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Epistemología de las Ciencias. La Emergencia (2004) CIAFIC Ediciones L'emergere ontologico nell'universo in evoluzione George V. Coyne, S.J. * Il titolo della mia relazione è questo: L'emergere ontologico nell'universo in evoluzione. Insisto sulla parola, al meno per la mia relazione, "emergere" anzi che “emergenza." Parole sono parole, ma scelgo il verbo anzi che il sostantivo "emergenza" per esprimere che si tratta di un processo sempre in atto, universale. Si parla di un processo universale che tocca tutti gli esseri. Non è un risultato compiuto, è un processo. Dico ontologico perché parliamo di esseri. Ontologico come vedrete nel senso che, un livello superiore ha una causalità su un livello di essere inferiore e altrettanto; c'è uno scambio di causalità fra diversi livelli di esseri superiori e inferiori. Iniziamo in un modo assai semplice e dopo andiamo alla complessità. Dico semplice nel senso che siamo tutti più o meno d'accordo con uno schema del genere (Fig. 1). Cioè, le discipline che studiamo all’Università sono divise più o meno, per complessità epistemologica, nel senso che man mano che saliamo andiamo alle discipline, diciamo, meno deterministiche. C'è poco da discutere su di questo perché è già nella nostra cultura che dividiamo le discipline più o meno così. Ovviamente non ho messo tutte le discipline. La mia domanda è questa. Lo schema epistemologico creato da noi nella Fig. 1 ha una base ontologica? Cioè, fa senso indagare sul perché mettiamo le discipline più o meno così? Esiste un emergere ontologico da un livello all'altro? Inoltre * Director del Instituto Astronómico de Arizona y Director de la Specola Vaticana. L'emergere ontologico nell'universo in evoluzione, P. George V. Coyne, S.J., pp. 175-202. 175

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L'emergere ontologico nell'universo in evoluzione

George V. Coyne, S.J.*

Il titolo della mia relazione è questo: L'emergere ontologico nell'universo in evoluzione. Insisto sulla parola, al meno per la mia relazione, "emergere" anzi che “emergenza." Parole sono parole, ma scelgo il verbo anzi che il sostantivo "emergenza" per esprimere che si tratta di un processo sempre in atto, universale. Si parla di un processo universale che tocca tutti gli esseri. Non è un risultato compiuto, è un processo. Dico ontologico perché parliamo di esseri. Ontologico come vedrete nel senso che, un livello superiore ha una causalità su un livello di essere inferiore e altrettanto; c'è uno scambio di causalità fra diversi livelli di esseri superiori e inferiori.

Iniziamo in un modo assai semplice e dopo andiamo alla complessità. Dico semplice nel senso che siamo tutti più o meno d'accordo con uno schema del genere (Fig. 1). Cioè, le discipline che studiamo all’Università sono divise più o meno, per complessità epistemologica, nel senso che man mano che saliamo andiamo alle discipline, diciamo, meno deterministiche. C'è poco da discutere su di questo perché è già nella nostra cultura che dividiamo le discipline più o meno così. Ovviamente non ho messo tutte le discipline.

La mia domanda è questa. Lo schema epistemologico creato da noi nella Fig. 1 ha una base ontologica? Cioè, fa senso indagare sul perché mettiamo le discipline più o meno così? Esiste un emergere ontologico da un livello all'altro? Inoltre * Director del Instituto Astronómico de Arizona y Director de la Specola Vaticana.

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perche' dobbiamo terminare quell'emergere con l'intelligenza umana. C'è la minima possibilità, senza cascare in eresia, di indagare sull'emergere anche dello spirito. È una domanda; mica che ho una risposta. Ma, posso più o meno indagare sul emergere anche dallo spirito se possiamo difendere l'emergere per tutte queste altre discipline.

Fig.1. Livelli di emergere secondo l'epistemologia dal meno al più complesso.

Allora, da qui possiamo passare ad una base ontologica (Fig.

2). Vediamo un pò quello che già sappiamo. Adoperando una parola analogica, man mano che andiamo da basso in alto esiste più libertà, ma libertà in un senso molto analogico. Cioè lo stato superiore è meno determinato, c'è più libertà, in cima c'è l'essere umano. Questo camino in alto si chiama complessità, lo stato finale è più complesso perché meno determinabile. Qui sul grafico mettiamo l'età, da oggi, indietro a 13,7 miliardi di anni fa. Per l'età dell'universo abbiamo per la prima volta messa una virgola, cioè, l'età dell'universo è 13,7 miliardi più o meno 0,2. Abbiamo potuto metterlo da studio delle "supernovae" molto distanti. Non parlo del “niente” messo sul grafico. Non mi soffermo sull'inizio, l'energia primordiale, la

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meccanica o la cosmologia quantistica. Io inizio dal di sopra del niente. Niente per me non è un livello.

Fig.2. Livelli ontologici emersi nell'evoluzione dell'universo che ha 13,7 miliardi di anni.

Posso passare dalla diapositiva precedente (Fig. 1) a questa

diapositiva (Fig. 2)? Fa senso organizzare tutti gli esseri dell'universo più o meno in questo modo? In cerca di una risposta ripeto rapidamente quello che sappiamo dell'Universo in evoluzione (Fig. 3). L'universo in evoluzione vuol dire che dal tempo 0, con il passare del tempo, le distanze sono divenute sempre più grandi: l'espansione dell'Universo. E con quella espansione dell'universo sono venuti fuori questi diversi oggetti. Non è che difendo la collocazione dei diversi processi, se vogliamo, o diversi oggetti. Infatti non sappiamo se sono venute prima le prime stelle e dopo le galassie o prima le galassie primordiali e dopo le stelle. Con la mia relazione parleremo più

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dei processi dai primitivi organismi vitali sino ad oggi e in poi, se possiamo andare anche un pò in avanti da oggi.

Fig.3. L'espansione dell'universo (distanze in aumento) con il passare del tempo; segnalati gli avvenimenti più importanti.

Se l'età dell'Universo, 13,7 miliardi di anni, fosse una anno

terrestre, se mettiamo tutta l'età dell'Universo in un anno (Fig. 4), allora, il primo di gennaio è il Big Bang; sette di febbraio dopo un mese e qualcosa nasce la Via Lattea, la nostra galassia, assai rapidamente secondo le ultime osservazioni, più rapidamente di quanto si pensava una volta possibile. Nasce la Terra almeno mezzo anno prima di avere i primi esseri viventi sulla Terra; il dieci settembre succede la famosa esplosione cambrica; i poveri dinosauri stavano qui solo per cinque giorni, ma hanno avuto il vantaggio di essere nati lo stesso giorno della nascita del Signore Gesù. Più interessante è l'ultimo giorno di quest'anno. I primi ominidi solo cinque ore prima di mezzanotte; Gesù due secondi prima di mezzanotte e Galileo e i suoi compagni un secondo prima di mezzanotte. Per dare una idea di tutto quello su cui ci concentriamo parlando dall'emergere della persona umana secondo i tempi siamo arrivati proprio in tempo, cioè, alla fine della giornata. Ovviamente c'è un motivo perché, se l'Universo non fosse tanto evoluto, non ci sarebbe stato l'abbondanza chimica per fare organismi viventi.

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CALLENDARIO DELL’UNIVERSO IN EVOLUZIONE

L’UNIVERSO HA L’ETÀ DI 13,7 MILIARDI DI ANNI (109)

Facciamo l’età dell’universo alla scala di un’anno terrestre 1 gennaio: l’inizio con il Big Bang 7 febbraio: nasce la Via Lattea 14 agosto: nasce la Terra 4 settembre: i primi esseri viventi sulla Terra 15 dicembre: l’esplosione cambrica 25 dicembre: i dinosauri 30 dicembre: estinzione dei dinosauri 31 dicembre:

alle ore 19:00 - i primi ominidi alle ore 23:58 - i primi esseri umani alle ore 23:59:30 - età agricola

47 - i piramidi 58 - nasce Gesù 59 - Galileo 60 - oggi

Fig.4. Calendario dell'universo mettendo un anno terrestre come l'età intera dell'universo. Se organizziamo tutti gli esseri secondo quanto grandi sono e secondo la loro massa (Fig. 5), vediamo che tutto segue un certo rapporto: l’universo visibile intero, sin dal protone e tutti gli esseri viventi nel rettangolo; e noi stessi seguiamo questo rapporto. Cosa vuol dire? Sono i fatti scientifici. Cercherò al meno di dare qualche idea e di interpretarli. Gli atomi fondamentali, carbonio, idrogeno, azoto, ecc., si sono combinati in molecole sempre più complesse. Questa è la complessità chimica. E finalmente in qualche modo siamo usciti noi. Cioè, il cervello umano, la macchina (utilizzando la parola “macchina” parlo proprio come un materialista) più complicata che conosciamo, è venuta fuori con una evoluzione del genere. Un

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processo così, di complessità, ha condotto finalmente al cervello umano.

Fig.5. Il rapporto fra massa e grandezza di diversi oggetti emersi nell'evoluzione dell'universo, compreso l'universo visibile.

Allora a questo punto io vorrei ricordare quello che il

professor Brenci ha detto l'anno scorso. Brenci non ha osato definire la vita; ha voluto invece definire gli esseri viventi. E ha detto così: "Sono sistemi chimico-fisici aperti, con scambi di materiale e di energia, con l'ambiente nel quale il vivente opera. Gli scambi sono controllati da un insieme di informazioni che costruiscono il corredo genetico specifico ed individuale: la specie e l'individuo. Il sistema di informazioni individuali garantisce il controllo e l'interazione con l'ambiente; è riproducibile in nuovi individui e replicabile, cioè, da un individuo all'altro si può replicare. L'ambiente ha per il vivente due valenze fondamentali. Da una parte rappresenta il pool di mezzi di scambio di cui il vivente necessita; dall'altra parte produce nei genomi le variazioni trasmissibili, le famose mutazioni, che sono alla base del processo di ottimizzazione dei viventi."

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Ora cerco di raccogliere i concetti principali. Prima la complessificazione. Cosa vuol dire? Per me gli elementi di complessificazione, quando passano ad un livello superiore, sono man mano più complessi, meno determinati, ma, allo stesso tempo più strutturati. Cioè, gli elementi basilari sono messi in una struttura meno determinata, cioè, e più aperta al futuro, se vogliamo parlare del tempo o più aperta a livelli superiori, meno determinata nel senso più strutturata e più aperta. La nuova struttura di elementi inferiori si affronta al futuro con più possibilità, anche con più delle possibilità di essere ancora più complessa. Come esempio, ripeto la definizione data tante volte da Brenci: “l’essere vivente ha la capacità di modificare l'ambiente al suo favore quando si arriva all'essere umano.” Con l'essere umano si è arrivato a un punto detto "la cultura," e penso che sia un bel pensiero quello che l'essere umano, diversamente da tutti gli esseri viventi, ha una terza età molto estesa. Da bambino l'uomo è molto dipendente, più dipendente di qualsiasì altro animale; dipende dai genitori per un lungo periodo di tempo. Ma ha questa detta terza età dove si è sviluppata la cultura. E ovviamente nello sviluppo di questa cultura il linguaggio ha giocato una parte essenziale. Si intende linguaggio nel senso largo della parola, non solo le parole, ma, le strutture grammatiche, le comunicazioni. Come dice Brenci, nell'uomo il linguaggio, la nascita del linguaggio è stato esplosivo. È successo in un arco di tempo, relativamente parlando, molto corto in confronto con l'analogia del linguaggio negli altri animali. Esplosivo. Tutto l'apparato di poter comunicare, di poter parlare è venuto rapidamente, relativamente parlando, di tutte l'età di cui già abbiamo parlato.

In quanto ho potuto capire ci sono due funzioni principali della vita: il metabolismo e la replicazione. Non escludo altri processi, ma, due processi proprio fondamentali alla vita. Metabolismo, cosa vuol, dire? Vuol dire tutto l'insieme dei processi chimici tra un organismo e l'ambiente. Quegli scambi tra l'organismo e il suo ambiente possono essere processi detti anabolici, che non vuole dire nient’altro che in questo processo si assorbe

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l’energia, o i processi catabolici, processi in cui si produce energia. Alla base di quei processi ci sono i famosi aminoacidi e le catene di proteine costruite da aminoacidi. Si dice del metabolismo per analogia che il metabolismo è il "hard ware" del computer.

L'altro processo, replicazione, vuol dire "fare una copia di sé stesso"; è diverso da riprodurre. Riproduzione è la divisione di una cellula. Questo è fare una copia di se stesso. E nella replicazione alla base ci sono gli acidi nucleotidi; è un processo parassitico in quanto ha bisogno di avere una sede in un altro essere. In contrasto con il metabolismo la replicazione si presente come il così detto "soft ware" per analogia con il computer. Mi sembra che la analogia sia valida, cioè, ci aiuta a capire ad adoperare queste parole "hard ware" e "soft ware" perché siamo tutti abituati oggi giorno ai computer. Perciò, ci aiuta ad immaginare l'insieme di questi due processi come si confrontano l'uno con l'altro.

Di questi due processi, ognuno è improbabile. C'è la buona possibilità che non fossero mai accaduti questi processi. Ma, come ho detto altre volte, con le tantissime opportunità offerte dall'universo, la probabilità di non succedere è discesa. Allora non è da sorprenderci che sia successo il processo di metabolismo e di replicazione. Bisogna, però, parlare degli origini plurali della vita, al meno di due origini; cioè prima è venuto un processo di metabolismo e dopo un processo di replicazione. È proprio ragionevole pensare così, perché due processi, ognuno improbabile, avvenuti simultaneamente è ancora più improbabile. Due processi improbabili che si sono incontrati allo stesso momento in un Universo che ha la bella età di quattordici miliardi di anni, è molto improbabile. Ma quale dei due processi è avvenuto prima?

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Fig.6. L'emergere dell'organismo umano dal livello del DNA in poi.

Allora a questo punto, avendo messo più o meno queste

domande aperte, vorrei raccogliere alcuni fatti scientifici per parlare alla fine del concetto filosofico di "emergere." L'organismo umano, l'insieme della persona umana, è complesso nel senso puramente scientifico della parola (vedi Fig. 6). Nessun elemento può essere inteso senza riferimenti sia agli elementi sul livello inferiore che a quelli sul livello superiore. “Inferiore” e “superiore” si riferiscono al meno complesso o più complesso. Il DNA, le organelle, le cellule, il tessuto del fegato, finalmente è il fegato che si incorpora in un essere umano; devono parlare l’uno all’altro e alla fine con il cervello. Prendo come esempio un processo intermediario all’essere umano, il fegato. L'importante è vedere che il fegato dipende di tutti questi elementi o meglio detti processi. Non ci sarebbe stato mai un fegato senza un DNA che dava segnali, informazioni, per formare il nucleo di una cellula, le cellule si sono combinate in sistemi multicellulari, il tessuto, e così via. È un processo continuo, complesso in quel senso. Esiste una causalità scambievole, cioè c'è un destino in qualche modo sin dal DNA; il processo sapeva come arrivare al fegato; c'erano le informazioni essenziali. Ma, man mano che si complessificava il

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processo, la scelta a farsi una qualcosa altra che il fegato viene ridotta; cioè, il processo viene sempre più determinato, più strutturato.

Fig.7. Un processo di metabolismo catabolico; una cellula emette energia (calore) all'ambiente e diviene più ordinata.

Nella Fig. 7 vediamo un esempio del metabolismo catabolico,

cioè, produce energia. Questo è l'esempio più semplice che ci sia di una cellula e il suo ambiente. Lo schema mostra gli elementi della cellula con i movimenti disordinati. Ma, la cellula, per le informazioni ricevute, si organizza. Ma, con quella organizzazione cellulare per conservare l'entropia la cellula manda calore all'ambiente che diviene, perciò , più disordinato, un disordine indicata dalle frecce più agitate. C’è stato uno scambio di energia fra la cellula e il suo ambiente. La cellula manda energia all'ambiente e diviene più ordinata, un processo catabolico. Invece nello Fig. 8 vediamo un processo più complicato, un processo anabolico; assorbe energia man mano che il processo procede. Si inizia con un nucleo poco produttivo che assorbe una batterio e con la energia assorbita rinforza la membrana. Così si crea una cellula primitiva di un animale oppure di una pianta secondo la batterio assorbita.

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Fig.8. Un processo di metabolismo anabolico; una cellula assorbe energia (un batterio) e inizia a sviluppare la sua membrana. Secondo il batterio assorbito si avvia verso un animale oppure verso una pianta.

Fig. 9 presenta uno schema di un processo fondamentale,

una antenna, così chiamata perché ha la capacità di assorbire segnali di energia. Questa è una antenna plurimolecolare; ognuno di questi elementi esagonali rappresenta una molecola. Un fotone passa per l’antenna con una energia di risonanza, cioè, l’energia del fotone stesso è un integrale dell’energia o una frazione dell’energia delle rispettive molecole. Ma quando arriva ad una molecola che ha un livello di energia più alto per un integro del primo livello di eccitazione del fotone, viene assorbito. È un processo puramente fisico ma in un sistema biologico; un insieme di molecole assorbe energia secondo le leggi della fisica. Un processo metabolico-anabolico.

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Fig.9. Una "antenna" plurimolecolare che può intrappolare energia se il fotone ha certi caratteristici di risonanza in confronto con le molecole.

Nella Fig. 10 si presenta uno schema per farci ricordare che

l'organizzazione di quattro acidi nucleotidi fornisce le informazioni per la creazione del DNA. Si procede dal DNA alla catena delle proteine organizzate secondo gli aminoacidi. Fig. 11 presenta uno schema fra tanti che uno potrebbe presentare dell’albero degli esseri viventi. Ognuno degli esseri rappresentati contiene la proteina citocromo-C. Le cifre indicano il numero di mutazioni nella stessa proteina da una diramazione all’altra nell’evoluzione verso le relative specie di esseri viventi. Presento questo schema solo per dire che il processo di evoluzione sempre procede verso esseri più complessi. Nella stessa molecola le mutazioni sono sempre più numerose per arrivare ad esseri più complessi, un buon esempio dell’emergere.

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Fig.10. I quattro acidi nucleotidi che forniscono le informazioni essenziali per la formazione delle catene delle proteine del DNA.

L'importante per gli esseri viventi è sapere la così detta

"eterozigosità", ciò è la capacità di variare i geni. Interessante da vedere per l'essere umano: i geni interi sono più di trentamila; 2,010 dei geni sono diversi fra un individuo e l'altro; la replica di un individuo da due esseri umani varierebbe per 22,010 10605. Vuol dire che ogni individuo umano ha la capacità di produrre 10605. diverse uova o sperma. È enorme la capacità di produrre individui con diversi geni; è proprio incredibile, quando si pensa nel fatto che nell'universo stesso ci sono solo 1076 atomi. Cioè, il confronto di questi due numeri vuol dire che la capacità di variare l’insieme dei geni è enorme per l'essere umano. Vuol dire che l’essere umano è complesso.

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Fig.11. Un albero di diverse specie di esseri viventi secondo il numero di mutazioni in una identica proteina di citocromo-C.

Dai fatti scientifici appena raccontati cerchiamo ora una

definizione più dettagliata di emergere. Gli elementi per una definizione sono i seguenti: C'è una causalità reciproca, ma non possiamo solo basarci sulla causalità classica tomista-aristotelica, cioè le quattro cause: materiale, formale, finale ed efficiente. Non escludiamo quelle cause, ma sembra che esista una causalità che è diversa delle quattro famose cause classiche perché c'è una discontinuità fra causa ed effetto nell’emergere da un livello inferiore ad un livello superiore. C'è una incertezza, una imprevedibilità intrinseca, non solo epistemologica ma ontologica; c'è una apertura. Lo scambio fra un livello superiore e un livello inferiore per me non si può capire adoperando solamente ed esclusivamente le cause classiche scolastiche, né la famosa potenzialità di un essere potenziale. Non sembra sufficiente per spiegare il nuovo essere a livello superiore dagli elementi inferiori.

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Parliamo del livello “dal di sotto” e di quello “al di sopra.” Gli elementi del livello “dal di sotto” divengono parte di un nuovo sistema, le molecole divengono parte di una cellula, la cellula diviene parte di un tessuto, ecc., e hanno un influsso su quel sistema del livello “al di sopra” perché limitano quello che quel sistema può essere. Cioè, il sistema non può fare tutto quello che vuole, è limitato dalla natura degli elementi che assorbe, se vogliamo. Dal punto di vista del livello “al di sopra,” il sistema è una causa, in qualche senso, affinché i componenti agiscano in un rapporto con gli altri componenti; è una causa di quel rapporto nascituro. Queste povere molecole che stanno al livello “dal di sotto” non sanno che fare una all'altra; costituiscono solo una miscela di molecole. È il livello superiore che, rispettando la natura degli elementi delle molecole, sa organizzare le molecole e strutturarle. Allora, sicuramente quel essere nel livello superiore è un essere ontologico perché ha una causalità. Cioè, gli elementi nel livello inferiore per proprio conto non potrebbero agire come agiscono quando sono assorbiti nel livello superiore.

La parola giusta, penso, che sia organizzazione, cioè, il livello superiore organizza le molecole, dà loro una struttura. Il sistema nel livello superiore non è riducibile ai componenti, cioè non si può ricreare gli elementi sciogliendo il livello superiore solo per leggi della fisica; non si può tagliare in pezzi quel sistema e riprodurre elementi perché è un sistema strutturato, è un nuovo essere, non è riducibile al livello inferiore; c'è una novità non riducibile. Devo insistere in una causalità, quella del livello superiore perché altrimenti non si spiega quel nuovo insieme.

Ho parlato tanto dei livelli e abbiamo visto diversi livelli epistemologici e ontologici. Cosa vuol dire un livello? E una realtà ontologica; c'è una base ontologica per distinguere questi livelli; sono realtà ontologiche perché hanno una vera causalità; ci sono effetti non spiegabili senza avere questo essere superiore, questo livello superiore. Il livello contiene

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informazioni. Io prendo quella parola nel senso basilare della parola "informa," la parte più importante è "forma," dà una forma. Anche qui ci aiuta, forse non sufficientemente, il significato di causa formale nel senso aristotelico. La forma fa che una cosa "sia tale e non tale altro," cioè, dà la forma. Un fegato è un fegato, non è un cuore, non è un cervello, è un fegato. Cosa fa fare un fegato? Perché è informato, c'è una forma, una forma che dà una struttura a tutti quegli elementi più basilari dal DNA alle cellule, al tessuto, ecc. Questi livelli ci danno l'apparenza che c'è una certa telologia intrinseca, un certo destino; quello scambio di informazioni sembra che una volta avviato il DNA sappia dove andare, per dire la verità. Cioè, va a produrre un uovo, sono parole analogiche, va a produrre un fegato, e in un altro momento, altro DNA va a produrre un cuore, va a produrre le unghie, pelle. Sembra che ci sia un certo destino in questi processi, un destino intrinseco. Mica parlo di un agente personale, di una intenzione in quel destino. Non penso che sia necessario avere una persona che abbia disegnato questo, perché le informazioni, nel senso che io ho detto, ben intese, scientificamente parlando, sono sufficienti. Sappiamo spiegare l'organizzazione del fegato, dalla natura del DNA in poi. Non abbiamo bisogno di una persona che abbia disegnato questo processo. Non escludiamo ovviamente tale persona, ma, dal punto di vista di uno scienziato, non bisogna che ci sia una persona del genere.

L'interessante è che il livello superiore fa una selezione, cioè, non conserva tutte le informazioni disponibili a un livello inferiore. Le informazioni e i dati sono tantissimi e non sono tutti utili. Al livello superiore c'è una selezione, ancora nel senso analogico della parola. Infatti, c'è il così-detto feedback, c'è uno scambio di informazioni che il livello inferiore in un certo senso dice al livello superiore "tu non hai bisogno di questi dati, hai bisogno di questi altri dati"; cioè, un feedback, uno scambio di informazioni. Presento un esempio di selezione di informazioni utili. Come abbiamo già visto ci sono trentamila geni in ogni cellula umana, ci sono 1013 cellule umane, ci sono 1016

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neuroni nel cervello umano, ci sono 1014 sinapsi nel cervello umano. Quando io bevo un bicchiere di vino non utilizzo tutte queste informazioni; sono inutili; cioè, c'è un livello superiore che seleziona i neuroni, le sinapsi necessari per bere questo vino. Quando gioco al tennis è un po' più complicato e ancora più quando presento questa relazione; ma, c'è sempre una selezione dal livello superiore fra il banco di dati che sono disponibili. Selezione è un concetto importante.

E un altro concetto importante è l'amplificazione, cioè, c'è un dato a livello inferiore che è un dato “tale” che per essere utile al livello superiore bisogna amplificarlo. L'antenna delle molecole nella Fig. 9 è una amplificazione; assorbe fotoni, amplifica la capacità di una certa cellula o un sistema multicellulare.

Vorrei ora inserire un significato di livello che è molto basilare. In questa sala ci sono tante molecole. Io posso misurare certe proprietà dell'insieme di queste molecole, come la pressione, la temperatura, ecc. Sarebbe una misura dei movimenti delle molecole; ma mica posso misurare il movimento di ogni molecola; sono miliardi e miliardi. Faccio invece una misura statistica e stabilisco una proprietà dell'insieme delle molecole in questa sala. Ma, quello è proprio un emergere? Forse non è neanche giusto dire “emergere” perché le molecole non sono strutturate fra loro, è una semplice proprietà statistica che descrive questo insieme di molecole, ma non parlano fra loro, non scambiano informazioni fra loro. È un livello basilare.

Un altro livello sarebbe quello dell’acqua; l'organizzazione dove gli atomi hanno una struttura che in confronto con altre strutture possibili, cioè nella stessa colonna della tabella degli elementi, ha una struttura; qui siamo in un altro livello, senz'altro, cioè, un emergere ad un livello più alto di quello di una semplice proprietà.

E allora proseguiamo ad altri livelli di cui abbiamo già parlato. Livelli dove c'è un feedback, cioè uno scambio di informazioni;

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è un livello più complicato, più complesso vorrei dire; c'è più telologia implicita, ma non imparata. Si arriva a livelli dove c'è un destino imparato tramite i geni, cioè, da un individuo all'altro si può trasmettere una struttura imparata. Quello è un livello molto più alto ovviamente.

Finalmente si arriva ai livelli in cui c’è una teleologia più esplicita e più espressa: il linguaggio. Cioè, non c'è più solo un processo imparato, c'è un processo imparato, comunicato, raffinato tramite scambi tra un individuo e l'altro: linguaggio, cultura, tecnologia. Ovviamente quello è un livello ancora più alto nel senso che c'è una trasmissione di informazioni che esprimono una teleologia più esplicita. A questo punto siamo arrivati a ciò che in inglese si dice "purpose", un progetto, una meta pensata e ragionata, dove si sono organizzati tutti i mezzi per arrivare a quella meta. Questo è un livello ancora più alto.

Sarebbe possibile pensare ad un livello ancora più alto, cioè, il livello dello spirito? Il modo classico nel cristianesimo di pensare dello spirito è di proporre un intervento di Dio. Con l'evoluzione dell'universo ad un certo punto Dio ha creato l'anima umana. Quello è un modo di pensare della complessità della persona umana, quando si arriva non solo all'intelligenza ma allo spirito. Lo spirito è più che l'intelligenza, uno può essere intelligente senza essere spirituale nel senso oggettivo della parola. Non aver uno spirito vuol dire che Dio non si è inserito in me, per dire; ho l'intelligenza ma non lo spirito.

Siamo arrivati alla cultura umana, al linguaggio, nel senso più ricco della parola: comunicazioni, non solo passare informazioni ma comunicare. Io comunico non solo con le parole, ma anche con la vista, con come muovo le mani, se mi presento gioioso o triste; tutte quelle sono comunicazioni non verbali. La comunicazione è più ricca dell'utilizzo del linguaggio, ovviamente. Arrivato a quel punto, basandoci sulla teologia, sull’interpretazione della Sacra Scrittura, specialmente su San Giovanni, cioè la comunicazione del logos, della Parola di Dio, possiamo incominciare a parlare dell'emergere della persona

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umana, a quel punto dove la parola, nel senso più ricco della parola umana, è arrivata al punto di poter incontrarsi con la Parola di Dio. Una comunicazione fra la parola umana e la Parola Divina trasmessa. La Parola Divina non è una cosa che io posso andare a pigliare; anzi mi viene data gratuitamente. Cioè, non sono arrivato alla fede tramite un processo puramente ragionevole e nessuno ci è mai arrivato così. Sarebbe una contradizione di che cosa vuol dire fede. Fede è un dono di Dio, di Dio stesso. La parola umana è arrivata, tramite i processi di complessità più basilari, a quel punto in cui Dio si è comunicato con la Parola Divina. Siamo arrivati ad un altro livello di emergere. C'è una apertura alla Parola Divina che non si aveva prima; ci voleva tutta questa evoluzione prima di arrivarci al punto che Dio avrebbe potuto comunicarsi. Ci sono teologi che più o meno hanno visto che dentro l'evoluzione della persona umana c'era questa teleologia verso la Parola Divina. Karl Rahner ha parlato, per esempio, dell’"esistenziale soprannaturale."

Nella Fig. 1 all’inizio di questa relazione ho messo “spirituale” e “teologia” in cima dello schema. Adesso mi domando se esista veramente una continuità nell’emergere fino allo spirito. Cioè, possiamo mettere Dio e il rapporto di Dio con noi su uno schema del genere. Qualcuno mi diceva: "ogni volta che tu pronunci il nome di Dio, Dio sta più lontano." E allora faccio allontanare Dio per un bel pò mettendo “spirituale” sullo schema. Ma non potevo fare meno non avendo una risposta alla domanda fondamentale: l’emergere dello spirito possa essere visto in continuità con l’emergere di tutti gli altri livelli di cui abbiamo parlato?

DIÁLOGO - Dr. Gratton: Quisiera conectar este discurso del Padre Coyne con el que habíamos comenzado en las jornadas precedentes. Padre, usted nos presenta hoy la continuación o extensión del concepto de emergencia que comenzamos a tratar el primer día de esta reunión. Prosperi lo formuló en primer lugar, luego al segundo día lo amplió

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Abbona, etc. Es el concepto de emergencia más simple, en el cual dados unos componentes independientes, cuando éstos se ensamblan de cierta manera, el conjunto adquiere una propiedad que no poseía cada componente por separado. Este es un concepto de emergencia que ayuda a comprender una serie de hechos físicos o incluso físico-químicos. Ahora usted nos ha lanzado hacia una extensión mucho mayor de este concepto, donde la emergencia de nuevas propiedades está asociada a la formación de un ser, de un organismo. Aquí tiene que haber una organización y tiene que haber una relación de causalidad entre los distintos niveles de ese organismo. Quizás, dicho muy simplemente mediante el concepto de feedback, debe existir una realimentación entre los distintos niveles y se debe introducir la noción de información ligada a esta interacción entre los niveles. De manera que lo veo como una extensión, como un aspecto mucho más complejo, de la emergencia más simple de la cual hablamos durante el primer día.

Ahora sí una pregunta, la premisa era solamente una nota. La pregunta es relativa a esta visión del final de su exposición que apunta a la esfera teológica. Como físico no puedo menos que preguntar cómo podríamos entender la influencia entre las criaturas y Dios, Dios y las criaturas ¿Cómo ocurre? Es decir, en un mundo físico, en la descripción puramente física nosotros pensamos siempre en términos de conservación de la energía, no tenemos otra forma de pensar. Surge entonces la cuestión: ¿cómo actúa sobre nosotros la Providencia? ¿Cómo lo ve usted Padre? - P. Coyne: Senz'altro ha inteso bene la mia estensione del senso dell'emergere. Ma, penso che quella estensione sia coerente con ció che sappiamo dall'emergere chimico-biologico, essere umano, essere intelligente. Come Dio agisce con noi, con il mondo? Ovviamente sin dall'inizio bisogna rispettare il senso analogico di agire, cioé, l'azione di Dio nel mondo, principalmente come agisce con noi. Per me da scienziato bisogna cercare di rispettare la base della scienza, che consiste nelle leggi della natura. Non vogliamo che Dio sia un agente che si inserisce contraddicendo le leggi della natura. Abbiamo, come dicevo, la Providenza generale. Ma la Providenza speciale? Quando prego, credo che Dio potrebbe far un miracolo nel curare questo bambino che ha un cancro; ci credo o non ci credo? Quando prego per un miracolo, qual’è il mio stato d'animo nel senso scientifico della parola? Vogliamo evitare un Dio che interferisce, un Dio che può fare tutto quello che vuole. Quello per me non è un Dio per niente. Quando prego, prego di rispettare i fatti, di accettare quello che bisogna accettare. Dio come agisce con questo mondo che conosco come

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scienziato senza contraddire quello che conosco. Non è mica facile. Ci sono coloro che parlano della flessibilità dell'Universo stesso. Noi scienziati sempre, per forza, trattiamo l'Universo come deterministico, come seguendo rigidamente le leggi della natura. Ma, alla base della nostra conoscenza dell'Universo, se prendiamo la meccanica quantistica sul serio, c'è una certa flessibilità dell'Universo, c'è un indeterminismo per me intrinseco sino alla base dell'Universo. È possibile utilizzare quella flessibilità dell'Universo per dire che le leggi della natura sono leggi solo in un senso molto limitato. Cerco di vedere un mondo che ha una flessibilità sufficente per permettermi di pensare in un Dio che agisce nel mondo anche con miracoli senza contraddire quello che conosco da scienziato. Forse alla fine dovrei arrendermi al fatto che c'è un contrasto fra il Dio che conosco ed il mondo che conosco, ma lo evito al massimo perché non mi sembra ragionevole credere in un Dio creatore del mondo che contraddice quello che conosco io dello stesso mondo. - Dra. Archideo: Supera. - P. Coyne: Supera, transcende. - Dra. Archideo: Io non credo che ci sia contradizione, ma Dio, come dice Lei, non può andare contro le leggi perché è stato Lui, dopo questo si dovrebbe spiegare che ha creato la natura, dunque, con le sue leggi. Ma Lui, con la sua capacità infinita, e la natura non ha capacitá infinita. Dunque quella infinitezza supera le leggi di quella natura che è finita. - Prof. Prosperi: Il problema è reale e anch’io lo sento. Un problema dello stesso genere lo incontriamo anche a proposito dell'esercizio della libertà umana. Credo dobbiamo convincerci che non può esistere nella natura un determinismo assoluto. Nessuno dei molti tentativi di voler intendere l'indeterminismo quantistico come di natura semplicemente gnoseologica, ha finora avuto successo. Sul famoso problema dei parametri nascosti, o non si è andati al di là di considerazioni generiche o ci si è scontrati con gravi difficoltà concettuali e con i risultati degli esperimenti che progressivamente si sono effettuati. Io credo che esista una reale flessibilità della natura e questa abbia un riflesso, anche nella Meccanica Quantistica. La stessa Meccanica Quantistica, però, non può probabilmente interpretarsi come una teoria di validità assoluta. La Meccanica Quantistica fornisce delle previsioni solamente statistiche, essa non ci dice come un fenomeno si svilupperà, ci permette, però, poste certe premesse, di calcolare probabilità determinate perché esso evolva in un senso piuttosto che in un altro.

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Queste leggi di probabilità sono alla base dell’interpretazione di tutti i fenomeni che riguardano il mondo microfisico inorganico e risultano in questo ambito ampiamente confermate. Potrebbe essere, però, tipico della vita proprio l’allontanarsi da esse. Ricordo, in particolare, che Eccles, sia pure nel contesto della sua visione dualistica, suggeriva che i nostri atti di volontà si estrinsecassero proprio nella nostra capacità di agire in qualche modo sulla probabilità quantistica per dirigere certi processi cerebrali. Eventi che appaiono casuali sotto l’angolo visuale della fisica, sarebbero, appunto, indirizzati a livello della realtà psichica. Se un problema di questo tipo si pone, dunque, nel rapporto del nostro essere soggettivo col nostro corpo (e non può non porsi, qualunque atteggiamento si prenda sul rapporto mente-cervello, se non si vuole semplicemente censurare la nostra esperienza di libertà), tanto più si pone nel rapporto tra il Creatore e il mondo. Il Creatore, essendo Creatore, è certamente padrone anche delle leggi che ha fissato. Ci ha messo, però, in questo mondo, soggetto a queste leggi. E’ perciò ragionevole pensare che Egli stesso voglia rispettarle e agire piuttosto nel loro contesto. Un tale atteggiamento mi pare ci faccia guardare sotto una luce diversa anche all’angoscioso problema del male fisico. Spesso ci domandiamo come mai Dio possa permettere certe malattie, permettere che una persona abbia tante sofferenze. La risposta ultima è certamente che una sofferenza che a noi appare così grave non è che un attimo e si tradurrà in gioia piena nella nostra vita futura. Quaggiù essa ha, però, anche un senso nella coerenza della condizione in cui Dio ci ha voluto porre perché sapessimo fare le nostre fondamentali scelte di valore. Ci sono naturalmente anche casi in cui Egli, come segno della propria presenza, sembra voglia sospendere quelle stesse leggi, o almeno operare attraverso esse in un modo che ci appare inaspettato, come accade in certe guarigioni miracolose, praticamente istantanee. Di fronte a questi casi noi restiamo senza parole; perché in quella situazione? perché quella persona? Credo comunque che dobbiamo inchinarci sempre di fronte al mistero, renderci conto dei limiti di noi creature al suo cospetto e accettare di non comprendere sempre tutto. - P. Coyne: Sono d'accordo. - Dra. Archideo: Me pareció magnifico todo este movimiento que usted hizo, toda esta secuencia. Muy interesante por parte de un científico. Creo que tengo que pensar sobre el tema porque hay algo que tiene un punto de interrogación y es que como usted puso la fe de por medio, si no la hubiera puesto entendería qué es el conocimiento como estudiante de filosofía, el conocimiento racional de Dios, pero poniendo la fe hay

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algo sobrenatural. Entonces, frente a eso mi interrogación ¿lo sobrenatural es necesario?”

Simplemente es una pregunta que quería hacerle y al mismo tiempo agradecerle toda esta síntesis porque es magnífica. - P. Coyne: Grazie, Lila dei commenti così gentili. Soprannaturale è per me di natura sua, "di soprannatura sua". - Dra. Archideo: Come sopra le altre nature. - P. Coyne: Sopra le altre nature e completamente gratuita. La natura stessa non ci conduce necessariamente alla soprannatura perché sarebbe una contraddizione della soprannatura. Dall'altra parte cerco di vedere che la soprannatura non contraddica la natura, che sia coerente con quanto sappiamo della natura. - Dr. García Bazán: Padre, ante todo le querría agradecer en su síntesis, la forma como ha presentado la necesidad de la presencia de la filosofía en relación con la ciencia. Y por otra parte de qué sentido de filosofía se trata con un gran horizonte de amplitud, porque si no me equivoco, en su interpretación, usted lo que nos ha dicho es que dentro del mismo pensamiento cristiano la forma de filosofía más eficaz para la relación con la ciencia sería el neoplatonismo cristiano. - Dra. Archideo: No necesariamente. - Dr. García Bazán: Le digo en relación con lo que ha dicho el Padre.

En primer lugar ha mostrado la pobreza de las cuatro causas aristotélicas, lo cual es natural. Aristóteles se manejaba fundamentalmente con una filosofía cosmológica, con el cosmos.

Si damos una rápida mirada cómo presentaba las cuatro causas también, aunque en forma no escolar y explícita como lo hace Aristóteles, Platón en el Timeo, vemos que, sin embargo, ya había la necesidad de alguna otra causa. Y esto después cuando pasamos a la tradición neoplatónica lo advertimos bastante mejor, por ejemplo, les diría en Plutarco de Queronea. Pero lo importante es que ahí aparece la necesidad de vincular una ontología de carácter analógico con las cuatro causas, porque toda la temática de los niveles ontológicos o de los niveles del ser es propiamente neoplatónica. Y por eso que sea Plotino quien presenta por primera vez los dos tipos de analogía, que él llama a la vertical "de no reciprocidad" en relación con la homóisis, o sea con la semejanza, y llama a la horizontal "analogía de reciprocidad", dicho de otra forma la analogía entis, la primera; la de proporción, la segunda.

Todo esto se ha venido combinando muy positivamente en el pensamiento cristiano y lo hace el mismo Santo Tomás. Ése es un

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aspecto. Es decir, la necesidad para comprender la relación de filosofía y ciencia de la ampliación de la concepción de las causas y no quedarnos meramente en una escolástica. Pero esto dicho va acompañando a la historia de la filosofía, al punto tal de que cuando usted remata su exposición y dice, "una forma de entender esta totalidad” utiliza esta expresión del llamativa de "pan-enteísmo". Eso lo dice Plotino, sólo que no dice theísmo, dice, "pan-en-henotismo" -"todo en Uno"- en lugar de "todo en Dios". Y pone una imagen que es clarísima, ¿cuál es la relación del cosmos con el Uno o con lo Divino o Dios? "Como la de la red en el agua”, el agua penetra la red, el agua está fuera de la red, la red está en el agua. Ésa es ilustración de Plotino. Eso en relación con la filosofía y la ciencia. Pero ahora vamos a lo otro, a ese tema que me ha parecido también fascinante y que se ha planteado en relación con el lenguaje, y que aquí en lo dicho por usted en relación con el prólogo de Juan, aparece fundamentalmente la teología.

Mire yo le diría que lo llamaría también, una de las formas de emergencias culturales dentro de la cultura cristiana. Porque esto no es estrictamente teológico, porque sobre Juan y el mismo prólogo en el que están claramente los dos aspectos, del logos y del logos hecho carne-, ese prólogo no es estrictamente una pieza evangélica, es una pieza que va justamente de prólogo al Evangelio de Juan y que ha sido una forma de sabiduría cristiana. Y le diría también, al mismo tiempo, "protojudía" -cuando yo hablo de "protojudaísmo” hablo de los años 90, del primer siglo, años en los cuales todavía no se ha fijado el canon de la escritura hebrea, como se va haciendo por la Academia de Jamnia. Ahí las cosas están un poco digamos complicadas, por las influencias de unos pensamientos con otros, y esa pieza del prólogo a la que nos hemos referido, aparece en otros textos. Concretamente aparece como un todo en una de las versiones que tenemos en este momento dentro de la biblioteca de Nag-Hammadi, del escrito titulado El apócrifo de Juan, del cual tenemos cuatro versiones diferentes, en una de ellas, "la extensa", aparece el texto como apéndice. Pero tenemos otro texto también de Nag Hammadi en el cual el texto del prólogo aparece con mayor amplitud, diversificado en el conjunto de la obra, llamada El pensamiento trimorfo.

¿Quién es el autor que ha hecho que este tema del Logos y del Logos hecho carne signifique la esencia misma del pensamiento cristiano en relación con la teología? Ha sido un cristiano filósofo. Ha sido Justino Mártir. Y ha sido Justino Mártir y ha sido un filósofo, porque en el fondo es el primer hombre, cristiano, técnicamente dominador de la filosofía

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que hace el esfuerzo por mostrar cómo la filosofía cristiana es la verdadera filosofía. Y eso lo hace con un esfuerzo que es naturalmente de un hombre que maneja la filosofía. Y hasta ese momento no tenemos cristianos que manejen técnicamente la filosofía. Él proviene del Platonismo Medio, puede utilizar, por lo tanto, técnicamente esta enseñanza, y decirnos en relación con el logos, un tema que lo conoce muy bien, lo que es verdaderamente logos. El logos estoico, tan importante, tiene una característica de universalidad, sobre todo como razón universal; Hermes, el dios, es también logos, y es logos como el mensajero y por lo tanto como la palabra que trae el mensaje de los dioses. Pero, dice Justino que no hay ninguna expresión del logos en la cual no pueda haber ningún intersticio, ninguna grieta, entre lo que se piensa y lo que se dice, y que así muestre la plenitud del logos. Ése aparecido es el Logos encarnado; ése es el modelo, el tipo al cual han servido de antecedentes algunas formas del logos dentro del lenguaje de los filósofos, el caso de Sócrates, Heráclito, etc., y sobre todo la Palabra de los profetas, y en todo esto, sí, está la teología cristiana, bajo la idea del tipo y del antitipus, unas nociones que ha manejado ya San Pablo y lo maneja toda una teología paralela a estos primeros tiempos dentro de los cristianos, que es la de los judeocristianos. - P. Coyne: Grazie. Non è che io personalmente ho scelto la filosofia più adatta, sia neoplatonica, sia platonica, sia aristotelica; ho scelto una filosfia più efficace, anche se un pò sincretica. Due commenti. Non vorrei dire che le quattro cause aristoteliche sono povere, ma non penso che siano sufficienti, è solo quello che dico. L'ultimo commento: spero che la filosofia stia sempre emergendo in confronto con tutti gli aspetti della cultura ma, specialmente oggi giorno, in confronto con le scienze naturali. - Dra. Archideo: Al contrario, se piensa que las ciencias son riquísimo prolegómeno a la filosofía. - P. Coyne: Va bene, certo, meglio così. - Prof. Abbona: Io volevo una domanda relativa ad una affermazione che era stata fatta, non a proposito della causalità, ma a proposito della potenzialità. Cioè, dici che non è sufficiente la potenzialità per spiegare il passaggio da un livello inferiore a uno superiore, vorrei un qualché chiarimento su questa affermazione, ecco.

Un’osservazione di carattere generale é che mi sembra, si ho ben capito, che tutta la sua presentazione ben si inquadra, a mio parere, nell’impostazione che è stata data dal professor Del Re in quel articolo di

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cui ho letto letture di alcuni parti, perché appunto, lí, vengo riconoscuti livelli di complessità ma, che hanno anche un carattere ontologico.

Poi vorrei fare una domanda più specifica relativamente all'ultimo grafico circolare sul rapporto Dio-uomo-Universo. Volevo sapere se questo schema della relazione Dio-Universo e Dio-uomo sono state presentate, non mi sembra da questo pastore - Dra. Archideo: Come anima umana. - Prof. Abbona: Spirito o anima umana? Questa è una precisazione da fare, perché anche un materialista ammette l'esistenza dello spirito. Si dà per scontato cioè che lo spirito sia una produzione della materia. La questione dell'anima mi sembra diversa.

Può questa componente, chiamiamola spirituale, influenzare le attività del corpo? Questo è un problema, pensiamo sempre al viceversa, cioè, che l'inferiore - in questo caso il corpo - agisce sul superiore. Ma può questa attività spirituale agire sui livelli inferiori? - P. Coyne: No, va bene, grazie. Non ho voluto parlare di come la persona umana agisce con Dio, la preghiera; è solo una omissione selettiva per parlare di come Dio agisce. Ha perfettamente ragione, bisogna che ci sia la freccia dalla persona umana verso Dio, ovviamente.

Per me c'è più che la potenzialità al livello inferiore; la vera natura degli elementi a livello inferiore è necessaria; non è sufficiente, ma necessaria per avere quel essere a livello superiore. È più che potenzialità, è la sua vera natura che contribuisce, che ha una causalità.

Per me, l'anima è un modo di cercare di capire lo Spirito Divino dentro l'uomo. L'anima spiega altre cose, ma per me è un modo fra tanti possibili modi di pensare della presenza dello Spirito Divino dentro l'uomo. - Dra. Archideo: Per participazione. - P. Coyne: Sì, per participazione senz'altro. Cioè, partecipiamo noi nello Spirito Divino, siamo figli di Dio in quel senso. Sicuramente per me lo Spirito influisce sul corpo, è ovvio. Per me c'è uno scambio di causalità fra lo spirito e gli aspetti materiali della persona umana. - Prof. Abbona: Quindi la preghiera non potrebbe attraverso la preghiera... - P. Coyne: Senz'altro, la preghiera potrebbe influire sull'organismo umano come struttura chimica-biologica. - Prof. Abbona: Quindi, favorire una guarigione.

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- P. Coyne: Se tiriamo troppo avanti divengo di nuovo scettico. Ma parlo personalmente, cioè, se io ho una malattia del fegato e che pregando lo curo, non ci credo. Ma dopo la preghiera mattutina mi sento meglio, allora, la digestione è migliore, dormo meglio, cioè c'è uno influsso, ma non una cura medica. - Prof. Prosperi: Mi pare, in questo ambito, si possa parlare semplice-mente di provvidenza. - P. Coyne: Sì, esattamente. È l'esperienza personale di tutti, dei credenti almeno, che la preghiera serve anche per vivere meglio. Ma, la preghiera fondalmente non è per servire a noi; la preghiera è principalmente la lode di Dio. - Dra. Archideo: É il linguaggio dell'uomo con Dio, in un certo senso. - P. Coyne: Il linguaggio sta emergendo ancora, si, senz’altro. - Dra. Archideo: Con la preghiera. - P. Coyne: Si, senz'altro, è un buon concetto. C'è una continuità per me, la preghiera è un linguaggio sviluppato in una certa cultura. Cosa vuol dire parlare con Dio? È un'altra cosa che parlare con Lila, vero? Ma, c'è qualche continuità, c'è qualche analogia. - Dra. Archideo: Il prossimo.... - P. Coyne: Si - Prof. Prosperi: Nel catechismo di Pio X, (ritenuto oggi superato dal punto di vista pedagogico perché troppo schematico, ma sotto alcuni aspetti molto preciso e penetrante) la preghiera è definita come l'elevazione dell'anima a Dio. Certamente essa è anche colloquio e come tale noi la sperimentiamo. La sua essenza non è, però, la domanda, ma il fatto che noi ci rivolgiamo a Lui e ci poniamo in ascolto. - P. Coyne: Ovviamente la preghiera più fruttuosa è la preghiera della comunità, non la mia preghiera personale. Ci vogliono tutte e due, ma sicuramente la participazione nel colloquio della comunità con Dio, è molto più importante. La mia fede non è una fede isolata dlla fede degli altri, non potrebbe essere. - Dr. García Bazán: Pero la forma más intensa y más profunda de esa palabra, lleva a la Palabra que no se puede decir, lleva al silencio, que justamente vincula la Palabra de Dios con la palabra del hombre y la pretensión de que nos inunde esa Palabra última que es inefable. Eso tanto individualmente para los místicos como colectivamente para la

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misma comunidad. Y acá el tema del ritmo es muy importante en la oración comunitaria, el coro de las almas. - P. Coyne: D'accordo, la preghiera del silenzio è forse quella più significativa. La lunga tradizione cristiana è quella che parte da San Giovanni della Croce in avanti. E San Tommaso d'Aquino alla fine ha detto "tutta paglia". - Dra. Archideo: Grazie Padre. - P. Coyne: Grazie a voi. © 2004 CIAFIC Ediciones Centro de Investigaciones en Antropología Filosófica y Cultural Federico Lacroze 2100 - (1426) Buenos Aires e-mail: [email protected] Dirección: Lila Blanca Archideo ISBN 950-9010-40-5

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