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Liceo Scientifico “E.Fermi” di Menfi a.s.2012-13 Book..concini di conoscenza
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LEOPARDI Il pensiero e l ’evoluzione del concetto di
natura
Liceo Scientifico “E.Fermi” di Menfi a.s.2012-13 Book..concini di conoscenza
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Indice
Premessa ......................................................................................................... 3 La formazione giovanile ................................................................................... 4 La conversione estetica ................................................................................... 5 La conversione filosofica .................................................................................. 5 I viaggi e l’ultimo periodo della sua vita .......................................................... 5 Leopardi e il Romanticismo ............................................................................. 6 Le canzoni civili ................................................................................................ 7 Il pensiero di Leopardi e l’evoluzione del concetto di natura attraverso le sue opere ............................................................................................................... 8 E per concludere….. ....................................................................................... 13 Leopardi e il suo tempo ................................................................................. 13 Bibliografia ..................................................................................................... 14 Note del Professore ....................................................................................... 15
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Premessa
Giacomo Leopardi, pur cresciuto in un ambiente sociale arretrato, feudale e
culturalmente pigro, si adopera costantemente per superare i limiti oggettivi
di quel piccolo mondo, per proiettarsi in una dimensione più vasta e cercare
di comprenderla. L’infelicità di Leopardi si deve soprattutto ricercare nello
squilibrio che c’era tra un mondo nuovo, che la sua fervida immaginazione gli
dipingeva, ricco di valori ideali e la realtà che si rivelava, invece, dolorosa. Le
illusioni sono vane e spingono l’uomo verso la solitudine amara e desolata.
La giovinezza, tuttavia, accarezza queste illusioni, le sente vive e reali e apre
ad esse il suo cuore e la sua speranza; ma la giovinezza è breve e il sogno che
essa accarezza urta contro l’«arido vero», svuotando le illusioni del loro
fascino e svelando che la vita è dolore. Nel poeta sorge spontaneo il pianto
sulle illusioni cadute, sul mondo dolcissimo della giovinezza, a cui la sua
anima sempre si volge.
A definire la natura del rapporto di Leopardi con il suo tempo influirono in
modo singolare e determinante la sua condizione provinciale e la sua
dolorosa esperienza di vita, che gli permisero di affrontare i temi universali
della condizione umana, quali il rapporto uomo-‐natura, il problema della
felicità, il dolore, la noia. Egli scoprì e sperimentò questi temi prima di tutto
su se stesso e sulle proprie vicende di vita, ma non rimasero mai confinati in
un orizzonte personalistico.
Per comprendere appieno il pensiero di Leopardi e l’evoluzione del concetto
di natura attraverso le sue opere, è opportuno effettuare un excursus sulla
sua vita e la sua formazione.
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La formazione giovanile Giacomo Leopardi nacque a Recanati nel 1798 dal conte Monaldo e da
Adelaide Antici. Apparteneva ad una famiglia nobile, dissestata
finanziariamente a causa delle cattive speculazioni del padre e sottoposta
alla tirannia della madre, che sembrava vivere con l’unico scopo di
restaurare la passata ricchezza. A dieci anni, poiché non lo soddisfacevano i
due precettori a cui lo aveva affidato la famiglia, si tuffò nello studio,
leggendo tutto quello che riuscì a trovare nella ricchissima biblioteca
paterna. Furono “sette anni di studio matto e disperatissimo” che gli
rovinarono il fisico, ma lo
fecero diventare un ragazzo
prodigio. Conosceva alla
perfezione il latino e il greco,
studiò l’ebraico e affrontò
questioni di filologia. Egli stesso
redasse 240 opere giovanili.
Veduta di Recanati (MC) con il territorio circostante
Palazzo Leopardi, facciata principale, Recanati La biblioteca di Palazzo Leopardi
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La conversione estetica È il passaggio dall’erudizione al bello, cioè dalla filologia alla poesia. Nel
1815-‐1816 Leopardi, infatti, abbandona l’erudizione e si rivolge alla poesia, si
rivolge ai classici (Virgilio, Omero, Esiodo) come modelli di poesia da
studiare. Legge Alfieri, Parini, Foscolo, Monti.
La conversione filosofica È il passaggio dal bello al vero, dalla poesia alla filosofia o, più precisamente,
da una poesia d’immaginazione propria degli antichi ad una poesia
sentimentale propria dei moderni e nutrita di riflessioni filosofiche.
Componenti essenziali di questa conversione (1817) furono: l’amicizia con
«una persona vera», Pietro Giordani; l’entusiasmo per un modello ideale,
Alfieri; l’incontro-‐scontro con le poetiche romantiche; la sempre maggiore
consapevolezza della propria solitudine e infelicità; l’insofferenza verso
l’ambiente in cui viveva, accentuata da una prima esperienza di vita: l’amore
ingenuo e vagheggiato per la cugina Geltrude Cassi Lazzari.
I viaggi e l’ultimo periodo della sua vita Nel 1819 tentò la fuga da Recanati sventata dal padre e ritornò alla sua
solitudine. Poi fu ospite a Roma degli zii materni, ma ritornò deluso a
Recanati. Liberatosi della tutela familiare, cominciò a viaggiare; si recò a
Milano, Bologna, Firenze, Pisa, tornò nuovamente a Recanati, ma nel 1830 si
allontanò definitivamente dal suo paese. Con l’amico Antonio Ranieri si
trasferì a Napoli dove morì di colera nel 1837. Venne sepolto nella chiesa di
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San Vitale e, successivamente, le sue ossa furono portate a Mergellina,
accanto alla tomba di Virgilio.
Monumento funebre di Giacomo Leopardi nel Parco Virgiliano a Napoli
Leopardi e il Romanticismo Oltre che in numerosi passi dello Zibaldone (o, meglio, Zibaldone di pensieri -‐
titolo formulato dall’autore -‐ una raccolta vastissima di pensieri, appunti,
notazioni, impressioni, ricordi, documento della quotidiana e solitaria
tensione intellettuale del poeta), le posizioni di Leopardi nei confronti del
Romanticismo si possono ritrovare in due saggi: la Lettera ai Sigg.
compilatori della «Biblioteca italiana» in risposta a quella di Madama la
baronessa di Staël (1816) e il Discorso di un italiano intorno alla poesia
romantica (1818). Del Romanticismo egli accoglie la critica al principio
d’imitazione della tradizione classicista, il rifiuto delle regole e la polemica
contro l’abuso della mitologia. Il suo problema è quello di affermare «un
valore-‐natura»: per dare un fondamento sensibile alla poesia, occorre che
essa imiti la natura e poiché la natura è immutabile, anche la poesia sarà
immutabile; inoltre nell’imitazione della natura i sentimenti acquistano
forza. La poesia romantica riduce tutto al sentimentale, anzi al patetico e
Leopardi fa pertanto una distinzione tra il patetico sentimentale dei
romantici e il sentimentale puro degli antichi: la sensibilità, che egli ritiene
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fondamento di ogni grande poesia, è «quella intima e spontanea,
modestissima anzi ritrosa, pura, dolcissima, sublimissima, soprumana e
fanciullesca, madre di gran diletti e di grandi affanni, […] donata dalla natura
a pochi, ne’quali dove non sia viziata e corrotta, […] produce cose che
durano […] ».
Le canzoni civili Tra il 1818 e il 1821 compose le canzoni civili All’Italia, Ad Angelo Mai, Sopra
il monumento di Dante, Nelle nozze della sorella Paolina, A un vincitore nel
pallone, in cui si evince la polemica contro la Restaurazione e l’esigenza di
una poesia nuova intesa come “fonte di gloria” e impegnata nel riscatto
dell’Italia.
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Il pensiero di Leopardi e l’evoluzione del concetto di natura attraverso le sue opere
All’inizio dello Zibaldone è annotata la «gran verità» da cui prende le mosse
il pensiero leopardiano: «La ragione è nemica d’ogni grandezza: la ragione è
nemica della natura: la natura è grande, la ragione è piccola». (Zib., I, p.19).
In questa prima fase, che è stata definita “pessimismo storico”, Leopardi
fonda il suo pensiero sull’antitesi natura-‐ragione. La natura ha creato gli
uomini felici, ma la ragione distrugge tutto quello che la natura ha creato e li
rende infelici. La natura dunque, sulle orme di Rousseau, è considerata come
fonte di felicità, armonia, equilibrio, virtù e vita, a differenza della ragione
che spegne le forze vitali dell’uomo ed è accusata di essere nemica della
natura, perché distrugge i sogni, le illusioni, le speranze, l’immaginazione, lo
slancio fantastico. La grandezza e la bontà della natura si contrappongono
alla piccolezza e alla corruzione della ragione. L’antitesi iniziale natura-‐
ragione si capovolge radicalmente quando viene rivalutata la ragione
considerata strumento per mettere sotto accusa la natura, non più vista
come benigna, bensì come matrigna, indifferente alle sofferenze umane,
cinica, ingannatrice dell’uomo, al quale non resta altro se non affrontare con
dignità la verità e la sofferenza. Il pessimismo del poeta, le sue meditazioni
sono quelli di uno spirito che continuamente si volge a cercare, dubbioso e
ansioso, un valore, un significato, un fine della vita umana e di quella
dell’universo e ritorna sempre con la sola certezza del dolore a cui gli uomini
e tutte le cose sono destinati. È la fine del cosiddetto “pessimismo storico”,
che si muterà in “pessimismo cosmico”.
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Nell’Ultimo canto di Saffo (una delle due canzoni del suicidio, l’altra è Bruto
minore), la poetessa greca, simbolo del pessimismo leopardiano, soffre per
l’ingiustizia della natura, che ha dato un corpo deforme al suo animo alto e
sensibile e si sente immeritatamente respinta dal mondo e dalla vita. Saffo
va incontro volontariamente a quella morte che può liberarla dal suo duro
destino. In lei si proietta la tristezza, il desiderio di morte, la protesta di
Leopardi contro l’umana sorte.
Gli Idilli, comunemente indicati come Piccoli Idilli, (il termine “Idillio” deriva
dal greco ειδος, “immagine”; indicava originariamente un breve
componimento poetico o «un piccolo quadro», «bozzetto», che di solito
cantava temi agresti o pastorali. Il genere ebbe grande fortuna nell’età
alessandrina e il più celebre autore fu Teocrito di Siracusa) e in particolar
modo L’infinito (gli altri sono: La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno, La
vita solitaria e il Frammento XXXVII), sono come il ritrovamento di una
condizione di felicità, che si porge all’animo nei rari momenti in cui esso
riesce a sottrarsi alla riflessione e a riportarsi in quel mondo di libera
immaginazione, che è proprio dell’infanzia. Gli Idilli rappresentano lo sforzo
compiuto da Leopardi di riproporre la spontaneità e l’ingenuità di una poesia
dell’immaginazione, che è costantemente insidiata dall’insorgere di motivi
patetici e dall’insopprimibile coscienza di una realtà dolorosa.
Ma che cos’è la natura? La natura per il poeta è materia incorruttibile o
eternità della materia. Anche il caso entra a far parte del sistema primordiale
della natura, il puro e semplice caso che muove ogni cosa intrinseca in esso;
la natura è «come un fanciullo» che, con molta cura, si affatica «a produrre e
a condurre il prodotto della sua perfezione; ma non appena ve l’ha condotto
[…] pensa e comincia a distruggerlo». Inoltre essa appare come la peggiore
delle madri, perché invece di aiutare ed essere una saggia confidente per i
suoi figli, li opprime (Palinodia). È male assoluto e universale, come si evince
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dalle Operette morali (ventiquattro dialoghi o prose di riflessione sulla
condizione dell’uomo): «Il male è cosa comune a tutti i pianeti dell’universo»
(Dialogo della Terra e della Luna). Perchè il mondo sia perfetto occorre che
abbia in sé, tra le altre cose, anche tutti i mali possibili; tutto è male, quindi
anche la natura ne è invasa. Nel Dialogo della Natura e di un Islandese la
natura appare con l’aspetto di donna «di volto mezzo tra bello e terribile»,
come una presenza incantevole, ma al contempo terribile ed enigmatica.
Il passaggio dal pessimismo storico a quello cosmico, che si comincia a
intravedere già in Saffo, viene dunque chiarito nelle Operette morali, dove la
vita è raffigurata come un ineluttabile procedere verso la morte ed un
incessante succedersi di dolori e sofferenze con la natura diventata
matrigna.
Frontespizio del primo saggio delle Operette morali, Milano, 1826
Nei Grandi Idilli (Il risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, La quiete dopo la
tempesta, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante
dell’Asia, Il passero solitario) quella materia di impressioni, di affetti, di
fantasie e di sogni rifiorisce solo nella memoria. Nel Canto notturno di un
pastore errante dell’Asia si mettono in rilievo le grandi domande e le
inquietanti ricerche sul significato dell’esistenza, sul senso della vita e sul
ruolo degli uomini. La luna ha un fascino incredibile, ma non è la luna
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confidente, consolatrice; è un’entità eterna a cui il pastore-‐poeta rivolge
domande, che non ricevono risposta. Il pastore diventa il simbolo dell’uomo
e la conclusione finale è terribile, poiché il giorno della nascita è considerato
funesto a tutti.
Autografo di A Silvia, Napoli, Biblioteca Nazionale Nell’ultima fase della poesia leopardiana, il poeta non si rifugia più nei
ricordi, ma la sua attenzione è rivolta alla realtà presente, a quella
dimensione nuova che l’amicizia, l’amore per una donna vera, Fanny Targioni
Tozzetti, la polemica politica, le difficoltà della vita gli hanno rivelato.
Il canto A se stesso (Ciclo di Aspasia) segna, nella riflessione del poeta
sull’esistenza, una presa di posizione tanto dolorosa quanto ferma: in modo
lucido egli dichiara la caduta di ogni illusione. Con cupo pessimismo il poeta
si rivolge al proprio cuore, a quella parte di sé che ha creduto nella vita, che
ha sperato, che ha amato, quella che ha nutrito sogni e illusioni e alla quale
non resta ormai che fermarsi rinunciando a soffrire per un mondo che non è
degno della sua sofferenza. Amarezza e disincanto sono gli elementi che
caratterizzano il canto, ma c’è anche la volontà di un’orgogliosa affermazione
della propria individualità e dignità.
La ginestra (ultima lirica insieme a Il tramonto della luna) riprende il tema
della fragilità della società umana di fronte al ciclo dominante di produzione
e distruzione regolato in modo indifferente dalla natura. Il poeta esalta
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l’uomo che accetta il proprio destino e scopre il valore della solidarietà per
contrastare la natura. In questo componimento sono concentrati
mirabilmente i grandi temi leopardiani e la sua riflessione sull’uomo, la
natura e la civiltà.
Villa Ferrigni detta “Villa delle Ginestre”, a Torre del Greco (NA)
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E per concludere…..
Di che cosa l’uomo può veramente fidarsi? Della ragione o della natura? E la
natura, essendo opera di Dio, può essere considerata così crudele e matrigna
come lo stesso Leopardi la definisce?
Leopardi e il suo tempo
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Bibliografia - Baldi G., Giusso S., Razetti M., Zaccaria G., La letteratura – L’età
napoleonica e il Romanticismo, vol. 4, Ed. Paravia. - Fedi R., Francini M., Masi G., Capecchi G., Dieci secoli di letteratura –
L’età del Romanticismo, vol. 2 B, Ed. Mursia. - Luperini R., Cataldi P., Marchiani L., Marchese F., La scrittura e
l’interpretazione -‐ Il Romanticismo, vol. 2, tomo 3, Ed. G. B. Palumbo.
- Panebianco B., Pisoni C., Reggiani L., Testi e scenari -‐ Il Romanticismo, vol. 4, Ed. Zanichelli.
- Salinari C., Ricci C., Storia della letteratura italiana, vol. 3, tomo 1, Ed. Laterza.
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Note del Professore Questo Book sulla figura di Leopardi nasce dal proposito di fornire agli
studenti uno strumento agile per una più solida comprensione e messa a
fuoco, in forma organica, semplice e al contempo esauriente, dell’autore e
del suo pensiero. Fornisce, infatti, le fondamentali direttrici storico-‐critiche e
le chiavi interpretative indispensabili per una completa preparazione e una
consapevole rielaborazione personale, oltre a un quadro sintetico, ma
puntuale ed efficace.
Il mio più sincero ringraziamento va pertanto a tutta la classe V A per la sua
fattiva collaborazione e in particolare a Ilaria e Rosachiara che hanno svolto
un lavoro accurato e scrupoloso.
Ilaria Bonfante (VA)
Rosachiara Spezzacatena (VA)
Prof.ssa Piera Gioia