Legge n. 68 del 12 marzo 1999: quali possibilità per i ... · opportunità di lavoro e di...
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Consiglio ANMIL Regione Toscana
Legge n. 68 del 12 marzo 1999:quali possibilità
per i diversamente abili del lavoro?
a cura dell’Ufficio Relazioni Esterne ANMIL Sede Centrale - Roma
Foto storica di Ponte Vecchio a Firenze
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Consiglio ANMIL Regione Toscana
LEGGE N. 68 DEL 12 MARZO 1999
Quali possibilità per i diversamente
abili del lavoro?
Seminario dei rappresentanti ANMIL nella “Commissione Tripartita Provinciale”
e nel “Comitato Tecnico” della Regione Toscana
Firenze, 21 novembre 2005
Palazzo della Regione, Sala dei Gigli
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Pietro Salvini - Presidente Regionale ANMIL Toscana
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Il Seminario organizzato dal Consiglio ANMIL per laRegione Toscana sui contenuti della legge n. 68 del 12marzo 1999, voluta con l’intento di scrivere una nuovapagina sul collocamento delle persone con disabilità, inten-de esaminare, negli aspetti legali e sociali, il reinserimentolavorativo delle vittime degli infortuni sul lavoro.In un paese civile non basta sottoporre ad esame il Pil, ilprodotto interno lordo, ma si deve offrire anche la disponi-bilità ai diritti civili, alla libertà dal bisogno ed alle pariopportunità di lavoro e di istruzione.
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Pietro Salvini
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Saluto per l’apertura dei lavori di Pietro SalviniPresidente Regionale ANMIL Toscana
Interventi:
Sen. Grazia SestiniSottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche Sociali
Gianni SalvadoriAssessore alle Politiche Sociali alla Regione Toscana
Roberto NardecchiaDirettore dell’INAIL per la Regione Toscana
Guido OlmastriRappresentante CGIL, CISL e UIL
Relazione di Sergio Mustica“Strumenti per la valorizzazione della professionalità degliinfortunati sul lavoro”
Rappresentanti ANMIL“Commissione Tripartita Provinciale” e Comitato Tecnico
ConclusioniPietro MercandelliPresidente Nazionale ANMIL
Coordinatore dei lavoriSandro GiovannelliDirigente ANMIL
Programma
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Pietro Salvini
Gianni Salvadori
Roberto Nardecchia
Grazia Sestini
Guido Olmastri
Sergio Mustica
Nedo Santini
Antonio Bertani
Tito Morellini
Romano Montini
Pietro Mercandelli
Indice Interventi
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Gli Atti del Seminario
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Buongiorno a tutti. Il Consiglio provinciale ANMIL, dopo i precedenti
incontri organizzati con la Regione Toscana sul “Danno biologico in ambito
lavorativo”, su “Il ruolo della scuola nella prevenzione degli incidenti sul
lavoro”, “su “Gli infortuni in ambito domestico”, su “Il progetto “Sicurezza
in cattedra” e su “La società della salute”, ai quali parteciparono tutti i dipen-
denti dell'Associazione Toscana, ha indetto l'odierno seminario con la parte-
cipazione dei Consiglieri regionali dell'Associazione e di tutti i rappresentan-
ti ANMIL impegnati nelle commissioni provinciali e nel Comitato Tecnico,
per poter ampiamente discutere, con i nostri graditi ospiti, delle possibilità
che hanno i disabili di inserirsi nel lavoro.
Ringrazio, quindi, innanzitutto i presenti: il Sottosegretario al Ministero del
lavoro, Senatrice Grazia Sestini, l'Assessore regionale Gianni Salvadori, il cui
contributo ci ha permesso di organizzare l'incontro di oggi, il Direttore regio-
nale INAIL Roberto Nardecchia, il Prof. Sergio Mustica, Guido Olmastri del
Dipartimento Salute e Sicurezza CGIL Toscana in rappresentanza delle
Confederazioni, il Presidente nazionale ANMIL Pietro Mercandelli che con-
cluderà questo incontro. Presento, poi, il coordinatore dei lavori Sandro
Giovannelli, Direttore nazionale dell'Associazione, e saluto i Consiglieri
regionali ANMIL e i componenti delle commissioni provinciali e del
Comitato Tecnico dell'Associazione.
Fatte queste premesse, entriamo nel vivo del tema di oggi. La legge 68 potreb-
be anche andar bene, per il fine specifico di favorire l'inserimento lavorativo
attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato, ma diviene carente al
momento dell'applicazione, poichè non può essere condizionata dalla con-
correnza dei datori di lavoro. Per applicarla, infatti, occorre ben comprende-
re che un disabile non è solo una persona bisognosa d'aiuto e di assistenza,
ma può rappresentare un importante apporto produttivo quando questa real-
tà mira a valorizzare le sue ridotte capacità lavorative.
La legge 68 del 1999 definisce i criteri di applicazione tra l'esigenza dell'azien-
da e quella delle persone disabili, in modo particolare quando prevede che i
datori di lavoro - pubblici e privati - siano tenuti a garantire la conservazione
del posto nello stesso ufficio o azienda ai lavoratori che riportino un infortu-
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PIETRO SALVINI - Presidente Regionale ANMIL Toscana
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nio o che rimangono vittime di una malattia professionale. I successivi decre-
ti legge n. 276 del 10.09.2003 e i decreti 13.10.2004 e 30.12.2004 dettano una
nuova disciplina del mercato del lavoro: hanno eliminato i vecchi uffici di col-
locamento con l'istituzione dei centri per l'impiego facilitando l'incontro tra
domanda e offerta di lavoro, avvalendosi anche di altri operatori con una
nuova professionalità, e poi hanno aperto a un decentramento delle compe-
tenze che favorisse il passaggio da una cultura dell'assistenza ad una cultura
della promozione, con il fine ultimo di rendere più dinamico e più competi-
tivo l'intero sistema. Ma delle difficoltà nella gestione fa preferire l'applicazio-
ne del decreto legge 276/2003, che consente ai datori di lavoro di fornire
lavoro alle cooperative sociali, anziché assumere i diversamente abili.
La nostra richiesta si concentra per un maggiore impegno nel collocamento
obbligatorio, perché le leggi che dovevano agevolarlo sono state sostituite da
altri provvedimenti che hanno portato solamente confusione ed inadempienze.
Termino la mia introduzione con una amara considerazione: è necessario
richiedere maggiori risorse per interventi più mirati, che non devono essere
sacrificati sul principio della competitività delle imprese. Mi auguro che da
questo seminario possa emergere una strada per un pieno impiego delle risor-
se umane ed in questa ottica vedere la Regione Toscana in prima fila nella
corretta applicazione della normativa sul collocamento obbligatorio.
Con questo augurio ringrazio ancora tutti i convenuti. Sottraggo ancora un
momento per salutare l'amico e collega Pietro Maddaluno Presidente
dell'ANMIL di Prato, che oggi non è potuto essere presente. Mi ha comun-
que pregato di portare il suo saluto a tutti voi e l'augurio di un'ottima riusci-
ta del seminario.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Buongiorno a tutti, ringrazio il Presidente Salvini per avermi chiamato a
coordinare questi lavori.
Tratteremo un tema, come ha ricordato Salvini, particolarmente a cuore per
un infortunato sul lavoro, cioè per coloro che l'ANMIL rappresenta.
Il lavoro è una sorta di seconda gamba, per così dire, la prima è l'assicurazio-
ne. Ma subito dopo il risarcimento assicurativo deve scattare il reinserimento
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al lavoro, per restituire al lavoratore ciò che ha perduto. Il Presidente Salvini
ci ha già detto che le cose non vanno e noi oggi siamo qui, a 5 anni abbon-
danti dall'entrata in vigore della legge 68. Una legge, dalla quale - tutti ci
ricorderemo - l'Associazione si aspettava molto. Cercheremo allora di capi-
re perché questo “molto” non è arrivato. Per non rubare spazio agli interven-
ti di tutti i rappresentanti dell'ANMIL, passo subito la parola all'Assessore
alle Politiche Sociali della Regione Toscana Gianni Salvadori, facendo una
piccola provocazione - se l'Assessore me lo consente - anche se è sempre così
attento alle esigenze dell'Associazione. La Toscana, come dicono i numeri,
più o meno è nella media nazionale per quello che riguarda l'inserimento al
lavoro dei disabili. Ci sono poi in Italia, stando al rapporto del Ministero,
circa 450.000 disabili iscritti nelle liste di disoccupazione. Nel 2003 sono stati
collocati 27.000, 22-23.000 più o meno. Il 5% è anche la media degli inseri-
menti lavorativi che ha segnalato la Toscana nell'ambito dello stesso rappor-
to: quindi, forse effettivamente quel maggiore sforzo, quei maggiori mezzi e
strumenti che ricordava Salvini, potrebbero essere quanto mai opportuni.
GIANNI SALVADORI - Assessore alle politiche sociali dellaRegione Toscana
Vorrei prima di tutto ringraziare non solo per l'occasione offerta con questo
incontro di oggi, ma anche per avere il piacere di salutare l'ANMIL, che insie-
me ai suoi soci e alle altre associazioni che aderiscono alla FAND, dimostra una
grande presenza e forza attraverso tutte le iniziative che promuove per manife-
stare ciò che anche noi condividiamo, cioè la profonda contrarietà al taglio del
fondo sociale nazionale. Trovo che ci sia una grande sensibilità riguardo alle
problematiche che dobbiamo affrontare e sappiamo bene che non si affrontano
se non attraverso una presenza vera e concreta di risorse anche economiche.
Noi faremo nei prossimi giorni un Consiglio regionale sulle problematiche
sociali e proprio nella relazione introduttiva che andremo a presentare stase-
ra alla Giunta porremo quello della disabilità come uno degli elementi stra-
tegici di intervento sulle tematiche sociali.
Ritengo infatti che questo debba essere uno dei quattro temi su cui la Toscana
si impegnerà di più nei prossimi 5 anni. Questo perché gli interventi vengo-
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no realizzati, come diceva il vostro Direttore, ma dobbiamo fare di più nei
confronti dei circa 20.000 disabili toscani; dobbiamo dare risposte complessi-
vamente più forti, con iniziative finalizzate alla soluzione dei problemi che
ha una persona disabile. I disabili sul lavoro subiscono una doppia condizio-
ne di difficoltà. Credo infatti che la disabilità che nasce dal lavoro sia vera-
mente una condizione che raddoppia la condizione invalidante, proprio per-
ché scaturita da un evento di vita normale, di vita quotidiana. Non riusciamo
ad abbassare il livello degli infortuni complessivi, soprattutto non riusciamo
ad abbassare il livello di coloro che muoiono sul lavoro. È un dato dramma-
tico: ormai abbiamo mediamente 2 morti la settimana. Questo è un dato che
non può essere accettato. Nella nostra Regione abbiamo da tempo stabilito
che il 5% dei fondi destinati alle ASL sia indirizzato complessivamente alla
prevenzione degli infortuni ed in particolare il 2% alla prevenzione nei luo-
ghi di lavoro. È questa una necessità obbligatoria per dare una risposta con-
creta a questo dramma, non possiamo infatti più accettare che in Toscana ed
in Italia si muoia per lavoro.
Credo che anche un solo morto sul lavoro sia una grande ingiustizia, dobbia-
mo tentare di intervenire insieme alle vostre associazioni, alle organizzazio-
ni sindacali ed anche insieme alle organizzazioni datoriali, affinché vengano
rimosse tutte quelle condizioni che generano infortuni sul lavoro così gravi e
pesanti. Questo è un lavoro di prevenzione che va attuato e continuamente
monitorato ed implementato.
Accanto a questo occorre poi svolgere un lavoro su quei soggetti che già sono
in condizioni di disabilità. Questo è proprio il nostro impegno alla base dei
nostri interventi nel corso dei prossimi 5 anni di questa legislatura: impegni
concreti. Non sono solito fare delle grandi filosofie, perché sono abituato a
confrontarmi con la gente e rispondere ai loro problemi.
La prima delle necessità che abbiamo è quella di intervenire sul tema dell'abi-
tazione. Non possiamo pensare di non garantire il più possibile libertà e indi-
pendenza dei soggetti disabili e l'indipendenza si raggiunge in molti ambien-
ti, ad iniziare da quello dove una persona trascorre maggior tempo: la sua
abitazione.
Il prossimo 24 novembre organizzeremo un'iniziativa tesa a verificare tutte le
esperienze che in Toscana sono state avviate in maniera sperimentale sul
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tema della domotica. Abbiamo realizzato, nella nostra Regione, circa 5 spe-
rimentazioni, che hanno prodotto risultati interessanti. Molte di queste sono
state anche testate, anche a lungo termine, dagli stessi disabili.
Ora occorre fare un passo successivo per coniugare queste sperimentazioni
con la realtà oggettiva ed individuale del disabile. Dobbiamo quindi propor-
re la costruzione di un centro di eccellenza sulla domotica in Toscana che
abbia il compito non solo di sperimentare, ma soprattutto di coniugare que-
ste esperienze generali con le condizioni del singolo. Queste sono le linee di
fondo sulle quali la Regione Toscana si vuole muovere, perché ciò rappresen-
ta un passo significativo per garantire autonomia di vita. Il secondo aspetto
di intervento è sulle barriere architettoniche. Voglio intanto ribadire che,
nonostante il taglio del Governo, noi abbiamo confermato i 2.000.000 di euro
per sanare questo problema all'interno delle abitazioni. Stiamo studiando le
modalità per dare risposte ai cittadini disabili che hanno chiesto nel 2003 l'in-
tervento della Regione perché, nonostante esista una normativa nazionale,
essa non è mai stata finanziata, e noi riusciamo, nonostante tutto, a rispon-
dere al 50%. Stiamo oggi studiando le modalità per dare risposte a quel 50%
che è rimasto fuori dall'applicazione della legge. Sarà uno sforzo considere-
vole trovare altri 2.000.000 di euro aggiuntivi, ma questo è l'impegno dell'as-
sessorato: ricercare tutte le condizioni per poterlo attuare sarà un altro passo
significativo sulla strada dell'indipendenza del cittadino disabile.
Un altro tema che dovremo affrontare, perché voglio lasciare per ultimo il
tema del lavoro, è quello relativo al turismo e del tempo libero, perché si deve
riconoscere una piena dignità delle persone disabili offrendo risposte anche
per il loro tempo libero.
Fino ad oggi in Toscana ci sono state scarse risposte, ma dal prossimo anno
tenteremo di costruire quelle condizioni che permettono di incrementare per-
corsi naturalistici sicuri per i disabili, percorsi per raggiungere il mare anche
per le persone disabili, soprattutto nella fascia costiera toscana che va dal
Lido di Camaiore a Forte dei Marmi, fino al sud della Toscana. Questo è un
primo aspetto da affrontare per offrire alcune risposte concrete per un tema
tanto delicato.
Esiste poi un altro aspetto su cui stiamo lavorando, il tema del cosiddetto
“dopo di noi”, che abbiamo riscontrato essere una delle problematiche più
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rilevanti sul tema della disabilità e, badate bene, su questo aspetto ci sono ele-
menti su cui riflettere con tanta attenzione per la delicatezza che la questio-
ne assume. Stiamo realizzando una convenzione con l'Università S. Anna di
Pisa per offrire due condizioni: la prima è quella di un supporto giuridico e
legale per tutte quelle famiglie che si stanno muovendo sulla strada della
costituzione di fondazioni tese a pensare al “dopo”. La seconda è quella di
inserire queste fondazioni, che nascono dentro un circuito regionale, in un
contesto più ampio, nel quale ci siano caratteristiche giuridiche tali da con-
sentire nel futuro l'obiettivo di costruire delle strutture: dobbiamo trovare il
modo di coniugare la gestione finanziaria alle esperienze solidaristiche.
Una soluzione ideale sarebbe forse un trust solidale. Stiamo studiando que-
sta opportunità: ho già chiesto alla Banca Toscana di elaborare una formula
che coniughi i benefici del trust - che offrono garanzia della prestazione dei
servizi nel tempo - alla necessità di condizioni solidaristiche. Non possiamo
pensare solo a chi potrà avere risposte, dobbiamo offrire a tutti una risposta.
In questo senso andranno studiate attentamente anche le iniziative che stia-
mo considerando inerenti alla non autosufficienza per gli anziani, rispetto
alla quale credo non possiamo non dare risposte a coloro che sono disabili e
magari sotto i 65 anni.
Infine, ho lasciato per ultimo il tema del lavoro perché credo anch'io, come
diceva il vostro direttore che occorra uno sforzo aggiuntivo. Per riprendere
il brevissimo intervento di Salvini, su un passaggio che ritengo significativo,
dobbiamo infatti costruire una cultura della promozione. Quindi se da un
lato occorre lavorare perché l'applicazione della 68 sia stringente, io dall'al-
tro sto lavorando perché sia sterile l'applicazione dell'art. 14 della 276.
Credo che l'applicazione di quell'articolo sia penalizzante per i disabili, per-
ché genera un ulteriore sfruttamento di una posizione debole all'interno del
mercato del lavoro.
Per far questo noi abbiamo pensato di promuovere iniziative imprenditoriali
da realizzare in vari ambiti di lavoro, che abbiano una doppia caratteristica:
da un lato di essere riproposte come modello e dall'altro di avere una loro
condizione. Nel giro di 1 anno o 1 anno e mezzo di equilibrio costi/entrate
si possono attuare le condizioni che garantiscano dignità a tutti e quindi
anche ai soggetti disabili. In questo senso, ho firmato un protocollo per la
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nascita di 8 esperienze imprenditoriali che abbiano l'obiettivo di assumere
esclusivamente soggetti disabili, individuando nella categoria della disabilità
mentale quello più esposto. Abbiamo così interventi relativi alla gestione di
bacini culturali in provincia di Lucca, a interventi di natura turistica nel
comune di Vinci, a Firenze interventi per la realizzazione di una azienda
manifatturiera nel settore della ceramica. Abbiamo poi ancora in provincia di
Firenze iniziative nel settore agricolo.
La Regione vuole dare il significativo apporto di inizio per lavorare congiun-
tamente sul tema del lavoro e della disabilità fra l'assessorato del sociale e l'as-
sessorato al lavoro della Toscana. Riteniamo infatti che questo rappresenti
non solo un metodo, ma anche un intervento per un salto di qualità conside-
revole. Non possiamo pensare di affrontare i temi della disabilità in modo
separato tra di loro, perché occorre un intervento complessivo che sia di tutta
la Giunta regionale.
In questo senso spero e mi auguro di poter dare quelle risposte che chiedeva
il vostro direttore e che chiedono i disabili. Incontro tante persone che hanno
problematiche di disabilità, ho visto esperienze toccanti non solo da un punto
di vista umano; la Giunta regionale è profondamente impegnata per dare
risposte concrete a questo problema che investe un aspetto di civiltà per la
Toscana. Per finire vorrei di nuovo ringraziarvi e vorrei rimandare ad una
sorta di verifica annuale con la FAND e con la Vostra Associazione, per trac-
ciare una linea evolutiva di questo progetto. Alla fine infatti credo che solo
noi potremmo verificarlo insieme a voi e con le organizzazioni sindacali che
sono impegnate per affrontare non solo il tema della prevenzione ma anche
quello del collocamento al lavoro dei disabili.
Ancora quindi di nuovo grazie per l'occasione che mi è stata offerta, auguro
che la giornata di oggi possa consegnare un messaggio e delle proposte inte-
ressanti a supporto del nostro impegno.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Siamo noi che ringraziamo l'Assessore Salvadori, anche per le risposte che ci
ha dato. Non dubitavamo che ci sarebbe stata una spinta da parte della regio-
ne Toscana che, come sappiamo, su questi temi è costantemente all'avanguar-
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dia. Per tornare ad alcuni dei temi toccati dall'Assessore Salvadori ed in spe-
cial modo a quelli delle barriere architettoniche e del lavoro, che ci interessa-
no maggiormente, abbiamo qui anche la presenza del Direttore regionale
dell'INAIL, Dr. Roberto Nardecchia. Come tutti sappiamo, l'INAIL da alcu-
ni anni è attivo anche sul fronte del reinserimento al lavoro degli infortunati
ed anche su quello dell'eliminazione delle barriere architettoniche, sia pure
all'interno dei luoghi di lavoro. Naturalmente questa è un'attività che è nata
subito dopo il decreto 38 del febbraio del 2000, che ha introdotto in via spe-
rimentale questo tipo di attività. Progetti che sono partiti anche sicuramente
in modo molto rapido e incisivo, poi forse le vicende dell'istituto hanno un
po' rallentato questo sforzo e impegno, ora auspichiamo che anche l'istituto
torni magari a spingere di più sull'acceleratore su questi terreno, magari cer-
cando insieme anche di dare stabilità a questa iniziativa, che - ripeto - è nata
come sperimentale.
ROBERTO NARDECCHIA - Direttore INAIL Regione Toscana
Buongiorno a tutti, un saluto al Presidente provinciale Salvini, che ha avuto
la gentilezza di invitarmi, un saluto a tutti coloro che sono presenti oggi.
Vorrei subito fare una precisazione al collega che mi ha preceduto: l'INAIL
interviene sul reinserimento, l'abbattimento delle barriere architettoniche sui
posti di lavoro, ma interviene anche, anzi - è sempre intervenuta - anche in
casa. Il problema mi sembra ampio e il reinserimento degli invalidi va inqua-
drato nel problema che io chiamo sicurezza. La sicurezza infatti non è solo
un fatto etico, è anche un fatto economico non di poco conto.
I numeri sono terrificanti: quando parliamo di infortuni parliamo di 18 milio-
ni di giornate lavorative annue perse per infortunio; parliamo di un costo -
solo per indennizzare l'infortunio - di 6 miliardi di euro, un costo complessi-
vo sociale che abbiamo aggiornato recentemente, proprio come INAIL, che
è arrivato ormai a 31,5 miliardi annui e nel quale, se mettiamo anche il costo
indiretto delle malattie professionali, arriva ad oltre 40 miliardi di euro. In
pratica stiamo parlando di 2 leggi finanziarie, una cifra spaventosa che conti-
nua a colpirci e alla quale non riusciamo proprio a porre rimedio e che si
porta via una gran parte, quasi il 3%, del PIL. Tutto questo richiede ovvia-
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mente una riaffermazione di quel concetto della sicurezza che nessuno più di
voi riesce a capire. Qui non è che mancano le leggi, perché ci sono, la legge
n. 68 lo dimostra, il problema è un altro: mancando la cultura della sicurez-
za, le leggi possono essere cogenti ma poi, alla fine, non vengono rispettate.
Per fare un esempio neutro pensate alla legge sulle cinture di sicurezza: a
lungo in Italia abbiamo viaggiato con una normativa che sanciva l'uso delle
cinture, ma noi cittadini abbiamo continuato a non metterle, io per primo.
Questa dicotomia fra la legge che dice una cosa e la convinzione delle perso-
ne che invece ne possono seguire un'altra, la riscontriamo anche nel campo
del lavoro, nel campo della sicurezza e, molto spesso, non è accettata nean-
che dalle parti che dovrebbero invece rispettarla nel loro diretto interesse.
Le norme non bastano, dobbiamo riinquadrare il sistema tenendo conto anche
degli aspetti di questi nuovi tempi. Il primo è il problema della flessibilità del
lavoro, una necessità in Italia, ma oggi bisognerebbe fermarsi a mettere un
punto e ad osservare quello che sta capitando. Faccio parte di una commissio-
ne istituita presso l'Ispettorato regionale dove giudico, insieme al Direttore
regionale del lavoro e al Direttore regionale dell'INPS, i ricorsi presentati dalle
aziende che vengono sottoposte a controllo dai nostri ispettori. Ebbene, posso
solo riscontrare che la flessibilità è una presa in giro, né più né meno di quel-
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lo che capita con il resto delle leggi, come anche con la legge 68, come dice-
vamo prima. Una legge nata per dare lavoro, per poi trasformarsi in qualcosa
di diverso. Ho avuto modo di rilevare una cosa che ha superato tutte: un
imprenditore in Toscana aveva costituito un call center con contratti di lavoro
a tempo, di 30 giorni. Con questi contratti a 30 giorni non si pagano le tasse
né i contributi, non si paga niente, si hanno solo guadagni. Questo imprendi-
tore ha organizzato un call center qui in Toscana, non in Calabria. Questo non
è certo lo spirito della legge sulla flessibilità, questa è delinquenza e nient'al-
tro, quando si eludono le norme per il proprio interesse. Un altro aspetto che
lamento è quello di chi dovrebbe far applicare le leggi. E qui torniamo ad un
discorso molto grave e che, debbo dire, lo fanno più gli industriali di quanto lo
facciano i sindacati: la difesa di quella che dovrebbe essere la pubblica ammi-
nistrazione. Ho quasi 65 anni, 40 di servizio, ho visto il cambiamento della
pubblica amministrazione. Essa nel passato colmava le lacune, si ricorreva alla
pubblica amministrazione per mettere a posto le cose che nel privato, nel
sociale, non si potevano sistemare. Poi è arrivata la globalizzazione e la pub-
blica amministrazione è stata trattata solo come un problema di costi.
È vero, essa può esser costosa, se ne possono ridurre alcuni costi. Le leggi
finanziarie sappiano come vanno. Ma non è solo il settore della pubblica
amministrazione. I nostri industriali hanno fatto la stessa cosa: hanno conti-
nuato a competere solo con la riduzione dei costi. Oggi esce l'articolo
sull'Economist che dice che noi non cambieremo. Non sembra essere un pro-
blema di governo di destra o di sinistra.
L'Economist ci dice che il nostro problema è che abbiamo ormai un paese
che non riesce a uscire più fuori, non riesce a competere. E senza una pubbli-
ca amministrazione efficiente non si compete, perché i problemi non si risol-
vono se non c'è l'ispettore che controlla, se non ci sono leggi corrette, se non
c'è confronto, se non c'è quell'efficienza cui dovremmo aspirare indipenden-
temente dal costo. Non si tratta di buttare i soldi dalla finestra, si tratta piut-
tosto di un sistema diverso da quello che stiamo usando oggi. Questo è un
ostacolo che fa sì che non si riesca a lavorare bene sul sociale né a rendere
competitivo questo paese, a renderlo efficiente.
Infine, il problema vero, è il lavoro. Il lavoratore è quello che conta, la vera
risorsa economica del paese. Se non mettiamo lui al centro faremo poca stra-
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da. Faremo belle leggi ma ne faremo altrettante che saranno evase. Ecco, è su
questo che dobbiamo intervenire. Credo che la storia della legge 68 sia di que-
sto tipo, dobbiamo rivederla, dobbiamo fare quello che ci ha detto adesso
l'Assessore. Certo è strano fare una cosa simile solo nella regione Toscana, è
addirittura avvilente, dovrebbe essere una cosa più grande e più importante,
di respiro nazionale. Dobbiamo quindi intervenire per far sì che quello che
può essere fatto sia fatto fino in fondo e contemporaneamente, per quello che
ci riguarda come ente, noi stiamo già facendo una serie di interventi per la
riabilitazione, anche costosi.
Predisponiamo strumenti, facciamo corsi per i grandi invalidi, per il loro rein-
serimento, poi, però, non riusciamo a trovare sbocchi. Da quando io sto in
Toscana - ormai è quasi un anno - ho avuto solo un contatto, uno solo, con
dei dirigenti della Coop che sono venuti all'INAIL, su nostro input, per vede-
re di reinserire una serie di grandi invalidi ai quali noi avevamo fatto fare dei
corsi per la patente europea dell'informatica, corsi impegnativi, e malgrado
questo non siamo riusciti ad impiegarli. Abbiamo trovato solo degli sbocchi
in Coop e poi deserto assoluto. Non è certo così che si può andare avanti o
che si risolve un problema grave come quello che voi avete posto. Grazie a
tutti per l'attenzione.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Ringraziamo il Dr. Nardecchia, che ha posto qualche problema preciso che
si ricollegava forse anche con quanto accennava l'Assessore Salvatori: le leggi
non bastano, ci vuole probabilmente anche una cultura che forse oggi non c'è,
quella della promozione che ricordava l'Assessore Salvatori. È vero, io ho
ricordato che l'ANMIL guardò con favore alla legge 68. Guardò con meno
favore, all'epoca, a quelli che proponevano di eliminare le quote d'obbligo,
confidando sul fatto che l'inserimento della persona giusta al posto giusto
rendesse del tutto inutile l'obbligo. Il Dr. Nardecchia ha parlato di evasione.
La strumentalizzazione delle leggi la troviamo anche per quello che riguarda
l'applicazione della 68: in effetti, per l'esperienza che abbiamo potuto fare
anche come associazione, è molto difficile penetrare nel contesto datoriale e
forse anche su questo bisognerebbe lavorare. Il Ministero del lavoro, sta
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facendo una grossa politica riguardo la CSR, la responsabilità sociale d'im-
presa. Speriamo che temi come questi possano entrare nella responsabilità
sociale d'impresa e che, soprattutto, ci si convinca veramente, e non solo a
parole, che il disabile è una risorsa. E ciò detto diamo subito la parola alla
Senatrice Grazia Sestini, Sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali.
GRAZIA SESTINI - Sottosegretario al Ministero del Lavoro edelle Politiche Sociali
Grazie. Scusate il ritardo ma ho avuto qualche problema, poi mi scuso se
dopo vi porto via anche l'Assessore Salvatori. Non so se questo fa piacere o
no, ma entrambi abbiamo un impegno all'Istituto degli Innocenti, però io ho
voluto esser qui questa mattina un po' per i legami con l'ANMIL, un po' per
il legame che in questi anni si è stabilito con il Presidente Mercandelli e con
tanti dell'associazione che ho avuto modo di incontrare, un po' perchè credo
che questa sia un'occasione privilegiata, per voi ma anche per noi, per appro-
fondire alcune questioni ma anche per suggerirci delle cose. Io riparto dalle
ultime cose che ho sentito. La legge non basta, è vero, e forse anche con il
concorso delle regioni, anzi soprattutto con questo, andrà modellata sempre
meglio. Con la nuova legislazione sul lavoro si potrebbe aprire un rischio che
è quello evidenziato, per esempio, nelle 2 pagine del sole 24 ore di venerdì.
Mi sembra che si parlasse dello stato di attuazione della legge Biagi e da una
parte c'era l'intervista a Maurizio Sacconi (Sottosegretario al Ministero del
Lavoro) che descriveva questa cosa, nell'altra facciata c'erano esperienze
regionali, tutte positive ma estremamente diversificate, in cui si paventava il
rischio di cui parlava il direttore dell'INAIL, per tutto il lavoro e quindi, a
maggior ragione, anche per l'inserimento delle persone con disabilità.
Però se questo rischio esiste è perché la materia lavoro è una materia di com-
petenza statale per certi versi, ma per quello che riguarda l'incontro doman-
da e offerta la competenza statale ha solo un aspetto di coordinamento e di
regolazione, perché poi sul campo ci sono le regioni. La stessa borsa nazio-
nale del lavoro non sarebbe partita se le regioni non avessero aderito e non
partirà a livello nazionale se tutte le regioni, oltre che tutti gli altri soggetti che
sono interessati, non aderiranno. Allora questo tema, dentro il tema genera-
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le del mercato del lavoro, è uno dei punti più sensibili e non si fa senza l'ap-
porto regionale.
Seconda questione: non basta la legge, occorre creare una cultura. Raccolgo
l'invito a introdurre sempre di più questo tema dentro il tema più ampio della
responsabilità sociale delle imprese. Apro una parentesi su questo tema
Mercandelli lo sa perché ha partecipato con noi ad alcuni incontri, ai tempi in
cui era solo Presidente della ANMIL e non anche della FAND. Su nostra ini-
ziativa, durante il secondo semestre del 2003 che coincise con l'anno europeo
delle persone con disabilità ma anche con la presidenza italiana dell'unione
europea per volere del Ministro Maroni, fu introdotto questo tema più gene-
rale a livello europeo, anche se molti dei paesi europei ce l'avevano già.
Soprattutto a livello italiano abbiamo fatto una scelta - devo dire anche dopo
un dibattito piuttosto vivace anche al nostro interno - di non consentire nes-
suna certificazione da parte dello Stato. Ovvero, non si danno i bollini, anche
perché le esperienze soprattutto americane ci hanno fatto vedere che i bollini
non erano certo certificazione di corretto comportamento. La Erron era una
ditta modello, aveva tutti i bollini immaginabili nei confronti dei fornitori e dei
dipendenti, rispettava tutte le leggi e guardate cosa è accaduto. Abbiamo scel-
to una politica culturale e ci siamo resi conto, in questo, che l'attenzione all'in-
serimento lavorativo delle persone con disabilità è uno dei punti più difficili.
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In Italia l'attenzione nei confronti della cultura consiste nel dare un po' di
soldi per restaurare il quadro della chiesa e uno s'è messo l'animo in pace. Per
un po' di anni l'attenzione nei confronti dei fornitori conviene così come con-
viene quella nei confronti dei dipendenti, altrimenti quelli più bravi se ne
vanno. Per propagare invece la cultura dell'inserimento lavorativo, il lavoro
da fare è diverso.
Bisogna far capire all'azienda che così facendo ci guadagna, ci guadagna non
soltanto perché rende un servizio sociale, non solo perché rispetta la legge se
rientra in quelle aziende che lo devono fare per legge, non solo abbatte i costi
sociali, ma ci guadagna come vita all'interno dell'azienda, come rimessa al
centro del capitale umano, come primo capitale dell'azienda. Questo è un
percorso difficile tanto è vero che - lo sapete meglio di me perché io la prima
volta l'ho sentita dire da voi questa cosa, dopo pochi mesi che ero al ministe-
ro, in un incontro con l'ANMIL del Veneto a Padova - qui tutti pagano la
multa per non avere tra i piedi gente che può creare qualche problema.
Allora, probabilmente, in questi anni questa mentalità è andata cambiando,
esistono ancora delle questioni aperte. Credo che abbiamo fatto chiarezza
quando abbiamo tolto dal collocamento obbligatorio orfani e vedove, le
cosiddette persone svantaggiate, e le abbiamo divise dalle persone con disa-
biltà. Quella era la prima cosa da fare, anche perché la legge stessa lo chiede-
va nel decreto attuativo della legge Biagi. Abbiamo indicato una strada paral-
lela: è infatti in corso in 10 aree del paese una sperimentazione con l'Agenzia
Italia lavoro. L'abbiamo sempre detto che siamo disposti a fare una verifica
sulla piena attuazione di questa misura. Piena attuazione vuol dire una cosa
molto concreta. Quante persone hanno trovato lavoro, che tipo di lavoro e
quanto interessa anche la qualità del lavoro, come questo favorisce l'inseri-
mento in azienda, perché comunque la nostra intenzione è di utilizzare la
cooperazione, che è una categoria imprenditoriale di serie A e non una riser-
va indiana per soggetti particolari. Ribadisco che se ci sono delle storture, così
come del resto la cattiva interpretazione di tutta la legge, non solo della 68 ma
di tutta la legislazione sul lavoro, abbiamo sentito dal direttore dell'INAIL,
non riguarda soltanto i disabili, purtroppo riguarda tutti. Tradotto: i furbi ci
sono sempre. Quali sono i punti da migliorare della 68? Credo che a questo
punto una riflessione vada fatta anche perché, grazie a Dio, rispetto a quan-
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do è stata fatta la legge ci sono più persone che possono lavorare e che posso-
no aspirare a lavori di migliore qualità e soprattutto possono aspirare ad una
corretta lettura della loro situazione. Anche grazie a voi abbiamo fatto la scel-
ta di cominciare ad introdurre la nuova lettura della disabilità che l'organiz-
zazione mondiale della sanità ci ha caldeggiato ormai da anni e che permet-
te di scoprire e di valorizzare le potenzialità di ognuno. Allora questo permet-
te una lettura più attenta della persona e delle sue capacità non di ciò che non
sa fare ma di ciò che sa fare, permette l'inserimento in corsi di formazione
adeguati, permette un inserimento lavorativo ancora più mirato. Questo è un
grande ausilio, credo uno strumento ancora poco attuato perché è un ribalta-
mento della mentalità comune, ma non per questo dobbiamo abbandonarlo.
Allora, alla luce di questo, io ho solo buttato là alcuni temi, poi tanto questo
è un dialogo che continua, e quindi possiamo continuare a parlarne e a pro-
spettare, per la prossima legislatura ormai, una modifica della stessa legge 68
previa verifica dell'art. 14 del decreto, perché quella è parte integrante della
politica dell'inclusione che può anche voler dire decidere di abbandonarlo.
Però dobbiamo verificare quell'opportunità, previa verifica della legislazione
complessiva sul lavoro. È evidente che a partire dalla prossima legislatura, le
proposte vanno fatte se si ritiene che ci siano alcuni punti della stessa legge
68, e io credo di si, da modificare. Credo che da giornate come queste possa-
no venire le indicazione più intelligenti. Grazie.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Bene ringraziamo la Senatrice Sestini e proseguiamo con gli interventi. È pre-
visto ora quello del sig. Giudo Olmastri in rappresentanza dei sindacati
CGIL, CISL, UIL.
GUIDO OLMASTRI - Rappresentante CGIL, CISL UIL
Buongiorno, grazie dell'invito, naturalmente la discussione per quanto mi
riguarda è molto interessante perché come organizzazioni sindacali ritenia-
mo che le politiche dell'inserimento dei diversamente abili non possono che
stare dentro le politiche generali del lavoro. Per noi questo aspetto non può
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essere visto come marginale, mi dispiace che il sottosegretario se ne sia anda-
to perché credo che una parte, come dire, delle filosofie che essa esprime,
siano una delle cause fondamentali per le quali c'è questa difficoltà nell'inse-
rimento del lavoro.
È chiaro che se non affrontiamo i problemi più complessivi del sistema lavo-
ro e della regolamentazione prodotta dalla legge 30, che ha ampliato a dismi-
sura e in forme incontrollabili i sistemi di assunzione rendendo la precarietà
non un elemento, come dire, aggiuntivo del sistema, ma rischiando di farlo
diventare un elemento strutturale del sistema lavoro. È chiaro che in quel
contesto noi possiamo fare tutti i ragionamenti che vogliamo, possiamo sot-
tolineare tutte le sensibilità, che credo ognuno di noi ha, però poi la dinami-
ca dei fatti ci porta da un'altra parte. Io non voglio fare questo ragionamento
per buttarla sulle questioni generali, però dobbiamo essere tutti consapevoli
che se non invertiamo questo modello, per queste categorie, per questi lavo-
ratori, ci sarà sempre meno spazio. E allora, quell'elemento che ho sentito qui
all'inizio dai rappresentanti dell'associazione - che ovviamente condivido al
100% - ovvero non un inserimento che sia assistenza ma un inserimento che
sia dignità professionalità e formazione, diventa poi una parola vuota, perché
questo concetto non può che star dentro le politiche del lavoro. Capisco
anche che, alla fine, se il grosso del mercato del lavoro si muove in una dire-
zione opposta, diventa ovvio che anche l'associazione sia poi costretta, per
difendere il difendibile, a rinchiudersi in una logica che è quella dell'assisten-
za. Cioè, alla fine, di fronte al nulla è meglio un qualcosa. Quindi io credo
che ci sia un problema di fondo e sono convinto che l'associazione possa esse-
re, anche per il sindacato, uno stimolo. Perché a fronte di problemi comples-
si, di situazioni di crisi aziendali dove non sempre il sindacato, pressato da
queste difficoltà, pone le questioni della disabilità al centro della propria ini-
ziativa, io credo che un maggiore rapporto, una maggiore collaborazione,
una maggiore azione di stimolo da parte dell'associazione nei confronti delle
organizzazioni sindacali, sia un contributo importante in questa direzione,
perché io credo che su molte questioni possiamo condurre insieme una bat-
taglia e la possiamo condurre, chiaramente, partendo dalle questioni della
prevenzione sul lavoro.
Il direttore dell'INAIL, con il quale spesso ci incontriamo e portiamo avanti
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insieme delle iniziative, stamani ha fatto bene non fornendoci i dati di quelli
che sono nel dettaglio il numero degli incidenti, però questi dati sono sotto
gli occhi di tutti. Allora, credo, che noi dobbiamo ripartire da questo punto.
Come organizzazioni sindacali siamo impegnate in Toscana - sebbene direi
anche a livello nazionale - ma voglio limitarmi a ragionare del nostro territo-
rio. Il 22 giugno scorso abbiamo fatto uno sciopero generale in Toscana sulle
questioni della sicurezza sul lavoro: l'abbiamo fatto per richiamare tutti i sog-
getti che hanno competenze in questa direzione ad assumersi fino in fondo le
proprie responsabilità. Se dovessimo misurare quella iniziativa con quello
che è accaduto successivamente, dovremmo dire che forse abbiamo sprecato
quelle ore. Non ci sembra infatti che in seguito ci sia stata quell'inversione di
tendenza che noi chiediamo sugli infortuni gravi e mortali e, soprattutto, mi
sembra che non ci sia stata quella inversione di tendenza sul rapporto perver-
so tra lavoro irregolare - lavoro nero - sicurezza sul lavoro, e alla fine, anche
sull'inserimento nel lavoro dei diversamente abili.
Se avete notato, gli ultimi 2 infortuni mortali che ci sono stati in Toscana
nelle ultime 3 settimane sono avvenuti in aziende completamente irregolari,
addirittura nell'ultimo infortunio mortale a Lucca ci sono volute 4-5 ore per
accertare l'identità del lavoratore. Allora, voglio dire, non voglio introdurre
questioni che sono a conoscenza di tutti, però io credo che noi dobbiamo fare
una battaglia coinvolgendo tutti: in primo luogo le istituzioni e gli imprendi-
tori perché se non andiamo a rimuovere queste situazioni, difficilmente poi
possiamo fare una battaglia seria per un inserimento che sia non numerico
ma di dignità e di valorizzazione della persona e della professionalità dei
diversamente abili.
Allora penso che in primo luogo bisogna richiamare l'autorità governativa,
perché su queste questioni c'è bisogno non solo di avere maggiori controlli
ma di invertire la filosofia, c'è bisogno di ridare al lavoro una dignità, c'è biso-
gno di recuperare quel concetto di lavoro professionale, di lavoro come ele-
mento di promozione di dignità del lavoratore.
Le misure che sono state assunte da questo governo - e non lo dico con pre-
venzione nei confronti di questo governo - si sono mosse nella direzione
opposta, nella direzione di svalorizzare il concetto del lavoro. Allora se non
ci muoviamo per recuperare questo elemento, è chiaro che non possiamo
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pensare di portare avanti e conseguire dei risultati importanti. È chiaro che
insieme a questa battaglia poi bisognerà - nel limite del possibile lo stiamo
facendo - condurre un'azione per cambiare all'interno dei luoghi di lavoro
anche la cultura. Non c'è dubbio che c'è anche questo elemento, non c'è sol-
tanto un problema di legislazione, c'è sicuramente anche un problema di cul-
tura. Però anche qui è difficile pensare che con norme che consentono alle
aziende, come diceva il direttore dell'INAIL, di poter assumere persone a 30
gg. è difficile che in quel luogo di lavoro possa costruirsi una cultura della
promozione del lavoro, una cultura dell'inserimento, quindi dobbiamo rende-
re le normative più stringenti. Credo che la questione del superamento delle
quote non sia ad oggi una questione che possiamo accettare, io capisco che
può avere anche delle incongruenze, però credo che sia un punto di riferi-
mento obbligatorio.
Il problema del superamento delle quote può avvenire solo se si afferma pie-
namente - cosa che non è oggi - il concetto di un lavoro più dignitoso dove
tutti i soggetti sono impegnati nella stessa direzione. Quindi credo certamen-
te che ci sia bisogno di far rispettare la normativa e ci sia bisogno di farlo con
tutti gli strumenti, e da una parte, certamente il sindacato.
Credo che anche noi qualche limite lo abbiamo, perché probabilmente c'è
anche in noi uno scarto fra la sensibilità che abbiamo rispetto alla prevenzio-
ne e all'azione quotidiana che portiamo avanti, rispetto all'inserimento di
coloro che comunque poi hanno subito dei danni ed hanno bisogno di ritro-
vare nel lavoro una loro dignità. Però, ecco, io credo che su questo bisogno ci
sia un concorso di tutti i soggetti. Infatti se tale questione viene lasciata solo
agli addetti ai lavori, i risultati non potranno che essere insoddisfacenti: nel
senso che il rischio è che alla fine i soggetti diversamente abili possano trova-
re collocazione esclusivamente nella Pubblica Amministrazione, perché
magari nella pubblica amministrazione in qualche modo qualche soluzione
possiamo trovarla.
Io credo che questa non può essere la strada da perseguire. Questo può dare
delle risposte da un punto di vista di reddito e di occupazione numerica, non
certamente da un punto di vista di dignità e di professionalità. Per quelle figu-
re che hanno acquisito professionalità e che sono in grado di svolgere quelle
attività che non si trovano nella pubblica amministrazione dobbiamo creare
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le condizioni affinché possano esercitarle anche nelle attività private.
Quindi sarebbe sia bene discutere di più di queste questioni, credo che dob-
biamo rafforzare questo rapporto, queste relazioni fra l'associazione e le orga-
nizzazioni sindacali: su alcune materie potremmo avere anche qualche volta
delle opinioni diverse, ma questo valorizza il confronto perché ci consente di
portare al centro queste problematiche e, soprattutto, ci consente di conside-
rare queste problematiche non come una parte settoriale del lavoro ma come
uno degli elementi centrali del lavoro.
Se realizziamo questo obiettivo con tutti i soggetti che sono impegnati: dalle
istituzioni, dalle associazioni imprenditoriali, dalle organizzazioni sindacali
alle associazioni di rappresentanza delle categorie specifiche, riusciamo a far
sì che la questione inserimento nel lavoro dei diversamente abili sia una delle
questioni del lavoro. Allora potremo dire che ci stiamo incamminando su una
strada positiva che ci può portare a dei risultati; diversamente - e lo dico
anche con amarezza perché credo personalmente di avere forte sensibilità in
questa direzione - noi continueremo a vedere la questione dell'inserimento
dei diversamente abili solo come una questione marginale e non come un
aspetto centrale delle politiche del lavoro. A me ha fatto molto piacere poter
partecipare alla vostra riunione, mi auguro che ci siano in futuro altri
momenti, anche su argomenti più specifici e particolari, perché io credo che
questo elemento di confronto sia un elemento importante che può determi-
nare un cambiamento di rotta e di filosofia sulle politiche del lavoro che, a
mio parere, è necessario se vogliamo produrre dei risultati. Vi ringrazio nuo-
vamente per l'invito e vi auguro buon lavoro.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Ringraziamo anche noi Guido Olmastri che ci ha tracciato un altro quadro a
tinte fosche della situazione e lo ringraziamo anche del suo realismo, per così
dire. Certamente la questione non è, come lui stesso ha ricordato, quella di
collocare i disabili nella pubblica amministrazione ma quella di inserire i
disabili sia in pubblica amministrazione o azienda privata ma in un'attività
che sia confacente alle loro capacità. Questo vale per un disabile come vale
per qualsiasi lavoratore: non possiamo mettere un lavoratore che non ha una
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determinata professionalità a svolgere un certo tipo di lavoro, e questo vale
sia per l'uno che per l'altro. Credo sia interessante questa richiesta di un mag-
gior rapporto di collaborazione con le organizzazioni sindacali e ritengo
anche personalmente che sia giustissimo che si debba lavorare insieme perché
una delle filosofie di fondo della 68, che alla fine non si è poi realizzata è pro-
prio quella della costruzione di una rete sul territorio che consenta poi di ope-
rare tutti gli interventi possibili. Naturalmente, poi ci vuole anche un terreno
su cui misurare le possibilità di collaborazione e anche richiamandoci non al
collocamento assistenziale nella pubblica amministrazione ma ad un colloca-
mento reale, concreto, adesso il Dr. Sergio Mustica ci parla di qualche stru-
mento per la valorizzazione delle professionalità degli infortunati sul lavoro
che, peraltro, anche l'associazione sta cercando di mettere in atto.
SERGIO MUSTICA - Esperto in formazione professionale
Buongiorno. La riflessione che vorrei proporvi può partire da un concetto
sull'uso delle parole. Questa mattina sono state usate due parole: disabili o
disabilità e diversamente abili; sono 2 parole che vivono insieme anche se
quella più giusta è diversamente abili. Allora io credo che la riflessione su cui
posso dare un contributo è cercare di dare concretezza alla definizione più
corretta di differentemente abili. Per essere differentemente abili c'è bisogno
di offrire ai lavoratori che hanno avuto la sventura di avere un infortunio di
potersi riposizionare prima con se stessi poi con l'intera società e con il
mondo del lavoro. Questo richiede un percorso e degli strumenti. Non pos-
siamo pensare che ciò avvenga in modo automatico. Allora dobbiamo, una
volta fatto il quadro delle politiche come è stato fatto qui questa mattina, fare
una riflessione anche sul come.
Tutti abbiamo detto che è giusto questo diritto all'inclusione, che è fonda-
mentale lavorare affinché non solo il mondo pubblico ma il mondo delle
imprese riesca a dare a questi lavoratori un diritto almeno pari agli altri,
anche se probabilmente c'è un diritto maggiorato, perché stiamo parlando di
persone che hanno già dato un pezzo della loro vita o del loro corpo al lavo-
ro e il lavoro, come dice la costituzione, è un valore collettivo. Quindi, così
come noi abbiamo dei martiri se un poliziotto muore mentre fa il suo dovere
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per tutelare la collettività, anche un lavoratore che rimane infortunato sta
facendo un lavoro che è per lui e per l'impresa per cui lavora, ma è un'azione
a cui la Costituzione e il nostro Stato devono dare molta importanza. Allora,
se queste considerazioni, come sono certo, sono giuste, andiamo a vedere
come possiamo fare nel concreto.
Nel concreto significa prendere atto di quelle che sono le condizioni, che ci
piacciano o che non ci piacciano, del mercato del lavoro. Oggi il mercato del
lavoro vive una pressione enorme di competitività, tutti sono chiamati a misu-
rarsi con una grande competitività. Dunque viviamo in una situazione in cui
c'è questa competitività, che ci sono delle difficoltà però ne dobbiamo prende-
re almeno atto per capire come fare. Allora non si può pensare che in questa
società una persona disabile possa essere inserita dentro un'impresa, dentro
un lavoro reale come atto di solidarietà. Noi dobbiamo offrire alla persona dif-
ferentemente abile queste abilità differenti per superare il ragionamento che si
faceva rispetto al mondo del lavoro privato. È necessario che se noi diciamo
all'imprenditore devi o ti orientiamo o ti proponiamo di assumere questa per-
sona, questa persona deve essere produttiva, e sicuramente una persona diffe-
rentemente abile, invalido, sul lavoro, può essere produttiva forse di più di una
persona normale da un punto di vista fisico, perché ci sono oggi, nella socie-
tà, sempre meno lavori che richiedono forza, che richiedono determinate doti
e sono sempre più i lavori che richiedono alle persone di pensare. È chiaro che
non possiamo pensare di mettere una persona differentemente abile a scarica-
re i TIR. No, non è il tipo di lavoro a cui dobbiamo mirare. Dobbiamo pensa-
re che a queste categorie di persone vanno offerte delle opportunità per quali-
ficarsi, un lavoro in cui loro possono pensare e allora anche l'infortunio che è
una cosa bruttissima, che è una tragedia, può essere superato.
Vi inviterei a fare questa riflessione perché io sono un esperto di didattica e di
come le persone apprendono. Una grande difficoltà, una grande sciagura, sono
anche un grande modo per imparare, per fare una riflessione con se stessi. Una
persona che ha avuto una disgrazia vive una brutta situazione ma all'interno
di questa noi possiamo pensare che quella persona possa maturare, possa tro-
vare nuove energie di riflessione su se stessa, di capacità e di motivazione.
Questo è il primo strumento, ovvero dobbiamo offrire la capacità collettiva
della società di dare a queste persone la possibilità di riposizionarsi nel mer-
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cato del lavoro attraverso la valorizzazione di ciò che loro sanno, di ciò che
hanno provato, delle esperienze che hanno fatto e di quelle che possono fare
nel periodo di tempo che va dal momento dell'infortunio al successivo collo-
camento sul lavoro. Ciò significa che questa differente abilità deve essere per
così dire coltivata, noi dobbiamo pensare che c'è un percorso, una crescita.
Ed ecco che entra uno strumento fondamentale che è quello della formazio-
ne. Noi purtroppo in Italia siamo abituati a vedere la formazione come un po'
di condimento; la formazione per il lavoro è invece il punto fondamentale se
è una formazione di qualità, una formazione che arriva a svolgere il suo
ruolo, ossia quello di formare.
La parola formazione è un'azione che forma, che cambia, molto diversa da
addestramento professionale. La formazione significa cambiare il punto di
vista con cui si vedono i problemi, cambiare il modo di porsi nei confronti del
lavoro; formazione significa sapere e quindi saper fare una cosa, ma anche
saper essere, ovvero mettere se stessi in ciò che si sta studiando. E allora la
formazione può essere un grande strumento per aiutare gli infortunati a ripo-
sizionarsi e questi strumenti io vorrei dividerli in 2 grandi categorie: gli stru-
menti tecnologici e gli strumenti metodologici. Il primo strumento metodo-
logico è quello di trasformare l'esperienza della persona che ha lavorato, che
ha avuto poi una brusca interruzione, di fargli rivivere questa esperienza
come una nuova opportunità e quindi fargli capire che si deve orientare verso
la formazione continua. Vedete formazione continua significa che, oggi, nella
società competitiva, nessuno può pensare di avere tutto il sapere che serve,
ma può pensare solamente che ogni giorno si deve mettere in discussione per
acquisire nuovo sapere, nuova conoscenza. Pertanto, se una persona che ha
avuto una difficoltà ha il tempo e l'opportunità per cominciare a riflettere su
questo, la sua nuova forza sarà quella di entrare in una logica di un cammi-
no continuo, di un cammino mentale nel mondo dei saperi che riguarderan-
no la sua professionalizzazione e poi un rafforzamento della motivazione al
lavoro. Io credo che questo sia un tema molto interessante non solo per i dif-
ferentemente abili ma per tutti noi. Ci siamo un po' abituati a vedere il lavo-
ro quasi come un male necessario: le persone vanno a lavorare e, qualche
volta, quando timbrano dicono speriamo che queste 6, 7, 8 ore finiscano pre-
sto. Questo non è il lavoro, signori, questo io lo chiamo “suicidio a rate” per-
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ché una persona che non vuole vivere 8 ore di lavoro - e oggi levando le ore
che dormi, il lavoro è metà della tua vita - è come se uno dicesse invece di
vivere 80 anni ne “vivo” 40.
Il lavoro è pagato dall'impresa, dall'ente pubblico, ma le ore di lavoro sono
del lavoratore, sono un diritto inalienabile: devono essere qualcosa che noi
viviamo. In effetti, una persona che ha avuto una disgrazia può meglio di
un'altra capire quanto valgono quelle 8 ore, perché le ore non ritornano: non
c'è stipendio, paga, compenso, che possano dare ad un essere umano il valo-
re con cui lui deve vivere. E se una persona acquista questa consapevolezza
sul lavoro sarà molto migliore perché non penserà ad imboscarsi, non pense-
rà ad augurarsi continuamente che le ore di lavoro finiscano presto, ma si
limiterà a viverle integralmente, a pensare che quelle ore sono un pezzo della
sua realizzazione. Allora questo concetto formativo può aiutare le persone a
vedere il lavoro non solo come una cosa che ti dà una paga, ma una cosa che
ti aiuta nel tuo cammino di persona, nel tuo cammino di cittadino, nel tuo
cammino di libertà. Ecco questa è una metodologia importante, e un modo
con cui vedere il lavoro è un altro aspetto degli strumenti che noi possiamo
dare e che il Presidente dell'ANMIL ha sempre portato avanti: è quello di far
sentire a questo lavoratore, a questa persona che ha avuto una difficoltà, un
senso di solidarietà, un senso di comunità.
Non si può essere soli dopo un infortunio: c'è il rischio che una persona cada
in depressione, si isoli, senta che gli altri quasi lo devono aiutare, e se è orgo-
gliosa non vuole che ciò accada. Molto spesso l'infortunato che deve stare
chiuso in ospedale o nella sua casa a ridotta capacità di movimento tende a
chiudersi. È chiaro che questa chiusura, oltre che sul piano psicologico, è gra-
vissima sul piano professionale. Una persona deve interagire, deve muoversi,
deve entrare nella comunità delle persone vive che lavorano, che parlano, che
crescono. Ecco che c'è questo bisogno di essere insieme. Apro una parentesi
perché i lavori da singoli sono finiti. Oggi si lavora in squadra, oggi bisogna
essere capaci di lavorare e di rapportarsi con gli altri, non c'è più posto per
geni singoli, c'è bisogno di persone che lavorano dentro organizzazioni. E
allora dobbiamo pensare che uno strumento metodologico è quello di offrire
a questo lavoro, a questo lavoratore, la capacità di lavorare mentalmente den-
tro una squadra. E vediamo ora passando agli strumenti tecnologici come
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questo può avvenire. Oggi l'information technology, i computer, internet, i
telefonini, la televisione interattiva, offrono un grande numero di strumenti
che sono spesso male utilizzati, che sono spesso utilizzati per cose negative.
Io credo che sia importante capire che c'è la possibilità di usare questi stru-
menti per creare intorno a persone con delle difficoltà una rete di vicinanza,
di prossimità e di formazione molto importante. L'ANMIL ha cominciato a
lavorare in questo settore e credo che, oggi, l'ANMIL, quando si parla di lan-
cio sociale, possa dire che a tutti i propri dipendenti è stata offerta la possibi-
lità di fare una formazione a distanza attraverso internet, anche una forma-
zione flessibile che serve a loro per crescere, ma serve anche perché tutti i
dipendenti ANMIL sul territorio nazionale e in tutte le province d'Italia
avranno le competenze e la capacità per stare vicini ai loro associati anche sul
piano dell'uso delle tecnologie. Allora che significa questo strumento di
modernità? Significa che se una persona sta a casa, se una persona non si può
muovere, non è detto che non possa iniziare un percorso che la porti anche
lontano, almeno culturalmente. Questo percorso si può fare attraverso quella
che oggi si chiama e-learning, ovvero formazione elettronica o formazione a
distanza, usando il computer, la rete e i telefonini.
Questo sistema può aiutare per due cose importantissime: una che noi por-
tiamo dentro la casa della persona infortunata la formazione, il sapere, la cre-
scita personale, la seconda è che attraverso questo sistema di rete le persone
possono dialogare tra loro, possono creare una comunità di pratica, quella
che in inglese si definisce “web community”. Noi possiamo immaginare che
un infortunato che sta sul letto possa parlare a costo zero, discutere con altre
persone che stanno in Sicilia o in Toscana o in Trentino senza nessun tipo di
problema. Dentro una casa ci possono essere delle tecnologie che sono real-
mente di trasformazione dello stesso modo di essere di una persona e sono
delle tecnologie, e voglio sottolinearlo, che per chi non le conosce sembrano
molto difficili ma non è vero. Personalmente mi occupo di questi problemi e
dico che questa è una credenza popolare. Vi garantisco che una persona nor-
male, non particolarmente professionalizzata, di 75 anni, può usare con un
giorno di formazione tutti questi strumenti. Quindi non ci sono barriere se
non l'idea che esistono delle barriere. Allora si parla tanto di domotica, di
abbattimento delle barriere architettoniche, ma pensiamo che noi dobbiamo
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abbattere anche delle barriere che non sono solo fisiche ma che sono psicolo-
giche e sociologiche. Noi dobbiamo arrivare vicino alle persone e per farlo c'è
bisogno che noi le inseriamo in dei percorsi di formazione e su questi percor-
si vorrei dire una cosa. Molto spesso le amministrazioni pubbliche dicono
che i corsi sono aperti a tutti e possono essere frequentati anche dalle perso-
ne che hanno delle difficoltà.
Questo non è sempre vero. Innanzitutto perché le persone che hanno subito
un infortunio e che sono in una situazione di difficoltà non sono tra le prime
che vanno a cercare i bandi, poi perché hanno un pudore, sentono una diffi-
coltà e non vogliono creare problemi.
C'è bisogno di un orientamento diverso, per inserire realmente persone diffe-
rentemente abili: ci vuole una competenza specifica come quella
dell'ANMIL, c'è bisogno di una collaborazione tra le strutture sindacali, di
quelle forze sociali che fanno queste attività, perché, signori, quando si parla
di fabbisogni formativi, quando si chiede alle persone di che cosa hanno biso-
gno, molti lavoratori non possono rispondere perché non lo sanno. La prima
difficoltà è capire realmente di che cosa si ha bisogno per reinserirsi bene sul
mercato del lavoro, e questo passa per un bilancio di competenza dei lavora-
tori che dovrebbe essere la prima cosa che si fa di fronte ad un infortunio.
Devo sapere che cosa posso fare, quali sono le mie prospettive, ci vuole un
forte aiuto perché il lavoratore ha necessità di farsi un quadro preciso e capi-
re dove può andare. Diceva Seneca: nessun vento mi può essere favorevole se
non ho chiara una rotta. Noi abbiamo una rotta che è quella dell'impiego non
sussidiario, non falso, della collocazione produttiva nel pubblico e nel priva-
to dell'infortunato, ma per fare questo c'è bisogno di un lavoro chiaramente
maggiore, c'è bisogno di un'azione di orientamento, c'è bisogno di un'azione
di consulenza, c'è bisogno di un'azione di promozione delle opportunità for-
mative. Queste sono le politiche che possono rompere queste grandi barriere,
altrimenti continueremo a dirci: è giusto, dobbiamo aiutarli, e ogni volta che
si organizzano questi convegni naturalmente ognuno dice e promette. Ci
vogliono degli strumenti che non sono né di destra né di sinistra, non sono né
del governo Prodi né del governo Berlusconi, sono strumenti del buonsenso.
Credo che l'ANMIL possa fregiarsi di questo. Caro Presidente ci vorrebbe una
sorta di bollino blu delle associazioni di buon senso, di quelle che non vogliono
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essere solo parolaie, ma quelle che invitano alla concretezza. Ci sono le leggi,
ci sono gli strumenti, ci sono i soldi che vengono buttati via inutilmente. Noi
potremmo far sì che invece le persone differentemente abili possano a loro volta
aiutare gli altri, perché una persona differentemente abile che si vuole ricolloca-
re sul lavoro ha una maturità e una capacità di affrontare le difficoltà della socie-
tà che potrebbe essere di orientamento e di insegnamento a tanti giovani che
invece affrontano il mercato del lavoro come se andassero in discoteca.
Quindi io concludo ringraziandovi per l'attenzione e dicendo che ci sono
strumenti tecnici, tecnologici e metodologici; il punto è capire se li vogliamo
utilizzare, capire se le regioni vogliono fare qualcosa per provare a fare qual-
cosa di specifico per risolvere questo problema e non augurarsi che qualcuno
con qualche legge o con qualche milione di euro pescato qua e là possa risol-
verlo. C'è un modo scientifico per affrontare il problema, serve che tutte le
forze sociali ed istituzionali convergano verso questa direzione e credo che
l'ANMIL più di ogni altro abbia cominciato a focalizzare il problema. Grazie
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Grazie al Dottor Mustica che ha concluso, per così dire, quelli che erano gli
interventi programmati.
Ora, secondo il nostro calendario dei lavori, la parola dovrebbe andare ai rap-
presentanti ANMIL nella commissione di tripartite provinciali o nei comitati
tecnici e per questo è necessario, non conoscendoli personalmente, che mi aiu-
tiate. Per cui io direi di partire da sinistra, senza che ci siano prenotazioni o
altro. Facciamo una sorta di giro di tavolo. Sarebbe gradito nome, provenien-
za ed incarico di chi vuole intervenire, anche se Nedo Santini lo conosciamo.
NEDO SANTINI - Presidente Provinciale ANMIL di Livorno emembro del Comitato Esecutivo
Io vorrei intanto puntualizzare una cosa. La 68 è una legge alla quale
l'ANMIL si è dedicata con forza, perché se applicata realmente come era
stata intesa, avrebbe dato una dignità al lavoratore invalido - ora diversamen-
te abile - dandogli la possibilità di recuperare le sue residue capacità lavora-
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tive. Quindi reinserito nella produzione avrebbe reso, come qualcuno che mi
ha preceduto ha giustamente detto, forse molto più di qualche altro. Questo
non per fare le gare, ma proprio per quella volontà che chi ha subito un trau-
ma tende ad avere per voler risalire la china e reinserirsi.
Ricordo lo sforzo che fu fatto col Senatore Battafarano per cercare di smus-
sare al meglio quelli che potevano sembrare i primi intoppi creati da una
nuova legge che cambiava direttamente il concetto da assistenziale a un reale
concetto di inserimento nella produzione.
Ma se dal vertice si crea immediatamente un'altra legge che taglia le gambe
alla 68, è come un grande castello bellissimo in cima ad una montagna dove
poi, piano piano, gli viene levato tutto il terreno intorno fino a farlo crollare.
Così sta avvenendo alla legge 68. Perché la legge cosiddetta Biagi, anche se
io non penso che Biagi avesse questa intenzione della stesura di questa legge,
per come è stata applicata ha creato condizioni di ghettizzazione. Infatti, se
un lavoratore invalido viene a far parte di una cooperativa di persone diver-
samente abili lo ghettizzi e non crei le condizioni di reinserimento nel mondo
della produzione, lo allontani dai compagni con cui a volte può aver lavora-
to anche prima gli impedisci la socializzazione. Se viene inserito in una coo-
perativa dove tutti sono diversamente abili si verificherà la tendenza a parla-
re del loro trauma creando quel danno psicologico, che - come diceva giusta-
mente il dottore - che accrescerà il suo malessere.
Inoltre, se lui prima lavorava in una grande industria e aveva un contratto di
lavoro mantenendo un certo tenore di vita, nella cooperativa ottiene i mini-
mi salariali con compensi ben diversi. Questo è quello che ha fatto la legge 30
ed è questo che cerca di fare il datore di lavoro per liberarsi, scusate il termi-
ne, di una persona scomoda.
E c'è ancora di peggio. Stando ai dati della Regione, la provincia di Livorno,
dove faccio parte della commissione tripartita insieme al collega Fabbri, è tra
quelle che sono riuscite a collocare più persone disabili, anche perché
l'Amministrazione provinciale si è prestata e ci ha dato una mano, ci è stata die-
tro. Ma noi ci troviamo anche davanti ad un altro fenomeno, come giustamen-
te qualcuno che mi ha preceduto ha detto: noi ci troviamo di fronte a dei dato-
ri di lavoro che preferiscono pagare le multe piuttosto che assumere un disabi-
le. Mi ricordo che una volta, quando si discuteva proprio di maggiori sanzioni
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per il rispetto della legge 68, noi abbiamo detto che chi non rispetta la legge 68
deve essere sanzionato anche penalmente. Del resto, mi pare normale che se
qualcuno non rispetta la legge debba essere penalizzato. Ma allora fummo
accusati di voler dare quasi la caccia alle streghe. Eppure, se fosse stata accolta
la nostra proposta in materia penale, nessuno avrebbe evaso la legge 68 o la suc-
cessiva legge Biagi, ma sarebbero state rispettate. Oggi, invece, constatiamo che
si preferisce pagare un obolo ed evitare gli obblighi di assunzione. Non solo, noi
ci troviamo davanti ad alcune società che per aggirare l'ostacolo hanno trovato
un altro escamotage. Ne abbiamo analizzato una decina di casi nell'ultima riu-
nione di tripartita. Cosa fanno queste aziende? L'ispettorato del lavoro svolge
l'ispezione e segnala la carenza della ditta; la Provincia manda loro, come pre-
visto dalla legge, la richiesta di indicare il tipo di lavoratore che ritiene di dover
assumere scegliendone il livello; le aziende, a questo punto, non rispondono
alla prima richiesta, nè alla seconda e alla terza, bloccando il meccanismo del-
l'assunzione obbligatoria. Per combattere questo fenomeno, noi, come com-
missione tripartita, abbiamo deciso in ultima istanza di dire all'azienda: tu non
mi chiedi il tipo di lavoratore ed io ti mando il più basso livello, e te lo mando
immediatamente. Ma, anche in questo caso le aziende si rifiutano di accettar-
lo, così, con tutto questo gioco, si fa passare un anno e a volte, tra i vari passag-
gi burocratici, anche due. Ecco, questo è un sistema all'italiana di aggirare
l'ostacolo e cercare di far sì che le categorie protette rimangano fuori da questa
legge che io ritengo ritorno a dire se applicata alla lettera e se nessuno cercasse
di farle lo sgambetto, una buona legge perché ridarebbe la dignità ai diversa-
mente abili e sarebbe una ricchezza della società. Grazie
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Grazie a Nedo, parla il prossimo. Qualifica e nome
ANTONIO BERTANI - Consigliere Regionale
Io sono Bertani della provincia di Massa Carrara e faccio parte della
commissione tripartita provinciale. Io, caro Nedo, non riesco ad andare
avanti nella tripartita di Massa Carrara e mi meraviglio di me stesso.
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Infatti i miei colleghi dell'ANMIL mi hanno sempre detto che sono un
tipo tenace e che ritenevano impossibile che io non portassi un mio con-
tributo in questa direzione.
Anche Nedo si è ricreduto quando ha visto quello che succedeva a Massa
Carrara, che succedeva anche a Livorno e in tutta l'Italia. Ho fatto delle bat-
taglie anche nel sindacato per difendere la legge 68. Figuratevi se non sapevo
che questa legge avrebbe potuto dar qualcosa, invece non ha dato niente.
Assieme a tutte le altre associazioni, mi vedevo sfilare davanti gli invalidi civi-
li, i ciechi e tutte le altre categorie di disabili. Ho dovuto svolgere un lavoro
molto increscioso, perché mi sono sempre battuto, sono un altruista in tutte
le cose e non mi butto giù. Un bel giorno mi è giunta notizia che al Comune
di Carrara facevano passare per chiamata diretta: la legge infatti consentiva
di inserire direttamente il fratello di un ex Assessore del Comune, che era
stato colpito da ictus cerebrale e di metterlo direttamente dentro l'archivio di
Stato della Provincia di Massa Carrara, in un posto molto delicato.
Mi sentivo indignato, perché poi io me la piglio, tanto.
Continuo a dire al Sindaco: “Sono 7.000 gli iscritti alla categoria e tu, qui ed
ora, direttamente mi devi mettere dentro degli invalidi del lavoro. Infatti tra
le categorie protette ci sono gli invalidi del lavoro e, quindi, caro Sindaco,
guarda un po' come fare, perché io su 7.000 iscritti te ne porto 1.500 che inva-
dono il Comune, perché sono stufo e non mi sono mai preso a cuore questa
cosa come adesso che opero per gli invalidi del lavoro”. La forza di dire que-
ste cose al Sindaco mi è venuta perché so io come sono rimasto al CTO di
Firenze per un anno intero e cosa vuol dire essere invalido del lavoro. Allora
il Sindaco mi promette che riunirà la commissione e che, dopo esserci sedu-
ti tutti insieme, guarderemo i problemi e metteremo a posto gli invalidi.
Questa legge, cari colleghi, è stato un bene che in fondo abbia disposto di
mettere insieme il lavoratore e l'invalido. Ma stranamente i problemi vengo-
no fuori proprio nei paesi più piccoli, dove la gente si conosce bene ed è sem-
pre pronta ad aiutare quelli che vivono in carrozzina: ci danno una mano,
una spintina, ci fanno salire quello scalino. Quelle che riguardano le assun-
zioni della legge 68 sono cose che, nel paese, in uno talmente piccolo come il
mio dove tutti ci conosciamo, si sanno subito, e si capisce chi sono i benefi-
ciari della legge. Ecco perchè quella piccola parolina che è stata appena detta
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a me ha dato fastidio, quando si mette in discussione che un invalido del lavo-
ro possa trovare lavoro in Comune. In un paesino sappiamo subito chi è, se è
uno scavatore, se è stagnino e, se si è fatto male sul lavoro, è inutile stare a
discutere.
Voglio dire che anche chi lavora negli enti locali può essere addetto alla
manutenzione dei depuratori e svolgere lavori pericolosi che mettono a
rischio. Noi abbiamo a Carrara della gente, soprattutto giovani, che hanno
preso la via del lavoro ed invece si sono fatti male e sono ora su una carroz-
zina, grandi invalidi. Ebbene loro hanno ristudiato, hanno fatto i corsi per
usare i computer, hanno studiato un po' le leggi, hanno le patenti europee. Ci
sono i nostri invalidi in quei progetti ed ecco perché io volevo dire al dottor
Giovannelli, che se non ho capito male dice che gli invalidi non possono esse-
re inseriti negli enti locali: noi abbiamo degli invalidi preparati e competenti
che possono svolgere compiti di alto livello. Quando lavoravo, ero anche nel
sindacato, e ci sono rimasto a tutt'oggi. Ricordo un lavoratore che, a causa di
un infortunio, si era tagliato una gamba, aveva messo uno stivaletto ed era
stato reinserito nell'azienda: si faceva le sue discussioni e, col tempo, non pen-
sava più di aver perso la gamba, perché era insieme ai suoi amici di lavoro,
stava con loro, discuteva, faceva il suo sciopero come tutti gli altri. Perché
non inserirlo in Comune? Ce n'è tanti al centralino.
Fortunatamente questa legge 68 è vigente in una Repubblica e speriamo che
non venga cambiata, perché abbiamo già un articolo 18, che attua il diritto al
lavoro per tutti, uomini e donne. E questo articolo 18 teniamocelo, che è bene
che ci sia in quanto è un diritto di tutti i lavoratori. L'articolo 18 tampona
direttamente certe ingiustizie. E allora concludo. Ho cercato di portare il mio
contributo, ho sintetizzato un po' il discorso, alla buona ma combattivo. E
allora dico che la nostra associazione non ha da imparare niente, perché a noi
non ci insegna niente nessuno sul lavoro e dobbiamo essere uniti per far
applicare bene questa legge. Vi ringrazio tutti.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Grazie per l'intervento di Bertani. Allora chi vuole intervenire? Allora
Morellini e dopo Montini
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TITO MORELLINI - Consigliere Regionale
Sono Morellini e vengo dalla provincia di Siena. Il discorso di questo collo-
camento obbligatorio, per ciò che riguarda gli invalidi, per la legge 68 è tutto
positivo e va tutto bene, soltanto - a mio avviso - gli invalidi del lavoro si tro-
vano penalizzati perché vengono inseriti nella lista unica. Anche un lavora-
tore invalido, una volta che ha frequentato i corsi di riqualificazione e di per-
fezionamento professionale, deve poi essere reinserito nel mondo del lavoro.
Seguire una lista unica comporta comunque il rispetto di una graduatoria o
un concorso o una chiamata e quindi l'infortunato sul lavoro mi sembra che
venga penalizzato.
Un'altra cosa che mi sembra carente in questa legge 68 è il collocamento delle
vedove e degli orfani. Essi infatti si trovano dalla mattina alla sera a rimane-
re senza il capofamiglia, il pilastro di sostegno della famiglia, e di conseguen-
za non hanno una vita adeguata, la possibilità di continuare la propria vita
contando su un reddito dignitoso per poter sopravvivere.
Anche se oggi le varie amministrazioni provinciali si stanno adoperando in
questo senso, non basta. Ad esempio, Siena, sta organizzando questi corsi di
riqualificazione professionale ma nell'ufficio dei centri per l'impiego non è
che si assottiglia il numero degli invadi del lavoro in lista: quando tutto va
bene si mantiene uguale nella peggiore delle ipotesi aumenta. Grazie.
ROMANO MONTINI - Presidente Provinciale ANMIL Sezionedi Firenze
Io volevo dire qualcosa proprio relativamente a questa legge. Questa matti-
na siamo qua a discutere di molti problemi ma, in maniera approfondita,
della legge 68. Gli interventi dell'Assessore regionale, della Sestini e del dr.
Nardecchi dell'INAIL sono mirati a certe posizioni ma, purtroppo, lasciata
questa sede rimane un nulla di fatto, perché i problemi citati sono una miria-
de, ma noi come associazione dobbiamo in qualche modo ottenere dei risul-
tati concreti e se oggi siamo qui a discutere sui problemi della legge 68, evi-
dentemente qualcosa non è andato bene. Ma distanza di 5 anni siamo al
punto di partenza. Questa legge è stata creata e voluta da tutti e, se fosse
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stata gestita nel modo giusto, sicuramente sarebbe stata una buona legge. Ma
non è stata gestita da nessuno, a partire dalle istituzioni che sono state le
prime a snobbare questo tipo di legge: immaginate tutti gli altri. Ignorata
dalle istituzioni ha autorizzato tutte le aziende e i privati a non assumere, di
mettere la legge nel cassetto. E poi ci si lamenta a gran voce che in Italia con
questa legge solo il 6 - 6,5% è riuscito a trovare lavoro, mentre il resto rima-
ne inoccupato. Io faccio parte della commissione provinciale di Firenze e
della tripartita e vi voglio mettere al corrente - se me lo permettete - anche
di certi numeri. Le cose non vanno bene nella provincia di Firenze e biso-
gnerebbe fermarsi a riflettere perché dopo una miriade di problemi i dirigen-
ti attuali hanno riorganizzato un po' tutto. Si stima che oggi le domande per-
venute a livello provinciale siano circa 27.000 per i centri dell'impiego, di cui
oltre 7.000 sono esclusivamente di disabili per essere inseriti in posizioni
mirate. Questi 7.000 sono stati classificati in due unità: 6.400 sono invalidi
messi a disposizione con la speranza di essere chiamati dalle aziende e oltre
350 sono appartenenti alle categorie protette. Ed è stata fatta una valutazio-
ne in percentuale dei 7.000: circa il 98% sono invalidi civili mentre il 2%
sono invalidi di guerra o del lavoro e, relativamente alle categorie protette,
su 300 circa il 40% sono le vedove e gli orfani di invalidi del lavoro. La fetta
maggiore di queste categorie protette sono e appartengono agli invalidi del
lavoro e questo ha fatto si che questa legge, a mio parere, non è stata attua-
ta alla perfezione.
La suddivisione di queste 2 categorie deve avvenire esattamente in base alle
menomazioni che ognuno ha. Questo è il risultato di una ricerca che la pro-
vincia ha commissionato ad una cooperativa, finanziata in parte dalla provin-
cia stessa e in parte da fondi venuti dalle aziende, che è andata ad interpella-
re le 7000 persone relativamente alla loro invalidità per verificare se fossero
ancora interessati all'iscrizione ai centri dell'impiego e al lavoro mirato. E qui,
purtroppo, lo dico con dispiacere, soltanto 2300-2400 persone hanno risposto
confermando il loro interesse; gli altri, a detta dell'Assessore competente, non
sono stati neppure rintracciati perché al momento dell'iscrizione evidente-
mente hanno fornito dati falsi.
Questo secondo me è un dramma che va ad ingrossare le nostre liste, anche
se poi, in effetti, non è reale. Questi sono dati sugli invalidi basati sulla
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domanda delle aziende.
Proprio nella provincia di Firenze è stato fatto un censimento: sono state rag-
giunte 2600 aziende che hanno il compito di mandare la scheda all'istituto.
Di queste, solo 2400 risultano in grado di assumere.
Andando ad analizzare le assunzioni fatte su queste 2400 aziende, 1300 non
hanno mai assunto e sono scoperte, per un totale di 3600 unità di disabili.
Inoltre, tra queste aziende, sono state interpellate soltanto quelle superiori
con un numero di 50 dipendenti. Non immaginiamo la situazione di quelle
aziende con meno unità.
Poi si parlava proprio questa mattina, in questa sala, del fatto che chiaramen-
te se un'azienda deve assumere un invalido bisogna che abbia il posto adatto
in cui inserirlo. La legge dice che le menomazioni riconosciute, che vanno
dalle menomazioni fisiche, alla deambulazione, alle menomazioni mentali,
alla cecità, alla sordità - insomma una miriade di problemi - che in qualche
modo vanno tutti selezionati. Non è possibile inserire oppure collocare una
persona in un posto che non è adatto a lei. Molte aziende nella provincia di
Firenze richiedono figure che possano ricoprire diversi ruoli dal facchino al
contabile, dal cuoco all'insegnante e all'informatico. Come è stato detto, con la
giusta informazione e formazione gli invalidi possono sicuramente essere inse-
riti nell'azienda e rendere al 100%, nello stesso modo di una persona normale.
Se non ricordo male, l'art. 2 della legge 68 prevede che sia valutata adeguata-
mente la disabilità e la capacità lavorativa. Bisogna trovare una collocazione
adatta, bisogna in qualche modo trovare un sostegno, una formazione per
ogni persona affinché abbia il suo posto.
Secondo me ci sono gli strumenti e sono tutti validi se noi riusciamo a dare la
giusta interpretazione alla 68. Basta speculazioni. Questo è il motivo per cui
non ha funzionato questa legge e anche perché non è stata bene gestita. Allora
oggi vogliamo in qualche modo fare qualcosa come associazione. Vi ripeto -
come ho detto prima - a Firenze abbiamo oltre 7.000 invalidi segnati ai cen-
tri di impiego e c'è poco lavoro. Come ho detto prima, c'è una miriade di orfa-
ni e vedove che vanno tutelati. Se vogliamo che questa legge funzioni bisogna
fare molta attenzione perché tutte le aziende sono in qualche modo sempre
disposte a tutto pur di non assumere un peso, perché questa è la definizione.
Questo è l'obiettivo principale. Volevo aggiungere un'altra cosa, perché mi ha
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stuzzicato il sindacalista Olmastri che diceva cose validissime, però vorrei
ricordare che anche il sindacato fa parte di questo sistema e che in qualche
modo deve adoperarsi per aggirare i problemi delle aziende, anzi secondo me,
loro dovrebbero essere i primi, essendoci dentro, ad andare a verificare la
mancata assunzione dei disabili; ad andare a verificare il lavoro nero che rap-
presenta oltre il 30-40%, senza pensare che oltre al lavoro nero ci sono anche
quelli che li prendono un giorno, e un mese dopo li rimandano a casa dopo
averli sfruttati. Credo che il sindacato sia al corrente di tutto questo e a que-
sto punto anche il sindacato deve fare la sua parte. Grazie.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Bene grazie anche a Montini per il suo validissimo intervento e adesso c'è
qualcun altro che vuole parlare? Prima i componenti delle commissioni poi
parli tu nessun altro? Allora com'è il tuo nome scusa?
SIG. SCIALPI - Ex lavoratore siderurgico esposto all’amianto
Faccio parte anche della consulta comunale dell'handicap e mi sento uno di
loro purtroppo. Ci hanno tenuto a lavorare senza avvertirci, finalmente dopo
26 anni e dopo tanto sudore abbiamo ricevuto il riconoscimento dell'amianto.
Parto dall'ultimo intervento che fu fatto a Pistoia da un professore senese
che diceva che in Francia sono stati risarciti gli ex esposti all'amianto e la
Francia è rimasta in ginocchio. A me personalmente non mi interessa che la
Francia sia rimasta in ginocchio o se l'Italia si inginocchierà, però nessuno
prende questa iniziativa all'infuori di me che già da 10 anni sono stato sbat-
tuto fuori dal lavoro. Sono arrabbiato perché sono stato a lavorare in quegli
ambienti nocivi di silicosi, lana di vetro e lo stesso amianto e nemmeno i sin-
dacati mi hanno protetto. Sono 11 anni che sono in pre-pensionamento per
essere stato a lavorare come manutentore in questi ambienti come Taranto,
Genova e S. Giovanni Val d'Arno. Ebbene io sono uno di quelli che viene
preso da una follia permanente a pensare l'incubo di questa mia aspettativa.
Ultimo allarme l'altro giorno perché fra 10 anni ci saranno più tumori per
l'amianto. Si parla dell'aspettativa di vita: io ho fatto una riflessione in que-
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sti anni, io non ho più un'aspettativa di vita. Quindi, ripeto, io lavoravo in
una grande azienda del gruppo IRI FINSIER, la vecchia ITALSIDER, e -
come ho già detto ai miei sindacati e al prof. Carpentiero - si fanno tavole
rotonde, ci sentiamo dire “bravi, avete ragione” e poi alla fine nulla. Io lan-
cio quest'altro allarme perché, ripeto, sono11 anni che sono in pre-pensiona-
mento e mi hanno tenuto a lavorare 26 anni senza avvertirci. Sono uno di
quelli che purtroppo non sa se arriverà o passerà parola alla sua famiglia, per
essere risarcito quando non ci sarò più. Questo è uno sfogo personale.
Chiedo scusa per il mio intervento, però sono cose per le quali mi sto batten-
do da anni. Ci dovremmo svegliare, dovremmo far svegliare i nostri figli ed
essere più vigili su quelli che io chiamo vampiri. Perché per le privatizzazio-
ni, come quelle che sono state fatte da S.Giovanni Val d'Arno, il primo
Italsider siderurgia, vengono, stanno un anno o due, sfruttano il possibile,
prendono miliardi per ristrutturare e poi falliscono. Io sono stato uno di
quelli che nel 1992-93 ha passato 2 anni tra mobilità e cassa integrazione,
alla fine è arrivato il commissario. Sono rimasto con una pensione di 1000
euro pari ad una anziana. Ho finito, grazie.
SANDRO GIOVANNELLI - Coordinatore
Grazie anche a Scialpi. Allora se nessuno ha altro da dire passo la parola al
Presidente nazionale per le conclusioni
PIETRO MERCANDELLI - Presidente Nazionale ANMIL
Allora, da parte mia, intanto un ringraziamento particolare a Pietro Salvini
e a tutto il consiglio regionale dell'ANMIL Toscana per avere organizzato
questo incontro, e devo anche dire che gli incontri organizzati con la Toscana
dimostrano che quando si vogliono fare le cose fatte bene, anche con pochi
mezzi economici a disposizione, si riescono ad ottenere risultati importanti.
Lo dico per l'esperienza degli altri incontri che si sono via via succeduti e li
ha ricordati Pietro Salvini all'inizio che hanno toccato i diversi temi che inte-
ressano l'ANMIL e quindi il mondo degli invalidi sul lavoro, in particolare
degli orfani e delle vedove e dei tecnopatici.
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Abbiamo sentito appunto l'esperienza di Scialpi e questo sta a dimostrare che
anche se la legge 68/99, ha ormai 6 anni, dimostra ancora di essere un argo-
mento di estrema attualità, vuoi perché sul territorio non è stata attuata come
doveva, vuoi perché le stesse strutture preposte a farla applicare non hanno
avuto e non vogliono avere quell'impegno che è necessario perché la legge
venga applicata, vuoi per la mancanza di disponibilità da parte dei datori di
lavoro, che nella quasi totalità dei casi, vedono l'assunzione di una persona
con disabilità all'interno dell'azienda e della fabbrica, o comunque del luogo
di lavoro, non come un'opportunità, né come una risorsa. E' per questo che
va il ringraziamento al consiglio regionale della Toscana che ha voluto, per
così dire, rispolverare questo argomento della 68/99 e per essere riuscito,
anche in questa occasione a mettere di fronte, intanto, chi sul territorio è pre-
posto a far applicare questa legge e quindi le persone che occupano gli inca-
richi all'interno della commissione o le sotto-commissioni o comunque la tri-
partita e quindi trattano dell'argomento. Abbiamo poi avuto anche la possi-
bilità di un confronto con le istituzioni a livello regionale - e, in modo parti-
colare, grazie all'intervento del sottosegretario Sestini, anche a livello gover-
nativo - con l'INAIL e anche con chi è preposto a fare formazione con l'inter-
vento del Dr. Mustica. Una serie di interlocuzioni importanti che ci danno un
po' il polso della situazione e che ci consentono anche di verificare a distan-
za di anni l'inattuazione di questa legge che noi, tra l'altro, abbiamo e conti-
nuiamo ad appoggiare con favore. Abbiamo salutato la legge 68 all'indoma-
ni della sua approvazione e confermiamo questa bontà della legge.
Naturalmente, all'interno di questa legge ci sono diverse sfumature, diverse
questioni che hanno, tuttavia, sempre bisogno di essere sollecitate: non ulti-
ma quella su cui è intervenuta, poi, questo governo, appunto sul decreto legi-
slativo 276, all'art. 14 che ha, per così, dire messo il mondo delle persone con
disabilità di fronte ad una nuova situazione che è data dalla flessibilità del
lavoro che non deve assolutamente diventare precarietà. Da questo il tentati-
vo di snaturare in qualche modo la legge 68 cercando di andare incontro, più
che altro, alle esigenze delle aziende rispetto a quelle che sono le attese delle
persone che hanno disabilità, e quindi noi, anche in questo contesto sia come
ANMIL che come coordinatori dell'attività della FAND, abbiamo fatto delle
valutazioni in relazione all'art. 14. E mi ricordo che in sede di audizione della
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Commissione lavoro e Senato avevamo detto che, anziché pensare di stravol-
gere o chiedere anche noi l'abrogazione dell'art. 14, vediamo all'interno di
questo provvedimento come possiamo collocarci come associazione e come
FAND. In effetti noi avevamo detto che dovevano essere messi dei paletti per
la sua applicazione e effettuata una verifica dell'applicazione attraverso un
monitoraggio. L'impatto di tale provvedimento è, sostanzialmente, verificare
se questa iniziativa andava incontro alle esigenze delle persone con disabilità
e ne favoriva il reinserimento o se, invece, ne estrometteva ancora di più le
persone che non sono in attesa di un posto di lavoro. Doveva essere fatto
anche questo monitoraggio e ci era stato promesso dal Ministro Maroni, nel
dicembre di 2 anni fa, ma poi non c'è stato assolutamente alcun seguito quin-
di, oggi, noi non sappiamo, o lo sappiamo solo attraverso appunto i rapporti
periodici del ministero che però attualmente non sono aggiornatissimi, di
quella che è la realtà del nostro paese in relazione al diritto al lavoro delle per-
sone con disabilità. E questo monitoraggio, questi riferimenti, dimostrano
che, purtroppo, collocare persone con disabilità è sempre difficile perché c'è
una carenza culturale nel nostro paese - ed è stata ampiamente ricordata que-
sta mattina - una carenza culturale che deriva da una situazione che non fa
bene, cioè non mette il nostro paese alle stregua di altri paesi - diciamo da
questo punto di vista - più all'avanguardia. Ebbene, in questo senso, si potreb-
be allargare anche la sfera delle nostre conoscenze facendo riferimento anche
al problema della prevenzione infortunistica, quindi alla prevenzione e sicu-
rezza nei luoghi di lavoro, perché noi scontiamo, purtroppo, come ha ricor-
dato anche l'Assessore anche questa carenza: il numero di infortuni nel
nostro paese e il numero spropositato delle persone che, ogni giorno, muoio-
no nei luoghi di lavoro. Dunque questa cultura è necessaria proprio per cer-
care di superare quelle difficoltà che ancora si frappongono intanto all'appli-
cazione, quindi al recepimento di tutta la materia legislativa in termini di pre-
venzione e sicurezza nei luoghi di lavoro. Pertanto, bisogna abbandonare
quell'ostruzionismo che ancora vige nel nostro paese, che non giustifica asso-
lutamente la mancata applicazione della legge per quanto riguarda la preven-
zione e la sicurezza, con un costo aggiuntivo o come un costo aggiuntivo per
le aziende e per i datori di lavoro. Se vogliamo innalzarci culturalmente dob-
biamo tener conto anche di questo: c'è la legge sulla prevenzione infortunisti-
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ca, la 626, che va applicata totalmente e non va assolutamente considerata
come costo aggiuntivo. L'altra questione, appunto, che riguarda questa man-
canza di cultura sul posto di lavoro è dovuta anche al fatto che i datori di
lavoro non considerano una risorsa le persone con disabilità, le considerano
un aggravio di costi, un peso per l'azienda e mai un'opportunità, una risorsa,
come è stato anche qui ampiamente dimostrato. Le persone con disabilità se
collocate al posto giusto, in relazione alla propria difficoltà fisica, e opportu-
namente formate - e qui entra in ballo la formazione che deve essere alla base,
secondo noi, di ogni reinserimento al lavoro - e quindi se noi facciamo una e
l'altra cosa ad un certo punto i datori di lavoro non potranno più giustificar-
si dietro la mancata assunzione in mancanza di posto all'interno dell'azienda
oppure, addirittura, paventando un costo aggiuntivo per l'azienda.
Una riqualificazione professionale è alla base per un reinserimento al lavoro.
E questo per cercare di superare quelle difficoltà burocratiche della 68 e poi
dell'art. 14. Se un'associazione è abituata a prendersi cura e a farsi carico di
queste istanze, di queste attese, ci sono progetti che possono essere affrontati
a livello locale quindi comunale, regionale e poi a livello nazionale per cerca-
re, intanto, di riscoprire le motivazioni che sono alla base delle persone che
hanno subito infortuni e che devono rientrare nel mondo del lavoro. Per poi
passare al bilancio di competenze al quale si riferiva Mustica nel suo inter-
vento, e successivamente partire con il reinserimento. Ripeto la nostra asso-
ciazione si è fatta carico di questo: ha fatto dei progetti finanziati per il rein-
serimento al lavoro; ha costituito un'agenzia del lavoro; abbiamo avuto il
riconoscimento da parte del ministero proprio un mese fa per operare come
agenzia di intermediazione. Quindi, proprio l'ANMIL da un lato si pone
come facilitatore per il reinserimento al lavoro, dall'altro c'è anche la fonda-
zione recentemente costituita e che vedrà la sua attività a breve, contribuirà a
far superare i momenti di difficoltà delle persone con disabilità. La fondazio-
ne nasce con lo scopo principale di sopperire alle mancanze, da parte dello
Stato, nel momento in cui, purtroppo, avvengono infortuni mortali e quindi
ai superstiti viene meno quel sostegno economico che dovrebbe essere imme-
diato. Siccome ci sono tutta una serie di azioni che devono essere espletate
prima che la rendita venga costituita, ecco che noi abbiamo voluto, per così
dire, prestare e dare questa attenzione con un'attività sussidiaria alle persone
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superstiti. L'altro aspetto della fondazione è quello di studiare i fenomeni che
investono il mondo del lavoro ossia non solo prevenzione, non solo attività di
studio per quanto riguarda le malattie professionali ma cercare, per così dire,
di prevenire l'insorgenza di nuovi pericoli nel mondo del lavoro. Io credo sia
importante riuscire anche a capire dove va l'associazione, cioè dove va
l'ANMIL, perché molte volte noi ci facciamo spaventare da queste iniziative
che sono estremamente importanti per ridare non solo una certezza e una
speranza alle persone che hanno subito infortuni, ma anche un aiuto per
superare un momento psicologico molto delicato dopo l'infortunio. Per que-
sto motivo abbiamo previsto la presenza anche la figura dell'assistente socia-
le che sa quanto è importante questa branchia dell'attività. Ma quando abbia-
mo deciso di costituire l'agenzia del lavoro l'abbiamo fatto proprio perché è
sulla scorta di queste esperienze negative che ci siamo detti: perché continua-
re a piangerci addosso e, invece, non ci rimbocchiamo le maniche e ci prestia-
mo noi, ci mettiamo noi in prima persona - anche rischiando, perché poi in
questa attività di agenzia del lavoro bisogna evitare di creare false illusioni, e
la Sestini nei suoi interventi, stamattina, non l'ha ricordato, ma quante volte
ce lo siamo detti di non creare false illusioni attraverso questa attività. Ecco,
noi non vogliamo assolutamente farlo, ma vogliamo prenderci carico di que-
sta attività e quindi dell'applicazione della legge 68: vogliamo continuamen-
te cercare di farla maturare, per così dire. Dobbiamo anche, con la nostra atti-
vità, creare le condizioni perché ci sia appunto questo innalzamento cultura-
le, perché ci sia questa attenzione al mondo della persona con disabilità, per-
ché le aziende non continuino a considerare dei costi aggiuntivi l'assunzione
delle persone con disabilità, perché ci sia l'impegno anche da parte dei
responsabili delle istituzioni a tutti i livelli governativo, regionale, provincia-
le e locale. Bisogna riuscire anche a mettere in atto una serie di iniziative -
come abbiamo sentito stamattina attraverso l'Assessore Salvatori. Per quanto
ci riguarda in particolare il lavoro, le barriere architettoniche e non solo archi-
tettoniche con interventi mirati, perché molte volte si passa da enunciazioni
di progetti che poi si lasciano, per così dire, cadere nel vuoto. Allora anche
l'attività che noi svolgiamo sul territorio, quindi quella dei dirigenti dell'asso-
ciazione e di coloro che sono per così dire, attori dell'attività del collocamen-
to al lavoro, ognuno nel proprio ambito deve essere anche vigile. Non solo
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dobbiamo chiedere alle istituzioni l'applicazione delle normative, ma favori-
re con il nostro impegno anche l'attenzione a questi problemi. Quindi opera-
re una sorta di vigilanza: quello che dovrebbe fare e deve fare il sindacato
all'interno delle aziende in termini di questioni di sicurezza, in termini di
anticipazione dei rischi che provengono dal lavoro e, un'ultima cosa poi chiu-
do, voglio sottolineare l'aspetto della formazione per la quale anche in questo
l'associazione si sta dando una forma di attività. Diamo molta attenzione alla
formazione, anche in termini di crescita del nostro personale, quindi ai nostri
collaboratori, e anche termini di formazione per i dirigenti; quindi anche que-
sta possibilità di creare condizioni perchè ci possa essere una formazione a
distanza che consenta alle nostre strutture di essere continuamente aggiorna-
te, poiché andremo anche a svolgere un ruolo di patronato comunque attra-
verso una collaborazione con i patronati esistenti e, tra l'altro, firmeremo a
breve anche delle convenzioni previste dalla l.152 con i patronati aderenti al
CIPA. Questo sarà fatto per fare sì che sul territorio le attese, anche in que-
sto contesto, possano essere colmate, affrontate e risolte. La formazione è alla
base di tutto, cioè senza formazione non si va da nessuna parte. Quindi anche
come dirigenti creiamo le condizioni affinché poi, a livello centrale, queste
situazioni vengano affrontate con una, diciamo, angolazione giusta, un'impo-
stazione giusta, cercando di far tesoro di quello che ci perviene dalla società
che ci circonda. Non siamo più un corpo estraneo a quello che è il mondo
produttivo che ci circonda: cioè l'ANMIL deve andare avanti, deve ampliare
la propria attività. Ecco allora questa esigenza della formazione che, ripeto, è
alla base di tutte le attività e ci consente, poi, anche di innalzare al nostro
interno le conoscenze, ovvero di accrescere anche al nostro interno una cul-
tura una conoscenza dei problemi per poterli poi rappresentare sempre al
meglio, nel momento in cui andiamo ad interloquire con i rappresentanti isti-
tuzionali a tutti i livelli, e naturalmente, quando dobbiamo fare la nostra atti-
vità di dirigenti all'interno dell'associazione. E allora, siccome si sta facendo
tardi, noi avremo la possibilità di ribattere prossimamente questi problemi
che partono da una esigenza e da una conoscenza dei problemi degli invali-
di del lavoro. Oggi non possiamo più limitarci solo ad una rappresentanza
delle persone che hanno subito infortuni o contratto malattie professionali o
di orfani e vedove; dobbiamo fare di più: dobbiamo proporci come facilitato-
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ri sia per quanto riguarda l'inserimento nel lavoro, previa la formazione pro-
fessionale, sia per quanto riguarda l'assunzione di impegni mirati alla perso-
na. Cioè dobbiamo - per così dire - seguire le persone, dobbiamo essere capa-
ci di conoscere i loro bisogni, e guardate, noi abbiamo una prerogativa che
altre organizzazioni non hanno: quella che, essendo noi stessi infortunati sul
lavoro ed essendo molto presenti sul territorio, possiamo conoscere ancora di
più i bisogni delle persone che hanno subito infortuni e che hanno disabilità.
E questa è una prerogativa importante, perché siamo le persone più adatte
per presentare i problemi. Allora, se noi ci convinciamo anche di questo,
credo che l'attività dell'associazione potrà sempre più affrancarsi, in relazio-
ne ai bisogni delle persone, finalizzando questa attività, cercando di dare
delle risposte concrete rispetto a quelle che sono le attese delle persone che
hanno queste esigenze, questi bisogni, facilitando al nostro interno un dibat-
tito, un confronto e la possibilità, perché no, di nuovi inserimenti. E purtrop-
po si renderanno sempre più necessari, anche perché gli infortuni, come
abbiamo detto aumentano e non diminuiscono, nonostante le statistiche dica-
no il contrario. Allora dobbiamo facilitare anche la partecipazione delle per-
sone che hanno subito infortuni e che attraverso l'attività dell'associazione
possono anche superare le gravi difficoltà di natura psicologica che si frap-
pongono ad un'attività a tutto raggio di queste persone. Attraverso la parteci-
pazione si possono superare le difficoltà di natura psicologica, rientrare nel
mondo del lavoro, creare possibilità di una vita di relazione, ridare un po' di
certezza alle paure e timori e anche, se mi consentite, alla disistima che quasi
sempre subentra in quelle persone che hanno subito infortuni e che dobbia-
mo invece cercare di far superare. Allora facciamo tesoro di questi incontri
affinché le nostre conoscenze possano essere sempre più assicurate da questa
partecipazione alla vita associativa, cerchiamo di far tesoro di questi proble-
mi per poterli rappresentare sul territorio e cercare di andare incontro alle esi-
genze delle persone con disabilità. Un'ultima cosa e poi chiudo, riguarda le
attività di gruppi di lavoro. All'interno dell'associazione abbiamo creato dei
gruppi di lavoro che si occupano dei problemi del lavoro, dei problemi dei
giovani, dei problemi dei grandi invalidi e dei problemi dell'occupazione fem-
minile. Ecco, attraverso queste esperienze noi cerchiamo di affrontare e di
farci carico dei problemi che poi ogni persona vive. Compito dell'associazio-
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ne è anche quello di riuscire appunto a cogliere queste esigenze, per poter poi
promuoverle in un dibattito più generale e più allargato. Grazie a tutti voi e
ancora grazie a Salvini e al Consiglio regionale della Toscana.
PIETRO SALVINI - Presidente Regionale ANMIL Toscana
Allora termina il seminario. Vi ringrazio tutti ancora una volta per essere inter-
venuti ed in modo particolare ringrazio il Presidente Mercandelli per le sue
conclusioni. Aggiungo che per far tesoro di questo seminario bisogna pubblica-
re gli atti e quindi ci daremo da fare perché ciò avvenga. Grazie di nuovo.
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Atti a curadell’Ufficio Relazioni Esterne ANMIL
Sede Centrale - RomaTel. 06 54 19 62 01/8
Stampato nel 2006Tipografia E-print Roma
Foto interne di Italo Bernardini
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