disse: “Mi piacerebbe rappresentare Gesù Bambino in modo che tutti possano vedere (con i propri occhi, non per sentito dire!) in quale disagio nacque e come gli mancasse tutto il necessario per un neonato, al punto che fu adagiato sul fieno tra un asino e un bue”. L’amico Giovanni si entusiasmò di questa idea e cominciò subito a cerca-re tutto quello che serviva. E si sa com’è nei piccoli paesi… io lo dico a te, che lo dici a lui, che lo dice a lei, che lo dice a sua zia, che lo dice alla vicina… in men che non si dica tutto il paese rimase coinvolto in questa rappresentazione e arrivarono anche persone dai paesi vici-ni e molti frati, amici di Francesco (che non era ancora Santo, ma gli si voleva già molto be-ne). Ognuno che arrivava portava con sé qualcosa: chi del pane e del latte, chi una pecorel-la, e lanterne e fiaccole per illuminare la notte. Quando Francesco arrivò e vide questa sce-na, si sentì il cuore così pieno di letizia che quasi gli scoppiava! Qualcuno sistemò il fieno - pronto ad accogliere il Bambino - tra un asino e un bue e, guardandosi intorno, tutti sentiro-no il proprio cuore palpitare per questa rappresentazione così semplice ma così vera, ed eb-

Pagina 21

Hanno collaborato a questo numero: Ugo Basso, Carlo Favero, Fabrizio Favero, Roberta Marsiglia, Simone Moscardi, don Guido Nava, Elisabetta Perego.

I numeri precedenti sono raccolti nella sezione “La Parrocchia” del sito internet parrocchiale www.parrocchie.it/milano/angelicustodi

Sacerdoti Parroco Don Guido Nava tel. e fax. 0255011912 Residente Don Michele Aramini (con incarichi pastorali)

Ss. Messe festive: 9.00 (inv.) - 11.00 - 18.00 vigilia: 18.00 feriale: 8.15 (inv.) - 18.00 Segreteria tel. 0255011625 Lun. - Ven. 9.30 - 12.00 / 17.00 - 18.00 Lun. - Mer. - Ven. 16.00 - 17.00 (Centro di ascolto)

bero la sensazione di trovarsi davvero a Betlemme. Trasportati da queste emozioni, a ognu-no venne naturale di cantare, tanto intensamente che le voci riecheggiavano tra una monta-gna e l’altra così che sembrava che anche i monti cantassero, e con loro i ruscelli, le selve e le rupi… Francesco non era ancora Santo ma era molto emozionato, e quando fu il momento di leggere il Vangelo, lo cantò con voce dolcissima, limpida e sonora, e a tutti parve di senti-re dentro di sé l’anima vibrare come scossa da un vento sottile. Si racconta che quella sera, quando Francesco nominava Gesù, lo chiamasse “Bambino di Betlemme” e che nel dire que-sto trasparisse tutto l’affetto che per quel Bambino portava. E questa cosa era avvertita da tutti e tutti ne rimanevano contagiati, come sempre succede alle cose molto belle e molto buone! Così nacque il primo Presepe. E fu un Presepe Vivente: fatto da persone, animali, gesti e se-gni, voci, cuori e desideri! Nel nostro piccolo… proveremo anche noi a realizzare un Presepe Vivente e, come Francesco e l’amico Giovanni, anche noi abbiamo bisogno che tu venga e porti qualcosa: i piedi per camminare, gli occhi per vedere, la voce per cantare, il cuore per gioire. E non dimenticare di portare un grande desiderio: stare tutti insieme!

DOMENICA 16 DICEMBRE – RAPPRESENTAZIONE DEL PRESEPE VIVENTE

h. 15.30 – partenza dall’Istituto delle Suore Mantellate in via Vasari, 16

CALENDARIO PARROCCHIALE DICEMBRE 2018

SAB 1

DOM 2

III Avvento

Le profezie adempiute

Prima Domenica

LUN 3 MAR 4 MER 5 GIO 6

VEN 7 S. Ambrogio Ss. Messe: 8. 15 – 18. 00

SAB 8 Immacolata Concezione

di Maria Ss. Messe: 9. 00 – 11. 00 – 18. 00

DOM 9 IV di Avvento

L’ingresso del Messia

10.00: Catechismo Adulti

LUN 10 MAR 11 MER 12 GIO 13 VEN 14

SAB 15 15. 30: Catechismo II elementare

21. 00: Una cometa su una mangiatoia - Coro parrocchiale

DOM 16 V di Avvento

Il Precursore

11. 00: Benedizione Bambinelli

15. 30: Presepe vivente LUN 17 MAR 18 MER 19 GIO 20 VEN 21 SAB 22

DOM 23 Domenica dell’Incarnazione

LUN 24 Vigilia del Natale 18.00: Messa di Natale per le Famiglie

MAR 25 NATALE DEL SIGNORE Ss. Messe: 9. 00 – 11. 00 – 18. 00

MER 26 S. Stefano È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

GIO 27 S. Giovanni È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

VEN 28 Ss. Innocenti È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

SAB 29 Ottava di Natale È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

DOM 30 Ottava di Natale SS. Messe h. 9.00 – 11.00 – 18.00

LUN 31 Ottava di Natale È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

CALENDARIO PARROCCHIALE GENNAIO 2019

MAR 1 Ottava del Natale

Giornata mondiale della pace Ss. Messe orario festivo: 9. 00 – 11. 00 – 18. 00

MER 2 È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

GIO 3 È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

VEN 4 È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

SAB 5 È sospesa la S. Messa delle h. 8.15

DOM 6 Epifania del Signore

Prima domenica Ss. Messe: 9.00 – 11.00 – 18.00