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Granparadisovacanze B&B LE VIEUX NOYER- MAISON DU VAN L’epoca romana La via consolare delle Gallie Nella Valle d’Aosta preromana esisteva una rete viaria primitiva, costituita da sentieri che, fin dall’epoca preistorica, permettevano i commerci e le relazioni culturali attraverso i valichi alpini. Ancora oggi sussiste, sulla collina di Aosta, una via denominata Strada dei Salassi, che si snoda ad una quota più elevata di quella del successivo itinerario romano. La via consolare delle Gallie, impresa di altissima qualità ingegneristica, che tenne in grande considerazione la conformazione del territorio, fu la prima opera pubblica realizzata dai nuovi conquistatori, indispensabile infrastruttura alla loro espansione politica e militare. La strada attraversava il territorio valdostano giungendo da Eporedia (Ivrea), sino ad Augusta Prætoria (Aosta), per poi biforcarsi in direzione del colle dell’Alpis Graia (Piccolo San Bernardo) e dell’Alpis Poenina (Gran San Bernardo). Il percorso è oggi, in buona parte, conosciuto non solo per i resti archeologici ancora visibili, ma grazie alle ricostruzioni che ne danno gli antichi itinerari, che segnalano anche i luoghi deputati alla sosta di uomini e animali. Oltre al tratto fra Donnas e Bard, è in località Pierre Taillée (Avise) che si conserva la parte più monumentale della strada, che, qui, si presenta con tagli nella viva roccia e sorretta da costruzioni ciclopiche. Altri importanti resti archeologici sono quelli dei ponti di Saint- Vincent e Châtillon, i resti della strada a Montjovete tratti di strada e costruzioni ad Arvier, Mecosse, Leverogne e Runaz. Il ponte-acquedotto romano di Pont d'Aël Salendo da Aymavilles verso Cogne, trovate la frazione Pondel sulla destra, a valle della strada che state percorrendo. Quello di Pondel è un ponte-acquedotto (c’è un passaggio coperto per le persone, sovrastato dal canale per l’acqua) costruito in epoca romana. Un’iscrizione posta sulla parete verso valle ne attribuisce la costruzione, nell’anno 3 a.C., all’iniziativa privata di Caius Avillius Caimus. Sugli scopi del manufatto c’è discordanza tra gli studiosi: chi lo collega ad una presunta attività mineraria nel territorio di Cogne, chi ad esigenze di irrigazione dei pendii collinari tra Aymavilles e Villeneuve. Con i suoi 2,30 metri di larghezza, 50 di lunghezza e 14,20 di luce dell’arco, è una delle maggiori opere di ingegneria civile realizzate dai Romani nell’arco alpino. È un‘imponente testimonianza della romanizzazione della Valle d‘Aosta. Incerta la sua datazione: per alcuni sarebbe stato costruito verso il 120 a.C., per altri nel 25 a.C. Ancorato alla viva roccia da entrambi i lati, è alto 25 metri e la sua unica arcata è larga 35 metri. Alla base sono visibili, scavati nella viva roccia, gli alloggiamenti per le travi lignee che hanno costituito l‘impalcatura necessaria per la costruzione dell‘arcata in pietra. A fine Ottocento furono collocate alcune chiavi in ferro per consolidare la struttura. All‘inizio dell‘Ottocento fu costruito, poco più a valle, un altro ponte in legno, sostituito poi nel 1876 dall‘attuale costruzione in muratura.

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L’epoca romana

La via consolare delle Gallie

Nella Valle d’Aosta preromana esisteva una rete viaria primitiva, costituita da sentieri che, fin dall’epoca preistorica,

permettevano i commerci e le relazioni culturali attraverso i valichi alpini. Ancora oggi sussiste, sulla collina di Aosta, una

via denominata Strada dei Salassi, che si snoda ad una quota più elevata di quella del successivo itinerario romano. La

via consolare delle Gallie, impresa di altissima qualità ingegneristica, che tenne in grande considerazione la

conformazione del territorio, fu la prima opera pubblica realizzata dai nuovi conquistatori,

indispensabile infrastruttura alla loro espansione politica e militare. La strada attraversava il territorio valdostano

giungendo da Eporedia (Ivrea), sino ad Augusta Prætoria (Aosta), per poi biforcarsi in direzione del colle dell’Alpis Graia

(Piccolo San Bernardo) e dell’Alpis Pœnina (Gran San Bernardo). Il percorso è oggi, in buona parte, conosciuto non solo

per i resti archeologici ancora visibili, ma grazie alle ricostruzioni che ne danno gli antichi itinerari, che segnalano anche i

luoghi deputati alla sosta di uomini e animali. Oltre al tratto fra Donnas e Bard,

è in località Pierre Taillée (Avise) che si conserva la parte più monumentale della strada, che, qui, si presenta con tagli

nella viva roccia e sorretta da costruzioni ciclopiche. Altri importanti resti archeologici sono quelli dei ponti di Saint-

Vincent e Châtillon, i resti della strada a Montjovete tratti di strada e costruzioni ad Arvier, Mecosse, Leverogne e Runaz.

Il ponte-acquedotto romano di Pont d'Aël

Salendo da Aymavilles verso Cogne, trovate la frazione Pondel sulla destra, a valle della strada che state percorrendo.

Quello di Pondel è un ponte-acquedotto (c’è un passaggio coperto per le persone, sovrastato dal canale per l’acqua)

costruito in epoca romana. Un’iscrizione posta sulla parete verso valle ne attribuisce la costruzione, nell’anno 3 a.C.,

all’iniziativa privata di Caius Avillius Caimus.

Sugli scopi del manufatto c’è discordanza tra gli studiosi: chi lo collega ad una presunta attività mineraria nel territorio di

Cogne, chi ad esigenze di irrigazione dei pendii collinari tra Aymavilles e Villeneuve.

Con i suoi 2,30 metri di larghezza, 50 di lunghezza e 14,20 di luce dell’arco, è una delle maggiori opere di ingegneria

civile realizzate dai Romani nell’arco alpino.

È un‘imponente testimonianza della romanizzazione della Valle d‘Aosta. Incerta la sua datazione: per alcuni sarebbe

stato costruito verso il 120 a.C., per altri nel 25 a.C.

Ancorato alla viva roccia da entrambi i lati, è alto 25 metri e la sua unica arcata è larga 35 metri. Alla base sono visibili,

scavati nella viva roccia, gli alloggiamenti per le travi lignee che hanno costituito l‘impalcatura necessaria per la

costruzione dell‘arcata in pietra. A fine Ottocento furono collocate alcune chiavi in ferro per consolidare la struttura.

All‘inizio dell‘Ottocento fu costruito, poco più a valle, un altro ponte in legno, sostituito poi nel 1876 dall‘attuale

costruzione in muratura.

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La strada romana delle Gallie ed il suo arco

La via Consolare delle Gallie, costruita per collegare Roma alla Valle del Rodano, ha nel tratto di Donnas uno dei suoi punti più caratteristici, intagliata com‘è nella viva roccia per una lunghezza di 221 metri. Le dimensioni dello scavo sono rese evidenti dallo sperone roccioso che è stato lasciato, entro il quale è stato scavato un arco: 4 metri il suo spessore, 4 metri l‘altezza e quasi tre metri la distanza tra i due stipiti: nel Medioevo servì come porta del Borgo, che veniva chiusa durante la notte. Sul lastricato della strada si possono ancora vedere i solchi lasciati dai carri, mentre poco oltre l‘arco di trova la colonnina miliare sulla quale la cifra XXXVI rappresenta la distanza in “milia” tra Donnas e Aosta (circa 50 Km).

Augusta Praetoria

La fondazione di Augusta Prætoria Salassorum Città fortificata, costruita in breve tempo su modello dell'accampamento militare romano, Augusta Prætoria Salassorum

nacque all'incrocio delle vie del Grande (Mons Jovis o Summus Pœninus) e Piccolo San Bernardo (Columna Jovis o

Alpis Graia) presso la confluenza dei fiumi Dora Baltea e Buthier. Un'imponente cinta muraria proteggeva un territorio di

414.128 m², mentre quattro porte davano accesso alla città costruita sul modello ortogonale cardo-decumanico. La via

centrale Decumanus Maximus (l'attuale Via Porta Prætoria, Via Jean-Baptiste de Tillier e Via Édouard Aubert), allora

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larga nove metri, era la prosecuzione naturale della Via consolare delle Gallie che

da Milano arrivava fino al Piccolo San Bernardo. L'accesso alla città era comunque assicurato da un ponte sul Buthier, di

cui oggi è visibile solo un'arcata poco distante dal letto del torrente, deviato a causa di un'inondazione. All'interno delle

mura sorgevano i quartieri residenziali, il teatro, le terme, il foro e l'anfiteatro, mentre a sud si stendevano i quartieri

popolari divisi secondo un modello classico a scacchiera.

Il popolamento della città in epoca romana

Ancora molto controverso è il problema sul popolamento della città prima e dopo la conquista romana. Un incerto

documento accenna a 3.000 pretoriani, e della convivenza con i Salassi sopravvissuti, in contrasto con un anfiteatro

progettato per una città di trenta/quarantamila abitanti. Un'iscrizione risalente al 23 a.C. sembrerebbe smentire le

affermazioni degli storici antichi tra cui Strabone, riguardo alle deportazioni in massa dei Salassi e alle loro vendita come

schiavi a Ivrea. Inoltre il linguaggio giuridico al tempo dei romani incolae indicava gli abitanti di una colonia in possesso

di diritti inferiori a quella dei cives. Tali indizi lasciano supporre che la popolazione salassa si sia integrata con i nuovi

conquistatori, così come lasciano supporre numerose iscrizioni funerarie nelle quali appaiono nomi salassi associati ad

altri romani, i cui figli nati da matrimoni misti portavano sempre nomi latini. In epoca romana ebbe una grande

importanza strategica e militare grazie al controllo esercitato sui due passi del Piccolo e del Gran san Bernardo. Augusta

Prætoria iniziò, fin dal I secolo, ad avere connotazioni inequivocabilmente urbane e monumentali, imponendosi come

uno dei più ricchi e popolosi centri abitati dell'Italia Settentrionale.

Arco di Augusto

Appena passato il ponte sul torrente Buthier, lungo la strada che portava alla monumentale Porta Praetoria, principale

via di accesso alla città romana, fu innalzato l‘arco onorario dedicato all‘imperatore Augusto.

Si trattava di un segno eloquente della presenza e della potenza di Roma che nel 25 a.C. aveva definitivamente sconfitto

il popolo dei Salassi e fondato la nuova colonia.

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Porta Praetoria

Il monumento si trova tra via Sant‘Anselmo e via Porta Praetoria.

Situata nella parte orientale delle mura, era l‘accesso principale alla città di Augusta Praetoria, edificata nel 25 a.C. dopo

la sconfitta dei Salassi ad opera di Terenzio Varrone. Era dotata di tre aperture, ancor oggi visibili: quella centrale per i

carri e quelle laterali per i pedoni.

La cinta muraria

La cinta muraria di Augusta Praetoria formava un rettangolo di 724 m per 572 ed era costituita da uno strato interno di ciottoli fluviali e malta e uno esterno di blocchi di travertino.

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Teatro Romano

La sola facciata attualmente visibile è quella meridionale, alta ben 22 metri, caratterizzata da una serie di contrafforti e di

arcate ed alleggerita da tre ordini sovrapposti di finestre di varia forma e dimensione.

Ben individuabili sono pure le gradinate ad emiciclo che ospitavano gli spettatori (cavea), l‘orchestra (il cui raggio è di 10

metri), ed il muro di scena (ora ridotto alle sole fondamenta) che un tempo si innalzava col suo ricco prospetto ornato di

colonne, di marmi e di statue.

Si è calcolato che il Teatro potesse contenere tre o quattromila spettatori. Alcuni studiosi ritengono che il teatro fosse

dotato di copertura fissa.

Con la caduta dell’impero, fino sino al XVIII sec. si perse ogni memoria della funzione originaria dell‘edificio ed i suoi resti

non furono riconosciuti come tali che molto tardi: durante il Medioevo vi furono addossate numerose costruzioni,

demolite nel corso dei moderni lavori di recupero e restauro.

Criptoportico forense

Si è molto discusso sulla specifica destinazione di questo monumento che è datato all’epoca augustea; suo scopo principale era di costituire una struttura di contenimento e di regolarizzazione del terreno che in quella zona della città doveva essere in leggera pendenza da nord a sud e creava un dislivello tra l’area sacra e l’adiacente platea forense. Oltre a questa sicura funzione strutturale, è stata nel tempo avanzata l’ipotesi che la parte seminterrata potesse servire da magazzino e da granaio militare (horreum), ma in seguito agli ultimi studi ci si sente di escludere radicalmente tale destinazione d’uso, sia per l’aspetto strutturale del monumento, sia per la sua particolare ubicazione, sia in seguito al confronto con altri esemplari analoghi. Il colonnato marmoreo (porticus triplex) che lo sovrastava (ormai distrutto e del quale non rimangono evidenze archeologiche in situ) fungeva invece da scenografica cornice ai due originari templi gemelli della terrazza sacra. Ci troviamo qui nel settore nord del complesso forense di età romana, proprio di fronte all’ingresso della Cattedrale, in corrispondenza di un’area sacra sopraelevata, a sua volta divisa da quella a destinazione civile e commerciale (piazza Severino Caveri), grazie al passaggio di un decumano minore, all’incirca corrispondente all’attuale via Mons. De Sales.

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Area Funeraria Fuori Porta Decumana

Si tratta di un’importante necropoli di epoca romana, individuata a circa 200 metri di distanza dalla Porta

Decumana;unrinvenimento analogo a quello dialtre necropoli site presso la Porta Praetoria e la Porta Principalis Sinistra,

tuttiaccessi ad Augusta Praetoria (Aosta). La necropoli è stata utilizzata a lungo, sia in epoca romana che

paleocristiana:era abbastanza usuale la compresenza di sepolture pagane e cristiane, così come molto simili erano i riti

legati al culto dei defunti.

Nell’area troviamo 3 mausolei, ad aula rettangolare (noti come cellae memoriae)ed una basilica paleocristiana, la cui

datazione va dalla fine del IV a tutto il V secolo.

Villa della Consolata

Situata in una zona connotata da tracce significative di popolamento anteriore alla fondazione di Augusta Praetoria (25 a.C.), prossima a un ramo subcollinare della viabilità antica verso l‘Alpis Poenina – Gran San Bernardo -, la villa presenta una pianta di forma rettangolare, compatta, in cui predominano gli ambienti a carattere residenziale (pars urbana), riservati al dominus e ai suoi ospiti, rispetto a quelli di servizio, di deposito e, eventualmente, di lavorazione di prodotti agricoli (pars rustica e fructuaria); la presenza di questi ultimi, seppur limitata, indica una connessione con attività esercitate in un fundus (podere, tenuta).

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http://www.romanoimpero.com/2010/11/augusta-praetoria-aosta-valle-daosta.html

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Il medioevo Dopo il plurisecolare dominio dell'impero e la sua cristianizzazione la città, grazie alle Alpi ed alle mura, riuscì a subire poche invasioni. Secondo una leggenda Augusta Prætoria sarebbe stata distrutta dai Saraceni e dai Barbari; in realtà la città romana subì i danni maggiori dalla ricostruzione tardo medioevale che utilizzò blocchi di pietra delle costruzioni romane per l'edificazione di torri e chiese.

La città divenne sede vescovile verso la fine del IV secolo, appartenendo prima alla vastissima diocesi di Vercelli, poi alla chiesa metropolita di Milano fino al VIII secolo. All'inizio del VI secolo la città appartenne al regno dei Goti; successivamente venne contesa tra i Franchi e i Longobardi che la cedettero nel 575 a Gontranno, re di Borgogna. I Franchi di Pipino il Breve giunsero da qui per scacciare i Longobardi dall'Italia Settentrionale. L'impero di Carlo Magno diede impulso alla Via Francigena che collegava Roma con Aquisgrana, infine, alla morte di Carlo il Grosso, l'ultimo imperatore carolingio, nell'888, seguì dapprima le sorti del regno d'Italia, poi verso la metà del secolo X quelle del regno di Borgogna fino al 1032. Come conseguenza si consolidarono i rapporti politici, economici e commerciali verso l'altro versante delle Alpi. Le conseguenze furono evidenti sul piano culturale e linguistico: dal latino si svilupparono i dialetti francoprovenzali analoghi a quelli parlati in Savoia, nel Delfinato e nella Svizzera Romanda e poi la lingua francese.

La nascita della Contea di Savoia con capitale Chambéry comportò alla città di seguirne le sorti fino all'unità d'Italia

I Castelli

Castello Savoia

Il castello Savoia sorge a Gressoney-Saint-Jean, circondato dal verde e dai colori di un giardino roccioso alpino. Fu residenza estiva della regina Margherita di Savoia.

Forte di Bard

Il Forte di Bard, inespugnabile fortezza di sbarramento ottocentesca, è oggi un centro culturale europeo, con spazi museali ed espositivi.

Castello di Issogne

Espressione della metamorfosi del gotico nel rinascimentale, il Castello di Issogne racchiude tesori d'arte sorprendenti.

Castello di Verrès

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Il castello di Verrès è uno dei più grandi manieri che un vassallo poté costruire in uno stato sovrano. Elementi di grande eleganza, come lo scalone ad archi rampanti e le bifore in pietra lavorata, si accostano all'apparato di difesa essenziale.

Castello di Ussel

Il castello di Ussel è un monoblocco difensivo imponente, che sembra emergere dalla roccia per dominare la valle della Dora e il borgo di Châtillon.

Castello Gamba

Il castello Gamba espone la collezione regionale di arte moderna e contemporanea: oltre 1.500 opere, collocate in 13 sale del castello, documentano soprattutto la produzione figurativa italiana della seconda metà del XIX secolo.

Castello di Cly

Il castello di Cly è uno dei castelli più antichi della Valle d'Aosta. La cinta muraria, molto ampia e coronata da merli guelfi a due spioventi, circonda costruzioni erette tra XI e XIV secolo.

Castello di Fénis

Torri e mura merlate, che evocano una dimensione avventurosa e fiabesca, fanno del castello di Fénis uno dei più celebri castelli della Valle d'Aosta.

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Castello di Bosses

Il castello di Bosses, di epoca medievale, è una solida struttura monoblocco a tre piani, che ospita mostre ed eventi.

Castello di Sarre

Il castello di Sarre, residenza di caccia e di villeggiatura dei Savoia, racconta della presenza della famiglia reale in Valle d'Aosta.

Castello Sarriod de la Tour

Rispetto al castello principale di Saint-Pierre, che è arroccato su uno sperone roccioso, il castello Sarriod de La Tour è meno appariscente. Sorge in un'area pianeggiante tra i frutteti, a strapiombo sulla Dora Baltea.

Castello di Introd

Il castello di Introd, dall'originale forma poligonale, il parco del castello e gli edifici circostanti formano un insieme architettonico di grande interesse.

Castello di Avise

L'edificio principale, con finestre geminate a chiglia rovesciata, è affiancato da una torre decorata da caditoie

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Tour de l'Archet

La torre, alta e a base quadrata, è inglobata in un edificio più basso e ampio, anch'esso a base quadrata. Datata intorno alla fine del X secolo, la Tour de l'Archet è una delle torri più antiche della Valle d‘Aosta.

Collegiata e chiostro di Sant'Orso Le indagini hanno interessato un‘area che in antichità faceva parte di una vasta necropoli extraurbana dove, agli inizi del

V secolo, sorse un complesso paleocristiano che comprendeva anche la chiesa cruciforme di S. Lorenzo. Al centro della

navata sud si è rinvenuto il basamento di un edificio funerario databile tra IV e V sec. d.C.; la chiesa primitiva, sorta a

nord di questo mausoleo, era costituita da una semplice aula absidata circondata da un porticato destinato a sepolture

privilegiate.

Nel IX secolo, la chiesa viene completamente ricostruita e ingrandita, spostando verso sud l‘asse generale dell‘edificio;

l‘estremità orientale è dotata di tre absidi, mentre la facciata è ricostruita a ovest di quella paleocristiana. Nel 989 si

aggiunge alla facciata un campanile i cui resti sono ancora visibili per un‘altezza di circa 15 m.

All‘inizio dell‘XI secolo, viene costruita la chiesa romanica che ingloba il campanile nella nuova facciata, malgrado la sua

posizione sia eccentrica rispetto all‘asse longitudinale della nuova chiesa. L‘edificio è a pianta basilicale, diviso in tre

navate concluse da absidi semicircolari.

L‘attuale torre campanaria, costruita nel XII secolo, apparteneva originariamente ad un sistema difensivo costituito da

una cinta muraria e da una seconda torre di grandi dimensioni, i cui resti sono stati scoperti addossati al muro

perimetrale nord della chiesa.

I resti archeologici non sono visibili perché situati immediatamente al di sotto del pavimento della chiesa.

Da segnalare il bellissimo coro ligneo quattrocentesco, l‘antica cripta e l‘importante ciclo di affreschi ottoniani (sec. XI)

visibile nel sottotetto della chiesa.

Lo scavo archeologico del coro della chiesa di S. Orso ha permesso di riportare alla luce un mosaico pavimentale di

forma quadrata, sconosciuto e non menzionato dalle fonti, realizzato con tessere bianche e nere con alcuni inserti di

tessere di colore marrone chiaro. Una serie di sei cerchi, inscritti nel quadrato, funge da cornice alle decorazioni centrali.

Nel medaglione centrale appare un‘elegante rappresentazione di Sansone che uccide il leone.

Il chiostro

Il chiostro è il gioiello del complesso monumentale di Sant‘Orso cui si accede da un androne aperto sulla destra della

facciata. Il primitivo impianto romanico risale quasi certamente al 1133 e fu opera di maestranze provenzali o lombarde;

quando la bolla di Papa Innocenzo II impose la regola di Sant‘Agostino ai canonici di Sant‘Orso il chiostro esisteva già,

come risulta da un‘iscrizione apposta sopra un capitello. I capitelli, scolpiti in marmo ma rivestiti già in tempi antichi di

vernice scura, completano colonne semplici e binate dalle forme diverse e raffigurano mirabilmente scene simboliche del

Nuovo e Vecchio Testamento, della vita di Sant‘Orso, personaggi e animali fantastici o contengono elementi decorativi

diversi. Sono considerati fra le più alte espressioni della scultura romanica religiosa.

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Cattedrale di Santa Maria Assunta

L‘odierna piazza Giovanni XXIII sorge sulla parte meridionale di quella che al tempo di Augusta Praetoria era l‘area

sacra del Foro romano, delimitata dal criptoportico.

La cruciale importanza che questa zona rivestiva per la vita della città, non venne meno nei secoli che videro il

progressivo declino e la fine di quello che fu il mondo romano: ad est del criptoportico infatti, sorse il primo edificio

dedicato al culto cristiano.

In questo complesso preesistente, sorse verso la fine del IV secolo la Cattedrale. Si trattava di un edificio di imponenti

dimensioni, ad un‘unica navata absidata, dotato di un battistero ad ovest e di vari locali annessi, uno dei quali destinato a

battistero secondario. La facciata si trovava a pochi metri dalle strutture del braccio orientale del criptoportico ed era

praticamente collegata a questo dalle strutture del battistero principale. Questo complesso, al quale vennero ad

aggiungersi alcuni vani meridionali destinati a residenza episcopale o ad abitazioni del clero, restò in uso per più secoli

ed il suo aspetto non venne significativamente modificato, salvo una fase costruttiva altomedievale, sino al grande

cantiere romanico che diede alla Cattedrale l‘aspetto che sostanzialmente conserva ancora oggi.

A questa fase dell‘XI secolo risale anche l‘importante ciclo di affreschi che sono stati riportati alla luce nel sottotetto della

chiesa: assieme a quelli di Sant‘Orso, fanno di Aosta uno dei principali centri di arte Ottoniana in Europa.

Nella seconda metà dell‘XI secolo venne completamente rifatto il corpo di fabbrica occidentale che risultò composto da

due torri e da un‘abside centrale aggettante; nel XIII secolo vennero abbattute due delle cinque absidi originarie e

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realizzato il deambulatorio, un corridoio anulare attorno al coro. Tra il XV ed i primi

anni del XVI secolo, poi, i vescovi di Aosta promossero un radicale restauro della chiesa e la arricchirono di numerose

opere d‘arte. L‘alto coro, dominato da un crocifisso ligneo del XIV secolo, presenta due ordini di stalli scolpiti verso il

1460; sul pavimento sono visibili due mosaici del XII e del XIV secolo, che rappresentano rispettivamente i mesi

dell‘anno e una serie di animali reali e fantastici assieme ai fiumi Tigri ed Eufrate.

L‘altare maggiore è barocco, in marmo nero con intarsi multicolori. Scendendo dal coro, due scale, una a destra e l‘altra

a sinistra, danno accesso alla cripta dell‘XI secolo; la sua pianta è articolata in tre navate separate da agili colonnine

medievali e da più robuste colonne romane di reimpiego. Sulla parete di fondo sono visibili le entrate originarie poste ad

ovest.

La facciata della Cattedrale si compone di due parti distinte: un atrio cinquecentesco ed una fronte neoclassica aggiunta

nel 1848. L‘atrio presenta un elegante prospetto architettonico in cotto, ornato da statue e da affreschi raffiguranti scene

della vita della Vergine cui la chiesa è dedicata, bell‘esempio di arte rinascimentale in Valle d‘Aosta.

Attiguo alla chiesa, sul lato settentrionale, si trova il chiostro. Si tratta di un edificio a pianta trapezoidale terminato nel

1460 che venne a sostituirne uno analogo che già esisteva nell‘XI secolo. I suoi elementi architettonici sono caratterizzati

dalla presenza di materiali diversi: il bardiglio grigio, usato per i pilastri, si alterna al gesso cristallino dei capitelli e al

calcare, utilizzato per i conci degli archi. I capitelli sono di due tipi: alcuni sono decorati con motivi vegetali e figure di

uomini e animali, altri recano scolpiti i nomi di coloro che contribuirono alla costruzione. Nello spiazzo centrale si erge

una colonna romana sormontata da un capitello corinzio, probabili testimonianze della vicina area forense. Verso il 1860

l‘ala meridionale del chiostro venne in gran parte demolita per lasciare spazio alla neogotica cappella del Rosario.

Il Museo del Tesoro presenta una panoramica significativa dell‘arte valdostana dei secoli XIII-XVIII, unendo ai pezzi del

ricco tesoro della Cattedrale alcune opere d‘arte provenienti da diverse parrocchie della Valle.

La Via Francigena

La via Francigenaera una delle strade più importanti per l'Italia del Medioevo, in quanto costituiva il collegamento trale

regioni transalpine e Roma. Moltitudini di pellegrini di diverse lingue, paesi, censo e cultura la attraversarono in modo

sempre più cospicuo a partire dall'XI sec., facendone un importante luogo di incontro e di scambio culturale.

Non bisogna immaginare la via Francigena come un'unica arteria che attraversava in diagonale l'Europa medievale da

nord a sud, ma come qualcosa di molto meno definito e assai più complesso. Le fonti documentarie rivelano come molte

in età medievale fossero le vie «francigene», e non si trattava di varianti di percorso di una stessa via ma di percorsi

diversi con pari dignità. I grandi poteri medievali non avevano infatti creato grandi vie come al tempo dei romani, né le

strade nel Medioevo erano elementi stabili del paesaggio.

Esistevano piuttosto «aree di strada» e«direzioni di flusso» senza itinerari preferenziali poiché tutti (mercanti e pellegrini)

avevano più scelte possibili e progettavano il loro percorso volta per volta, usando in ogni zona che attraversavano la via

francigena locale.

Quando si voleva indicare la meta, anziché la provenienza, la si definiva “via Romea”, con riferimento ai pellegrini diretti

a Roma, ma la si trova indicata nelle fonti anchein altri modi: via del re (via regia), viapubblica del conte (via publica

domini comitis), strada dei pellegrini (strata pellegrina o pellerina), o addirittura, quasi a sottolineare la pluralità di utenti,

Page 15: L’epoca romana - Gran Paradiso Vacanze | … B&B LE VIEUX NOYER- MAISON DU VAN Porta Praetoria Il monumento si trova tra via Sant‘Anselmo e via Porta Praetoria. Situata nella parte

Granparadisovacanze

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strata publica peregrinorum et mercatorum.

Per conoscere nel dettaglio l'itinerario valdostano della viaFrancigena si possono leggere gli appunti di viaggio

dell’arcivescovo

di CanterburySigerico che nell'ultimo decennio del X secolo, rientrando in patriada Roma (dove si era recato per ricevere

l'investitura papale), annota le tappe principali del suo viaggio (in Valle d'Aosta egli cita Publey, località nei pressi di

Montjovet,Augusta – Aosta -eSce Remei- Saint-Rhémy) oppure il diario di viaggio dell'abate islandese Nikulas di

Munkathverache che procede lungo lo stesso percorso verso il 1154 nel suo viaggio daThingor a Roma, fermandosi

presso il«Bjanardz spitali», cioè l’ospizio del GranSan Bernardo,aThroelaborg (Etroubles), adAugusta (Aosta) e, infine, a

Pont-Saint-Martin che, come antica dogana del regno italico aveva assunto la denominazione di Kamar, cioè «camera».

http://www.viefrancigene.org/it/

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